Orgia Intellettuale | Numero 15 | dicembre 2017

Page 1

DICEMBRE 2017 A PAGINA 10»

La politica non è roba per ragazzi

Numero 15 A PAGINA 16 »

Il Lume

A PAGINA 30 »

Ipse Dixit



Editoriale

A

nche quest’anno ecco un nuovo numero di Orgia Intellettuale, il giornale delle studentesse e degli studenti del Copernico.Ho riflettuto molto su quali parole utilizzare in questo editoriale e, in tutta sincerità, temo di non averle trovate. Non le ho trovate e potrei non trovarle mai, non per pigrizia, ma per l’ineffabilità che contraddistingue la mia esperienza in Orgia. Per me Orgia non è solo un giornale, è una palestra di vita, un momento di crescita condensato in 30 pagine di articoli, racconti, sudoku e disegni. Con Orgia ho imparato l’importanza del dialogo, del confronto e dell’organizzazione. Ma non solo. Grazie ad Orgia ho compreso appieno l’importanza della partecipazione attiva. Partecipare è necessario, l’indif-

ferenza è una via di fuga che non bisogna permettersi. Siamo studenti, ma prima di tutto siamo persone e cittadini del mondo, non abbiamo il diritto di vivere con indifferenza e neppure ci conviene. Come diceva lo scrittore polacco Stanislaw Jerzy Lec : “Chi porta il paraocchi si ricordi che del completo fanno parte il morso e la sferza”. Questo giornale vuole darti la possibilità, come in parte ha fatto con me, di ricordare che prima che studente, giocatore di basket, ballerina, musicista, figlio, sorella tu sei un individuo e come tale hai l’obbligo morale e la libertà di dire la tua, di partecipare, di incazzarti, di pensare con la tua testa e di essere la mina vagante di una società che troppo spesso preferisce il sembrare all’essere. Leggi. Pensa. Partecipa. FuEl per la Redazione


In questo numero Attualità

10 La politica non è roba per ragazzi Cultura e arte Poesie

26 Ammirate Fotografia

27 Trip to edinburgh Altro

6 Ristabilendo i contatti con l’immediato passato 18 Il caffè 20 La gioia di vivere male 25 Ringraziamenti a Beppe Fenoglio Racconti e Saggi

12 Non relazioni a distanza 16 Il lume 22 Il gabbiano Impaginazione/grafica Riccardo Roveri

Illustrazioni e vignette Caterina Albarello

Testata Lucrezia Zanardi Illustrazione di copertina Federico Billi

4


Ipse Dixit dove non te li aspettavi

Prof. ssa Gaetani (riferendosi ad un esercizio): “Già la vita è difficile, questo è difficile, se poi ci mettiamo anche a fare dei conti difficili è finita…” Prof Brognara: “L’amicizia non gode né della proprietà simmetrica né della proprietà transitiva; e neanche della riflessiva, perché a volte uno riesce a starsi sul *grugnito incomprensibile* da solo.” Prof. ssa Lippolis (parlando con uno studente senza materiale): “ Se mi chiedi come voglio il quaderno, bene, lo voglio d’oro.” Prof. ssa Lippolis (riprendendo uno studente che si dondola con la sedia): “Ti prego, non ti dondolare, se cadi vado in prigione. Non è perché tu cadi, ma perché io vado in prigione!” Prof. ssa Tolot: “ Sponsor… E’ UNA PAROLA LATINA! VOI NON PARLATE AMERICANO, VOI PARLATE LATINO!” Prof. ssa Rimondi: “ Il denominatore non può mai essere zero! ( indicando il braccio) Ve lo dovete tatuare QUI!” Prof. ssa Rimondi: “ Cominciate a vedere la luce alla fine del tunnel? Beh, è ancora lontana però…” Prof. ssa Craviari: “ Siete governati dal principio della nullafacenza!” S: “ Prof. ma in che senso “bel bello”?” Prof. Pirotti: “ Praticamente vuol dire che Don Abbondio tornava a casa polleggiato leggendo le preghiere.” Prof. Favalini(con aria disgustata): “Giovani pargoli, cambiate l’aria…” Prof. Mero: “ Le reazioni ci parlano, ci dicono qualcosa!”

Redazione Samuele Minelli Elia Legnani Elia Magri Pasquale Laffusa Eleonora Morselli

Francesca Principe Caterina Albarello Samira Al Sadi Carlotta Vitti Caterina Zanardi Nathan Baleotti

Micol Gianoli Riccardo Roveri Stefano Zerbo Federico Billi

5


RISTABILENDO CONTATTI CON L’IMMEDIATO PASSATO attraverso il cinema di Nanni Moretti Cultura | di Caterina Albarello

Ed eccomi qui. La sfida di oggi sarà alquanto ardua, tuttavia era qualcosa che da tanto tempo sentivo che andava fatto. Quindi, incominciamo. Nanni Moretti, mi ci gioco una pacchetto di Oreo alle macchinette che molti di voi non hanno mai sentito questo nome. Non vi preoccupate, non sono qui per rimproveravi sulla vostra ignoranza o far intendere che io ne sappia molto più di voi, non è decisamente il mio scopo. Sono qui, per i coraggiosi che hanno deciso di intraprendere questa lettura, per presentarvi uno dei registi, oserei dire, essenziali della cinematografia italiana moderna. Quindi, compiuta questa pomposa e pretenziosa premessa, iniziamo a dare dati concreti. Giovanni “Nanni” Moretti, classe 1953, è un regista, attore, sceneggiatore e produttore nato in provincia di Bolzano ma cresciuto fin da ragazzino a Roma. Entra nel mondo del cinema appena vent’enne tramite alcuni cortometraggi, per realizzare poi nel 1976

6

il suo primo e vero lungometraggio girato in super8: Io sono un autarchico. La distribuzione tuttavia rimane estremamente modesta, facendo il giro solo di alcuni cinema d’essai. La cosiddetta svolta nella sua carriera avverrà solo due anni più tardi, 1978, con Ecce Bombo, film girato in 16 mm interamente in presa diretta. La pellicola verrà presentata al festival di Cannes, portando già il Moretti 25enne all’attenzione della critica.

EcceBombo (1978)


Fino ad ora ha realizzato 12 lungometraggi riscuotendo un Leone d’Argento al festival di Venezia (Sogni d’Oro, 1981), un Orso d’Argento al festival di Berlino (La messa è finita, 1986) e due premi al festival di Cannes: uno per “la messa in scena” (Caro Diario, 1994) e una Palma d’Oro (La stanza del figlio, 2001). Adesso però, veniamo ai fatti: cosa rende tanto peculiare e degno di nota il cinema di Nanni Moretti?

avanti a passo sicuro e con la rabbia di chi non sa più cosa fare, lui racconta se stesso e la sua epoca. Per questo dico che il suo cinema è essenziale, perché narra una verità storica contemporanea (o quasi) e porta la sua testimonianza di fronte agli occhi di tutti. Una domanda che 0ra potrebbe sorgervi spontanea è: “cosa c’entri tu con questo mondo? Perché hai deciso di parlarne proprio tu, una ragazza nata nel 1999?

Palombella Rossa (1989)

Bianca (1984) Il primo elemento che mi viene in mente collegato al suo lavoro da regista è l’accuratezza nel ritrarre la piccola borghesia intellettuale italiana. Un mondo, di cui lui fa parte, sul quale, fin dalle prime pellicole, ironizza con amarezza. Moretti, sguazzando nel cinema per oltre 30 anni, ha modo di fornirci una chiara evoluzione di questo ambiente. Fondamentale protagonista delle sue pellicole è la politica. Un chiodo fisso, la crisi della sinistra degli anni ‘70/’80 che quasi sempre si riallaccia a sue crisi personali o momenti importanti della sua vita. Durante quegli anni la sua generazione si è trovata di fronte ad un forte senso di spaesamento dovuto all’incapacità di realizzare progetti a lungo termine ed è venuto meno il concetto di gruppo unitario che avrebbe dovuto provvedere a cercare valide soluzioni per il futuro. Così, con questa incapacità di andare

Ho riflettuto a lungo sul perché i suoi film mi abbiano sempre affascinata e sono effettivamente giunta ad alcune conclusioni. Prima di tutto c’è l’attrazione verso l’epoca mai vissuta, quella che contemplo come qualcosa di impalpabile, quasi remota, e per questo doppiamente affascinante. Poi viene l’ammirazione per la sua attenzione nel raccontare e per la sua serietà nel riportare i fatti esattamente come stanno. Nanni Moretti mi ispira un forte senso di fiducia e, guardando i suoi film, ho la sensazione che stia mettendo in evidenza la verità. Per ultimo, arriva il trasporto emotivo. Proprio perché è quasi sempre in prima persona l’onnipresente protagonista delle sue pellicole, è più facile entrare in empatia con lui, con la sua rabbia, con la sua maniacale attenzione per le cose rovinate e per un mondo usurato che procede lentamente verso l’ignoto. Vivo sempre i suoi film con forte intensità, facendomi un sacco di domande a

7


cui non so rispondere. Ve l’ho detto all’inizio, non sono qui per impartirvi una lezione perché, anche volendo, non ne sarei capace. Ci sarà sempre una parte del suo cinema che non riuscirò a comprendere, probabilmente, proprio a causa del distacco generazionale. Ma è questa incapacità di capire fino in fondo che mi sprona a osservare i suoi film ogni volta con più curiosità ed entusiasmo. Dopo questo articolo, non so quanti di voi proveranno dare un’occhiata alle sue pellicole. Io, tuttavia, spero vivamente che qualcuno “si cimenti nell’impresa” perché i suoi film sono importanti e meritano, almeno una volta nella vita, di essere visti anche e soprattutto dalla nostra generazione. Perché c’è bisogno di riallacciare i rapporti con quel passato prossimo che ormai a noi risulta remoto e la mia speranza è che si possa (ri) generare un dibattito in cui vi partecipino i giovani in maggior modo per evitare che quell’inerzia e mancanza di idee si protragga anche nel nostro presente. Credo che il cinema di Nanni Moretti

8

sia il giusto mezzo per istigare questo dibattito e indurre a una riflessione sulla nostra generazione, su ciò che è cambiato e soffermarsi su ciò che è rimasto uguale alla sua, di generazione, per provare a sviluppare nuovi discorsi, nuovi pensieri proiettati il più possibile verso il futuro. E come afferma lui stesso in Palombella rossa, in una delle sue frasi più iconiche: “Chi parla male, pensa e vive male. Bisogna trovare le parole giuste, le parole sono importanti”. Rifletteteci su. Glossario Cinema d’essai: tutte quelle sale cinematografiche le cui scelte di cartellone si basano sulla qualità artistica e su film di interesse culturale 16 mm: una tipologia di pellicola popolare ed economica Presa diretta: una tecnica di acquisizione del suono in contemporanea all’acquisizione del video


9


LA POLITICA NON E’ ROBA PER RAGAZZI Riflessioni di una diciottenne preoccupata Attualità | di Caterina Albarello

“Io non so niente di ‘ste cose” “Mi pare un argomento inappropriato da trattare a scuola” “Non vorrei sbilanciarmi troppo, facendo nomi” “Preferisco rimanere neutrale sull’argomento”. Queste, miei cari Lettori, sono le affermazioni che ho captato durante alcune conversazioni tra miei coetanei, alcuni anche Copernicani, di cui una buona parte ha già raggiunto la maggiore età, quindi richiamata al voto. E’ ormai diverso tempo che coltivo un certo sconforto per la generazione di cui faccio parte. Attorno a me noto disinteresse per la politica, pigrizia nella ricerca di informazioni, non curanza in merito ad avvenimenti di attualità. Deve, perciò, esserci un problema di fondo che si cerca di nascondere come polvere sotto il tappeto. Sono abbastanza stanca di questa situazione, è giunto il momento di compiere le faticose ma doverose “pulizie di primavera”. Quindi, vorrei ragionare con voi. Cosa c’è che non va? Perché molti giovani si rifiutano di prendere posizione?

10

Ho posto il quesito diverse volte e in diversi contesti. La giustificazione in merito è stata formulata sia da ragazzi che da adulti più o meno nello stesso modo: “Ah, con l’organizzazione politica che abbiamo adesso, mi pare ovvio che le nuove generazioni fatichino a trovare una collocazione e a sviluppare un solido pensiero critico”. Sempre comodo trovare soluzioni semplici a problemi di un certo spessore. Grazie a questa risposta, l’ascoltatore percepisce, come messaggio, l’incapacità dei ragazzi di pensare, di avere degli ideali, a prescindere dai politici in carica. Ecco la radice del problema. Il concetto di “politica” così come passa ai giovani è qualcosa di astratto, che sta in alto, dove ci sono dei potenti che decidono e che tu, nel tuo piccolo, non puoi fare gran che per far sentire la tua voce. Così, anno dopo anno, le persone smettono di farsi domande, di trovare soluzioni e di dibattere. Si cade in una passività disarmante. La nuova “Alba dei morti viventi”. Non voglio fare l’ipocrita. So bene che ora come ora la politica del nostro paese è macchinosa, confusionaria e che se as-


sume questa forma autoritaria tra i ragazzi vuol dire che c’è qualcosa che non sta passando nel modo corretto. Tuttavia, vi svelo un segreto che potrebbe sconvolgere molti di voi: governare un Paese non è facile. Lo Stato non è mai stato organizzato in modo intuitivo e privo di controversie, quindi è impensabile rimanere a braccia conserte, aspettando che qualcuno ci consegni una mappa concettuale semplificata di quello che sta accadendo. Un ragazzo che ha compiuto i 18 anni ha il diritto e il dovere di pronunciarsi esattamente come qualunque altro Italiano, il suo voto vale esattamente come un 30enne o un 90enne. Di conseguenza, poiché la situazione attuale è questa, un qualsiasi adolescente, qualunque età abbia, non dovrebbe sentirsi imbarazzato nel cominciare a far capolino nel mondo reale. Pertanto, leggete libri e giornali, ascoltate la radio, guardate video informativi, iniziate con tutti i mezzi possibili a dare uno sguardo a quello che succede ANCHE fuori dalla dimensione adolescenziale. Non abbiate paura, non fatevi scoraggiare dalla complessità delle informazioni che recepite, siate pazienti. Più ci si interfaccia con fonti che differiscono dai soliti facebook e instagram, più si ha modo di guardare in faccia alla realtà senza timore. Il consiglio più sentito che voglio darvi è: parlate. Prendete argomenti di attualità e discutetene tra voi, con compagni di classe, amici, professori, nemici, …

Nel momento in cui vi sforzerete di persuadere qualcuno della vostra idea, vi arrabbierete per qualcosa su cui non siete d’accordo, vi sentirete perfettamente in sintonia con il pensiero di qualcun altro, quando reagirete, allora, per quanto vi sembri paradossale sentirlo, starete facendo politica. Quello che voglio cercare di farvi capire è che gli “affari pubblici” non sono un’entità paranormale, sono la res publica (la cosa pubblica), qualcosa che si può maneggiare e che influisce sul nostro modo di agire e di prendere le decisioni di tutti i giorni. Quindi, dimostratemi che ho torto, perché vi assicuro, non vedo l’ora. Dimostrate a voi stessi di avere una personale visione del mondo, di saper controbattere a chi non la pensa come voi, di saper ascoltare gli altri senza far crollare ogni vostra certezza. La politica non è una parolaccia e nominare un certo partito o un certo esponente non è una bestemmia se adeguatamente contestualizzato. La nostra intelligenza si dimostra anche dalla nostra capacità di farci valere senza scendere in beceri insulti, aprendo un dibattito emotivamente partecipato ma civile. Lo so, lo so, cari Lettori, ve ne do atto, questo è un articolo pesante. In mia difesa, il titolo era già, a parer mio, una valida premessa. Del resto, la politica non è roba per ragazzi, giusto?

11


NON-RELAZIONI A DISTANZA una lucida introspezione adolescenziale Saggio | di Luca Ceragioli

1. Introduzione alle non-relazioni Credo che la disincantata analisi di un rapporto affettivo quale la relazione a distanza, quando viene fatta per stimolare una riflessione interiore, e non per scoraggiare, sia ciò che più occorre ad un ragazzo adolescente per comprendere e razionalizzare i suoi sentimenti e la sua esperienza di vita in questo tipo di rapporto. Invito quindi i lettori che stanno vivendo una situazione simile a non fare come chi si avvicina per la prima volta ad un teatro anatomico e schifa e non guarda tendini, budella e interiora, perchè oltre a essere parte essenziale di noi, quelle membra determinano la nostra salute; allo stesso modo, non confrontarsi con quanto scritto qua significa rifiutare ogni riflessione critica sulla propria felicità. Definisco come storia a distanza quel rapporto esclusivo che si sviluppa fra due persone che abitano in luoghi separati da una distanza considerevole e che non frequentano quotidianamente gli stessi

12

ambienti; se una coppia si incontra ogni giorno a scuola, a lavoro o in altri luoghi, non vive una storia a distanza nel suo senso proprio. Sono persuaso che durante l’adolescenza una relazione a distanza non equivalga in nessuna qualità, nemmeno termini di affetto, ad una relazione fra due persone che stanno vicine; dopo aver dimostrato questa tesi dirò tuttavia per quali condizioni eccezionali avere un rapporto di questo genere è, se non sensato, perlomeno scusato. Credo inoltre che nell’era digitale il fenomeno in questone sia mutato radicalmente in due aspetti: primo, i ragazzi che scelgono questa strada sono aumentati esponenzialmente; secondo, il rapporto tende sempre più ad approssimarsi ad una relazione che costringe alla non azione e che avviluppa la persona in misere interazioni virtuali prive di significato, rispetto a quanto non accadeva in passato: complice di ciò è la facilità con cui ci si possono scambiare messaggi. Infatti questa neo-comunicazione, virtuale e onnipresente, aliena co-


stantemente le persone, le quali, come avessero due bei grossi paraocchi, vengono private della visione laterale, fisse come sono su quei quadratini di cristalli liquidi, e sovrappongono alla porzione di sguardo interdetta la realtà sbiadita che lampeggia sullo smartphone di modo che virtuale e reale si mischiano definitivamente e la loro fondamentale dicotomia diviene indiscernibile anche per il proprio inconscio. Esistono allora relazioni che annichiliscono l’amore: le non-relazioni; e la profonda autoindagine psicologica che implicava lo scrivere una lettera, o lo stare senza notizie e contatti per settimane, è andata; nessuno sa più scrivere il mittente e il destinatario su una busta, nessuno sa più scrivere. 2. La distanza che non fa progredire Per venire al fulcro nevralgico del mio piccolo discorso conviene spiegare cosa accada ad un tenero rapporto fra ragazzi quando viene perturbato da una distanza che non permette di incontrarsi regolarmente e senza impegno. E dirò degli effetti che derivano da essa, cominciando da quelli più immediati, i quali avvegono singolarmente su entrambi gli amanti, generando nella loro mente un movimento contrapposto fra ciò che si oppone a questa situazione innaturale e ciò che invece vuole mandare avanti la relazione. Questa tensione inconciliabile, simile ad un perpetuo tiro alla fune, varia come variano le due forze che la animano, e con essa cambia il grado di impegno che ciascuno mette a disposizione dell’altro. La prima forza o tensione è la risposta naturale ed umana ad una situazione difficile: la frustrazione di potersi incontrare solo con fatica e di non avere per nulla quegli incontri brevi, sporadici ed imprevisti che a questa età sono tutto o quasi; lo sconforto di non vedere nessuna luce in fondo al tunnel quando si hanno prospettive di vite che nemmeno nei prossimi due o tre anni sono destinate ad unirsi; infine, il dolore che si prova quando si osserva

quello che fa una coppia di ragazzi che vive vicina. Questi sentimenti però sono certamente contrastati da qualcosa d’altro capace di una pari lotta, altrimenti chiunque fosse in questa situazione lasciarebbe perdere tutto quanto per tornare a sorridere; questa reazione fisiologica del nostro potente inconscio costitusce la forza diametralmente opposta a quanto detto prima ed opera come segue: in primo luogo questi sentimenti vengono obliati dalla continua ricerca del contatto col partner, in genere tramite whatsapp o telefonate; il problema è che queste interazioni sono decontestualizzate: manca l’incontro, la comunicazione non verbale, il dedicarsi all’altro. In secondo luogo allontaniamo gran parte delle emozioni sgradevoli tramite l’auto appagamento: basta avere la cognizione della situazione sentimentale fissa in testa, unita al pensiero del partner - che diventa sempre più idealizzato, più viene pensato - per generare una serie di emozioni positive. Queste emozioni sono il risultato di una conteplazione interiore ed utopistica dello stato delle cose, densa di speranza e avida di ricordi positivi, ma priva della componente propria delle cose che rendono felici: l’amore che proviene dall’altra persona. Conseguenza logica e banale del gioco di contrasti illustrato poc’anzi è l’immobilismo dei sentimenti, cioè che ciò conserva davvero la relazione in una stasi controllata è l’incapacità di trovare una via d’uscita; durante questo periodo il rapporto chiaramente non progredisce e a seconda dei casi può finire per logorare o atrofizzare i sentimenti dell’altro. Presi questi fatti per veri, si potrebbe domandare cosa spinga due persone a perseverare in una condizione che razionalmente è infelice, o se non infelice, certamente molto inferiore ad un rapporto che con uguale facilità si può trovare nella propria città. Credo fermamente che la risposta stia nella mancanza di autostima e nella insicurezza che si annidano nell’intimo delle persone: spesso si crede di non poter trovare di meglio o si teme di rimanere soli

13


definitivamente; ma l’amore, che è spirito vivo del rapporto con le altre persone, non agisce a distanza. E come James Maxwell, che dedicò gran parte della sua vita a dimostrare che nell’elettromangnetismo l’azione a distanza è un principio falso, allo stesso modo io sono convinto che per avere una visione coerente dei sentimenti occorra accertare - e accettare - questo fatto per almeno due motivi. Il primo è che l’affetto si manifesta solo nei gesti puri, disinteressati, ma soprattutto concreti e non attraverso rapporti sviliti e svuotati come quelli virtuali; il secondo è che in questo modo la completa accettazione dell’altro per chi è davvero non avverà mai, e anche dopo anni ci si ritroverà a guardare dritto negli occhi una persona che non si conosce davvero. A questa età è d’obbligo infatti esplorare, conoscere, sperimentare e non c’è niente di peggio che rinunciare a tutte le vere esperienze significative per una sola altra che alla fine lascia con un pugno di mosche se finisce. Allora è oltremodo manifesto che senza il partner non c’è nessuna vera relazione; si è soli ma non vuoti: perchè si è riempiti dal dato di fatto di stare insieme, piuttosto che dallo starci effettivamente. E dico inoltre che il sentirsi per telefono, o in altro modo, non è il modo corretto di avere una forte relazione affettiva: siamo fatti di carne e calore e azioni concrete, oltre che di parole e di pensieri. L’affetto non cresce mandando messaggi, non si nutre di emoticons di cuori, e quando l’affetto per il partner pure aumentasse in questo modo, ci ritroveremmo a voler bene non ad una persona, ma ad una manisfestazione virtuale che in realtà non riconosciamo affatto quando incontriamo di persona. E se qualcuno per caso sostenesse che vale la pena di tutto ciò solo per quei rari momenti di incontro, risponderei che è preferibile essere felici spesso ma in misura minore, piuttosto che essere infelici e poi, per un momento, molto felici. Ma se negaste anche quest’ultimo punto, e cioè sul fatto di essere infelici quando si è

14

separati, dico che chi non è infelice o non prova un affetto degno di questo nome, o si distrare per pensare ad altro di modo da non pensare più neanche al compagno, dimenticandolo. 3. Conclusioni del senno di poi «Ma se io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso» cantava Francesco Guccini: certe esperienze sono formative a prescindere da come si concludano; occorre però non perdere di vista il disegno generale: la nostra destinazione di vita, le aspettative, i sogni e i progetti. Spesso le relazioni a distanza nascono proprio dal non saper guardare in maniera realistica alle proprie prospettive future; dal non riuscire ad arrendersi quando la propria fidanzata si trasferisce a centinaia di chilometri; dal non pretendere dalla vita il meglio che possa offrire: l’affetto e la presenza di un’altra persona. Certamente tutto questo è totalmente diverso quando le due persone sono adulte: cambia tutto, dal modo di intendere una relazione a quello di rapportarsi all’altro, dalle necessità della coppia ai desideri del singolo. Chiunque sa che quando una pianta è giovane va curata e annaffiata spesso, mentre un vecchio albero può sopportare mesi senz’acqua; il rischio di morire di siccità è dietro l’angolo: per assurdo si diventa incapaci anche di cogliere i segnali più semplici del partner. Le relazioni a distanza che non hanno una via d’uscita in dirittura di arrivo sono una gabbia in cui ci si rinchiude per buttare via la chiave: con lo sguardo appannato dai nostri stessi sentimenti la cognizione del mondo diventa imprecisa e anelanti una felicità che ci è in realtà preclusa perseveriamo in una condizione che null’altro è che annullamento del dialogo, rinuncia alla spensieratezza, deferenza assoluta per un ideale fallace e, in ultima analisi, incapacità di sviluppare un autentico affetto: ecco le non-relazioni del secolo ventunesimo.


15


IL LUME Il racconto vincitore del premio Frascari Racconti | di Elia Magri

Sulla linea dell’orizzonte, verso nord, c’era un’alta montagna dalla cima innevata. Nelle notti limpide, se aguzzava la vista, Palaya vi scorgeva un flebile bagliore, che tremolava nell’oscurità. Di giorno non era visibile, ma sapeva che continuava a luccicare, senza mai spegnersi. Questo lume sembrava attrarlo con una forza misteriosa, e il vecchio era in cammino ormai da giorni. Quando nottetempo si coricava, quella luce gli compariva spesso nei sogni e, quando succedeva, Palaya si svegliava di soprassalto, colto dal timore di non riuscire a raggiungerla. Riprendeva allora subito il suo viaggio e camminava fino all’alba, quando poi veniva preso da un sonno più tranquillo. Aveva perso il conto del tempo, ma la montagna gli sembrava ogni giorno più vicina, e questo lo rincuorava. Aveva attraversato colline, steppe e foreste e la sua meta era sempre stata davanti a lui, alta e imponente, ed il Lume gli aveva sempre tenuto compagnia. A volte, mentre era seduto all’ombra a riposare o si stava per addormentare durante la notte, scorrevano davanti ai suoi occhi strane immagini: case di paglia, del fuoco, una risata femminile, delle mani ruvide che lo stringevano e, gli sembrava, odore di legno ammuffito e di mirto selvatico. Quando succedeva, provava una

16

pace assoluta, e spesso si addormentava subito dopo. Quando si sforzava di ricordare il proprio passato, gli veniva in mente soltanto suo fratello. Non si ricordava il suo nome, ma credeva di avergli voluto un bene dell’anima. A volte gli tornava alla memoria il suo sguardo duro, e il suono squillante della sua risata, una risata inconfondibile e contagiosa. Ricordava che gli piaceva molto passare del tempo con suo fratello, ma non ricordava nient’altro. Era iniziata una tundra spoglia e grigia, e il vento freddo gli gelava le ossa. Lo scintillio ora era molto più intenso, e non c’era notte ormai che non si distinguesse chiaramente. L’uomo era sempre più intirizzito e stanco, ma non poteva fermarsi, il richiamo di quella luce era troppo forte. A volte veniva colto da una terribile paura, di non vedere più il Lume la notte ventura, ma esso era sempre lì a confortarlo e non mancava mai, come un amico fedele. Faceva sempre più freddo. Iniziò a calpestare erba ghiacciata. La montagna era sempre più vicina. Iniziò a nevicare, sempre più forte. Più neve, più vento, più freddo. Palaya era al limite delle forze. Iniziò a camminare in salita, forse aveva iniziato a scalare il monte, ma non poteva saperlo, la nevicata era troppo intensa. Nulla più


si poteva vedere ormai, eccetto il Lume tremolante, che trapassava ogni vento e ogni fiocco di neve, e lo spingeva a continuare, sempre più su, più su, fino a quando il vecchio non cedette al gelo e alla stanchezza, accasciandosi a terra e lasciandosi coprire dalla neve. Non gli sembrò così male terminare il proprio viaggio guardando quel bagliore così caldo, così invincibile. Disse di chiamarsi Saheadaran, era anche lui in viaggio verso il lume da tempo immemore. Quando lo aveva visto, aveva creduto fosse un animale morto, ma poi si era accorto che era un uomo ancora vivo e lo aveva portato nella grotta dove si era rifugiato la notte precedente. La sua voce era profonda e rassicurante, e i suoi occhi neri e penetranti. Era vecchio, il suo volto era solcato da rughe profondissime, ma trasmetteva comunque una sensazione di sicurezza simile a quella che emanava il Lume. Mangiarono il suo cibo e si rimisero in cammino il giorno successivo. La tempesta si era acquietata, ma continuava a nevicare e la coltre bianca arriva-

va fino alle ginocchia, il che rendeva la salita faticosissima. Essendo però in due, i vecchi erano animati da una forza doppia, quella della luce ormai prossima e quella del compagno. La salita si fece man mano meno faticosa, e il peso sul cuore di Palaya meno greve. Quel lume era un normalissimo fuoco che crepitava su un normalissimo mucchietto di legna, in cima a una montagna. Seduti intorno a questo vi era un gruppetto di persone, che discorreva animatamente. Appena i due vecchi arrivarono, il gruppo si zittì, e tutti si voltarono a guardarli, sorridendo. Poi si alzarono e, chiamandoli per nome, iniziarono ad abbracciarli. C’era una donna dagli occhi neri che piangeva molto, e un uomo alto dalle mani ruvide, che non smetteva di stringergli il braccio. Palaya sentì che stava piangendo anche lui, ma non sapeva il perché. Non era più freddo e per l’aria c’era un leggero profumo di mirto selvatico. La risata di suo fratello Saheaderan era iniziata, e quando suo fratello iniziava a ridere non lo si fermava più.

17


il caffÈ Eventi nella città di Bologna e dintorni per tutti i Copernicani Eventi | di Stefano Zerbo

MEXICO: “LA MOSTRA SOSPESA” OROZCO, RIVERA Y SIQUEIROS: dal 19 ottobre fino al 18 febbraio 2018 sarà possibile visitare a Palazzo Fava la mostra con 68 opere tra le più significative della pittura muralista messicana. Queste opere sono riconosciute patrimonio nazionale messicano e appartenenti al Museo Carrilo Gil, al Museo Nacional de Arte e al Museo de Veracruz. Alle opere esposte si affianca l’esposizione di documenti storici e un’ ampia documentazione dei murales originali, realizzata con moderne tecnologie di video animazione HD che consentono di ammirare e localizzare le opere principali dei tre muralisti nelle varie città messicane. SPETTACOLI TEATRALI ARENA DEL SOLE: All’Arena del Sole andranno in scena quattro spettacoli nel mese di dicembre ovvero “Totò e Vicé” di Enzo Vetrano e

18

Stefano Randisi (2-7 dicembre), “Medea” di Umberto Albini (14-17 dicembre), “Ossigeno” di Ivan Vyrypaev (16-17 dicembre) e per concludere lo speciale di capodanno “Smashed” di Sean Gandini (30-31 dicembre). Per maggiori dettagli cousltare il sito www.arenadelsole.it. MOSTRA D’ARTE RUSSA “REVOLUTIJA”: dal 15 dicembre fino al 13 maggio 2018 sarà possibile visitare al MAMbo (Museo d’Arte Moderna di Bologna) la mostrà d’arte russa intitolata “Revolutija”, con circa 70 opere provenienti dal Museo dello Stato Russo di San Pietroburgo. Tra i nomi più importanti figurano Repin, Malevich, Kandinskij, Chagall, Goncharova e Serov. L’obbiettivo è di mettere in luce l’arte rivoluzionaria russia sviluppatasi tra gli inizi del Novecento e la fine degli anni ‘30 e di mettere sotto i riflettori artisti che sono stati messi un po’nell’ombra.


CONCERTI: nel mese di dicembre si esibiranno in vari locali di Bologna alcuni fra i più grandi artisti del panorama italiano e internazionale. Si può cominciare dal cantautore, nonchè frontman dei Subsonica, Samuel, che dopo aver partecipato a Sanremo 2017 e aver ottenuto un gran successo con il suo album “Il codice della bellezza”, si esibirà in concerto, nel noto locale “Estragon” (Via Stalingrado 83, Bologna), il 9 dicembre. Passiamo poi a Vinicio Capossela, il quale si esibirà al Teatro Duse Bologna, l’11 dicembre. Parlando della scena internazionale, troviamo il gruppo inglese dei Depeche Mode, che si esibiranno all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno il 13 dicembre. Parlando invece di artisti attuali, troviamo il rapper e cantautore Coez, che ultimamente ha riscosso molto successo nella musica italiana grazie al singolo “La musica che non c’è”. L’artista in questione si esibirà il 14 dicembre all’Estragon. Cristiano de Andrè (figlio del noto cantautore Fabrizio) si esibirà al Teatro Duse il 15 dicembre. Nel mese di gennaio invece troviamo due artisti ormai celebri come Fiorella Mannoia, che si esi-

birà al Teatro Europauditorium il 9 gennaio e per finire Nek che si esibirà all’ Unipol Arena il 20 gennaio. ”Duchamp, Magritte, Dalì: I rivoluzionari del ‘900”: fino all’11 febbraio 2018 è possibile visitare a Palazzo Albergati (Via Saragozza 28, Bologna) una grande anteprima internazionale, ovvero una mostra d’arte dove spiccano i nomi noti di pittori surrealisti e dadaisti. Oltre 200 opere provenienti provenienti dall’Israel Museum di Gerusalemme, dove figurano artisti considerati rivoluzionari del ‘900 ovvero Dalì, Magritte, Duchamp, Ernst, Man Ray, Calder e Picabia. Free Walking Tour Bologna: Come già avviene per altre città europee anche Bologna avrà il suo Free Walking Tour, fino al 24 giugno 2018. In cosa consiste? Ogni domenica pomeriggio una guida sarà disponibile per chiunque voglia fare delle passeggiate per la città felsinea, all’insegna della cultura e della socialità. Il ritrovo è alle 15:30 sotto la Torre degli Asinelli.

19


LA GIOIA DI VIVERE MALE Cultura | di Samira Al Sadi

“Era un sabato sera di primavera ed eravamo ubriachi. La strada era dritta, tutta dritta. Improvvisamente: boom! Ci ritroviamo su un albero con la macchina distrutta. Due femori, un ginocchio e un braccio frantumati, una milza asportata. Ma le ossa col tempo si rimettono a posto e la milza lo sanno tutti che non serve a un cazzo. Da quel giorno cominciammo a girovagare, per narrare la storia delle nostre gambe rotte e delle nostre vite storte.” I Management del Dolore Post-Operatorio sono una band di Lanciano (Abruzzo) formatasi nel 2006. Scoperti all’inizio di quest’anno, in concomitanza con l’uscita del loro ultimo lavoro, subito mi conquistano i due singoli estratti poco tempo prima: Naufragando e Un incubo stupendo (che dà il nome al disco). Di questi mi colpisce la loro dolcezza disperata e disperante: la miscela di romanticismo indissolubilmente legato a una dimensione tragica mi fa impazzire. Ascoltandoli uno per uno, poi, i brani dell’album mi rivelano

20

la particolarità del gruppo, e soprattutto, che il termine romanticismo, con loro, va sempre messo fra virgolette. Un incubo stupendo, infatti, loro quinto album (2016), si caratterizza per le contraddizioni presenti al suo interno. Inno all’amore e all’odio contemporaneamente, ci abbraccia con Naufragando e Un incubo stupendo, per poi aggredirci con Una canzone d’odio e Ci vuole stile. Dopo aver approfondito tale disco, mi muovo verso il resto della discografia, ascoltandola in maniera sparsa e disordinata. Analizzandola, noto che i loro lavori precedenti, Mestruazioni, Auff!, I Love You e McMAO, mostrano una compattezza stilistica e tematica che li distacca da Un incubo stupendo. In questi di amore non si parla (se non indirettamente come nel brano Amore borghese), per lasciare spazio all’ira nel suo stato più puro e distruttivo. La rabbia emerge dai testi con veemenza sotto forma di protesta contro l’ingiustizia dell’esistenza (Le storie che finiscono male), contro Dio (la quasi de-


menziale Vieni all’inferno con me) e contro la vanità del tempo e della vita, che però va vissuta, sfruttata, goduta (tema che ritorna in Un incubo stupendo con il brano Esagerare sempre). Questi sono i Management più incazzati, sicuramente più rock. Sono più impetuosi, quasi caotici, ed è proprio per questo che il loro ultimo lavoro potrebbe sembrare un estraneo in tale discografia: esso è più sofisticato, più studiato, e sicuramente ha obiettivi differenti, rinnovando in questo modo la figura del gruppo senza modificarne l’essenza originaria. I Management del Dolore Post-Operatorio sono provocatori, selvaggi, profondamente umani: emblemi della sana contraddizione umana, ce la sbattono in faccia con una musica che confonde, una miscela di nichilismo, pessimismo, amore, rabbia, dolcezza e odio. Hanno in sé la potenza dello sfrontato, dell’incorruttibile e del genuino, e forse sono proprio quei

(dis)valori da loro incarnati che li rendono così preziosi, così rari, così irresistibili. “Ce l’abbiamo sempre a morte con qualcuno, e questo odio andiamo cantando col sorriso” afferma Luca Romagnoli, voce della band, aggiungendo: “questo è il Management del Dolore Post-Operatorio, l’unico posto che cura tutto curandosi di niente”. È proprio con queste parole che comprendo qualcosa di essenziale, ovvero che la loro critica, la loro denuncia sociale, sistemica e, naturalmente, religiosa, sembra tormentare e asfissiare l’ascoltatore, non lasciando tregua. Allo stesso tempo, però, essa viene alleggerita da una profonda ironia, e, in questo modo, si rende fondamentalmente tragicomica. Con tale paradosso si delinea quel menefreghismo assolutamente non menefreghista, che fa del gruppo (e in particolare Romagnoli, autore dei testi) un sublime interprete di quel termine che tanto amo: vaffanculo.

21


IL gabbiano Racconti | di Pasquale Laffusa

John stava sdraiato sul suo letto. Petto premuto sulle molle nascoste del materasso che sembravano chiodi. Nelle sue giovani orecchie che ascoltano poco, la musica dei Beatles. I Beatles. Loro sì che ce l’avevano fatta. Un fiore sbocciato tra le macerie di quella Liverpool del dopoguerra. John li vedeva allo stesso tempo con invidia ma anche con quegli occhi di ammirazione. 4 giovani normali, due dei quali orfani di madre, a cui il destino avrebbe riservato la normalità. Un lavoro da operaio nei cantieri navali, una moglie fedele, figli che avrebbero potuto piantare e far germogliare sogni in un Europa che si sarebbe aperta a se stessa. Loro sì che ce l’avevano fatta. John, proprio come loro avevano fatto , voleva strappare a morsi quella cortina che lo relegava all’anonimato in una città anonima, in un quartiere anonimo, in una famiglia anonima. Nelle stanze contigue rimbombavano le grida dei genitori. La madre, fredda e di poche parole, non riusciva a comprendere il marito e i suoi pensieri così distanti da

22

lei. Lei molto concreta, Lui trasognante. Due piani diventati paralleli che, dopo il giorno del matrimonio e la nascita del figlio, non si erano mai più incontrati. John, a sua memoria, non ricordava di averli mai visti in serenità, ma aveva imparato a non farci troppo caso e a convivere con i loro continui litigi. “All you need is love” risuonava nella sua testa. Cosa fare del proprio futuro? Come avrebbe potuto scappare, lui promesso sposo a una vita media, da questo matrimonio? Forse la risposta alle sue domande che lo opprimevano era molto più vicina di quanto potesse sembrare. La risposta era Bella, la sua Isabella. Lei abitava in Bold Street, una stretta via che conduceva dalla cattedrale alla via principale. Stretta sì, ma impreziosita da numerosi ristoranti, negozi di abbigliamento e caratteristici caffè con musica classica di sottofondo e tavoli di mogano su cui sorseggiare una tazza di tè in serenità. Come due lunghe colonne di candele nel buio le attività illuminavano la


strada cercando di farle dimenticare le sue cupe ferite. Era una tipica strada frequentata dai turisti e che, ad un occhio poco affilato, dava l’immagine della città modello. In realtà bastava girare l’angolo per percepire i segni della povertà: muri nudi, cantieri con transenne perenni e cumuli di senzatetto. Innumerevoli senzatetto magari scacciati dai gradini dei portoni sulle vie principali e rifugiati nei vichi stretti tra un negozio chiuso e una lamiera. Bastava percorrere una via di una decina di metri per vedere e vivere questo. Bella abitava proprio in una di queste vie, precisamente in Newington Street, ed essendo cresciuta lì aveva imparato ad accettare entrambi i lati della strada: quello della gente che poteva permettersi la quotidiana colazione nel cafè prima del turno di lavoro e quello dei senzatetto ai quali tutto ciò pareva solo un sogno svuotato dagli anni passati a fianco ai cani randagi. Col tempo aveva imparato a comprendere le contraddizioni e le ambiguità che poteva riservare una semplice strada lunga una decina di metri. Lei era tutto quello che lui avrebbe immaginato. Era una grigia giornata autunnale e il vento affilato graffiava i volti delle persone. Si erano dati appuntamento alla panchina sul lungofiume che guardava la foce del Mersey, la panchina su cui si erano incontrati per la prima volta e che era rimasta il loro unico luogo di appuntamento. Si sedettero. Lui appoggio subito la testa sulla sua spalla senza parlare. Gli occhi di Bella erano fissi nell’orizzonte, la nebbia impediva di distinguere fin dove arrivassero le acque e fin dove arrivasse la foschia. Il tutto sembrava essere una cortina lattiginosa che li avvolgeva, e faceva sì che i passanti fossero invisibili per loro e loro per i passanti. Tante gelide gocce taglienti graffiavano i loro volti, non si capiva se provenissero dal fiume o dal cielo. Bella era decisa a intravedere la terra sull’altra sponda, la fatica era notevole. Lui invece non riusciva volgere lo sguardo direttamente all’orizzonte, lo osservava nel

riflesso dei suoi occhi e in essi era profondamente perso. Il fiume scorreva, il garrito dei gabbiani si udiva in lontananza. Bella socchiuse gli occhi come si fa di solito quando si cerca identificare un oggetto molto distante, evidentemente senza risultati soddisfacenti li strinse di più e dopo poco, se possibile, ancora di più fino a diventare solo due minime mezzelune d’occhi, in queste mezzelune John contemplava la cortina lattiginosa e trepidante attendeva le delicate azioni imminenti di Bella. Ad un certo punto tutto tacque. Si aprì uno squarcio nella cortina e cominciò a vedersi il basamento di un imponente edificio sulla sponda opposta del fiume. John aprì la bocca estasiato. Lei imperterrita mantenne il potente sguardo sullo squarcio. Dopo poco l’imprevedibile: lo squarcio diventò ancora più ampio. Bella distolse lo sguardo improvvisamente per poi riportarlo subito diligentemente con un lungo sospiro alle fondamenta dell’antico grattacielo. Lui seguiva insieme a lei nei suoi occhi la scena. Si soffermavano su ogni particolare come se non avessero dovuto perdere assolutamente niente ma entrambi erano ansiosi di arrivare alla cima. Le scanalature che proseguivano rigorose, le torri laterali squadrate che si ergevano dal busto di muratura, i finestroni ingrigiti dal tempo, la torre centrale che spiccava altissima tra le altre e, finalmente, la cima. Sul culmine di tutto c’era un gabbiano con ali spiegate. Entrambi lo poterono vedere. Bella rilassò lo sguardo con aria soddisfatta. John trovò quello che non era mai riuscito a trovare: le risposte alle sue domande e si sentì per la prima volta nella sua vita realizzato. Continuava ancora a fissare la cima dell’edificio nel riflesso negli occhi di Bella che intanto si erano svelati delle palpebre. Era incuriosito come un bambino da quel gabbiano, dal suo fare un po’ goffo e dimesso che comunque non gli aveva impedito di raggiungere il punto più alto della struttura in mattoni. Ad un certo punto si accorse che stava per librarsi in aria e volare via, allora colto da

23


un senso di preoccupazione per la prima volta da quando si erano incontrati quel giorno distolse lo sguardo dagli occhi di Bella per indirizzarlo verso l’orizzonte. Verso l’edificio in mattoni. Verso il gabbiano. In lui stupore e delusione crearono una sensazione che non avrebbe mai voluto provare. Dell’edificio nessuna traccia. Del gabbiano nessuna traccia. La cortina lat-

24

tiginosa impediva di capire fin dove arrivassero le acque e fin dove arrivasse la foschia. Quindi si girò di nuovo verso Bella ma anche di lei, nessuna traccia. John, solo su una panchina in riva al fiume su una panchina anonima, sotto un cielo anonimo, in un quartiere anonimo, in una città anonima.


RINGRAZIAMENTI A BEPPE FENOGLIO Cultura | di Samira Al Sadi

Fra poco esce il nuovo film dei fratelli Taviani, e io mi accorgo di dover recuperare assolutamente una lettura, una di quelle per qualche motivo ignoto sempre scansate. Mio malgrado, però, mi accorgo che del romanzo interessato, Una questione privata, a casa non v’è traccia, per cui decido di recarmi in biblioteca, a due passi da casa mia. Varcata la soglia dell’edificio noto che i tavoli collocati nel corridoio principale sono occupati da ragazzi. Li guardo e riconosco uno a uno: sì, perché quello, oltre a far parte della mia infanzia (la biblioteca del Navile, da sempre amata e frequentata), è anche il luogo in cui svolsi uno stage estivo durante il quale aiutai i bambini in varie materie scolastiche. Quei visi familiari hanno dai 5 ai 15 anni, tutti amici. Sono fiera di questo posto, che accoglie il vicinato, costituito per la maggior parte da ragazzi stranieri, i cui genitori il più delle volte non hanno la possibilità o il tempo di aiutare: a loro disposizione centinaia di romanzi, riviste, DVD … que-

sto è diventato per loro un punto di riferimento. Realisticamente non posso non ignorare quanto sia perlomeno singolare, al giorno d’oggi, trovare un caso di questo tipo. La trovo semplicemente una cosa bellissima: bambini e ragazzi che il sabato mattina si ritrovano in biblioteca, per leggere, imparare, scoprire e parlare. La consapevolezza di quanto tutto ciò sia prezioso mi colpisce in un secondo: mi chiedo come mai tale pensiero non mi sia passato per la testa mentre con quei piccoletti parlavo direttamente, mentre li aiutavo nei compiti assegnati per le vacanze estive o descrivevo loro la mia vita da liceale. Molto spesso la ricercatezza, la preziosità, il significato si celano sotto mentite spoglie, e aspettano cautamente l’occhio attento, pronto a coglierle e ammirarle nella loro interezza. La grandezza di questo piccolo posto la colgo solo ora, mentre il bibliotecario mi porge gentilmente il libro. Lo saluto e con un sorriso mi avvio verso casa.

25


ammirate Cultura e arte Âť Poesia | di Samuele Minelli

Ammirate mentre sprofonda nel fango. Urla; ride. Ormai pazzo. Nel campo spoglio della bufera. E il vostro sguardo attonito di girasoli morti. Ammirate Colombe e Cigni sbranare Pettirossi perchĂŠ piccoli stupidi; indigeni. Cola il rosso dal becco cola e macchia la bandiera tanto cara: Pace. Una scritta si illumina applaude la sala candida. E il vostro sguardo attonito, di girasoli morti. Dietro il vetro, solo un riflesso, il solito: Plastica e Sangue.

26


Trip to edinburgh Cultura e arte Âť Fotografia | di Leonardo Magri

27


Arthur’s seat view, Edinburgh

Arthur’s seat, Edinburgh

28


Princess Street , Edinburgh

Busker’s show, Royal Mile

29


 www.orgiaintellettuale.info  redazione@orgiaintellettuale.info  facebook.com/orgiaintellettuale Riciclami

Passami dopo avermi letto

Se proprio vuoi sbarazzarti di questo bellissimo giornale, non buttarlo nell’indifferenziata. Passalo a qualcun altro o riciclalo. Pensa a quei poveri alberi che sono stati tagliati per stamparlo!

Diffondete il verbo Copernicano tra compagni, amici e congiunti, le nostre parole sono per tutti e tutti sono invitati a partecipare!

Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura. Pasolini Puoi leggere, leggere, leggere, che è la cosa più bella che si possa fare in gioventù: e piano piano ti sentirai arricchire dentro, sentirai formarsi dentro di te quell’esperienza speciale che è la cultura.

Pasolini


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.