PrimaPagina magg. 2011

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Riceviamo e pubblichiamo una replica a Flavio Bartolini (Pd):

Riceviamo e pubblichiamo

L’amministrazione Sperandio ha amministrato la città per nove anni. Nove anni, contraddistinti dalla realizzazione di marciapiedi. Nove anni, in cui non si è mai interessata né al ponte di Carapollo, né al quartiere di Villa Pavone; tantomeno alla strada di collegamento tra contrada Carapollo e Villa Pavone. Tant’è che questa strada è stata asfaltata sotto l’amministrazione Chiodi, con fondi reperiti dall’allora assessore Brucchi, ora sindaco di Teramo (depolverizzazione strade comunali). In nove anni il centro sinistra, se voleva, poteva prevedere il ponte sul fiume Tordino, inserirlo per tempo nel programma triennale per le opere pubbliche, trovare i fondi, appaltarlo e realizzarlo. Inserire quest’opera nel programma delle opere pubbliche di fine mandato nel 2004, senza copertura finanziaria, senza nemmeno un progetto di massima, è solo uno spot elettorale, ed è stata l’ennesima presa in giro da parte dell’allora amministrazione di centro sinistra all’elettorato. Non dimentichiamo che gli abitanti di Villa Pavone sono costretti a utilizzare il ponte di Carapollo quando i passaggi a livello della ferrovia sono bloccati, in quanto quella resta l’unica strada che li collega alle vie principali. Per fortuna, almeno quest’ultimo aspetto presto sarà solo un ricordo, in quanto l’attuale amministrazione di centro destra, che programma e realizza le opere, ha inserito la realizzazione di una rotonda sullo svincolo della Teramo Mare già nel vecchio programma triennale delle opere pubbliche, ha trovato i fondi per la copertura finanziaria, ha affidato l’incarico per la progettazione dell’opera è, una volta rimesso quest’ultimo dal tecnico incaricato, provvederà ad affidare tramite gara pubblica i lavori per la realizzazione della stessa. Con questo progetto si risolverà il problema della viabilità nella zona artigianale e residenziale di Villa Pavone che da troppi anni è isolata quando i passaggi a livello) sono chiusi.

Cara redazione, noto con amarezza che alcuni nostri amministratori non hanno di meglio da fare che polemizzare con i cittadini invece di occuparsi dei problemi quotidiani delle persone. Sono quel genitore che ha partecipato alla famosa gita a Trigoria e che, al ritorno da essa, ha ritenuto di dire la propria. Il mio intento era duplice. Da un lato ho voluto far parlare della disabilita’, non come mezzo di propaganda politica, ma come dramma sociale che coinvolge i disabili e le proprie famiglie e alle quali gli amministratori pubblici hanno il dovere di dare delle risposte (forse ci sono riuscito). Il secondo intento era del tutto collaborativo: ho solo detto loro che, quando si vuole organizzare una lodevole manifestazione come quella di cui si parla, nulla osta chiedere collaborazione agli stessi disabili o alle loro tante associazioni (che forse ne sanno piu’ di tutti quanti di come si trasportano,di quali esigenze possono avere, di che tipo di percorsi sia il caso di affrontare). Vorrei concludere con tre domande al dott.Corona. Perche’ mio figlio non puo’ usufruire del trasporto a scuola ( per questo motivo mia moglie non puo’ lavorare e quindi con un solo reddito la condizione economica della famiglia e’ piu’ complessa) e perche’ sono state ridotte le ore di sostegno a scuola? Quando e’ costato alla Provincia l’arrivo della tappa del Giro D’Italia (visto che non ci sono risorse)? Saluti Arturo D’Alessandro

Luca Corona (consigliere provinciale Pdl)

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4 mag. / 2011

In copertina: Quando papà e mamma sono “baby” (foto free royalty from internet)

A cosa serve un giornale? In primo luogo a informare, naturalmente. Subito dopo, a interessare a fatti, persone, circostanze. Ma anche ( e non ultimo) a stimolare confronti, discussioni, e polemiche, perché no. Prima Pagina, da quando ne ho assunto la direzione (è passato già un anno) ha puntato proprio all’apertura “policroma” delle voci. Perché solo da una circolazione, il più possibile esauriente delle idee, può nascere un sano dibattito e una spinta a capirsi meglio, nel rispetto delle diverse opinioni. Una conferma arriva dalle due lettere giunte in redazione che pubblichiamo, entrambe in risposta ad articoli apparsi

sul numero scorso. Una, a firma di un consigliere provinciale del centrodestra, ribatte ad affermazioni di un esponente del versante opposto. L’altra chiama in causa proprio chi sottoscrive la prima missiva. Un incrocio involontario di pareri, che coglie in pieno l‘essenza di come riteniamo debba essere il compito di un giornale. Con un invito ulteriore: scriveteci. Le porte sono aperte. Tiziana Mattia


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Clementina Berardocco Mira Carpineta Michele Ciliberti Laura Corona Fabio De Cristofaro Paolo De Cristofaro Stefania De Nicolais Valter Di Mattia Ivan Di Nino Laura Di Paolantonio Marina Grossi Pietro Lalloni Vincenzo Lisciani Petrini Antonella Lorenzi Patrizia Mattia Fabio Mauloni Giuseppina Michini Alessio Palantrani Daniela Palantrani Jessica Pavone Mariagrazia Mitsu Petrino Gianfranco Puca Errico Recanati Mariangela Sansone Oscar Straniero

Daniele Cianci

Nicola Arletti

Pegasus Communcations Sail Poste

Prossima fermata: Italia di Stefania De Nicolais

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Elezioni Amministrative 2011

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Roseto: ballottaggio e partecipazione

24

“San Nicolò: ancora tutto da fare ...”

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Spin Off CISREM al Salone della Sostenibilità

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Custodi della Memoria

42

Ai tempi del Vinziola del Trontino

47

Leggere che fatica

50

This is not America

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La ragazza calibro 12

di Alessio Palantrani e Matteo Lupi di Mira Carpineta di Daniela Palantrani di Fabio Mauloni di Vincenzo Lisciani Petrini di Giuseppina Michini di Clementina Bernardocco di Ivan Di Nino di Mariangela Sansone

Focus on quando papà e mamma sono “baby” “I dati del nuovo Rapporto sullo stato delle madri nel mondo di Save the Children parla di un Paese, il nostro, dove convivono baby mamme e ragazze che nell’aborto trovano una apparentemente “sbrigativa” contraccezione.

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8 giugno 2011

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8 mag. / 2011

Prossima fermata: ITALIA

il titolo del convegno organizzato, di recente, da Amnesty International e l’International Law Students Association presso l’Università degli Studi di Teramo. Un convegno di immagini e parole. Le immagini del film documentario di Andrea Segre “Il sangue verde” e le parole del successvio dibattito relativo a immigrazione e diritti umani. Come l’analisi di ogni problematica, però, l’approccio giuridico non è sufficiente ai fini della profonda conoscenza della materia; non si può conoscere il diritto dell’immigrazione senza riconocere l’umano desiderio -e diritto- alla migrazione. Lo Stato ha il potere di governare le frontiere e gli ingressi dei cittadini stranieri, e tale potere è esercitato mediante la regolamentazione dei flussi migratori, ma tale potere incontra necessariamente il limite del diritto di rifugiarsi in un altro Paese, correlato al dovere di accoglienza di tale Paese. Il fenomeno degli sbarchi sull’isola di Lampedusa -presentato come un’invasione da parte dei cd clandestini- altro non è che il frutto di una visione distorta del dovere di

accoglienza. Il “clandestino”, parola il cui termine indica segreto e che personalmente mi rifiuto di utilizzare quando parlo di esseri umani, nel “caso Lampedusa” praticamente non esiste. Vive clandestinamente, infatti, il cittadino straniero che entra irregolarmente in un territorio e continua a vivere su quel territorio a completa insaputa delle autorità. Tutti i cittadini stranieri che giungono sull’isola -contrariamente a quanto prospettato dai media- non eludono i controlli di frontiera, perché a Lampedusa esiste un centro dove tutti i migranti vengono fotosegnalati, attraverso il rilevamento delle impronte, e identificati, collegando le impronte alle generalità dichiarate e, quindi, nessuno di fatto può sottrarsi ai controlli di frontiera. Non può essere contestata, inoltre, l’irregolarità dell’ingresso – non correlato, cioè all’esibizione di un titolo di viaggio e di un visto d’ingresso – in quanto tali requisiti non vengono richiesti quando l’ingresso è determinato dalla fuga dal Paese d’origine verso un altro Paese, al fine di richiedere protezione.

sbarchi in notturna a Lampedusa


9 mag. / 2011

profughi libici


10 mag. / 2011

Amnesty International campagna contro gli abusi sui prfughi e prigionieri

Nel caso dei migranti giunti a Lampedusa ci troviamo di fronte a cittadini stranieri che fuggono da paesi in guerra o caratterizzati da instabilità politica: vige, quindi, in capo allo Stato italiano il dovere di accoglienza e d’asilo sancito dall’art. 10, comma 3, della nostra Costituzione “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Il dovere di accoglienza è, inoltre, un obbligo internazionale, che l’Italia deve rispettare in virtù delle convenzioni internazionali sottoscritte. L’emergenza umanitaria deve essere condivisa e affrontata con il sostegno dell’Unione Europea, non esclusivamente attraverso contributi economici, ma ponendo le basi per la costruzione di una comune politica dell’immigrazione. STEFANIA DE NICOLAIS

il Ministro degli Interni Roberto Maroni

Nel caso dei migranti giunti a Lampedusa ci troviamo di fronte a cittadini stranieri che fuggono da paesi in guerra o caratterizzati da instabilità politica: vige, quindi, in capo allo Stato italiano il dovere di accoglienza e d’asilo sancito dall’art. 10, comma 3 della nostra Costituzione



12 mag. / 2011

elezioni amministrative 2011 A CURA DI

ALESSIO PALANTRANI E DI MATTEO LUPI

Isola del Gran Sasso “In primo luogo l’acquedotto”

el segno del centrosinistra, i cittadini di Isola del Gran Sasso, dopo i due mandati di Fiore Di Giacinto, hanno scelto il vice sindaco uscente Alfredo Di Varano come guida amministrativa. Continuità sì, è ovvio, ma anche delle novità: “Proseguiremo senza dubbio sulla linea tracciata da chi mi ha preceduto – ha dichiarato Di Varano – e cercheremo di portare a soluzione problemi ancora irrisolti dalle passate amministrazioni, come l’annosa questione dell’acquedotto”. Le novità consistono nella gestione della cosa pubblica, che tenderà al maggior coinvolgimento possibile:“La maggioranza è rinnovata anche sulle alleanze, sicuramente opereremo un coinvolgimento dei consiglieri comunali ai quali intendo dare delle deleghe, ma soprattutto stringeremo i rapporti con i cittadini e miglioreremo la loro partecipazione attraversi incontri mensili tra sindaco, amministratori e cittadini sulla scorta di un question time, in cui sarà possibile essere trasparenti e sottoporsi a critiche”. Il sindaco promette

anche di essere attento al turismo. partendo dal bacino e dalla notorietà del Santuario di San Gabriele, “cercheremo di esplicitare un potenziale ancora inespresso come l’ambiente circostante ed il centro storico”. Dall’altra parte, l’esponente del centrodestra, l’avv. Stefano Mariano, ritiene che, nella sua sconfitta elettorale “ciò che maggiormente ci ha penalizzato sia stata la frammentazione all’interno del centro destra. Era presente, infatti un’altra lista con Cervella candidato ed in più si è verificato l’appoggio, seppur minimo in termini di voti, da parte dell’assessore Gatti alla lista del candidato Di Varano”. Per questi motivi, strettamente politici, Mariano non ritiene debba rimproverarsi più di tanto visto che “abbiamo dovuto combattere una lotta impari” e sul futuro della propria linea politica afferma: “La nostra linea politica non muterà, siamo consci di aver costruito un nuovo centro destra fatto di persone giovani ed entusiaste del percorso compiuto e desiderose di far bene per la comunità. Faremo una opposizione leale, ma intransigente, porteremo avanti le nostre idee ed i nostri sogni”.

La maggioranza è rinnovata anche sulle alleanze, sicuramente opereremo un coinvolgimento dei consiglieri comunali ai quali intendo dare delle deleghe, ma soprattutto stringeremo i rapporti con i cittadini e miglioreremo la loro partecipazione


13 mag. / 2011

Bellante “Progetti per le opere pubbliche” A Bellante è stata fatta una scelta chiara, quella di proseguire con il centrosinistra. Il dott. Mario Di Pietro erediterà dalla giunta Di Sabatino molte progettualità che porterà avanti e, sicuramente, “avanzeremo nuovi progetti riguardo le opere pubbliche, realizzeremo entro l’anno la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, avremo a cuore il mantenimento, nonostante i tagli, dei servizi sociali ai soggetti più deboli come anziani, disabili e bambini”. Il neo sindaco dice che ulteriori interventi riguarderanno la riorganizzazione dei servizi amministrativi, per favorire il rapporto con i cittadini, e l’adozione di un nuovo piano regolatore che punterà al recupero e non all’aumento di cubatura sul territorio, principalmente attraverso due strumenti: “Il recupero dei centri storici come Bellante Paese e Ripattoni ed il Piano di settore per le zone agricole, nella convinzione che seguendo questa strada si potrà favorire anche lo sviluppo del turismo per una cittadina situata a soli 10 minuti dalla costa”. Infine il sindaco Di Pietro cercherà, nei limiti del possibile, di avere particolare attenzione per il lavoro, creando nuove opportunità attraverso “l’implementazione di 70000mq della zona industriale, la ri-urbanizzazione della zona artigianale e l’incentivazione della costruzione del Centro Commerciale”. Molto decisa e tutt’altro che sconfitta si sente anche la prof. ssa Flaviana Pavan, sfidante del centrodestra che precisa: “Noi siamo oltre i partiti, una lista civica, una lista di politica laica, fatta di persone di centrodestra e di centrosinistra, senza

l’appoggio di alcun partito politico e siamo contrari ad un sistema di accordi come quello adottato a Bellante che, nella composizione della giunta, non ha tenuto conto dell’espressione del voto e delle scelte dei cittadini”. La vera sfida però, secondo la Pavan è nella razionalizzazione della spesa e nell’affidamento delle cariche, anche negli enti sovracomunali, a persone capaci, competenti e del settore: “Bisogna fare scelte basate sul merito e che non penalizzino il territorio”. Riguardo i prossimi cinque anni all’opposizione dichiara: “Avremo una funzione di controllo e proposta, avanzeremo proposte fattive e non irrealizzabili e vigileremo che nei vari progetti vengano indicati i tempi di realizzazione e ci sia trasparenza nell’affidamento dei lavori. Sempre nella tutela e nei riguardi delle forze e delle risorse collocate sul nostro territorio”.

Castellalto “Continuità e innovazione” innovazione na vittoriaprevedibile a Castellalto, autentico fortino del centrosinistra, in cui il neo sindaco Vincenzo Di Marco ha raccolto l’eredità del prof. Ruggieri. Continuità ed innovazione saranno i fili conduttori della prossima amministrazione comunale. “Continuità sui servizi sociali e alla persona, come quelli rivolti all’istruzione, alla mensa su cui è stata già fatto molto ma si tenterà anche di apportare migliorie”. Riguardo le novità, ha affermato Di Marco: “Saranno rivolte alla gestione del territorio e al reperimento di nuove risorse, considerando i continui tagli agli enti locali. Edilizia contrattata e accordi con nuove aziende per realizzare marciapiedi, spazi verdi e arredo urbano. I sogni nel cassetto, infine, sarebbero il Palazzetto dello Sport a Castelnuovo da realizzare, ad esempio, con l’accordo di privati o con un project financing e la nuova scuola elementare sul versante Tordino, in continua espansione”. Andando su ciò che manca e su cui bisognerebbe intervenire, il primo cittadino va dritto sui servizi, in termini di strutture, per giovani ed anziani perché “il territorio è cresciuto in fretta e bisogna riqualificarlo in questo senso”. Dall’altra parte, la sconfitta elettorale di Paolo Iachini e del centrodestra è apparsa annunciata:“Negli ultimi cinque anni non è stata fatta praticamente opposizione e lo svantaggio era già molto ampio – ha affermato Iachini, che prosegue –. Qui il Pdl non è strutturato sul territorio, si parte da zero e cambiare colore dopo 20 anni è davvero un’impresa”. Voltando lo sguardo ai rivali, il candidato del centrodestra afferma amaramente che il centrosinistra si è battuto molto e ha vinto sul campanilismo: “Hanno voluto un sindaco del versante – Tordino, dopo che per dieci anni lo è stato del versante – Vomano, e molte persone che reputavo dalla mia parte hanno preferito schierarsi laddove la vittoria era più probabile”. Ma ora, seppur stanco, Iachini promette un’opposizione valida (con tre giovani motivati al suo fianco), che si confronterà con la maggioranza su temi politici come la carenza di impianti sportivi, le sorti della struttura polivalente in stato di abbandono, la viabilità nella zona industriale di Castelnuovo. “Perché non è che si sia fatto poi molto a Castellalto in questi anni…”.


14 mag. / 2011

Castelli “Azione e concretezza” Castelli l’elezioni si sono decise davvero per un pugno di voti ed i toni trionfalisti dei vincitori significano l’importanza di una vittoria ottenuta sul filo dell’equilibrio. Il passaggio di consegne, che poi è un ritorno al passato, ha premiato Enzo De Rosa (centrodestra): “La nostra vittoria si può riassumere con le parole fare e concretezza”. Andando per punti, il neo sindaco fissa le priorità per Castelli: “Ricostruzione post-terremoto; rilancio dell’immagine di Castelli nel mondo, perché tutti ricordano le nostre presenza in città e mostre importanti come a Parigi, Tokio, S. Pietroburgo, Manhattan; turismo e artigianato. Riguardo il turismo – prosegue De Rosa – vorremmo realizzare una struttura ricettiva importante che possa accogliere i nostri visitatori, mentre per l’artigianato sarebbe opportuno rilanciare il Centro Ceramico, riportandolo sotto la gestione diretta dell’amministrazione comunale”. In riferimento ai propri cittadini il sindaco crede che debba dare risposte importanti sul piano dell’impegno, ma soprattutto per rilanciare questo splendido borgo, eccellenza artistico-culturale e salvarlo dallo spopolamento, vero annoso problema del territorio: “In quindici anni sono andate via almeno 600 – 700 persone, ora siamo solo in 1200…”. I temi sono gli stessi, ma i punti di vista piuttosto divergenti, nel centrosinistra battuto sul filo di lana. Lo sfidante Angelo Giosuè analizza i dati: “Abbiamo vinto in tutte le sezioni con un totale di 60 voti di vantaggio, ed abbiamo perso nettamente nella frazione di Befaro per 68 voti, da cui scaturiscono gli 8 di differenza. A Befaro, una frazione che conosco poco – ha ammesso il candidato sconfitto – c’è stato il problema irrisolto di una

strada interrotta per quasi tre anni causa frana e questo ci ha oggettivamente penalizzato”. Giosuè non ha molto da rimproverarsi se non l’iniziale spaccatura poi risanata e si ritrova a commentare una quasi vittoria. Forte di un movimento giovanile molto attivo, intenzionato a rimanere a Castelli e per questo motivato a rilanciare l’immagine del paese e combattere lo spopolamento, il centrosinistra punta su un turismo integrato. “Non solo arte, cultura e ceramica, nostro fiore all’occhiello, ma anche prodotti agricoli e bellezze naturali racchiusi in un’unica offerta turistica compresa sotto uno stesso slogan, uno stesso marchio, una stessa idea. Non più, dunque, tante iniziative segmentate ma un progetto unitario di sviluppo turistico del borgo”. Per combattere lo spopolamento, Giosuè, dunque, punterà sul rilancio del turismo e sulla creazione di occupazione (ad esempio sviluppando un piano energetico o sfruttando i quasi 1000 ettari di bosco con i tagli di ripulitura). “Solo così, ragionando a lungo termine, potremo conservare anche gli istituti scolastici…”.

Non più, dunque, tante iniziative segmentate ma un progetto unitario di sviluppo turistico del borgo


15 mag. / 2011

CORTINO “Sociale e famiglie”

Sindaco Paolini, intende proseguire sulla linea tracciata dal suo predecessore? “Sì, abbiamo intenzione di portare avanti il programma che insieme alla mia parte politica realizzammo già a partire dalle elezioni del ‘95, quando fui eletto per la prima volta sindaco, come segno di continuità con la politica dell’uscente Di Giacinto”. Quali novità intende apportare alla politica del suo predecessore? “Puntiamo su un incremento dell’uso dell’energia fotovoltaica, anche in favore dei privati. Nostro obiettivo è anche aiutare la distribuzione della tecnologia wifi nel territorio e la ristrutturazione di alcuni prefabbricati del Comune, che vorremmo riutilizzare in senso sociale. Per realizzare tutto questo comunque avremo bisogno di tempo”. Cosa manca al suo territorio? “I tagli dello Stato centrale di certo non ci aiutano. C’è bisogno di soldi e il nostro impegno è quello di ottenere aiuti di vario tipo, se necessario anche appoggiandoci alla coprire l’intero territorio comunale con l’adsl Comunità Europea o collaborando con altri e le linee telefoniche. È anche una questione comuni alla realizzazione di quelle opere di sicurezza, in caso di incidenti stradali o pubbliche che i fondi attuali non permettono altre emergenze”. Comune piccolo, ma di realizzare”. polemiche grandi. L’avversario Bruno Di Il candidato del centrodestra Magiste Berardo ammette che il centrosinistra è Trosini, numeri alla mano, analizza il voto stato avvantaggiato dall’aver amministrato del suo Comune: “Abbiamo recuperato 160 nell’ultimo quinquennio e che sarebbero voti in zone per noi tradizionalmente ostili stati decisivi i voti dell’ ultima ora. “La nostra e ne abbiamo persi un centinaio in altre campagna elettorale è stata buona, abbiamo per noi favorevoli. È un passaggio di voti di illustrato il programma, fatto incontri e credo difficile spiegazione, ma si può ipotizzare che piccole promesse o piccoli favori delle che le vicende legate alla ricostruzione postultime ore abbiano spostato l’orientamento terremoto abbiano spinto alcuni cittadini a di alcune famiglie – ha dichiarato lo sfidante, fidarsi di alcune promesse, come testimoniano il quale ha ammesso anche che non è stata le 50 domande arrivate in Comune, tutte nello fatta una buona opposizione – in votazioni stesso giorno”. Ma Trosini non si risparmia importanti come quella sulla realizzazione di in autocritica: “In parte i cittadini non hanno una centrale a biomasse, infatti, il centrodestra capito la mia campagna elettorale un po’ prima ha votato con la maggioranza e poi si è megalomane. Ho voluto sfruttare tutti i mezzi divisa in consiglio. E questo è stato sicuramente a mia disposizione, ho ingaggiato un’agenzia, un errore”. ho utilizzato i media e ho organizzato Ma ora Di Berardo si dice pronto per comizi con personalità importanti come il un’opposizione senza strepiti, collaborativa governatore Chiodi. Molti hanno apprezzato, e corretta, ma asfissiante con un rapporto molti altri no, ed evidentemente non c’è costante con la popolazione: “Opereremo un stata la voglia di cambiamento che, dopo controllo capillare di tutti gli atti amministrativi 26 anni, credevo fosse più forte. Comunque e la documentazione di ogni delibera di giunta abbiamo recuperato 120 voti…”. Ed infine e di sicuro non permetteremo più trasferimenti l’opposizione, dura e leale: “Conosco bene di residenza ad hoc come è stato fatto negli il territorio a livello amministrativo e posso ultimi anni. affermare che eseguirò tutte le operazioni di Saremo veri cani da guardia…”. controllo su questa maggioranza”.

Opereremo un controllo capillare di tutti gli atti amministrativi e la documentazione di ogni delibera di giunta Cortino ha vinto con un margine di 24 voti e si è confermato per la seconda consiliatura il sindaco uscente Gabriele Minosse, il quale evidentemente proseguirà con la sua linea politica: “C’è un programma ufficiale, chiuderemo i lavori in corso dei primi cinque anni, cureremo l’arredo urbano ma ci concentreremo sul sociale e le famiglie”. Il sindaco si impegnerà dunque a non aumentare le tasse come l’immondizia e a dare servizi come il prelievo del sangue a domicilio “possibile grazie alla collaborazione con alcune associazioni di volontariato” o come mantenere i buoni pasto e il trasporto scolastico a bassissimo costo e “cercheremo di conservare la scuola primaria e dell’infanzia”. Infine, sempre con un occhio di riguardo alle tasche delle famiglie, Minosse racconta che si sta realizzando un distributore di carburante per residenti e possessori di case, che potranno rifornire i propri autoveicoli a prezzo di costo, con un risparmio di almeno 20 centesimi. Infine, un progetto interessante. “Facciamo parte del progetto Mille Comuni Vodafone ed opereremo il piazzamento di quattro piccole antenne a basse emissioni per

BASCIANO “AVANTI TUTTA COL FOTOVOLTAICO”


16 mag. / 2011

w w w. L i 8 L i . c o m

Roseto ballottaggio e partecipazione DI

Roseto il dibattito politico ha fatto registrare toni molto accesi e la necessità del ricorso al ballottaggio per il candidato del centro-sinistra,Teresa Ginoble e quello del centro-destra Enio Pavone. Per entrambi gli schieramenti la partecipazione è stata molto sentita ed energica. La vittoria della destra ha portato alla ribalta politica il più giovane degli eletti, Fabrizio Fornaciari, 24 anni, 367 preferenze a cui abbiamo chiesto cosa abbia voluto esprimere Roseto con questa scelta: “la voglia di cambiare – risponde- e questa non è

Enio Pavone neo sindaco di Roseto

solo una vittoria del centro destra, ma di tutta la città. Enio Pavone sarà il sindaco di tutti i rosetani, anche di quelli che non lo hanno votato”. Gli facciamo notare tuttavia che lo stesso Pavone proviene politicamente da quella sinistra che da circa 20 anni amministra Roseto: “In realtà proviene dal gruppo dei liberal-socialisti che già da anni è impegnato a sostegno del centro destra –ribatte Fornaciarie lo testimonia il suo supporto all’elezione di Catarra alla Provincia di Teramo. Un percorso iniziato nel 2008” . Riguardo al programma, il primo atto del neoeletto sindaco sarà verificare lo stato del debito comunale: “E’ importante capire cosa ci hanno lasciato- conclude Fornaciari – prima di impostare una nuova politica di spese. La verifica sarà a tutto campo per capire come sono stati spesi i soldi del comune, se e dove ci sono stati degli squilibri. Attueremo l’attenzione del “buon padre di famiglia”, cioè con l’oculatezza e la razionalizzazione delle esigenze e delle priorità. Niente “asfalti elettorali” nella nostra amministrazione”. Teresa Ginoble, candidata del centrosinistra, già vicesindaco nella passata consiliatura, alla domanda: Cosa ha voluto esprimere Roseto con questa scelta’risponde: “Un falso cambiamento, sulla base di informazioni distorte. Ci tengo tuttavia a ringraziare tutti quelli che mi hanno votato e sostenuto in questi anni in cui il mio impegno è stato totale.” La vivacità della partecipazione politica si è espressa anche su face book, dove i commenti molto accesi sono stati spesso dei veri e propri scontri verbali. L’accusa

2.2409

MIRA CARPINETA

più frequente mossa alla sinistra è stata quella di aver “feudalizzato” Roseto, negli ultimi anni, trasformandola in una città monopolizzata politicamente da poche illustri famiglie. Teresa Ginoble replica con fermezza: “Il mio impegno sociale dura da più di 14 anni e il mio avversario lo sa bene, perché ha fatto parte anche lui della sinistra che oggi rappresento. Sono sempre Teresa Ginoble, oggi come allora, e la mia famiglia è sempre la stessa, non capisco a cosa ci si riferisca” . Che tipo di opposizione intendete fare? “Seria, concreta e per il bene della nostra città, come abbiamo sempre fatto d’altra parte”. Teresa Ginoble candidata del PD


17 mag. / 2011

FLI

“Osservatori equidistanti” DI

appuntamento elettorale che ha coinvolto anche i comuni abruzzesi, ha visto il Fli , “spettatore e osservatore equidistante della situazione”, a detta della formazione finiana. “Questo atteggiamento è stato molto positivo – sostiene Pieradolfo Segreto, coordinatore del primo circolo di Teramo – perché ci ha permesso di continuare nella costruzione del nostro partito, delinearne programmi e caratteristiche, pensare ad un organigramma che corrisponda alle aspettative di quanti vogliono investire in queste idee. Idee che possono essere riassunte in tre parole: innovazione, liberalismo, moderazione.

Idee che convincono soprattutto i giovani, ed è per questo, forse, che l’età media degli appartenenti al nostro partito è di 35 anni. Giovani che hanno riscoperto la voglia di partecipare alla politica perché stanchi di essere derubati”.A chi fa notare che anche la sinistra ha dei giovani e carismatici leader come Matteo Renzi, sindaco di Firenze, Segreto risponde di non aver molta simpatia per chi “non mette in pratica quello che predica. I conti devono essere positivi – continua Segreto-. Dire basta agli sprechi significa valutare bene costi e ricavi. Un esempio per tutti è la Team. La raccolta differenziata presume anche una parte importante di risorse derivanti dal riciclo dei materiali raccolti. Qual è il ricavato che ne deriva? E se c’è un ricavo perché aumenta la Tia? Di contro, va detto

MIRA CARPINETA

che la raccolta porta a porta ha creato un aumento dei mezzi in circolazione, con conseguenti inquinamento e spese di trasporti, manutenzione e personale. Forse - conclude Segreto- i dirigenti della Teampensano che i cittadini siano incapaci di differenziare i rifiuti e, allo stesso tempo, di conferirli in isole ecologiche, magari ben fatte, monitorate da telecamere, che eviterebbero lo spettacolo dei mucchi di spazzatura condominiale, girerebbero meno mezzi per il diminuito numero di punti di raccolta. Ma visto che così non è, viene da chiedersi a chi appartengano i mezzi di cui si serve la Team. Saranno mica della società che detiene la maggioranza delle sue azioni?”.


18 mag. / 2011

Profondo giallo Dal “caso Masi” a Melania, da Yara a Chiara si moltiplicano i grandi fatti di cronaca nera che restano impuniti e senza soluzione. Macchina delle indagini “in panne”? E’ ora di domandarselo, per adottare i rimedi necessari, se ci sono I “gialli” sono sempre di moda. Soprattutto se il finale attende con ansia la parola “fine”. Lo dimostrano i numerosi salotti televisivi, dove ogni giorno si alternano commentatori più o meno esperti che dicono la loro sull’ultimo fatto cruento di cronaca. Ma se il delitto affascina l’auditel e lo fa sobbalzare, allo stesso modo, prima ancora del colpevole, il talk show apre il rito inquisitorio. Fino a sentenza “monoscopica”. Dell’argomento, attualissimo, parliamo con Marcello Martelli, che da giornalista ha frequentato a lungo la cronaca, anche quella di grandi fatti di “nera”. D-Di recente, in un tuo articolo, hai parlato di “tribunale dei media”. E’ l’ultima moda dello zapping? “Nei tribunali della televisione la politica comincia a stancare. Il vaniloquio e lo scontro delle troppe parole con zero concretezza, cominciano a perdere quota. Ecco che, di rincalzo, si fanno strada i grandi fatti di cronaca, che in tv stanno diventando come un tempo i romanzi di appendice a puntate sui giornali. A parte gli argomenti, spesso ripetitivi, tutto il complesso non credo sia educativo per i meno attrezzati. Penso ai ragazzi e ai giovani. Si finisce per dare una rappresentazione distorta e sbagliata della società. D. In che senso? “Non occorre essere sociologo o grande esperto di comunicazione per capire. Se un argomento viene riproposto in modo ossessivo e in tutte le salse sui diversi mezzi di informazione (giornali, tv, radio, web, ecc), si finisce per mettere al centro di tutto quelle vicende e quei personaggi di volta in volta coinvolti. Quasi sempre, modelli negativi. Bene l’informazione, che deve essere seria e approfondita su ogni vicenda che ci riguarda, ma se diventa una ‘overdose’…”. D- Che cosa non va più nelle indagini? Tra inquinamento di prove e notizie apparentemente “sfuggite”, la macchina giudiziaria si è inceppata negli ultimi tempi? “Fra l’altro, potrebbe essere il “valore aggiunto” che scatena l’interesse ossessivo dei media sul fatto di cronaca o sul giallo avvolto nel mistero. Un meccanismo perverso, che ingigantisce

l’interesse e la curiosità morbosa del pubblico degli spettatori e dei lettori. Le tv riempiono i palinsesti e i giornali le pagine, ma non credo possa essere una pratica corretta dal punto di vista del costume collettivo e della stessa informazione. Verissimo che l’interesse per la cronaca nera è di primo livello. Verissimo che il numero di copie e l’audience sono vitali per giornali e tv. Da non ignorare, però, l’ est modus in rebus, se è vero che sono in ballo valori non secondari. Oppure, si finisce per dar ragione a chi pensa che i mezzi d’informazione ‘testimoniano ogni giorno come la più seria occupazione degli uomini sia sempre l’uccidere altri uomini’. E non può essere. D-Hai parlato di “triangolo dei misteri” con riferimento ad Ascoli, Val Vibrata e Teramo. A cosa ti riferivi? “Per gli assidui della nera (e siamo in tanti, ormai), è un territorio divenuto un autentico ‘triangolo dei misteri’. A tenuta stagna. Misteri impenetrabili, salvo smentita, che speriamo arrivi al più presto. Melania e, sempre fra Ascoli e S. Marco, Rossella. Poi, le Casermette di Civitella del Tronto in Valvibrata. Dove c’è anche Nereto con il suo giallo irrisolto. Protagonista Manuela, signora del duplice delitto Masi. Il più dimenticato, forse, e sono passati sei anni, intanto. E’ normale?”. -Ma non finisce qui… “La geografia dei casi di nera misteriosi e impuniti è molto più vasta, purtroppo. Questo che stiamo vivendo passerà alla storia come ‘l’anno che non trova criminali’, da Yara a Melania, da Chiara Poggi alle gemelline fatte scomparire a Cerignola il 30 gennaio scorso dal padre suicida. ‘Quest’anno- ha giustamente sottolineato un cronista- i casi di cronaca nera che hanno toccato l’opinione pubblica sono una collezione di misteri’”. D-La cronaca, a volte, ha la memoria corta. “E’ accaduto anche a Colle S. Marco. Dove, qualche mese fa, un cane a passeggio con il padrone ha portato alla scoperta di ossa umane. Si sono riaccesi così i riflettori su Rossella Goffo, funzionaria della questura di Ancona, scomparsa l’anno scorso e già quasi dimenticata. Il fascicolo impolverato delle indagini si è riaperto su un presunto omicidio. Tutto da spiegare, con la sua lunga serie di domande e interrogativi inevasi. Sul


19 mag. / 2011

filo d’una sfortunata relazione d’amore e passione. Subito accostata a quella della bella Melania Rea e della sua fine. Su cui si proiettano ombre inquietanti d’una infelice storia a due, fra inganni e tradimenti di un marito con la passione per le soldatesse. Fra le altre, la vicenda di Melania ha conquistato meglio e di più la ribalta. Nei maggiori salotti televisivi e sugli organi di stampa nazionali, la sua tragedia occupa il posto d’onore della prima pagina. Il ‘processo mediatico’ va avanti alla grande. Ma aiuterà l’altro? E chi può dirlo? Gli inquirenti, che per ora non mostrano di avere una strategia precisa, si sono rivolti a ‘Chi l’ha visto?’, cioè a una trasmissione tv per scoprire finalmente chi c’era sul pianoro di Colle S. Marco quel pomeriggio del 18 aprile scorso, quando Melania è sparita. Non è un paradosso o il segno dei tempi?” D- La domanda finale non può essere che una: perché, oggi, tanti casi impressionanti della cronaca nera restano impuniti? “Matteo Del Fuoco, poliziotto della vecchia guardia, in questo numero di “Prima Pagina” ha già dato una risposta eloquente, da esperto della materia. Non posso che condividere le sue conclusioni. L’impressione è che ora le indagini vadano avanti

a tentoni, senza una strategia, aggrappandosi di volta in volta a particolari, confessioni e rivelazioni che poi si dissolvono come neve al sole. La macchina investigativa si presenta quasi sempre insicura e disorientata, senza una linea d’azione precisa verso una svolta, sempre annunciata e che poi non arriva mai. Affidarsi a ‘Chi l’ha visto?’ altro non è che l’impotenza di chi, dal ‘profondo giallo’, non riesce proprio a riemergere. D- A proposito del duplice delitto Masi, cos’è che non ha funzionato, secondo te, e perché un fatto di cronaca, forse più atroce di altri, è stato così velocemente dimenticato? “Da cronista conosco abbastanza le carte e i particolari di quella vicenda, ma non mi azzardo a formulare un giudizio sulle indagini e sulla loro archiviazione. Dico solo che, insieme a tanti altri fascicoli, dovrebbe finire sul tavolo di grandi esperti della materia, per studiare a fondo il grave preoccupante fenomeno dei tanti, troppi casi che, oggi, restano insoluti, lasciando in circolazione assassini e delinquenti impuniti. Che la macchina delle indagini sia in panne, è forse ora di ammetterlo”.

dite la vostra direzione@primapaginaweb.it


20 mag. / 2011


21 mag. / 2011

Quando l’assassino aveva le ore contate Erano i tempi di magistrati e inquirenti bravi a cercare le prove. prove. Parola dell’ex capo della Mobile, Matteo Del Fuoco, che continua il racconto delle sue memorie DI

TIZIANA MATTIA

li spacciatori invecchiano. Ragazzotti traditi da loro stessi e dalla vita, prima ancora di iniziarla, poi ultracinquantenni con rughe ammonticchiate da cambi di rotta mai tentati. Anche i poliziotti invecchiano, e a sessant’anni, improrogabilmente, vanno in pensione. Ma continuano a incontrarsi, magari per il corso principale, spacciatore e poliziotto. La città è minuscola, e le strade intersecano con inspiegabile frequenza gli opposti volti della legge. Comunque. Così, a Matteo Del Fuoco, fino all’altro ieri capo della squadra mobile e vice questore, capita di incrociare visi “stranoti” di quel passato recente, e di trarne conclusioni che l’esperienza suggerisce. Senza fatica. “ Li cerco con gli occhi. Se mi salutano – racconta – vuol dire che non c’è nulla in ballo. Altrimenti mi sfuggono, e io capisco…”. Oggi, smessi i panni del “controllore pedissequo del territorio” e addosso quelli dell’avvocato, Del Fuoco dice la sua sull’ultimo delitto in prima pagina. C’è da scommettere che, quando (e se) ne verrà a capo, tra le Marche e l’Abruzzo, avrà avuto ragione. Ancora una volta. Mentre ripassa il tempo in cui, insieme alla sua squadra, il lavoro non contava le ore, e ottenuto un risultato, rilassarsi era proibito. Il confronto con il prima e l’adesso è

inevitabile. A capo della Procura c’erano i “grossi” (come li aggettiva), che hanno attraversato la sua strada e, in ufficio, un continuo confrontarsi con poliziotti a cui non era richiesta una scorta di cultura. Ma onestà e fedeltà quasi scontate. “Pubblici ministeri bravi ci sono sempre stati – aggiunge -, ma bisogna avere una dote in più, un fiuto particolare per arrivare a capo di un’indagine”. La risposta è la sollecitazione ai tanti, troppi, delitti insoluti che allungano la lista della cronaca nera. E ancora: “Il giudice deve trarre il meglio dall’azione di polizia e carabinieri, essere bravo ad acquisire prove. Personalmente ho avuto un rapporto meraviglioso con i procuratori. Oggi, non so perché non è così”. Ed eccoli i nomi di quei “grossi”, da Oronzo a Di Nicola a Barrasso, che nella spoletta del ricordo si affiancano ad altri che incalzavano la “nera” a nove colonne: la banda Battestini, specializzata in rapine, Valerio Viccei, perso negli anni tra furti, attentati, un omicidio, e poi finito a pistolettate in Val Vibrata. “Ma i crimini più odiosi, per me – precisa Del Fuoco – sono quelli contro gli anziani, spesso massacrati per pochi spiccioli”. L’avventura dell’ex capo della squadra mobile è durata circa vent’anni. Con una interruzione dovuta al trasferimento a Pesaro (“causa un rapporto non proprio idilliaco con il questore di allora”), per tornare ancora a Teramo nel 2001. “Ho ripreso servizio da dirigente il primo aprile. Uno scherzo come si deve…”.

* Notte di terrore in vico della luna Matteo Del Fuoco Vico della Luna, disegnata tra l’immagine di Sant’Emidio e scalette improvvise giù per la circonvallazione. Le abitazioni si fronteggiano e le giornate scorrono strette tra silenzi e soliti saluti. Finché una notte la violenza manda all’aria pazienza e saggezza, raggranellate con gli anni, nella casa dove dormono due anziane sorelle. Sole, senza uomini accanto a fare da scudo a volti sconosciuti che si parano in camera da letto. Nemmeno il tempo di pensare a un incubo diviso a metà che inizia il tormento. Botte inutili e perverse su corpi e volti fragili per raspare il “tesoro” che i vecchi custodiscono per un futuro che non c’è quasi mai. Le mascelle si frantumano, i rapinatori scappano fra “flebili” urla di resa, il silenzio torna con la paura che prende il posto del respiro. La mala storia si ripete a qualche chilometro di distanza, fuori città, e poi ancora nelle settimane successive. Fino all’epilogo risolutorio. Una banda di delinquenti, un quartetto che si divide il territorio, la notte, e sempre contro chi ha lasciato pian piano le forze con la vita che corre. Ma c’è un’impronta là nel Vico della Luna che la pioggia ha disegnato sul terreno umidiccio. E’ la firma del massacro e l’inizio della risoluzione. Gli arresti, sono solo un sospiro di sollievo. In mezzo, un capillare lavoro di inchiesta. Caparbia e senza tregua.


22 mag. / 2011


23 mag. / 2011

Via Cona semaforo …. invisibile. DI

DANIELA PALANTRANI

l’incrocio incriminato

ia Cona, la via di ingresso a Teramo, o di uscita se si è diretti in montagna. E tra le due rotonde un incrocio dotato di semaforo, che però è nascosto dagli alberi. Le foto esprimono meglio di mille parole. Ricordiamo che nei pressi si trova la sede dell’Unione italiana ciechi. Se si schiaccia il pulsante per attraversare, siamo sicuri che i pedoni possano attraversare tranquillamente quando le autovetture non riescono a vedere il semaforo?


24 mag. / 2011

Intervista a Fernando Di Girolamo segretario del locale circolo Pd

“S.Nicolò ancora tutto da fare… fare…” DI

2.2407

DANIELA PALANTRANI

Scarsi per la complessità della zona. Sarebbe importante creare punti di riferimento e di incontro per costruire una forte identità locale

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an Nicolò ha le esigenze e i problemi di una qualsiasi altra frazione, più accentuati dal fatto che è vasta e popolosa.Vi confluiscono frazioni limitrofe o territori che non appartengono al Comune di Teramo. Pensiamo alla vallata di Castellalto che si affaccia sul Tordino e che orbita su S.Nicolò. “Al centro prelievi– racconta Fernando Di Girolamo, segretario del locale circolo Pd – ho incontrato persone provenienti da Villa Zaccheo o Case Molino, che fanno parte del territorio del comune limitrofo, ma che vanno a S.Nicolò per vicinanza. Solo la periferia conta più di 10.000 abitanti, ma ne serve molti di più”. Se poi si considera che le frazioni di Villa Falchini, Villa Turri, Villa Tofo, S.Atto, Chiareto, Villa Pompetti il numero aumenta esponenzialmente. Quali i servizi sul territorio? “Scarsi per la complessità della zona. Sarebbe importante creare punti di riferimento e di incontro per costruire una forte identità locale. Luoghi in cui studiare, giocare, discutere e fare cultura. Auspichiamo una struttura pubblica di cui poter usufruire”. Ambizione del segretario del circolo Pd, è riuscire a ottenere un palazzo civico. “L’attuale distaccamento dell’anagrafe non è sufficiente. Necessità la presenza costante di guardie municipali, mentre adesso vigili urbani non se ne vedono mai”. La scuola “C.Febbo”? “Un capitolo

a parte. Chiusa dai tempi del terremoto, e mai messa in sicurezza. Sappiamo che i danni provocati dall’abbandono sono maggiori ogni giorno che passa. Non ci spieghiamo perché l’amministrazione non intervenga. Inoltre, la scuola e tutta l’area adiacente se riqualificata è una delle zone che si potrebbero usare per gli scopi a cui accennavo prima. Altro problema è la viabilità. Non è mai stato fatto un piano traffico per S.Nicolò. In alcuni incroci avvengono incidenti quasi quotidianamente. Ci domandiamo perché sorgono rotonde ovunque, e qui no”. Una valida opposizione fa una buona amministrazione. “Abbiamo presentato diverse interrogazioni, e sollecitato interventi soprattutto in merito alla rotonda. Anche se le competenze non sono solo del Comune. C’è la provinciale che interseca e l’uscita che dipende dall’Anas. Il Comune però ha il dovere di far sentire la sua voce.. Vorrei precisare che S.Nicolò non è solo piazza Progresso. E’sufficiente allontanarsi di 50 metri e si trovano vie interne in cui il manto stradale è rovinato, marciapiedi non completati o zone addirittura non illuminate”. Il cittadino come avverte i rapporto con le istituzioni? “Con molto distacco. Chiediamo più attenzione non solo per S.Nicolò, ma in un’ottica più ampia, per tutte le frazioni”.


25 mag. / 2011

Rumori in corso I nuovi cantieri peggiorano la vita delle abitazioni vicine senza che si possa far niente. O no?

DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

poi ti costruiscono quasi sotto casa, in una area che prima era un pezzetto di campagna che faceva da mini-riserva naturale. Tutto viene spazzato via per l’ennesima costruzione di appartamenti e villini a schiera. Sta accadendo in via Averardi, ma è una situazione di sicuro non nuova a molti. I lavori durano da più di un mese e non ci sono tutele per chi abita vicino alla zona di costruzione. Intanto transennano e bloccano la strada per fare accedere i camion per carico e scarico. Poi le betoniere sono accese per ore, lo smog entra in abbondanza dalle finestre aperte insieme alla polvere. Se si decide di chiuderle, devi soffrire il caldo di stagione e l’aria viziata della casa. Rumori molesti in continuazione partono dalle sette del mattino (a volte prima) e durano fino alle sette di sera. In continuazione, rovinando di fatto la quiete di un intero quartiere senza che si possa far niente. Una chiamata ai vigili urbani rivela infatti che è tutto perfettamente lecito e allora la vita di un

È il Comune a dare le autorizzazioni e a stabilire la gravità dell’impatto nella quiete pubblica (che di fatto però è disturbata) quartiere è rovinata per mesi. Cercando bene nei meandri dei decreti legge ne viene viene fuori uno (26.12.1995 N. 447) che dice: “Ai fini della presente legge si intende per: a) inquinamento acustico: l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attivita’ umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi”. In tutto e per tutto quello che sta accadendo: smog, rumori, disturbo delle attività umane. E allora, cosa si deve pensare? Che i lavori in corso non rispettano la legge? No: c’è l’eccezione ovviamente e inoltre la legge, nella sua applicazione, passa attraverso le mani dell’amministrazione comunale. Infatti sta scritto: “ (...) per quanto riguarda l’attività temporanea di cantieri stradali o lavori effettuati all’interno di aree ed abitazioni private, si prescrive che, salva speciale autorizzazione

comunale, è vietato esercitare mestieri che siano causa di rumore o di disturbo dalle ore 13.oo alle ore 15.oo e dalle ore 19.oo alle ore 8.oo del mattino (...). è assolutamente vietato l’esercizio di mestieri od attività che rechino disturbo, salvo casi di necessità contingente da autorizzarsi di volta in volta”. È il Comune a dare le autorizzazioni e a stabilire la gravità dell’impatto nella quiete pubblica (che di fatto però è disturbata). Certo, tutti devono lavorare, imprese edilizie comprese. Solo che non vengono mai prese in considerazione le necessità delle persone coinvolte nelle vicinanze dei cantieri, non interpellate dai pubblici amministratori e (ma forse sarebbe troppo) dagli stessi imprenditori edili. Aprire un cantiere vicino a un casello autostradale non è come aprirlo in un centro abitato: si devono seguire strategie diverse. Lì sta il vero problema. Per il momento si può solo cercare di far rispettare pienamente la legge. E al primo passo falso, denunciare l’accaduto a chi di dovere.


26 mag. / 2011

Rifiuti “turismo costoso” e poco chiaro al primo maggio i teramani sono costretti all’ennesima piccola rivoluzione casalinga causa rifiuti. C’è finalmente la possibilità di buttare l’ organico anche il venerdì sera, giorno solitamente dedicato al pesce , campione del mondo “di puzza”. Per il resto i cambiamenti caricano ancora di più il lavoro che prima facevano gli operatori ecologici… - sulle spalle dei contribuenti teramani. Così il rifiuto secco, che prima veniva gettato due volte a settimana –già poco per chi deve combattere con popò e pupù di lattanti e persone anziane- verrà incredibilmenteritirato una sola volta! Inoltre, una volta sistemati i nostri scarti indifferenziati nel cassonetto grigio, dovremo levarlo il mercoledì sera per inserire – senza busta!- il vetro, per poi, il giorno successivo, mettere, sempre senza busta, lattine e barattolame. Sia ben chiaro: nessuno è contrario alla raccolta differenziata se ben fatta ma è il Comune che l’ha imposta, e deve quindi dare la possibilità ai cittadini di farla con chiarezza e semplicità. Altra storia è quella per ritirare le buste. L’orario per recarsi negli uffici TE.AM. che continuano a deambulare per la città è da

ufficio: dalle 9 alle 13 dal lunedì al venerdì con due ‘rientri’ il martedì e giovedi dalle 15 alle 17. Niente sabato! Se lavorate fuori, prendetevi mezza giornata di ferie. Inoltre, va scritto che l’Ordinanza che disciplina tali novità(n. 108 del 28/04/2011) è stata descritta in città come una specie di spauracchio per la quale occorrerebbe ‘ritirare’ in casa i bidoni in comodato entro una certa ora pena il sequestro. Fermo restando che il Comune sequestrerebbe un bene già suo, non si sa chi abbia messo in giro questa voce insussistente:nell’ordinanza vi è un lungo elenco di casistica di violazioni e relative sanzioni (€ 50-500), tra cui, al punto 3, il conferimento di rifiuti in maniera indifferenziata all’interno dei contenitori, il conferimento(punto 4) di rifiuti impropri o non adeguatamente confezionati ed il mancato rispetto(punto 6) degli orari di esposizione dei contenitori dalle ore 20.00 alle ore 24.00 della sera precedente il giorno di raccolta per chi abita nel centro storico edalle ore 20.00 alle ore 6.00 del giorno precedente la raccolta per chi abita ‘fuori’. Forse quest’ultimo punto ha tratto in inganno. Infine, si sottolinea ancora una volta come in tutto questo ci sia qualcosa che non va sul piano economico: a fronte di

una continua diminuzione di servizi da parte degli enti preposti, i tributi da pagare non diminuiscono. Il sindaco ha affermato che ciò è dovuto al “turismo costoso” dei nostri rifiuti che vanno portati ben oltre provincia –e si parla di portarli fuori regione!- ma alla richiesta di poter fare in loco un compattatore di rifiuti di ultima generazione, inodore, non inquinante,che lavora senza ossigeno e che produce energia elettrica o gas, tutto tace. Peccato davvero. Le soluzioni ci sono, ma non si capisce perché, invece di forare il muro con il trapano, si preferisca ancora il dito. IVAN DI NINO

Il sindaco ha affermato che ciò è dovuto al “turismo costoso” dei nostri rifiuti che vanno portati ben oltre provincia


27 mag. / 2011


28 mag. / 2011

Lotto….Zero Zero in segnaletica

Abbiamo tirato tutti un sospiro di sollievo quando è stato inaugurato il primo tratto del ‘Lotto zero’ , circa trent’anni dopo la progettazione. Ministri, sottosegretari, amministratori di ogni colore e dimensione, non hanno mancato la mediatica occasione. In realtà la strada non è granchè, dal momento che appena aperta ha già un bel divieto per i motociclisti “grazie” all’impervio ingresso nella zona di Porta Romana (14% di pendenza!). Stessa cosa per l’uscita verso il centro: si piomba sulla rotonda appena fuori da una galleria molto angusta. Manca inoltre lo svincolo della Gammarana, ulteriore mistero tutto aprutino in questa infinita tela di Penelope. Sarebbe stato decisamente meglio approntare lo svincolo all’altezza del ponte che conduce poi verso la strada di Collurania, evitando tra l’altro di sforacchiare i palazzi lì attorno. Tale arteria è comunque servita a far scendere di qualche etto il peso del mostruoso traffico teramano, non fosse altro che un forestiero che arrivi dalla Teramo-mare trova dei pomposi quanto poco comprensibili cartelli. Giungendo dalla costa o da L’Aquila ci si trova dinanzi ad una amletica scelta: Teramo est o Teramo ovest? L’indicazione è geograficamente giusta, quanto pleonastica. Sarebbe stato sicuramente più opportuno far scrivere, al posto di ‘est’ , Ospedale, FF.SS. e cimitero, e al posto di ‘ovest’, Centro. Quest’ultima scritta c’è e sarebbe sufficiente . Si sottolinea inoltre come la maggior parte dei cartelli stradali posti sulla Teramo-mare siano di colorazione sbagliata: S.Nicolò e Sant’Atto, non essendo comuni, dovrebbero essere indicati con fondo bianco e scritta neracome è scritto “Stadio” tanto per intendersi- , non col fondo blu. Piccolezze, certo, ma che

contribuiscono ad alimentare confusione, soprattutto per un forestiero ligio alle regole. La competenza è dell’ANAS, che non ha ancora dato seguito alle nostre richieste. All’apertura del‘Lotto zero’, Gianni Letta, tra l’altro avezzanese di nascita, ha fatto una battuta un po’ sarcastica: “ Sono stato invitato all’inaugurazione del primo pezzo di questa strada…per farla ci sono voluti trent’anni… speriamo non ci voglia altrettanto per il secondo lotto, altrimenti io non ci sarò più e sarà inutile invitarmi!” Risate, applausi. Chi non ride sono i teramani. Quando riusciremo a percorrere l’ultimo tratto della Teramo-mare da Mosciano a Giulianova? Quando avremo una decente strada di collegamento ad Ascoli? Quando la Val Vomano-Val Fino? IVAN DI NINO

la segnaletica incriminata


2.2405

Hanno tra i 14 e i 19 anni, la maggior parte non ha raggiunto la maggiore età, e sono soprattutto italiane (82%). I dati del nuovo Rapporto sullo stato delle madri nel mondo di Save the Children parla di un Paese, il nostro, dove convivono baby mamme e ragazze che nell’aborto trovano una apparentemente “sbrigativa” contraccezione. Le giovanissime che diventano mamme, prima ancora di liberarsi delle

bambole, provengono soprattutto dal Sud e dalle isole, e l’età media è 1617 anni. Circa il 60% ha un marito o un compagno. Le adolescenti che partoriscono in Italia sono oltre diecimila l’anno, tra loro anche tredicenni. A Teramo, la situazione è ampiamente espressa dai numeri che pubblichiamo. Ognuno tragga conclusioni. T.M.

focus on Se papà e mamma sono “baby”

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focus on

Amici solo se sexi incredulità. È questa la prima reazione quando si inizia ad esplorare il fenomeno della sessualità degli adolescenti di oggi. Perché, cercando di conoscere gli innumerevoli casi di sessualità a volte precoce, a volte sbandierata, a volte alterata che ci vengono proposti dai ragazzi, ci si interroga chiedendosi se possano essere veramente avvenuti. E allora si alimenta la speranza che si tratti di racconti esagerati insieme con il desiderio di salvarci tutti da questa nuova realtà, ragazzi, genitori e società. Eppure la sessualità degli adolescenti è cambiata, e non si può fare a meno di non riconoscerlo. Ce lo mostrano già da alcuni anni i video più o meno sessualmente espliciti presenti sulla rete. Non sono invenzioni cinematografiche, come non lo sono i casi scoppiati in alcune scuole italiane in cui i presidi si sono imbattuti quasi per caso in video di rapporti sessuali tra compagni o di prestazioni a pagamento (pochi euro o una ricarica per il cellulare) avvenuti all’interno delle scuole. E ancora

sono reali i casi di ragazze che sempre per una forma di ricompensa mostrano il loro corpo a un interlocutore virtuale fino ad arrivare agli stupri di gruppo effettuati da minorenni ai danni di coetanee. Si tratta allora di un disagio che i ragazzi di oggi manifestano attraverso la sessualità o di una normale evoluzione in forme finora sconosciute? Difficile rispondere, certo è che la sessualità dei giovani ci rimanda un caleidoscopio di immagini articolate, a volte scioccanti, che devono stimolare il mondo adulto a riflettere. Esiste tuttavia anche una sessualità meglio vissuta, frutto della naturale evoluzione verso l’età adulta. L’emergere in adolescenza di una nuova consapevolezza del proprio corpo che cambia ed assume connotati sessualmente maturi, e la presenza di desideri sempre più emergenti portano ad una naturale ricerca di relazione con l’altro e a una sperimentazione che non deve spaventare. A cosa imputare invece la sessualità vissuta in forme più estreme? Si invocano di solito il fallimento della famiglia, della scuola, della società. Ed è vero che qualcosa ha fatto tilt se la sessualità non è più vissuta solo tra due persone e soprattutto all’interno

di una relazione che ne fa da cornice, ma può essere anche sbandierata, venduta, condivisa con il gruppo. È evidente che gli adolescenti di oggi vivono trasformazioni che coinvolgono in maniera profonda la loro mente, bombardati come sono dai “miti del nostro tempo” come la ricchezza, la bellezza, la forza, la moda, il mercato, il benessere materialmente inteso. Sottoposti a tutto questo, non solo attraverso le immagini, ma anche attraverso gli esempi proposti, come dovrebbero crescere se non così? E dove sono finiti altri “miti” come il rispetto di sé e dell’altro, il sacrificio, l’onestà che, al di là della morale, consentivano altre possibilità di identificazione? Se anche la società, addirittura le istituzioni, rimandano l’idea che il raggiungimento di un certo status vale più di ogni altra cosa e può essere perseguito a ogni costo, gli adolescenti di oggi non possono che rimandarci, come in uno specchio fedele, l’immagine che noi proponiamo. Nei social-network c’è l’idea che se sei sexy ti “chiederò l’amicizia”. Ecco quindi che dietro il presentarsi come oggetti sensuali c’è soprattutto un bisogno antico, quello di essere importanti per


31 mag. / 2011

anno 2008 l’altro, bisogno che diventa poi più grande quando l’autostima è vacillante. A tutto ciò certo si accompagna inevitabilmente una visione del corpo come esterno a sé, uno strumento da utilizzare che non porta con sé emozioni. Certo è che quando i giovani propongono comportamenti in parte alterati, mostrano sempre disagio e reclamano qualcosa che manca o è mancato e pongono una richiesta: la necessità di ascolto, di comprensione, di protezione e a volte anche di cura. Il discorso sulla sessualità degli adolescenti qui abbozzato è multiforme e ci impone nuovi spazi di riflessione e il tentativo di comprendere in maniera seria cosa sta capitando nella mente delle giovani generazioni.

anno 2009

anno 2010

LAURA CORONA PSICOTERAPIA DELL’ETÀ EVOLUTIVA

Dati statistici sul numero di parti e di interruzione di gravidanza negli ospedali di Teramo per ricoverate di età compresa tra 12 e 20 anni. Nel 2009 i dati di mobilità passiva sono stati di 38 aborti e 14 parti di residenti in provincia di Teramo di età compresa tra 12 e 20 anni. interruzioni di gravidanza

nascite

dati sulla popolazione straniera

Se papà e mamma sono “baby”


focus on

Parlano i ragazzi Emilia, 17 anni Parli mai di sesso con i tuoi genitori? A volte capita, ma non scendiamo mai in particolari. E con gli amici? Neanche con gli amici parlo molto, mi confido solo con quelli più intimi. Sonia, 17 anni A che età il primo bacio? 14 anni Cosa pensi di una ragazza che arriva vergine a venticinque anni? Se è per scelta, ammiro la sua determinazione. Cosa pensi dell’aborto? Dipende dalle situazioni: a volte si può comprendere, altre invece è inaccettabile. Secondo te ragazzi e ragazze vivono il sesso allo stesso modo? No. Però tutto cambia da persona a persona, e soprattutto dalle esperienze. A scuola avete mai fatto incontri con un sessuologo? Si È stata un’esperienza utile? Si, perché ho scoperto cose che non sapevo. Quanto pensi sia importante il sesso da 1 a 10 in un rapporto di coppia? 10. Luca,17 anni Primo bacio. A che età? 15 Come ricordi quell’esperienza?

Coinvolgente Descrivi con un aggettivo la tua prima volta. Un bellissimo equivoco. Cosa pensi dell’aborto? Una questione di scelte. Credi nell’amicizia tra un uomo e una donna? Si ma solo se non c’è interesse né da una parte né dall’altra. Avete mai fatto incontri con un sessuologo a scuola? Si. Sono stati utili? Si, perché ho scoperto le reali conseguenze del sesso. Parli mai di sesso a casa o con i tuoi amici? Assolutamente no, sono solo fatti miei. Jenny, 18 anni. A che età hai iniziato ad avvertire l’attrazione verso l’altro sesso? Verso i 12 anni Primo bacio: come e quando. A 14 anni, è stato bellissimo! Descrivi con un aggettivo la tua prima volta. Una sensazione indescrivibile, fortissima, unica. Come è cambiato il tuo rapporto coi ragazzi dalla scoperta del sesso in poi? Ho iniziato a vedere le cose con altri occhi. Cosa pensi dell’aborto? Sono contro… perché impedisce a un nuovo essere umano

di nascere e scoprire la bellezza della vita. Secondo te ragazzi e ragazze vivono il sesso allo stesso modo? No perché per le ragazze è più intimo e personale, mentre per i ragazzi, a volte, è solo un divertimento. Stella, 17 anni Cosa pensi dell’aborto? Penso che prima di fare certe cose bisogna azionare il cervello. Sono contro, a meno che non ci siano problemi di salute… Ritieni utili gli incontri col sessuologo a scuola? Si perché prima di fare certi passi bisogna conoscersi e conoscere bene il proprio corpo. Quanto pensi sia importante il sesso da 1 a 10 in un rapporto di coppia? 5, perché se non c’è sentimento è una cosa inutile. Kri, 18 anni Secondo te ragazzi e ragazze vivono il sesso allo stesso modo? Oggi come oggi credo che la maggior parte dei ragazzi consideri il sesso come una specie di passatempo, mentre per le ragazze è un momento più importante. JESSICA PAVONE


I GIOVANI SI DIVIDONO 1. Che opinione hai dell’aborto? Mirko, 22 anni: Che ognuno merita di vivere e che una “terza” persona non può esserne padrona. Facile o dura che sia, la vita va vissuta. Ilaria, 20 anni: Sono favorevole. Ognuno deve sentirsi libero di poter decidere. Non è una scelta facile, comporta maturità e sacrifici. Il difficile non è fare figli, è farli crescere in una famiglia serena. Se manca questo, penso che bisogna pensarci due volte Susanna, 22 anni: Sicuramente è una decisione ardua da prendere, ha bisogno di essere ponderata in base alle esigenze, all’età, all’esperienza. E al giorno d’oggi molte ragazzine prendono sotto gamba la questione di avere un figlio. Quindi, in alcuni casi sono favorevole. Andrea, 19 anni: Aborto? Cosa seria, da valutare con attenzione e che pone non pochi problemi etici. Assumersi o non assumersi le conseguenze di una serata? Federica, 18 anni: Credo che una giovane donna debba avere la possibilità di scegliere se mettere al mondo, o meno, una nuova vita, sapendo di non essere in grado di garantire un futuro (né economicamente né sotto l’aspetto di figura genitoriale), non essendo in grado di garantirlo a se stessa.

Susanna, 22 anni: Penso che al 90% dei casi non fanno una scelta con giudizio.

ha vissuto una delle due esperienze? (aborto o maternità)

Ilaria, 20 anni: Penso che sia una scelta personale, che non può essere capita ma solo rispettata.

Ilaria, 20 anni: Conosco una baby mamma e ho visto in prima persona le difficoltà che comporta tenere un bambino in una età dove si è veramente troppo piccoli per fare gli adulti. Nonostante questo, dopo due anni, vedo quanto essere mamma la rende felice, il che penso sia lo cosa più importante che va al di la di ogni etica morale.

Mirko,22 anni: Dipende dalla baby mamma, nel senso che ci sono ragazze che sentono la maternità e prendono la questione seriamente, e altre che prendono la questione sottogamba. Se dovessi conoscere una baby mamma certo non avrei pregiudizi nei suoi confronti di nessun tipo. Federica, 18 anni: Penso che le baby mamme debbano essere persone responsabili, e che ognuno fa le proprie scelte di vita.

Chiara, 18 anni: L’aborto mi fa paura, temo più che altro che le ragazze lo pratichino senza pensarci troppo, però se una ragazza dovesse ricorrervi perché è in una situazione troppo difficile, la capirei e l’appoggerei.

Chiara, 18 anni: Secondo me a 15 anni non si conosce se stessi, non si capisce cosa si vuole dalla vita e quindi l’arrivo di un bambino può essere traumatico. Però le ammiro per il coraggio.

2. Cosa pensi delle baby mamme?

3. Conosci qualche ragazza che

Andrea, 22 anni: Sicuramente penso che porti a molti sacrifici vista la giovane età della madre che in quegli anni avrebbe sicuramente molte altre cose da poter fare.

Susanna, 22 anni: Conosco personalmente una baby mamma, e il compito che le spetta, ovvero crescere un figlio, è molto più grande di quello che si pensa. Comporta sacrificio e dedizione assoluta verso il figlio stesso, cosa che purtroppo non accade sempre, data l’età prematura. Chiara, 18 anni: Conosco una ragazza che ha abortito.Viene a scuola con me. L’ha fatto perché non lavora e non se la sente di lasciare scuola, e non può dirlo alla famiglia, che fa parte di una comunità religiosa. JESSICA PAVONE

Se papà e mamma sono “baby”


focus on

Emergenza educativa ualche anno fa, è apparso un libro di U. Galimberti: L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani (Feltrinelli, Milano, 2007). La tesi del volume è che i giovani, sradicati dalla grande tradizione che li ha generati, si sono trovati in casa l’ospite inquietante: il nichilismo. Questa è la condizione di molti giovani oggi. Ed allora? Molto tempestivamente i vescovi italiani hanno dedicato al tema dell’emergenza educativa il documento per gli Orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020. La tradizione cristiana mediante la testimonianza dei padri diviene risposta adeguata al bisogno del cuore dei figli: questa è l’educazione. La tradizione che diventa presenza dentro la testimonianza che i padri ne fanno ai figli. A questo punto si capisce perché ci troviamo dentro una vera e propria “emergenza educativa”. Perché se colui che deve trasmettere una visione della vita ed introdurre il nuovo arrivato nell’universo di senso, diciamo la generazione dei padri, si sradica dalla tradizione si possono verificare due situazioni. O si instaura un rapporto di permissivismo, caratterizzato da una sorta di scetticismo e di indifferentismo: non esiste una verità circa il bene della persona (scetticismo), e quindi tutto alla fine è permesso (indifferentismo). Oppure si instaura un rapporto di egemonia di autoritarismo: non si fa nessuna proposta; s’impone. Ci troviamo di fronte all’emergenza educativa perché da una parte accade che la generazione dei figli chiede di entrare dentro ad un universo vero, bello, buono e dall’altra parte la generazione dei padri è divenuta straniera all’universo di senso: non sa più che cosa dire. I padri non rendono presente nessuna tradizione, perché ne hanno perso la memoria, e diventano testimoni del nulla e trasmettitori di regole. I figli si trovano a vagabondare in un deserto privo di strade, non sapendo più da dove vengono e dove sono diretti.

Come uscirne? Non c’è una ricetta preconfezionata o almeno io non la conosco. Ma conosco la Chiesa, una realtà, un popolo che custodisce la memoria del fatto che può dare consistenza invincibile alla nostra fragilità mortale. Il primo passo per uscire dall’emergenza educativa è il coinvolgimento pieno dei padri e dei figli dentro alla memoria eucaristica vissuta ogni domenica. Senza questo reale radicarsi dentro l’evento che dona senso al tutto ed alla vita di ciascuno, la narrazione dei padri ai figli rischia di essere vacua; cioè incapace di generare una vita vera, bella buona. E’ possibile che il figlio, se piccolo, non capisce; se adolescente, si rifiuta. A questo punto la costruzione della risposta alla domanda di senso dei figli va condivisa fra la generazione dei padri e la madre

Chiesa, la quale offre questa condivisione attraverso una vera e propria proposta educativa. L’azione educativa è sempre a rischio. Generando una persona libera, è sempre possibile che prima o poi chi è stato educato faccia scelte contrarie alla proposta educativa che lo ha formato. Questo rischio è presente non solo in un rapporto educativo non riuscito ma in ogni rapporto educativo. Radiarsi nella nostra tradizione cristiana non significa rinuncia ad educare alla libertà. Al contrario. Significa però rifiutare l’idea astratta di libertà secondo la quale è libero chi non appartiene a niente e a nessuno. Chi vive così finisce nella schiavitù.

DON PIETRO LALLONI


35 mag. / 2011

Storie teramane Vi proponiamo storie di donne teramane che, adolescenti, hanno fatto o subìto scelte determinanti per la loro vita L’abbandono Sono Barbara e quello che racconto è un lontano ricordo, guardare da lontano lo schermo della vita, la mia. Il dolore, meno intenso, ma sempre profondo. La consapevolezza, unica consolazione, di aver dato una possibilità a quella piccola vita di cui non ho saputo più nulla. “Troppo giovane”, disse mia madre ed io, quindicenne, l’età per decidere di tenere con me quella nuova vita, non l’avevo. L’incoscienza, l’inconsapevolezza e la leggerezza di una sessualità vissuta senza limiti e senza dare il giusto peso al sentimento fanno la differenza tra amore e sesso. Il mio corpo usato per attirare l’attenzione. Usato e svenduto. Oggi sono una donna sposata e con un figlio. Vivo con la speranza che il mio bimbo viva in una famiglia che lo ama. Volevo tenerlo, ma la mia famiglia si è opposta e deciso diversamente. Ricordo la sofferenza del distacco, la depressione dopo averlo lasciato in ospedale, la rabbia nei confronti della mia famiglia, che mi aveva girato le spalle. Mi consolo dicendomi che gli ho dato la vita e una possibilità per viverla. Chissà se un giorno avrò il suo perdono.

di ciò che sarebbe potuto essere mi ha tormentato. Mi sono avvicinata alla Chiesa. Non riuscivo a perdonarmi. Ho trovato un parroco che ha avuto per me parole molto forti. Mi ha riconciliato con Dio. La Chiesa mi ha riaccolto e io oggi sono riuscita a riconciliarmi con la mia storia e la mia scelta sbagliata. La vita Appena maggiorenne, vivace, spensierata, e..leggera. Un’adolescenza di ribellione dalla mia famiglia e dalla mia vita che mi stava stretta. Teramo mi sembrava piccola e noiosa. Cercavo la vita e il divertimento sulla costa e quell’estate cambia spesso il “fidanzatino”. Immagino sia facile giudicare adesso, ma, allora non mi sembrava di fare

nulla di male. Non nuocevo a nessuno. Era la mia vita e volevo viverla: spiaggia e sole di giorno, discoteca e sballo di notte. Un giorno, fortunato penso oggi, incontrai Giorgio, come me giovane e spensierato. Qualche tempo dopo la scoperta della gravidanza. Scelsi, con l’aiuto dei miei genitori di portare avanti la gravidanza. Comunicai a Giorgio la mia scelta e lui scappò. Sparì di punto in bianco. Era spaventato come me, ma io non potevo fuggire. Dopo un paio di mesi tornò, parlammo molto, lo facciamo anche adesso, e ci confrontammo sulle nostre paure e dubbi. Scegliemmo di restare insieme e di crescere la nostra bimba, Alessia. Viviamo la nostra vita di famiglia normale, con un principio un po’ burrascoso.

L’aborto Mi chiamo Angela, figlia unica, ricca e viziata. Avevo 18 anni, il brivido della maggiore età e del poter decidere da sola. Lo facevo anche prima, ma “adesso nessuno poteva dirmi nulla”. Un giorno, la scoperta della gravidanza, inattesa ed indesiderata. “No!” mi dissi, non potevo rovinarmi la vita. Quindi, la scelta di nascondere a tutti la gravidanza, l’appoggio e la copertura di un’amica. Finse di ospitarmi per una breve vacanza, invece mi recai in clinica ad abortire. Sola. Non sapevo cosa volevo, ma credevo di saperlo. Qualche anno dopo, una mia amica ha avuto una esperienza simile alla mia, ma ha fatto una scelta diversa, tenere il suo bambino. Ho pianto, sofferto vedendo la sua gioia. Non era invidia, ma riconoscimento di ciò a cui avevo rinunciato.. Per anni il rimorso

Se papà e mamma sono “baby”


focus on Soli, ma insieme Ogni scelta comporta una perdita. Questa è la frase che si ripete Giorgia, pensando all’ultimo anno passato tra doglie e pannolini. E’ una ragazza madre (una di quelle toste), che ha messo una creatura di tre chilogrammi al centro della sua vita e il resto del mondo in periferia, sicura di vivere per lui. Giorgia vive con suo figlio e gioisce delle sue più semplici conquiste: togliersi le scarpe, portare un biscotto alla bocca, gattonare. Ha diciannove anni, esce poco con le amiche, non va spesso a ballare e le follie da adolescente non le ricorda quasi più. Adesso pensa a fare la mamma, ma non dimentica i giorni passati in bilico, quelli da cui è dipesa l’intera esistenza di suo figlio. Scoprì d’essere incinta qualche tempo dopo essere partita per il viaggio di diploma, sicura che al suo ritorno l’avrebbe aspettata un’avventura all’università di lingue orientali e la vita libera e indipendente che sognava da sempre. Quel test di gravidanza l’aveva sconvolta. Appena tornata a casa decise di ricorrere all’aborto. “Non posso tenerlo, ho la mia vita da vivere, ho appena iniziato. Non ho un lavoro, non ho una casa, dove trovo i soldi? E il mio ragazzo? Ci sarà per sempre? Non posso, non posso proprio, mi dispiace.” Chiamò il consultorio e prenotò la visita. Quella gravidanza era un ostacolo che non avrebbe mai voluto trovarsi davanti, ma che purtroppo doveva affrontare. Tutte le persone accanto a lei non potevano far altro che assecondarla, tranne una: sua madre. Parlando con la persona che le donò la vita Giorgia capì quanto stesse sottraendo a quella creatura e giorno dopo giorno iniziò a sentirla sua. Fece comunque la prima visita ginecologica prima di sottoporsi a quella che chiamano “interruzione di gravidanza”, ma nei dieci giorni che precedevano l’intervento Giorgia cambiò idea. Non si riconosceva nelle ragazze che aveva conosciuto in consultorio, non si riteneva più capace di un simile gesto, iniziò a intuire la grande responsabilità che aveva nei confronti di quella creatura che cresceva dentro e si nutriva di lei, viveva di lei. Maturò quindi la consapevolezza di poter fare tutto, ma non l’assassina. Ripensando a quella scelta, a più di un anno di distanza, Giorgia rabbrividisce all’idea del gesto che stava per compiere, al mostruoso destino che stava scegliendo per suo figlio. Così lo stringe più forte e decide di non pensarci. ANTONELLA LORENZI

Un sottile filo invisibile DI

DANIELA PALANTRANI

Quale riflessione si può fare su queste storie? Che hanno un filo conduttore, ossia una “capacità generativa non pensata” vissuta nei suoi due poli: da una parte l’aborto e il rifiuto della maternità, dall’altra la scelta di vivere la maternità fino in fondo. Sono due poli, in antitesi tra di loro, che indipendentemente dalla presenza di un “lieto fine” sottolineano la tendenza a vivere la sessualità senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni e dei propri comportamenti. Quali sono le motivazioni che portano una donna a scegliere di abortire? E’ indiscutibile che la notizia di una gravidanza inattesa porti scompiglio nella vita di una donna, ma la vera domanda è un’altra: perché una donna e un uomo non scelgono di usare la contraccezione?

Tornando alla domanda, le ragioni sono molte e complesse. Da una parte, ci sono motivazioni obiettive e razionali come gli aspetti economici, la precarietà del lavoro, l’instabilità della coppia e la conflittualità; dall’altra motivazioni psicologiche che, sebbene “invisibili”, hanno un peso maggiore rispetto a quelle “razionali”. Si può affermare che quando una donna decide una interruzione volontaria di gravidanza vuol dire che non è disponibile al progetto materno che il corpo le impone. A mio giudizio l’interruzione di gravidanza costituisce la conseguenza della mancata elaborazione di un “grembo psichico” in cui la gravidanza può trovare il necessario accoglimento mentale. L’interruzione del progetto materno, come nel narrato di alcune storie - sia che sia un abbandono


37 mag. / 2011

Il parere di Emanuela Torbidone psicologa e psicoterapeuta

o un interruzione – appare l’esito di una solitudine. Il dover ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza o abbandonare il proprio bambino è sempre una lacerazione alla propria femminilità, che necessita di una zona di rispetto, intimità e silenzio. A proposito delle adolescenti che diventano mamme? Nella quasi totalità dei casi si tratta di maternità che “capitano” e che vengono affrontate senza una reale assunzione di responsabilità da parte della giovane donna e del giovane padre. Mentre l’interruzione di gravidanza e l’abbandono di un figlio possono essere considerate l’esito di una solitudine, in questo caso la scelta di realizzare il progetto materno solitamente è sostenuta da un ambiente familiare che accompagna e sostiene la scelta della giovane. La famiglia

di origine in questo caso funge da “grembo” in cui accogliere la diade madre-bambino. In alcuni casi alla radice di queste maternità vi è la necessità di una conferma della propria fertilità e la tendenza inconsapevole a passare direttamente all’atto per avere una conferma. Si tratta di situazioni in cui le giovani donne sono più figlie che madri. Per concludere? Non si può chiedere ai giovani di non vivere la sessualità, ma gli adulti possono “insegnare” loro a proteggersi, a dare significato alle esperienze e ad aprire spazi di pensiero al fine di vivere la sessualità in modo più responsabile per sé stessi.

La famiglia di origine in questo caso funge da “grembo” in cui accogliere la diade madre-bambino

Se papà e mamma sono “baby”


38 mag. / 2011

Spin - off CISREM al Salone della Responsabilità Sociale in Bocconi ISREM S.R.L., spinoff dell’Università degli Studi di Teramo, ha partecipato alla settima edizione di “Dal Dire al Fare”, il salone della responsabilità sociale d’impresa, che si è tenuto il 25 e 26 maggio, nella sede dell’Università Bocconi di Milano. Il tema centrale della manifestazione è stato la “sostenibilità”, intesa come fattore di creazione e distribuzione del valore. L’azienda, infatti, deve cercare di svolgere le proprie attività, in modo che queste integrino, volontariamente, gli aspetti ambientali e sociali, all’interno delle proprie strategie, rendendo minimo il valore degli impatti negativi sull’ambiente e agendo in conformità delle aspettative sociali della comunità in cui essa opera. Per l’azienda, essere sostenibile, deve significare rispettare le leggi vigenti, richiedere certificazioni che diano la possibilità di operare nel mercato e investire in risorse rare, difficilmente imitabili, in un contesto competitivo sempre più dinamico e globale. Ogni impresa deve perseguire obiettivi che hanno lo scopo di raggiungere un vantaggio allargato che si misura in creazione di valore per l’azienda stessa e per gli altri portatori di interesse. Maggiore deve essere l’attenzione verso gli aspetti sociali ed ambientali, i quali portano l’impresa a rendere più efficiente il proprio modello organizzativo. Attraverso la riduzione dei camion sulle strade, nonchè del peso e packaging dei prodotti, si possono acquisire vantaggi in termini di costi e di maggiore capacità di attrazione di finanziamenti, che possono essere ottenuti

anche grazie alla riduzione del profilo di rischio e ad una accresciuta autorevolezza da parte dell’azienda in questione. Tali vantaggi sono influenzati da diversi fattori, quali: un eventuale miglioramento delle condizioni di lavoro, coinvolgimento dei dipendenti, maggior dialogo, che sono in grado di aumentare fidelizzazione e produttività. L’impresa socialmente responsabile migliora, inoltre, i rapporti con le pubbliche amministrazioni. La camere di commercio lombarde e piemontesi, per esempio, promuovono la raccolta di buone prassi delle imprese in materia di sostenibilità, premiandole e valorizzandole, con l’obiettivo di creare una rete di imprese responsabili che crescano insieme. L’impresa, però, non deve limitarsi ad adottare strategie di sostenibilità al solo scopo di marketing, perché rischierebbe di incorrere in un fenomeno opposto, chiamato “Greenwashing” (ingiustificate appropriazioni di virtù sostenibili). La sostenibilità deve essere un valore in cui investire e soprattutto in cui credere, un valore che garantisca all’impresa di valorizzare, identificare e proteggere risorse inimitabili e non un mezzo per distogliere l’attenzione da eventi negativi. Nel salone si è parlato anche degli ostacoli che possono incontrare le PMI nell’attuare strategie di sostenibilità o di responsabilità sociale, ostacoli che possono essere di ordine culturale o relativi alla scarsità e mancanza di risorse. Nelle PMI, normalmente, le scelte riguardanti le politiche aziendali dipendono dalle attitudini e dalle inclinazioni personali del titolare a cui spesso manca la percezione dell’utilità di una strategia di responsabilità

sociale. Bisogna inoltre tener conto che sia la reputazione della piccola azienda nel sito di localizzazione, sia la sua immagine, possono influire in modo significativo sulla sua potenziale competitività. La maggior parte dei clienti e dei dipendenti si trova nelle aree territoriali immediatamente circostanti il sito dell’azienda stessa, fattore che porta, quindi, ad incentrare l’attenzione sulla solidità economica e sulla salute, allo scopo di una prosperità e di un consenso da parte della comunità locale. Le barriere che le aziende di minori dimensioni incontrano, possono essere rimosse attraverso politiche pubbliche dedicate: all’assistenza e formazione nelle imprese, all’avvio di sistemi di gestione della sostenibilità, interventi di minimizzazione della burocrazia, promozione e premiazione di sistemi di gestione della sostenibilità e forme agevolate di accesso al credito. Promuovere la sostenibilità ci aiuterà, anche, a risparmiare risorse: nel 2030 ci vorranno tre pianeti per soddisfare le esigenze di nove miliardi di persone. FABIO MAULONI STAGISTA SPIN OFF UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO-CISREM

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TERAMO FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE. ATTIVITÀ SVOLTA NELL’AMBITO DEL PROGETTO SOSTENUTO DA:


39 mag. / 2011


40 mag. / 2011

Custodi della memoria

Con Alberto Melarangelo osserviamo più da vicino alcuni monumenti storici della città città. Cominciando da quelli dedicati alla Resistenza DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

monumenti in una città perpetuano un ricordo antico, di un particolare accadimento o di una persona che si è distinta per aver reso onore e lustro alla propria terra. Nell’ormai consueto appuntamento con Alberto Melarangelo si è voluto approfondire questo peculiare aspetto di Teramo, cominciando dai monumenti alla Resistenza. “Recuperare il senso della propria storia è qualcosa di fondamentale per una comunità. Spesso l’abitudine fa smarrire il senso storico e artistico dei monumenti che sono da sempre i guardiani della memoria. Comincerei dal monumento alla Resistenza (Madonna delle Grazie), da mettere in relazione con il monumento ai Caduti che si trova ai Tigli. Sono, possiamo dire, i nostri monumenti repubblicani, che simboleggiano la rinascita democratica”. Intanto, chi è l’autore di quel monumento? “Augusto Murer (19221985), artista veneto pienamente inserito nella storia dell’arte italiana. Siamo negli anni settanta (1978) quando, Di Paola sindaco, venne affidato a Murer (dopo che aveva vinto il bando di concorso) la realizzazione del monumento. Murer ne aveva già realizzati altri in Italia, tra cui quello alla Partigiana a Venezia. Murer era stato lui stesso un partigiano. La scultura è in bronzo, perfettamente inserita in un dialogo aperto e comunicativo con l’ambiente circostante: ricorda in particolare la battaglia di Bosco Martese del 1943, fatta da partigiani e anche semplici cittadini, che affrontarono una colonna motorizzata tedesca.

La statua ha un grande vigore espressivo: appartiene a un neo-realismo impegnato, tipicamente suo. Il partigiano ritratto, sventola la bandiera che simboleggia la libertà e la forza delle nuove idee repubblicane. È sicuramente tra i più bei monumenti alla Resistenza nel panorama italiano”. Invece il monumento ai Caduti fu realizzato sotto il sindaco Gambacorta ed è quindi più antico di quello alla Resistenza. Fu realizzato inoltre da Venanzo Crocetti (1913-2003), nostro illustre conterraneo. Che storia c’è dietro questo monumento? “L’elaborazione di quest’opera fu sicuramente

alla resistenza teramana

più articolata e durò diversi anni prima della sua felice riuscita. Intanto qualche parola su Crocetti: scultore di bravura straordinaria e fiore all’occhiello della scultura italiana del novecento. E non solo. A soli 19 anni vinse (1932) il concorso all’Accademia di San Luca imponendosi all’attenzione di pubblico e critica e nel 1934 potè esporre per la prima volta alla Biennale di Venezia. Bisogna poi dire questo: il sindaco Gambacorta aveva un forte debito affettivo verso tutta la storia della Resistenza italiana e della guerra. Il monumento è un complesso di quattro statue, di cui quella centrale equestre, un cavaliere accasciato sul suo cavallo, tema che ritornerà più avanti nella poetica di Crocetti. Si crea uno spazio centrale, circolare, come negli antichi monumenti romani. L’impostazione è classica perché il messaggio doveva essere semplice e immediato: il dolore per le insanabili ferite di guerra di una città e di una nazione. Le altre statue simboleggiano infatti i caduti di terra, di cielo e d’acqua. Una pagina dolorosa, ma anche questa da ricordare”. Il Garibaldi di Silvio Mastrodascio, con la spada sguainata – sempre nella zona di Porta Teramo – è stato invece aggiunto di recente per il 150° della nostra unità nazionale. “La statua di Garibaldi completa molto bene il nesso storico, al di là dei suoi meriti artistici che possono essere apprezzati o meno. È importante, infatti, che ci sia questa voglia di recuperare la nostra memoria storica e di imparare a leggere tra le righe del nostro passato”.


41 mag. / 2011

Domani (incerto) per l’astronomia

enendo meno alla tradizione ormai consolidata di questa mia rubrica, questa mese non mi occuperò di scienza, ma di politica della scienza. Chiedo scusa in anticipo al lettore che si aspettava la “solita” breve digressione nei territori extraterrestri. Dopo oltre tre anni, il percorso della riforma degli enti di ricerca italiani è giunto al traguardo con la pubblicazione dei nuovi statuti, i documenti chestabiliscono il funzionamento e l’organizzazione degli enti. Diciamo subito che non è stato un percorso lineare. La legge del 2007 da cui è partita la riforma voluta dall’allora ministro Fabio Mussi si ispirava al principio di autonomia della ricerca scientifica sancito dalla carta dei ricercatori approvata dalla commissione europeal’11 marzo del 2005. Salvo rare eccezioni, di questi principi ispiratori rimangono ben poche tracce nei nuovi statuti degli enti di ricerca. L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ad esempio, sarà governato da un consiglio di amministrazione per 3/5 è nominato dal ministro dell’Istruzione, compreso il presidente. Gli altri due membri saranno ricercatori eletti dai circa 1000 dipendenti e dai circa 300 associati (professori universitari afferenti di astronomia e

astrofisica). Il Cda selezionerà tutti i vertici: il direttore generale, il direttore scientifico, i direttori delle strutture di ricerca sparse sul territorio nazionale e estero e i componenti del consiglio scientifico. Pur confidando nella lungimiranza dell’attuale ministro Mariastella Gelmini, e dei ministri che verranno, la preoccupazione che alla fine trionfi il consolidato malcostume della politica italiana di utilizzarei consigli di amministrazione degli enti pubblici per sistemare gli amici degli amici, invece di sceglierne i componenti sulla base delle loro competenze, è molto forte. Q u e s t a preoccupazione è maggiormente avvertita dal personale dell’Osservatorio Astronomico di Teramo, una delle 19 strutture di ricerca nazionali afferenti all’INAF. Nello statuto, entrato in vigore il 1 maggio, è prevista una “razionalizzazione” dell’istituto nazionale che comporterà l’accorpamento

dell’Osservatorio di Teramo con quello della capitale. Anche se gli attuali vertici dell’ente si sono sforzati di convincere la comunità scientifica che questi accorpamenti non preludono ad una chiusura delle strutture di ricerca, non è difficile immaginare che il pesce grosso finirà col mangiare quello piccolo. La perdita di autonomia scientifica e finanziaria porterà ad una drastica riduzione degli investimenti in risorse umane ed economiche. Ci si può chiedere il perché di questa

il sistema solare


42 mag. / 2011

scelta. Difficile da sostenere la tesi del risparmio. L’Osservatorio di Teramo costa allo stato circa 1 milione di euro l’anno (l’1,1 % dell’intero bilancio INAF), ma l’80 % di questa spesa è costituito dai costi del personale a tempo indeterminato evidentemente incomprimibili. Nessun vantaggio ne deriverebbe persino da una improbabile vendita degli edifici e dei terreni dell’Osservatorio, perché l’atto di donazione del 1917 prevedeva in caso di cessazione dell’attività di ricerca che tutti i beni donati allo stato devono tornare ai legittimi eredi. La tesi della scarsa produttività scientifica è altrettanto infondata. Nell’ultimo decennio il numero di pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche internazionali e andato costantemente aumentando, così come le citazioni ricevute dai lavori pubblicati. Almeno due dei dodici ricercatori dello staff di Teramo hanno raggiunto un valore dell’H-factor (un indice che misura la produttività scientifica combinando il numero di pubblicazioni con il numero di citazioni) che li colloca nella top list (5%) dei ricercatori europei in assoluto più produttivi. La media delle pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali con referee (ossia con arbitri che giudicano se il lavoro è scientificamente rilevante e può essere pubblicato) è semprestata superiore a 2 pubblicazioni per ricercatore per anno (la media delle migliori istituzioni scientifiche italiane è intorno ad 1 pubblicazione per ricercatore per anno). Non resta che sperare in un ripensamento del ministro e dei vertici dell’INAF. Le voci che si sono levate per fermare l’accorpamento sono finora rimaste inascoltate. Si può pretendere l’autonomia scientifica e finanziaria dell’Osservatorio di Teramo se si è consapevoli che questa centenaria istituzione costituisce un volano per lo sviluppo, un importante punto di riferimento culturale ed economico di tutta la regione adriatica. Tutti, dagli amministratori pubblici ai responsabili economici e finanziari, dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori a quelle dell’industria e del commercio, fino ai semplici cittadini, dovrebbero farsi carico di manifestare con atti concreti questa consapevolezza. Ma bisogna muoversi ora, prima che sia troppo tardi.

OSCAR STRANIERO DIRETTORE INAF-OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI TERAMO

Ai tempi del Viziola e del Trontino…

Curiosità dal Catasto Antico di Teramo

Il registro degli immobili datato 1545, conservato presso l’Archivio di Stato di Teramo, si compone di volumi manoscritti che consentono di approfondire la conoscenza della storia dei mutamenti e dello sviluppo urbano della città. I dati storici ci fanno rivivere Teramo d’altri tempi, quando i due fiumi che cingono la città davano fondamentale slancio alla produzione manifatturiera. Le acque del “Viziola et Trontino”, così chiamati nelle carte antiche, scorrevano inesorabili rendendo fervidamente attive le macchine idrauliche. Facendo leva su questo punto di forza, la città incrementava le attività legate all’arte della lana. Una volta cardata la lana e tessuto il panno, gli artigiani seguivano specifiche fasi di lavorazione presso gli opifici: la valcatura (o follatura), la tintura e la relativa lavatura (o purgatura), l’acconciatura e la tiratura e ottenevano pezzi di panno lana, ma anche mantelli, maglie, e altri indumenti. Il valcatore nei locali della gualchiera doveva avere una “caldaretta” con l’acqua calda utile nel corso dell’operazione. Durante la valcatura infatti i folloni battevano i panni lana contro casse d’acqua e sapone a temperatura di 43-44°C. I panni diventavano compatti come feltro, si gonfiavano ed erano più resistenti. Per favorire il commercio della lana, a Teramo si stabilì che gli aretini, i fiorentini, i senesi e i perugini entrassero in città senza pagare dazi.

Ai forestieri, era permesso anche gualcare, tirare e tingere in qualsiasi gualchiera, tiratoio e tintoria della città. Alla luce di alcuni brani tratti dalle carte del Catasto antico veniamo a conoscenza che nella contrada della porta di Santo Spirito, “Antonio De Angelo De Malacarne” aveva “un posto per mulino e una gualchiera”e “un posto per purgare i panni con una conserva” (ovvero una cisterna d’ acqua). Mentre “Ser Vincenzo D’Angelo D’Stammocco” aveva “un purgatoio con una callara e una conserva” nei pressi della porta di Santo Spirito ove si situava anche “un purgo da panni con callara e conserva d’acqua”. Nella contrada di Porta Vezzola i mulini per il macino del grano e di altri cereali rendevano crusca e farina ai mugnai. In questa stessa zona della città c’era anche “lo tenturo con dui callare con macero” di proprietà di “Dioniscio De Urbano” e tante altre tintorie. Nella contrada di Porta Romana invece “Antonio De Angelo De Malacarne” aveva “un molino con una macena e due gualchiere” e un altro “molino da macerare colori da usa”. Solitamente nei laboratori di tintoria venivano macinate e bollite le materie coloranti derivate da sostanze vegetali e insetti o molluschi.

GIUSEPPINA MICHINI


Cercando l’immagine Incontro con la giovanissima Marta Malatesta, Malatesta promettente fotografa teramana w w w. L i 8 L i . c o m

2.2414 DI

VINCENZO LISCIANI PETRINI

n ’ i n t e r v i s t a particolare quella dedicata a Marta Malatesta, una ragazza di appena vent’anni, promettente fotografa teramana. Particolare perché per una volta non ci si vuole dedicare a chi ha già raggiunto qualcosa nel campo artistico, ma a chi sta appena adesso spiegando le ali e promette bene. Teramo, che produce una discreta quantità di artisti, deve curare i propri talenti sin dall’inizio, aiutandoli a venir fuori e aspettando di vederli maturare. Marta, come entra la fotografia nella tua vita? “In un certo senso dalla porta di servizio. Era qualcosa che c’era, ma che stava lì senza darmi l’idea di poter diventare un lavoro. Per gioco mi sono sempre divertita a fare foto. E poi, lo confesso, odiavo essere fotografata e l’unico modo per non finire negli album dei ricordi era scattare io stessa le foto. Per esempio, alle feste di compleanno facevo sempre così”. Quindi un rifiuto per la tua immagine? “Posso dire così”. Eppure a un certo punto hai cominciato a cercare qualcosa dall’immagine...

“Ho ceduto lentamente a questa passione, soprattutto imparando dai maestri della pittura, come Magritte, Dalì o la Khalo. Come noterai sono pittori estremamente visionari, e credo che questo aspetto sia molto presente nelle mie foto. Mi piace il fatto che loro impongano una visione delle cose, una visione soggettiva talvolta distorta, ma sempre

Marta Malatesta

affascinante”. E tu cerchi di imporre una visione già compresa del reale o di capire qualcosa, e quindi esprimere una ricerca? “L’uno e l’altro: mi sembrano due aspetti che si integrano bene a vicenda”. Hai un passato come ballerina. A un certo punto, se non sbaglio, ti ha sfiorato il sogno di poterlo fare a livello professionistico. Sei stata tre mesi a Firenze. Poi le cose sono cambiate, ma quanto questo aspetto è presente nelle tue foto? “Moltissimo, senza dubbio. La danza è una disciplina: una volta che ti entra dentro le appartieni. Richiede un grande rigore spirituale e fisico che modifica la tua stessa concezione di vita. È un mondo che senza rimpianti ho dovuto lasciare perché non potevo esprimermi ai livelli che desideravo. E’ subentrata la fotografia che, come ti ho detto, era in un angolo ad aspettarmi”. Cosa cerchi in particolare dall’immagine? “L’intensità. Credo che sia anche più importante della bellezza e le sia in qualche modo connaturata. L’intensità e l’analisi. Sono una persona che cerca con tutta se stessa di analizzare la realtà circostante. Mi piace molto la complessità e quindi tendo


44 mag. / 2011

ad arricchire molto le mie immagini. Per il momento sono lontana dal minimal e cerco invece di intessere diverse trame di significato, usando anche numerosi oggetti accanto ai soggetti fotografati”. Qual è il tuo rapporto con la verità, in senso fisico e metafisico? Quanto è importante per un artista esprimerla o semplicemente cercarla? “Direi che è fondamentale. Cerco sempre di essere autentica, nella vita e nell’arte. La verità è sicuramente il concetto più inesprimibile. Un argomento che mi prende molto e che sento forte dentro di me”. Sei molto giovane. Hai già avuto un confronto (o uno scontro) con la critica? “A dire il vero, non ancora. Il termine di confronto per il momento mi viene da amici e da alcuni appassionati che hanno avuto occasione di visionare le mie fotografie nelle prime mostre. Ho avuto apprezzamenti che mi sono sembrati sinceri. Certamente lo scontro (o incontro) con la critica, mi auguro, verrà presto. Mi ci sto preparando...” Come vedi la realtà teramana in campo culturale e artistico? Credi che faccia abbastanza per sostenere gli artisti? “Questa è una domanda a cui è sempre difficile rispondere. La reazione delle persone quando provi a emergere e sempre strana. Susciti domande del tipo ‘Ma chi si crede di essere?’, domande che finiscono per condizionarti perché poi sei tu stessa che ti chiedi: ‘cosa diranno di me?’ Invece non

c’è niente di più normale che provare a far qualcosa di bello per se stessi e per gli altri, specie nell’arte. Detto questo, Teramo non credo faccia abbastanza, ma ringrazio il cielo che esista un circuito artistico come quello di Zoom Art che mi ha permesso di organizzare le mie prime mostre”.

CHI È

L’intensità. Credo che sia anche più importante della bellezza e le sia in qualche modo connaturata

Nome: Marta Cognome: Malatesta data di nascita: 03/10/1991 città:Teramo studi: Liceo classico Melchiorre Delfico; Università degli studi “Gabriele D’Annunzio” collaborazioni: Laboratorio danza Mousikè per gli spettacoli “Alice in Christmas” e “Peter in the streets” circuito “Zoom Art”, Provincia di Teramo prossimi progetti: studiare presso lo IED, organizzare una nuova mostra un sogno nel cassetto: diventare una fotografa di moda e realizzare reportage in giro per il mondo un motto per descriverti: “nec spe, nec metu” (per vivere né con troppa paura né con troppa speranza).


45 mag. / 2011

Realismo in bianco e nero

iciannove anni ed una forte passione per l’arte, Vincenzo Di Marco è un giovane artista di Battaglia di Campli. Una dote innata la sua, che l’ha portato a seguire una strada non facile, ma spinto dal fuoco dell’art. Formatosi al Liceo Artistico Statale di Teramo, si sta specializzando nello studio del restauro all’Accademia delle Belle Arti de L’Aquila. Il suo è uno stile che si distingue, con una netta predilezione per il bianco e nero, riuscendo a spaziare dall’astrattismo ad opere con una forte matrice iper realistica. I modelli a cui si ispira sono i grandi pittori della storia dell’arte italiana, da Raffaello Sanzio a Michelangelo. E’ possibile ravvisare queste

influenze nei ritratti a matita, in cui le linee chiare riescono a rubare l’anima del soggetto raffigurato; altre sue opere, invece, pur centrate sulla figura femminile, risentono di echi più moderni. Nonostante la giovane età, Vincenzo Di Marco, nella sua carriera artistica ama sperimentare e cimentarsi con diverse tecniche. Ha realizzato murales, dipinti su ceramica e bassorilievi in argilla, sempre cercando il giusto equilibrio tra la reinterpretazione personale e la fedeltà alla forma reale. Il suo sogno è però quello di affermarsi come restauratore e rimanere nel suo territorio. Con l’obiettivo di consegnare alle generazioni future le opere d’arte che da sempre lo hanno affascinato. MARIANGELA SANSONE


46 mag. / 2011

Fino alla cacciata dei Gesuiti (1767) la scuola era concepita come indottrinamento religioso per il popolo

La scuola pre e post Unità d’Italia a scuola, prima, come semplice trasmissione di esperienze e, poi, come istituzione pubblica o privata per elite o per le masse, è sempre stata presente, sotto forme diverse, in tutti gli Stati o nelle più disparate organizzazioni sociali, in quanto, per mezzo di essa, s’intendeva formare i membri della comunità secondo finalità ed esigenze proprie del gruppo cui essi appartenevano. Nell’antichità classica, greca e latina, i nobili si avvalevano di precettori privati (pedagoghi) per i propri figli, mentre lo Stato si prendeva cura dei bambini per dare loro, in particolare, un’educazione militare e civile. Solo in un secondo momento è subentrata la necessità di insegnare le arti, a leggere, a scrivere e a far di conto ma sempre secondo precise finalità: il bene superiore della patria, prima, e della persona, poi. Nel Medioevo l’istruzione era affidata quasi esclusivamente alla Chiesa e al clero. I nobili educavano i propri figli in casa con precettori privati, mentre il popolo si avvaleva dell’insegnamento elementare, medio e superiore presso i monasteri, le parrocchie e le diocesi. Queste ultime si

trasformarono, nelle grandi città, in università, i cui studi erano organizzati in facoltà: medicina, diritto, teologia e arti. L’insegnamento delle arti liberali (del trivio: grammatica, retorica, dialettica; del quadrivio: aritmetica, geometria, astronomia, musica) era propedeutico all’università o di approfondimento nella facoltà delle arti. I piani di studio e i programmi inizialmente erano liberi e proposti su iniziativa del singolo docente. Una decisa svolta nell’organizzazione dell’insegnamento fu apportata, per intrinseche necessità, dalla Riforma e dalla Controriforma. Fino alla cacciata dei Gesuiti (1767) la scuola era concepita come indottrinamento religioso per il popolo e formazione classica e scientifica per i ceti dirigenti. L’Illuminismo e la Rivoluzione Francese promossero le scuole pubbliche e popolari, anche se la borghesia contrastava l’obbligatorietà e la gratuità dell’insegnamento pubblico per i ceti meno abbienti o nullatenenti. L’epoca napoleonica e la Rivoluzione Industriale, in Italia, cominciarono a spingere verso l’istituzione di scuole tecniche, già affermate in Germania e in Austria. Con la Restaurazione venne quasi

del tutto cancellato il tentativo riformista e di diffusione delle scuole popolari. Solo la Chiesa continuava a gestire la scuola in situazioni, però, di scarsissima preparazione dei maestri e di totale inefficienza. Lo Stato Pontificio con la Constitutio de recta ordinatione studiorum intese riformare le università, tralasciando la formazione dei docenti, le scuole superiori e le inferiori e limitandosi a dettare poche norme per la scuola primaria. Nel Regno delle due Sicilie venne introdotto il metodo del mutuo insegnamento (vera scuola di Barbiana ante literam). Il Regno di Sardegna aveva la scuola meglio organizzata, culminante nella legge Casati (1859), che prevedeva: a) l’istruzione elementare di 4 anni (solo i primi 2 obbligatori e gratuiti); b) un sistema dualistico tra cultura classica (5 anni di ginnasio e 3 di liceo, con accesso all’Università) e tecnica (6 anni di scuole e di istituti senza accesso all’Università); c) varie facoltà uiniversitarie. Nel 1877 la legge Casati fu estesa al nuovo Regno d’Italia con la legge Coppino che introdusse pure lo studio dei diritti e dei doveri del cittadino. MICHELE CILIBERTI


47 mag. / 2011

Scuola

Quando la dislessia entra in classe

Leggere, che fatica…

lggere ceh afitca!!! Siete riusciti a leggere? Lettere in disordine, le parole diventano più difficili da decifrare. In realtà non è proprio così che le lettere si mescolano nelle parole, ma può accadere che alcune si collochino altrove, in tal modo leggere diventa faticoso e complicato e richiede più tempo. Questo è ciò che accade ad un bambino dislessico: non riesce a decifrare correttamente e rapidamente ciò che legge. Solitamente scambia ed inverte le lettere. Spesso accade che i bambini siano accusati di svogliatezza, pigrizia o scarso impegno, con ansia da prestazione, evitamento delle attività o disturbi della condotta. Vi è una carente informazione su un tema così complesso. Così vogliamo offrire uno spunto di riflessione per sollecitarne l‘interesse e suggerire opportunità per una diagnosi puntuale. Cos’è la dislessia? La dislessia evolutiva si manifesta nel momento in cui il bambino comincia ad acquisire l’abilità di letto-scrittura. È un disturbo settoriale della lettura che si presenta in un soggetto normodotato, ossia con normali capacità intellettive e sociali, esposto ad un regolare iter scolastico che ha difficoltà ad identificare in modo automatico la parola scritta. Sovente tale disturbo si associa a disortografia (difficoltà nella scrittura)

e discalculia (difficoltà nella lettura del numero e del calcolo) e sono definiti DSA (Disturbi Specifici d’Apprendimento). La loro origine è congenita e attualmente sono note le basi genetiche che determinano la trasmissione familiare del disturbo. La lettura e la scrittura diventano processi automatici all’incirca in classe terza della scuola primaria e solo un disturbo specifico del linguaggio viene considerato un premonitore significativo di possibili DSA. La rieducazione o l’intervento didattico non possono far scomparire il problema, ma le conseguenze funzionali si possono modificare mediante adeguate misure didattico-educative e, nel caso della dislessia, essa può essere contrastata riducendo considerevolmente i suoi effetti funzionali. Pertanto, è importante un’identificazione rapida e un’accurata definizione del problema onde evitare l’ampliamento della distanza di prestazioni del bambino con difficoltà dal resto della classe, per evitare che si strutturino sensi di inferiorità o di inadeguatezza che interferiscono negativamente con il proprio percorso di apprendimento. La diagnosi precoce della dislessia evolutiva costituisce un fondamentale punto di partenza, non solo perché accelera eventuali interventi riabilitativi ma anche per gli effetti che si ripercuotono sull’attività scolastica. Per ottenere

un’adeguata valutazione diagnostica è opportuno consultare le strutture competenti rivolgendosi ad uno specialista (neuropsichiatra, psicologo); l’Associazione Italiana Dislessia offre a riguardo una consulenza gratuita indicando i Centri competenti a cui riferirsi a seconda della Regione. Nel nostro territorio è possibile contattarla, tramite mail, al seguente indirizzo: teramo@dislessia.it. Presidente dell’AID è l’insegnate Stefania Santroni. A Roseto degli Abruzzi (TE), Morena Contini è referente dell’Associazione denominata DADA (Dislessia Abruzzo Difficoltà d’Apprendimento) che promuove, nelle scuole della nostra provincia, una campagna di sensibilizzazione. Ottenuta la diagnosi si possono mettere in atto aiuti specifici, tecniche di riabilitazione e di compenso, nonché alcuni semplici provvedimenti della modifica della didattica a favore degli alunni dislessici e contenute nelle direttive ministeriali, come per esempio la concessione di tempi più dilatati per lo svolgimento di compiti, l’uso della calcolatrice e/o del computer. Tali provvedimenti devono poter essere utilizzati anche nei momenti di valutazione, compresi gli Esami di Stato.

CLEMENTINA BERARDOCCO


48 mag. / 2011

La rieducazione o l’intervento didattico non possono far scomparire il problema, ma le conseguenze funzionali si possono modificare mediante adeguate misure didattico-educative e, nel caso della dislessia, essa può essere contrastata riducendo considerevolmente i suoi effetti funzionali.

* Piccolo test per capire

Rispondete al questionario e se vi saranno almeno a 5 risposte affermative, chiedete informazioni. 1. Ti sembra che il tuo bambino faccia più fatica di quanto dovrebbe nel leggere? SI NO 2. Se si sforza e insiste nel leggere ti sembra che addirittura peggiori o che si stanchi moltissimo? SI NO 3. Ha difficoltà nel memorizzare le lettere, i mesi dell’anno, le stagioni o i giorni della settimana? SI NO 4. Ha difficoltà nel memorizzare le tabelline e conta con le dita? SI NO 5. Nella scrittura compie numerosi errori? SI NO 6. Nella lettura compie numerosi errori di inversione e/o sostituzione di lettere? SI NO 7. Nella lettura salta le righe? SI NO 8. È eccessivamente disordinato e confusionario e non riesce ad organizzarsi? SI NO 9. Ha difficoltà nel copiare alla lavagna? SI NO 10. Ha parlato tardi o con difficoltà? SI NO


a cura di Ivan Di Nino

Campionato giornalisti : Si è corso a Torricella sicura il Campionato Nazionale ciclistico per giornalisti sportivi. Sul circuito di 11 Km, da ripetere 4 volte, ha vinto Eros Maccioni (professionista senior) che ha battuto in volata il Enrico Giancarli. Terzo Graziano Calovi.

Atletica: Nella finale nazionale A2 del Campionato Italiano di società Allievi a Bastia Umbra (PG), l’Atletica Gran Sasso Teramo ha conquistato un ottimo secondo posto nella classifica maschile. Splendida doppietta di Valerio Di Blasio che ha vinto il lungo (6,90 m-PB) ed il triplo (14,15 m-PB). Oro di Massi nel martello con 57,50 m. Altri risultati sono venuti da William Pelusi, 2° nel giavellotto con 55,28 m, Luca Dezzi , 3°sui 400 m (51”88), Antonio Lupone, 3° sui 3000m(9’24”52) ed Antonio Rocci, 3° sui 2000 sp.(6’21”21). Nel campionato italiano Juniores e promesse a Bressanone(BZ), spicca la medaglia di bronzo di Sinisi (4,60m). A Firenze si è invece abbattuto un violento nubifragio nella giornata conclusiva della Coppa Italia che ha causato la sospensione delle gare e il rinvio a data da destinarsi. Dopo la prima giornata, la squadra maschile della Bruni Pubblicità Vomano occupava il settimo posto.


50 mag. / 2011

THIS IS NOT AMERICA

Ricordando il Giro d’Italia a Teramo… a festa comincia già dal mattino, sotto un cielo disonesto che minaccia pioggia. Un ragazzone arriva sul ponte S.Ferdinando con la bici e con una piccola telecamerina si fa l’autocronaca: “Ultimi metri prima dell’arrivo…” La zona della Madonna delle Grazie è stata facile “preda” del CSI, Centro Sportivo Italiano, dove i ragazzi hanno giocato per tutto il giorno a calcetto, pallavolo, pallamano, basket. Un contorno ideale. La RAI, con i suoi tecnici che sembravano veleggiare a metri di distanza dal suolo, ha monopolizzato tutto il viale Madre Teresa di Calcutta, con i suoi TIR e furgoni di ogni dimensione. Da fuori era possibile scorgere qualche quadro comandi da porte lasciate civettuosamente aperte. Poi, nel primo pomeriggio, la solita sarabanda di confusione ed allegria: arriva la carovana del Giro d’Italia con ragazzi e ragazze che ballano, finte pizze di formaggio ed orologi giganti di plastica… L’attesa in mezzo alla calca si fa quasi estenuante finchè, attorno alle diciassette, finalmente…un rombo di motori scuote la città…mancano pochissimi chilometri! Stanno arrivando! Stanno arrivando! Il lungo serpentone del gruppo scivola via, colorato e quasi silenzioso sul ponte, per arrivare di fronte alla scuola Noè Lucidi: dai, Ale…e invece vince ancora una volta Mark Cavendish in volata. Questo ragazzo brevilineo che viene dalla pista ha come “apristrada” per i

suoi arrivi Mark Renshaw, davvero bravo, cui si può imputare solamente un errore: il fatto di partire a centro strada e non stretto verso un lato della stessa. Secondo Ventoso, terzo il nostro Alessandro Petacchi, spezzino, rimasto “al vento” troppo presto. Quest’ultimo è forse più resistente di Cavendish, ma ha meno esplosività negli ultimi metri, quella che ha fatto vincere l’inglese con un arrivo posto in leggerissima salita. Quando li vedi passare davanti, alcuni ciclisti sembrano piume, quasi non toccassero la bici, altri pare che quasi la spacchino, la storcano, in uno spasimo erculeo che sembra non finire mai. La festa è poi continuata nell’euforia delle premiazioni, con la gente che guardava ammirata i corridori come si guarda un soldato a cavallo. Questa volta però, il cavallo aveva due ruote! Molti gli applausi per il vincitore di tappa ed anche per il “padrone” del Giro, lo spagnolo Contador, un po’ refrattario alle richieste dei tifosi. Come si sa, quest’ultimo è attualmente sub judice per motivi attinenti il doping. C’è un’inchiesta giudiziaria in corso e non è questa la sede opportuna per scriverne, basti solo affermare che spesso gl’italiani hanno pagato anche per aver

pensato di doparsi, mentre altri la fanno quasi sempre franca. Qualcuno parla anche di differente potere politico delle varie federazioni ciclistiche nazionali, e la nostra –al solito- pare non essere proprio tra le prime. Tutti ubriachi di canzoni ed allegria, il baccano si è poi spostato di pochissimi metri, al “processo alla tappa”, condotto da Alessandra De Stefano. La sorpresa delle sorprese è stata però l’ingresso nel seguito del Giro per alcuni giorni, proprio a partire da Teramo del leggendario Eddy Merckx, per la seconda volta in città. Nella trasmissione erano presenti anche il Prof. Luigi Veronesi, che ci ha onorato citando le Virtù, ed il sempre simpatico Tony Santagata. Al termine il leggendario

il gruppo in tappa


51 mag. / 2011

belga si è leggermente tirato su i pantaloni ed avvicinatosi ai fans sotto il palco ha cominciato a firmare autografi: ne è partita una gran ressa, dove non sono mancati spintoni e qualche parola francamente fuori posto, ma chi non vorrebbe l’autografo del Cannibale? Una tirata d’orecchie alla pur valida organizzazione: non tutti quelli che possedevano il pass sono riusciti ad entrare in tribuna – per motivi di sicurezza… -, affollata dai bambini della manifestazione GiroScuola, tra l’altro posta in maniera tale da non far vedere nemmeno l’arrivo ai presenti. L’indomani si è svolta la partenza da Tortoreto ed è necessario sottolineare quanto già visto l’anno scorso: il “villaggio VIP” è da una parte, la partenza da un’altra. Così, anche chi riesce ad accedere alla zona riservata, non trova quasi mai i corridori che arrivano all’inaccessibile foglio firma e si rifugiano in mezzo agli altri del “gruppo” prima della partenza. Qualche anno fa, quando c’era ancora il grande Vincenzo Torriani, ‘patron’ del giro per quasi quarant’anni, il villaggio era posto tutt’attorno alla zona di partenza – quasi in un ecumenico abbraccio-ed era impossibile che i corridori “sfuggissero”.

Anche i volontari erano più allegri e meno irrigiditi di quelli di adesso. Bastava avvicinarsi ad uno di loro che si veniva accolti dalla solita nenia: “No, no, no, no qui no!” “Scusi, dovrei parlare col signor Tizio, lo conosco, può chiamarmelo per favore?”; “Qui non può entrare” era sempre la risposta. “Mi dice che ore sono?”, “Qui non può entrare”. Peccato, un po’ più di cordialità non guasterebbe. E’ sicuramente un lavoro difficile, tre settimane a zonzo per l’Italia con gli orari ed i pasti che saltano, ma l’educazione è sempre la prima cosa. Da ultimo, un estremo saluto a Wouter Weylandt, morto durante la terza tappa per una sfortunatissima fatalità: il ragazzo, voltatosi indietro in discesa per vedere dove fossero gli altri, non si accorgeva di una leggera semicurva con un muretto di mattoni su di un lato, lo prendeva in pieno, volava ed atterrava quindici metri più giù morendo sul colpo. Di avvenimenti così ne sono avvenuti solo quattro nella storia centenaria del Giro, davvero una terribile disgrazia. Ora c’è l’immancabile inchiesta giudiziaria; qui è solo il caso di dire che i soccorsi sono stati celerissimi: il prof.Tredici è giunto sul

posto circa trenta secondi dopo la caduta, coadiuvato dall’unità di rianimazione mobile sempre presente al Giro e dal medico del Team Garmin, anche lui specializzato in rianimazione. Chi fa polemiche sulla “discesa ripida”, sull’elicottero arrivato “quaranta minuti dopo e che non riusciva ad atterrare” semina solo inutile zizzania. Anche a Tortoreto è stato osservato un minuto di raccoglimento e non è mancato giorno che non ci fossero scritte che ricordassero lo sfortunatissimo belga. Di certo tutti gli appassionati italiani si sono stretti alla famiglia del ragazzo per questa terribile disgrazia e sono stati annullati tutti i cerimoniali di premiazione il giorno della morte ed il successivo; niente a che vedere con quanto avvenuto oltralpe qualche anno fa, quando il povero Fabio Casartelli perse la vita sulla discesa del Portet d’Aspet: a qualcuno diede forse pure fastidio che questo campione olimpionico morisse così, tanto da non annullare nessuna festa. Allora, la stupida grandeur francese prevalse sull’italica umanità.

IVAN DI NINO

Pallanuoto Teramo pagina storica, nonostante tutto Ai ragazzi della Pallanuoto non appartiene il rischio dell’abitudine. In molti ricorderanno i trionfi dell’Italia di RatkoRudic che vinse tutto quello che c’era da vincere –famoso ed un po’ ironico il soprannome di “settebello” della nazionale azzurra- compresa la medaglia d’oro alle olimpiadi di Barcellona. Memorabili le partite infinite contro la Spagna, la corazzata Jugoslava e l’Ungheria. Anche a Teramo esiste una realtà collaudata di waterpolo che ha sfiorato il sogno della permanenza in serie C. Promossi l’anno scorso nell’equivalente della attuale Prima Divisione calcistica, i ragazzi dell’ASD OLIMPIA NUOTO non ce l’hanno fatta per un’incollatura, come si direbbe in gergo ippico. L’ultima soffertissima partita è stata persa 2-4 contro l’Osimo, fino a quel momento a pari punti col Teramo. Al solito, non

sono mancati problemi arbitrali, tanto che la società ha già inoltrato unesposto facendo rilevare alcuni errori tecnici, ma è sommamente improbabile che la partita si rigiochi. La squadra, composta per la massima parte da ragazzi teramani tra cui il centroboa Raul Ricci, Ermanno Sciarra, Remo Biocca, Agostino Di Marcantonio, Federico Lapa, Stefano Scipioni, Vincenzo Chiodi e Massimo Labarbera, il capitano Alessandro Coccagna, leader indiscusso dello spogliatoio, il bomber Antonio Astolfi (terzo nella classifica cannonieri con 23 gol), oltre ad altri quattro giovani pescaresi, hanno chiuso onorevolmente il campionato con sette punti. Se avessero battuto gli anconetani si sarebbero portati a dieci, sufficienti per la permanenza in quella serie. Il campionato cui la squadra di Teramo ha partecipato è quella del

raggruppamento Marche-Abruzzo: la regione limitrofa ha messo in campo calibri pesanti, come Pesaro(la vincitrice), Ancona, Osimo stessa ecc. Per la nostra città questa è stata una pagina storica, anche se in molti non lo sanno: partite tirate fino all’ultimo secondo, uno spogliatoio estremamente compatto, ma anche decisioni arbitrali tutt’altro che limpide e una carenza gestionale ed economica spaventosa hanno contribuito alla “mala riuscita” della stagione. Per tutto sia sufficiente scrivere che i pallanuotisti si son dovuti spesso autofinanziare, pagando a volte di tasca propria trasferte e riscaldamento! I molti infortuni, a partire da qualche naso rotto da operare in anestesia generale che non permette recuperi celeri, ha fatto il resto. IVAN DI NINO


52 mag. / 2011

La ragazza dal calibro 12

È teramana la campionessa di Sporting, particolare disciplina sportiva di tiro a volo

na teramana sul vittoria dopo vittoria l’hanno portata tetto d’Europa. E’ a disputare quest’anno il Campionato Carla Flammini, europeo in Spagna, dove con la squadra fiore all’occhiello di di giovani atlete si è qualificata al quarto Teramo ma anche, posto. A luglio ci saranno i mondiali, che e soprattutto, della quest’anno si terranno in Francia, e Carla squadra italiana femminile di Sporting; ha già iniziato la dura preparazione per le medaglia d’oro a squadre e quarto posto gare di qualificazione che la condurranno nella gara singola del 43° Campionato ad una delle prove più importanti della sua Europeo, svoltosi a San Pietroburgo. Lo carriera sportiva. Sporting, chiamato pure Percorso di Caccia MARIANGELA SANSONE itinerante, è una particolare disciplina sportiva di tiro a volo in cui possono essere utilizzati i normali fucili con i quali si pratica, o si potrebbe praticare, l’attività venatoria. La caratteristica principale dello Sporting consiste nell’essere un’attività tiravolistica “di movimento”: si passa da una piazzola all’altra, cambiando continuamente scenari, bersagli e traiettorie. Una passione nata un po’ per gioco, seguendo le orme del padre appassionato di caccia, Carla ha iniziato ad impugnare il fucile nell’impianto di tiro al volo di famiglia, “Il Sentiero” a Bellante, dove si allena dal 2003; nel 2007 la prima convocazione con la nazionale italiana e, dopo tanti sacrifici e con immensa soddisfazione, la ventitreenne ha raggiunto l’anno scorso il podio europeo. La ragazza dal calibro 12 non si è fermata e la sua grinta ha preso il volo. Gara su gara e Carla Flammini nel suo trionfo


Malattie della pelle

Psoriasi i buoni rimedi non mancano a alcuni anni un gruppo di farmaci (denominati farmaci biologici) è entrato nella terapia della psoriasi medio grave, grave e comunque in presenza di artropatia psoriasica. I farmaci biologici sono in grado di bloccare i meccanismi molecolari coinvolti nella patogenesi della psoriasi e risultano efficaci nel trattamento perché possiedono alcune caratteristiche come: rapida risposta clinica, efficacia in ionoterapia, possibilità di terapia a lungo termine per consentire un controllo continuo della malattia. Sono anche relativamente sicuri nel trattamento prolungato, data la loro apparente assenza di tossicità a carico di rene e fegato. Hanno inoltre solo minima interazione con altri farmaci e poche controindicazioni. Rispondono altresì al concetto di “farmaco ideale” per la buona accettazione da parte dei pazienti e facile somministrazione. Molti “biologici” infatti possono essere somministrati a domicilio, evitando frequenti visite presso strutture sanitarie. Le risposte date dai pazienti sottoposti a queste terapie, e introdotti nel progetto “Psocare”, evidenziano un miglioramento della qualità della vita. Tale progetto, promosso dall’Agenzia italiana del farmaco, in collaborazione con altri gruppi di lavoro italiani, punta a migliorare l’assistenza dei pazienti con psoriasi, valutando fattori che interagiscono, per prevedere risposta, efficacia e sicurezza nei diversi trattamenti sistemici. Seguendo protocolli terapeutici

condivisi, al momento attuale si può affermare che i farmaci biologici diano una grande speranza per il trattamento quotidiano e a lungo termine nei pazienti con psoriasi. Malattia infiammatoria cronica della cute, la psoriasi interessa circa il 3% della popolazione italiana (si stima che circa 1,5 milioni di persone ne siano affette). Il decorso clinico può essere cronicorecidivante in circa il 10-30% dei pazienti che presentano un interessamento delle articolazioni. La patogenesi della psoriasi prevede fattori ambientali e genetici in grado di favorire una risposta immunitaria verso antigeni cutanei e articolari. Fattori di rischio sono la familiarità, obesità, consumo di alcool, fumo, stress. Fattori protettivi sono i cibi a contenuto di acidi grassi polinsaturi, frutta fresca, carote, pomodori ed esposizione a raggi ultravioletti. Fattori scatenanti sono le infezioni respiratorie da streptococchi, alcuni farmaci (antiipertensivi come i betabloccanti), farmaci antiinfiammatori non steroidei, farmaci antimalarici e antidepressivi maggiori come il litio. Anche traumi locali, ustioni solari o situazioni stressanti giocano un ruolo importante nell’insorgenza della psoriasi. Una certa percentuale di pazienti può presentare un’artrite psoriasica con compromissione di una o più articolazioni asimmetriche, poliartrite simmetrica, artrite con interessamento delle articolazioni delle dita e dei piedi e compromissione anche delle unghie, sacro ileite asimmetrica e asintomatica, spondilite e artrite mutilante.

Nell’artropatia psoriasica possono essere colpiti anche organi al di fuori delle articolazioni con congiuntiviti e uveiti. L’esame ematochimico rivela sempre assenza del fattore reumatoide. Esistono poi indici clinici ed esami strumentali che valutano l’entità del quadro clinico da lieve a grave. Clinicamente si tiene conto dell’eritema, spessore, desquamazione, prurito, dolore, tumefazione articolare, numero delle articolazioni coinvolte. Esiste inoltre la possibilità di valutare con strumentazioni l’entità delle alterazioni cutanee, vascolari ed ossee nel corso della patologia. Esiste un’ampia gamma di trattamenti farmacologici il cui utilizzo tiene conto della gravità del quadro clinico e della compromissione della qualità della vita dei pazienti con psoriasi. Da un’indagine di alcuni anni fa circa la soddisfazione dei pazienti in relazione alle terapie tradizionali, la maggioranza degli interpellati ha espresso insoddisfazione, ritenendo i trattamenti troppo gravosi o inefficaci o troppo costosi. Nella vasta gamma dei trattamenti topici, rivolti soprattutto alla terapia delle forme lievi e circoscritte, le formulazioni a disposizione sono molteplici. Presentano tuttavia effetti collaterali nei trattamenti a lungo termine.

DR. PATRIZIA MATTIA DERMATOLOGA AZIENDA OSPEDALIERA “S.ANNA” - COMO MATTIA.PATRIZIA@LIBERO.IT


54 mag. / 2011


55 mag. / 2011

Dieta del sondino? Parliamo d’altro ... A CURA DI

PAOLO DE CRISTOFARO*

ualcuno ingenuamente o provocatoriamente mi chiede che cosa penso della cosiddetta “dieta del sondino”, che ha stranamente polarizzato attenzione, tanto da acquisire molto spazio sui social network e persino nei salotti televisivi, per cui sono costretto ad affrontare l’argomento che avrei preferito ignorare. La nutrizione enterale chetogena (NEC), introdotta dal prof Cappello di Roma, si propone l’obiettivo di migliorare la motivazione del paziente, attraverso rapide perdite di peso, ottenute con l’infusione naso-gastrica di soluzioni di aminoacidi. L’utilità di questo metodo, che non è altro che una riedizione modernizzata del digiuno modificato, non ha avuto ancora alcun riconoscimento scientifico, ma il messaggio ad esso associato risulta altamente diseducativo perché alimenta la confusione tra dimagramento e perdita del peso in soggetti fragili e facilmente suggestionabili da terapie sensazionalistiche (il dimagrimento avviene solo attraverso la riduzione dei grassi di deposito), inoltre non promuove la correzione degli errori alimentari preesistenti, ma può essere certamente dannoso in soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare. A ciò occorre aggiungere la mancata integrazione del metodo alla valutazione dello stato nutrizionale, del metabolismo, dello stile di vita e delle componenti psicopatologiche, in

assenza delle quali gli obesi non hanno un corretto inquadramento diagnostico e fisiopatologico per cui sono esposti a gravi rischi per la loro salute. La comunicazione che utilizziamo, da sempre, presso il Centro di Riferimento Regionale di Fisiopatologia della Nutrizione e il messaggio che diamo ai nostri pazienti è esattamente all’opposto del messaggio che accompagna le azzardate promesse della “dieta del sondino”. Noi ci preoccupiamo di far riacquistare vitalità ed efficienza metabolica migliorando le scelte alimentari e la distribuzione dell’energia, dopo aver valutato con tecnologie appropriate ed evolute il metabolismo e lo stile di vita, e associamo questo percorso alla riscoperta della piacevolezza del vivere e della sensorialità dell’atto alimentare. In altre parole, il percorso dimagrante risulta essere una avvincente esperienza conoscitiva che ci aiuta a ristabilire, attraverso scelte alimentari più consapevoli e pertinenti, la giusta relazione con il corpo e con l’ambiente, avvalendosi anche di un costante supporto medico-psicologicodietistico. Quando impariamo a scegliere e ad utilizzare l’energia vitale del cibo per nutrire il nostro agire quotidiano non si crea ristagno metabolico, non si crea accumulo adiposo, ma ci si avvia ad un sano dimagramento che riguarda prevalentemente la massa grassa e che non richiede sacrificio, perché si associa al godimento della riacquistata vitalità e

pienezza del corpo. Ci dimentichiamo troppo spesso che il rapporto tra il cibo e il nostro corpo è altamente dinamicizzante perché in grado di attivare funzioni, metabolismo, ricambio e detossicazione. Occorre fare, quindi, una scelta di campo ben precisa tra una alimentazione stereotipata, rigida, sbilanciata, in cui prevale l’alimento “morto” che porta gradatamente e inesorabilmente al rallentamento del metabolismo e del ricambio cellulare, e un’alimentazione varia e sensibile alle stagionalità, con una adeguata presenza di cibi crudi ed integri che ci garantiscono la rigenerazione, la salute cellulare e la vitalità metabolica. Un’alimentazione poco variata e poco curata disabitua progressivamente il corpo all’uso del gusto, dell’olfatto ed alla percezione dei segnali interni, favorisce la dipendenza dagli zuccheri che monopolizzano il piacere derivante dal cibo e pongono le premesse per l’evoluzione verso il ristagno metabolico e le sue conseguenze (sovrappeso-obesità, dismetabolismi, cellulite). SE VI RICONOSCETE PROBLEMI CON L’ALIMENTAZIONE EVITATE DI FARE QUALSIASI TIPO DI DIETA SENZA ESSERE ADEGUATAMENTE SEGUITI E CONTROLLATI. *DR PAOLO DE CRISTOFARO CENTRO DI RIFERIMENTO REGIONALE DI FISIOPATOLOGIA DELLA NUTRIZIONE PRESIDIO DI GIULIANOVA, ASL TERAMO



57 mag. / 2011

Muoversi per combattere il tempo A CURA DEL

PROF. VALTER DI MATTIA

ra i fattori stimolanti la longevità, il movimento ha la proprietà di modificare gli aspetti qualitativi dell’attività umana. Studi scientifici nazionali ed internazionali evidenziano come l’attività motoria riduca la mortalità e limiti i momenti di disabilità e di malattia, garantendo alle persone anziane una vecchiaia migliore. Il movimento, fatto con razionalità e strutturato scientificamente, limita lo sviluppo di malattie quali l’ipertensione, l’osteoporosi, diabete, obesità, ictus e forme depressive. Dal punto di vista sociale aiuta l’anziano a conservare l’autosufficienza, riducendo i costi assistenziali. A livello psicologico il movimento riduce le tensioni muscolari ed emotive, migliora l’umore, stimola le funzioni cerebrali, rafforza l’autostima e lo stato generale di benessere. Fisiologicamente il soggetto attivo migliora il sistema metabolico, ormonale, respiratorio e cardiocircolatorio. Tutto questo accade con la rielaborazione degli schemi “corporeo e motorio”.

Attività adattate all’età Il movimento razionale deve tendere a creare un’attività fisica che si adatti alle capacità residue della persona anziana, quasi rieducativa dal punto di vista funzionale, rispettando le caratteristiche fisiologiche e patofisiologiche dell’individuo. Il movimento nell’anziano deve coinvolgere la sua emotività e non proposto come un farmaco, ma inserito in un contesto sociale con persone affini. Se l’anziano viene “ medicalizzato”, pur avendo le risorse per muoversi insieme ad altri, ha motivo di pensare che la vecchiaia sia una malattia. Poiché negli anni il corpo modifica la sua struttura e le sue funzioni, bisogna disporre di attività che mantengano equilibrato il rapporto con il proprio fisico. Obiettivi psico-motori: • Affinare nel tempo gli schemi motori per ridare le conoscenze del proprio corpo; • Esercitare l’organizzazione spaziotemporale; • Rieducare la respirazione; • Migliorare l’equilibrio, la propriocezione e la coordinazione; • Migliorare la postura. Obiettivi psico-sociali:

• Favorire la gioia di comunicare con gli altri attraverso il movimento; • Stimolare l’attenzione e la memoria. Obiettivi fisiologici: • Incrementare la forza dei principali gruppi muscolari; • Ottimizzare la stabilità globale; • Migliorare la mobilità articolare e l’elasticità muscolare; • Aumentare la resistenza per le attività motorie giornaliere. L’anziano ha l’esigenza di condurre con il massimo rendimento le principali attività quotidiane più importanti, come alzarsi da una sedia, sollevare qualcosa, inclinarsi avanti. Le lezioni svolte in palestra devono essere trasferibili alla vita di tutti i giorni ed abituare a trasferire i carichi sulla colonna vertebrale nella maniera più economica. E’ importante migliorare la forza, soprattutto degli arti inferiori, insistere con il lavoro in decubito supino, prono e laterale. Tutto ciò serve per mantenere le proprie relazioni sociali, utilizzare i mezzi pubblici, salire e scendere le scale, ecc. E’ essenziale inserire tra i vari esercizi fasi di stretching che interessano i principali


58 mag. / 2011

distretti muscolari eseguiti in forma lenta e graduale. Il tempo sottopone le ossa ad una trasformazione progressiva di decalcificazione. Questo processo è più marcato nelle donne perché, per fattori ormonali, perdono massa ossea più rapidamente (osteoporosi) e nel tempo aumenta il rischio di fratture. I peggiori nemici per la salute ossea sono rappresentati da assenza di movimento e da malnutrizione. Le articolazioni perdono la loro mobilità: irrigidimento delle capsule articolari, perdita di elasticità tendinea, diminuzione del liquido sinoviale,spesso con processi infiammatori. Il sistema muscolare diminuisce il tono, la forza e la massa, quest’ultima dovuta ad una riduzione del diametro e del numero di fibre muscolari. Diminuisce la velocità dell’impulso e della potenza, che si ricollega alla diminuzione delle fibre muscolari bianche (veloci).

L’invecchiamento dipende dall’interazione di molti fattori, alcuni dei quali controllabili dall’individuo stesso, mentre altri no ( fattore genetico). Certamente il più controllabile è lo “stile di vita”. E’ noto che alcuni fattori sono in grado di prevenire l’invecchiamento patologico: evitare il fumo, evitare l’eccesso di alcool che, se assunto in dose eccessiva, aumenta la pressione arteriosa e favorisce il rischio di ictus, prestare attenzione alla dieta, evitando un’alimentazione troppo ricca di acidi grassi saturi, praticare l’attività fisica. Se si potesse mettere l’esercizio fisico dentro una pillola sarebbe il farmaco più potente al mondo ed il più prescrivibile.

L’anziano ha l’esigenza di condurre con il massimo rendimento le principali attività quotidiane più importanti


59 mag. / 2011


60 mag. / 2011

PIRAMIDE DI SENTIMENTI

A CURA DI

MARINA GROSSI*

ual è il segreto di una vita serena con i nostri amici animali? La risposta sembra arrivare da Abraham Harold Maslow, studioso statunitense noto per aver ideato la piramide dei bisogni. La soddisfazione di necessità fondamentali può prevenire l’insorgenza di alcuni comportamenti problematici cause scatenanti, in larghissima misura, del triste fenomeno dell’abbandono o di una vita irta di difficoltà. Prima di far entrare un pet nella propria vita, forse sarà il caso di interrogarci se possiamo creare le condizioni ottimali affinché la convivenza sia serena e gradevole per entrambi. Nel primo gradino della piramide troviamo sicuramente i bisogni fisiologici. Questi sono fondamentali per il mantenimento fisico dell’individuo (fame, sete, autoconservazione, ambiente adatto). Le lampade UVB, ad esempio, non sono un optional nel terrario della vostra iguana ma funzionali alla corretta sintesi di vitamina D. Seguono, poi, i bisogni di sicurezza: stabilità e protezione sono indispensabili per una buona parte degli animali domestici e più acuti in determinate fasce di età. Esempio lampante è quello del cucciolo di cane che avrà bisogno di un referente un umano accanto per rendere stabile e sicuro il suo percorso di crescita. Seguono, poi, i bisogni di appartenenza. Essere membro attivo nella vita del gruppo è un fattore indispensabile nelle specie sociali. Diversi tipi di pappagalli hanno una necessità così forte di interazione che in mancanza di

vita di gruppo arriverà alla perdita autoinflitta del piumaggio come sintomo di stress. Segue il bisogno di rispetto: l’essere rispettato è un bisogno molto forte ed è per questo che taluni addestramenti che si basano sull’uso della violenza, spesso portano come corollario un animale con tendenze aggressive verso i conspecifici, i bambini o addirittura verso la propria famiglia. Il bisogno di auto-realizzazione, invece, consiste nello sviluppare il proprio potenziale. Il gatto, ad esempio, proprio in virtù della sua intelligenza enigmista, ha bisogno di dedicarsi ad attività di problem solving (dallo stanare un topolino all’infilarsi in un intricato labirinto di vestiti fino a trovarne l’uscita) perché sia preservata la sua perfetta salute fisica e mentale. Spero che questa breve digressione vi porti a ricominciare qualche hobby creativo, l’auto-realizzazione è fondamentale soprattutto nella specie umana.

Prima di far entrare un pet nella propria vita, forse sarà il caso di interrogarci se possiamo creare le condizioni ottimali affinché la convivenza sia serena

(ISTRUTTORE CSEN CONI ) WWW.DOGPEOPLE.IT

ED EDUCATORE CINOFILO

il nostro amico


61 mag. / 2011

a cura di: Alessandro Forresi - Vice Presidente ANACI Regione Abruzzo

La Cedolare secca L’art. 3, del D.Lgs. 14 03 2011, n. 23 sul ha introdotto un regime alternativo a quello ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini Irpef delle persone fisiche. La disciplina prevede la possibilità, dall’anno 2011 di scegliere per l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali,

19% nei casi di canone concordato ma che attiene esclusivamente alle persone fisiche che non agiscono nell’esercizio dell’impresa o della professione. Giova ricordare che la disciplina “tradizionale” della tassazione dei redditi derivanti da contratti di locazione è contenuta, relativamente all’Irpef, negli artt. 36

delle imposte di registro e di bollo sui contratti di locazione, sulla risoluzione e sulle proroghe degli stessi. Ciò rende necessaria un’analisi di convenienza sulle posizioni soggettive del contribuente “persona fisica” che dà in locazione un immobile ad uso abitativo poichè andrà ad incidere sia sulla sfera personale, che sull’organizzazione del patrimonio personale. Si può valutare l’opzione cedolare secca nel caso in cui l’immobile sia intestato a persone fisiche non imprenditori o anche sull’opportunità di costituire immobiliari di gestione nel caso di immobili patrimonio. Il decreto introduce una nuova imposta sostitutiva pari al 21%, che si riduce al

e segg. D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 mentre, per all’imposta di registro, nell’art. 5, Parte I della Tariffa, la quale stabilisce che i contratti di locazione di fabbricati abitativi stipulati fra privati siano soggetti ad un’imposta del 2% del canone annuo.

del contribuente. L’opzione conviene con redditi imponibili superiori ad euro 15.000 per i canoni a contratto libero e ad euro 28.000 per i canoni a contratto concordato. I vantaggi dell’opzione per la cedolare secca sono: • imposta sostitutiva del 21% (19% per i contratti a canone concordato); • non si applicano le aliquote per scaglioni di reddito, le addizionali regionale e comunale; • non devono essere versate le imposte di registro e di bollo. Gli svantaggi dell’opzione per cedolare secca sono: • la tassazione del canone al di fuori del meccanismo ordinario di determinazione dell’Irpef, potrebbe impedire al contribuente di riassorbire per intero eventuali detrazioni d’imposta (ad es. le detrazione del 36% per le ristrutturazioni e del 55% per il risparmio energetico). • il locatore deve rinunciare, per tutta la durata del contratto, all’applicazione di aumenti del canone, inclusi gli aumenti Istat; • non è possibile chiedere il rimborso dell’imposta di bollo e l’imposta di registro versata.

Analisi di convenienza - Calcolo Fiscale - Vantaggi e Svantaggi L’analisi di convenienza va fatta caso per caso, date le molte variabili che vanno ad influire sul calcolo del carico fiscale. La cedolare premia i redditi più alti e la convenienza è tanto maggiore all’aumentare dell’aliquota marginale

Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari ABRUZZO sez. Tearmo


Condominio moroso? Rischia chi non paga A CURA DI AVV. GIANFRANCO PUCA *

l caso: la ditta appaltatrice di lavori presso un condominio chiede ed ottiene dal Tribunale una ingiunzione di pagamento contro il condominio stesso e contro alcuni condomini, in relazione al pagamento di una parte residuale del proprio credito per i lavori effettuati. Il decreto ingiuntivo viene impugnato da alcuni condomini che lamentano di aver adempiuto regolarmente al pagamento della loro quota condominiale, ed il Tribunale accoglie tale tesi, revocando il decreto ingiuntivo. La sentenza viene appellata dalla ditta e l’appello viene respinto, con conferma della sentenza del Tribunale. La ditta ricorre in Cassazione, la quale respinge il ricorso (confermando la decisione del Tribunale) affermando che <<.. conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno …. la soluzione appare adeguata alle esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici. >> La sentenza della Cassazione civile, a Sezioni unite, n. 9148/2008: la fine della solidarietà passiva e l’affermazione della parziarietà. Per i debiti del condominio vigeva in passato il principio della solidarietà passiva: il creditore poteva agire esecutivamente nei confronti di ciascun condomino per ottenere il ristoro del proprio diritto di credito, salva l’azione di regresso del condomino esecutato nei confronti degli altri condomini per il recupero delle somme corrisposte in eccedenza rispetto alla propria quota di competenza. Tale principio garantiva in maniera incisiva il diritto del creditore del condominio, il quale poteva aggredire direttamente il patrimonio del singolo condomino sino alla concorrenza del proprio credito.

Il “cambio” è avvenuto con la sentenza n. 9148/2008, pronunciata dalla Cassazione a Sezioni Unite, la quale ha così risolto i contrasti giurisprudenziali in materia di solidarietà nelle obbligazioni condominiali. Dopo tale sentenza, in ipotesi in cui il condominio si renda moroso nei pagamenti (ad esempio per lavori di ristrutturazioni dell’immobile) il creditore (la ditta appaltatrice) potrà esigere il pagamento solo dai condomini che non hanno versato la loro quota, che rischiano anche il pignoramento della loro unità immobiliare, mentre i restanti condomini, in regola con i pagamenti, non potranno essere chiamati in giudizio dal creditore. Prima della indicata sentenza, vigeva il principio della responsabilità “solidale”: in

caso di morosità del condominio (perchè, appunto, non tutti hanno pagato le proprie quote e l’amministratore non è in grado di pagare integralmente il debito) il creditore (nell’esempio indicato la ditta appaltatrice dei lavori di ristrutturazione) poteva agire contro l’intero condominio e contro i singoli condomini (anche quelli in regola con il pagamento delle quote). Dopo la sentenza della Corte di Cassazione, invece, chi ha pagato regolarmente la propria quota non potrà essere citato in giudizio dal creditore, il quale potrà agire

solo contro i soggetti morosi. La Corte di Cassazione (decidendo con la sentenza n. 9148/2008 relativamente ad un ricorso proposto da una impresa che pretendeva in giudizio il pagamento di lavori eseguiti e non contestati, ma non pagati integralmente) ha stabilito il principio per cui devono essere condannati a pagare solo i singoli condomini morosi, e non anche gli altri in regola con il pagamento delle quote. Per la Cassazione non è applicabile il principio della responsabilità solidale, ma ciascun condomino deve rispondere del debito complessivo solo ed esclusivamente in proporzione alle rispettive quote. La Corte ha sancito che, nei casi in cui l’obbligazione è divisibile (e tale è quella del pagamento di un debito dell’intero condominio, in quanto tale debito deve essere ripartito in base ai millesimi di ciascun condominio) il principio della solidarietà passiva deve essere coordinato con quello della divisibilità, in base al quale ciascun debitore risponde solo della sua parte. In termini concreti il creditore non potrà ottenere la condanna del condominio ed il relativo pagamento integrale della propria pretesa, salva la possibilità dei condomini che hanno pagato oltre la loro quota di rivalersi contro quelli morosi, ma potrà agire solo contro i morosi senza coinvolgere gli altri in regola con i pagamenti delle quote condominiali. Il creditore, quindi, ottenuta “la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno”.

*AVVOCATO AVVOCATO@STUDIOLEGALEPUCA.IT WWW.STUDIOLEGALEPUCA.IT


63 mag. / 2011

Imposta Comunale sugli Immobili

cade il 16 giugno ai sensi dell’articolo 10 comma 2 del DLgs. n. 504/1992 il versamento dell’acconto ICI per l’annualità d’imposta 2011. Non sono intervenute significative novità legislative in merito ai criteri per la liquidazione e il versamento dell’imposta (è necessario controllare le delibere comunali adottate). I versamenti dell’ICI dovuta per l’annualità 2011 devono essere eseguiti in due rate: l’acconto ICI entro il 16 giugno 2011 e il saldo ICI entro il 16 dicembre 2011. Il contribuente ha facoltà comunque di dar luogo al versamento dell’ICI dovuta per il 2011 in un’unica soluzione, versando l’intero ammontare del tributo comunale entro il termine previsto per il versamento dell’acconto. L’acconto ICI è pari al 50% dell’imposta dovuta per l’intero anno, calcolata sulla base dell’aliquota e delle detrazioni applicabili all’anno precedente. In pratica, il calcolo dell’acconto ICI deve essere effettuato nel modo che segue, a seconda che si verifichi: - il possesso per l’intero semestre: l’acconto è pari al 50% dell’imposta calcolata per 12 mesi, utilizzando le aliquote e le detrazioni dell’anno precedente, riferite

alla destinazione attuale dell’immobile; - il possesso per parte del semestre: l’acconto è pari all’imposta relativa al periodo di possesso nel semestre, utilizzando le aliquote e le detrazioni dell’anno precedente, sempre riferite alla destinazione attuale dell’immobile. Si ricorda che l’articolo 1 del DL n. 93/2008 (conv. L. n. 126/2008), ha disposto l’abolizione dell’ICI sull’abitazione principale, nonché sulle relative pertinenze, a partire dall’anno 2008. Per il riconoscimento dell’esenzione è necessario che ricorrano, in linea generale, le seguenti condizioni: la sussistenza della soggettività passiva in capo a una persona fisica che possiede un immobile a titolo di proprietà o altro diritto reale, l’iscrizione dell’immobile in una categoria catastale diversa da A/1, A/8 e A/9 e la concreta destinazione dell’unità immobiliare ad abitazione principale da parte dello stesso soggetto. L’esenzione ICI, infatti, non riguarda quegli immobili classificati nelle categorie catastali A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici). Le modalità di determinazione della base imponibile variano in funzione della tipologia di bene immobile interessata. Per i fabbricati iscritti in Catasto e dotati di

rendita catastale, la base imponibile per la determinazione dell’ICI dovuta in acconto per il 2011 si determina rivalutando del 5% la rendita risultante in Catasto alla data del 1° gennaio 2011 e moltiplicando il risultato così ottenuto per il relativo coefficiente. Eventuali modifiche o variazioni della rendita intervenute in corso d’anno avranno quindi effetto soltanto a partire dal 2012. Con riferimento ai fabbricati “fantasma” individuati nell’ambito della procedura di cui all’art. 2 comma 36 del DL 262/2006 (conv. L. n. 286/2006), l’articolo 2 comma 5-bis del DL n. 225/2010 prevede una particolare decorrenza, in deroga alle vigenti disposizioni, sia per la rendita catastale presunta (attribuita d’ufficio e iscritta transitoriamente in Catasto, ex art. 19 commi 10 e 12 del DL n. 78/2010, in caso di inadempimento di parte entro il termine del 30 aprile 2011), sia per quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva.

LAURA DI PAOLANTONIO COMMERCIALISTA – REVISORE CONTABILE LAURADIPAO@LIBERO.IT


di Errico Recanati Chef Ristorante “ Da Andreina” Loreto (AN).

Pane in carrozza (Antipasto)

INGREDIENTI per 4 persone 4 fette di pane raffermo 4 fette di provola 1 uovo latte quanto basta sale quanto basta olio extra vergine d’oliva quanto basta Ammorbidire il pane immergendolo nel latte. In una scodella battere un uovo col sale. Strizzare leggermente il pane e passarlo nella scodella con l’uovo. Prendere le fette di pane e farcirle con la provola (e con eventuali altri ingredienti a scelta). Friggere le fette così farcite nell’olio portato a temperatura in una padella antiaderente.

Scaloppine di vitello INGREDIENTI per 4 persone 4 fettine di vitello ½ bicchiere di vino bianco farina tipo zero quanto basta olio extra vergine d’oliva quanto basta sale quanto basta 1 spicchio d’aglio Salare le fettine e passarle nella farina

che le dovrà ricoprire leggermente. In una padella antiaderente scaldare l’olio con l’aglio Quando l’olio giunge a temperatura cuocervi le fettine per qualche minuto avendo cura che entrambi i lati siano cotti. A fine cottura versare il vino bianco per sfumare il piatto prolungando ancora qualche secondo la cottura.

di Fabio De Cristofaro Osteria Esprì di Colonnella (TE)

Risotto con fave fave, pomodori secchi e pesto di rucola Ingredienti (per 4 persone) Per il risotto: 280 g. di riso Carnaroli 80 g. di fave sbucciate 30g. di pomodori secchi 2 scalogni 1 lt di brodo vegetale leggero 30 ml di vino bianco 20 g. di burro 40 g. di Parmigiano Reggiano olio extravergine d’oliva q.b. Sale e pepe q.b. Per il pesto alla rucola: 100 g. di rucola lavata e asciugata 30 g. di pinoli olio extravergine d’oliva q.b. ½ spicchio d’aglio privato dell’anima un pizzico di sale 70 g. Parmigiano Reggiano

Per prima cosa preparare il pesto alla rucola riponendo tutti gli ingredienti nel bicchiere del mixer, avendo cura di versare l’olio per ultimo, farlo raffreddare per circa 15 minuti in freezer. Quando il composto sarà diventato molto freddo frullarlo alla massima velocità. Riporre il pesto così coperto di olio e conservarlo in frigorifero. Preparare poi le verdure per il risotto: tritare i pomodori secchi; cuocere le fave in acqua bollente raffreddarle velocemente in acqua e ghiaccio e privarle della pelle; stufare lentamente gli scalogni tritati con un filo d’olio ed un pizzico di sale. Tostare in un tegame di alluminio il riso senza l’aggiunta di grassi, a fuoco basso. Sfumare con il vino bianco, iniziare la cottura a fuoco vivo aggiungendo il brodo vegetale.

A metà cottura aggiungere lo scalogno e i pomodori secchi. A fine cottura togliere il riso dal fuoco, aggiungere le fave e mantecare con burro, Parmigiano Reggiano e un filo d’olio. Aggiustare di sale e pepe e impiattare.






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