Pink Magazine Italia - Estate 2018

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luglio 2018 N.11 anno II

SPECI A LE

BOOK

R E V I EWS

KAREN

SWAN INTERVISTA

intervista a

VERONICA

una giornata a

PONTE

VECCHIO

VENTAVOLI


ANTON GIULIO

GRANDE

Anton Giulio Grande Haute couture Paolo Di Pofi Hair Make up Artist Gioielli Le Vitali Modella Francesca Testasecca Fotografia di Arianna e Annalisa Bonafede Location NH Hotel Vittorio Veneto



Direttore Editoriale: Cinzia Giorgio Vice Direttore: Luigileone Avallone

PINK MAGAZINE ITALIA LUGLIO 2018 IN QUESTO NUMERO

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Redattori: Alessandra Penna, CAPO REDATTORE DilettaLuigi Adalgisa Parisella, L. Avallone Gordon Fanucci, Arthur Lombardozzi, REDATTORISelenia Erye, Gabriella Ciccopiedi, Alessandra Penna @AlessandraPen Angela Arcuri, Pietro Dragone Gordon Fanucci @GordonFanucci Isabella D’Amore @Wislavisa Ufficio Stampa: Diletta Adalgisa Parisella Diletta Adalgisa Parisella, Arthur Lombardozzi @W_Baskerville

Isabella D’Amore

DA PARIGI

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Progetto Grafico: Segno. PROGETTO CreativeGRAFICO Studio Lab Segno. Creative Studio Lab

6 KA RE N SWA N Una questione di cuore —

10 U NA G IORNATA A P ON TE V E CCHIO —

26 I L L I NG UAG G IO DE L V E N TAG LIO Il mio sogno romano —

29 M A RTI N M A RG I E L A —

30 V E RON IC A V E N TAVOL I Una voce dolce e pop —

34 5 9 RI VOL I Dove l’arte prende forma —

37 DA RL A O NON DA RL A ? Vinta, ovviamente! —

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COPYRIGHT 2018 PINK. Tutti i diritti riservati. Testi

TE RRE S E LVAG G E

e foto contenuti in questo numero possono essere

U n pellegrinaggio tra religiosità

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e ragionevolezza —

44 BO OK RE V I E WS —

52 I N D OV I NA C H I V I E N E A C ENA?

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Alla ricerca della libertà con Che Guevara


E d i to r i a l E

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febbraio 2017

WELCOME —

The Pink Side of... summer! Carissimi amici, è arrivata l’estate e con l’estate sono arrivate tante novità in redazione. Abbiamo prodotto il nostro primo servizio fotografico di moda: siamo andati a Firenze durante le giornate di Pitti. Il volto di Pink Magazine Italia di questo numero è Karen Swan, autrice di bestseller di fama internazionale. Ma troverete tanto altro ancora tra le pagine del nostro numero estivo. Non mancano recensioni, interviste, focus su moda, arte, musica, cinema e viaggi. Buona estate e buona lettura! CIN ZIA G IORG IO

Chief Editor - info@pinkmagitalia.com



- PINK LADY -

KAREN SWAN Una questione di cuore Ha iniziato la carriera di giornalista di moda, prima di rinunciare a tutto per prendersi cura dei suoi tre figli e realizzare il sogno di diventare una scrittrice. La casa in cui vive si affaccia sulle splendide scogliere del Sussex. Con la Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller tra cui Un diamante da Tiffany (numero 1 nelle classifiche italiane), Natale a Notting Hill, Il segreto di Parigi e Natale sotto le stelle. Una questione di cuore è il suo ultimo successo arrivato in Italia.

di Cinzia Giorgio

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aren Swan ha fatto di nuovo centro. Il nuovo romanzo Una questione di cuore (Newton Compton, 2018) supera le aspettative con la sua trama ricca di colpi di scena, di personaggi indimenticabili e di scenari incantevoli. Il romanzo si snoda su due livelli temporali ben distinti. Il 1974 che vede protagonista Elena Damiani, una donna che ha una vita perfetta. Nata e cresciuta nel lusso, è indiscutibilmente bella: una condizione che le ha sempre aperto tutte le porte. Nessun uomo può resistere al suo fascino. All’età di ventisei anni è già al suo terzo matrimonio, quando capisce di avere incontrato la sua anima gemella. Eppure quello di cui si è appena innamorata è l’unico uomo al mondo che non potrà mai avere, e né il suo fascino né i suoi soldi potranno cambiare le cose. Nel 2017, invece, Francesca (detta Cesca) Hackett sta vivendo la sua dolce vita romana: accompagna i turisti in giro per la Città Eterna e cerca di dimenticare i fantasmi del suo passato a Londra. Un giorno trova nella spazzatura una borsa: decisa a restituirla, scopre che la proprietaria è la famosa viscontessa Elena dei Damiani Pignatelli della Mirandola. Elena entra subito in sintonia con la giovane che le ha restituito la borsa rubata, contenente una lettera mai aperta, risalente a dodici anni prima. E Francesca si trova ben presto affascinata dai racconti di Elena, ricchi di storie sensazionali. Ma dietro quelle storie si nasconde PIN K MAGAZI NE I T AL I A

un segreto sconvolgente. I personaggi sono ben delineati, la trama scorre liscia e ti fa venir voglia di andare avanti per saperne di più sul rapporto tra Elena e Cesca. I colpi di scena non mancano, così come i sentimenti più veri, puri: dall’amore all’odio; dall’adorazione all’invidia. C’è davvero tutto in questo romanzo. Abbiamo incontrato Karen e le abbiamo fatto qualche domanda per conoscere meglio un’autrice tanto amata dal pubblico italiano. Una questione di cuore è appena uscito in Italia per la Newton Compton ed è già un grande successo. Perché hai deciso di ambientare il tuo romanzo a Roma? E cosa ti ha dato l’idea per la storia? Roma è la mia città preferita, quindi se non posso essere lì di persona, viaggio con il pensiero. Mi serviva un luogo che potesse trasmettere al contempo confusione, calore e brusio. La mia protagonista sta cercando di fuggire dalla sua vecchia vita, quindi ha dovuto scegliere un posto radicalmente opposto a Londra; ma sta anche cercando di superare un senso di vergogna… il che è ovviamente impossibile - i sentimenti sono la tua ombra, ti seguono dappertutto - quindi era importante che si trasferisse lì dove il passato coesiste visibilmente con il presente. Esiste una città più adatta di Roma? -

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La maggior parte dei tuoi romanzi sono ambientati all’estero: Parigi, New York, Grecia... Roma! Che cosa rappresentano per te questi luoghi? È la ragione per cui sono diventata una scrittrice: quando vado da qualche parte mi chiedo sempre: chi sarei se fossi cresciuta qui? Sono convita che siamo plasmati dai luoghi e dalle culture in cui viviamo. Forse è solo una curiosità ma ogni volta che vado in un posto nuovo, non sono i musei e i monumenti ad affascinarmi, ma le piccole stradine secondarie, le boutique, i caffè e i bar fuori dai percorsi turistici. Il mio sguardo si sofferma sulle vecchie case fatiscenti e penso a tutte le storie che sono contenute tra quelle mura, alle vite che sono passate da lì - inoltre, sarebbero molto più intense di qualsiasi mia storia. E anche se questi luoghi possono avere stili, storie e culture diverse, l’essenza delle vite di chi ci abita è universale: amore, odio, ostilità, amicizia, tradimento, gelosia, protezione... Alla fine, siamo tutti uguali. Semplicemente esseri umani. In passato hai lavorato nel mondo della moda. In che modo questo ha influenzato la tua carriera di scrittrice? Sono una persona molto “visiva”, ovvero influenzata dall’estetica: se una scarpa è sbagliata, o lo è una lampada o il colore di un muro, non riesco a pensare ad altro; mentre al contrario se è tutto come dev’essere, vado in visibilio. Non lo faccio a posta. Molte volte ho desiderato che non me ne importasse, ma se il tuo cervello è programmato per notare e occuparsi di queste cose, non puoi farci niente. Come scrittrice, tutto ciò significa sicuramente visualizzare con chiarezza i mondi che creo nei miei libri - da come dispongo i mobili della camera da letto di un personaggio: com’è decorata, com’è il guardaroba e così via. L’attenzione a questi dettagli, mi aiuta a definire i personaggi nella mia testa e a dar loro vita.

Basilica di Massenzio è stato davvero fantastico. Al momento non è in cantiere nessun viaggio, ma sono sempre felice di incontrare i miei lettori italiani. Datemi solo una ragione e io volo lì da voi.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Nel medio termine, di continuare a scrivere due libri all’anno - i miei due soliti titoli natalizi ed estivi. Mantenere questo ritmo mi fa star bene e funziona per la mia vita così com’è adesso. Ma vorrei cimentarmi con qualche sceneggiatura cinematografica - ho in mente una storia che non funzionerebbe per i miei libri, ma che non vedo l’ora di raccontare… e penso che sarebbe un ottimo plot un film. La vera domanda è: quando riuscirò a fermarmi per scrivere davvero questa sceneggiatura?

Che consiglio daresti a chi vuol diventare scrittore? Scrivi. Anche se non sei sicuro di poterlo fare o non sei completamente sicuro della tua idea. Butta giù subito qualche parola. E poi ancora. E ancora. I libri sono scritti con sangue, sudore e lacrime: è un cliché ma è vero. Non conosco nessuno scrittore che si sia seduto a scrivere avendo già tutta storia in mente. Uno scrittore ha bisogno d’intraprendere un viaggio più lungo così come il lettore; solo in questo modo puoi conoscere i personaggi, sentire i loro sentimenti e la trama ha un’energia vitale. Non funziona essere troppo rigidi. Se è ovvio per te dove sta andando la storia, sarà ovvio anche per il lettore.

Intendi scrivere altri romanzi ambientati in Italia? Assolutamente sì. Ho già “usato” Portofino in Natale sotto le stelle e, naturalmente, Roma con il mio ultimo romanzo. Voglio scrivere storie ambientate a Firenze e in Puglia (adoro i trulli) ma prima scriverò un romanzo la cui trama si snoderà a Venezia. Ho in mente un personaggio ben preciso: una progettista di giardini; è così bizzarra l’idea di giardini a Venezia. Un vero lusso! Tutto questo mi mette l’adrenalina addosso! Siamo sicuri che i tuoi lettori italiani vorrebbero conoscerti! Hai intenzione di venire in Italia nel prossimo futuro? Qualsiasi scusa è legittima per essere lì da voi! Sono venuta diversi anni fa per il Festival Internazionale della Letteratura, un sogno diventato realtà: leggere nella

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Modella: Lorena La Ventura Make-up: Chanel, Armani, Shiseido Hairstyle: Luca per Pink Magazine Italia Pics: Selenia Erye, Margot Valois Abiti: Il Cancello, via dei Fossi 13 (Firenze)


- COCO AND THE CITY -

Una giornata a

Ponte Vecchio a cura di Cinzia Giorgio e Selenia Erye

A sinistra, abito da sera in lamè argento con grandi fiori color cipria e nero anni ’60 con stola nera in piume di struzzo e lunghe frange degli anni ’20; sopra, tubino nero in maglina di seta con lunghi fili di perle e cappellino in crespo di seta nera Balenciaga Parigi anni ’50. PIN K MAGAZINE I T AL I A

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A sinistra, abito in cotone millerighe color celeste, anni ’50 con cappellino in paglia azzurra e celeste e borsetta a mano in seta plissè; sopra, abito in seta anni ’70 con scarpe in paglia arancio coordinate al cappellino con piume e veletta, borsa in vernice Fendi. PIN K MAGAZINE I T AL I A

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Abito in seta a pois bianchi e rossi con grande cappellino in paglia di Firenze e fiocco, coordinato alla borsa in paglia e ai sandali in cuoi con zeppa in paglia, un outfit fine anni ’60. PIN K M AGAZINE I T AL I A

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- PINK MODA -

IL LINGUAGGIO DEL VENTAGLIO di Angela Arcuri

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a nostra epoca è decisamente caratterizzata dalle grandi innovazioni tecnologiche e dalla comunicazione veloce, per metterci al riparo dal caldo ricorrere all’aria condizionata ormai è alla portata di tutti. Personalmente non la amo particolarmente e avendo la fortuna di vivere in una casa antica, di quelle con i muri spessi mezzo metro, ritengo di poterne fare a meno; ciononostante, qualche sera fa avevo amici a cena e uno di loro mi ha chiesto se avevo un ventaglio; ovvio che si! Ho tirato fuori dal casset-

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to la mia “collezione” di ventagli, offrendone uno per ciascuno ai miei ospiti. L’uso di questo strumento da parte dei maschi presenti ha suscitato qualche ilarità e qualche battuta che ci ha portato a parlare del linguaggio del ventaglio. Il ventaglio fin dal XVIII secolo è un vero e proprio strumento di comunicazione, che si esprime attraverso un linguaggio vero e proprio legato alla gestualità che ne accompagna l’utilizzo. Per meglio capire, contestualizziamo rapidamente il

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momento storico in cui l’uso del ventaglio era di moda: uomini e donne nei secoli passati, soprattutto in pubblico, non potevano avere approcci confidenziali e tanto meno intimi come oggi, pertanto, dovevano escogitare dei sistemi di comunicazione, che spesso erano affidati a terzi, come l’invio e la consegna di più o meno brevi missive ma sempre, con il rischio che fossero intercettate da severi genitori, gelose sorelle o fratelli costretti a vigilare sull’onore della famiglia. La ricerca di sistemi per comunicare e sedurre approfittarono della moda per trovare nuove espressioni, fra gli oggetti di moda l’uso del ventaglio ispirò alle dame e ai cavalieri una serie di gesti grazie ai quali potevano inviarsi dei messaggi ben precisi. Non si sa con precisione quando iniziò questa intrigante comunicazione ma sappiamo che la prima codifica di questo linguaggio risale al 1760 grazie al marchese Caraccioli che ne scrisse in un suo libro; inoltre, si narra che ai primi dell’Ottocento furono gli spagnoli, famosi per la fabbricazione dei ventagli, che contribuirono a diffondere in tutto il mondo questo stuzzicante sistema di comunicazione fornendo, con ogni ventaglio, un foglio con le spiegazioni di questo linguaggio dei segni che contribuì anche a un incremento delle vendite e alla lunga durata della moda di questo affascinante oggetto ancora in voga fino alla metà del secolo scorso. Ecco perché nei giochi di comunicazione e soprattutto di seduzione il ventaglio divenne un mezzo assolutamente necessario e nessuna lo lasciava a casa, non le grandi dame ma nemmeno le camerierine, le contadine, le donne che lavoravano… In occasioni mondane come feste da ballo o cerimonie, ma anche nelle passeggiate per strada o nei parchi, il ventaglio non era solo ornamento di moda adatto a tutte le donne ma un necessario strumento di comunicazione, una sorta di smartphone ante-litteram. Dietro al ventaglio si celavano le espressioni del viso, i rossori, i sorrisi, le conversazioni private o “sconvenienti” è tutta una serie di messaggi, vediamone alcuni: PIN K M AGAZINE I T AL I A

▪ Sostenere il ventaglio con la mano destra di fronte al viso: seguimi. ▪ Sostenerlo con la mano sinistra di fronte al viso: vorrei conoscerti. ▪ Coprirsi per un po’ l’orecchio sinistro: vorrei che tu mi lasciassi in pace. ▪ Lasciarlo scivolare sulla fronte: sei cambiato. ▪ Muoverlo con la mano sinistra: ci osservano. ▪ Cambiarlo alla mano destra: ma come osi? ▪ Lanciarlo con la mano: ti odio! ▪ Muoverlo con la mano destra: voglio bene ad un altro! ▪ Lasciarlo scivolare sulle guance: ti voglio bene! ▪ Mostrarlo chiuso e fermo: mi vuoi bene? ▪ Lasciarlo scivolare sugli occhi: vattene, per favore. ▪ Far scivolare un dito dell’altra mano sui bordi: vorrei parlarti. ▪ Appoggiarlo sulla guancia destra: si. ▪ Appoggiarlo sulla guancia sinistra: no. ▪ Aprirlo e chiuderlo lentamente e ripetutamente: sei crudele! ▪ Abbandonarlo lasciandolo appeso: rimaniamo amici . ▪ Sventagliarsi lentamente: sono sposata. ▪ Sventagliarsi rapidamente: sono fidanzata. ▪ Appoggiarsi il ventaglio sulle labbra:baciami! ▪ Aprirlo molto lentamente con la destra: aspettami. ▪ Aprirlo molto lentamente con la mano sinistra: vieni e parliamo. ▪ Colpirsi la mano sinistra con il ventaglio chiuso: scrivimi. ▪ Chiuderlo a metà: non posso. ▪ Aperto completamente coprendo la bocca: non ho un uomo. ▪ Aperto davanti al viso lasciando scoperti solo gli occhi: ti amo! (*) * Cit. “Il linguaggio del ventaglio”, Focus storia, n. 122 dicembre 2016, pag. 28.

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PI N K MAGA ZI N E ITA LI A W W W. P I N K M AG I TA L I A .C OM

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Martin Margiela di Selenia Erye

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artin Margiela nasce in Belgio nel 1957, un artista vero capace di trasformare ciò che è ordinario in straordinario. I suoi capi non lasciano assolutamente indifferenti, lo definisco un destrutturatore. È considerato un nome di riferimento nel campo della moda di avanguardia. Tagliava e rimontava insieme parti di abiti vecchi, mostrando cuciture e federe. Questa concezione riprende ampliamente la pratica del punk e dello street stile

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del tagliare e strappare t-shirt e jeans. I colori predominanti delle sue prime collezioni sono il rosso, nero e bianco. Una mostra dedicata a lui al palazzo della moda di Parigi mi ha colpita dritta al cuore. L’alta moda degli anni ’80 ha subito grazie a lui uno sconvolgimento. Un artista capace di esprimere sé stesso incondizionatamente. Ancora oggi Margiela è attualissimo ed originalissimo.

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Veronica Ventavoli Una voce dolce e pop


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Lo ammettiamo! Pink Magazine Italia è rimasta conquistata dalla voce di Veronica Ventavoli. Una voce passionale, un timbro che non lascia indifferenti, e una brillantezza che si può rilevare in modo nitido nel suo rapporto con la musica. di Riccardo Iannaccone

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l suo percorso parla chiaro, a partire dalla vittoria nel 1997 al Festival Nazionale degli Interpreti, passando per il 3° posto a Sanremo giovani, nel 2004, con il brano L’immaginario, a seguito della sua partecipazione e vittoria all’interno dell’Accademia della Canzone di Sanremo. Non tralasciando poi gli aspetti sperimentali, e di ricerca, negli anni sia precedenti che successivi alla collaborazione con Platinum Studio/Universal. Adesso, dopo i sentiti brani: Ma l’amore che cos’è? e L’amore si deve imparare (nel 2009 e nel 2010, sotto la saggia produzione di Antonio Ianni, professionista di grandissimo valore nel settore), riprende quel percorso di musica ironica e riflessiva, che la contraddistingue, una musica che arriva al cuore dell’ascoltatore, il quale non potrà non adorare il talento di questa artista dal sangue romantico. Verve, inclinazione e studio, al servizio di canzoni quali Senza di te ed Eterno Movimento, inserite in un progetto curato dalla APbeat edizioni musicali, sempre sotto la cura produttiva di Antonio Ianni e di A&P Amati. Un’emanazione pop dal passo radiofonico, caratterizzata da una sonorità anni novanta e da un coraggio musicale che si coglie in ogni vibrato espresso in note da Veronica Ventavoli.

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Un impatto artistico profondo, e denso di sfumature. Impossibile dunque non perdersi nel testo di Eterno Movimento (2018). Un testo che rispecchia ancora oggi la forza e l’importanza di una scrittura da affiancare a una voce che ha trovato il proprio io all’interno di una strada artistica di ampie vedute. Brano tra l’altro scritto da Ianni, al fianco di A. Simeone e S. Pulvirenti. Quest’ultimo compositore candidato al David di Donatello nel 2014. Noi di Pink Magazine Italia quindi ci siamo seduti al tavolo con Veronica, e abbiamo parlato con lei, del suo amore per la musica e per le interpretazioni. Dei suoi vari passaggi, delle emozioni passate, e dei suoi progetti futuri. E abbiamo scoperto un talento che non possiamo non consigliare. Per ascoltare l’intervista vi basterà visitare il nostro sito internet www.pinkmagitalia.com Mentre sul nostro canale Facebook troverete anche un divertente video. Video girato proprio in compagnia di Veronica Ventavoli. Detto ciò: buon ascolto a tutti. Ne varrà davvero la pena.

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59 Rivoli

Dove l’arte prende forma di Selenia Erye

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on so se vi è mai capitato di entrare in un luogo sconosciuto e di sentirvi immediatamente come se foste a “casa”. Ecco, questa sensazione di calore e familiarità l’ho provata con un’intensità sconvolgente quando ho varcato la soglia di una delle gallerie d’arte a mio avviso più belle del nostro continente: 59 Rivoli. Ricordo come se fosse ieri la prima volta che la trovai per caso nel “cammino” della mia vita. Ero stanchissima quel giorno, si stava facendo buio e passeggiavo lungo Rue de Rivoli a Parigi, completamente ignara di quello che stavo per “vedere”. Quando cammini per queste strade tutto è nutrimento per gli occhi ma soprattutto per l’anima: gli edifici, i negozi le persone, i suoni. È stato come un richiamo, ero rimasta colpita dal colore del grande portone ed anche dal tappeto composto da una miriade di centesimi. Provai un’immediata curiosità, mi chiesi: ma che posto è questo? Vi erano dei PIN K M AGAZINE I T A L I A

ragazzi che parlavano e ridevano, musica che proveniva da un pianoforte posizionato ai piedi di una grande scala. Il colore e i dipinti su tutte le pareti mi hanno folgorato. A 59 Rivoli l’arte si respira, si assapora e si vive. Mi sono addentrata senza alcun timore e ho fatto bene, la curiosità è la mia salvezza... vivo esperienze sempre nuove grazie a essa. In questa galleria si trovano artisti che provengono da ogni parte del mondo, lavorano ed espongono lì, ognuno ha il proprio angolo che lo rappresenta. La libertà e il rispetto per il lavoro altrui è alla base di questo sistema meraviglioso. Ogni artista collabora affinché tutto proceda per il meglio. Infatti 59 Rivoli è uno spazio gestito da un collettivo, lo stabile che accoglie questo “paradiso” fu occupato nel 1999 da tre artisti, è un palazzo di sei piani e si erge su una delle arterie commerciali del centro storico di Parigi. Si produce cultura, vengono ospitati trenta atelier e una -

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galleria d’arte, è aperta al pubblico sei giorni su sette e l’ingresso è totalmente gratuito. È fantastico addentrarsi nei piani dello stabile, è una sorpresa continua una crescita. Ogni artista apporta qualcosa di sé allo spazio che occupa, quindi nulla si ripete ed è tutta una grande scoperta, il mio corpo è pervaso sempre da brividi per l’emozione per tanta bellezza. Si respira energia positiva, perché l’arte è arricchimento, e quando ci si arricchisce l’anima non si può che essere felici. Ogni artista ha la possibilità di poter esporre e stazionare all’interno, vi è una procedura da seguire ma non è impossibile quindi, artisti Italiani, non temete: Parigi vi aspetta a braccia aperte. PIN K M AGAZINE I T A L I A

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Darla o non darla? Vinta, ovviamente! di Gabriella Ciccopiedi

Cos’è cambiato e cosa invece è rimasto immutato nella nostra società? Dal caso Weinstein alla parità di genere...

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iamo sincere, senza peli sulla lingua: fin da bambine ci insegnano a fare le smorfiosette, a metterci la gonnellina e a fare la giravolta per farci ammirare da tutti i presenti, sorridendo con finta modestia ai complimenti. Siate sinceri, senza peli sulla lingua: fin da bambini vi insegnano a fare i duri, a mostrare i muscoli, ad essere leggermente arroganti che fa macho perché, si sa, dovrete diventare degli uomini alti e forti con il mondo ai propri piedi. Insomma, fin dall’infanzia ci insegnano le differenze tra maschi e femmine, tra ragazzini e ragazzine; fin dall’infanzia ci insegnano come essere uomini e come essere donne, come giocare, al meglio, le carte che il destino, il diritto di nascita o la natura ci ha dato. PIN K M AGAZINE I T AL I A

Ma cosa succede adesso? Cosa succede ora che abbiamo raggiunto la cosiddetta parità dei sessi? Cosa succede adesso che le donne non vogliono più fare le casalinghe, che vogliono avere una carriera, una propria indipendenza senza rinunciare a tutto il resto? Succede il Caso Weinstein. Eh sì, perché ora che il mondo si sta capovolgendo, ora che gli uomini passano tre pomeriggi a settimana dall’estetista e le donne ignorano i possibili peli sulle cosce, il mondo non è più lo stesso - un cambiamento che, effettivamente, è frutto non del nuovo millennio, ma dell’ultimo decennio. Le donne sono sempre state definite il sesso debole, il sesso gentile, le piccole, care bamboline di porcellana da proteggere; ma ora non è più così, non con le donne -

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moderne, non con donne a capo di governi, di industrie. Non con le donne libere pensatrici, che corrono da un lato all’altro delle metropoli, con trenta gradi all’ombra, tacchi a spillo e, magari, anche durante il famigerato periodo del mese. Insomma, le donne di oggi non sono più quelle di una volta. E gli uomini? Come si sentono gli uomini ora che devono fare i conti con queste ragazze, queste coetanee che si sono profondamente distaccate dagli insegnamenti di infanzia, che non si comportano come le loro mamme, le loro nonne? Cosa è andato storto, si chiederanno? Gli uomini continuano a comportarsi come è stato loro insegnato... e le donne sbagliano tutto. Abbasso i tabù, i falsi miti e le bamboline in mostra: ormai non sono più solo gli uomini a segnare le tacche delle nuove conquiste - ma davanti si trovano dei nuovi, temibili avversari contro cui scontrarsi: le loro stesse prede. Le donne sono cambiate, non sono più oggetti, vogliono quello che desiderano, corrono per accaparrarsi il proprio sogno nel cassetto prima che l’altro di turno glielo prenda da sotto il naso e, cosa ancora più importante, non vogliono, non sono più disposte ad abbassarsi a ripugnanti compromessi. Le donne cambiano ma non la società in cui viviamo, più lenta ai cambiamenti, all’accettare questa nuova si-

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tuazione. E abbiamo le pagine piene dai fatti del Caso Weinstein, di donne che alzano la testa perché no, non vogliono più farsi toccare il fondoschienza dal deficiente di turno e fingere che sia un complimento. Abbiamo il Caso Weinstein, un problema non solo americano, non relegato ai grandi nomi d’oltreoceano ma che appartiene anche a noi, donne italiane nella società maschilista del bel paese. Un problema, fortunatamente per noi, con un manuale d’istruzione: Come non darla... vinta, edito da Imprimatur, di Elena Ballarini che, tra divertenti aneddoti e piccoli luoghi comuni, fornisce alla donna moderna le istruzioni per entrare nella tana del lupo, farselo amico e uscirne vincitrice, accompagnata dalla pelle del suddetto animale come costosa pelliccia da sfoggiare nel proprio ufficio. Non fraintendete, non è una guerra quella tra i sessi, non per noi donne almeno. Forse potremo limitarci a definirla una tenera battaglia campale, in cui perdiamo tempo a sistemarci il make-up tra un colpo ben assestato e l’altro, magari chiedendo scusa e sorridendo perché, inutile mentire a noi stesse, continuiamo a fare le smorfiosette come da bambine e i complimenti continuiamo ad adorarli.

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Rare18Rome Luci e ombre di un evento “storico” di Sara Piccinini

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ettori di Pink, oggi vi parlerò della mia esperienza al Rare18Rome: ovvero il firma copie internazionale che si è tenuto proprio a Roma lo scorso 23 giugno, presso l’hotel Sheraton Hotel. Un evento che ha permesso a tantissime lettrici e blogger come me di incontrare autrici straniere e anche italiane. Tra i nomi più importanti Elle Kennedy, Susan Elizabeth Phillips, Amy Harmon, ErinWatt e tantissime altre. Tutte autrici di una gentilezza incredibile, specialmente la Phillips: una donna ironica, meravigliosa e piena di energia. Ho avuto anche la fortuna di partecipare al RegistrationParty tenutosi il 22 giugno, che a mio parere poteva essere organizzato meglio: dalla consegna dei libri gratuiti, che dovevano essere uno a testa e ho visto ragazze con le braccia piene, al luogo: un gazebo in cui erano stipate quattrocento persone senza aria condizionata. PIN K MAGAZINE I T A L I A

Grazie al cielo poi ci hanno smistato in altre stanze! Non posso dire lo stesso dell’evento in sé, tenutosi sabato: aria condizionata (sia benedetta) nella sala principale, file per l’attesa di ogni autrice gestite benissimo e lo spazio era sufficiente per tutti. Certo, qualche pecca c’è stata anche qui: lo stand della Feltrinelli che aveva promesso il 15% di sconto sulle nuove o comunque recenti uscite e invece nulla. O autrici che non si sono presentate senza avvisare. Tra le autrici italiane non posso non citare Jenny Anastan e Silvia Ciompi, che sono state meravigliose con me e con tutti i loro lettori. È stato un evento stancante, intenso ma anche meraviglioso, che spero di rivivere anche il prossimo anno. P.S.: comunque sei euro per una lattina di Coca Cola sono troppi, mio caro Sheraton. -

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- FOCUS ON -

Terre Selvagge Un pellegrinaggio tra religiosità e ragionevolezza di Pietro Dragone

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ilgrimage” è il titolo in lingua di “Terre Selvagge”, film del 2017 a regia di Brendan Muldowney. Non sono solito recensire film ma quando vieni colpito allo stomaco da un film del genere, se ami un lavoro ben fatto, non puoi rimanere in silenzio. La trama del film si sviluppa nell’Irlanda del XIII secolo dove un gruppo di monaci viaggia attraverso la campagna devastata dalla guerra. La loro missione è quella di portare a Roma la reliquia più sacra della loro terra: la pietra che uccise San Mattia durante il suo martirio e che viene custodita dal gruppo di monaci. Un regista irlandese per un film girato in Irlanda, terra amena e selvaggia. Terra che ancora oggi sembra conservare energie primitive legate ai culti antichi dei primi uomini che ne abitarono il suolo. Lungo il “breve” viaggio - appena tre giorni di narrazione - un insieme di forze nemiche insieme a più o meno annunciati colpi di scena, cercheranno di avere il sopravvento sulla “compagnia dei monaci” tentando di entrare in possesso del prezioso oggetto sacro. La compagnia verrà guidata da Gerladus, il monaco cistercense interpretato dal francese Stanley Weber, inviato direttamente da papa Innocenzo III per recuperare la reliquia grazie alla quale sarà possibile vincere l’ennesima crociata in Terra Santa. Personaggio abietto, che nel procedere della storia si scoprirà essersi macPIN K M AGAZINE I T A L I A

chiato di azioni brutali e spietate per raggiungere un posto in alto all’interno della Chiesa di Roma. Vero protagonista del film sembra essere il giovane novizio mai uscito dal convento interpretato dall’attore Tom Holland, che a ogni passaggio del film maturerà e modificherà la sua concezione della missione da portare a termine insieme alla distinta visione di fede e religiosità. Simbolo della purezza della vera fede, sarà l’unico a poter prendere in mano la “pietra sacra” senza ripercussioni catastrofiche. Al suo fianco, come un angelo custode, il muto tuttofare interpretato da Jon Bernthal. Un uomo con un passato da guerriero: l’ombra delle gesta oscure del suo passato si estenderà più di una volta tra le luci fosce dell’ambientazione della campagna irlandese. Quasi subito il vero significato connesso alla reliquia verrà allo scoperto insieme agli innumerevoli pericoli che attirerà sulla compagnia dei frati e non solo. Attraverso le storie dei personaggi, e gli avvenimenti di sangue, il regista ci induce a riflettere sul legame che vede contrapposta e allo stesso tempo correlata la fede, la religione e il successo politico e personale che grazie ad esse è possibile perseguire e raggiungere. Risulta ben chiaro che gli uomini che strumentalizzano la fede, riuscendo a giustificare morti brutali tramite torture, roghi e assassini, ben lontani dalla vera fede. -

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Quella legata alle cose spirituali e libera da ogni forma di arrivismo sociale - piaga che attanaglia l’umanità in ogni suo secolo - che mai potrebbe giustificare una guerra con l’aggettivo di “Santa”. Non sembra un caso che Muldowney tratti un tema come questo proprio in un tempo come il nostro, costellato di azioni terroristiche e truci esecuzioni spettacolarizzate dai gruppi come l’ISIS e portate avanti in nome di Dio. Tre giorni di avventura all’insegna dell’ignoto, della supertizione medievale legata alla religiosità naturale autoctona che sembra fondersi persino con il culto cristiano dei monaci. Uno spaccato storico molto interessante e soprattutto realistico di quella che doveva essere effettivamente la vita nel XIII secolo in Irlanda e più in generale in Europa. Un posto dove morte e vita coesistevano e, nel quale, se un giorno eri vivo, ciò non era una garanzia anche per il giorno seguente. A ogni personaggio sembra spettare una morte crudele e violenta ai limiti dello splatter, ma con un saggio equilibrio che evita che ci si stanchi o addirittura si inorridisca. Nel giro dei tre giorni infatti, la scia di morte e uccisioni che si lascerà dietro la “pietra sacra” sarà ri-

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velatrice dell’ambizione e della diabolicità degli uomini che vogliono entrarne in possesso; ognuno per raggiungere il proprio scopo. Un film senz’altro storico da molti punti di vista. In primis grazie alla fotografia e alle riprese mozzafiato, e poi grazie al realismo dell’intera sceneggiatura. Non è un film all’interno del quale troviamo frasi epiche o azioni eroiche. Non c’è nulla di scontato. Non ci sono battute che vanno aldilà dell’umanità dei signoli personaggi; il più delle volte legata alla paura della morte. Se voi, in determinate situazioni sareste rimasti in silenzio, bene, lo rimangono anche i protagonisti della storia. Una particolarità per un film crudo come questo che interesserà sicuramente le nostre lettrici e i nostri lettori, è il saper coinvolgere lo spettatore nonostante l’assenza di una figura femminile per tutti i suoi 96 minuti. “Terre Selvagge” risulta un film davvero realistico e curato nei minimi dettagli, ma soprattutto serio nel suo intento e coerente con lo sviluppo della trama, nonostante la crudezza di molte delle scene e un finale che sembra mettere il punto in maniera un po’ troppo frettolosa e scenica alla storia. Ma rimane senz’altro un film da non perdere.

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Book blogger Scrivere di libri in Rete: come, dove, perché di Alessandra Penna

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itolo e quarta efficaci – elementi fondamentali in un libro, come ci dice l’autrice – immagine di copertina sobria ma d’effetto. Ma Book blogger di Giulia Ciarapica è ben di più di quanto dichiarano titolo e quarta. È senz’altro un’interessante e utile “mappatura” dell’universo dei blog, che ormai nascono come funghi, sia di quelli più letterari che di quelli più di genere. Omette – scelta condivisibile – di citarne alcuni neonati, per i quali è bene aspettare un po’, prima di parlarne. Ma quel che è apprezzabile nel libro (che è “etto” solo per la foliazione) è che – in un universo come quello dei blog e dei blogger – in cui vige spesso (un po’ come per l’autopubblicazione) l’assenza di regole, la Ciarapica, con ordine e attenzione propone la sua idea di “uso intelligente” del blog per recensire un libro. E allora: studio dell’incipit, dell’intreccio, dello stile, della struttura del testo. Con esempi tratti dalla letteratura clasPIN K M AGAZINE I T AL I A

sica e contemporanea, l’autrice guida l’aspirante blogger che voglia capire come avvicinarsi a un libro per poterne parlare in maniera critica e consapevole. Ma – e questo rende il libro secondo me interessante – i consigli della Ciarapica potrebbero essere ugualmente dati all’aspirante scrittore. E quindi agli esordienti che vogliano qualche buona indicazione su come strutturare una storia, mi sento di consigliare questa guida, la cui idea fondamentale mi pare essere questa: niente (men che meno una recensione e tantomeno su un blog) si improvvisa, ma è frutto di conoscenze solide e approfondite che possono poi trovare la forma adatta per un blog. Ma quelle conoscenze vengono sempre e comunque prima. Book blogger. Scrivere di libri in Rete: come, dove, perché, Giulia Ciarapica, Franco Cesati editore 144 pp, 2018. -

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- BOOK REVIEWS -

Peter Cameron Quella sera dorata di Giuseppina Stanzione

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erché ci eccita tanto viaggiare, andare lontano? Per quello che ci lasciamo alle spalle o per quello che troviamo?” È racchiusa in queste poche righe l’essenza di questo romanzo teatrale e ricco di dialoghi che, uscito negli USA nel 2002, ha ricevuto ben quattro ristampe nel giro di un anno. È stato tradotto in altre cinque lingue e trasposto cinematograficamente nel 2009 con la regia di James Ivory.

te rarefatto e poetico. Invita all’approfondimento prima dell’acquisto e dà inizio a quell’atmosfera trasognata e apparentemente scevra da speculazioni filosofiche che pervaderà l’intero romanzo.

Ambientato a Ochos Ríos, una villa immersa nella natura dove è possibile perdersi o ritrovarsi, il romanzo si divide in due parti. Una prima parte dedicata al discernimento e alla scoperta del proprio io, una seconda alla risoluzione dei conflitti interiori. Il lettore si trova di fronte un microcosmo multietnico in cui si intrecciano le vite di personaggi provenienti da diverse parti del mondo (Germania, Tailandia, Usa, Inghilterra, Iran, Francia) che parlano tra loro in inglese e non in spagnolo. Una scelta che li lascia immaginare come avulsi dalla realtà uruguayana e, insieme a descrizioni dettagliate della tenuta dove si svolgono gli

Un viaggio alla scoperta di se, di ciò che si è e di ciò che si vorrebbe essere. Un viaggio di formazione intuibile già dal titolo della versione originale (The City of Your Final Destination) ma che quello italiano sceglie di non palesare preferendone uno più suggestivo ed evasivo. Se il titolo originale avverte il lettore del contenuto già dal primo impatto, quello di Adelphi è intenzionalmenPIN K MAGAZINE I T AL I A

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eventi, contribuisce a calarli in un’atmosfera ancora più estatica che si concreta saltuariamente per mezzo di alcune gustose brevissime conversazioni in spagnolo e in francese. Solo a lettura ultimata si comprende quanto le citazioni poste a inizio sezione siano state volutamente scelte come sintesi di ciò che si incontrerà nelle pagine a seguire. Perché se nella prima parte il protagonista di origini iraniane Omar Razaghi, preso dalla propria insicurezza e infelicità, decide di partire alla volta dell’Uruguay al fine di convincere gli eredi di Jules Gund ad autorizzare la stesura della biografia del loro defunto congiunto, nella seconda parte gli eventi si evolvono verso una nuova consapevolezza del protagonista che prende coraggio e fa ciò che più desidera: abbandonare il dottorato e l’insegnamento all’università. Nella prima parte, infatti, i personaggi si incontrano e si scontrano attraverso dialoghi serrati carichi di verve con cui si rivelano poco alla volta le diverse personalità e le loro debolezze. (“Siamo infelici perché non capiamo come l’infelicità possa finire; ma quello che davvero non capiamo è che non può durare, perché il suo protrarsi causerà un mutamento di umore. Nemmeno la felicità, per la stessa ragione, può durare”, William Gerhardie, Dell’amore mortale). Nella seconda parte, invece, l’atmosfera passa da malinconica a speranzosa volgendo verso la conclusione del viaggio di crescita interiore che coinvolge quasi tutti i personaggi della storia. (“Quella sera dorata non volevo proprio andare oltre; più di ogni cosa volevo restare un po’…”, Elizabeth Bishop, Santarém). Tutti camminano verso l’affermazione di se e la realizzazione di quello che si ritiene giusto per la propria serenità e non di ciò che gli altri pensano lo sia. Tant’è vero che spesso la fidanzata di Razaghi si prodiga in consigli senza accorgersi di spingerlo verso un destino – l’insegnamento universitario - che lui non vuole, ignorando quanto il ragazzo stia vivendo un dramma interiore. (“A Deirdre poteva dire di aver fatto di tutto. Non avrebbe mai saputo la verità. Certo, si sarebbe vergognato. Come in tutte le cose, si trattava di scegliere: tra la vergogna

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di tornarsene a casa a mani vuote e l’umiliazione che probabilmente lo attendeva andando avanti”). In contrasto a lei c’è Adam, il fratello di Jules, che dal canto suo sa cosa è più opportuno per il suo compagno Pete e fa di tutto per allontanarlo da sé. Alla fine però gli eventi prendono una piega tale che tutti decideranno volontariamente per la propria vita. La risoluzione del romanzo verso un cambiamento dell’esistenze dei personaggi si oppone a quella negativa e distruttiva che il lettore avrebbe potuto supporre quando si ritrova a leggere che la fidanzata di Razaghi sta correggendo una tesina su Tess dei d’Ubervilles di Thomas Hardy. Nel nostro caso la natura di Ochos Ríos ammalia e avvolge in positivo i personaggi invitandoli al miglioramento, nel romanzo di Hardy invece è matrigna, ostile e indifferente alla sofferenza umana e non dà la possibilità di cambiare il proprio destino. La riflessione sull’importanza della natura nella vita umana è affidata ad Arden: quando, dopo aver chiesto ad Adam se crede in Dio si sente rispondere un secco no, lei reagisce dicendo “A volte mi sembra che la terra non voglia che le cose durino, ma voglia che tutto crolli e che noi tutti ce ne andiamo via. Che voglia tornare al principio, al giardino con i frutti e gli animali, prima che Dio diventasse ambizioso e rovinasse tutto. Si sarebbe dovuto accontentare. Avrebbe dovuto riposare al sesto giorno, non al settimo”. È una conclusione carica di speranza da un lato ma di nostalgia dall’altro perché seppure tutti riescono a cambiare la propria vita in meglio qualcuno non si è completamente liberato del proprio dolore. Peter Cameron ha scritto, secondo me, un romanzo eccezionale in grado di riflettere in maniera scanzonata sulla condizione umana e sulla difficoltà di ognuno a comprendere e quindi a far affermare la propria individualità. “Avere paura è lecito […] Il punto è non lasciare che la paura ci impedisca di fare quel che è giusto, o di ottenere le cose che desideriamo. Questo fa di noi dei codardi”.

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I segreti della passione di Silvia Cossio

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mma Copeland e Connor Sinclair, il suo ricco e affascinante vicino di casa, hanno una cosa in comune: un passato difficile alle spalle. Quando lei, però, si ritrova a lavorare per quell’uomo all’apparenza dispotico e scostante, le occasioni per conoscersi meglio aumentano e l’attrazione tra i due diventa sempre più forte. C’è soltanto un segreto che rischia di minare il loro rapporto: l’incidente che ha cambiato per sempre la vita di Connor e di cui Emma è responsabile. Connor ha imparato a costruirsi una scorza per tenere lontane le donne interessate unicamente ai suoi soldi. Soltanto l’innocenza di Emma sembra far vacillare quella barriera protettiva, ma, quando la verità viene a galla, tutto sembra perduto. Sebbene ora ci sia qualcosa di veramente unico a tenerli insieme, il loro sentimento potrebbe non avere più speranze....

rie Jolly, con il titolo “Sentimento d’amore”) non aiuta a immedesimarsi nel modo di fare e di pensare di quei tempi, quarant’anni or sono... Sebbene il libro sia stato rivisto e ampliato, non si discosta dalle usanze del periodo, di conseguenza, ci tengo a segnalarlo ai più giovani che leggono per la prima volta qualcosa di questa scrittrice, potrebbe risultare “antico”, addirittura poco reale per i canoni odierni. Se però vi approccerete con questa consapevolezza, scoprirete di avere tra le mani un piccolo gioiellino. Lo ripeto spesso nelle mie recensioni: la Palmer è passione. Trasuda letteralmente da ogni pagina, da ogni sua parola. Vi ritroverete ad avere a che fare con un protagonista arrogante, lunatico… in una parola odioso! Ma lo perdonerete, eccome se lo farete! Con una protagonista debole, forse troppo giovane per confrontarsi con uno come lui, ma farete lo stesso il tifo per lei, nonostante per buona parte del libro sarete accompagnati dalla voglia di prenderla per le braccia e darle una scrollata. E sì, perdonerete anche lei, anche se le sue azioni – al giorno d’oggi punibili con il carcere – vi faranno storcere il naso. Vi appassionerete a Emma e Connor. Comprenderete il loro punto di vista, la morale, gli ideali, i principi… Chiuderete un occhio sul resto e arriverete all’ultima pagina ricompensati per aver riposto la vostra fiducia in questa autrice, per aver accolto il suo lavoro senza pregiudizi o riserve. Consigliato!

Quante probabilità ci sono di rischiare di investire due volte la stessa persona con la barca? E di andare a sbatterle contro mentre si fa una passeggiata? Diciamo che il destino ce la mette tutta per far sì che i protagonisti di questo romanzo abbiano una chance… Certo, considerando che siamo davanti a una storia di fantasia, ci può stare, tuttavia il primo capitolo, ahimè, risulta un po’ banale e crea un po’ di scontento nel lettore che si ritrova a chiedersi se proseguire o meno nella lettura. Inoltre, inutile girarci intorno, il fatto di ritrovarsi a leggere una storia scritta 1980 (la prima edizione è stata pubblicata in Italia nel 2011, nella sePIN K M AGAZINE I T AL I A

I segreti della passione, Diana Palmer, Harmony. -

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Tredici anni dopo di Arthur Lombardozzi

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a protagonista del thriller Tredici anni dopo di Kerry Wilkinson (Newton Compton, Roma 2018) è Olivia, una giovane che da bambina era misteriosamente scomparsa e che ora, dopo tredici anni, si ripresenta improvvisamente dalla madre. Quando, a soli sei anni, la piccola Olivia si era eclissata dal giardino di casa dove giocava tranquillamente, i suoi genitori e la comunità di Stoneridge, un paesino nella campagna inglese, erano ovviamente rimasti sconcertati e sgomenti. L’impossibilità di ritrovarla aveva portato in seguito alla rassegnazione e anche a una crisi irreversibile nel matrimonio dei suoi genitori. Ma adesso che Olivia fa la sua ricomparsa, sentimenti contrastanti emergono fra gli abitanti della cittadina e fra quanti l’avevano conosciuta da piccola: sua madre è combattuta fra la gioia di riabbracciarla e il timore di perderla nuovamente, mentre più di una voce avanza dubbi sull’effettiva identità della nuova venuta, che decide infine di sottoporsi al test del DNA. Ma è solo l’inizio di un complesso intreccio, i cui segreti verranno svelati soltanto nelle ultime pagine. Iscrivibile appieno nel filone del thriller psicologico, Tredici anni dopo riesce a non risultare mai noioPIN K MAGAZINE I T A L I A

so; in un abile gioco di salti temporali fra il presente e il passato, la narrazione in prima persona coinvolge il lettore e lo spinge verso un sorprendente epilogo. Il limite del romanzo è forse nella caratterizzazione un po’ troppo stereotipata di alcuni personaggi minori, ma l’impianto complessivo è piuttosto solido e la lettura appare scorrevole. In un’interessante postfazione (da leggersi rigorosamente dopo il romanzo, perché rivela il finale), l’autore racconta inoltre una curiosa coincidenza che è all’origine del titolo. La traduzione italiana riprende quello che inizialmente avrebbe dovuto essere il titolo del libro, ossia Thirteen, ma che l’autore è stato costretto a cambiare perché poco prima della pubblicazione del romanzo è uscita in Inghilterra una serie tv proprio con quel nome, e che presentava oltretutto alcune analogie con la trama del libro. L’edizione inglese è stata perciò pubblicata come The Girl Who Came Back, mentre la versione italiana ha potuto recuperare almeno in parte il titolo originariamente ideato dall’autore. Nel complesso è una piacevole lettura estiva, da fare sotto l’ombrellone sorseggiando un cocktail, o magari sdraiati all’ombra di un albero nella campagna inglese. -

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Rivoluzione di Simona Colaiuda

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osso come fraternità, Novecento come rivoluzione. In Rivoluzione, Jack London accusa la classe capitalista del fallimento di una gestione economica, politica e sociale, partendo dai fatti, di là da ogni questione dialettica o teorica. Scritto nel 1905, il saggio è di estrema attualità, benché sia passato oltre un secolo: “l’umanità è in condizioni miserabili perché desidera il benessere che non è mai stato creato”. London afferma che l’uomo nella sua condizione di cavernicolo, non aveva nessun genere di conforto ma doveva procurarsi da mangiare e da dormire per sopravvivere, eppure “nessun cavernicolo è mai morto di fame”, di più, aveva del tempo per “tenere allenata l’immaginazione e creare dèi” e i loro figli vivevano “un’infanzia felice di svago e sviluppo”. Come mai nel primo novecento, milioni di persone vivevano in condizioni peggiori di quelle dei cavernicoli? Milioni di persone morivano di fame o erano senza un tetto e i bambini erano sfruttati nelle fabbriche: “l’ambiente ostile del cavernicolo è diventato ancora più ostile per i suoi discendenti?”. Secondo London la condizione di sfruttamento e la povertà era frutto del fallimento gestionale di quella classe capitalista che aveva rotto la vecchia aristocrazia feudale, fondato la società moderna e che poteva fare grandi cose, poiché “dominava la materia”, ma non lo ha fatto: tutti dovevano avere il cibo per sopravvivere, un tetto sotto il quale dormire, la possibilità di assicurare una vera infanzia e un sostegno intellettuale ai propri figli. Invece, la classe capitalista è stata cieca e ingorda: “la sua ingordigia non si è arrestata un attimo, fino a subire un fragoroso fallimento, tremendo solo quanto quella opportunità ignorata”. PIN K MAGAZINE I T AL I A

E, secondo London, il rivoluzionario è “un lavoratore cordiale e ben nutrito che nel vedere il caos attender lui e i suoi figli, non indietreggia”: lo spirito di rivolta non anima disperati e miserabili. La propaganda è intellettuale, nutrita da una letteratura imponente e rigogliosa. Il movimento è organizzato, si esprime attraverso assemblee di massa dove gli uomini sono uniti sotto la stessa bandiera – rossa, simbolo di fraternità, non di sovversione – e internazionale, i compagni in lotta hanno gli stessi ideali in ogni parte del mondo e da ogni parte del mondo arrivano aiuti ai compagni che ne hanno bisogno per sostenere la lotta.

Jack London si è occupato di giornalismo rivoluzionario, ha fatto molte inchieste. E questo saggio non è un’opera secondaria, ma un concentrato di esperienze che si ritrovano in molti suoi racconti e che rivelano la sua vera natura di militante rivoluzionario. Erri De Luca è stato il primo a capire la potenza di questo testo, di cui ha voluto la traduzione e la pubblicazione, poiché, più di ogni altro, permette di capire la temperatura, lo stato febbrile rivoluzionario che pervase tutto il Novecento. Un testo che Erri De Luca definisce non teorico come il Manifesto del Partito Comunista, scritto da Marx ed Engels, meno teologico, più pratico, ma non per questo meno importante e visionario, poiché, a suo dire, racconta bene le condizioni di vita e lo spirito che ha pervaso un’intera epoca e che ha portato alla “prima rivoluzione di portata universale in un mondo la cui storia è satura di rivoluzioni”. J. London, Rivoluzione, Ed. Libreria Dante Descartes, 2017. -

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- INDOVINA CHI VIENE A CENA? -

Alla ricerca della libertà con Che Guevara di Eliana Guagliano

«[...] C’è una voce chiara ed argentina, che fu fuoco e medicina Come adesso è amore e rabbia per me C’è, tra le nuvole di un sigaro, la voce di uno zingaro Che un giorno di gennaio gridò C’è, o almeno credo ci sia stato, un fedelissimo soldato Che per sempre quella voce cercò E che diceva Venceremos adelante O victoria o muerte Venceremos adelante O victoria o muerte [...] C’era un uomo troppo spesso solo, e ora resta solo un viso Che milioni di bandiere guidò.» Daniele Silvestri, Cohiba, 1996

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olte volte mi chiedo come sarebbe stato nascere in un Paese diverso. Ad esempio, un Paese senza libertà, senza la possibilità di esprimere ciò che siamo e di poter fare quello per cui realmente siamo portati o semplicemente quello che ci rende felici. Credo che quando qualcosa come la libertà di cui disponiamo, in forma minore o maggiore, tutti i giorni viene data per scontata, è questa la domanda che ci dovremmo porre: come sarebbe vivere in un altro posto? Oggi quindi parliamo di un uomo che ha lottato per l’indipendenza e per un mondo diverso, prima che i governi degli stessi Stati “aiutati” degenerassero. Parliamo di un uomo la cui vita ha influenzato le azioni di molte persone e per le quali è diventato un idolo. Un uomo che a volte è solo un volto su “milioni di bandiere”, ma un volto carico di significato. La sua vita prima delle rivoluzioni è stata comunque un esempio per molti e le sue battaglie per aiutare i Paesi dell’America e dell’Africa sono parte della storia dell’indipendenza di quegli stessi Stati. Mi sarebbe piaciuto tanto poter parlare con ‘Che’ Guevara di quello che sta succedendo adesso nel mondo, di come si possa ancora lottare per la libertà, di come


si possa difendere la dignità e l’identità delle persone, di tutte le persone, pur conservando la propria. Queste sono ora le mie domande. Per realizzare il Medianoche, tipico panino cubano, abbiamo bisogno di pochi ingredienti. Il pane utilizzato è il Pan de Medianoche che si può sostituire con un pan Brioche o una Challah (io ho realizzato quest’ultima… la ricetta la potete trovare nel blog). Dosi per 6 persone. Dopo aver trovato il pane giusto, per

realizzare il medianoche, dobbiamo tagliarlo a metà nel senso della lunghezza e spalmare, su ogni lato, tre cucchiai di senape. Sistemiamo sulla parte inferiore 150g circa di prosciutto crudo dolce (più o meno 8/10 fette) ; ricopriamo con circa 200g di porchetta, che avremo “sfilacciato”, e fettine di Emmenthaler. Completiamo con cetriolini sott’aceto a fettine. Chiudiamo con l’altra metà del pan Brioche e foderiamo con alluminio. Riscaldiamo su piastra calda a fuoco medio-basso per circa 4 minuti per lato. Affettiamo e serviamo.

Cibo per l’anima: Cohiba, di Daniele Silvestri. Ernesto ‘Che’ Guevara, Latinoamericana, Feltrinelli, 1993. I diari della motocicletta, di Waler Salles, 2004. E LI AN A G U A G L IA NO studiosa di letteratura di lingua spagnola e appassionata di cucina, 8 anni fa ha creato un blog (ilgamberetto.blogspot.com).

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LUCIA PERREMUTO CREATIONS PIN K M AGAZINE I T AL I A

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IG: cocoandthecity_n5 PIN K M AGAZINE I T AL I A

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