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Lecce, 11 dicembre 2010

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L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XX, n. 42

SETTIMANALE CATTOLICO

VENT’ANNI A LECCE

Lecce, 11 dicembre 2010

“LA BELLEZZA DELLA FEDE TRASFIGURA IN BELLEZZA LA VITA” IL CONVEGNO DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

In dialogo con la cultura del Salento Preparando il Presepe di Nicola Paparella Ci accostiamo alle feste di fine d’anno in un’atmosfera carica di incertezza. Eppure sul Presepe tornerà a splendere la stella e sulla greppia torneremo a deporre il Salvatore del mondo. Quel che forse manca, nel Presepe che ci accingiamo a preparare, è lo spazio da lasciare agli uomini di buona volontà. Siamo tutti incerti e confusi. I ripetuti episodi di violenza che macchiano di sangue le nostre città e le nostre case ci rendono tristi e quasi incapaci di reagire. Non troviamo le parole giuste e ci sfuggono i rimedi. Ci sono troppe cose che non vanno e in giro c’è tanta confusione. Mentre ci lasciamo tormentare per il destino crudele di due giovani ragazzine, ci lasciamo attrarre dal negozio di giocattoli dove, per i nostri bambini, non troveremo che giocattoli che richiamano la trasgressione e la violenza. E alla fine, chissà, finiremo col cedere alle mode. La crisi economica si mostra sempre più chiaramente agli occhi di tutti, perché diventa difficile negare l’aumento dei prezzi e soprattutto perché non riusciamo più a nasconderci il gran numero di coloro che fanno fatica a raggiungere la fine del mese. Per fortuna, almeno qui nel Sud, la famiglia sta ancora tenendo e la solidarietà riesce ad attutire i disagi più pesanti; ma la situazione è davvero grave e richiederebbe tanta capacità di reazione. Abbiamo bisogno di riscoprire l’operosità e lo stile del risparmio, la condivisione e il lavoro tenace. E però, anche su questo fronte, ci viene un messaggio quanto meno stonato. I rappresentanti del popolo, coloro che governano e legiferano in nome del popolo italiano hanno deciso di chiudere il Parlamento, per diversi giorni, per lasciare ai partiti di trovare una via d’uscita per le difficoltà della politica. E’ difficile capire, ancora più difficile spiegare che la crisi di cui si preoccupa il padre di famiglia quando va a fare la spesa avrebbe bisogno di risposte urgenti, chiare, efficaci. Le difficoltà delle famiglie non corrispondono affatto alle difficoltà dei partiti politici. CONTINUAA PAG. 2

Lecce, luci e fiere

La città si veste di Natale 7 PERSECUZIONI ANTICRISTIANE C’è una Chiesa che soffre in tanti Paesi del mondo 8-9 Ministri Straordinari

Ecumenismo

Squinzano

Ritiro Spirituale Suoni di Natale Disabili e città 4 4 13

Lo sport

Lecce-Chievo 15


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EDITORIALI DOPO IL 14 DICEMBRE: GLI SCENARI POSSIBILI

Anzitutto gli interessi del Paese Ciò che unisce. La memoria, e non quelli di bottega l’impegno e la speranza La crisi politica determinata dalla nascita di Futuro e Libertà ha, di fatto, paralizzato l’attività del Governo per il clima di incertezza che ne è derivato e per l’assenza di una linea politica chiara e condivisa. Non è facile spiegare agli italiani le ragioni di questa crisi inaspettata, anche perché a settembre si era già registrata, nei confronti del Governo, una fiducia ancora più ampia rispetto a quella avuta all’insediamento, con l’avvenuta approvazione dei “noti” cinque punti programmatici, sia alla Camera che al Senato. Una sorta di “impazzimento generale”, però, ha fatto precipitare la situazione in modo tale che il prossimo 14 dicembre dovranno essere votate le mozioni di sfiducia al Governo presentate alla Camera e quella di fiducia al Senato. Viviamo, di conseguenza, un momento decisivo per la continuazione della legislatura. Va registrato, in ogni caso, che gli indicatori economici sono preoccupanti, che la crisi non è finita e che i segnali di ripresa sono deboli. Gli imprenditori, i sindacati e le associazioni di categoria moltiplicano i loro appelli alla forze politiche affinché sia garantita la governabilità e con essa l’auspicata stabilità finanziaria e la messa in sicurezza dei conti pubblici. Ora più che mai è necessaria una forte azione del Governo per non vanificare tutti i sacrifici fin qui fatti, tutte le energie dovranno essere impegnate per garantire la ripresa economica. In un momento in cui occorre da parte di tutti un forte senso di responsabilità nei confronti del Paese, nessuna forza politica dovrebbe perseguire l’obiettivo delle elezioni anticipate, allo stesso tempo tantomeno possono essere ipotizzati ribaltoni o congiure di palazzo che aggraverebbero la situazione, già difficile, facendo aumentare le tensioni sociali e l’ingovernabilità.

L’Ora del Salento SETTIMANALE CATTOLICO Iscritto al n. 517 del Registro stampa del Tribunale di Lecce

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Esistono, tuttavia, alcuni spiragli che inducono ragionevolmente a ipotizzare un possibile recupero della situazione: allo stato attuale, ritengo che l’ipotesi più accreditata possa essere un Governo Berlusconi-bis, l’unica soluzione percorribile, in sintonia con il voto espresso dagli elettori, nonché quella, specie dopo il varo del Piano per il Sud, in grado di riuscire a dare speranze di un futuro di crescita del Mezzogiorno, che, finalmente, è affrontato dal Governo come questione nazionale. Il Piano per il Sud guarda in tutte le direzioni: alla Ricerca e all’Innovazione, alla Scuola e all’Università, alla Sicurezza, alla Fiscalità di vantaggio, al Sostegno alla piccola e media impresa, all’Agricoltura, alla Banca del Mezzogiorno, alle Infrastrutture. Queste ultime, in particolare, riconosciute da sempre come volano per il rilancio dell’economia e dell’occupazione. In questa logica, di particolare interesse per la Puglia, è la previsione nel Piano della realizzazione dell’Alta Velocità da Napoli a Bari con il prolungamento fino a Taranto e Lecce. La relativa mozione, approvata dal Senato nell’aprile dello scorso anno, di cui ero primo firmatario, non è più dunque un’occasione di confronto a Palazzo Madama sullo stato delle infrastrutture, ma, con il Piano, diventa un preciso impegno di tutto il Governo. L’interesse del Mezzogiorno è quindi quello che il Governo realizzi questi ambiziosi traguardi, che vedono protagonista l’ottimo Ministro Fitto, il quale ha dimostrato ancora una volta la sua notevole professionalità nella formulazione del Piano ed una esperienza amministrativa non comune nella ricerca dei fondi. Per tutti questi motivi, è necessario che gli interessi degli Italiani prevalgano su quelli di bottega. Staremo a vedere. Cosimo Gallo

PENSANDOCI BENE...

Ciò che unisce è certamente più di ciò che divide. E il primo “ciò”, guardando con serenità e responsabilità al futuro, va rafforzato: con nuovi pensieri, nuovi impegni e con un maggior coinvolgimento delle generazioni che salgono. Nonostante le perplessità sui metodi con i quali è stata realizzata e le domande ancora aperte sul suo procedere, il dato dell’unità nazionale radicato in un patrimonio, culturale e spirituale preesistente al 1861, è davanti agli occhi di tutti. Questa ricchezza già viva nel popolo italiano, sottolinea il card. Angelo Bagnasco aprendo il 2 dicembre a Roma i lavori del X Forum del progetto culturale, deve essere ancor più custodita e coltivata dalla società nei tempi dell’incertezza, mentre da parte dello Stato “sarebbe miope e irresponsabile attentare a ciò che unisce in nome di qualsivoglia prospettiva”. La Chiesa e i cattolici in Italia, hanno dato voce e contributo allo straordinario patrimonio comune in tale misura da essere definiti dal presidente della Cei “soci fondatori del Paese”. L’evento che si celebra in questi giorni segnalato dalla stampa laica nazionale come sorprendente segno dell’attenzione della Chiesa al tema dell’unità nazionale a fronte di una disattenzione diffusa, è la tappa coraggiosa di un lungo percorso costellato da documenti, iniziative, presenze politiche e istituzionali dei cattolici. Il territorio stesso, come riferisce il SIR in un servizio speciale dedicato alle regioni nel processo di unificazione, ha avuto un ruolo straordinario e che oggi si ripropone con realismo, seppure con diversi contenuti e modalità. C’è anche un piccolo particolare a confermare un impegno antico. Nella stessa giornata in cui si apriva il Forum sull’unità, all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, alla presenza del presidente Napolitano, veniva presentato un volume sui 150 anni del quotidiano “L’Osservatore Romano”. Nell’”originalissimo giornale” si riassunse e si riassume ancor oggi la voce di libertà e verità che la Chiesa e i cattolici hanno levato per tenere viva la coscienza dei valori comuni, della propria identità culturale. Un’indica-

zione preziosa per molti altri “originalissimi”, antichi e nuovi, media cattolici. Voce e impegno per il bene comune non in un aureo isolamento ma in un confronto lungimirante e leale con tutte le componenti culturali e politiche del Paese. Il metodo del dialogo, che nulla ha a che fare con il metodo del salotto, ha portato nella storia italiana a grandi risultati perché in cima a tutti i pensieri delle parti era il bene comune non solo nella sua misura visibile. Oggi di questo dialogo fatto di responsabilità e verità si avverte tutta l’urgenza. Da qui si parte per realizzare quel “sogno a occhi aperti” di “una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo, che credono fermamente nella politica come forma di carità autentica”. È il momento di dare concretezza al “sogno” e la Chiesa italiana con la sua rinnovata passione educativa dovrà pensare e proporre percorsi nuovi perché i giovani, per troppo tempo tenuti e tenutisi a distanza da questa frontiera, ritrovino le ragioni e l’entusiasmo per stare con amore - cioè con intelligenza e competenza - nella storia delle loro città e del loro Paese. Così non rimarranno solo un riferimento storico le parole del presidente della Repubblica al presidente della Cei: “Anche dopo la formazione dello Stato unitario - scriveva Giorgio Napolitano il 3 maggio scorso - l’intero mondo cattolico, sia pure non senza momenti di attrito e di difficile confronto, è stato protagonista di rilievo della vita pubblica, fino ad influenzare profondamente il processo di formazione e approvazione della Costituzione repubblicana”. Erano tempi difficili ma con molta speranza. Oggi siamo in tempi difficili ma con poca speranza. Un motivo in più - nella fedeltà alla memoria - per rafforzare e qualificare il pensiero e l’impegno per un Paese unito più che mai bisognoso di essere amato per crescere, per diventare grande. Per essere, nella responsabile e lieta appartenenza all’Europa, un Paese abitato da quella speranza che non delude. Paolo Bustaffa

di Giuseppina Capozzi

La dignità del lavoro Ogni essere umano, mediante il lavoro, mette in atto il suo essere vitale, il suo significato profondo di persona che si sviluppa nella dinamica della storia. Nel procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia, l’uomo cresce in umanità; conosce, si relaziona, si confronta con la resistenza del mondo esterno ma anche con le potenzialità e le realtà di ciò che lo circonda. In una parola: si sviluppa nella sua identità di persona unica e irripetibile. Il mondo del lavoro è oggi improntato a meccanismi di funzionalità ed efficacia legati a fattori economici e tecnici che stanno snaturando l’essenza stessa del lavoro, che è mezzo, non fine dell’esistenza umana. “L’uomo è l’autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale” (Gaudium et Spes, 63). Il fondamento del lavoro umano non è il genere di lavoro che si compie, ma il fatto che chi lo compie è un uomo, una persona. Dunque la dignità del lavoro va ricercata non nella sua dimensione oggettiva, quanto piuttosto in quella soggettiva. Si può affermare che il fondamentale valore del lavoro è nella sua natura etica, non economica. Il soggetto del lavoro è la persona umana che, attraverso di esso, cerca la realizzazione di se stessa, il compimento della propria capacità di fare, nella promozione del bene comune. Quindi ogni lavoro ha come fine la persona che lavora, individuo concreto che si rapporta con l’altro e le cose. Il cristianesimo offre la comprensione autentica relativa al significato e al valore del lavoro: l’uomo prolunga l’opera del Creatore e dà “un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia” (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 25). Quando l’uomo lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona anche se stesso; impara, sviluppa le sue facoltà, è portato ad uscire da se stesso per adattarsi ai cambiamenti e superarsi, restando al passo con le trasformazioni sociali, culturali, tecnologiche. In questo adattarsi l’uomo cambia forma alla propria esistenza, cioè si forma continuamente in relazione alle sollecitazioni continue e diverse che il mondo del lavoro gli impone. In questo sviluppo vi è la norma della attività umana ed è questo il vero bene dell’umanità. La conoscenza di se stesso e la propria realizzazione sono nello sviluppo, che è, quindi, la vocazione integrale della persona. Un tale sviluppo richiede, inoltre, una visione trascendente della persona che ha bisogno di Dio: senza di Lui lo sviluppo o viene negato o viene affidato unicamente alle mani dell’uomo, che cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato. Ma l’uomo vale più per quello che è, che per quello che ha: è il primato dell’essere sull’avere e l’apparire. Essere vuol dire fare, quindi agire, mettere in atto, adoperarsi, lavorare e nell’ambito del lavoro l’uomo realizza la promozione umana per sé e per gli altri. La perdita di questa possibilità priva l’uomo della sua identità di persona. info@giuseppinacapozzi.it

L’Ora del Salento è vicina al caro mons. Franco Leone e ai suoi familari per la perdita del caro arch. GIACINTO e prega il Padre della vita perché l’accolga tra le sue braccia misericordiose.

DALLA PRIMA

Preparando il Presepe La comunità sociale ha bisogno di trasparenza, di linearità, di pulizia, di moralità e di scelte coraggiose. Chiudere il Parlamento è stato un gesto che il popolo non riesce a capire e che proprio per questo non può giustificare. Nel nostro Presepe abbiamo bisogno di aggiungere delle figurine che diano il senso della operosità, della collaborazione, dell’aiuto reciproco. Soprattutto abbiamo bisogno di mettere ben in evidenza il messaggio di pace per gli uomini di buona volontà. La crisi morale e quella economica, la crisi finanziaria e quella politica, le crisi delle coscienze e quelle della comunità troverebbero ristoro e soluzione se ci fosse un risveglio dei cuori, perché tutti e ciascuno ci si possa convertire ed essere persone di buona volontà. Auguri. Nicola Paparella


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VENT’ANNI DI PRESENZA A LECCE L’ISTITUO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE E IL TERRITORIO “La bellezza della fede trasfigura in bellezza la vita” il tema del Convegno per il ventennio di istituzione nella Chiesa di Lecce

Nel Salento: servizio al dialogo e alla ricerca Quella ‘consegna’ del Papa: un programma pastorale Si conclude sabato 11 dicembre, con la relazione del prof. Paolo Agostino Vetrugno, il Convegno dal tema “La bellezza della fede trasfigura in bellezza la vita”. La manifestazione è stata voluta dall’Arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio, dal Direttore mons. Luigi Manca, che da dieci anni ha la responsabilità dell’Istituto, e dal corpo docente che, in occasione del XX anniversario dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose ha voluto presentare alla comunità il bilancio della sua vita in questi anni. Nato nel 1977 come “Scuola di Teologia per Laici” per iniziativa del Vescovo mons. Francesco Minerva ed elevato a “Istituto di Scienze Religiose” dall’Arcivescovo mons. Michele Mincuzzi nel 1985, fu promosso a “Istituto Superiore” il 17 dicembre del 1990, con decreto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Nel corso degli anni, l’Issr di Lecce ha perfezionato ed ampliato le finalità, fino a configurarsi come realtà accademica universitaria, i cui parametri, oltre a quelli indicati dalla Santa Sede, corrispondono anche a quelli indicati dal “Processo di Bologna” per le Università Europee, con il rilascio della laurea (triennale) in Scienze Religiose e della laurea magistrale (quinquennale) in Scienze Religiose.

Il prestigio dell’Istituto si rispecchia non solo nelle molteplici iniziative che lo vedono protagonista e nelle pubblicazioni che rendono noti gli studi svolti dai suoi componenti, ma anche dal progressivo aumento delle iscrizioni che vedono gli odierni 150 iscritti a fronte dei 70 iscritti ordinari del 2005. Lo studio della teologia nelle sue diverse aree - biblica, storico-patristica, dogmatica, morale e filosofica - è direttamente messo a confronto con i modelli culturali odierni, per individuare e far emergere la dimensione significativa della realtà. Sotto questo aspetto, interessanti sono le iniziative culturali in collaborazione con l’Università del Salento. Il titolo del Convegno tenutosi in questa settimana, è stato suggerito dalla consegna che il Santo Padre Benedetto XVI fece a mons. D’Ambrosio, in occasione del suo inizio di servizio pastorale a Lecce. Una consegna che l’Istituto ha fatto propria non solo per comunicare la sua crescita in questi venti anni, ma soprattutto per proiettarsi nel futuro della vita della Chiesa e della società del Salento augurandosi, in fede, di riuscire ad affrontare le sfide del mondo contemporaneo e attrarre a sè un numero sempre crescente di credenti. S.C.

Il confronto con la cultura contemporanea e il servizio alle Chiese del Salento L’istituzione di qualificati centri formativi nel settore teologico e pastorale costituisce un fattore rilevante dell’impegno di stimolo e di sostegno prospettato dal Progetto culturale della Chiesa italiana e proprio la consapevolezza dell’urgenza di proporre la salvezza del Vangelo all’odierna società e di cogliere positivamente ogni elemento culturale presente sul territorio rende presente a Lecce l’Istituto di scienze religiose. L’azione culturale della comunità cristiana, infatti, s’inserisce nella so-

cietà interagendo, in uno stile di dialogo autentico e di forme comunicative sostenute dalla concreta esperienza personale, con lo scopo di favorire la promozione umana aperta ai valori spirituali. Con l’attenzione alla ricerca scientifica nei diversi ambiti di riflessione sull’uomo e con la proposta, umile e nello stesso tempo chiara e coraggiosa, degli specifici contenuti del messaggio cristiano, l’Istituto sviluppa, così, un’efficace collaborazione con la comunità accademica, contribuendo a

LETTERAAL GIORNALE Egregio Direttore, nell’edizione del 4 dicembre u.s. del suo giornale leggo, con stupore, all’interno della rubrica “segnali di laicalità”, un articolo titolato “il sindacato… serve ancora?” a firma di tal Tonio Rollo. Sono molto dispiaciuto per come il giornale della nostra Diocesi, importante ed autorevole per storia ed affidabilità, ulteriore strumento di “parola” del nostro nuovo Arcivescovo, mons. Domenico D’Ambrosio, possa pubblicare articoli siffatti con qualunquismo, infedele generalismo, allusività e privo di fatti concreti (senza dati, nomi, riferimenti precisi) tanto da rasentare, a mio parere, la classica attribuzione di “pennivendolo” a chi lo scrive: scrittore cioè a meri fini personali e/o di un occulto interesse preciso. Ma con quale cuor leggero si può far arrivare un messaggio ermetico, parziale e inconcludente nelle Parrocchie, al Popolo di Dio?? Cosa vuole dire, spiegare, denunciare al lettore, e/o al Parrocchiano, l’articolista quando, per metà di esso, non si riesce a capire di che e di chi parla? Francamente non voglio farla lunga, da cattolico (fallibile) cerco di professare la fede efficacemente e concretamente, in prima persona e con la mia faccia, seguendo, anche, gli ultimi dettami del Documento dei Vescovi sul Mezzogiorno di Febbraio scorso, cosciente di essere un sindacalista-cattolico e (soprattutto) un cattolico nel sindacato. Pertanto ho cercato ciò che di buono e di sensato, oltre che di corretto e palese, c’è nell’articolo (poco a dire il vero): tralascio i pomposi (?) riferimenti a Pietro Ichino e a Draghi, utili (furbescamente) all’estensore per aprire il volutamente vago, e privo di riferimenti certi, affondo sul sindacato, credo, locale. Rileggendolo molte volte mi sono convinto che faccia riferimento al settore Sanità e, più precisamente alle internalizzazioni dei lavoratori, cosiddetti, precari. Non so, forse mi sbaglio. Ma se il riferimento è proprio sulla Sanità, l’articolo dà giudizi liquidatori e sbagliati verso il sindacato Confederale e, in ogni caso,

Il sindacato cattolico serve. Eccome. A tutelare e proteggere i più deboli vista la vastità della materia e le sue delicate implicazioni, un giornale vigile e rigoroso avrebbe valutato attentamente il taglio dell’articolo e le denunce (demagogiche) in esso contenute, senza uno straccio di riferimenti. Vogliamo parlare quindi dei lavoratori della Sanità in Puglia ed in particolare cosa fa, a cosa serve, cosa dovrebbe promuovere un sindacato cattolico nella vicenda delle internalizzazioni (sempre per il Popolo di Dio da informare: l’assunzione diretta nelle Asl dei lavoratori oggi operanti presso le aziende che lavorano in appalto nel sistema sanitario [ausiliari, pulitori, informatici, servizi vari])? Bene, Sig. Direttore, promuova un bel Forum (come tradizione del suo giornale) con varie personalità e rappresentanti che parlino sulla questione e io, se vuole, sarò felice di discutere ed interloquire sulle internalizzazioni nella Sanità in Puglia ed anche su uno dei temi che più mi appassiona: l’uomo, il lavoratore, il Sindacato e la Dottrina Sociale della Chiesa! Non lasci questi importanti temi ad una rubrica di sola denuncia, sterile, demagogica e parolaia dove il “segnale di laicalità”, dallo scritto, emerge veramente piatto. In ogni caso, in attesa (o in mancanza) della volontà di fare un bel Forum cerco di dare corpo, fatti, riscontri e dati all’omertoso “fatto numero due” del tal Tonio Rollo, senza tono da lezione ma per spirito di servizio e verità: la platea dei lavoratori in questione è veramente vasta, i più sono nell’ausiliariato/pulizie e possiamo parlare certamente di precarietà in quanto lavoratori che hanno subito (e subiscono) la “voracità” della politica che pur di infilare nell’appalto quante più persone possibili (un lavoratore precario = tanti voti stabili) ripartisce tra tutti le ore lavorabili fino a scendere a 3 ore al giorno (dico tre) per lavoratore ( e sono anni che non vedo molti cattolici che protestano…) un’altra par-

te dei lavoratori in questione ( sempre appalti Asl), soprattutto nell’area informatica, da sempre (e ancora oggi) vengono stabilmente inseriti non propriamente per concorso, o attraverso chiamata numerica dai centri per l’impiego (ex collocamento), basterebbe scorrere dall’inizio l’elenco dei cognomi e delle parentele illustri, riconducibili alla politica, all’area medica, al sindacato, alla “società civile” (e i cattolici che hanno mai detto?); molti e numerosi Direttori Generali delle Asl (puerilmente definiti “super mega galattici”, forse perché vengono nominati esclusivamente dalla più becera politica), a Lecce come a Brindisi, ed in tutte le Provincie Pugliesi, devono, oggi, la loro serenità di funzione ed anche quella, lautamente, economica, all’impegno “responsabile” del sindacato Confederale che rappresenta i lavoratori, certamente ed esclusivamente, e poi, anche, (soprattutto con l’avvento dell’ultima ri-vittoria elettorale in Puglia) ai cosiddetti “rappresentanti dei lavoratori” (leggasi sindacati autonomi) che, di fatto, non sono altro che vere corporazioni, politicamente sponsorizzate (e i cattolici da che parte stanno?). Infine la definizione, su questi ultimi, di “ lavoratori precari”: ma di che parliamo??? Per me, cattolico e sindacalista, i precari sono quelli che non hanno un lavoro certo, vivono in stato di disa-

gio lavorativo, familiare, sociale, economico, grave, con poco più di 300/400 uro al mese (e ce ne sono tanti…. domandate ai Parroci!). Una parte dei lavoratori a cui fa riferimento il nostro amico estensore, che si domanda se, anche per loro, il sindacato serve ancora, hanno, sì, certo, diritti da rivendicare e tutele da applicare, ma giova ricordare le parole di Gesù “si, si; no, no” riportate nel Vangelo di Matteo (Cap. 5 v.37), o ancora meglio, il detto, “pane al pane; vino al vino” : parliamo di lavoratori che (dopo, per molti, avuto il lavoro come si diceva) ambiscono ad essere assunti in ASL, che godono di garanzia del posto di lavoro “a vita” (garante la Asl e il Sindacato Confederale, con una clausola concordata, da anni, nei bandi di gara), che guadagnano mediamente 1100/1300 uro al mese, che dovrebbero essere davanti ad un computer/sportello per prenotare visite specialistiche ma la gran parte si è ritrovata in un comodo ufficio. Vogliamo parlare di cosa c’è di Cristiano e di Cattolico in tutto questo? Io sono pronto! L’“Ora del Salento” che conosco io, giornale serio e vero qual è, lo farebbe certamente! Per non essere complici di nessuno. Come non lo è mai stata la Cisl Italiana, con i suoi circa 5 milioni di iscritti, quella di Lecce (di maggioranza) con i suoi 55 mila e l’umile sottoscritto, sindacalista e cattolico della Chiesa di Lecce. Sergio Calò Segretario Provinciale Fim Cisl di Lecce

Prendo atto dell’infaticabile lavoro di un cattolico nel sindacato che dà ampia dimostrazione del “responsabile” impegno con cui opera e della serietà del proprio operato riuscendo a distinguere tra i lavoratori raccomandati dalla “becera politica”, veri e falsi precari, giornalisti e pennivendoli. Non essendo il sottoscritto un “vero giornalista” riesce difficile spiegare la differenza tra un articolo di cronaca e un fondo o corsivo; come nel primo sia necessario rifarsi alla Regola delle 5 W., mentre nel secondo sia necessario dare una lettura (ovviamente parziale e soggettiva) dei fatti, con la licenza di qualche citazione “dotta” (vedi quella alla Fantozzi). Colgo l’occasione per ringraziare della precisa e mirata risposta (se dovesse tornare a lavorare potrebbe aspirare a fare il cecchino! - anche questa è una battuta!). Diceva sempre uno stimato Direttore di giornale: Una replica è una doppia notizia, ma soprattutto la dimostrazione che si è colto nel segno. Tonio Rollo

creare presupposti di unitarietà all’interno della pluralità dei saperi. Ne scaturiscono la fruttuosa cooperazione con l’Università del Salento e la pubblicazione di pregevoli contributi di studio, ragguardevoli sia per gli approfondimenti teologici sia per l’osservazione scientifica dello sviluppo dell’erudizione e della civiltà nel nostro ambiente. La Chiesa non può limitarsi a custodire diligentemente il vasto patrimonio di beni archivistici ed artistici formato nei diversi secoli, ma è impegnata a creare una rete con le diverse istituzioni che s’interessano ad elaborare apporti di idee, approfondimenti, confronti educativi, dibattito informativo, offrendo un qualificato contributo, frutto di positiva conciliazione tra fede e cultura, poiché pensatori e studiosi cristiani, rimanendo coerenti con la propria identità, sviluppano considerazioni e proposte coniugando la dottrina evangelica con le questioni ed i concetti delle diverse agenzie culturali e nello stesso tempo prospettando una propria prospettiva ed uno specifico pensiero. In un contesto certamente non facile, in quanto il vasto ed articolato complesso di studi teologici ed antropologici trattato dalla ricerca scientifica di teologi e studiosi impegnati nella speculazione sui diversi aspetti della Rivelazione ha fornito e continua ad offrire uno splendido approfondimento sulla Verità, non sempre accolto positivamente dai moderni centri culturali. L’Istituto Superiore di Scienze Religiose, pertanto, radica immediatamente sul territorio l’impegno formativo, mirando alla maturazione umana e cristiana delle persone nello spirito dell’antropologia cristiana, per rendere maggiormente consapevole e ponderato il sì alla fede e facilitare l’approccio alle problematiche del vissuto civile ed alle varie esigenze pastorali delle comunità ecclesiali. Si può sostenere che esso costituisce un autentico sostegno all’autenticità dell’esperienza cristiana indagando sulle ragioni della fede ed esplorando le tracce di comunicazione con tutti gli uomini di pensiero. L’evangelizzazione della cultura diventa addirittura uno sprone al pluralismo ed un forte motivo di ricerca comune tra le diverse componenti ecclesiali. Oltre a costituire un qualificato servizio per la lettura dell’identità cristiana e per il dialogo e la collaborazione nella ricerca sulle questioni comuni ad ogni cittadino. Adolfo Putignano


L’Ora del Salento

Lecce, 11 dicembre 2010

ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

Farsi piccoli per il Regno

“Il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di Giovanni il Battista”. Con questa espressione si chiude il Vangelo di questa domenica, in cui da un lato il Battista, in carcere, chiede informazioni circa l’autentica messianicità di Gesù e, dall’altra parte, è lo stesso Signore che esalta il Precursore, evidenziando il fatto che, ubbidendo al progetto divino, questi ha compiuto la sua missione d’annuncio della venuta del Messia. Il Signore risponde al quesito del Battista mostrandogli le opere, i frutti, che egli compie nell’annunciare la presenza del Regno. Questo regno messianico è infatti già presente, come un piccolo seme, su questa terra. Ne danno testimonianza i piccoli, i poveri, gli ultimi: infatti, i ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i sordi odono. Dunque, mentre il precursore del Messia è incarcerato e sembra che non possa essere facilmente liberato, la Parola di Dio prosegue la sua corsa, perché non può essere fermata da nessuna potestà umana. È questa la prima riflessione che possiamo attingere dal Vangelo odierno. Gli uomini possono porre moltissimi ostacoli nella missione evangelizzatrice, ma nulla potrà veramente fermare la Parola, perché la sua origine non è umana, bensì divina. Esiste però una seconda riflessione che scaturisce dal Vangelo odierno. Molto interessante è l’ultima affermazione fatta dal Signore: “Il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di Giovanni il Battista”. Con tale asserzione, Gesù non solo ricorda l’importanza di essere figli del regno dei cieli, condividendo la natura e il fine di tale regno, che Egli ci ha aperto a prezzo del suo sangue, ma rammenta anche la qualità fondamentale che deve caratterizzare i discepoli del regno: la piccolezza. Tanto più l’anima sprofonda nell’umiltà e nella piccolezza, tanto più grande sarà nel Regno dei cieli. Solo coloro che si fanno piccoli, che non desiderano gli onori della terra, ma amano piuttosto trascorrere la loro esistenza nel nascondimento meriteranno un posto nel Regno e saranno annoverati tra i veri discepoli del Signore. Questo atteggiamento, però, non è semplicemente il frutto di un lavoro interiore che l’anima è chiamata a svolgere, ma è soprattutto un dono straordinario della grazia di Dio che si compiace di abitare presso gli ultimi. È qui che si intravede la predilezione che il Signore manifesta verso i poveri: egli si è fatto povero, piccolo, umile, per fare ricchi tutti noi con il suo gratuito amore. Pertanto, anche il cammino del Battista deve essere visto in questa ottica. La fama che abbiamo apprezzato domenica scorsa, allorquando tutta Gerusalemme veniva da lui per farsi battezzare, non riceve nessuna diminuzione adesso che Giovanni è in carcere. Infatti, anche in questa situazione così difficile, egli rimane sempre il Precursore, il grande profeta… tanto più grande quanto più la sua missione si fa piccola ed insignificante. “È opportuno che Cristo cresca ed io diminuisca”. Che anche noi possiamo ripetere con la nostra vita questa magnifica espressione del Battista….

L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Domenica 12 dicembre 2010 Ore 11 - Cresime nella parrocchia San Filippo Smaldone Ore 18 - Cresime nella parrocchia di San Guido Lunedì 13 dicembre 2010 Ore 10 - Celebra la festa di S. Lucia nella Parrocchia di Lecce Ore 19 - Celebra la festa di S. Lucia nella Parrocchia di Surbo Martedì 14 dicembre 2010 Ore 19 - Presenta a Vernole un libro sulla Tradizione religiosa vernolese

UFFICIO MISSIONARIO

non possiamo leggere il testo dell’esortazione piana . Però da altra fonte sappiamo che tale esortazione fu inviata ai sacerdoti della cattolicità in occasione del giubileo d’oro (50°) sacerdotale del Santo Pontefice, per raccomandare gli esercizi spirituali come si legge nei precedenti atti del magistero pontificio. E in quella circostanza indisse l’anno giubilare “20092010”. Fortunatamente, però, dal primo volume degli Acta Apostolicae Saedis che ha inizio dal 1 gennaio ‘909, a pagina 28 possiamo leggere le disposizioni del vicariato di Roma del 2 gennaio successivo, in applicazione alla esortazione citata del X Pio, a firma del prelato segretario (monsignore del Capitolo

AZIONE CATTOLICA

Giovedì 16 dicembre 2010 Ore 10.30 - Visita i malati dell’ospedale di S. Pietro V.co e celebra la S. Messa Sabato 18 dicembre 2010 Ore 9.30 - Visita la scuola delle Suore Discepole dei SS. Cuori nella parrocchia S. Rosa Ore 11 - Visita i malati del Vito Fazzi e celebra la S. Messa

A Roma la quinta giornata della progettazione sociale

“Lavoro subito” una rete per il sociale “Lavoro subito”, sarà il tema della quinta giornata della progettazione sociale, che si svolgerà a Roma dal 14 al 16 gennaio 2011. In concomitanza con l’iniziativa, organizzata dal Movimento Lavoratori di Azione Cattolica, Settore Giovani, Movimento Studenti, Gioc (Gio-

rale per dare un aiuto concreto ai giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro, ai lavoratori “fragili” e/o disoccupati perché si sentano protagonisti del proprio futuro, generando senso d’appartenenza, solidarietà civile e sinergia con gli attori locali. Due gli ambiti di intervento privilegiati per il 2011. L’animazione etica del territorio, in collaborazione con il mondo imprenditoriale, e la realizzazione di reti tra “lavoratori fragili” (inoccupati, disoccupati, precari, over 50 usciti dal mercato del lavoro). Gli obiettivi sono la promozione e il sostegno di “reti” tra Azione Cattolica, associazionismo ecclesiale, soggetti pubblici ed imprenditoriali del territorio e l’accompagnamento e la formazione delle persone, per renderle consapevoli delle loro risorse, accrescere le competenze e favorire l’inserimento lavorativo. In più il progetto tende a sviluppare nelle esperienze lavorative, sensibilità che tengano conto dei cicli di vita della persona e dello sviluppo sostenibile del territorio, e agevolare la diffusione di buone prassi che siano riproducibili nei vari contesti territoriali. Salvatore Scolozzi

lateranense) che così di seguito riassumiamo: 1) Gli esercizi si devono fare in una delle case romane, villa Cecchini; casa della Missione (vincenziani); convento passionista dei Santi Giovanni e Paolo. 2) Chi non vi partecipa ogni tre anni non avrà la licenza (o il rinnovo) per celebrare la santa messa e ascoltare le confessioni. 3) La retta è fissata in £ sedici; però si verrà incontro ai sacerdoti veramente bisognosi. Il secondo codice (quello tutt’ora vigente) del 1983 riflette l’odierno decentramento amministrativo della Chiesa, affidando alla discrezionalità episcopale tempi e modi di soddisfazione della legge (canone 276, paragrafo 2°, numero 4). Oronzo De Simone

ventù operaia cristiana) e i Giovani delle Acli, anche il quarto concorso di idee “Lavoro e Pastorale”. Discussioni e proposte saranno sviluppate partendo dalla riflessione sull’articolo uno della Costituzione, che recita che “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, e dalla Dottrina sociale della Chiesa, secondo cui: “Il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo: un bene utile, degno di lui perché adatto appunto ad esprimere ed accrescere la dignità umana. Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti coloro che ne sono capaci. La capacità progettuale di una società orientata verso il bene comune e proiettata verso il futuro si misura anche e soprattutto sulla base delle prospettive di lavoro che essa è in grado di offrire”. Il bando per presentare nuove idee progettuali è scaricabile da www.azionecattolica.it e scade il prossimo 20 dicembre. Le idee vincenti avranno a disposizione un supporto economico per la loro realizzazione. L’Azione Cattolica Italiana, attraverso il Movimento Lavoratori, promuove così forme di progettazione sociale e pasto-

RITIRO

UFFICIO ECUMENISMO

San Pio X e gli Esercizi Spirituali del clero doti diocesani a “vacare” per quelle giornate di spiritualità, almeno tertio quoque anno che canonicamente significa ogni tre anni, e non ogni quattro come dovrebbe leggersi stando alla grammatica latina, si legge in nota: Benedetto XIV costituzione “etsi pastoralis”, 20 maggio ‘742; Pio IX epistola enciclica “Singulari quidam”, 17 marzo ‘856; Pio X esortazione apostolica “Herent animo”, 4 agosto ‘908. Purtroppo a Lecce né in Curia né alla Caracciolo abbiamo la collezione degli Acta Santae Saedis, organo semiufficiale della Santa Sede, che precede di un quarantennio gli Acta Apostolicae Saedis che hanno inizio col 1 gennaio del 1909. Per cui, come suol dirsi “per un pelo” e cioè per pochi mesi,

Mercoledì 15 dicembre 2010 Mattina - Visita le due scuole cattoliche delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico e dell’Istituto Marcelline

La Segreteria dell’Arcivescovo rende noto che l’agenda settimanale delle udienze, previo appuntamento, seguirà quest’ordine: lunedì - laici; martedì - clero; mercoledì - laici e associazioni; venerdì - clero; sabato - associazioni.

Le indicazioni del Pontefice nell’Esortazione Apostolica “Herent animo” del 1908 Facendo seguito a quanto scritto da don Adolfo e donVincenzo nel numero del 27 novembre sugli ultimi Esercizi Spirituali dei sacerdoti di casa nostra, profitto della circostanza per un articolo storiografico sugli interventi pontifici che raccomandano la frequenza e ne illustrano la necessità. Mi è di guida l’edizione con le “fonti” del 1934 del primo codice di diritto canonico (il piano-benedettino) del ’17 promulgato con la Costituzione apostolica “providentissima mater ecclesia” nelle Pentecoste di quell’anno (27 maggio), ma che, come molti ben sanno, andò in vigore alla Pentecoste del successivo ’18. A pagina 32 della citata edizione a commento del canone 126, in cui si invitano i sacer-

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Incontro di formazione per gli animatori

Segno e SegnoPer soltanto online

I Ministri per Natale

La parrocchia bizantina di Lecce e Berkeley insieme per l’unità

Il Centro Missionario Diocesano di Lecce ha organizzato per martedì 14 dicembre alle ore 16.00 presso l’istituto Marcelline di Lecce il consueto incontro di formazione missionaria per gli animatori e le animatrici parrocchiali. Nell’occasione verrà definito il programma dell’incontro di spiritualità diretto ai ragazzi missionari che mons. Arcivescovo terrà domenica 16 gennaio 2011 alle ore 16.00 presso la Cattedrale. L’incontro di gennaio offrirà l’opportunità per una riflessione concreta sulla dimensione missionaria che è a fondamento della testimonianza della fede. È perciò è importante che vi partecipino anche i giovani e gli adulti. Il 16 gennaio, inoltre, saranno premiati i vincitori del concorso “Spezzare il pane per tutti i popoli”, i partecipanti devono far pervenire gli elaborati al Centro diocesano entro e non oltre il 14 dicembre 2010.

Questo mese le riviste dell’Azione Cattolica, “Segno” e “SegnoPer”, sono consultabili on line sul sito dell’Associazione. Questo a causa dell’abolizione delle tariffe postali agevolate stabilita dal governo, per cui l’Azione cattolica italiana ha dovuto modificare il numero di uscite delle riviste associative. Per questo motivo, si è deciso che l’ultimo numero annuale di “Segno” e di “SegnoPer” è già scaricabile e sfogliabile on line, sul sito www.azionecattolica.it. Sul numero un ampio reportage sul “C’è di più”, l’incontro romano con il papa dell’Acr e dei giovanissimi, che si è svolto il 30 ottobre scorso. Sul giornale anche alcune foto di gruppi leccesi pellegrini a Roma, oltre quelle del LecC’è di più Gospel Choir, che si è esibito in Piazza del Popolo. In più interviste ed approfondimenti su vari temi sociali e pastorali.

In preparazione al Natale, l’Ufficio Ministeri Istituiti annuncia un ritiro di spiritualità per ministri istituiti (Lettori, Accoliti, Ministri straordinari della santa Comunione) e ministri di fatto (Animatori della liturgia, corsisti e fedeli impegnati nel settore liturgico). L’appuntamento è per Domenica 19 dicembre 2010 nei locali dell’Antico Seminario, in piazza Duomo, alle ore 16.30. L’incontro si concluderà con la partecipazione alla Celebrazione eucaristica nella Chiesa Cattedrale, alle ore 20.00, presieduta dal nostro Arcivescovo.

In occasione della festa di S. Lucia, l’Associazione culturale Berkeley insieme alla parrocchia bizantina di San Nicola di Myra in Lecce organizza, da diversi anni un incontro internazionale di particolare interesse interreligioso. È questo il giorno in cui tradizionalmente, i leccesi entrano nel clima natalizio con i preparativi per il Presepe e per le caratteristiche consuetudini della festa. Il Circolo Berkeley è un’associazione culturale di lingua inglese che promuove la conoscenza della cultura dei paesi anglofoni ed è costituita da tanti “English-speakers” della nostra provincia. In questo appuntamento propongono l’esecuzione di canti natalizi delle loro diverse tradizioni offrendo un bel contributo al tempo che precede la nascita del Signore Gesù. Anche quest’anno ci si incontrerà presso la “Chiesa Greca” alle ore 17,30; l’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo promuove, questa bella iniziativa leccese e la propone a tutta la Diocesi per sensibilizzare all’ideale dell’Unità. Tutto ciò al fine di sviluppare altre iniziative simili nelle Comunità Parrocchiali della nostra Chiesa locale valorizzando tutte le forme del dialogo, partendo dall’ambito religioso. Massimo Vergari


L’Ora del Salento

Lecce, 11 dicembre 2010

catholica

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CHIESA DI LECCE

Le attività di dicembre Domenica 12 - Ritiro mensile per le Religiose - Istituto Marcelline Martedì 14 - Incontro dell’Arcivescovo con gli Insegn. Religione Catt. - Antico Seminario, h. 16.30 Mercoledì 15 - Incontro formativo per Animatori Missionari - Istituto Marcelline, h.

16.00 - Trigesimo di d. Carmelo Martino Parr. “Maria Ausiliatrice” Monteroni, h. 18.00 - Incontro Padri Sp. Confraternite Vic. Squinzano - Chiesa Madre di Squinzano, h. 19.30 Giovedì 16 - Inizio della Novena di Natale - Scuola di Pastorale - Parr. “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00

Venerdì 17 - Giornata di ritiro del Clero - Seminario, h. 9.30 Sabato 18 - Gruppo Adolescenti “Miriam”: “Le mie radici: la mia famiglia, un dialogo impossibile”, Suore Carmelitane - Arnesano, via Materdomini, h. 17/19 - Celebraz. del “Mandato” per gli Ope-

ratori della Pastorale Familiare - Cattedrale, h. 18.00 - Notti di Nicodemo - Parr. “S. Matteo”, h. 22.00 Domenica 19 - Benedizione delle statuine di Gesù Bambino da mettere nel presepe Giovedì 23 - Scuola di Pastorale - Parr. “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00

Venerdì 24 - Veglia presieduta dall’Arcivescovo Parr. Cattedrale, h. 22.30 Sabato 25 Natale del Signore Gesù (solennità) Oggi il Figlio di Dio si è fatto uomo Lunedì 27 37° Anniversario Ordinazione Episcopale di S. Em. Card. De Giorgi

MEIC BENEDETTO E LA VITA BUONA DEL VANGELO Un incontro presso il Monastero San Giovanni Evangelista di Lecce: indicazioni per gli educatori di oggi

Regola benedettina ed emergenza educativa Nei giorni scorsi si è svolto a Lecce presso il Monastero delle Benedettine, un interessante incontro sul tema “Regola Benedettina ed Emergenza Educativa”, promosso dal Meic di Lecce (Movimento Ecclesiale di impegno culturale). Il Movimento, proprio per la sua specifica finalità, ha organizzato tale incontro per dare un contributo di idee e di proposte su tale importante e urgente problema posto dalla Conferenza Episcopale Italiana, e su cui la Chiesa di Lecce ha tenuto nel settembre scorso il Convegno diocesano. Hanno relazionato su tale argomento Il presidente prof. Cosimo Quarta, suor Luciana Miryam del Monastero delle Benedettine e l’assistente spirituale del movimento don Luigi Manca. Il presidente prof. Cosimo Quarta ha esordito riflettendo sugli stili di vita, e dei rischi di una società in continuo mutamento che rischia di essere fagocitata dalla mentalità nichilistica oggi purtroppo diffusa in ogni ambito del sociale. Come si evince dal fatto che gran parte dei cittadini oggi si comporta seguendo la pseudo-filosofia del carpe diem, vivendo cioè alla giornata e rifuggendo dai propri impegni a lungo termine e quindi dalle responsabilità verso se stessi e verso gli altri. E ciò accade perché il fatto educativo oggi è pressoché scomparso dall’orizzonte di quasi tutte le agenzie educative, a partire dalla famiglia e dalla scuola. In tale contesto non ci si deve meravigliare se la società (con tutti i connessi valori) è diventata, per dirla con Bauman “liquida”, una società cioè in cui si vive nella precarietà e nell’incertezza. Ha preso poi la parola suor Luciana Miryam che ha innanzitutto sottolineato il carattere liberatorio del processo educativo, che da sempre costituisce il fondamento primo della crescita della persona e del progresso dell’umanità. Educare, dunque, per suor Miryam, significa proiettare la persona fuori di sé, ossia nel suo futuro e nel futuro dell’umanità. Ha quindi proseguito il suo intervento stabilendo uno stimolante e originale parallelismo tra il documento sugli orientamenti pastorali dei vescovi che ha come titolo Educare alla vita buona del vangelo e la Regola di San Benedetto. Un primo punto trattato da suor Luciana è stato quello di considerare la scuola come servizio divino. Nel senso che la Regola sottolinea che la Chiesa che educa è la chiesa di Gesù Cristo, che aiuta l’uomo ad andare oltre l’oggi, ossia lo proietta nel futuro ancorandolo però al passato, alla Tradizione. La chiesa oggi può assolvere un ruolo educativo efficace solo se continuerà a presentare Gesù come il

Maestro, ossia come il riferimento imprescindibile cui tutti gli educatori cristiani devono ispirare la loro preziosa opera formativa. Ma per far questo, occorre educare all’ascolto, come giustamente i vescovi affermano nel documento. E anche su questo punto la Regola benedettina offre spunti significativi di riflessione. Benedetto infatti invita tutti all’ascolto; egli dice che bisogna ascoltare sempre gli insegnamenti del maestro e di aprire docilmente il cuore, di accogliere volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e di metterli in pratica con impegno. Ma l’ascolto degli altri può essere fecondo solo se ci disponiamo anzitutto ad ascoltare l’Altro per eccellenza, cioè Dio. Donde l’invito perentorio di San Benedetto a prendere sul serio l’incitamento dell’Apostolo: “È ora di scuotersi dal sonno!”, ossia è ora di aprire gli occhi a quella luce divina e di ascol-

SALENTO MARIANO

tare con trepidazione ciò che ogni giorno ci ripete la voce ammonitrice di Dio: “Se oggi udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore!”. Un altro compito educativo a cui ha fato riferimento suor Luciana è quello di prendersi cura anche delle persone che sono fuori o lontane dalla chiesa, perché, come dice Paolo: “O schiavi o liberi, tutti siamo una sola cosa in Cristo” (Gal. 3,28). Il vero educatore è dunque colui che, educando, mette in pratica l’insegnamento di Cristo, cioè un uomo saggio che costruisce la sua casa non sulla sabbia ma sulla roccia: “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia” (Mt. 7,24-25). L’incontro è stato concluso da don Luigi Manca che ha sottolineato che la relazione di suor Miryam ha contribui-

di Valerio Terragno

S. Maria della Neve di Acaya Acaya è un bellissimo borgo fortificato, situato tra Lecce e la vicina costa adriatica. A costruire il maestoso castello, gioiello dell’architettura militare salentina del 500, con le contigue mura, fu l’architetto Giangiacomo dell’Acaya, geniale ideatore di fortezze rinascimentali. Sulla piccola piazza del borgo, da sempre ritrovo di tutta la comunità cittadina, a poche decine di metri dalla Torre dell’Orologio, si trova la Parrocchiale di Santa Maria della Neve. L’originaria chiesa venne costruita, alla fine del XIII secolo, per volontà di Gervasio, primo barone dell’Acaya. Esattamente duecento anni più tardi, nel 1420, il suo discendente Pietro dell’Aaya ampliò l’edificio, secondo i canoni dell’architettura tardo-gotica, affidando la reggenza del tempio al parroco don Angelo Baglivo. Il 24 maggio 1564, quando Giangiacomo dell’Acaya decise di ritirarsi nei suoi feudi, diede vita presso questa chiesa al Beneficio dei SS. Nicola ed Antonio Abate, attraverso il quale volle diffondere il culto di Sant’Antonio Abate, primo Patrono di Acaya, surclassato da Sant’Oronzo, verso la fine del 700, per volontà del marchese Andrea Vernazza, signore del luogo. Sempre nel corso del XVIII secolo, la matrice acayese mutò la propria intitolazione da Sant’Antonio in Madonna della Neve, già venerata in un’omonima cappella rurale, posta al di fuori della cinta muraria. La Vergine della Neve si festeggia il 5 agosto, in ricordo di una prodigiosa nevicata, avvenuta sul colle Esquilino, a Roma, nel 352, dove il Pontefice Liberio fondò la celebre basilica di

Santa Maria Maggiore. Il raccolto edificio fu abbellito e rimaneggiato, per volontà dei membri appartenenti alle nobili famiglie dei Delli Monti e Vernazza, le quali subentrarono come “padroni” del borgo, alle famiglie di Alfonso e Giangiacomo dell’Acaya. In esso, si recarono in visita pastorale importanti Vescovi di Lecce, come Antonio, Fabrizio e Michele Pignatelli e Alfonzo Sozy Carafa, tra il XVII ed il XVIII secolo. La Parrocchiale si presenta, attualmente, con un prospetto, in stile neoclassico, frutto dei restauri ottocenteschi; alcune slanciate paraste sostengono un sobrio cornicione, sul quale poggia un timpano triangolare. Al centro, al di sopra dell’unico portale, si apre una finestra, di ispirazione gotica, dalla caratteristica forma di fiore. Esternamente, la sezione più antica risulta però essere quella corrispondente alla sacrestia quattrocentesca. In questa parte della struttura, sui muri, si possono ammirare una serie di archetti trilobi, nei quali sono inserite valve di conchiglia, una piccola rosa circoscritta in un esagono e la torre campanaria, innalzata, con l’utilizzo di conci “a punta di diamante”, forse ad opera di Giangiacomo dell’Acaya. L’interno che riceve la luce, attraverso moderne vetrate, è a tre navate, suddivise da una fuga di archi a tutto sesto, addossati a pilastri, mentre una grande arcata che scarica il proprio peso su binate colonne rinascimentali con capitelli dorici, altro elemento superstite dell’antica chiesa, separa la navata centrale dalla zona dell’altare maggiore.

to ad arricchire e a migliorare in modo originale lo stesso documento sugli Orientamenti Pastorali dei vescovi italiani sull’emergenza educativa, perché ha trovato in esso dei punti sui quali San Benedetto nella “Regola”, aveva fornito elementi di grande utilità anche per gli educatori dei nostri giorni. Don Luigi ha poi ricordato che l’ obiettivo a cui si deve mirare nell’emergenza edu-

SEGNALI DI LAICALITÀ/8

cativa è quello di aiutare i giovani, i genitori, gli educatori, a trovare le strategie d’intervento più opportune per formare persone che con il loro comportamento quotidiano riescono ad essere testimoni credibili del vangelo, in un contesto storico come il nostro in cui i disvalori ed il male continuano purtroppo a prevalere. Daniela Martina

di Tonio Rollo

Chiesa e Unione Europea e... un po’ di accidia La scorsa settimana abbiamo ripreso stralci della Prolusione del Cardinal-presidente ha tenuto all’Assemblea dei vescovi svoltasi ad Assisi e abbiamo fermato l nostra attenzione su alcuni dei temi trattati. È consuetudine che a conclusione di ogni riunione dei vescovi il Segretario generale presenti quello che potrebbe essere definito, in altri ambiti, il verbale conclusivo della riunione con la sintesi di quanto si è trattato, le conclusioni registrate, gli appuntamenti importanti che si attendono il cammino della Chiesa italiana e le nomine che di competenza della Cei fatte nel corso della sessione. Di quest’ultime è inutile dire alcunché perché non particolarmente fondamentali alla vita laicale, forse eccenziòn fatta per la nomina dell’assistente ecclesiastico dell’Università Cattolica e del nuovo consiglio di amministrazione dell’istituto del Sostentamento del clero e del collegio dei revisori dei conti dello stesso istituto dove la maggior parte sono dei laici. Nella sintesi del Documento finale si riporta anche la situazione delle relazioni tra l’Unione Europea e le diverse confessioni religiose. Un tema che dopo il bailamme legato alla costituzione europea, la questione del crocifisso sembrava essere tornata in soffitta, vista la necessità di preoccuparsi di quote latte e lunghezza dei cetrioli in tutto l’Occidente. Si riferisce nel Documento dei vescovi che: una consapevolezza sempre più diffusa vede la religione al centro del dibattito sull’identità e il futuro dell’Unione Europea, mentre si profila il difficile compito di armonizzare tradizioni e valori di una società multietnica, interculturale e multireligiosa. Tale difficoltà non diventa un ostacolo al percorso comune di integrazione, anzi è un esplicito riconoscimento anche sul piano giuridico del contributo

specifico che le Chiese e le comunità religiose possono apportare alla governance del sistema comunitario, corrisponde una crescente partecipazione dei soggetti confessionali agli sviluppi del processo di integrazione. Continua la nota dei vescovi che tale apertura favorisce comunque l’inclusione delle Chiese fra gli interlocutori stabili del processo di integrazione europea. Ciò non implica l’attribuzione di un privilegio incompatibile con la democrazia, ma semmai rafforza la partecipazione democratica; non contrasta con il principio di laicità, ma lo realizza secondo una prospettiva coerente con il contenuto positivo della libertà religiosa e con il ruolo riconosciuto alle istituzioni religiose in relazione alle esigenze della persona. Si tratta, quindi di un chiaro passo avanti sulla necessità di chiarire il concetto di laicità da intendere in senso inclusivo e non escludente. Un altro tema interessante emerso dopo quanto aveva detto già il cardinale Bagnasco nella citata introduzione è quello relativo all’impegno dei cattolici nell’ambito socio-politico, in virtù delle riflessioni emerse dalla Settimana Sociale dei Cattolici. A tal proposito i Vescovi italiani hanno notato una inversione di rotta riguardo a quella che definiscono: tentazione diffusa all’accidia. Sembra che si stia registrando un ritorno di interesse alla formazione sulla Dottrina Sociale della Chiesa per un impegno competente e, si spera, coerente intorno al vivere quotidiano dell’uomo concreto. Possibile che dopo una formazione, quasi solo esclusivamente liturgico-sacramentale, si senta la necessità di un maggior investimento in percorsi di formazione culturale, sociale e politico anche per rispondere alle domande che vengono dall’emergenza educativa?


L’Ora del Salento

Lecce, 11 dicembre 2010

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Gli importi delle nuove pensioni per l’anno 2011

L’Inps sta rinnovando i mandati di pagamento per i 14 milioni di propri pensionati, che sin dai primi giorni del 2011 potranno riscuotere gli importi spettanti, aggiornati con gli aumenti derivanti dalle procedure di calcolo. Ricordiamo che dal 1998 viene utilizzato, per il calcolo dei trattamenti pensionistici e per la tassazione degli stessi, il Casellario centrale dei pensionati. Il Casellario, gestito dall’Inps, ha consentito di estendere a tutti gli Enti previdenziali il sistema di tassazione congiunta dei trattamenti erogati ai pensionati titolari di due o più pensioni. I nuovi importi minimi mensili dei trattamenti pensionistici sono fissati dal Decreto interministeriale (economia-lavoro) del 19 novembre scorso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 novembre 2010. Dal 1° gennaio 2011 i nuovi “minimi” saranno i seguenti: lavoratori dipendenti ed autonomi euro 467,43 (importo annuo euro 6.076,59); pensioni sociali euro 343,90 (annuo euro 4.470,70); assegni sociali euro 417,30 (annuo euro 5.424,90). Ovviamente tali importi sono provvisori, calcolati su una previsione dell’aumento del costo della vita per il 2011 che sarà verificata poi a fine anno, generando un eventuale conguaglio (positivo o negativo) che sarà corrisposto con la rata di gennaio 2012. Per il 2010 non ci sarà invece conguaglio in gennaio 2011: l’aumento del costo della vita accertato in via definitiva (+0,7%) è risultato pari a quello preventivato all’inizio dell’anno. Gli aumenti pensionistici presun-

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

tivi, corrisposti con le rate del 2011, in conseguenza dell’elevazione prevista del costo della vita, sono i seguenti: 1,40% sui trattamenti mensili fino a euro 1.382,91 (pari a tre volte il minimo di dicembre 2010); oltre tale cifra e fino ad euro 2.304,85 (tra tre e cinque volte il minimo) l’aumento è dell’1,26%, pari al 90% dell’incremento previsto dall’indice Istat; superata tale ultima soglia, si passa ad un aumento dell’1,05%, pari al 75% dell’incremento. Analogamente alle trattenute fiscali, anche l’aumento del costo della vita, per i titolari di più trattamenti pensionistici, pur se erogati da Enti diversi, viene determinato tenendo conto dell’importo complessivo delle pensioni percepite da ogni singolo beneficiario e registrate nel Casellario dei pensionati. Inoltre, anche per il 2011 spetterà agli aventi diritto l’aumento previsto dalla Finanziaria 2002 (art. 38 della legge 448/2001) che nel corso del tempo ha consentito ai pensionati di riscuotere 516,46 euro (il famoso milione di lire al mese): nel 2011 si incasseranno 603,87 euro. L’anno prossimo l’ex milione, che spetta agli ultrasettantenni (o ultrasessantenni se invalidi totali), verrà attribuito a condizione che l’interessato non consegua redditi propri d’importo superiore a 9.624,03 euro. Se l’interessato è coniugato, occorrerà verificare che il reddito, cumulato con quello del coniuge, non superi i 15.048,93 euro. Nel calcolo vanno considerati i redditi di qualsiasi natura, compresi quelli esenti da Irpef, con esclusione della casa di abitazione.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Insegnanti, detrattori e segreti Finalmente, dopo due lunghi, inquieti mesi di tensione, l’insegnante poté emettere un respiro di sollievo, davanti alle frasi di un decreto, che le era stato consegnato dal Dirigente, nel quale si leggeva: “Per le ragioni sopra espresse, si archivia il procedimento disciplinare, che la Scuola ha avviato nei Suoi confronti”. Due mesi prima, l’insegnante si era vista consegnare dallo stesso Dirigente ben altro decreto, dove era scritto: “Le si contesta uno stile di insegnamento che genera disagio negli alunni della sua classe 2^. Abituati a vivere gli anni della loro prima fanciullezza nella lieta serenità degli ambienti domestici, i nostri figli - si legge nel lungo esposto, giunto in questa presidenza - avvertono in aula un’inspiegabile inquietudine, probabilmente dovuta all’assenza del sorriso sul volto della loro insegnante; per questa ragione, i bambini non vengono a scuola con la gioia propria della loro età”. Mortificata dalle pesanti affermazioni lette, la maestra aveva chiesto aiuto alla legge del 7 agosto 1990, che concede a chi si senta ingiustamente ferito nel suo amor proprio, o nella dignità professionale, di vedere personalmente il testo del documento che contenga le accuse. E l’insegnante si era rivolta al gentile suo Dirigente, per poter leggere l’esposto che la riguardava. Il Preside, naturalmente, aveva accolto la giusta richiesta, per evitare d’essere accusato di omissione di atti d’ufficio, alla luce del codice penale, che commina anche la reclusione al pubblico dipendente che, entro 30 giorni, non compia un atto sia obbligato a compiere per ragioni del suo ufficio. All’insegnante è stato concesso di vedere l’esposto, ma gli era stata negata la possibilità di leggere il nome dell’autore dell’esposto stesso, perché il dirigente aveva diligentemente incollato un foglietto di carta sulla firma dell’autore della lettera-esposto. Il disappunto dell’insegnante, per non aver potuto leggere il nome del suo accusatore, venne temporaneamente rimosso dalla mente della docente, perché a lei, in quel difficile momento della sua vita, interessava più dimostrare l’infondatezza dell’accusa, piuttosto che conoscere il nome del genitore che l’aveva accusata. Ma quando, poi, la maestra poté liberarsi dal mortificante peso dell’accusa di non saper far sorridere in classe i suoi teneri ragazzini, grazie all’archiviazione del procedimento disciplinare, nato dall’esposto, da allora, l’insegnante sentì emergere pian piano dal profondo dell’animo suo il medesimo desiderio di giustizia, che aveva spinto il paziente Giobbe a chieder ragione al Dio dei suoi padri dell’immeritata mortificazione subita. Le chiedo ancora di farmi leggere il nome del genitore che Le ha mandato l’esposto, - domandò l’insegnante al suo preside - perché vorrei che un Giudice mi dicesse se, quando si viene accusati ingiustamente, si abbia diritto ad una qualche compensazione per il danno morale subito, chiedendone conto al detrattore. Ben sapeva il Dirigente scolastico che quella della sua insegnante era una richiesta da accogliersi perché, da millenni, dige la regola, riassunta nella massima alterum non laedere, secondo cui non può restare impunito chi leda la dignità altrui.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Una dieta equilibrata con tanta frutta e verdura Una dieta non è sana ed equilibrata senza tanta frutta e verdura. Sì, ma quanta? Per aiutarci nella scelta, la natura ha puntato sui colori. Proprio così: soprattutto durante la stagione fredda, quando l’organismo è più sottoposto alle aggressioni esterne e indifeso. Rosso, contro tumori e malattie cardiovascolari. Appartengono a questo gruppo l’anguria, l’arancia rossa, la barbabietola, la ciliegia, la fragola, il pomodoro e il ravanello. La loro caratteristica è la presenza di due antiossidanti: il licopene, antiossidante e antitumorale; le antocianine, pigmenti che vanno dal colore rosso al violetto; le fragole e le arance rosse contengono una grande quantità di vitamina C. Giallo e arancione, antinvecchiamento e salvavista. Appartengono a questo gruppo albicocche, arance, carote, clementine, cachi, limoni, mandarino, melone, nespola, peperoni, pesche, pompelmi e zucca. Più si consumano ortaggi con questo colore, minore sarà il rischio di sviluppare tumori e malattie cardiovascolari. Non solo. Contengono beta-carotene. L’arancia, il limone e il peperone sono ricchi, invece, di vitamina C. Verde, contro anemia e disturbi nervosi. A questo gruppo appartengono: agretti, asparagi, basilico, bieta, broccoletti, broccoli, carciofo, cavolo broccolo, cavolo cappuccio, cetriolo, cicoria, cime di rapa, indivia, kiwi, lattuga, prezzemolo, rucola, spinaci, zucchina e uva. Anche il consumo di

frutta e soprattutto ortaggi del gruppo verde è associato a un minor rischio di sviluppare tumori e patologie cardiovascolari. Questi ortaggi sono ricchi di magnesio, un minerale molto importante, che stimola l’assorbimento di calcio, fosforo, sodio e potassio, e d anche di acido folico. Volete fare il pieno di vitamina C? Consumate più spinaci, kiwi e prezzemolo. Blu e viola, in caso di fragilità capillare. Fichi, frutti di bosco come lamponi, mirtilli, more e ribes, melanzane, prugne, radicchio e uva nera. Frutta e verdura di questi colori contribuiscono ad allontanare il rischio di sviluppare tumori e patologie cardiovascolari. Contengono sostanze importanti per la vista, la struttura dei capillari e la funzione urinaria, come le antocianine. Questo gruppo di alimenti è ricco di carotenoidi e di vitamina C, elevata nel ribes e nel radicchio; quest’ultimo è una buona fonte di potassio, le melanzane sono ricche di magnesio. Bianco, contro arteriosclerosi e ipertensione. Appartengono a questo gruppo: aglio e cipolla, cavolfiore, finocchio, funghi, mela, pera, porri e sedano. L’aglio ha proprietà antisettiche e battericide, tonificanti ed equilibranti. Non solo, combatte l’arteriosclerosi e l’ipertensione; è diuretico, antigottoso, antiartritico e vermifugo. La cipolla contiene zucchero, vitamine A, B e C, sali minerali, oli essenziali e principi antibiotici. È diuretica, stimola la digestione, è espettorante, depurativa, antisettica e antinfettiva.

L’Italia al collasso? Quali risposte

La giustizia tributaria e i doveri dei cittadini

La società odierna non sembra avere lo spessore e il vigore necessari ad affrontare le sfide del domani. Crisi sociale, secondo il Censis ed economica. Un Paese appiattito, ripiegato su se stesso, apatico e senza progettualità. “Non abbiamo spessore, è l’analisi di Giuseppe De Rita, perché non funziona il nostro inconscio, personale e collettivo. Cioè il luogo in cui si modulano leggi e desideri”. La legge, cioè l’autorità, “conta sempre di meno”. Il desiderio, cioè il bisogno e la volontà di superare il vuoto conquistando beni e relazioni “svanisce” dopo l’appagamento che aveva portato gli italiani a tirare la cinghia per la casa, i figli all’università, l’azienda di famiglia. Un quadro grigio e preoccupato, quello che emerge dal 44° Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010 della Fondazione Censis, anche se non disfattista. La radiografia socioeconomica del Censis guarda oltre la crisi. Per il presidente De Rita “la crisi sociale è più forte e solo con un intervento sociale si può uscire dalla strettoia economica. Dobbiamo ripartire da noi stessi. La nostra incertezza dipende dalla scarsa capacità di rinnovarci: in tutti i Paesi a demografia stagnante la globalizzazione continua a fare paura”. E allora “tornare a desiderare” e a decidere. Appagata dal raggiungimento degli obiettivi, la casa o la seconda casa, o dall’offerta di beni mai desiderati, dal giocattolo mai chiesto all’ennesimo modello di cellulare. Per rompere l’apatia si moltiplicano gli episodi estremi, non più regolati da un “dispositivo di fondo disciplinante”: delitti familiari, bullismo, demenziali sfide con la morte. Tre, secondo il Censis, i processi che lasciano intravedere “germi di desiderio”: i comportamenti “apolidi” dei giovani e degli imprenditori che studiano o lavorano all’estero, i “nuovi reticoli di rappresentanza del mondo delle imprese”, la propensione a fare comunità in luoghi a misura d’uomo. Ecco la fondamentale importanza di rimettere al centro la persona. Il percorso di ripresa deve ripartire dalla centralità della persona. La nuova città dell’uomo a misura d’uomo si può realizzare se alla progettazione hanno partecipato i diretti interessati, e cioè, i cittadini. Non si tratta di tornare alla democrazia diretta ma di pensare ad una democrazia partecipata; è la crisi odierna della democrazia delegata che lo richiede. Il cittadino si reca sempre meno alle urne e quello che rappresentava il più alto punto della democrazia (il voto) si riduce sempre più ad un rituale. L’individualismo si è sostituito alla centralità della persona intesa nella pienezza di corpo e spirito, mentre contestualmente, la logica dell’interesse privato aveva facile gioco nel soppiantare un ragionamento basato sull’applicazione di princìpi come il bene comune, la solidarietà e la fraternità. I cattolici in tutto questo hanno un ruolo significativo. Nell’incontro con il mondo laico si possono progettare nuovi percorsi basati su principi inderogabili che diano senso vero alla vita delle persone. È necessario costruire una cultura alternativa al profitto ed al consumismo, i mali più grandi che hanno infettato la nostra vita fino a determinarne i piccoli gesti quotidiani. Per evitare il collasso della civiltà umana è quindi indispensabile una profonda trasformazione dei modelli culturali dominanti.

Il dovere tributario riconducibile all’art. 53 della Costituzione, secondo cui “tutti sono tenuti a concorrere alle pubbliche spese in ragione della loro capacità contributiva”, si colloca fra quelli indicati dall’art. 2 e, cioè, fra gli “inderogabili” obblighi “di solidarietà politica, economica e sociale” che discendono dall’inserimento del singolo nella collettività organizzata. Va da sé che i tributi servono perché lo Stato e gli altri enti pubblici impieghino le relative risorse per perseguire le finalità indicate nella Costituzione. Quindi, i tributi sono necessari per dare effettiva attuazione ai valori costituzionali. In particolare, lo Stato non può limitarsi a garantire le libertà economiche e individuali, ma secondo l’art. 3 della Costituzione - deve “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. La politica tributaria, quindi, è strumentale al conseguimento dell’obiettivo di uguaglianza sostanziale espresso dall’art. 3 e degli altri scopi enunciati nella Costituzione (la promozione dell’istruzione, la tutela dell’ambiente e del patrimonio artistico, lo sviluppo della ricerca scientifica e della cultura, l’accesso alla casa di abitazione, la difesa del risparmio, ecc). Detta politica si attua tanto tramite l’imposizione dei tributi quanto mediante il riconoscimento di agevolazioni per favorire chi merita sostegno secondo i precetti costituzionali. Dall’alt. 53, inoltre, si ricavano ulteriori indicazioni. Il fatto che il nostro ordinamento debba ispirarsi al principio di progressività dell’imposizione ne ribadisce la funzione redistributiva per realizzare i fini di giustizia sociale dettali dalla Costituzione. L’art. 53 individua, poi, il criterio di riparlo delle spese pubbliche nel principio della capacità contributiva. Ciò significa che è corretto imporre i tributi solo “in ragione della capacità contributiva”, per cui il Legislatore incontra un limite nella scelta del fatto (il cosiddetto “presupposto”) in presenza del quale sorge l’obbligo di versare il tributo: il fatto, appunto, deve essere espressivo della capacità contributiva e, quindi, deve essere di matrice economica. Ne discende che sarebbe illecito il tributo che assumesse come proprio presupposto l’appartenenza ad una certa razza o la professione di una fede religiosa o una condizione personale. Alla luce delle indicazioni che emergono dalla vigente legislazione, possono cogliersi le più ricorrenti manifestazioni di capacità contributiva nel reddito (ossia nell’incremento di ricchezza riconducibile, nella maggioranza dei casi, al compimento di un’attività lavorativa o imprenditoriale o nell’impiego produttivo del patrimonio mobiliare o immobiliare) e nel patrimonio. I tributi che li colpiscono sono definiti come diretti, perché il reddito e il patrimonio costituiscono indici immediati dell’attitudine al concorso alle pubbliche spese. Mentre il consumo di merci e servizi, la fabbricazione di determinati prodotti e il trasferimento di beni palesano in via mediata la capacità contributiva, di modo che i tributi che li assumono quali presupposti della relativa applicazione vengono detti indiretti. Giangaspare Donato Toma


L’Ora del Salento

Lecce, 11 dicembre 2010

speciale

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Tra luci e fiere Lecce ha già i colori della festa

Anche quest’anno, Lecce offre un ricco programma di appuntamenti rivolto alla cittadinanza e ai turisti in visita nel Salento in occasione delle festività natalizie. Un itinerario a tappe, che vede protagonista il presepe, si apre con la Fiera di S. Lucia, prosegue con il tradizionale presepe nell’Anfiteatro Romano e termina nelle sale del Castello Carlo V dove, oltre alle opere presenti nel Museo permanente della Cartapesta, sarà possibile ammirare i prestigiosi lavori artistici esposti alla Mostra del Presepio. La Fiera di S. Lucia, conosciuta anche come la Fiera dei Pupi, si tiene a Lecce sin dalla prima metà del secolo XVI. Si svolgeva inizialmente lungo le strade cittadine, sulle tradizionali “bancarelle”, poi nella chiesetta ipogea dedicata a S. Lucia e successivamente, per molti anni ha avuto luogo nell’ex convento dei Teatini, struttura di rilevante pregio storico-architettonico situata lungo la principale via cittadina. Quest’anno la manifestazione è allestita in un’altra sede, il palazzo degli ex magazzini Upim (in via Templari), un ampio contenitore che garantisce una maggiore visibilità essendo ubicato a poca distanza da piazza S. Oronzo e dal Castello Carlo V, che ospiteranno altre manifestazioni culturali. L’attuale sede pare, dunque, assecondare appieno le esigenze dell’Amministrazione Comunale di Lecce che, nel corso degli anni, ha cercato di favorire ed incoraggiare le espressioni artistiche e le tecniche professionali capaci di riconsegnare all’artigianato

sacro leccese quel valore e quella dignità che lo hanno reso emblema artistico della civiltà storica di Terra d’Otranto e della Città di Lecce in particolare. In tale prospettiva, l’obiettivo che si vuole raggiungere è quello di accrescere l’interesse intorno alla

manifestazione fino in campo nazionale, riqualificando la produzione artigianale, anche dilettantistica, delle raffigurazioni presepiali e restituendole le qualificate caratteristiche produttive, allo scopo di salvaguardare la dignità di una forma d’arte altrimenti

La città si veste di Natale destinata a scomparire. All’edizione di quest’anno partecipano oltre cento espositori provenienti dalla provincia di Lecce e da altre zone del sud Italia, che presentano non solo i tradizionali “pupi” in cartapesta e terracotta di ogni dimensione,

ma anche presepi completi, accessori per il presepe e oggettistica natalizia di vario genere; tutti realizzati esclusivamente con materiali e tecniche dell’artigianato salentino. La Fiera-mercato di Santa Lucia è stata inaugurata ufficialmente domenica 5 dicembre con il taglio del nastro da parte dell’Assessore alla Cultura, allo Spettacolo e al Turismo Massimo Alfarano che ha, inoltre, consegnato ad uno dei pupari più giovani il Premio dedicato alla memoria di grandi maestri recentemente scomparsi come Francesco Delle Site, Luigi Lazzari, Carmelo Sales e Luigi Tornese. Nell’occasione è stato presentato anche il numero unico della rivista “Lu Puparu”. La fiera - che tradizionalmente aveva inizio il 13 dicembre e terminava la vigilia di Natale - nelle ultime edizioni è stata anticipata al fine di soddisfare le aspettative di turisti e scolaresche che, altrimenti, avrebbero a disposizione un periodo molto ristretto per visitare la mostra. Quest’anno l’apertura sarebbe stata prolungata fino al 6 gennaio, ma i “tempi lunghi” concessi alla manifestazione hanno suscitato scontento negli artigiani stanziali che lavorano per l’intero anno nei laboratori siti proprio nei pressi della fiera e che ora vedono minacciato il proprio esercizio commerciale. Per questo motivo, la Fiera-mercato di S. Lucia rimarrà aperta fino al 24 dicembre, accordandole solo qualche apertura straordinaria fino al 6 gennaio 2011. Serena Carbone

Nell’anfiteatro Betlemme è made in Salento

Dal 22 dicembre a cura degli Amici del Presepe

Altri pupi, questa volta a misura d’uomo, saranno i protagonisti nell’arena in piazza S. Oronzo. Per rievocare la prima rappresentazione della natività che S. Francesco d’Assisi realizzò a Greccio (nei pressi di Rieti) nel 1223, anche questo Natale è stato allestito nell’Anfiteatro Romano il tradizionale presepe, a cura dell’Amministrazione Comunale e dell’Azienda di Promozione Turistica di Lecce su progetto dell’architetto Daniele Buscicchio. Dall’1 dicembre 2010 al 6 gennaio 2011, il paesaggio rurale tipico salentino con “pagghiare”, aranceti, piante tipiche mediterranee e muretti a secco, è dettagliatamente ricostruito all’interno della cavea dell’Anfiteatro ove i personaggi, realizzate in cartapesta da abili artigiani salentini, “danno vita” alla Betlemme del Salento. Ad indicare il luogo del presepe solo una grande e luminosa stella cometa.

A completamento del percorso non manca che un’ultima tappa al Castello Carlo V per visitare il Museo della Cartapesta e la X Mostra del Presepio. Nel Museo inaugurato l’anno scorso, la tradizione incontra la sperimentazione attraverso un accurato percorso fatto di video, immagini, ricostruzioni di “bottega” che rendono la visita un mezzo per viaggiare nel mondo della cartapesta e nella sua città simbolo: Lecce. Il museo, creato grazie alla collaborazione tra il MiBac, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia, la Soprintendenza Bap per le province di Lecce, Brindisi e Taranto e il Comune di Lecce e realizzato con il finanziamento derivante dall’Accordo di Programma Quadro con la Regione Puglia, si propone di essere non solo il luogo migliore per tutelare e conservare queste opere di indiscutibile valore, ma anche di proporsi come laboratorio e punto d’incontro che possa attrarre esperti e amanti della cartapesta. Nelle sale del Castello Carlo V sfila una collezione composta da circa cento opere dei maggiori artisti cartapestai leccesi: Angelo Capoccia, Luigi Guacci, Antonio Mazzeo, Pietro Indino, Salvatore Sacquegna, Francesco Giuseppe Aristide, Antonio Malecore, Cesare Gallucci, e copre un arco temporale che dal XVIII sec. giunge ai nostri giorni con le opere di artisti internazionali quali Emilio Farina e la brasiliana Lucia Barata. Non esclusivamente di cartapesta sono, invece, le opere esposte nella X Mostra del Presepio, curata da Angelo Congedo, dirigente dell’“Associazione Italiana Amici del Presepio” per la sezione di Lecce, un’associazione nata nel 1983 che si pone come scopo quello di preservare l’antica tradizione natalizia. Dati gli ottimi risultati dei lavori di quest’ultimo anno, si è voluto esibirli nella mostra, organizzata in collaborazione con il Comune di Lecce, che avrà luogo nel Castello Carlo V a partire dal 22 dicembre 2009 fino al 9 gennaio 2011. Sotto occhi dei visitatori ci saranno circa cinquanta opere, interpreazioni uniche della nascita del Cristo, frutto di elaborate ricerche e della mano paziente di artisti, artigiani, collezionisti, hobbisti salentini e di altre regioni. Per arricchire il significato della tradizionale mostra di prestigiosi presepi artistici, anche per l’edizione presente, si è pensato di accostare diversi interventi culturali e una sezione d’Arti Figurative dal titolo “Arrivano i Magi: il dono della convivenza pacifica tra i popoli” curata da Stefano Giovanni Garrisi, socio di “Amici del Presepio”. S.C.

La Decima Mostra del Presepio nelle sale del Castello Carlo V

Le opere pubblicate nella pagina sono di Marco Epicochi - Lecce


L’Ora del Salento 11

Lecce, 11 dicembre 2010

zoom LECCE/La nota chiesa barocca chiave di lettura della formazione di Giuseppe Zimbalo 1710-2010 GIUSEPPE ZIMBALO La leccese chiesa di Santa Croce svolge un ruolo che riteniamo fondamentale per la comprensione della figura di Giuseppe Zimbalo e della sua formazione. La storiografia ha evidenziato come la balaustrata che separa il piano inferiore cinquecentesco da quello superiore intermedio, in parte pure cinquecentesco (sono tali i capitelli delle due colonne immediatamente a destra e sinistra del rosone nonché quest’ultimo), abbia una natura compositiva simile a quelle realizzate dall’architetto e scultore Cosimo Fanzago (Clusone 1591, Napoli 1678) nel Chiostro Grande della Certosa di San Martino a Napoli. Tale somiglianza diventa ancora più stringente se consideriamo la balaustrata attribuita pure al Fanzago che è nella napoletana chiesa dei Celestini sotto il titolo di San Pietro a Maiella. Come detto il piano superiore della celestina chiesa leccese fu realizzato dal Penna che lo firmò e datò. La stessa storiografia ha riconosciuto la mano dello Zimbalo nell’ultimo piano, quello di chiusura, ma di fatto tale attribuzione non è accettabile. Le sculture delle varie parti dei piani superiori sono tra di loro omogenee stilisticamente e riferibili al Penna il quale al più si sarebbe potuto avvalere dell’aiuto del copertinese Ambrogio Martinelli (1616-1684) che, allora trentenne, si muoveva lungo una linea esecutiva sostanzialmente simile alla sua.

Zimbalo, Penna, Fanzago e la Basilica di Santa Croce

Penna, della precedente facciata cinquecentesca, riutilizzò come detto il rosone decorato con teste d’angelo ed i capitelli delle uniche due colonne che fiancheggiavano in origine il rosone stesso. Tutto suo sarebbe, invece, il resto della facciata superiore come, ad esempio, le colonne collocate alle estremità destra e sinistra del piano intermedio. Probabilmente i fusti cinquecenteschi delle colonne centrali - reimpiegati o meno in parte nella risistemazione seicentesca - erano lisci e furono poi decorati con un sistema di scanalature grandi e piccole. Nelle prime furono scolpiti motivi diversi: intrecci vegetali, teste d’angelo ed altro. Ritorniamo alla balaustrata. Il criterio compositivo qui rilevabile si ritrova pure nelle volute del piano conclusivo della facciata della chiesa. Si tratta di un modo di articolare ed aggregare gli elementi che non è riscontrabile uguale nelle opere precedenti e successive del Penna. Il che costituisce una sorta di anomalia che spingerebbe verso due ipotesi, e cioè che forse tramite il committente dell’opera, l’abate Matteo Napolitano, il quale fece scrivere il suo nome sul fregio del piano superiore (presente pure sotto forma araldica negli stemmi “squadernati” posti ad un terzo dell’altezza delle due colonne centrali a ridosso del rosone) lo scultore leccese abbia operato o sulla base di un disegno di Fanzago, oppure, alla maniera del clusonese ripropo-

RADIO E DINTORNI

nendone la logica compositiva e talune forme. Ciò lascia supporre che il Penna potrebbe essere stato anche a Napoli. In ogni caso non abbiamo ad oggi documenti per dare una risposta certa che prediliga né l’una o l’altra delle due ipotesi (tra le altre cose la seconda appare più difficile, ma non impossibile in termini pratici) né per escluderne una terza e cioè che le prime potrebbero essere entrambe vere. Colpisce, infatti, a questo proposito, il modo che il Penna ha di trattare alcuni dettagli delle sue opere. I volti emaciati delle statue poste sull’altare di San Michele in Santa Irene a Lecce oppure quello dell’Apostolo Luca che, nella stessa chiesa di Santa Croce, è nella nicchia destra dell’altare omonimo, opera autografa realizzata nel 1637-39, ricorda, nel disegno, l’incarnato, ad esempio, della figura laterale sinistra che è nella fontana di Sebeto a Napoli progettata dal Fanzago negli stessi anni circa. Seppure tutto ciò è solo un indizio, esso però fa riflettere. Va sottolineato, infine, che proprio nella facciata (piano superiore intermedio) di Santa Croce alle estremità destra e sinistra come pure nei riquadri esterni, posti fra le colonne, compaiono le cosidette punte lanceolate che costituivano quindi un modello di riferimento pronto per chiunque - Zimbalo incluso - avesse deciso di utilizzarle come elementi decorativi senza la necessità, pertan-

di Alberto Marangio

to, di ricorrere direttamente al Fanzago che questi elementi, come noto, pure utilizzava. I rapporti del Penna con gli Zimbalo (Sigismondo, il padre e Giuseppe, il figlio) sono stati già in parte chiariti dalla storiografia: Penna nel 1631 è segnalato a Lecce nella stessa casa di Sigismondo, questo è quanto emerge dallo - Stato delle Anime - oggi presso l’Archivio Storico della Arcidiocesi di Lecce. Proprio Penna, pertanto, potrebbe essere stato l’indiretto tramite (uno dei possibili in ogni caso) fra Giuseppe Zimbalo e la cultura formale del Fanzago. Con le dovute cautele attributive ricordiamo inoltre che a Barletta il Penna avrebbe lavorato nel Palazzo della Marra il cui apparato decorativo riporta agli anni della facciata di Santa Croce; Cosimo Fanzago ed il suocero Angelo Landi sono presenti agli inizi del Seicento nella locale Cattedrale per la realizzazione dell’altare della famiglia Gentile oggi parzialmente andato perduto. Barletta pertanto (se verificato quanto sostenuto dalla storiografia) potrebbe essere stato uno dei luoghi possibili dell’incontro fra l’arte del Penna e quella del Fanzago. Penna firma la facciata superiore di Santa Croce e l’analisi stilistica consente di fatto di attribuire tutto lo scolpito a questo maestro e non allo Zimbalo. Che abbiamo molto ancora da studiare per comprendere il modo di lavorare dello Zimbalo è confermato anche da quanto

nella mostra - curata dagli architetti Mario Cazzato e Vincenzo Cazzato, ed oggi, ospitata presso il chiostro della leccese Accademia di Belle Arti ed esattamente nella tavola 19 avente come oggetto la colonna di Sant’Oronzo che è nella principale piazza leccese. I curatori della mostra in questa tavola mettono due foto di dettaglio del piedistallo - decorato con teste d’angelo e posto immediatamente al disotto della statua del Santo Protettore di Lecce- attribuendo il piedistallo, appunto, a Giuseppe Zimbalo. Nell’ambito di una ricerca storica condotta anni or sono publicata sulle pagine del Corriere della Sera - Corriere del Mezzogiorno - grazie alla collaborazione dell’ing. Attilio Maurano - allora Soprintendente Bap delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto ed oggi Direttore Regionale della Basilicata - si evidenziò come proprio quel piedistallo - allo Zim-

balo attribuito nella mostra detta- di fatto fu realizzato nel 1945 dallo scultore Michele Massari. Per quella stessa ricerca ebbi modo di intervistare, infatti, il figlio di Michele Massari, Antonio, il quale raccontò che il padre plasmò in creta le parti del detto piedistallo nel Sedile di Lecce e - per il volto degli angeli - prese a modello proprio quello del figlio Antonio, allora bambino. Il piedistallo - realizzato da Michele Massari in cemento bianco - che oggi vediamo subito sotto la statua del Santo non è quindi purtroppo neanche la copia fedele di quello dello Zimbalo. Per quanto attiene la figura di Cosimo Fanzago particolarmente proficuo è stato un colloquio avuto con la prof.ssa Gaetana Cantone - docente presso Università degli Studi di Napoli Federico II - che qui ringrazio. Fabio Grasso

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Radio 3, il volontariato e... “chi ve lo fa fare”?

I novissimi: che cosa sono

In vista della Giornata Mondiale del Volontariato tenutasi la scorsa domenica, le trasmissioni di Radio 3 di mercoledì 1 dicembre sono state interamente dedicate alla celebrazione di un fenomeno che mobilita ormai in Italia oltre un milione - per l’appunto - di “volontari”, organizzati in ben 35 mila associazioni. Leit-motiv dell’inconsueta programmazione (che ha coperto l’intero arco della giornata, dalle 6 del mattino fino alle 2 della notte), una domanda forse inattesa, e per nulla retorica: chi ve lo fa fare? Non una provocazione, quanto piuttosto un modo per ripercorrere storie di solidarietà piccole e grandi, utopie che catturano intere esistenze e che, anche in risposta alle difficoltà politiche ed economiche emerse negli ultimi anni, si realizzano grazie ad una partecipazione straordinaria. Per tutta la giornata, ogni programma di Radio3 (da Pagina 3 a Qui si comincia, da Tutta la città ne parla ad Alza il volume) ha così avuto modo di trattare una particolare esperienza, dando vita a un caleidoscopio di attività che partono dall’Italia e si dirigono talvolta verso le più varie longitudini del pianeta, spaziando dalla promozione di interventi a sostegno di istruzione e formazione alla realizzazione di attività di varia natura presso strutture ospedaliere, dalla tutela dell’ambiente alla gestione di case-servizi per anziani o alla valorizzazione della multiculturalità. Tutte attività che, si può ormai dire, rappresentino a pieno titolo per molti dei loro protagonisti un modo di stare al mondo, una dimensione grazie alla quale raggiungere degli obiettivi e creare delle relazioni, anche laddove tali ambizioni necessitino di un arco temporale di lunga durata. La stessa trasmissione Fahrenheit, condotta dal direttore della rete Marino Sinibaldi, è andata in onda con uno speciale di ben tre ore, nel corso delle quali sono state ospitate diverse persone attente al fenomeno: studiosi, storici, ricercatori ed altre figure in grado di contribuire alla comprensione di una realtà complessa, andando al di là di giudizi e pregiudizi. Sempre a partire dal primo del mese e per tutta la durata del 2011 (Anno europeo del Volontariato), Radio3 - a Lecce, 98.3 e 97.5 MHz - ha iniziato infine a seguire in presa diretta alcune storie esemplari, in linea con tale argomento; l’obiettivo di un simile impegno è quello di poter alla fine documentare come il pianeta solidale rappresenti, in diversi luoghi del mondo, una possibilità per rendere realmente migliore non solo il destino delle persone, ma talvolta anche quello di interi territori.

A monte del peccato dell’uomo proietta la sua ombra tenebrosa sulla storia un peccato ancora più imponente, misterioso e terribile: il peccato degli angeli. È a causa di questo solo peccato che nasce la realtà tremenda dell’inferno, il fuoco eterno, “preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt. 25,41; 2 Pt, 2,4). L’inferno è la chiave per comprendere il peccato, ne è la “cifra”. Non a caso i santi vi riflettevano spesso e, in casi non rarissimi, hanno ricevuto da Dio la grazia di farne in qualche modo esperienza in questa vita, come nel caso di Santa Teresa d’Avila o dei pastorelli di Fatima. Santa Teresa d’Avila, che pure sperimentò grazie mistiche elevatissime d’unione con Dio, considerò la visione dell’inferno come “una delle più grandi grazie che Dio mi abbia fatto”. L’inferno è la “cifra” del peccato soprattutto perché ne svela la natura profonda, quella di essere irrimediabile “separazione da Dio”. Di solito nelle omelie, nelle prediche, nelle catechesi è piuttosto difficile che se ne faccia un qualche riferimento, come se sorvolarvi facesse parte di un bon ton ecclesiastico e teologicamente corretto. Non è questo il luogo e lo spazio per gli eventuali approfondimenti teologici; ci limitiamo a dire che da sempre l’insegnamento sull’inferno ha costituito, e costituisce, parte integrante del catechismo (cfr.: Catechismo della Chiesa cattolica, paragrafo 1033). In effetti in tempi non lontani inferno, purgatorio, paradiso, morte e giudizio erano chiamati i “novissimi” (le cose ultime) e rientravano normalmente fra i temi di predicazione. Si potranno ricordare (come, del resto, per

tutte i modi umani di presentare le cose divine!) abusi o eccessi, ma c’è da chiedersi se sia davvero giustificata l’odierna trascuranza… Ecco cosa pensava Giovanni Paolo II delle omelie che avevano i novissimi quale punto di riferimento: “Si può dire che tali prediche, perfettamente corrispondenti al contenuto della Rivelazione nell’Antico e nel Nuovo Testamento, penetravano profondamente nel mondo intimo dell’uomo, scuotevano la sua coscienza, lo gettavano in ginocchio, lo conducevano alla grata del confessionale, avevano una loro profonda azione salvifica… Ci si può effettivamente domandare se, senza questo messaggio, la Chiesa sarebbe ancora capace di destare eroismo, di generare santi.” (Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, 1994, pp. 197-198). Lo spettacolo spaventoso dell’Uomo che pende dalla Croce è - insieme ed indissolubilmente - l’immagine eloquente della gravità del peccato e della infinita misericordia di Dio, che incarnandosi e risorgendo ci offre la straordinaria opportunità di salvarci dalla nostra ostinazione. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 11 dicembre 2010

le nostre città FUORI DAI DENTI

di Loredana Di Cuonzo

LECCE/Sue opere autografe nella Basilica del Rosario

L’azzardo, gioco compulsivo Finoglio della corrente caravaggesca “Se potessi avere….” 10.000 euro al mese. È questa la rivisitazione che si può fare della nota canzoncina che parla del sogno di un risolutivo cambio di passo della classe medio bassa di allora. Dall’ottobre scorso ha preso il via la versione Gold del Win for life, quella che mette in palio un mensile da 10mila euro per 30 anni. La raccolta si è assestata, da allora, intorno alla cifra di circa 9,55 milioni di euro in un mese. In due mesi non è stato centrato ancora nessun vitalizio, il gioco ha però distribuito due premi da 107 e 123mila euro il 16 e il 22 novembre. I tempi economicamente difficili possono costituire il terreno fertile su cui rischia di attecchire una speranza cieca che conduce a situazioni molto dannose. Il gioco d’azzardo patologico è una delle prime forme di “dipendenza senza droga” che ha ben presto attratto l’interesse della psicologia e della psichiatria, ma anche dei mezzi di comunicazione di massa, degli scrittori e dei registi, al punto che si continua spesso a riparlarne in relazione alle sue conseguenze piuttosto serie sulla salute ed in particolare sull’equilibrio mentale che questo tipo di problema è in grado di produrre. Come spesso accade le donne sono i soggetti più a rischio. Tra i 25 e i 45 anni le percentuali sono il 40% le donne ad essere dipendenti dal gioco contro il 25% dei giovani fino a 21 anni. Tra i 35 e i 50 anni il dato scende al 35%. Il risultato è quello di una ricerca realizzata dal Codacons con Monopoli di Stato (Aams) e Sisal, che parte dal dato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo cui il 3% della popolazione adulta italiana, 1,5 milioni di soggetti, tende a porre il gioco al vertice delle priorità della vita. La maggioranza dei soggetti a rischio (il 32%) dice di giocare esclusivamente per guadagnare, solo il 21% per divertimento. Corse (78%), partite (86%), Bingo e Lotto (65%) rappresentano i giochi preferiti dai maschi, mentre le donne mettono in cima alle preferenze poker online (42%) e slot (46%). Gli indicatori della patologia si presentano in genere dopo

una graduale intensificazione degli episodi di gioco: un continuum costituito da diverse tappe dai confini spesso sfumati che vanno dal gioco occasionale, al gioco abituale, al gioco a rischio fino al gioco compulsivo. Di conseguenza, il gioco d’azzardo patologico si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita. Una forte sollecitazione viene inoltre dalla ampia gamma di tipologie di gioco, ormai sempre più legalizzate, che riescono a rispondere alle simpatie dei giocatori con diverse propensioni e con differenti personalità. Così i giocatori d’azzardo vanno dagli amanti della trasgressione da gran salone, come quella dei giochi da Casinò e delle slot-machine, agli appassionati dei videogiochi che si lasciano conquistare dai sempre più diffusi videopoker, agli appassionati dei giochi d’azzardo popolari, come le lotterie, il gioco di numeri e di schedine, fino al Bingo, la moderna trasformazione del gioco della tombola, che riesce a conquistare anche interi gruppi grazie al suo profondo legame con il vissuto di una concessa usanza festiva a dimensione familiare. Diversi i tipi di giocatori dipendenti. Il giocatore sociale, mosso dalla partecipazione ricreativa, considera il gioco come un’occasione per socializzare e divertirsi e sa governare i propri impulsi distruttivi; il giocatore problematico in cui, pur non essendo presente ancora una vera e propria patologia attiva, esistono dei problemi sociali da cui sfugge o a cui cerca soluzione attraverso il gioco; il giocatore patologico in cui la dimensione del gioco è ribaltata in un comportamento distruttivo che è alimentato da altre serie problematiche psichiche; il giocatore patologico impulsivo/ dipendente in cui i gravi sintomi che sottolineano il rapporto patologico con il gioco d’azzardo sono talvolta più centrati sull’impulsi-

vità e altre volte sulla dipendenza. Numerosi studi hanno cercato di individuare i fattori di rischio che predispongono a diventare “giocatori d’azzardo impulsivi” o perfino “gioco-dipendenti”, ricorrendo a tre aspetti, generalmente ritenuti in interazione fra loro. Biologici: relativi a fattori principalmente neurofisiologici, ancora non ben dimostrati, ossia allo squilibrio che si potrebbe determinare nel funzionamento del sistema di neurotrasmettitori cerebrali atti a produrre serotonina, che nei giocatori patologici scenderebbe sotto i livelli comuni rispetto alla media; Aspetti ambientali-educativi: inerenti sia l’educazione ricevuta e quindi l’ambiente evolutivo caratterizzato da situazioni problematiche e da una tendenza a stimolare e ipervalorizzare le possibilità di felicità legate al possesso del denaro, sia la presenza di difficoltà economiche legate ad esempio allo stato di disoccupazione che sembra un particolare fattore di rischio per l’insorgenza della ludomania; Aspetti psicologici: che talvolta sembrano più connessi alla presenza di tratti di personalità lussuriosa e avara di denaro, talvolta connessi al bisogno di riuscire a dimostrare un controllo sul fato e sul caso, come simbolo del controllo sul mondo che sfugge ad una regolarità. Come se ne esce? Con un percorso che modifichi il substrato cognitivo fatto di pensieri legati all’idea che prima o poi arriverà il giorno in cui il gioco potrà cambiare la propria vita risolvendo magicamente i propri problemi. Opportuno sarebbe non rivedere mai più giochi televisivi completamente slegati da una qualche abilità personale come quelli dei cosiddetti “pacchi”. Cifre consistenti venivano offerte in palio senza che il concorrente dovesse dar prova di nulla se non l’indicare in ordine sparso il numero identificativo del plico da aprire. È diseducativo al massimo incitare a scommettere senza metterci nulla di proprio in attesa di ottenere l’intera posta in palio. Un po’ come si è abituati oggi in ogni manifestazione di vita: chiedere tutto senza dare nulla in cambio.

Paolo Finoglio (1590- 1645) è uno dei pittori più significativi della così detta corrente caravaggesca. L’Arcidiocesi di Lecce possiede alcuni dipinti importanti di questo autore come ad esempio - Il sacrificio d’Isacco -. Tale opera, collocata normalmente nella chiesa leccese del Rosario, proprio in questi giorni è esposta assieme ad altri dipinti dello stesso autore nella mostra “Echi Caravaggeschi in Puglia” che ha preso il via il 6 dicembre 2010 (fino al 27 febbraio 2011). La mostra, dove sono esposte circa 60 opere di autori diversi, è curata da Antonio Cassiano, Direttore del Museo Provinciale “S. Castromediano”e Fabrizio Vona, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Puglia. Ma torniamo al pittore. “[…] Paolo Domenico Finoglia fu nativo d’Orta uno de’ Casali di Napoli […]” così esordisce Bernardo de Dominici nella sua - Vita de pittori scultori ed architetti napoletaniscritta nel 1742-45. Tale brano è riportato da Pierluigi Leone de Castris nel suo contributo Il giovane Finoglio - contenuto in - Paolo Finoglio e il suo tempo - Ministero dei Beni Culturali, Aprile del 2000. Il de Castris, sempre a proposito dello scritto del De Dominici, continua: “[…] Nessun documento […] è da allora giunto a confermare la notizia d’una nascita del nostro pittore ad Orta d’Atella; e le firme apposte ai suoi dipinti, nel dirlo - neapolitanus - non smentiscono - è vero- ma nemmeno confermano questa circostanza, limitandosi a certificare che egli era nato a Napoli o negli immediati dintorni. Queste stesse firme, per altro, […] smentiscono De Dominici riguardo al secondo nome - Domenico -, che mai in essi compare […]”.

Questa cornice storico-critica, seppure arida e rapida, era necessaria per sottolineare l’importanza della questione del luogo di nascita. Tutto ciò quindi consente meglio di cogliere quanto emerge da due atti notarili -rinvenuti presso l’Archivio di Stato di Lecce - che sembrano dare una risposta alla questione sollevata dal de Castris e da tutta la storiografia più in generale. Il primo atto - rogato per mano del Notaio Giuseppe Garrapa di Lecce il 5 maggio 1621vede fra i testimoni proprio Giovanni Paolo Finoglia pittore di Lecce -. Esso completa, pertanto, la questione relativa al nome del pittore. Altro documento, ancora più importante, è un atto rogato dal Notaio A. M. Gervasi di

Lecce l’8 agosto 1644. Fra i testimoni troviamo […] Paulus Finollius della Cava Litij commorans […] - ovvero Paolo Finoglio di Cava residente a Lecce-. A meno di una omonimia, questo Paolo Finoglio dovrebbe essere il celebre pittore che quindi, sulla base di questo documento, sarebbe originario di Cava dè Tirreni oggi in provincia di Salerno. Condurremo, a questo punto, una verifica negli atti di nascita custoditi nella chiesa madre della città salernitana, per risolvere anche l’ultima delle questioni biografiche ovvero quella dell’anno di nascita del pittore. Tale data è stata identificata, infatti, dagli studiosi solo per via deduttiva. F.G.

La perla di Giovanni Minafra QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua... È il momento del passo dei primi clarinetti soprani della marcia sinfonica “La perla” di Giovanni Minafra. Si tratta di un vero e proprio tema caratterizzato dall’agilità strumentale dei protagonisti e dall’abilità del compositore di intessere una linea tematica arricchita dagli interventi di sostegno delle altre sezioni bandistiche. Il levare dei primi clarinetti soprani conferisce il giusto slancio per introdurre il nuovo percorso in cui emergono in particolar modo movimenti melodici per gradi congiunti, salti di quarta, di quinta e di ottava. I disegni ritmici molto curati e simmetrici riescono a catturare l’attenzione dell’ascoltatore che lo coinvolgono in un interessante itinerario ritmico-melodico sempre più sostenuto e ardito. I primi segnali giungono al termine della prima frase: l’unico ritmo terzinato presente nel passo è un chiaro segnale di accelerazione quantitativa di suoni dal quale si genera una maggiore energia ricca di luce e di colore. Infatti, il tema riparte apparentemente come prima, ma il compositore non esita già dalla misura successiva a far lievitare il numero di semicrome in un turbinio continuo ondulatorio che dopo una brevissima fermata riparte da una posizione arpeggiata e conduce la linea dei suoni in un quasi interminabile e irrefrenabile viaggio sonoro. Proprio in quest’istante l’ascoltatore è completamente circondato dal vortice sonoro, creato con minuziosa cura dal Minafra, e si realizza il vero intento della marcia sinfonica:

dare una forte emotività accanto all’intenso momento di festa. Le due entità si saldano con forza grazie all’ausilio della musica che è l’ingrediente indispensabile di qualsiasi momento importante della vita dell’uomo, ed è reso più sensibile anche attraverso la musica originale per banda. Il tema presentato dai soli primi clarinetti soprani merita un’altra riflessione dovuto all’utilizzo del resto della banda. In realtà i pochi strumenti che supportano la linea completa della melodia sono i secondi clarinetti soprani, i sassofoni contralti, i sassofoni tenori, i corni e flicorni baritoni. Realizzano un tappeto armonico intriso anche di elementi contrattempistici che forniscono un’energia quasi impercettibile ma vitale al buon funzionamento del segmento in esame; un’ulteriore corrispondenza d’intenti si può evidenziare con l’ingresso in partitura delle cornette in sib. e dei flicorni baritoni esattamente nel momento in cui i primi clarinetti soprani sono fortemente impegnati della loro performance più completa e audace. Si evince un completo gioco delle parti in cui volutamente gli ottoni ne restano esclusi oppure solo alcuni intervengono in maniera lieve, poco evidente e con una dinamica molto controllata. La luce dei primi clarinetti soprani ha illuminato con tanta intensità l’animo dell’ascoltatore e lo ha inondato di un’efficiente positività vitale al fine di poter riprendere con maggiore ottimismo le proprie attività dopo il momento di festa comunitario.


L’Ora del Salento 13

Lecce, 11 dicembre 2010

le nostre città CAMPI SAL.NA/Promossa dall’Amministrazione Comunale

Il mercatino del Natale In Piazza Libertà, a Campi Salentina, dal 12 al 23 dicembre, dalle ore 17.00 alle 22.00, si terrà “Il mercatino del Natale”. Si tratta di un’iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Campi, promosso dall’Assessorato alle attività Produttive in collaborazione con l’Urp e patrocinato dall’Unione dei Comuni del Nord Salento. Con l’Avvento inizia un periodo di letizia e d’attesa, i paesi si animano di luci e canti che scaldano i cuori di grandi e piccini, e le iniziative più svariate coinvolgono i Comuni per dare corpo alla magia della festività più sentita del-

l’anno, il Natale. Anche Campi dà il suo contributo a quel circuito di fiere, mostre ed esposizioni, allestendo per la prima volta un mercatino che avrà come scenario piazza Libertà, nel centro storico e adiacente la Chiesa Matrice, e l’ex-biblioteca comunale. Gli espositori apriranno giornalmente i loro stand offrendo artigianato tipico: presepi, sculture in legno, ceramiche fatte a mano, candele, sfere e angioletti in vetro, statuette in gesso, e specialità gastronomiche. Sarà inoltre presente in piazza la “Casetta di Babbo Natale” nei giorni 12-13-1819 e 23 dicembre, dove i

bambini potranno consegnare la letterina di che sarà subito inviata nei laboratori natalizi con un palloncino volante e con l’aiuto della ludoteca di Campi Salentina “L’Officina dei Piccoli”. Domenica 18 dicembre l’Associazione musicale “Calliope” animerà la serata con un concerto. E ancora cioccolata, vin brulè, musica, luci e cori natalizi, non solo di Campi, ma provenienti anche da altri Comuni del territorio salentino, creeranno la giusta atmosfera dell’evento. Per info: 0832/720663, oppure urp@comune.campi salentina.le.it Sara Foti Sciavaliere

SQUINZANO/Organizzato dall’associazione Il sogno di Geppetto

Il nuovo libro di mons. Ravasi e i perché di chi crede e di chi no

Una questione di fede Nel baillame generale in cui bandiere, gruppi, associazioni dispiegano varie e numerose iniziative ed in cui le differenti ideologie sono offerte con esiti imprevedibili e quasi sempre scorretti tanto nel mondo della cultura quanto in quello della società, si registra la presenza di mons. Gianfrano Ravasi con il volume “Questioni di fede 150 risposte ai “Perché” di chi crede e di chi non crede” (266 pagine cui si aggiungono ben 6 pagine a due colonne destinate all’Indice). Quali sono le questioni di fede? Eccole: “La Vita e la Morte”, “Dio e l’Uomo”, “la Bibbia e la Scienza”. Alle persistenti domande, agli interrogativi dell’uomo acculturato risponde con questo volume un grande teologo, un

biblista ed ebraista esperto, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, nonché Prefetto della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana di Milano e docente di Esegesi dell’Antico Testamento presso la Facoltà dell’Italia Settentrionale. Per la Mondadori, nell’ultimo decennio, ha pubblicato fra l’altro: Preghiere, Breve storia dell’anima, Ritorno alle Virtù, Breviario laico, Le porte del peccato, le parole e i giorni, 500 Curiosità della fede. Sempre per la Mondadori, munito di opportuna introduzione, vede la luce il volume di Mons. Ravasi sulle domande

“prime”: le domande “laiche”, le domande “ebraiche”, le domande “cristiane” che sono le più numerose e riguardano specialmente il Gesù della fede, il Gesù della storia. Esaurienti e documentate si presentano le risposte, alcune condite da una vis polemica che tuttavia si palesa sempre pacata e serena. Fresco di stampa e acquistabile presso le Librerie San Paolo di Lecce, il volume potrebbe costituire una felice strenna di Natale: un dono da fare a sé stessi, ai familiari, ai colleghi, alle Scuole, alle Associazioni, ai gruppi, ecc. Un dono necessario anche per cautelarsi dalle pretese dei pregiudizi e degli errori. Ivan d’Arco

LECCE/ Presentato il volume catalogo di Salvatore Spedicato

L’uomo non è un’isola Le formelle della Via Crucis L’Associazione “Il Sogno di Geppetto” con il patrocinio del Comune di Squinzano ha organizzato un incontro-dibattito dal titolo”L’uomo non è un’isola”- L’associazionismo familiare punto di forza e di crescita nel territorio. L’incontro si svolgerà giovedì 16 dicembre dalle ore 15.30 alle 18.30 presso la sede dell’Associazione in via Carso,13 (ex Liceo Scientifico) a Squinzano. L’incontro è l’occasione per riflettere sull’azione educativa all’interno della famiglia che deve proporre il senso sociale di giustizia, collaborazione, responsabilità e partecipazione. In particolare, la partecipazione alla vita sociale del territorio è una dovere che tutti abbiamo e che si può concretizzare proprio nella possibilità di presenza all’interno delle forme associative. Nelle associazioni familiari i rapporti permettono di soddisfare i bisogni di amicizia, calore affettivo, reale sostegno, bisogni che attendono più risposte nella nostra società. Per questo è’ importante incontrarsi tra associazioni di genitori, operatori del territo-

rio e istituzioni per creare una rete di solidarietà e dare vita alla “Welfare Community” in cui ogni persona si senta accolta e sostenuta non per quello che ha o per quanto è capace di produrre, ma per quello che è... . Aprirà i lavori il Presidente dell’Associazione Lorenzo Bandello, interverranno Filomena Dantini Solero, Assessore alle Pari Opportunità della Provincia di Lecce, Gianni Marra, Sindaco del Comune di Squinzano, si confronteranno Marina Mazzotta, PsicologaPsicoterapeuta e terapista Tma, Paola Martino Progettista ed Esperta in politiche sociale e Anna Sava, Pedagogista clinico Associazione “Comunicare” di Trepuzzi, concluderà i lavori Alessandra Schiavone, presidente dell’ambito territoriale. Modererà l’incontro Rita Sarinelli, PsicologaSociologa. “L’associazione ‘Il sogno di Geppetto’ - ha dichiarato il presidente Lorenzo Bandello - è nata a Squinzano nel 2000 per volere di un gruppo di genitori di ragazzi diversamente abili. Successivamente è nato

il Centro come sede dell’Associazione presso l’ex Liceo Scientifico. Qui organizziamo attività laboratoriali diverse come campus estivi, didattica, disegno su pietra allo scopo di intrattenere ed occupare il tempo di questi ragazzi che sono ormai fuori dalla scuola o se ancora frequentanti passano pomeriggi vuoti e con l’obbiettivo di intraprende percorsi validi di inclusione sociale.”. “L’organizzazione di questo incontro-dibattito - ha aggiunto la dott. Rita Sarinelli ha la forte motivazione di un coinvolgimento diretto delle parti interessate e in particolare delle istituzioni che dovrebbero farsi carico di sostenere anche economicamente l’associazione e la vita del Centro per lo svolgimento di anche di altre attività da spalmare sull’arco dell’intera giornata”. Per informazioni ci si può rivolgere ai responsabili della segreteria: Paolo Lessone e Anna Cazzorla tel./fax 0832/ 784441, mobile 329/2062577, email:ilsognodigeppetto@libero.it sede via Carso, 13 Squinzano. Giovanna Miglietta di Giovanni Napolitano

VITE MIGRANTI

Regia Corvetta Caracciolo: Singapore Singapore è la capitale dei possedimenti inglesi dello Stretto di Malacca. In essa vi si svolge un attivissimo commercio per via mare; si importa carbone, si esporta riso, indaco, ossa, avorio, ecc. Il vecchio porto (Old Harbor) non era sufficientemente atto alle operazioni di carico e scarico delle grosse navi, obbligate ad ancorarsi al largo per via dei bassi fondali., così, fu scelto a nord-ovest dell’isola un luogo dove si costruirono immensi “wharf” (pontile, banchina di carico e scarico). Il paese veduto dal mare non appariva un gran ché, perchè Singapore è posto in piano e le case basse generalmente non si distinguono se non come una linea bianca qua e là interrotta da qualche edificio all’europea, che sono poi la Casa del Governo, la Chiesa e qualche altro.

Appena la nave Caracciolo ancorò venne circondati da battelli cinesi e dalle barche a vapore delle varie società di forniture. navali. Il porto era gremito di persone che cercavano lavoro come lavandai, macellai, panettieri, sarti. Pochi giorni dopo l’arrivo, Umberto si recò a terra e trovò una città cosmopolita, ..” oltre alle poche case che trovansi alla marina, i quartieri interni sono un misto di tutte le architetture e templi di tutte le religioni, così come le fogge “. Ogni razza, poi, ha i suoi speciali mestieri: i Cinesi sono sarti e calzolai e mercanti e pittori ed esercitano i più vivi incarichi; gli Indiani sono venditori ambulanti di alcune specialità del loro paese ed hanno piccole botteghe dove vendono al minuto frutta e verdura; gli Arabi sono macellai, panettieri, venditori di commestibili e sono abili orefici. Il bianco è ri-

spettato ovunque, da tutti ed in tutte le occasioni, perchè ognuno riconosce in lui una superiorità morale. Umberto si soffermò un “Licensed Smoking Opium” che è una vasta sala con un lungo tavolaccio all’intorno dove stanno i fumatori che “fumano” una grossa canna di bambù alla metà della quale è praticato un foro dove vi si fissa un imbuto di foglie in cui si inspira fino a che un pesante sonno colpisce il fumatore che, disteso sulla nuda tavola fa, per l’eccitante effetto dell’oppio, i sogni più voluttuosi. La Caracciolo rimase a Singapore circa un mese fino all’arrivo di un telegramma che ingiungeva il ritorno in Patria seguendo il vecchio itinerario. Appena fuori i nostri eroi raggiunsero lo stretto di Singapore per imboccare lo stretto di Malacca.

Salvatore Spedicato, ex direttore dell’Accademia delle belle arti di Lecce, scultore ed autore delle formelle della Via Crucis nella nuova chiesa di S. Lucia a Lecce, ha presentato il suo volume-catalogo. Ospiti: mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, arcivescovo metropolita di Lecce, Paolo Perrone, sindaco di Lecce, Gaetano Gorgoni, assessore alla cultura del comune di Cavallino, Toti Carpentieri, critico d’arte, Giovanni Invitto, preside della facoltà di scienze della formazione dell’Università del Salento, l’architetto Giacinto Leone direttore dell’Accademia di belle arti di Lecce. Coordinatore il parroco: don Damiano Madaro. Giacinto Leone parlando dello scultore Spedicato si è soffermato sul problema della comunicazione attraverso le immagini: “Queste formelle della Via Crucis sono state realizzate in modo tale che l’attenzione venga posta sulla verità del momento, sul percorso scandito da tappe purtroppo dolorose, messaggio che non è facile da tradurre e trasmettere. Da sottolineare quella che è stata

l’esperienza di carattere didattico-comunicativa dello scultore. Del suo amore riportato costantemente con i giovani per farli appropriare della materia, che non è qualcosa di freddo ed indistinto, ma è qualcosa che va conosciuta a fondo, interpretata, assimilata. Dalla personalità paziente e dedita al sacrificio che ha saputo coinvolgerci con le sue ricerche, facendoci partecipi dei suoi contenuti e dell’evoluzione del suo pensiero. Ed è diventato espressione di realtà nazionali e sovranazionali”. Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio ha preso la parola dicendo: “Nella Via Crucis di Salvatore Spedicato c’è la contemporaneità. Quando sono di fronte a quest’opera rivivo l’esperienza tragica di Gesù Cristo, e ricordo che, oggi, io sono chiamato a fare lo stesso percorso. In essa vi è una visione classica, una lettura semplice ed alla portata di tutti. Possiamo ricordare quattro diverse Via Crucis. Quella classica che si fa a Gerusalemme, ed è quella della via dolorosa che ripercorre lo stesso itinerario di Gesù di Nazareth, ed è la

IN GALLERIA

via della Croce di Cristo ma è la via della Croce di ognuno di noi”. In merito a questo l’arcivescovo ha ricordato un episodio accaduto in uno dei suoi 22 pellegrinaggi in Terra Santa: “Eravamo un gruppo di preti stavano facendo la Via Crucis quando passarono delle ragazzette ebree, e proprio alla quarta Stazione dove c’è l’incontro di Gesù con la madre, queste ragazze ritornarono, ci insultarono e ci sputarono. Stavamo vivendo quello che avevano fatto a Lui. Una seconda Via Crucis è a Lourdes caratterizzata dal pellegrinaggio, da bei quadri e da un suggestivo itinerario, la terza a San Giovanni Rotondo, la Via Crucis dello scultore Messina. Ed una quarta, che non sempre riusciamo ad individuare, quella di tanti crocifissi che vivono il dramma della fatica, della sofferenza, della solitudine e dell’emarginazione. È la Via Crucis di tutti coloro che si identificano e, che scelgono di essere discepoli di Gesù Cristo, di coloro che prendono la propria Croce e lo seguono”. Vincenza Sava

di Alessandra De Matteis

Henry di Alessandro Piva La 28° edizione del “Torino film festival” diretta dal regista Gianni Amelio, si è terminata sabato 4 dicembre proclamando la Puglia vincitrice. Per la prima volta, di tutta la storia della kermesse, è stato assegnato il premio del pubblico, che se le aggiudicato il film “Henry” del regista pugliese d’adozione Alessandro Piva, con protagonista l’attore tarantino Michele Rondino. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Giovanni Mastrangelo, prodotto e montato dallo stesso regista, è stato l’unico film italiano in concorso. Nonostante ciò “Henry”, rischia di non approdare nei cinema italiani perché è ancora privo di una distribuzione. In ogni caso, la pellicola di Piva, non è l’unica pugliese ad aggiudicarsi i premi. Miglior corto italiano è “Archipel”del regista salentino Giacomo Abbruzzese, mo-

tivato così dalla giuria “Ricorrendo con riconoscibile chiarezza di pensiero e di struttura a uno stile documentaristico, “Archipel ” mette in scena una storia di finzione in grado di modificare la percezione spesso stereotipata di quelli che conosciamo come teatri di guerra”. Inoltre la giuria di “Italiana corti” ha assegnato un premio di 10 mila euro allo stesso giovane regista. “Menzione speciale” della giuria a “Mammaliturchi” di un altro regista salentino Carlo Michele Schirinzi, già vincitore lo scorso anno con “Notturno strepitoso”, motivando: “per la capacità di trasfigurare uno spazio semi-concentrazionario rilevandone attraverso l’uso drastico e coerente di un visivo dilatato, il carattere costitutivamente straniante e deformante “Mammaliturchi!” ci chiarisce che ogni struttura di

c on t e nimento è in sé, inevitabilmente, u n a maceria s oc i a le”. Infine, il premio “Ucca - Venti di città”, è stato assegnato al documentario “Scuola media” del regista Marco Santarelli, che è stato girato interamente a Taranto. Apulia Film Commission a contribuito e sostenuto le tre opere. Per la regione tutti questi premi sono un ennesimo riconoscimento per i suoi prodotti e per i suoi artisti, che non fanno altro che confermare quanto questa sia una “terra per cinema”.


L’Ora del Salento 14

Lecce, 11 dicembre 2010

appunti

Andrea Vitali. Il meccanico Landru Puntuale come ogni inverno arriva il romanzo di Andrea Vitali, autore di tanti libri di successo che vanno da “Olive comprese” ad “Almeno il cappello” o “Pianoforte vendesi”. Anche questa volta Vitali arriva in libreria con il suo solito treno carico di personaggi ricchi di ironia e atmosfere anni Trenta. “Il meccanico Landru”, questo il titolo del nuovo romanzo edito da Garzanti, è una storia reinventata (una prima versione del romanzo è stata pubblicata nel 1992) ed arricchita di nuove vicende e personaggi, ma soprattutto valorizzata dall’esperienza umana ed artistica dell’autore. “‘Sono il meccanico Landru’ - si presentò il forestiero, gli occhi fissi a terra. Il Musante temette di non aver capito bene. O che quello lo stesse prendendo in giro. Fece per ri-

battere. ‘Mi saprebbe indicare da che parte sta il convitto del cotonificio?’ lo anticipò l’altro. Ma al Musante la lingua prudeva. ‘Landru?’ chiese. ‘Come quel tizio francese?’”. Effettivamente il nome non è dei più rassicuranti. Se non lo sapete Henri Landru era un assassino seriale francese condannato a morte nel 1922 per l’uccisione di dieci donne. Otto anni dopo, nel 1930, Angelici Landru arriva alla stazione dell’ormai noto paese Bellano, piccolo comune dove vive lo scrittore in provincia di Lecco. Il meccanico Landru arriva insieme ad altri cinque meccanici assunti per il montaggio di nuovi telai elettrici in un cotonificio. L’autore racconta, attraverso una semplice vicenda, come l’irruzione di un elemento estraneo possa alterare i fragili equilibri di una comunità che

basa la propria esistenza sulle abitudini, le tradizioni, le compagnie consolidate nel tempo. Siamo negli anni della grande depressione. Il crollo della Borsa di Wall Street ha avuto conseguenze disastrose sul sistema economico mondiale, e naturalmente gli effetti della crisi si fanno sentire anche nel piccolo centro lombardo. C’è il rischio di grossi licenziamenti al cotonificio. Infatti, grazie all’impiego di nuove attrezzature meccaniche, al cotonificio si potrà incrementare molto più velocemente la produttività. Ma questo incremento produttivo avrà come diretta conseguenza il licenziamento di gran parte degli operai il cui lavoro sarà gradualmente sostituito dal lavoro delle macchine. La paura della disoccupazione incombe su Bellano. Ed i sei meccanici che sono impiegati nell’assemblaggio dei

nuovi macchinari diventano, loro malgrado, l’emblema del precariato e della crisi occupazionale. L’autore racconta il tutto attraverso una folla di personaggi destinati ad imprimersi, come spesso accade nei romanzi di Vitali, nella mente dei lettori. Vitali tenta di analizzare le varie categorie sociali dell’epoca attraverso figure particolarmente rappresentative. Ci sono: il politico, la segretaria, il pubblico ufficiale, il capostazione e, naturalmente, i meccanici. Sullo sfondo assistiamo alla lotta di due giovani politici in carriera del Partito Nazionale Fascista, Aurelio Pasta ed Eumeo Pennati. Poi c’è il medico del paese, il dottor Lieti, che cura gratuitamente gli operai, il direttore dello stabilimento, l’ingegnere Luigi Galimbelli, monarchico dichiarato retrocesso da dirigente a direttore del cotonificio dopo essersi

c@ttolici in rete

A proposito di Presepi sul web

argo

IL POLLICE

VICENDE ITALIANE Da sempre il nostro paese, ma anche tutti gli altri ovviamente e a ben guardare, è stato attraversato da fatti ed eventi che troppo spesso sono stati al centro di conflitti ed interpretazione, fino - talvolta - a riconoscersi come non risolti e non risolvibili. E, d’altra parte, quanto accaduto i questi ultimissimi tempi, vuoi nel sud d’Italia che nel profondo nord, ne è ulteriore testimonianza, dando così una sorta di connotazione storica e referenziali ai fatti che Carlo Lucarelli affronta nel suo “Lucarelli racconta” (Rai Tre, ore 21,05), il programma di attualità in onda sulla terza rete, ben strutturato e ben costruito, e sviluppato secondo il ritmo che gli compete. Tra indagine e riflessione, tra analisi e sintesi, procedimento al limite della scientificità e dell’indagine poliziesca. D’altra parte, Lucarelli è un bravo giallista, e lo dimostra ancora una volta nell’affrontare queste nuove storie italiane, dalla malavita del Brenta a quelle - veramente infinite - legate al lavoro e ai suoi mille risvolti.

lor@delavoro di Samuele Vincenti Con decisione del Consiglio dell’Unione Europea, in data 25 giugno 2007, è stato istituito il Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini dei Paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”. Il Fondo ha lo scopo di aiutare gli Stati membri dell’Unione Europea a migliorare la propria capacità di elaborare, attuare, monitorare e valutare tutte le strategie di integrazione, le politiche e le misure nei confronti dei cittadini di Paesi terzi, lo scambio di informazioni e buone prassi e la cooperazione per permettere ai cittadini di Paesi terzi, che giungono legal-

Tommaso Dimitri

Si avvicinano i giorni di festa del Natale. Un’amara constatazione: “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 2,7), come Luca segnalava nel suo vangelo. E ancora oggi discussioni: abbiamo in casa tantissimo spazio per luminarie, addobbi e alberi ma per il presepe non abbiamo né luogo e né tempo. Nei grandi magazzini troviamo tantissimo per arredare case e giardini e quasi nulla per costruire un presepe. Non è più di moda. Molte volte il buon senso prende alcune svolte così impreviste che lo perdiamo di vista! Comunque: vogliamo cercare il presepio nel mondo virtuale di Internet e lo troviamo; e con tanto di neve. Il “sito ufficiale” del presepio, per accontentare gli autori che lo hanno allestito, è: www.presepio.it. È un sito ricco di storia. Il sito è gestito dall’AIAP (Associazione Italiana Amici del Presepio) sorta nel 1953 ad opera di alcuni appassionati cultori di quest’arte, capitanati da Angelo Stefanucci, insigne studioso del presepio. L’attuale Presidente dell’Associazione è Alberto Finizio. Lo scopo era quello di riunire, mettendoli in contatto, i tanti appassionati a questa tradizione tipicamente italiana che assomma in sé fede, religione, tradizione, arte, storia e tecnica. Pubblica ininterrottamente dal 1953, per i soci, una rivista trimestrale, “Il Presepio” e aderisce alla UN.FOE.PRAE. (Universalis Foederatio Praesepistica), organismo internazionale che riunisce le più importanti Associazioni presepistiche del mondo. Se entriamo in profondità notiamo che ci informa non solo sulla storia del presepe ma di tutti i presepi più belli sparsi in tutta Italia. Un altro sito importante è: www.museodelpresepio.com in cui possiamo trovare una interessante galleria dei presepi del mondo. Non è vastissima ma il gruppo funziona da 35 anni. Se cercate un concorso di alto livello, allora dobbiamo andare nella provincia di Arezzo e precisamente a Laterina: www.oroincensoemirra.it. Il sito è imponente come anche i dettagli dell’artigianato a supporto di una vera e propria arte del presepe. Non spaventatevi, nel sito è pubblicizzato un vero e proprio corso per presepisti con le tecniche più antiche (la pasta di sale) e quelle più moderne (illuminazione in fibra ottica). Buona navigazione a tutti.

marialucia andreassi rifiutato di prendere la tessera del Partito. Le figure femminili sono tre: Mirandola Gilardoni, Emilia Personnini e Madda lena D’Elia. In mezzo a loro, a creare scompiglio ed intrighi amorosi, si muove il meccanico Landru, scansafatiche ed opportunista. Il finale è ricco di colpi di scena. Anche in questo romanzo Andrea Vitali riconferma tutte le sue abilità narrative. Ci riporta indietro nel tempo offrendoci un affresco delizioso dell’inizio del secolo scorso.

Andrea Vitali, Il meccanico Landru, Garzanti, 18.00, pag. 376

M U S I CALM E NTE Anna Rita Favale

La storia di Hansel e Gretel Nella regione tedesca dello Spessart esiste ancora una fitta foresta, difficile da attraversare con i suoi pochi e aspri sentieri, resi ancora più difficoltosi da giganteschi e ombrosi pini e faggi, i cui rami intralciano il cammino. Per i contadini della zona è “il bosco della strega”, per via di un rudere con i suoi quattro forni e della storia di una donna bellissima che, con i suoi dolci magici, catturava quanti, perdendosi nel bosco, arrivavano nei pressi della sua casa. Sembra essere questa l’origine della fiaba di Hansel e Gretel, racconto “ombroso” come il bosco, reso ancora più inquietante dalla presenza di una donna che appare ai due fratellini bellissima, accogliente e materna, ma strega che inganna e mangia i bambini. Nello spettacolo, come nella fiaba, la sua presenza getta una luce mutevole su ogni passaggio della storia: il giornaliero inganno dell’immagine nasconde verità opposte o semplicemente più complicate. La casa, il bosco, il sentiero illuminato dai magici sassolini, le piume lucenti del cigno, tutto gira e si trasforma, per poi ritornare con una luce nuova, come il sole ogni mattina. “Cosa è buono? Cosa è brutto? Ciò è vero o ciò appare... non lasciatevi ingannare!”. In tempi di recessione economica, raccontare ai bimbi della società dei consumi una favola che prende avvio proprio dalla prosastica difficoltà di un padre e di una madre a sfamare i figli può non essere un esercizio di stile. Del resto, le favole non lo sono mai. Quali ansie d’abbandono, paura di non vedere soddisfatti i propri bisogni, quali fantasmi prendono corpo in bambini che sentono minacciata la propria avidità di benessere? Uno spettacolo sospeso tra realtà e favola, perché i bambini imparino a dare valore alle cose e soprattutto alla loro capacità di discernere e conquistarle, a superare la dipendenza passiva, quella dai genitori e quella...dall’abbondanza. Testo di Katia Scarimbolo, scene luci e regia Michelangelo Campanale con Catia Caramia, Giulio Ferretto, Paolo Gubello, Maria Pascale; costumi Cristina Bari; assistente di produzione Sandra Novellino; tecnico luci Vito Marra; età consigliata: dai 6 agli 11 anni - tecnica utilizzata: Teatro d’attore. Il costo del biglietto è di euro 6.00, il 12 dicembre alle ore 17.30 presso la sede dei Cantieri Teatrali Koreja in via Guido Dorso 70, Lecce, tel./fax: 0832.242000, 0832.240752.

Solidarietà e gestione dei flussi migratori: 6 progetti

mente in Europa, di soddisfare le condizioni di soggiorno e di integrarsi più facilmente nelle società ospitanti. Lo stanziamento complessivo per il Fondo Europeo per l’Integrazione per gli anni dal 2007 al 2013 è pari a 825 milioni di euro, di cui 768 milioni distribuiti fra gli Stati membri sulla base di criteri che tengano conto del numero di cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti nello Stato membro e 57 milioni per le azioni comunitarie. In particolare, le risorse finanziarie totali stanziate per l’Italia, con riferimento all’intero periodo, ammontano a circa 103 milioni di euro.

Sulla base delle priorità di intervento specificate dalla Commissione Europea per la destinazione delle somme stanziate, il Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, individuato quale autorità responsabile per l’Italia, ha sviluppato una strategia per l’utilizzo delle risorse del Fondo, predisponendo un Programma pluriennale, relativo all’intero periodo di riferimento (2007-2013) e una programmazione annuale riferita agli anni 2007, 2008 e 2009 che sono stati approvati dalla Commissione europea. Il Programma Annuale 2010 è stato presentato alla Commissione europea nei mesi appena

trascorsi ed i il risultato è la pubblicazione di sei avvisi pubblici per la presentazione di progetti a valenza territoriale che riguardano altrettante azioni per le quali sono stati stanziati, complessivamente, 13,5 milioni di euro. Le sei azioni, in particolare, riguardano la “Formazione linguistica, orientamento civico, orientamento al lavoro e formazione professionale”, per un totale di 3 milioni di euro; “Progetti giovanili” per 3,5 milioni di euro; “Azioni di sensibilizzazione, di informazione e di comunicazione” per 1 milione di euro; “Iniziative di mediazione sociale e promozione del dialogo interculturale” per 3,8 mi-

lioni euro; “Programmi innovativi per l’integrazione” per 1 milione di euro; e “Capacity building: costituzioni di strutture e reti di intervento” per 1,2 milioni di euro. I Soggetti Proponenti potranno presentare le proposte progettuali con la relativa documentazione richiesta, utilizzando esclusivamente la piattaforma messa a disposizione dal sito predisposto dal Ministero,www.fondieuropeiimmigrazione.it, a partire dalle ore 12.00 del 28 dicembre 2010 fino alle ore 18.00 del 28 febbraio 2011, termine ultimo per la presentazione delle domande. Per presentare le proposte progettuali, i Soggetti Propo-

nenti devono preliminarmente registrarsi al presente sito, tramite una procedura che è completamente on-line. La procedura di registrazione sarà attiva dal 28 dicembre 2010 alle ore 12.00 e per l’effettuazione della stessa sarà necessario disporre della casella di posta elettronica certificata, che si può richiedere sul sito messo a disposizione del Ministero per la Pubblica Amminis t r a z i o n e : www.postacertificata.gov.it e della firma digitale. Le registrazioni che sono state effettuate per partecipare agli avvisi degli anni precedenti possono essere usate per partecipare anche ai presenti avvisi.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 11 dicembre 2010

lo sport Il Lecce non fa punti troppo tempo. La classifica è deficitaria e la difesa fa acqqua da tutte le parti. Gennaio e vicino: arriveranno rinforzi veri dal mercato?

L’ASSIST di Paolo Lojodice

Contro il Chievo vittoria obbligata Si scava un solco di 4 punti tra le speranze del Lecce e la quota minima di relativa tranquillità in classifica. Un solco che rischia di diventare a breve una voragine, quasi impossibile da superare per il Lecce, sempre più a corto di risorse e, di conseguenza, di idee. Ancora una volta il difficile rapporto con la classifica, sconveniente circostanza assunta a ricorrenza pre-natalizia, ritorna puntuale anche per il torneo 2010 -2011. Che il campionato dei leccesi sia destinato a navigare tra i marosi della bassa classifica è cosa nota, ampiamente messa in conto dalla società, dal tecnico e da ogni tifoso sensato e realista; quello che preoccupa però è la continua assenza di risultati in un clima generale affatto sereno, per nulla adatto a risollevare le sorti di una situazione che potrebbe essere addirittura prossima, al suo limite strutturale. Le difficoltà di rapporto tra il giovane presidente Pierandrea Semeraro e il tecnico De Canio, rese pubbliche la scorsa settimana con un siparietto in aeroporto al rientro della trasferta cagliaritana, hanno aperto una falla nel fragile fasciame del naviglio giallorosso, solo il provvidenziale e saggio intervento del Patron Giovanni Semeraro ha posto temporaneo rimedio alla situazione, riconducendo a più opportuna temperanza l’espressione del giova-

S

L’ALTRO

ne presidente e riaffermando la propria linea di fiducia nei confronti del tecnico materano, già solidamente posta in essere durante la sua precedente presidenza. Alla difficoltà di rapporto tra giovane Semeraro e allenatore, sia pur in qualche modo ricomposta, si è aggiunta la scellerata e demenziale contestazione di pseudo tifosi nei confronti di Diamoutene: nell’allenamento infrasettimanale il difensore maliano è stato duramente contestato e addirittura intimidito da un gruppo di tifosi teppisti perché ritenuto “indegno” di indossare la casacca lupiense dopo i propri trascorsi sotto le bandiere del Bari dello scorso anno. La demenzialità di tali affermazioni non merita commento alcuno, forte invece la condanna del gesto intimidatorio. Secondo l’allenatore, l’episodio non sarebbe da mettere in relazione con la mancata convocazione del difensore maliano in occasione della partita disputata contro il Genoa: “La mancata convocazione di Diamoutene? - dichiara dalle pagine ufficiali del sito della Società giallorossa il tecnico si è trattato di scelta tecnica: sono molto dispiaciuto sul piano umano per quanto accaduto giovedi scorso a Calimera, ma le mie scelte sono dettate esclusivamente da valutazioni di ordine tecnico-tattico: ho sempre affermato che, nella gerarchia dei calciatori a mia di-

sposizione nel reparto difensivo, Diamoutene non rappresentava una prima scelta. Quando si è verificata una situazione di emergenza a causa di diversi infortuni, Diamoutene è stato sch ierato. È accaduto contro Sampdoria, Udinese e Cagliari, ma le sue prestazioni non mi hanno convinto. Col recupero dei centrali difensivi Gustavo e Ferrario, ho ritenuto opportuno puntare su di loro; pertanto, la mia scelta non è minimamente riconducibile allo spiacevole episodio che si è verificato in settimana”. Di diverso avviso le dichiarazioni del presidente Pierandrea Semeraro che pur riprendendo la linea paterna in merito alla necessità di coesione e sostegno all’allenatore, dichiara ai microfoni di Sky, ri-

lanciato dal sito della Gazzetta del Mezzogiorno, che il difensore maliano è rimasto a casa per motivi di sicurezza: “Diamoutene? Vediamo se vuole rimanere, è stato difeso subito dalla società, il tecnico ha deciso di non portarlo perchè poteva essere anche pericoloso. Abbiamo deciso di non convocarlo per evitare qualsiasi problema. Abbiamo dei problemi aggiunge ai microfoni di Sky Semeraro - dobbiamo risolverli per salvare la stagione. A gennaio arriverà qualche cosa in difesa”. Forse è meglio sperare nello sciopero dei calciatori per non mettere sotto pressione mediatica la società leccese e consentirle almeno di concordare una comune linea di comunicazione.

PORT di Paolo Conte

VOLLEY SERIE B2

Non è solo questione di mentalità, di tradizioni; dopo otto giornate di campionato la Minniebet Ugento ha dimostrato di disporre di un tasso tecnico più elevato rispetto all’intera categoria della serie B/2. Le mani pesanti di Parisi, Toma e Miraglia iniziano a creare il vuoto e i risultati parlano chiaro; fatta eccezione della battuta di arresto di Galatone, il 3 a 0 dei giallorossi è una costante. Paglieta, Castellana, Altamura, Galatina, Alessano e Casarano le vittime del pesante passivo registrato contro la macchina da punti di mister Cavalera. Da vero avvoltoio i Falchi di Ugento puntano la prossima preda Francavilla per continuare a volare in graduatoria con l’intento di staccare lo Squinzano, unica credibile antagonista degli ugentini. Gli imperiali dal canto loro devono fare i conti con una classifica deficitaria (6 punti) e un successo pieno che non arriva dalla prima giornata della competizione. Se non altro i brindisini potranno contare sul apporto del proprio pubblico e sul fattore emotivo che spesso

Alessano-Sbv Galatina big-match della nona giornata. Galotone ospita Castellana e volentieri incide in questo tipo di gare. Mantenere alta la concentrazione e non sottovalutare l’avversario è la regola in casa Ugento, che vuole fare del Galatone l’unica eccezione dello strepitoso cammino della sua squadra. Abituati a viaggiare ad alta quota (22 punti in classifica) i Falchi di Cavalera non conoscono vertigini; adesso parola, anzi, palla al Francavilla. Il big- match della nona giornata vede contrapposte le salentine Galatina e Alessano in un derby che, considerata la situazione di classifica, si annuncia al vetriolo. Difatti ambedue le squadre sono appaiate al terzo posto con 16 punti, una larga vittoria potrebbe mettere una delle tue contendenti nelle condizioni di dare la caccia alle grandi Squinzano e Ugento. Trascorsi recenti molto simili tra le due formazioni, reduci dalle sonore sconfitte di Oria e di Squinzano, rispettivamente ai danni di Alessano e Galatina. L’Aurispa cercher à di sfruttare il fattore campo e i numeri di una difesa affidabile con 624 punti subiti nei 29 set finora disputati. Retroguardia che dovrà tenere botta agli assalti dell’attacco più forte del

campionato; quella S.B.V Galatina capace di mettere a segno 671 punti ma che a causa di una difesa ballerina non è riuscita a tenere il passo delle grandi. Statistiche identiche per quanto concerne il numero di set vinti (18 per parte), dimostrazione di quanto si prospetti equilibrata la sfida e di come i pronostici non vedano una netta favorita. Numeri a parte le sbucciature ancora aperte rimediate contro Oria e Squinzano regaleranno allo spettacolo un derby vibrante e ricco di emozioni. Non essere risucchiati nelle falde della classifica è l’imperativo in casa Filanto Volley dopo il tremendo k.o di Ugento. La squadra di Licchelli con il morale a terra, complice il doppio insuccesso in pochi giorni inflitto dal Paglieta prima e dalla capolista poi, deve ripartire dall’imminente gara casalinga contro il Martina per muovere la classifica e non rischiare di essere coinvolta nella lotta a non retrocedere. I rossoblu sono reduci da tre sconfitte consecutive e fermi a 10 punti in graduatoria complice la fase difensiva autrice di 683 punti al passivo. Nonostante gli auspici di ini-

zio stagione fossero quelli di un progetto a lunga gittata e di una programmazione nel tempo, l’importante campagna acquisti estiva imponeva da subito risultati più convincenti; per altro il gioco finora espresso pare essere ancora la brutta copia di ciò che ha in mente mister Licchelli. L’impressione continua ed essere quella di una compagine con ampi margini di miglioramento sia dal punto di vista tecnico che tattico. Aspettando di capire cosa bolle in pentola, il test contro l’agevole Martina è il banco di prova ideale per rilanciare le ambizioni della piazza casaranese. Momenti di fibrillazione anche in casa Galatone che ospiterà il Castellana in una sfida che, già alla nona di campionato, ha il sapore di uno scontro salvezza. Con nove punti in classifica, i salentini intendono uscire dalla zona calda e continuare a percorrere la scia positiva dell’ultimo periodo. Malgrado l’ultima sconfitta sull’ostico campo del Paglieta (3 a 2), il Galatea è riuscito a muovere la classifica e dare un seguito alle vittorie precedenti contro il fanalino di coda Agnone e la prima della classe Ugento.

MONDO Mons. Pompili a favore del Csi L’incedere vertiginoso del tempo e la modernizzazione spinta di ogni ambito sono aspetti caratterizzanti della nostra epoca che richiedono, nel contempo, una lettura attenta dei nuovi bisogni ad essi connessi. La Chiesa ne è conscia ed è impegnata a valutarne effetti e risposte adeguate. Mons. Domenico Pompili, sottosegretario della Cei e Responsabile dell’Ufficio Comunicazioni Sociali, ha efficacemente proposto una disamina di questo quadro tanto attuale quanto contraddittorio alla luce, soprattutto, della nuova realtà virtuale nella quale i giovani sono immersi. I social network sembrano infatti essere diventati i canali esclusivi di relazione che rivelano bisogno di comunità e di identificazione senza pregiudizi. Senza però sottovalutare un invadente senso d’inquietudine. Ormai si può parlare di cultura digitalizzata della quale farsi carico. L’offerta “corporea” che lo sport è ancora in grado di offrire rende allora il Csi soggetto privilegiato per mantenere la “fisicità di un incontro” e la “concretezza” della comunicazione. La Chiesa sottopone dunque all’Associazione cinque punti riequilibrativi della situazione oggi troppo sbilanciata verso una dimensione prettamente virtuale: “Fare esperienza e non solo esperimenti”; “Agire e non solo gareggiare”; “La parola e non solo le parole”; “Educarsi e non solo educare”. È il nuovo, impegnativo campo di azione per il Csi nel decennio della Sfida educativa. Sfida raccolta. Le iscrizioni alle attività Csi possono essere effettuate presso la Segreteria dell’associazione in via Siracusa n°50, che è aperta il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle ore 17.00 alle ore 21.00, tel. 0832.392809.


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