Pink Magazine Italia - Estate 2018

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eventi, contribuisce a calarli in un’atmosfera ancora più estatica che si concreta saltuariamente per mezzo di alcune gustose brevissime conversazioni in spagnolo e in francese. Solo a lettura ultimata si comprende quanto le citazioni poste a inizio sezione siano state volutamente scelte come sintesi di ciò che si incontrerà nelle pagine a seguire. Perché se nella prima parte il protagonista di origini iraniane Omar Razaghi, preso dalla propria insicurezza e infelicità, decide di partire alla volta dell’Uruguay al fine di convincere gli eredi di Jules Gund ad autorizzare la stesura della biografia del loro defunto congiunto, nella seconda parte gli eventi si evolvono verso una nuova consapevolezza del protagonista che prende coraggio e fa ciò che più desidera: abbandonare il dottorato e l’insegnamento all’università. Nella prima parte, infatti, i personaggi si incontrano e si scontrano attraverso dialoghi serrati carichi di verve con cui si rivelano poco alla volta le diverse personalità e le loro debolezze. (“Siamo infelici perché non capiamo come l’infelicità possa finire; ma quello che davvero non capiamo è che non può durare, perché il suo protrarsi causerà un mutamento di umore. Nemmeno la felicità, per la stessa ragione, può durare”, William Gerhardie, Dell’amore mortale). Nella seconda parte, invece, l’atmosfera passa da malinconica a speranzosa volgendo verso la conclusione del viaggio di crescita interiore che coinvolge quasi tutti i personaggi della storia. (“Quella sera dorata non volevo proprio andare oltre; più di ogni cosa volevo restare un po’…”, Elizabeth Bishop, Santarém). Tutti camminano verso l’affermazione di se e la realizzazione di quello che si ritiene giusto per la propria serenità e non di ciò che gli altri pensano lo sia. Tant’è vero che spesso la fidanzata di Razaghi si prodiga in consigli senza accorgersi di spingerlo verso un destino – l’insegnamento universitario - che lui non vuole, ignorando quanto il ragazzo stia vivendo un dramma interiore. (“A Deirdre poteva dire di aver fatto di tutto. Non avrebbe mai saputo la verità. Certo, si sarebbe vergognato. Come in tutte le cose, si trattava di scegliere: tra la vergogna

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di tornarsene a casa a mani vuote e l’umiliazione che probabilmente lo attendeva andando avanti”). In contrasto a lei c’è Adam, il fratello di Jules, che dal canto suo sa cosa è più opportuno per il suo compagno Pete e fa di tutto per allontanarlo da sé. Alla fine però gli eventi prendono una piega tale che tutti decideranno volontariamente per la propria vita. La risoluzione del romanzo verso un cambiamento dell’esistenze dei personaggi si oppone a quella negativa e distruttiva che il lettore avrebbe potuto supporre quando si ritrova a leggere che la fidanzata di Razaghi sta correggendo una tesina su Tess dei d’Ubervilles di Thomas Hardy. Nel nostro caso la natura di Ochos Ríos ammalia e avvolge in positivo i personaggi invitandoli al miglioramento, nel romanzo di Hardy invece è matrigna, ostile e indifferente alla sofferenza umana e non dà la possibilità di cambiare il proprio destino. La riflessione sull’importanza della natura nella vita umana è affidata ad Arden: quando, dopo aver chiesto ad Adam se crede in Dio si sente rispondere un secco no, lei reagisce dicendo “A volte mi sembra che la terra non voglia che le cose durino, ma voglia che tutto crolli e che noi tutti ce ne andiamo via. Che voglia tornare al principio, al giardino con i frutti e gli animali, prima che Dio diventasse ambizioso e rovinasse tutto. Si sarebbe dovuto accontentare. Avrebbe dovuto riposare al sesto giorno, non al settimo”. È una conclusione carica di speranza da un lato ma di nostalgia dall’altro perché seppure tutti riescono a cambiare la propria vita in meglio qualcuno non si è completamente liberato del proprio dolore. Peter Cameron ha scritto, secondo me, un romanzo eccezionale in grado di riflettere in maniera scanzonata sulla condizione umana e sulla difficoltà di ognuno a comprendere e quindi a far affermare la propria individualità. “Avere paura è lecito […] Il punto è non lasciare che la paura ci impedisca di fare quel che è giusto, o di ottenere le cose che desideriamo. Questo fa di noi dei codardi”.

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