Magazine P&F Maggio 2022

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - AUT. N°MIPA/CENTRO-SUD/191/2022

Progetti & Finanza M MA AG GA A ZZ II N N EE

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PNRR: il segreto di saper progettare il futuro

Decaro (Anci): «Sul PNRR mancano dati ed aggiornamenti per la progettualità» P u b b l i c a zi o n e m e nsi l e i n fo r m a to d i g i t a l e su l si to www. p r o g e t t i e fi nanza. i nfo

anno V •numero 47 • maggio

2022

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MAGGIO 2022

PREVISIONI ECONOMICHE DI ESTATE 2022: LA GUERRA DELLA RUSSIA PEGGIORA LE PROSPETTIVE La guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina continua a ripercuotersi negativamente sull’economia dell’UE, avviandola su un percorso di crescita più bassa ed inflazione più elevata rispetto a quanto indicato nelle previsioni di primavera. Stando alle previsioni economiche (intermedie) di estate 2022, l’economia dell’UE dovrebbe registrare una crescita del 2,7% nel 2022 e dell’1,5% nel 2023. La crescita nella zona euro dovrebbe attestarsi al 2,6% nel 2022, per poi scendere all’1,4% nel 2023. Si prevede che l’inflazione media annua raggiunga i massimi storici nel 2022, attestandosi al 7,6% nella zona euro e all’8,3% nell’UE, per poi scendere rispettivamente al 4,0% e al 4,6% nel 2023. Molti dei rischi negativi gravanti sulle previsioni di primavera 2022 si sono concretizzati. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha esercitato ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari. Questi fattori alimentano le pressioni inflazionistiche a livello mondiale, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie e innescando una risposta di politica monetaria più rapida di quanto ipotizzato in precedenza. Il rallentamento della crescita in atto negli Stati Uniti si aggiunge all’impatto economico negativo della rigorosa politica cinese “zero COVID”. L’economia dell’UE rimane particolarmente vulnerabile agli sviluppi dei mercati dell’energia a causa della sua elevata dipendenza dai combustibili fossili russi e l’indebolimento della crescita mondiale deprime la domanda esterna. L’impulso ottenuto con la ripresa dello scorso anno e un primo trimestre leggermente migliore a quanto stimato in precedenza dovrebbero sostenere il tasso di crescita annuale per il 2022. L’attività economica nel resto dell’anno dovrebbe tuttavia essere modesta, nonostante una promettente stagione turistica estiva. Nel 2023 si prevede che la crescita economica trimestrale acquisisca slancio, sulla scia della resilienza del mercato del lavoro, della moderazione dell’inflazione, del sostegno del dispositivo per la ripresa e la resilienza e della quantità ancora elevata di risparmi in eccesso. Nel complesso l’economia dell’UE dovrebbe continuare a espandersi, ma a un ritmo notevolmente più lento di quanto previsto nelle previsioni di primavera 2022. L’inflazione complessiva a giugno ha toccato i massimi storici, in quanto i prezzi dei beni energetici e alimentari hanno continuato a crescere e le pressioni sui prezzi si sono estese ai servizi e ad altri beni. Nella zona euro l’inflazione è aumentata notevolmente nel secondo trimestre del 2022, passando dal 7,4% di marzo (su base annua) a un nuovo massimo storico dell’8,6% in giugno. Nell’UE l’aumento è stato ancora più pronunciato: da marzo a maggio l’inflazione è salita addirittura di un punto percentuale, passando dal 7,8% all’8,8%. Le previsioni relative all’inflazione sono state riviste considerevolmente al rialzo rispetto alle previsioni di primavera. Oltre al forte aumento dei prezzi nel secondo trimestre, un’ulteriore impennata dei prezzi del gas in Europa dovrebbe ripercuotersi sui consumatori anche attraverso i prezzi dell’energia elettrica. L’inflazione dovrebbe raggiungere un picco dell’8,4% su base annua nel terzo trimestre del 2022 nella zona euro e successivamente registrare un calo costante fino a scendere al di sotto del 3% nell’ultimo trimestre del 2023, sia nella zona euro che nell’UE, grazie all’allentamento delle pressioni derivanti dalle strozzature negli approvvigionamenti e dai prezzi delle materie prime. I rischi per le previsioni riguardanti l’attività economica e l’inflazione dipendono fortemente dall’evoluzione della guerra e, in particolare, dalle sue implicazioni per l’approvvigionamento di gas in Europa. Nuovi aumenti dei prezzi del gas potrebbero far aumentare ulteriormente l’inflazione e frenare la crescita. Gli effetti di secondo impatto potrebbero a loro volta amplificare le spinte inflazionistiche e determinare un inasprimento più severo delle condizioni finanziarie che non solo peserebbe sulla crescita, ma comporterebbe anche maggiori rischi per la stabilità finanziaria. Non si può escludere che la recrudescenza della pandemia nell’UE provochi nuove perturbazioni dell’economia. Allo stesso tempo le recenti tendenze al ribasso dei prezzi del petrolio e di altre materie prime potrebbero intensificarsi, determinando un calo dell’inflazione più rapido di quanto attualmente previsto. Inoltre, grazie a un mercato del lavoro forte, i consumi privati potrebbero rivelarsi più resilienti all’aumento dei prezzi se le famiglie utilizzassero maggiormente il risparmio accumulato. Questo è quanto emerge dalle previsioni economiche della Commissione Europea, incentrate sull’andamento del PIL e dell’inflazione in tutti gli Stati membri dell’UE.

ED ITO RIA LE

Le previsioni si basano su una serie di ipotesi tecniche relative ai tassi di cambio, ai tassi di interesse e ai prezzi delle materie prime aggiornate al 30 giugno, di questo e di altre tematiche importanti parleremo nel nostro nuovo numero del Magazine. Buona lettura!

otti Tommaso Mazzi EDITORE


Progetti & Finanza

S O M M A R I O

maggio 2022

M A G A Z I N E

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In arrivo investimenti su nuove scuole con il PNRR

Green Energy, il punto in Italia Le ricadute della guerra sul Grano

anno V •numero 47 •maggio 2022 • Direttore Responsabile Maria Rosaria De Leonardis

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Gli italiani tornano ad innamorarsi della Ferrari

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Piccoli Comuni, la ricchezza dell’Italia

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Green energy, il punto in Italia In una fase cruciale per lo sviluppo dei progetti verdi nel bel Paese ci sono ancora gap enormi da colmare

6 Progetti Finanza&

Mind (Milano innovation district) è la città del futuro dove tutto sarà alimentato in maniera sostenibile, tecnologie green , movimento solo con auto elettriche. Non vi sembri un racconto futurista poiché i tempi di realizzazione sono assolutamente brevi: dieci anni. Già si lavora sul nuovo quartiere “West Gate” fatto di uffici, case, negozi, hotel, spazi pubblici che farà da apripista alla nuova città che sorgerà nel luogo dove si è tenuto l’Expo 2015. In Svezia c’è il villaggio di Simris che già dal 2017 è, quasi, autosufficiente sfruttando l’eolico e il solare e vendendo l’elettricità pulita in eccesso alla rete nazionale. A qualcuno dovrebbero fischiare le orecchie. In Germania, a Berlino, stanno facendo altrettanto e hanno già rigenerato l’aeroporto Tegel come quartiere da 10mila abitazioni e che punta ad essere energeticamente autosufficiente. Sono tanti gli esempi che si potrebbero fare e tutti significativi in questo momento di crisi energetica generale. Introduzione necessaria per facilitare le riflessioni che scaturiranno dalle comparazioni con quanto segue. La sofferenza per le difficoltà d’importazione di gas, a breve anche il petrolio, per i motivi che tutti conosciamo ci riportano alla mente che le fonti di energia rinnovabili (sole e vento) sono gratuite e che, purtroppo gli impianti di produzione sono quasi tutti bloccati. L’Osservatorio Regions 2030, curato dalla società di relazioni istituzionali Public Affairs Advisors e dalla società di consulenza energetica Elements, punta il dito in direzione delle regioni, le vere responsabili di questo “impasse”. Il Rapporto elaborato dalla Public Affairs Advisors e Elements “Le Regioni e il Permitting” elaborato per consentire di evidenziare i punti di forza e le criticità dei piani di sviluppo presentati dalle regioni per incrementare lo sviluppo delle rinnovabili sul territorio, evidenzia come le uniche che riescono ad ottenere qualche approvazione sono la Sicilia, il Lazio e l’Emilia-Romagna. Abbiamo bisogno di produrre energia ma gli impianti di energie rinnovabili sono autorizzati con lentezza esasperante. In base allo studio “Regions2030”, per quanto riguarda l’eolico, emerge che negli ultimi quattro anni le autorizzazioni sono in

numero irrisorio: presentate domande per 24.042 MW, 1.252 MW non hanno ricevuto l’autorizzazione, 609 MW hanno avuto solo la Valutazione di impatto ambientale, 583 MW sono stati autorizzati e 1.370 MW sono ancora in attesa del giudizio di compatibilità ambientale. Non se la passa meglio il fotovoltaico, che resta la fonte più utilizzata dagli operatori delle rinnovabili in Italia, sono state presentate domande per 36.806 MW delle quali ne sono state respinte per 1.508 MW, hanno ricevuto l’ok solo per l’impatto ambientale 2.602 MW, restano in attesa di risposta 29.130 MW e 3.566 MW sono stati autorizzati definitivamente. Nel 2021, anno in cui è stato registrato il numero più alto di autorizzazioni, a fronte di una richiesta di autorizzazioni di 15,7 GW ne sono stati autorizzati 2,4 GW. Le regioni più virtuose sono state Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Liguria e Sicilia. Una nota di merito va alla Sicilia con un numero di autorizzazioni in linea con le aspettative, al contrario la Puglia dove le autorizzazioni sono praticamente a zero. Non basta a giustificare le “performances” delle due regioni il fatto che il numero di richieste che ricevono è decisamente superiore a quello delle altre. Nel rapporto presentato dalle due società di controllo si fa notare come la Puglia stia pagando ancora lo sviluppo “veloce e disordinato” verificatosi intorno al 2010 quando la maggior parte delle autorizzazioni riguardavano gli impianti sotto 1 MW poiché, questi, godevano di un percorso autorizzativo semplificato. Oggi gli assessori regionali, quasi tutti, lamentano carenza di personale e, quindi, mancanza di risorse umane sufficienti per seguire tutte le procedure. Intanto i piani di sviluppo che raggiungono il target di congruità INSTAGRAM/ACCOUNT tra obiettivo e potenzialità del territorio sono poche le regioni che l’hanno presentato. La Puglia raggiunge, si, il suo target fotovoltaico ma con numeri inadeguati (2,002 MW) rispetto alle potenzialità del territorio. Anche per quanto riguarda il piano energetico al 2030, solo alcune regioni hanno già provveduto all’approvazione, mentre altre, tra cui la Puglia, ci stanno ancora pensando. Il futuro corre, non aspetta. A. Caivano

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Caricabatterie: l’Ue detta le nuove regole Da oggi in poi tutti i dispositivi elettronici dovranno essere dotati di Porta USB Type-C ANTONIO CAIVANO

8 Progetti Finanza&

Tempo di cambiamenti anche nel settore elettronico, bisognerà aspettare ancora un po’ ma presto arriverà il tempo di dare, finalmente, il benvenuto al cavo unico ed universale per la ricarica di telefoni cellulari, tablet, fotocamere digitali, cuffie e auricolari, console per videogiochi, altoparlanti portatili, ricaricabili tramite cavo. Tutti questi dispositivi, in futuro, dovranno essere dotati di una porta USB Type-C, indipendentemente dalla casa produttrice. Le nuove regole, emanate dalla Ue, eviteranno che ci debba essere bisogno di un dispositivo di ricarica e di un cavo diversi per ogni dispositivo elettronico acquistato, ne basterà uno solo, valido per tutti i dispositivi, indipendentemente dal tipo, dal modello e dalla casa di produzione. Tutti i nuovi dispositivi elettronici, portatili, dovranno avere una porta USB Type-C compatibile con un unico cavo di ricarica. Le case produttrici avranno quaranta mesi (ventiquattro più sedici concessi ai dispositivi “laptop” per i quali la scadenza verrà posticipata di sedici mesi per permettere al mercato di adeguarsi), per mettersi in regola, dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Il nuovo sistema non potrà penalizzare, in alcun modo, i tempi di ricarica che rimarranno quelli previsti dalle indicazioni al momento dell’acquisto. Questi nuovi obblighi permetteranno un risparmio, per i consumatori, di circa 250 milioni di euro all’anno che si spendono per comprare caricabatterie di ogni genere per ogni dispositivo, e di 13/15 mila tonnellate di rifiuti elettronici, all’anno, per lo smaltimento di vecchi caricatori non più utilizzati. Le indicazio-

ni per la ricarica dei nuovi dispositivi permetteranno, in maniera chiara, di verificare se i dispositivi di ricarica già in possesso siano compatibili evitando un ulteriore, inutile, acquisto, anzi, invoglieranno, dove possibile, al riutilizzo. Riepilogando: dopo la pausa estiva il Parlamento e il Consiglio Ue dovranno approvare formalmente queste disposizioni e dopo l’iter burocratico previsto, 20 giorni, le disposizioni entreranno in vigore dopo 24 mesi (più sedici per i laptop) da quella data. Thierry Breton, Commissario Europeo per il Mercato Interno, ha invitato le società produttrici a mettersi in regola prima della scadenza dei 24 mesi, sottolineando come le nuove regole non varranno per tutti quei dispositivi immessi sul mercato prima della data di entrata in vigore. “La regola per l’introduzione del caricabatterie universale USB-C vale per tutti, non è fatta contro nessuno, ha detto il Commissario Breton, rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva come si sarebbero comportati se Apple avesse rifiutato di adeguarsi a queste regole europee. Non costringeremo, sicuramente, nessuno a entrare nel mercato interno, è questo il nostro atteggiamento da sempre, ma ci sono delle regole che si applicano a tutti. Queste nuove regole rappresentano una tappa fondamentale dopo oltre dieci anni di lavoro a questa direttiva. Inizieremo ad applicare le nuove regole tra 24 mesi, lasciando, alle società del tech, due anni per adeguarsi, sono più che sufficienti, ma le incoraggeremo a farlo prima della scadenza. A buon intenditore poche parole”.

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LA PRODUZIONE SARÀ DI CIRCA 4MILIONI DI TONNELLATE IN MENO RISPETTO AL 2021

GRANO & GUERRA

le conseguenze del conflitto sui prezzi dei cereali ANTONIO CAIVANO

Venticinque milioni di tonnellate di grano e mais sono bloccate in Ucraina, e questo fa schizzare i prezzi in tutto il mondo colpendo il settore alimentare in maniera diretta

10 Progetti Finanza&

Venticinque milioni di tonnellate di grano e mais sono bloccate in Ucraina, la quantità che basterebbe a “sfamare” tutti gli abitanti di tutti i Paesi poveri della Terra. Qualcuno, in alternativa, alla ricerca costante di termini e frasi che offuschino l’immagine reale, dice “quantità pari al fabbisogno di tutte le economie meno sviluppate del pianeta”. Per aggiungere preoccupazione, come se non ce ne fosse già abbastanza tra guerra e siccità, solo per rimanere in tema, gli esperti della Usda (Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti) evidenziano come il mondo, tra quest’anno e il prossimo, dovrà affrontare il grosso problema della produzione incapace di soddisfare la richiesta, i consumi e che, tutti i Paesi dovranno fare il ricorso alle scorte accumulate negli anni passati. La produzione di grano

sarà di circa 4milioni di tonnellate in meno rispetto al 2021 (779 contro 775 milioni di tonnellate). Inutile dire che un ruolo importante, in questo ammanco, lo gioca la guerra e quindi l’Ucraina che, a voler essere ottimisti, vedrà il suo raccolto inferiore di un terzo rispetto a quello dell’anno scorso. Un altro fattore importante è il clima, con i giorni di caldo e siccità in notevole aumento. In alcuni Paesi già si ricorre allo stato di emergenza per calamità naturale vista l’assenza di acqua sufficiente alle colture oltre che alle esigenze delle attività e della quotidianità di ognuno. L’Europa dovrà far fronte, anche, all’arrivo di profughi ucraini e alla crescente richiesta per l’aumento del turismo post pandemia e sue restrizioni di viaggi. La prima conseguenza sarà l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto

che spingerà sempre più persone a ricorrere ad alimenti alternativi. Il governo indiano, ad esempio, ha deciso di finanziare l’uso di fertilizzanti per il riso, per aumentarne la produzione anche se a scapito della qualità, al posto del grano che i produttori hanno deciso di vendere all’estero e non al mercato interno perché, sostengono, che in altri paesi apprezzano di più il grano indiano riconoscendo, così, il loro impegno e il loro lavoro. In questa situazione è inevitabile il ricorso alle scorte delle quali, per il momento, i Paesi sono forniti e che consentono di affrontare con relativa calma questo periodo critico. La Cina, già da qualche tempo, vende il suo grano all’asta per cercare di “sgonfiare” il mercato sperando in un effetto “calmiere” mentre l’Unione Europea cerca di aiutare tutti gli Stati che ne-

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Navi di Grano blocccate nei porti Ucraini

cessitano, tra cui l’Italia, prorogando la deroga sull’uso dei terreni a riposo per rafforzare le produzioni interne. Il grano, l’alimento indispensabile per soddisfare la fame in gran parte del mondo, in questo momento si rivela l’anello debole di un sistema esposto a tanti fattori diversi, una parte del “made in Italy” pane, pasta, pizza, dolci eccetera, rischia di essere messo in crisi in maniera imprevedibilmente seria evidenziando la fragilità del sistema agroalimentare italiano, anche se non esiste, per ora, un allarme approvvigionamenti. La quota del 3% di grano tenero e del 6% di mais, di importazione dalla Russia e Ucraina è stata immediatamente coperta dall’aumento di quelle provenienti dalla Francia, Germania, Ungheria e Romania, sia pure con costi diversi visto che la stessa operazione

l’hanno fatta anche altri causando un notevole aumento. Gli effetti di questo impatto potremo verificarli a breve poiché, per quanto si voglia tenere separato ogni singolo problema, crisi energetica, guerra e sanzioni, produzione e commercio di grano e cereali, clima e conseguenze idriche, pandemia ancora presente, se non si interviene in maniera efficace, potrebbero creare notevoli problemi economici e sociali sia nei Paesi con “economie sviluppate” che in quelli con “economie meno sviluppate”. E la fame, si sa, fa brutti scherzi.


LE NUOVE ESIGENZE DEI LAVORATORI EVIDENZIATE DALL’ANALISI DI ADP RESEARCH INSTITUTE. PIÙ DI UN DIPENDENTE SU TRE ACCETTEREBBE UNA RIDUZIONE DI STIPENDIO IN UN’OTTICA DI WORK-LIFE BALANCE

Lavorare solo 4 giorni a settimana: sì dal 56% degli italiani

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I lavoratori desiderano maggiore flessibilità nella loro vita lavorativa: smart working, il passaggio a una settimana lavorativa di quattro giorni, organizzazione personalizzata delle ore e del luogo di lavoro. Sono solo alcune delle tendenze che emergono da People at Work 2022: A Global Workforce View l’annuale survey redatta dall’Adp Research Institute, istituto di ricerca della multinazionale specializzata nell’human capital management. L’indagine si è svolta su circa 33 mila lavoratori in 17 Paesi, di cui circa 2000 in Italia. Il 56% degli intervistati sarebbe d’accordo di passare a una settimana lavorativa di 4 giorni, arrivando così a lavorare 10 ore al giorno pur di avere un giorno libero in più a settimana. “Alcuni datori di lavoro stanno già introducendo la settimana lavorativa di quattro giorni, un cambiamento epocale”, sottolinea Marisa Campagnoli, HR Director Adp Italia. “Se riescono a farlo funzionare, assicurando che le esigenze aziendali continuino a essere soddisfatte, potrebbe essere vantaggioso per tutti. Il 35% accetterebbe una riduzione della retribuzione se ciò significasse migliorare il proprio equilibrio tra lavoro e vita privata, anche senza nessuna modifica delle ore lavorative. “Il lavoro ibrido e quello a distanza sono ormai due modalità professionali consolidate, anche se non è ancora ben chiaro quanto siano destinate a durare”, aggiunge Campagnoli. “Quel che invece si è affermato definitivamente sono la fusione tra casa e luogo di lavoro e l’erosione del modello classico di orario d’ufficio dalle 9 alle 17. Questo ha implicazioni a lungo termine per l’organizzazione della vita dei dipendenti, per il tipo di lavoro che svolgono e il modo in cui lo svol-

gono, e di conseguenza per il mercato del lavoro. Tra sospensioni e re-imposizioni dei lockdown in un momento in cui la popolazione è ancora vulnerabile, emerge una questione controversa: è possibile chiedere o costringere i dipendenti a tornare in ufficio anche se non è necessario? Per molti potrebbe essere un punto cruciale, se non la proverbiale goccia che li spingerebbe a licenziarsi (il 45% degli intervistati)”. Da sottolineare come la metà dei dipendenti intervistati (54%) afferma di aver preso in considerazione di cambiare lavoro negli ultimi 12 mesi. Di questi, uno su quattro (21%) ha pensato di cambiare settore, il 14% di richiedere un anno sabbatico. Il 13% ha pensato di aprire un’azienda, di prendersi una pausa temporanea dal lavoro (12%) o di lavorare part-time (13%), mentre uno su dieci ha considerato l’ipotesi del pensionamento anticipato (11%). Sono più le donne che desiderano passare al part-time (15% contro l’11% degli uomini). “In questo periodo di cambiamenti radicali, i datori di lavoro devono concentrarsi prima di tutto sulla gestione delle nuove dinamiche lavorative e sulla fidelizzazione della forza lavoro. Per farlo devono porre le domande giuste, capire meglio i dipendenti, compreso il modo in cui la mentalità prevalente è cambiata, per adeguare l’approccio da adottare di conseguenza. Probabilmente dovranno prendere decisioni coraggiose e superare i preconcetti, come molte aziende hanno già fatto, ma saranno decisioni fondamentali per il benessere dell’azienda e della sua produttività”, conclude Marisa Campagnoli (Fonte:Businesspeople)

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PNRR:

ai ritardi dello Stato arriva in soccorso la progettazione privata

I 14 Progetti Finanza&

l piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è il documento che il governo italiano ha predisposto per illustrare alla commissione europea come il nostro paese intende investire i fondi che arriveranno nell’ambito del programma Next generation Eu. Una primavera economica che oggi può significare per il nostro Paese una grande opportunità da integrare con programmazioni già in essere e misure da sempre pensate ma mai applicate. Una corsa contro il tempo che vede ingenti risorse messe a disposizione che dovrebbero identificarsi in una chiara strategia economica che però spesso si scontra con i pachidermici tempi delle tecnostrutture pubbliche e della burocrazia. Fondamentale quindi è l’apporto delle progettazioni private che scendono in campo a sostegno del pubblico per ottenere massimi risultati. Una questione che rallenta anche la pubblicazione di dati sullo stato dell’arte. Ad oggi infatti pesa molto il ritardo di strut-

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Fondamentale l’apporto dei progettisti a sostegno della tecnostruttura degli enti pubblici

ture pubbliche incapaci di programmare e progettare. Tra gli elementi più rilevanti che ancora mancano all’appello, notiamo che non sono presenti a oggi informazioni sulle risorse del Pnrr e del fondo complementare che sono già state erogate per le diverse misure e sotto-misure del piano. Inoltre, dai dati disponibili non è possibile conoscere gli importi stanziati su base annuale per ogni singolo intervento. Si tratta di una mancanza piuttosto grave perché il confronto tra gli importi previsti annualmente e quelli già erogati fornirebbe un’indicazione, per quanto parziale, sullo stato di avanzamento degli investimenti previsti. Sempre rimanendo nell’ambito delle informazioni sulle misure, non è specificato in nessun modo in che percentuale ogni riforma e ogni investimento del Pnrr contribuisce alle 3 priorità trasversali del piano: parità generazionale, uguaglianza di genere e riduzione del divario di cittadinanza. A oggi infatti conosciamo quali misure interverran-

no a sostegno di queste priorità, ma non è possibile quantificarne l’impatto in termini economici. Strettamente collegato al tema delle misure vi è poi quello dei progetti finanziati. In questo caso alcune informazioni sono disponibili. Il problema è che la base dati pubblicata su Italia domani risale al 31 dicembre 2021. In base a questi dati emerge che gli interventi ammessi a finanziamento sono stati complessivamente 5.246. Tali progetti fanno riferimento solamente a 3 misure: assistenza tecnica per la Pa, rifinanziamento del fondo 394/81 e hub del turismo digitale. Questi dati mettono in evidenza però come la progettazione messa in campo da soggetti non pubblici è fondamentale e nello stesso tempo decisiva nell’attuazione della programmazione PNRR in Italia che ricordiamo essere il paese principalmente beneficiario di questo nuovo programma di finanziamento comunitario con 191,5 miliardi di euro di fondi suddivisi tra sovven-

zioni (68,9 miliardi) e prestiti (122,6 miliardi). A tali risorse si aggiungono poi circa 13 miliardi di euro di cui il nostro paese beneficerà nell’ambito del programma Assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa (React-Eu). Il governo ha inoltre, con apposito decreto legge, stanziato ulteriori 30,62 miliardi che serviranno a completare i progetti contenuti nel Pnrr. Affidarsi al privato da parte dello Stato è senza dubbio la scelta in cui si sta marciando. Non a caso l’importanza dei partenariati pubblico-privati per la realizzazione dei progetti è tra le linee guida e tra le priorità del Governo. “È importante rendere tutti informati che i progetti di partenariato pubblico-privato costituiscono la gran parte di quelli del PNRR, ma sono validi anche al di fuori di esso”, ha spiegato il capo del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (Dipe) della presidenza del Consiglio, Marco Leonardi: “il partenariato – ha aggiunto – ha molti aspetti


positivi per l’interazione tra settore pubblico e privato, ed è per questo che il Dipe supporta le amministrazioni che vogliono instaurare questo tipo di accordi”. Per Stefano Scalera, dirigente del ministero dell’Economia, “occorre che le pubbliche amministrazioni usino questo strumento, conosciuto da tempo, per passare dal ruolo di mero committente a quello di partner, con obiettivi condivisi, progetti comuni e rischi e oneri ben definiti e supportati da finanziamenti adatti. Oggi bisogna raccogliere la sfida dell’innovazione e dell’adozione di procedure nuove per accrescere l’efficacia e l’efficienza dei progetti”. Sotto l’acronimo PPP, ha spiegato, “si nascondono diverse cose, per qui questo strumento va analizzato caso per caso. Per questo molti enti pubblici come l’Autorità anticorruzione (Anac), la Cassa depositi e prestiti, la Ragioneria generale dello Stato, hanno pensato di offrire un supporto attivo agli enti locali con contratti tipo, modelli di soluzioni eccetera”. Affidarsi al privato purtroppo oggi non è una libera scelta ma una vera necessità se non si vuole perdere anche questo treno. I sogni del PNRR, infatti, rischiano di infrangersi contro la lentezza della macchina pubblica italiana. Il 2026, termine entro il quale le opere dovranno essere terminate e rendicontate all’Europa, è dietro l’angolo. Qualcuno ha parlato della necessità di una transizione burocratica, a fianco di quella ecologica. In attesa che si compia, bisogna correre ai ripari, per evitare che i fondi europei vadano sprecati, oppure debbano essere restituiti. Una vulgata fra le più diffuse è quella che con i fondi del PNRR si potrà fare tutto: dai marciapiedi dei piccoli pae-

si, agli ospedali, alle grandi infrastrutture. Sarà tre volte Natale, insomma. La realtà è molto diversa: la gran parte dei fondi sarà assegnata sulla base di procedure competitive. Ciò significa che vinceranno i progetti migliori e non saranno distribuite erogazioni a pioggia. Anche la pari ripartizione tra Regioni è una chimera: a parte la riserva per le Regioni del sud (almeno 40% delle risorse totali), le altre Regioni dovranno conquistarsi le risorse PNRR con la qualità dei progetti presentati. Ciò significa che ci saranno aree del Paese che avranno di più, e aree che avranno di meno. È dunque importante, soprattutto per le pubbliche amministrazioni, strutturarsi in fretta per presentare progetti in grado di vincere le selezioni e rispettare i vincoli qualitativi e temporali previsti dalle normative europee. Difficile, però, fare le nozze con i fichi secchi: molte amministrazioni, soprattutto quelle locali, non hanno risorse e competenze per presentare progetti complessi, soprattutto in tempi brevi. La soluzione del Governo centrale è quella di mettere a disposizione alcune strutture di supporto, come Cassa depositi e prestiti e Invitalia, per sostenere la progettualità degli enti territoriali. Le Regioni più attente hanno individuato nelle proprie società finanziarie in house il supporto per le operazioni sul territorio: Regione Liguria, ad esempio, ha espressamente previsto che sia Filse Spa l’advisor tecnico per i progetti di interesse regionale. Ma tutto questo rischia di non essere sufficiente, se il mondo pubblico ritiene di gestire la partita del PNRR in modo autoreferenziale. La vera chiave del successo, infatti, è quella di una contaminazione tra il mondo pubblico e quello privato, secondo le numerose

forme di partenariato (PPP) previste dalle norme. Solo unendo il “meglio dei due mondi”, per usare un’espressione cara agli studiosi delle forme di governo, si può ottenere la realizzazione di opere di interesse pubblico garantito, di alto livello qualitativo e in tempi compatibili con i finanziamenti europei. Come hanno notato gli osservatori più attenti (cfr. O. Granato, Il Recovery non sia il concorrente degli investimenti privati, in Formiche), la collaborazione tra pubblico e privato è anche l’antidoto per non allontanare dalla penisola gli investitori. Se le grandi infrastrutture comprese nel PNRR vengono finanziate solo con capitali pubblici, infatti, il rischio è che quelli privati migrino verso terre più ospitali. Al contrario, se i denari pubblici del PNRR vengono chirurgicamente focalizzati sulle opere “non bancabili”, si può creare un effetto volano che consenta di attrarre capitali privati da affiancare alle risorse pubbliche. Detto altrimenti, con pari risorse pubbliche suddivise fra più opere, e affiancate da risorse private, si possono avviare e realizzare molti più progetti di quelli realizzabili con sole risorse pubbliche. L’Europa guarda con attenzione a come l’Italia saprà utilizzare questo strumento. È stato negoziato con grande perizia dal premier Mario Draghi, e il suo successo potrebbe anche aprire la strada a un ripensamento delle politiche comunitarie. Il nostro Paese potrà però riuscire nel suo intento di rilancio e acquisire una nuova leadership internazionale, solo se pubblico e privato lavoreranno insieme. La comunità industriale e quella della ricerca pubblica delle Life sciences devono collaborare per rendere trasparenti e chiare le regole di assegnazione dei fondi Pnrr. Come ricercatore, ma an-


che come industriale, mi aspetto che queste nuove regole meritocratiche, lineari e trasparenti, valgano per tutto il mondo delle Life sciences che, come abbiamo visto con il Covid, è sempre più integrato con la sanità e con la crescita del Paese e la sua resilienza di fronte agli shock esterni. Non attrezzarci per beneficiare al massimo dell’impatto del Pnrr sarebbe un errore madornale che ricadrebbe sulle prossime generazioni di italiani. Questo è il momento di mettere a regime, una volta per tutte, quell’ecosistema basato sulla collaborazione, sul dialogo e sulla condivisione tra centri pubblici, erogatori privati, imprese nazionali e multinazionali, senza il quale non c’è futuro. Ora è necessario dare un boost al sistema integrato pubblico-privato per risolvere problemi strutturali ormai noti. Ma non dobbiamo dimenticare che, pur scontando negli anni una ridotta capacità di investimento e di innovazione, l’Italia ha dimostrato di poter giocare comunque un ruolo da leader nello scenario delle Scienze della vita a livello globale. Quindi oggi il ruolo dei provati è fondamentale in quanto il consulente e il progettista si pone come partner strategico delle PA e delle Imprese Private supportandole nei processi progettuali ed operativi per l’accesso ai finanziamenti previsti a fronte delle risorse economiche messe a disposizione dell’Italia per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contenente un pacchetto coerente di riforme strutturali e investimenti per il periodo 2021-2026 articolato in sei Missioni d’intervento prioritari. In questa ottica la struttura ha l’arduo compito di analizzare le esigenze dell’Ente, oltre all’individuazione di idee progettuali e di opportunità di finanziamento e all’analisi circa la finanziabilità dei progetti. Il supporto consulenziale strategico ha il compito di supporto alla redazione dei Documenti Preliminari di Progettazione e di supporto alla stesura del Regolamento Interno per l’attuazione del Recovery Plan, oltre al supporto all’accesso ai finanziamenti che verifica anche la stesura ed alla presentazione formale della documentazione relativa alla domanda di accesso al finanziamento. Si aggiunge un fondamentale ruolo di supporto alla Gestione, monitoraggio e rendicontazione dei progetti, coordinamento per l’attuazione dei progetti finanziati e supporto tecnico-economico per la corretta rendicontazione amministrativa e finanziaria dei

contributi acquisiti. Da parte dei Comuni c’è la chiara possibilità di poter far ricorrere all’ausilio di consulenze private. Per poter realizzare i progetti che saranno finanziati grazie ai tanti fondi del PNRR, difatti, i Comuni potranno assumere professionisti ed esperti in deroga rispetto alle regole sul contenimento delle spese nel pubblico impiego. La Norma che lo prevede è la Legge 233/2021, la quale introduce diverse semplificazioni, oltre a stanziare risorse a favore degli Enti locali, in particolare di quelli di piccole dimensioni o del Sud Italia che diversamente farebbero fatica ad avere il personale necessario per attuare i progetti previsti. I Comuni con una popolazione superiore ai 250mila abitanti potranno conferire un massimo di 15 incarichi ad esperti per consulenze e/o collaborazioni. L’importo di ciascuno non potrà superare i 30mila euro lordi all’anno e complessivamente ciascuna Amministrazione non potrà spendere più di 300mila euro per ciascuna annata. Definita anche la durata massima di questi incarichi, che non potranno andare oltre il 31 dicembre 2026 e, in ogni caso, cesseranno automaticamente con la fine del mandato amministrativo del soggetto politico che li assegna. Ogni Comune dovrà retribuire i professionisti con risorse proprie, con un occhio sempre vigile all’equilibrio pluriennale di bilancio. I Comuni con più di 250mila abitanti

che si trovano in situazione di “predissesto” possono potenziare l’organico degli uffici, ma le spese non possono superare l’80% della cifra utilizzata per lo stesso scopo nell’ultimo rendiconto precedente all’avvio della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Le procedure di assunzione a tempo determinato non sono precluse nemmeno a quei Comuni che si trovano in deficit. Infatti, per tutte le Amministrazioni locali nazionali è possibile derogare alle norme sul contenimento delle spese in materia di impiego pubblico. In aiuto ai piccoli Comuni (quelli con meno di 5mila abitanti) è stato istituito un fondo ad hoc di 150 milioni di euro spalmati in 5 anni, dal 2022 al 2026. I Comuni interessati dovranno comunicare al Dipartimento di Funzione Pubblica le eventuali esigenze di personale: avranno tempo fino all’ultimo giorno di gennaio 2022 per avanzare le richieste. Inoltre, 67 milioni di euro sono stati destinati al sostegno dei Comuni del Mezzogiorno: infatti l’Agenzia per la Coesione Territoriale può stipulare contratti di collaborazione con personale specializzato e professionisti. Sono sempre di più però gli enti che hanno scelto la strada di farsi affiancare da vere e proprie aziende leader nella consulenza e progettazione che ad oggi possono essere l’unica vera ancora di salvezza per non far naufragare questa ennesima opportunità.


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ANTONIO DECARO, PRESIDENTE DELL’ANCI :« SI STANNO RENDENDO NECESSARIE DELLE CORREZIONI ALLA ROTTA FIN QUI SEGUITA, CON CONSEGUENZE CHE SI RIVERSERANNO ANCHE NELLE PROSSIME FASI DI ATTUAZIONE DEI PROGETTI CHE STIAMO PORTANDO AVANTI» Con i dati in nostro possesso possiamo stimare che sono 56,6 i miliardi di euro territorializzati dal Piano al 23 febbraio 2022 e di questi il 45% è destinato al sud, il 33% al nord e il 17% al centro con un 5% di scarto che verrà distribuito nella stessa misura a tutte le regioni

IL PNRR NEI TERRITORI: CARENZE DI DATI E MANCATI AGGIORNAMENTI PIO SAVELLI

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«Siamo obbligati a fare i conti con la situazione difficile causata dall’invasione dell’Ucraina, dalla crisi energetica e dalle tensioni dovute alla crescente inflazione – dice Antonio Decaro, presidente dell’Anci – questi fattori probabilmente renderanno necessarie delle correzioni alla rotta fin qui seguita, con conseguenze che si riverseranno anche nelle prossime fasi di attuazione dei progetti che stiamo portando avanti» eppure nonostante tutti gli ovvi cambiamenti, data la politica internazionale e i conseguenti problemi economici, non vi sono ancora informazioni in merito ai progetti che verranno concretamente finanziati dal PNRR nei territori e infatti, benché vi siano le pubblicazioni sul portale ItaliaDomani, manca ancora l’aggiornamento dei dati e continua ad essere attuale un dataset aggiornato al 31 dicembre 2021 che riporta solamente informazioni parziali escludendone alcune di particolare rilevanza come lo stato di avanzamento delle scadenze e la ripartizione territoriale delle risorse stanziate.

L’unico documento in cui sono presenti tutti gli investimenti che vedono soggetti attuatori i comuni e/o le città metropolitane e il loro stato di avanzamento, resta la relazione dell’Anci; segnale questo che evidenzia, ancora una volta, come a livello istituzionale non ci sia una sistematizzazione di questa pratica, o almeno non in modo pubblico, accessibile ed esteso a tutto il piano, come invece dovrebbe essere. Ma cerchiamo di effettuare un’analisi circa i territori; da sottolineare però è che questa non potrà essere precisa in quanto, come ampiamente detto prima, i dati sulle risorse territorializzate restituiscono un quadro assolutamente parziale dell’impatto del PNRR sui territori. Con i dati in nostro possesso possiamo stimare che sono 56,6 i miliardi di euro territorializzati dal PNRR al 23 febbraio 2022 e di questi il 45% è destinato al sud, il 33% al nord e il 17% al centro con un 5% di scarto che verrà distribuito nella stessa misura a tutte le regioni.

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Tra le regioni troviamo in cima alla classifica la Sicilia con 5,9 miliardi, seguita da Lombardia (5,5 miliardi) e Campania (5,2 miliardi); con la Puglia che resta ferma a 4,7 miliardi, non una cifra bassa se consideriamo gli 0,3 miliardi di Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Sempre al 23 febbraio 2022, è il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) ad aver ripartito l’ammontare maggiore sul territorio (15,7 miliardi), segue il Ministero dell’Interno con 12,1 miliardi territorializzati e il Ministero dell’Istruzione con 8,9. Da sottolineare invece sono gli ultimi posti: il Ministero della Cultura (1,2 miliardi), Ministro per il Sud e Coesione Territoriale (0,4 miliardi) e Ministro per la Pubblica Amministrazione (0,3 miliardi). Di queste ultime posizioni a sorprendere è il Ministero della Cultura che, visto anche il problema dell’accesso alla cultura e ai musei per i minori con conseguente scelta inevitabile di avvicinamento alla generazione Alpha (di cui rimando a pagina X), dovrebbe investire

maggiormente sul territorio data la rarità del Bel Paese nel poter disporre di un bene culturale inestimabile per ogni metro quadro. Le misure, invece, a cui sono associate più risorse sono «Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni» e «Piano asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia» entrambi considerati attivi da Anci con un importo rispettivamente di 6 miliardi di euro e 4,6. I fondi più limitati invece sono quelli associati a «Investimento piani urbani integrati - superamento degli insediamenti abusivi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura» attivo con 200 milioni di euro e «Green communities» da avviare con 135 milioni di euro. Sperando in una maggiore chiarezza e aggiornamento dei dati per garantire la giusta trasparenza, ci auguriamo che i fondi fin qui analizzati giungano realmente a destinazione non subendo ritardi elevati e/o scomparse.

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Piccoli Borghi: la ricchezza dell’Italia sta tutta qui Intervista esclusiva a Franca Biglio, Presidente dell’Associazione Nazionale Piccoli Comuni LUIGI PAOLO INGLESE 20 Progetti Finanza&

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“Siamo il Belpaese perché abbiamo i piccoli campanili, il nostro Paese è il più bello perché possiede le ricchezze più variegate, per territorio e per originalità”, così l’incipit di Franca Biglio, presidente dell’Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia (d’ora innanzi ANPCI, ndr) e lei stessa, dal 1985 sindaco di Marsaglia, un piccolissimo comune di 214 abitanti della provincia di Cuneo, in Piemonte”. Presidente, cos’è un piccolo comune? “E’ una realtà molto consueta dell’Italia, fatta di pochi abitanti ma consistente nel suo essere un luogo di tradizione e di produzione, un centro delle nostre più lontane periferie ma anche un modello della diversità italiana. Io penso, perciò, che nel nostro caso debba usarsi innanzitutto una parola d’ordine: diversificazione!” Una costatazione ma anche un impegno… “Sì – prosegue convinta - un impegno delle istituzioni a trattare i piccoli comuni come realtà degne del più alto diritto di cittadinanza. Noi non possiamo essere trattati come i parenti poveri o, ancor peggio, dimenticati. Abbiamo circa 1500 comuni con mille abitanti e centinaia di paesi con poche centinaia di cittadini, insomma un numero veramente considerevole di realtà comunali che necessitano di norme specifiche, di bandi di gara senza adempimenti assurdi, di misure facili da osservare, tenendo conto che molti piccoli comuni hanno un solo dipendente. Oltre al primo cittadino, naturalmente”. Il mondo attuale parla il linguaggio della globalizzazione – pur se attenuato dal rumore dei cannoni in Ucraina – che impone anche ai piccoli comuni di usare le vie della comunicazione e della modernità più efficace e persuasiva, soprattutto per fare appello al popolo numeroso del turismo. C’è bisogno di un turismo 2.0? “Guardi, personalmente non mi entusiasmo facilmente per un linguaggio simile – ha dichiarato Franca Biglio 2.0 o 4.0, certi numeri hanno lo stesso effetto di cui ha parlato il Presidente Draghi, qualche giorno fa, riferendosi ai tanti anglicismi d’uso in Italia: a me interessa soltanto che tutti possano scoprire o riscoprire i piccoli comuni d’Italia, i tesori di arte e di testimonianza, i frutti del lavoro e della terra, di ogni parte d’Italia. E’ necessario

soltanto questo! Servono, però, le risorse…” Servono le più leggi mirate, più risorse e forse serve una maggiore interlocuzione con le autorità della politica… “I problemi sono collegati – ha proseguito la Presidente dei piccoli comuni - Fino a qualche anno fa, nonostante

i tanti vizi e difetti della Prima Repubblica, potevamo ragionare con esponenti politici che ti incontravano e ti davano risposte chiare e avevano una visione oltremodo chiara. A partire dal 2010, è avvenuto uno stravolgimento dei comportamenti e delle risorse. Il governo Monti ha promosso la spending revue, sono state tagliate fino al

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75 per cento delle risorse, si è usato lo stesso metro per consumi e necessità di comuni situati in territori diversi”. Nonostante i piccoli comuni siano i più virtuosi… “Certo, nonostante i ‘piccoli’ non abbiano bilanci in dissesto, sono stati chiamati a realizzare ad ogni costo unioni e fusioni di comuni – ha proseguito la Biglio - perché le fusioni? Perché sponsorizzare un sistema che va a rompere il sistema Italia? Perché ridurre i comuni italiani? La risposta è semplice ed ovvia: è una questione politica! In che senso? “I ‘piccoli’ non hanno interesse per la politica – ne è sicura la Biglio - i sindaci dei piccoli comuni lavorano insieme ai cittadini per il bene della propria comunità. All’opposto, un determinato partito può sicuramente incidere nelle scelte delle grandi città, dove gli elettori sono assai numerosi; i piccoli comuni non interessano, anche se rappresentano sicuramente un’Italia che vive”. Che fare? “Molte fusioni sono state un danno per il territorio, le unioni stanno fallendo – è la sentenza senza appello della sindaca Biglio - Per le fusioni, ogni comune viene finanziato al 60 per cento. Perché non dare ai piccoli comuni una determinata cifra - il PNNR non si può dare – per realizzare le sue necessità? Anche perché sappiamo che usare quei fondi per mettere in sicurezza il territorio non è possibile.. e poi c’è un altro pro-

blema grosso: i burocrati, i funzionari, le gare d’appalto sono difficilissime, gli stessi portali per le gare sono inaccessibili… molti amministratori chiamano me, mentre alcuni ministeri restano chiusi…” Il lavoro da fare è ancora tanto… “Intanto resistono alcuni problemi fondamentali – ha dichiarato la Presidente ANPCI - Il limite di mandato: quando mai un paese libero impedisce ai cittadini di esercitare la libertà di voto? La burocrazia per i piccoli comuni: vanno adoperate nuove misure, senza tanti lacci e lacciuoli. Incontri con le altre istituzioni, anche a livello parlamentare: fin qui tanti assensi di facciata e basta. E qualche nota di merito va fatta al PNNR: ha favorito le vie francigene, la transumanza, il turismo di qualità, il turismo sportivo, tutto positivo allo scopo di scoprire e preservare i tanti luoghi della nostra Italia. Resta il problema della incomunicabilità di tanti piccoli comuni.. “E’ risaputo che i comuni più piccoli fanno fatica a raggiungere le grandi masse, ma noi ci mettiamo passione, amore, fiducia – sono le parole di speranza pronunciate dalla Biglio - Io penso ai miei sindaci, ai miei piccoli comuni, alle fatiche che devono essere alleggerite, alla solidarietà e alla collaborazione con tanti colleghi amministratori. Questa battaglia deve essere vinta, sarà vinta. Una cosa è certa: se ANPCI non ci fosse, i piccoli comuni non ci sarebbero più”.

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confidi, assicurazioni, agenzie immobiliari, società dilatelecomunicazioni, utilities, Da prima che Puglia diventasse di si terrà l’evento nazionale Covid free. moda, Gallipoli lo era già. Era il ’94 quando D’Alema e Buttiglione si incontravano al Bastione, storico ristorante della città, per discutere le strategie per superare il governo Berlusconi. E poi Gianni Morandi a Lido Pizzo, e tanti altri vip negli anni hanno scelto la splendida cittadina ionica cantata dal poeta Vittore Fiore. I ragazzi che ora fremono per andare in vacanza a Gallipoli non erano ancora nati, ma la città era già famosa, anche per le sue discoteche. I lidi che mettevano un po’ di musica nelle notti speciali dell’estate: San Lorenzo e Ferragosto, quello che è venuto dopo è storia, perché Gallipoli ha saputo richiamare tutto il mondo, con il suo mare cristallino, i suoi locali, i suoi eventi. Ora cosa succede? Ne abbiamo parlato con il Sindaco Stefano Minerva. Sindaco Minerva, a giugno Gallipoli

Come vi state attrezzando? Gallipoli ha una responsabilità importante e proprio perché è riconosciuta a livello nazionale come città anche dei giovani, si è scelto di fare nel territorio l’evento. Nulla sarà affidato al caso, vi è un protocollo da rispettare e che riguarderà tutti gli attori del sistema. Abbiamo una grande responsabilità e non possiamo permetterci di perdere la partita. Stiamo lavorando costantemente per la buona riuscita dell’evento pilota di giugno. È chiaro che le Istituzioni fanno il possibile, il resto però richiede un contributo importante anche dagli esterni. Ci sono imprenditori che stanno investendo su nuove discoteche e, a quanto pare, sono già arrivate molte prenotazioni da parte di ragazzi da tutta Italia. Gallipoli tornerà ad essere la capitale del divertimento giovanile?

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Gallipoli non torna indietro, o meglio: va avanti. sempre. Nei decenni passati Gallipoli era il punto di riferimento per le famiglie poi, grazie alla visione di imprenditori illuminati, il brand Gallipoli è diventato un’attrattiva per i più giovani. Sono del parere che un target non debba necessariamente escludere l’altro: Gallipoli nell’ultimo triennio è diventato un modello nazionale in grado di coniugare famiglie e cultura, giovani e divertimento. Non a caso gli ingressi dei contenitori culturali della città hanno visto il proprio numero raddoppiarsi. Gallipoli è una città ricca di storia, crocevia di culture, ma è anche una città fresca e giovanile. Come tutti i rapporti di convivenza serve il buon senso e il rispetto delle regole, senza non si può immaginare alcun futuro. La voglia di vivere la notte è tanta, ma siamo reduci da zona rossa e invochiamo che cessi il coprifuoco. Si comincia a parlare di vaccini per i più giovani. Pensa di organizzare centri vaccinali dedicati ai turisti, se ne avrà la possibilità? L’attuale Amministrazione ha dedicato un’attenzione importante al settore sanitario. Mi preme fare una piccola, importante premessa: il nosocomio gallipolino è diventato di primo livello proprio negli ultimi anni e insieme al Distretto Socio Sanitario abbiamo attivato un centro di assistenza medica per i tu-

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Finalmente le 216 scuole nuove, innovative e sostenibili finanziate con le risorse del PNRR vedono luce. 216 scuole, numero più elevato delle 195 inizialmente previste; e questo grazie all’aumento dei fondi che passa da 800 milioni a 1 miliardo e 189 milioni di euro. Gli edifici, che daranno vita a scuole di diversi ordini e gradi, saranno realizzati sia in grandi città sia in piccoli comuni e infatti si può leggere sul comunicato del Ministero che «gli interventi sono stati selezionati in via automatica sulla base di criteri che riguardavano le caratteristiche dell’edificio pubblico preesistente che andrà sostituito (come, ad esempio, la vetustà della struttura, la sua classe energetica, l’indice di vulnerabilità sismica) e quelle dell’area in cui si trovava e che andrà a ospitare la

nuova scuola (rischio idrogeologico, appartenenza ad aree interne, montane, isolane).» Le linee guida elaborate da un gruppo, selezionato dal Ministero, di architetti di altissimo profilo, tra i quali compare anche Renzo Piano, e di esperti della scuola e pedagogisti, stabiliscono che i progetti delle scuole dovranno avere ambienti e spazi inclusivi e innovativi per far in modo di avere, come ha riportato il Ministro Bianchi: «Nuovi edifici per una nuova idea di fare scuola» poiché il Ministro dell’Istruzione ha dichiarato più volte che: «Vogliamo che le nuove scuole diventino un punto di riferimento per i territori che le ospiteranno, il cuore della comunità, sostenibili e accoglienti». Va però specificato che questo non è né l’unico né il più corposo inter-

vento previsto dal PNRR sull’edilizia scolastica: vanno a riguardo ricordati i 3,9 miliardi destinati al piano di messa in sicurezza delle scuole che interviene su 2,4 milioni di me-

Visti i dati pubblicati nelle graduatorie si può rico

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Finalmente le 216 scuole nuove, innovative e sostenibili finanziate con le risorse del PNRR, vedono la luce tri quadri contro i 410mila del piano “nuove scuole”. Il 42,4% delle risorse sono destinate al sud, portando la Campania, con 213 milioni di euro di finanziamenti, ricostruire la destinazione degli interventi:

in vertice alla classifica per importi finanziati dal piano che porterà alla regione trentacinque nuovi istituti scolastici. Scendendo a livello locale è il casertano ad essere in testa (più precisamente il comune di Castel Volturno con un totale di 29,65 milioni) con finanziamenti per 82 milioni di euro che si traducono in undici interventi; seguita dal salernitano con 47,66 milioni di euro che si traducono anch’essi in undici interventi. Ma la destinazione di tutte queste risorse verso il casertano non deve stupire in quanto Caserta è la provincia italiana con la quota più elevata di residenti in età scolastica con il 14,1% della popolazione tra i 6 e i 18 anni contro una media nazionale del 12%. Dunque attendiamo con ansia la

creazione degli ambienti all’avanguardia di cui tanto si è promesso, sperando nella qualità edilizia, negli spazi verdi e di connettività di cui si è parlato in modo da poter lasciare alle future generazioni gli ambienti educativi che meritano e che aiutino i più piccoli al rispetto per l’ambiente e ad una perfetta armonia con la natura; felici che lo Stato ci permetta di affidare i nostri figli a costruzioni idonee, e non agli edifici vetusti a cui ormai sembra averci abituato, cercando di colmare l’ormai enorme differenza tra edifici di scuole private e pubbliche. Sperando che in seguito alla riforma degli edifici ci sarà anche quella tanto attesa del sistema dell’istruzione che è ancora limitato, con le parole di Galimberti, al «passare una nozione da una testa all’altra»

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ricettivo o luogo di lavoro: qualsiasi sia la destinazione d’uso Archimede Srl fornisce servizi di consulenza immobiliare e perizie tecniche. Un servizio chiavi in mano per costruzione e ristrutturazione di interni. Il bisogno di uno stile di vita migliore, un rapporto più paritario con la natura ed una drastica riduzione dei consumi energetici sono le linee guida di ogni intervento di Archimede Ingegneria Srl. I progetti di Archimede Ingegneria Srl presentano un’attenzione speciale verso l’edilizia sostenibile e l’architettura bioclimatica coniugando le esigenze del cliente ed il dialogo con la natura circostante. I team di progettazione e direzione lavori di Archimede Ingegneria Srl operano in maniera interdisciplinare per offrire progetti interconnessi e completi; il cliente viene seguito dall’inizio alla fine dell’opera. Archimede Ingegneria Srl opera su tutto il territorio

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L’ACCESSO ALLA CULTURA E AI MUSEI PER I MINORI, INCOMPRENSIONI E DIGITALIZZAZIONE PER LA GENERAZIONE ALPHA PIO SAVELLI

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La pandemia ha avuto un forte impatto nella gestione e nel rinnovamento delle istituzioni culturali: i musei del Bel Paese erano ancorati ad antiche concezioni di fruizione della cultura tramite percorsi di visita tradizionali ma questo ovviamente è stato impossibile negli ultimi anni e pertanto si è dato spazio a piccoli interventi di modernizzazione che hanno reso disponibili alcuni musei in realtà digitale con tour virtuali, contenuti multimediali, laboratori, attività didattiche e altro ancora. Tutto questo enorme sforzo è fruttato un incremento significativo di interesse verso siti web e account ufficiali dei musei sui social ma la quota di visitatori in seguito all’emergenza resta ancora ridotta e soprattutto l’incremento d’interesse digitale è da considerarsi solo per fasce d’età elevate: i minori non nutrono ancora interesse, nonostante gli sforzi di una digitalizzazione e il conseguente avvicinamento al mondo digitale proprio della generazione Alpha che pare viverlo più del mondo reale. Nel ritorno progressivo alla normalità è fondamentale promuovere l’accesso dei giovani e giovanissimi ai luoghi di cul-

tura, come i musei, perché si tratta di presidi la cui importanza va ben oltre la sola conservazione ed esposizione di opere d’arte, beni culturali e altri materiali. E ancora oggi, in media, meno di una struttura su 5 dispone di percorsi e supporti informativi dedicati ai bambini e di queste oltre la metà ha un laboratorio didattico in cui sviluppare attività specifiche per giovani e scolaresche, ma si tratta di una media nazionale che oscilla tra il 73% del Trentino Alto Adige e il 35% della Sicilia. L’estensione di servizi e modelli di accoglienza rivolti ai più piccoli rappresenta una sfida cruciale per il sistema museale italiano. Una sfida che si inserisce a pieno titolo negli strumenti per il contrasto della povertà educativa. In merito il PNRR ha dedicato investimenti importanti alla cultura con-

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centrati nei tre punti inseriti nel piano: Il primo è l’investimento da 500 milioni di euro tra il 2021 e il 2026 riguardante la strategia digitale e le piattaforme per il patrimonio culturale. Tale intervento, infatti, mira a «digitalizzare il patrimonio custodito nei luoghi della cultura e creare una infrastruttura digitale nazionale che raccoglierà, integrerà e conserverà le risorse digitali, rendendole disponibili per la fruizione pubblica attraverso piattaforme dedicate». Un secondo intervento, per 300 milioni complessivi, punta alla rimozione delle barriere senso-percettive architettoniche e cognitive in varie istituzioni culturali, come musei, biblioteche e archivi. Con l’obiettivo di far sì che l’accesso alla cultura non sia precluso alle persone con disabilità. Terzo intervento di rilievo è l’in-

vestimento da 300 milioni per migliorare l’efficienza energetica di una serie di strutture culturali, tra cui cinema, teatri e musei. Un terzo dello stanziamento (100 milioni) è specificamente destinato a musei e siti culturali statali (per un totale di 67 strutture). Certamente, per il coinvolgimento di una generazione ancora incompresa dalle Istituzioni, lascia ben sperare l’inserimento dei beni culturali nel mondo digitale ma questo, come si evince dai dati, non è ancora sufficiente per cogliere l’attenzione di chi comunica in altro modo; dunque sarebbe necessario un totale ricambio generazionale e una drastica rivoluzione dei mezzi e del modo del loro utilizzo, per rendere partecipe una generazione che lentamente si vede sempre più esclusa dal mondo che invece di donarle un giusto contesto reale preferisce abbandonarla nel mondo digitale. La vittoria delle Istituzioni si avrà quando la nuova generazione vedendo i siti web o le pagine social dei luoghi di cultura non penserà immediatamente di aver a che fare con boomer ma anzi sarà interessata e invogliata da quanto legge perché in questo rispecchierà la propria mentalità e soprattutto il proprio modo di comunicare.

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Progettazione Lo Studio è organizzato per svolgere in autonomia attività di progettazione strutturale sia nell’ambito dell’edilizia civile che industriale, sia per la creazione di nuove costruzioni che per la ristrutturazione e la rivalutazione di costruzioni esistenti.

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Imprese: indebitamento globale in calo per la prima volta in 8 anni LE AZIENDE DI OGNI PARTE DEL MONDO STANNO RIMBORSANDO I DEBITI. NON SUCCEDEVA DAL 2014/15

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Per la prima volta da otto anni a questa parte l’indebitamento netto globale delle società è in calo. In parole povere, le imprese stanno rimborsando i propri debiti. È il sorprendente dato che emerge dall’ultima pubblicazione annuale dello Janus Henderson Corporate Debt Index, secondo il quale gli utili operativi sono aumentati del 51,4%, raggiungendo la cifra record di 3.360 miliardi di dollari nel 2021/22, con un aumento significativo della liquidità, che ha consentito di finanziare le spese in conto capitale, pagare dividendi record, effettuare riacquisti di azioni e procedere al servizio e al rimborso del debito. Di conseguenza l’indebitamento netto è diminuito dell’1,9%, attestandosi a 8.150 miliardi di dollari nel 2021/22, con una riduzione dello 0,2% a valuta costante. Poco più della metà delle aziende (51%) ha ridotto l’indebitamento a livello globale; quelle fuori dagli Stati Uniti sono state più propense a farlo, con il 54% di esse ad aver ridotto l’indebitamento netto. Un quarto delle società dell’indice Janus Henderson non ha debiti; si tratta di aziende che hanno complessivamente una liquidità netta di 10 mila miliardi di dollari, metà della quale appartiene a nove grandi società, tra le quali figurano aziende tecnologiche di diversi settori, come Alphabet, Samsung, Apple e Alibaba. Le misure di sostenibilità del debito sono nettamente migliorate nel 2021/22, con un rapporto debito/patrimonio globale in calo di 5,7 punti percentuali al 52,6% e tre quarti dei settori in miglioramento. La percentuale dell’utile operativo assorbita dagli interessi passivi è scesa al minimo degli otto anni da quando esiste l’indice, solo l’11,3%, grazie ai bassi tassi e agli elevati margini di utile. Per il prossimo anno Janus Henderson prevede un ulteriore calo dell’indebitamento, perché l’aumento dei costi di finanziamento e il rallentamento dell’economia spingono le aziende a essere più

prudenti. Janus Henderson stima che il debito netto scenderà di 270 miliardi di dollari (-3,3%) a valuta costante, raggiungendo i 7.900 miliardi di dollari entro il prossimo anno. Energetico, minerario e automotive: i settori più forti Le maggiori riduzioni del debito riguardano i settori energetico, minerario e dell’auto. Il cambiamento maggiore si è registrato nel settore energetico; i produttori di petrolio e gas hanno ridotto il debito di 155 miliardi di dollari, con un calo di un sesto rispetto all’anno precedente, grazie all’impennata dei prezzi dell’energia, che ha determinato una significativa inversione di tendenza per il settore. La liquidità in forte crescita delle aziende minerarie internazionali ha consentito di ridurre l’indebitamento di un quarto. Per quanto riguarda gli altri settori la carenza di componenti ha limitato le vendite di auto, ma ha favorito un mix di vendite con margini più elevati, riducendo la necessità di finanziare i programmi di credito al consumo delle case automobilistiche. Buone notizie per l’Europa L’indebitamento netto nel 2021/2022 è sceso dell’1,3% in Europa (Regno Unito escluso) a parità di valuta, nonostante un’ampia divergenza tra Paesi. Il debito è sceso in particolare in Norvegia, Italia e Svizzera, ma anche in Austria e Benelux. “Per quanto concerne le aziende italiane, l’indebitamento netto è sceso del 9,0% a parità del tasso di cambio grazie all’aumento degli utili e al calo degli investimenti per il gruppo Atlantia (infrastrutture per i trasporti) e al calo delle vendite del produttore automobilistico Stellantis, mentre è aumentato il debito per i servizi di pubblica utilità”, ha dichiarato Federico Pons, Country Head per l’Italia di Janus Henderson Investors.

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Cloud e intelligenza artificiale: come sfruttarli per far evolvere l’azienda ALLA SCOPERTA DELLE POTENZIALITÀ DI SAS VIYA, PIATTAFORMA TECNOLOGICA “CLOUD + ANALYTICS & AI”

Soddisfare le richieste di business in rapida evoluzione e le necessità degli stakeholder che si affidano sempre più a dati e analisi per prendere decisioni efficaci, consapevoli, oggettive. L’adozione di advanced analytics e intelligenza artificiale (AI) continua a crescere man mano che le organizzazioni ne riconoscono il potenziale nel migliorare l’efficienza e il vantaggio competitivo. Per accelerare la trasformazione digitale e contenere i costi, le organizzazioni sono alla ricerca di nuovi casi d’uso da implementare e delle giuste tecnologie abilitanti. In questo contesto, passare al cloud è sempre più “attraente” per le aziende per ragioni di flessibilità e scalabilità. SAS Viya è una piattaforma ideale per le organizzazioni aziendali che vogliono accelerare la loro trasformazione digitale sfruttando al massimo i benefici di advanced analytics e intelligenza artificiale in cloud. Una delle tendenze chiave di questi ultimi anni, in fatto di trasformazione e innovazione di business, è legata allo “sfruttamento” delle potenzialità offerte dal paradigma del cloud, oggi innegabile punto di riferimento per l’analisi dei dati e i carichi di lavoro a esse collegati. Le organizzazioni stanno cercando di spostare i loro analytics workloads dall’on-premise al cloud in modo graduale, conveniente e smart. La sfida è comprendere quale può essere il corretto approccio. Il semplice fatto di prendere una applicazione esistente e spostarla as-is nel cloud, vale a dire il classico approccio lift-and-shift , non produrrà automaticamente i vantaggi che l’infrastruttura, i sistemi e i servizi cloud-native possono fornire. Va poi aggiunto che molte aziende si trovano oggi di fronte a nuovi e impegnativi problemi di business che richiedono l’utilizzo di advanced analytics , sempre più basati su tecniche di Intelligenza Artificiale (ad esempio, computer vision ,

NLP – Natural language processing , text analytics , machine learning / deep learning), in modo responsabile e governato. Uno scenario che si affianca a quello dell’ascesa del cloud in termini di adozione da parte delle aziende. Alcuni recenti rapporti di Gartner e McKinsey, suggeriscono che il 92% delle imprese ha già in essere una strategia multicloud, e l’82% sta adottando un approccio ibrido, combinando l’uso di entrambi gli ambienti, cloud pubblici e cloud privati. In un recente rapporto, Gartner prevede che il cloud costituirà il 14,2% del totale dell’IT aziendale globale nel 2024, rispetto al 9,1% del 2020. Secondo McKinsey, il potenziale valore annuo totale dell’intelligenza artificiale e degli advanced analytics nei vari settori è stimato tra i 10 e i 15 trilioni di dollari. Nonostante il cloud rappresenti un grande acceleratore di trasformazione digitale per le imprese, le organizzazioni stanno oggi cercando di sviluppare una strategia efficace di analytics e intelligenza artificiale. L’opportunità vera nasce dall’unione di queste due sfide/opportunità: Cloud + Analytics & AI. La vera sfida, al contempo, ricade su IT e data scientist che devono accelerare strategie di analisi e adozione di strumenti avanzati per gli insights decisionali in una strategia “robusta” e convincente dal punto di vista tecnologico. Anche in questo caso, la risposta viene dalla combinazione Cloud + Analytics & AI. Una volta comprese le fondamenta, la trasformazione degli analytics in un ambiente cloud-native va declinata non solo attraverso tecnologia, ma anche, e soprattutto, in relazione ai processi e alle competenze delle persone. È così che si riescono, davvero, a trarre i reali benefici di SAS Viya in termini di adattabilità, produttività, responsabilità e trasparenza.

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Italiani & Ferrari il ritorno di fiamma lo dicono i dati della ricerca sponsor value STAGEUP E IPSOS TESTIMONIANO UN RINNOVATO INTERESSE NEI CONFRONTI DELLA FORMULA 1 La Ferrari fa di nuovo breccia nel cuore degli italiani e traina anche l’intero Mondiale di Formula 1 che, dopo anni, è tornato ad interessare un bacino crescente di interessati e tifosi. Sono infatti 21 milioni e 75 mila i tifosi della Rossa di Maranello: il 76,5% degli interessati al Campionato di Formula 1, che si attesta invece a quota 27 milioni e 548 mila. Di questi, 8 milioni e 616 mila seguono regolarmente il Mondiale, mentre 18 milioni e 932 mila lo seguono abbastanza regolarmente o saltuariamente. I dati emergono dal field di maggio 2022 della ricerca demoscopica multicliente Sponsor Valuedi StageUp e Ipsos, nata nella stagione sportiva 2000/2001 e considerata l’auditel degli eventi sportivi e spettacolistici italiani. Si tratta di numeri di rilievo, specialmente se raffrontati agli anni precedenti. Nel 2020, infatti, i tifosi della Ferrari erano 18 milioni e 291 mila mentre gli interessati della Formula 1 raggiungevano quota 27 milioni e 300 mila: l’incremento 2020/2022 è del 9,5% per quanto riguarda i fan del Cavallino Rampante e dell’1% per quanto riguarda gli interessati della Formula 1. Interessante il raffronto con i dati Sponsor Value di vent’anni fa. Nel 2002 gli interessati erano 31 milioni e 500 mila, il 78,5% dei quali erano tifosi del Cavallino. Era l’anno del terzo Mondiale consecutivo di Michael Schumacher, con 15 gran premi su 17 vinti dai piloti della Ferrari, di cui 9 con “doppietta”. Nel maggio 2022 il target degli

interessati alla Formula 1 vede una prevalenza degli uomini(56%) sulle donne (44%) mentre lo status di chi segue la Formula 1 è di persone con reddito medio/alto (64%) e in gran parte in possesso di diploma o laurea (71%). Gli interessati sono in prevalenza di età maggiore a 34 anni. Il pubblico degli appassionati (ovvero coloro che seguono il Mondiale “regolarmente”, oltre 8,6 milioni di italiani, il 31% degli interessati) vedono una maggiore presenza di uomini(68%) con un profilo di età sostanzialmente simile a quello dei follower del Campionato. “Il seguito della Ferrari ha ripreso le dimensioni dei primi anni Duemila.” spiega Giovanni Palazzi - Presidente di StageUp, che poi prosegue “I tifosi sono tornati ad aumentare. Si tratta di tifosi dormienti che seguivano la F1 con meno passione e che ora si sono risvegliati grazie al rinnovato interesse mediatico sulla scia dei buoni risultati di Sainz e Leclerc, che hanno ottenuto due vittorie e sette podi in questa prima tranche del Mondiale. Nell’immaginario collettivo, la Rossa e la Formula 1 sostanzialmente coincidono, lo dimostra il trend di oltre 20 anni di rilevazioni StageUp-Ipsos, ma vanno sottolineati i meriti di Stefano Domenicali e della squadra Formula 1 di aver riacceso l’interesse per il Mondiale grazie alle nuove regole che hanno aumentato lo spettacolo in pista. Su queste premesse, ci attendiamo una nuova crescita di interesse e passione nel field di Sponsor Value che verrà rilasciato nella seconda parte dell’anno.”

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Salario minimo Il lavoro povero: piaga italiana Nella direttiva della Commissione Europea vengono proposte due strade per combattere il lavoro sottopagato

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Tutto nasce nell’ottobre 2020 quando la Commissione Europea propone l’introduzione di un salario minimo legale per combattere il fenomeno del lavoro povero e cioè del salario che non permette ai lavoratori una vita dignitosa contravvenendo a molte norme di rango primario di molti Paesi e alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Questa proposta è stata accettata sia dal Parlamento sia dagli Stati membri i primi giorni di giugno dell’anno corrente. Nella direttiva della Commissione Europea vengono proposte due strade per combattere il lavoro povero: la prima è l’introduzione di un salario minimo legale, cioè una cifra sotto la quale nessuno stipendio può esistere; mentre la seconda è una maggior diffusione di una contrattazione collettiva, cioè le parti sociali di comune accordo dovrebbero decidere un contratto da fornire ai propri lavoratori. Attraverso queste due soluzioni la Commissione ritiene che si possa combattere il fenomeno del lavoro povero. Dunque l’Unione Europea non impone e non ha mai imposto agli Stati membri di introdurre un salario minimo legale e non impone neppure una definita cifra per il salario minimo legale che sia comune a tutti i Paesi europei,

lasciando tale compito ad ogni Stato in base al proprio mercato del lavoro e al proprio costo della vita. Ma perché la Commissione non ha optato per una posizione più rigida sul salario minimo legale? E soprattutto perché l’Italia, che ha l’indice di diseguaglianza di Gini e la percentuale di lavoratori poveri tra i più alti d’Europa, con la pandemia e l’attuale congiuntura economica che hanno ulteriormente accresciuto la disuguaglianza caratterizzata da un crescente costo della vita e minori prospettive di crescita, si concede il lusso d’essere tra i sei Paesi dell’Unione a non prevedere un salario minimo? Poiché in Italia si è proposto un salario minimo che varia tra gli 8 e i 9 euro lordi, possiamo analizzare i due casi per 40 ore di lavoro settimanale e 52 settimane contributive e poi confrontare i calcoli con tutti i Paesi da considerare (33): per una coppia monoreddito che vive in affitto con due figli minori l’affitto è il 15% della retribuzione media del Paese (per tutti i Paesi considerati). Ma entriamo più nel dettaglio e vediamo i Paesi singolarmente, tenendo presente che i calcoli per l’Italia si basano sulla legislazione vigente al primo gennaio 2022 e includono quindi la riforma Irpef, l’assegno unico e il taglio dei contributi sociali. PIO SAVELLI

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BONO à t i l a u q di i t t e g o r p a m r i f

Ffs celebra i 20 anni Infuturo la sfida è al greenwashing Venti anni di attività e 130 soci dai 15 iniziali: sono i numeri del Forum per la Finanza Sostenibile Venti anni di attività e 130 soci dai 15 iniziali. Sono i numeri impegnerà anche nel monitoraggio sia dell’evoluzione nordel Forum per la Finanza Sostenibile che ha celebrato i suoi mativa, sia dei fenomeni e delle tendenze di mercato, con20 anni di attività nell’evento conclusivo della Settimana centrandosi in particolare su investitori istituzionali e retail, SRI 2021 dedicato allo stato dell’arte e alle sfide future della Pmi e terzo settore. Fondamentale sarà per l’associazione finanza sostenibile in Italia. Il Forum dalla sua fondazione il lavoro per la trasparenza e contro il greenwashing e il lavora per promuovere gli investimenti sostenibili attraver- socialwashing, così come proseguire nella promozione del so attività di ricerca, divulgazione e formazione e aggrega dialogo tra investitori e imprese, attraverso iniziative di ensoci che a diverso titolo promuovono la finanza sostenibile, gagement collaborativo. A queste sfide si accompagnano GARANZIA ASSISTENZA stimolando il dialogo tra i diversi attori. «I risultati di questi quelle dell’educazione finanziaria e realizzato della comunicazione, Garanzia sull’intervento Servizio completo ad amministratori, proanni hanno mostrato le enormi potenzialità della finanza con l’obiettivo di diffondere la conoscenza dei temi chiaASSISTENZA POST INTERVENTO gettisti e singoli condomini sostenibile e l’importanza del lavoro del Forum su temi di- ve della finanza sostenibile, aumentare la consapevolezza Monitoraggio risultatidelconseguiti e cone portare dei il contributo Forum al dibattito ventati ormai centrali nelle agende politiche e nelle strate- dei cittadini SEMPLIFICAZIONE trollo delle performance dei prodotti utilizdegli operatori finanziari – ha commentato il presidente pubblico. Unico gie interlocutore responsabile (progetdel Forum Gian Franco Giannini Guazzugli − È una grande «La crescita zati della base associativa e delle attività del Forum tazione, realizzazione, acquisizione credito, soddisfazione celebrare oggi questo anniversario, guar- per la Finanza Sostenibile è andata di pari passo in questi ECONOMIE DI normativa SCALA a livello europeo e con gestione finanziaria) gli sviluppi della dando avanti alle prossime sfide che ci attendono in que- anni con la progressiva integrazione dei fattori ambientali, sociali sta fase di ripresa verso obiettivi di sviluppo sostenibile». Riduzione dei costi necessari nelle varie CERTIFICAZIONE governance da parte degli operatori finanziari La prima sfida per il Forum è dare il proprio contributo – e di buona fasi in ragione di una gestione organica Certificazione progettazione dell’interin termini sulla di divulgazione, formazione e ricerca – al rag- e delle aziende – ha dichiarato il segretario generale del unitaria dell’intero intervento e dell’esecuvento giungimento e sulla procedura di maturazione del degli obiettivi climatici e alla realizzazione di Forum Francesco Bicciato – Spesso il Forum ha avuto con zione contemporanea un considerevole il ruolo di indicare ladi strada e anticipare tentransizione ecologica giusta e inclusiva. Di pari passo, soddisfazione creditouna fiscale di interventi l’associazione punta ad accompagnare lo sviluppo della denzenumero ed evoluzioni del mercatoanaloghi Sri. Con entusiasmo racfinanza sostenibile, promuovendo il riorientamento degli cogliamo le sfide del futuro: la trasparenza, la ricerca, la investimenti verso obiettivi di sostenibilità e una sempre divulgazione, il contributo per una transizione giusta e la più profonda integrazione dei fattori ambientali, sociali e promozione del dialogo costruttivo con le istituzioni e gli Sedi&contatti Sede legale nelle politiche aziendali. Il Forum si attori economici E-mail: pubblici e privati». di buona governance

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Bitcoin e Criptovalute la nuova passione degli italiani Negli ultimi anni le criptovalute sono diventate un importante strumento di diversificazione dei portafogli di investimento e, secondo un’indagine commissionata da Trade Republic a Censuswide, sono un asset particolarmente apprezzato dagli italiani. Infatti, stando alla ricerca, che ha coinvolto oltre 2 mila persone nel mese di aprile 2022, le criptovalute sono state già scelte dal 31% degli intervistati, e sono dunque seconde solo alle azioni italiane (34%), seguite da obbligazioni (27%), azioni internazionali (22%) e piani di risparmio azionario (18%). Questo risultato è particolarmente interessante considerando che fra le azioni internazionali sono inclusi grandi nomi come le “Big Tech” americane. In particolare, risulta una concentrazione particolarmente alta di investitori in valute virtuali nella fascia di età 18-35 anni e nel Sud Italia, soprattutto nelle isole. Addirittura, spostandosi verso il Meridione, le criptovalute diventano prime nella classifica degli investimenti effettuati in passato. Per quanto riguarda poi le asset class in cui si intende investire in futuro, le crypto primeggiano con il 33%, seguite da azioni italiane (22%), fondi comuni di investimento (19%), immobili (18%) e obbligazioni (17%). In aggiunta, il 45%

degli intervistati ha affermato che le maggiori opportunità di guadagno sono da ritrovarsi nelle criptovalute, seguite da materie prime (38,5%) e immobili (32%). Una percentuale relativamente alta del totale degli intervistati (34%) afferma di aver aperto un conto presso una piattaforma specializzata nel trading di criptovalute. Nelle isole questa percentuale sale fino a oltre il 40%. Guardando al prodotto che gli italiani prenderebbero in considerazione per il primo investimento della loro vita, il primato va ancora una volta alle criptovalute. Un terzo (33%) degli intervistati ha affermato che prenderebbe in considerazione le crypto, seguite da materie prime (12%), mercato immobiliare (11%) e azioni italiane (10%). Questa polarizzazione verso le criptovalute è stata particolarmente evidente per i clienti maschi (39%) e le persone di età compresa tra 18-25 (44%) e 36-45 (43%). Infine, le criptovalute appaiono inoltre essere la asset class più conosciuta all’interno del campione di intervistati: il 43% afferma di conoscerle, mentre a sorpresa meno di un quarto degli intervistati afferma di conoscere categorie di investimento “classiche”, come i fondi comuni di investimento (24%) o i piani di risparmio azionario (16%). Fonte:businesspeople.it/


SuperBonus 110%

A cura di Dario Gucci Avvocato

Superbonus 110% ed il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile

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A due anni dall’entrata in vigore del D.L. 34/20, convertito dalla Legge 77/20, la disciplina del superbonus si avvia ormai alla maturità. Rimangono ancora però alcune ombre nell’interpretazione delle norme alla quali si cerca via via di dare luce. Ad esempio, era rimasta più o meno inesplorata la questione relativa alla combinazione tra un intervento edilizio di cambio di destinazione d’uso (ovviamente in abitativo) e la disciplina del superbonus 110%. Finalmente in questa tematica ci è venuta in soccorso la risposta ad interpello n. 709/2021 veramente densa di spunti e aperture in favore di un uso più diffuso dello strumento del superbonus 110%. Questo il caso prospettato all’Agenzia delle Entrate. Nell’atto di interpello il contribuente prospettava di essere proprietario in area non urbana classificata di livello rischio sismico 3 di tre piccoli fabbricati: a) un edificio composto da 3 unità immobiliari di categoria catastale A/3, tutte funzionalmente indipendenti e ciascuna dotata di impianto di riscaldamento oltre ad un locale non pertinenziale di categoria catastale C/2; b) un edificio composto da un solo piano di categoria catastale C/2; c) un edificio composto da 3 unità immobiliari di cui 1 di categoria catastale C/6 e 2 di categoria C/2, “funzionalmente indipendenti”. Aveva così richiesto al Comune di appartenenza, ed ottenuto, un permesso a costruire che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380 del 2001 (Ristrutturazione edilizia), prevedeva al termine dei lavori la realizzazione di sei unità urbane ad uso civile abitazione, “funzionalmente indipendenti” e con “accesso autonomo”, suddivise in quattro distinti corpi di fabbrica. Oggetto del permesso era in particolare la totale demolizione dei manufatti esistenti e loro ricostruzione con diversa sagoma, prospetti ed area di sedime, e con aumento volumetrico per l’adeguamento dei sottotetti. Venivano così demolite le otto unità immobiliari (incluse quelle non abitative oggetto del cambio di destinazione d’uso) dei tre edifici esistenti, per realizzare le predette sei abitazioni in quattro distinti corpi di fabbrica. Ovviamente gli interventi comportavano un miglioramento di due classi energetiche nonché la riduzione del rischio sismico. È molto importante sottolineare che tutte le unità, anche quelle censite nella categoria catastale C, erano dotate di impianto di riscaldamento prima dell’inizio dei lavori. I quesiti che balzano subito agli occhi sono i seguenti. L’intervento di ristrutturazione è coperto dal beneficio del superbonus anche per quel-

le unità che prima dell’intervento non erano abitative e la cui cubatura viene poi trasformata in residenziale? Ed inoltre ai fini del calcolo dei massimali di spesa agevolabile previsti dal decreto Rilancio, per gli interventi descritti occorre far riferimento alla situazione esistente all’inizio dei lavori (quindi, prendendo a riferimento le otto unità immobiliari originarie) oppure alle le sei unità che si realizzeranno alla fine dei lavori? L’Agenzia delle entrate in primis si dilungava in una lunga premessa introduttiva che è bene riassumere in quanto fornisce il quadro normativo della materia. L’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e successivamente modificato dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), nonché, da ultimo, dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59 (convertito dalla legge 1° luglio 2021, n. 101) e dall’articolo 33, comma 1, del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108), disciplina la detrazione, nella misura del 110 per cento, delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica nonché alla riduzione del rischio sismico degli edifici (c.d. Superbonus 110%). Le nuove disposizioni si aggiungono a quelle già vigenti (art. 14 e 16 del D.L. 63 del 2016) che disciplinano le detrazioni spettanti per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. “ecobonus”) nonché per quelli di recupero del patrimonio edilizio, inclusi quelli antisismici (cd. “sismabonus”). Le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto del Superbonus sono indicati nei commi da 1 a 8 del citato articolo 119 del Decreto Rilancio mentre l’ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale è individuato nei successivi commi 9 e 10. Relativamente agli interventi ammessi, nella circolare n. 24/E del 2020 viene precisato che, ai sensi del citato articolo 119 del decreto Rilancio, il Superbonus spetta a fronte del sostenimento delle spese relative a specifici interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici indicati nel comma 1 dell’articolo 119 (cd. interventi “trainanti”) e ad ulteriori interventi, realizzati congiuntamente ai primi (cd. interventi “trainati”) indicati nei commi 2, 5, 6 e 8 del medesimo articolo 119. La citata circolare ha chiarito che, tenuto conto della locuzione utilizzata dal legislatore nell’articolo 119, comma 9, lettera a), del decreto Rilancio, riferita espressamente ai “condomìni” e non alle “parti comuni” di edifici, ai fini dell’applicazione del Superbonus l’edificio oggetto degli

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interventi deve essere costituito in condominio secondo la disciplina civilistica prevista dagli articoli da 1117 a 1139 del Codice civile. Successivamente la legge di bilancio 2021, alla lettera n) del comma 66, ha modificato il predetto comma 9, lettera a) dell’articolo 119 del decreto Rilancio, prevedendo che il Superbonus si applica anche agli interventi effettuati dalle persone fisiche con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche. Per effetto della modifica sopra indicata, pertanto, l’agevolazione spetta anche se gli interventi sono realizzati sulle parti comuni di edifici non in condominio, in quanto composti da 2 a 4 unità immobiliari di un unico proprietario o in comproprietà tra più persone fisiche. In tale ultima ipotesi i predetti soggetti possono beneficiare del Superbonus per gli interventi di efficienza energetica realizzati su un numero massimo di due unità immobiliari, fermo restando il riconoscimento delle detrazioni per gli interventi effettuati sulle parti comuni dell’edificio (cfr. art. 119, comma 10). Come chiarito in risposta all’interrogazione in Commissione Finanze n. 5-05839 del 29 aprile 2021, ai fini della verifica del limite delle quattro unità immobiliari, in assenza di specifiche indicazioni nella norma, si ritiene che le pertinenze non debbano essere considerate autonomamente anche se distintamente accatastate, tenuto conto della ratio della novella. Fatta tale premessa con specifico riferimento alla fattispecie in esame - riguardante la possibilità di beneficiare del Superbonus, in relazione alle spese sostenute, quale comproprietario pro quota degli edifici descritti, per gli interventi antisismici e di riqualificazione energetica da realizzare mediante demolizione dei vecchi manufatti e costruzione di nuovi edifici con una diversa sagoma e con incremento di volumetria -l’Agenzia ha precisato che: ai fini del Superbonus, l’intervento deve riguardare edifici o unità immobiliari “esistenti”, non essendo agevolati gli interventi di nuova costruzione. l’agevolazione spetta a fronte di interventi realizzati mediante demolizione e ricostruzione inquadrabili nella categoria della “ristrutturazione edilizia” ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, “Testo unico in materia edilizia”. Considerato che la qualificazione delle opere edilizie spetta al Comune, in sede di rilascio del titolo amministrativo che autorizza i lavori, ai fini del Superbonus occorre che dal suddetto provvedimento amministrativo risulti che l’intervento rientri nella ristrutturazione edilizia. quanto alla possibilità di accedere al Superbonus per le spese relative all’incremento di volume per interventi di demolizione e ricostruzione inquadrabili nella categoria della “ristrutturazione edilizia” ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. d ) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, sia pure inquadrabili come ristrutturazione edilizia, il Superbonus per interventi trainanti e trainati di efficienza energetica non si applica alle spese riferite alla parte eccedente il volume ante operam. In tale caso il contribuente ha l’onere di mantenere distinte, in termini di fatturazione, le spese riferite agli interventi sul volume ante operam da quelle riferite agli interventi sul volume ampliato. Tale limitazione non riguarda, invece, gli interventi antisismici ammessi al Superbonus.

L’Agenzia, quindi, conclude che in linea con la prassi in materia di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, compresi quelli antisismici, attualmente disciplinate dall’articolo 16 del citato D.L. n. 63 del 2013, sono ammessi al Superbonus, anche le spese sostenute per interventi realizzati su immobili che solo al termine degli stessi saranno destinati ad abitazione. Tale possibilità, tuttavia, è subordinata alla condizione che nel provvedimento amministrativo che autorizza i lavori risulti chiaramente il cambio di destinazione d’uso del fabbricato in origine non abitativo e che sussistano tutte le altre condizioni e siano effettuati tutti gli adempimenti previsti dalla norma agevolativa. Quindi - ed è di grande interesse - nel caso in esame il contribuente potrà fruire delle agevolazioni anche per le unità non abitative inserite nella categoria catastale C a condizione che sia previsto il cambio di destinazione a fine lavori delle predette unità in immobili abitativi. Quanto invece al secondo importante quesito che scaturisce dalla questione prospettata dal contribuente l’Agenzia delle Entrate non risponde direttamente ma fa espresso richiamo alla risposta 4.4.6 contenuta nella circolare 30/E del 2020 che è molto utile in questa sede riportare. “Con riferimento alle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio e per interventi finalizzati al risparmio energetico, è stato precisato che nel caso in cui i predetti interventi comportino l’accorpamento di più unità abitative o la suddivisione in più immobili di un’unica unità abitativa, per l’individuazione del limite di spesa, vanno considerate le unità immobiliari censite in Catasto all’inizio degli interventi edilizi e non quelle risultanti alla fine dei lavori. Ciò implica, in sostanza, che, con riferimento ai casi prospettati, va valorizzata la situazione esistente all’inizio dei lavori e non quella risultante dagli stessi ai fini dell’applicazione delle già menzionate detrazioni. Il medesimo criterio va applicato anche ai fini del Superbonus” Ne discende che: se un edificio unifamiliare è frazionato in due unità immobiliari funzionalmente “non” indipendenti appartenenti allo stesso proprietario al termine dei lavori, la spesa massima agevolabile sarà calcolata con riferimento all’edificio unifamiliare iniziale; se si realizza un intervento di demolizione e di ricostruzione agevolabile sia ai fini dell’ecobonus che del sismabonus, per il calcolo del limite di spesa ammissibile al Superbonus si considera il numero delle unità immobiliari esistenti prima dell’inizio dei lavori. In conclusione, è di grande importanza cominciare a chiarire questo spinoso aspetto: ai fini dell’ammissione o meno al Superbonus ciò che conta è la destinazione finale dei volumi all’esito dell’intervento di ristrutturazione. Ai fini del computo della massima spesa ammissibile rileva infine il numero delle unità catastali ante operam. Finalmente uno scritto chiarificatore da parte dell’Agenzia delle entrate che lascia ben sperare per il futuro nel recupero edilizio di molte strutture in attesa di mutamento di destinazione d’uso perché ormai obsolete. Si pensi a strutture industriali o commerciali abbandonate o a strutture direzionali in disuso a seguito dello svilupparsi dello smartworking. In questo l’Agenzia ha adottato una linea che possiamo definire lungimirante e che lascia spazio a molti futuri interventi di ammodernamento edilizio.


Digital communication

A cura della dott.ssa Valentina Apicella Esperto in Digital Communication

Rifiuti elettronici: soluzione per le materie prime critiche

44 Progetti Finanza&

L’Italia e l’Europa sono a rischio approvvigionamento di materie prime critiche. La soluzione potrebbe essere nel riciclaggio dei rifiuti elettronici. La fornitura di molte materie prime critiche (Crm – Critical raw materials) quali litio e cobalto, è quasi completamente esterna all’Europa, concentrata soprattutto in Cina, Turchia e Sudafrica, per interrompere questa dipendenza dall’estero dovrà essere attuata una strategia che preveda che le nuove materie prime provengano dall’interno dell’Unione, le fonti siano diversificate e che si intensifichi la ricerca di alternative sostenibili. L’Italia è a rischio approvvigionamento di materie prime critiche, essenziali per lo sviluppo di settori ritenuti strategici per l’economia del Paese. La produzione industriale italiana dipende, infatti, per 564 miliardi di euro (pari a circa un terzo del Pil al 2021) dall’importazione di materie prime critiche extra-Ue, per le quali spendiamo 5,2 miliardi l’anno. Il riciclaggio dei rifiuti viene comunque considerato fondamentale data la presenza significativa di Crm nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche infatti, dentro i piccoli elettrodomestici si possono recuperare alcune delle principali materie prime di difficile reperimento in natura, ma che hanno un ruolo fondamentale in moltissimi settori, dall’aeronautica all’elettronica di consumo, dall’industria automobilistica alle energie rinnovabili come eolico e fotovoltaico. Il problema non è solo italiano, ma dell’intera Unione Europea. Nel 2020 sono state prodotte a livello mondiale

55,5 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, e la previsione di crescita parla di 75 milioni di tonnellate per il 2030: da questi materiali si possono ricavare materie prime critiche. Diventa, quindi, a maggior ragione strategico migliorare il riciclo dei rifiuti tecnologici: questo vale soprattutto in Italia se si considera che nel 2021 solo il 39,4 per cento di questi è stato riciclato correttamente, a fronte di un target europeo da raggiungere del 65 per cento. Per favorire e aumentare la raccolta

e il recupero di queste materie prime è necessario ridisegnare e armonizzare le infrastrutture di raccolta, introdurre incentivi per favorire le buone pratiche, aumentare la consapevolezza dei cittadini su raccolta e trattamento corretti dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche - RAEE, promuovere la ricerca e l’innovazione nel campo del recupero incoraggiando una maggiore collaborazione internazionale e introdurre standard nel trattamento dei RAEE.

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A cura dell’Avv.

parere legale

Paolo Caputo

Info e contatti: studiopaolocaputo@libero.it

Delega appalti: il testo approvato dalla Commissione VIII ambiente e lavori pubblici l’11 maggio 2022 Testo come approvato dalla Commissione VIII ambiente e lavori pubblici l’11 maggio 2022 Art. 1. (Delega al Governo in materia di contratti pubblici) 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguarla al diritto europeo e ai princìpi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché al fine di evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate. 2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ferma rimanendo l’inderogabilità delle misure a tutela del lavoro, della sicurezza, del contrasto al lavoro irregolare, della legalità e della trasparenza, al fine di assicurare l’apertura alla concorrenza e al confronto competitivo fra gli operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese, tenendo conto delle specificità dei contratti nei settori speciali e nel settore dei beni culturali, anche con riferimento alla fase esecutiva, nonché di assicurare la riduzione e la razionalizzazione delle norme in materia di contratti pubblici, con ridefinizione del regime della disciplina secondaria, in relazione alle diverse tipologie di contratti pubblici, ove necessario;

a-bis) revisione delle competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici, al fine di rafforzarne le funzioni di vigilanza sul settore e di supporto alle stazioni appaltanti. b) ridefinizione e rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, afferenti ai settori ordinari e ai settori speciali, al fine di conseguire la loro riduzione numerica, nonché l’accorpamento e la riorganizzazione delle stesse, anche mediante l’introduzione di incentivi all’utilizzo delle centrali di committenza e delle stazioni appaltanti ausiliarie per l’espletamento delle gare pubbliche; definizione delle modalità di monitoraggio dell’accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti; potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza che operano a servizio degli enti locali; c) previsione, al fine di favorire la partecipazione da parte delle micro e piccole imprese, di criteri premiali per l’aggregazione di impresa, nel rispetto dei principi unionali di parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori economici della possibilità di procedere alla suddivisione degli appalti in lotti sulla base di criteri qualitativi o quantitativi, con obbligo di motivare la decisione di non procedere a detta suddivisione nonché del divieto di accorpamento artificioso dei lotti, in coerenza con i princìpi dello Small Business Act, di cui alla comunicazione della Commissione europea (COM(2008) 394 definitivo), del 25 giugno 2008, anche al fine di valorizzare le imprese di prossimità; d) semplificazione della disciplina applicabile ai

contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, nel rispetto dei princìpi di pubblicità, di trasparenza, di concorrenzialità, di rotazione, di non discriminazione, di proporzionalità, nonché di economicità, di efficacia e di imparzialità dei procedimenti e della specificità dei contratti nel settore dei beni culturali, nonché previsione del divieto per le stazioni appaltanti di utilizzare, ai fini della selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate; e) semplificazione delle procedure finalizzate alla realizzazione di investimenti in tecnologie verdi e digitali, nonché in innovazione e ricerca e innovazione sociale, anche al fine di conseguire gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, e di incrementare il grado di ecosostenibilità degli investimenti pubblici e delle attività economiche secondo i criteri di cui al regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020; previsione di misure volte a garantire il rispetto dei criteri di responsabilità energetica e ambientale nell’affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, in particolare attraverso la definizione di criteri ambientali minimi, da rispettare obbligatoriamente, differenziati per tipologie ed importi di appalto e valorizzati economicamente nelle procedure di affidamento, e l’introduzione di sistemi di rendicontazione degli obiettivi energetico-ambientali; in seguito all’emanazione di nuovi decreti ministeriali in materia di criteri ambientali minimi, previsione di un periodo transitorio con tempi congrui per l’avvio della relativa applicazione. Per il resto del testo si rimanda al sito: www.appaltiecontratti.it


A c u r a d i To m m a s o M a z z i o t t i Presidente C.d.A. Cred.it Spa

economia a 360°

Banche: “affrontano congiuntura con condizioni equilibrate, ma devono tener conto dei rischi climatici”

46 Progetti Finanza&

Si è tenuto negli scorsi giorni il “Made in Italy Pre-Summit: Driving Innovation, Sustainability and Resilience”, organizzato dal Sole 24 Ore, Financial Times e Sky Tg24 e dedicato all’eccellenza italiana e all’Export. Nella tavola rotonda sul ruolo delle banche italiane a supporto del Made in Italy è intervenuta Alessandra Perrazzelli, Vice Direttrice Generale Banca d’Italia, confermandone la solidità, ma il rischio climatico non deve essere sottovalutato: «Le banche italiane stanno affrontando questa crisi partendo da una condizione equilibrata. Le condizioni di credito sono diventate più difficili negli ultimi mesi, ma i prestiti al settore privato continuano a crescere, anche se a ritmi più moderati per le imprese. La liquidità delle imprese è buona, eventuali esigenze legate alle conseguenze economiche della guerra potranno essere soddisfatte con prestiti garantiti dallo Stato, fino alla fine del 2022. Il rialzo dei tassi di interesse non dovrebbe frenare questa dinamica del credito» ha affermato Alessandra Perrazzelli. «L’impatto sulla redditività delle banche dovrebbe essere nel complesso positivo. Le banche possono peraltro sostenere sia la transizione digitale sia la green: con un’indagine a livello europeo sulla sostenibilità abbiamo per la prima volta identificato i rischi provenienti dal cambiamento climatico e l’impatto sul rischio operativo delle banche: quasi 2/3 delle banche non hanno incorporato i rischi climatici nei loro modelli e non tengono conto dei futuri scenari. Non è facile capire se questo potrà portare a una stretta creditizia per alcune tipologie di imprese.» Sugli aiuti alle aziende è intervenuto anche Dario Liguti, Chief Underwriting Officer di Sace: «In questi anni di complessità senza precedenti Sace è stata chiamata a svolgere un ruolo importante al fianco delle imprese italiane, anche sul mercato domestico in un’ottica emergenziale con Garanzia Italia e più strutturale per la ripartenza con le Garanzie Green, rafforzando, al tempo stesso, la nostra missione tradizionale di Export Credit Agency”. Con le nostre Garanzie Green come attuatori del Green New Deal sul territorio nazionale – ha proseguito Liguti - sosteniamo il tema strategico della transizione ecologica dell’Italia. Una sfida che dal 2020 ad oggi ci ha visto sostenere

operazioni per oltre 5 miliardi di euro, cifra destinata a crescere anche grazie alla finalizzazione di diverse convenzioni bancarie per semplificare l’accesso alle aziende, soprattutto le pmi. Il governo ci ha anche affidato un altro mandato a sostegno delle imprese: il dl Aiuti, discusso in questi giorni in Parlamento, prevede un nostro impegno emergenziale a supporto della liquidità delle imprese e un impegno strutturale degli investimenti per il rilancio e la crescita. L’esperienza di Garanzia Italia - in cui in tempi record e in pieno lockdown, abbiamo implementato un sistema totalmente digitalizzato di analisi ed emissione di garanzie, mobilitando fino a oggi risorse per 42 miliardi di euro a fronte di quasi 6400 operazioni – ci rende sicuramente pronti a questa nuova sfida», ha concluso Liguti. Sempre sulle pmi è intervenuta anche Nicole Della Vedova, Head of Corporate Finance Enel Group: «La guerra ha aumentato difficoltà che si erano già delineate in precedenza. E strumenti che sono stati molto utili alle imprese durante la pandemia, come Garanzia Italia e le moratorie, possono funzionare benissimo anche in questo frangente. Bisogna dare respiro al sistema delle imprese, soprattutto alle pmi che sono il tessuto dell’Italia. Due anni fa – ha proseguito Della Vedova al PreSummit Made in Italy del Sole 24 Ore, FT e Skytg24 - abbiamo lanciato un programma di supporto ai nostri fornitori, anche sul fronte finanziario. La crisi climatica impone dei passi come il ritorno temporaneo al carbone, ma sarò solo per un periodo. Per quanto ci riguarda abbiamo mantenuto il nostro target di decarbonizzazione al 2040, anticipandola di dieci anni». «Le aziende italiane hanno bisogno di un importante cambio di visione per quanto riguarda la governance – ha commentato la Presidente di Borsa Italiana Claudia Parzani - un passaggio che si fa fatica a fare. In un contesto multicrisi c’è bisogno di molta lungimiranza e molta strategia, abbandonando la visione di corto periodo. I percorsi di innovazione non devono essere interrotti. Quando si parla di Esg, non si sottolinea che la governance permette di crescere sugli altri due pillars. Credo molto nell’impresa sociale, legata al territorio e alla comunità, capace di attrarre e mantenere i talenti». Comunicato Stampa Sole24Ore

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A cura di

Bruno Maizzi

Presidente Movimento Consumatori

dalla parte dei consumatori

Consumatori scrivono a Mattarella per segnalare che le intimazioni dell’Agenzia Riscossione sono illegittime

La questione delle intimazioni di pagamento dell’Agenzia Riscossione senza i termini e l’Autorità per fare ricorso arriva alla Presidenza della Repubblica grazie agli esposti di Movimento Consumatori. Come anticipato dal suo Vice Presidente nazionale, il Dott. Bruno Maizzi, “Tutto è partito nelle settimane scorse durante un convegno a Lecce dove si è parlato di mancanza di dialogo tra cittadini e Pubblica Amministrazione (si veda articolo del 19.04.2022: https://www. affaritaliani.it/rubriche/fisco_dintorni/ mov-consumatori-milioni-di-tasse-illegittime-791714.html ). In quell’occasione ci ha molto colpito l’intervento dell’Avv. Matteo Sances in merito alla mancanza di informazioni fondamentali all’interno delle intimazioni di pagamento e abbiamo chiesto alle nostre sezioni territoriali di verificare quanti contribuenti si sono rivolti a noi quando i termini per impugnare gli atti

erano ormai scaduti e i risultati sono stati veramente allarmanti!!! Ricordo ancora una volta che le intimazioni di pagamento, come gli altri atti esattoriali, devono essere impugnati entro termini perentori che possono variare da 60 a 20 giorni dalla notifica a seconda del tipo di pretesa (per esempio se si tratta di imposte, contributi o sanzioni) e del tipo di contestazione del contribuente. Ovviamente, se i predetti termini non vengono indicati nelle intimazioni e il contribuente li fa scadere egli non avrà più la possibilità di rivolgersi al giudice competente. Tutto ciò è profondamente ingiusto. Ecco perché la scorsa settimana, grazie anche al supporto dell’Avv. Sances, abbiamo segnalato la questione al Presidente della Repubblica e al Ministro dell’Economia”.

rento, Presidente di Partite Iva Nazionali (PIN) che insieme a Mov. Consumatori hanno scritto alle istituzioni, per segnalare che “La mancata indicazione di informazioni fondamentali all’interno delle intimazioni di pagamento può creare gravi disagi ai contribuenti. È chiara dunque l’urgenza di modificare tali atti, in modo da garantire a tutti i contribuenti il proprio diritto di difesa. Ma non solo. Nelle prossime settimane saremo presenti – insieme ai dirigenti di Movimento Consumatori e a illustri commercialisti e avvocati – a Milano per un convegno organizzato dal Dottore Commercialista Marcello Guadalupi e da MilanoPercorsi proprio a sensibilizzare professionisti e imprese su questa questione. Nel frattempo invito tutti i contribuenti a controllare costantemente la propria posta elettronica certificata, in modo da verificare in maniera tempestiva eventuali Interviene anche il Dott. Antonio Sor- richieste erariali”.


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