Orgia Intellettuale | Numero 11 | maggio - giugno 2016

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MAGGIO — GIUGNO 2016

Numero 11

“Studente a maggio“ A PAGINA 8 »

A PAGINA 12 »

A PAGINA 25 »

Una riflessione suI sistema scolastico italiano a confronto con quello olandese

Sull'inutilità del conflitto, sull'inesistenza del Bene e del Male e sul valore del Negativo

Pablo Stanley: una canzone dei Beatles e una di John Lennon rappresentate a fumetti


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Editoriale

A

desso questo giornalino c'è e tu puoi stringerlo fra le dita. Ne percepisci la grana al tatto, se muovi i pollici si sente meglio. Però, fino a un minuto fa non c'era e certo non ne avresti sentito la mancanza. Ma adesso che c'è, ti mancherebbe se qualcuno te lo portasse via, ti strattonasse di colpo e te lo strappasse dalle mani? Poniamo che scompaia da sé, svanisca ora. Ti mancherebbe? Se la risposta è no, allora continua a leggerlo. Se invece è sì, mettilo da parte, nascondilo tra i libri più pesanti del tuo zaino, dimenticatene e poi... poi scopri cosa si prova nel ritrovarlo. Quindi scrivi una poesia, un racconto, lo sai tu qual è la forma più adatta ai tuoi pensieri e, l'anno prossimo, fatti carico di questo giornale, perché sei la persona giusta per infondergli nuova vita. Orgia Intellettuale non è soltanto un foglio da ritirare al lotto tre ogni due mesi, un cumulo di carta intorno a cui scherzare e scambiar pareri con gli amici. È una

creatura fragile, perché non vive senza la vita di chi lo rinnova e, se non si rinnova, muore. Quest'anno il grande animatore del giornale, l'organizzatore più volonteroso e testardo che si possa sognare, il grafico eccellente che ha permesso ai tuoi occhi di vedere questo oggetto, quest'anno Stefano Rossi se ne andrà dal Copernico. E mentre queste righe corrono sincrone sotto le pupille di tutti voi che avete appena preso la vostra copia, dovrebbe conflagrare un applauso dinamitardo per rendere onore al grande lavoro di questo genio. L'anno prossimo, sii tu quel genio, o non lamentarti se Orgia Intellettuale ti mancherà. Strizziamo l’occhio anche a tutti gli insegnanti, tra i quali un sincero ringraziamento merita la prof.ssa Anna Maria Incorvaia, per il suo paziente contributo e sostegno. – Arcangelo Massari per la redazione


In questo numero AttualitĂ

10 #OscarSoWhite Riflessioni pomeridiane

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Le scuole italiana e olandese a confronto

Funny Corner

, 37 Labirinto 9 11, 17, 24, 36 Sudoku Altro

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Dialogo di un demone e di un amante

38 La redazione

Caporedattori Emanuele Vicinelli Goffredo Piani Luca Barattini Martina Piazzi

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Rebecca Fogacci Riccardo Cerioli Riccardo Scandellari Stefano Rossi

Impaginazione/grafica Leonardo Wei Stefano Rossi


Cultura e arte Disegni

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Stefano Rossi Leonardo Wei

Musica

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Tom Petty – Full Moon Fever

Libri

20 Le sultane Fumetti

2 Manga Kissa [Noragami] 2 25 Pablo Stanley

Illustrazioni e vignette Martina Piazzi

Testata Lucrezia Zanardi

Illustrazione di copertina Martina Piazzi

Correzione bozze Arcangelo Massari Goffredo Piani

Docente referente Prof.ssa Anna Maria Incorvaia

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colorato da Stefano Rossi


di Leonardo Wei di Martina Piazzi

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Le scuole italiana e olandese a confronto Riflessioni pomeridiane | di Daria Vaccari

S

ono un’ex studentessa di terza e sto frequentando il quarto anno all’estero. Vivo all’estero da otto mesi ormai e ci sono tante differenze che vorrei raccontare, ma per prima cosa volevo parlare di uno degli aspetti che tocca molto tutti noi: l’ambiente scolastico. L’idea di viaggiare come turista non mi ha mai molto convinto, non si può in un paio di settimane assorbire la cultura e conoscere davvero i modi di un popolo. Sapevo già di voler frequentare l’università a Maastricht o ad Amsterdam e la lingua mi sarebbe certo servita, quindi l’Olanda mi è sembrata una scelta ragionevole per questo tipo di viaggio, un paese vicino, relativamente simile all’Italia, ma comunque qualcosa di abbastanza distante dalle nostre abitudini. Certo, questa scelta è stata criticata a dismisura da parte del corpo docente, ma la maggior parte di questi non aveva la base per giudicare la mia scelta, quindi devo dire di aver fatto benissimo ad ignorare i loro

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suggerimenti. Il Copernico è piuttosto oscurantista da questo punto di vista, non si ospitano studenti exchange e le organizzazioni per questo tipo di viaggi più lunghi non sono mai “pubblicizzate” dai professori come invece lo sono i soggiorni estivi. La nostra è una scuola a vecchio stampo; nulla di male in questo, ma credo limiti molto le visioni di studenti che vogliono fare qualcosa di più stimolante come viaggiare. Si tiene molto all’etichetta, all’alzarsi quando un professore entra, a non mangiare in classe, a non usare il cellulare durante l’orario di lezione o al dare del lei agli insegnanti. La vedevo come una forma di rispetto, ma ho compreso che il rispetto è tutt’altro. Avere fiducia in quella persona che ha in mano un’importante parte della tua educazione e collaborare insieme per un risultato comune è la mia idea di rispetto dopo aver visto come funziona l’educazione olandese. Quanti dei vostri insegnanti collaborano con voi per farvi raggiungere i vostri obiettivi? Sembra che tra alunno e


professore ci debba essere sempre una costante guerra, mentre qui non esagero dicendo che ho degli insegnanti che sono miei amici. Si è considerati come degli adulti, e come tali ci si rispetta a vicenda presentandosi in classe ogni giorno e svolgendo ognuno la propria funzione. E una volta che non c’è più quell’ostacolo che è rappresentato dalla gerarchia, non ci possono essere mai casi dove il professore ti umilia davanti alla classe, perché di fatto è un abuso che nessun adulto si sentirebbe in potere di fare a un suo pari. In Italia c’è sicuramente un problema di selezione degli insegnanti, né quelli presenti sono incentivati all’insegnamento come invece avviene nella maggior parte dei paesi del nord Europa (e non solo). Non parlo soltanto del salario: è vergognoso che persone con in mano l’educazione di centinaia di ragazzi non abbiano una paga decente; inoltre, non sempre hanno la possibilitá di partecipare ai corsi di aggiornamento, cosa che per lo meno li terrebbe ben informati sulla materia e sui metodi di insegnamento. E come loro non sono incentivati all’insegnamento noi non siamo incentivati allo studio: programmi troppo estesi, libri pagati dagli stessi studenti (i miei compagni olandesi si sono scandalizzati per il fatto

che lo Stato non compri i libri per un liceo pubblico), una scuola che inizia e finisce troppo presto; in 32 ore a settimana non ci si può aspettare di completare programmi così lunghi, e nessuno ce la fa mai, senza parlare che abbiamo 3 mesi di vacanze estive e non due giorni in quattro mesi da Natale e Pasqua. L’unica cosa che mi ha deluso del sistema olandese è che, a parer mio, non c’è abbastanza spazio per la letteratura, poiché si studiano quella olandese e inglese più superficialmente di come le affrontiamo in Italia. Ma se poi i risultati finali sono che in Italia solo il 56% di noi legge almeno un libro all’anno (il restante 44% non ne legge nemmeno uno), in Olanda il numero si alza esponenzialmente fino ad arrivare all’86%. Ho rivalutato l’educazione italiana da quando sono qua e in positivo, non sembra ma è così. Sicuramente noi impariamo molte più nozioni, ma è un peccato che dopo un paio di anni quello che abbiamo studiato vada quasi sempre perso. Secondo me non ha senso giudicare un’educazione nazionale dalle quantità di nozioni che si sono appresi negli anni del liceo, ma piuttosto dal bagaglio culturale della popolazione media, e in questo l’Italia è uno dei paesi più arretrati d’Europa. n

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#OscarSoWhite Attualità | di Ayoub el Alouani #OscarSoWhite

È

l’hashtag lanciato su Instagram dal famigerato regista afroamericano Spike Lee. Il vecchio Spike si è ritrovato, come sempre, in prima fila contro il presunto razzismo bianco di Hollywood. Questa volta non ha screditato registi e produttori ma ha puntato direttamente all’Accademia degli Oscar, definendo la commissione nominatrice razzista e incapace nel suo lavoro. Infatti il 2016 è il secondo anno di fila che non presenta afroamericani tra le nomine per le varie categorie. Questo semplice hashtag ha diviso il cinema statunitense in due parti (o per meglio dire tre, se contiamo quelli che si sono astenuti dal commentare l’accaduto). Al fianco dello zio Spike vi sono stati i coniugi Smith, Will e Jeda Pinkett che, armati di internet e social network, hanno indetto un vero e proprio boicottaggio della cerimonia. A parlare per prima è stata Jeda Pinkett, che con un tweet ha dichiarato che l’Accademia degli Oscar sfrutta gli afroamericani solo per la consegna delle statuette e non riconosce le loro abilità artistiche. La frase ha

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fatto scalpore e alla cerimonia si è presentata pochissima gente di colore. Questo scontro non ha riguardato solo attori e registi ma quasi l’intero mondo dello spettacolo. Dalla parte opposta del campo di battaglia, a difendere l’onore degli Oscar, non ci sono stati solo maschi caucasici con il colletto bianco. Denzel Washington alla domanda ” tu da che parte stai?” ha risposto alzando la sua statuetta vinta nel 1989. Se Denzel è un uomo di poche parole non possiamo dire lo stesso di Chris Rock. Il comico, durante la presentazione della cerimonia, ha affermato, dopo aver fatto un discorsetto ironico, che gli afroamericani non vogliono altro che gli stessi diritti dei bianchi. Non dimentichiamoci che a rimetterci non sono stati solo i neri, ma anche i latini-americani e gli asiatici. In tutta la storia degli oscar solo una donna asiatica ha vinto la statuetta (1958) e nessuna donna latino-americana è mai stata nominata migliore attrice fino al 1988. n


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Dialogo di un demone e di un amante Altro | di Arcangelo Massari

Amante: Mi chiedo come sia possibile che proprio ora, ora che il mio amore si è fatto così sottile e puro da rarefarmi l’aria nella gola, io soffra più di quanto mai avvenisse quando ero un animale. Allora, tutto il contrario, spadroneggiavo. Ero l’imperatore della mia vita e ne decidevo ogni minimo aspetto, compreso il dolore. Giocavo a fare il poeta romantico e a fremere di delirio. Soffrivo perché lo volevo, godendone. E lei, lei mi subiva. Mi amava, non ricambiata. Potrei dedurne: soffriva proprio perché mi amava, come io soffro adesso. Il bene è dunque causa del male?

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Demone: Sei proprio uno sciocco. Ti si ammacca la testa con una facilità! Neanche fossi una lattina. Anzi, un’automobile, giacché ti credi nobile e grande, che è comunque una lattina. Ecco cosa sei, un’enorme latta sformata. Ah-ah-ah! Persino i lombrichi quando incontrano un ostacolo cambiano strada. Tu no, continui a sbattere contro il paradosso con una zucconaggine che lascia sbalorditi. Dimenticavo che con il suddetto verme condividi il 60% del patrimonio genetico... Insomma, mi pare così ovvio: se giungi ad un assurdo, non possono che essere false le premesse. Nella


fattispecie, lascia che te lo dica, non hai capito proprio un accidenti di niente. Amante: I miei presupposti sono l’oggettività degli eventi. Questo mi è accaduto, e non una volta: che con la guerra ottenessi pace e con la pace guerra. Demone: E non ti accorgevi, fessacchiotto, che con la guerra causavi la guerra e con la pace la pace? L’alternanza dei due momenti eri tu a determinarla, anche se con il senno sulla luna. Durante il delirio ti assicuravi l’angoscia futura e poi, spinto dalla necessità, quando rinsavivi, ti conquistavi il nuovo benessere. Eccoti sbocciare a poco a poco i germi marci del passato. Avessi valutato per tempo un minimo lucidamente la qualità dei tuoi pensieri, parole e azioni saresti stato profeta di te stesso. Ciascuno lo è, sempre. Anche tu, anche adesso. Piuttosto estroso da parte tua ipotizzare che la malvagità procuri piacere. Come se fosse il mezzo a determinare il fine e non il contrario. Cosa te ne fai di una nave se non hai una rotta? Non puoi certo aspettarti che salendoci sopra sia essa stessa a rivelarti la meta. Ma una volta che hai trovato il tuo obiettivo, la prua è là che deve puntare. Tu invece giochi a fare il Cristoforo Colombo e vai dalla parte opposta. Infatti nessuno dei due arriva a destinazione. L’essere umano aspira costantemente alla felicità ma sperimenta ogni giorno violenze e depravazioni: non c’è coerenza. Sembrerebbe che il suo scopo sia piuttosto l’infelicità. Ci si è a tal punto abnegata da ricoprirne il mondo e dare l’impressione a qualche filosofo che sia addirittura il fondamento del cosmo, Verri, Leopardi, Schopenhauer… L’ha resa incessante. In sanscrito si dice Avichi. Avichi Agognate l’inferno di incessante sofferenza voi che con inutili conflitti vi straziate l’esistenza e siete i più ignoranti della morte. Nell’adesso estendendo quella sorte di abisso pien di fumi di incoerenza in cui si è persi fra le futili amenità sfugge via e già è distante la felicità, a cui ciascun rimugge

come un’eco lamentosa e quasi mai si posa a contemplarla poi, poi che nell’ingombra stanza che non vuoi, solitario vedi il vuoto che ti stai creando e la vita che ti sfugge. Amante: Ho l’impressione che sia giunto anche tu ad un bello scoglio. Le tue deduzioni lasciano intendere che se mi sforzassi con pensieri, parole e azioni da oggi e per sempre di perseguire il bene, arriverebbe il giorno in cui il male scomparirebbe del tutto dalla mia vita, ma questo non è certo possibile. Se sono sulla luna è perché la realtà è lunatica. Basterebbe incontrare un ladro, per caso, mentre rientro dalla mia virtuosissima giornata, perché la sua arma vanifichi i miei anni di integrità. Demone: Lo vedi che sei tonto? Ma hai fatto un esempio appropriato. Cioè, utile a me che ti devo chiarire le idee, tu sei tonto in ogni caso. Domanda: un ladro è buono o cattivo? Non rispondere, per favore, non è così ovvio come sembra. Poniamo il caso che dopo averti minacciato con una pistola e sottratto il portafogli il nostro masnadiero torni a casa propria, finalmente, con un po’ di spesa per la cena, tra le lacrime della moglie e dei figli che non mangiano da due giorni. Allora, è buono o cattivo ciò che ha fatto? Amante: È male in assoluto. Demone: Ma chi me l’ha ordinato di impegnarmi con uno così… Quindi, per converso, sei disposto ad affermare che morire di inedia, lui e famiglia, sarebbe cosa buona. Amante: Non lo sono affatto, la vita è il bene supremo! Demone: Ogni tanto ne dici anche tu una giusta. Però siamo punto e daccapo, ti sei impigliato in una contraddizione inestricabile. Il furto non era poi così assoluto, come male, se poste le mie condizioni può dar luogo a ciò che il male nega: la vita, il “bene supremo”, secondo la tua definizione. Ecco, giacché siamo in vena di definizioni: mi rendo conto che per affrontare il tuo problema siamo partiti mille miglia lontano dalla linea di inizio. Ti sei chiesto se il bene sia causa del male. Piuttosto complessa la categoria di casualità per cominciare. Ma come ha detto un mio vecchio →

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ospite «il cominciamento è l’essere». E in effetti Hegel era partito proprio bene: la sua logica mi riempie di orgoglio; peccato che poi abbia preso la tangente quando si è trattato di applicarla. Tornando a noi, rispondi a questo: che cosa è il male? Piccolo suggerimento: puoi anche ragionare su cosa il male non è. Amante: Dovrebbe essere semplice, il cominciamento, sì? A me sembra sproporzionatamente più indigesto. Demone: Non c’è alternativa, ne dipende ogni possibile continuazione. Posizionare un mattone storto a metà di un muro almeno non pregiudica la struttura sottostante, ma se è deforme una pietra basale tutta la parete si piega. Amante: Raccolgo il tuo consiglio, allora, meglio individuare il male attraverso il suo opposto, che è tanto più visibile. Sono rari infatti i casi in cui si operi malvagiamente con piena consapevolezza. Più spesso si mistifica a se stessi il senso del proprio agire, così che in qualche modo risulti giusto. Il bene deve sempre fare la sua comparsa, attore o controfigura non importa, basta che convinca. Tutti cercano il bene, perché vogliono essere felici, anche se il male tende a farsene strumento. Demone: In altre parole, mi stai dicendo che il bene può essere bene o male a seconda che sia fine o mezzo e così anche il male. Tirando le fila del tuo discorso, il bene sarebbe il fine della vita, il male la sua fine. Poi però sostieni che per realizzare pienamente la propria esistenza si tende a servirsi della forza che la annienta. Io sono il tuo demone, eppure parlo per aiutarti. «Sono una parte di quella forza che desidera eternamente il male e opera eternamente il bene.» Mentre tu, vaso d’amore, sei perverso e autodistruttivo. Amante: Mi stai facendo impazzire! Demone: Ti senti meglio se sgomberiamo il campo da questi bene e male? Amante: Leggerissimo. Demone: Perfetto, abbiamo risolto. Amante: Come risolto? Un problema non lo si risolve mica negandolo! Demone: Ma noi non lo stiamo affatto negando, ne abbiamo solo chiarito l’insensatezza di fondo. Se arrivi a dire che una cosa è uguale al suo contrario, si vede che hai una fervida immaginazione. Non esiste né un bene,

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né un male. Esistono solo il piacere e il dolore. Bene è ciò che fa stare bene, male ciò che fa soffrire. Lungi dall’essere entità assolute, sono assurdi anche solo come concetti. L’uno si trasforma nell’altro, è vero, come una pianta in un seme e un seme in una pianta, ma mentre la pianta quella è e non un’altra, bene e male sono privi di identità. O meglio, non c’è nessuna identità che non possano assumere. La bianchezza della balena, Moby Dick, atterrì il buon vecchio Melville proprio perché bianchi sono i marmi, le perle, gli abiti dei redenti, ma anche gli squali, gli spettri e quel demonio di cetaceo. Bianchi sono sia il bene che il male assoluti. Vi siete davvero inceppati le meningi, voialtri, forzando la realtà a discendere dalle vostre idee metafisiche. Ma chi dipende da chi? Gli uomini dalle idee o piuttosto sono le idee a dipendere dagli uomini? Si preannuncia un bell’ “entrambi” multiuso in arrivo… Metto le mani avanti, altrimenti vado giù di testa anch’io. Prima di rispondere fai questo esperimento: un genocidio mentale che estinga il genere umano; dove sono le idee? Ora invece prova con una lobotomizzazione universale; anche se gonzi, gli esseri umani permarrebbero. Sembra ovvio, ma non lo è più da quando le idee sono entrate nel dominio della divinità, allora sì che la gerarchia si inverte! Pur di rimanere coerenti con le loro astrazioni le persone vanno incontro al dolore, e perché poi? Per superare il dolore stesso! Non oggi, certo, un domani, forse… Che truffa! Ma dico, quando vi muovete da un posto all’altro, che so, da Milano a Ravenna, fate prima sbarco a Francoforte? L’uomo è l’artefice geniale di ogni sua labirintica prigione. Essere felice, amico mio, tu non pensi ad altro. Ecco perché non devi pensare ad altro. Amante: Ricordo che scrissi una poesia sull’ambiguità del bene e del male. Male bianco Assenza spande nel volgere al torvo il cupido sguardo dell’amor morto sul banco, là dove prima ricurvo rubava parole da un libro assorto in tenero disfacimento. Il corvo è impietoso con il ramo curvo.


Suoni, parole e ancora suoni che pur egli amava sono povera cosa ormai. Oh Dio, perché m’abbandoni? C’è il Male nel legno della testiera del letto, da cui le ambizioni di un tempo emanano una cosa nera. Crepare è amare se è senza rancore, pregare è triste se non lo sai fare: v’è forse altr’anima colma d’ardore che un’anima monca da completare? È triste dunque l’ambiguo candore. È il Male? È Dio? Si può solo pensare. La terra urla umilmente, gloriosa, nell’occhio terroso, opaco, alieno di una donna nera, e nero riposa il suo bambino, piccino, sul seno. Non sorride, eppure è una sola cosa con lei ogni sorriso terreno. Eccola, è lei: la gioia è esplosa! Ho visto Dio negli occhi della donna. Non me n’ero accorto, dietro di lei c’era il tramonto, e lei, la nanna del nero piccino e i raggi aurei erano un tutt’uno con la manna dolce dei beni incorporei. Mi amavi, ti amavo per davvero se mi amavi, ma adesso che non m’ami non t’amo, come dire: “Bianco! Nero!” Ma è nero il Male e bianco il Bene? Ahimè, non so, e tu? Illuminami! È pur bianco il cielo, ma nero insieme. Quella donna era nera, ma bianca come il Bene. Amante: Anche se non mi hai del tutto convinto, rileggendo le leverei tutte quelle maiuscole che assolutizzano il bene e il male. Almeno su questo sono d’accordo, che sia impensabile basare la propria vita su un’idea di bene perfetto. Il vicino di casa potrebbe averne un’altra e il vicino del vicino un’altra ancora. Saremmo tutti in balia del relativismo. Anzi, lo siamo. Invece di rendere felici noi stessi e il prossimo ci sforziamo di adeguare la realtà al nostro concetto di bene, imponendolo anche

agli altri. Come hai detto tu, gli uomini dovrebbero essere più importanti delle idee, dato che le idee dipendono dagli uomini e non viceversa. Demone: E che cosa ancora non ti quadra? Amante: Non mi sconfinfera che la sofferenza sia tutta un male. Male nel senso in cui l’abbiamo inteso, cioè causa della sofferenza stessa. Per esempio, non mi sarei mai illuminato alla vista della donna nera di cui parlo nella poesia se l’avessi incrociata di buonumore. A volte penare torna assai utile. Demone: Questa sì che è un’intuizione! Sarai anche una persona autodistruttiva, ma almeno hai un’ottima consapevolezza del tuo mondo, del tuo inferno. L’hai esplorato così profondamente da arrivare a dominarlo. Sei un signore dell’inferno ed io sono il tuo demone. A proposito, chi sono io? Se indovini hai risolto il tuo dubbio. Amante: Mi è piaciuta quella citazione di Goethe: «sei una parte di quella forza che desidera eternamente il bene e opera eternamente il male». Demone: Ho come la sensazione che però tu non ne abbia colto appieno il significato. Amante: Vuol dire che sei incoerente proprio come il sottoscritto. Demone: Ecco, appunto. No, sei il solito superficiale. Hai notato che contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare le due proposizioni non sono separate da un ma, ma congiunte da una e? Con Goethe feci proprio un bel lavoro… I due momenti non si oppongono affatto, anzi, sono consequenziali. La frase potrebbe essere riscritta così: sono una parte di quella forza che opera eternamente il male poiché desidera eternamente il bene. Senza di me non solo non esisterebbero progresso né crescita, ma ad un livello più profondo si comprende che non esisterebbe nulla in assoluto! Io sono il Negativo, ovvero ciò che rende possibile il positivo. Se parliamo di crescita, ti permetto di superarti creando ostacoli da superare. Se parliamo di esistenza, ti permetto di esistere creando tutto ciò che non è te. Se non ci fosse un non-te, tu chi diavolo saresti? Estendendo il principio all’universo, senza di me diventerebbe «una notte in cui tutte le vacche sono nere». →

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Amante: Io non ci sto capendo più niente… Non avevamo detto che il male, inteso sempre come ciò che fa star male, non può essere causa del bene? Demone: Mio caro, ti è toccata in sorte la natura di essere umano. Tu non sei un principio universale. Lasciami fare il mio dovere e pensa per te. Se caschi nel mio tranello e mi vieni dietro allora ho lavorato per nulla! Il tuo compito è quello di contrastarmi per migliorarti e migliorare il mondo indefinitamente. Trasformare il veleno in medicina, ecco cosa ti terrà affaccendato per tutta la vita. Amante: Ma quanto è dura trasformare! Dolorar trasformando Se n’esce lontano l’odore di aria dal mio chiuso mondo senza un presente, soltanto futuro e passato e niente annientano il mondo, annientano l’aria. Soltanto è reale, o almeno m’accora, ciò che non esiste, che non è reale. Soltanto m’appare la mia floreale dolcezza, la mia dolce Flora. Trascorsa cessata strozzata. Morta è la vita vivente di un tempo? E vivo in un oggi ch’è un contrattempo muto, inutile, di cui non m’importa nulla. E la notte disface e il giorno si face e il sogno annulla l’illusione del reale e la delusïone gli occhi mi apre al mattino notturno. Ma è oscurità fondamentale ignoranza e illusione, lo so! Dubbio e rimpianto il demone creò nell’angusta gattabuia mentale. Evader l’orizzonte! Trasformare e realizzare che dolorando sboccerò ad un infinito più vasto, che rifiutato imparerò ad amare!

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Demone: Bravo, bravo! Gloria a me in tutto l’universo! Dove sono i miei altari? Lodatemi ed adoratemi, gente! Ah-ah-ah! Amante: Ti amo, ti adoro, ti desidero! Ahah-ah! Trasformar dolorando Negativo, io ti adoro piangendo ed è un orgasmo il dirti basta! Oh immane forza che ogni altra sovrasta, grazie a cui sola noi stiamo esistendo! È grazie a te se esiste l’universo, dolcissima strage di ogni difetto, ma poiché nulla ci dura perfetto, spietata sorte di quanto ci è emerso. Emerge il mondo e il suo controverso spirito ogni giorno che dura, ma poiché dura anche l’oscura negatività ne sorregge il verso. E il Negativo ogni istante sopprime un punto della linea del tempo ed è la sua morte, nel contempo, che l’istante successivo esprime. Senza un passato non c’è un futuro. Senza la morte che cos’è la vita? Perché viva il presente è infinita la fine di ogni ente impuro. Viva la vita e il suo Negativo! Viva la morte che mi rende vivo! Vivano tutte le cose che arrivo a sognare con il demone divo! n


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Tom Petty – Full Moon Fever Cultura » Musica | di Riccardo Cerioli

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om Petty, per le molte persone che immagino non lo conoscano, è anzitutto un rocker. Un rocker puro. Ma attenzione, è anche un personaggio atipico. Lontano dall'esaltazione del modus vivendi sex, drug and rock 'n' roll, si presenta come una figura essenzialmente buona. Con la sua chioma bionda, lui, un po' americano e un po' Cherokee, pubblica nel 1989 (per la Mca Records), il suo album più noto: Full Moon Fever. A differenza degli altri dischi, qui non è supportato dagli Heartbreakers, la sua storica band (eccezion fatta per Mike Campbell), ma da nuovi musicisti. Il disco si apre sulle note di Free Fallin, una delle canzoni più celebri di Tom. È la storia di una ragazza perbene (la perfetta americana tutta casa e chiesa, potremmo dire), fidanzata

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con un ragazzo che non la considera, interpretato dal cantante stesso, che verrà poi preso da un senso di dispiacere e rimorso, finendosi col sentire “in caduta libera”. Il tema del cuore spezzato, che guarda caso era il nome della band che accompagnava il cantante, è un tema ricorrente in questo disco. I Won't Back Down segue la precedente in grande stile. Qui, oltre la forte orecchiabilità, che comunque pervade tutte e dodici le tracce, c'è l'aggiunta di un corista degno di nota: Sir George Harrison, che suona anche la chitarra acustica. Segue Love Is a Long Road, che aggiunge sintetizzatori con un po' di gusto tipico degli anni '80, combinandole con stacchi di batteria e chitarra elettrica decisamente rock. A Face in The Crowd è la canzone che mi ha più colpito al primo ascolto, perché è il risultato di un arrangiamento molto ben costruito, che unisce sapientemente la chitarra elettrica con quella acustica e con l'uso dello slide, aggiungendole notevolmente valore. Decisamente più rock è la trasognante Runnin' Down A Dream, in cui il narratore racconta di un viaggio in macchina durante l'arco di più giorni. Un tono molto spensierato è dato da I'll Feel a Lot Whole Better, in cui vediamo il featuring di Gene Clark , ex membro dei Byrds. Yer So Bad riflette sull'importanza dell'amore vero, che non prescinde da questioni economiche, ma è puramente disinteressato. Chi non ama in questo modo è destinato quindi a rimanere deluso. Il ritornello è veramente memorabile. Seguono Depending on You e The Apartment Song,


quest'ultima con un gusto molto rock 'n' roll, riflette, sul cambiare vita e andare a vivere da soli, per stare lontani dalle noie e dalle difficoltà di un tempo. Alright For Now si presenta come una dolce ninna nanna dedicata (presuppongo) alla moglie di Tom, o comunque alla donna amata in generale. A Mind With a Heart of Its Own è quella con il ritmo più sostenuto: mentre la si ascolta la testa si muove, il che è segno di una canzone genuina, fatta con passione. L'album chiude con Zombie Zoo che era il nome di un club losangelino, e presenta una ragazza appartenente ad una sotto-

cultura (forse punk), che va a ballare in quel locale. Il coro questa volta è di un maestro del Rock 'n' roll, Roy Orbison, quello che per intenderci scrisse Pretty Woman. In conclusione posso dirvi che l'album è veramente interessante, ricco di spunti soprattutto nel campo degli arrangiamenti. Sebbene sia destinato soprattutto ad un pubblico giovane, Tom Petty lo scrisse quasi all'età di quarant'anni, come se i diciotto non li avesse ancora passati, rimanendo una sorta di Peter Pan. Ora non mi resta che augurarvi buon ascolto! n

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Le sultane Cultura » Libri | di Micol Gianoli

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ntelligente, ironico, macabro. Un mix inusuale di aggettivi che caratterizzano Le sultane, di Marilù Oliva. Definito come il connubio perfetto fra Pulp Fiction e Arsenico e vecchi merletti, il romanzo della scrittrice bolognese infrange tabù intrinseci alla società da anni, esasperando e rivoltando al tempo stesso il quotidiano. La storia è quella di tre vecchiette: Wilma, Nunzia e Mafalda, una peggio dell'altra. La pri-

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ma, abilissima commerciante, ha il cuore lacerato per la morte del figlio e non riesce ad avere un rapporto sereno con la figlia Melania. La seconda, invece, è affetta da elefantiasi (ispessimento e corrugamento della pelle, da cui il nome, ndr) e, pur essendo una cuoca provetta, annega i suoi desideri nella bigotteria e, ovviamente, fra i rotoli di grasso. La terza, infine, è talmente tirchia che utilizza l'acqua di cottura per ben sette volte prima di buttarla.


Obbligata ad accudire il marito malato di Alzheimer, per risparmiare soldi gli propina a pranzo e a cena un uovo, accompagnato talvolta da qualche avanzo. Le tre, pettegole e giudicatrici, si ritrovano subito a doversi alleare per affrontare una grottesca avventura, la quale ribalta le convenzioni sociali presenti nella nostra comunità, animando di energia e freschezza lo stesso patrimonio letterario. Lo stile innovativo e il linguaggio acculturato di Marilù Oliva intrattengono ogni genere di lettore e dilatano lo scorrere del tempo sia all'interno che all'esterno della trama, ricordando la scrittura limpida e scorrevole di Màrquez. Alla domanda “perché stai proponendo a noi giovani un libro sulla vecchiaia?” rispondo volentieri che questo non è solo un libro sulla vecchiaia. Esso, come spiega l'autrice, è anche un romanzo sulla vita, vista attraverso gli occhi di una categoria fragile, che viene ignorata costantemente e spudoratamente dalla società e di cui molti aspetti non vengono nemmeno accettati. D'altronde Marco Vichi scrive in quarta di copertina: «Marilù Oliva oltrepassa il noir e si lancia in altri territori senza esitare, con un riso amaro, e ci dimostra a ogni pagina una verità inquietante: nessuno di noi può sfuggire agli altri».

chiaia è decidere di trascorrere gli ultimi anni della vita accanto a chi amiamo, per andarcene un giorno in pace, magari con un rimorso chiuso nel congelatore, ma senza nessun rimpianto.» Premetto che mi riservo di utilizzare l’aggettivo "vecchio" senza accezioni negative, ma solo caricandolo della sua portata di esperienza. La differenza tra antico e vecchio, nel nostro dizionario e nella nostra mentalità, è più o meno legata al lascito del tempo: le stagioni passano sopra ciò che diventerà antico e lo impreziosiscono; trascorrono invece sopra ciò che verrà definito vecchio e lo sciupano. Ecco, stavolta vorrei confondere i due attributi.

«Le sultane è un libro delizioso e gradevole, ma anche profondo, perché quando i tabù vengono infranti, e le convenzioni sociali ribaltate, può capitare che dall’orrore della solitudine possa nascere qualcosa di nuovo, un’energia incontenibile e insospettabile. Evocando romanzi come La fata carabina, o letture d’infanzia come Le streghe di Roald Dahl, Marilù ci dimostra che l’unico modo per sfidare la vec-

Oltre ad Arsenico e vecchi merletti o a La Comunidad, più di un lettore ha fatto riferimento a Pulp Fiction, forse per via dello straniamento cui ho sottoposto tre – apparentemente – innocue vecchine. Si spingono ai limiti perché la vita, la società, la disattenzione le costringono a disfarsi delle impalcature etiche che avevano loro consentito, fino a quel momento, di sopravvivere. E torniamo al discorso di cui sopra: questo è un romanzo sull’egoismo meschino contro l’altruismo, sulla realtà ruvida contro la dolcezza dei sogni. Infatti le mie vecchie sognano, anche se non potrebbero, quindi sbagliano senza volerlo, reclamano educazione e proprio da qui si innesca un meccanismo giocato sulla commedia nera, dove si alternano equivoci, occultamenti, rabbie, distruzioni e rinascite. Non mi sono posta il problema della loro redenzione, al massimo deciderà il lettore: certo le tre vegliarde commettono atti terribili. n

Marilù Oliva vive a Bologna e insegna lettere alle superiori. Ha scritto cinque romanzi, di cui tre dedicati al personaggio della Guerrera: ¡Tú la pagarás! (Elliot, 2011), finalista al Premio Scerbanenco, Fuego (Elliot, 2011) e Mala Suerte (Elliot, 2012), gli ultimi due vincitori del Premio Karibe Urbano per la diffusione della cultura latino-americana in Italia. L’ultimo romanzo è Le sultane, sempre edito da Elliot (2014).

Ha curato l’antologia Nessuna più – quaranta scrittori contro il femminicidio, patrocinata da Telefono Rosa (Elliot, 2013) e ha pubblicato racconti per il web e testi di saggistica. Ha scritto un saggio su Gabriel García Márquez: Cent’anni di Márquez. Cent’anni di mondo (CLUEB, 2010). Collabora con diverse riviste letterarie, tra cui "Carmilla" e "Thriller Magazine" e ha fondato il blog "Libroguerriero".

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Manga Kissa [Noragami] Cultura e arte » Fumetti | di Cecilia Fantini

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entornati cari lettori! In questo articolo vi parlerò di Noragami (lett. “Dio randagio”), un manga giapponese comico-fantasy, scritto e illustrato da Adachitoka. La vicenda è incentrata sulla buffa storia di un giovane dio vagabondo di nome Yato, che sogna di diventare il dio più famoso ed adorato del Giappone ed avere un tempio tutto suo. Essendo molto maldestro e inesperto non riesce a tenere con sé nessuna sacra reliquia (o shinki), ovvero uno spirito che, dopo aver stipulato un contratto con il dio, accetta di difenderlo e servirlo, aiutandolo ad eliminare gli spiriti maligni. Dopo l’ennesimo abbandono da parte del suo ultimo shinki, il giovane dio si ritroverà a svolgere servizi su commissione e desideri della gente, in cambio di una modica offerta di soli 5 yen. Durante uno di questi compiti, il suo destino e quello di una giovane studentessa di nome Iki Hiyori si incroceranno. Un adattamento anime, prodotto dallo studio Bones, è stato trasmesso anche in Italia, ma le differenze tra l’animazione e il manga non sono molte: nell’anime cambia un po’ l’ordine di alcuni eventi, che nel manga vengono notevolmente approfonditi rendendo l’opera più completa ed interessante. Caratteristica principale dell’opera è il tratto “felino” con cui vengono rappresentati i personaggi: non casualmente, nel protagonista Yato, troviamo molti tratti che appartengono alla figura del gatto, considerando che quest’ultimo è visto

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dai giapponesi come creatura misteriosa e divina e dal carattere solitario. Inoltre l’anime ha un’ottima qualità dal punto di vista dell’animazione, molto curata e suggestiva. Noragami si basa sulla mitologia giapponese, che viene illustrata in modo leggero e divertente, aggiungendo, di tanto in tanto, qualche riflessione sulla differenza che separa la natura divina, incorruttibile e perfetta quanto incomprensibile e complicata, da quella umana, fragile, precaria ed esposta al peccato. Questo suo aspetto dona sia all’anime che al manga un tocco divertente ed interessante, che porta a voler conoscere ed esplorare an-


cora di più il mondo fantastico dello shintoismo. I personaggi sono tutti molto ben caratterizzati e ognuno di loro ha un ruolo importante nello sviluppo della storia. C’è chi è molto vivace e spensierato e chi è saggio e coraggioso, ma tutti sono speciali proprio per il loro carattere, al quale ci si affeziona facilmente. La pubblicazione della versione cartacea per il momento è stata interrotta per una rot-

tura di rapporti tra le case editrici, ma per adesso sono tati pubblicati sei volumi. L’anime, al contrario, ha esordito da poco con la seconda serie, chiamata Noragami Aragoto; la prima è composta da dodici episodi, la seconda da tredici, più due Ova per entrambe. La recensione termina qui, ma spero che abbiate la possibilità di approfondire e apprezzare, come ho fatto io, questo mondo affascinante e suggestivo. Sayoonara! n

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Pablo Stanley Cultura e arte » Fumetti Introduzione di Stefano Rossi

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on è semplice “tradurre” una canzone in immagini. Un artista che a mio avviso c’è riuscito in modo straordinario è Pablo Stanley. Poche note biografiche: Pablo Stanley è nato in Messico nel 1981. Ha passato le elementari e le medie in una scuola cattolica, il che lo ha portato a diventare un ateo. Ha frequentato le superiori alla California Bachelor School. Si è laureato come designer presso la Xochicalco University nel 2004. Ha cominciato a lavorare presso aziende pubblicitarie nel 1999. Ha lavorato come direttore creativo per un’azienda internazionale in San Diego, California. Ha successivamente creato il suo brand di vestiti Stanley+Colors e ha aperto un negozio esclusivo di suoi design in Mexicali, Messico. Ha avuto anche diverse esperienze nel campo della musica. Ha cominciato a scrivere fumetti il 1 gennaio 2012. Da allora non ha mai smesso. Speriamo non lo faccia. Con il suo permesso vi presentiamo due suoi fumetti, tratti da Yesterday dei Beatles e da Imagine di John Lennon.

“Translating” a song into visual art is not an easy task. An artist that, in my opinion, was able to do that in an extraordinary manner is Pablo Stanley. A few biographical notes: Pablo Stanley was born in Mexico in 1981. He studied elementary and middle school in a Catholic school, which led him to become an atheist. Later, he studied High School in the Baja California Bachelor School. He graduated as a Designer from the Xochicalco University in 2004. He started working in publicity companies in 1999. He got a job as Creative Director for an international company in San Diego, California. He created his own clothing brand Stanley+Colors and opened an exclusive store of his own designs in Mexicali. He had different experiences in the musical field. He began writing comics in January 1st 2012. He hasn’t stopped since then. Let’s hope he doesn’t. With his permission we are showing you two of his comics, inspired by Yesterday by the Beatles and by Imagine by John Lennon. n

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Ayoub El Alouani, 3P

Cecilia Fantini

Emanuele Vicinelli, 5C

LA RED

Luca Barattini, 5P

Martina Davalli, 3I

Martina Piazzi, 5P

Rebecca Fogacci, 5P

Riccardo Cerioli, 5P

Riccardo Roveri, 2C

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Federico Billi, 1H

Goffredo Piani, 5P

Leonardo Wei, 2C

DAZIONE

Micol Gianoli, 4E

Natan Baleotti, 3C

Raffaello Balica, 4E

Riccardo Scandellari, 5B

Serena Piazzi, 4M

Stefano Rossi, 5P

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 www.orgiaintellettuale.info  redazione@orgiaintellettuale.info  facebook.com/orgiaintellettuale Riciclami

Passami dopo avermi letto

Se proprio vuoi sbarazzarti di questo bellissimo giornale, non buttarlo nell’indifferenziata. Passalo a qualcun altro o riciclalo. Pensa a quei poveri alberi che sono stati tagliati per stamparlo!

Diffondete il verbo Copernicano tra compagni, amici e congiunti, le nostre parole sono per tutti e tutti sono invitati a partecipare!


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