Magazine P&F giugno 2022

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POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - AUT. N°MIPA/CENTRO-SUD/191/2022

Progetti & Finanza M MA AG GA A ZZ II N N EE

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Comunità energetiche: il futuro dell’Italia Ficarella (Unisalento): «Deve partecipare la collettività a questa grande sfida» P ubb l i c a zi o n e m e nsi l e i n fo r m a to d i g i t a l e su l si to www. p r o g e t t i e f i nanza. i nfo

anno V •numero 48 • giugno

2022

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MAGAZINE

GIUGNO 2022

L’IMPLEMENTAZIONE DEL PNRR ACCELERERÀ LA SPINTA VERSO L’INNOVAZIONE E LA TRASFORMAZIONE DIGITALE Non si fa che parlare del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilizienza, un programma di investimenti messo in atto dall’Italia per accedere alle risorse europee stanziate del Next Generation EU. Gli interventi di natura strutturale saranno divisi in quattro macro aree: pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione e competitività. Le risorse a disposizione dell’Italia e stanziate nel piano ammontano a 191,5 miliardi di euro, ripartiti in sei specifiche missioni. La prima riguarda la digitalizzazione, l’innovazione, la competitività e la cultura, 40,32 miliardi di euro, la seconda la rivoluzione verde e la transizione ecologica, 59,47 miliardi, la terza le infrastrutture per una mobilità sostenibile, 25,40 miliardi di euro, la quarta l’istruzione e la ricerca, 30,88 miliardi di euro, la quinta l’inclusione e la coesione, 19,81 miliardi di euro, e la sesta la salute, 15,63 miliardi di euro. Inoltre, al fine di finanziare ulteriori interventi, il Governo italiano ha previsto un fondo complementare di 30,6 miliardi di euro che portano gli investimenti totali del PNRR a 222,1 miliardi di euro. Interventi rivelatisi molto più che necessari, vista la congiuntura negativa che stanno attraversando le imprese italiane, fanno riflettere infatti i dati diffusi da CRIF rispetto alle richieste di credito presentate dalle imprese italiane, che fanno segnare un -8,1% rispetto al corrispondente periodo 2021. Per altro, il trend negativo riguarda sia le Società di capitali, che hanno fatto registrare un -5,5%, sia le Imprese individuali, per le quali la flessione è stata del -13,1%. Queste le principali evidenze che emergono dall’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF. “A seguito dello scoppio della pandemia le imprese italiane, specie quelle medio-piccole, avevano fortemente incrementato la richiesta di credito per far fronte al drastico ridimensionamento dei flussi di cassa e gestire l’attività corrente, oltre che per cogliere le opportunità offerte dai provvedimenti governativi. A questa prima fase di emergenza era seguita una progressiva normalizzazione nel 2021, che trova continuità anche nel I trimestre dell’anno in corso. Piuttosto, da segnalare come le nostre aziende abbiano ricominciato a rivolgersi agli istituti di credito per raccogliere le risorse necessarie a sostenere la crescita e gli investimenti – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. Nel prossimo futuro lo scenario potrebbe però risentire negativamente degli impatti derivanti dal conflitto ucraino, dall’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime nonché della crescita dell’inflazione, mentre nuovi stimoli potrebbero derivare dall’implementazione del PNRR”. Indubbiamente la propensione agli investimenti è destinata a subire un’accelerazione grazie alla progressiva implementazione del PNRR all’insegna della rivoluzione digitale e della spinta all’innovazione, oltre che della trasformazione green e della transizione energetica. Per avere una visione più chiara di quelli che saranno gli scenari futuri in funzione di una riconversione green anche delle città e dei piccoli borghi, vi invitiamo ad approfondire tramite il Focus di questo numero.

otti Tommaso Mazzi EDITORE

ED ITO RIA LE

Buona lettura!


Progetti & Finanza

S O M M A R I O

giugno 2022

M A G A Z I N E

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Le conseguenze della dipendenza energetica dell’Europa

Nasce la Tv dell’Acquedotto pugliese La guerra alla pirateria audiovisiva

anno V •numero 48 •giugno 2022 • Direttore Responsabile Maria Rosaria De Leonardis

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per la 38Meta, prima volta in calo i ricavi

Sito web www.progettiefinanza.info Progetto grafico Alessandro Gisoldi Pay Click Srl Viale degli Artigiani, 9 71121 - Foggia (FG) Foto: Stock.adobe.it Stampa Grafiche Deste srl - Bari Testata giornalistica registrata al Tribunale di Foggia n. 3 del 28/04/2021 ................................................ E’ vietata la riproduzione anche parziale dei testi e materiale fotografico

Comunità energetiche : la nuova grande sfida per il futuro dell’Italia

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Pirateria audiovisiva, un fenomeno da 1,7 miliardi Agcom: «Contro questa piaga tutti devono giocare la propria parte, senza eccezioni»

6 Progetti Finanza&

“Contro la pirateria audiovisiva, che ruba al Paese 1,7 miliardi ogni anno e fa perdere quasi 10mila posti di lavoro, serve un’alleanza di sistema. Dal momento che ci troviamo di fronte a organizzazioni criminali, tutti devono giocare la propria parte, senza eccezioni”. Lo ha detto Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, a margine del convegno promosso dall’associazione Cittadinanza Digitale in Senato sul tema della pirateria audio-video. La pirateria audiovisiva in Italia avanza in termini di audience, ma decresce sotto il profilo della frequenza. A rilevarlo è l’ultima indagine Ipsos, condotta per FAPAV, che ha quantificato le dimensioni del fenomeno e calcolato il danno economico potenziale che ne deriva. “Agcom – prosegue Capitanio – è un presidio di legalità e sicurezza e sicuramente saprà prendere in carico gli eventuali nuovi poteri che potrebbero essere conferiti con una nuova legge antipirateria, soprattutto per tutelare gli eventi live. L’Autorità già da tempo interviene per rimuovere contenuti illeciti dal web – conclude il commissario Agcom – e in queste settimane sta lavorando per garantire la tutela dei cittadini su molti altri fronti, dal contrasto al telemarketing al regolamento sull’hate speech, dall’oscuramento delle pagine social che forniscono informazioni per pratiche illegali alla tutela del diritto d’autore”. A tracciare una dimensione del fenomeno è la nuova indagine di Ipsos, condotta per FAPAV - Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali. Sale al 43% l’incidenza della pirateria audiovisiva tra gli italiani I dati confermano un aumento, nell’ultimo anno, dell’incidenza complessiva della pirateria tra la popolazione adulta pari al 43%, ma registrano anche un calo rilevante nel numero di contenuti audiovisivi piratati: nel 2021 si stimano circa 315 milioni di atti illeciti (il 24% in meno rispetto al 2019 e, addirittura, il 53% in meno rispetto al 2016). La pirateria in Italia avanza in termini di audience ma decresce sotto il profilo della frequenza: i film rimangono il contenuto più visto illecitamente (29%), seguono le serie/fiction (24%) e i programmi (21%). Discorso a parte per

gli sport live: se nel 2019 per questa tipologia di contenuto la percentuale di fruizione si attestava al 10%, nel 2021 sale al 15%. Anche tra gli adolescenti si conferma lo stesso trend degli adulti: nel 2021 l’incidenza dei pirati più giovani (10-14 anni) è salita al 51% mentre risulta in netto calo la frequenza degli atti (-20% rispetto al 2019) con una forte preferenza, in termini di contenuti fruiti, di eventi di sport live, seguiti da film, serie/ fiction e programmi. I dati Ipsos mostrano come il fenomeno sia sempre di più digitale: tra le modalità in calo il download/ P2P e lo streaming illegale, in forte crescita il numero di chi ha fruito almeno una volta delle IPTV illecite (dal 10% nel 2019 al 23% nel 2021). Si tratta di 11,7 milioni di individui, anche se gli abbonati ad almeno una IPTV illecita sono 2,3 milioni. Inoltre, in questa edizione, la ricerca ha indagato e anche il fenomeno della condivisione delle credenziali di accesso delle piattaforme legali di contenuti, registrando che al 41% dei pirati è capitato di fruire almeno una volta di contenuti audiovisivi in abbonamento attraverso l’accesso con credenziali altrui non ritenendola una forma di pirateria. Il danno economico potenziale per le industrie dei contenuti audiovisivi è pari a 940 milioni di euro La pirateria audiovisiva rimane un fenomeno che desta forte preoccupazione anche in relazione alla ripresa del settore audiovisivo dopo i due anni di emergenza pandemica: i dati Ipsos evidenziano come il danno potenziale del fenomeno illegale per quanto riguarda film, serie e fiction è pari a 673 milioni di euro, con quasi 72 milioni di fruizioni perse. Per quanto riguarda, invece, gli eventi sportivi live la stima del danno economico causato dalla pirateria risulta pari a 267 milioni di euro, con circa 11 milioni di fruizioni perse. Guardando al Sistema Paese, il fenomeno dell’illegalità diffusa nella fruizione di contenuti audiovisivi provoca danni sia in termini di fatturato (circa 1,7 miliardi di euro) sia come Pil (circa 716 milioni di euro) e anche come entrate fiscali per lo Stato (circa 319 milioni di euro). Giorgio Tera

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Caricabatterie universale: l’Ue detta le nuove regole Da oggi in poi tutti i dispositivi elettronici dovranno essere dotati di Porta USB Type-C ANTONIO CAIVANO

8 Progetti Finanza&

Tempo di cambiamenti anche nel settore elettronico, bisognerà aspettare ancora un po’ ma presto arriverà il tempo di dare, finalmente, il benvenuto al cavo unico ed universale per la ricarica di telefoni cellulari, tablet, fotocamere digitali, cuffie e auricolari, console per videogiochi, altoparlanti portatili, ricaricabili tramite cavo. Tutti questi dispositivi, in futuro, dovranno essere dotati di una porta USB Type-C, indipendentemente dalla casa produttrice. Le nuove regole, emanate dalla Ue, eviteranno che ci debba essere bisogno di un dispositivo di ricarica e di un cavo diversi per ogni dispositivo elettronico acquistato, ne basterà uno solo, valido per tutti i dispositivi, indipendentemente dal tipo, dal modello e dalla casa di produzione. Tutti i nuovi dispositivi elettronici, portatili, dovranno avere una porta USB Type-C compatibile con un unico cavo di ricarica. Le case produttrici avranno quaranta mesi (ventiquattro più sedici concessi ai dispositivi “laptop” per i quali la scadenza verrà posticipata di sedici mesi per permettere al mercato di adeguarsi), per mettersi in regola, dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Il nuovo sistema non potrà penalizzare, in alcun modo, i tempi di ricarica che rimarranno quelli previsti dalle indicazioni al momento dell’acquisto. Questi nuovi obblighi permetteranno un risparmio, per i consumatori, di circa 250 milioni di euro all’anno che si spendono per comprare caricabatterie di ogni genere per ogni dispositivo, e di 13/15 mila tonnellate di rifiuti elettronici, all’anno, per lo smaltimento di vecchi caricatori non più utilizzati. Le indicazio-

ni per la ricarica dei nuovi dispositivi permetteranno, in maniera chiara, di verificare se i dispositivi di ricarica già in possesso siano compatibili evitando un ulteriore, inutile, acquisto, anzi, invoglieranno, dove possibile, al riutilizzo. Riepilogando: dopo la pausa estiva il Parlamento e il Consiglio Ue dovranno approvare formalmente queste disposizioni e dopo l’iter burocratico previsto, 20 giorni, le disposizioni entreranno in vigore dopo 24 mesi (più sedici per i laptop) da quella data. Thierry Breton, Commissario Europeo per il Mercato Interno, ha invitato le società produttrici a mettersi in regola prima della scadenza dei 24 mesi, sottolineando come le nuove regole non varranno per tutti quei dispositivi immessi sul mercato prima della data di entrata in vigore. “La regola per l’introduzione del caricabatterie universale USB-C vale per tutti, non è fatta contro nessuno, ha detto il Commissario Breton, rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva come si sarebbero comportati se Apple avesse rifiutato di adeguarsi a queste regole europee. Non costringeremo, sicuramente, nessuno a entrare nel mercato interno, è questo il nostro atteggiamento da sempre, ma ci sono delle regole che si applicano a tutti. Queste nuove regole rappresentano una tappa fondamentale dopo oltre dieci anni di lavoro a questa direttiva. Inizieremo ad applicare le nuove regole tra 24 mesi, lasciando, alle società del tech, due anni per adeguarsi, sono più che sufficienti, ma le incoraggeremo a farlo prima della scadenza. A buon intenditore poche parole”.

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ACQUEDOTTO PUGLIESE VICINO ALLA COMUNITÀ CON UNA WEB TV TEMATICA SU AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ

L’ACQUEDOTTO IN PUGLIA non fa solo acqua: ecco la Tv che promuove i territori GIORGIO TERA

L’ente ha messo su una vera webtv dove promuovere le tematiche del risparmio idrico e la valorizzazione turistica delle aree servite da uno dei più grandi e complessi sistemi idrici d’Europa

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ipercorrere la storia dell’Acquedotto Pugliese attraverso i luoghi più suggestivi che lo caratterizzano. Questo è l’obiettivo della campagna #passadaquà che vuole sensibilizzare e promuovere la cultura dell’acqua promosso da Acquedotto Pugliese. Il turismo consapevole attraversa i sentieri del nostro bene più prezioso, partendo dalle sorgenti, passando dagli impianti, fino ad ammirare lo storico Palazzo dell’Acqua e l’incantevole Santa Maria di Leuca. Un viaggio attraverso l’arte, l’architettura e le origini dell’Acquedotto Pugliese. I luoghi dell’acqua visitabili: sorgente di Caposele, sorgente di Cassano Irpino, Accadia, Rocchetta Sant’Antonio, zone umide di Torre Guaceto, zone umide di Gioia del Colle, la ciclovia, il Palazzo dell’Acqua, Santa Maria di Leuca e tan-

ti altri luoghi caratterizzati dalla grande opera dell’acquedotto pugliese che riuscii agli albori del 900 a fare il miracolo di donare acqua ad una grande area arida come la Puglia. La valorizzazione dell’acqua non può prescindere dalla valorizzazione dei territori. È per questo che l’AQP ha messo in piedi una vera tv dedicata all’Acqua dal nome TVA dove poter raccontare di una Puglia sostenibile, una Puglia turistica. Una Puglia tutta da scoprire. Possibile? Certo. “TVA”, la web Tv di Acquedotto Pugliese (AQP), mira ad arricchire l’offerta informativa sui temi della sostenibilità, dell’ambiente, dell’innovazione e lo fa insieme a Pugliapromozione, l’Agenzia Regionale del Turismo (ARET) che si occupa di far conoscere la nostra regione 365 giorni l’anno. Ogni settimana, a partire dal mese di luglio e fino a settembre,

sarà inserito all’interno del ricco palinsesto, una puntata di PUGLIA FUORI ROTTA, la rubrica di Lorenzo Scaraggi realizzata in collaborazione con Pugliapromozione che racconta, in lungo e in largo, la nostra regione. Una finestra sul mondo dell’acqua e non solo, rivolta a tutti, che darà voce alle comunità e alle loro storie, andando a soddisfare curiosità e interesse. Senza dimenticare i contenuti di pubblica utilità e buoni consigli per una gestione sempre più virtuosa della risorsa. Un bene fondamentale per la vita e non infinito. Un canale che ci fa conoscere l’acqua in ogni suo aspetto, culturale, sociale, economico, artistico e culturale. Per il consigliere di Aqp, Francesco Crudele, “la nuova collaborazione della web tv con Pugliapromozione è un valore aggiunto che arricchisce l’offerta.

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La nostra mission è quella di costruire una rete di relazioni ed esperienze tra i soggetti più rappresentativi del territorio e l’agenzia regionale Pugliapromozione è una di queste”. Per il direttore generale di Pugliapromozione, Luca Scandale, “la sostenibilità del turismo è una priorità già da tempo, che ora diventa ancora più urgente per la carenza idrica che ci ricorda come sia doveroso, e possibile, continuare a crescere razionalizzando i consumi. Siamo impegnati a promuovere il turismo verde come, per esempio, i cammini che a piedi ci fanno scoprire il territorio senza auto o bus, ed al contempo a sensibilizzare i turisti ed i pugliesi verso una maggiore consapevolezza ambientale”. Sul sito tva.aqp.it è possibile accedere in live streaming e on demand ad una ricca selezione di contenuti. Gli ele-

menti caratterizzanti il progetto sono la presenza di una finestra con un flusso di contenuti programmati, la possibilità di fruire di eventi in live streaming e la scelta di contenuti accessibili in ogni momento organizzati in playlist per categorie, format autoriali, tg e rubriche (“Ambiente”, “Futuro”, “Arte, cultura e bellezza”, “Azienda”, “Qualità”, “Reti”). Tutto questo ed altro ancora riserverà la programmazione della web tv, che si connoterà come un ambiente aperto ed inclusivo per conoscere iniziative e progetti dell’azienda, con servizi ed approfondimenti.


La UE disciplina le grandi piattaforme online che saranno finalmente responsabili delle loro azioni

Mercati digitali: la concorrenza leale online ora è realtà

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Il Consiglio dell’UE ha approvato in via definitiva nuove norme per un settore digitale equo e competitivo grazie alla legge sui mercati digitali. La legge sui mercati digitali assicura condizioni di parità in campo digitale che stabiliscono diritti e norme chiari per le grandi piattaforme online (“gatekeeper”) e garantiscono che nessuna di esse abusi della propria posizione. La regolamentazione del mercato digitale a livello dell’UE creerà un ambiente digitale equo e competitivo, consentendo a imprese e consumatori di beneficiare delle opportunità digitali. La legge sui mercati digitali definisce nuove norme per le grandi piattaforme online (“gatekeeper”) che ora devono: garantire che l’annullamento dell’abbonamento ai servizi di piattaforma di base sia semplice quanto l’abbonamento garantire che le funzionalità di base dei servizi di messaggistica istantanea siano interoperabili, ossia consentano agli utenti di scambiare messaggi, inviare messaggi vocali o file attraverso le applicazioni di messaggistica dare agli utenti commerciali l’accesso ai loro dati di prestazione marketing o pubblicitaria sulla piattaforma informare la Commissione europea in merito alle acquisizioni e fusioni da essi realizzate. Inoltre non saranno più in grado di: classificare i propri prodotti o servizi in modo più favorevole rispetto a quelli di altri operatori del mercato (autoagevolazione) preinstallare determinate applicazioni o software o impedire agli utenti di disinstallare facilmente tali applicazioni o software imporre l’installazione dei software più importanti (ad esempio i browser web) per impostazione predefinita all’installazione del sistema operativo impedire agli sviluppatori di utilizzare piattaforme di pagamento di terzi per la vendita di applicazioni riutilizzare, ai fini di un altro servizio, i dati personali raccolti nel corso di un servizio. Se una grande piattaforma online è identificata come gatekeeper, dovrà conformarsi alle norme della legge sui mercati digitali entro sei mesi. Se un

gatekeeper viola le norme stabilite dalla legge sui mercati digitali, rischia un’ammenda fino al 10% del suo fatturato totale a livello mondiale. In caso di recidiva, può essere irrogata un’ammenda fino al 20% del fatturato mondiale. In caso di inosservanza sistematica della legge sui mercati digitali da parte di un gatekeeper, ossia se questo viola le norme almeno tre volte nell’arco di otto anni, la Commissione europea può avviare un’indagine di mercato e, se necessario, imporre rimedi comportamentali o strutturali. Il quadro giuridico dell’UE in materia di servizi digitali non è stato modificato dall’adozione della direttiva sul commercio elettronico nel 2000. Nel frattempo, le tecnologie, i modelli di business e i servizi nel settore digitale sono cambiati a un ritmo senza precedenti. Per adattarsi a questo ritmo nel dicembre 2020 la Commissione europea ha presentato un pacchetto sui servizi digitali che comprende la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali. Il pacchetto sui servizi digitali è la risposta dell’UE alla necessità di regolamentare lo spazio digitale. Insieme, la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali definiscono un quadro adattato all’impronta economica e democratica dei giganti digitali e introducono misure per proteggere gli utenti, sostenendo nel contempo l’innovazione nell’economia digitale. Il 25 novembre 2021, a meno di un anno dall’avvio dei negoziati in sede di Consiglio, gli Stati membri hanno approvato all’unanimità la posizione del Consiglio sulla legge sui mercati digitali. Il 24 marzo 2022 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla legge sui mercati digitali, che è stato approvato dai rappresentanti degli Stati membri dell’UE l’11 maggio 2022. Un accordo provvisorio sulla legge sui servizi digitali, raggiunto dal Consiglio e dal Parlamento europeo il 23 aprile 2022 e adottato dal Parlamento europeo il 5 luglio, dovrebbe essere adottato dal Consiglio nel settembre 2022.

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Le Comunita’ Energetiche e la decarbonizzazione: il nuovo modello energetico nazionale MARIAPIA ROMANO

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a tecnologia corre al galoppo e, se da una parte è necessario non rallentare la corsa al piccolo trotto, al tempo stesso è fondamentale muovere passi ragionati che sappiano coniugare lo slancio innovativo con l’impellente necessità di salvare il pianeta in cui viviamo, che appare in serio pericolo. Gli ingegneri e gli scienziati sono in prima linea per agire concretamente al fine di scongiurare gli effetti disastrosi che l’innalzamento della temperatura potrebbe portare nell’arco di brevissimo tempo, rendendo il nostro pianeta Terra un luogo inospitale sul quale la vita diventerebbe difficilissima, costringendo anche la popolazione di alcune zone a migrare verso territori meno ostili, con le conseguenze gravissime che si possono immaginare. Il ritardo sugli Obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto il 25 settem-

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«Dobbiamo far partecipare la collettività a questa grande sfida», dice Antonio Ficarella, Direttore Dipartimento Ingegneria dell’Innovazione di UniSalento

problema dell’energia. Cosa si può fare concretamente oggi per migliorare la situazione? Parlare di energia ora non vuol dire più rivolgersi ad un gruppo più o meno esteso di addetti ai lavori, ma significa, invece, far partecipare la collettività alla sfida più importante che siamo chiamati ad affrontare: l’approvvigionamento energetico nel rispetto dell’ambiente. Sicuramente è superfluo fare proclami a cui non seguano azioni. Mi pare inutile perdersi in dissertazioni tra tecnici senza coinvolgere la collettività, perché oggi più che mai è doveroso agire in maniera sinergica da subito, perché abbiamo già sprecato troppo tempo. Basti pensare che con questa ferma convinzione a Lecce abbiamo attivato a partire dal prossimo anno accademico anche il Corso di Laurea Magistrale in “Ingegneria Energetica”, erogato Professor Ficarella, la delicata situa- il collaborazione con il Politecnico zione geopolitica che stiamo viven- di Bari, con le lezioni in inglese. Si do rende ancora più complesso il punta a formare ingegneri con forte bre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite, e approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU, impone un radicale cambiamento del modo di concepire l’innovazione tecnologica. Gli obiettivi fissati per lo Sviluppo Sostenibile hanno una validità globale, riguardano e coinvolgono tutti i Paesi e le componenti della società, dalle imprese private al settore pubblico, dalla società civile agli operatori dell’informazione e cultura. Di energia, decarbonizzazione, scenari futuri e molto altro ancora, abbiamo parlato con Antonio Ficarella, Ordinario di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente presso l’ Università del Salento, nonché Direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione di Unisalento e Presidente della sezione Puglia e Basilicata di ATI, Associazione Termotecnica Italiana.

propensione all’innovazione e all’interdisciplinarietà, in grado di operare nel contesto della transizione energetica, che prevede la progressiva uscita dalle fonti fossili a beneficio delle nuove tecnologie basate su fonti rinnovabili. Il delicatissimo scenario geopolitico, con la guerra in Ucraina e le tensioni mondiali, ha reso ora più che mai impellente il ripensamento delle tematiche energetiche: lo spettro del ritorno al carbone stride atrocemente con gli obiettivi che il mondo si è prefisso nell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile. S’impone un dovere morale per tutti coloro che lavorano nel settore dell’energia: uscire dalle fonti fossili il più presto possibile, per favorire la riduzione dell’emissione di CO2, spingere sempre di più verso le energie rinnovabili, la cui accettazione passa attraverso un reale coinvolgimento delle realtà locali, a cui le nuove installazioni devono portare ricchezza. I grandi impianti industriali stanno avviando concrete politiche di decar-


bonizzazione e, ad oggi, sono gli unici soggetti in grado di avviare queste politiche, grazie alla disponibilità di risorse e tecnologie. Mi pare importante sottolineare che questi processi innescheranno un importante processo di riqualificazione del tessuto economico e produttivo locale. E poi bisogna andare verso le comunità energetiche nel nome sostenibilità ambientale, lasciando da parte gli egoismi per agire concretamente per il benessere del nostro pianeta. non bisogna essere miopi ma lasciare da parte ci approcci conservativi per iniziare ad agire concretamente e sinergicamente. Quello che stiamo facendo ora è troppo poco e non lo stiamo facendo con la giusta determinazione. Da Bari a settembre, con il settantasettesimo Congresso Nazionale ATI ci auspichiamo che parta una voce che non sia una delle tante che si perdono in un brusio informe, ma che rappresenti l’inizio di una nuova era di cambiamenti per concepire fattivamente l’energia nel rispetto della sostenibilità ambientale. A Bari dal 12 al 14 settembre prossimi si terrà il Congresso Nazionale ATI, Associazione Termotecnica Italiana, di cui Lei è anche Presidente del Comitato organizzatore. Un momento significativo nella forma e, soprattutto, nei contenuti di grande attualità… Assolutamente sì, il Congresso è re-

alizzato in collaborazione con la Regione Puglia, che sta per presentare il piano per l’idrogeno. L’evento sarà incentrato sulla sfida per il nuovo modello energetico nazionale e punterà i riflettori su decarbonizzazione, comunità energetiche e diversificazione delle fonti di energia. L’ATI, con l’autorevolezza del suo essere Associazione Termotecnica Italiana, ha scelto di fare del suo settantasettesimo Congresso Nazionale un momento di riflessione, confronto e crescita che coinvolga, oltre a tutti gli associati, anche la collettività, allargando la sua arena di influenza all’uomo della strada, che, svegliato dalla sua preziosa curiosità, vuole approfondire questi temi e che, diciamolo forte, può fare la differenza. Sarà un’intensa tre giorni in cui ci si incontrerà per discutere e delineare i futuro e le scelte sui temi fondamentali della transizione energetica e delle conseguenze sul nostro sistema industriale. Stiamo coinvolgendo Enti europei, governativi e territoriali, il mondo produttivo e industriale, le realtà sociali ed economiche, i Distretti dell’energia e l’ambiente, la stampa regionale e nazionale. Le aziende avranno a disposizione uno spazio espositivo presso il Politecnico di Bari e potranno presentare prodotti e programmi di sviluppo. Ci rivolgeremo ad una platea altamente qualificata, quindi, ma anche e, soprattutto, ai tanti cittadini sensibili a queste tematiche e rispettosi dell’ambiente, che ci

verranno a trovare nella tavola rotonda di apertura, in cui i temi in gioco, di scottante attualità, saranno illustrati in tutte le loro declinazioni semantiche, con un approccio sicuramente divulgativo per garantire la fruibilità dell’evento anche a chi non ha una laurea in ingegneria, ma la concreta voglia di impegnarsi nel proprio piccolo, perché dalle azioni di ognuno di noi parte il cambiamento globale. Dobbiamo sperimentare sulla nostra pelle il cambiamento e non pretenderlo solo dalla politica. I Governi si sono imposti di contenere il surriscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi: continuando sulla strada intrapresa con i piani attuali arriviamo a 3 gradi, praticamente il doppio. E non possiamo permettercelo. Si parlerà di riconversione energetica e ambientale dei grandi impianti industriali, di ecosistemi energetici, di Energy Smart Communities, di Hydrogen Valley italiane, dei nuovi sviluppi dell’energia nucleare, di sicurezza e resilienza delle infrastrutture energetiche e dell’approvvigionamento energetico. Si parla tanto di Energy Smart Communities o Comunità energetiche, ma cosa sono? Occorre oggi più che mai traguardare il tema delle comunità energetiche: i grandi impianti non si possono cancellare, semmai occorre capire come intervenire, puntando sulla decarbo-


nizzazione che si configura come la sfida per il nuovo modello energetico nazionale. L’Associazione Italiana Economisti dell’Energia, l’AIEE, è un organismo indipendente e no-profit che riunisce tutti coloro che studiano, dibattono e promuovono la conoscenza dell’energia. L’AIEE spiega bene cosa siano le comunità energetiche: sono un insieme di persone che condividono energia rinnovabile e pulita, in uno scambio tra pari e rappresentano un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. In questo modo vengono favoriti l’effettiva partecipazione del cittadino alla gestione del proprio fabbisogno energetico e l’autoconsumo. I cittadini possono unirsi, e lo stanno già facendo in tutto il mondo, per acquistare rilevanza nel settore energetico nella veste di “prosumer”, ovvero di produttori e consumatori di energia. Le Comunità energetiche nello scenario europeo ed italiano non sono una novità: esse hanno preso forme diverse nei vari Stati membri, sia per quanto riguarda i partecipanti sia come tipologia delle iniziative create. In Italia iniziative assimilabili alle Comunità energetiche sono nate nella forma di cooperative e consorzi dedicati allo sviluppo di risorse energetiche locali o finalizzate all’ acquisto di energia o di servizi. Secondo il rapporto “Science for Policy” pubblicato da Joint Research Centre, in Europa nel 2019 erano operative circa 3.500 comunità presenti principalmente negli Stati del Nord Europa con il più elevato sviluppo delle fonti rinnovabili. In Italia, le comunità energetiche risultano essere ancora in fase sperimentale; nei prossimi 10 anni, potrebbero raggiungere le 100 mila unità con un mercato stimato fino a 160 mld di €. La trasparenza normativa nel coordinamento delle autorizzazioni e della gestione appare la chiave di volta per evitare intoppi nello sviluppo delle comunità energetiche e consentirne il funzionamento opportuno, visto che saranno chiamati in causa vari organismi per avviare le comunità e permetterne la diffusione auspicata. Ingegneri e ambiente: si può innovare cercando di rispettare l’ambiente. Si può e si deve. Il Green Engine Research Network dell’Università del Salento, ad esempio, si prefigge come obiettivo principale la realizzazione di

una rete di laboratori che operino in sinergia per supportare le attività di ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per la combustione, la propulsione e i relativi materiali per alte temperature, con particolare attenzione alla riduzione degli impatti ambientali. Green Engine Lab è un nome che racchiude una missione e una vocazione, quella di essere ingegneri devoti alla tecnologia nel rispetto dell’ambiente in cui viviamo. Gli esperti del team sono costantemente in fermento per studiare soluzioni e sviluppare device innovativi con una particolare attenzione alle tematiche ambientali. Il Green Engine Lab fa parte della Rete dei Laboratori Scientifici Pugliesi promossa dall’ ARTI, l’Agenzia regionale per la tecnologia e l’innovazione ed è situato all’interno dell’Università del Salento, a Lecce. Le competenze sono diversificate e spaziano nei settori più ampi delle tecnologie innovative. Questa rete di laboratori è dedicata a supportare lo sviluppo industriale di diversi cluster tecnologici, come il Distretto Aerospaziale Pugliese. Gruppi di esperti con pluriennale esperienza nel settore ven-

gono costantemente affiancati da dottorandi, assegnisti di ricerca e anche laureandi, visto che le tematiche in gioco risultano particolarmente stimolanti e di grande interesse, oltre che di scottante attualità. Non è un caso, infatti, che il Green Engine Lab sia costantemente coinvolto in progetti di grande rilevanza strategica, a conferma della sua rilevanza sul territorio e, più in generale, nel panorama nazionale. Qual è la sua posizione sul nucleare? Dobbiamo fare chiarezza sulla pericolosità del nucleare moderno. Gli italiani ed altre comunità in passato hanno definito questa tecnologia pericolosa, costosa, l’hanno ritenuta colpevole di produrre scorie radioattive, ma è importante riaprire un dibattito su questi temi, per comprendere se il nucleare di oggi, con un rischio misurato, possa essere una risorsa indispensabile, accettando alcuni compromessi. Ecco, quindi, che la funzione comunicazione assume valore primario oggi più che mai: solo nella ricchezza dello scambio biunivoco di contenuti e riflessioni risiede la nostra salvezza.


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ANCHE SE UN’ECONOMIA PIÙ SOSTENIBILE PORTEREBBE ALLA PERDITA DI 6 MILIONI DI OCCUPATI GLOBALI, IN SETTORI COME QUELLO DELLA FILIERA DEL PETROLIO, È UNA STRADA CHE DEVE ESSERE PERCORSA

LA CRESCITA DELLE ECOINDUSTRIE: ECCO LA GREEN ECONOMY PIO SAVELLI

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Continua lo sviluppo delle aziende che si occupano di tutela ambientale e gestione delle risorse naturali. Tra 2014 e 2018 è aumentata anche l’occupazione all’interno di questo settore ma il suo contributo all’economia nazionale è rimasto stabile. Una delle priorità di politica industriale dell’Unione Europea è quella di incentivare la nascita e la crescita delle ecoindustrie, cioè quella parte dell’economia coinvolta in una serie di attività che hanno come fine comune la tutela dell’ambiente. Si tratta di un settore molto ampio e internamente articolato. Secondo Istat, le principali attività che ne fanno parte sono quelle di protezione dell’ambiente, tra le quali rientrano tutte le attività di misura, prevenzione, riduzione e riparazione del danno ambientale, e quelle di gestione delle risorse naturali, orientate alla conservazione delle risorse. Secondo la classificazione europea (Cepa), invece, rientrano in questo settore attività quali la protezione di aria, clima, suolo, biodiversità e paesaggio, la gestione dei rifiuti, delle acque e di flora e fauna. Ma anche la ricerca e sviluppo e tutte le attività che mirano a ridurre la dipendenza energetica da fonti inquinanti e a favorire invece l’utilizzo di fonti rinnovabili. In Italia, come per la maggior parte dei paesi Ue, questo settore ha registrato uno sviluppo negli ultimi anni, contribuendo al Pil nazionale e creando inoltre migliaia di nuovi posti di lavoro. Ma non tutte queste attività sono ugualmente floride.

È grande lo scontento di molti che, incuranti delle questioni climatiche e ambientali, non accettano di perdere il lavoro per tali ragioni. Pensiamo ai posti di lavoro della filiera delle fonti fossili che di qui a poco verranno, finalmente, completamente dimenticati. Se agli sfavorevoli di questa strada che il mercato ha già intrapreso non basta sapere che, come ricorda il vicepresidente della Commissione Europea Maroš Šefčovič, i soli obiettivi climatici stringenti fissati dalla Commissione, con una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra nell’UE entro il 2030, «potrebbero portare a un aumento netto fino a 884.000 posti di lavoro» in Europa; va ricordato che se invece le nazioni della Terra non scegliessero di contrastare la crisi climatica in favore di quei lavori che andrebbero perduti, come il lavoro della filiera delle fonti fossili «gli aumenti di temperatura previsti e il degrado ambientale intaccheranno i posti e le condizioni di lavoro, poiché il lavoro dipende dalle risorse naturali, dai servizi ecosistemici e da un ambiente privo di disastri», come sottolinea l’International Labour Organization che prevede infatti che 72 milioni di posti di lavoro a tempo pieno andranno persi entro il 2030 a causa dello stress termico. «Su LinkedIn possiamo vedere che il passaggio alle assunzioni per la green economy è già in corso in tutto il mondo. Dal 2017, abbiamo assistito al costante aumento della domanda di talenti con competenze ecologiche», ha scritto Karin Kimbrough, Chief Economist di LinkedIn. Kimbrough racconta di un confronto fatto partendo dai

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database del noto social network: «Uno dei cambiamenti più importanti monitorati sui lavori di LinkedIn è l’abbandono di quelli nel settore petrolifero e del gas e l’aumento dei ruoli nelle energie rinnovabili e nell’ambiente». Nel 2015, ha spiegato, il rapporto tra posti di lavoro nel settore petrolifero e del gas negli Stati Uniti rispetto alle energie rinnovabili e ai posti di lavoro nell’ambiente era di 5:1, ma nel 2020 questo rapporto era circa di 2:1 «di questo passo, prevediamo che le energie rinnovabili e l’ambiente potrebbero effettivamente superare petrolio e gas nei posti di lavoro totali sulla nostra piattaforma entro il 2023». Invece, nel contesto europeo, secondo le stime Eurostat, rispetto all’anno precedente nel 2018 le ecoindustrie sono cresciute del 4,4% in Ue, generando un valore aggiunto lordo totale pari a 306,8 miliardi di euro a prezzi correnti e pari a 166,4 miliardi se consideriamo solo la produzione di beni e servizi per il mercato. Quest’ultima ha contribuito, a livello europeo, a un aumento del Pil dell’1,2%. Lo stesso scenario si è verificato anche in Italia dove negli ultimi anni le ecoindustrie hanno visto un avanzamento che nel 2018, ha generato 80,4 miliardi di euro in produzione, 33,2 miliardi in valore aggiunto e 6 miliardi in beni e servizi esportati. In rapporto al Pil nazionale, il contributo delle ecoindustrie è stato pari al 2,1% (al di sopra, quindi, della media Ue). Un dato che però è rimasto sostanzialmente invariato da allora ad oggi, e che pertanto si spera inizi a migliorare. L’ILO stima che passare ad un’economia in cui la sosteni-

bilità ambientale abbia più spazio potrebbe creare globalmente 24 milioni di posti di lavoro entro il 2030 (il calcolo è limitato al settore dell’energia, dell’edilizia, della mobilità elettrica, dell’efficienza energetica). E già ne ha creati molti in Italia, che infatti è il terzo paese Ue per nuovi posti di lavoro nelle ecoindustrie; con i suoi 427531 impiegati nel settore l’Italia viene preceduta solamente dalla Francia e dalla Germania, e seguita dalla Spagna con un divario maggiore ai centomila impiegati. «L’economia verde può consentire a milioni di persone di superare la povertà e raggiungere una migliore qualità della vita» ha detto Deborah Greenfield, vicedirettore generale dell’ILO. Anche se un’economia più sostenibile porterebbe alla perdita di 6 milioni di occupati globali in settori come quello della filiera del petrolio, dell’estrazione e dell’impiego del carbone, ecc… questo non è assolutamente comparabile ai danni che andrebbero a verificarsi se tale economia non venisse debellata per lasciare il posto alle ecoindustrie e all’economia sostenibile o, come preferiscono gli inglesi, alla green economy. Nonostante le perdite di lavoro sarebbero eventi più che giustificati per fini umanitari l’ILO sottolinea che «per compensare queste perdite saranno necessarie le politiche complementari per proteggere i lavoratori e garantire che la transizione sia giusta.» In questi termini nessuno dovrebbe continuare ad imporsi contro la transizione verso l’economia sostenibile.

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Comunità Energetiche: l’esempio di Biccari Con la delibera dell’Amministrazione comunale, il Sindaco Gianfilippo Mignogna ha avviato la collaborazione tra il piccolo comune e la cooperativa energetica ”ènostra“ , divenendo così la prima comunità energetica rinnovabile PIO SAVELLI 20 Progetti Finanza&

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La transizione ecologica ed energetica passa anche attraverso i piccoli comuni. Innovazione, sostenibilità ambientale e comunità energetiche sono le parole chiave al centro di questa rivoluzione che ha per protagonisti anche i piccoli borghi sotto i 5mila abitanti. Parliamo di realtà capaci di mettersi in gioco e di stare al passo con i tempi, nonostante le difficoltà e il problema dello spopolamento. 38 i piccoli comuni italiani 100% rinnovabili che grazie al mix delle fonti rinnovabili riescono a produrre più energia elettrica e termica di quella consumata dalle famiglie residenti. 2.271 quelli 100% elettrici, dove la produzione elettrica da rinnovabili supera i fabbisogni delle famiglie residenti. E poi ci sono quei territori la cui produzione di energia da fonti rinnovabili varia tra il 50% e il 99%. In questo contesto, dalla Penisola arrivano anche gli esempi di chi ha già realizzato una comunità energetica rinnovabile con il duplice obiettivo di efficientare i consumi e autoprodurre energia come ha fatto il Comune pugliese di di Biccari, nel cuore dei Monti Dauni. Con la delibera da parte dell’Amministrazione comunale, il promotore dell’iniziativa Sindaco Gianfilippo Mignogna ha avviato la collaborazione tra il Comune di Biccari e la cooperativa energetica ènostra per la costituzione di una comunità energetica nel borgo foggiano, divenendo così la prima comunità energetica rinnovabile. La piccola Biccari dev’essere fonte di ispirazione e di grandissimo orgoglio per Foggia e per tutta la regione Puglia. Non solo il Sindaco Mignogna ha abbattuto i costi in bolletta per tutti i cittadini, ma ha anche avuto la lungimiranza e la tenacia di credere in un futuro più prospero e sicuramente migliore, rendendo così il magnifico borgo di Biccari punto di riferimento non solo della Provincia di Foggia ma di tutto il Bel Paese. Le comunità energetiche, introdotte giuridicamente in Italia nel 2020 con l’art 42 bis del Decreto Milleproroghe, rendono finalmente possibile nel nostro Paese lo scambio comunitario di energia rinnovabile, determinando un cambio di paradigma nella generazione energetica e distribuendo in queste realtà importanti vantaggi economici, sociali e ambientali diffusi. Parliamo di un nuovo modello di produrre e distribuire energia che fa a meno delle fonti fossili, in un’ottica di partecipazione

democratica tra cittadini, imprese, istituzioni. E infatti: «I nostri cittadini non sono più utenti consumatori, ma anche protagonisti e produttori» ha spiegato il Sindaco di Biccari. «Le comunità energetiche – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – rappresentano un’occasione unica per le comunità sparse del paese e i piccoli comuni, per andare verso una giusta transizione ecologica, superare l’attuale modello centralizzato di produzione energetica fatto da grandi impianti alimentati a combustibili fossili, inquinanti e climalteranti e per ridurre il peso geopolitico delle fonti fossili, fonte di tensioni internazionali e guerre anche nel cuore dell’Europa. A questo scenario, vogliamo contrapporre un nuovo modello energetico diffuso basato su grandi impianti e autoproduzione e condivisione dell’energia da fonti rinnovabili,

impegnandoci a costruire Comunità energetiche rinnovabili e solidali attraverso processi di partecipazione e innovazione sociale, capaci di innescare un profondo cambiamento dei territori nell’ottica di una maggior giustizia ambientale, climatica e sociale» a cui il vicepresidente del Kyoto Club, Francesco Ferrante, aggiunge: «È un anno cruciale per i piccoli comuni e per i fondi del PNRR. In questo quadro, le comunità energetiche possono essere una straordinaria opportunità e noi ci impegneremo per diffondere il più possibile le corrette informazioni e aiutare i piccoli comuni a realizzarle e con questa edizione di Voler bene all’Italia insieme a Legambiente racconteremo anche quei borghi che stanno davvero scommettendo e puntando davvero sulle rinnovabili, apportando benefici all’ambiente, al clima ma anche benefici economici.»

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L’Italia è medaglia di bronzo dei paesi Ue per consumi e importazioni di energia, preceduta solamente dall’argento francese e dall’oro tedesco. Visti i dati la situazione rende lontano il conseguimento di un’indipendenza energetica. Un tema che ora più che mai è al centro del dibattito pubblico nazionale, europeo e mondiale. Lo scorso autunno 2021 già si discuteva, in Italia e in Europa, di un probabile aumento del prezzo dell’energia. Dovuto sia agli squilibri causati dalla pandemia nel rapporto tra domanda e offerta, sia alla sempre minore autosufficienza energetica degli stati Ue. In tale contesto, il drammatico conflitto in corso in Ucraina, oltre alle gravissime conseguenze umanitarie in termini di vittime e di profughi, ha fortemente accelerato questo processo. «We must become independent from Russian oil, coal and gas. We simply cannot rely on a supplier who explicitly threatens us. We need to act now to mitigate the impact of rising energy prices, diversify our gas sup-

ply for next winter and accelerate the clean energy transition.» È così che si pronuncia Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. I paesi europei, compreso il nostro, hanno risposto all’invasione russa con una serie di sanzioni volte a colpire l’economia del Paese, in particolare i suoi scambi commerciali. Tuttavia, la Russia, per l’Italia e per gli altri membri Ue, è il principale fornitore di gas (45% delle importazioni Ue) oltre che di carbone (45%) e di petrolio (25%). La guerra in corso ha quindi reso ancora più urgenti misure che mirino a una maggiore indipendenza europea dai combustibili fossili. Un obiettivo da conseguire – secondo le parole di Ursula von der Leyen – attraverso una diversificazione dei fornitori e una spinta decisa verso la transizione ecologica e fonti di energia pulita. Ma non sembra energia pulita quella che l’Italia e quasi tutti gli altri Paesi dell’Unione stanno producendo. L’emergenza gas, infatti, ha fatto riaccendere le centrali a carbone. Il decreto Energia del 2 maggio prevede che «tenuto conto della situazione di eccezionalità che giustifica

la massimizzazione dell’impiego degli impianti», vengano derogate di almeno sei mesi le autorizzazioni integrate ambientali per permettere la massimizzazione di quattro centrali a carbone: quelle di Brindisi, Civitavecchia, Fusina e Monfalcone. Con questo provvedimento, che «qualora fosse necessario» potrà essere ulteriormente prorogato passati i sei mesi, il Governo stima di mettere da parte 3 miliardi di metri cubi di gas. Il piano di emergenza del Governo prevede che le centrali ancora in funzione aumentino la produzione di elettricità e il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha già dato mandato agli operatori di aumentare gli acquisti di carbone. Sembra una misura necessaria ma non sicuramente nelle corde della clean energy transition di cui ha parlato la von der Leyen. Osservando i livelli di consumo che interessano il nostro e gli altri Paesi europei possiamo vedere che il consumo finale di energia nel 2020 nell’Unione europea risulta essere di 885,7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (La tonnellata equivalente

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La guerra in corso ha quindi reso ancora più urgenti misure che mirino a una maggiore indipendenza europea dai combustibili fossili

di petrolio è un’unità di misura che corrisponde alla quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo. E viene utilizzata da Eurostat, come indicatore dei consumi dei paesi dell’Unione); questo ci permette di capire quanto sia realistico l’obiettivo di una maggiore indipendenza energetica. Ma attualmente quell’indipendenza non la stiamo praticando nel migliore dei modi; infatti, solo in Italia attualmente sono in funzione 7 centrali a carbone: la centrale di Monfalcone (Friuli-Venezia Giulia) gestita da A2A con una potenza installata di 336 MW, quella di Fusina (Veneto) gestita da Enel con una potenza di 976 MW, quella di La Spezia (Liguria) gestita da Enel con una potenza di 682 MW, quella di Torrevaldaliga (Lazio) gestita da Enel con una potenza di 1980 MW , quella di Brindisi (Puglia) gestita da Enel con 2640 MW di potenza (tra le più grandi d’Europa e la seconda più grande d’Italia), quella di Fiume Santo (Sardegna) gestita da EP Produzione gruppo Eph con una potenza installata di 600 MW (operativa, progetto di conversione a gas sospeso) e quella

di Portoscuso (Sardegna) gestita da Enel con 480 MW di potenza installata. Certamente si è fatto un passo avanti dato che nel 2016 erano 12 ma con il decreto Energia del 2 maggio si è tornati ad una situazione antica che, viste tutte le problematiche climatiche attuali, doveva essere molto lontana dalla realizzazione. La situazione dell’energia è «drammaticamente cambiata con l’aggressione della Russia all’Ucraina. L’autunno e il prossimo inverno saranno i momenti più delicati da affrontare». È necessario aumentare gli stoccaggi e aprire nuove rotte di approvvigionamento. E potenziare il risparmio energetico, in un momento in cui si parla di piano di emergenza. «L’Autorità ritiene importante che ci si dedichi da subito a piani dettagliati per affrontare situazioni di crisi». E auspica «campagne informative che contribuiscano a risparmiare energia in tutte le sue forme. Tutti possiamo contribuire», dice il presidente dell’Arera, l’Authority per l’energia, Stefano Besseghini, nella relazione annuale al Parlamento. Naturalmente, è cosa ovvia che i paesi con i livelli di consumo più alti

corrispondo a quelli più abitati e industrializzati; ma da qui a registrare un consumo nelle sole Germania, Francia e Italia pari al 48% dei consumi energetici di tutta l’Unione rende evidente che qualcosa sta procedendo male. Tanti sono i cali statistici a cui abbiamo assistito in questi anni: da quello dei combustibili fossili (nonostante l’aumento del consumo del gas che rende l’Italia il secondo Paese Ue per importazioni di gas naturale, preceduta solo dalla Germania), all’ancora più drastico calo dell’energia originata dal petrolio. Ma nonostante questo, ciò che non ha mai subito nessun calo è il livello di dipendenza energetica dell’Italia che resta infatti quasi invariato negli ultimi decenni con percentuali gravissime che vedono il 100% di dipendenza energetica dei combustibili solidi, il 96,20% di dipendenza energetica del petrolio, il 93,60% di dipendenza energetica del gas e, infine, l’1,40% di dipendenza energetica delle rinnovabili che però restano ancora in larga scala inutilizzate. I dati parlano chiaro: stiamo sbagliando tutto.

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Progetti Finanza&


S U C O

INTERVISTA A VIRGILIO CAIVANO, DELEGATO AI RAPPORTI PARLAMENTARI DELL’ASSOCIAZIONE SVIMAR

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COMUNITÀ ENERGETICHE

Si deve partire dai Piccoli Comuni qui la sostenibilità è di casa

Le CER possono dare un contributo fattivo per la crescita dei piccoli Comuni e dare una risposta seria alla produzione energetica come detta il PNRR

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a parola d’ordine per la ripartenza dell’economia e per dare una svolta green all’economia in Italia oramai sembra essere “Sostenibilità”. In questa direzione va il progetto futuristico di rifondare le nostre città fondandole su un principio di autosufficienza energetica proveniente da risorse rinnovabili ed ecosostenibili. Nascono così le comunità energetiche che diventano immediatamente attuabili in piccoli contesti come i borghi dell’appennino. Piccoli Comuni, che combattono con la difficoltà di sopravvivere, ma che oggi hanno la grande chance di rinascere grazie a questa idea di auto sostenibilità energetica. E di comunità energetiche rinnovabili, borghi di qualità e futuro dei piccoli Comun ne parliamo con Virgilio Caivano, Delegato ai rapporti Parlamentari

dell’Associazione SVIMAR, un uomo da sempre in prima linea nella difesa dei Piccoli comuni Italiani, tra i promotori delle leggi speciali che regolamentano la vita in questi piccoli centri sparsi in tutta Italia. Caivano, innanzitutto spighiamo cos’è la SVIMAR e quale mission si è data. SVIMAR è la prima associazione interregionale del Sud: Puglia, Campania, Basilicata e Calabria, con sede nel palazzo della Provincia di Potenza. La sua mission è la possibilità di offrire il primo vero pilastro sociale alle Regioni Meridionali per l’attuazione del PNRR come prevedono le misure comunitarie. Al centro dell’impegno di SVIMAR lo sviluppo delle Aree Interne dell’Appennino e quello dei piccoli Comuni italiani. Le CER (Comunità Energetiche Rin-

novabili) possono dare un contributo fattivo per la crescita dei piccoli Comuni e dare una risposta seria alla produzione energetica come detta il PNRR? La sfida energetica fa tremare le vene ai polsi e come stiamo vedendo in questi giorni è una sfida planetaria. Le CER non sono una nostra invenzione, in Danimarca e Olanda da oltre due decenni funzionano alla grande. Le comunità energetiche sono uno stile di vita, una filosofia economica che si basa sulla condivisione di una ricchezza che diventa patrimonio comune. In questi mesi ho avuto modo di seguire da vicino tutto l’iter di CER avviate da piccoli Comuni meridionali come Biccari, Roseto Val Fortore, Tito, Oliveto Citra, Sant’Arcangelo, solo per citare alcuni Comuni. In queste realtà le popolazioni stanno

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imparando a mettere in comune le proprie risorse, il proprio tempo, i propri saperi per realizzare una comunità solidale anche dal punto di vista energetico. Lei sta promuovendo nel Sud il progetto 101 Borghi sull’accoglienza e cucina di qualità in sinergia con le CER. Si, è un esperimento interessante. La cultura locale, i luoghi degli antichi saperi, i sapori della cucina delle nonne, le produzioni artigianali e le fonti energetiche rinnovabili in un mix di straordinaria potenza. Accoglienza di qualità, suggestioni antiche che si riproducono, economia circolare che diventa capacità di valorizzare i talenti di ognuno. Una sfida enorme che abbiamo davanti e che dobbiamo vincere insieme. Lei sta molto spingendo sul tema

del “turismo delle radici” come opportunità. In che modo tiene insieme tutto questo con le fonti energetiche rinnovabili. I borghi di Eolo, il dio del vento, la storia, la mitologia classica, la nostra cultura e le nostre bellezze monumentali dentro un grande contenitore di storie, vite passate e destino da costruire insieme. Insieme è la parolina magica , il volano che trova nelle CER, nelle fonti rinnovabile quell’energia in grado di far partire questa grande idea di un destino da cogliere insieme. Il Sud vince se fa del destino comune il suo valore aggiunto. SVIMAR è in campo per questo.


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Gargano Esco un valido partner

al fianco delle comunità energetiche L’azienda ha un ramo specifico nato per aiutare a progettare e gestire le Energy Community

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Un nuovo partner scende in campo a fianco delle comunità energetiche. Dai piccoli comuni fino alle grandi città Gargano Esco è tra le prime aziende a supportare le municipalità in questa grande opportunità legata alla green energy. L’azienda pugliese, con sedi sparse su tutto il territorio nazionale, è già vicina a tante comunità che hanno intenzione di intraprendere questo importante cammino ricco di opportunità. Un percorso voluto fortemente dai vertici di Gargano Esco che ha il compito di pianificare e avviare progettualità a sostegno delle Energy Community, ossia in supporto a quell’insieme di persone che condividono energia rinnovabile e pulita, in uno scambio tra pari. Le comunità energetiche rappresentano quindi un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili e Gargano Esco è in prima fila con un’equipe di

professionisti capaci di poter aiutare concretamente sia gli enti che i privati inseriti della Comunità energetica. Oggi la sfida principale che deve affrontare un territorio è quella di poter garantire la salvaguardia del creato attraverso buone pratiche. L’energia mai Come in questo momento è diventato un fattore che può senza dubbio bloccare l’economia di una nazione o ancor peggio tenerla chiusa nella morsa dei ricatti internazionali. Gargano Esco in questo momento contribuisce fattivamente all’individuazione di misure a favore delle comunità energetiche affinché con piccoli contributi tutti possano concorrere all’obiettivo comune della autonomia energetica. Non di minor importanza il lato ambientale dell’azione di Gargano Esco, da sempre generatore di azioni che vanno verso la transazione ecologica e il rispetto dell’ambiente. Energia rinnovabile significa senza

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REDAZIONALE A CURA DELL’INSERZIONISTA

dubbio anche minor ripercussioni sulla salute del nostro pianeta. Il riscaldamento globale e l’utilizzo di carbone, gas e petrolio per la produzione dell’energia non ha nessun senso in un momento in cui la tecnologia ci mette a disposizione un ventaglio di opportunità alternative per la produzione di energia e questo Gargano Esco non solo lo ha fatto diventare una vera e propria mission ma è diventato anche un braccio operativo attraverso un apposito settore che si occupa solo ed esclusivamente di progettualità a sostegno delle comunità energetiche, promuovendo questa innovativa concezione di consumo e sviluppo per tutta la comunità, che combatte gli sprechi e favorisce la creazione di plusvalore sociale. Tutti concorriamo a poter inserire nel circuito energia e in aiuto c’è senza dubbio la professionalità di Gargano Esco che attraverso le comunità energetiche permetterà a quell’energia cedu-

ta in rete di esser messa a disposizione della comunità circostante, rendendo un tetto, una pensilina o altro una risorsa per tutta la cittadinanza. Questo vale per i privati ma soprattutto per i comuni e gli enti pubblici in generale: spesso con ampia disponibilità di tetti ma senza un consumo elevato e continuativo. Un modello virtuoso al passo con i tempi che ha bisogno di una guida sia sul piano tecnico che burocratico. In questo interviene Gargano Esco con tutta la sua equipe, fatta di ingegnieri e esperti del settore che potranno risolvere ogni tipo di questione sia nella fase progettuale che in quella operativa. Un valido partner a cui non si può rinunciare soprattutto in una fase in cui le normative e anche le misure agevolative cambiano in continuazione con il rischio di perdere opportunità capaci di cambiare radicalmente la vita di un piccolo o comune o di una realtà più grande.

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S U C O F

Le cifre si aggirano attorno ai 105,9 miliardi di euro, ma per l’Associazione artigiani e piccole imprese potrebbero anche essere superiori rispetto a auelle stimate

IL CARO ENERGIA STRITOLA LE IMPRESE VITTIME DI AUMENTI SPAVENTOSI PIO SAVELLI

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Note alquanto dolenti per l’imprenditoria italiana. Secondo i dati dell’analisi effettuata dall’Ufficio Studi Cgia, infatti, a causa del caro energia provocato da una congiuntura di avvenimenti quali la guerra russo-ucraina, il Covid e la crisi idrica, nel 2022 le imprese subiranno forti rincari sui prezzi di luce e gas. Le cifre si aggirano attorno ai 105,9 miliardi di euro, ma per l’Associazione artigiani e piccole imprese potrebbero anche essere superiori di quelle stimate. Con ogni probabilità, infatti, le misure introdotte dal governo Draghi non saranno sufficienti. L’Ufficio studi Cgia ha calcolato la suddetta somma tenendo in conto per il 2022 gli stessi consumi registrati nel 2019 ma applicando per l’intero 2022 le tariffe medie di luce e gas applicate agli italiani in questi ultimi sei mesi. Vediamo qualche dato specifico. Se nel 2019 il costo medio dell’energia elettrica era di 52 euro per Mwh, durante i primi sei mesi del 2022 la somma ha raggiunto i 250 euro (+378%). Con un consumo medio di 217.334 GWh, il prezzo da pagare per luce e gas dalle imprese è stato di 35,9 miliardi di euro. Nel 2022, secondo questi parame-

tri, la soglia di prezzo da pagare sarà di 108,5 miliardi di euro. Si tratta di una differenza di 72,6 miliardi di euro. Per quanto riguarda invece il costo del gas, se tre anni fa il costo ammontava mediamente a 16 euro per MWh, nei primi sei mesi del 2022 il prezzo ha toccato la soglia dei 100 euro (+538%) per MWh. Tenendo conto di un consumo medio annuo di 282.814 GWh, nel 2019 le imprese hanno speso per il gas la cifra di 9,5 miliardi di euro. Mentre quest’anno la cifra è di 42,8 miliardi. Con una differenza di 33,3 miliardi di euro. E a livello territoriale, com’è ovvio, i rincari maggiori si riscontrano laddove la concentrazione delle attività imprenditoriali è più elevata. Per esempio, è di 11,8 miliardi di euro il costo aggiuntivo che le imprese venete subiranno quest’anno a causa dei rincari di energia elettrica e gas. Una stangata che rischia di provocare un’autentica Caporetto per il sistema produttivo della zona. Gli 11,8 miliardi di extra costo, tuttavia, potrebbero essere perfino sottostimati; se dall’autunno prossimo la Russia dovesse ulteriormente “chiudere i rubinetti” del gas ver-

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so l’Europa, è plausibile che il prezzo di questa materia prima subisca un’impennata che spingerà il costo medio dell’ultima parte dell’anno ad un livello molto superiore a quello registrato nei primi sei mesi del 2022. Il Governo Draghi – ormai caduto – ha parzialmente smorzato l’impennata dei costi energetici. Come scrive Il Gazzettino, le risorse finanziarie messe a disposizione per mitigare i rincari nel biennio 2021-22, infatti, “ammontano, a livello nazionale, a 22,2 miliardi di euro (di cui 16,6 nel 2022). Di questi, 3,2 hanno ristorato le famiglie, 7,5 le imprese e 11,5 sosterranno sia le prime sia le seconde”. Quanto al confronto del 2022 rispetto a tre anni fa, ovvero al periodo pre-Covid, “se nel 2019 il costo medio dell’energia elettrica per le aziende ammontava a 52 euro per MWh, nei primi sei mesi del 2022, invece, si è attestato a 250 euro (+378 per cento). Pertanto, a fronte di un consumo delle imprese venete di 23.715 GWh, il costo totale in capo a queste realtà nel 2019 ha toccato i 3,9 miliardi di euro; quest’anno, invece, la bolletta toccherà gli 11,8 miliardi di euro (differenza + 7,9 miliardi). Per il gas, vice-

versa, se tre anni fa il costo medio era di quasi 16 euro per MWh, nel primi sei mesi del 2022 il prezzo ha sfiorato i 100 euro (+538 per cento)”. Di fatto quindi, “a fronte di un consumo medio annuo delle aziende venete di 33.140 GWh, nel 2019 le stesse hanno sostenuto un costo medio complessivo pari a 1,1 miliardi di euro, contro i 5 miliardi del 2022 (differenza +3,9 miliardi di euro). Ebbene, sommando i 7,9 miliardi di extra costi per la luce e i 3,9 per il gas otteniamo gli 11,8 miliardi di costi aggiuntivi che le imprese venete dovranno farsi carico quest’anno rispetto al 2019 (anno pre-Covid)”. È poi facile da intuire che le più penalizzate siano le imprese lombarde. “Se, rispetto al 2019, in Lombardia il costo aggiuntivo per far fronte ai rincari di luce e gas toccherà quest’anno i 24,4 miliardi di euro, in Emilia Romagna sarà di 12,4, in Veneto, come abbiamo appena segnalato, di 11,8 e in Piemonte di 9,8 miliardi. Oltre il 63 per cento dell’extra costo totale nazionale di luce e gas è in capo alle aziende del Nord”. La crisi energetica e la conseguente esplosione dei costi

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pesa anche sui bilanci delle imprese del Lazio, comprese quelle di Frosinone e Latina, per oltre 6 miliardi di euro; 6 miliardi e 227 milioni secondo i calcoli effettuati dalla Cgia di Mestre su dati Terna, Arera, Eurostat e Gme. Un risultato che colloca il Lazio al sesto posto a livello nazionale dietro, nell’ordine, a Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Toscana. E gli incrementi dei prezzi per le imprese, nell’ultimo anno, fanno realmente paura. Il prezzo dell’energia elettrica, per esempio, è cresciuto del 220 per cento: “infatti, se a giugno 2021 la media mensile del Prezzo Unico nazionale era pari a 84,8 euro per MWh, lo scorso giugno è salito a 271,3 euro. Segnaliamo che a marzo aveva toccato il picco massimo di 308,1 euro (vedi Graf. 1). Il prezzo del gas, invece, sempre nell’ultimo anno è cresciuto addirittura del 274 per cento; se nel giugno dell’anno scorso di attestava sui 28,1 euro al MWh, 12 mesi dopo si è attestato a 105,2 euro, anche se a marzo di quest’anno aveva toccato la punta massima di 128,3 euro”. Con l’aumento spaventoso dei prezzi è evidente che incombe spietato e inesorabile lo spettro delle chiusure, e visti gli aumenti dell’energia elettrica e del gas che nell’ultimo anno sono stati rispettivamente del 220 e del 274 per cento, i settori più a rischio sono proprio quelli “energivori”. Quanto al consumo del gas, da mesi sono in gravi ambasce “le imprese venete del vetro, della ceramica, del cemento, della plastica, della produzione di laterizi, la meccanica pesante, l’alimentazione, la chimica etc”. Mentre per quanto riguarda l’energia elettrica, rischiano invece il blackout “le acciaierie/fonderie, l’alimentare, il commercio (negozi, botteghe, centri commerciali, etc.), alberghi, bar-ristoranti, altri servizi (cinema, teatri, disco-

teche, lavanderie, etc.)”. Malgrado il governo sia di fatto caduto, e le prossime elezioni siano già fissate per il 25 settembre prossimo, l’unica soluzione per arginare il disastro di cui sopra e raffreddare una delle voci che alimenta l’impennata dell’inflazione apparentemente destinata a non cessare, rimane nelle mani dello stesso Mario Draghi. Il quale, ancorché tenuto a sbrigare “gli affari correnti”, dovrà proseguire a insistere con Bruxelles per l’introduzione di un tetto al prezzo del gas a livello europeo. Del resto diverse centinaia di migliaia di imprese e tantissimi lavoratori autonomi sono a rischio e, come ricorda sempre Il Gazzettino, “il 70 per cento circa degli artigiani e dei commercianti lavora da solo”, ovvero non dispone di dipendenti né di collaboratori familiari. Per giunta “moltissimi artigiani, piccoli commercianti e partite Iva stanno pagando due volte lo straordinario aumento registrato in questo ultimo anno dalle bollette di luce e gas. La prima come utenti domestici e la seconda come piccoli imprenditori per riscaldare/raffrescare e illuminare le proprie botteghe e negozi”. Nonostante le misure di mitigazione introdotte dal Governo Draghi, i costi energetici sono aumentati esponenzialmente, raggiungendo livelli addirittura mai visti nel passato recente. Il tutto, come se non bastasse, è adesso reso più complicato dalla caduta del Governo e dal depotenziamento dell’esecutivo ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti, come abbiamo visto. L’auspicio è quello di “strappare” il necessario tetto sul prezzo del gas, ma come abbiamo detto l’Italia è costretta ad attendere Bruxelles. A differenza della Spagna e della Francia che, rispettivamente lo scorso autunno e all’inizio del 2022, lo hanno già temporaneamente introdotto.

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Le nuove frontiere dell’acquacoltura più sostenibile, resiliente e competitiva Si tratta di un settore in rapida crescita e diversificato, che produce specie sia marine che di acqua dolce

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I ministri hanno accolto con favore gli orientamenti strategici per un’acquacoltura dell’UE più sostenibile, resiliente e competitiva per il periodo 2021-2030, proposti dalla Commissione europea. Hanno inoltre sottolineato l’importanza di attribuire al settore l’elevata priorità che merita. Il Consiglio ha espresso sostegno allo sviluppo di nuovi metodi di acquacoltura marina e d’acqua dolce a basso impatto ambientale e ha posto l’accento sulla necessità di assicurare la fornitura di alimenti nutrienti, sani e sicuri e di ridurre l’elevata dipendenza dell’UE dalle importazioni di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, contribuendo in tal modo alla sicurezza alimentare. In tale contesto, i ministri hanno evidenziato la necessità di un’intensa cooperazione tra tutti i portatori di interessi al fine di attuare gli orientamenti per l’acquacoltura, così come la necessità di tenere sempre conto delle specificità di ciascun tipo di sistema di acquacoltura, sia marino che d’acqua dolce. I ministri hanno inoltre rilevato che è necessario smaltire le acque usate a norma del diritto applicabile e che non è possibile evitare in toto l’emissione di determinate quantità di nutrienti nell’acqua. Hanno invitato la Commissione a migliorare la coerenza tra l’obiettivo di un settore dell’acquacoltura sostenibile in crescita nell’UE e la legislazione ambientale dell’Unione. I ministri hanno altresì rilevato con preoccupazione l’aumento delle popolazioni di predatori, in particolare specie protette come i cormorani e le lontre, che hanno creato problemi considerevoli agli operatori dell’acquacoltura, provocando danni significativi a molte imprese. Hanno quindi esortato la Commissione a individuare misure di

gestione efficaci ed efficienti a livello UE per prevenire e ridurre i danni causati da tali predatori. Hanno anche sottolineato l’importanza della gestione delle malattie, in cui il benessere degli animali e la ricerca svolgono un ruolo fondamentale. Infine, i ministri hanno affermato che tra le ulteriori misure atte a migliorare le prestazioni ambientali dell’acquacoltura dell’UE figura l’aumento dell’acquacoltura biologica, come previsto nella strategia “Dal produttore al consumatore” e nel piano d’azione per lo sviluppo della produzione biologica. Hanno pertanto invitato la Commissione a valutare l’idea di proporre una modifica del regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, che attualmente consente soltanto la certificazione biologica della molluschicoltura e della piscicoltura a condizioni molto rigorose. Alcuni sistemi di acquacoltura marina, di acqua dolce e di altro tipo realizzano prestazioni ambientali più elevate, ma al momento non esiste un sistema a livello UE che consenta di etichettare o certificare i prodotti sostenibili e non sono previste condizioni per favorire questi tipi di acquacoltura. I ministri hanno pertanto invitato la Commissione a proporre l’istituzione di un sistema trasparente dell’UE per il riconoscimento e la ricompensa dei produttori che assicurano una gestione dell’acquacoltura rispettosa dell’ambiente o che consenta di fornire servizi ecosistemici aggiuntivi, al fine di motivare i produttori e garantire un regime di sostegno a lungo termine per queste attività. Hanno inoltre raccomandato di sensibilizzare maggiormente i consumatori in merito a tutti i benefici dell’acquacoltura.

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L’Unione Europea scende in campo per la sicurezza dei prodotti L’e-commerce rischia di portare nelle nostre case merce non sicura. L’Ue corre ai ripari

Gli Stati membri hanno approvato un mandato per i negoziati con il Parlamento europeo sulla proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti. Un numero crescente di consumatori acquista beni e prodotti online, un fenomeno che si è rafforzato con la pandemia di COVID-19. Per tenere il passo con le sfide legate a questa tendenza, la proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti modernizza le norme per i mercati online e le aggiorna per le imprese online. Una risorsa ma anche una minaccia se si tiene conto che una mole di prodotti variegati e senza controllo sbarcano nelle nostre case e anche sulle nostre tavole. Un monitoraggio di frontiera è praticamente impossibile se si tiene conto delle innumerevoli tratte e punti di accesso ai confini dell’unione. Ovviamente stiamo parlando del mercato lecito poiché dal dark web possono arrivare altre preoccupanti questioni. Le norme rivedute sulla sicurezza generale dei prodotti mirano, quindi, a garantire che i prodotti dell’era digitale soddisfino le norme di sicurezza europee. I prodotti venduti nell’Unione europea, online o offline, dunque, devono essere sicuri. Alla luce degli sviluppi tecnologici e della crescente digitalizzazione della nostra economia, è importante rivedere le attuali norme in materia di sicurezza dei prodotti. La nuova proposta trasforma la direttiva generale sulla sicurezza dei prodotti del 2001 in un regolamento, in quanto la direttiva non era più adatta ad affrontare le attuali sfide digitali e tecnologiche. La trasformazione della direttiva in regolamento garantirà un solido quadro giuridico per far sì che i prodotti siano sicuri e rispettino le norme europee. La posizione del Consiglio collega le sfide in materia di sicurezza dei prodotti alle nuove tecnologie e ai mercati

online. Questi ultimi dovranno assicurarsi di conoscere gli operatori commerciali e i tipi di prodotti che offrono. Ai sensi del regolamento essi saranno inoltre tenuti a istituire un punto di contatto unico incaricato di garantire la sicurezza dei prodotti. Il regolamento proposto garantirà anche continuità con la DSGP: richiedendo che i prodotti di consumo siano “sicuri”; definendo determinati obblighi per gli operatori economici; e introducendo disposizioni per lo sviluppo di norme a sostegno dell’obbligo generale di sicurezza. La proposta inoltre allinea le norme di vigilanza del mercato per i prodotti che non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa di armonizzazione dell’UE (“prodotti non armonizzati”) con quelle che si applicano ai prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione della normativa di armonizzazione dell’UE (“prodotti armonizzati”) come sancito nel regolamento (UE) 2019/1020. Il regolamento proposto mira pertanto sia ad aggiornare le norme attualmente sancite dalla direttiva 2001/95/CE volte a garantire una rete di sicurezza per tutti i prodotti, che, allo stesso tempo, a garantire che il regime fornisca una maggiore coerenza tra i prodotti armonizzati e non armonizzati. Il nuovo regolamento crea inoltre un regime di sorveglianza del mercato unico che si applica a tutti i prodotti e garantisce che gli operatori economici designino un responsabile per tutti i prodotti venduti online e offline. Migliora inoltre le norme sul ritiro dei prodotti, sui prodotti che imitano gli alimenti e sui mezzi di ricorso per i consumatori. Il mandato è stato approvato dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) del Consiglio, il che consentirà alla presidenza del Consiglio di avviare prossimamente i negoziati con il Parlamento europeo.

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Facebook frena, primo calo ricavi È la fine dei social network? Meta per la prima volta fa registrare un decremento dei ricavi. Colpa di TikTok che ora traina il mercato

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Si arresta l’ascesa dei prodotti di Mark Zuckerberg. In questi ultimi mesi Meta chiude il secondo trimestre con il primo calo dei ricavi della sua storia. A pesare il contesto macroeconomico ma anche la crescente concorrenza di TikTok che sta penalizzando soprattutto Instagram. I ricavi sono scesi dell’1% a 28,8 miliardi di dollari, sotto le attese degli analisti. In calo anche l’utile netto, sceso a 6,7 miliardi. Gli utenti giornalieri attivi però salgono e raggiungono quota 1,97 miliari. Per il terzo trimestre la società stima ricavi per 26-28,5 miliardi, meno delle previsioni del mercato. Nel comunicare i risultati, Meta annuncia che Susan Li sarà il chief financial officer di Meta, mentre David Wehner sarà il chief strategy officer. Meta Platforms, Inc., nota più semplicemente come Meta, è un’impresa statunitense che controlla i servizi di rete sociale Facebook e Instagram, i servizi di messaggistica istantanea WhatsApp e Messenger e sviluppa i visori di realtà virtuale Oculus Rift, fondata nel 2004 da Mark Zuckerberg, Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes con il nome di Facebook, Inc.. La società ha assunto il nome attuale a partire dal 28 ottobre 2021. Meta possiede inoltre il servizio Mapillary, acquistato nel giugno 2020 dall’omonima azienda svede-

se, e detiene una quota del 9,99% della società telefonica indiana Jio Platforms. Alle prese con la rivoluzione del metaverso lanciata da Mark Zuckerberg, Meta risente del calo delle spese pubblicitarie ma anche di una concorrenza sempre più aggressiva che la sta spingendo a rivedere le modalità di fruizione dei contenuti. Il social intende infatti usare l’intelligenza artificiale per raccomandare i contenuti agli utenti di Facebook e Instagram invece di mostrare, come accade ora, solo i contenuti degli account che un utente segue. Per Instagram in vista ci sono più video e questo ha già sollevato molte polemiche, con un appello condiviso anche da Kylie Jenner e Kim Kardashian per ’Make Instagram Instagram Again’. Il calo dei ricavi di Meta è stato determinato in particolare dalla diminuzione degli incassi derivanti dalla pubblicità, ottenuti tramite le piattaforme online che gestisce, e a causa della crisi economica che sta interessando varie parti del mondo. Anche altre grandi società di tecnologia, tra cui Google e Twitter, hanno segnalato cali nella domanda di pubblicità attraverso i propri servizi. . GIORGIO TERA

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BONO à t i l a u q i d i t t e g o r p a m fir

Ffs celebra i 20 anni Infuturo la sfida è al greenwashing Venti anni di attività e 130 soci dai 15 iniziali: sono i numeri del Forum per la Finanza Sostenibile Venti anni di attività e 130 soci dai 15 iniziali. Sono i numeri impegnerà anche nel monitoraggio sia dell’evoluzione nordel Forum per la Finanza Sostenibile che ha celebrato i suoi mativa, sia dei fenomeni e delle tendenze di mercato, con20 anni di attività nell’evento conclusivo della Settimana centrandosi in particolare su investitori istituzionali e retail, SRI 2021 dedicato allo stato dell’arte e alle sfide future della Pmi e terzo settore. Fondamentale sarà per l’associazione finanza sostenibile in Italia. Il Forum dalla sua fondazione il lavoro per la trasparenza e contro il greenwashing e il lavora per promuovere gli investimenti sostenibili attraver- socialwashing, così come proseguire nella promozione del so attività di ricerca, divulgazione e formazione e aggrega dialogo tra investitori e imprese, attraverso iniziative di ensoci che a diverso titolo promuovono la finanza sostenibile, gagement collaborativo. A queste sfide si accompagnano GARANZIA ASSISTENZA stimolando il dialogo tra i diversi attori. «I risultati di questi quelle dell’educazione finanziaria e realizzato della comunicazione, Garanzia sull’intervento Servizio completo ad amministratori, proanni hanno mostrato le enormi potenzialità della finanza con l’obiettivo di diffondere la conoscenza dei temi chiaASSISTENZA POST INTERVENTO gettisti e singoli condomini sostenibile e l’importanza del lavoro del Forum su temi di- ve della finanza sostenibile, aumentare la consapevolezza Monitoraggio risultatidelconseguiti e cone portare dei il contributo Forum al dibattito ventati ormai centrali nelle agende politiche e nelle strate- dei cittadini SEMPLIFICAZIONE trollo delle performance dei prodotti utilizdegli operatori finanziari – ha commentato il presidente pubblico. Unico gie interlocutore responsabile (progetdel Forum Gian Franco Giannini Guazzugli − È una grande «La crescita zati della base associativa e delle attività del Forum tazione, realizzazione, acquisizione credito, soddisfazione celebrare oggi questo anniversario, guar- per la Finanza Sostenibile è andata di pari passo in questi ECONOMIE DI normativa SCALA a livello europeo e con gestione finanziaria) gli sviluppi della dando avanti alle prossime sfide che ci attendono in que- anni con la progressiva integrazione dei fattori ambientali, sociali sta fase di ripresa verso obiettivi di sviluppo sostenibile». Riduzione dei costi necessari nelle varie CERTIFICAZIONE governance da parte degli operatori finanziari La prima sfida per il Forum è dare il proprio contributo – e di buona fasi in ragione di una gestione organica Certificazione progettazione dell’interin termini sulla di divulgazione, formazione e ricerca – al rag- e delle aziende – ha dichiarato il segretario generale del unitaria dell’intero intervento e dell’esecuvento giungimento e sulla procedura di maturazione del degli obiettivi climatici e alla realizzazione di Forum Francesco Bicciato – Spesso il Forum ha avuto con zione contemporanea un considerevole il ruolo di indicare ladi strada e anticipare tentransizione ecologica giusta e inclusiva. Di pari passo, soddisfazione creditouna fiscale di interventi l’associazione punta ad accompagnare lo sviluppo della denzenumero ed evoluzioni del mercatoanaloghi Sri. Con entusiasmo racfinanza sostenibile, promuovendo il riorientamento degli cogliamo le sfide del futuro: la trasparenza, la ricerca, la investimenti verso obiettivi di sostenibilità e una sempre divulgazione, il contributo per una transizione giusta e la più profonda integrazione dei fattori ambientali, sociali e promozione del dialogo costruttivo con le istituzioni e gli Sedi&contatti Sede legale nelle politiche aziendali. Il Forum si attori economici E-mail: pubblici e privati». di buona governance

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ITALIA Entrate tributarie e contributive in aumento nel 2022 Sempre più italiani pagano le tasse. A sancirlo è il rapporto del Ministero dell’Economia e Finanze sull’andamento delle entrate tributarie e contributive nel periodo gennaio-aprile 2022, redatto congiuntamente dal Dipartimento delle Finanze e dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Le entrate tributarie e contributive, difatti, nel periodo gennaio-aprile 2022 evidenziano nel complesso una crescita di 21.073 milioni di euro (+9,9%) rispetto all’analogo periodo del 2021. Il dato tiene conto della variazione positiva delle entrate tributarie dell’11,6% (+15.707 milioni di euro) e della crescita, in termini di cassa, delle entrate contributive del 6,9% (+5.366 milioni di euro). L’importo delle entrate tributarie comprende anche i principali tributi degli enti territoriali e le poste correttive, quindi integra il dato già diffuso con la nota del 6 giugno scorso. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si registra una crescita del gettito delle imposte contabilizzate al bilancio dello Stato (+14.279 milioni di euro, +10,7%); le variazioni risultano positive anche per gli incassi da attività di accertamento e controllo (+1.794 milioni di euro, +76,7%) e per il gettito relativo alle entrate degli enti territoriali (+168 milioni di euro, +1,9%). Anche le entra-

te contributive evidenziano un aumento da ricondursi principalmente alla crescita delle entrate contributive del settore privato per effetto dell’andamento positivo del quadro economico congiunturale e del mercato del lavoro registrato nei primi mesi del 2022. A contribuire anche nuovi strumenti di monitoraggio e controllo da parte delle autorità. Sull’evasione fiscale sono entrati in funzione controlli e compliance nel 2022 con un’azione diretta sulle grandi imprese, L’agenzia delle Entrate innanzitutto specificano che occorre mantenere la funzione del controllo nella consolidata ottica di compliance che caratterizza il rapporto tra il Fisco e le grandi imprese. Le attività istruttorie esterne si svolgeranno con modalità volte a limitare, quanto possibile, gli spostamenti fisici da parte dei contribuenti e dei loro rappresentanti, nonché del personale dipendente, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti e delle indicazioni di prassi impartite. L’iniziativa delle Direzioni regionali sarà altresì indirizzata allo svolgimento delle attività istruttorie interne, mediante una ricognizione degli elementi informativi più rilevanti e recenti, accordando priorità alle forme di comunicazione con il contribuente che non comportino riunioni in presenza.


SuperBonus 110%

A cura di Dario Gucci Avvocato

Il superbonus 110% su unità abitativa funzionalmente indipendente ubicata in edificio non ammesso al beneficio

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La mole di atti amministrativi sul Superbonus 110% prodotti dall’Agenzia dell’Entrate agevola di molto il lavoro dell’interprete e grazie ad essi la disciplina raggiunge un discreto livello di consolidamento. È in quest’ottica che balza all’attenzione la risposta ad interpello n. 380 del luglio 2002 che merita un’autonoma trattazione. Il quesito del contribuente era in questo caso piuttosto semplice: l’interpellante deteneva in locazione insieme al coniuge un’unità immobiliare di categoria catastale A/2 di proprietà di società a responsabilità limitata di cui la stessa interpellante è socia. L’abitazione è ubicata al piano superiore di un edificio nel quale, al livello strada, si trovano dei locali di proprietà della medesima società adibiti ad attività commerciale. L’istante evidenziava al riguardo di non svolgere alcuna attività lavorativa e che la predetta unità immobiliare era funzionalmente indipendente “avendo un libero accesso dalla strada pubblica e essendo anche dotata di autonome utenze relative alla corrente e al gas”. Si chiedeva così la contribuente se il solo immobile abitativo poteva essere ammesso al superbonus poiché aveva intenzione di eseguire degli interventi di efficientamento energetico di cui all’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. “cappotto termico”, l’installazione di pannelli solari fotovoltaici con relative batterie di accumulo, la sostituzione dell’attuale impianto di climatizzazione invernale con uno a pompa di calore nonché la sostituzione di tutti gli infissi). Rispondeva l’Agenzia delle entrate con una serie ormai abitudinaria di premesse introduttive che è sempre bene riportare quale valida sintesi della disciplina del superbonus: L’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (di seguito decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, disciplina la detrazione, nella misura del 110 per cento, delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica (ivi inclusa l’installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici) nonché al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico

degli edifici (c.d. Superbonus). Le predette disposizioni si affiancano a quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni spettanti per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. “ ecobonus”) nonché per quelli di recupero del patrimonio edilizio, inclusi quelli antisismici (c.d. “sismabonus”), attualmente disciplinate, rispettivamente, dagli articoli 14 e 16 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63. Le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto del Superbonus sono indicati nei commi da 1 a 8 del citato articolo 119 del decreto Rilancio mentre l’ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale è delineato nei successivi commi 9 e 10. Con riferimento all’applicazione di tale agevolazione, sono stati forniti chiarimenti con la circolare dell’8 agosto 2020, n. 24/E, con la risoluzione del 28 settembre 2020, n. 60/E, con la circolare del 22 dicembre 2020, n. 30/E, ove si può rinvenire una completa disamina degli aspetti di carattere generale della normativa in esame. In particolare, per quanto di interesse nel caso di specie, con riguardo all’ambito di applicazione soggettivo del Superbonus, ai sensi del comma 9, lettera b), del citato articolo 119 del decreto Rilancio, sono agevolabili gli interventi effettuati “dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su unità immobiliari, salvo quanto previsto al comma 10” per effetto del quale tali soggetti possono beneficiare delle detrazioni riferite agli interventi di efficientamento energetico su un numero massimo di due unità immobiliari, fermo restando il riconoscimento delle detrazioni per gli interventi effettuati sulle parti comuni dell’edificio. Nella citata circolare n. 24/E del 2020 è stato precisato che la detrazione spetta anche alle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, che sostengono le spese per interventi effettuati su unità immobiliari detenute in base ad un titolo idoneo (contratto di locazione, anche finanziaria, o di comodato, regolarmente registrato), al momento di avvio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese, se antecedente il predetto avvio e che siano in

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possesso del consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario. Per quanto riguarda, invece, l’ambito oggettivo di applicazione del Superbonus, ai fini che qui interessano, si rileva che la detrazione spetta anche per gli interventi “ trainanti” di risparmio energetico indicati al comma 1 del citato articolo 119 del decreto Rilancio nonché per quelli “trainati” indicati nei commi 2, 5, 6 e 8 del medesimo articolo realizzati su una «unità immobiliare situata all’interno di edifici plurifamiliari che sia funzionalmente indipendente e disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno». Ai sensi del successivo comma 1-bis del medesimo articolo 119 del decreto Rilancio, ai fini del Superbonus, per “accesso autonomo dall’esterno” si intende un accesso indipendente, non comune ad altre unità immobiliari, chiuso da cancello o portone d’ingresso che consenta l’accesso dalla strada o da cortile o da giardino anche di proprietà non esclusiva. Un’unità immobiliare può ritenersi “funzionalmente indipendente” qualora sia dotata di almeno tre delle seguenti installazioni o manufatti di proprietà esclusiva: impianti per l’approvvigionamento idrico; impianti per il gas; impianti per l’energia elettrica; impianto di climatizzazione invernale. Nella citata circolare n. 24/E del 2020 è stato, al riguardo, chiarito che le unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall’esterno, site all’interno di edifici plurifamiliari», alle quali la norma fa riferimento, vanno individuate verificando la contestuale sussistenza dei requisiti di indipendenza funzionale e di accesso autonomo dall’esterno, a nulla rilevando, a tal fine, che l’edificio di cui tali unità immobiliari fanno parte sia costituito o meno in condominio. Si noti dalla sintetica e ormai consueta disamina della disciplina effettuata dall’Agenzia delle Entrate come gli istituti hanno finalmente raggiunto un sufficiente livello di chiarezza tale da agevolare l’interprete e colui che, come utente/beneficiario, si accosta alla disciplina. Su queste basi L’Agenzia entra dunque nel cuore della questione con delle soluzioni interessanti ed alla fine anche innovative. Si chiarisce infatti che l’unità abitativa all’interno di un edificio plurifamiliare dotata di accesso autonomo fruisce del Superbonus autonomamente, indipendentemente dalla circostanza che la stessa faccia parte di un condominio oppure di un edificio composto da più unità immobiliari (fino a quattro) di un unico proprietario o in comproprietà tra più soggetti e disponga di parti comuni con altre unità abitative. Si precisa da parte dell’agenzia, è questo è l’elemento nuovo ed innovativo, che gli interventi effettuati su una unità abitativa funzionalmente indipendente e con uno o più accessi autonomi dall’esterno possono essere ammessi al Superbonus, nel rispetto di ogni altra condizione prevista dalla norma, indipendentemente dalla circostanza che tale unità immobiliare

sia ubicata in un edificio escluso dall’agevolazione in quanto, ad esempio, come nel caso di specie, sia composto da più unità immobiliari di proprietà di una società e, dunque, di un soggetto diverso da una persona fisica. In buona sostanza dalla risposta dell’agenzia delle Entrate si deduce che il contribuente persona fisica munito di valido titolo di detenzione può formalmente espungere l’unità abitativa indipendente dal resto dell’edificio ed effettuare i lavori agevolati da superbonus 110% indipendentemente dalle condizioni di ammissibilità (oggettive o soggettive) dell’intero stabile. Si pensi al caso dell’alloggio del custode di un opificio o di una scuola o di qualsivoglia struttura non residenziale. Ne consegue come corollario che, in applicazione di un criterio “oggettivo” che valorizza l’utilizzo effettivo dell’immobile oggetto degli interventi agevolabili, indipendentemente dal rapporto giuridico che lega l’utilizzatore all’immobile medesimo (proprietario, possessore o detentore), non rileva, ai fini del Superbonus, che l’immobile detenuto dal conduttore o dal comodatario persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, sia di proprietà di un soggetto escluso dalla predetta detrazione quale, ad esempio, una società. In ultimo l’Agenzia delle Entrate, precisa che nel caso specifico dell’interpello 380/22 il Superbonus non spetta, invece, ai soci di una società che svolge attività commerciale, che sostengono le spese per interventi effettuati su immobili residenziali di proprietà della già menzionata società che costituiscono beni relativi all’impresa. Tale preclusione sussiste anche nell’ipotesi in cui il socio sia detentore dell’immobile oggetto di interventi agevolabili sulla base, ad esempio, di un contratto di locazione o di comodato. È una questione diciamo minoritaria nella casistica che non attiene a quanto oggi di interesse ma che comunque va tenuta nel debito conto. Nel far ciò l’Agenzia delle Entrate entra in un campo diverso, quello della interposizione soggettiva, che merita, se del caso, uno specifico approfondimento. Sulla base di quanto sopra e per questo specifico motivo l’Agenzia ha negato all’interpellante, in quanto socia della società a responsabilità limitata proprietaria dell’immobile, l’ammissione al beneficio del Superbonus, a nulla rilevando che detenga l’unità immobiliare in virtù di un contratto di locazione regolarmente registrato e che sia in possesso del consenso all’esecuzione dei lavori da parte del proprietario. Non si può che concludere con l’annotazione che la disciplina del superbonus 110% va ormai verso la maturità; da tale chiarezza interpretativa la platea di tutti gli interessati non può che trarne beneficio. Finalmente a due anni dalla promulgazione del decreto legge istitutivo, il n. 34 de 2020, il vari tasselli del mosaico normativo si vanno colmando e colui che si accosta alla disciplina può con serenità operare le proprie scelte economiche sulla base di una discreta certezza dei propri diritti


Digital communication

A cura della dott.ssa Valentina Apicella Esperto in Digital Communication

Edilizia ed economia circolare

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L’economia circolare in cui i rifiuti tornano ad essere risorse e gli scarti effettivi sono ridotti al minimo, nasce con lo scopo di favorire uno sviluppo sostenibile economico, sociale ed ambientale. Per la MacArthur Foundation: “È un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. Ogni anno il settore edile utilizza 4,3 giga tonnellate di materiali e produce il 25-30% di tutti i rifiuti generati nell’Unione europea. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), un’ottica orientata all’economia circolare nell’edilizia potrebbe ridurre nettamente le emissioni di gas a effetto serra del settore, aiutando l’Unione Europea a raggiungere la neutralità climatica. Gli edifici hanno di per sé una buona quota di emissioni “incorporate”: sono quelle derivate dall’estrazione delle materie prime e dalla loro trasformazione in materiale da costruzione. Questo tipo di emissioni rappresenta da solo quasi il 25% di quelle del ciclo di vita dell’intero patrimonio edilizio comunitario. I benefici dell’economia circolare sono di tipo economici, ambientali, di uso delle risorse e sociali. Il settore dell’edilizia offre grandi possibilità di cambiamento; avvicinarsi a un modello di economia circolare significa innovare i processi, dalla produzione alla trasformazione dello scarto, cambiare il modo in cui si concepiscono i prodotti stessi. In campo edile,

sono sempre di più i prodotti realizzati da materiale di scarto, provenienti anche da altre filiere industriali. Tra le materie riciclate più utilizzate si possono citare la gomma, la plastica, gli inerti e il legno, la lana di roccia, utilizzati per realizzare nuovi prodotti, come isolanti o gli stessi prodotti ma da riciclo. Sempre più attenzione viene riservata anche alla seconda vita dei detriti e delle macerie da cantiere, inerti utilizzati per la produzione di nuovi prodotti. Per trasformare il comparto occorrono strategie e nuovi modelli di business; adottare principi circolari vorrebbe dire in questo caso allungare il più possibile la vita dei materiali e dei prodotti già in uso attraverso il riutilizzo o il riciclo, combattendo così gli sprechi e abbattendo la quota di rifiuti. Secondo l’AEA bisognerebbe evitare di utilizzare nuovi materiali, estendere la vita degli edifici già esistenti attraverso

riammodernamenti e riparazioni. Anche nella ristrutturazione edilizia è possibile introdurre i principi dell’economia circolare, utilizzando materiali riciclati o progettati già per essere smontati. Sette sono le strategie di circolarità individuate nel comparto costruzioni; la prima: occorre dare priorità alle rigenerazione delle risorse. La seconda: serve preservare ed estendere ciò che è già stato realizzato. Terza: dobbiamo utilizzare i rifiuti come una risorsa. Quarta: occorre ripensare il modello di business. Quinta: dobbiamo progettare per il futuro. Sesta: serve incorporare le tecnologie digitali. Settima e ultima strategia: serve collaborare per creare valore aggiunto”. Proprio alla luce di queste valutazioni la Commissione Europea sta già elaborando una road map per portare l’Unione ad abbassare le emissioni di carbonio per tutti gli edifici.

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A cura dell’Avv.

parere legale

Paolo Caputo

Info e contatti: studiopaolocaputo@libero.it

È possibile partecipare alla procedura a evidenza pubblica in caso di ammissione dell’impresa al concordato c.d. in bianco con continuità aziendale Il Consiglio di Stato è dovuto intervenire in una fattispecie sostanziale, non priva di criticità, in relazione all’opportunità o meno per la Stazione Appaltante di procedere con l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione disposta in favore di concorrente per effetto della sopravvenuta presentazione della domanda di ammissione al concordato con continuità aziendale con conseguente emissione dell’autorizzazione del Tribunale Fallimentare di cui all’art. 186-bis, comma 4, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. Legge Fallimentare). Il Giudice di primo grado aveva, infatti, deciso di respingere il ricorso proposto dalla concorrente esclusa, facendo valere un orientamento del Consiglio di Stato in virtù del quale l’unico modo per evitare il verificarsi della causa di esclusione sancita dall’art. 80, comma 5, lett. b), del D.Lgs. n. 50/2016 avrebbe potuto essere quello di ottenere l’autorizzazione del Tribunale Fallimentare prima della conclusione della procedura a evidenza pubblica. Ebbene, nel caso di specie, l’aggiudicazione sarebbe risultata intervenuta prima della predetta autorizzazione con conseguente necessitata esclusione del concorrente aggiudicatario. La questione dei limiti entro i quali è possibile presentare la domanda di ammissione al concordato in bianco e recepire la conseguente autorizzazione da parte del Tribunale Fallimentare è stata risolta nell’ambito della sentenza emessa in sede di appello. Il Supremo Consesso, facendo applicazione dei principi espressi nell’ambito della pronuncia resa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 9 del 27 maggio 2021, ha precisato che la mera presentazione di una domanda di concordato in bianco non integra un’automatica causa di esclusione da parte della Stazione Appaltante per perdita dei requisiti generali, essendo invece compito del Giudice

Fallimentare valutare, in sede di rilascio dell’autorizzazione ex art. 186bis, comma 4, della Legge Fallimentare la compatibilità dell’Impresa in crisi di partecipare alle gare e dare continuità alla propria attività produttiva. Sotto altro profilo, unico onere dell’Impresa sarebbe quello – successivamente alla presentazione della domanda – di richiedere senza indugio l’autorizzazione al Giudice, anche qualora sia già partecipante alla gara, e di informare con altrettante tempestività la stazione appaltante. I rilievi superiori sono stati pienamente applicati nell’ambito della pronuncia di cui si discute: il Consiglio di Stato ha, dunque, accolto l’appello proposto dalla società esclusa. Il procedimento principale I fatti di cui si discute traggono origine dal ricorso di primo grado proposto dalla società classificatasi seconda nell’ambito di una procedura di gara. Secondo la ricorrente, infatti, l’aggiudicataria avrebbe depositato domanda di c.d. concordato in bianco prima dell’aggiudicazione e, per tale ragione, avrebbe dovuto essere esclusa per il venir meno del requisito generale di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Nel frattempo, anche la stazione appaltante si era determinata nel disporre l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione fondando, a propria volta, la decisione sull’asserita omessa comunicazione della presentazione della domanda di concordato in bianco, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici e sulla ritenuta perdita del requisito di ordine generale, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. b), del medesimo codice. Detto provvedimento veniva quindi impugnato dalla società aggiudicataria esclusa. Riuniti i due ricorsi proposti, il Giudice di prime

cure respingeva quello proposto avverso il provvedimento di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione ritenendo integrata la causa di esclusione descritta dall’art. 80, comma 5, lett. b), del codice dei contratti pubblici, con riferimento alla presentazione della domanda di ammissione al concordato con continuità aziendale, aderendo a un indirizzo del Consiglio di Stato secondo cui, per paralizzare la predetta causa di esclusione, l’autorizzazione del tribunale fallimentare di cui all’art. 186-bis, comma 4, della legge fallimentare (R.d. 16 marzo 1942, n. 267) deve intervenire prima della conclusione della procedura di evidenza pubblica. Circostanza che, a parere del Giudice di primo grado, non si riteneva integrata nel caso di specie. Pertanto, avverso la predetta pronuncia proponeva appello la società in concordato in bianco. La decisione del Consiglio di Stato Nel caso in disamina è stata portata all’attenzione del Consiglio di Stato una questione di carattere sostanziale di significativa importanza: la non corretta interpretazione dell’art. 80, comma 5, lettera b), e dell’art. 110 del codice dei contratti pubblici, nonché degli articoli 161 e 186-bis della legge fallimentare tale per cui l’autorizzazione del tribunale alla partecipazione alla procedura di affidamento, dopo la presentazione della domanda di concordato con continuità aziendale, sarebbe dovuta intervenire prima dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione. La sopraggiunta autorizzazione del tribunale si configurerebbe, infatti e in ipotesi, come condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione e, in ogni caso, anche in funzione di ratifica degli atti di partecipazione alla procedura e di stipula dei relativi contratti. Un approfondimento di questo articolo a questo link su appaltiecontratti.it: http://bitly.ws/tfLg


A c u r a d i To m m a s o M a z z i o t t i Presidente C.d.A. Cred.it Spa

economia a 360°

Mercato dell’auto, torna la crescita dopo 5 anni, ma rispetto al 2016 resta un -25% (-61mila vetture)

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Nel 2021 le immatricolazioni di auto da parte di acquirenti privati con partita Iva hanno invertito la tendenza discendente che durava da quattro anni, registrando 178.681 unità, in crescita dell’8,2% rispetto al 2020. I dati elaborati dal Centro Studi e Statiche UNRAE in collaborazione con l’ISTAT, indicano per il segmento delle partite Iva un aumento superiore a quello del mercato totale delle immatricolazioni che nel 2021 è cresciuto del 5,9%. Dall’inizio della fase calante del mercato, dopo il picco del 2016, le immatricolazioni da parte dei privati con partita Iva hanno perso circa 61.000 auto pari a una riduzione di oltre il 25%. La novità più evidente dell’anno è il sorpasso delle vetture ibride, che salgono di 11,3 punti a quota 29,7% e occupano il primo posto a danno delle diesel, le quali perdono quasi 12 punti e scivolano al terzo posto superate, per appena mezzo punto, anche dalle auto a benzina. Le elettriche occupano una quota del 4,7%, che comunque equivale a oltre il doppio rispetto al 2,3% del 2020. Quanto alla carrozzeria, i crossover consolidano la prima posizione con una quota del 43,2% che, unita al 12,3% delle fuoristrada, assegna alla categoria Suv la maggioranza assoluta delle preferenze fra i privati con partita Iva con il 55,5%. La distribuzione per categorie professionali degli utilizzatori vede stabili nei primi due posti le Imprese individuali (52,2%) e i Professionisti (24,9%), seguiti dagli agenti di commercio (13,1% ma in costante calo) e gli agricoltori (9,8%). Nel 2021 gli acquisti di auto da parte dei privati con partita Iva hanno prodotto un fatturato di 5,05 miliardi di euro, in crescita del 13,9% rispetto all’anno precedente. È cresciuto dell’8,2% invece il numero delle vetture acquistate e del 5,3% il valore medio delle auto che è pari a 28.285 euro. Tra gli acquisti dei privati possessori di partita Iva le vetture ibride salgono al 1° posto, con il 29,7% delle preferenze, guadagnando 11,3 punti verso il 2020 e superando benzina e diesel. Il motore a benzina sale al 2° posto (al 25,9% di quota), con appena mezzo punto di scarto dal diesel, che perde quasi 12 punti fermandosi al 25,4%. Sulle vendite del totale canale privati il benzina detiene il primo posto, con una quota doppia del diesel (33,6% vs 16,5%). Al 7,6% troviamo il Gpl, quasi 1 punto in più dello scorso

anno, ma presenta una quota più alta nel totale privati. Stabile il metano fra gli acquisti dei privati con partita Iva, mentre le vetture BEV raddoppiano la quota rispetto al 2020, salendo al 4,7% del totale e le plug-in arrivano al 4% di share (+2,5 p.p.), quote superiori a quelle del totale privati. I crossover si confermano la carrozzeria preferita dai privati con partita Iva, con una quota in aumento al 43,2% (2,6 punti in più del totale canale privati). Se sommiamo anche il 12,3% dei fuoristrada (+5,9 punti vs totale canali privati), il 55,5% delle preferenze è coperto dai SUV. Rimangono stabili le berline, al 37,7%, ma in forte distacco dalla prima posizione che occupano nel totale canale privati con il 48,8% di share. In contrazione la quota di station wagon, monovolume e multispazio, mentre recuperano qualche decimale le sportive. Tutte carrozzerie che, fra i privati con partita Iva, presentano una quota comunque superiore al totale canale privati. Stabile la quota della provincia di Roma che si colloca al 1° posto per immatricolazioni di auto a privati possessori di partita Iva, con Milano al secondo posto e Torino al terzo, tutte con una quota di circa mezzo punto inferiore al mercato totale dei privati. Napoli guadagna 0,3 punti, stabile Firenze, mentre cede rappresentatività Bologna. Napoli presenta una quota più alta che nel totale privati, così come Padova, Bari e Palermo. Anche nel 2021 il finanziamento in leasing è stato sfruttato negli acquisti di autovetture da parte dei privati con partita Iva che, seppur in leggera contrazione, rappresenta il 10% del totale (3,3% nel totale mercato privati). La fascia dei giovani maturi (30-45 anni) si conferma la più rappresentativa fra le immatricolazioni di privati con partita Iva (al 28,1%, 4 punti in più del totale mercato privati), pur se con una share in contrazione sul 2020. Guadagna qualche decimale la quota della fascia 46-55 anni, e intorno ad 1 punto quella delle fasce dei 56-65enni e degli over 65 anni. Fasce che mantengono un peso più alto che nel totale canale privati, ad eccezione degli over 65enni. I giovani scendono al 5%, una fascia oggettivamente meno rappresentativa nel mondo delle partite Iva.

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A cura di

Bruno Maizzi

Presidente Movimento Consumatori

dalla parte dei consumatori

Consumatori scrivono a Mattarella per segnalare che le intimazioni dell’Agenzia Riscossione sono illegittime

La questione delle intimazioni di pagamento dell’Agenzia Riscossione senza i termini e l’Autorità per fare ricorso arriva alla Presidenza della Repubblica grazie agli esposti di Movimento Consumatori. Come anticipato dal suo Vice Presidente nazionale, il Dott. Bruno Maizzi, “Tutto è partito nelle settimane scorse durante un convegno a Lecce dove si è parlato di mancanza di dialogo tra cittadini e Pubblica Amministrazione (si veda articolo del 19.04.2022: https://www. affaritaliani.it/rubriche/fisco_dintorni/ mov-consumatori-milioni-di-tasse-illegittime-791714.html ). In quell’occasione ci ha molto colpito l’intervento dell’Avv. Matteo Sances in merito alla mancanza di informazioni fondamentali all’interno delle intimazioni di pagamento e abbiamo chiesto alle nostre sezioni territoriali di verificare quanti contribuenti si sono rivolti a noi quando i termini per impugnare gli atti

erano ormai scaduti e i risultati sono stati veramente allarmanti!!! Ricordo ancora una volta che le intimazioni di pagamento, come gli altri atti esattoriali, devono essere impugnati entro termini perentori che possono variare da 60 a 20 giorni dalla notifica a seconda del tipo di pretesa (per esempio se si tratta di imposte, contributi o sanzioni) e del tipo di contestazione del contribuente. Ovviamente, se i predetti termini non vengono indicati nelle intimazioni e il contribuente li fa scadere egli non avrà più la possibilità di rivolgersi al giudice competente. Tutto ciò è profondamente ingiusto. Ecco perché la scorsa settimana, grazie anche al supporto dell’Avv. Sances, abbiamo segnalato la questione al Presidente della Repubblica e al Ministro dell’Economia”.

rento, Presidente di Partite Iva Nazionali (PIN) che insieme a Mov. Consumatori hanno scritto alle istituzioni, per segnalare che “La mancata indicazione di informazioni fondamentali all’interno delle intimazioni di pagamento può creare gravi disagi ai contribuenti. È chiara dunque l’urgenza di modificare tali atti, in modo da garantire a tutti i contribuenti il proprio diritto di difesa. Ma non solo. Nelle prossime settimane saremo presenti – insieme ai dirigenti di Movimento Consumatori e a illustri commercialisti e avvocati – a Milano per un convegno organizzato dal Dottore Commercialista Marcello Guadalupi e da MilanoPercorsi proprio a sensibilizzare professionisti e imprese su questa questione. Nel frattempo invito tutti i contribuenti a controllare costantemente la propria posta elettronica certificata, in modo da verificare in maniera tempestiva eventuali Interviene anche il Dott. Antonio Sor- richieste erariali”.


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