OSI.swiss

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Il magazine dell’Orchestra della Svizzera italiana

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Foto: Kaupo Kikkas / Orchestra della Svizzera italiana

BancaStato è la Banca di riferimento in Ticino

Sosteniamo da sempre le eccellenze del territorio. Siamo con l’Orchestra della Svizzera italiana.

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noi per voi


EDITORIALE

Spazio per tutti Stimato pubblico, care amiche e cari amici dell’OSI, con «OSI.swiss – Il magazine dell’Orchestra della Svizzera italiana» vogliamo segnare una simbolica, chiara cesura dopo l’“anno COVID” appena trascorso. Con idee fresche e nuove visioni ci inoltriamo nel futuro ancora più forti di prima: mi aspetto con grande soddisfazione non solo una spettacolare partenza della nuova stagione, ma anche un vero e proprio nuovo decollo di tutta l’Orchestra. Il momento non potrebbe essere più propizio: l’anno appena passato ci ha confermato quanto sia importante l’OSI per la regione in cui vive, e quanto la musica sia irrinunciabile per l’umanità. Non si tratta infatti di mero intrattenimento: la musica è un potente mezzo per ricaricare le nostre energie, è una fonte d’ispirazione per la vita quotidiana, una scialuppa di salvataggio potremmo dire - per l’intera comunità, un luogo di cura per l’anima. Volgendoci indietro alla stagione appena conclusa, nonostante il lockdown, la limitazione dei contatti personali e il divieto dei concerti in presenza, possiamo affermare che l’OSI è rimasta presente, su migliaia di schermi e schermini, nelle case, per strada, in decine di aule scolastiche. I nostri concerti in videostreaming sono stati visti da più persone di quante ne sarebbero mai riuscite a entrare al LAC. Al tempo stesso sappiamo, dai numerosi riscontri ricevuti, quanto manchi al pubblico la nostra OSI live: l’incontro personale, la condivisione di esperienze comuni, con la conseguente crescita reciproca, tutto questo rimane un arricchimento totalmente irrinunciabile per la nostra vita. Ora ci apprestiamo dunque a una nuova avventura. Si tratta di “espanderci” oltre i confini del nostro meraviglioso LAC, naturalmente senza staccarcene. Il LAC rimane la nostra fonte d’ispirazione, il nucleo del nostro rinnovamento qualitativo. Dopo i primi anni, carichi di successi, è ora il momento di un’apertura in nuove direzioni. Negli ultimi mesi il Direttore principale Markus Poschner ed io abbiamo lavorato intensamente a questa nostra nuova visione. L’OSI ha raggiunto un eccellente livello artistico e perciò entusiasma regolarmente il pubblico nei più significativi centri culturali d’Europa, da Vienna a Berlino, da Monaco a Basilea, a Milano.

Quasi tutte le nostre produzioni discografiche e in DVD realizzate con Markus Poschner hanno vinto premi prestigiosi (cfr. pag. 30). Insieme al nostro solido team, si tratta ora di espandere ulteriormente questa nostra comprovata efficacia, di aprirci a nuovi spazi e di accrescere così ancor di più, con costante creatività, la nostra importanza. In ciò prendiamo alla lettera il ruolo di “Orchestra per tutti”: saremo presenti nelle sale da concerto, ma anche in discoteca e nelle aule di scuola. Con la massima qualità musicale renderemo possibili incontri inaspettati in luoghi inediti, porteremo la musica a nuovi livelli di significato. Non ci limiteremo a diffonderla, ma agiremo da veri e propri intermediari tra fasce d’età, tra diversi tipi di formazione, tra differenti culture, tra l’ieri, l’oggi e il domani, processo in cui la cooperazione con i nostri grandi partner avrà un ruolo sempre più importante. In tutto questo, l’esperienza tradizionale del concerto verrà continuamente ridefinita, con il coraggio di rischiare e senza paura di fallire. L’OSI è la mia Orchestra del futuro: come intermediaria della musica, con tutte le sue implicazioni sociali e di formazione delle singole personalità. Allo stesso tempo, però, anche come ambasciatrice culturale della Svizzera (italiana). In questo, il portale nord della nuova galleria del Ceneri vuole simboleggiare il rafforzamento delle connessioni interne alla Svizzera italiana, della Città Ticino, ma anche la nuova vicinanza ai centri culturali e musicali internazionali. Agiamo in modo durevole, costante e sostenibile, sempre più avanti oltre i nostri confini, nel mondo intero! Christian Weidmann Direttore artistico-amministrativo OSI

Deutsche Version

osi.swiss/magazin-deutsch

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Indice

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Editoriale Spazio per tutti

di Christian Weidmann, Direttore artisticoamministrativo OSI

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Saluto della FOSI

di Mario Postizzi, Presidente Fondazione per l’Orchestra della Svizzera italiana

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Saluto del Cantone di Manuele Bertoli, Presidente del Consiglio di Stato del Canton Ticino

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Saluto della Città di Lugano di Marco Borradori, Sindaco di Lugano

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Tracce — Čajkovskij di Markus Poschner, Direttore principale OSI

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Tema e variazioni La nuova stagione 2021/22 di Christian Weidmann, Direttore artisticoamministrativo OSI

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L’Orchestra I musicisti, lo staff, il Consiglio di Fondazione

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OSI al LAC OSI in Auditorio

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Toccata e fuga Conosciamo... Robert Kowalski

Impressum OSI.swiss, magazine edito dalla Fondazione per l’Orchestra della Svizzera italiana via Canevascini 5, 6900 Lugano Contatto: osi@osi.swiss

Pubblicazione trimestrale in lingua italiana

Distribuzione: abbonati, amici e pubblico dell’OSI, partner, finanziatori e sponsor OSI (vedi pp. 50-51), Ticino Turismo, alberghi 4 e 5 stelle, diversi studi professionali della Svizzera italiana

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Una residenza artistica che è un successo di Michel Gagnon, Direttore generale LAC

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di Carlo Piccardi

di Alessandra Zumthor

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In sala di registrazione

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L’OSI alle Settimane musicali di Ascona di Anna Ciocca-Rossi

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La pagina degli AOSI Un abbraccio vitale

di Mario Postizzi, Presidente Associazione degli Amici dell’OSI

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Auguri Martha! di Carlo Piccardi

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Abbonamenti

Dietro le quinte L’OSI come non l’avete mai vista

Coord. artistico:

Le voci della critica

Modernità di Petruška

Meglio dal vivo o in videostreaming?

Coordinamento:

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Partner, finanziatori e sponsor OSI

Alessandra Zumthor, OSI Barbara Widmer, OSI

Contributi scientifici: Anna Ciocca-Rossi, Giovanni Gavazzeni, Carlo Piccardi Fotografie:

Kaupo Kikkas Cover e pag. 6: Camorino, Portale AlpTransit pag. 8: Lugano, LAC pag. 10-11: Lugano, foce del Cassarate pag. 52: Locarno, delta della Maggia

Sponsoring:

Samuel Flury, OSI

Grafica:

Stampa: Tiratura:

visiva.ch Maurizio Gilardi, OSI

Fontana Print SA, Pregassona 6’500 copie


SALUTO DELLA FOSI

Musica in lontananza Con i suoi effetti devastanti, la pandemia non si trova ancora alle spalle. Da troppo tempo si vive di rendiconti, in un’altalena di notizie agitate tra rovesciamenti e ricomposizioni. Non voglio uscire dal coro dell’inquietudine, ma mi pare il caso di proporre una lettura più angolare, ma non meno essenziale. Noi percepiamo il valore di libertà quando non è più a portata di mano. Si è soliti affermare che la cultura si deve occupare dei problemi che la vita umana si trova davanti. Viene tuttavia facile rispondere che, messi in quarantena e in lontananza, pure la cultura è sventrata e spaesata. Ho sempre pensato che la musica, nella sua intensità e capacità di coinvolgimento, avesse qualche cosa di miracoloso poiché esprime vicinanza anche nella lontananza. Da più

di un anno, questo pregio è posto seriamente in discussione. La lontananza non è vicina quando crea distanza e provoca perdite e confinamenti. È lontananza che allontana e non avvicina. La musica diventa sterile sottofondo di abbracci mancati. Tra dispositivi, limiti, regolazioni, la cultura non corteggia e la musica non si fa sentire. È una musica in lontananza, a debita distanza, in forma domestica, direi a domicilio come un piatto freddo d’asporto. Il LAC, pur avendo ampiamente sostenuto l’OSI in questo periodo, è diventato un luogo sottratto, vuoto, estraneo. Vi è l’esigenza di aprire le porte alla cultura e sbandierare promesse di qualità e non più ricordi sottili. L’attività musicale non è mai ascolto passivo bensì atteggiamento profondo e inesauribile di comunità. La nostra Orchestra deve restare una costante e immancabile vicinanza culturale, coltivata e generosamente

sostenuta, per evitare la fine del cigno esiliato di Baudelaire in una Parigi incurante, distratta, ormai lontana, che cresce con poche speranze nel grigiore. Occorre però sempre ricordare che un insegnamento esprime, nel contempo, un avvertimento. Non si può far finta di non vedere. Il lago è a due passi dal LAC e la residenza non può rimanere chiusa. Il cigno deve poter sentire, a breve, sulla porta d’entrata il suono del corno, lo strumento misterioso che esprime la lontananza, mentre il Coro dei pellegrini si avvicina, con passione, a un nuovo mondo musicale desiderato, accolto a mani aperte da tutta l’Orchestra. Non c’è sopravvivenza se si rimane insensibili alla cultura musicale con tutta la forza della sua storia e nel segno inderogabile di una continuità artistica.

Mario Postizzi Presidente Fondazione per l’Orchestra della Svizzera italiana (FOSI)

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SALUTO DEL CANTONE

Immagine d’eccellenza

«La musica è un linguaggio di fratellanza, e l’orchestra è l’embrione della società, perché tutti devono ascoltare anche le voci degli altri».

«La musica è un linguaggio di fratellanza, e l’orchestra è l’embrione della società, perché tutti devono ascoltare anche le voci degli altri». Queste parole, riconducibili al noto violinista Uto Ughi, ben riassumono il ruolo simbolico e rappresentativo che l’Orchestra della Svizzera italiana riveste per il territorio che la ospita, il Canton Ticino, terra che la promuove nella veste di ambasciatrice culturale in Svizzera e nel mondo. Con la recente apertura della galleria di base ferroviaria del Monte Ceneri, l’ostacolo che un tempo spezzava il Ticino in due è stato trasformato in un avanguardistico portale che collega in pochi minuti i maggiori centri del Cantone e accorcia significativamente le distanze tra le centinaia di migliaia di persone che vivono, lavorano e transitano in Ticino e sull’asse Nord-Sud. Questo avvicinamento, reso possibile grazie all’evoluzione della tecnica, ma soprattutto grazie a visioni lungimiranti su cui si è giustamente investito in passato, rappresenta

un’opportunità storica significativa che deve fungere da stimolo per un ulteriore affiatamento identitario tra le cittadine e i cittadini ticinesi. Non in opposizione agli altri, ma nella consapevolezza di far parte di una Città Ticino che si inserisce a tutti gli effetti in un contesto più vasto al quale può guardare con consapevolezza e interesse, sapendo di poter svolgervi un ruolo di tutto rispetto. Le recenti inaugurazioni dei campus universitari a LuganoViganello e a Mendrisio sono ulteriore prova dell’investimento fatto in Ticino per rafforzare le proprie interconnessioni e puntare al futuro. È gran tempo per il Ticino e la Svizzera italiana di liberarsi definitivamente dal giogo della sudditanza psicologica ereditata dalla storia e dimostrare con orgoglio la propria eterogenea e caratteristica identità di territorio capace di guardare all’avvenire con fiducia e ferma intenzione di esserne fiero protagonista. Non è però sufficiente avvicinare le persone e costruire campus

universitari perché queste collaborino. Occorre continuare a lavorare su una cultura comune, un senso condiviso di appartenenza, la capacità di ascoltare con considerazione le voci degli altri e accostarvi la propria con tatto e misura, al fine di dar senso e forza a rivendicazioni, speranze e aspirazioni comuni. In quest’opera di consolidamento culturale e identitario, di educazione all’ascolto reciproco e alla fratellanza, l’Orchestra della Svizzera italiana svolge un ruolo di prima attrice di cui tutti noi Svizzeri di lingua e cultura italiana possiamo andare fieri. Da molti anni infatti l’OSI, acclamata in Svizzera e nel mondo, promuove un’immagine d’eccellenza della Svizzera italiana, capace di coniugare tradizione e contemporaneità, storia e futuro, bravura e speranza. Un’immagine d’eccellenza della quale possiamo essere grati e che mi auguro di cuore possa accompagnare il Ticino, la Svizzera italiana e la “sua” orchestra ancora per molti anni. Manuele Bertoli Presidente del Consiglio di Stato Direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport Repubblica e Cantone Ticino

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SALUTO DELLA CITTÀ DI LUGANO

Un linguaggio universale Care amiche e cari amici della musica, saluto con piacere l’uscita del primo numero del magazine dell’Orchestra della Svizzera italiana, una rivista che tre volte all’anno ci racconterà l’universo dell’OSI facendoci conoscere i suoi protagonisti e i dettagli delle stagioni artistiche.

rappresenti un importante elemento d’integrazione capace di far incontrare nuovamente la popolazione di Lugano. Le note musicali, di qualsiasi genere (classica, jazz, pop, rock…), sono un linguaggio universale potente e inclusivo. In questo senso la scena musicale luganese sta

Da sei anni sotto il tetto del LAC, l’OSI ha saputo sfruttare al meglio la grande qualità acustica della bella sala concertistica della città. OSI e LAC sono due realtà che si sostengono e che traggono profitto l’una dall’immagine dell’altra, sia sulla scena artistica nazionale, sia su quella internazionale. Entrambi ambasciatori di prim’ordine di Lugano nel mondo, OSI e LAC sono un ottimo esempio di collaborazione tra istituzioni culturali del nostro territorio. Come avrà modo di illustrare nelle prossime pagine il direttore Michel Gagnon, il bilancio di questa collaborazione è più che positivo. L’Orchestra della Svizzera italiana ha ormai trovato il suo spazio nei grandi circuiti internazionali della musica classica; lo dimostra la sua presenza nelle stagioni concertistiche più prestigiose d’Europa. Oggi l’Orchestra attrae anche molti appassionati di musica sulle rive del Ceresio, contribuendo a profilare l’immagine culturale di Lugano e al contempo a generare un indotto importante per l’economia cittadina. Il connubio musica-turismo ha una solida tradizione storica alle nostre latitudini, tradizione che affonda le sue radici proprio nel periodo post-pandemico degli anni ’20. Lasciata alle spalle la triste parentesi dell’Influenza spagnola, Lugano, nel 1924, per rilanciare il turismo iniziò a organizzare dei concerti quotidiani in quella che era chiamata “la rotonda del Tassino”. Luogo meraviglioso nel quale venne costruito appositamente un Padiglione della Musica. Questi concerti costituirono una delle principali attività culturali, di aggregazione e svago, per la popolazione e i visitatori. Oggi, il nostro contemporaneo “Padiglione della Musica” è la sala teatro del LAC. Oltre ad augurarmi che la musica contribuisca alla ripresa del turismo in città, il mio auspicio più grande è che questa arte

lavorando molto bene, facendo crescere un pubblico sempre più eterogeneo, smarcandosi dal preconcetto che alcuni generi musicali debbano essere, per forza, elitari. L’Orchestra della Svizzera italiana ha contribuito anch’essa in modo importante ad avvicinare la popolazione di Lugano alla musica classica con concerti ed eventi volti a far incontrare questo genere con la più larga audience possibile. Invito tutte le cittadine e tutti i cittadini di Lugano, così come gli appassionati di musica classica, ad approfittare della ricca proposta musicale di questa grande Orchestra, cresciuta nel tempo grazie alla passione dei suoi dirigenti e alla professionalità dei suoi musicisti. Auguro a tutti voi una buona estate e un buon ascolto.

«Entrambi ambasciatori di prim’ordine di Lugano nel mondo, OSI e LAC sono un ottimo esempio di collaborazione tra istituzioni culturali del nostro territorio».

Marco Borradori Sindaco di Lugano 9


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Tracce — Čajkovskij 12


«La musica è immancabilmente un viaggio in un altro mondo, in altri tempi, un viaggio all’interno della nostra umanità. Vi seguiamo la pista del nostro intuito, come pure della nostra passione. In tutto ciò il nostro meraviglioso LAC resta un punto di partenza fisso, per questo insolito progetto che prenderà avvio nell’autunno 2021: un ciclo dedicato a Čajkovskij, tanto più radicale da togliere il respiro; le sinfonie di questo famosissimo compositore nuovamente rilette e nuovamente ascoltate». di Markus Poschner Direttore principale OSI Nessun compositore ha rappresentato un ponte fra culture più di Čajkovskij, nessuno più di lui è stato ispirato nel proprio linguaggio musicale dall’idea di Europa, oltre che spinto dalla curiosità verso il nuovo. Soprattutto le sue sinfonie più tarde sono un crogiolo dei più svariati influssi europei: si colgono gli echi di Mozart, Beethoven, Rossini, Berlioz e della musica popolare slava, mentre al contempo l’impronta musicale generale si sottrae a qualsiasi modalità di tipo puramente nazionalistico. Durante i suoi innumerevoli viaggi, Čajkovskij assorbiva in sé gli influssi dei paesi che visitava, conferendo loro un nuovo significato, un senso nuovo. Così, alcune delle sue opere più importanti ebbero origine anche in Svizzera, dove la sua ispirazione venne alimentata da questa regione unica al mondo: un esempio fra tutti è la Sinfonia Manfred, che più tardi lo stesso Čajkovskij avrebbe annoverato fra le sue opere migliori. Profondamente impressionato dal panorama delle montagne elvetiche, il compositore vi ripercorreva le tracce di Lord Byron, lasciandosi ispirare dalla sua opera principale, il poema in tre atti Manfred, uno dei più importanti poemi di tutto il Romanticismo. Ma già anni prima, in occasione di un precedente viaggio in Svizzera, durante un soggiorno a Interlaken,

Čajkovskij vi aveva scritto la fantasiaouverture Romeo e Giulietta, mentre nella Villa Richelieu a Clarens, sul lago di Ginevra, aveva composto più o meno nello stesso periodo una delle sue opere più celebri, il famosissimo Concerto per violino. Infine, la Serenata per archi vide la luce a Ginevra, e sempre in Svizzera iniziò a lavorare a due delle sue opere liriche, tra cui l’Onegin. Tuttavia, poiché a tutt’oggi Čajkovskij rientra fra i compositori più eseguiti al mondo, l’evoluzione della percezione delle sue opere, e soprattutto delle sue sinfonie, risulta problematica, a causa del sovrapporsi delle cosiddette “tradizioni”, col risultato di una notevole approssimazione. Aggiungiamoci che Čajkovskij stesso era un eterno indeciso, perennemente insoddisfatto, che anche dopo la conclusione di un’opera continuava a rimettere mano alla partitura per migliorarla e modificarla. Valutava le sue composizioni nei modi più disparati, a seconda delle condizioni di spirito e più in generale di vita in cui si trovava, andando dall’entusiasmo più sfrenato al rifiuto più autodistruttivo. Molte di queste informazioni essenziali e piene di valore, importanti e affascinanti documenti del tempo sulla sua esperienza personale della prassi esecutiva e sugli interventi a posteriori, sono state rese accessibili e

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Manfred sulla Jungfrau (John Martin, 1837). Čajkovskij si ispirò al poema di Lord Byron per l’omonima sinfonia, una delle più famose del compositore russo.

Profondamente impressionato dal panorama delle montagne elvetiche, Čajkovskij vi ripercorreva le tracce di Lord Byron, lasciandosi ispirare dalla sua opera principale Manfred

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sono divenute oggetto di studio scientifico solo da pochi anni. Un processo oneroso e complicato, che naturalmente non è ancora concluso. Anche lo sguardo sulla documentazione storica delle esecuzioni, gli scambi epistolari di Čajkovskij con solisti e direttori d’orchestra amici (per esempio il famoso direttore d’orchestra Willem Mengelberg, amico di Gustav Mahler, che in varie tournée lavorò moltissimo con Čajkovskij e diresse anche sue sinfonie, sotto la supervisione del Maestro) sono fonti preziose per poter

procedere a un serio riesame delle sue opere. È come se proprio in questo momento si aprisse una finestra sull’orizzonte di nuove emozionanti possibilità interpretative, di una nuova comprensione della sua produzione solo apparentemente così conosciuta, capace durante gli ultimi 150 anni di riempire quasi ininterrottamente i programmi da concerto dei più importanti palcoscenici mondiali. In entrambi i casi è impossibile sfuggire al fascino di questa musica, sottrarsi alla sua attrazione. Quante ulteriori verità posseggono ancora queste opere: il fatto che la scoperta delle loro ambivalenze e segreti sia in fin dei conti appena iniziata, rappresenta per me personalmente la parte più affascinante del nostro progetto per la prossima stagione. Conosco le sinfonie di Čajkovskij ormai da più di 25 anni, le ho dirette spesso e dappertutto, ci ho sempre riflettuto e ogni volta mi sono posto nuovi interrogativi su di esse. Sentire la loro

enorme profondità filosofica, quando le si esegue, è ogni volta un’esperienza straordinaria. Adesso è venuto il tempo di sgomberare il campo da vecchi malintesi e false tradizioni, per aprire uno sguardo nuovo e fresco su uno dei più grandi geni musicali di tutti i tempi. Per la nostra OSI un punto di partenza ideale, la sfida perfetta! Proprio negli ultimi anni, infatti, con l’Orchestra della Svizzera italiana ci siamo fatti un nome di grande successo per la riscoperta e reinterpretazione di capolavori famosi e solo all’apparenza molto conosciuti, per proporne livelli sonori del tutto inediti, fortemente innovativi. Il progetto DVD Rileggendo Brahms, coronato nel 2018 dal prestigioso premio ICMA, l’altrettanto importante Rossini Project, riconosciuto a livello internazionale, o le collaborazioni intensive e produttive con artisti come Patricia Kopatchinskaja, Sol Gabetta, Jan Lisiecki, Christian Tetzlaff o Francesco Piemontesi connotano in questo momento l’OSI come uno dei motori più innovativi tra le orchestre di punta europee. Quando si tratta di evidenziare nuovi collegamenti interpretativi o di contenuto, l’OSI è ormai diventata un punto fermo nel panorama delle orchestre europee. Insieme al musicista, compositore e direttore d’orchestra Andrea Molino (con cui già in passato abbiamo realizzato il Festival Ludwig van), diversi partner nelle istituzioni luganesi come il Conservatorio della Svizzera italiana oppure il Conservatorio Internazionale di Scienze Audiovisive, in queste serate concertistiche renderemo visibili nuove strade: nuove prospettive, che stanno di fronte al consolidato rituale di un formato concertistico tradizionale, a una “liturgia” di quasi 200 anni e la completano, in parte la fanno persino saltare, senza tuttavia mai danneggiarla. A partire dall’autunno 2021, tale attività troverà nuovi sviluppi appunto con Čajkovskij, in un ciclo di concerti in cui si proporrà una “rilettura” delle sue Sinfonie. La musica è immancabilmente un viaggio in un altro mondo, in altri tempi, un viaggio all’interno della nostra umanità. Vi seguiamo la pista del nostro intuito, come pure della nostra passione. In tutto ciò il nostro meraviglioso LAC resta un punto di partenza fisso, per questo insolito progetto che prenderà dunque avvio nell’autunno 2021: un ciclo dedicato a Čajkovskij, tanto più radicale da togliere il respiro; le sinfonie di questo famosissimo compositore nuovamente rilette e nuovamente ascoltate.


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La nuova stagione 2021/22 di Christian Weidmann Direttore artistico-amministrativo OSI

Si riparte il 30 settembre al LAC con il Direttore principale OSI Markus Poschner.

Dopo una lunga stagione di videostreaming e dirette radiofoniche (per altro l’unico modo per l’OSI per rimanere in contatto col proprio pubblico) la stagione 2021/22 mi fa ora guardare di nuovo in modo molto positivo al futuro. Le musiciste e i musicisti dell’OSI, tutti i collaboratori e naturalmente io stesso non vediamo l’ora che l’Orchestra della Svizzera italiana possa tornare a suonare dal vivo per il pubblico! La prima stagione sotto la mia responsabilità continuerà a sorprenderci, già a partire da quanto possiamo preannunciarvi in queste pagine.

La stagione estiva

L’estate in Ticino non significa solo alta stagione turistica, ma anche una stagione altrettanto importante per quanto riguarda la collaborazione dell’Orchestra con i suoi partner. Purtroppo l’incerta situazione sanitaria ha provocato l’annullamento di Estival Jazz a Lugano e del Festival Demenga, previsto in agosto a Santa Maria in Val Calanca. Tuttavia, siamo contenti che gli altri progetti estivi che abbiamo in preparazione potranno avere luogo quasi normalmente: la rassegna Ticino DOCG, il grande Concerto di fine giugno dei diplomandi 16

Tema e variazioni

del Conservatorio della Svizzera italiana (quest’anno in trasferta al LAC), la tradizionale esibizione dell’Orchestra al Locarno Film Festival nonché l’affascinante progetto della Via Lattea. Senza dimenticare gli Open Air: già presenti da anni nel cartellone dell’OSI, la scorsa estate sono divenuti di fatto il momento del grande ritorno dell’Orchestra di fronte al suo pubblico (L’OSI per me!). Facendo tesoro di questa esperienza li riproporremo anche quest’anno, in Piazza Luini a Lugano e davanti alla sede del nostro sponsor principale BancaStato a Bellinzona. Inoltrandoci in settembre, la nostra Orchestra ha accolto l’invito a partecipare al rinomato festival Septembre Musical di Montreux: il solista, Emmanuel Pahud, è una nostra vecchia conoscenza, mentre sul podio in quest’occasione ci sarà per la prima volta il direttore Baldur Brönnimann. Sempre a fine estate, si prospetta anche quest’anno la presenza dell’OSI alle prestigiose Settimane musicali di Ascona, con due appuntamenti: il primo a settembre, con la soprano svizzera Regula Mühlemann, il secondo a ottobre, sotto la direzione di François Leleux, in un programma “storico” che vedrà riproposti gli stessi brani scelti per il


concerto d’apertura della prima edizione asconese, il 25 aprile del 1946, allora con l’Orchestra della Radio Svizzera italiana diretta da Otmar Nussio (a questo concerto dedichiamo un approfondimento alle pagine 31-33).

OSI al LAC

Sulla linea contenutistica dei concerti OSI al LAC lascio la parola al Direttore principale Markus Poschner, che alle pagine 12-14 vi si è soffermato in maniera approfondita. Una linea in cui Čajkovskij funge da punto di partenza, sia dal punto di vista musicale, come compositore, sia dal punto di vista umano. Ma nel corso dei concerti al LAC ci sarà anche molto di nuovo da scoprire: si tratterà di andare alle ricerca di indizi, di percorrere nuove strade, di sperimentare l’inaspettato. In questo percorso ci accompagneranno solisti di straordinaria qualità come Christian Tetzlaff, Sergej Krylov o Kian Soltani e direttori che sappiamo quanto siano in grado di ispirare le musiciste e i musicisti dell’OSI. Col nostro abituale e stimatissimo direttore ospite Krzysztof Urbański sonderemo lo sviluppo musicale dei tempi moderni: non tanto delle avanguardie, quanto piuttosto mostrando come la musica sinfonica dei maestri russi, da Šostakovič a Stravinskij a Rachmaninov, si sia mossa nella direzione anche della musica da film. Ecco quindi un concerto speciale dedicato alle musiche di John Williams per Star Wars. I concerti con François Leleux e Sergej Krylov, con il Conservatorio della Svizzera italiana e con Francesco Piemontesi, saranno invece ripresi dalla scorsa stagione, purtroppo in gran parte saltata a causa del COVID.

non diriga affatto ma che guidi l’Orchestra nel ruolo di Konzertmeister, ciò che farà per la prima volta la nostra spalla Robert Kowalski: un nuovo, a mio avviso molto importante passo avanti nello sviluppo dell’OSI. Avremo inoltre Bejun Mehta, uno dei più talentuosi controtenori del XX secolo, in origine direttore d’orchestra, e poi Ilya Gringolts, fantastico violinista, che prosegue con grande successo il proprio percorso di sviluppo personale. Di questi nomi si compone il variegato e illustre mondo artistico da cui le musiciste e i musicisti dell’OSI potranno lasciarsi ispirare nei quattro concerti previsti in Auditorio all’inizio del 2022.

«Si tratterà di andare alla ricerca di indizi, di percorrere nuove strade, di sperimentare l’inaspettato».

OSI in Auditorio

Con la sua stagione di abbonamenti speciali, l’Auditorio Stelio Molo è rimasto un punto di riferimento per i concerti dell’OSI, anche dopo l’apertura del LAC. Il principio del Play&Conduct, che già tanti consensi ha raccolto nelle passate edizioni, viene fondamentalmente mantenuto anche nel 2022, pur con qualche leggera modifica. Concetto principale di questo ciclo è che l’Orchestra riceva nuovi stimoli da solisti di particolare valore che, oltre a esibirsi col proprio strumento, salgano sul podio a dirigere. Ma è anche possibile che l’artista ospite “si limiti” a dirigere, come nel caso di Riccardo Minasi, che desidera concentrarsi completamente sulla sua interpretazione come direttore d’orchestra, oppure che

Con Krzysztof Urbański persino un’incursione in Star Wars.

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Con Kian Soltani il primo Concerto per violoncello di Šostakovič.

Christian Tetzlaff interpreta il Concerto per violino di Čajkovskij.

A febbraio la tournée all’estero più prestigiosa: l’OSI torna a Vienna, nella celebre Sala dorata del Musikverein.

Ospiti a livello nazionale e all’estero

Sarà sempre più frequente che i concerti dell’OSI, soprattutto quelli al LAC, abbiano delle repliche fuori dai confini della Svizzera italiana. A febbraio le occasioni più prestigiose: in una grande tournée, l’OSI potrà di nuovo mostrarsi in due dei più importanti centri culturali di tutta Europa, a Monaco e a Vienna nella famosissima Sala dorata del Musikverein. Tappa intermedia di questa tournée sarà in Svizzera, allo Stadt-Casino di Basilea, completamente rinnovato negli ultimi anni: già prima dei lavori una delle migliori sale al mondo dal punto di vista acustico, ora può essere annoverata anche fra le più belle. Nel contempo sono già in fase avanzata la costituzione e il rafforzamento di partenariati nella Svizzera tedesca: a febbraio inizierà per esempio una nuova collaborazione con Andermatt Classic, per cui l’OSI diventerà orchestra residente della Concert Hall di Andermatt, nuova, eccellente sala da concerto in mezzo alle Alpi, che poco prima del lockdown è stata inaugurata dai Berliner Philharmoniker. Infine, l’Italia, dove vogliamo continuare

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Tema e variazioni

a essere presenti, per esempio con una presenza a Udine, dove ci esibiremo in una serie di concerti insieme a nomi come l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, la Oslo Philharmonic, la Budapest Festival Orchestra o la Philharmonia Orchestra di Londra. È tutto? Naturalmente no…nel corso della stagione le prossime uscite del nuovo magazine dell’OSI mi daranno la possibilità di volta in volta di parlare concretamente delle nostre nuove iniziative. In diverse occasioni si svilupperanno a poco a poco per noi nuovi contesti in cui portare avanti, con il massimo impegno, il nostro compito fondamentale che è quello di far ascoltare la musica, arricchirne le persone e, in definitiva, plasmare positivamente tutte le nostre vite con questo grande dono che viene dal mondo dell’arte.


Orchestra della Svizzera italiana Stagione 2021/22

Direttore principale Markus Poschner

Musicisti

VIOLINI Robert Kowalski Konzertmeister, Tamàs Major Konzertmeister, Walter Zagato Sostituto spalla, Andreas Laake Prima parte, Hans Liviabella Prima parte, Barbara Ciannamea-Monté Rizzi Sostituto prima parte, Irina Roukavitsina-Bellisario, Duilio Galfetti, Fabio Arnaboldi, Katie Vitalie, Denis Monighetti, Piotr Nikiforoff, Julia Didier, Ekaterina Györik, Vittorio Passerini, Marco Norzi VIOLE Ivan Vukčević Prima parte, Jan Snakowski Prima parte, n.n. Sostituto prima parte, Aurélie Adolphe, Andriy Burko VIOLONCELLI Johann Sebastian Paetsch Prima parte, Luca Magariello Prima parte, Felix Vogelsang Sostituto prima parte, Vanessa Hunt Russell CONTRABBASSI Enrico Fagone Prima parte, Jonas Villegas Prima parte, n.n. Sostituto prima parte FLAUTI Bruno Grossi Prima parte, Alessandra Russo Prima parte OBOI Marco Schiavon Prima parte, Federico Cicoria Prima parte CLARINETTI Paolo Beltramini Prima parte, Corrado Giuffredi Prima parte FAGOTTI Alberto Biano Prima parte, Mathieu Brunet Prima parte CORNI Zora Slokar Prima parte, Vittorio Ferrari Prima parte, Georges Alvarez Prima parte TROMBE Sébastien Galley Prima parte, Serena Basandella Prima parte TIMPANI Louis Sauvêtre Prima parte

Staff

Christian Weidmann Direttore artistico–amministrativo Samuel Flury Vicedirettore Barbara Widmer Responsabile di produzione Alessandra Zumthor Responsabile comunicazione Stefania Pianca Pianificazione musicisti Maurizio Gilardi Informatica e multimedia Ivan Lukic Contabilità Remo Messi Ispettore d’orchestra Mariella Bianchetti Assistente di produzione Dario Cotti Addetto alla comunicazione digitale

Consiglio di Fondazione Mario Postizzi Presidente Marco Netzer Vicepresidente Manuele Bertoli Riccardo Biaggi Raffaella Castagnola Rossini Roberto Badaracco Barbara Gabrielli Michele Rossi Lady Cristina Owen-Jones Andreas Laake

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«Il nostro compito è far ascoltare la musica, arricchirne le persone, in definitiva plasmare positivamente tutte le nostre vite con questo grande dono che viene dal mondo dell’arte».

OSI al LAC LAC Lugano 30 settembre 2021

LAC Lugano 21 ottobre 2021

11 novembre 2021

Markus Poschner direttore

Markus Poschner direttore

Hugo Siegmeth sassofono

OSI e Orchestra del Conservatorio

Nassidse, Kammersinfonie Čajkovskij, Sinfonia n. 5

Ravel, Valse Stravinskij, Sacre du printemps LAC Lugano

Schönberg, Verklärte Nacht Schreker, Kammersinfonie Mendelssohn, Sinfonia n.5

LAC Lugano 25 novembre 2021

LAC Lugano 9 dicembre 2021

LAC Lugano 10 febbraio 2022

François Leleux direttore

Markus Poschner direttore

Markus Poschner direttore

Sergej Krylov violino

Christian Tetzlaff violino

Jan Lisiecki pianoforte

von Weber, Der Freischütz Paganini, Concerto per violino n. 5 Brahms, Sinfonia n. 3

Čajkovskij, Concerto per violino Čajkovskij, Sinfonia n. 1

Prokof’ev, Concerto per pianoforte n. 2 Čajkovskij, Sinfonia n. 6

Robert Trevino direttore

Sergej Krylov

Riccardo Minasi

Robert Trevino

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LAC Lugano 24 febbraio 2022

LAC Lugano 17 marzo 2022

LAC Lugano 31 marzo 2022

LAC Lugano 28 aprile 2022

Krzysztof Urbański direttore

Krzysztof Urbański direttore

Markus Poschner direttore

Markus Poschner direttore

Kian Soltani violoncello

Dejan Lazic pianoforte

Šostakovič, Concerto per violoncello n. 1 Stravinskij, L’uccello di fuoco

Rachmaninov, Concerto n.2 Star Wars, estratti

Francesco Piemontesi pianoforte Čajkovskij, Manfred Sinfonia Bianchi, Commissione per OSI

Brahms, Concerto per pianoforte n. 1 Schumann, Sinfonia n. 2

OSI in Auditorio Auditorio RSI Lugano 13 gennaio 2022

Auditorio RSI Lugano 20 gennaio 2022

Auditorio RSI Lugano 27 gennaio 2022

Auditorio RSI Lugano 3 febbraio 2022

Robert Kowalski Konzertmeister violino

Riccardo Minasi Direttore

Bejun Mehta Play&Conduct controtenore

Ilya Gringolts Play&Conduct violino

Musiche di Górecki, Weinberg, Schubert

Schubert, Ouverture Beethoven, Sinfonia n. 3

Händel, Arie d’opera Haydn, Sinfonia n. 44 Mozart, Sinfonia KV 201

Nono, Varianti musica per violino solo, archi e legni Leclaire, Concerto per violino n. 6 Schubert, Sinfonia n. 4

François Leleux

Jan Lisiecki

Francesco Piemontesi

Ilya Gringolts 21


Robert Kowalski Il destino chiama dalla Polonia

Strumento Violino Attività artistica Konzertmeister OSI Quartetto Karol Szymanowski Nascita 08.02.1985, Danzica Nazionalità Polacca

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Toccata e fuga

La spalla dell’OSI, il primo violino Robert Kowalski, ci racconta i suoi pensieri “liberi e vagabondanti” partendo dalla natìa Danzica, millenaria città anseatica simbolo della tragica storia di guerre, contese e spartizioni della Polonia, nonché culla del movimento di liberazione Solidarność. Una storia che Kowalski ricorda a partire dal periodo di transizione nel 1985. Ogni tanto passavano ancora le macchine della milizia, ultimo residuo dei muscoli brutali del regime.

Ricordo le discussioni, gli accordi, le speranze di una svolta liberale e progressista in una città dove il passato si respirava. Oggi prevalgono modelli che vorrebbero una Polonia simile all’Ungheria di Orbán: l’idea di una nazione forte e finalmente libera che genera un falso senso di indipendenza. A prescindere dalle questioni singole, il mondo procede verso un’idea di unificazione che guida l’umanità verso un pensiero più alto: sapere chi siamo e come vogliamo costruire la società. Abito

in Svizzera e qui mi sento a casa. Da polacco credo in un’Europa unita: è un’utopia necessaria. I piccoli passi forse non cambiano il quadro generale ma sono importanti, magari per mantenere lo status quo. Quando ha conosciuto il Ticino? A 16 anni sono venuto ad Ascona a fare un corso estivo di Ticino Musica. Era il 2001, eravamo in piena estate. Venendo dalla Polonia, dove le cose allora erano molto indietro, ritrovarsi di colpo sul lago, vedere quella natura


Destino. Sì. Il mio maestro, Valerij Gradov, con cui ho studiato come suo ultimo allievo, a Mannheim fino a 23 anni, era nel frattempo diventato docente anche al Conservatorio di Lugano. Pur avendo già un piede in un’altra Hochschule in Germania, nell’ultima lezione l’istinto mi ha fatto dire: «non riesco a chiudere qui: voglio continuare con lei». Gradov rispose: «Oggi stesso chiamo il Conservatorio di Lugano: preparati per l’esame d’ammissione per altri due anni di perfezionamento». Come sente il suo ruolo di spalla in una moderna orchestra sinfonica? Il ruolo di spalla rimane importante, soprattutto

quando percepisco che il mio sentire in sintonia con il direttore si riflette in orchestra. Credo che la spalla possa contribuire allo sviluppo della coscienza collettiva, che non è più una semplice reazione a un impulso musicale, ma è il raggiungere un momento ideale, la sintonia di tanti cervelli tutti collegati ad un nucleo comune. Il mio ruolo è incoraggiare, esprimere agli altri la mia convinzione nel fare qualcosa di bello insieme; un impulso necessario potrei dire, che poi si propaga e torna indietro più forte. Anche il contatto con i nuovi colleghi più giovani è importante; poter coinvolgerli, dar loro fiducia, è molto bello e mi ripaga di tante fatiche.

la mia prima vita musicale è l’orchestra, l’altra è quella con il Quartetto Karol Szymanowski, una formazione che ha una storia di 25 anni. Ci sono entrato quattro anni fa e, a parte il vasto repertorio per quartetto che va dal barocco fino alla musica contemporanea, insieme stiamo cercando di far conoscere al mondo la musica polacca, a partire dal compositore cui rimanda il nome del quartetto, Szymanowski, grande figura della musica polacca fra impressionismo ed espressionismo, che tra l’altro ha scritto due quartetti molto belli.

«Il mio ruolo è incoraggiare, esprimere agli altri la mia convinzione nel fare qualcosa di bello insieme; un impulso necessario potrei dire, che poi si propaga e torna indietro più forte».

Giovanni Gavazzeni

rigogliosa ed esprimere il desiderio di volerci vivere, sono stati un tutt’uno. Mi sono ricordato di quel pensiero quando ho vinto il posto di Konzertmeister all’OSI nel 2012.

Oltre all’orchestra ha altre attività musicali? Insegno in modo irregolare: quest’anno sono professore ospite al Conservatorio Jacopo Peri di Reggio Emilia. Se

Robert Kowalski è Konzertmeister dell’OSI dal 2012.

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Tradizioni e valori storici, competenze e soluzioni d’avanguardia. Banque Cramer & Cie SA è una banca privata svizzera fondata su principi legati alla tradizione familiare che ancora oggi animano i suoi azionisti e collaboratori. La spiccata cultura imprenditoriale favorisce lo sviluppo dei rapporti personali, improntati alla fiducia e alla lealtà, alla competenza professionale, come pure alla qualità dei servizi e delle soluzioni proposte. Banque Cramer & Cie SA Genève | Lugano | Zürich

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In tempi difficili è importante scegliere i giusti partner per proteggere la salute dei propri collaboratori. L’OSI ha scelto la Farmacia Internazionale Bordoni, dal 1935 al servizio delle cittadine e dei cittadini di Lugano e non solo.

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Sabbath, mentre il mio idolo e fonte d’ispirazione è David Bowie, un’artista che non ha mai smesso di cercare, riuscendo a rimanere musicalmente fedele a sé stesso e non perdendo mai il proprio timbro. Comunque ultimamente ascolto meno violino solo. Cerco magari di trovare altrove l’ispirazione per la voce del mio strumento, per esempio nelle voci di Dietrich Fischer-Dieskau, Maria Callas e Elisabeth Schwarzkopf. Mi piace anche stare immerso nel silenzio: forse se non ascolto musica è perché ne ho già tanta in testa. Da ragazzo a Danzica

Un altro musicista polacco a cui lei si interessa è Mieczyslaw Weinberg, unico membro della famiglia Weinberg scampato ai lager nazisti, rifugiandosi nell’Unione Sovietica dei pogrom e delle purghe staliniane. Ho registrato di recente insieme alla pianista Katarzyna Wasiak un disco di musica da camera di Weinberg per l’etichetta polacca Anagram, nominato ai premi ICMA, dedicato alla Quarta sonata per violino e alla Rapsodia su temi moldavi (in realtà ebraici). La sua musica ha preso un posto significativo nella mia attività. Weinberg spesso è paragonato a Šostakovič: erano grandi amici e si ispiravano a vicenda, e fra loro ci sono parecchie somiglianze. Weinberg parla sempre di cose estremamente importanti ed è come se dicesse: a me non interessa che questo movimento sia troppo lungo o monotematico, devo dirlo e dirlo così. Parla sempre di temi profondi. Nella sua

musica sembra esserci poca speranza, ma circola l’enorme umanità di un uomo che ha passato la vita fra paura e orrori. Eppure chi gli era vicino parlava del suo grande amore per la vita. Quando il violino tace, quale musica ascolta? Dal barocco al contemporaneo, mi piace ascoltare l’emozione di una parola che ritrovo nella musica popolare, dove a seconda delle regioni, dei climi e delle lingue i popoli hanno cercato ogni mezzo per esprimersi. Così ultimamente mi interessa la musica popolare polacca delle montagne, finendo fino ai canti polifonici delle tribù dei pigmei. E fra i “classici”? Mi toccano nel profondo del cuore Brahms e Britten. Li amo per la loro capacità di mettermi nella condizione di voler guardare dentro di me e non all’esterno. Poi adoro il free jazz, il rock dei Pink Floyd, passando per i Black

Se quello con il violino è un matrimonio, si può divorziare? Forse si può, alla fine … Ricordo fin da bambino il fascino del violino, il profumo del legno, gli odori della bottega del liutaio. Col passare degli anni ho cercato di migliorare come violinista attraverso la crescita come artista, non per lo strumento in sé. Ho necessità di dire, di parlare, di esprimermi e il violino forse, era semplicemente lo strumento del mio destino. Quando non prova, non suona o non deve studiare, nel cosiddetto tempo libero, cosa succede? Ho la fortuna di avere più tempo perché per ora non ho ancora figli, quindi corro, faccio esercizi, perché nel nostro mestiere il passare degli anni si sente già alla mia età e si deve trovare un equilibro corporale, sciogliere le tensioni del braccio e della spalla. Servono molto anche la meditazione e lo yoga. Lo spazio della spiritualità in ogni forma. Come la mitologia, non solo

greca, mi impressiona che tutto quello che viviamo, tutte le emozioni, dalle più belle alle più brutte, quelle che pensiamo siano solo parte della nostra vita, in verità siano già state vissute e raccontate. I miti spiegano quelle emozioni divine ed emanano un’energia a cui possiamo partecipare per confrontarci e crescere. Se immagino la mia strada, la vedo come un “mito” che deve compiersi, emozioni con le quali dovrò confrontarmi. Chiudere nel segno del Mito non è un caso. Karol Szymanowski scrisse tre meravigliosi Miti per violino e pianoforte (La fontana Aretusa, Narciso, Pan e le Driadi), sogni di notti d’estate e paesaggi mediterranei dell’anima.

«Ricordo fin da bambino il fascino del violino, il profumo del legno, gli odori della bottega del liutaio». 25


TORNA LAC EN PLEIN AIR DA LUGLIO produzione

LAC Lugano Arte e Cultura rassegna nell’ambito di

LAC edu 26

in collaborazione con

LuganoMusica Orchestra della Svizzera italiana Museo d’arte della Svizzera italiana

con il sostegno di

Fondazione Lugano per il Polo Culturale

partner principale LAC edu


Una residenza artistica che è un successo di Michel Gagnon Direttore generale LAC Lugano Arte e Cultura

Nella mia carriera di manager nel settore culturale, l’esperienza vissuta a Lugano mi ha fatto toccare con mano, più che mai, il potente impatto che può avere sul territorio la presenza di un centro culturale quando è davvero progettato per il pubblico, per avvicinarlo, coinvolgerlo, interagire con ogni suo componente, mettendo in rete le diverse realtà culturali cittadine e la collaborazione in cima alla catena dei valori. La Città di Lugano si è dotata di una sala concertistica di grande qualità che è il mezzo privilegiato per supportare lo sviluppo artistico dell’Orchestra della Svizzera italiana: spesso si dice che una sala sta a un’orchestra come uno strumento sta al musicista. La relazione instaurata con l’OSI in questi sei anni di attività, dapprima sotto la direzione di Denise Fedeli, poi di Christian Weidmann – che ringrazio di cuore – ha giocato un ruolo fondamentale nel posizionare il LAC quale punto di riferimento concertistico nazionale e non solo; nel profilare il centro culturale in ambito produttivo con la presenza e la guida del direttore principale Markus Poschner; nell’ampliare l’offerta e il suo pubblico, e non da ultimo nel promuovere quel senso di appartenenza, che radica il centro culturale nel tessuto della città di Lugano e del Cantone.

La residenza artistica significa condividere spazi e risorse per lavorare, sperimentare, dialogare e supportarne lo sviluppo; collaborare a produzioni musicali, operistiche e di balletto e sviluppare iniziative che coinvolgono un vasto pubblico, a partire dai giovani tramite le collaborazioni all’interno del programma di mediazione culturale LAC edu. Nel corso delle prime stagioni, l’offerta musicale di alta qualità ha coinvolto giovani e meno giovani, appassionati e curiosi, grazie a una stagione concertistica composta da grandi nomi del panorama direttoriale e celebri solisti, al Concerto di San Silvestro, alle produzioni di balletto con musica dal vivo, ai festival innovativi, agli Open Air gratuiti, ai concerti per le scuole e per famiglie e molto altro ancora. Avere l’OSI quale orchestra residente è certamente motivo di orgoglio e anche di conforto, come dimostrato in queste ultime due stagioni fortemente penalizzate dalla pandemia, in cui l’Orchestra non ha mai smesso di suonare. Il futuro ci riserva importanti progetti, che non vedo l’ora di condividere con tutti voi.

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Meglio dal vivo o in videostreaming?

Un bilancio con RSI dopo una stagione tutta speciale, realizzata in gran parte online «Paradossalmente, in questo periodo di esclusione forzata del pubblico dalle sale, si è instaurato un meccanismo di inclusione. Grazie all’investimento nei videostreaming si è permesso di fruire dei concerti anche alle persone che abitualmente non li frequentano, per mille ragioni: geografiche (abitano in zone discoste), economiche (non tutti possono permettersi un biglietto) o altri motivi personali. Accanto a ciò, in periodo di pandemia i videostreaming sono stati ovviamente l’unico modo di vedere e far vivere un’orchestra, pur in una modalità molto

diversa». Sintetizza così Gian-Andrea Costa, Responsabile del Settore Eventi e Musica RSI, l’esperienza «positiva» delle ultime stagioni OSI in Auditorio e al LAC, quasi tutte in videostreaming RSI.

Affrontiamo l’argomento in una conversazione a tre fra Costa, il responsabile dell’Offerta classica/jazz/ world RSI Christian Gilardi e il direttore artisticoamministrativo dell’OSI Christian Weidmann.

Una modalità di visione che in ogni caso non intacca minimamente il valore dei concerti dal vivo: «Per quanti progressi tecnologici si possano fare, la gente vorrà sempre andare in sala, come già in passato dopo l’avvento di radio e tv. Il punto sarà come gestire l’eventuale affiancamento di videostreaming ai concerti dal vivo anche nel post-pandemia».

I videostreaming RSI hanno innanzitutto evidenziato una serie di elementi inediti, utili da conoscere anche per quando il pubblico tornerà in sala. «Per esempio - continua Costa - la maggior parte li ha seguiti su smartphone e tablet. Esiste un pregiudizio per cui il pubblico della musica d’arte sia poco tecnologico, anche per via dell’età, ma questo dato lo smentisce. Un altro aspetto interessante è la seconda vita che hanno i videostreaming in generale, non solo quelli musicali: la maggior parte delle visualizzazioni avviene nelle settimane successive alla diretta. Questo perché le abitudini del pubblico sono cambiate: oggi si salta avanti e indietro a seconda dei propri gusti e anche della disponibilità di tempo libero che è mutata, molto più irregolare rispetto ai ritmi di vita di anni fa».

Le strutture RSI per i videostreaming al LAC.

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La vera sfida, sia per l’OSI sia per chi produce i videostreaming, è sfruttare questa disponibilità a livello promozionale, in pratica ricordare al pubblico che l’evento non vive solo la sera del concerto ma può essere riguardato in seguito.

«Sotto questo aspetto – precisa Weidmannsarebbe interessante migliorare la qualità di fruizione a casa, su maxischermo o con sistemi audio all’avanguardia. Vedere o rivedere un concerto su un telefonino non rende giustizia alla qualità dei videostreaming per cui la RSI impiega comunque il massimo delle risorse, con Tonmeister e personale tecnico e di programma specializzati». «Riguardarsi un concerto a casa - aggiunge Gilardi - diventerebbe un po’ come degustare un buon vino in solitudine, qualcosa di diverso (e di complementare) rispetto all’assaporarlo a cena con gli amici. Un videostreaming permette inoltre di cogliere maggiori dettagli rispetto alla sala, per esempio si può rivedere meglio l’espressione di un direttore o di un solista in un dato passaggio. O ancora, se la telecamera inquadra ad esempio le viole che fanno la voce mediana, mentre il clarinetto suona la melodia, ciò pone l’attenzione da una prospettiva diversa e può far emergere nuove sensazioni musicali, con un intento quasi “didattico”, di insegnamento a cogliere la complessità della musica, attraverso la sensibilità di un nuovo occhio, quello del regista».


Alessandra Zumthor Videostreaming dunque complementare, e mai sostitutivo rispetto all’esperienza dal vivo: al pubblico, ma anche ai solisti e ai direttori, resta indispensabile la magia della presenza in sala. Semmai ci si potrebbe porre la domanda di come fronteggiare la concorrenza fra videostreaming, in un’offerta ormai mondiale che vede i concerti dell’OSI diffusi accanto a quelli dei Wiener o dei Berliner. Come fare per fidelizzare il pubblico della Svizzera italiana? Weidmann non ha dubbi: «Creando identificazione fra l’OSI e tutta la Svizzera italiana, parlando dell’Orchestra, portandola anche fuori dalle sale, a esibirsi in contesti nuovi, per entrare nel tessuto “popolare” nel senso nobile del termine. Facendo insomma in modo che la gente senta “sua” l’OSI, anche se non è appassionata di musica classica».

Gian-Andrea Costa

Per quanto ci sia la globalizzazione, infatti, la gente ha sempre più bisogno di prossimità e riconoscibilità in ciò che la circonda, ed è pronta ad abbracciare ciò che il territorio le propone. Quello che avviene, in fin dei conti, con gli stessi Berliner, di cui tutti i berlinesi sono orgogliosissimi. Al punto che lì i videostreaming sono già in uso da tempo, ben prima della pandemia: per ri-trasmettere i concerti live direttamente fuori dalle sale da concerto, su maxischermi per le famiglie che li seguono facendo magari pic nic sul prato.

A questo punto “intenzione” potrebbe essere la parola chiave. «Quando ci sarà di nuovo il pubblico conclude Weidmann - sarà importante capire per chi facciamo cosa e quando. Va fatta una scelta, anche comunicativa». In una stagione OSI al LAC, si può dunque decidere editorialmente di proporre anche in streaming concerti con repertori o artisti particolari. Non necessariamente videostreaming regolari ogni due giovedì, ma più mirati, visto che il web permette in ogni caso di riguardare ciò che interessa quando si vuole. In un’epoca, la nostra, in

Christian Gilardi

Christian Weidmann

cui il concetto stesso di fidelizzazione sul digitale rimane ancora in gran parte da scoprire.

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In sala di registrazione In attesa che il periodo post-pandemico permetta all’OSI di riprendere i suoi progetti in sala di registrazione (all’orizzonte si profilano le registrazioni della Quinta e della Sesta Sinfonia di Čajkovskij, a fine agosto) uno sguardo agli ultimi anni mostra quanto abbiano avuto successo tutte le produzioni discografiche o in DVD dirette da Markus Poschner. Prima fra tutte, quella che ha portato al cofanetto di DVD Rileggendo Brahms, produzione che è riuscita a vincere nel 2018 il prestigioso premio discografico internazionale ICMA, imponendosi di fronte a concorrenti come il Mariinskij di Valery Gergiev oppure la Lucerne Festival Orchestra con Riccardo Chailly. Le quattro Sinfonie di Brahms sono state registrate live dalla RSI al LAC e pubblicate da Sony Classical. Vale la pena rileggersi la motivazione ufficiale dell’ICMA, per capire quanto sia stata apprezzata quella rilettura brahmsiana proposta dall’OSI col suo Direttore principale: «L’immagine sonora di Brahms, troppo spesso appesantita in letture che ne enfatizzano eccessivamente l’aspetto cupo e tardo romantico,

trova nuova vita in queste splendide esecuzioni delle quattro Sinfonie ad opera dell’Orchestra della Svizzera italiana diretta da Markus Poschner. Cantabilità, trasparenza ed equilibrio delle voci interne sono esaltate in questi DVD, filmati nella nuova sala del LAC di Lugano». Ma non solo: di lì a poco, ecco il Rossini Project, articolato per il momento in due CD, con Sinfonie e Cantate del celebre compositore pesarese registrate in prima mondiale, produzione che ha ottenuto una nomination agli stessi ICMA due anni dopo. Un premio Diapason découverte è stato invece attribuito nel 2016 al CD dedicato a Camille Saint-Saëns (per la casa discografica Alpha), con il tenore Yann Beuron e il baritono Tassis Christoyannis e la registrazione di 19 melodie con orchestra. Infine, non si può dimenticare il CD con il Concerto per violino di Richard Strauss, uscito nel 2018 per l’etichetta CPO (solista il Konzertmeister Robert Kowalski), accolto da ben cinque stelle nelle recensioni su Musica e da numerose altre critiche di ottimo livello.

«L’immagine sonora di Brahms (…) trova nuova vita in queste splendide esecuzioni delle quattro Sinfonie ad opera dell’OSI» (dalle motivazioni del premio ICMA 2018)

THE ROSSINI PROJECT VOL. II FROM NAPLES TO EUROPE (1815-1822)

GIOACHINO ROSSINI La riconoscenza, Cantata pastorale, versione del 1821

Dalla Cantata Il vero omaggio (1822): “De’ gigli nel candor”

Dalla Cantata a Quattro voci con cori (1823): “Splenda vivissima d’Imen la face”

PRIMA REGISTRAZIONE MONDIALE Sinfonie

Ermione (1819)

Elisabetta, regina d’Inghilterra (1815)

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ORCHESTRA DELLA SVIZZERA ITALIANA

Edgardo Rocha tenore

Markus Poschner direttore

Michela Antenucci soprano

CORO DELLA RADIOTELEVISIONE SVIZZERA

Laura Polverelli mezzosoprano Mirko Palazzi basso


L’8 ottobre 2021 l’Orchestra della Svizzera italiana torna sul palco delle Settimane musicali di Ascona con un programma storico, quello del concerto di apertura della prima edizione asconese.

Il programma della prima edizione della Settimana Musicale asconese. Dopo il 1951 gli appuntamenti verranno distribuiti su più settimane.

Ripercorriamo alcuni degli eventi più significativi che contribuirono alla nascita di questo grande Festival.

La prima edizione della Settimana Musicale asconese si svolge tra il 25 aprile e il 2 maggio 1946, a un anno dalla fine della Seconda guerra mondiale in Europa. In quei giorni la grande notizia è il ritorno di Arturo Toscanini nel “suo” Teatro alla Scala ricostruito a tempo di record: avrà luogo l’11 maggio 1946 con la Nona di Beethoven. Anche il Radioprogramma del 14- 21 aprile 1946 – il Settimanale per la Svizzera Italiana, Organo della Società Svizzera di Radiodiffusione – dà ampio risalto all’evento: tutto il mondo culturale e musicale europeo è profondamente provato dal conflitto, ma pronto a ripartire. Gli artisti attendono solo l’opportunità di nuovi ingaggi.

Anna Ciocca-Rossi

L’OSI alle Settimane musicali di Ascona

Deutsche Version

osi.swiss/magazin-deutsch

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Oltre alla Studio Radio del Campo Marzio – inaugurato nel 1938 – e al Teatro Kursaal a Lugano, i concerti si svolgevano al Teatro sociale a Bellinzona, in alcune chiese, ma anche in spazi pubblici e privati di vario genere, purtroppo non sempre idonei per i concerti sinfonici. Le occasioni, più o meno prestigiose, coinvolgevano direttori e solisti di spicco del mondo concertistico, ma anche musicisti locali e dilettanti. Alcuni di questi autorevoli artisti diventeranno i protagonisti della prima edizione asconese. In tutto ciò si cela indubbiamente un’azione di propaganda da parte della radio per l’acquisizione di nuovi potenziali abbonati, finalizzata però a fornire un significativo e prezioso apporto alla vita culturale locale, che ne risulterà profondamente arricchita. Contribuirà a diffondere nel pubblico quell’abitudine alla frequentazione dei concerti purtroppo ancora poco presente nella popolazione della Svizzera italiana. Inaugurazione dello Studio Radio del Campo Marzio a Lugano nel 1938. Otmar Nussio dirige l’Orchestra della Radio della Svizzera italiana (Archivio storico della Città di Lugano, Fondo Vincenzo Vicari).

Anche gli enti radiofonici europei sono in pieno fermento e sviluppo: «Ovunque e in tutti i campi, il dopoguerra è l’epoca più propizia alla nascita delle grandi idee, dei grandi progetti» si afferma nel medesimo Radioprogramma. Sul settimanale – non casualmente – la RSI lancia in queste settimane i suoi ‘grandi’ progetti musicali, tra cui i concerti organizzati nell’ambito degli «Spettacoli pubblici alla RSI», di cui gli eventi della prima Settimana Musicale asconese sembrano essere il proseguimento.

L’Orchestra della RSI e lo sviluppo dei nuovi Festival

La prima edizione della Settimana Musicale asconese si svolge tra il 25 aprile e il 2 maggio 1946, a un anno dalla fine della Seconda guerra mondiale in Europa. 32

La radio disponeva dal 1932 di un’orchestra e dal 1938 di un proprio coro che alla metà degli anni Quaranta – sotto la guida rispettivamente di Otmar Nussio e di Edwin Loehrer – sono ormai maturi per progetti più ambiziosi. L’Orchestra in particolare, a cui è strettamente legata la manifestazione asconese, fin dagli anni Trenta si esibiva regolarmente anche al di fuori degli studi radiofonici, poiché dipendeva dalla Pro Lugano, con la quale la RSI aveva sottoscritto un accordo. Nel 1935 l’Orchestra diventava di esclusiva proprietà della RSI. Negli anni successivi la radio, consapevole dell’importanza di un confronto diretto con il pubblico, aveva gradatamente aumentato e differenziato la programmazione dei concerti, il cui numero evolverà in maniera esponenziale.

Oltre agli Spettacoli pubblici alla RSI e alla Settimana Musicale di Ascona, a metà degli anni Quaranta l’Orchestra viene coinvolta in altri storici concerti, quali ad esempio quelli del Festival Arthur Honegger, quattro serate programmate dalla RSI tra il marzo e l’aprile 1947 – poco prima della seconda edizione asconese – che vedranno sul palco in veste di direttori il noto compositore, Ernest Ansermet, Hermann Scherchen ed Edwin Loehrer.

Il primo concerto della Settimana Musicale di Ascona Il concerto del 25 aprile 1946 inaugura quello che diventerà – dopo il Lucerne Festival – il più longevo e prestigioso Festival in Svizzera: è infatti il primo dei sette eventi organizzati per la prima Settimana Musicale di Ascona. Per la realizzazione di questo coraggioso progetto, oltre alle istituzioni locali, giocano un ruolo significativo la presenza sul territorio, in particolare locarnese, di grandi personalità musicali e di artisti di livello internazionale, in parte profughi, altri richiamati dalla fama del Monte Verità. Vi è un vasto potenziale di pubblico: turisti e residenti provenienti dai Cantoni svizzeri di lingua tedesca e dalla Germania, per tradizione legati alla frequentazione di concerti. Le Settimane musicali di Ascona – dopo il 1951 gli appuntamenti verranno distribuiti su più settimane e spostati ad agosto e settembre – nascono dall’iniziativa


Il concerto del 25 aprile 1946 – che si svolge nella sala da ballo di quello che fu uno storico locale di Ascona, la Taverna – vede Otmar Nussio sul podio con la

sua Orchestra. Solisti i pianisti Hans Andreae e la moglie Lis Keller. Una scelta di esecutori tutti svizzeri per un programma che si muove tra capolavori dell’italianità e del classicismo viennese: in apertura il Concerto grosso op. 3 n. 11 di Vivaldi, poi il Concerto per due pianoforti KV 365 di Mozart e la Sinfonia Incompiuta di Schubert, ed infine una composizione di Busoni – Ouverture a una commedia op. 38 – compositore strettamente legato alla formazione berlinese di Vladimir Vogel. A 75 anni di distanza, dopo un periodo pandemico così difficile per la cultura e la musica, la riproposta di questo storico concerto rappresenta un primo significativo passo verso la ripresa della nostra vita musicale: la speranza è che l’Orchestra della Svizzera italiana – sicuramente provata dopo il lungo periodo di forzato isolamento, sola come ai suoi esordi davanti ai microfoni della RSI – possa ripartire con ‘grandi progetti e idee’ e tornare con la sua musica ad abbracciare ed emozionare in presenza il suo pubblico.

A 75 anni di distanza, dopo un periodo pandemico così difficile per la cultura e la musica, la riproposta di questo storico concerto rappresenta un primo significativo passo verso la ripresa della nostra vita musicale.

© OSI, foto D. Vass)

dell’avvocato asconese Leone Ressiga Vacchini che ha un ruolo unificatore nell’individuare e coordinare le forze e le risorse disponibili, nel mediare gli equilibri politici e nel coinvolgimento della RSI, che per le ragioni sopra esposte non può perdersi questa occasione. L’avvocato Vacchini è affiancato dal pianista Alessandro Chasen, ad Ascona per sfuggire al nazismo e protagonista dei concerti asconesi già a partire dalla prima edizione. Un’ulteriore presenza autorevole sarà quella del compositore russo-tedesco Vladimir Vogel, per alcuni anni ad Ascona, dopo aver lasciato per motivi politici la Germania. Ma tra gli artisti di “adozione ticinese” che animano la prima stagione asconese, vi sono anche il celebre pianista Wilhelm Backhaus e il musicologo Bernhard Paumgartner, direttore del Mozarteum di Salisburgo, solista di un concerto sinfonico diretto da Volkmar Andreae.

L’OSI con il suo direttore principale Markus Poschner alle Settimane musicali di Ascona. Chiesa del Collegio Papio, 7 ottobre 2016.

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Dietro le quinte

Alla stazione di Stoccarda (febbraio 2020, OSI in Tournée in Germania e Svizzera)

L’OSI come non l’avete mai vista: in questa rubrica vogliamo mostrarvi cosa accade prima, dopo e durante i concerti, da un punto di vista diverso da quello del pubblico in sala… o in videostreaming.

Il Konzertmeister Robert Kowalski intervistato dalla RSI a Colonia (OSI in Tournée, febbraio 2020)

Il folto pubblico tedesco nel Kultur & Kongresszentrum Liederhalle di Stoccarda (18 febbraio 2020, OSI in Tournée)

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Dietro le quinte

Open Air estivi a Lugano e Bellinzona, agosto e settembre 2020


Sul set del Calendario dell’Avvento, iniziativa online in collaborazione con la RSI, seguitissima dal pubblico a dicembre

Auguri di Buon Anno a Massagno

François Leleux, OSI al LAC, ottobre 2020

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Foto ricordo con Martha Argerich e Johann Sebastian Paetsch (San Silvestro 2020)

Nils Mönkemeyer e la prima viola dell’OSI Ivan Vukčević (OSI al LAC, 1. ottobre 2020) Le poltrone chiuse al LAC sono diventate una caratteristica di questi mesi complicati…

Alice Sara Ott e Krzysztof Urbański, OSI al LAC, marzo 2021 Distanziamenti obbligatori

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Dietro le quinte

Ufficio provvisorio al LAC...


Sol Gabetta prova con l’OSI per il progetto Presenza

Gabetta, Soulier e Poschner

Set fotografico tra lago e LAC

Al trucco

Gardi Hutter alla post-produzione del Concerto OSI per le scuole Pierino e il lupo

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Le voci della critica OSI in Tournée, Buniatishvili – Poschner Febbraio 2020 Kölner Stadt Anzeiger, 15 febbraio 2020

«L’orchestra, sotto la direzione concentrata e carica di energia di Poschner, ha proposto due ouverture di Rossini e la quarta Sinfonia di Schubert. Un’orchestra avvincente e affascinante, con un suono caloroso, pieno e tornito in tutti i gruppi di strumenti. In Rossini si sono messe in luce le parti soliste dei fiati, mentre nella Sinfonia è emerso uno Schubert ardente, appassionato, come non lo avete mai udito. Straordinaria la prestazione della solista: in Liszt la pianista francogeorgiana Khatia Buniatishvili si è inserita in modo eccellente nel dialogo cameristico con l’orchestra, con le ispirazioni più delicate, rubati per nulla manierati, una leggerezza affascinante, una grazia chopiniana e dei pianissimi pieni di sostanza. Si poteva completamente dimenticare l’immagine di un Liszt “distruttore di tastiere”, per quanto la Buniatishvili sfoggiasse una padronanza assoluta del pianoforte». OSI in Tournée, Buniatishvili – Poschner Febbraio 2020 Mittelbayerische, 17 febbraio 2020

«Markus Poschner dal podio lavora in modo efficacissimo sui cambi d’atmosfera, imprimendo chiari impulsi là dove è necessario, ma anche allentando qua e là il controllo sui musicisti, lasciandoli più liberi quando serve. (…) L’Orchestra della Svizzera italiana riesce a coltivare una vera cultura dei “piano” o “pianissimo”. I primi pizzicati dall’ouverture dell’Italiana in Algeri di Rossini erano quasi più da vedere che da udire. Nel mezzo, una fanfara in “fortissimo”, quasi a richiamare il pubblico all’attenzione. In seguito l’Orchestra col suo direttore ha eseguito con molto brio la parte centrale, veloce, in cui la musica inizia a scorrere come un ottimo champagne». 38

Concerto OSI al LAC, Mönkemeyer – Poschner 1 ottobre 2020 Corriere del Ticino, 3 ottobre 2020, di Andrea Della Valle

«Piacevole sorpresa è stata la sonorità scaturita dall’orchestra che, costretta al distanziamento tra i professori, ha visto questi ultimi confrontati all’esigenza di sentirsi meglio tra loro (…). Un plauso dunque a Poschner che ha mostrato il suo “lato italiano” nell’affrontare la musica verdiana la cui esecuzione ha curato scrupolosamente, lavorando tra le righe della partitura. Ma anche a chi si è fatto carico delle parti solistiche delle Ouverture verdiane, a partire dagli impeccabili ottoni (tra cui un filologico cimbasso), proseguendo con il meraviglioso suono del violoncello di Luca Magariello così come il flauto di Bruno Grossi, l’oboe di Marco Schiavon, il clarinetto di Paolo Beltramini, il fagotto di Alberto Biano e, dulcis in fundo, il calore della tromba di Serena Basandella. Tutte “prime parti” che costituiscono il tesoro della “nostra” orchestra. Gli scroscianti applausi sono stati il suggello di una serata riuscita e il segno dell’affetto di un pubblico fedele». Concerto OSI al LAC, Markus Poschner 2 dicembre 2020 laRegione, 5 dicembre 2020, di Enrico Colombo

«Ho già ascoltato due volte in diretta l’intrigante opera di Bartók (Musica per archi, percussioni e celesta, ndr.): all’Auditorio di Besso cinque anni fa, sullo schermo del mio computer mercoledì scorso. Sono stati due ascolti diversamente affascinanti. In sala il suono d’assieme costruito nello spazio sonoro disponibile, le scelte agogiche condizionate anche dall’attenzione del pubblico. Sul computer il suono d’assieme alquanto compromesso dai tanti microfoni ripartiti nell’orchestra, ma in compenso l’espressività dei volti degli strumentisti in primo piano, soprattutto


il gesto seducente di Poschner visto dalla parte degli orchestrali. (….) E mi è sembrata convincente la scelta quasi cameristica fatta da Poschner: ho contato 22 archi con solo 2 contrabbassi». Concerto OSI al LAC, Piemontesi - Poschner 11 febbraio 2021 RSI Rete Due, 12 febbraio 2021, di Nicola Cattò

«Vero specialista mozartiano, Francesco Piemontesi incanta con un KV 595 in cui mette in mostra un pianismo luminoso, nitido e filologicamente aggiornato: in accordo con Poschner coglie quell’ambiguità nascosta che è l’essenza della musica di Mozart. E poi una Settima di Beethoven dove, se non tutto è filato alla perfezione, l’Allegretto ha risuonato, con il direttore tedesco e l’OSI, di accenti arcani e misteriosi, in uno stacco di tempi di assoluta giustezza». Concerto OSI al LAC, Baeva – Dutoit 25 febbraio 2021 Bachtrack, 26 febbraio 2021, di Roy Westbrook

«Questo “Omaggio a Stravinskij” presentava un concerto di Mozart affiancato da un paio di opere neoclassiche del grande compositore russo. Benché il brano d’apertura, Dumbarton Oaks, fosse modellato sui Concerti brandeburghesi di Bach, l’aggettivo “neo-barocco” lo descriverebbe meglio. L’organico ridotto (15 strumenti) era ideale per la distanza richiesta tra i musicisti; eppure, mentre ognuno è trattato come un solista, la scrittura resta pienamente contrappuntistica. I musicisti hanno assaporato l’indipendenza e il puro divertimento offerti dall’opera, rinfrescandone costantemente le linee strutturali negli scarsi venti minuti di durata. (…) I musicisti dell’Orchestra della Svizzera italiana sono apparsi perfettamente

a loro agio con il compositore che scrisse Pulcinella nella sua dimora svizzera. Anche il balletto è “neo-barocco”, essendo ispirato (presumibilmente) a Pergolesi. Qui il maestro “mascherato” era lo svizzero Charles Dutoit, a lungo collaboratore del connazionale Ernest Ansermet, primo a dirigere Pulcinella. Dutoit è da sempre un raffinato direttore stravinskijano e questa performance, perfettamente idiomatica, ha completato un omaggio ideale, a 50 anni dalla morte del compositore». Concerto del Venerdì Santo, Diego Fasolis 2 aprile 2021 RSI Rete Due, 3 aprile 2021, di Nicola Cattò

«Meno affascinante della Messa in do maggiore, meno immenso della Missa Solemnis, il Christus è il terzo grande lavoro sacro di Beethoven: spostato dal 2020 al 2021, l’oratorio beethoveniano rivela, nelle mani di Diego Fasolis, dell’OSI e del Coro della RSI, la sua natura eminentemente teatrale e stilisticamente composita: né, giustamente, viene cercata una lettura volta a smussare quegli angoli che invece, durante l’ascolto, sono sembrati vividi e contradditori. C’è la giusta flessibilità dinamica e ritmica (scriveva Schönberg a Busoni: “Lei va a tempo? Io mai”), c’è il sostegno al canto dei solisti, che ne profittano in modo diverso: il soprano Tehila Nini Goldstein fatica nelle stratosfere della grande aria del Serafino, mentre il tenore Christoph Strehl dà la giusta vocalità eroica ad un Cristo che sembra un quadro preparatorio del Florestano del Fidelio».

osi.swiss/recensioni

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Modernità di Petruška

Igor Stravinskij (1882 - 1971) a 50 anni dalla morte

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Anche se è usanza indicare nel Sacre du printemps (1913) il punto di volta dello stile stravinskijano e la sua prepotente irruzione nel campo della musica moderna, la posizione di Petruška è quella di un momento chiave altrettanto significativo, considerando il fatto che precede l’altro capolavoro di almeno due anni. La data di composizione sarebbe da riportare al 1911, ma in realtà il musicista fu occupato per lungo tempo nella messa a punto di questo balletto, iniziato l’anno precedente e interrotto a causa di una grave malattia. Determinante per la sua realizzazione fu la collaborazione con Sergej Djagilev, il geniale impresario dei Ballets russes, il quale si può considerare lo scopritore del giovane Stravinskij,

Stravinskij dirige a Lugano nel 1954. È l’unica foto scattata durante le prove, con la Radiorchestra: vi si riconoscono anche due violinisti, Erik Monkewitz e Charles Eskenhazy.

avendo presentato sulle scene parigine L’uccello di fuoco (1910), la sua prima importante composizione. Un anno circa separa tale balletto da Petruška, ma una distanza maggiore separa una concezione musicale legata ancora alla tradizione (l’impianto magniloquente del poema sinfonico russo) dal preannuncio di qualcosa di completamente nuovo. In ambedue i casi si tratta di balletti ispirati a leggende russe. Sennonché mentre nell’Uccello di fuoco l’elemento magico-fantastico rimane predominante, trovando modo di manifestarsi attraverso una strumentazione raffinatissima derivata dal maestro Rimskij-Korsakov e sfumata secondo il gusto impressionistico francese, in Petruška Stravinskij scopre il colore puro ed

essenziale, evitando gli impasti timbrici in favore di sonorità palesemente dichiarate, di pennellate crudamente realistiche, a volte aspre e sferzanti. Stravinskij maturò l’idea del balletto mentre stava componendo un pezzo da concerto per pianoforte o orchestra. In quell’occasione sostenne il musicista - «mi si presentava agli occhi l’immagine di un fantoccio scatenato, il quale con cascate di diabolici arpeggi pianistici esaspera la pazienza dell’orchestra. Questa, a sua volta, replica con minacciose fanfare. Segue una tremenda colluttazione che, arrivata al parossismo, termina con l’afflosciamento lamentoso e dolente del povero fantoccio». La testimonianza è rivelante, nel senso di lasciar intendere come


popolari in combinazione timbrica addirittura naturalistica (con intonazioni da organetto di Barberia), riprodotte a volte in rapporto di simultaneità dissonante. Il modello è quello dell’episodio Limoges dei Quadri di un’esposizione di Musorgskij, della baruffa delle comari al mercato. Sennonché qui, nella brulicante e pungente orchestrazione, c’è qualcosa di più del riferimento alla dimensione paesana, contadina, dell’immaginario popolare russo. Come non pensare allora al Manifesto di fondazione del futurismo, lanciato da Marinetti poco prima, dalle colonne del Figaro il 20 febbraio 1909, in cui si proclamava: «Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche (...)». Replicato nello specifico manifesto intitolato La musica futurista e firmato da Francesco Balilla Pratella l’11 marzo 1911 («Dare l’anima musicale alle folle, dei grandi cantieri industriali, dei treni,

Il balletto Petruška, al pari del Sacre du printemps, rappresenta un momento cruciale nella definizione delle coordinate musicali dell’estetica del XX secolo

Un momento della prima rappresentazione del balletto Petruška, a Parigi nel 1911, con Vaclav Nižinskij e Tamara Karsavina.

dei transatlantici, delle corazzate, delle automobili e degli aeroplani»), non sfugge la cronologia che coglie questo evento esattamente parallelo all’apparizione di Petruška. Il balletto, in assenza di convincenti e valide realizzazioni concrete dei futuristi italiani in campo musicale, incarna quindi (e per primo) l’espressione dell’impersonale realtà urbana del ‘900, diventata il modello musicale prevalente nell’avanguardia degli anni Venti. Motivo in più per attribuire al capolavoro stravinskijano una posizione meno in ombra rispetto alla statura del Sacre, riconoscendolo come momento del pari cruciale nella definizione delle coordinate musicali dell’estetica del XX secolo.

Carlo Piccardi

dalla fiaba a carattere sereno e ottimistica, preferita dai musicisti dell’Ottocento, si passi con Stravinskij a una fiaba tragica e cruenta, capace persino di cancellare nei personaggi i tratti umani. Petruška è per metà uomo e per metà marionetta, i suoi gesti meccanici e la sua espressione sono un seguito di rigide articolazioni. La musica nascente da tale nuova situazione, i gesti sonori fulminei, il ritmo ripetitivo, la tecnica della ripetizione che dissolve il discorso a largo respiro, gli agglomerati dissonanti, liquidano per sempre la possibilità dell’immedesimazione e la stessa dimensione psicologica della vicenda. L’inquietante dimensione del Sacre, indicata da Adorno come resa senza condizioni dell’individuo alla realtà sociale, se in questi termini può essere accettata, risulta già pienamente presente in Petruška. Il balletto è capace nella musica di eliminare completamente le forze interne al personaggio, cogliendo quelle esterne agenti in modo prescrittivo sugli individui, prime fra tutte il movimento frenetico della piazza del mercato (con un brusio sonoro al limite del rumorismo) e la citazione di note musiche

Deutsche Version

osi.swiss/magazin-deutsch

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Stravinskij a Lugano

Stravinskij fu due volte a Lugano nell’ambito dei “Giovedì musicali”, alla testa dell’Orchestra della Radio della Svizzera italiana: il 29 aprile 1954, con un programma di musiche sue in cui figurava la prima esecuzione svizzera del suo Settimino (composto l’anno prima), e il 28 aprile 1955, in un secondo concerto che praticamente completava la presentazione delle sue opere per piccola orchestra. Una sintesi di questi programmi è stata edita in un CD della casa Ermitage nel 1995 (imagine a lato). Di questa presenza prestigiosa Otmar Nussio, allora direttore della Radiorchestra e organizzatore dei “Giovedì musicali”, parla nella sua autobiografia: «Da un lato si dimostrava impaziente nello spiegare i suoi ritmi complicati, dall’altro la sua tecnica direttoriale era troppo difettosa per riuscire comprensibile di primo acchito. Io avevo preparato

con l’orchestra i pezzi dello Stravinskij con la massima esattezza e coscienziosità, senza risparmiare né tempo né energie. Ma quando arrivò lui e iniziò le prove, invece di migliorare, la situazione sfociò in momenti caotici. […] d’improvviso si arrestò e ordinò: “Il programma stabilito è troppo lungo: bisogna sopprimere Dumbarton Oaks e il Settimino”. […] Togliere dal programma l’una o l’altra opera sarebbe stato senz’altro interpretato come una insufficienza da parte nostra di fronte alle note difficoltà di esecuzione dei diversi pezzi. Mi mantenni calmo e, dominando la mia agitazione interiore, dissi al maestro che “la sua volontà sarebbe stato senz’altro rispettata”. Poi, così, come se fosse un mio piccolo desiderio personale, aggiunsi: “Però Le sarei grato, maestro, se domani avesse la cortesia di provare con l’orchestra i due pezzi che vuole sopprimere, essendo mia intenzione eseguirli spesso, sia qui che all’estero. Mi interesserebbe sapere se lei è d’accordo con i tempi e l’interpretazione che ho

“Azione” 6 maggio 1954, p. 6 (Angelo Barvas)

«Il pubblico distinto che affollava il teatro rimase sorpreso d’ammirazione dell’inatteso e più tipico linguaggio musicale dei nostri tempi e scattò in interminabili ovazioni all’indirizzo del grande musicista il quale ne faceva merito alla sua orchestra: “sua” perché quella sera la nostra Radiorchestra, innanzi alla personalità del compositore ed il fulgore della esecuzione, apparve come trasfigurata». 42

dato alle sue musiche”. Stravinskij emise un grugnito che significava un debole consenso, dopo di che m’accomiatai dandogli appuntamento per venirlo a prendere l’indomani mattina con la macchina. Quando lo rividi l’umor nero ancor perdurava. Arrivati allo studio vi fu la solita presentazione all’orchestra, con il solito benvenuto da parte dei musicisti. A questi avevo già fatto pervenire la notizia del pericolo che su di noi incombeva, pregandoli di darsi la massima fatica onde distogliere il maestro da un proponimento che avrebbe certamente nuociuto altamente alla nostra reputazione. Sul podio direttoriale stava già aperta la partitura di Dumbarton Oaks. Stravinskij cominciò a dirigere. Man mano che la lettura procedeva, il volto del maestro vieppiù

si spianava. Alla fine del pezzo, raggiante e felice esclamò: “Mais ça va très bien: il faut absolument le jouer”. Gli ricordai ancora il Settimino. Per un attimo il suo viso si rabbuiò, ma poi borbottò fra i denti: “Bon, on va essayer aussi ça”. Come già il Dumbarton Oaks, anche il Settimino lo soddisfece completamente, cosicché tirai un bel sospirone di sollievo e mi rallegrai. Le successive prove procedettero poi senza incagli di sorta. Lodò molto l’auditorio del vecchio Studio Radio, il quale gli pareva ideale perché aveva un’acustica secca e trasparente che si confaceva ottimamente al carattere delle sue musiche». (da Otmar Nussio, Una vita “tutta suoni e fortuna”, a cura di Tania Giudicetti Lovaldi, Armando Dadò editore, Locarno 2011, pp. 224-225).


“Azione” 5 maggio 1955 (Vinicio Salati), p. 6

«Serata trionfale e memorabile di un pubblico distinto, che gremiva il Teatro del Kursaal di Lugano, manifestando il suo più vivo entusiasmo in prolungate e frenetiche ovazioni. […] Va notato inoltre il particolare elogio fatto da Strawinski al violinista Luis Gay des Combes che superò se stesso negli assoli dell’Apollon Musagète. Anche agli otto esecutori dell’Ottetto apparsi impareggiabili virtuosi, l’autore manifestò il suo più vivo consenso e sincero plauso».

“Giornale del popolo” 3 maggio 1954, p. 2 (ali)

«La serata è stata un vero trionfo. Strawinski è stato chiamato ripetutamente alla ribalta e le manifestazioni d’ammirazione hanno assunto, talvolta, il carattere di autentico “tifo”. Fra gli spettatori non c’era solo quello che le cronache mondane chiamano il “pubblico distinto” – chissà poi perché! – ma anche gente di modesta condizione. E noi crediamo che sia proprio questa gente semplice, ma, per abitudini di vita modesta, alle evasioni nella libera natura, che meglio di tutti possa comprendere e ammirare Stravinsky.

“Giornale del popolo” 30 aprile 1955, p. 2 (ali) Musica strapaesana al concerto Strawinski

«Dopo il concerto, la gente era entusiasta. Un entusiasmo un po’ ingenuo, da “tifoso” del ciclismo, contento di aver visto da vicino e magari toccato l’“asso del cuore”. Noi l’entusiasmo del pubblico, internazionale, di giovedì (si udivano commenti in tutte le favelle di questo mondo) non ci sentiamo di condividerlo. […] le composizioni presentate giovedì sera non si possono considerare fra i suoi lavori più validi. […] La seconda parte è stata aperta con l’“Ottetto per strumenti a fiato”. È una composizione questa che non va presa troppo sul serio. L’autore, certamente, si è abbandonato a un estro malsano e si è divertito a ricercare effetti sonori nuovi e originali. Non sempre, però, ci è riuscito. Il “pezzo”, tutto sommato, tradisce un gusto facile, e ascoltandolo non si può fare a meno di accostarlo a certe volonterose produzioni bandellistiche da “Domenica popolare”. Quest’aria da “festa di paese” non doveva pìù abbandonarci per tutto il resto della serata».

[…] Tenere assieme queste note, che potrebbero per disattenzione o altro, andare anche per proprio conto, creando il caos, è la principale fatica del direttore d’orchestra. Che lo sforzo non sia lieve l’abbiamo potuto misurare dal volto di Stravinsky che al termine di ogni pezzo appariva disfatto». 43


Un abbraccio vitale

di Mario Postizzi, Presidente Associazione degli Amici dell’Orchestra della Svizzera italiana (AOSI)

Anche l’AOSI ha subìto le conseguenze durature del COVID-19. Chi fa parte dell’Associazione, e vi rimane, rinnova, anno dopo anno, il suo legame con l’Orchestra, ne vive i momenti esaltanti, annota con cura nell’agenda il ricco programma, assicurato da direttori importanti e solisti eccellenti. Senza un affetto spinto alla generosità, un abbraccio vitale, l’impegno associativo non è vissuto nella sua integralità e in tutti i momenti felici che contano. In questi lunghi e difficili mesi sono state prese le iniziative al momento possibili e non si è voluto,

rispetto ad altre orchestre, chiudere i battenti. Purtroppo è mancato il contatto visivo e cosmico, la presenza a pochi passi dal palco. Il Direttore principale, i Professori e l’Amministrazione della FOSI, con convergenza di intenti, hanno favorito, nei limiti del consentito, l’ascolto dell’Orchestra. L’assenza forzata dalle sale non ha tolto la qualità e la professionalità. Molti soci, e li ringrazio di cuore, malgrado la “poca musica” disponibile, hanno mantenuto una stretta vicinanza. Sul piano più generale, l’Associazione è da tempo elemento determinante per le sorti finanziarie dell’Orchestra. Il contributo degli Amici è stato importante per affrontare questo complicato periodo. La pandemia non ha permesso di organizzare l’Assemblea ordinaria del 2020. Ora, almeno sembra, si affaccia promettente

il tempo della ripresa e la speranza di concerti, dapprima estivi e poi autunnali. Si fa concreta la prospettiva di incontrare la musica dal vivo, di far parte dell’esibizione, come la “conchiglia”, l’elemento strutturale della sala che ne permette la migliore sonorità. Con una sala piena, il pubblico diventa esso stesso una componente significativa della buona riuscita di un concerto. Vanno sottolineate con favore le iniziative che favoriscono l’organizzazione di concerti in tutto il Cantone. Nel segno della qualità e della continuità, la conferma che grandi palcoscenici internazionali sono aperti ad accogliere, appena lo si potrà fare, l’Orchestra è motivo di orgoglio. L’AOSI non mancherà l’occasione di accompagnare questo viaggio musicale e culturale, dando una nuova attestazione di vicinanza.

Desidero aderire all’Associazione degli Amici dell’Orchestra della Svizzera italiana in qualità di Simpatizzante da CHF 50.– anno Sostenitore da CHF 100.– anno Donatore da CHF 500.– anno

Benefattore da CHF 3’000.– anno Mecenate da CHF 10’000.– anno Leggio d’oro contributi straordinari nel segno della continuità

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Data e firma Cornèr Banca SA, 6901 Lugano Intestato a: Associazione degli Amici dell’Orchestra della Svizzera italiana, 6900 Lugano IBAN: CH68 0849 0000 2874 0700 1 44


Carlo Piccardi

L’avventura luganese della grande artista, che ha appena festeggiato 80 anni Il compleanno di Martha Argerich, che proprio pochi giorni fa - il 5 giugno – ha festeggiato 80 anni, ci induce a considerare l’apporto che la grande artista ha dato alla nostra regione, garantendo la sua presenza regolare a Lugano sull’arco delle 15 edizioni in cui, dal 2002 al 2016, si è articolato il “Progetto” a lei intitolato. Sostenuto dalla Banca BSI e dalla Rete Due della RSI, il Progetto Martha Argerich fu ideato dal compianto Jürg Grand (produttore della EMI, la casa discografica che fu impegnata annualmente a diffonderne una sintesi attraverso una serie di CD) e coordinato dallo scrivente. Tale rassegna ha permesso alla grande artista di dar vita nella città di Lugano a una comunità d’intenti, durante il mese di giugno, di riunire intorno a sé artisti di varia provenienza, di diversa esperienza, di fama o meno, ma tutti animati dallo spirito del far musica in una sorta di cenobio, di coltivare la propria sensibilità

attraverso un repertorio che spesso rivela facce nascoste di grandi compositori e qualità insospettabili fra i minori. Vi ha dominato la musica da camera, ma anche il confronto fra solista e orchestra, cioè i momenti dell’incontro collettivo che Martha Argerich vive come motivazione del far musica. Sappiamo che da decenni la grande solista ha abbandonato l’esibizione in recital, cioè il momento in cui il musicista è solo con se stesso. Martha Argerich rifugge dall’isolamento, essendo attirata dai contesti in cui si stabilisce una reciprocità di relazioni, a partire dalla necessità di costruire un’intesa in duo, in trio, in quartetto e in tutte le altre possibili combinazioni, dove la forza eruttiva della sua espressione è chiamata a tener conto della disciplina, dell’equilibrio da costruire in modo comunitario con altre personalità, spesso di altra natura, le quali a loro volta sono indotte a rispondere per le rime ai suoi infuocati tratti.

©Adriano Heitmann

Auguri Martha!

Martha Argerich solista d’eccezione pochi mesi fa del Concerto di San Silvestro con l’OSI, diretto da Ion Marin.

Il Progetto Martha Argerich ha permesso alla grande pianista di dar vita a Lugano a una comunità d’intenti, di riunire intorno a sé artisti di varia provenienza ed esperienza, di fama o meno, ma tutti animati dallo spirito di far musica insieme

Un festival a sé, intitolato da parte di grandi artisti dell’interpretazione, è un modello che si è diffuso per vari motivi. Il contatto col pubblico concertistico pianificato dalle agenzie e collocato 45


Il suo interesse per i giovani indipendentemente dalla generosità di sostenere chi ne ha bisogno – ha fatto parte di tale scenario. La focosa artista argentina ama collaborare con loro 46

e farli partecipare alle sue esecuzioni non solo e tanto per una forma di encomiabile patrocinio artistico, ma anche e soprattutto per lo slancio e la freschezza espressiva che li muovono, per la possibilità di rinvigorire formule interpretative che altrimenti tendono a formalizzarsi. È un modo di dare per poter anche ricevere, così come l’interesse maturato per esecutori di vecchie generazioni portatori di valori d’altri tempi, quali Ruggero Ricci, Ida Haendel o Ivry Gitlis, con i quali ha collaborato e si è confrontata. Testimoni del nuovo, del diverso, e testimoni di concezioni che non vogliamo sacrificare all’oblio per l’importanza di ciò che rappresentano, sono la manifestazione della vita che scorre, della legge del tempo da cui siamo condizionati. In questa visione esistenziale della musica, che non ricerca la perfezione astratta ma l’immanenza della verità, si è mossa e si muove Martha Argerich, ancora e sempre alla ricerca di valori e di emozioni che dell’arte colgono il senso fondamentale del divenire. Nella sua ormai lunga carriera l’artista ha percorso tutto il repertorio per la tastiera, distribuito su tre secoli. Il pianismo dell’Ottocento vi occupa pour cause una gran parte, soprattutto con Schumann, il cui Concerto in la minore è diventato uno dei suoi cavalli di battaglia (Schumann “l’amico dell’anima” come l’ha definito, espressione della spontaneità e della purezza, «capace di toccarmi profondamente, al punto da farmi venire

Nella sua ormai lunga carriera Martha Argerich ha percorso tutto il repertorio per la tastiera, distribuito su tre secoli

©Adriano Heitmann

entro gli ambiti dell’ovvio di rassegne consacrate (a loro volta consacratrici di un repertorio sempre più ristretto), pur rimanendo esse la struttura essenziale all’affermazione delle grandi personalità della musica, non è mai riuscito ad appagare completamente il loro spirito di ricerca e la voglia di stabilire relazioni diverse e più profonde tra di loro, oltre che con musicisti non appartenenti al giro internazionale. Il successo non sarà mai l’obiettivo unico di una carriera, che certamente e lecitamente lo persegue ma che, se ne diventasse schiava, significherebbe il sacrificio dell’energia creativa sull’altare della prevedibilità. Ciò spiega il caso di solisti di fama giunti alla maturità (pianisti, violinisti soprattutto) che si sono dedicati e si dedicano anche alla direzione d’orchestra. È una via certamente imboccata per non restare irretiti in un sistema tendente a chiudere gli spazi d’azione nei binari obbligati di una domanda di musica che si alimenta di se stessa. Di questa domanda fanno parte anche gli atteggiamenti e le pose dettati dalle esigenze della comunicazione, che gli artisti sono chiamati ad assumere allo scopo di profilarsi nell’affollato e durissimo scenario di concorrenza in cui si trovano a muoversi, che tende a sostituire una maschera alla loro vera identità. Tutti questi fattori hanno avuto e hanno la conseguenza di determinare in alcuni la necessità di pause di riflessione, in attesa di un riorientamento della carriera, o addirittura la scelta di ritirarsi dall’agone concertistico. Martha Argerich non è mai giunta a tanto, ma, come la sua arte pianistica si è sempre nutrita di una sincerità del sentire ineguagliabile, così è stata sincera con se stessa, da una parte in scelte di repertorio di cui è personalmente convinta, non accettando imposizioni, e dall’altra mettendosi in gioco nel confronto con il diverso.


La sua potente forza d’urto, il travolgente impulso ritmico delle sue esecuzioni sono soprattutto il risultato del suo essere pienamente donna del Novecento

le lacrime agli occhi»). Ma se dobbiamo definire nel profondo l’arte interpretativa della grande pianista argentina, alla ricerca di ciò che la distingue dagli altri grandi pianisti, non è a questa dimensione ‘femminile’ che dobbiamo rifarci, ma al suo piglio virilmente possente: «Suona come un uomo? No, suona come una Argerich!» - si sente ancora dire spesso. È l’elemento che si rivela nelle sue interpretazioni dei compositori del Novecento che hanno preso le distanze dal passato romantico, attraverso i quali si è affermata come personalità che incarna la modernità. Per rendersene conto basta riascoltare le sue esecuzioni del Concerto in sol di Ravel, nell’astrazione del secondo movimento e nello slancio macchinistico del terzo, o dei concerti di Prokof’ev, nelle quali lo slancio è certamente derivato dal virtuosismo maturato nella lettura di Liszt, ma brilla per una vorticosa concretezza di suono in assonanza con la dimensione ‘tecnica’ e metropolitana del Novecento. Allo stesso modo il suo Liszt, pur rivelando il possesso delle necessarie risorse per restituire la dimensione evocativa della musica romantica, è sempre tenuto sotto un controllo rigorosamente vincolato al senso moderno della plasticità del suono, che nulla concede alle facili e manierate

Le 20 registrazioni su disco di Martha Argerich con l’Orchestra della Svizzera italiana dal Progetto Martha Argerich Martha Argerich – Lugano Concertos Album DEUTSCHE GRAMMOPHON 00289 477 9884 (2012) - Sergej Prokof’ev, Concerto n. 1 op. 10 OSI, dir. Alexander RabinovitchBarakovsky, 17 giugno 2004 - Franz Liszt, Concerto n. 1 OSI, dir. Ion Marin, 17 giugno 2004 - Ludwig van Beethoven, Concerto n. 1 op. 15 OSI, dir. Alexander RabinovitchBarakovsky, 28 giugno 2005 - Wolfgang A. Mozart, Concerto per tre pianoforti K 242 con Paul e Rico Gulda OSI, dir. Alexander RabinovitchBarakovsky, 29 giugno 2006 - Francis Poulenc, Concerto per due pianoforti FP 61 con Alexander Gurning OSI, dir. Erasmo Capilla, 3 giugno 2007

- Béla Bartók, Concerto n. 3 Sz 119 OSI, dir. Alexander Vedernikov, 23 giugno 2007 - Sergej Prokof’ev, Concerto n. 3 op. 26 OSI, dir. Charles Dutoit, 28 giugno 2008 - Robert Schumann, Concerto op. 54 OSI, dir. Alexander RabinovitchBarakovsky, 18 giugno 2010 ———————— Ludwig van Beethoven, Triplo concerto in do magg. op. 56 con Renaud Capuçon e Mischa Maisky OSI, dir. Alexander RabinovitchBarakovsky, 23 giugno 2002 Robert Schumann, Concerto in la min. op. 54 OSI, dir. Alexander RabinovitchBarakovsky, 12 giugno 2003 EMI Classics 7243 5 57773 2 4 Dmitrij Šostakovič, Concerto n. 1 per pianoforte, tromba e archi op. 38 con Sergei Nakariakov OSI, dir. Alexander Vedernikov, 17 giugno 2006 EMI Classics 50999 5 04504 2 8

divagazioni. È l’impostazione che la guida nell’interpretazione di Mozart e soprattutto del primo Beethoven, letti in una trasparenza di suono luccicante e in un equilibrio in cui la ragione prevale sul sentimento. Martha Argerich è un esempio supremo della modernità del sentire per il senso strutturale della sua concezione interpretativa, che nella decifrazione della nervatura geometrica di un Prokof’ev o di uno Šostakovič per esempio, rifugge dall’enfasi e dall’aura della religione del suono, sempre mantenuto a livello del fisico sentire, della pulsazione della materia sonora. Parlando di questo suo modo di aggredire la tastiera, “selvaggio” ed “esplosivo”, troppo spesso si è insistito sul suo temperamento “leonino” e “demonico”, quasi fosse la manifestazione di un carattere individuale. In verità la sua potente forza d’urto, lo slancio a volte forsennato, il travolgente impulso ritmico delle sue esecuzioni sono soprattutto il risultato del suo essere pienamente donna del Novecento, di un secolo che, attraverso la tecnica, l’urbanizzazione, la moltiplicazione dei rapporti tra le persone, non ha trasformato solo il paesaggio esteriore ma anche quello interiore dell’uomo.

Mikhail Pletnev, Fantasia Elvetica per due pianoforti e orchestra con Alexander Mogilevsky OSI, dir. Michail Pletnev, 14 giugno 2008 Album EMI Classics 50999 2 67051 2 5 Manuel De Falla, Noches en los jardines de España OSI, dir. Alexander Vedernikov, 11 giugno 2009 Album EMI Classics 50999 6 07367 2 7 Fryderyk Chopin, Concerto n. 1 op. 11 OSI, dir. Jacek Kaspszyk, 25 giugno 2011 Album EMI Classics 50999 0 70836 2 4 Maurice Ravel, Concerto in sol OSI, dir. Jacek Kaspsyk, 10 giugno 2011 Album EMI Classics 50999 6 44701 2 2 Wolfgang A. Mozart, Concerto n. 25 KV 503 OSI, dir. Jacek Kaspszyk, 15 giugno 2012 Album EMI Classics 50999 7 21119 2 5

Ludwig van Beethoven, Concerto n. 1 op. 15 OSI, dir. Hubert Soudant Album EMI Classics 0825646312207 Wolfgang A. Mozart, Concerto n. 20 in re min. K 466 OSI, dir. Jacek Kaspszyk, 30 giugno 2014 Album EMI Classics 0825646134601 Luis Bacalov, Porteña per due pianoforti e orchestra con Eduardo Hubert OSI, dir. Alexander Vedernikov, 10 giugno 2015 Album WARNER 0825646285495 Maurice Ravel, Concerto in sol OSI, dir. Alexander Vedernikov, 10 giugno 2016 Ludwig van Beethoven, Fantasia corale op. 80 per pianoforte, soli, coro e orchestra coi solisti vocali Laura Antonaz, Alice Rossi, Marta Fumagalli, Elisabeth Gillming, Martin Steffan, Gerhard Nennemann e Matteo Bellotto Coro della RSI e OSI, dir. Diego Fasolis, 24 giugno 2016 Album WARNER 0190295831653

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Abbonamenti 2021/22 OSI al LAC

osi.swiss/abbonamenti

Sala Teatro LAC, Lugano Giovedì, ore 20.30

30 settembre 2021

10 febbraio 2022

21 ottobre 2021

24 febbraio 2022

Poschner / Siegmeth

Poschner / Lisiecki

Poschner / OSI e Orchestra CSI

Urbański / Soltani

11 novembre 2021

17 marzo 2022

Trevino

Urbański / Lazic

25 novembre 2021

31 marzo 2022

Leleux / Krylov

Poschner / Bianchi

9 dicembre 2021

28 aprile 2022

Poschner / Tetzlaff

Poschner / Piemontesi

I categoria

II categoria

III categoria

IV categoria

Intero / Ridotto*

Intero / Ridotto*

Intero / Ridotto*

Intero / Ridotto*

Abbonamento (10 concerti)

640 / 560

480 / 400

360 / 280

240 / 160

Abbonamento parziale A (5 concerti)

320 / 280

240 / 200

180 / 140

120 / 80

Abbonamento parziale B (5 concerti)

320 / 280

240 / 200

180 / 140

120 / 80 Tutti i prezzi in CHF

OSI in Auditorio Auditorio Stelio Molo RSI, Lugano Giovedì, ore 20.30

13 gennaio 2022

27 gennaio 2022

20 gennaio 2022

3 febbraio 2022

Kowalski Konzertmeister violino

Mehta Play&Conduct controtenore

Minasi Direttore

Gringolts Play&Conduct violino

Posti centrali Posti laterali

Abbonamento (4 concerti)

Intero / Ridotto*

Intero / Ridotto*

160 / 140

140 / 120 Tutti i prezzi in CHF

* Prezzo ridotto: Amici OSI (solo titolari tessera), Club Rete Due, AVS Inizio prelazione e prevendita: www.osi.swiss/abbonamenti 48


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Partner

Partner tecnici Galleria Anfitrite, Lugano Ottici Bistoletti, Lugano Gioielleria @ Berardi 1999, Lugano Farmacia Internazionale Bordoni, Lugano Quartiere Maghetti, Lugano 50


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Musikvermittlung sowie Jugend- und Talentförderung Eine kulturelle Stiftung

OSI – Locarno Film Festival Sponsor di serata

Hospitality Partner

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