Magazine P&F Dicembre 2021

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Progetti & Finanza M MA AG GA A ZZ II N N EE

Aut.Mipa/Centro/233/2021

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ITALIA 2022

la sfida che parte dalla formazione

Decaro: «I sindaci italiani in trincea ogni giorno» P ubb l i c a zi o n e m e nsi l e i n fo r m a to d i g i t a l e su l si to www. p r o g e t t i e f i nanza. i nfo

anno IV •numero 42 • dicembre

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MAGAZINE

DICEMBRE 2021

LA FORMAZIONE: UN VALORE AGGIUNTO PER L’IMPRESA 4.0

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ED ITO RIA LE

La formazione è diventata oggi un elemento imprescindibile per le imprese, una risorsa fondamentale un po’ per tutto il sistema Paese che deve porsi un unico obiettivo: l’acquisizione di competenze utili ad affrontare la delicata fase di ripresa dall’emergenza epidemiologica da Covid-19. La transizione digitale, l’innovazione dei sistemi produttivi, la rivoluzione green, la transizione ecologica e la valorizzazione del capitale umano a favore dell’occupabilità, sono elementi fondanti da cui ripartire. Purtroppo, troppo spesso la formazione non è oggetto di reale progettualità strategica e condivisione con le parti sociali, specialmente le piccole imprese tendono a non mettere in atto progettualità a lungo termine, il rischio è quello di non disporre di adeguate competenze in fatto di di innovazione e apprendimento, non portando dunque a termine un adeguato processo di sviluppo delle competenze dei dipendenti dell’azienda stessa. I corsi di formazione vengono piuttosto organizzati per assolvere a un mero adempimento normativo, o per “sfruttare” i finanziamenti disponibili con contenuti non adeguati allo specifico ambito di attività dell’impresa. Solitamente sono gli enti di formazione stessi a proporsi, in qualità di soggetti privati, autorizzati dalle amministrazioni regionali (tramite formale procedura di accreditamento), o pubblici, che si occupano di erogare, appunto, attività di formazione spesso in forma gratuita. Da più di trent’anni il legislatore ha previsto uno strumento, poco noto ai più: la Legge 40 del 14 febbraio 1987, finalizzata a garantire continuità gestionale e di governance alle strutture di coordinamento nazionale degli Enti di formazione privati che operano a livello locale su più amministrazioni regionali. A partire dalla Legge 40/87, che prevedeva “norme per la copertura delle spese generali di amministrazione degli Enti privati gestori di attività formative”, e tramite una serie di provvedimenti successivi, di cui quello attualmente in vigore è il DM 107/2015, il Ministero del Lavoro concede agli Enti privati, che svolgono attività rientranti nell’ambito delle competenze statali sulla formazione, contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli Enti medesimi, non coperte da contributo regionale. I contributi vengono erogati sulla base della capacità realizzativa degli Enti richiedenti. L’importo messo a disposizione dal Ministero del Lavoro per questo capitolo di spesa è indicato di anno in anno nella Legge di Stabilità (per l’anno 2020 sono stati stanziati 13 milioni di euro, a valere sul Fondo Sociale per Occupazione e Formazione – capitolo 2230 piano di gestione n. 2), e viene ripartito proporzionalmente al numero di Ore Formazione Allievo realizzate dagli Enti di formazione, attraverso le emanazioni regionali, durante l’anno precedente. Quella che in questo momento storico è più richiesta, è il Bonus formazione 4.0, istituito dalla Legge di Bilancio 2018 (l. n. 205/2017, art. 1, commi da 46 a 56) e da ultimo modificato e prorogato con la legge di Bilancio 2021 (l. n. 178/2020, art. 1, comma 1064 lettera l), il credito d’imposta varia in base alla dimensione aziendale. Possono beneficiare del bonus formazione 4.0 tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato. Le spese ammissibili, per effetto delle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2021, per i periodi di imposta 2021 e 2022, sono: a) spese di personale relative ai formatori per le ore di partecipazione alla formazione; b) costi di esercizio relativi a formatori e partecipanti alla formazione direttamente connessi al progetto di formazione, quali le spese di viaggio, i materiali e le forniture con attinenza diretta al progetto, l’ammortamento degli strumenti e delle attrezzature per la quota da riferire al loro uso esclusivo per il progetto di formazione. Sono escluse le spese di alloggio, ad eccezione delle spese di alloggio minime necessarie per i partecipanti che sono lavoratori con disabilità; c) costi dei servizi di consulenza connessi al progetto di formazione; d) spese di personale relative ai partecipanti alla formazione e le spese generali indirette (spese amministrative, locazione, spese generali) per le ore durante le quali i partecipanti hanno seguito la formazione. Le spese che concorrono alla maturazione del credito d’imposta devono risultare da un’apposita certificazione, da allegare al bilancio. Il credito d’imposta è riconosciuto: - per le piccole imprese: in misura pari al 50% delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 300.000 euro; - per le medie imprese: in misura pari al 40% delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 250.000 euro; - per le grandi imprese: in misura pari al 30% delle spese ammissibili e nel limite massimo annuale di 250.000 euro. La Legge di Bilancio 2022 non prevede la proroga del termine di validità del Bonus “Formazione 4.0”, quindi l’agevolazione, al momento, resta operativa fino al 31 dicembre 2022. Per maggiori informazioni e per i documenti utili all’accesso al Credito di imposta “Formazione 4.0” consultare il sito del Ministero dello Sviluppo Economico. Il focus di questo numero affronterà proprio questo tema, al fine di fornire utili consigli per le aziende che ancora non hanno usufruito di questi bonus. Buona lettura!


Progetti & Finanza

S O M M A R I O

dicembre 2021

M A G A Z I N E

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La fine del settennato del Presidente Mattarella

BONUS FORMAZIONE 4.0 Istruzioni per l’uso

Le imprese Italiane e la rivoluzione digitale 4.0

anno IV •numero 42 •Dicembre 2021 • Direttore Responsabile Maria Rosaria De Leonardis

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IL PNRR e la rinascita degli impianti sportivi

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Sito web www.progettiefinanza.info Progetto grafico Alessandro Gisoldi Pay Click Srl Viale degli Artigiani, 9 71121 - Foggia (FG) Foto: Stock.adobe.it Stampa Grafiche D’este - Bari Testata giornalistica registrata al Tribunale di Foggia n. 3 del 28/04/2021 ................................................ E’ vietata la riproduzione anche parziale dei testi e materiale fotografico

Sistema Sanitario: Quanti medici ha l’Europa?

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la vera sfida per l’Italia Con l’arrivo del nuovo anno l’Europa guarda al Bel Paese e a come programmerà il Pnrr GIORGIO TERA

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Il 2022 segnerà per l’Italia un intervento fino a 42 miliardi di euro previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Saranno 21 le misure relative alla prima rata che è stata richiesta dal governo italiano, e altri 21 se saranno conseguiti i target di metà anno. Il Pnrr prevede infatti 528 condizioni da rispettare per ricevere i fondi europei: si tratta di riforme, chilometri di ferrovia costruiti, assunzioni di personale, pannelli solari installati, e via dicendo. Entro fine 2022, servirà mettere a punto il database centralizzato dei dati più sensibili della pubblica amministrazione (Polo Strategico Nazionale), l’entrata in vigore effettiva delle riforme della giustizia penale e civile di cui sono state approvate l’anno scorso le leggi delega dal Parlamento, l’approvazione in parlamento della legge sulla concorrenza, la riforma della scuola primaria e secondaria, il potenziamento dei centri per l’impiego, l’aggiudicazione degli appalti per la costruzione delle nuove ferrovie ad alta velocità Napo-

li-Bari e Palermo-Catania e lo stanziamento di almeno 500 milioni di euro per aumentare la competitività delle aziende turistiche. Quindi il 2022 sarà l’anno della verità, per capire se l’Italia può davvero vincere la scommessa del Recovery Plan e cambiare per sempre il suo modello di sviluppo. Molto dipenderà dalle aree più disagiate sia geograficamente che della società. Il Piano destina, infatti, 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio (per una quota dunque del 40 per cento) e prevede inoltre un investimento significativo sui giovani e le donne. Tra le priorità ci sarà anche il riappropriarsi del primato mondiale del patrimonio artistico e culturale. Per questo ambito è stato designato il profilo “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” che stanzia complessivamente oltre 49 miliardi (di cui 40,3 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,7 dal Fondo complementare) con l’obiettivo di promuovere

la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura. Grandi aspettative anche sulla formazione prevista dall’ambito “Inclusione e Coesione” con uno stanziamento complessivo di 22,6 miliardi (di cui 19,8 miliardi dal Dispositivo RRF e 2,8 dal Fondo) per facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, rafforzare le politiche attive del lavoro e favorire l’inclusione sociale. Quanto di tutto questo sarà in grado l’Italia di portare a termine? Essenziale è anche la stabilità politica che potrà garantire maggiore serenità ai mercati e sopratutto una continuità nella gestione delle progettazioni delle varie misure dove incanalare le risorse. L’Europa in questo è stata molto diretta, con una linea rigida e senza troppe vie di fuga. Una sorta di lente sull’Italia per impedire che l’ennesimo treno diventi occasione per furbetti a scapito del Paese.

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in vendita su Amazon l’ultima pubblicazione del dott. Tommaso Mazziotti, che rientra nella collana ‘Guida al Project Financing per finanziare un progetto d’impresa’. Di che si tratta? Di un manuale che spiega nel dettaglio quelle che sono le fonti di finanziamento alternativo al sistema bancario, da scegliere in base alle esigenze della propria azienda o impresa. Soluzioni, meno vincolate e più accessibili, che hanno permesso nel corso degli anni (e permettono tutt’ora) la sopravvivenza di aziende e startup che altrimenti non sarebbero uscite indenni dalle altalene finanziarie che hanno colpito il paese. Come conseguenza della crisi economica e finanziaria che ha contraddistinto l’epoca storica in cui viviamo, le piccole e medie imprese si sono trovate a dover affrontare una delle problematiche più difficili dal punto di vista economico: l’accesso al credito. Considerato che la sopravvivenza della maggior parte delle aziende è legata ai finanziamenti concessi dalle banche, l’acuirsi delle regole e delle condizioni restrittive delle stesse ha creato non pochi disagi agli imprenditori.

Dalla necessità di riuscire a reperire fondi che possano permettere, non solo la nascita ma soprattutto la crescita delle piccole e medie imprese, si è osservato, nel corso degli anni, lo sviluppo di fonti di finanziamento alternative. Non essendo legate in alcun modo all’universo bancario, esse offrono una soluzione meno vincolata e più accessibile anche ad aziende giovani, startup e piccole imprese che difficilmente avrebbero avuto modo di raggiungere livelli di credito bancario sufficienti alla sopravvivenza. Questa tesi vuole proporsi come un aiuto nell’analisi e nella valutazione delle fonti di finanziamento alternative al credito bancario. Prima di addentrarci nel mondo del finanziamento alternativo, però, è necessario capire il rapporto tra impresa e mercato finanziario, in quanto concetto centrale per comprendere lo sviluppo non solo dell’impresa stessa, ma del sistema economico nel suo insieme. A questo punto è possibile passare in rassegna tutti i possibili canali di finanziamento e la loro evoluzione nel corso degli anni. È importante notare come la risposta a fronte di

determinati stimoli (regressioni e crisi finanziarie o, al contrario, avanzamenti e boom economici) abbia creato nuove configurazioni dei sistemi di vigilanza, che continuano ad esercitare potere sia sui mercati sia sugli intermediari in essi operanti. Una volta compreso il contesto finanziario nel quale le imprese si trovano ad operare, si passeranno in rassegna i principali strumenti di debito a disposizione delle imprese, alternativi all’accesso al credito bancario, che rappresenta ancora a tutt’oggi oltre il 90% dei finanziamenti totali delle imprese. A seguito della crisi del 2007 - 2008 e della progressiva contrazione del debito, si è reso necessario non solo decentralizzare e disintermediare i propri risparmi, ma iniziare un vero e proprio percorso di educazione finanziaria che permettesse a tutti di comprendere rischi e benefici di determinati investimenti. Oltre a questo, le imprese possono ricorrere anche a operatori o soggetti che forniscono equity, vale a dire capitale di rischio, che si differenzia dal debito in quanto non prevede scadenze di rimborso e il disinvestimento avviene normalmente tramite la cessione al

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Pubbliredazionale a cura dell’inserzionista

mercato o a terzi, senza gravare sull’impresa. Questo significa che l’investitore diventerà un vero e proprio socio, ma con la possibilità di ottenere un guadagno solo nel momento in cui sarà in grado di far crescere e sviluppare l’impresa. In poche parole, se l’investitore sarà in grado di creare valore all’interno dell’impresa, guadagnerà a sua volta. È necessario, quindi, conoscere ed analizzare le principali forme di investimento nel capitale di rischio (private equity, venture capital, crowdfunding e quotazione), spiegandone le origini e le modalità di funzionamento, oltre che dando alcune informazioni sulle peculiarità del mercato italiano. Ma se è necessario conoscere il mercato attuale e i finanziamenti alternativi che ci vengono in aiuto, è altrettanto necessario creare un business plan che esprima gli obiettivi strategici e le principali caratteristiche della società, dato che su di esso si baserà buona parte della valutazione effettuata da qualsiasi tipologia di investitore. È importantissimo saper comporre un business plan ad hoc perché sarà in base a questo che l’investitore acquisirà fiducia nell’iniziativa e nei soggetti coinvolti nell’operazione.

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UNA NUOVA VITA PER GLI IMPIANTI SPORTIVI CON IL PNNR Grandi opportunità per nuovi progetti o per far rinascere quelli abbandonati ANTONIO CAIVANO

C’é

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un aspetto, scaturito da questo lungo periodo di massima attenzione e di chiusure più o meno volontarie a causa della pandemia, che sta proponendosi in maniera significativa, ed è una maggiore attenzione al benessere, una richiesta di maggiori e migliori servizi sportivi e un riassetto urbano adeguato perché tutti vogliono fare sport e farlo nel bello. Il vecchio sistema organizzativo, sia societario che impiantistico, si sta mostrando in tutta la sua inadeguatezza, frantumato dagli ultimi avvenimenti, a partire da marzo 2020 e, quindi, bisogna pensarne un altro che risponda a queste e altre esigenze/richieste. Nove italiani su dieci fanno qualche attività sportiva o compiono movimenti, nel corso della giornata, riconducibili ad attività sportiva e gli investimenti, in questo settore, dicono che il ritorno in termini di risparmio/ricavo per il Servizio Sanitario Nazionale è di 4 a 1 (per ogni euro investito se ne risparmiano 4 come prestazioni e servizi di assistenza). L’attività sportiva e lo sport in genere, continuano a rappre-

sentare un ottimo veicolo pubblicitario per chi ha in mente di massimizzare tali investimenti. Lo sport resta un veicolo comunicativo ottimale sia per il numero di appassionati e

di praticanti, nelle varie discipline, che coinvolge, che per i messaggi di salute, lealtà, amicizia, successo, che trasmette. In questo momento il maggior tempo e le maggiori energie

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intellettuali e professionali si stanno investendo in tutto ciò che conduce alla realizzazione pratica del sistema di “sport diffuso”. Non solo le strutture predisposte ad accogliere attività sportive si riqualificano ma si rigenerano e si ottimizzano luoghi adatti per fare sport. Il paesaggio diventa lo scenario naturale per praticare sport, il clima, il mare, il fiume, il lago, il parco, qualsiasi luogo può rappresentare “l’impianto migliore” per un tale sport, in una determinata stagione. Nella stessa direzione vanno, anche, gli investimenti per gli impianti, nuovi o già esistenti e da ristrutturare, non più monotematici ma multidisciplinari. Una palestra, in un piccolo paese o nella periferia di una grande città, dovrà essere anche campo da pallacanestro, campo da tennis, campo da pallavolo ecc. Sono poche le strutture che possono autofinanziarsi, persino i grandi impianti per il calcio, sia pure dotati di altre attività e attrattive, non rappresentano sempre una fonte di business, l’investimento diventa troppo oneroso e i Comuni non sempre hanno fondi per partecipare alla loro realizzazione o gestione e mantenimento. Lo sport diventa, quindi, un aspetto sociale che rientra tra i tanti

diritti da inserire nella nostra Carta Costituzionale integrando uno degli articoli che riguardano la salute dei cittadini, il loro benessere, legato alla cultura e alla ricerca scientifica, alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico (es. art 9 della Costituzione Italiana “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione). Bisognerà creare una nuova cultura del movimento sportivo che affianchi alla valorizzazione dei talenti, ogni azione che incoraggi tutti a praticare uno sport. A questo riguardo ci sono già iniziative a favore dei Comuni perché accolgano figure di tutor, per la valutazione di interventi migliorativi delle strutture esistenti e di stesura di richieste di contributi economici, evitando ogni possibile sfruttamento edilizio, ed insegnanti/esperti che indichino i benefici ed indirizzino chiunque verso l’attività fisica più consona alle proprie possibilità. Privilegiati saranno i piccoli paesi e le zone periferiche delle città che costituiscono la vera spina dorsale del movimento sportivo nazionale, nel PNNR sono stati previsti

700milioni di euro da investire per la valorizzazione e riqualificazione delle aree potenzialmente interessate, esistono già bandi rivolti ai Comuni per la richiesta di finanziamenti a tale scopo. Per ovviare a problemi, talvolta verificatisi in passato, si pensa con sempre maggiore insistenza ad un’unica cabina di regia che coordini tutta la fase sia progettuale che realizzativa. I Comuni sono più indebitati a causa dell’impiantistica sportiva che scolastica, vere e proprie cattedrali nel deserto sono sorte come cittadelle sportive laddove era noto che non sarebbero potute essere sfruttate né dai locali, pochi, e né da eventuali altri fruitori, costruite per un’ unica attività limitandone l’uso anche per altri appassionati di altri sport. L’idea di valorizzazione dei borghi intende garantire una ripresa sociale e demografica che muova i suoi primi passi dalla realizzazione di strutture fruibili da locali, turisti e, potenziali, nuovi residenti. Società specializzate (es. Gargano Esco – Credit Gruppo) si occupano non solo della ristrutturazione delle case esistenti ma della razionalizzazione di spazi che contengano, in primo piano, l’idea di bello entro la quale fare attività ludica e sportiva.

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Progetti Finanza&


Sistema Sanitario: Quanti medici ha l’Europa Disparità tra stati ma anche tra regioni nella gestione delle emergenze

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La pandemia ha messo in evidenza come i mancati investimenti nella ricerca e sopratutto nella sanità hanno significato gravi lacune nel sistema sanitario dei vari stati dell’Unione Europea. Meno soldi quasi sempre ha visto una maggior difficoltà nella gestione dell’emergenza. Ora si ricorre ai ripari anche grazie all’apertura dell’UE rispetto a debiti legati agli investimenti correlati alla sanità e di conseguenza all’emergenza covid. I vari stati essenzialmente hanno risposto differentemente all’emergenza proprio perché esistono disparità, nazionali e regionali, nella disponibilità di risorse, a partire da quelle umane. Ma di quanti medici dispongono i sistemi sanitari europei? A rivelarlo è uno studio approfondito di Eurostat spiega come questa differenza è tangibile da paese a paese con punte in negativo realmente preoccupanti. Partendo dal fatto che sono 1,7 milioni circa i medici in Ue nel 2019 il dato è essenzialmente in aumento rispetto agli anni precedenti ma con punta a macchia di leopardo. 390,6 dottori ogni 100mila abitanti, (aumentato di 18 unità circa rispetto al 2016, quando erano 372 ogni 100mila). Anche in Italia si registra un aumento confrontando le stesse annualità, da 395,3 medici ogni 100mila abitanti nel 2016 a 405 nel 2019. Analizzando poi i dati relativi ai vari paesi dell’Unione, vediamo che il panorama europeo è piuttosto eterogeneo. Dalla Grecia, dove sono 616 i medici ogni 100mila abitanti, al Belgio, dove il numero risulta quasi dimezzato (316). In Italia come nel resto d’Europa, il panorama nazionale è caratterizzato da disparità a livello regionale. A risultare fornito di personale medico, in rapporto alla popolazione residente,

è in particolare il centro della penisola. Con oltre 482 dottori ogni 100mila abitanti, è la Sardegna la regione italiana più fornita. Seguono il Lazio (473,8) e la Liguria (462,4). A registrare le cifre più basse sono invece le due province autonome di Bolzano e Trento, con rispettivamente 324,4 e 329,2 dottori ogni 100mila abitanti. Seguite sotto questo aspetto dal Veneto (345,7) e dalla Basilicata (351,5). Poi ci sono regioni, tipo il Molise, dove a mancare sono gli specialisti con nosocomi fermi a causa della mancanza di anestesisti, ortopedici e cardiologi. Una dato che vede anche una disparità nella presenza di presidi ospedalieri. I dati Istat risalenti al 2018, rilevano un totale di 1048 strutture ospedaliere in Italia. Di cui 571 fra le aziende pubbliche e le restanti 477 fra le strutture private accreditate. Oltre l’80% dei posti letto appartiene al settore pubblico, e meno del 20% si trova in istituti privati, spesso gestiti da religiosi. La Riforma sanitaria prevede che gli ospedali pubblici siano proprietà di autorità sanitarie locali che possono comunque appaltare servizi al settore privato. Di conseguenza la maggioranza delle cliniche private intrattiene convenzioni annuali con le autorità sanitarie locali e riceve come rimborso una quota giornaliera stabilita a livello nazionale. In molte aree (soprattutto al Sud), la sola forma disponibile di assistenza è quella privata.Lombardia e Basilicata sono le due regioni ai margini della classifica con il nord con più posti letto e la terra lucana con un numero insufficiente anche per la gestione ordinaria. MARIA PIA ROMANO

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Intervista al primo cittadino di Bari e Presidente dell’ANCI ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMUNI ITALIANI

Antonio Decaro: «I Sindaci e le sfide del 2022» DANIELE LEUZZI

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sindaci sono sempre più i rappresentati delle istituzioni in trincea: devono garantire ogni giorno delle risposte, concrete, alle problematiche dei concittadini. Per questo nell’ultimo anno si è intensificato il dialogo con il governo Draghi, quasi come un filo diretto tra la cabina di comando e il paese reale. Portavoce dei primi cittadini italiani è il presidente Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro che ha tracciato un resoconto del 2021 e ha voluto raccontare alcuni dei progetti in cantiere. Qual è il bilancio 2021? E’ difficile tracciare un bilancio, in questo momento in cui il paese è ancora alle prese con l’emergenza pandemica e una nuova ondata di contagi. Vediamo tutti che purtroppo il virus con le sue varianti continua a circolare, a condizionare pesantemente la vita quotidiana delle persone e le attività economiche. Questo però non cancella, anzi dà un maggiore valore agli sforzi fatti per la

campagna vaccinale e alla straordinaria risposta degli italiani: senza i risultati di questi mesi oggi saremmo alla tragedia. Detto questo, i Comuni e i sindaci certamente in questo anno sono stati protagonisti nella fase di ripartenza del paese, offrendo al governo un valido contributo nella programmazione degli investimenti resi possibili dai fondi del PNRR. Siamo stati in prima linea nella fase di tenuta delle nostre comunità durante l’emergenza sanitaria e pronti a mettere in campo le politiche di ripartenza. E il governo nazionale, Draghi e i suoi ministri, hanno dato un importante riconoscimento di questo nostro ruolo dando ampio spazio alle richieste e alle proposte dei sindaci: non era soltanto una questione di entità delle risorse, il nostro obiettivo principale era ed è che vengano rimossi gli ostacoli burocratici alla reale possibilità di investire quelle risorse entro il 2026. Quali i principali obiettivi raggiunti? Possiamo dire che il governo ci ha

ascoltato sul fronte del reclutamento del personale. I Comuni potranno finalmente tornare ad assumere personale e disporre così delle risorse umane indispensabili a realizzare i progetti del PNRR. I Comuni hanno sofferto nella stagione delle politiche di austerità di un grave depauperamento del personale: negli ultimi quindici anni hanno perso un dipendente su quattro. E oggi si ritrovano in primissima linea nella cruciale e complicata missione di sfruttare le opportunità del PNRR, mentre allo stesso tempo devono continuare a garantire i servizi per i cittadini. Spero che questa contraddizione ora si possa risolvere positivamente, l’Anci valuta che grazie allo sblocco deciso da governo e parlamento il personale delle amministrazioni comunali possa aumentare anche di 15mila unità. Un obiettivo che invece deve ancora essere raggiunto, e sul quale stiamo pressando il governo, è l’integrazione dei fondi per i progetti di rigenerazione ur-

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bana. La graduatoria di quelli accettati è stata pubblicata, ma per scarsità di risorse ne sono rimasti fuori di importantissimi, soprattutto in alcune grandi città del Nord. Si tratta di progetti praticamente pronti, di rapida cantierizzazione: sarebbe un delitto se dovessero restare nel cassetto propria ora che si apre questa irripetibile stagione di investimenti. Diffusione della mobilità lenta, ciclabili, bus elettrici. Priorità anche nel 2022? Si tratta di temi e politiche che finalmente sono una priorità dell’agenza politica dell’Europa e del Paese. Si è giunti alla conclusione che realizzare infrastrutture che favoriscano mobilità alternative e sostenibile non è soltanto un vezzo per amministratori illuminati ma un dovere morale e politico nei confronti delle generazioni del futuro che abiteranno il nostro pianeta. La sfida ambientale che abbiamo davanti è passata da essere un’opportunità ad essere una necessità, e per fortuna le

risorse del PNRR rappresentano una valida base su cui partire. Non avremo un’altra occasione simile, questo è il momento di ricostruire il sistema della mobilità nazionale secondo parametri sostenibili e di efficienza. Recovery fund, sfida decisiva sui finanziamenti diretti ai Comuni? Come ho detto fino ad ora, i fondi e la nuova programmazione del PNRR sono la più grande occasione che l’Italia abbia mai avuto nella sua storia moderna. Ma a fronte di così tante risorse e vincoli anche temporali molto stringenti, dobbiamo mettere tutti in condizione di fare la propria parte. Primi tra tutti i Comuni, che per trasformare in progetti e in opere fondi per un ammontare complessivo di 40 miliardi di euro hanno bisogno di procedure semplificate e straordinarie. In parte il Governo ci ha ascoltati su questo fronte intervenendo sul codice degli appalti, sulle assunzioni, sul fondo di progettazione ma si può lavorare ancora tanto. Sarà molto

importante evitare i colli di bottiglia e l’allungamento dei tempi causati, per esempio, dal preventivo passaggio dei progetti che sono in carico ai Comuni dalle maglie di altre amministrazioni. I propositi per il 2022 Durante l’ultima assemblea dell’Anci, lo scorso novembre a Parma, come sindaci abbiamo preso un impegno con il governo: se entro giugno 2022, al più tardi, i ministeri titolari delle misure avranno esaurito le procedure di loro spettanza, siano avvisi o assegnazioni dirette, i Comuni si impegnano entro dicembre 2023 ad aprire i primi cantieri. Il secondo grande obiettivo, che non solo i comuni ma tutto il Paese deve centrare, è quello di superare l’emergenza sanitaria in corso. Questo risultato, che passa inevitabilmente attraverso un’ulteriore estensione del numero dei cittadini vaccinati, è il presupposto essenziale per tornare a vivere e lavorare serenamente e a immaginare l’Italia del futuro.

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Progetti Finanza&


Il tributarista Villani spiega questa disparità di trattamento quando il fisco deve dare rispetto a quando deve ricevere e fa appello al Ministro per rettificare questa anomalia nel 2022

Interessi passivi e attivi, i due pesi e le due misure dello Stato italiano

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Due pesi e due misure quelle applicate dallo Stato nei confronti dei contribuenti. A delineare questa incongruenza è uno dei massimi tributaristi italiani, Maurizio Villani, avvocato e rubricista di importanti riviste di settore. «In questi giorni, dopo la sospensione della riscossione per pandemia Covid-19 – speiga l’avvocato Maurizio Villani - i contribuenti stanno ricevendo la notifica di milioni di cartelle esattoriali che contengono gli interessi fiscali del 4% (art. 20 D.P.R. n. 602/1973 e art. 2 D.M. 21 maggio 2009). Secondo me, dal 2015 ad oggi il fisco ha incassato e sta incassando più del dovuto, tenuto conto che la maggior parte delle cartelle esattoriali non è stata impugnata o, quanto meno, non è stata contestata in modo corretto e specifico per quanto riguarda gli interessi fiscali. Cerco di spiegare il perché. L’art. 1284, primo comma, codice civile, testualmente dispone: “Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5 per cento in ragione d’anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell’anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registra-

to nell’anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.” Il fisco, invece, sin dall’01/10/2009, ha sempre applicato e sta continuando ad applicare il tasso unico di interesse del 4 % (artt. 20 citato e 2 D.M. 21 maggio 2009), senza però adeguarlo alle precedenti e successive normative, come le seguenti. 1) L’art. 13, primo e secondo comma, della legge n. 133 del 13-05-1999, stabilisce dal 18 maggio 1999 che: “1. La misura degli interessi per la riscossione e i rimborsi di ogni tributo è determinata nell’esercizio del potere di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133 nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse fissato ai sensi dell’articolo 1284 del Cod. Civ. 2. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni per le modalità di computo e la determinazione della decorrenza degli interessi di cui al comma 1, al fine di garantire l’omogeneità della disciplina tenuto conto dei princìpi del Codice civile e dell’ordinamento tributario nonché della specificità dei singoli tributi.” 3 L’art. 13, terzo comma, D.L. n. 557/1993, con-

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vertito dalla legge n. 133/1994, stabilisce che: “3. Il Ministro delle finanze è autorizzato a determinare, con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, la misura degli interessi di cui ai commi 1 e 2, dovuti a decorrere dall’01 gennaio 1995.” Il fisco sin dal 1999 non ha mai rispettato la suddetta disposizione dei tre punti percentuali, lasciando sempre il tasso unico di interesse del 4 % sin dal 2015. Di conseguenza, la differenza media in più incassata dal fisco è dello 0,72 % rispetto al 4 %, come da quadro sinottico alla successiva lettera E. 2) L’art. 37, commi 1 – ter e 1 – quater, del D.L. n. 124/2019, convertito con modifiche dalla legge n. 157/2019, con decorrenza dal 25/12/2019, stabilisce che: “1-ter. Il tasso di interesse per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo, anche in ipotesi diverse da quelle previste dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29, e dall’articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, è 4 determinato, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra lo 0,1 per cento e il 3 per cento. 1-quater. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite misure differenziate, nei limiti di cui al comma 1-ter del presente articolo, per gli interessi di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, agli articoli 20, 21, 30, 39 e 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nonché per quelli di cui agli articoli 8, comma 2, e 15, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.” Anche in questo caso il fisco non si è mai adeguato, tanto è vero che il citato decreto ministeriale non è stato ancora emanato. In definitiva, il fisco, senza rispettare le tassative normative di cui ai numeri 1 e 2, ha incassato e sta incassando dal 2015 ad oggi circa l’1% in più del dovuto con gravi danni economici per i contribuenti a causa di questo ingiustificato arricchimento (c.d. locupletazione). E si tratta di miliardi di euro dal 2015 ad oggi (sette anni)!

Dal 2015 in poi, invece, come abbiamo visto prima, il fisco si è ben guardato dall’adeguarsi alle succitate normative di cui ai numeri 1 e 2 favorevoli ai contribuenti. Le stesse considerazioni valgono anche: per gli interessi del 4,50 % annuo per dilazione di pagamento (art. 21 DPR n. 602/1973); per gli interessi di mora del 2,68 % fino al pagamento (art. 30 DPR n. 602/1973); per gli interessi del 4,5 % annuo a seguito di sospensione amministrativa della riscossione (art. 39 DPR n. 602/1973). Gli artt. 42 – bis, 44 e 44 – bis DPR n. 602/1973 stabiliscono che il tasso di interesse dei rimborsi fiscali è del 2 % annuo, calcolato all’ 1 % semestrale, escluso il primo e l’ultimo semestre dell’ordinativo di pagamento. Ora, a parte l’assurda situazione per cui il fisco incassa il 4 % e rimborsa soltanto quasi il 2 %, come in altro mio articolo ho documentato, anche i rimborsi dovevano e devono essere adeguati ai maggior tassi indicati dalle succitate normative di cui alla lettera B, nn. 1 e 2). In definitiva, il fisco, ignorando precise disposizioni normative, dal 2015 incassa interessi maggiori del dovuto (quasi dell’01% annuo) e rimborsa, invece, con interessi quasi del 2% annuo (con il calcolo dei semestri). In tali situazioni, si potrebbero intravedere profili di incostituzionalità per mancato adeguamento a precise disposizioni normative. Alla luce di questo – conclude Villani - è auspicabile che: il Ministro dell’economia e delle finanze per l’anno 2022 emani subito il decreto per determinare la misura degli interessi compresa tra lo 0,1% ed il 3% al massimo; il Parlamento, in sede di approvazione della legge delega di riforma della riscossione, preveda un unico saggio di interessi 7 fiscali per la semplificazione del sistema nazionale (art. 8, primo comma, lettera a, del disegno di legge delega del 05 ottobre 2021); i contribuenti impugnino le cartelle esattoriali entro 60 giorni dalla notifica, contestando l’errato saggio di interesse fiscale del 4% annuo calcolato dal 2015 ad oggi».

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Progetti Finanza&


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BONUS FORMAZIONE 4.0: ISTRUZIONI PER L’USO LA TRASFORMAZIONE DIGITALE DELLE IMPRESE FULCRO DELLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

MARCO ZONETTI

Si chiama “Bonus Formazione 4.0” ed è il credito d’imposta a sostegno della trasformazione digitale delle imprese. Introdotto dalla Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017) nell’ambito del Piano Nazionale Industria 4.0 e definito dal Decreto Interministeriale 4 maggio 2018, l’incentivo è stato confermato ed esteso all’interno del Piano Nazionale Transizione 4.0, il nuovo piano biennale di politica industriale nazionale finanziato dalla Legge di Bilancio 2021 (L.178/2020). 20 Progetti Finanza&

L’obiettivo che esso si prefigge è

quello formare o consolidare le competenze dei dipendenti nell’ambito delle tecnologie che abilitano l’industria 4.0, ovvero la fabbrica della quarta rivoluzione industriale. Il credito d’imposta si calcola sulla base del costo orario dei dipendenti che hanno effettuato la formazione, e di conseguenza è indipendente dall’investimento tecnologico. Le ore di formazione usufruite dal personale dipendente debbono essere indicate in un registro apposito, e firmate dai dipendenti stessi nonché approvate da un ente certifica-

tore esterno. Il calcolo del credito d’imposta viene altresì effettuato su base annua, a partire dalle ore di formazione effettuate dai dipendenti, prendendo in considerazione il costo aziendale indicato sulla busta paga. A questo punto Il 50% del valore ottenuto diviene credito d’imposta, che si può utilizzare fin dal mese di febbraio dell’anno successivo a quello in cui è avvenuta la formazione. Poiché la cosiddetta “formazione 4.0” non è legata alle agevolazioni a titolo d’iperammortamento secondo il Piano Nazionale Industria 4.0, per poter

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A differenza degli altri bonus Transizione 4.0, il Bonus Formazione 4.0 non trova la proroga nel disegno di legge di Bilancio 2022. Per il momento, dunque, l’agevolazione permane operativa fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022.

accedere al Bonus Formazione 4.0 non occorre aver effettuato investimenti nell’àmbito di quel genere di beni strumentali. Di conseguenza, il bonus di questo tipo è rivolto anche alle aziende di produzione di servizi, e quindi non soltanto alle imprese manifatturiere. Per quanto riguarda le categorie d’investimenti che permettono l’accessibilità al Bonus Formazione 4.0, esse sono indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico nella circolare del 3 dicembre 2018, n. 412088. E sono: 1) big data e analisi dei dati; 2) cloud e

fog computing; 3) cyber security; 4) simulazione e sistemi cyber-fisici; 5) prototipazione rapida; 6) sistemi di visualizzazione, realtà virtuale (RV) e realtà aumentata (RA); 7) robotica avanzata e collaborativa; 8) interfaccia uomo macchina; 9) manifattura additiva (o stampa tridimensionale); 10) internet delle cose e delle macchine; 11) integrazione digitale dei processi aziendali. I soggetti beneficiari del bonus sono tutte le imprese residenti in Italia, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipenden-

temente dalla natura giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione, dal regime contabile e dal sistema di determinazione del reddito ai fini fiscali. I Requisiti necessari? Il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; il regolare versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori. L’agevolazione è invece preclusa alle imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato pre-

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L’obiettivo che si prefigge è quello formare o consolidare le competenze dei dipendenti nell’ambito delle tecnologie che abilitano l’industria 4.0, ovvero la fabbrica della quarta rivoluzione industriale

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ventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale. Bonus negato anche a quelle imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. A differenza degli altri bonus Transizione 4.0, il Bonus Formazione 4.0 non trova la proroga nel disegno di legge di Bilancio 2022. Per il momento, dunque, l’agevolazione permane operativa fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022. Il credito d’imposta varia in base alla dimensione aziendale ed è aumentato al 60% per tutte le imprese, qualora i destinatari delle attività di formazione facciano parte delle categorie dei lavoratori dipendenti cosiddetti svantaggiati o molto svantaggiati. Le attività formative possono essere realizzate impiegando personale

docente interno all’azienda, con soggetti esterni accreditati, con Università pubbliche o private o con Istituti Tecnici Superiori. Le lezioni possono essere svolte in modalità e-learning ovvero, in altre parole, on line, purché le imprese adottino strumenti di controllo idonei ad accertare, con un soddisfacente grado di sicurezza, l’effettiva e continua partecipazione del personale impegnato nelle attività formative (circolare del Ministero dello Sviluppo Economico 3 dicembre 2018 n. 41208). Per quanto concerne le spese ammissibili, invece, per effetto delle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2021, per i periodi di imposta 2021 e 2022, sono ammissibili al credito d’imposta: le spese di personale relative ai formatori per le ore di partecipazione alla formazione; i costi di

esercizio relativi a formatori e partecipanti alla formazione direttamente connessi al progetto di formazione, quali le spese di viaggio, i materiali e le forniture con attinenza diretta al progetto, l’ammortamento degli strumenti e delle attrezzature per la quota da riferire al loro uso esclusivo per il progetto di formazione. Sono al contrario escluse le spese di alloggio, fatta eccezione per le spese di alloggio minime necessarie per i partecipanti che sono lavoratori con disabilità; i costi dei servizi di consulenza connessi al progetto di formazione; le spese di personale relative ai partecipanti alla formazione e le spese generali indirette (spese amministrative, locazione, spese generali) per le ore durante le quali i partecipanti hanno seguito la formazione.

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S U C O F

INTERVISTA ALL’ASSESSORE REGIONALE SEBASTIANO LEO

FORMAZIONE

la grande sfida che parte dalla Puglia «La formazione professionale e la ricerca di specializzazioni sempre più precise e al passo con i tempi sono una priorità. Non da meno le misure rivolte alle politiche del lavoro e all’incrocio domanda/offerta che aiutano le imprese a individuare le competenze di cui hanno bisogno»

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La formazione professionale resta senza dubbi punto di connessione tra il mondo del lavoro e i giovani che si affacciano a questo mondo. Le competenze sulla formazione negli ultimi anni sono passati sempre di più in mano alle regioni, che in Italia hanno l’infausto compito di alzare l’asticella, visto che il nostro Paese è posizionato nella fascia medio bassa delle statistiche europee in materia di formazione professionale. Un lavoro che sta dando ottimi risultati sopratutto in quest’ultimo anno, nonostante l’emergenza pandemica. Secondo i dati Ocse, infatti, a formazione professionale in Italia è cresciuta del 113%, sospinta anche dalla possibilità di seguire online ed in ogni momento i corsi di apprendimento. Leader indiscussa nella formazione è la Regione Lombardia ma se si tiene conto del numero di abitanti e delle fasce d’età, a conten-

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dersi il podio con i lombardi ci sono i pugliesi. Difatti la Regione Puglia, con 292, è la prima area del centro sud nella classifica delle imprese beneficiarie per numero di progetti approvati. Unica vicina alla Puglia al sud è la Campania con 183 aziende aderenti che si posiziona al 3° posto, dopo la Lombardia con 659 e la Puglia. Seguono il Piemonte con 168, Marche ed Emilia-Romagna con 147 e 142 aziende beneficiarie. Scorrendo la classifica scorgiamo la Sicilia con 138 imprese e il Lazio con 114 mentre il Veneto sfiora le centinaia. Fanalino di coda per Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia con 3 aziende ciascuna. Un più alto numero di aziende ha coinciso con un maggior numero di lavoratori formati solo in Lombardia e Puglia, dove i destinatari coinvolti sono stati rispettivamente 6.187 e 4.784; seguono il Lazio con 2.164, la Campania con 1926, la Sici-

lia con 1.434 e l’Emilia Romagna con 1.416. Imprese e lavoratori campani dimostrano grande attenzione verso percorsi di formazione che incrementano la produttività aziendale interna e regionale. Le imprese beneficiarie in Campania incidono per meno dell’8% sul totale italiano (183 imprese su 2.227 beneficiarie in un anno) così come il numero dei lavoratori (1.926 sui 24.206 formati in un anno) grazie ad un contributo pari a € 2.048.460,04. Pe comprendere a pieno questo dato e la strategia messa in piedi dalla Regione Puglia sulla formazione, abbiamo intervistato l’assessore con delega Formazione e Lavoro, Politiche per il lavoro, Diritto allo studio, Scuola, Università, Formazione Professionale, Sebastiano Leo. La Regione Puglia è orientata alla promozione del diritto al lavoro, alla formazione e alla crescita pro-

fessionale delle persone e delle aziende. Quali sono le azioni di finanziamento in essere destinate alle imprese? Il mio assessorato è trasversale su diversi aspetti, sicura attraversa formazione e lavoro oltre che istruzione. La formazione professionale e la ricerca di specializzazioni sempre più precise e al passo con i tempi sono una priorità. Non da meno le misure rivolte alle politiche del lavoro e all’incrocio domanda/offerta che aiutano le imprese a individuare le competenze di cui hanno bisogno, la formazione professionale che costruisce le competenze, ma anche quella on the job che punta al cosiddetto upskill, l’aumento delle competenze di chi già possiede un nucleo minimo. Nelle politiche del lavoro e formazione rivolte alle imprese rientrano anche l’attuazione di strumenti innovativi come i contratti di espansione su

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Progetti Finanza&


S U C O F cui la Regione si sta indirizzando. Infine il robusto sostegno all’autoimpiego, sia in termini di politiche passive, sia di ammortizzatori rivolti anche al lavoro autonomo ed ai piccoli imprenditori.

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Lo scorso anno la ripresa post prima ondata covid ha significato anche la messa in campo di nuove misure quali? Quale obiettivo, e chi può accedervi? Cosa finanzia? Parlando di numeri quali somme previste per il 2022 e quante utilizzate nello scorso anno ? Le risorse rivolte all’attuazione di poilitiche attive del lavoro e formazione sono ingenti. Avremo a disposizione la prima tranche di fondi GOL in arrivo e ci stiamo attrezzando per investirli con una nuova governance amministrativa degli interventi. È poi possibile ipotizzare nel quadriennio 22-25 una dotazione finanziaria di oltre 250 milioni di euro a valere sul PNRR. A questi si aggiungono le risorse della Programmazione comunitaria FSE che dovrà essere chiusa nei primi mesi del 22. Anche qui si tratta di centinaia di milioni a disposizione della Regione. E non va dimenticata la seconda edizione del Programma Garanzia Giova-

ni in partenza nei primi mesi del 2022 con una ulteriore importante dotazione finanziaria. Una mole significativa di risorse che si aggiunge all’incremento di risorse umane garantito dal Piano di rafforzamento dei Centri per l’Impiego. Questa mole enorme rientrerà in un’azione straordinaria e innovativa che è Agenda del Lavoro. Un programma di ascolto di datoriali, si da atti, factory e co working nella progettazione di misure per il lavoro. Rispetto invece all’interazione con i circuiti nazionali quanto si sta facendo per poter delineare un un’oca azione? La Regione è impegnata costantemente i tutti i Tavoli di coordinamento nazionali sia nella Commissione delle Regioni che nei Tavoli istituiti da Anpal. La programmazione di Gol è avvenuta sin qui in costante e continuo raccordo tra la tecnostruttura regionale e quella nazionale. Le esperienze degli ultimi anni relative a strumenti nazionali calati sui territori non sono state certo trionfali. Ormai è chiaro che la soluzione già efficiente è rappresentata da un forte coordinamento nazionale di iniziative

programmate e gestite a livello territoriale. Ad esempio per quanto riguarda il Programma Garanzia Giovani, che riscontro avete notato da parte delle imprese in questi anni? Garanzia Giovane è una misura che ha avuto un ottimo riscontro. Sarà ripetuta e aggiornata con una visione più ampia anche rispetto al limite d’età. Alla luce della situazione occupazionale odierna, quanto queste misure incentivano e incrementano l’assunzione di nuovo personale nelle aziende? Garanzia Giovani ha avuto molti limiti, in larga misura dettati dalla impreparazione del sistema ad affrontare uno strumento del tutto innovativo. Tuttavia i dati ci dicono che dietro le tante difficoltà, la risposta del sistema è stata interessante. Ad esempio con riferimento ai criticati tirocini scopriamo che nel 2021 dei 23mila tirocini extracurriculari attivati quasi tredicimila si sono trasformati in contratti diretti.

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PUBBLIREDAZIONALE

AZIENDE SEMPRE PIU’ COMPETITIVE SUL MERCATO GRAZIE ALLE SOLUZIONI STUDIATE DA FINAFORM

Bonus Formazione: Finaform ha la soluzione giusta per ogni azienda

La tecnologia digitale in tutte le infinite sfaccettature della nostra società è sempre più capillare e fondamentale. E ovviamente, per quanto riguarda il business aziendale, essa può apportare innumerevoli benefici. Oltre al fatto che le aziende in continuo rinnovamento e in perpetua evoluzione sono oltremodo più allettanti per i potenziali clienti. Ma per ottenere vantaggi sempre più gratificanti non basta soltanto inseguire l’innovazione: occorre invece comprenderla, farla propria, gestirla, metterla in atto. Tutto questo è possibile attraverso la cosiddetta formazione continua di collaboratori e dipendenti, e – in tale ottica - il mezzo più adeguato per raggiungere risultati sempre più ambiziosi è il Bonus Formazione.

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Il Bonus Formazione 4.0 è un incentivo economico per stimolare le imprese a investire sulla formazione del personale nelle tecnologie abilitanti, per la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese. Possono aderirvi tutte le società e le imprese che siano residenti e operanti nel territorio della Repubblica Italiana. Le società e le imprese estere con attività organizzative estese sull’intero territorio nazionale italiano. Le società non commerciali residenti con esercizi commerciali rilevanti per il reddito d’impresa

E diventare un’azienda 4.0 oggi è una meta oggi più accessibile grazie ai servizi di Finaform, azienda che si distingue sul mercato per i suoi servizi di consulenza e formazione altamente specializzata. La sua esperienza e il suo know-how mirano di fatto a soddisfare le richieste delle aziende interessante alla formazione, puntando su un’offerta completa e diversificata. Forte di un team di consulenti e professionisti la cui competenza permette di offrire servizi di qualità, in grado di rispondere alle richieste di quel mercato in costante evoluzione che abbiamo descritto sopra. Finaform vanta come suo fiore all’occhiello una efficace e riuscita piattaforma FAD – Formazione a Distanza – che fornisce corsi su misura per ogni specifica attività aziendale, possibili da seguire direttamente dalla propria postazione di lavoro o, perfino, tramite un’app scaricabile e utilizzabile sul proprio smartphone. Grazie alle tecnologie abilitanti previste dal Piano Industria 4.0, l’esigenza d’innovazione incontrerà così la possibilità di potenziare le capacità e le competenze dei dipendenti attraverso la loro formazione. Ma quali sono i principali fondamenti dell’e-learning di Finaform? Quest’ultima insegna per esempio a padroneggiare i cosiddetti Big Data e l’analisi dei dati. Big data è un termine che descrive un grande volume di dati, strut-

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PUBBLIREDAZIONALE

turati e non strutturati, che inonda l’azienda ogni giorno. Le tecniche di analisi dei big data richiedono metodi specifici per l’estrazione e la conoscenza. Quindi i sistemi di Cloud e Fog Computing. Il cloud computing consente di utilizzare in remoto software e hardware e spazi di archiviazione. Il Fog computing utilizza dal canto suo dispositivi periferici per eseguire calcoli e immagazzinamento dei dati.

naform insegna a capire cosa sono, come funzionano e cosa c’è da sapere su queste tecnologie. Ultima ma non ultima, l’Integrazione digitale dei processi aziendali. L’integrazione digitale fornisce delle opportunità innovative, quali il collegamento in rete di persone e macchine. Attraverso l’integrazione dei sistemi si avrà una produttività e una gestione aziendale decisamente più efficace e intelligente.

Altra pietra angolare dell’e-learning di Finaform è la Cyber Security. Come ben sappiamo, la sicurezza informatica è fondamentale per la protezione dei nostri dati conservati tramite dispositivi elettronici nel web. E con la Cyber Security risulta possibile riconoscere ed eliminare qualsiasi tipo di minaccia.

Finaform si avvale poi di una consulenza specifica, grazie alla quale è possibile individuare con il cliente le soluzioni tecnologiche più adatte. La formazione è del tutto on demand, quindi garentisce la facoltà di scegliere in autonomia come, quando e dove seguire le lezioni. E tutta la pratica è a cura della Finaform, dando così modo al Degna di nota anche la cosiddetta Prototipazione Rapi- cliente di ricevere direttamente il bonus in F24. da. Le più avanzate tecniche industriali consentono di realizzare prototipi e modelli partendo da una definizioSul sito Finaform.it, è possibile inoltre per un’azienda ne matematica dell’oggetto in 3D. La formazione di Fiavere il calcolo immediato e gratuito (e senza impegno) naform riguarderà infatti: 1) prototipo; 2) stampa 3D, 3) del credito d’imposta che essa può ottenere, come pretecnologia. visto dal Piano Nazionale Impresa 4.0. Basterà soltanto inserire la partita iva nell’app e il calcolo verrà effettuaE poi la Realtà Virtuale (Rv) e Aumentata (RA). Realtà to seduta stante, facendo gratuitamente il primo passo Virtuale e Realtà Aumentata sono due tecnologie, diver- perché la propria azienda divenga più competitiva sul se ma affini, che offrono la possibilità di migliorare nel mercato. concreto le capacità dell’essere umano. L’e-learning FiW W W . P R O G E T T I E F I N A N Z A . I N F O

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Progetti Finanza&


C O N C L U S O I L M A N D AT O

MATTARELLA,

finisce un settennato difficilissimo Il Presidente della Repubblica si è ritrovato alla guida del paese in uno dei periodi più complicti degli ultimi 50 anni. Dal 24 gennaio il Parlamento dovrà cercare un successore alla sua altezza

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LUIGI PAOLO INGLESE

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l mandato di Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica volge ormai al termine ed è già partito il countdown che porta alle elezioni del nuovo inquilino del Quirinale. Da diversi mesi, addetti ai lavori e semplici cittadini si esercitano nell’esercizio divinatorio di capire chi ricoprirà il ruolo di capo dello stato, che nel nostro Paese viene eletto dal parlamento in seduta comune, integrato da 58 delegati regionali, e resta in carica per 7 anni. Quella del capo dello stato è infatti una figura fondamentale nell’ordinamento italiano: non ha funzioni di indirizzo politico ma funzioni di garanzia. Le vicende della storia politico-istituzionale e la stessa carta costituzionale, scritta nell’ormai lontano 1948, hanno accentuato la difficoltà a ricostruire in modo convincente il ruolo di questa figura, che si può considerare strutturalmente anche ambigua. Vale a dire soggetta ad una pluralità di interpretazioni: “figura cerimoniale” non è proprio più possibile dirlo. “Di

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garanzia” ma essenzialmente passiva. “Di garanzia attiva”, cioè interventista – come lo sono stati un po’ tutti i presidenti. Dovrebbe rappresentare l’unità nazionale ma alcuni dei poteri che la costituzione formalmente gli attribuisce sono tali da farne uno dei protagonisti di scelte fortemente incidenti sull’indirizzo politico. Sono molte, infatti, le competenze che la costituzione attribuisce al presidente della repubblica: nominare il presidente del consiglio dei ministri e, su proposta di quest’ultimo, promulgare le leggi; sciogliere le camere e indire nuove elezioni (artt. 87 e 88); presiedere, infine, due organi di straordinaria importanza come il consiglio superiore della magistratura e il consiglio supremo di difesa. Tali poteri sono stati esercitati in maniera diversa dai 12 presidenti che si sono succeduti negli anni. Difficile, perciò, stabilire delle precise definizioni della presidenza italiana. Per molti dovrebbe essere “notarile”, per altri “super partes”, per altri ancora dovrebbe essere “arbitrale”. Tutti i presidenti hanno lasciato il segno, anche prescindendo dalla loro personalità e dalle loro appartenenze partitiche. Colorando i loro mandati con le esperienze del tempo in cui hanno operato, con le specifiche contingenze storiche, con il ruolo più o meno preponderante della politica e dei leader di partito. L’IMPEGNO DI MATTARELLA. Durante il suo mandato, in Italia si sono avuti cinque governi. Mattarella ha nominato 3 presidenti del Consiglio: Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi. Il primo banco di prova per la visione arbitrale di Mattarella si è avuto nel maggio 2018. Il governo giallorosso del Conte I sponsorizzò la nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia. Mattarella vi oppose un netto rifiuto, poiché Savona era un convinto fautore dell’ “Italia fuori dall’euro”. Lega e Pentastellati dovettero ripiegare sulla new entry Giovanni Tria. Altra discesa in campo di Mattarella, nell’estate del 2019. In quella estate torrida – soprattutto sul piano politico – Salvini maturò in riva al mare la decisione di aprire la crisi di governo, convinto che presto si sarebbe trasferito a Palazzo Chigi. Fu questa la prima volta del Mattarella sostenitore della “risoluzione parlamentare della crisi”: niente elezioni! E il genio

politico di Renzi costruì in un battibaleno un nuovo governo che mise insieme il suo neonato partito di Italia Viva col Partito Democratico e Liberi e Uguali. Dopo pochi mesi, esplodeva l’epidemia che ancora ci preoccupa. TEMPI DI COVID. In questa dolorosa temperie si è potuto misurare sul campo il ruolo di Mattarella come garante dell’unità nazionale. In decine di occasioni ha rassicurato e confortato gli Italiani, invitandoli ad affrontare le difficoltà senza perdere la calma e la speranza. E a vaccinarsi.

I comportamenti del Belpaese hanno dimostrato quanto siano stati accolti positivamente gli appelli del Quirinale. Senza dimenticare la vicinanza del Presidente a tutte le comunità colpite dalla tragedia e dalle morti da covid. INDIMENTICABILI. Per la cronaca, memorabile il fuorionda del messaggio di fine anno 2020 in cui Mattarella lamentava di “non aver avuto la possibilità di andare dal parrucchiere”. Un modo di essere cittadino fra i cittadini. Oltremodo significativa la cerimonia della festa della Repubbli-

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ca, quando Mattarella depose in solitudine una corona d’alloro all’altare della patria: gesto epico che fece da “pendant” con il cammino in solitudine di papa Francesco, che percorreva le strade vuote di Roma. IL GOVERNO DRAGHI E IL PNNR. Il 26 gennaio 2021 cadeva il Conte II, Lega e Fratelli d’Italia chiedevano di andare al voto. Di nuovo Mattarella chiese una soluzione parlamentare della crisi, anche in virtù della situazione difficile del Paese in quei giorni: imperava il Covid ed era necessario lavorare alla definizione del piano nazionale di ripresa e di resilienza. Nacque il Governo Draghi, è decollato il PNNR. NON SOLO CERIMONIALE. Mattarella non è mai mancato agli eventi traumatici per il nostro Paese. Presente nelle zone colpite dal terremoto, partecipe dei lutti di Amatrice e dei comuni del centro Italia. Fra i primi ad incontrare i genitori di Regeni e a chiedere “il massimo impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti per appurare la verità” su quanto accaduto al giovane ricercatore italiano ucciso in Egitto. Puntuale nell’incontrare uomini e donne intervenuti a Rigopiano, in Abruzzo, dove una maledetta slavina aveva causato la morte di 29 persone. Puntuale, qualche mese più tardi, in estate, a fare visita alle popolazioni dell’isola

d’Ischia, colpite dal terremoto. Puntuale, un anno dopo, nel 2018 alle tristi esequie di 43 cittadini di Genova, vittime del crollo del Ponte Morandi. Sono tanti i momenti che hanno segnato l’esperienza da presidente della repubblica di Mattarella e che noi abbiamo provato a rendicontare. E’ stato un presidente forse scontato, talvolta interventista, talaltre volte arbitrale, però sempre sincero. Per valutarlo, dobbiamo trattare dei soli parametri ai quali un presidente deve fare costituzionalmente riferimento: la rappresentanza dell’unità nazionale, la funzionalità del governo, il rispetto degli obblighi assunti in sede di unione europea. Tutti questi parametri sono stati presenti in Mattarella! Il nostro auspicio è che il suo successore abbia la stessa stella polare e il medesimo amore per il nostro amato Paese.

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MARIA PIA ROMANO

confidi, assicurazioni, agenzie immobiliari, società dilatelecomunicazioni, utilities, Da prima che Puglia diventasse di si terrà l’evento nazionale Covid free. moda, Gallipoli lo era già. Era il ’94 Come vi state attrezzando?

quando D’Alema e Buttiglione si incon- Gallipoli ha una responsabilità imporimprese e professionisti travano al Bastione, storico ristorante della città, per discutere le strategie per superare il governo Berlusconi. E poi Gianni Morandi a Lido Pizzo, e tanti altri vip negli anni hanno scelto la splendida cittadina ionica cantata dal poeta Vittore Fiore. I ragazzi che ora fremono per andare in vacanza a Gallipoli non erano ancora nati, ma la città era già famosa, anche per le sue discoteche. I lidi che mettevano un po’ di musica nelle notti speciali dell’estate: San Lorenzo e Ferragosto, quello che è venuto dopo è storia, perché Gallipoli ha saputo richiamare tutto il mondo, con il suo mare cristallino, i suoi locali, i suoi eventi. Ora cosa succede? Ne abbiamo parlato con il Sindaco Stefano Minerva. Sindaco Minerva, a giugno Gallipoli

tante e proprio perché è riconosciuta a livello nazionale come città anche dei giovani, si è scelto di fare nel territorio l’evento. Nulla sarà affidato al caso, vi è un protocollo da rispettare e che riguarderà tutti gli attori del sistema. Abbiamo una grande responsabilità e non possiamo permetterci di perdere la partita. Stiamo lavorando costantemente per la buona riuscita dell’evento pilota di giugno. È chiaro che le Istituzioni fanno il possibile, il resto però richiede un contributo importante anche dagli esterni. Ci sono imprenditori che stanno investendo su nuove discoteche e, a quanto pare, sono già arrivate molte prenotazioni da parte di ragazzi da tutta Italia. Gallipoli tornerà ad essere la capitale del divertimento giovanile?

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Gallipoli non torna indietro, o meglio: va avanti. sempre. Nei decenni passati Gallipoli era il punto di riferimento per le famiglie poi, grazie alla visione di imprenditori illuminati, il brand Gallipoli è diventato un’attrattiva per i più giovani. Sono del parere che un target non debba necessariamente escludere l’altro: Gallipoli nell’ultimo triennio è diventato un modello nazionale in grado di coniugare famiglie e cultura, giovani e divertimento. Non a caso gli ingressi dei contenitori culturali della città hanno visto il proprio numero raddoppiarsi. Gallipoli è una città ricca di storia, crocevia di culture, ma è anche una città fresca e giovanile. Come tutti i rapporti di convivenza serve il buon senso e il rispetto delle regole, senza non si può immaginare alcun futuro. La voglia di vivere la notte è tanta, ma siamo reduci da zona rossa e invochiamo che cessi il coprifuoco. Si comincia a parlare di vaccini per i più giovani. Pensa di organizzare centri vaccinali dedicati ai turisti, se ne avrà la possibilità? L’attuale Amministrazione ha dedicato un’attenzione importante al settore sanitario. Mi preme fare una piccola, importante premessa: il nosocomio gallipolino è diventato di primo livello proprio negli ultimi anni e insieme al Distretto Socio Sanitario abbiamo attivato un centro di assistenza medica per i tu-

ANALISI

MONITORAGGIO

VERIFICA DATI AZIENDALI


Per capire dove si va bisogna capire da dove si parte

IMPRESE E DIGITALE LA RIVOLUZIONE DEL 4.0 Vincenzo F. Zeffiri

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Uno dei maggiori trend di questo anno si conferma la digitalizzazione. Nessuna crisi economica sembra riuscita ad intaccare la corsa sfrenata verso un continuo upgrade e redesign dei sistemi aziendali e del Paese con tecnologie digitali d’avanguardia. “Upgrade” e “Redesign” sono due termini cari a chi si occupa di questo ambito e più in generale di innovazione. Lo sguardo è sempre puntato a salire, cresce, ridefinire e aggiornare e con i prestiti linguistici anglosassoni riusciamo perfettamente a sintetizzare questo impeto così come le tecniche e metodologie che ci sono alla base del cambiamento. Il concetto di salita e crescita però porta con sé anche un livello di stadiazione: lo stato in cui si è e che si vuole abbandonare o trasformare per raggiungerne uno nuovo. Sin dalle prime battute della rivoluzione 4.0, centri di eccellenza nazionali e internazionali hanno messo a punto metodologie di valutazione dello stato digitale di una impresa come, per esempio, il DREAMY 4.0 messo a punto dal Politecnico di Milano. L’obiettivo è comune, fornire alle imprese un metodo analitico per valutare lo stato dei fatti e una strategia di innovazione digitale consapevole. Si incrociano naturalmente fattori di natura organizzativa, tecnologica, metodologica ed economica. L’attenzione è

spesso rivolta ai processi, al modo di fare le cose - o “operations” con un altro termine anglosassone – e alle tecnologie presenti in azienda. Di per sé ogni strumento di valutazione andrebbe gestito da esperti dell’innovazione che possono dare ai risultati posti sottoforma di indici, livelli, grafici o giudizi finali, un senso prospettico. Diversamente si può raggiungere una fotografia anche accurata dello stato delle cose ma priva di utilità se non in molti casi fonte di frustrazione o scoraggiamento. Esiste poi un ulteriore livello di analisi delle imprese che focalizza ai modelli di business adottati. Questo approccio recupera il “come fare” le cose attraverso il “perché” e come fare impresa. Infatti, se da un lato l’innovazione tecnologica può riguardare processi e prodotti, dall’altro sempre più si afferma l’importanza di allineare i modelli di business di ciascuna impresa a nuovi paradigmi che si sono rivelati vincenti anche nelle ultime e critiche vicissitudine globali. Secondo FourWeekMBA, che nonostante il nome è frutto del lavoro incessante dell’italiano Gennaro Cuofano, i livelli con cui è possibile classificare i modelli di business votati alla tecnologia sono quattro a seconda del ruolo che la tecnologia svolge nella proposta di valore dell’azienda per il cliente.

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Il primo livello riguarda le imprese che hanno già adottato tecnologie digitali per la comunicazione o distribuzione del loro prodotto. Si tratta di soluzioni anche semplici come un sito web aziendale operativo e aggiornato o un canale di vendita online non automatizzato. Agli occhi del cliente può sembra un ben minimo raggiungimento ma l’esperienza raccolta dal campo in diversi settori evidenzia quanto già un approccio orientato al cliente tramite strumenti digitali sia difficile da intraprendere e da ritrovare efficacemente implementato. Spesso si celano ostacoli di natura organizzativa, per la cultura degli operatori o per la lunga tradizione di impostazione del business con strumenti analogici. Altre volte si punta alla natura conservatrice dei propri clienti per salvaguardare le scelte conservative dell’impresa. È evidente che il periodo di transizione che stiamo vivendo pone scenari di questo tipo in modo indiscutibile anche ad una analisi esperta. Allo stesso tempo, proprio perché di transizione si parla, non si può ignorare lo spirito che sempre dovrebbe guidare un’azienda verso la futuribilità delle proprie scelte, accanto all’osservazione dei concorrenti. Non si può quindi ignorare questo percorso di digitalizzazione che - ancora una volta è bene ripetete - deve essere fatto con l’obiettivo di raggiungere una visione del business orientata alle persone e ai clienti. Il secondo livello è quello delle imprese in cui è possibile valutare un significativo miglioramento delle performance e dei prodotti tramite le tecnologie digitali. In questo caso il digitale non svolge più solo un ruolo di canale comunicativo, creato per adeguarsi agli attuali standard, ma perme la struttura aziendale. L’origine è spesso legata al modo in cui il prodotto o servizio è concepito, progettato, costruito e poi consegnato al cliente. Questo collegamento con il cliente è prezioso ed è valorizzato dalle tecnologie digitali a questo livello perché permette una bidirezionalità delle informazioni. I feedback e i dati di utilizzo dei servizi o prodotti ricevuti dai clienti sono il nuovo oro delle imprese di questo secolo. Ad un gradino più in alto troviamo le imprese che hanno ampliato questa relazione non più solo con i propri clienti ma a livello di ecosistema produttivo. È il caso di molte im-

prese all’avanguardia che hanno creato piattaforme di business, sia tecnologiche che manageriali, per agevolare le interazioni tra i diversi attori del ciclo produttivo, fornitori, clienti, partner, enti del territorio. Alcuni, come i grandi player dell’e-commerce, sono passati da semplici venditori dei propri prodotti, a canali di vendita e transizione anche per altri produttori. Il salto è significativo e naturalmente ogni impresa potrà progettarlo nel modo migliore e più coerente con la propria strategia di impresa. I vantaggi però sono chiari e inequivocabili. La flessibilità e robustezza che raggiunge il business sono ancorati ad un sistema non più dipendente da un unico canale di profitto ma da un ecosistema che può mutare secondo le esigenze, sfruttando i paradigmi e le tecnologie digitali. Il quarto livello comporta un passo strategico più che tecnologico. Sfruttando l’ecosistema e la piattaforma di business creata, si prediligono strumenti intelligenti e di automazione per la gestione e un approccio in cui il principale servizio offerto a mercato è proprio quello di interconnessione tra altre parti. È a questo livello che alcuni tecnologie, come ad esempio la Blockchain o l’Intelligenza Artificiale, vedono un nuovo modo di essere applicate e di determinare business promettenti per il futuro. Questa progressione di livelli non deve trarre in inganno però nelle valutazioni. Mai esisterà una corsa verso l’ultimo gradino quasi a voler raggiungere il podio. La digitalizzazione è spesso in origine un processo di semplificazione e attraverso di esso di scoperta di nuove potenzialità. Da questa porta si accede ad un mondo nuovo di prospettive che schiudono scenari di business interessanti. La capacità di individuare una strada da percorrere è successiva a quella di individuare un punto da raggiungere. È dunque solo dopo che si può guardare alle tecnologie, ai processi, alle metodologie, ai paradigmi e ai modelli di business propri del digitale per raccogliere gli strumenti più idonei a questo viaggio che per sua natura sarà di e in continua evoluzione. Dopotutto l’innovazione è un treno che non si ferma mai e qualche volta è più simile ad un razzo che proietta l’impresa nel futuro, come un salto in avanti inaspettato e sorprendente.

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BONO à t i l a u q di i t t e g o r p a m r i f

Ffs celebra i 20 anni Infuturo la sfida è al greenwashing Venti anni di attività e 130 soci dai 15 iniziali: sono i numeri del Forum per la Finanza Sostenibile Venti anni di attività e 130 soci dai 15 iniziali. Sono i numeri impegnerà anche nel monitoraggio sia dell’evoluzione nordel Forum per la Finanza Sostenibile che ha celebrato i suoi mativa, sia dei fenomeni e delle tendenze di mercato, con20 anni di attività nell’evento conclusivo della Settimana centrandosi in particolare su investitori istituzionali e retail, SRI 2021 dedicato allo stato dell’arte e alle sfide future della Pmi e terzo settore. Fondamentale sarà per l’associazione finanza sostenibile in Italia. Il Forum dalla sua fondazione il lavoro per la trasparenza e contro il greenwashing e il lavora per promuovere gli investimenti sostenibili attraver- socialwashing, così come proseguire nella promozione del so attività di ricerca, divulgazione e formazione e aggrega dialogo tra investitori e imprese, attraverso iniziative di enGARANZIA ASSISTENZA soci che a diverso titolo promuovono la finanza sostenibile, gagement collaborativo. A queste sfide si accompagnano sull’intervento Servizio completo ad amministratori, stimolando il dialogo tra i diversi attori. «Iprorisultati di questi quelleGaranzia dell’educazione finanziaria e realizzato della comunicazione, anni hanno mostrato le enormi potenzialità della finanza con l’obiettivo di diffondere la conoscenza dei temi chiaASSISTENZA POST INTERVENTO gettisti e singoli condomini sostenibile e l’importanza del lavoro del Forum su temi di- ve della finanza sostenibile, aumentare la consapevolezza Monitoraggio dei risultati conseguiti e conSEMPLIFICAZIONE ventati ormai centrali nelle agende politiche e nelle strate- dei cittadini e portare il contributo del Forum al dibattito trollo delle performance dei prodotti utilizdegli operatoriresponsabile finanziari – ha commentato Unico gie interlocutore (proget- il presidente pubblico. zati della base associativa e delle attività del Forum del realizzazione, Forum Gian Franco Giannini Guazzugli − È una grande «La crescita tazione, acquisizione credito, soddisfazione celebrare oggi questo anniversario, guar- per la Finanza Sostenibile è andata di pari passo in questi ECONOMIE DI SCALA gestione finanziaria) dando avanti alle prossime sfide che ci attendono in que- anni con gli sviluppi della normativa a livello europeo e con Riduzione dei costideinecessari nelle varie la progressiva integrazione fattori ambientali, sociali sta fase di ripresa verso obiettivi di sviluppo sostenibile». CERTIFICAZIONE governance da parte degli operatori finanziari La prima sfida per il Forum è dare il proprio contributo – e di buona fasi in ragione di una gestione organica Certificazione sulla progettazione dell’interaziende dell’intero – ha dichiarato il segretarioe generale del in termini di divulgazione, formazione e ricerca – al rag- e delle unitaria intervento dell’esecuvento giungimento e sulla procedura di maturazione del degli obiettivi climatici e alla realizzazione di Forum Francesco Bicciato – Spesso il Forum ha avuto con zione contemporanea di un considerevole creditouna fiscale transizione ecologica giusta e inclusiva. Di pari passo, soddisfazione il ruolo di indicare la strada e anticipare tendi interventi l’associazione punta ad accompagnare lo sviluppo della denzenumero ed evoluzioni del mercatoanaloghi Sri. Con entusiasmo racfinanza sostenibile, promuovendo il riorientamento degli cogliamo le sfide del futuro: la trasparenza, la ricerca, la investimenti verso obiettivi di sostenibilità e una sempre divulgazione, il contributo per una transizione giusta e la Sedi&contatti più profonda integrazione dei fattori ambientali, sociali e promozione del dialogo costruttivo con le istituzioni e gli Sede legale nelle politiche aziendali. Il Forum si attori economici E-mail: pubblici e privati». di buona governance

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SuperBonus 110%

A cura di Dario Gucci Avvocato

Ancora sul Superbonus acquisto casa antisismica. La cumulabilità con l’ecobonus

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Si ritiene di dover approfondire ulteriormente la disciplina del Superbonus acquisti, strumento di agevolazione fiscale di vasta portata sino ad oggi non sufficientemente esplorato. Solo per completezza si riporta nuovamente una sintesi del quadro normativo vigente. La disciplina del sismabonus trae origine dal comma 1-septies dell’articolo 16 del D.L. 4 giugno 2013, n. 63 il quale prevede che qualora gli interventi di miglioramento antisismico siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e3 mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, anche con variazione volumetrica rispetto all’edificio preesistente ove le norme urbanistiche lo consentano e siano eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che provvedano, entro trenta mesi dalla data di conclusione dei lavori alla successiva alienazione dell’immobile le detrazioni dall’imposta spettano all’acquirente delle unità immobiliari, nella misura del 75 per cento e dell’85 per cento del prezzo della singola unità immobiliare, risultante nell’atto pubblico di compravendita e comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96 mila euro per ciascuna unità immobiliare. Le due misure percentuali sono vincolate rispettivamente al passaggio ad una o a due classi inferiori di rischio sismico. E’ ormai chiaro che la disposizione sull’acquisto di case antisismiche, pur essendo affine al c.d. “sismabonus”, si differenzia da quest’ultimo in quanto beneficiari dell’agevolazione sono gli acquirenti delle nuove unità immobiliari e la detrazione spettante è calcolata sul prezzo di acquisto di ciascuna delle predette con il tetto massimo di 96.000 euro per singola unità. Successivamente, come è ormai noto, l’articolo 119 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio) convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto nuove disposizioni - definite Superbonus - che disciplinano la detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 a fronte di specifici interventi finalizzati, tra l‘altro, al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico

degli edifici. Le nuove disposizioni si affiancano a quelle già vigenti (succitato art. 16 del D.L. 4 giugno 2013, n. 63) che disciplinavano le detrazioni spettanti per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, inclusi quelli antisismici (cd. “sismabonus”). In estrema sintesi le tipologie e i requisiti tecnici degli interventi oggetto del Superbonus sono indicati nei commi da 1 a 8 del citato articolo 119 del decreto Rilancio, mentre l’ambito soggettivo di applicazione del beneficio fiscale è delineato nei successivi commi 9 e 10. Tra questi sono previsti proprio gli interventi antisismici sulla statica degli edifici in favore delle famiglie e di altri soggetti non imprenditoriali. Con riferimento all’applicazione delle agevolazioni del Superbonus l’Agenzia delle entrate si è espressa con la circolare 8 agosto 2020, n. 24/E nella quale, in particolare, è stato precisato che il medesimo si applica anche alle spese sostenute dagli acquirenti delle cd. case antisismiche, vale a dire delle unità immobiliari facenti parte di edifici ubicati in zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 (individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006) oggetto di interventi antisismici effettuati mediante demolizione e ricostruzione dell’immobile da parte di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che, entro 18 mesi dal termine dei lavori (oggi 30 mesi ex art. 33 bis D.L. 77/21), provvedano alla successiva rivendita. In particolare, per effetto di quanto disposto dal citato articolo 119 del decreto Rilancio, la detrazione prevista dall’articolo 16, comma 1-septies è elevata al 110 percento delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (in corso di proroga). Questo il quadro normativo in cui si trovano ad operare imprese costruttrici e potenziali acquirenti di immobili antisismici. Molto interessante è quanto indicato in materia nella risposta ad interpello n. 70 resa dall’Agenzia delle entrate nel febbraio 2021 in caso di cumulo dei due benefici (ecobonus e superbonus acquisti). Con riferimento al quesito n. 3 posto nell’interpello, con il quale l’istante (impresa costruttrice) chiede di poter beneficiare anche dell’agevolazione eco-bonus disciplinata dall’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013 in relazione al numero di unità

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abitative preesistente agli interventi di demolizione e ricostruzione dell’immobile, precisa l’Agenzia che l’articolo 14, co. 1 del D.L. 4 giugno 2013, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, ha elevato dal 55 al 65 percento la percentuale di detrazione per le spese sostenute e che la legge di bilancio per il 2018, la legge n. 205/17, ha stabilito specifiche percentuali di detrazione per le diverse tipologie di interventi. Come chiarito con la risoluzione n. 34/E del 2020 della stessa Agenzia l’ecobonus, nelle percentuali più limitate di cui sopra, spetta anche ai titolari di reddito di impresa sugli immobili da loro posseduti o detenuti, a prescindere che siano immobili “strumentali”, “beni merce” o “patrimoniali”. Puntualizza però l’Agenzia che, qualora l’istante intenda fruire della predetta detrazione e non sia possibile identificare le spese riferibili esclusivamente agli interventi che comportano il conseguimento di una classe energetica superiore rispetto alle spese che, invece, determinano una riduzione di almeno due classi del rischio sismico, non risulterebbe rispettato il principio generale secondo cui non è possibile far valere due agevolazioni sulla medesima spesa e di conseguenza i successivi acquirenti sarebbero esclusi dal beneficio del superbonus acquisti. Diversamente laddove l’istante possa identificare le spese riferibili esclusivamente agli interventi di miglioramento energetico disciplinati dall’articolo 14 del medesimo D.L. n. 63 del 2013, la predetta detrazione (ecobonus) non è incompatibile con il beneficio di cui ai quesiti precedenti (superbonus acquisti). In buona sostanza sullo stesso intervento edilizio sino al 31/12/2021 possono coesistere due diversi benefici fiscali di cui godono da un lato l’impresa costruttrice e dall’altro l’acquirente finale: La disciplina dell’ecobonus ex lege 63 del 2013 di cui è benefi-

ciaria l’impresa costruttrice La disciplina del superbonus acquisti secondo il D.L. 34 come convertito di cui sono beneficiari i singoli acquirenti degli immobili ricostruiti Il tutto a patto che sia possibile discernere nella contabilità lavori le spese destinate al miglioramento sismico e quelle destinate al miglioramento energetico dello stabile ricostruito. Non ci si dilunga sull’ulteriore interessante aspetto trattato dalla medesima risposta n. 70 e cioè che sia possibile beneficiare della detrazione anche con riferimento ad eventuali importi versati in acconto, a condizione però che il preliminare di vendita dell’immobile sia registrato entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale si intende fruire della detrazione e che si realizzi anche il presupposto costituito dell’ultimazione dei lavori riguardanti l’intero fabbricato. Il punto è già stato affrontato in precedente articolo. Qualora gli acconti siano versati nel periodo di vigenza dell’agevolazione prevista dagli articoli 119 e 121 del D.L. n. 34 del 2020 gli acquirenti degli immobili potranno fruire della detrazione del 110 per cento, come precisato nella circolare n. 24/E del 2020, al ricorrere delle condizioni e dei presupposti previsti dalla norma agevolativa e cioè che i lavori siano ultimati e che i pagamenti siano compresi nella finestra temporale prevista per l’agevolazione. Nel caso di specie – risposta n. 70 – non era dato per scontato il beneficio in quanti la fine lavori e il rogito non erano ancora intervenuti. In conclusione, è più che mai opportuno che dinanzi a varie discipline agevolative, tutte utili al panorama edilizio nazionale, la disciplina in approvazione con la legge di stabilità per il 2022 faccia chiarezza sui nuovi termini e proroghi nel tempo le varie discipline in modo sincrono, non differenziando cioè, per l’uno o per l’altro beneficio, i termini di scadenza.


Digital communication

A cura della dott.ssa Valentina Apicella Esperto in Digital Communication

Sanità: digitalizzazione e sicurezza di pari passo

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Il Covid-19 nel settore sanitario ha accelerato il processo di digitalizzazione; la telemedicina e l’assistenza domiciliare hanno assunto un ruolo sempre più importante grazie al supporto della tecnologia e delle nuove infrastrutture basate sul cloud. Se nel 2020, solo il 7% dei pazienti ha avuto un consulto medico con un operatore sanitario, nel 2021 la percentuale è salita al 32%. Anche l’uso delle cartelle cliniche elettroniche EHR (Electronic Health Records) ed EMR (Electronic Medical Records) è aumentato drasticamente. L’accelerazione alla digitalizzazione del settore sanitario ha portato però ad una maggiore esposizione agli attacchi informatici. La ricerca “Healthcare Cybersecurity” di Bitdefender, realizzata in Italia lo scorso maggio 2021, ha valutato lo status di efficienza della sicurezza informatica nel settore sanitario. Il 93% delle aziende del settore sanitario ha subito attacchi informatici in passato mentre il 64% ritiene probabile, o altamente probabile, un attacco informatico nel prossimo futuro. Nonostante ciò, dalla ricerca emerge che l’efficienza delle strutture sanitarie italiane per affrontare i rischi di sicurezza informatica raggiunge solo il 49%. Nel giro di poche settimane, la pandemia COVID-19 ha portato alla chiusura degli uffici in tutto il mondo, riempito gli ospedali e trasformato il settore sanitario in un servizio di teleassistenza virtuale. Di conseguenza, l’adozione di fornitori e tecnologie cloud per la sanità è aumentata in modo considerevole senza considera-

re con la dovuta attenzione la sicurezza informatica. L’introduzione accelerata di tecnologie, ha aumentato in modo esponenziale la superficie di attacco e l’esposizione ai rischi per il settore sanitario. L’uso di sistemi EHR e di altri sistemi sanitari basati sul cloud per soddisfare le esigenze infrastrutturali e di archiviazione dei dati pone anche un rischio in termini di potenziali perdite. Che sia a causa di un’errata configurazione da parte del provider di servizi cloud o del proprio team interno, le cartelle cliniche possono essere accidentalmente esposte o diffuse su Internet, mettendo in rete dati sensibili. Alcuni di questi attacchi possono essere attribuiti all’aumento dell’uso da parte

delle strutture sanitarie di fornitori cloud. Di questa situazione sono perfettamente consapevoli anche gli hacker che stanno prendendo di mira le strutture sanitarie con l’esplicito scopo di accedere ed esfiltrare i dati sanitari e dei pazienti. Pertanto, il settore sanitario ha bisogno di modernizzare la propria sicurezza informatica nello stesso modo in cui ha modernizzato le sue infrastrutture e i suoi servizi adottando nuovi modelli e strutture di sicurezza all’avanguardia che incorporino la gestione del rischio di terzi, l’uso di fornitori di servizi e infrastrutture cloud in grado di offrire strategie di mitigazione dei rischi e di recovery per le attuali minacce che le strutture sanitarie si trovano ad affrontare.

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A cura dell’Avv.

parere legale

Paolo Caputo

Info e contatti: studiopaolocaputo@libero.it

Opere pubbliche: Giovannini firma atto di indirizzo per la tutela del lavoro e la sicurezza nei cantieri l pieno rispetto delle norme a tutela del lavoro e della sicurezza nei cantieri è la priorità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims). Per questo l’Atto di Indirizzo in materia di applicazione della disciplina del subappalto firmato oggi dal Ministro Enrico Giovannini richiama le stazioni appaltanti afferenti al Mims impegnate a realizzare opere infrastrutturali, comprese quelle previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), a porre particolare attenzione nella formulazione dei bandi di gara e al controllo del rispetto delle norme, specialmente quelle relative al subappalto, e dei protocolli in materia di sicurezza del lavoro. In particolare, la nuova disciplina del subappalto, che allinea l’ordinamento nazionale alle indicazioni derivanti dalle istituzioni comunitarie, interviene con disposizioni per perseguire obiettivi di tutela e sicurezza del lavoro. Tali norme, partendo dal presupposto che il ricorso al subappalto determina la presenza di una filiera di imprese per la realizzazione di un’opera, assicurano che i medesimi livelli di tutela che la stazione appaltante richiede all’affidatario, siano garantite anche alle aziende subappaltatrici. “I tempi per l’attuazione del Pnrr sono molto stringenti e serve un grande sforzo da parte di tutte le componenti della società, soprattutto di chi opera nei cantieri”, afferma il Ministro Giovannini. “La rapidità di esecuzione non deve in alcun modo pregiudicare la tutela dei diritti dei lavoratori e la loro sicurezza. Con questo atto, il primo del 2022, desidero sottoli-

neare che tra le priorità del Governo c’è proprio l’impegno alla protezione di chi realizza, controlla e protegge le infrastrutture che contribuiscono a costruire un’Italia migliore, più forte e più resiliente”. Secondo l’Atto di Indirizzo, le stazioni appaltanti afferenti al Mims devono specificare nei documenti di gara che il rispetto della normativa in materia di tutela del lavoro e della sicurezza nei cantieri è una condizione essenziale per l’esecuzione del contratto e verificare, in fase di esecuzione dell’appalto, l’applicazione delle norme correlate del Codice dei contratti pubblici. Le stazioni appaltanti, prima di autorizzare il ricorso al subappalto per l’esecuzione dei lavori, devono anche ve-

rificare il rispetto della normativa in materia di parità di trattamento economico e normativo e l’applicazione dei relativi Contratti Collettivi. Alla fine del primo semestre del 2022, le stazioni appaltanti dovranno trasmettere al Ministro una relazione sulle azioni intraprese per ottemperare all’Atto di Indirizzo. Un invito ad assumere analoghe iniziative verrà inviato dal Ministro ai Presidenti di Regione, all’Anci, ai Presidenti delle Autorità di Sistema Portuale, ai Commissari straordinari nominati nel 2021, nonché al gruppo Ferrovie dello Stato, visto che RFI e ANAS costituiscono importanti soggetti attuatori del Pnrr. Fonte: Comunicato Stampa Ministero Interno


A c u r a d i To m m a s o M a z z i o t t i Presidente C.d.A. Cred.it Spa

economia a 360°

Contributi ai Comuni per progetti di rigenerazione urbana: firmato il decreto interministeriale

42 Progetti Finanza&

Con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, in data 30 dicembre 2021 , il cui avviso sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, sono stati individuati i Comuni beneficiari del contributo previsto dall’articolo 1, commi 42 e seguenti, della legge 27 dicembre 2019, n.160 e dal DPCM del 21 gennaio 2021, da destinare ad investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. In particolare, per gli anni 2021-2026 i contributi in questione, confluiti nell’ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ammontano complessivamente a euro 3.400.000.000,00. Gli enti locali interessati hanno già provveduto a comunicare le richieste di contributo al Ministero dell’interno - tramite la nuova piattaforma di gestione delle linee di finanziamento GLF, integrata nel sistema di monitoraggio delle opere pubbliche (MOP) - entro il termine del 4 giugno 2021. Tale richieste, ai sensi dell’articolo 2 del citato DPCM del 21 gennaio 2021, “possono essere nel limite massimo di 5.000.000 di euro per i comuni con popolazione da 15.000 a 49.999 abitanti, 10.000.000 di euro per i comuni con popolazione da 50.000 a 100.000 abitanti e 20.000.000 di euro per i comuni con popolazione superiore o uguale a 100.001 abitanti e per i comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana”. La procedura telematica, predisposta dal Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – tramite la richiamata piattaforma GLF - ha rilevato la presentazione di n. 649 certificazioni per un totale di 2.418 progetti ed una richiesta di risorse pari ad euro 4.402,667.449,17. L’ammontare del contributo attribuito a ciascun ente è stato determinato con il citato decreto del 30 dicembre 2021, a favore dei Comuni che presentano un valore più elevato dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) come previsto dall’articolo 5 punto 2 del richiamato DPCM del 21 gennaio 2021. Inoltre, l’attribuzione del contributo, è stata fatta assicurando

il rispetto, altresì, dell’articolo 7-bis, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2016, n.243, in materia di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive, nella parte in cui viene stabilito che il volume complessivo degli stanziamenti ordinari in conto capitale sia almeno proporzionale alla popolazione residente nel territorio delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna. Il decreto interministeriale in argomento riporta quattro allegati: allegato 1, che contiene l’elenco dei n. 2.418 progetti, per i quali le richieste sono pervenute nei termini previsti, in cui sono evidenziati distintamente quelli ammessi con riserva, e con la indicazione anche dei progetti esclusi dall’assegnazione del contributo perché ritenuti non ammissibili per le motivazioni ivi indicate; allegato 2, che riporta l’elenco di n. 2.325 opere ammesse; allegato 3, che contiene l’elenco delle n. 1.784 opere attualmente ammesse e finanziate. Gli enti locali beneficiari sono complessivamente n. 483; allegato 4, atto di adesione e obbligo, che i Comuni assegnatari delle risorse, sono tenuti a sottoscrivere al fine di assicurare il rispetto di tutte le condizioni e gli obblighi previsti dal PNRR. Il decreto con i relativi allegati sono pubblicati sul sito del Dipartimento per gli affari interni e territoriali - Finanza Locale. Si evidenzia, infine che, per i progetti ammessi con riserva, distintamente evidenziati nell’allegato 1, occorrerà verificare la coerenza dell’indicatore relativo alla superficie in metri quadri oggetto di intervento (target PNRR) e/o dovranno essere integrate le informazioni relative agli altri indicatori mancanti. Pertanto, i Comuni interessati sono tenuti a fornire ogni elemento utile atto a riscontrare la validità del dato inserito o, se ricorrono gli estremi, a variare il dato comunicato, entro 10 giorni lavorativi dalla pubblicazione del presente decreto in Gazzetta Ufficiale. Pertanto, in assenza di ulteriore riscontro da parte dell’ente locale interessato, si procederà alla esclusione del progetto in questione dal riparto e, conseguentemente, con successivo provvedimento allo scorrimento della graduatoria. Fonte: Comunicato Ministero dell’Interno

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