Magazine P&F dicembre 2024

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DICEMBRE 2024

ENERGIE CIRCOLARI: RINNOVABILI ED ECONOMIA CIRCOLARE

DEVONO ESSERE CONNESSE PER LA DECARBONIZZAZIONE

Il mondo sta vivendo una trasformazione epocale, e il concetto di sostenibilità sta ridefinendo non solo il nostro modo di vivere, ma anche la nostra economia. In questo contesto, le energie rinnovabili e l’economia circolare devono essere viste non come due ambiti distinti, ma come componenti complementari di una strategia integrata per la decarbonizzazione. In un momento storico in cui la lotta ai cambiamenti climatici è una priorità indiscutibile, è essenziale che le politiche e le scelte economiche si allineino con l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio e promuovere un uso più intelligente e efficiente delle risorse.

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L’economia circolare, che si fonda sul principio del “riutilizzo” e “riciclo” piuttosto che sul consumo e sulla produzione di rifiuti, è una strategia cruciale per affrontare le sfide ambientali. Tuttavia, la sua piena efficacia si ottiene solo quando si integra con la produzione di energie rinnovabili, creando un ciclo virtuoso che non solo riduce i rifiuti, ma allo stesso tempo sfrutta l’energia in modo più sostenibile e più efficiente. Le energie rinnovabili, quali il solare, l’eolico e le biomasse, sono ormai riconosciute come le principali soluzioni per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, e quindi, abbattere le emissioni di gas serra. Ma il loro pieno potenziale si realizza solo in un sistema economico che ottimizza le risorse, promuovendo il riuso e il riciclo dei materiali. La produzione di energia rinnovabile stessa può essere inserita in un contesto circolare, in cui non solo l’energia generata è rinnovabile, ma anche i materiali e le tecnologie utilizzate per produrla sono riciclati o riutilizzati in altri cicli produttivi. Un esempio emblematico di questa sinergia è l’industria delle batterie per lo stoccaggio di energia. Le batterie sono fondamentali per gestire l’intermittenza delle energie rinnovabili, ma la loro produzione e il loro smaltimento pongono sfide ambientali considerevoli. L’integrazione di modelli circolari, che promuovano il riciclo delle batterie e il riutilizzo dei materiali critici al loro interno, non solo riduce l’impatto ambientale, ma contribuisce a creare un mercato più sostenibile e resiliente. Allo stesso modo, la gestione dei pannelli solari e delle turbine eoliche alla fine del loro ciclo di vita deve seguire principi circolari, affinché le risorse non vadano perse e vengano reintegrate nel processo produttivo.

L’obiettivo della decarbonizzazione, fissato in molti piani nazionali e internazionali, non può essere raggiunto se non si crea una connessione diretta tra la produzione di energia pulita e la gestione circolare delle risorse. La transizione energetica non si limita infatti alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ma implica un cambiamento radicale nei modelli di consumo e produzione. La chiave è la gestione integrata di tutte le risorse, con un’attenzione particolare alla riduzione dei rifiuti e al riutilizzo delle materie prime. L’integrazione tra energie rinnovabili ed economia circolare diventa, quindi, una strategia cruciale per ottenere una vera e propria decarbonizzazione, capace di incidere non solo sulle emissioni dirette, ma anche su quelle indirette, derivanti dall’uso inefficiente delle risorse. È un processo che riguarda tutti i settori: dall’edilizia all’automotive, dall’agricoltura all’industria, ognuno dei quali deve fare i conti con un nuovo paradigma che promuove la sostenibilità come principio cardine.

In un’epoca di crescente attenzione ai temi ambientali e alla necessità di ridurre le emissioni, il binomio energie rinnovabili e economia circolare offre numerose opportunità economiche. Le aziende che sapranno investire in tecnologie e pratiche che integrano queste due dimensioni non solo contribuiranno al benessere ambientale, ma potranno anche beneficiare di vantaggi competitivi, ottenendo una maggiore efficienza operativa, riducendo i costi e incrementando la loro resilienza. L’innovazione sarà il motore di questa trasformazione, e il settore delle energie rinnovabili, già in forte espansione, dovrà integrarsi con un approccio circolare che possa rendere più efficiente l’intero ciclo di vita dei prodotti e dei servizi offerti. Le politiche europee e nazionali dovranno quindi incentivare e supportare questa transizione integrata, prevedendo strumenti di finanziamento e misure normative che favoriscano la creazione di ecosistemi energetici circolari. Gli investimenti in ricerca e sviluppo, che uniscano il settore delle rinnovabili con quello del riciclo e della gestione dei materiali, sono essenziali per accelerare il progresso verso un’economia davvero decarbonizzata. Oggi più che mai, è necessario adottare un approccio olistico per la transizione energetica e la sostenibilità.

Tommaso Mazziotti

EDITORE

Tra cambiamenti climatici, desertificazione demografica e assenza di dibattito istituzionale, il futuro del Mezzogiorno è a rischio. Ma la crisi può diventare un’opportunità per ripensare lo sviluppo del territorio, se si agirà con urgenza e visione

Crisi idrica nel Mezzogiorno: l’emergenza che sta prosciugando l’economia e la società

La cronica mancanza d’acqua nel Sud Italia è diventata una minaccia sistemica per agricoltura, industria, turismo e coesione sociale. Con oltre 300.000 persone già a rischio idrico, la situazione evidenzia il fallimento della politica nel garantire una gestione sostenibile delle risorse idriche.

Il Portavoce dei Piccoli Comuni, Virgilio Caivano, lancia un appello: “Serve una governance unica e competente, non poltronifici politici.”

La crisi idrica nel Mezzogiorno d’Italia non è solo una questione ambientale, ma un problema sistemico che mette a rischio l’economia, la coesione sociale e il futuro delle comunità locali. Da anni, il Sud è teatro di emergenze sempre più frequenti e gravi, che spaziano dalla scarsità d’acqua potabile alla desertificazione dei territori, fino alle difficoltà per l’agricoltura, l’industria e il turismo. La situazione richiede interventi strutturali e una governance efficace, ma ciò che emerge è l’incapacità delle istituzioni locali e nazionali di affrontare questa crisi con una visione strategica e sostenibile.

Le radici di una crisi annunciata

La crisi idrica nel Sud Italia non è un evento improvviso, bensì il risultato di anni di incuria, cattiva gestione e cambiamenti climatici. Già nel maggio 2024, il geologo e docente universitario Sabino Aquino aveva lanciato un grido d’allarme dalle colonne del Mattino. “Le anomalie climatiche nel territorio irpino – spiegava – hanno comportato una drastica riduzione delle precipitazioni autunnali e invernali, limitando la ricarica dei bacini acquiferi profondi.”

Questa diminuzione delle “precipitazioni efficaci” è aggravata da estati sempre più calde e siccitose, con un effetto domino sulla disponibilità idrica per l’intera regione appenninica. Le sorgenti dell’Irpinia, che riforniscono le province di Potenza, Avellino, Benevento e Foggia, stanno registrando cali significativi delle portate, mettendo a rischio l’approvvigionamento per oltre 300.000 persone.

Il costo della crisi per l’economia del Sud

Le implicazioni economiche di questa crisi sono devastanti. L’agricoltura, settore strategico per molte regioni meridionali, è il primo a risentirne. Le colture tipiche, come olivi, vigneti e ortaggi, richiedono un approvvigionamento idrico costante e di qualità. La scarsità d’acqua non solo riduce le rese, ma aumenta i costi di produzione, mettendo fuori mercato molte aziende agricole.

Anche l’industria subisce contraccolpi. Settori come quello alimentare e tessile, che dipendono dall’uso intensivo di acqua, stanno affrontando difficoltà crescenti. La crisi idrica rischia di compromettere anche gli investimenti futuri, scoraggiando nuove iniziative imprenditoriali in un territorio già segnato dalla fuga di capitali e talenti.

Il turismo, altro pilastro economico del Sud, potrebbe subire danni incalcolabili. Località che dipendono dall’attrattiva delle risorse naturali, come sorgenti, laghi e aree verdi, rischiano di perdere appeal, mentre le città d’arte e le destinazioni balneari potrebbero vedere aumentare i costi per garantire un approvvigionamento idrico adeguato. Un fallimento politico e istituzionale

A fronte di una crisi così grave, il silenzio e l’inerzia della politica sono assordanti. Come ha denunciato il Portavoce del Coordinamento Nazionale dei Piccoli Comuni Italiani, Virgilio Caivano, “i partiti politici di ogni ordine e grado, a livello comunale, provinciale e regionale, sono latitanti.”

Non ci sono stati dibattiti concreti né piani di azione sulle

questioni idriche. Il fallimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in merito al riequilibrio territoriale e alla coesione sociale evidenzia l’incapacità delle istituzioni di cogliere l’urgenza del problema. I Piani Energetici Ambientali (PEA) regionali sono in ritardo, quando non assenti del tutto, e manca un reale coinvolgimento degli enti locali e dei cittadini.

L’assenza di una governance unica e competente è un altro nodo cruciale. Le decisioni sull’acqua continuano a essere frammentate tra vari enti e livelli amministrativi, senza una regia centrale capace di coordinare le risorse e le politiche. Le conseguenze sociali: desertificazione demografica e conflitti locali

Oltre agli impatti economici, la crisi idrica sta accelerando il fenomeno della desertificazione demografica. Le aree interne del Sud, già penalizzate dalla mancanza di servizi e opportunità, stanno assistendo a una nuova ondata di emigrazione. Giovani e famiglie abbandonano i piccoli comuni per cercare condizioni di vita migliori altrove, lasciando dietro di sé comunità sempre più anziane e fragili. La mancanza d’acqua sta anche alimentando conflitti locali. Come ha sottolineato Caivano, “si sta creando una guerra tra poveri, con comunità e territori che si contendono risorse idriche sempre più scarse.” Questo clima di tensione sociale rischia di esplodere in proteste e manifestazioni, come già accaduto in Campania e Basilicata. Prospettive e proposte: una rivoluzione necessaria Per affrontare la crisi idrica, il Sud Italia ha bisogno di una

“rivoluzione copernicana” nelle sue politiche e nelle sue istituzioni. Il Coordinamento Piccoli Comuni Italiani ha proposto la creazione di una governance unica per le risorse idriche, in grado di coordinare interventi strutturali e politiche a lungo termine.

Tra le priorità ci sono:

• Investimenti nella rete idrica: Modernizzare gli acquedotti per ridurre le perdite, che in alcune aree superano il 40%.

• Tutela dei bacini idrici naturali: Proteggere le sorgenti e i bacini dall’inquinamento e dallo sfruttamento eccessivo.

• Integrazione con le energie rinnovabili: Utilizzare i fondi del PNRR per sviluppare tecnologie che combinino la produzione di energia verde con la gestione sostenibile dell’acqua.

• Coinvolgimento delle comunità locali: Garantire trasparenza e partecipazione nei processi decisionali, valorizzando il ruolo dell’associazionismo e dei comitati civici.

La crisi idrica del Mezzogiorno è uno specchio delle fragilità economiche, sociali e politiche del territorio. Tuttavia, con una gestione competente e una visione strategica, potrebbe trasformarsi in un’opportunità per rilanciare il Sud come modello di sostenibilità e innovazione. La sfida è titanica, ma non impossibile. Quello che serve è la volontà politica di agire ora, prima che sia troppo tardi.

Progettazione

Progettiamo una nuova

Lo Studio è organizzato per svolgere in autonomia attività di progettazione strutturale sia nell’ambito dell’edilizia civile che industriale, sia per la creazione di nuove costruzioni che per la ristrutturazione e la rivalutazione di costruzioni esistenti.

Direzione Lavori

La direzione lavori strutturale è attuata attraverso un susseguirsi di verifiche, analisi, sopralluoghi, prove, riunioni, verbalizzazioni e attività che portano alla stesura finale della Relazione a Strutture Ultimate che rappresenta l’atto finale del processo.

Consulenze tecniche

Grazie alla pluriennale esperienza in svariati campi dell’ingegneria, lo Studio Archimede svolge anche una importante attività di analisi di prefattibilità per interventi Superbonus 110%

Con Gargano Esco innovazione e sostenibilità nel cuore dell’energia

L’azienda si distingue per la sua missione centrata su due pilastri

fondamentali: la progettazione e lo sviluppo di processi tecnologica

mente innovativi e la realizzazione di sistemi di produzione energetica orientati all’efficientamento.

L’Italia, terra di antiche tradizioni e innovazione, si pone sempre più come avanguardia nella transizione verso un’economia sostenibile. In questo contesto, Gargano Esco emerge come una società d’impresa che, con la sua missione chiara e ambiziosa, si impegna nel progettare e sviluppare processi tecnologicamente innovativi, puntando all’efficientamento dei sistemi di produzione di energia elettrica sia a livello nazionale che internazionale.

La Missione di Gargano Esco: Sviluppo Tecnologico e Sostenibilità Ambientale

Gargano Esco si distingue per la sua missione centrata su due pilastri fondamentali: la progettazione e lo sviluppo di processi tecnologicamente innovativi e la realizzazione di sistemi di produzione energetica orientati all’efficientamento. Questa visione, ambiziosa e sostenibile, riflette la consapevolezza dell’importanza di investire in soluzioni energetiche all’avanguardia per affrontare le sfide dell’attuale scenario ambientale.

1) Progettazione e Sviluppo di Processi Innovativi: La Chiave dell’Efficienza Energetica Il primo pilastro dell’attività di Gargano Esco si concentra sulla progettazione e lo sviluppo di processi tecnologicamente innovativi. Questo significa affrontare la sfida dell’efficienza energetica attraverso l’introduzione di soluzioni avanzate e sostenibili. La società si impegna a studiare e implementare processi che non solo massimizzino la produzione di energia elettrica ma che, al contempo, riducano l’impatto ambientale. Questo approccio è particolarmente rilevante in un’epoca in cui la necessità di ridurre le emissioni di gas serra e di abbracciare fonti di energia rinnovabile è al centro delle preoccupazioni globali. Gargano Esco, attraverso la progettazione di processi all’avanguardia, contribuisce a plasmare un futuro in cui l’energia è prodotta in modo sostenibile e responsabile.

2) Realizzazione di Sistemi Energetici: Massimizzare il Rendimento e Ridurre il Consumo Il secondo elemento chiave dell’attività di Gargano Esco

riguarda la realizzazione di sistemi energetici, con l’obiettivo di massimizzarne il rendimento e ridurne il consumo. La società si distingue per la capacità di concepire e implementare soluzioni su misura, orientate a ottenere un generalizzato risparmio energetico. Questo approccio non solo risponde alle esigenze attuali di efficienza, ma anticipa le sfide future, anticipando le tendenze di mercato e le normative ambientali sempre più stringenti.

Gargano Esco come General Contractor per il Superbonus 110%: Un Contributo Decisivo alla Riqualificazione Energetica

Il ruolo di Gargano Esco come General Contractor per il Superbonus 110% rappresenta un capitolo significativo nel suo impegno verso la sostenibilità e l’efficienza energetica. La società ha realizzato centinaia di commesse in questo contesto, sottolineando la sua capacità di gestire progetti complessi e multidisciplinari.

Il Superbonus 110% è una misura chiave per incentivare la riqualificazione energetica degli edifici, promuovendo l’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate. In questo

contesto, Gargano Esco ha dimostrato il suo impegno nel supportare la trasformazione degli edifici esistenti in strutture a basso impatto ambientale, contribuendo così al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio e al miglioramento della qualità dell’aria.

L’Impegno Continuo per un Futuro Sostenibile

In conclusione, Gargano Esco si erge come un esempio di impegno per la sostenibilità e l’innovazione nell’ambito energetico. La società, con la sua missione chiara e il track record di successo, si posiziona al centro di una trasformazione necessaria per garantire un futuro energetico sostenibile. Attraverso la progettazione di processi innovativi e la realizzazione di sistemi energetici avanzati, Gargano Esco contribuisce in modo significativo alla costruzione di un mondo in cui l’energia è prodotta e utilizzata in modo intelligente, rispettando l’ambiente e promuovendo la qualità della vita per le generazioni future.

Questo modello innovativo non solo permette di ridurre

le emissioni di CO2, ma incentiva un utilizzo più responsabile delle risorse naturali, creando al contempo opportunità economiche per imprese e comunità locali.

Sinergia tra rinnovabili ed economia circolare: il modello delle Energie Circolari

Nel panorama globale della transizione ecologica, l’interconnessione tra energie rinnovabili ed economia circolare rappresenta un modello vincente per accelerare la decarbonizzazione e promuovere un futuro sostenibile. Il concetto di energie circolari nasce dalla necessità di coniugare due principi fondamentali: ridurre l’impatto ambientale attraverso l’uso di fonti rinnovabili e massimizzare l’efficienza delle risorse seguendo i dettami dell’economia circolare.

Questo modello innovativo non solo permette di ridurre le emissioni di CO2, ma incentiva un utilizzo più responsabile delle risorse naturali, creando al contempo opportunità economiche per imprese e comunità locali.

Energie circolari: cosa sono?

Le energie circolari si basano sull’integrazione tra:

Produzione energetica da fonti rinnovabili, come il solare, l’eolico, l’idroelettrico e il biogas.

Principi dell’economia circolare, che prevedono il riutilizzo, il riciclo e la

riduzione degli scarti lungo tutta la catena del valore.

Un esempio emblematico è rappresentato dagli impianti a biogas che utilizzano scarti agricoli e rifiuti organici per produrre energia pulita, evitando lo spreco di materiali e contribuendo a ridurre le emissioni legate alla gestione dei rifiuti. Un altro caso riguarda l’industria fotovoltaica, dove pannelli obsoleti possono essere riciclati per recuperare materiali preziosi come silicio e metalli rari, reintegrandoli nel ciclo produttivo. Un modello che moltiplica i benefici La sinergia tra rinnovabili ed economia circolare offre una serie di vantaggi, sia ambientali che economici. Riduzione dell’impatto ambientale: L’impiego di energie circolari abbatte le emissioni di gas serra, riducendo la dipendenza da fonti fossili e minimizzando la produzione di rifiuti.

Maggiore resilienza energetica: Il modello circolare permette di utilizzare risorse locali, come scarti agricoli o industriali, riducendo la vulnerabilità ai mercati globali dell’energia.

Nuove opportunità economiche: La

creazione di filiere integrate per il riciclo e il riutilizzo di materiali favorisce l’innovazione e genera posti di lavoro nelle comunità locali.

Efficienza nell’uso delle risorse: La trasformazione di rifiuti in energia contribuisce a ottimizzare i flussi di materiali, riducendo la pressione sulle risorse naturali.

Il successo delle energie circolari dipende dall’adozione di tecnologie innovative capaci di integrare produzione energetica e gestione delle risorse.

Impianti di cogenerazione a biomassa: Utilizzano rifiuti organici o agricoli per produrre simultaneamente energia elettrica e termica. Questa tecnologia aumenta l’efficienza energetica e riduce gli scarti.

Piattaforme digitali per la gestione circolare: Strumenti basati su intelligenza artificiale e blockchain ottimizzano il recupero e la distribuzione di energia, garantendo trasparenza e tracciabilità nei flussi energetici.

Sistemi di accumulo energetico: Batterie e tecnologie di stoccaggio permettono di utilizzare l’energia rinno-

vabile anche quando la produzione è discontinua, come nel caso del fotovoltaico o dell’eolico.

Riciclo avanzato dei materiali: Processi industriali per recuperare componenti critici dai pannelli solari, turbine eoliche e batterie a fine vita, reintegrandoli nella filiera produttiva.

Energie circolari: esempi concreti In Italia, alcuni progetti innovativi stanno già dimostrando il potenziale delle energie circolari.

Il biogas agricolo: Aziende agricole in Lombardia e Veneto hanno creato impianti che trasformano i residui della zootecnia e i rifiuti organici in biometano, utilizzabile come carburante per i trasporti o per la generazione di elettricità.

Parchi fotovoltaici circolari: Alcune imprese stanno sviluppando modelli di economia circolare applicati al fotovoltaico, recuperando materiali dai pannelli a fine vita e creando impianti sostenibili anche dal punto di vista logistico.

Comunità energetiche circolari: In Emilia-Romagna, gruppi di cittadini

hanno realizzato comunità energetiche autosufficienti che utilizzano pannelli solari e impianti a biomassa, promuovendo la condivisione dell’energia prodotta.

Le sfide da affrontare

Nonostante i numerosi vantaggi, il modello delle energie circolari affronta alcune sfide significative.

Normative complesse: La regolamentazione spesso non è allineata con le esigenze di innovazione, rallentando l’adozione di soluzioni integrate.

Costi iniziali elevati: Gli investimenti richiesti per sviluppare infrastrutture e tecnologie circolari possono rappresentare una barriera, soprattutto per le piccole imprese.

Accesso limitato alle tecnologie: In alcune aree, l’adozione di tecnologie avanzate è ostacolata dalla mancanza di competenze o infrastrutture adeguate.

Sensibilizzazione pubblica: Promuovere la consapevolezza dell’importanza delle energie circolari è essenziale per incentivare l’adozione di comportamenti virtuosi da parte di cittadini e imprese.

Prospettive future

La transizione verso un modello di energie circolari richiede un impegno congiunto tra governi, aziende e comunità locali. Investire in ricerca e sviluppo, promuovere incentivi fiscali per le imprese che adottano soluzioni circolari e semplificare le normative rappresentano passi essenziali per accelerare questa trasformazione.

L’Italia, con il suo ricco tessuto imprenditoriale e la sua attenzione crescente alla sostenibilità, ha l’opportunità di diventare un leader globale nel settore delle energie circolari. La connessione tra rinnovabili ed economia circolare non è solo una sfida tecnologica, ma un’opportunità per ridefinire il modello economico e sociale, ponendo le basi per un futuro più equo e sostenibile.a

Investire nelle energie circolari oggi significa garantire un domani in cui efficienza, innovazione e tutela dell’ambiente camminano di pari passo, dando vita a un sistema energetico resiliente e realmente sostenibile.

Rinnovabili e riciclo: il problema dello smaltimento e il ciclo di vita dei componenti

La sfida è chiara: garantire che il ciclo di vita dei componenti delle energie rinnovabili sia il più sostenibile possibile, minimizzando i rifiuti e favorendo il riciclo

Con l’accelerazione della transizione energetica globale, l’adozione delle energie rinnovabili è diventata un obiettivo imprescindibile per affrontare le sfide del cambiamento climatico. Tuttavia, in parallelo alla crescente diffusione di tecnologie rinnovabili come pannelli fotovoltaici, turbine eoliche e batterie per lo stoccaggio dell’energia, emerge una questione cruciale e spesso trascurata: il ciclo di vita di questi componenti e la gestione del loro smaltimento a fine vita. Mentre la produzione e l’installazione di tecnologie rinnovabili rappresentano una grande opportunità per ridurre le emissioni di CO2, il loro smaltimento e riciclo pone sfide ambientali ed economiche che rischiano di compromettere i benefici a lungo termine. Ogni tecnologia rinnovabile, dal fotovoltaico alle turbine eoliche, ha un ciclo di vita che inizia con la produzione e termina con lo smaltimento dei materiali al termine della loro vita utile. Un ciclo di vita ben progettato dovrebbe prevedere non solo l’efficienza nella fase di utilizzo, ma anche soluzioni per il riciclo e il riutilizzo dei materiali, in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale.

1. Pannelli fotovoltaici: I pannelli solari sono progettati per durare circa 25-30 anni, ma la loro produzione richiede l’uso di materiali come il silicio, il rame e l’argento, che sono costosi e in alcuni casi difficili da riciclare. Alla fine della loro vita, la loro gestione diventa una questione centrale, considerando che milioni di pannelli fotovoltaici arriveranno a fine vita nei prossimi anni, creando una “bomba ecologica” di rifiuti elettronici. Attualmente, solo una piccola parte dei pannelli fotovoltaici viene effettivamente riciclata, e la maggior parte finisce in discarica, con impatti significativi sull’ambiente e sulle risorse naturali.

2. Turbine eoliche: Le turbine eoliche, che sono fondamentali

per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, sono composte da materiali complessi, come acciaio, rame e materiali compositi leggeri, come la fibra di vetro. Questi ultimi sono particolarmente difficili da riciclare, creando problemi significativi quando le turbine giungono a fine vita. Sebbene le pale eoliche siano progettate per durare decenni, la necessità di smaltirle e sostituirle a causa di usura o obsolescenza tecnologica sta aumentando, e non esistono soluzioni di riciclo su larga scala per questo tipo di materiali.

3. Batterie di accumulo energetico: Le batterie sono diventate componenti essenziali per la gestione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico, poiché consentono di immagazzinare l’energia per un uso successivo. Tuttavia, la produzione di batterie richiede l’uso di metalli pesanti e risorse rare come il litio, il cobalto e il nichel, che sono soggetti a scarsità e impongono il riciclo come una priorità. Inoltre, le batterie, una volta esaurite, possono essere dannose per l’ambiente se non trattate correttamente. La crescita esponenziale della domanda di batterie per veicoli elettrici e stoccaggio energetico porta con sé una crescente preoccupazione per la gestione dei rifiuti derivanti dalla dismissione di batterie esauste.

Il riciclo delle componenti utilizzate nelle tecnologie rinnovabili rappresenta una delle sfide più complesse per il futuro delle energie pulite. Sebbene molte delle materie prime utilizzate per costruire pannelli solari, turbine eoliche e batterie siano teoricamente riciclabili, il processo di recupero è ancora insufficiente per soddisfare la crescente domanda di materiali rinnovabili. Le difficoltà sono molteplici:

1. Complessità tecnologica: I materiali compositi utilizzati per la fabbricazione delle turbine eoliche, delle pale fotovoltaiche e

delle batterie rendono il processo di separazione e riciclo complesso e costoso. In particolare, i materiali sintetici, come le resine e le fibre di vetro nelle turbine, sono difficili da recuperare, poiché non si scompongono facilmente nei processi di riciclo tradizionali.

2. Costi elevati: Il riciclo dei componenti delle tecnologie rinnovabili è costoso e, al momento, non sempre conveniente. Sebbene alcuni materiali, come il rame e l’acciaio, possano essere facilmente recuperati e riutilizzati, altri come il silicio nei pannelli solari richiedono processi complessi e costosi per essere estratti e purificati. La mancanza di incentivi economici per il riciclo e la bassa disponibilità di infrastrutture adeguate contribuiscono a frenare il potenziale di riciclo su larga scala.

3. Mancanza di normative adeguate: La gestione del fine vita delle tecnologie rinnovabili è ancora un settore poco regolamentato, e molti paesi non dispongono di normative chiare e uniformi per il trattamento dei rifiuti elettronici derivanti da pannelli solari, turbine e batterie. L’assenza di politiche e incentivi adeguati rallenta lo sviluppo di soluzioni efficaci e sostenibili per il riciclo.

Le Soluzioni e il Futuro del Riciclo delle Rinnovabili

Nonostante le sfide, esistono alcune soluzioni promettenti che potrebbero migliorare il riciclo delle tecnologie rinnovabili, riducendo l’impatto ambientale e rendendo queste tecnologie ancora più sostenibili.

1. Innovazioni nel riciclo dei pannelli fotovoltaici: In alcune regioni del mondo, sono già stati sviluppati impianti di riciclo specializzati per pannelli solari, che utilizzano processi innovativi per separare il silicio dai materiali di supporto e recuperare metalli preziosi. I progressi tecnologici in questo settore

potrebbero abbattere i costi e aumentare l’efficienza del riciclo.

2. Riciclo delle turbine eoliche: Le tecnologie emergenti per il riciclo delle pale eoliche stanno facendo passi avanti. Alcuni progetti sono in fase di test per sviluppare soluzioni che possano scomporre in modo efficiente i materiali compositi e riutilizzarli per altri scopi industriali. Un approccio promettente potrebbe essere l’utilizzo di pali eolici progettati con materiali riciclabili o biodegradabili.

3. Recupero delle batterie: Le batterie al litio e le altre tecnologie di accumulo energetico stanno iniziando a essere trattate con metodi avanzati per il recupero dei metalli rari. I progressi nei processi di riciclo, come l’estrazione diretta del litio e del cobalto dalle batterie esauste, potrebbero ridurre la domanda di risorse primarie e aumentare la sostenibilità delle batterie.

4. Politiche e regolamentazioni: La creazione di normative più stringenti per il riciclo dei componenti delle tecnologie rinnovabili è essenziale. Incentivare il riciclo attraverso politiche fiscali e finanziamenti per le infrastrutture di riciclo potrebbe stimolare l’innovazione in questo settore e rendere il ciclo di vita delle energie rinnovabili veramente sostenibile. Il settore delle energie rinnovabili è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi decenni, ma per garantirne la sostenibilità a lungo termine è necessario affrontare con urgenza il problema del riciclo e dello smaltimento dei componenti. Le soluzioni tecnologiche esistono e stanno migliorando, ma è fondamentale che le politiche globali ed europee pongano maggiore attenzione alla gestione del fine vita di queste tecnologie. Solo così si potrà veramente parlare di un futuro a emissioni zero, dove l’energia rinnovabile non solo riduce le emissioni, ma contribuisce anche a un ciclo di vita circolare e sostenibile.

Comunità Energetiche e il modello circolare per la decarbonizzazione Locale

Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una risposta concreta alle sfide della transizione energetica e della decarbonizzazione locale. Grazie agli incentivi europei e al supporto del PNRR, i comuni italiani hanno oggi l’opportunità di guidare questo cambiamento, trasformando il modo in cui produciamo e consumiamo energia

La lotta al cambiamento climatico richiede soluzioni innovative che siano non solo sostenibili, ma anche radicate nei territori. Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano uno dei modelli più promettenti in questa direzione, combinando produzione di energia pulita, economia circolare e coinvolgimento attivo delle comunità locali. In Europa e in Italia, queste iniziative stanno guadagnando terreno grazie a politiche mirate e incentivi che favoriscono la loro diffusione. Le CER non sono solo uno strumento per la decarbonizzazione locale, ma anche un motore per la crescita economica e sociale dei territori, soprattutto per i piccoli comuni e le aree rurali.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili sono associazioni di cittadini, enti pubblici e imprese che collaborano per produrre, condividere e consumare energia da fonti rinnovabili, come il solare, l’eolico o il biogas. Questo modello si basa sull’idea di autoproduzione energetica, dove i membri della comunità diventano prosumer, ossia contemporaneamente produttori e consumatori di energia.

Le CER si distinguono per un approccio decentralizzato alla gestione dell’energia, che riduce la dipendenza dai grandi operatori energetici e favorisce la creazione di reti locali resilienti. L’energia prodotta in eccesso può essere immagazzinata in sistemi di accumulo o condivisa con altri membri della comunità, massimizzando l’efficienza e riducendo gli sprechi.

L’Unione Europea riconosce le Comunità Energetiche come un elemento chiave per raggiungere gli obiettivi del Green Deal Europeo, che mira a rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050. Attraverso il pacchetto legislativo “Clean Energy for All Europeans”, l’UE ha introdotto norme che promuovono l’autonomia energetica locale e l’utilizzo delle energie rinnovabili.

In particolare, la direttiva RED II (Renewable Energy Directive) ha stabilito il quadro normativo per le CER, garantendo ai cittadini il diritto di produrre, consumare e vendere energia rinnovabile.

L’Italia ha recepito questa direttiva nel 2020, dando vita alle pri-

me comunità energetiche sul territorio nazionale.

Tra le principali opportunità offerte dall’Europa per i comuni italiani si segnalano:

• Fondi strutturali europei: Attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e il Fondo Sociale Europeo (FSE), l’UE finanzia progetti legati alla transizione energetica e alla decarbonizzazione locale.

• Next Generation EU: Il piano di ripresa economica post-pandemia dedica una quota significativa delle risorse alla sostenibilità ambientale, prevedendo incentivi specifici per lo sviluppo di CER e infrastrutture energetiche.

• Horizon Europe: Il programma europeo per la ricerca e l’innovazione finanzia progetti sperimentali per l’implementazione di nuove tecnologie nelle CER, come piattaforme digitali per la gestione energetica e sistemi avanzati di accumulo.

• Incentivi specifici per i comuni italiani: Attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), l’Italia ha destinato risorse alla creazione di Comunità Energetiche nei piccoli comuni, con un focus sulle aree interne e le zone rurali.

• Opportunità per i Comuni Italiani

• I comuni italiani, soprattutto quelli di piccole e medie dimensioni, sono protagonisti naturali nello sviluppo delle CER. Questi enti rappresentano il livello amministrativo più vicino ai cittadini e possono giocare un ruolo strategico nell’organizzazione e nella promozione delle comunità energetiche.

• Le opportunità per i comuni sono molteplici:

• Riduzione dei costi energetici: L’autoproduzione di energia rinnovabile consente ai comuni di abbattere le spese per l’illuminazione pubblica e per gli edifici comunali, liberando risorse per altri investimenti.

• Infrastrutture resilienti: Le CER offrono una maggiore au-

tonomia energetica, riducendo la vulnerabilità alle fluttuazioni dei prezzi dell’energia e alle crisi geopolitiche.

• Sviluppo economico locale: La creazione di CER genera posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili, stimolando l’economia locale e promuovendo l’innovazione.

• Coinvolgimento sociale: Le CER promuovono la partecipazione attiva dei cittadini, rafforzando il senso di comunità e l’identità territoriale.

• Il Modello Circolare Applicato alle CER

• Un aspetto distintivo delle CER è la loro capacità di integrare i principi dell’economia circolare nel sistema energetico locale. L’economia circolare mira a ridurre al minimo gli sprechi e a massimizzare il riutilizzo delle risorse, e questo approccio può essere applicato efficacemente alle comunità energetiche.

Ad esempio:

Riutilizzo delle risorse: Le infrastrutture delle CER, come i pannelli fotovoltaici e le batterie, possono essere progettate con materiali riciclabili, garantendo una gestione sostenibile a fine vita.

Gestione dei surplus energetici: L’energia in eccesso prodotta dalle CER può essere utilizzata per alimentare altre attività locali, come la mobilità elettrica condivisa o la produzione agricola sostenibile.

Recupero del calore: Nei progetti più avanzati, le CER possono integrare sistemi di recupero del calore, trasformando gli scarti energetici in risorse utili per la comunità.

Le Sfide e le Soluzioni

Nonostante il grande potenziale, l’implementazione delle CER non è priva di sfide. Tra le principali difficoltà si segnalano: Burocrazia complessa: La creazione di CER richiede procedure amministrative lunghe e articolate, che spesso scoraggiano i comuni più piccoli.

Finanziamenti iniziali: Gli investimenti richiesti per la realizzazione di impianti rinnovabili e sistemi di accumulo possono rappresentare un ostacolo, soprattutto per i comuni con bilanci limitati.

Mancanza di competenze tecniche: Molti comuni non dispongono delle competenze necessarie per gestire progetti complessi come le CER.

Tuttavia, esistono soluzioni per superare queste barriere: Semplificazione normativa: Il governo italiano sta lavorando per ridurre la burocrazia e accelerare l’iter autorizzativo per la creazione di CER.

Incentivi finanziari: Gli incentivi europei e nazionali possono coprire gran parte dei costi iniziali, rendendo i progetti più accessibili per i comuni.

Formazione e supporto tecnico: Programmi di formazione e partnership con università e imprese possono fornire ai comuni le competenze necessarie per sviluppare CER efficaci.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una risposta concreta alle sfide della transizione energetica e della decarbonizzazione locale. Grazie agli incentivi europei e al supporto del PNRR, i comuni italiani hanno oggi l’opportunità di guidare questo cambiamento, trasformando il modo in cui produciamo e consumiamo energia.

Investire nelle CER non significa solo ridurre le emissioni di CO2, ma anche promuovere uno sviluppo economico sostenibile, creare posti di lavoro e rafforzare il tessuto sociale delle comunità locali. Per cogliere appieno queste opportunità, è fondamentale continuare a lavorare su politiche e strumenti che rendano le CER accessibili e sostenibili per tutti i territori. In questo modo, le CER non saranno solo un modello energetico, ma anche un esempio di innovazione sociale e ambientale.

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RECORD PER LA TASSA DI SOGGIORNO: UN TREND IN CRESCITA E NUOVE SFIDE

Nel 2023, il gettito derivante dalla tassa di soggiorno in Italia ha raggiunto un livello record, sfiorando il miliardo di euro, con un incasso che ha toccato quota 976 milioni di euro. Le previsioni per il 2025 sono ancora più promettenti, con un incremento del 7,8% rispetto al 2024, per un totale di 1.052 milioni di euro. Questo dato evidenzia l’importanza crescente di questa imposta per i comuni italiani, che l’hanno adottata come uno strumento strategico per finanziare interventi sul territorio, a volte anche al di fuori del settore turistico stesso. La tassa di soggiorno, che negli ultimi anni ha visto un rinnovato impulso, è tornata prepotentemente sulla scena post-Covid, diventando uno degli strumenti più utilizzati dalle amministrazioni comunali per raccogliere risorse, a discapito talvolta delle critiche di coloro che la considerano un peso aggiuntivo per i turisti. In effetti, non solo il numero di comuni che l’hanno introdotta è in continuo aumento, ma anche le modalità di applicazione si sono diversificate, con alcune amministrazioni che non solo l’hanno estesa a nuovi comuni, ma l’hanno anche potenziata con aumenti consistenti. Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Nazionale sulla Tassa di Soggiorno, realizzato dalla società Jfc, specializzata nel marketing territoriale, attualmente sono 1.314 i comuni italiani che applicano questa tassa, un incremento significativo rispetto ai 1.268 dello scorso anno. In particolare, l’edizione 2024 prevede un ulteriore aumento dell’applicazione della tassa, con l’introduzione in 25 nuovi comuni, mentre altri 27 comuni stanno attivamente discutendo l’introduzione della tassa. Tra quelli che già l’hanno applicata, spiccano diverse amministrazioni che hanno deciso di aumentare considerevolmente l’imposta, con rincari a doppia cifra. Tra queste, si annoverano città importanti come Milano, Bologna, Bolzano, Vicenza, e Perugia, per un totale di 53 amministrazioni che optano per una politica di aumenti significativi.

Il trend evidenziato dall’Osservatorio non solo mette in luce un notevole incremento nelle entrate, ma anche il cambiamento nelle modalità di applicazione: un numero crescente di amministrazioni ha deciso di aumentare i periodi in cui la tassa è applicata, riducendo al contempo le esenzioni. La tassa non è più una misura stagionale, ma è diventata una vera e propria fonte di entrate stabile, che trova applicazione anche nei periodi di bassa stagione.

Il Podio delle Regioni: Lazio in Vetta con Crescita Straordinaria Analizzando i dati regionali, emerge un quadro interessante: Lazio, Lombardia, e Toscana sono le regioni che hanno generato i maggiori incassi grazie alla tassa di soggiorno. Al primo posto si trova la Lazio, con un gettito complessivo che ha superato i 295 milioni di euro, segnando un incremento straordinario del 55,6% rispetto al 2023. La crescita di Roma, capitale di questa regione, è stata significativa soprattutto grazie all’aumento delle imposte introdotto dalla giunta capitolina. Anche la Lombardia si distingue con un incasso di 108 milioni di euro, mentre la Toscana non è lontana con 100,3 milioni. Il Veneto, pur occupando la quarta posizione, non è distante con 98 milioni di euro, confermando l’importanza di queste destinazioni turistiche in termini di gettito.

L’Amministrazione di Roma Capitale, in particolare, ha deciso di aumentare l’imposta giornaliera a partire da ottobre 2023. L’incremento è stato piuttosto significativo: chi soggiorna in un hotel 4 stelle ora paga 7,5 euro al giorno, con un aumento del 25% rispetto al passato. Le strutture a 3 stelle hanno visto un rincaro del 50%, mentre chi soggiorna in un B&B o in un alloggio a uso turistico è stato chiamato a versare un contributo maggiore pari al 71%. Questo aumento, purtroppo per alcuni, è stato giustificato dall’amministrazione come una necessità per far fronte ai costi crescenti dei servizi comunali, anche se non tutti i turisti apprezzano questo aggravio.

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Ora come non mai è importante avere partner giusti da mettersi a fianco nella gestione degli investimenti e del lavoro. Il repentino cambio delle normative, sopratutto sul piano dei bonus come 110% e similari, non permette più il cittadino e le imprese a gestire la situazione in maniera domestica. Avventurarsi nel ginepraio burocratico significa senza nessuna dubbio rischiare di perdere non solo l’incentivo ma anche l’investimento. Per questo motivo si rafforza sempre di più tra i professionisti del settore l’Asseveras srl. Una realtà consolidata sempre al passo con i tempi e sempre in prima fila nell’individuazione di risposte concrete ai problemi. Una serie di servizi che vanno da: Asseverazione di Business Plan; Asseverazione PEF; Asseverazione Project Financing; Fideiussioni e

cauzioni; Revisione di bilancio; Consulenza del lavoro fino a garantire anche la Consulenza tributaria. Un pacchetto di servizi fondamentale in questo determinato periodo storico. L’Italia sta affrontando, infatti, uno dei momenti più caotici rispetto agli incentivi governativi per il rilancio del Paese. Il termine “caos bonus”, difatti, si riferisce alla situazione in cui si trova attualmente l’Italia riguardo ai vari bonus messi a disposizione dal governo per affrontare le conseguenze economiche della pandemia di COVID-19. Nel corso dell’ultimo anno e mezzo, il governo italiano ha istituito una serie di incentivi fiscali, sussidi e bonus per supportare i cittadini e le imprese in difficoltà. Tra questi ci sono il bonus vacanze, il bonus baby-sitter, il bonus cultura, il bonus 110%, il bonus mam-

ma, il bonus affitto, solo per citarne alcuni. Tuttavia, la gestione di questi bonus ha creato una certa confusione e disorganizzazione, con molti cittadini che hanno riscontrato difficoltà nell’accesso ai fondi e nell’ottenere informazioni chiare sulle procedure per richiederli. Inoltre, la gestione dei bonus è stata a volte caotica, con cambiamenti frequenti alle norme e alle procedure di richiesta, che hanno creato ulteriore confusione. Avere di base Asseveras srl, come partner significa migliorare la gestione dei bonus e semplificare le procedure per accedervi, al fine di garantire che i fondi raggiungano in modo efficiente il progetto seguito. A garantire il massimo della professionalità vi sono i soggetti partner di Asseveras srl che permettono all’azienda di poter garantire solide risposte. Tra

questi vi sono Cred.it Spa, società finanziaria, specializzata nella finanza di progetto, abilitata al rilascio di Dichiarazioni di Preliminare Coinvolgimento e L’Assinetwork Srls è specializzata nel rilascio di cauzioni provvisorie e definitive per partecipazioni a gare d’appalto e fideiussioni per anticipazioni, a favore degli enti pubblici. La vera forza di Asseveras srl quindi è quella di non entrare nel mondo del lavoro come solista ma in formazione “orchestra” per poter realmente dare risposte alle centinaia di richieste e casistiche che in questo momento si stanno palesando anche a causa dei cambiamenti normativi. Se si tiene conto delle percentuali, sono decine di migliaia i progetti respinti per vizi di forma. Un rischio da non correre e che Asseveras ti permette di evitare.

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Novità sul Bonus casa 2025: meno detrazioni, più regole

La Legge di Bilancio 2025 introduce modifiche significative ai bonus per le ristrutturazioni di immobili adibiti ad abitazione, con una revisione delle aliquote che potrebbe avere impatti rilevanti sul mercato. La proposta prevede infatti una riduzione della detrazione fiscale dal 50% al 36% per gli interventi realizzati su immobili che non sono abitazioni principali. Secondo i dati elaborati dal Caf Acli, circa un terzo degli immobili attualmente beneficiari delle agevolazioni rischiano di essere esclusi dalla percentuale maggiore di detrazione. Queste modifiche rischiano di penalizzare numerosi proprietari, in particolare coloro che possiedono seconde case, immobili locati o in situazioni di usufrutto. La manovra del 2025 potrebbe rallentare un settore edilizio che, negli ultimi anni, ha beneficiato proprio di questi incentivi. Non solo i bonus per le ristrutturazioni hanno avuto un impatto positivo sull’occupazione nel comparto edile, ma hanno anche contribuito a migliorare la qualità abitativa delle case degli italiani. Gli effetti di una riduzione delle agevolazioni si farebbero sentire sia sul mercato immobiliare che sull’industria delle costruzioni, creando potenziali difficoltà in un periodo in cui l’economia potrebbe non essere in grado di sostenere una contrazione del settore. Il provvedimento, al momento ancora in discussione alla Camera, stabilisce che solo i lavori effettuati su abitazioni principali, possedute con diritti reali di godimento, possano beneficiare della detrazione al 50%. Sono esclusi dalla detrazione più favorevole, ad esempio, gli immobili locati, le seconde case o gli immobili che diventano residenza principale solo a lavori ultimati. Ciò significa che molte famiglie che acquistano immobili da ristrutturare con l’intenzione di stabilirvi la propria residenza potrebbero non godere del bonus più vantaggioso. Il rischio è che, in assenza di incentivi sufficienti, molte operazioni di riqualificazione edilizia vengano rimandate, limitando le possibilità di miglioramento del patrimonio abitativo italiano. Tra i soggetti che rischiano di essere maggiormente penalizzati ci sono non solo i proprietari di seconde case, ma anche i titolari di

nuda proprietà, comodatari e inquilini. Secondo i dati del Caf Acli, circa il 33,7% delle attuali detrazioni fiscali è riconducibile a queste categorie. Inoltre, gli effetti si estendono anche agli interventi condominiali, poiché i lavori sulle parti comuni, che spesso incontrano ostacoli deliberativi, potrebbero subire rallentamenti a causa dell’esclusione di molti alloggi dalla detrazione maggiore. Questa situazione potrebbe compromettere la qualità della vita nelle città, rallentando il rinnovamento delle infrastrutture e degli edifici. L’adozione di questa misura potrebbe avere conseguenze significative sul settore edilizio, secondo il centro studi dell’Ance. Si rischia di tornare ai livelli pre-Covid del 2011, quando gli incentivi limitati al 36% avevano portato a investimenti in ristrutturazioni pari a soli 16 miliardi di euro. Nel 2022, grazie ai bonus più generosi, si era invece raggiunto un picco di 74 miliardi di euro. Il rischio principale è che la riduzione delle detrazioni rallenti ulteriormente i lavori di riqualificazione, che finora sono stati un pilastro per il settore edilizio, soprattutto nei periodi di crisi economica. Inoltre, l’abbassamento delle detrazioni potrebbe favorire un aumento del lavoro sommerso. Paolo D’Alessandris del Cresme avverte che con l’incentivo ridotto al 36%, molti proprietari potrebbero decidere di non fatturare i lavori, soprattutto considerando l’aumento dei costi di manodopera e dei materiali negli ultimi anni.

In risposta a queste preoccupazioni, Confedilizia ha lanciato un appello al Parlamento per modificare il testo della manovra. Il presidente Giorgio Spaziani Testa ha suggerito di adottare un modello simile a quello già previsto per l’acquisto della prima casa, in cui la detrazione maggiore sarebbe condizionata all’impegno di trasferire la residenza entro un termine stabilito dopo l’avvio dei lavori. Tale approccio potrebbe evitare l’esclusione di molte abitazioni che diventano residenziali solo a seguito delle ristrutturazioni, consentendo a più cittadini di beneficiare del bonus.

ECONOMIA: Bollicine italiane: un traino per l’export italiano

Le bollicine tricolori continuano a essere protagoniste indiscusse del mercato enologico mondiale, con il settore degli spumanti italiani che traina in modo significativo l’export dei vini made in Italy. Nei primi otto mesi del 2024, le esportazioni di vini italiani hanno superato i 5 miliardi di euro, registrando un aumento del 4,7% a valore e del 3,2% a volume, segnando una performance migliore rispetto a quella di altri grandi produttori come la Francia e la Spagna. Secondo il report di Nomisma Wine Monitor, l’anno si concluderà con una crescita superiore al 4%, portando l’export di vino italiano a superare, seppur di poco, la soglia degli 8 miliardi di euro. Un risultato che testimonia l’affermazione crescente delle bollicine italiane a livello internazionale.

Il Prosecco, ormai simbolo delle bollicine italiane, rappresenta una parte sempre più consistente dell’export del vino italiano, con 2 bottiglie su 10 di vino esportato riguardanti questa denominazione. Il successo del Prosecco, così come di altri spumanti italiani, non è limitato al mercato europeo, ma si estende a tutte le principali aree geografiche, con performance significative in paesi come l’Australia, dove le vendite sono aumentate dell’11,2%, la Francia (+8,3%) e gli Stati Uniti (+5,3%). La crescente domanda di questi spumanti italiani è una testimonianza del prestigio che il made in Italy ha acquisito nel segmento delle bollicine, dove qualità, tradizione e innovazione si incontrano per offrire prodotti apprezzati in tutto il mondo.

Tuttavia, nonostante il successo all’estero, il merca to interno continua a mostrare segna li di difficoltà. Nel canale moderno, infatti, le vendite di vino in Italia nei primi nove mesi del 2024 hanno registrato una flessione dell’1,5%, una contrazione che difficilmen te verrà compensata nei restanti mesi dell’anno, soprattutto in vi sta del periodo natalizio, tradizio nalmente favorevole ai consumi. Sebbene le bollicine italiane continuino a riscuotere succes so sui mercati internazionali, il calo delle vendite interne segna una certa stagnazione del consu di vino nel Paese, che potrebbe re influenzato da cambiamenti nel tudini di consumo, a partire dall’au della concorrenza di altre bevande e te sensibilità riguardo ai temi legati al consumo di alcol. Un altro elemento da considerare sità del contesto geopolitico ed

globale, che sta influenzando l’export del vino italiano. Come sottolineato da Denis Pantini, responsabile del Wine Monitor di Nomisma, le incertezze geopolitiche, come i rischi legati a possibili dazi aggiuntivi sotto l’amministrazione di Trump, potrebbero condizionare negativamente le esportazioni, soprattutto nei mercati più strategici come gli Stati Uniti. Inoltre, si aggiungono le problematiche derivanti da incrementi delle accise su vini e bevande alcoliche in paesi come la Russia e il Regno Unito. In particolare, la programmazione di un aumento delle accise nel Regno Unito, che entrerà in vigore dal 1° febbraio 2025, potrebbe creare difficoltà per le esportazioni di vino italiano nel mercato britannico, che rappresenta una delle principali piazze di consumo di bollicine italiane.

L’aumento dei costi, legato all’eventuale introduzione di nuove tasse e regolamentazioni, rischia di incidere sui margini delle imprese vinicole italiane, costringendole a una maggiore diversificazione dei mercati per evitare eccessive dipendenze da singoli paesi. Inoltre, la competizione con altri grandi produttori di spumante, come la Francia con il suo Champagne e la Spagna con il Cava, continua a essere agguerrita, con questi mercati che vedono una crescita della domanda anche grazie all’innovazione e al miglioramento della qualità dei loro prodotti.

Nonostante le difficoltà interne e le incertezze economiche internazionali, il futuro delle bollicine italiane appare positivo grazie alla continua evoluzione del prodotto e alla capacità delle aziende vinicole di adattarsi ai cambiamenti del mercato. Il Prosecco e gli altri spumanti italiani continuano a rappresentare una delle categorie di maggiore successo nell’export del vino, con performance che, seppur influenzate da vari fattori esterni, sembrano destinati a mantenere la loro centralità nelle strategie di crescita del settore vinicolo italiano.

In questo contesto, è fondamentale che il settore vinicolo italiano non solo continui a valorizzare la qualità e l’heritage delle proprie bollicine, ma anche ad innovare e adattarsi alle sfide globali, puntando su sostebilità, marketing internazionale e magpresenza nei mercati emergenti. Solo comparto riuscirà a preservare la sua vità e a garantire un futuro prospero cine italiane, un simbolo di qualità e riconosciuto e apprezzato in tutto il

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rubrica di settore

LE PROGETTAZIONI EDILI CON IL CONTRIBUTO DELLA REALTÀ VIRTUALE: UN NUOVO ORIZZONTE PER L’INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI

Nel panorama dell’edilizia, l’innovazione tecnologica ha sempre giocato un ruolo fondamentale nel miglioramento delle pratiche progettuali e costruttive. Negli ultimi anni, uno degli sviluppi più significativi è rappresentato dall’adozione della Realtà Virtuale (RV), che sta rivoluzionando il modo in cui vengono concepiti e realizzati i progetti edilizi. Grazie a questa tecnologia immersiva, architetti, ingegneri e designer hanno la possibilità di visualizzare e interagire con modelli tridimensionali in modo più preciso, intuitivo e coinvolgente. La Realtà Virtuale, infatti, offre un livello di dettaglio e realismo che consente di anticipare eventuali problematiche in fase progettuale, migliorando così l’efficienza, la sicurezza e la qualità del risultato finale.

Che Cos’è la Realtà Virtuale e Come Funziona nel Settore Edile?

La Realtà Virtuale è una tecnologia che permette di creare ambienti tridimensionali generati al computer in cui l’utente può entrare e interagire in modo immersivo. Nel settore edile, la RV è utilizzata per simulare gli spazi progettati in modo da offrire una visione realistica del progetto, molto più dettagliata rispetto ai tradizionali modelli 3D visualizzabili su schermo. Con l’ausilio di visori VR, gli utenti possono “entrare” nel modello digitale e esplorarlo come se fossero all’interno dell’edificio che si intende realizzare, visualizzando ogni angolo e dettaglio.

Questa esperienza immersiva permette di comprendere e correggere eventuali criticità prima ancora che la costruzione inizi. Per esempio, è possibile analizzare l’ergonomia degli spazi, valutare la distribuzione delle

stanze, esaminare l’impatto della luce naturale e artificiale, o testare l’integrazione delle diverse tecnologie (come impianti di climatizzazione, illuminazione e sistemi di sicurezza).

La tecnologia di Realtà Virtuale, integrata con altre soluzioni innovative come il Building Information Modeling (BIM), offre ai progettisti un’ulteriore dimensione di precisione, permettendo di visualizzare, in tempo reale, come ogni parte del progetto influenzi l’intero edificio. Questo approccio integrato migliora la comunicazione tra i vari attori coinvolti nel progetto, riducendo il rischio di errori e ritardi.

I Vantaggi dell’Utilizzo della Realtà Virtuale nelle Progettazioni Edili

1.Ottimizzazione della Comunicazione e Collaborazione

La Realtà Virtuale migliora enormemente la comunicazione tra i membri del team di progettazione, i clienti e i vari stakeholder. Durante una riunione, è possibile mostrare il progetto in modo interattivo, consentendo ai clienti di “camminare” attraverso la progettazione, esplorando gli spazi, discutendo modifiche in tempo reale e ricevendo un feedback immediato. Questo non solo aumenta la comprensione del progetto, ma riduce anche la possibilità di malintesi, accelerando il processo decisionale.

2.Miglioramento della Qualità e Precisione del Progetto

Con la possibilità di visualizzare e “abitare” virtualmente un progetto, gli architetti e i designer possono identificare e correggere potenziali errori o incongruenze molto prima che inizino i lavori di costruzione. In molti casi, si potrebbero risparmiare co-

sti significativi e tempi di lavoro grazie alla capacità di anticipare modifiche prima che diventino problematiche costose.

3. Valutazione dei Costi e Analisi delle Opzioni

La realtà virtuale consente di testare diverse soluzioni progettuali in tempo reale, esaminando i costi e l’efficienza di diverse opzioni. Gli utenti possono modificare materiali, impianti e configurazioni spaziali, visualizzando immediatamente l’impatto di queste scelte sul budget e sul programma dei lavori. Questo permette di prendere decisioni informate e ottimizzare le risorse fin dalle prime fasi del progetto.

4.Promozione della Sostenibilità e della Simulazione Energetica

La RV consente anche di eseguire simulazioni ambientali, come l’analisi del comportamento energetico di un edificio. Utilizzando la Realtà Virtuale, è possibile visualizzare l’impatto del clima e dei materiali sull’efficienza energetica di un edificio, ottimizzando così la progettazione di sistemi di riscaldamento, ventilazione, illuminazione e raffreddamento. Questo approccio è fondamentale per le costruzioni sostenibili, che richiedono l’adozione di soluzioni energetiche avanzate e l’impiego di tecnologie innovative per ridurre l’impatto ambientale.

5.Incremento della Sicurezza in Cantiere

La RV può essere utilizzata anche per la formazione del personale in cantiere, consentendo agli operai di “vivere” l’ambiente di lavoro in modalità virtuale. In questo modo, è possibile simularne le situazioni di rischio e formare il personale su come affrontare eventuali emergenze senza i pericoli reali di un cantiere in corso.

economia a 360°

FONDI DI PRIVATE EQUITY: NON SOLO LEVA FINANZIARIA, MA ECONOMIA REALE

La realizzazione della Capital Markets Union (CMU) è ormai da tempo un obiettivo strategico centrale nell’agenda politica ed economica dell’Unione Europea. A più riprese, figure di rilievo come Enrico Letta e Mario Draghi hanno messo in evidenza l’urgenza di completare il progetto, sottolineando come la CMU rappresenti una delle chiavi per rafforzare l’economia europea e favorire una crescita sostenibile e inclusiva. Recentemente, la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha ribadito la necessità di tradurre la teoria in azioni concrete, enfatizzando che, senza un’integrazione finanziaria più profonda, l’Europa rischia di rimanere indietro rispetto agli altri blocchi economici globali.

In questo contesto, la finanza alternativa gioca un ruolo cruciale, in quanto offre due vantaggi distinti ma complementari. Da un lato, permette di diversificare le fonti di finanziamento per le imprese e per l’economia reale, dando alle piccole e medie imprese (PMI), ma anche a quelle più grandi, l’accesso a capitali che altrimenti non potrebbero ottenere attraverso il tradizionale canale bancario. Dall’altro, gli strumenti di finanza alternativa, come i fondi di private equity e i fondi di private credit, rappresentano una modalità di diversificazione dei portafogli per gli investitori, generando potenziali ritorni sui loro investimenti nel medio-lungo periodo, in grado di mitigare i rischi associati ai mercati tradizionali.

I fondi di private equity, in particolare, hanno assunto un’importanza crescente negli ultimi anni, canalizzando le risorse di investitori istituzionali italiani e internazionali a favore della crescita di attività imprenditoriali in Italia e in Europa. A fine 2023, secondo i dati forniti da AIFI-PwC, i fondi di private equity attivi in Italia detenevano in portafoglio oltre 2.200 società, con un contributo significativo alla crescita e all’internazionalizzazione delle imprese italiane. Questi fondi hanno una funzione vitale nell’economia, sostenendo le aziende in fase di espansione o di ristrutturazione, contribuendo così alla competitività e alla vitalità del tessuto imprenditoriale europeo. Nonostante il loro ruolo fondamentale, i fondi di private equity sono spesso oggetto di analisi critiche, sia da parte degli operatori di mercato che delle autorità regolatorie europee. Recentemente, la Banca Centrale Europea ha pubblicato un report sulle esposizioni complesse delle banche verso fondi di private equity e di credito, riconoscendo che questi mercati sono cresciuti notevolmente, ma allo stesso tempo sollevando preoccupazioni riguardo alla presunta

opacità di tali strumenti. È importante ricordare che la gestione dei fondi di private equity in Europa è già oggetto di una normativa molto dettagliata, come la Direttiva sui gestori di fondi alternativi (AIFMD), che, introdotta nel 2011, ha stabilito precise regole per la supervisione, la trasparenza e la gestione del rischio. La Direttiva, che è stata recepita nei vari Stati membri con disposizioni specifiche, mira a garantire la tutela degli investitori attraverso criteri di trasparenza, controlli sui rischi e l’adeguata gestione degli aspetti relativi all’antiriciclaggio.

Inoltre, la supervisione da parte delle autorità nazionali sui gestori dei fondi e il meccanismo di condivisione delle informazioni tra i gestori stessi consentono un monitoraggio continuo e un controllo sulle dinamiche del mercato. Di conseguenza, è errato parlare di “opacità” dei mercati del private equity e del private credit, dato che l’armonizzazione normativa a livello europeo ha reso questi strumenti molto più trasparenti e regolamentati rispetto al passato. Un altro aspetto fondamentale riguarda l’utilizzo della leva finanziaria nei fondi di private equity. Come sottolineato nel report della BCE, il ridimensionamento delle IPO come principale canale di exit per i fondi ha portato molti gestori a fare maggiore affidamento sulla leva finanziaria per remunerare gli investitori. Tuttavia, è importante sottolineare che i fondi di private equity non ricorrono generalmente all’uso della leva per incrementare le risorse disponibili. Le operazioni di Leveraged Buy Out (LBO), dove la leva è effettivamente utilizzata, coinvolgono solitamente veicoli di acquisizione specifici (Special Purpose Vehicle) creati per una singola operazione, e non i fondi in generale. Inoltre, la funzione di risk management dei gestori, che vigila sul rispetto dei limiti di rischio predefiniti, è progettata per monitorare l’uso della leva e garantire che non vengano violati i parametri di rischio stabiliti per ciascun fondo. Un ulteriore sviluppo interessante riguarda le modifiche recenti alla Direttiva sui gestori di fondi alternativi, con l’introduzione della Direttiva UE 2024/927 del 13 marzo 2024, che ha ulteriormente rafforzato la disciplina dei fondi di credito, con limiti alla leva e vincoli più severi sulla diversificazione. Queste modifiche mirano a garantire che i fondi di private equity e di credito operino in modo sempre più trasparente e sicuro, limitando i rischi sistemici che potrebbero derivare da operazioni troppo speculative o da esposizioni eccessive in determinate aree.

A cura di GARGANO GREEN ENERGY

GREEN ECONOMY

MANUTENZIONE IMPIANTO FOTOVOLTAICO: PERCHÉ È IMPORTANTE

La manutenzione degli impianti fotovoltaici è un aspetto cruciale per garantire il loro funzionamento ottimale nel tempo, migliorare la loro efficienza energetica e prolungarne la durata. Sebbene i pannelli solari siano dispositivi robusti e progettati per resistere a condizioni atmosferiche avverse, la loro efficienza può diminuire senza una corretta manutenzione. Il fotovoltaico è una tecnologia che converte la luce solare in energia elettrica, ed è una delle principali soluzioni per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e per contribuire alla transizione verso fonti di energia rinnovabile. In Italia, dove l’energia solare è una risorsa abbondante, il fotovoltaico è una delle soluzioni più diffuse, sia per uso domestico che industriale. Tuttavia, come per qualsiasi impianto, anche quelli fotovoltaici necessitano di una manutenzione regolare per ottimizzare il

rendimento e prevenire possibili malfunzionamenti. L’importanza della manutenzione preventiva

La manutenzione preventiva di un impianto fotovoltaico ha lo scopo di evitare guasti e malfunzionamenti, garantendo che il sistema operi sempre al massimo delle sue capacità. Un impianto fotovoltaico ben mantenuto può funzionare per oltre 25 anni, ma questo è possibile solo se vengono eseguiti i controlli periodici necessari. Gli impianti fotovoltaici, infatti, lavorano 365 giorni all’anno, e sono esposti a fattori esterni come polvere, smog, umidità, agenti atmosferici, neve e vento. Questi fattori, se non controllati, possono compromettere il rendimento del sistema e, nei casi più gravi, causare danni irreparabili.

Ecco perché la manutenzione preventiva è fondamentale per evitare che piccoli problemi si trasformino in guasti

costosi o irreparabili. Un intervento regolare permette di monitorare il sistema, pulire i pannelli solari, controllare i cablaggi, e testare le prestazioni generali. Inoltre, la manutenzione preventiva può rivelarsi anche vantaggiosa dal punto di vista economico, poiché permette di evitare il calo delle prestazioni e prolungare la vita dell’impianto, mantenendo alta l’efficienza energetica e riducendo i costi operativi.

Come funziona la manutenzione di un impianto fotovoltaico?

Un impianto fotovoltaico è composto da vari componenti: pannelli solari, inverter, sistema di cablaggio, e dispositivi di monitoraggio. Ogni parte richiede un controllo e una manutenzione specifica, che può essere suddivisa in diverse categorie:

• Pulizia dei pannelli solari: La polvere, lo smog, le foglie e altri detriti possono accumularsi sui pannelli fotovoltaici, riducendo la loro capacità di assorbire la luce solare. La pulizia dei pannelli è essenziale per mantenere alto il loro rendimento. In genere, si consiglia di pulire i pannelli solari almeno una volta all’anno, o più frequentemente in caso di particolari condizioni atmosferiche (come tempeste di sabbia o periodi di alta umidità).

• Controllo e sostituzione dell’inverter: L’inverter è uno dei componenti più critici di un impianto fotovoltaico, poiché è responsabile della conversione dell’energia solare in energia elettrica utilizzabile. La manutenzione dell’inverter è fondamentale per evitare guasti, e dovrebbe essere eseguita ogni 2-3 anni. Gli inverter hanno una durata limitata (circa 10-15 anni) e, in caso di guasto, è necessario sostituirli. I modelli più recenti, inoltre, possono essere dotati di sistemi di monitoraggio in tempo reale, che consentono di rilevare eventuali malfunzionamenti e intervenire tempestivamente.

• Controllo del sistema di cablaggio: I cavi e le connessioni elettriche devono essere controllati regolarmente per assicurarsi che non ci siano segni di usura, corrosione o danni causati da eventi atmosferici. Il rischio di cortocircuiti o di perdita di potenza è maggiore se i cablaggi non sono in buono stato. Inoltre, è importante verificare che tutte le connessioni siano sicure e senza alcun tipo di falso contatto.

• Monitoraggio delle prestazioni: La maggior parte degli impianti fotovoltaici moderni è dotata di sistemi di monitoraggio che consentono di tenere traccia delle prestazioni dell’impianto in tempo reale. Questo moni-

toraggio è essenziale per identificare tempestivamente eventuali cali di rendimento o guasti, che potrebbero essere legati a problemi specifici dei pannelli, dell’inverter o di altre componenti. Un monitoraggio accurato può anche aiutare a ottimizzare l’efficienza del sistema e a prevenire sprechi.

• Ispezioni strutturali e di sicurezza: Gli impianti fotovoltaici sono generalmente installati su tetti o altre strutture. Le ispezioni periodiche sono fondamentali per verificare che non ci siano danni strutturali dovuti a fenomeni atmosferici (come forti venti o nevicate) o al passare del tempo. Inoltre, è importante verificare che il sistema di messa a terra e le protezioni elettriche siano in perfetto stato per garantire la sicurezza dell’impianto.

Gli impianti fotovoltaici sono progettati per generare energia in modo efficiente e duraturo, ma il loro rendimento può diminuire nel tempo se non vengono mantenuti correttamente. Ad esempio, la polvere e i detriti che si accumulano sui pannelli solari possono ridurre l’assorbimento della luce solare, diminuendo la produzione di energia. Un impianto fotovoltaico ben mantenuto, al contrario, può generare una quantità maggiore di energia, contribuendo a ridurre la bolletta energetica e aumentando il ritorno sugli investimenti.

Inoltre, una manutenzione regolare aiuta a prevenire guasti costosi che potrebbero compromettere l’intero impianto. La sostituzione di un componente danneggiato può essere molto costosa, ma la manutenzione preventiva permette di ridurre al minimo il rischio di guasti gravi. Infine, un impianto ben mantenuto ha una durata più lunga, consentendo di sfruttare i benefici economici ed ecologici del fotovoltaico per molti anni.

La manutenzione di un impianto fotovoltaico è essenziale per garantire che continui a funzionare in modo efficiente e sicuro nel tempo. Sebbene i costi di manutenzione siano generalmente contenuti, i benefici derivanti da una corretta gestione dell’impianto sono notevoli. Non solo si prolungano la vita e le prestazioni dell’impianto, ma si evita anche la necessità di costose riparazioni o sostituzioni di componenti. Investire nella manutenzione di un impianto fotovoltaico è, quindi, una scelta intelligente per chi desidera massimizzare il ritorno sugli investimenti e contribuire in modo sostenibile alla produzione di energia rinnovabile.

LA RIQUALIFICAZIONE EDILIZIA: NUOVE

SFIDE PER GLI IMMOBILI DEGLI ANNI ‘70

La riqualificazione edilizia è diventata una priorità imprescindibile nel panorama urbano contemporaneo, specialmente quando si parla di edifici realizzati negli anni ‘70, un periodo caratterizzato da una rapida espansione urbana e da scelte costruttive che oggi necessitano di importanti interventi di ammodernamento. Gli immobili costruiti in quel decennio sono stati spesso realizzati con tecniche costruttive che oggi non sono più in linea con le normative moderne in termini di efficienza energetica, sicurezza, comfort abitativo e sostenibilità. La riqualificazione di questi edifici non solo rappresenta una sfida per gli operatori del settore, ma anche un’opportunità per migliorare la qualità della vita nelle città, ridurre l’impatto ambientale e contribuire alla rigenerazione urbana. Gli immobili degli anni ‘70: caratteristiche e criticità Gli edifici degli anni ‘70, spesso realizzati durante il boom edilizio che ha caratterizzato quel periodo, presentano una serie di caratteristiche comuni, ma anche una serie di problematiche che li rendono oggetto di riqualificazione. Tra le principali peculiarità di questi edifici vi è l’utilizzo di materiali e tecniche costruttive che, seppur adeguati per l’epoca, non soddisfano più gli standard moderni.

Scarsa efficienza energetica: Gli immobili degli anni ‘70 sono notoriamente poco efficienti dal punto di vista energetico. La coibentazione termica degli edifici era quasi inesistente, e le finestre spesso non erano dotate di doppi vetri, con conseguenti sprechi energetici sia d’inverno che d’estate. La mancanza di un buon isolamento termico si traduce in un elevato consumo di energia per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti, con un impatto diretto sulle bollette energetiche e sull’ambiente.

Obsolescenza degli impianti: Gli impianti elettrici, idraulici e di riscaldamento degli edifici degli anni ‘70 sono, nella maggior parte dei casi, obsoleti e non rispondono più agli standard di sicurezza e efficienza odierni. L’evoluzione delle tecnologie e delle normative, infatti, ha reso obsoleti gli impianti che erano stati concepiti con tecnologie che oggi non sono più compatibili con le esigenze moderne.

Mancanza di accessibilità e comfort: Gli edifici di quegli anni non prevedevano particolari attenzioni alla qualità dell’ambiente abitativo e alla funzionalità degli spazi. Gli spazi comuni non erano concepiti in un’ottica di accessibilità per tutti, e l’assenza di sistemi di riscaldamento o raffrescamento efficaci

A cura di GARGANO ESCO

rendeva gli appartamenti poco confortevoli, soprattutto nei mesi più estremi.

Degrado delle facciate e dei materiali: Con il passare degli anni, molte delle facciate degli edifici costruiti negli anni ‘70 hanno iniziato a mostrare segni di usura e deterioramento. Il calcestruzzo, spesso utilizzato in abbondanza, ha subito danni a causa degli agenti atmosferici e delle sollecitazioni, mentre le finiture esterne hanno perso la loro estetica originale.

Sostenibilità ambientale: La crescente attenzione verso la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica richiede interventi significativi sugli edifici più datati per ridurre le emissioni di CO2, migliorare l’efficienza dei consumi e rendere gli edifici più rispettosi dell’ambiente. Molti edifici degli anni ‘70, purtroppo, non sono progettati per soddisfare i moderni criteri di sostenibilità.

La riqualificazione edilizia: obiettivi e interventi

La riqualificazione edilizia degli edifici degli anni ‘70 è un intervento che coinvolge diversi aspetti tecnici, ma anche normativi e culturali. Gli obiettivi principali di questi interventi sono il miglioramento dell’efficienza energetica, l’adeguamento alle normative moderne di sicurezza e la valorizzazione del patrimonio immobiliare. Gli interventi di riqualificazione possono essere suddivisi in diverse tipologie a seconda delle necessità dell’edificio.

• 1. Efficienza energetica e isolamento termico

• Uno degli aspetti più rilevanti nella riqualificazione degli edifici degli anni ‘70 riguarda il miglioramento dell’efficienza energetica. Gli interventi più comuni sono l’isolamento termico delle pareti esterne, dei tetti e dei pavimenti, il rifacimento degli infissi con finestre a doppi vetri ad alte prestazioni e l’installazione di sistemi di riscaldamento e raffrescamento più efficienti. Gli impianti fotovoltaici e i sistemi di riscaldamento a basso impatto ambientale, come le pompe di calore, sono diventati sempre più comuni in queste operazioni di riqualificazione. La sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento con quelli a energia rinnovabile, come le pompe di calore o i sistemi a pannelli solari, riduce il consumo di energia e i costi operativi, oltre a migliorare l’impatto ambientale dell’edificio.

• 2. Adeguamento impiantistico

• Gli impianti elettrici e idraulici di un edificio degli anni ‘70, come accennato, sono generalmente obsoleti e devono essere adeguati alle moderne normative di sicurezza. La sostituzione dei vecchi impianti è fondamentale per garantire il rispetto delle normative, migliorare la sicurezza dell’edificio e favorire l’efficienza. I sistemi di ventilazione meccanica controllata (VMC), ad esempio, sono sempre più richiesti per migliorare la qualità dell’aria e l’efficienza

energetica degli edifici.

• 3. Accessibilità e comfort

• Le normative moderne, soprattutto in relazione all’accessibilità, richiedono interventi mirati per garantire l’accesso a tutti, indipendentemente dalle loro capacità fisiche. La creazione di ascensori moderni, la ristrutturazione dei bagni e la modifica degli spazi comuni per garantire una maggiore vivibilità sono interventi fondamentali nella riqualificazione degli edifici degli anni ‘70. Inoltre, gli interventi per migliorare l’isolamento acustico e la gestione dei sistemi di climatizzazione contribuiscono a migliorare significativamente il comfort abitativo.

• 4. Rinnovamento delle facciate e dell’estetica

• La riqualificazione non riguarda solo l’aspetto tecnico, ma anche quello estetico e funzionale. Il rinnovo delle facciate, la rimozione del degrado causato dal tempo e l’adozione di soluzioni moderne di design sono interventi che valorizzano esteticamente l’edificio, contribuendo al miglioramento del contesto urbano. L’uso di materiali più innovativi e sostenibili per il rifacimento delle facciate può anche contribuire al miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio.

Le sfide della riqualificazione

La riqualificazione degli edifici degli anni ‘70 non è priva di sfide. La difficoltà principale è rappresentata dai costi: gli interventi di ristrutturazione e ammodernamento richiedono investimenti significativi, anche se spesso giustificati dal risparmio energetico a lungo termine e dall’aumento del valore dell’immobile. Inoltre, la necessità di rispettare le normative urbanistiche e quelle legate alla sicurezza può rendere gli interventi complessi, richiedendo tempi di realizzazione più lunghi.

Inoltre, la gestione del cambiamento nella mentalità dei proprietari e degli investitori è fondamentale. Molti edifici degli anni ‘70 sono di proprietà di condomini o piccoli investitori che potrebbero essere riluttanti a intraprendere una riqualificazione a causa dei costi iniziali o delle difficoltà legate all’approvazione delle opere in contesti condominiali. La riqualificazione edilizia degli immobili degli anni ‘70 è una necessità e un’opportunità per migliorare la qualità dell’abitare nelle città, ridurre il consumo energetico e contribuire alla sostenibilità ambientale. Sebbene gli interventi possano sembrare onerosi, i benefici in termini di efficienza, comfort e valorizzazione immobiliare rendono la riqualificazione una scelta vantaggiosa. Affrontare queste sfide non solo migliora la qualità degli edifici, ma rappresenta anche un passo importante verso una gestione più responsabile e sostenibile delle risorse urbane.

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