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TITOLO T ITOLO V e la riforma che ancora

non c’è

SE CI CREDI CI INVESTI

secondo Tiziana Di Sante



DIRETTORE RESPONSABILE: Direttore Editoriale

Mira Carpineta direzione@primapaginaweb.it Enrico Santarelli direzionemkt@primapaginaweb.it

Editore: Amministrazione: Amministratore delegato: Graphic designer:

44 Febbraio 2014

Supporto grafico: Ufficio vendite:

Via V. Pilotti - Teramo Tel & Fax . 0861. 241974 redazione@primapaginaweb.it Daniela Palantrani Nicola Arletti di Carlo Di Patrizio cell. 328.9727441

STAMPA:

Hanno collaborato:

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[RI]COSTRUIRE si può? Non sembra essere, la città dell’Aquila, l’unico suolo di questa regione da ricostruire. Dalla cima del Gran Sasso al mare sono tante le cose hanno bisogno di un completo restyling. Ricostruire o costruire?

Teramo

COMPLEANNO IMPORTANTE PER IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI TERAMO

Lunga vita a L’Araldo

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di Agela Cacciatore

Abruzzo

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di Antonella Lorenzi

DISTRIBUZIONE

DIDATTICA E INIZIATIVE PER I RAGAZZI Iscritto a:

Una Scuola Amica...

Pegaso distribuzioni

UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

di Clementina Berardocco IMPRESA ASSOCIATA

Interprete di emozioni...

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di Adele Di Feliciantonio

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n. 605 del 14.07.09 n. 20081 2281-5651

La Regione non paga e i sindaci teramani...

Sociale

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Reg. Trib. TE R.O.C ISSN

POLITICA, REGIONE E COMUNI

Clementina Berardocco Arianna Braca Angela Cacciatore Ottavio Caporali Michele Ciliberti Adele Di Feliciantonio Laura Di Paolantonio Angela Fosco Maria Paola Iannella Daniele La Licata Antonella Lorenzi Milena Milone Daniela Palantrani Giada Panetti Alberto Piccinini Anna Piersanti Annamaria Ponziani Fabrizio Primoli Gianfranco Puca Nicola Paolo Rossetti Ennio Salvatori Chiara Santarelli Piero Serroni

“Giocati dal Gioco”

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Omnibus

TITOLO V la riforma...

Denti belli subito di Paolo Rasicci

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L’editore ha compiuto ogni sforzo per contattare gli autori delle immagini. Qualora non fosse riuscito, rimane a disposizione per rimediare alle eventuali omissioni Le informazioni, testi, fotografie non possono essere riprodotte, pubblicate o ridistribuite senza il consenso dei titolari dei diritti.

di Daniele La Licata

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Chiuso il 8 GENNAIO 2014 La responsabilità delle opinioni espresse negli articoli pubblicati è dei singoli autori, da intendersi libera espressione degli stessi. Alcune collaborazioni sono gratuite.

Il gatto e i boli di...

In copertina: “Emancipazione o Emulazione?” (foto free royalty from internet 2014)

di Piero Serroni e Arianna Braca

n. 44 anno 5 - febbraio 2014

Se mio figlio... di Nicola Paolo Rossetti PrimaPagina 44 - Febbraio 2014

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Riceviamo &...

Pubblichiamo

recenti fatti che in questa città hanno avuto come protagonisti i locali dell’ex OVS e alcuni manifestanti, danno occasione anche a me per dire due parole su quanto accaduto, ora che le forze dell’ordine e la magistratura hanno provveduto a liberare gli spazi indebitamente occupati. Chi mi conosce sa che sul tema del Teatro Comunale il sottoscritto non ha mai mancato di esprimere la propria opinione, senz’altro anche un po’ nostalgica, ricordando storia e fasti di quel vecchio, bellissimo edificio, progettato da Nicola Mezucelli, sul quale ho anche avuto modo di scrivere tempo fa. Ragion per cui non posso certo essere accusato di avere scarsa sensibilità sull’argomento. Ho trovato tuttavia stridente e forse anche un po’ fuori luogo l’accostamento dei termini «bellezza» o «cultura» alle saracinesche danneggiate dei locali dell’OVS, alle forti parole, non sempre eleganti, di coloro che si sono autodefiniti «cittadini illustri», alle condizioni in cui è stato ridotto l’immobile occupato, al concetto stesso di occupazione, a quanto avvenuto questa mattina presso il Municipio. Non è questa, a mio parere, la bellezza. Né è questa la cultura. Occupare abusivamente uno spazio altrui, sia esso pubblico o privato, è un reato. E un reato non è meno grave qualora venga commesso in nome della cultura. La cultura non può e non deve essere considerata alla stregua di un paravento utile per darsi una sorta di legittimazione a posteriori di quanto è stato commesso in spregio della legge. Anche io, nel

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mio piccolo, ho fatto cultura in questa Città. Probabilmente in maniera meno eclatante, meno efficace, meno visibile e forse anche meno utile di quanto è stato fatto da coloro che si definiscono «cittadini illustri» e che oggi reclamano con prepotenza spazi da destinare alla cultura. Però l’ho sempre fatto chiedendo il permesso a chi di dovere, pagando le dovute tasse e rispettando termini e condizioni che le norme mi hanno imposto. E così hanno fatto, e continuano a fare, le tante associazioni e i tanti artisti che operano in questa città, fornendo il proprio contributo in maniera lecita e con il cappello in mano. Se ciò che è avvenuto nei locali dell’OVS, se quelle parole offensive, se quelle azioni, quelle sfide all’autorità, quelle gesta arroganti portate fin dentro il Municipio rappresentano il modello di cultura che dev’essere proposto a Teramo, io per primo lo rifiuto. Perché non è questo il mio ideale, né il mio modo di procedere. La cultura non è monopolio degli artisti o dei sedicenti tali. L’estetica, la bellezza, il giudizio etico su di essa, ciò che deve o non deve piacere al pubblico non sono esclusiva spettanza di chi produce arte. L’artista propone, produce, crea. Chi fruisce di questo prodotto è il pubblico, che non è oggetto, né pertinenza, né appendice dell’artista. E che conserva, pertanto, il proprio giudizio e il proprio metro di valutazione. Per questa ragione, a mio modo di vedere, la cultura non deve mai prescindere dal suo più diretto attributo: l’umiltà. Se si vuole far cultura, e la si vuol

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fare davvero, si agisce in maniera rispettosa. Si opera senza clamori. Si crea senza autolodarsi. E si chiede il permesso, bussando alla porta, per entrare in casa d’altri o per utilizzare cose che non sono proprie. Chi ha seguìto le vicende d’attualità sa che io stesso non ho risparmiato qualche critica all’operato delle nostre Amministrazioni su tali problematiche. E sono certo che in passato poteva essere fatto di più e magari anche meglio. Però è altrettanto innegabile che la situazione disastrosa in cui versano le casse di tutti i Comuni, in questo nostro Paese, ha rappresentato un fortissimo vincolo che, di fatto, ha finito per mortificare ogni ulteriore iniziativa dei nostri amministratori in campo culturale. E questo solo uno sprovveduto potrebbe negarlo. Ma Teramo non è soltanto assenza di idee, di progetti o di eventi. I talenti, e questa Città ringraziando Iddio ne ha tanti, sono visibili, per chi ha occhi puliti per ammirarli. Operano incessantemente, senza magari il clamore dell’OVS e senza la presenza di Polizia e Carabinieri a tutela dell’ordine pubblico. Quasi fossero un corollario stesso delle iniziative culturali. A Natale il sottoscritto e altri colleghi del comitato Castello Aperto abbiamo regalato a questa Città, a nostre spese, l’illuminazione del Castello Della Monica. Evento mai realizzato prima a Teramo. E l’abbiamo fatto senza clamori, senza pretendere, senza definirci «illustri». Da perfetti e anonimi sconosciuti quali siamo. E abbiamo acceso quel complesso monumentale non meritando, né chiedendo prime pagine, interviste, edizioni speciali o spazi riservati. Senza gridare, senza telecamere e senza striscioni. Ma sottoponendo la nostra realizzazione al giudizio dei teramani, perché a loro e solo a loro l’arte dev’essere rivolta. Questo è fare cultura, a mio modo di vedere. L’autoreferenzialità non può avere cittadinanza in questo settore. Anche nel piccolo si può fare del bene. Anche nel silenzio, nell’umiltà e lontano da slogan o occupazioni si può produrre arte. Le associazioni e i tanti artisti che lavorano in silenzio, pagando i dovuti tributi e chiedendo le prescritte autorizzazioni non sono meno validi di altri. Rispettare la legge e le persone, mettendo da parte toni e modi da stadio, non rende meno pregevole l’arte. La cultura non ha bisogno di urlare, né di violare le leggi, né di pretendere le prime pagine. Ha bisogno soltanto di occhi che guardino e di orecchie che ascoltino. Il cuore lo si conquista così. Fabrizio Primoli


di Mira Carpineta Editoriale

PAROLE DOUBLE FACE

a Programmazione NeuroLinguistica è una tecnica di comunicazione studiata, elaborata e applicata per comunicare in modo efficace. Già, ma per chi? Per chi porta a casa il risultato, ovviamente. Così da quando è scoppiata la”moda” della PNL assistiamo a virtuosismi linguistici che producono uno spreco biblico di parole, scritte o parlate che dicono tutto e il contrario di tutto. Ad esempio Renzi: che ripete incessantemente il suo appoggio al governo Letta e poi altrettanto incessantemente minaccia la sua sopravvivenza. La stessa parola a volte può essere usata a supporto di tesi diametricalmente opposte. Questo è il caso dei “grillini” che accusano la Boldrini di attentato alla

democrazia e poi usano l’ostruzionismo estremo (per usare un eufemismo) per impedirne appunto l’attuazione. Poi ci sono i giudici, che se indagano troppo “puntualmente” sono politicizzati, se invece non indagano, sono “distratti” (sempre eufemisticamente). Così abbiamo imparato che dietro ogni parola c’è un mondo di opzioni e di interpretazioni e ognuno si sceglie la versione più efficace (per sé, naturalmente) e si conclude con un “ma io lo avevo detto”. Ora ci aspettiamo che Casini, dopo aver deciso, per l’ennesima volta, da che parte stare, ci spieghi in che modo e in che occasione ci aveva preannunziato il suo ritorno tra “le braccia” della destra(leggi Berlusconi), ammesso che le avesse mai abbandonate.

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EMANCIPAZIONE O EMULAZIONE? La “vittoria di Pirro” delle (pseudo) pari opportunità di Milena Milone psicologa

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sempre stato difficile per le donne scrivere di se stesse, dei loro problemi, della loro storia invisibile e sottaciuta. In questa epoca le difficoltà si sono addirittura moltiplicate perché il mondo femminile convinto, a torto, di aver ottenuto la tanto agognata emancipazione,spesso rifiuta di prendere visione di tutto il cammino che ancora si deve percorrere affinché la evidente, duratura minorità del suo genere lasci il posto ad una società dove anche alle donne vengano riconosciuti diritti, capacità, potere decisionale, indipendenza, giustizia, e così via. D’altra parte il mondo maschile, tranne alcune ovvie eccezioni, continua a vedere gli sforzi del presunto secondo sesso alla stregua di esercizi inutili, fastidiosi, pretestuosi ed estranei a tutto ciò che realmente conta nel mondo. In realtà, i cambiamenti relativi alle conquiste sociali delle donne sono davvero poca cosa, la riflessione nasce dal fatto che il progresso ha coinvolto ogni ambito del vivere della specie


umana, dunque è evidente che anche il comportamento del mondo femminile, statico per millenni, abbia avuto, a sua volta una certa accelerazione, ma il divario tra il potere del maschio e quello della femmina è sempre uguale, se non è addirittura aumentato. Il concetto di emancipazione della donna ha confuso le idee a molti. Si emancipano coloro che sono minori o soggetti ad altri: la maggiore età emancipa i ragazzi,oppure emancipa gli schiavi che evolvono da uno stato di servitù ad uno di libertà e questi passaggi hanno la caratteristica di arricchire colui che ne beneficia, ma la donna, la cui presunta inferiorità è puramente culturale , nel processo di emancipazione, dovrebbe

ldivariotra il potere delmaschio e quello dellafemmina è sempreuguale, se nonèaddirittura aumentato cancellare ogni sua valenza per tentare di abbracciare in toto mentalità e cultura maschili ottenendo così la classica vittoria di Pirro.Tale cambiamento non può definirsi migliorativo dei vissuti femminili e i risultati di questo processo sono già evidenti giacché non esiste donna detentrice di un potere significativo che si adoperi seriamente per alleggerire i disagi sofferti da chi appartiene al suo stesso genere. Dall’istituto delle “pari opportunità” ovviamente gestito da donne, per esempio, ci si aspetterebbe di ricevere solidarietà di genere, risoluzioni certe ai vari stati di difficoltà nei quali molte donne si dibattono, ma ciò non succede e la ragione sta nel fatto che chi detiene il potere è maschio oppure ne fa le veci. La cultura dominante, il mito lo conferma, si basa da sempre, attraverso le guerre, sulla conquista del territorio altrui e sull’accaparramento di beni materiali, due costanti che conducono ad un solo vertice: il potere. La società umana, dunque, in ogni epoca e latitudine è stata ed è di matrice fallocratica. Si può forse dire che le femmine emulando il comportamento maschile otterrebbero una sorta di emancipazione? Esse, invece, si avviano a perdere le preziose ed insostituibili valenze del loro sesso e senza accorgersene rischiano di diventare davvero seconde rispetto a coloro che non hanno ragioni per definirsi primi.

L’altro Punto di vista

DIGNITÀ E COERENZA ILLUSTRI SCONOSCIUTE di Daniela Palantrani

a sempre, come ha rimarcato Pirandello, le verità sono tante quante sono gli osservatori. Ognuno ha una prospettiva e vede una parte di verità. Esiste la verità in assoluto? Esiste un’unica versione di dignità? Per definizione la dignità è “la condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La dignità piena e non graduabile di ogni essere umano, ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della dignità umana”. Secondo Tommaso d’Aquino, quindi secondo la concezione cristiana, la dignità dell’essere umano sta nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio e nella sua capacità di fare le proprie scelte in continua tensione etica verso Dio. Per I. Kant, invece, risiede nel suo essere razionale e capace di vita morale, così da agire sempre “in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e mai solo come mezzo”. La costante delle diverse definizioni, cristiane o pagane, sta nella coerenza. Non sta a noi giudicare, ma per assurdo ed

estrema esemplificazione ha più dignità una “donna di strada” che ammette di esercitare il mestiere più antico del mondo anziché i nostri politici che si “prostituiscono” al potere, al denaro ma poi, quotidianamente, rivendicano rispetto e restituzione della dignità. E’ legittimo scegliere di diventare un personaggio pubblico, candidarsi alle elezioni, di ogni livello, ma poi bisogna accetta-

Nonsta a noi giudicare,ma per assurdo edestrema esemplificazione ha piùdignità....

re le implicazioni che comporta l’essere un personaggio pubblico, ancor più se trattasi di posizione di vertice. Ma dichiarare di essere diversi e voler cambiare il sistema, e poi lasciarsi travolgere senza ammettere i propri errori che senso ha? Si, forse è solo retorica o semplice banalità. Un classico per noi Italiani. In ogni altra parte del mondo quando “scoppia uno scandalo” ci si dimette e poi si chiarisce; da noi si grida “al lupo al lupo” e ci si tiene stretta la poltrona. Del resto Berlusconi docet.

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SE CI CREDI CI INVESTI Famiglia, cultura e regole chiare, le sfide da superare secondo Tiziana Di Sante

di Mira Carpineta

mprenditrice di seconda generazione, ha usato “un’importante chiave di accesso” (sono le sue parole) ad un mondo ancora caratterizzato da un’egemonia maschile soprattutto nel nostro territorio, per studiare, e sviluppare le risorse dell’imprenditorialità femminile. Il suo motto è “se ci credi, ci investi” e Tiziana Di Sante crede fortemente nel valore della famiglia e della cultura. Presidente del Comitato per la promozione dell’Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Teramo , ha ricevuto (insieme ai fratelli Marcello e Attilio-ndr),lo scorso mese di dicembre, il Premio “Fedeltà al lavoro e al Progresso economico” proprio dalla

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Camera Di Commercio di Teramo. Condivide con i suoi fratelli la gestione della storica azienda di famiglia ma trova nella sua storia “ tante situazioni che oggi sono oggetto di studi

Nonsarà facile rimettere ordine e ci vorrà qualche anno... da parte di psicologi e economisti”. Quali? “Molto spesso – esordisce - le donne imprenditrici sono figlie di imprenditori e questo

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ha costituito una chiave di accesso molto importante. Studi universitari hanno dimostrato che, soprattutto nel recente passato, i figli maschi, destinati a guidare le imprese familiari, venivano mandati a studiare economia in scuole prestigiose o all’estero, ma poi non tornavano a casa, perché le piccole imprese che avevano lasciato, non erano paragonabili al mondo che avevano conosciuto e quindi erano le figlie, rimaste, e magari semplicemente diplomate, ad ereditare la gestione dell’azienda di famiglia. Questa familiarità , il respirare l’aria dell’azienda, ha fatto si che molte competenze passassero in modo naturale, così come gli orari di lavoro, che diventano abitudini per tutto il nu-


cleo familiare, e la famiglia si modella su quegli orari”. Il tempo infatti è un argomento importante. Dati del 2009, sull’imprenditorialità femminile dimostrano che alla domanda <come mai ha scelto di diventare imprenditrice>, la maggior parte delle intervistate ha dichiarato che ciò è stato possibile solo con il sostegno della famiglia”. E’ la famiglia, secondo Tiziana, il cardine, il punto focale dove molte dinamiche economiche e sociali si sviluppano ed evolvono, Per questo è di vitale importanza che gli sia data l’attenzione e il supporto che necessita e merita. Ma c’è uno stile femminile di fare impresa? “Da questo stesso studio è emerso che le imprenditrici sono molto più aperte alla delega e alla trasmissione dei saperi, sono empatiche, portate a comporre i disagi e i contrasti, all’ascolto, attente all’ambiente e si identificano molto con l’impresa, il volto di un impresa coincide con quello della sua titolare. La capacità di trasmettere le competenze è di grande utilità nel mondo dell’economia perché “alleva “altre imprenditrici, vuoi perché si pensa che se domani <non posso essere in azienda ci deve essere qualcun altro che la manda avanti> e anche per l’innata vocazione all’educazione dei figli”. In effetti, la micro imprenditorialità femminile ha costituito un importante elemento, in questi anni di crisi, per la sopravvivenza e il sostentamento delle famiglie e di fatto ha sorretto l’economia perché molte donne si sono reinventate dei lavori manuali, artigianali conciliando esigenza e creatività. “La capacità di reinventarsi non è solo nella micro impresa – continua Tiziana- Dopo il crollo della borsa in America, un’indagine di psicologi del lavoro ha evidenziato che nelle aziende in cui i ruoli di dirigenza erano affidati sia a uomini che a donne, l’impatto del crollo era stato meno violento. In virtù di uno stile imprenditoriale più prudente. Questi studi hanno dimostrato che le donne sono meno portate al rischio e questo per un fatto essenzialmente culturale: tradizionalmente, infatti i destini economici di una famiglia difficilmente sono affidati a una donna , quindi la prudenza femminile ha mitigato la spinta “testosteronica” e portato a fare scelte più equilibrate e prudenti. Non si tratta semplicisticamente di “cacciare gli uomini per far posto alle donne”, quanto di utilizzare al meglio le rispettive risorse. Oggi infatti in molte aziende si comincia a parlare di “matrimoni d’ufficio”, cioè mettere insieme impiegati di entrambi i sessi affinchè si creino equilibri e interazioni che giovano al lavoro”. Questi principi sono applicabili a Teramo, nella nostra economia locale? “Penso di sì, nel momento in cui si fa spazio alla cul-

tura: non c’è rivoluzione politica o economica che non nasca dalla famiglia o dalla scuola”. Non trova che Teramo, invece, stia attraversando un periodo di scarsa attenzione alla cultura? “Trovo che l’Italia, il mondo intero, stia attraversando un momento culturalmente molto difficile, ma penso anche che il primo dovere ce l’abbiamo noi adulti, come educatori, genitori e insegnanti, nella misura in cui trasmettiamo ai nostri figli che il sapere è la ricchezza più grande e che nessuno può rubarcelo. Forse la fragilità di tanti giovani dipende proprio dalla mancanza di queste conoscenze”. È finita secondo lei l’epoca della finanza creativa? Non sarà facile rimettere ordine e ci vorrà qualche anno prima che gli effetti

di questa crisi si esauriscano, ma spero che la lezione sia stata appresa. Per fare impresa in modo sano è necessario che le regole siano semplici e trasparenti, rigide ma chiare per tutti. Oggi è molto difficile , sono talmente tante che c’è persino la normativa che spiega la normativa . Bisogna ricominciare a lavorare sul concetto di legalità, perché forse ne abbiamo perso il senso, a volte si commette illegalità senza averne percezione. Per questo è importante la conoscenza, la cultura, il rispetto, le opportunità. Il nucleo fondante della società rimane la famiglia. Se la famiglia è sana anche la società lo è. Non è sufficiente dire <lo voglio> è necessario che sia supportata, sostenuta. E se si crede in qualcosa bisogna investirci”.

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LUNGA VITA A L’ARALDO di Angela Cacciatore

isale all’11 ottobre 2013 la notizia che la crisi del settore editoriale ha colpito anche l’Araldo Abruzzese, che è prossimo a compiere 110 anni. La crisi dovuta alla riduzione della vendita degli spazi pubblicitari e ai diminuiti introiti derivanti dagli abbonamenti, ha portato il giornale a rivedere il Piano editoriale, interrompendo il rapporto con le due dipendenti. Clamorose anche le dimissioni del direttore Gino Mecca, che però - ha tenuto a precisare- non sono state dettate dalla crisi ma da necessità personali. Tutto ciò ha portato a parlare di chiusura definitiva del settimanale. Ma così non è stato perché

è del 13 ottobre 2013 la notizia che dal mese di novembre successivo sarebbero riprese le pubblicazioni con l’arrivo di un nuovo direttore, nella persona di Salvatore

Dico spesso aimiei collaboratoriche dobbiamoincentivare, attraverso la notizia, lariflessione,affinché ciascunlettore possa essere libero nelle scelte

C.S.I. compleanno con

PAPA FRANCESCO rande appuntamento per celebrare i 70 anni del CSI (Centro Sportivo Italiano). Il Santo Padre, Papa Francesco, in Piazza San Pietro a Roma accoglierà il 7 Giugno prossimo tutte le società sportive affiliate e non in un incontro che si preannuncia evento sportivo dell’anno. L’opportunità è data dal Comitato Regionale del CSI che, grazie alla collaborazione dei Comitati Territoriali, coordinerà la visita delle società della regione. Sarà un momento di grande partecipazione e gioia da dividere con il Pontefice. Le società interessate potranno usufrui-

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re di pullman messi a disposizione dal Comitato Regionale del CSI che partiranno da ogni territorio della Regione. Per sopperire alle spese organizzative, è stato stabilito un contributo a persona di 25,00 euro che comprende anche la consegna di gadget a ciascun partecipante. Le prenotazioni, dei gruppi o dei singoli atleti, potranno essere effettuate attraverso un’area accessibile sul sito istituzionale www.csiabruzzo.it fino al raggiungimento dei posti disponibili. Il CSI invita tutti gli sportivi a prendere parte all’evento del 7 Giugno per non mancare all’appuntamento più importante dell’anno.

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Coccia, che collabora col settimanale della Curia dal 1974. Dott. Coccia adesso che c’è lei alla guida dell’Araldo come proseguirà il percorso intrapreso dal suo predecessore? Certamente il percorso si presenta accidentato perché le difficoltà, in particolar modo di carattere economico, sono state tante e tuttora permangono, infatti il giornale da novembre ha ripreso le pubblicazioni ma con otto pagine e non più sedici e la struttura dei collaboratori è fatta interamente di volontari. Tutto ciò perchè il numero degli abbonati è sceso e i costi della carta stampata sono aumentati. Abbiamo ripreso perché sostenuti da un consenso unanime, considerato il carattere storico della testata, che quest’anno


compie 110 anni, e rappresenta per me un vincolo morale la prosecuzione dell’attività. Nonostante diversi altri impegni da portare avanti gli dedico tutto il tempo possibile. Ma l’incarico che lei svolge ha carattere di volontariato? Sì, perché l’Araldo non è una testata come tante altre, ma si qualifica con una sua specifica identità cattolica e diocesana. Questo non significa che sia una testata esclusiva, anzi vuole essere il più possibile inclusiva ed inserirsi nel contesto sociale, dando informazione a pieno titolo. Il volontariato è un servizio che un cristiano deve svolgere e non c’è nulla di più gratificante del fare informazione, specialmente se la si svolge in maniera corretta. Quali sono gli obiettivi etici? Cerchiamo di qualificare l’araldo non come il settimanale che dà le notizie sic et simpliciter. Dico spesso ai miei collaboratori che dobbiamo incentivare, attraverso la notizia, la riflessione, affinché ciascun lettore possa essere libero nelle scelte, che devono essere operate con spirito critico. Chiunque fa informazione esercita un certo condizionamento, noi cerchiamo di lasciare al lettore lo spazio di riflessione che deve essere il presupposto di una scelta libera e responsabile. Oggi il problema più grande è che si sta andando verso l’omologazione delle coscienze che non aiuta la persona a crescere. Vi proponete da guida per il cristiano? Noi non ci proponiamo di guidare nessuno, ci rivolgiamo indistintamente a tutti quelli di buona volontà che credono nella crescita della persona umana e nella sua dignità. I nostri giornalisti devono avere questo obiettivo prioritario. Non è neanche immaginabile di calpestare una persona per mezzo della notizia o avere la presunzione di giudicare prima che lo facciano i tribunali. Vi ponete dunque in una posizione garantista? Non direi garantista ma piuttosto aperta. Nel vostro giornale curate una rubrica sul sociale? Sì, ci proponiamo di dare voce a chi non ha voce. Non del sociale genericamente inteso, ma curiamo delle tematiche in particolare: il mondo del lavoro, la famiglia, i portatori di handicap, i malati, i carcerati, ecc. Credo che sfogliando le copie da novembre ad oggi si può avere una chiara testimonianza di quello che abbiamo cercato di fare, pur con tutti i nostri limiti, perchè non ho a disposizione una squadra di giornalisti in redazione a cui affidare specifici incarichi, come tutti gli altri giornali commerciali, ma

devo cercare di stimolare in qualche modo la collaborazione e di responsabilizzare il più possibile i miei giornalisti. E come pensate di trattare o avete trattato il tema della povertà, con particolare riferimento alla città di Teramo? Qualche settimana fa prendendo spunto dai dati della Caritas nazionale, abbiamo riportato anche i dati della Caritas diocesana e sono venute fuori delle realtà sconcertanti Ci

Chiunque fa informazione esercita uncerto condizionamento,noi cerchiamo dilasciare allettore lo spazio di riflessione... proponiamo di stimolare la politica a prendere coscienza e ad agire di conseguenza. La Caritas sembrerebbe l’unico punto di riferimento per i poveri e da sola non credo che ce la possa fare. Lei che ne pensa? Sì, si trova in forte difficoltà, anche perché

la Caritas, come le altre associazioni di volontariato, vive dei contributi dei cittadini. Le istituzioni sembrano restare indifferenti. La politica dovrebbe agire ma non lo fa. E dell’inserimento di un reddito minimo garantito per le persone che si trovano in uno stato di oggettivo bisogno, che ne pensa? Credo che in un momento così drammatico il reddito minimo sia una soluzione, ma solo momentanea. Bisogna ricostruire un assetto che restituisca dignità alla persona. E la persona riacquista la dignità lavorando. Le prime domande che poniamo quando conosciamo qualcuno è il suo nome e che lavoro svolge. Quando ci viene risposto che non si svolge alcun lavoro o che si è perso il lavoro, vuol dire che la dignità di quella persona è stata calpestata. E voi parlerete di questo? È uno dei nostri obiettivi prioritari. Cerchiamo di evitare la notizia scoop, che è un’esclusiva del quotidiano. Il settimanale deve dare la notizia in quanto sotto la notizia è celato un problema e quando il problema è l’uomo e la sua dignità, diviene un problema universale. Una delle evidenze negative è che tante problematiche vengono sollevate, ma dopo un po’ la notizia muore e con essa la sensibilizzazione, che è il presupposto dell’azione.

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LA REGIONE NON PAGA E I SINDACI TERAMANI FANNO CAUSA

di Antonella Lorenzi

olo grazie ad un’azione legale l’Ambito Sociale Tordino riuscira’ ad ottenere dalla Regione Abruzzo le somme parziali dovute per le annualita’ 20092010-2011. Ma rimangono ancora da incassare le somme per le annualita’ 2012-2013 che la Regione ancora non versa all’Ambito Sociale pur avendole riconosciute con delibere di copertura spesa conseguenti alla validazione dei progetti e dei piani presentati dallo stesso Ambito.” Noi protestiamo con energia per questo modo di fare – dicono all’unisono Gabriele Filipponi, sindaco facente funzione di Giulianova, Orazio Di Marcello e Mario Di Pietro, primi cittadini di Mosciano Sant’ Angelo e di Bellante - Per recuperare una parte delle ingenti somme di cui siamo

creditori, siamo stati costretti ad intentare un’azione legale. La Regione non sta onorando i propri impegni, e questo sta determinando una situazione di forte sofferenza per l’Ambito Sociale. Per pagare i fornitori e il personale delle cooperative, che sono centinaia e tirano avanti con stipendi davvero modesti, siamo arrivati alle anticipazioni di cassa. Ma evidentemente questa misura limite non puo’ essere sufficiente. Alla Regione devono rendersi conto che e’ in gioco la dignita’ dei lavoratori e l’importanza delle prestazioni erogate. Gli impegni, quando vengono presi, poi devono essere mantenuti. E’ nostro auspicio che non si debba ricorrere ad un decreto ingiuntivo per ottenere le somme per le annualita’ 2012-2013 che la Regione ci deve ancora” hanno dichiarato i sindaci all’unisono.

L’ultimo saluto

all’atleta poliziotto di Antonella Lorenzi

irio Silvino, 38 anni, campione di sollevamento pesi ed erede dell’olimpionico Anselmo, era in sella a uno scooter che è finito contro un bus al Portuense. Si chiude così il mese di gennaio, con un lutto per la polizia teramana e la pesistica italiana. Un tragico indicente stradale a Roma in cui perde la vita il poliziotto in servizio all’Autoparco della polizia di Stato figlio dell’olimpionico della pesistica Anselmo, e fratello di Giulio, agente della squadra mobile di Teramo. Era in sella alla sua moto Honda 4 cilindri (del 1976) che poco dopo

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la mezzanotte si è schiantato contro un autobus dell’Atac al Portuense. Europeo giovanile del sollevamento pesi, più volte sul podio a livello nazionale e nei meeting internazionali, Sirio Silvino aveva scelto la carriera in Polizia di Stato come il fratello maggiore Giulio.

Untragico indicente stradale a Roma in cuiperde la vita il poliziotto inservizio


A Scienze della Comunicazione

l’allievo di Umberto Eco

di Angela Fosco

il professor Stefano Traini il nuovo preside di Scienze della Comunicazione. Allievo di Umberto Eco, sostituisce il professor Luigi Burroni (trasferitosi ad altra università) alla guida della facoltà teramana per i prossimi tre anni accademici. Stefano Traini, già docente di Semiotica, è stato eletto quasi all’unanimità ( una sola scheda bianca. Professore associato di Semiotica alla Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università degli Studi di Teramo, vi insegna Semiotica e Semiotica e pubblicità. Si è laureato all’Università di Bologna, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Semiotica sotto la direzione di Umberto Eco.

Ha insegnato all’Università di Bologna, all’Università di Modena e Reggio Emilia, allo IULM di Milano e all’ISIA di Firenze. Ha partecipato a ricerche per enti pubblici e privati come la Fiat, la Fondazione Sigmatau, Mediaset e la Rai. È membro del Collegio del Dottorato in Semiotica dell’Università degli Studi di Bologna. Ha pubblicato saggi e articoli di semiotica e sulla didattica della scrittura nonchè i volumi: “La connotazione”, “Le due vie della semiotica. Teorie strutturali e interpretative”; “Semiotica della comunicazione pubblicitaria. Discorsi, marche, pratiche, consumi”; “Le basi della semiotica”.Attualmente la sua ricerca si concentra sugli aspetti teorici della metodologia semiotica

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FINALMENTE SPOSI! A Pineto il primo matrimonio gay d’Abruzzo di Antonella Lorenzi

rlando Dello Russo (68 anni) e Bruno Di Febbo (73 anni), la coppia gay più longeva d’Italia, residente a Pineto, in provincia di Teramo, si è finalmente sposata dopo 49 anni di convivenza. Tutto il rito ha seguito il copione tradizionale con i testimoni di nozze, le fedi sul cuscinetto, gli addobbi floreali, i confetti di color arcobaleno, chierichetti, paggetti, incenso, musica ecclesiale, lancio di petali, e alla fine lo scambio di baci tra gli sposi.

TERAMO

Muore al Pronto Soccorso dopo 5 ore di attesa di Angela Fosco

ra arrivato al Pronto Soccorso dell’ospedale di Teramo accusando alcuni dolori. Gli viene affidato il codice Giallo e per circa 5 ore, un settantreenne ha atteso sulla barella di essere sottoposto alle indagini mediche. Un paramedico che si era avvicinato pensando che dormisse scopre che in realtà era già deceduto. Due le inchieste aperte per accertare i fatti: quella della magistratura e della stessa ASL . «Ho disposto l’immediata verifica dei fatti, ora in corso - spiega il direttore generale della Asl di Teramo,

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Paolo Rolleri - da parte del primario di pronto soccorso con il personale sanitario presente al momento dell’arrivo del paziente e dopo il decesso. Se si dovessero verificare anomalie legate a responsabilita’ o negligenze sara’ mia cura intervenire con decisione e senza esitazione. Il fatto che il medico di turno abbia chiesto lui stesso l’autopsia, dimostra che qualcosa di strano deve essere accaduto al paziente». L’autopsia e le eventuali altre perizie dovrebbero chiarire la causa della morte e permettere di capire se e in che misura vi siano responsabilità dei sanitari.

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La sala dell’albergo “Parco degli Ulivi” di Scerne è stata addobbata per l’occasione come una vera e propria chiesa con tanto di altare e celebrante con i paramenti. E a celebrare c’era un prete: non un cattolico ma un sacerdote della Chiesa cattolica ecumenica, che si definisce indipendente dalla cattolica Romana ed è nata negli Stati Uniti a Santa Ana, California nel 1987 e dal 2013 si è diffusa anche in Italia. Insomma, quasi tutto nella norma, compresa la fatidica frase: “Io Bruno accolgo te Orlando come mio sposo e prometto di esserti fedele sempre…”



FocusON [RI]COSTRUIRE SI PUÒ?

on sembra essere, la città dell’Aquila, l’unico suolo di questa regione da ricostruire. Dalla cima del Gran Sasso al mare sono tante le cose hanno bisogno di un completo restyling. Ricostruire o costruire? Questo è il dilemma. Continuare a coprire “con una mano di bianco” continuando a “nascondere la polvere sotto il tappeto” oppure ideare un nuovo progetto, ripensare criteri, cambiare obiettivo e soprattutto cambiare i metodi usati finora? Dall’edilizia alla politica, dall’economia alla cultura, l’Aquila diventa una metafora per riflettere su quello che si deve ricostruire o costruire ex novo in questa regione e non solo. Da quel 6 aprile del 2009 è passato tanto tempo, eppure la città è ancora ostaggio di impalcature e travi che sorreggono quello che rimase in piedi. Mesi e anni di lotte, discussioni, contrasti, burocrazie che hanno cristallizzato gli effetti devastanti di quella notte terribile. All’incubo si aggiunge altro incubo: lo spettro della mafia sulla ricostruzione. Indagini che portano alla luce inquietanti colloqui telefonici. C’è chi ride durante quelle terribili ore pensando alla “fortuna” di dover ricostruire un’intera città e chi si prepara a “fare qualche omaggio” ai decisori di turno che dovranno gestire gli appalti. L’Aquila si trova così davvero in “prima pagina” per lo scandalo della corruzione, ma gli aquilani non ci stanno. Non sono proprio d’accordo a fare massa con la parte più sporca è vero, ma sempre una minoranza. Non sono disposti a passare, agli occhi dell’Italia intera come una popolazione di concussi e concussori. Non dopo quello che hanno vissuto e che continuano a vivere, giorno dopo giorno, da 5 anni a questa parte, ricostruendo la loro città, lentamente ma inesorabilmente nonostante l’assenza di azione di coloro che avrebbero dovuto tutelare i loro interessi. I contrasti tra le parti politiche hanno segnato la cronaca di questi anni. Certo qualcosa è stato fatto, ma quello che ancora c’è da fare è molto, molto di più. Perché oltre che ricostruire una città bisognerebbe costruire una nuova cultura, nella politica, nell’economia e naturalmente nell’edilizia.

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FocusON [RI]COSTRUIRE SI PUÒ? capace di scatenare grandi passioni il sindaco dell’Aquila. Lo si ama o lo si odia senza mezze misure. I suoi avversari lo hanno definito “dimissionario seriale” per le sue clamorose decisioni puntualmente ritirate “perché i miei compagni di partito lo hanno fortemente voluto” ha dichiarato nella conferenza stampa in cui annunciava appunto di essere tornato a indossare la fascia tricolore. “Ho avuto il sostegno unanime della mia squadra e questo mi basta”. Ma cosa dice dei dimostranti che nello stesso tempo in piazza contestavano il suo rientro in municipio? “Erano davvero poche le voci di dissenso, paragonate ai consensi che mi sono stati dimostrati”. La notizia dell’avviso di garanzia al suo vice Riga, aveva scatenato “un’ira di Dio, contro di me e perfino la mia famiglia – spiega Cialente – pensavo che le mie dimissioni avrebbero concentrato gli attacchi solo su di me e non sulla città e i cittadini aquilani. Ma non è stato così. Gli articoli sul Sole24ore hanno scatenato l’inferno, dando l’immagine di una città di ladri in cui la ricostruzione è frutto di furti. Cosa e come fare per difendere l’immagine dell’Aquila e riconquistare la fiducia degli italiani? Quando la mia maggioranza si è ricompattata ho nominato un magistrato, Trifuoggi, una persona che ha lavorato qui per 45 anni e che conosce bene il territorio, proprio come garante della migliore espressione dell’aquilanità”. Ma i suoi rapporti con la politica regionale e nazionale non sono mai stati tranquilli. Prima con Chiodi, poi con Trigilia, Cialente ha sempre avuto un dialogo acceso: “gli scontri nascono dalla mia visione della gestione post terremoto. Io sono convinto che siano necessarie delle regole certe, chiare. Ma fare le regole è complicato. Trigilia voleva quasi licenziarmi e Chiodi voleva affiancarmi un vice commissario.

MASSIMO CIALENTE

Il Forrest Gump della Politica Aquilana di Mira Carpineta

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Alla fine invece il governo Berlusconi, tramite Gianni Lette mi fece le sue scuse” E quali sono queste regole così strenuamente richieste? “per esempio, fissare un tetto agli incarichi dei progettisti e alle imprese in base ai loro fatturati. Finora siamo andati avanti con i tempi che ci venivano dettati da loro. Quanti incarichi può avereun progettista? 20, 30? Se un’impresa ha un fatturato storico di 10 milioni di euro, può prendere commesse per 200 milioni? Può voler dire che ha scommesso su una ricostruzione piuttosto lunga. In tre anni può portare avanti due, tre cantieri. Quando a scegliere è un privato ma i soldi sono pubblici, quali sono le garanzie? Come dice Barca apriamo le 5 buste, ma un minimo di verbale va fatto o no? Lo dice il Consiglio di

Erano davvero poche le vocididissenso, paragonate ai consensiche misono statidimostrati

stato. Ecco io credo che al centro degli attacchi ci sia proprio questa richiesta di regole” . E per dar forza a queste domande il sindaco non esita a minacciare dimissioni, a restituire la fascia e le bandiere, mentre dall’altra parte il ministro Trigilia si lascia andare ad altrettanto teatrali invettive dichiarando che il “ministero non è un bancomat” salvo poi confermare nella sua relazione al parlamento, una necessità di spesa per la ricostruzione che rispecchia in linea di massima quanto stimato dall’amministrazione Cialente e il sindaco non può che esserne compiaciuto. Un modo di fare politica “sui generis”, ma è davvero efficace? “Il sono un Forrest Gump della politica – conclude Cialente – perché ne ho un’idea diversa. Per me che mi definisco un catto-comunista, è un servizio.Anzi Paolo VI la definiva il più grande atto di carità. Un volontariato che esclude i vantaggi personali. D’altra parte il Sole24ore mi ha definito anche “il sindaco squattrinato” , ed è vero. Io sono un uomo libero e dico quello che penso. Esco fuori dal coro e rischio spesso di finire in una rissa, ma questo non è un paese per gente tranquilla. Forse ho fatto degli errori politici, forse potevo fare di più. Sicuramente ho rotto <le scatole>, ma non riesco proprio a scendere a compromessi”.


[RI]COSTRUIRE SI PUÒ? FocusON orse si continueranno a vedere scandali all’Aquila ma è bene tenere a mente che nel “Cantiere più grande d’Europa” si sono ovviamente concentrati gli appetiti dei politici corrotti e delle mafie, mali con i quali il nostro Paese si confronta da tempo immemore, in maniera importante dove c’è movimento terra. Ma subito va fatta una debita precisazione: L’Aquila non è il politico di turno che lì ha deciso di sporcarsi le mani, né l’Istituzione colpevole, nazionale o locale. L’Aquila queste entità le ha subite e le subisce, né più né meno del resto del Paese. Dopo essere andati a “godersi il capeggio” e a “divertirsi negli alberghi al mare” gli aquilani si sono ritrovati gente in casa ( si fa per dire…) che sguazzava nei miliardi dell’emergenza. Ma tutto è avvenuto secondo la legge. Anzi, le leggi. E si, perché L’Aquila è stata toccata dal miracolo di 1115 disposizioni: 5 leggi speciali, 73 Ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 25 atti delle Strutture di gestione dell’emergenza, 21 direttive del Commissario Vicario, 51 atti della Struttura Tecnica di Missione, 152 Decreti del Commissario delegato, 62 provvedimenti della Protezione Civile, 720 Ordinanze del Comune, solo la scheda parametrica atto di richiesta dell contributo per ricostruire la casa) conta 140 pagine più allegati.Tante leggi poca legge… e nel caos il furbo ci sguazza e quello per bene ci affoga. Per non contare quanti soldi in meno deve tirare fuori lo Stato se a ricostruire sono in pochi: cosa sarebbe accaduto se gli aquilani avessero avuto modo di rifare subito le proprie case e quindi avessero chiesto il contributo nel giro di uno, due o tre anni? Da dove avrebbe potuto prendere i soldi per i suoi Figli (70mila sfollati) un Governo così buon padre di famiglia? Certo è che, in una città nella quale è tradizione farsi la casa con le proprie mani, risulta quanto mai singolare che financo le riparazioni abbiano atteso due o tre anni. Steda (Veneto), Mazzi (Verona), Consta (Padova) sono alcune delle imprese “mordi e fuggi”, e sono sigle forestiere: non c’è un aquilano tra le imprese che hanno preso cantieri esibendo grandi fatturati e squagliandosi poi nei concordati preventivi. Gli aquilani hanno incassato solo i mancati pagamenti ai fornitori e alle imprese locali in subappalto, con evidenti perdite di risorse e posti di lavoro. Tutto,

leggi permettendo. Le porte puntellate a colpi di 1100 euro l’una (questo il costo di un uscio da 44 snodi e relativi tubi, nel palazzo di fronte a San Pietro) per una media di 80mila euro per una casa ingabbiata ma di nessun valore (Roio); lo scandalo dei “cessi chimici”: 34 milioni di euro per la gestione dei bagni chimici nelle tendopoli; la vergogna del rendiconto per il G8 spostato dalla Maddalena all’Aquila: solo un dato approssimativo, ma che dà l’idea, sono i 660 mila euro per cancelleria, posaceneri, noleggio tv e… megafoni… Anche in tutto questo non c’è traccia di aquilani.

Il business e il malaffare non sono aquilani, colpa dei politici L’ALTRA FACCIA DELLA RICOSTRUZIONE:

QUELLA DI CHI LAVORA di Maria Paola Iannella Direttore Responsabile AGEA, Agenzia giornalistica economica d’abruzzo PrimaPagina 44 - Febbraio 2014

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FocusON [RI]COSTRUIRE SI PUÒ? tirare le somme, emerge che tra gli autori o portatori del malaffare ci sono stati politici ignobili e istituzioni ignave, non cittadini e imprese locali. Nel groviglio di tubi e leggine, L’Aquila per bene si organizza e fa da sé. Un esempio per tutti è Officina L’Aquila 2014: nata da un’iniziativa imprenditoriale del IV Salone della ricostruzione (3/5 aprile 2014) di Carsa srl e forte del sostegno dell’Ance Abruzzo, ha portato in città le più grandi aziende internazionali dell’edilizia legandole alle Istituzioni locali in un Laboratorio continuo, il primo in Italia, che posiziona il Capoluogo al centro della sperimentazione di una ricostruzione di qualità e sostenibilità a PREZZI CALMIERATI: un progetto pilota per la qualità del territorio esportabile altrove. Per tutto l’anno majors del calibro di ARISTON THERMOGROUP, BIOISOTHERM, GRANITI FIANDRE, GRANDFORM SANITRIT (SFA ITALIA), GROHE, KESSEL, MAPEI, POZZI GINORI e ROCA CERAMICHE si impegneranno in percorsi di formazione tecnica, momenti di professionalizzazione concreta della manodopera specializzata; assistenza pre/post vendita per la migliore messa in opera dei prodotti; accordi commerciali basati su prezzi calmierati convenzionati, per la creazione di un “catalogo” di prodotti di qualità. Il tutto è stabilito in una Convenzione siglata lo scorso ottobre. Ad oggi il Comitato Promotore di Officina L’Aquila risulta composto da Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), Fondazione Pescarabruzzo, Fondazione Carispaq, Ufficio Speciale per la Ricostruzione dell’Aquila, Ufficio Speciale per la Ricostruzione dei Comuni del Cratere, Comitato della Filiera dell’Edilizia, Confindustria Abruzzo, Associazione dei Presidenti dei Consorzi e dei Procuratori Speciali Centri Storici Aquilani, Collegio dei Geometri e Geometri Laureati Provincia L’Aquila, Collegio dei Geometri Chieti, Ordine provinciale degli Architetti di Teramo, Ordine provinciale degli Ingegneri di L’Aquila, Pescara e Teramo, Università D’Annunzio Chieti e Pescara. E poi c’è il Comitato

Filiera dell’Edilizia (Cfe): 350 famiglie per un totale di 130 ml di fatturato l’anno. Promosso e coordinato da Carmine Scimia, è un un network di imprese - rivenditori di materiali, noleggio macchine e attrezzature, ecc… - deciso ad arginare il fenomeno delle imprese “mordi e fuggi”, quelle che vengono all’Aquila spacciandosi per affidabili e con forte liquidità, prendono i cantieri, incassano e poi si squagliano lasciando sul territorio solo gli insoluti e i danni di lavori da rifare da capo. Il “dissuasore” è un centro dati che il Comitato ha realizzato con tempo e perizia nel quale sono riportate le “abitudini di pagamento” degli operatori: prima di scegliere la ditta alla quale affidare i lavori di ricostruzione della propria casa, è possibile accedere al sistema e verificare la reale situazione di serietà e liquidità dell’impresa alla quale si vuole affidare il cantiere. Certamente, onde evitare di incorrere nelle censure della legge, sono state previste giuste contromisure: l’estratto sull’azienda deve essere richiesto da un iscritto al Comitato e per il tramite dell’Api (Associazione piccole industrie dell’Aquila) presso la quale il Cfe è costituito. L’iniziativa, nelle aspettative, sarà portata avanti con il Comune che dispone solo di un elenco attualmente poco aggiornato, pubblicato sul sito, relativo alla situazione dei pagamenti di ciascun cantiere: nella sostanza un’informativa poco fruibile e incapace di prevenire commesse ed incarichi a male intenzionati. Di fatto, chi consulta il sito ha già conferito il mandato e scopre solo a cantiere avanzato che i pagamenti ai fornitori e ai subappaltatori sono indietro: un’anagrafe fine a se stessa, che fotografa lo stato dell’arte ma non previene il malaffare. Anche a fronte della speculazione derivante dalla nuova disciplina sul concordato in bianco il Comitato – coinvolgendo i rappresentanti politici locali e le imprese virtuose - ha messo allo studio l’individuazione degli anticorpi contro il meccanismo perverso con il quale le imprese possono congelare i pagamenti dai 60 ai 180 giorni a mezzo di una semplice autocertificazione di difficoltà economico-finanziaria. Un provvedimento che all’Aquila renderebbe legale non pagare chi ha

COSA FA L’AQUILA: LE INIZIATIVE DELLE IMPRESE 20

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seriamente lavorato e quindi speso di tasca propria, con evidente, ulteriore e gravissimo, attacco al territorio e alle sue risorse: ad oggi, legge dello Stato compiacente, le piccole e medie imprese che lavorano in sub appalto delle grandi, sedicenti affidabili, possono restare con i conti in rosso dopo aver investito e pagato con soldi propri, addetti compresi.A questo punto, i Durc negati alle imprese che scappano significano poca cosa, molto, invece, per chi all’Aquila ci vive e ci lavora da sempre, e che senza il Documento Unico Regolarità Contributiva smette definitivamente di lavorare. Altra iniziativa è la fattibilità di joint ventures tra imprese e banche: gli imprenditori sanno come acquistare un’automobile ma non sanno come acquistare denaro garantendo se stesse. Una situazione esemplificativa potrebbe essere la seguente: se un imprenditore, un fornitore ed una banca si garantiscono reciprocamente, uno sulla esecuzione della commessa, uno sulla fornitura e l’altra sul credito il gioco è fatto, ecco la garanzia del credito e dell’affidabilità della consegna lavori. Chiaramente, data la forza propositiva e fortemente orientata alla protezione della Città, il Comitato ha saputo acquisire un ruolo attore all’interno di Officina L’Aquila, con la quale si è integrata e ha disegnato un sistema di interfaccia con le imprese.

* info

Il costo complessivo dei danni creati in Italia da terremoti, frane e alluvioni è stimato dal 1944 al 2012 in 242,5 miliardi di euro (rapporto Cresme): 3,5 miliardi all’anno di cui il 75% riguarda i terremoti con 181 miliardi e il 25% il dissesto idrogeologico con 61.5 miliardi. Solo dal 2010 alla data del sisma dell’Emilia Romagna compresa, i terremoti sono costati 20,5 miliardi cioè l’8% del totale: non è un caso che qualcuno pensò di gestirli in proprio cercando di trasformare la Protezione civile in una Spa. La ricostruzione dell’Aquila e’ stimata ad oggi in 5.5 miliardi di euro. ““La fabbrica del terremoto. Come i soldi affamano il Sud”” è il titolo del Rapporto 2011 dell’Osservatorio permanente del dopo sisma: una denuncia circostanziata di come le incursioni nelle aree colpite da sisma siano finalizzate al saccheggio dei contributi.


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L’AQUILA TRA RICOSTRUZIONE, PRESUNTE INFILTRAZIONI MAFIOSE E VOGLIA DI “TORNARE A VOLARE” Stefano Schirò, presidente della Corte D’appello dell’Aquila, fa un bilancio a oltre quatro anni dal terremoto.

di Daniela Palantrani

l prossimo 6 aprile saranno 5 gli anni trascorsi dal tragico terremoto de L’Aquila. Tragedia che ha segnato tutti, in particolare noi abruzzesi. I risvolti sono molteplici, dalla positiva forza del voler ricominciare degli abruzzesi si passa all’illecito, proprio in merito alla ricostruzione. Dalla relazione sull’amministrazione della giustizia in Abruzzo presentata dal presidente della Corte d’Appello dell’Aquila, Stefano Schiro’, proprio in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, emerge l’impegno del Tribunale dell’Aquila per aver celebrato “in tempi brevi” i processi più importanti per i reati connessi al terremoto del 2009, con riferimento ai processi per il crollo della Casa dello Studente (otto le vittime, quattro le condanne, quattro le assoluzioni e due non luogo a procedere in primo grado nel febbraio dello scorso anno); ai componenti della Commissione Grandi Rischi nel marzo 2009 (sette condanne nell’ottobre 2012); per i crolli degli edifici privati di via Francesco Rossi e via Sturzo (quasi 50 nel complesso le vittime, due le condanne); per il crollo della Facoltà di Ingegneria

dell’Università dell’Aquila (due condanne e cinque assoluzione nel luglio dello scorso anno). “Alcuni di questi processi – ha dichiarato il presidente della Corte d’Appello – particolarmente gravosi e tutti conclusi con sentenze di condanna”. Emerge pero’ anche una denuncia grave, forse doverosa, dalla medesima relazione “Malgrado gli oltre quattro anni trascorsi dal terremoto del 6 aprile 2009 deve con amarezza constatarsi che il centro storico della città, cuore pulsante della sua vita culturale, della sua arte e della sua socialità, é ancora devastato e non è stato restituito ai cittadini, che sono segnati e provati da sfiducia e incertezza sul loro futuro”. Il magistrato ha sottolineato che già lo scorso anno aveva auspicato un’efficace collaborazione tra le istituzioni per la rinascita della città “anche l’Amministrazione della Giustizia intendeva fare la sua parte soffrendo essa stessa l’incertezza, la precarietà e lo smarrimento in cui versa la città, ma a distanza di un anno stando agli eventi che hanno caratterizzato la vita pubblica della città nei mesi passati e anche di recente, dobbiamo purtroppo

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FocusON [RI]COSTRUIRE SI PUÒ? rispondere, - prosegue il magistrato, - che questo clima di collaborazione e di regolare operosità non si è realizzato”. Il Dr. Schirò sottolinea ulteriormente il clima di incertezza e ‘sofferenza della giustizia’ ricordando le indagini in corso sulla politica: presunte tangenti all’Aquila e rimborsi della Regione Abruzzo con 25 politici indagati. “Certamente dev’essere assoluto, - tuona il magistrato, - pieno e integrale il rispetto del principio costituzionale di presunzione di innocenza fino a sentenza di condanna passata in giudicato. Non si devono confondere le indagini e gli strumenti processuali, di natura istruttoria e cautelare, necessari a impedire la prosecuzione di eventuali reati e ad accertare i fatti, con i processi e le sentenze definitive. Totale deve essere il rispetto della magistratura verso l’autonomia della politica e del legittimo operato e delle legittime scelte delle sue istituzioni. Nessun giudizio anticipato né di condanna giuridica né di censura politica e sociale deve essere emesso prima che siano chiaramente accertati i fatti e non compete certo alla magistratura esprimere valutazioni politiche. Ma non puo’ non osservarsi che la crisi delle istituzioni e la paralisi o il rallentamento

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del loro operato non sono quella risposta di regolare operosità e fattiva collaborazione di cui ci sarebbe invece necessità. Non dobbiamo dimenticare che anche nell’amministrazione della cosa pubblica tutto si tiene. Se in un settore nevralgico si crea un vuoto di presenza e di azione legittima, tutto il sistema dell’apparato pubblico ne risente. Siamo chiamati a svolgere un gioco di squadra nel quale tutti devono impegnarsi nella stessa misura e nella stessa direzione, altrimenti è la resa complessiva del sistema che ne risente. E’ possibile che in ogni settore dell’amministrazione pubblica, anche in quello della giustizia naturalmente, ci siano errori, disfunzioni, cadute di legittimità e di tenuta morale. Ma la risalita deve essere rapida, immediata, trasparente e inequivoca, perché quello della fattiva e normale operosità, in un contesto di rigorosa legittimità, e’ un obiettivo primario ed essenziale. Ce lo chiedono i cittadini e la società civile in genere, che ci guardano e ci giudicano e ai quali abbiamo il dovere giuridico e morale di dare risposte adeguate alle esigenze di efficienza ormai indefettibili”.

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MACERIE CON NOME E COGNOME

di Giada Panetti una ragazza aquilana

enite a vivere a L’Aquila e noterete che non ci sono solo persone attaccate alla poltrona, non ci sono solo persone che gestiscono mazzette per i loro interessi, non ci sono solo persone che giocano con le dimissioni di una carica politica. A L’Aquila c’è il dolore di un peso incolmabile che è diventato parte di te e inevitabilmente morirà con te. A L’Aquila c’è gente che si sveglia la mattina e guardando fuori dalla finestra osserva macerie a cui darà sempre un nome e cognome. A L’Aquila alle 3e32 non tutti ridevano. A L’Aquila ci sono ragazzi che con difficoltà cercano di trovare il brio dell’adolescenza. A L’Aquila c’è anche gente onesta, umiliata purtroppo da persone che hanno dimenticato il significato della stessa da ormai troppo tempo.” Elaborai questo pensiero qualche giorno fa sulla mia pagina Facebook ed oggi sono qui a scrivere di una condizione che spero e sogno, cambi il prima possibile. Per

quanto la sensazione funerea possa annusarsi nell’aria, nei vicoli bui, negli occhi di una madre che stringe un peluche, nelle case dove hai le chiavi e non la porta e nelle mani di un padre che accarezza una bambola, non considero L’Aquila una città morta. Sento nella mia città una grande forza, una tale forza che con gli anni ha permesso ai cittadini di fantasticare di creare, scrivere, inventare nuove regole per continuare a vivere. Dal 6aprile 2009, alle ore 3e32, chi più chi meno, siamo morti un po’ tutti, insieme a un città che piange ancora oggi ma che ci da’ indirettamente la possibilità di guardare al futuro con occhi diversi. C’è una cosa che vorrei, cioè che tutti i 70 mila abitanti non dimentichino che, quella notte, nessuno ha dato peso al colore di un partito politico.Vorrei non dimentichino che eravamo tutti abbracciati e l’unico colore che ci univa era quello della speranza e dell’amore per la nostra città. Oggi invece, vedo altri colori, colori politici che generano macerie che non fanno altro che accumularsi a quelle che ancora oggi sporcano la nostra città.

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CNA - informa

LINEA DI FINANZIAMENTO DESTINATA AL

CREDITO SPRINT

COMMERCREDITO Società Cooperativa a r.l.

I Confidi Commercredito e Fidimpresa aderenti alla CNA di Teramo hanno ideato una linea di Finanziamento veloce destinata al ripristino della liquidità aziendale come sotto riportato

Finanziamento fino ad un max di € 25.000 Utilizzo: Liquidità aziendale Durata: max fino a 60 mesi Tasso Fisso: Max 5,90% Spese Pratica: RIDOTTISSIME Tempi di erogazione: VELOCISSIMI

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CNA - informa

RIPRISTINO DELLA LIQUIDITÀ AZIENDALE

CNA NUOVA SEDE IN ARRIVO A GIULIANOVA

ARTIGIANATO COMMERCIO TURISMO E PMI

iulianova è un Comune molto importante per la Provincia di Teramo: per numero di abitanti, per posizione geografica, per le sue imprese e vocazione turistica. Ma Giulianova è un Comune molto importante per la CNA, per la sua storia e le sue potenzialità. Per queste ragioni la nostra Associazione vuole rafforzare la propria presenza in questo territorio con una nuova sede, in una zona più centrale e per questo più fruibile per imprese e cittadini. I primi di marzo apriremo i nostri uffici in Via G. Di Vittorio, presso i locali del centro commerciale I PORTICI. Un nuovo staff sarà a disposizione per offrire consulenza e soluzioni su misura per ogni impresa. la CNA, oltre ai tradizionali servizi di credito e formazione, ha istituito anche a Giulianova una gamma di nuove iniziative sicuramente utili per le imprese del territorio. La prima che proponiamo è un corso di Visual Merchandising per dare più visibilità al tuo punto vendita. Naturalmente terremo informate le aziende sulle date.

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TITOLO V e la riforma che ancora non c’è a cura di Daniela Palantrani

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i parla molto di riforme. Tutti gli italiani ormai le aspettano con ansia sperando che non sia solo il nuovo vaso di Pandora da aprire. Successivamente all’incontro tra Renzi e Berlusconi, ormai divenuto famoso come quello delle “profonde sintonie” le riforme sembrano fattibili e non più solo un miraggio. I temi trattati dai due leader politici sono stati appunto: riforma del Senato, legge elettorale, già denominata “italicum” e la riforma del Titolo V . Se i primi due sono noti e sviscerati in tutte le loro forme, sul Titolo V si sa ben poco. Abbiamo chiesto a molti se ne conoscessero il significato o i contenuti, ma non hanno saputo indicare quale fosse l’argomento o di cosa si trattasse. Di fatto se ne parla da parecchio tempo e l’argomento potrebbe sembrare meno ostico se si pensasse ai dibattiti su autonomia delle Regioni, e rimborso poli varie che hanno coinvolto, di recente, anche la Regione Abruzzo e il Presidente

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Gianni Chiodi. Il Titolo V è una parte della Costituzione italiana in cui vengono delineate le autonomie locali di comuni, province e regioni, appunto. Le Regioni hanno una struttura plasmata da una serie di riforme, alcune emanate dagli anni ‘70 fino all’ultima, approvata da una maggioranza di centrosinistra del 2001. Riforma poi consolidata dal successivo referendum. Le riforme avevano il fine di strutturare gli enti locali in modo più autonomo, sulla spinta delle riforme “federaliste” tanto auspicate, in particolare, dalla Lega nord. Si volevano creare degli organismi decisionali più snelli in cui far confluire centri di spesa più vicini ai cittadini rispetto allo Stato centrale, sempre apparso ai più lontano e irraggiungibile. Con il trascorrere degli anni le Regioni hanno aumentato sempre più le loro competenze e raggiunto maggiore autonomia. Per esempio viene gestita autonomamente la Sanità, il cui risanamento dei bilanci è diventato fiore all’occhiello dei nostri amministratori, che spesso però


TITOLO V e la riforma che ancora non c’è

gioni di competenza. E’ doveroso ricordare che gli importi delle imposte non vengono mai decise dalle regioni. Infatti, IVA e IRPEF vengono imposte, determinate e raccolte dallo Stato mentre, per quanto concerne l’IRAP, è raccolta direttamente dalle regioni. Il margine di imposizione e manovra è piuttosto risicato: l’aliquota base può essere aumentata o diminuita dell’1%. L’inghippo sta nel fatto che si è lasciata competenza alle regioni su tutti gli argomento non esplicitamente riservati allo Stato centrale, creando di fatto confusione, contraddizioni nonché svariati contenziosi tra Stato e regioni. In estrema sintesi nel corso degli ultimi trent’anni le regioni si sono trovate a gestire un campo di applicazione delle proprie competenze sempre più ampio e complesso e a spendere somme crescenti senza però doversi curare di incassarli o quantificarli a monte. L’economista Alberto Bisin lo ha definito un sistema “abnormemente avulso da ogni più basilare analisi degli incentivi”. Una definizione che appare PrimaPagina 44 - Febbraio 2014

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dimenticano la funzionalità, la rispondenza e soddisfazione dei cittadini nonché il pesante salasso dei contribuenti in fatto di ticket e aumento dei costi fissi di visite e medicinali. Non dimentichiamo, però, che con la già citata riforma del 2001 alle regioni fu garantita autonomia in campo finanziario, in pratica ogni regione decideva autonomamente come spendere i propri fondi, ed organizzativo, ovvero potere di decidere liberamente di quanti assessori e consiglieri avvalersi e stabilire altrettanto autonomamente i loro compensi. La medesima riforma del 2001 stabilì le competenze dello Stato, lasciando quelle non esplicitamente riservate all’organismo centrale, di competenza dell’organo locale. I fondi delle regioni provengono dall’incasso di una serie di imposte quali quota parte dell’ I.V.A., addizionale IRAP e addizionale IRPEF. L’IRAP è incassata direttamente dalle regioni (in quanto imposta regionale) mentre le altre due vengono raccolte dallo Stato che poi ne versa una quota alle re-

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TITOLO V e la riforma che ancora non c’è a cura di Daniela Palantrani

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più semplice se si riflette sul fatto che le imposte che vengono continuamente aumentate per coprire le esigenze crescenti dei bilanci regionali sono decisioni Parlamentari, spesso lo Stato interviene direttamente per ripianare i buchi dei bilanci delle singole regionali prelevando dalla fiscalità generale. Il disincentivo sta nel fatto che se le perdite di una singola regione vengono spalmati su tutti i contribuenti, a livello nazionale tramite prelievo di denaro dalle imposte statali, gli elettori di quella regione sono disincentivati dal “punire” i propri amministratori locali, perché di fatto risentono poco della loro inefficienza e/o incapacità. Paradossalmente alcuni amministratori locali potrebbero addirittura riceverne dei vantaggi, come per esempio parenti assunti in regione per svolgere incarichi inutili, mirati o costruiti ad hoc. Da qui l’esigenza di riformare il fatidico Titolo V della Costituzione. “L’aumento delle competenze degli Enti territoriali – Regioni, Province, Comuni – non si è accompagnato a un parallelo aumento della loro autonomia fiscale, - scri-

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veva quasi un lustro or sono il sociologo Ricolfi , - sicché ogni Ente si è trovato a poter incrementare le spese senza dover pagare alcun prezzo politico in termini di inasprimento delle tasse locali”. Nel 2012, anno in cui sono esplosi una serie di scandali in diverse regioni italiane, le critiche si sono inasprite. Scandali simili tra loro, riguardavano in linea di massima rimborsi percepiti e non dovuti o assunzioni non regolari. Gli stessi amministratori abruzzesi sono nell’occhio del ciclone proprio in questi giorni, per vicende analoghe. Somma contraddizione e danno per i cittadini risiede nel fatto che proprio il Titolo V “protegge” le regioni impedendo allo Stato di intervenire direttamente obbligando, per esempio, a ridurre le indennità dei consiglieri o modificare le somme destinate ai fondi previsti per i vari gruppi consiliari. Sembra inverosimile attuare il federalismo senza responsabilizzare gli amministratori locali. L’attuale presidente del Consiglio Enrico Letta ha definito la riforma del 2001 “un errore clamoroso” che “paghiamo ancora oggi”. Speriamo nel cambiamento.


Parte seconda - Ordinamento della Repubblica TITOLO V [19] LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI Art. 114 [20] La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento. Art. 119 [25] I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. Art. 121 [27] Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo presidente. Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica. Art. 123 [29]

Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Art. 125[31] Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione. Art. 126 [32] Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione. L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

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TITOLO V e la riforma che ancora non c’è

La Costituzione della Repubblica Italiana

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ESTRATTO


UNA SCUOLA

AMICA… di Clementina Berardocco

l 9 Gennaio scorso, presso l’Istituto Tecnico Industriale “ V. Cerulli” di Giulianova, si è tenuto il Convegno Regionale Verso una Scuola Amica, Spunti per un modello di progettazione partecipata, organizzato e promosso dall’Unicef - Comitato Regionale per l’Abruzzo e dall’Ufficio Scolastico Regionale Abruzzo. L’iniziativa si è rivelata un momento prezioso per riflettere sui valori dell’accoglienza e della valorizzazione della persona in una scuola intesa come comunità educante. Presenti il Presidente dell’Unicef – Abruzzo Anna Maria Cappa Monti, il Dirigente Tecnico dell’Ufficio IV presso l’USR Regione Abruzzo Maria Teresa Spinosi, il primo cittadino di Giulianova Francesco Mastromauro e il Dirigente scolastico della scuola ospitante dott.ssa Leonilde Maloni. Sono state invitate al Convegno le scuole che hanno già in sperimentazione il progetto, quelle che hanno aderito quest’anno per la prima volta e tutte le istituzioni scolastiche che intendono condividere tale proposta.Verso una Scuola Amica dei bambini e dei ragazzi è quindi un programma promosso, ormai da cinque anni, dall’Unicef Italia per supportare le scuole nell’arduo compito di affrontare le tematiche legate all’accoglienza, all’interculturalità, alla solidarietà, al diritto all’ascolto e alla partecipazione, al diritto all’apprendimento. Tale Programma ha l’obiettivo di coinvolgere il mondo della scuola in un processo di attuazione dei diritti enunciati dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza affinché bambini e ragazzi possano non solo conoscere tali diritti ma anche viverli e condividerli. Per intraprendere tale percorso verso una Scuola Amica, sono stati individuati “Nove passi” per tradurre e contestualizzare i Diritti definiti dalla Convenzione nel contesto scolastico, come ci spiega la Dott.ssa Ivana Carraro, referente per il

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progetto presso l’USR di L’Aquila, “I “Nove passi” verso una Scuola Amica sono: Accoglienza e qualità delle relazioni ossia attenzione alla persona ; partecipazione; protagonismo dei bambini/ragazzi; lo spazio organizzato a misura di bambino; patto formativo con le famiglie e le componenti scolastiche; strategie cittadine in coordinamento con il Programma “Città Amiche”; progettazione partecipata; autovalutazione con il protocollo di Scuola Amica;. Essi sono stati pensati con una logica consequenziale ma possono essere realizzati anche aggregandoli in combinazioni diverse per rispondere ai bisogni reali di ciascuna realtà scolastica”. Quali le Scuole che hanno già aderito nel nostro territorio? “Quest’anno partecipano al progetto più di 30 scuole, di ogni ordine e grado, distribuite tra le quattro province; sono moltissime le istituzioni scolastiche che hanno inserito per il primo anno il percorso “Scuola Amica nel loro Piano dell’Offerta Formativa, ma è significativa anche la presenza di quelle che hanno continuato a rinnovare l’adesione per più annualità. Non mancano alcune scuole paritarie”. Cosa è richiesto alle Scuole aderenti? “In primo luogo, la voglia di mettersi in gioco come comunità educante; poi la capacità di fare una autovalutazione in prospettiva “Scuola Amica”, per capire i punti di forza sui quali

puntare i i fattori di debolezza, al fine di mettere in atto percorsi di miglioramento. Queste azioni dovranno essere sempre più pervasive nella’ambiente scolastico e al suo esterno, fino a coinvolgere tutti gli “attori” del processo educativo: docenti, alunni, dirigente, personale ATA, genitori, territorio”. Quale procedura occorre attivare da parte delle Scuole che intendono aderire al Progetto? “Tra la fine dello scorso anno e l’inizio del nuo-

vo, le scuole hanno proposto la loro adesione e hanno effettuato una prima “autoanalisi”, secondo una serie di indicatori che consentono di “misurare” il grado di accoglienza, di capacità di relazionarsi, della disponibilità al cambiamento. Quindi, le attività attraverso le quali si costruisce il percorso educativo vengono impostate con queste caratteristiche, scegliendo quelle che più sono efficaci sotto questo profilo e che consentono il massimo grado di attenzione verso la persona e la sua promozione”. Quali strumenti operativi sono stati elaborati per attuare il Programma? “Alle scuole aderenti è stato consegnato un Protocollo: questo strumento è di aiuto in tutte le fasi di sviluppo del percorso e, come un “Diario di bordo” consente alle scuole di avere sempre presenti i passi compiuti, le tappe da conquistare, i passaggi da ottimizzare. Alla fine dell’annualità, dopo una serena verifica dei risultati raggiunti in termini di “cambiamenti” migliorativi, si rilascia un Attestato di Scuola Amica delle bambine e dei bambini: questo riconoscimento è, in realtà, una presa d’atto pubblica della strada sulla quale la scuola si è incamminata e un impegno formale a proseguire. Le “Scuole Amiche” si contraddistinguono con un logo, appositamente creato fin dall’inizio del progetto da Altan e “brevettato” per UNICEF”.

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DI VISIONE IN VISIONE La passione di osservare di Iacopo Pasqui di Clementina Berardocco

guardo espressivo e malinconico, aria sorniona, sorriso disarmante, ma Iacopo Pasqui non è solo questo. Toscano di nascita ma abruzzese di adozione, Iacopo Pasqui è menzionato nell’opera di Gabriele D’Autilia, Storia della fotografia in Italia. Dal 1839 ad oggi, come più giovane autore contemporaneo. Nel 2011 con il Progetto Uncommontime vince il contest Leica Talent, ed ottiene un assigniment per Leica e Magnum Photos. La sua visione attraverso l’obiettivo si rivela come narratrice di qualcosa di invisibile agli occhi che evidenzia l’ineluttabilità del tempo e un paesaggio che stenta ad emergere. Egli sostiene che non può far a meno di osservare, “atroce schiavitù” la definisce. Come

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nasce la tua passione alla fotografia? “Nasce diversi anni fa, ma ho sempre nutrito forte attrazione per questo mezzo. Mi piaceva, mi intrigava e il poter duplicare in qualche modo la realtà attraverso una specie di scatola magica, mi sembrava sconvolgente. Nel corso del tempo, poi, iniziando a percepire le reali potenzialità della fotografia, ne ho sentito un richiamo molto forte, tanto da abbandonare tutto il resto e assecondare totalmente il mio istinto ed i bisogni interiori che, finalmente, avevano trovato il mezzo per comunicare con l’esterno. Non ho mai vissuto una fase amatoriale, l’ho amata al primo istante. Ho però un rapporto pessimo con le mie fotografie. Forse, la vera grande passione è quella del guardare”. Tra il 2008 e il 2010 hai realizzato dei reportage in Estremo e Medio Oriente e in Africa del Nord. Qual

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è stata l’esperienza più intensa della tua carriera in termini di esperienza fotografica, ma anche umana? Le esperienze citate rimarranno indelebili nella mia memoria. WWOgnuna a suo modo, per diversità e tipicità dei luoghi visitati, ha aspetti che mi sono rimasti dentro e segnato inevitabilmente. La dimensione metafisica del deserto, ad esempio, puoi comprenderla soltanto se hai la fortuna e la possibilità di viverlo realmente per ciò che è. Il mediooriente è una zona meravigliosa, ricchissima di storia e cultura che, contrapposta a realtà difficili e marginalizzate, come quelle dei campi profughi, diventa un posto sempre nuovo da scoprire e conoscere.Tuttavia è molto difficile trasmettere e raccontare cosa umanamente ti lasciano certi contesti. Credo di essere stato davvero fortunato ad aver avuto la possibilità di vedere quei paesi,


è stata una occasione di confronto e di conoscenza impareggiabile. Nella serie Intransito un osservatore compiaciuto giunge dal mare e attraversa l’Abruzzo sino al suo interno dove la montagna fa da padrona. Come si può catturare l’anima di un luogo? Osservandolo e fotografandolo. Per riuscire a cogliere l’anima di un luogo bisogna sentirlo ed esserne parte integrante. In un certo senso siamo quello che fotografiamo. Ritraggo un paesaggio perché sono dentro quel paesaggio, non solo perché lo sto vivendo e concretamente sono lì, ma anche e soprattutto perché quel paesaggio può portarmi altrove e, forse, è lì che si riesce a catturare l’anima di un luogo leggendone tutta la sua forza e la vitalità. Sicuramente la percezione e l’isolamento di un luogo ci consentono di estrapolarne l’essenza, ma tutto sta nel modo in cui lo si osserva e lo si senta. Lo scorso anno hai ricevuto la proposta dall’Enciclopedia Italiana Treccani di realizzare un racconto per immagini dei giorni che hanno visto il Papa Benedetto XVI rinunciare alla sua cattedra fino al primo Angelus di Papa Francesco. Una collezione di sguardi e di fonti storiche, quella contenuta nell’opera Il Conclave di Papa Francesco a cura di Alberto Melloni. Cosa hai provato mentre archiviavi nelle immagini la memoria di un tempo così ricco di attese?

E’ stata, quella del Conclave, un’esperienza molto particolare, unica nella sua tipicità e ringrazio l’Istituto della Enciclopedia Italiana “G.Treccani” per avermi dato questa importantissima opportunità. L’essere al centro di un evento di così grande importanza storica e mediatica è stato molto coinvolgente. Mentre realizzavo il lavoro ed ero in mezzo alla folla e sentivo il trasporto che tutta quella situazione esercitava su chi viveva direttamente quei giorni, mi ripetevo: “Sto do-

Per riuscire a cogliere l’anima di un luogo bisogna sentirlo ed esserne parte integrante. In un certo senso siamo quello che fotografiamo cumentando la storia”. Un’esperienza irripetibile che mi ha portato a capire e vivere dinamiche alle quali ero totalmente estraneo. Parliamo un po’ di tecnica: sei analogico o digitale? Analogico, quasi al cento per cento. La Fotografia nasce da una successione di processi fisici e chimici, emerge dalla materia ed è fatta di materia e in quanto tale ha dei connotati e dei significati ben precisi. L’immagine digitale ha rivoluzionato il modo di fare e di pensare la fotografia e non solo per chi lavora con essa. Io invece ho bisogno di percepire la materia e l’immagine catturata. Non condivido affatto la tendenza della nostra epoca alla smaterializzazione di qualunque cosa, dalla musica alla fotografia e a tutto ciò che può essere ricongiunto ad una elaborazione digitale. La Fotografia analogica mi ha insegnato a pensare e ad osservare piuttosto che a scattare. Mi dà dei limiti di tempo e di praticità e mi ha fatto capire come rispettarli e come assecondarli. Il fatto che questo tipo di linguaggio mi imponga delle regole fa si che si crei una sorta di rispetto reciproco, tra il mezzo ed il fotografo. Oggi questa cosa si è dissolta, ci saranno macchine fotografiche, tra un po’, che inizieranno anche a parlare e fare il caffè. Mah… Preferisci il bianco e nero oppure ami giocare con la luce? Amo giocare con la luce, fotografo a colori e non i colori. Non sento di avere la capacità di riuscire a guardare in bianco e nero. Guardo e studio la luce poiché ne sono attratto e mi piace osservare e capire i cambiamenti cromatici propri dei vari passaggi luminosi, siano essi naturali che artificiali. Il co-

lore è un informazione in più, che contribuisce a raccontare l’anima e la poetica di certe cose. Non riesco a prefigurarmi un paesaggio in bianco e nero. Quali sono, secondo te, le problematiche che affliggono maggiormente il tuo settore? Come in tutti i settori culturali, anche in quello fotografico c’è sicuramente, nel nostro paese, la tendenza a sottovalutarlo e a non capirne la reale potenzialità. Lo spazio per i giovani è sempre troppo poco, il mestiere non è ancora recepito come un vero mestiere e si tende a banalizzarlo e a non rispettarlo. Il problema maggiore è appunto quello culturale, alimentato dall’ignoranza e la noncuranza che rischia di bloccare e ancorare la fotografia autoriale ad un mero passatempo di chi la fa. Una volta, le committenze pubbliche permettevano di dare il via ad una vera e propria corrente della fotografia italiana, la fotografia italiana di paesaggio. Oggi questa cosa si è persa, ci sono sempre meno soldi pubblici e i privati, che con coraggio affrontano questa sfida, sono ancora troppo pochi.Viviamo nell’epoca dell’immagine e non tutti riescono ancora a capire l’importanza della fotografia. Pensa ad una realtà senza immagini. Progetti futuri? Tanti, ma tutti estremamente complessi e di difficile realizzazione. L’ultimo è Bestiario, un lavoro fotografico sugli zoo e sui musei di storia naturale presenti sul continente europeo.

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INTERPRETE DI EMOZIONI La “fotografia sociale” di Paolo Di Giosia di Adele Di Feliciantonio

otografo per passione e artista apprezzato per la straordinaria carica emotiva delle sue opere e per il valore etico e sociale del quale esse si fanno portatrici, Paolo Di Giosia, montoriese di residenza, ma cittadino del mondo, quel mondo che nei suoi lati più nascosti, oscuri, dimenticati, ama immortalare cogliendone l’essenza, torna a stupirci con un lavoro sui lager di Auschwitz – Birkenau. Dopo varie mostre e la pubblicazione di volumi fotografici come “Il Silenzio”, “Solitudini” ,“Carezze sopra le rughe”e altri, presenta un lavoro di riflessione su uno degli orrori più grandi di cui l’umanità si è macchiata, l’Olocausto, perchè “ l’arte ha il dovere di occuparsi soprattutto dei temi importanti della vita e di far riflettere”. Sig. Di Giosia, la sua arte è stata definita “comunicazione interpretativa”; come si fa a fotografare un’emozione? Fotografare, per me, è narrare un viaggio interiore. Raccontare con le immagini consente l’incontro tra riflessione ed emozione e quest’ultima ha un ruolo importante nella scelta del momento dello scatto, quell’attimo preciso in cui entro in simbiosi col soggetto e che a sua volta si lascia attraversare. Fotografarla non è semplicemente catturare un sorriso, una lacrima, una luce o un’ombra, ma entrare nell’anima di qualcuno o di qualcosa con tanta sensibilità per poi donarla agli altri. Le sue opere fanno riferimento sempre agli stati dell’animo umano: “Il silenzio”, “La solitudine”, “L’emozione di un dono” per citarne alcune. Quanto e perché l’affascina il mondo interiore? Da un po’ di anni cerco di raccontare i sentimenti dell’uomo, inquietudine, tristezza, dolore, ma anche speranza. Ho molto meditato e indagato sulle differenze, sulle esclusioni ed emarginazioni, cause delle solitudini degli individui. E le mie immagini vogliono essere una denuncia e un invito a essere più solleciti verso le sofferenze dell’altro, perché “queste solitudini sono messag-

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geri silenziosi che chiedono di essere ascoltati e incontrati col cuore”. Parlano di esasperazione, follia, come voce dell’estraneità assoluta; luoghi della crisi; transiti indifferenti nelle differenze. La mia è soprattutto una fotografia sociale, la più eloquente, perché oltre all’emozione, essa riesce

a educare alla solidarietà. Spesso mi occupo del tema dell’abbandono, sia riferito a persone che a luoghi e questo mi ha portato a lavorare negli ex ospedali psichiatrici in giro per l’Italia oltreché nei “miei” luoghi di crisi. Le sue foto sono prevalentemente in bianco e nero; la nostra interiorità manca di colore? Non credo che la nostra interiorità manchi di colore. Mi piace la fotografia in bianco e nero perché è più intima e penso che sia anche più adatta a rappresentare il mondo in cui viviamo, dove l’incomunicabilità e la disattenzione non fanno altro che portare all’egoismo e all’indifferenza. Per questo lavoro ancora in analogico; amo le diapositive in bianco e nero e la stampa in camera oscura su carta baritata. Ha raccolto decine e decine di sguardi…

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uomini, donne, bambini, razze diverse e culture diverse; in un mondo globalizzato e che viaggia tramite monitor, quanto è importante comunicare con lo sguardo? E cosa riesce a comunicare uno sguardo? Lo sguardo, quegli occhi disposti a confidare qualcosa, sono ancora il mezzo più forte e più vero di comunicazione, nonostante essa, oggi, avvenga quasi prevalentemente con mezzi veloci e asettici, mezzi che riescono a privare l’essere della sua identità, a modificarla o addirittura a traslarla in un’altra parallela e fittizia. Lo sguardo rappresenta la parte più vera di ognuno di noi. Negli ultimi tre anni si è dedicato al delicatissimo tema della Shoah recandosi personalmente ad Auschwitz–Birkenau. Cosa si prova a “vivere” quei posti? Dopo un intenso studio, ho deciso di trascorrere diversi giorni all’interno dei due campi di concentramento, accompagnato dal bisogno di guardare da vicino per cercare di capire ciò che resta inevitabilmente inspiegato. Inutile dire cosa si possa provare nel visitare questi luoghi; tutti dovrebbero fare quest’ esperienza, tanto è forte, per comprenderla a pieno. Crimen silentii, The Waiting Room, Block 11, modi differenti di descrivere un campo di concentramento… ieri e oggi che si incontrano, la memoria storica e la convivenza con essa, la vita azzerata, ridotta a un numero e la vita che continua, il non vivere e il convivere; questa contrapposizione forte cosa vuole comunicare? Fanno parte di un percorso preciso e attento legato a questa mia esperienza. Immagini di vita quotidiana “normale” all’esterno, accanto, intorno al lager, vicina, ma distante allo stesso tempo, dove la tranquillità è illusione di se stessa, perché ciò che è accaduto potrebbe ancora accadere. E poi la consapevolezza che ciò che è stato rimarrà come lesione indelebile nella storia umana. Occupandomi di fotografia sociale, vorrei che la mia fosse semplicemente una forma di educazione per le nuove generazioni e un modo per mantenere vivo il ricordo.


L’indifferenza fa diventare carnefici IL PERICOLO DEL NEGAZIONISMO NEL DIFFICILE PERCORSO DELL’EVOLUZIONE di Michele Ciliberti

a giornata della memoria, 27 gennaio, in Italia è stata istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” e perché “simili eventi non possano mai più accadere”. Oggi, però, sembra spirare un’aria diversa. Al di là dei singoli fatti di cronaca, da non sottovalutare, si sta diffondendo un certo antiebraismo che porta alla negazione delle stragi compiute dal nazismo. Non c’è bisogno di citare qui documenti e testimonianze su ciò che è accaduto, ma basta riflettere un attimo e richiamare la ragione su cosa possa essere un genocidio (anche se come semplice ipotesi), di cui non potrà mai esserci giustificazione alcuna! La negazione della Shoah è dovuta a una radicale ignoranza degli eventi e a uno schieramento pregiudizievole sulla politica dello Stato di Israele in medio oriente.Tanto è vero che si confondono i seguenti atteggiamenti: antisionismo (avversione allo Stato di Israele), antiebraismo (avversione al popolo ebraico e/o alle singole persone), antigiudaismo (avversione alla religione ebraica), antisemitismo (avversione alla razza ebraica, vera forma di razzismo) e antisraelismo (avversione alla politica dello Stato di Israele). Alcuni movimenti e gruppi di estrema destra, confortati dall’appoggio di qualche intellettuale, riprendono la “teoria del complotto”, sostenuta nei “Protocolli dei Savi di Sion” (falsi documenti, pubblicati in Russia all’inizio del ‘900, per screditare il giudaismo), o quella della cospirazione dei banchieri ebraici tedeschi, per negare gli orrori programmati nei diversi campi di sterminio sparsi per tutta l’Europa centro-orientale (si veda il verbale sulla soluzione finale della questione ebraica della conferenza di Wannsee,

stilato da Eichman, 20 gennaio 1942, che prevedeva la deportazione di oltre 11 milioni di Ebrei dai diversi paesi europei nei tanti campi di concentramento). Shoah è una parola ebraica che significa “sciagura”, “disastro”, “distruzione” e sta a indicare l’eccidio degli ebrei realizzato dal nazismo. Diversamente dal termine greco “Olocausto”, utilizzato in lingua inglese per significare tutte le forme di persecuzione effettuate dal nazismo hitleriano e avente originariamente implicazione religiosa (la parola significa “tutto bruciato” e faceva riferimento alla vittima sacrificale in onore delle divinità), Shoah vuole escludere proprio questo carattere di religiosità. Non si può ammettere, cioè, che i nazisti sacrificassero le loro vittime al dio Odino, ad esempio. Insieme con gli ebrei (circa 6 milioni in Europa) furono massacrati altri popoli o

gruppi etnici o religiosi, quali: Rom, testimoni di Geova, oppositori politici, omosessuali, disabili, ecc. (in numero di circa 4 milioni di individui). Non si può banalizzare la “Giornata della memoria”. In giro si legge di tutto e il contrario di tutto. Si deve rispetto ai milioni di morti, non solo ebrei, vittime dell’ingordigia umana, del potere, dell’avidità e del razzismo. Ancora oggi la faccia della Terra è costellata di odio razziale, di “pulizia etnica” e di guerre civili, tribali e fratricide. Non esiste potere al mondo che possa avocare a sé il diritto di sterminare impunemente l’altro. Questa giornata deve far sì che ciò che è accaduto o che avviene non accada mai più. È dovere di tutti impegnarsi ogni giorno per evitare qualsiasi forma di spargimento di sangue: l’indifferenza fa diventare carnefici.

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L’ABITO DEI SOGNI Dall’idea al fashion show il mondo affascinante e (economicamente) complesso della moda di Adele Di Feliciantonio

mmirare un abito, in passerella, su una rivista o semplicemente in una vetrina, perdersi tra le forme perfette della sua linea o nell’incanto dei colori, sognare di poterlo indossare o di custodirlo nel guardaroba. Questo è il sogno di coloro per i quali la moda rappresenta uno status, un modo di esprimere la propria personalità, talvolta un vero e proprio anti – depressivo. Ma come nasce un abito di qualità? Noi ne vediamo la fase finale, il prodotto finito, dalla sfilata alle copertine patinate, ma dietro ogni capo c’è una storia che racconta di sogni e ambizioni, tempo ed energie, creatività e tecnica, lavoro e professionalità di tutte le persone che lo hanno creato e realizzato. Ogni abito è un libro che parla di epoche storiche, di incontro di culture, di un modo di pensare, di lotte e cambiamenti, di scoperte che hanno innovato il nostro modo di comunicare con il corpo, di tecnologie che si frappongono tra il pensiero e l’arte manuale, di idee, gusto, stile, storia del costume, sartorialità, arte. E una volta indossato inizierà a parlare anche di noi, del nostro vissuto e dei nostri ricordi. Tutto parte da un’idea che si annida nella creatività dello stilista, il maestro di stile, che con la sua matita dà alla luce un bozzetto che esprime eleganza, invenzione, novità, linea. Esso diventerà parte di una collezione, ma soprattutto oggetto di un lavoro di un team di esperti del settore. E’ proprio l’incontro e il dialogo tra le varie figure del fashion system che rendono il lavoro unico. Di certo uno stilista non può operare senza modellista: se il primo è l’anima dell’abito, la seconda è il cuore.

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E’ colei che gli dà vita e forma; sviluppa il prototipo del capo partendo proprio dalle indicazioni dello schizzo. Il feeling tra queste due persone deve essere assoluto e la sinergia di intenti porterà a un risultato ottimale. Maggiore è la qualità dell’abito, maggiore sarà il tempo trascorso sullo stesso per evitare difetti e imprecisioni. Si sceglierà, innanzitutto la stoffa, conoscendone le specificità e il produttore e si analizzerà quanto il taglio rispetti la peculiarità del materiale, come sono fatte le rifiniture, fodere, bottoni, orlo, quali sono le varianti del colore, la qualità della stampa se c’è e soprattutto la reale possibilità di vestibilità sul corpo. E qui interviene il lavoro della modella che non è solo quello di sfilare su una passerella o posare per una campagna pubblicitaria, ma anche quello della prova vestibilità del prototipo in quello che viene definito nel gergo tecnico Fitting. E’ sul suo corpo che viene realizzato l’abito ideale che risponde al concept dello stilista e che poi andrà in produzione. Solo quando, dopo prove e modifiche, il modello è perfetto per chi lo ha creato, allora passerà nelle mani sapienti di esperte del cucito, ricamo, taglio e finitura, sotto la regia indispensabile e integerrima della modellista. Qui viene messa in atto, per la realizzazione del prodotto, tutta la cultura sartoriale in cui il nostro paese eccelle e di cui, purtroppo, si sta perdendo la tradizione. E l’abito è pronto per il debutto sulla passerella; oltre a tutto l’entourage che rende possibile un fashion show, dall’ufficio stampa ai curatori di immagine, dalla scenografia all’organizzazione pratica sino alla modella che tornerà a interpretarlo. Fondamentali sono le figure del buyer e del giornalista di moda. I primi , i compratori, rappresentano

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LA FAST ata negli anni Novanta e utilizzata dai brand low cost che oggi hanno riscosso molto successo, rappresenta una rivoluzione nella produzione di abiti. E’ un modello che riproduce in versione simile dei “trend di stagione” di alta moda visti sulle passerelle, la cui creazione impiega tempo, manodopera specializzata e materie prime di alta qualità, accelerando i tempi dalla ideazione alla commercializzazione, vendendo a prezzi accessibili a tutti.


QUANDO

L’ARTE

SI SPOSA CON IL SOCIALE di Angela Cacciatore

il mercato, i gusti della gente e in base ai loro ordini si dà il via alla produzione dei capi, mentre i secondi danno una visione completa della collezione, partendo da un’analisi visiva a una tecnica individuando il leit-motif della sfilata. Il lavoro di queste due categorie, che rappresentano il cielo del mondo della moda è necessario e può decretare il successo o l’insuccesso di un lavoro lungo mesi. Quando l’abito ha un riscontro positivo, è pronto per arrivare nelle nostre boutique e chiunque si sentirà a proprio agio indossandolo, proprio come si è sentita la modella durante l’ultima prova del fitting realizzando, così, il sogno di chi lo acquista e il sogno di chi l’ha creato.

FASHION Il procedimento di formazione dell’abito è identico a quello dell’alta moda, ma le fasi sono molto più veloci penalizzando la cura dei dettagli e la sartorialità. Il concetto chiave della fast fashion è il “quick response” ovvero la risposta rapida per il mercato di massa a prezzi molto bassi. Questo permette di produrre capi molto velocemente, quickly, addirittura fino a 10-12collezioni a stagione e a materiale di basso costo, cheaply. Tutto è nato per tenere bassi i prezzi, ma non per durare nel tempo dal punto di vista estetico e della qualità.

abato 25 gennaio si è tenuta la mostra di pittura di Laura De Berardinis organizzata dall’Associazione Culturale Teramo Nostra presso il bar San Matteo di Teramo. Il titolo della mostra , “ Fuori E Dentro Gli Argini”, evoca il concetto del fiume come metafora della vita, con tutte le contraddizioni e le fragilità proprie della dimensione umana. La pittura della De Berardinis trae ispirazione dal teatro di Eduardo De Filippo, che in un certo qual senso ne ha segnato l’espressione artistica. In un quadro in particolare è ravvisabile l’influenza di Eduardo, esso è un tributo alla commedia teatrale “Filumena Marturano”, vera e propria apoteosi dell’amore materno che si pone da scudo nei confronti di chi vorrebbe il tradimento di questo amore. Nel quadro, con un tocco inedito e non semplice da decifrare, viene espresso questo concetto. Lo stile della De Berardinis ha raccolto le critiche positive di Sandro Meralangelo, professore di arte, artista e critico d’arte.

Alla mostra oltre al coro di voci bianche dell’Istituto scolastico Savini – San Giuseppe di Teramo, diretto da Silvia Iuliani, erano presenti i Bambini di Betania, casa di accoglienza che si trova a Tortoreto, la cui presidentessa è Maria Luisa Giangiulio, che peraltro ha partecipato alla serata. I bambini hanno recitato delle poesie scritte da loro. Quest’associazione nasce per offrire un punto di riferimento a tutti quei bambini che vivono una situazione di disagio dentro le mura domestiche e a coloro che hanno subito l’abbandono. Si offre loro una sorta di famiglia temporanea, che si pone l’arduo compito di ricostruirne l’identità spezzata. Nel suo intervento la presidentessa Maria Luisa Giangiulio ha sottolineato che la metafora del fiume, tanto cara all’autrice della mostra, è in perfetta sintonia con la missione dell’associazione. La Giangiulio descrive i bambini di cui si prende cura come “palle ferite” che necessitano di pace, di serenità, di giochi, di riposo, di premure, per poi essere rimesse in quello che è il “fiume della vita”.

TERAPISTA DELLA RIABILITAZIONE iscritto albo reg. terapisti della riabilitazione non vedenti

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C’era una volta…

Storia di una mamma e di un bambino speciale (3

a

puntata)

di Annamaria Ponziani

tra una puntata e l’altra si arrivò in 5^ elementare sempre con il concetto del bicchiere mezzo vuoto, come un bambino mezzo vuoto. “Francesco non è maturo!” sentenziarono e si decise di far ripetere la classe con un altro team. Di colpo il bicchiere da mezzo vuoto diventò mezzo pieno e Francesco un bambino mezzo pieno. Certo, sul quadernone IVO non c’era più, ma aveva lasciato il posto a FEUDATARI, VASSALLI, VALVASSORI e VALVASSINI e alla domanda: “Francesco chi sono i vassalli?”“Boh!” La Scuola Media fu un percorso senza infamia né lode forse perché non ce la facevo più, mi ero stancata, avevo rinunciato. In confronto la scuola elementare mi sembrava l’isola felice perché quello che caratterizza l’inserimento di un portatore di handicap dalla scuola media in su è l’anonimato, l’alunno handicappato diventa quasi invisibile. Nel caso di mio figlio, per esempio, l’insegnante di matematica non sapeva neppure della sua esistenza. L’inserimento alla scuola superiore fu ponderato molto in famiglia: a Francesco piaceva tanto disegnare; il Liceo artistico era famoso per l’eccentricità degli alunni frequentanti, eccentricità che si lega spesso alla genialità che rende l’artista persona diversa; in mezzo a tanta diversità, un altro diverso non avrebbe stonato. Si optò quindi per il Liceo artistico. Insegnanti veramente sensibili, compagni eccezionali. Il look di Francesco, che nel frattempo decise di abbreviare il suo nome in Franz, più artistico, cambiò; una volta ciocche di capelli azzurri, un’altra ciuffo rosso, un’altra ancora pizzetto biondo. Controllavo, ormai raramente, i suoi quadernoni e, nonostante dovessi essere avvezza ad ogni stranezza, i contenuti continuavano a stupirmi, anzi, cominciarono a divertirmi: piano cartesiano, ascisse, ordinate con tanto

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di rappresentazione di alcuni punti sul piano, e ancora l’atomo costituito da un nucleo centrale formato da protoni ecc. ecc. Quello che, purtroppo, non cambiò fu l’atteggiamento di Franz nei confronti dell’istituzione scolastica: ormai era una vittima del sistema scuola. Somatizzava il suo disagio: mal di pancia notturno e diurno. La mattina diceva di non sentirsi bene, non si voleva alzare: in poche parole non sapeva più come farmi capire che a scuola non

Qualcuno potrebbe pensare: non è stato molto fortunato questo bimbo! Oppure che rompiscatole deve essere stata questa mamma! Né l’uno né l’altro voleva andare più, che la scuola non era per lui e quando gli chiedevo il perché di tale rifiuto mi rispondeva “A scuola mi annoio!”. Lo volli capire finalmente al terzo anno e così finì l’iter scolastico di mio figlio. Qualcuno potrebbe pensare: non è stato molto fortunato questo bimbo! Oppure che rompiscatole deve essere stata questa mamma! Né l’uno né l’altro. Sono una persona discreta, riconosco la professionalità e la preparazione, non mi sono mai sostituita ai docenti, di cui ho sempre rispettato il ruolo e tutto sommato non sono stata neppure sfortunata, perché in fondo mio figlio legge e scrive, cosa che non è affatto scontata, e ha lasciato dietro di sé un buon ricordo. Il mio problema più grande è che lavoro in una scuola superiore e quindi vedo e

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vivo dall’interno la situazione dei disabili. Acclamati come salvatori nel periodo di formazione delle classi, “stia tranquilla signora, vedrà come si troverà bene suo figlio!”, cominciano, subito dopo, ad essere considerati un vero e proprio peso: da una parte i docenti curriculari: “Chi mi ha messo un handicappato in classe?” “Chi ha fatto le classi?” “Figurati io ne ho due, come farò non lo so”. “Perché la collega non ha nessun handicappato?” “Nelle mie ore non c’è mai l’insegnante di sostegno! Devo fare tutto da sola!” “L’handicappato disturba, non è possibile fare lezione”! “Mi distrae la classe!” “L’handicappato si addormenta sul banco e il genitore si lamenta” dall’altra parte i docenti di sostegno: “Non mettetemi nella classe di quell’insegnante curriculare”! “Io non sono abituato a seguire handicappati che non seguono il programma di classe”! “Io voglio solo femmine che non seguono il programma di classe”. “Io ho quattro handicappati e la collega tre”.“Lei è il nuovo professore? Cosa insegna?” “Purtroppo, faccio l’insegnante di sostegno” “Faccio cinque anni di sostegno e poi scappo sulla mia materia” e potrei continuare all’infinito”. A quel punto la moderatrice mi tolse bruscamente la parola ringraziandomi, dicendo che ero stata molto esauriente e diede il microfono ad un altro relatore. Mi irritai moltissimo perché capii in quel momento di essere stata strumentalizzata, l’inserimento scolastico delle persone disabili in quel contesto non interessava a nessuno, e, soprattutto, non avevo detto o non avevo dimostrato quello che loro volevano che io dicessi o dimostrassi. Dissi che non avevo finito, che ancora non avevo tratto conclusioni di carattere generale, ma non ci fu niente da fare, mi tolsero la parola. Mi alzai dal tavolo e andai via. Non ho più partecipato ad un convegno.(fine)


“GIOCATI”…

DAL GIOCO di Daniele La Licata psicologo/psicoterapeuta

ttenzione ! gioca con moderazione, il gioco può creare dipendenza”. A molti sarà capitato di leggere questa frase su internet, nelle sale gioco o nei bar, in prossimità di slot machines. Evidentemente si tratta di un avvertimento che lo Stato offre al cittadino per tutelare la sua salute, ma cosa significa realmente? Personalmente ritrovo la somiglianza con le scritte sui pacchetti di sigarette “nuoce gravemente alla salute”, ma nel caso del gioco dovremmo usare il condizionale “potrebbe” nuocere alla salute se si verificassero delle situazioni particolari, ma di quali situazioni stiamo parlando? Il “gioco” nel suo significato originario è un atto altamente creativo e spontaneo che permette (per esempio al bambino) di interagire con l’ambiente, ma soprattutto di entrare in contatto con se stesso: attraverso il gioco l’individuo esprime le proprie abilità ma considera anche le sue mancanze, sperimenta e definisce se stesso in una continua dialettica creativa; proviene da qui la frase “mettersi in gioco”. Ma il gioco del “Lotto”, il “gratta e vinci” o la “slot machine” offrono queste possibilità di crescita alle persone che ne fanno uso? Tali attività ludiche rientrano nella categoria dei “giochi di alea” (caso, fortuna – Callois R. 1981) dove l’obiettivo (più o meno consapevole) è quello del piacere che si prova in caso di vittoria, le proprie abilità sono spesso una illusione del giocatore che in realtà sta cercando solamente un momento di soddisfa-

più a fare a meno di giocare entrando in quel vortice di dipendenza tanto comune all’uso di droga; alla ricerca di piacere data dal gioco fa seguito il senso di colpa per il denaro perduto o, nei casi più gravi, la disperazione per la propria situazione percepita come insanabile. Si chiama “gioco d’azzardo patologico” (G.A.P. o Ludopatia) quella particolare forma di dipendenza nei confronti di un azione socialmente accettata: giocare. Lo Stato non vieta il gioco d’azzardo (come in passato) ma dà al cittadino l’avvertimento: “gioca con moderazione”; mi chiedo se questo consiglio serva a raggiungere il suo scopo.

In alcuni casi può accadere che, l’individuo, credendo di gestire o comandare le dinamiche di gioco ne diventi consumatore e rischi di essere “giocato dal gioco” perdendone il controllo

zione: la vincita. In alcuni casi può accadere che, l’individuo, credendo di gestire o comandare le dinamiche di gioco ne diventi consumatore e rischi di essere “giocato dal gioco” perdendone il controllo. La sensazione di piacere che il gioco provoca viene ricercata sempre più frequentemente anche per nascondere una solitudine o uno stato di profonda tristezza che la persona vive: il gioco diventa euforizzante. Non è la sede per approfondire i complicati meccanismi che causano questa problematica o le varie distinzioni psicodiagnostiche ma un aspetto importante vorrei sottolinearlo: la “perdita di controllo”, ovvero quando non si riesce

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Salute in “Prima “PrimaPagina Pagina”” rubrica sponsorizzata da: Dott. Paolo Rasicci

Denti Belli e subito

LA TECNICA ALL ON FOUR ™ NOBEL BIOCARE ssa consente di applicare in poche ore una protesi fissa sia al mascellare superiore che inferiore ancorata generalmente a soli quattro impianti a tutti coloro i quali, portatori delusi o stanchi di una protesi mobile o con situazioni dentali residue molto compromesse ed in procinto di approdare al disagevole traguardo della perdita di tutti gli elementi dentari, desiderano cambiare in meglio la propria qualità di vita senza sottoporsi a trattamenti interminabili (spesso di anni) e dai costi proibitivi. Una riabilitazione fissa su impianti endossei è decisamente più stabile e ritentiva di una rimovibile appoggiata soltanto sulle mucose e permette una migliore accettazione del rapporto con la nuova dentatura a tutto vantaggio del senso di sicurezza ed autostima, danneggiato dalla perdita dei denti naturali. L’intervento è pressoché indolore, si esegue in anestesia locale in una sola seduta, è molto rapido e soprattutto risolutivo, abbinando estetica e funzionalità a costi contenuti e disagi limitatissimi. La prima protesi è provvisoria ma già bella e funzionale; normalmente il giorno successivo all’intervento sarà possibile riprendere la propria vita di relazione ed il proprio lavoro e dopo alcuni mesi verrà applicata la protesi definitiva che consentirà un ampio ventaglio di personalizzazioni estetiche. Tutto ciò renderà possibile ai nostri pazienti di trasformare in un lontano ricordo la paura di una protesi che cade durante una risata, che viene richiesta dal personale ospedaliero prima di un intervento, che deve essere tolta per le manovre di igiene in un luogo nascosto e isolato. Chi si avvicinerà a questa metodica scoprirà di aver risparmiato all’incirca il 90% del tempo che avrebbe speso per una riabilitazione di tipo tradizionale ed il 40% dei costi che avrebbe dovuto sostenere… Attraverso un esame TAC della mandibola e/o del mascellare superiore, unitamente alla scansione di una protesi costruita simulando la situazione definitiva

post trattamento della riabilitazione progettata per il paziente, moderni programmi di elaborazione tridimensionale delle strutture anatomiche ci consentono di effettuare un intervento virtuale simulato a computer. L’inserimento degli impianti viene simulato evitando tutte le aree a rischio chirurgico, rispettando assi e inclinazioni ottimali secondo l’osso disponibile, posizionando virtualmente i denti come da progetto del piano di trattamento. Una volta ottenuto il risultato desiderato il file viene inviato in Svezia ove verrà costruita una guida chirurgica la quale, applicata in bocca previa anestesia locale, consentirà l’inserimento degli impianti a “cielo coperto” ovvero senza incisioni e senza suture, con una rapidità operativa inimmaginabile altrimenti ed un decorso postoperatorio estremamente più confortevole rispetto alle tecniche tradizionali a “cielo aperto”. L’inserimento inclinato dei due impianti laterali, consente nel mascellare superiore di evitare le zone posteriori dove solitamente l’altezza dell’osso è insufficiente a garantire il loro posizionamento in verticale senza eseguire preventivamente interventi chirurgici supplementari di innesto per aumentarlo. Nella mandibola, consente invece di operare evitando zone a rischio chirurgico, nelle quali sono situate terminazioni nervose che, se lesionate, danno vita a danni neurologici permanenti. Allo stesso tempo sarà possibile ottenere l’emergenza della testa degli impianti in zone più posteriori a tutto beneficio delle caratteristiche biomeccaniche del restauro protesico. La protesi provvisoria, che è immediata e fissa, sarà applicata a fine intervento, semplicemente attraverso l’avvitamento della stessa agli impianti appena inseriti mediante piccolissime viti passanti. Essa renderà possibile una funzionalizzazione pressoché immediata della masticazione e dell’estetica del sorriso per il tempo necessario alla osteointegrazione degli impianti. La protesi definitiva verrà installata dopo il periodo necessario all’osteointegrazione semplicemente sostituendola a quella prov-

Dott. Paolo Rasicci Medico Chirurgo Specialista in Odontostomatologia e Ortognatodonzia Perfezionato in Implantologia Orale

visoria dopo le opportune rilevazioni estetico-funzionali del caso. L’estetica del sorriso sarà ricavata molto più semplicemente rispetto alle tecniche implantoprotesiche tradizionali, non dovendosi confrontare con le infinite variabili della modellazione chirurgica dei tessuti naturali, complessa e non sempre totalmente prevedibile in quanto a risultato. Non essendo più presenti denti naturali e potendosi modificare a piacere la parte inferiore dell’arcata protesica in funzione delle modificazioni anatomiche naturali nel corso del tempo, la soluzione All on-4 potrà ritenersi definitiva.

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Benessere

Bevande Alcoliche

SÌ MA CON MODERAZIONE Dott. Anna Piersanti dietista

l costituente caratterizzante delle bevande alcoliche -l’alcool etilico o etanolo- pur possedendo un notevole potere energetico (ogni grammo fornisce circa sette calorie), non è una sostanza indispensabile. Dell’apporto calorico dell’alcool è bene tener conto in tutte le condizioni in cui è necessario limitare l’assunzione giornaliera di energia. Il corpo umano è in

grado di far fronte senza danni all’assunzione di etanolo, solo a patto che questa non superi una certa quantità. L’etanolo, infatti, nel nostro organismo è metabolizzato prioritariamente e quasi esclusivamente nel fegato, a ritmi tali che un solo bicchiere di vino da 150 ml (pari a circa 13-14 grammi di etanolo) impegna il fegato per circa due ore. Evitare o limitare il consumo di alcool

rubrica sponsorizzata da:Trendy Fashion Studio

VENTAGLIO E FANTASIA DI COLORE

PER CAMBIARE LOOK IN POCHI MINUTI! Da Trendy Fashion Studio di Gabriele Paoletti, tramite l’innovativo sistema a ventaglio, sarà possibile realizzare un nuovo taglio in pochi minuti. bbiamo tutte sognato di poter cambiare taglio e rinnovare il look in pochi minuti e senza essere costrette a rinunciare alla lunghezza dei capelli. Oggi è un desiderio legittimo e realizzabile, non più utopia. Da Trendy Fashion Studio di Gabriele Paoletti, trovi la soluzione ideale e personalizzata. I capelli possono ritrovare volume e lucentezza senza ricorrere a tagli

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drastici: grazie al rivoluzionario sistema a ventaglio, è possibile ottenere con una sola seduta capelli sani e perfetti, senza effetto crespo e senza tagliare le lunghezze. “Un innovativo trattamento di ringiovanimento - specifica il parrucchiere Gabriele – permette, attraverso il sistema ventaglio di rimuovere soltanto la parte rovinata del capello. Con una particolare forbice verranno eliminati gli inestetismi senza intaccare la lunghezza. Inoltre, utilizzando la

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Benessere

COME COMPORTARSI . Se si desidera consumare bevande alcoliche, farlo con moderazione, preferibilmente durante i pasti secondo la tradizione italiana, o in ogni caso immediatamente prima o dopo mangiato .Tra tutte le bevande alcoliche, dare la preferenza a quelle a basso tenore alcolico (vino e birra) . Evitare del tutto l’assunzione di alcool durante l’età evolutiva, in gravidanza e in allattamento, e ridurla nell’anziano . Un particolare invito alla moderazione o all’astensione va rivolto a chi debba mettersi alla guida di autoveicoli o a chi, dovendo fare uso di macchinari delicati o pericolosi, abbia bisogno di conservare intatte attenzione, autocritica e coordinazione motoria . Quando si assumono farmaci, il consumo di alcool va evitato o ridotto, a meno che non si sia ottenuta esplicita autorizzazione da parte del proprio medico curante.

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presenta quindi anche il vantaggio di non distogliere il fegato da funzioni più essenziali. L’abuso di alcool - sia acuto che cronico - è estremamente pericoloso in quanto, oltre a provocare dannosi squilibri nutritivi e seri rischi di malnutrizione, può creare problemi di dipendenza e di tossicità, con gravi complicazioni morbose (a carico soprattutto del fegato, del pancreas, del sistema cardiocircolatorio, dello stomaco, del sistema nervoso, ecc.) e con un aumento del rischio di sviluppo di tumori. Molto importanti sono anche le note interferenze fra l’alcool e svariati farmaci, interferenze che possono provocare reazioni indesiderate. Inoltre queste due categorie di sostanze utilizzano spesso le medesime vie metaboliche, il che rallenta la loro eliminazione, con conseguenze anche importanti sui relativi livelli nel sangue e in vari tessuti. Va anche ricordato che il vino è parte integrante della tradizione alimentare italiana, e che un suo appropriato consumo - ossia in quantità moderate e durante i pasti- sembra poter esercitare qualche effetto favorevole e anche protettivo sull’apparato digerente e soprattutto su quello cardiovascolare. Quest’ultimo effetto, secondo recenti studi, sembra dovuto anche alla presenza di alcuni componenti minori contenuti soprattutto nel vino ros-

so, ma anche, in minor misura, nel vino bianco e nella birra. Chi sta bene, gode di buona salute, non è obeso e desideri concedersi il piacere del consumo di bevande alcoliche, può quindi farlo, purché in misura moderata ed accorta, tenendo presente il contenuto in alcool e l’apporto calorico delle varie bevande (vedi Tabella). Consumare bevande alcoliche con moderazione può rimanere un piacere senza causare danni, e può anzi favorire -con particolare riguardo al vino ed alla birra- qualche effetto positivo. Tutto questo a patto che ci si attenga ai limiti e alle modalità di consumo suggerite.

tecnica ventaglio, sarà possibile realizzare tagli moda in pochi minuti. Ogni cliente potrà avvalersi di consulenza qualificata e ad hoc per ogni esigenza anche per fantasie di colore quali Sunshine, Degradé e molti altri, anche personalizzati. Senza dimenticare, - prosegue Paoletti, - gli efficaci rituali simply zen di OXYZEN haircare di z.one concept, mediante i quali si possono risolvere problemi di caduta, capelli sfibrati o grassi avvalendosi dei benefici dell’ossigeno puro”. La ricerca ha dimostrato che l’impiego localizzato di ossigeno attivo favorisce la microcircolazione, donando salute e lucentezza ai capelli. I benefici sono sorprendenti ed immediatamente visibili! L’invecchiamento cutaneo e l’opacizzazione dei capelli è provocato da svariati fattori quali cattiva circolazione sanguigna, stress, raggi UVB, inquinamento e patologie varie. La tecnologia Oxyzen, in combinazione con trattamenti specifici simply zen, aiuta a trattare diversi inestetismi dei capelli. Lavorando sull’epidermide del cuoio capelluto, viene apportato un

miglioramento della salute della cute ed alla bellezza dei capelli. Tutti i rituali vengono effettuati direttamente su cute e stelo grazie ad un apposito aerografo che eroga ossigeno puro e permette di massimizzare l’efficacia dei principi attivi contenuti nei prodotti simply zen.

Evitare o limitare il consumo di alcool presenta quindi anche il vantaggio di non distogliere il fegato da funzioni più essenziali. L’abuso di alcool è estremamente pericoloso

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Benessere

“PrimaPagina “Prima Pagina”” Animali

Il gatto e i boli di pelo di Piero Serroni e Arianna Braca veterinari

hi ha un gatto sa bene quanto questo animale ami la pulizia: un gatto sano dedica diverse ore al giorno alla cura del pelo, assumendo le pose più strane come un contorsionista. Il cosiddetto “grooming” indica proprio l’attività di leccamento e pulizia del pelo, grazie anche alla superficie molto ruvida della sua lingua che funziona quasi da pettine. Durante la propria toelettatura il gatto ingerisce inevitabilmente una certa quantità di peli, il cui volume aumenta

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nei momenti di muta del pelo e nei gatti a pelo lungo. Normalmente gran parte di questi riesce a transitare per tutto il tratto gastroenterico ed essere eliminata con le feci. Un’ingestione eccessiva di peli, o di peli molto lunghi, può determinare però, in alcuni soggetti la formazione di “tricobezoari”: sono delle vere e proprie palle di pelo che si accumulano in vari tratti del tratto gastroenterico, cioè nell’esofago, nello stomaco o nell’intestino. Questi boli di pelo comportandosi da corpi estranei possono essere causa di diversi disturbi:

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Benesserein “Prima “PrimaPagina Pagina””

CHE COS’È DAVVERO il massaggio ayurvedico Il massaggio ayurvedico deve essere attuato in sincronia con i ritmi del corpo e...

olti pensano sia solo una tecnica rilassante. Bizy vi svela come riconoscere chi pratica l’antica filosofia indiana senza bluffare. Il massaggio ayurvedico fa parte della più ampia scienza della vita indiana. L’ Ayurveda è nota come scienza medica ma soprattutto come scienza medica sacra. Anche il massaggio ayurvedico quindi viene considerato una tecnica dalla sostanza sacra. Non si tratta solamente di un massaggio che tonifica i muscoli o che favorisce il drenaggio della linfa ma è anche una pratica capace di trasformare le energie compresse e di permettere al corpo sia fisico che energetico di rigenerarsi e di ritrovare integrità e spiritualità. Il massaggio ayurvedico riconosce ogni persona secondo il suo Dosha ovvero secondo la sua struttura: Vata, Pitta o Kapha. Molti hanno una struttura intermedia rispetto a queste tre categorie All’interno delle classi di base si

più frequentemente causano vomito dei boli stessi, che il gatto espelle con dei conati, sotto forma di matasse compatte di pelo e succhi gastrici, ma nei casi più gravi i tricobezoari possono causare stitichezza o addirittura ostruzioni intestinali. Se è vero che i gatti a pelo lungo sono i più predisposti, il problema può comunque presentarsi anche nei gatti a pelo corto durante il periodo di muta, in cui cioè l’animale con il cambiare della temperatura stagionale cambia il proprio manto naturalmente. I gatti che vivono prevalentemente in appartamento sono più predisposti: loro infatti, vivendo ad una temperatura quasi costante, come se fosse sempre primavera-estate, hanno una muta del pelo quasi permanente, e di conseguenza la quantità ingerita è costantemente elevata. Inoltre accentuano il rischio di boli di pelo anche tutte quelle situazioni che inducono un leccamente più frequente: nodi del mantello, parassiti esterni, prurito, ecc. Per prevenire tutto questo ci sono pochi piccoli accorgimenti da mettere in pratica. Prima di tutto una buona profilassi per ectoparassiti (pulci, pidocchi...) ad evitare l’insor-

sviluppano tutti gli squilibri possibili. A seconda del Dosha in squilibrio viene applicata una particolare serie di massaggi accompagnata da specifici oli.

A che cosa serve Il massaggio secondo la tradizione ayurvedica è consigliato per allontanare la vecchiaia nutrire i Dhatu - ovvero i tessuti del corpo -, togliere la fatica fisica mentale emotiva, migliorare la vista, rinforzare il corpo, favorire il sistema digerente, circolatorio, linfatico, escretorio, nervoso, energetico e favorire il sonno e i sogni. Inoltre per migliorare la concentrazione, rinforzare la pelle, armonizzare i tre Dosha ovvero i caratteri energetici individuali. Un ciclo organizzato di massaggi aumenta la resistenza alle malattie e migliora lo stato generale della salute, combattendo lo stress, acuendo la percezione e la confidenza con il corpo.

genza di pruriginose parassitosi esterne. E’ buona norma, soprattutto per i gatti a pelo lungo, spazzolare il pelo tutti i giorni, sia per rimuovere il pelo morto, sia per prevenire la formazione di nodi (altrimenti poi difficili da togliere e spesso molto dolorosi per il micio). Si dovrebbe, infine, lasciare a disposizione l’erba gatta (in vendita già in vaso, oppure in semi da piantare), che essendo ricca di fibre può aiutare il micio ad eliminare i boli di pelo. Oltre all’erba gatta esistono in commercio specifici prodotti, formulati come integratori alimentari, per l’eliminazione dei boli di pelo e per il mantenimento di un pelo sano e robusto. Ricordiamo, infine, che il bisogno del gatto di pulirsi leccandosi il mantello rimane un’attività normale che fa parte della sua natura: anche messi in pratica tutti gli accorgimenti per prevenire i boli di pelo è normale che il micio continui a leccarsi e ciò non costituisce un problema. Anzi, ci si deve preoccupare quando si nota che un gatto smette di toilettarsi, che è molto spesso sintomo di malessere o di qualche patologia sottostante.

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” il Legale

DANNI MORALI per pignoramento illegittimo di Gianfranco Puca avvocato e mediatore professionista

e Equitalia esegue un pignoramento illegittimo il cittadino deve essere risarcito; questo semplice principio di diritto, per cui ad una azione illegittima deve derivare un risarcimento, è stato ribadito dalla Cassazione con la sentenza n. 9445/2012, con la quale è stato anche stabilito che, se l’ufficio non prende atto della comunicazione dell’estinzione del debito, si configura il reato di omissione di atti d’ufficio. Un legale conveniva in giudizio il Comune di Roma e il Monte dei Paschi di Siena Spa, quale concessionario del servizio di riscossione dei tributi, chiedendo il risarcimento del

danno non patrimoniale; lo stesso esponeva di aver subito (il 20 marzo 2002) pignoramento mobiliare presso il proprio studio legale - dove erano presenti una collega, la figlia, pure avvocato, e la segretaria - in riferimento a un debito (di circa euro mille) relativo a sanzioni amministrative, che il Tribunale di Roma, con sentenza del 6 febbraio 2001, aveva dichiarato non dovuto, evidenziando altresì che, nella data in cui aveva ricevuto l’avviso di mora (23 ottobre 2001), era stata inviata al Comune e al Concessionario copia della suddetta sentenza, chiedendo l’annullamento dell’avviso di mora, con diffida ad astenersi dal compiere atti di esecuzione

…E SE MIO FIGLIO SI FA MALE A SCUOLA? di Nicola Paolo Rossetti Presidente giovani avvocati Teramo

gire nei confronti dell’istituto scolastico per il risarcimento dei danni sofferti dall’alunno durante le ore di frequenza è possibile? A detta della Suprema Corte di Cassazione sì, e non solo quando il danno è provocato da un compagno, ma anche quando l’alunno si procura le lesioni da solo. Con la recente sentenza n. 22752 del 4 ottobre 2013 la Corte di Cassazione ha avuto modo di sancire il principio secondo cui l’accettazione della domanda di iscrizione, con la conseguente

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ammissione dell’allievo a scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico della medesima l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dello studente per il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni e, quindi, anche prevenendo le situazioni in cui l’alunno possa cagionare un danno a sé stesso. Nello specifico la Corte è stata chiamata a pronunciarsi riguardo la fondatezza della richiesta di ristoro dei danni avanzata dai genitori di un’alunna che lasciata dallo scuolabus all’interno del piazza-

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il Legale in “Prima “PrimaPagina Pagina””

forzata. Il Giudice di Pace rigettava la domanda, ritenendo la insussistenza del danno morale risarcibile (ex art.185 cp), non potendo configurare il reato di abuso d’ufficio (ex art. 323 cp), e non liquidando neanche il danno non patrimoniale per danno all’immagine (dell’avvocato). La sentenza fu appellata, ma l’appello fu rigettato, con conferma della pronuncia di primo grado. Avverso la sentenza di appello il legale propose ricorso in Cassazione, la quale però ha escluso la sussistenza del danno non patrimoniale perché l’episodio non era idoneo a danneggiare la reputazione del legale, perché la conoscenza dell’episodio rimase circoscritta ai pochi presenti -che non potevano dubitare della correttezza del legale- e che quindi all’avvocato non potesse derivare alcuna significativa sofferenza psicologica. La Cassazione, però ha censurato la sentenza impugnata, nella parte in cui il giudice di merito ha errato nel non accertare la sussistenza di un fatto di reato (art. 650 o art. 328 c.p.) produttivo di danno morale, come sofferenza contingente, turbamento d’animo transeunte (art. 185 cp). Per il ricorrente infatti, sarebbe ipotizzabile il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 cp) poichè inviando una formale diffida al Comune e all’Equitalia, per l’inesistenza del debito, a fondamento della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, ha posto la circostanza

della mancata interruzione della procedura di pignoramento nonostante sia il Comune di Roma che il Concessionario del servizio di riscossione, fossero a conoscenza della sentenza che lo aveva disconosciuto. Il ricorrente ha indicato tali fatti come riconducili al reato di omissione di atti d’ufficio (art.328 cp) del quale risponde il pubblico ufficiale che, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse, non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo. La Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ribadito che la risarcibilità del danno non patrimoniale è espressamente prevista dalla legge, e il Giudice deve, in via preliminare, accertare la astratta configurabilità del reato; tale accertamento non era stato compiuto dai giudici di merito. La sentenza impugnata è stata quindi cassata, con enunciazione del seguente principio: “In tema di responsabilità civile e di richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale, quando è prospettato un illecito, astrattamente riconducibile a fattispecie penalmente rilevanti, per il quale la risarcibilità del danno non patrimoniale è espressamente prevista dalla legge (‘art. 2059 cc e 185 cp), spetta al giudice accertare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato”; il Giudice di merito, quindi, dovrà prima accertare la configurabilità del reato e, in caso positivo, liquidare i danni non patrimoniali.

le antistante la scuola elementare cadeva dal muretto delimitante l’area sottostante ove si trovava l’ingresso del seminterrato locale caldaia, riportando la frattura della tibia. La Suprema Corte, nell’accogliere la domanda proposta dai genitori della bambina, ha precisato che la scuola è tenuta a predisporre tutti gli accorgimenti necessari a prevenire situazioni di pericolo, anche al fine di evitare che l’alunno procuri danno a sé stesso, sia all’interno dell’edificio che nelle pertinenze scolastiche, di cui abbia a qualsiasi titolo la custodia, messe a disposizione per l’esecuzione della propria prestazione. Ciò in ragione del fatto che l’accoglimento dell’allievo comporta la nascita di un “contratto di protezione” in base al quale tra gli interessi da realizzarsi da parte dell’istituto scolastico rientra quello alla integrità fisica dello studente, con conseguente risarcibilità dei danni da autolesione dal medesimo patiti. Quindi, mentre chi agisce ha solo l’onere di provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, l’istituto, per vedersi esonerato da ogni responsabilità, ha l’incombente ben più gravoso di dimostrare che l’evento dannoso

è stato determinato da causa a sé non imputabile. Come? Dando la prova, tutt’altro che agevole, di avere adottato, in relazione alle condizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno e che il danno si è ciononostante verificato per un evento non prevedibile né superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alle circostanze concrete del caso.

PrimaPagina 44 - Febbraio 2014

l’istituto, per vedersi esonerato da ogni responsabilità, ha l’incombente ben più gravoso di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa a sé non imputabile

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Consumatori

ANNO NUOVO

SCADENZE NUOVE di Laura Di Paolantonio commercialista, revisore Contabile

AFFITTO O LOCAZIONE L’affitto, o locazione è un contratto, con il quale un soggetto locatore, si obbliga a far godere un immobile ad un’altra parte conduttore per un periodo di tempo determinato, in cambio di un corrispettivo. Dal 01 gennaio 2014 è scattato il divieto di pagare in contanti l’affitto di abitazioni (comprese quelle turistiche, transitorie e per studenti). Fanno eccezione solo gli alloggi di edilizia pubblica residenziale. Sono

naturalmente esclusi i canoni di locazione di negozi e uffici e in generale di ogni immobile che non abbia destinazione abitativa. Sono inclusi nella norma le pertinenze dell’abitazione principale L’obbligo del pagamento con mezzi tracciabili scatta a prescindere dall’ammontare del canone di locazione, infatti non si applica nemmeno la norma sull’antiriciclaggio D.Lgs 231/2007 che prevede il limite di 1.000,00. Si precisa che l’obbligo scatta dal primo

COME SCEGLIERE E ACQUISTARE CASA Le regole per non sbagliare con norme in continua evoluzione di Ennio Salvatori

a complessa operazione dell’acquisto si divide in due fasi: la scelta e l’acquisto. La scelta – In “primis” occorre fare un esame serio delle proprie possibilità economiche, senza scordare che oggi raramente le banche concedono un mutuo, e inoltre valutano che la rata non superi il valore di un terzo del proprio reddito disponibile ( netto). Al valore dell’immobile si aggiungono le parcelle di agente (se c’è) e notaio e alle rate del

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mutuo le periodiche spese di manutenzione. Poi si passa a valutare i tre elementi base: ubicazione, comfort, superficie per le quali bisogna stabilire delle priorità. Cos’ è più opportuno? Meglio avere più spazio o minore distanza dal posto di lavoro? Non sottovalutando le prospettive di vita futura: avere figli, cambiare lavoro, l’avanzamento dell’età, eventi che devono far considerare sempre provvisoria la casa che si va a comprare e quindi certe valutazioni possono prevalere su altre. L’acquisto - Se la casa è

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Consumatori in “Prima “PrimaPagina Pagina””

gennaio anche per i canoni che fanno riferimento all’anno precedente. I mezzi di pagamento ammessi sono tutti quelli che garantiscono la tracciabilità degli stessi: bonifico bancario, assegno bancario non trasferibile, assegno circolare, ma anche carte di credito. IUC: IMPOSTA UNICA COMUNALE È la nuova imposta unica comunale che da questo anno rappresenterà il pilastro dell’imposizione sugli immobili. È un’imposta unica ma articolata su tre componenti: Imu, che rimane per le abitazioni principali non di lusso e sugli altri immobili, la Tasi che è legata ai servizi del comune e la Tari che sostituisce la Tares per la raccolta e smaltimento dei rifiuti. Gli inquilini pagano una quota tasi.

affidata a un’agenzia immobiliare, va tenuto presente che l’agente deve fare anche i nostri interessi, perché pagato da entrambe le parti, dato il suo ruolo di mediatore e per il quale quindi vanno poi seguite alcune precauzioni: 1) gli assegni per caparre e acconti non vanno mai intestati all’agente ma al venditore; 2) la modulistica proposta dall’agente deve essere conforme a quella approvata dalla Camera di Commercio. Se l’agenzia è in franchising significa che alla stessa è concesso il marchio, ma la proprietà è dell’agente. Quindi tutte le eventuali rimostranze non andranno mai rivolte a al franchising ma all’affiliato. Poi ci sono i controlli sull’immobile, di due tipi: sul posto e documentali. Il primo, consiste nell’effettuare visite all’appartamento in ore differenti da quella effettuata con l’agente, non escludendo le ore serali ai fini dell’inquinamento acustico. Durante le ore diurne, per la verifica di servizi e mezzi pubblici e facilità di parcheggio. Non per ul-

I proprietari di abitazioni principali non di lusso pagano la tasi e la tari. Si precisa che le abitazioni concesse in uso gratuite ai figli e genitori sono assimilate alle abitazioni principali (previa delibera Comunale). I proprietari di altri immobili pagano la tasi per la quota non versata dall’inquilino, la tari e l’imu. Si precisa altresì che le case sfitte, se collocate nello stesso comune di residenza del proprietario tornano a versare l’irpef sul 50% della rendita catastale. MINI IMU La mini imu è una particolarità che appartiene solo al 2013. Dal 2014 l’intera tassazione sulla casa avviene tramite l’applicazione della Iuc. Con l’augurio di aver fatto un po’ di chiarezza.

timo, effettuare una verificata sull’effettiva misura dell’appartamento e la constatazione della sua regolarità urbanistica e edilizia: meglio far eseguire queste verifiche da un tecnico di vostra fiducia. Quanto a quelli documentali, va verificata la presenza di servitù o ipoteche (incaricando eventualmente il notaio) e lo stato dei pagamenti condominiali (l’amministratore può chiedere al neo acquirente gli arretrati fino a due anni indietro). Infine, imperativo, trattare. Mai come in questi anni l’offerta è sterminata.

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Cos’ è più opportuno? Meglio avere più spazio o minore distanza dal posto di lavoro?

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“PrimaPagina “Prima Pagina”” Motori

SCELTA E VALUTAZIONE

DI UN’AUTO USATA acquisto di un’auto usata deve essere ben ponderato, per evitare di ritrovarsi con una vettura che presenta costantemente noie e guasti meccanici. Questa guida non può essere esaustiva (servirebbe un intero volume), perciò ti consiglio di far controllare l’auto che hai intenzione di acquistare dal tuo meccanico di fiducia. Tuttavia, se questo non è possibile e se si ha un minimo di competenza, ci si può già rendersi conto dello stato della vettura con alcuni semplici controlli su carrozzeria e motore. Ma come viene valutato il valore di mercato di un’auto in base al modello? Alcune agenzie specializzate, leader fra queste EUROTAX, svolgono indagini accurate per stabilire quanto una vettura è richiesta sul mercato dell’usato. Più una vettura e richiesta e, talvolta, meno

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è disponibile sul mercato significa che l’auto in questione ha un buon valore. Chi non ce l’ha la desidera, chi ce l’ha tende a tenerla. Per questi motivi, il valore è alto. In concreto, vetture come la Mini o alcuni tipi di Mercedes hanno un valore molto elevato. Non è solo il modello il parametro per la valutazione di un’auto usata. I listini tengono in considerazione generalmente un livello di usura medio. L’usura media si calcola tenendo presenti il chilometraggio medio, le revisioni, lo stato della carrozzeria e l’anno di immatricolazione. Tra i parametri che influenzano il valore di un’auto usata c’è quello dello stato della carrozzeria e quello degli interni. Il consiglio, prima di vendere una vettura, è quello di chiedere una valutazione da un venditore di fiducia. Per finire, chiedere sempre di provare l’auto su strada, al fine di scovare eventuali punti deboli.

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Nr. 5 - Febbraio 2014

ECOGRAFIA MUSCOLARE Dott. Claudio D’ARCHIVIO

Sostituzione dell’amalgama d’argento

Osteoporosi nell’anziano: prevenzione e trattamento conservativo

Dott. Giancarlo ABRIGATA

Dott. Stefano BANDIERA


IPPOCRATE

& D I N TO R N I

Sommario

APPROFONDIMENTO MEDICO

3 paginatre Scherzi di carnevale. Dott. Gino CONSORTI

paginacinque

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L’Ecografia muscolare. Dott. Claudio D’ARCHIVIO

6 paginasei Il giorno del mio fidanzamento. III parte Martina PALANDRANI

paginaotto

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La Certificazione del Sistema di Gestione della Qualità nelle strutture sanitarie. Franco GIANSANTE

9 paginanove Sostituzione dell’amalgama d’argento. Dott. Giancarlo ABRIGATA

paginaundici

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Mar Test: studio anticorpi antisperma. Le cause immunologiche dell’infertilità maschile. Dott. Massimo ZERBINI

13 paginatredici Osteoporosi nell’anziano: prevenzione e trattamento conservativo. Dott. Stefano BANDIERA

paginaquattordici Scoliosi. Dott.ssa Claudia GUETTI

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& D I N TO R N I APPROFONDIMENTO MEDICO

mezzo dicendo di non sapere di essere incinta…? Suvvia non esageriamo, va bene che già siamo in clima carnevalesco ma tutto ha un limite, compresi gli scherzi… C’è poi l’allucinante aumento dell’8,28% del pedaggio autostradale Teramo-Colledara. Nove chilometri e 900 metri, la distanza che separa il casello di Colledara dalla barriera di Villa Vomano, “regalati” a soli 2 euro e 10 centesimi… In pratica un lavoratore pendolare per percorrere giornalmente 19 chilometri e 900 metri in un tratto autostradale privo, tra l’altro, di una stazione di servizio e del segnale Isoradio, deve sborsare la bellezza di 4 euro e 20 centesimi, molto di più della spesa per la benzina… Ma dai, chi può bersi certe fantasie? Basta a scherzare sulla pelle della gente… Come dite? Tutte queste notizie arrivano dalla televisione? Ma sicuramente sarà un burla architettata da qualche tv privata sulla falsariga di Scherzi a parte… Non è così? L’ha detto la Rai? La nostra televisione di stato? Quella che noi cittadini finanziamo attraverso il pagamento di un canone annuale? La nostra tv di stato che, ogni sera, ad esempio, al concorrente di turno di uno scandaloso gioco a premi dove non occorre avere alcuna dote di abilità, capacità, o conoscenza - vengono regalati migliaia e centinaia di migliaia di euro? Il tutto, tra l’altro, facendo passare un messaggio pericolosissimo e diseducativo, soprattutto per i giovani? Ok, basta, ho ascoltato panzane a sufficienza. Sono proprio stufo di sentire fesserie e balle sparate in quantità industriale. Fuori fa freddo e la pioggia sta disegnando uno scenario che invita a strasene al calduccio. Ho deciso, prendo il giornale e mi rilasso un po’ davanti al camino. In prima pagina, però, a caratteri cubitali: “Due ore di incontro, Renzi, profonda sintonia con Berlusconi…”. Renzi chi…? L’ex concorrente della Ruota della fortuna che un giorno sì e l’altro pure dice che bisogna mandare a casa l’attuale governo in quanto il Pd, da lui guidato, non ha nulla da spartire con il centrodestra…? Vabbè, ma allora ditelo che quest’anno anche il nostro Carnevale vivrà la stessa lunga preparazione di quello di Rio de Janeiro… Maschere, burle e prese in giro che si rincorrono per mesi…

Cari lettori, eccoci a febbraio, un mese tutto sommato poco amato (scusate la rima non voluta…). Le scorie dell’inverno iniziano lentamente a perdere potenza anche se l’anDott. Gino CONSORTI tico adagio, Febbraio Giornalista professionista corto e amaro, è lì però a ricordarci che la primavera è ancora lunga da venire. Sia quella meteorologica, sia quella economica. Febbraio, infatti, nasce con il fiato sul collo visto che nel calendario riceve il testimone da gennaio, un mese tradizionalmente terribile per quanto riguarda gli adempimenti fiscali. Tasse su tasse che, di fatto, mettono a dura prova il nostro portafoglio e la nostra psiche: mini Imu, ultima rata della Tares, bolli auto e moto, ordine professionale, Irpef, Ires, Irap, Iva, Cedolare secca, Imposta di registro, Tobin Tax, Start up e lavoratori autonomi, Ivie e Ivafe, Assicurazione per attività casalinghe, canone Rai… Un interminabile e assurdo elenco di tributi che si trasforma in una vera e propria miscela esplosiva se lo mescoliamo con altri tre interminabili elenchi: quello che comprende chi non ha un lavoro, quello di chi il lavoro ce l’ha ma da mesi non percepisce più lo stipendio e quello di chi per anni il lavoro lo ha avuto ma poi, da un giorno all’altro, si è ritrovato con le mani in mano. Insomma, c’è poco da ridere e da scherzare, anche se questo è il mese che tira la volata al Carnevale. Il Carnevale? Ma a Carnevale ogni scherzo vale… Vuoi vedere, allora, che tante storture di questo nostro paese non sono altro che delle burle confezionate ad arte dai mezzi d’informazione? Ma sì, non può essere vero, ad esempio, che un 55enne in un raptus di follia ha ucciso a colpi di accetta un suo amico, ospite in casa sua, colpevole di aver lasciato la luce accesa in camera… E addirittura l’assassino nel 1998 si era già macchiato di un omicidio efferato uccidendo a colpi di spranga la fidanzata. Non solo, condannato a 24 anni, riconosciuto seminfermo di mente, dopo alcuni anni trascorsi in carcere era diventato ospite di una comunità… Ma dai, si vede che è una storia inventata, noi siamo l’Italia, un paese serio… E la notizia di quella suora che, ricoverata per un mal di pancia in ospedale, ha partorito un bimbo di tre chili e

SCHERZI DI CARNEVALE

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Dott. Claudio D’ARCHIVIO Fondatore del GRUPPO MEDICO D’ARCHIVIO

Le lesioni muscolari vengono suddivise, in base al tipo di meccanismo dell’evento traumatico in lesioni da stiramento, da compressione o da taglio. Prenderemo in considerazione soltanto le lesioni muscolari da stiramento, tipiche dell’attività sportiva, con allungamento non coordinato delle fibre muscolari. Esse possono essere suddivise in traumi minori e traumi maggiori. I traumi muscolari minori sono costituiti da contusioni, contratture ed elongazioni. Questi quadri non ritrovano nell’esame ecografico un aspetto patognomonico, motivo per il quale l’esame stesso non evidenzia alterazioni o soluzioni di continuità non presenti nelle fibre muscolari. A volte vi è l’interessamento edematoso del muscolo, l’esame ecografico può porre in evidenza un distanziamento e dislocamento dei fasci terziari con aspetto tendenzialmente ipoecogeno. In questi casi risulta fondamentale l’esame comparativo al fine di evidenziare la diversa ecogenicità e l’aumento di spessore del muscolo interessato rispetto al controlaterale. L’esame ecografico risulta in questi casi fondamentale per escludere la presenza di traumi maggiori al fine di meglio gestire l’iter terapeutico. I traumi maggiori si distinguono in distrazioni, rotture parziali e rotture totali. Nelle distrazioni è sempre coinvolto un piccolo contingente di fibre muscolari. Le rotture parziali sono causate da lacerazione di un contingente maggiore di fibre muscolari che però non interessa a tutto spessore il corpo muscolare coinvolto. Dato molto importante è l’andamento della lesione verticale o orizzontale. L’ematoma, di aspetto ipoecogeno, è sempre presente tra i due monconi lievemente retratti, di aspetto iperecogeno. Le rotture totali interessano un intero compartimento potendosi avere sia a livello inserzionale che lungo il decorso del muscolo, a livello del ventre. Il quadro ecografico evidenzia una retrazione totale, a monte e a valle, dei fasci terziari con ampio ematoma anecogeno centrale. L’esame ecografico è di ottimo ausilio nella valutazione del trauma muscolare da effettuarsi a distanza di 24-48 h dall’evento traumatico con controlli ripetuti al fine di valutarne l’evoluzione e l’efficacia terapeutica.

Specialista in Radiodiagnostica e Scienze delle Immagini

L’ECOGRAFIA MUSCOLARE Lo studio ecografico delle strutture muscolari non può prescindere da una descrizione anatomica dei muscoli. I muscoli volontari sono formati da una parte rossa costituita da fasci di fibre muscolari e da una parte bianca costituita da fasci di tessuto connettivo lasso, denominato tendine se sotto forma di cordone, o aponeurosi se sotto forma di lamina. Si suddividono in muscoli lunghi, larghi e brevi: ci avvarremo in questa sede dei muscoli lunghi, in quanto più facilmente esaminabili con l’esame ecografico. Le fibre muscolari striate sono riunite dal tessuto connettivo in maniera da comporre fascetti denominati fasci secondari e successivamente fasci terziari; questi ultimi sono le unità più semplici visibili con l’esame ecografico. L’involucro connettivale (rivestimento) esterno è detto perimisio. I setti connettivali che si partono dal perimisio si approfondano nel muscolo delimitando i fasci di vario ordine, costituendo nell’insieme l’epimisio. L’esame ecografico di un muscolo lungo va effettuato a partire dal terzo medio (dal centro) del muscolo per poi procedere prima verso l’estremità craniale e poi caudale, così da delimitare la struttura muscolare. La banda iperecogena più superficiale è costituita dall’aponeurosi di rivestimento del perimisio dalla quale si dipartono setti connettivali anch’essi identificabili come linee iperecogene che si approfondano verso il piano osseo, o endomisio, costituendo logge. L’anatomia dei fasci muscolari viene riprodotta fedelmente nell’immagine ecografica. Nella valutazione assiale dei muscoli si ha un aspetto granuloso e puntiforme, mentre nella valutazione secondo piani longitudinali la disposizione dei fasci muscolari terziari è perfettamente riproducibile e costituita da una serie di linee iperecogene parallele. Fondamentale è tenere la sonda rigorosamente perpendicolare al piano muscolare in esame. 5


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Martina PALANDRANI Direttore Amministrativo del Centro Diagnostico D’Archivio

IL GIORNO DEL MIO FIDANZAMENTO III PARTE

Andrò da lei, la saluterò con un bacio ed una carezza, le chiederò come sta, poi le dirò che ho una cosa per lei, prenderò dalla tasca della giacca l’anello e glielo infilerò all’anulare sinistro, la guarderò negli occhi e le dirò: ”Emilia, mi vuoi sposare?” e lei dirà, senza nemmeno pensarci: “Sì”. Lo so, dirà così, l’ho sempre saputo, dalla prima volta che l’ho vista. Lo ricordo ancora come fosse ieri. Ero andato a trovare la mamma, ci vado un giorno sì ed uno no, lei è sempre stata la mia unica confidente. Non ho mai avuto amici: quand’ero piccolo i miei compagni di classe mi prendevano in giro perché non avevo un papà né i soldi per uscire con loro e vestire come loro. Poi, dopo l’incidente durante la leva militare in cui mi scoppiò una mina sotto al piede destro, ritrovandomi con due dita in meno, senza sensibilità fino al tallone e zoppo, mi prendevano in giro dicendo: “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare!”, ridevano e si allontanavano. Solo lei riusciva a consolarmi quando tornavo da scuola piangendo. Ero lì in giardino con la mamma che le raccontavo com’era andato il lavoro, quando sentii dalla casa accanto, che dista due metri da quella della mamma, dei singhiozzi, forse un pianto. Allora mi avvicinai pensando che qualcuno non stesse bene e avesse bisogno di aiuto, vidi una donna vestita di

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scuro, chiudere il cancello alle sue spalle ed allontanarsi nella direzione opposta alla mia con la testa abbassata ed un gatto attorno ai piedi. Guardai oltre il cancello da cui quella signora era appena uscita, non l’avevo mai fatto le altre volte, so che non è corretto curiosare tra le cose degli altri, ma quel giorno fu diverso, sembrava come se una corda mi tirasse verso quella casa e mi avvicinai. Al di là della recinzione c’era un piccolo cortile pavimentato di cemento con tanti vasi di fiori e, più in là, una casa alta e stretta con tante finestre disposte su due colonne e, ad una di queste, era affacciata una ragazza che non sembrava affatto preoccupata per quella signora che era appena andata via piangendo e continuava a guardare fuori, tranquilla. Dopo un po’ si accorse di me ma non sembrava infastidita dalla mia presenza estranea, anzi, nel suo sguardo c’era un velo di sorriso che sembrava dire: ”Avvicinati!”, incuriosita. Lo feci: appoggiai la mano sulla maniglia del cancello, la spinsi verso il basso e l’aprii, due passi ed ero nel cortile, altri due ed ero sotto alla finestra della ragazza. Da quella distanza potei rendermi conto di quanto fosse giovane e bella, talmente tanto che mi sentii in soggezione. “Salve, perdoni l’intrusione, sono Giuseppe Conti, stavo nella casa accanto, ho sentito dei rumori e mi sono preoccupato. Tutto bene?”.


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Avevo cercato di utilizzare un italiano che fosse il più corretto possibile, rimpiangendo di non aver potuto continuare gli studi perché non c’erano soldi a casa. Il viso bello e delicato di quella ragazza mi faceva pensare che appartenesse ad una famiglia d’alto rango. Lei annuì, andava tutto bene e si chiamava Emilia Passamonti. Mi sembrò da subito timida, parlava poco e a bassa voce, non volli metterla a disagio e la salutai con un “A presto”. Tornato a casa quella sera, non riuscivo che a pensare a lei. Rivedevo i suoi occhi luminosi e scuri, la fronte spaziosa da cui i capelli neri formavano una treccia lunga e ben fatta. Senza un filo di trucco, la pelle liscia e chiara, le labbra morbide, socchiuse, da cui si intravedeva la schiera bianca dei denti, il collo fino che portava ad un busto esile rivestito da un golfino di lana e le gambe, nascoste dietro al muro, le immaginavo già, lunghe e snelle. Intanto pregavo di rivederla la volta successiva e di trovare una scusa credibile per fermarmi a salutarla. “Mannaggia, un altro taglio! Non comprerò mai più queste lamette!”. Tampono la ferita con un po’ di cotone imbevuto d’alcol; brucia. Quando andai a trovare la mamma, la volta successiva, da-

vanti casa di Emilia, finsi di inciampare con i sassolini che stavano sulla strada e, mentre, chino, massaggiavo la caviglia mimando smorfie di dolore; girai lo sguardo in direzione della sua abitazione e lei era lì, di nuovo. In un attimo mi dimenticai della slogatura e del mio nuovo mestiere di attore e andai spedito verso di lei per salutarla. Fu fin troppo cortese con me, dato che era solo la seconda volta che ci vedevamo: mi fece accomodare nel suo giardino colorato di gerani e viole. Tutti quei fiori mi fecero pensare che ne fosse appassionata, finsi allora d’esserlo anch’io e, giacché c’ero, inventai d’aver fatto, qualche anno prima, un corso di botanica che mi aveva poi permesso di lavorare parecchio tempo in una serra grandissima con fiori e piante provenienti da tutto il mondo. Allora i miei complimenti sulla qualità del suo giardino assunsero un tono autorevole e lei sembrò molto compiaciuta dei miei apprezzamenti. Credo però che quando saremo sposati dovrò dirle che era tutta una finzione e che non ho mai innaffiato una pianta in vita mia! Da quel pomeriggio di fine aprile le visite a mia mamma si fecero più brevi e più lunghe le chiacchierate con Emilia e più intenso il nostro affetto.

Martina Palandrani scrive per passione e per appassionare.. Ha all’attivo una raccolta di poesie IN &OUT, in collaborazione con l’artista Giuseppe Stampone ed è fresca di Segnalazione Speciale al Premio Gabriele D’Annunzio 2013 per la poesia “Il Signor Strab”.

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Illustrazioni di Beatrice Corcelli


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Franco GIANSANTE Consulente per la realizzazione, gestione e controllo di Strutture Sanitarie e Sociosanitarie

La Certificazione del Sistema di Gestione della Qualità nelle strutture sanitarie (norma iso 9001:2008 ed altre) Sentiamo spesso parlare di Certificazione del sistema di gestione della qualità nelle strutture sanitarie, della norma ISO 9001:2008, (di cui parleremo), di accreditamento e tante altre cose che riguardano la qualità delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie e della qualità percepita dagli utenti delle stesse. Per capirci: le norme ISO 9000, (9000,9001,9004,…) sono una serie di norme a validità internazionale, che fanno riferimento ai sistemi di gestione della qualità, cioè alle strutture organizzative che le imprese pubbliche e private, dovrebbero adottare per meglio orientare l’azienda al raggiungimento di risultati in linea con le attese, nel nostro caso, dei pazienti. Cosa significa allora, applicare la ISO 9001 in una struttura sanitaria? Significa creare all'interno dell'azienda un sistema organizzativo i cui requisiti rispettino quanto richiesto dalla norma ISO 9001:2008 che si applica a tutti i processi aziendali. I processi devono essere documentati nei: manuali qualità, procedure, istruzioni e tutti i risultati del "fare qualità" in azienda, saranno registrati su apposita modulistica.Ovvero, l’azienda si impegna a: -

Scrivere quello che fa Fare quello che ha scritto Dimostrare quello che ha fatto Pensare a come migliorarlo.

L’obiettivo di un sistema qualità ISO 9001 è quindi, quello di assicurare che l’erogazione di una prestazione sanitaria fornita dall’azienda, sia conforme ai requisiti specificati. I requisiti specificati sono definiti dalla norma, così come le aspettative esplicite ed implicite del Cliente/Paziente. Dalla fine del 2012, è inoltre disponibile la Norma BS EN 8

15224:2012 dal titolo Health care services Quality management systems - Requirements based on EN ISO 9001:2008: Servizi di assistenza sanitaria - Sistemi di gestione della qualità. La norma specifica i requisiti per un sistema di gestione per la qualità di un'organizzazione che: a) deve dimostrare la sua capacità di fornire costantemente servizi di assistenza sanitaria che rispondano alle esigenze dei clienti, nonché i requisiti di legge e regolamentari applicabili, e standard professionali; b) desidera accrescere la soddisfazione dei clienti tramite l'applicazione efficace del sistema, tra cui continuo miglioramento del sistema di gestione, i processi clinici e l'assicurazione della conformità ai requisiti relativi alle caratteristiche di qualità, adeguata, corretta cura, disponibilità, continuità di cura, efficacia, efficienza, equità; prove/cura basata sulla conoscenza, la cura centrata sul Paziente, compresa la sua integrità fisica e psicologica, il coinvolgimento del Paziente, la sicurezza del Paziente e linee temporali/accessibilità. Le strutture che adottano il sistema di gestione per la qualità sono sottoposte a verifica ispettiva e al suo superamento, viene “Certificata” dall’organismo di certificazione che agisce quale terza parte rispetto all’impresa certificata ed a quella di consulenza. L’Organismo di Certificazione verifica il sistema ed emette la relativa certificazione che annualmente viene controllata ed in caso di mantenimento dei requisiti, rinnovata. La certificazione rilasciata attesta che un prodotto, un processo o un servizio è conforme alla specifica norma o documento normativo. Gli organismi di Certificazione sono a loro volta controllati dall’Organismo di Accreditamento (“Accredia” in Italia) che garantisce sul loro operato. Usufruire di prestazioni erogate da una struttura sanitaria “Certificata” equivale quindi, ad avere la garanzia che quella struttura eroga prestazioni rispondenti a procedure codificate, verificate e certificate da un organismo terzo di certificazione. La certificazione è una scelta volontaria e non un obbligo per la struttura. Chi decide di intraprendere la strada della certificazione del proprio Sistema Gestione della Qualità, lo fa assumendosi maggiori oneri di gestione, maggiori responsabilità nei confronti del Paziente, chiedendo maggior impegno ai propri operatori. Però, essa è una struttura che pone il Paziente al centro delle proprie attenzioni, delle proprie scelte e della propria attività.


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Dott Giancarlo ABRIGATA Laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria

SOSTITUZIONE dell’amalgama d’argento. L'amalgama di argento è una lega metallica costituita da argento, stagno, rame, palladio, indio e da una parte liquida, il mercurio. Quando questi materiali vengono miscelati tra loro, si forma un materiale plastico facilmente condensabile e modellabile che indurisce completamente in circa due ore. In odontoiatria l'amalgama è usata con ottimo successo da più di un secolo come materiale da restauro per i denti cariati e negli ultimi vent'anni la sua qualità è molto migliorata diminuendo la quantità di mercurio ed aggiungendo nuovi componenti che ne diminuiscono la corrosione all'interno del cavo orale. I pregi indiscussi di questo materiale sono: ottimo sigillo marginale, facilità di utilizzo, lunga durata, lunga esperienza clinica. I difetti sono: un colore che non si mimetizza con il dente, da cui il termine popolare di “piombatura”; la necessità di eseguire preparazioni di cavità ritentive ed in un certo senso demolitive, in quanto l'amalgama non possiede la capacità di legarsi alla struttura dentale, ed infine una potenziale tossicità dovuta al mercurio. La questione della pericolosità di questo materiale per la salute è vecchia quasi quanto il materiale stesso ed ha portato i ricercatori a sviluppare su questo argomento una vastissima letteratura scientifica. Negli Stati Uniti, l'Assistant Secretary for Health ha costituito nel 1991 un comitato di ricerca che ha vagliato ed analizzato circa 500 lavori e pubblicazioni scientifiche riguardanti l'amalgama. I risultati di questa ricerca, pubblicati nel 1995, non evidenziano in alcun modo che le otturazioni in amalgama siano nocive. L'U.S. Public Health Service, tenuto conto del parere del Ministero della Sanità e del Centro Controllo e Prevenzione della Food and Drug Administration, ha pubblicato su una rivista a larghissima tiratura un articolo chiarificatore in merito, al fine di rassicurare sul rischio, inesistente, la popolazione allarmata dalle frequenti voci riportate dai media riguardo ai pericoli del mercurio. Gli unici rischi certi e documentati in letteratura possono insorgere durante la rimozione delle otturazioni in amalgama, per via dei vapori sprigionati dal calore sviluppato dagli strumenti rotanti utilizzati, che i dentisti possono annullare seguendo i protocolli operativi in9

dicati dalla comunità scientifica. La sua produzione e vendita è regolamentata in Europa dalla direttiva 93/42Ce. Ogni prodotto per essere immesso sul mercato deve ottenere, e riportare sulla confezione, la marcatura CE che ne comprova la sicurezza per l’utilizzatore finale: il paziente. Le continue e pressanti richieste estetiche da parte dei pazienti, da una parte, e una ricerca sempre più attenta verso i materiali estetici, dall'altra, hanno orientato sia i ricercatori che i clinici verso l'impiego di materiali "del colore del dente". I materiali compositi di ultima generazione (ibridi a particelle microfini) rappresentano una valida alternativa l'amalgama d'argento nei settori posteriori, a condizione che la cavità del dente abbia dimensioni opportune, e che il loro posizionamento venga eseguito sotto diga di gomma una speciale barriera che isola i denti dal resto del cavo orale. Per carie piccole, medio-pic-


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cole e per sostituzione di vecchie cure in amalgama non molto estese si procede alle otturazioni dirette eseguite cioè nella bocca del paziente, ma, se la dimensione della cavità del dente è invece molto grande, l'utilizzo di questi materiali può dare buoni risultati solo con tecniche indirette ovvero la preparazione dell'intarsio, che consiste nel fare realizzare dal laboratorio odontotecnico la parte di dente mancante che verrà poi "cementata adesivamente" sul dente. Se queste condizioni sono rispettate i materiali compositi di ultima generazione consentono di eseguire otturazioni più conservative dell'amalgama d'argento, cioè a dire che si può essere meno demolitivi per conservare più dente residuo. Con l’avvento ed il continuo sviluppo di questi materiali estetici è completamente cambiato l'obiettivo che si propone l’odontoiatria conservativa ovvero il ripristino morfo-funzionale di un elemento dentale; è così che il vecchio concetto “EXTENSION FOR PREVENTION” viene pian piano abbandonato per il nuovo “PREVENTION OF EXTENSION”. La profonda differenza è dettata dalla grande diversità dei due materiali impiegati amalgama d'argento e resine composite. L'amalgama d'argento ha bisogno di ritenzioni meccaniche perchè non aderisce chimicamente alla superficie del dente e da qui la necessità di estendere la nostra cura a porzioni di dente sano per avere tenuta e ridurre il rischio di carie secondarie (extension for prevention); con i materiali compositi possiamo eseguire cure, eliminando la sola parte malata del dente, che senza dubbio sono meno demolitive e mostrano una estetica apprezzata da tutti i pazienti (prevention of extension). La carie spesso si localizza a livello interprossi-

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male, cioè sulle superfici dei denti a contatto tra loro, tra dente e dente. Le carie cosiddette interprossimali sono spesso invisibili all'esame clinico ma facilmente individuate da opportune indagini radiografiche. L'esame radiografico di prima scelta per la diagnosi precoce di carie interprossimali è la radiografia endorale con tecnica Bite Wing, eseguita per mezzo di un opportuno centratore che consente di posizionare la pellicola nel cavo orale e di mantenerla in perfetta posizione ed in corretto rapporto con i denti da esaminare. Giova ricordare ai lettori che la migliore otturazione è quella che non è mai stata eseguita e che la più efficace terapia è la prevenzione.

ISOLA ODONTOIATRICA Via San Gabriele, 255/a Isola Del Gran Sasso (TE) Tel/Fax 0861 975730 segreteria@isolaodontoiatrica.it www.isolaodontoiatrica.it


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Dott. Massimo ZERBINI Direttore Responsabile del Laboratorio Analisi IGEA

MAR TEST: STUDIO ANTICORPI ANTISPERMA Le cause immunologiche dell’infertilità maschile e femminile. Molti studi confermano che gli anticorpi che si formano sulla superficie degli spermatozoi e nel muco cervicale femminile (o nel sangue di entrambi i sessi) possono interferire con la motilità degli spermatozoi e con la loro interazione con gli ovociti. Questa condizione è presente in circa il 10% dei casi di infertilità maschile inspiegata (idiopatica) e ben il 25-40% dei casi di infertilità di coppia senza causa apparente. L’immuno infertilità è dovuta alla presenza degli anticorpi antisperma. La ricerca medica ha dimostrato inoltre che entrambi i sessi possono produrre anticorpi che reagiscono con lo sperma umano. L’infertilità immunologica femminile avviene quando il muco cervicale femminile si costituisce come un ambiente ostile allo sperma perché produce anticorpi diretti contro gli spermatozoi del partner. Nell’infertilità immunologica maschile, invece, gli anticorpi antisperma si attaccano a diverse parti dello spermatozoo ed interferiscono con la fertilità. Gli anticorpi antisperma circolanti presenti nel sangue sono invece rilevabili nella maggior parte (70%) degli uomini che si sono sottoposti a vasotomia. Gli anticorpi antisperma femminili influiscono sulla penetrazione degli spermatozoi nel muco cervicale. La presenza degli anticorpi antisperma nel sangue della donna non è strettamente correlata con gli anticorpi antisperma nel muco cervicale ed in generale il significato clinico della presenza degli anticorpi antisperma nel sangue di uomini e donne è controversa. Per quanto riguarda il meccanismo della reazione immunitaria c’è da dire che gli spermatozoi sono estranei all’organismo perché diversamente da tutte le altre cellule, contengono solo la metà del corredo cromosomico (23 cromosomi contro 46 del corredo cromosomico normale), ovvero sono aploidi anziché diploidi. Quando lo sperma entra in contatto con il sangue è perciò in grado di scatenare una reazione immunitaria che consiste nella produzione di anticorpi antisperma. La spermatogenesi ha luogo dietro una barriera immunitaria rappresentata dai testicoli i quali contengono una membrana basale ovvero la barriera testicoli-sangue. Essa agisce come uno strato protettivo e previene il contatto all’interno del tratto riproduttivo maschile tra le cel-

lule immunitarie e gli spermatozoi. La barriera può rompersi a causa di eventi traumatici del tratto riproduttivo cosicché le cellule immunitarie entrano in contatto con gli spermatozoi attaccandoli e distruggendoli. I disturbi del sistema immunitario possono portare a fallimenti riproduttivi diversi: infertilità inspiegata, fallimento ripetuto della fecondazione in vitro (FIV), aborti spontanei ripetuti. L’agglutinazione degli spermatozoi avviene quando gli spermatozoi mobili aderiscono gli uni agli altri testa a testa ed in questo caso sarebbe auspicabile eseguire una spermiocoltura per escludere la presenza di infezioni, altrimenti eseguire il test di agglutinazione degli spermatozoi (MAR TEST). Alcune tra le più comuni cause di rottura della barriera testicolisangue e della conseguente formazione degli anticorpi antisperma comprendono: infezioni, criptorchidismo (testicolo ritenuto), cancro dei testicoli, varicocele, malattie autoimmuni.

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Dott. Stefano BANDIERA Dirigente Medico Istituto Rizzoli di Bologna

Specialista in Chirurgia della Colonna Vertebrale Oncologica Degenerativa

OSTEOPOROSI NELL’ANZIANO:

prevenzione e trattamento conservativo

Le fratture da fragilita`, principale complicanza della osteoporosi, rappresentano oggi uno dei maggiori problemi di salute destinato ad incrementarsi nel futuro prossimo. La osteoporosi e` una patologia sociale in quanto colpisce circa un terzo delle donne dopo la menopausa ed e` oggi una delle cause piu` frequenti di morbilita`, invalidita` e mortalita` tra la popolazione anziana. E` noto che il rischio di fratture osteoporotiche e` maggiore nelle donne in post-menopausa, ed aumenta con l’eta`. Tuttavia, numerosi studi hanno evidenziato che in eta` senile il problema e` rilevante in entrambi i sessi. Anche se l’osteoporosi puo` coinvolgere qualsiasi distretto scheletrico, le fratture piu` frequenti sono quelle a carico della colonna vertebrale, e nelle eta` piu` avanzate quelle del collo del femore, con conseguente aumento del rischio di disabilita`, e di mortalita`. Dopo una frattura di femore, circa il 20% delle persone muore entro un anno, il 30% rimane disabile, il 40% non recupera piu` la propria autonomia e l’80% perde almeno una delle attivita` strumentali della vita quotidiana.

I fattori di rischio maggiori per l’osteoporosi includono l’eta` (che è il più importante), la ridotta attivita` fisica, le pregresse fratture da fragilita`, una storia familiare di frattura osteoporotica, l’uso di corticosteroidi e l’abuso di alcol. La profilassi e la prevenzione non farmacologica della perdita di massa ossea hanno un ruolo essenziale nel prevenire, rallentare o bloccare la perdita minerale ossea, mantenendo stabile o incrementando la resistenza dell’osso e la performance muscolare, e/o rimuovendo quei fattori che possono facilitare la frattura. Esercizio fisico: L’attivita` fisica e l’allenamento muscolare comportano rilevanti effetti benefici alla salute dell’individuo in quanto migliorano l’equilibrio, la postura, la coordinazione, la propriocezione, la forza muscolare e il tempo di reazione negli anziani con conseguente significativa riduzione del rischio di cadute e le conseguenti. Prevenzione delle cadute: Le cadute rappresentano il primum movens ed hanno un ruolo fondamentale nell’evento fratturativo. La prevenzione delle cadute ha quindi un ruolo cardine nella riduzione delle fratture da fragilita` e la si ottiene con alcuni interventi quali il controllo e la correzione dell’acuita` visiva e uditiva, la valutazione di problemi neurologici, la revisione di farmaci per gli effetti collaterali che possono avere sull’equilibrio e sulla stabilita`, la rimozione delle barriere architettoniche domiciliari. Fumo: Il fumo stimola il riassorbimento osseo perchè interferisce con l’assorbimento del calcio e abbassa i valori di estrogeno circolanti. Fattori nutrizionali: Una dieta bilanciata ricca di vitamine, minerali, e proteine contribuisce a mantenere un adeguato metabolismo osseo. Il consumo di frutta e verdura e` risultato protettivo per l’uomo. Una dieta equilibrata e` in grado di fornire un’adeguata assunzione di calcio (contenuto soprattutto nei prodotti caseari, legumi e alcune verdure) ma l’introito potrebbe essere completato (se necessario) con integratori o con cibi arricchiti di calcio. La ipovitaminosi D predispone l’anziano fragile ad una maggiore incidenza di fratture. Una concentrazione ottimale di vitamina D non soltanto mantiene un adeguato metabolismo osseo, ma e` in grado di ridurre il numero di cadute del 20% La terapia farmacologica deve basarsi su medicine che hanno un’efficacia significativa nel ridurre l’incidenza di fratture. A tutt’oggi questi farmaci sono: i bisfosfonati, gli estrogeni, il raloxifene, il teriparatide, l’ormone paratiroideo 1-84, e il ranelato di stronzio. Altri farmaci come il Denosumab sono in fase piu` o meno avanzata di studio. In definitiva, tutti i pazienti osteoporotici, con o senza fratture devono ricevere un supplemento di calcio e vitamina D e devono essere incoraggiati a svolgere una moderata attivita` fisica, prima di iniziare una terapia farmacologica specifica. 13


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Per SAPERNE di PIÚ

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lonna vertebrale viene misurata ed espressa in gradi (Cobb). In genere, una curvatura è ritenuta significativa se superiore a 25-30 gradi. Le curvature superiori a 45-50 gradi sono considerate più gravi. È possibile prevenirla? Sfortunatamente la scoliosi è una patologia che, a differenza, di altre, non può essere prevenuta. E’ però auspicabile una diagnosi precoce che farà salire la percentuale di successo della terapia. Come si cura? Le terapie variano in base alle cause e alla gravità. Nei casi più semplici puo’ essere sufficiente una buona ginnastica correttiva, alla quale, nei casi più seri,

Dott.ssa Claudia GUETTI Tecnico Sanitario di Radiologia Medica

Scoliosi Il rachide non è una struttura rettilinea e rigida. Se osservata lateralmente la colonna di un adulto mostra quattro curve vertebrali: lordosi cervicale, cifosi dorsale, lordosi lombare, la curva sacrale. Queste curve fisiologiche aiutano la parte superiore del corpo a mantenere l’equilibrio e il corretto allineamento. Deviazioni anomale della colonna vertebrale in senso laterale, con rotazione e deformazione permanente, sono definite “scoliosi”. Il termine deriva dal greco “skolios”: storto, contorto. Le cause della scoliosi sono molteplici e tra queste si riscontrano le malformazioni congenite della colonna vertebrale, le malattie genetiche, i problemi neuromuscolari e la disparità di lunghezza degli arti. Altre cause di scoliosi possono essere la paralisi cerebrale, la spina bifida, la distrofia muscolare, l’atrofia muscolare spinale e i tumori. Tuttavia, le cause di oltre l’80% di casi di scoliosi non sono ancora note (scoliosi idiopatica). I sintomi variano da individuo a individuo. La sua caratteristica più saliente è l’evolutività; essa insorge nella maggior parte dei casi alla soglia dello sviluppo puberale (il sesso femminile è maggiormente colpito) tendendo ad arrestarsi verso il periodo in cui avviene la maturazione ossea. La scoliosi propriamente detta non deve essere confusa con l’atteggiamento scoliotico, patologia reversibile e con cause differenti. Come riconoscerla? La distinzione deve essere fatta da un medico specialista che farà eseguire al paziente il cosiddetto Bending Test (test della flessione anteriore) detto anche Test di Adams. Il paziente tiene le gambe tese e le mani unite, poi flette il busto in avanti, se a lato della colonna si formano delle gibbosità siamo in presenza di una scoliosi; se tali prominenze sono presenti quando il paziente è in piedi ma scompaiono quando flette il busto in avanti si parla di atteggiamento scoliotico. Come esito dell’esame strumentale la curvatura della co14

AP (Antero-Posteriore) e LL (Latero-Laterale).


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potrà essere associato l’uso di particolari corsetti.I casi di scoliosi grave possono richiedere l’uso della terapia chirurgica. L’esame radiologico è fondamentale e permette di: determinare il numero delle curve, misurare il grado dell’angolatura, valutare la riducibilità spontanea, confrontare l’età ossea con quella cronologica, calcolare la rotazione vertebrale, rilevare la diversa lunghezza degli arti inferiori. Gli esami clinici e radiografici devono essere ripetuti per tutto il periodo della crescita, in genere ogni 6 mesi.

Per SAPERNE di PIÚ

In età adulta si deve fare un controllo circa ogni 5 anni. Lo studio radiografico del rachide in toto, o ortostatismo, viene eseguito in due proiezioni: AP (Antero-Posteriore) e LL (Latero-Laterale). Il TSRM farà togliere al paziente tutti gli oggetti di metallo, inoltre dovrà prontamente predisporre le protezioni per le gonadi o per utero, ovaie e mammelle. Calcolerà, infine, in base all’età e alla massa corporea, la dose ottimale da erogare.

Quando si è affetti da scoliosi bisognerebbe astenersi dal praticare le attività sportive che esaltano la flessibilità: ginnastica artistica, ritmica, danza classica, nuoto ecc. Per anni migliaia di bambini sono stati iscritti ai corsi di nuoto, lo sport che sembrava l’unico vero rimedio per la scoliosi. Non è cosi, il mito del nuoto quale toccasana contro la scoliosi è ormai sfatatato da tempo, anzi, una pratica intensa del nuoto, rende la colonna vertebrele più mobile e di conseguenza ”più deformabile”. Gli sport asimetrici, come tennis e scherma, sono abbastanza neutri rispetto alla scoliosi; invece gli sport in carico, come la corsa, possono essere benefici, soprattutto in caso di atteggiamento scoliotico. Nei casi di scoliosi è comunque opportuno non praticare attività sportiva a livello agonistico. L’attività sportiva non agonistica deve essere quindi vista come completamento dell’insostituibile ginnastica correttiva.

ERRATA CORRIGE

Nel numero di gennaio, nell’articolo “Studio Radiografico del ginocchio” della Dott.ssa Valentina Iacovelli è stata pubblicata un’immagine errata. NORMALE VARO

VALGO

Pubblichiamo al lato l’immagine corretta.

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CENTRO DIAGNOSTICO D’ARCHIVIO STUDIO RADIOLOGICO GADALETA CENTRO DI MEDICINA ESTETICA Via Del Baluardo, 53 - Teramo Via G. Galilei, 59 - Giulianova Lido (Te) Via Mamiani, 7 - Giulianova Lido (Te) Tel. 0861 246643 Tel. 085 8008215 Tel. 085 8005036 www.centrodiagnosticodarchivio.it www.studioradiologicogadaleta.it www.diomiramedicina.it




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