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Lecce, 11 giugno 2011

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L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XXI, n. 21

SETTIMANALE CATTOLICO

Mons. D’Ambrosio presiede sabato 11 giugno, alle 20 in Piazza Duomo la Solenne Veglia di Pentecoste

Perennità di Nicola Paparella Viviamo nella storia e affidiamo alla memoria degli uomini le nostre opere, gli affanni, le omissioni, le passioni, le speranze. La Chiesa di Lecce ha accompagnato nei giorni scorsi alla dimora eterna le spoglie mortali di mons. Cosmo Francesco Ruppi, suo indimenticato pastore, ma già da tempo s’era apprestata a raccoglierne la testimonianza e gli insegnamenti, come è giusto fare per una eredità che attende di trovare un terreno da fecondare. Siamo come dei nani che si arrampicano sulle spalle dei giganti. Riusciamo a gettare lo sguardo lontano, soltanto perché possiamo utilizzare quel che gli altri ci hanno consegnato. La storia della Chiesa è ricca di tesori grandiosi, a volte giungono sino alle sommità eccelse degli altari, a volte rimangono racchiusi nel ricordo di gruppi più piccoli, ma tutti insieme concorrono a creare il patrimonio spirituale della Chiesa. Oggi, sulla cattedra di Sant’Oronzo siede mons. Domenico D’Ambrosio, maestro di vita e di virtù. Spetta a lui certificare nella fede e spetta a lui indicare la strada. Egli, ricordando il suo predecessore, ne ha voluto segnalare, fra le altre cose, l’impegno nel magistero della carità. In una stagione di crisi, in un tempo di incertezze, in una fase storico-culturale nella quale sembrano ogni giorno riaffiorare antichi e nuovi egoismi, il richiamo alla carità diventa monito, oltre che memoria di una testimonianza. Non ci viene chiesto di ripetere gesti e parole. I gesti e le parole sono legati alla persona, alla sua singolarità, al suo irripetibile profilo. Ripeterli sarebbe banale e improduttivo. Ci viene, invece, chiesto di cogliere un insegnamento e di tradurlo in opere nuove, in comportamenti che possano aiutare chi oggi si attende la testimonianza della carità. I buoni interpreti della memoria non sono mai degli imitatori, né possono essere coloro che si fermano al momento del ricordo. La memoria è sempre inquietudine, è sempre ricerca - come aveva insegnato Aristotele - e perciò vuole l’iniziativa creativa della persona, il suo impegno nel quotidiano, la sua determinazione a salire sulle spalle dei giganti per guardare un meglio, da lassù, le vicende del mondo e capire quali sono le sue attese. La perennità si costruisce come una tela che scorre sul telaio dei secoli. Mons. Ruppi ha interpretato a suo modo la sua presenza nella storia della Chiesa di Lecce; oggi spetta a noi prendere da lui la determinazione a farci attenti verso le attese del mondo. Quel che egli ci lascia è l’incoraggiamento ad agire, a metterci a disposizione, a dichiararci pronti a lavorare per il bene comune, secondo quel che il Pastore richiede. E Mons. D’Ambrosio ha già potuto sperimentare la ricchezza e la disponibilità del popolo di Dio affidato alle sue cure. In questa perennità di opere e di sentimenti si costruisce la Chiesa, che è antica perché sa farsi giovane, ed è sempre giovane perché non dimentica d’essere antica. In questa perennità si realizza un disegno, si traccia un percorso, si disvela un cammino che spetta a ciascuno affrontare, sapendo che altri lo iniziarono, ed altri lo proseguiranno.

Lecce, 11 giugno 2011

Lo Spirito di Dio sulla Chiesa di Lecce L’ARCIVESCOVO IN DIE SEPTIMO

IL CARDINALE ALLE ESEQUIE

Ambasciatore di Cristo in mezzo agli uomini

Pastore secondo il cuore di Dio

Dio onnipotente e misericordioso, ti supplichiamo per il tuo servo, il vescovo Cosmo Francesco, tu che lo hai costituito ambasciatore del Cristo in mezzo agli uomini, per questo sacrificio di salvezza lavalo da ogni colpa e accoglilo accanto a te nella gloria. Facciamo nostra questa invocazione della liturgia, nel momento in cui celebriamo il memoriale della Pasqua di Cristo Gesù annunzio e certezza della Pasqua del nostro Vescovo Cosmo Francesco, nel luogo che ha visto il nostro defunto, maestro e pastore per venti anni - con l’assemblea santa da lui guidata per i pascoli ubertosi della Parola e dei sacramenti.

“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche a me”. Sono le parole rivolte da Gesù agli apostoli nel Cenacolo durante il lungo discorso dell’addio nell’imminenza della sua morte e che oggi rivolge a tutti noi, mentre ci stringiamo attorno alle spoglie mortali del nostro fratello Vescovo Cosmo Francesco Ruppi, in questo Santuario a lui particolarmente caro. Sono rimasti turbati gli apostoli dall’annunzio dato precedentemente da Gesù: “Fra poco non mi vedrete e dove vado io voi non potete venire”. Pietro pone diversi interrogativi. Ma le prime risposte di Gesù restano avvolte dal mistero.

CONTINUA IN SECONDA

CONTINUA IN TERZA

Saranno presto avviate le procedure per la traslazione delle spoglie mortali di Mons. Cosmo Francesco Ruppi nella Chiesa Cattedrale

Tra noi per sempre

Azione Cattolica

A Roca la festa diocesana di fine anno 8-9


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Lecce, 11 giugno 2011

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LA MORTE DI MONS. RUPPI IL SALUTO DELLA CHIESA DI LECCE L’omelia dell’Arcivescovo Metropolita di Lecce in die septimo della dipartita di mons. Cosmo F. Ruppi CONTINUA DALLA PRIMA Come non risentire in questo luogo la forza della Parola che egli spezzava al suo popolo santo, coinvolgendolo, con la passione per l’annunzio in ogni tempo e con ogni mezzo, correndo in avanti con entusiasmo forte, deciso e gioioso, mordendo il freno per lentezze o ritardi? Vi ha fatto amare, vi ha aiutati a contemplare il volto bello della Chiesa che oggi continua ad essere il sacramento, la manifestazione, ‘il prolungamento terrestre del Cristo celeste’, secondo una ardita espressione di un teologo del Concilio Vaticano II. Questa Chiesa, attraverso il suo ricco magistero e soprattutto con la grande stagione del Sinodo Diocesano, l’avete scoperta e sperimentata come casa e scuola di comunione con la multiforme ricchezza di doni, carismi, ministeri da lui promossi e incoraggiati. Con il vostro pastore avete annunziato Cristo Gesù, aprendo il vostro cuore e quello dell’intera comunità “agli sconfinati confini della carità”. Di fronte all’urgenza e al bisogno non si è attardato su calcoli e analisi cosiddette politiche che normalmente costringono in sala d’attesa chi ha bisogno urgente di una risposta alla fame di amore e di pane. Mons. Ruppi con tutti voi, fratelli e sorelle, ha reso possibile a migliaia di disperati e di affamati l’ingresso nella casa

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re per affidargli il nostro fratello il vescovo Cosmo Francesco perché diventi erede dei beni promessi ai suoi servi fedeli, lasciamo scorrere in un lungo rendimento di grazie, parole, gesti, opere, che in tanti anni di ministero sono stati il segno certo di una comunione profonda tra il vescovo e il suo popolo ma non soltanto come un semplice, commosso ricordo, ma come recupero di un sentiero di fedeltà da lui tracciato che abbiamo da riprendere per non smarrire la strada che ci conduce tutti alla pienezza della fedeltà e dell’incontro con Colui che è la ragion d’essere della nostra fede.

dell’amore senza ulteriori, mortificanti e degradanti soste e passaggi, senza attendere la risposta codiciale o normativa per far entrare in casa chi da giorni aveva subito il pondus diei, aestus, frigar is et famis. Tra le tante risposte, per il nostro pastore c’è stata anche quella della incomprensione, dell’accanimento e delle inevitabili sofferenze che, come dicevo nel commiato ad Alberobello, lo hanno ferito ma non fermato. C’era la parola di Gesù che non gli dava tregua e gli bruciava il cuore: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). Questa pagina della storia della nostra Chiesa è stata scritta con l’alfabeto dell’amore. Nessuna distorta o capziosa interpretazione potrà cancellarla. Per tutto questo non possiamo che ripetere con Sant’Agostino: “... ti ringraziamo di avercelo donato”. La preghiera che la liturgia ha posto sulle nostre labbra ci ha ricordato che tutta questa ricchezza di opere non è frutto della intuizione personale del nostro pastore ma è dono di Dio. Lui lo ha costituito ambasciatore di Cristo in mezzo agli uomini. Talvolta dimentichiamo che la forza e l’efficacia del ministero e del servizio nella Chiesa hanno questa origine. Ogni dono viene dall’alto. Nel momento in cui bussiamo alla misericordia del Signo-

“Lascia il ricordo di un vescovo che prega, che affronta i drammi delle storie degli uomini del nostro tempo con il rosario tra le mani, che crede profondamente nella forza trasformatrice della preghiera...”

Ambasciatore di Cristo in mezzo agli uomini

IL COMMIATO AD ALBEROBELLO

Ricordati di tutti noi ora che sei in Paradiso Nel vespro di domenica 29 gennaio 1989, la Chiesa di Lecce accoglieva festosa ed esultante il suo nuovo arcivescovo, mons. Cosmo Francesco Ruppi. Nel Vespro di domenica 29 maggio 2011, l’Eterno Sommo Sacerdote Cristo Gesù, è la fantasia certa e concreta della nostra fede a farmi osare, ha accolto con una forte raccomandazione al Padre, l’arcivescovo Cosmo Francesco perché lo ammetta a far parte della moltitudine immensa di ogni nazione, popolo e lingua che davanti al trono grida a gran voce il suo: “Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen” (Ap 7,12). Il sogno dei giusti segna il passaggio del nostro fratello dal tempo all’eternità. Da tempo, lo sappiamo, lottava con forza indomita ma soprattutto con adesione piena alla volontà del Signore contro il male che ora ha posto fine alla sua diuturna, laboriosa, feconda giornata terrena che da sempre, con generosità piena e fedeltà senza riserve, lo ha visto operaio nella vigna del Signore per l’annunzio del Regno che lo ha reso presente nei vari mezzi perché il Vangelo di salvezza risuonasse nei vari areopaghi dell’uomo. La Chiesa di Lecce con tristezza ma con speranza ferma e certa saluta il suo Pastore, apostolo insonne, intelligente e sapiente interprete del Vangelo, ministro di carità verso i molti po-

veri che hanno trovato in lui il buon samaritano che si è preso cura di loro, a prezzo di sofferenze e incomprensioni che lo hanno segnato e ferito senza fermare o arrestare l’onda lunga della sua carità discreta ma vigile e pronta che nel silenzio continuava a donare, servire, amare. Di questa carità mons. Ruppi è stato interprete autentico e testimone coraggioso trascinando in una gara di esercizio di amore l’intera comunità mobilitata per dare serenità e speranza ai molti disperati che, in fuga dalle loro terre, sono approdati sulle coste del nostro Salente dove hanno trovato un cuore grande e spalancato, impegnato nella politica del cuore. Carissimo fratello, carissimo padre e pastore, ci hai donato molto con generosità totale, con amore impagabile, con intelligente e sapiente acume pastorale. Forse non ti abbiamo restituito molto del tanto che ci hai donato. Siamo certi che, avendoti perduto qui in terra come padre, maestro e consigliere, ti abbiamo guadagnato come nostro avvocato presso il Bel Pastore che ci hai annunziato, ci hai fatto conoscere, e ancor più amare. Ti diciamo sempre e semplicemente grazie. Ricordati di tutti noi, ora che sei nel Paradiso. Alberobello 31 maggio 2011 + Domenico D’Ambrosio

Come ci ha ricordato l’Apostolo Paolo nella seconda lettura, per mons. Ruppi c’è stato un cambio di residenza, ha acquisito la cittadinanza del Regno: “la nostra cittadinanza è nei cieli” (Fil 3,20). Siamo ben consapevoli che la nostra condizione qui in terra è quella della provvisorietà e del pellegrinaggio. È Cristo Gesù che libera il mondo e l’uomo da ciò che essi hanno di provvisorio; ci riscatta dalla sofferenza e dalla fatica; ci strappa dalla tristezza per condurci alla gioia. È lui che trasfigura le realtà di questo mondo e fa emergere l’eterno che è in esse. Il credente ritroverà la sua vera e completa realtà quando avrà il presente corpo di miseria, il nostro stato di creature sottoposte alle passioni al dolore, alla corruzione, trasfigurato, e conformato al corpo glorioso di Cristo. Sempre la realtà della vita e della morte del cristiano si imbatte in quella di Cristo Risorto. A nulla ci serve una vita che finisce nella morte, una sofferenza che non genera vita, una tristezza che non fiorisce in gioia. Tutto questo ormai è la nuova dimensione che vive nell’Eterno il nostro mons. Ruppi. Chiediamo al Signore della vita che trasfiguri anche il corpo del nostro padre e fratello a immagine del suo corpo glorioso. Voglio offrire a voi una immagine che ho trovato su un quotidiano in questi giorni, immagine familiare, soprattutto a voi presbiteri, nei lunghi anni della presenza e del ministero del nostro caro defunto tra voi: “Mons. Ruppi lascia il ricordo di un vescovo che prega, che affronta i drammi delle storie degli uomini del nostro tempo con il rosario tra le mani, che crede profondamente nella forza trasformatrice della preghiera... È il ricordo di un uomo che ha amato la Chiesa con senso di figliolanza e con delicatezza estrema”. A lui il nostro rinnovato senso di gratitudine, al Signore della vita la nostra preghiera: ha sperato nel Cristo, lo ha testimoniato davanti agli uomini. Ti supplichiamo, Padre immensamente buono, donagli la comunione eterna con te e con tutti i santi nel regno dei cieli. Amen


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Lecce, 11 giugno 2011

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LA MORTE DI MONS. RUPPI

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DOVE

IL SALUTO DELLA CHIESA DI LECCE L’omelia del Card. Salvatore De Giorgi, Arcivescovo emerito di Palermo durante la messa esquiale CONTINUA DALLA PRIMA

La fede è stata il movente primario e fondamentale della sua notevole preparazione culturale e non semplicemente in campo teologico, come risulta dalla vastità e profondità di tutti i suoi scritti

Resta il loro turbamento e Gesù non vuole lasciarli nel dubbio e nella tristezza: da allora la risposta della vita e della gioia, della speranza e della certezza, illuminando il mistero della morte, della morte sua e della morte nostra, con la luce pasquale, del passaggio cioè da questo mondo al Padre. Parla anzitutto della casa del Padre, da intendersi come la più perfetta, definitiva ed eterna comunione con lui alla quale siamo tutti chiamati e costituirà la vera, unica, indistruttibile felicità: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”. Svela il senso della sua morte con un messaggio di tenerezza che rivela il cuore del buon Pastore: “Vado a prepararvi un posto”. Svela contestualmente il senso della nostra morte, con una promessa esaltante che rivela il senso vero della vita: “E quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me perché dove sono io siate anche voi”. Grazie Gesù: la morte non è la fine della vita, ma l’inizio della vita vera, della vita senza fine. Essere sempre con lui, per l’eternità. Domenica scorsa nella pienezza della gioia pasquale il Signore Risorto è venuto a prendere con sé il suo servo fedele, il nostro fratello Vescovo Cosmo, che aveva chiamato a sé sin dagli anni della fanciullezza, quando gli fece sentire i primi segni della vocazione al sacerdozio ministeriale con l’aiuto dei suoi genitori e dei sacerdoti educatori nel seminario di Conversano, maturati successivamente negli anni giovanili nel Seminario Regionale di Molfetta, dove l’ho conosciuto e ho stretto l’amicizia con lui, che ammiravo per l‘alto profilo della sua pietà e dell’impegno nello studio. La chiamata al sacerdozio ministeriale diventa consacrazione e missione con l’ordinazione presbiterale il 18 dicembre 1954 attraverso l’imposizione delle mani del Vescovo di Conversano, mons. Gregorio Falconieri: un servizio di amore che egli svolge con diverse mansioni pastorali soprattutto nel campo dell’insegnamento in Seminario e per la fiducia dei Vescovi Pugliesi come segretario aggiunto della Conferenza Episcopale Regionale e Direttore dell’Istituto Pastorale. In questi due uffici l’ho conosciuto più direttamente da sacerdote e da vescovo, ammirato per la fedeltà ai Vescovi e per l’intelligente abilità, con cui in anni certamente non facili, dirigeva i diversi corsi di formazione per il clero. Un’esperienza indubbiamente ricca, che lo ha preparato a quella più impegnativa e difficile di Vescovo nella pienezza del sacerdozio. Nominato Vescovo di Termoli e di Larino il 13 maggio 1980, nel giorno della Madonna dei Fatima - un particolare da lui sempre sottolineato per il suo grande amore alla Madonna - ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 29 giugno successivo, qui, nella Piazza di Alberobello, presieduta dal card. Corrado Ursi, in una festa di popolo che la gremiva con viva partecipazione. E da quel giorno ha avuto inizio la sua missione di Vescovo, che successivamente nel 1988 di sarebbe prolungata nell’Arcidiocesi di Lecce in un crescendo di formazione e di donazione, di esperienze e di responsabilità, a livello regionale dove è stato anche Presidente della Conferenza Episcopale Pugliese e a livello nazionale come membro del Consiglio Permanente della Cei.

Ora che finalmente si riposa dalle sue fatiche, spese instancabilmente nella fede e per la fede, dal silenzio della morte corporale, rivolge a tutti noi, l’invito a seguire Cristo con fede convinta, con speranza perseverante e con carità operosa

Pastore secondo il cuore di Dio Innamorato del suo popolo Lascio ad altri ricordare quanto egli ha operato nelle Diocesi di TermoliLarino e di Lecce nel campo pastorale attraverso il triplice e indissociabile ministero di maestro, di santificatore e di guida del popolo di Dio a lui affidato, come anche quanto ha dato alla società, sia come eccellente giornalista sia come vigile e preciso analista dei problemi sociali nel Molise, in Puglia e soprattutto nel Salento. Credo che sia più conveniente e doveroso sottolineare il segreto della sua poliedrica azione pastorale, che egli ha inciso nel motto del suo stemma episcopale “Fides victoria nostra”. Lo ha precisato egli stesso nel testamento spirituale: “È la fede nell’unico Gesù, il Messia morto e Risorto. È la fede che mi ha sempre sostenuto nella mia vita sacerdotale e nella vita episcopale”. La fede è stata il movente primario e fondamentale della sua notevole preparazione culturale e non semplicemente in campo teologico, come risulta dalla vastità e profondità dei suoi scritti, in particolare delle sue 18 lettere pastorali e 5 Lettere particolari, tesi indubbiamente ad alimentare la fede negli altri approfondendo la propria, nella convinzione che la fede si accresce donandola, ma anche ammirandola nei fedeli. Ha scritto nel testamento: “Questa fede ho trovato nel popolo cristiano delle parrocchie e delle diocesi di Termoli-Larino e Lecce, perché ho incontrato tanti credenti, pieni di dolori e di guai, ma ricchi di fede. Ho sempre trovato conferma della mia fede dalle celebrazioni, dagli incontri

con i malati, dagli incontri con il popolo minuto, dal popolo sano, fatto col lavoro e con la sofferenza”. La fede, espressa soprattutto nella preghiera, lo ha sostenuto nel lavoro apostolico, che nel contesto odierno di crescente scristianizzazione, di degrado morale e di aggressivo laicismo, non è facile, non è scevro da preoccupazioni, da insuccessi, da delusioni, che però non possono e non debbono mai degenerare in scoraggiamento e in abdicazione dalla propria missione. Il Sinodo Diocesano, i 27 Convegni Diocesani Pastorali e i 14 Convegni Vari, le Tre Visite Pastorali, e le 20 Settimane della fede ne sono documentata conferma. La fede lo ha sollecitato a preoccuparsi della formazione permanente del clero e di quella iniziale dei futuri sacerdoti. Lo stanno a dimostrare sia gli 11 Convegni Presbiterali, sia la costruzione del nuovo Seminario benedetto e inaugurato da Giovanni Paolo II che il primo di questo mese dal suo grande successore Benedetto XVI è stato proclamato beato nell’esultanza di tutta la Chiesa e di tutto il mondo. La fede lo ha indotto a costruire Chiese, a istituire nuove parrocchie, nel desiderio di dare al popolo maggiore possibilità di sentirsi famiglia di Dio in una comunità e in una casa situate fra le proprie case e a servizio delle proprie famiglie. La fede, che senza le opere è morta, gli ha suggerito di dar vita a iniziative di accoglienza e di carità verso i poveri, gli anziani, e soprattutto gli emarginati, memore che sono essi i privilegiati del Signore con i quali ha

voluto identificarsi, indicando nella loro accoglienza o non accoglienza il criterio di premio o di condanna nel giudizio finale. La fede lo ha sostenuto soprattutto nell’affrontare ben note sofferenze morali e alla fine crescenti sofferenze fisiche, che lo hanno portato alla morte, ma accettate con la consapevolezza di partecipare alle sofferenze di Cristo per la propria e per l’altrui salvezza e santificazione, e avvalorate dalla certezza della presenza di Dio soprattutto nel dolore e dalla speranza nella vita futura, come egli steso ha precisato nel testamento spirituale. Ora che mons. Cosmo ha lasciato l’esilio terreno per raggiungere la Casa del Padre, si possono applicare a lui le parola che San Giovanni udì da una voce, come abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Beati i morti che muoiono nel Signore. Si, dice lo Spirito, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”, mentre dalle nostre labbra e dai nostri cuori sgorga l’affermazione del salmista: “Preziosa agli occhi del Signore e la morte dei giusti”. Ora che finalmente si riposa dalle sue fatiche, spese instancabilmente nella fede e per la fede, dal silenzio della morte corporale, più eloquente dei suoi pur brillanti discorsi, rivolge a tutti noi, incamminati sulla stessa strada verso lo stesso traguardo della vita eterna, l’invito a seguire con fede convinta, con speranza perseverante e con carità operosa, Gesù Cristo,

Alla luce del mistero pasquale quanti abbiamo conosciuto, apprezzato e amato Mons. Ruppi rendiamo grazie al Signore per il dono che ha fatto alla sua Chiesa, suscitando un vescovo secondo il suo cuore l’unico Buon Pastore, la Via, la Verità e la Vita, la luce eterna nell’attesa del giorno senza tramonto. C’invita a servire e ad amare la Chiesa, con fedeltà totale al ministero e al magistero del successore di Pietro, il Romano Pontefice, al quale Gesù ha affidato la missione di confermare i fratelli nella fede, come non si stancava di esortare mons. Ruppi, maestro di fede ammirevole soprattutto per la fedeltà al Papa e al suo Magistero, come ha precisato nel Testamento spirituale. Ed ora, alla luce del mistero pasquale che stiamo celebrando, e certi nella fede che con la morte la vita non è tolta ma trasformata, quanti abbiamo conosciuto, apprezzato e amato Mons. Ruppi rendiamo grazie al Signore per il dono che ha fatto alla sua Chiesa, suscitando un vescovo secondo il suo cuore, innamorato dell’Eucaristia e della Madre di Dio. Fra poco, nella Preghiera Eucaristica, faremo la sua memoria e ci sentiremo uniti a lui più di quanto lo siamo stati fino all’altro ieri, nel vincolo sacramentale del Sacrificio eucaristico, memoriale della morte e della risurrezione del Signore Gesù, pegno e prefigurazione del convito eterno che il Buon Pastore ha preparato ai suoi servi fedeli. E alla fine della Messa, per dire grazie anche a lui, lo affideremo agli Angeli e ai Santi, dei quali è stato esimio cantore, perché accolgano la sua anima e la presentino al trono dell’Altissimo per tutta l’eternità.


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LA MORTE DI MONS. RUPPI IL SALUTO DELLA CHIESA DI LECCE Una vita intera dedicata a promuovere i valori spirituali attraverso i mezzi di comunicazione sociale È stato l’arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio, da presule ma anche da giornalista, a cogliere il senso profondo della vasta attività di comunicazione del suo predecessore, “maestro e cantore per venti anni nell’assemblea santa guidata nei pascoli ubertosi della Parola e dei sacramenti”. Mons. Ruppi sentiva, infatti, di essere collega dei giornalisti, ma, nello stesso tempo era consapevole del suo ruolo di Pastore della diocesi, attento a condividere con gli altri operatori della comunicazione sociale i frutti della propria esperienza spirituale, affinché la trasmissione degli eventi religiosi riuscisse a coniugare la professionalità con i valori umani e cristiani. Da autentico maestro. Riconosciuto da tutti per la convinzione della sua missione di evangelizzatore e per la perizia nel relazionarsi immediatamente con la gente proponendo lo sviluppo delle capacità di giudizio critico. “Come non risentire in questo luogo la forza della Parola che egli spezzava al suo popolo santo coinvolgendolo con la passione dell’annuncio in ogni tempo e con ogni mezzo?”, ha rilevato il presule mons. D’Ambrosio nell’omelia per la messa celebrata lunedì scorso. Abile conoscitore nelle scelte basilari dell’informazione, esperto nelle diverse forme di comunicazione, mons. Ruppi era affascinato dall’arte del giornalismo, Alcuni incontri con gli operatori della comunicazione sociale furono vere e proprie lezioni magistrali. Nell’annuale incontro con i giornalisti, mostrava spesso la sua profonda competenza riguardo ai principi cui ispirarsi ed ai metodi nel trasmettere una notizia. Era solito ricordare che, nell’attuale situazione culturale, “per tanti aspetti caratterizzata dal pensiero debole, dal culto dell’effimero, da modelli predeterminati dagli interessi economici e politici e provocata dalla comunicazione”, per non essere al servizio del potere, l’informazione deva essere orientata da una bussola interiore che addita “l’onestà praticata con professionalità”.

Al servizio della Parola Era solito ricordare che, nell’attuale situazione culturale, per non essere al servizio del potere, l’informazione deve essere orientata da una bussola interiore che addita “l’onestà praticata con professionalità” Si può richiamare alla memoria, ad esempio, quanto affermò nel gennaio 2004, in occasione della ricorrenza di S. Francesco di Sales: “Gli anziani caporedattori ponevano una domanda ai neogiornalisti “Serve questa notizia? O, in realtà, essa serve solo per vendere, per superare la con concorrenza?”. E, considerando alcune situazioni negative, concludeva: “...Io appartengo ad un’altra generazione!”. Per diversi anni, durante la Festa dei giornalisti, duellava scherzosamente con l’on. Cosimo Abate sulla rivendicazione della maggiore anzianità di iscrizione all’Albo. Pur esprimendo concetti profondi ed articolati, il suo linguaggio, nello scrivere, nel comunicare e nel predicare, era volutamente molto semplice e ponderato. Tra l’altro, sapeva cogliere alcuni aspetti mediaticamente molto interessanti rileggendo testi evangelici della liturgia domenicale: ecco, allo-

“Portare il vino nuovo in una società che non ha più vino significa lavorare per la speranza, la gioia, la sapienza: il giornalista è colui che serve alla tavola dell’uomo la verità, il miracolo”, sosteneva con ferma convinzione ra, nel commento delle Nozze di Cana, additare ai giornalisti la capacità di Gesù di portare vino nuovo in una cultura nella quale la gioia è a rischio, l’esaltazione di Maria, attenta alle esigenze umane, lo spirito di servizio della Chiesa inviata a servire ai commensali il frutto del miracolo di Cristo. “Portare il vino nuovo in una società che non ha più vino significa lavorare per la speranza, la gioia, la sapienza: il giornalista è colui che serve alla tavola dell’uomo la verità, il miracolo”, sosteneva con ferma convinzione. Da decenni, oltre a scrivere migliaia di apprezzati articoli sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” e “L’Osservatore Romano”, riscuoteva grande successo con rubriche radiofoniche della Rai e di Radio Maria e con trasmissioni televisive di Telenorba. Un’intera vita, sino agli ultimi giorni, al servizio della Parola. Adolfo Putignano

La Consulta diocesana ringrazia il Signore

“Prega molto, studia moltissimo, obbedisci sempre”

Eccellenza carissima, a nome della Consulta Regionale e Diocesana partecipiamo commossi alla partenza di mons. Cosmo Francesco Ruppi per la Casa del Padre. I membri della consulta diocesana, in più occasioni, hanno constatato la sua profonda attenzione per i Movimenti, lo sprone continuo ad essere più attenti alle realtà sociali, la grande disponibilità, nei momenti difficili, nell’aiutarci a ricercare la via maestra. Ricordiamo, in modo particolare, il referendum per la procreazione assistita: con la sua grande passione in favore della vita ci diede forza e coraggio per formare comitati in tutte le parrocchie della Diocesi. La conclusione positiva del Referendum fu la conferma che la Chiesa unita e motivata può dare una risposta ai tanti problemi della società odierna. Grati al Padre Celeste per il dono ricevuto, assicuriamo le nostre preghiere, chiedendo intercessioni per la realizzazione di una più profonda comunione tra tutte le aggregazioni della Diocesi di Lecce. Agostino Montinaro Flavio De Pascali

“Prega molto, studia moltissimo, obbedisci sempre!”. Sono queste le parole che il nostro amato Arcivescovo Cosmo Francesco ripeteva a noi suoi seminaristi. Mons. Ruppi aveva una predilezione speciale per il Seminario, una predilezione che l’ha portato ad operare anima e forze per la costruzione di un nuovo ed ampio sito adatto per i ragazzi in crescita vocazionale. La comunità del Seminario non ha mai dimenticato l’amore che mons. Ruppi ha avuto per lei fino all’ultimo momento. Per questo motivo giovedì 2 giugno i sacerdoti del seminario, noi seminaristi insieme alle nostre famiglie ci siamo recati al cimitero di Alberobello a pregare sulla sua tomba. Non un momento di preghiera programmato. A parlare è stato il nostro cuore. Abbiamo voluto essere voce di tutti i seminaristi e delle loro famiglie che in questi anni hanno avuto la grazia di essere accompagnati dalla sua persona. Abbiamo elevato a Dio il canto di ringraziamento per il dono di un uomo e di un pastore che per noi e la nostra Chiesa è stato “servo per amore”. Grazie per tutto quello che hai fatto per noi, Eccellenza. Resterai per sempre nei nostri cuori. Simone Pezzuto, Angelo Rizzo, Emanuele Tramacere, Stefano Zaffino, Diego Guglielmi, Carmelo Gentile


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L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

CHIESA DI LECCE

Le attività di giugno Martedì 14 Incontro di formazione missionaria per animatori parrocchiali Istituto Marcelline - Lecce, h. 16.00

Martedì 21 Giornata del Clero - Oasi di Roca, h. 9.30 / 14.00 Corso Liturgico per fotografi - Nuovo Seminario, Aula Mincuzzi, h. 19.30

Domenica 12 giugno 2011

Mercoledì 15 giugno 2011

Sabato 18 Incontro di tutti i Ministri istituiti - Cappella del Nuovo Seminario, h. 17.00 Conclusione anno pastorale in preparazione della G.M.G. di Madrid a cura del Servizio diocesano di pastorale giovanile

Mercoledì 22 Corso Liturgico per fotografi - Nuovo Seminario, Aula Mincuzzi, h. 19.30

Ore 11.30 - Presiede il Pontificale di Pentecoste in Cattedrale Ore 18.30 - Conferisce le Cresime nella Parrocchia dell’Idria

Mattina - Udienze

Domenica 26 Processione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo (part. da Fulgenzio, h. 19.00)

Lunedì 13 giugno 2011

Sabato 18 giugno 2011

29 giugno al 3 luglio “Incontr@Samuel” Campo estivo inizio: sabato, h. 16.30 - fine: domenica h. 12.00

Martedì 14 giugno 2011

Domenica 19 Solennità della Santissima Trinità (XII per annum) Pellegrinaggio mariano dei Diaconi permanenti

Ore 10.30 - Celebra la memoria di S. Antonio nella Chiesa di Fulgenzio Mattina - Udienze

Giovedì 16 giugno 2011 Giornata di ritiro personale Mattina - Udienze Ore 18 - Conferisce le Cresime nella Parrocchia di Fulgenzio Ore 20 - Partecipa alla Festa giovani a conclusione dell’anno pastorale

LA PENTECOSTE FRANCESCO E LO SPIRITO SANTO

Cristiani tra dinamismo e contemplazione “[I frati] attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni cosa: avere lo Spirito del Signore e la Sua Santa operazione, pregare sempre con cuore puro ed avere umiltà e pazienza”. (Rb 10,10-11:104). Questa “overture” per far capire da subito come lo Spirito Santo dono della Pentecoste sia stato al centro della spiritualità del Poverello di Assisi, tanto da non rendere facile il mio compito oggi di scrivere qualcosa sula rapporto Spirito Santo/Francesco d’Assisi. Una cosa è chiara: come scritto anche nello scorso apporto a questo settimanale diocesano, Francesco non teorizza molto i suoi rapporti, neanche quelli con la Santissima Trinità. Cerca invece di trasformarli simultaneamente in esperienza di vita; è per questo che dello Spirito Santo brama innanzi-

PENSANDOCI BENE...

tutto per sé e per i suoi frati la “santa operazione”. La parola “operazione” è tipica di Francesco. Egli la associa sempre allo Spirito Santo. Dal momento del suo sì al Padre dinanzi al vescovo Guido, Francesco percepisce la sua vocazione alla penitenza come continuo piacere alla volontà del Padre, soffiata in lui dallo Spirito Santo, che lo rende ogni giorno più simile al Figlio Gesù. Da questa convinzione deriva la sua spiritualità trinitaria, il suo abbandono, il suo desiderio costante di ricominciare, sempre (cfr. LegM 14,1:1237) in ascolto di uno Spirito che non è staticità ma dinamismo allo stato puro! Nella sua vita, srotolata giorno dopo giorno come antico rotolo profetico denso di nuove benedizioni, lo Spirito scrive come ritornello costante

di Giuseppina Capozzi

NELLA CASA DEL PADRE

Detenzione, solidarietà e lavoro

È morto don Pietro Buttazzo

Il bene comune può essere inteso in modo utilitaristico, come insieme di condizioni necessarie alla realizzazione del singolo, ma anche in modo diverso. Esiste, infatti, un bene che non è semplicemente funzionale al mio bene, ma il mio bene ‘è’ il bene di ognuno: è un bene comune. Io mi realizzo nell’altro, non ho invece ‘bisogno’ dell’altro per realizzarmi. La differenza è di tipo antropologico: il bene comune consiste nella mia partecipazione profonda e indissolubile alla prossimità, intesa come prossimo (superlativo di ‘prope’). In una parola: nella solidarietà. Nel ‘prossimo’ entrano a pieno titolo i nostri fratelli che hanno vissuto in regime di detenzione. La credibilità delle proposte di solidarietà per gli ex-detenuti nasce, quindi, da un profondo e sentito senso di responsabilità condiviso dalla società. Il bene comune e la sicurezza sociale sono intrinsecamente collegati alla tutela dei diritti fondamentali di ogni persona, che è la connotazione primaria della sua dignità. È in questa ottica che il lavoro, come elemento fondante di sostentamento e risocializzazione, è nelle priorità di sperimentali progetti, che fondazioni e associazioni cattoliche stanno avviando in Italia. Fornire opportunità di lavoro e ripristino della dignità ai detenuti, è un’esperienza importante per dimostrare che tutto è possibile, basta volerlo; ogni persona può essere reinserita nella comunità sociale tramite un lavoro dignitoso e questo richiede una complessa ed articolata opera di formazione. I tecnici del settore studiano percorsi personalizzati di orientamento, avviamento e inserimento professionale, con l’obiettivo concreto di ridurre la recidiva in uscita dal carcere. Evitare forme di marginalizzazione e creare occasioni di riscatto si intrecciano, così, con il sostegno alle famiglie degli ex-detenuti, nelle indicazioni programmatiche di coloro che sono impegnati in siffatti progetti. Che il lavoro sia la condizione di partenza per il riscatto appare evidente, anche perché rappresenta il punto di forza per il reclutamento da parte delle organizzazioni malavitose. Queste peraltro, sostenendo le famiglie in difficoltà dei carcerati, innescano un meccanismo di gratitudine che rimane, ad oggi, il primo grande sistema di affiliazione. Ecco che trascurare le famiglie dei detenuti vuol dire liberare il campo al malaffare. La cultura al lavoro rappresenta, di conseguenza, il volano per la riabilitazione e include, in primo luogo, la riprogettazione del sé in un’ottica della legalità. Le tappe di questo processo devono vedere coinvolte diverse professionalità e vanno di pari passo con la soluzione delle problematiche di tipo burocratico e amministrativo, soluzione che consenta, a chi è uscito dal carcere, di superare gli ostacoli che il mondo del lavoro frappone al suo inserimento. Ma la necessità di una adeguata legislazione e normativa, quindi procedura, allarga l’orizzonte sul fulcro del problema: la complessità e la necessità di una sensibilizzazione della cultura sociale. info@giuseppinacapozzi.it

Chi scrive ha avuto il conforto di visitarlo ogni mese in questa sua breve degenza nella casa di riposo di don Antonio Montinaro “senior” in Merine di Lizzanello. L’ultima volta risale a circa due settimane, quando non si pensava affatto ad un vicino addio. Con un comune amico, suo lontano parente, ci trovavamo e avevamo come sempre in un fraterno colloquio. Spesso risalivamo i suoi anni giovanili. Si ricordava assieme anche mio fratello don Raffaele, suo alunno di camerata nel ’44, quando gli studenti di Teologia di Posillipo erano scesi a Lecce per ripararsi dalle bombe che distrussero gran parte di Napoli non lontana dalle operazioni belliche nella guerra di liberazione. Si parlava anche dei suoi grandi docenti di Teologia da P. De Giovanni a P. Regina; da P. Capone a P. De Maria. Scrisse la sua tesi di laurea ma non la discusse, invitato dal venerato vescovo Costa a mettere da parte i libri perchè c’era urgente bisogno pastorale ad Acquarica di Lecce, ove il vecchio parroco ormai da solo non ce la faceva a condurre il lavoro pastorale. E da allora don Pietro non si mosse più da quel centro del vernolese, avendo frattanto ottenu-

to la nomina a parroco in 20 gennaio del ’48. Era senza dubbio il più anziano parroco della diocesi, per cui il compianto monsignor Ruppi che ottenne dalla Santa Sede la nomina di Cappellano di Sua Santità con il titolo di Monsignore. Per l’occasione i parrocchiani gli avevano regalato l’abito piano e, a suo dire l’aveva indossato solo un paio di volte. Ricordiamo anche che i suoi cherichetti - allora un po’ grandetti a giudizio di monsignor Minerva (in tempo preconciliare) conseguivano ogni anno il primo premio di cui è testimone lo scrivente. Ritiratosi da qualche anno dall’ufficio di parroco aveva ottenuto ospitalità “come detto” presso la casa di riposo di don Montinaro in Merine. Conservava ancora una larga apertura teoretica, per cui seguiva da par suo gli eventi Chiesa-mondo; ma stringeva sempre tra mani il Santo Rosario. Il sabato delle tempora autunnali del ’45 era stato ordinato sacerdote assieme a don Colonna e a don Morrone, nella nostra cattedrale. A quella celebrazione solenne c’ero anch’io, che assieme a tanti altri affettuosi confratelli prego pace per l’anima eletta. Oronzo De Simone

le parole di Gesù: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero” (Gv 5,17). La comunità medievale cui Francesco appartiene, ahimè, si va rivestendo di un sontuoso orgoglio del quale i preziosi drappi che adornano dame e cavalieri sembrano essere metafora. In questo contesto si staglia la figura di Francesco, uomo dello Spirito, che diviene “mix” di intraprendenza e abbandono a Dio, di libertà e sottomissione, di dinamismo e contemplazione. Dice Bonaventura: “Lo Spirito del Signore, che lo aveva unto e inviato, assisteva il suo servo Francesco ovunque si dirigesse; lo assisteva Cristo stesso, potenza e sapienza di Dio. Per questo le sue parole sovrabbondavano di sana dottrina” (LegM 12,7:1210). La Chiesa ha bisogno di restauri; alla velleità del suo tempo di appropriarsi delle opere frutto del suo ingegno, alla tentazione dei cristiani di appropriarsi talvolta dell’opera della Salvezza, come se fosse dovuta alla bravura dell’uomo e alla costanza del suo sforzo ascetico, Francesco contrappone la sua continua espropriazione da ogni merito e riconosce con cuore limpido che ogni bene operato viene da Dio, che a Lui possiamo giungere “sola grazia”. (LCap 62:233). Così frate Francesco, pieno dello Spirito del Signore, esorta gli altri frati ad attribuire al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni ed a disprezzare la sapienza di questo mondo e la prudenza della carne (cfr. Rnb 17,11.17:48-49). Non serve il lievito di una falsa sapienza umana, che si sposa con l’ipocrisia e veste il volto del frate di mestizia; il Signore riveste i suoi figli di letizia e graziosa allegria (cfr. Rnb 7,17:27). L’abbandono allo Spirito del Signore e alla sua santa operazione investe così tutta la fraternità dei minori. Anche il “governo dell’Ordine” non è tanto opera dei frati, quanto del ministro generale che è lo Spirito Santo (cfr. 2 Cel 193:779). Concludo oggi con questo riferimento: Francesco scrive ai frati nella prima regola: “Tutti i ministri si radunino a Capitolo generale nella festa di Pentecoste, presso la Chiesa di Santa Maria della Porziuncola” (Rnb 18,2:50). Pentecoste è il tempo in cui si realizza la promessa antica, la chiesetta della Vergine è il luogo in cui i frati si chiudono con Maria nel cenacolo per aprirsi al mondo donando il fuoco ed il vento con cui lo Spirito percuote e accende i loro cuori. Anche noi oggi vogliamo sentirci parte di quella tavola in quelle quattro mura della “stanza alta” aspettando che lo Spirito abbatta anche le ante delle nostre porte chiuse. Fra Paolo Quaranta


L’Ora del Salento

Lecce, 11 giugno 2011

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Torna la 14a per i pensionati

Alcune incertezze interpretative hanno indotto l’Inps a chiarire determinati aspetti riguardanti la corresponsione della cosiddetta “quattordicesima” ai pensionati che ne hanno diritto. Con il messaggio n. 11226 del 20 maggio scorso, l’Istituto previdenziale ha confermato che le regole già vigenti non hanno subito modifiche sostanziali. A decorrere dall’anno 2007, ai sensi della legge n. 127/2007, in favore dei pensionati di età pari o superiore a 64 anni, titolari di uno o più trattamenti pensionistici erogati dall’Inps (lavoratori dipendenti o autonomi), dal fondo clero e dalle forme sostitutive, esclusive ed esonerative gestite da enti di previdenza obbligatoria, viene riconosciuto il diritto ad una somma aggiuntiva differenziata in funzione dell’anzianità contributiva. Tale somma, per l’appunto una specie di quattordicesima mensilità, viene erogata unitamente alla rata mensile della pensione di luglio e spetta a condizione che il pensionato non possegga nell’anno stesso un reddito complessivo personale superiore ad una volta e mezzo il trattamento minimo Inps (quindi, per il 2011, euro 9.114,89). Ai fini della determinazione del reddito si considerano tutti i redditi (compresi quelli esenti da imposte) soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva oppure conseguiti all’estero, escludendo dal computo i redditi relativi alla casa di abitazione, i trattamenti di fine rapporto e le somme corrisposte a titolo di competenze arretrate soggette a tassazione separata. Vanno esclusi dal computo

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

anche i redditi derivanti dagli assegni familiari e dalle indennità di accompagnamento. La somma aggiuntiva non costituisce reddito né ai fini fiscali né ai fini della erogazione di prestazioni previdenziali ed assistenziali, ma influisce soltanto per la percezione della maggiorazione sociale ed è rilevante ai fini della concessione del diritto alla Carta Acquisti, la cosiddetta Social Card. I pensionati Inpdap - passiamo quindi ora agli ex dipendenti pubblici - che potrebbero aver diritto al beneficio, hanno invece ricevuto, allegata al Cud 2011, una lettera con la quale sono stati invitati a presentare alla sede Inpdap competente la dichiarazione dei redditi individuali presunti, diversi da pensione, riferiti appunto all’anno 2011. Tale autocertificazione, per coloro che compiono i 64 anni entro il 30 giugno 2011, andava presentata - ricordiamo ancora che la scadenza riguarda soltanto i pensionati Inpdap entro il 27 maggio 2011. Avendo presentato la dichiarazione reddituale in tempo utile, il pensionato riceverà con la mensilità di luglio 2011 - qualora ne abbia diritto - una somma aggiuntiva, in base all’anzianità contributiva posseduta, con importi differenziati ricompresi tra un minimo di euro 336, per anzianità contributive fino a 15 anni e un massimo di euro 504, per anzianità contributive superiori a 25 anni. Presentando invece la dichiarazione dopo la scadenza, o maturando l’età dopo il primo luglio 2011, il pensionato riceverà il pagamento della prestazione con la mensilità di dicembre 2011.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Condizioni per consegnare il diploma con la lode Sarà un po’ più difficile aver la “lode” nei prossimi esami di Stato dei licei e degli altri istituti superiori. I maturandi lo hanno appreso il 6 maggio scorso, leggendo qualche stralcio dell’art. 20 della lunga ordinanza n. 42, con la quale il Ministro, signora Gelmini, ha emanato le disposizioni sugli esami di Stato, ai quali si sottoporranno gli studenti diciannovenni, a cominciare da mercoledì, 22 giugno prossimo. Sino allo scorso anno, gli studenti sapevano che, se avessero voluto raggiungere la lode, avrebbero dovuto ricevere il massimo dei voti in ciascuna prova d’esame, cioè 15 punti in ognuna delle tre prove scritte e 30 al colloquio, 75 in totale. Non soltanto, gli aspiranti alla lode avrebbero dovuto avere il massimo del credito scolastico: cioè 25 punti, raggiungibile sommando i crediti ottenuti nel triennio finale. In sostanza, gli studenti interessati alla lode avrebbero dovuto ricevere 8 punti di credito nel 2008/09, altrettanti nel 2009/10 e 9 punti nell’anno in corso. Peraltro, gli otto punti di credito, richiesti agli studenti maturandi del 2009/10, dovevano essere stati attribuiti all’unanimità, da parte dei componenti del consiglio della terza classe. Fra prove d’esame e credito scolastico, quindi, gli studenti desiderosi della lode avrebbero dovuto raggiungere il massimo dei punti: 100. La rigida scansione dei punteggi sopra indicata non avrebbe potuto far nutrire ambizioni di lode agli studenti che avessero raggiunto il massimo previsto di 100 punti, godendo del bonus sino a 5 punti, che la Commissione d’esame può assegnare agli studente che siano stati ammessi alle prove d’esame con un credito scolastico non inferiore a 15 punti, e che alle prove scritte ed al colloquio abbiano riportato non meno di 70 punti. C’era ancora un’ulteriore condizione per aver la lode, legata ad una disposizione, tuttora in vigore, la quale consente che il consiglio di classe, in sede di formazione del giudizio di ammissione dello studente agli esami di Stato, elevi il credito scolastico dello studente, sino a fargli raggiungere il livello massimo di 25 punti complessivi. Tale beneficio può essere assegnato soltanto nello scrutinio dell’ultimo anno del corso, ed esclusivamente in considerazione del particolare impegno e merito scolastico, che lo studente avrà dimostrato nel recupero di situazioni di svantaggio, che avrà dovuto affrontare negli anni precedenti, in relazione a situazioni familiari o personali dell’alunno stesso, che ne abbiano determinato un minor rendimento, e, in conseguenza, un credito o scolastico inferiore al massimo previsto. Orbene, l’ordinanza ministeriale sopra citata pretende che l’aspirante alla lode non abbia beneficiato di tale integrazione di credito nel 2010. Infine, nello scrutinio finale del giugno 2010, gli studenti avrebbero dovuto riportare non meno di otto decimi in ognuna delle materie del curriculum. Quest’anno le possibilità di conseguire la lode sono divenute un po’ più rade. Per i neo-maturandi, in verità, restano tutte integre le condizioni che erano previste lo scorso anno per la lode, ma ad esse se ne aggiungono altre due.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Il 20% degli italiani soffrono di allergie Il 20% degli italiani soffre di allergie, e nel 2020 si raggiungerà il 25%: un connazionale su 4. Se poi si contano anche tutti gli episodi sporadici, le cifre del problema arrivano quasi a raddoppiare. E i bambini sono la categoria più esposta. Il principale incontro di allergologia e immunologia clinica in programma nel 2011 riferisce una nota - riunisce oltre 800 specialisti della Società italiana di allergologia e immunologia clinica (Siaic), dell’Aaito (allergologi territoriali ospedalieri) e della Società italiana di immunologia, immunologia clinica e allergologia (Siica). “Nell’arco di pochi anni spiega Massimo Triggiani, presidente eletto della Siaic e docente di allergologia e immunologia clinica all’università Federico II di Napoli - se non saranno adottate opportune misure di prevenzione e diagnosi precoce, l’incidenza di casi di allergie potrà raggiungere anche il 40% sull’intera popolazione”. Il programma scientifico elaborato dalle tre società vuole rappresentare per tutti i partecipanti un valido aggiornamento sui principali aspetti fisiopatologici, clinici, diagnostici, terapeutici e gestionali delle malattie allergiche ed immunomediate. Saranno affrontate anche tematiche di stretta attualità e sperimentazioni scientifiche con nuovi e importanti risultati. Per esempio, “la diagno-

stica molecolare è un nuovo oggetto di studio. Stiamo sperimentando nuovi sistemi per diagnosi di allergie complessi - continua Triggiani - anziché limitarsi a identificare in generale l’alimento o gli alimenti a cui si è allergici, questa metodica consente di scoprire direttamente le proteine che causano l’allergia. Ad esempio, l’allergene che c’è nei crostacei è molto simile a quello che si trova nell’acaro della polvere. Ed è importante saperlo per chi presenta una delle due allergie conclamate. I pazienti che presentano sensibilizzazioni multiple potranno quindi identificare la componente che causa il problema senza grandi quantità di test e potranno eventualmente essere trattati con terapie desensibilizzanti mirate. Lo studio procede con la diagnostica in vitro, tramite un semplice prelievo di campione di sangue”. La società in cui viviamo, sempre più pulita e sterilizzata - avvertono gli esperti - influenza e rende più fragile il nostro sistema immunitario che, non avendo più lavoro di difesa contro le infezioni da svolgere, arriva a commettere errori frequenti, come le reazioni nei confronti di allergeni che in realtà sono innocui. La presenza di varie allergie e di vari livelli di incidenza impongono un nuovo modo di curare la popolazione, non più in modalità generalizzate ma tramite terapie personalizzate.

Acqua potabile: una scelta per la vita di ogni uomo

La giustizia tributaria e i cittadini

Oggi nel mondo 1,3 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile e 2,5 miliardi sono prive di servizi igienicosanitari. Secondo il programma Onu per lo sviluppo, nei prossimi venti anni, a causa del cambiamento climatico, agli ordinari fenomeni di migrazione si aggiungeranno 500 milioni di profughi idrici, ovvero persone che dovranno abbandonare il luogo in cui vivono perché non avranno più accesso all’acqua. Nel frattempo, nel mondo sono in corso più di 50 conflitti internazionali legati alla proprietà, alla spartizione e all’uso dell’acqua. Basterebbero questi dati per restituire significato all’importante battaglia per l’acqua in corso sul pianeta: una vera e propria battaglia di civiltà e per il diritto al futuro di questa e delle prossime generazioni. L’acqua, bene essenziale alla vita, è oggi un bene sempre più scarso. L’aumento della popolazione mondiale, i fenomeni di urbanizzazione forzata, l’esplosione dei consumi di acqua pro- capite nelle ricche nazioni industrializzate, le massicce deforestazioni in corso, i rischi climatici, la progressiva cementificazione dei territori, gli inquinamenti prodotti dalle attività industriali, dall’agricoltura intensiva e dai grandi agglomerati urbani, hanno reso l’approvvigionamento idrico un problema drammatico per molte fasce della popolazione. È proprio il binomio essenzialità/scarsità ad aver calamitato sull’acqua gli interessi di un modello economico e finanziario che, essendo basato sul profitto, ha visto in questo elemento la possibilità di un business garantito. Se per far comprare una nuova automobile o un nuovo telefono cellulare ogni sei mesi sono necessarie ingenti spese di pubblicità che inducano all’acquisto, non c’è bisogno di nessuna campagna di comunicazione per convincere le persone a consumare acqua: sono necessitate a farlo, tutti i giorni e per sempre. Quello dell’acqua può diventare un mercato che gli economisti chiamano “a domanda rigida”, ovvero con garanzia permanente di profitto. In Italia, i processi di privatizzazione sono iniziati con l’approvazione della legge n. 36/94, che, pur avendo positivamente deciso l’accorpamento delle gestioni in Ambiti territoriali ottimali, superando la frammentazione delle stesse, ha introdotto una gestione dei servizi idrici improntata a una concezione aziendalista e orientata al raggiungimento del profitto, prevedendo, tra l’altro, che l’intero costo del servizio fosse coperto dalla sola tariffa e introducendo, fra le voci di questa, anche l’adeguata remunerazione del capitale investito, ovvero la garanzia del profitto per i soggetti gestori. Si è determinata da allora la trasformazione delle precedenti aziende municipalizzate - che per oltre 60 anni avevano gestito il servizio idrico - in società per azioni, ovvero enti di diritto privato il cui unico scopo è la produzione di dividendi per gli azionisti. Con la privatizzazione del servizio idrico, non solo le popolazioni perdono tutte le possibilità di controllo del ciclo dell’acqua, ma persino gli stessi organismi elettivi come i consigli comunali vengono espropriati di tutte le decisioni, da quel momento affidate ai consigli di amministrazione delle Spa. Sì, il 12 giugno significa libertà e democrazia.

La parte soccombente nel giudizio di primo grado può, se insoddisfatta, rimuovere gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla sentenza ritenuta inappagante. Può dunque utilizzare le impugnazioni previste dalla legge per ottenere una revisione della pronuncia, ad opera, normalmente, di un altro giudice. I mezzi per impugnare le sentenze delle Commissioni tributarie sono riconducibili: all’appello, per le sentenze delle Commissioni provinciali; al ricorso per Cassazione, per le sentenze delle Commissioni regionali; alla revocazione, per le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, in presenza di particolari e gravi motivi. L’impugnazione di una sentenza è ammissibile in presenza di due specifici presupposti: l’interesse ad impugnare, che sussiste solamente nei confronti della parte soccombente nella causa; la legittimazione all’impugnazione, che sussiste solamente nei confronti dei soggetti che hanno assunto la qualità di parte nel processo in cui la sentenza è stata pronunciata, anche in mancanza di costituzione in giudizio. Il giudizio di appello innanzi alla Commissione regionale Nel giudizio di appello si applicano, in quanto compatibili, le norme previste per il giudizio di primo grado, già trattate precedentemente. In particolare, il ricorso in appello deve contenere, a pena di inammissibilità, le seguenti indicazioni: la Commissione tributaria a cui è diretto; le generalità dell’appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto; gli estremi della sentenza impugnata; l’esposizione sommaria dei fatti; l’oggetto della domanda; i motivi specifici dell’impugnazione; la sottoscrizione del difensore abilitato dell’appellante, con l’indicazione del relativo incarico. L’appello può, inoltre, contenere la richiesta di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado limitatamente alle sanzioni. In tal caso le condizioni per ottenere la sospensione sono le stesse previste in caso di istanza proposta alla Commissione provinciale. Non è richiesto che all’appello sia allegata la sentenza impugnata. Inoltre, le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della Commissione provinciale che non sono specificamente proposte in appello, si intendono rinunciate. Tra l’altro, non possono proporsi domande nuoveo nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio. Possono tuttavia essere chiesti gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata. Il termine di appello può essere breve o lungo. Quello breve, di 60 giorni, si applica se la sentenza della Commissione provinciale è notificata, tramite ufficiale giudiziario, ad opera di una parte e decorre dalla data della notifica stessa. Quello lungo, di 1 anno e 46 giorni, si applica quando la suddetta sentenza non è stata notificata e decorre dalla data di pubblicazione della sentenza (deposito in segreteria). Giangaspare Donato Toma


Lecce, 11 giugno 2011

speciale

L’Ora del Salento

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PASTORALE FAMILIARE QUESTO MISTERO È GRANDE Dall’11 al 17 giugno presso il Centro “Le Sorgenti” si tiene la Settimana di spiritualità per coniugi cristiani

Il matrimonio esperienza cristiana Si terrà dall’11 al 17 giugno 2011, la “Settimana di Spiritualità per coniugi cristiani”. Significato e spiritualità del sacramento del matrimonio. “Questo mistero è grande” (Ef. 5,32). Rivolta a vivere il matrimonio come sacramento “pieno della grazia sacramentale” e non come se si trattasse di un fatto puramente sociologico. La ricostruzione del matrimonio come sacramento conduce gli sposi alla scoperta della presenza di Dio nella loro vita ed alla gioia di vivere una vita nuova e tanto più bella di prima. Tutto questo al fine di indicare uno stile di vita sano e santo attraverso una via spirituale sicura e certa. Il soggiorno è presso la Comunità Emmanuel “Centro Le Sorgenti” Strada provinciale Lecce-Novoli, 23. I relatori sono il prof. Tarcisio Mezzetti e la sua équipe; il responsabile spirituale è don Gigi Fanciano. Il programma prevede le odi ogni giorno alle ore 8.00. Sabato l’orario di inizio è per le 17.00 con la S. Messa. Alle 18.00, l’introduzione: “... come fa Cristo con la Chiesa...” (Ef 5,25); alle 21.00, si affronterà il tema Il dono dell’amore nella coppia cristiana: “… li

hai amati come hai amato me” (Gv 17, 20-6). Domenica alle 9.00, riflessione su La religiosità nella coppia cristiana: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza …” (Gen 2, 26-31); alle 11:00, La presenza di Dio nella coppia cristiana: “E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 10-14); nel pomeriggio, alle 15.30, “peccato come ostacolo di comunione nella coppia cristiana “… ho avuto paura perché sono nudo” (Gen 3, 8-20). Messa alle 17.00 e in conclusione di serata, 18.00, toccherà il tema de L’esperienza di Dio rapporto coniugale della coppia cristiana: “… e i due saranno una sola carne” (Gen 2, 18-25). Lunedì, alle 9.00, si aprirà la settimana con: La presenza di Cristo nel rapporto coniugale della coppia cristiana: “Egli è immagine del Dio invisibile …” (Col 1, 15-20)”; nel pomeriggio, alle :30, Il rispetto reciproco nella coppia cristiana: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” (Ef 5, 21-33) e la . Messa, alle 18:30. Martedì alle 9.00, “Il perdono permanente nella coppia cristiana: “… fino a settanta volte sette” (Mt 18, 21-22);

nel pomeriggio alle 15:30 “Il servizio con amore nella coppia cristiana: … Vi ho dato infatti l’esempio …” (Gen 13, 1-17) e, alle 16.00, “Rilascio del perdono attraverso la lavanda dei piedi.Alle 18.30 celebrazione della S. Messa Mercoledì, alle 9.00, tra i temi del giorno: La battaglia spirituale nella coppia cristiana, “La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne …” (Ef 6, 10-18 )”; alle ore 15.30: La tentazione nella coppia cristiana: “Il tentatore allora gli si accostò e gli disse …” (Mt 4, 3); e alle 18.30, la S. Messa. Giovedì, alle ore 9.00, “La strategia spirituale nella coppia cristiana,“Prendete le armi che Dio vi dà” (Ef 6, 13-20), e alle 15.30: La indissolubilità del legame nella coppia cristiana: “Quello dunque che Dio ha congiunto …” (Mt 19, 1-6) . Alle 18.30 . Messa. Venerdì, alle 9.00, La trasformazione in Cristo della coppia cristiana: “… noi saremo simili a lui” (1Gv 2, 28-29; 3, 1-2). E alle 10.30, S. Messa con il rinnovo delle promesse matrimoniali. Seguiranno testimonianze e conclusione. Vincenza Sava

Azione Cattolica/Riconferma per il triennio 2011/2014

Fulgenzio/Una conferenza alla biblioteca “Caracciolo”

Franco Miano ancora presidente Antonio da Padova, storia e devozione Franco Miano è stato confermato Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana per il triennio 2011-14. La nomina è avvenuta lo scorso 25 maggio in seno al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana che ha scelto all’interno della terna di nomi che il Consiglio nazionale dell’Azione Cattolica Italiana aveva indicato dopo la conclusione della XIV Assemblea nazionale dell’Associazione. “Nell’esprimere la mia profonda gratitudine al Consiglio nazionale del’AC e ai nostri vescovi, in primo luogo al presidente card. Angelo Bagnasco e ai membri del Consiglio episcopale permanente della Cei, per la confermata fiducia riposta nella mia persona, affidandomi nuovamente un servizio che spero di onorare con l’aiuto del Signore, rinnovo il mio sì alla lunga storia dell’Associazione e alla sua viva tradizione - ha dichiarato Franco Miano appresa la notizia della riconferma -. Il mio primo pensiero in questo momento va a tutti i soci e ai sacerdoti assistenti della nostra Azione Cattolica impegnati nelle migliaia in parrocchie della nostra amata Italia. A loro rivolgo un grande e forte abbraccio dicendo grazie per le energie che spendono nel rendere la nostra Associazione ancora più bella e più pronta a muovere i suoi passi, insieme a tutta la Chiesa, ai nostri carissimi pastori, al fine dell’annuncio del Vangelo all’uomo di oggi”. “In questo cammino ci sia di sostegno l’insegnamento di Benedetto XVI - ha continuato il presidente - È ancora vivo nel cuore di tutti il ricordo bellissimo dell’Incontro nazionale dello scorso 30 Ottobre in Piazza San Pietro con decine di migliaia di ragazzi e giovanissimi.

L’Azione Cattolica desidera essere sempre più disponibile nel suo servizio alla Chiesa, rispondendo all’invito rivoltoci quel giorno dallo stesso Santo Padre: “Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia di non lasciare nessun ambiente privo di Gesù, della sua tenerezza che fate sperimentare a tutti, anche ai più bisognosi e abbandonati, con la vostra missione di educatori”. Indicandoci esempi di amore genuino nei tanti beati e santi di Azione Cattolica: da Piergiorgio Frassati ad Alberto Marvelli, da Pierina Morosini ad Antonia Mesina. Cosi come altre grandi figure di uomini e donne, da Giuseppe Toniolo, prossimo alla beatificazione, ad Armida Barelli”. “L’Azione Cattolica in questo tempo - ha concluso Miano - si pone ancora una volta al servizio dell’uomo per onorare la dignità personale con i suoi valori irrinunciabili, a cominciare dalla vita e dalla pace, dalla

famiglia e dall’educazione, per camminare accanto a tutti e a ciascuno, a tessere insieme una trama viva di relazioni fraterne. Ciò significa spendersi in favore del bene comune, attraverso l’educazione alla responsabilità personale, all’impegno pubblico, al senso delle istituzioni, alla partecipazione, alla democrazia. Mi piace citare in questo giorno, come già tre anni fa, la frase pronunciata nel 1964 da Vittorio Bachelet quando venne nominato Presidente dell’Associazione: ‘L’Azione Cattolica vorrebbe aiutare gli italiani ad amare Dio e ad amare gli uomini. Essa vorrebbe essere un semplice strumento attraverso il quale i cattolici italiani siano aiutati a vivere integralmente e responsabilmente la vita della Chiesa; e insieme a vivere con pieno rispettoso impegno cristiano la vita della comunità temporale e della convivenza civile”. Nicola Rocca

Son trascorsi ottocento anni dalla morte di Antonio di Padova, eppure la devozione al Santo è tuttora vissuta con un’intensità che va oltre ogni statua, icona o reliquia. Lo si invoca per la sua fama di taumaturgo, lo si menziona come esempio di cultura e umiltà, lo si venera in molti paesi del mondo. Un’immagine siffatta del Santo, per chi conosce la materia, non è affatto nuova, ma la chiara esposizione contornata da puntuali riferimenti storici e bibliografici di fr. Luciano Bertazzo non ha mancato di sorprendere l’uditorio della conferenza tenutasi lo scorso 6 giugno, presso la biblioteca “R. Caracciolo” dei Frati Minori di Lecce. La corposa platea presente all’incontro si è mostrata oltremodo attenta alle parole di fr. Luciano che non celano la sua grande passione per il Santo, passione che da anni lo accompagna nelle ricerche presso il Centro di Studi Antoniani di Padova, di cui è direttore. “Per poter parlare di lui - ha esordito fr. Luciano - è necessario dividere l’Antonio della storia con quello della devozione popolare”. Comprendere il primo non appare facile perché della sua vita non si hanno che notizie piuttosto incerte, molte derivanti da agiografie successive che nel corso dei secoli si sono arricchite di particolari. Non ha mai parlato di sé. Un uomo di grande pudore, che le agiografie hanno sovente descritto come “l’uomo dalla parola potente perché amava i grandi silenzi”. Ma Antonio era anche un uomo inquieto perché in attesa del ritorno del Signore, un uomo di speranza che non si sente mai arrivato. Espressione di questa cristiana inquietudine è la sua stessa vita: nonostante le favorevoli premesse per una vantaggiosa carriera ecclesiastica, dopo una formazione culturale di altissimo livello, lascia la famiglia per entrare nel Monastero di Canonici Agostiniani di San Vincenzo di Lisbona. Dopo l’incontro con il francescanesimo e l’eccezionale testimonianza di fede che leggeva nelle gesta dei protomartiri, decise di partire anch’egli per il Marocco; ma il cammino tracciato per lui lo fece tornare in Italia portando dietro di sé, come eredità del suo viaggio, un virus che lo condurrà alla morte alcuni anni dopo. Giunto in un eremo di Montepaolo nei pressi di Forlì, Antonio, affronta il viaggio più difficile, quello in se stesso che lo porta a ravvisare la presenza di Dio in lui mettendosi in ascolto della sua parola. Fu così che “l’uomo degli eremi, amante del silenzio, diventa l’uomo della predicazione della parola, l’instancabile evangelista”: di giorno predicava in città, la sera si ritirava nell’eremo

per caricare ogni sua parola della forza dell’ascolto. L’Antonio della storia muore il 13 giugno 1231. La sua vita, la sua predicazione e i suoi miracoli fecero sì che venisse subito canonizzato, dopo solo un anno dalla morte, il 30 maggio 1232, da Papa Gregorio IX. Nella bolla di canonizzazione, Papa Gregorio IX, lo descriverà come “Il grande annunciatore della Parola di Dio” all’interno della quale il Santo Padovano promana anche il delicato richiamo alla conversione e alla penitenza. Il paradosso più grande è che proprio Antonio, l’uomo dotto, diviene il Santo della devozione popolare: il Santo della confidenza, il Santo amico che aveva una particolare attenzione per i più bisognosi. Attraverso lui si può intravedere il volto di Dio, come realtà concreta e tangibile della sua bontà soccorritrice. In chiusura, prima del saluto all’assemblea, fr. Luciano, ha fatto qualche cenno ai tre simboli iconografici accostati alla figura di Sant’Antonio di Padova, oggi conosciuta e venerata in diverse zone del mondo. Con il giglio si esprime la purezza della vita, il libro rappresenta la parola di Dio e, infine, Gesù Bambino simboleggia di amore tenero e disponibile. Spesso, ad accompagnarlo anche l’immagine del pane, a ricordare la carità con la quale il Santo ha permeato l’intera sua esistenza. Serena Carbone


L’Ora del Salento 11

Lecce, 11 giugno 2011

zoom

LECCE/ A tu per tu con il prof. Michele Mirabella

LA FOTO DEL MESE

L’uomo che sussurrava al cavallo

Siamo ciò che mangiamo In occasione dell’evento “La Cucina Mediterranea, patrimonio dell’Umanità”, svoltosi il 28 e 29 maggio scorso a Lecce e organizzato da Inden Cucine, abbiamo intervistato colui che è stato definito “l’ospite d’onore dell’iniziativa”, il prof. Michele Mirabella, per quanto concerne l’importanza dell’alimentazione e in particolare di quella tipica mediterranea e salentina.

Un lavoro frenetico, impegni costanti, orari da rispettare, consegne da onorare. Una professione, quella di architetto, che finora gli aveva assorbito quasi la totalità delle ore della giornata, tutte le energie e le fatiche quotidiane. Poi, un giorno, la decisione di cominciare a guardarsi dentro, a riflettere sulla propria vita, sulle proprie passioni, sul proprio benessere. Da allora Aniello Lezzi, architetto e docente in un liceo artistico nel salentino, dedica la sua vita al cavallo Vasco, compagno di viaggio di un percorso bellissimo, fatto di passione, di fiducia, di impegno, di affetto sincero. Qualche anno fa, un bestseller “L’Uomo che sussurrava ai cavalli” descriveva con puntualità e ricchezza di particolari lo straordinario rapporto che può venirsi a creare tra un cavallo ed un essere umano. Oggi, per Aniello e per Vasco, la trama di quel romanzo è diventata realtà. (A.N.)

RADIO E DINTORNI

di Alberto Marangio

Quale peso ricopre la dieta alimentare ai fini del benessere fisico? La dieta alimentare è tutto. Noi siamo e diventiamo quello che mangiamo. È la parte più decisiva dello stile di vita di una persona. Anzi, potremmo quasi dire che la nostra salute dipende da quello che non mangiamo e di cui ci priviamo. Spesso ci nutriamo con alimenti superflui e dannosi, invece di farlo con cibi salutari o addirittura indispensabili. Quali sono i “comandamenti del mangiar sano”? I comandamenti potrebbero quindi essere: genuinità del prodotto, pochi artifici, sobrietà. Per godere di una buona salute dovremmo mangiare di meno e meglio, evitando gli artifici e gli interventi della chimica sui prodotti alimentari. Continuiamo erroneamente ad ingerire quantità di cibo pari a quelle dei nostri antenati, quando invece l’evoluzione tecnologica e sociale ci ha resi molto più sedentari e lontani dai lavori che richiedono un notevole impiego di sforzo fisico, e quindi di energia. Perché mangiare bistecche tutti i giorni se non dobbiamo andare a faticare, ma trascorriamo le nostre giornate davanti al computer? Possiamo

so st i t u i r l e con un filetto, che è molto più leggero, oppure con un po’ di pane e pomodoro. Vale la pena mangiare di più quando, con le attività che ci accingiamo a svolgere, dobbiamo consumare una maggiore quantità di calorie; se invece mangiamo più di quanto necessiti il nostro fisico, questa abitudine ci aiuterà solo ad ingrassare. Di contro però, occorre stare anche attenti a non consumare più di quanto si ingerisca, altrimenti l’organismo, dopo aver bruciato tutte le riserve di grasso, attaccherà il muscolo, per ricavarne l’energia di cui ha bisogno. Sono banalità, ma troppo spesso sottovalutate. La dieta mediterranea, e di conseguenza anche l’alimentazione tipica salentina, è più salutare delle altre? Quali principi segue? Certamente, la dieta mediterranea è già pronta per essere usata, anzi occorre stare attenti a non rovinarla modificandola in base alle proprie comodità. La nostra alimentazione genuina si basa sull’olio d’oliva, possibilmente italiano, su pomodori, verdure, poca carne, pesce preparato in maniera semplice, pasta in quantità moderate e pane, fatto con farine non troppo raffinate, come il pane casereccio di Altamura o di Laterza. Abbiamo rivolto l’ultima domanda, più specifica, alla dott.ssa Monica Germani, Me-

dico Nutrizionista della Società Italiana Scienza dell’Alimentazione. Un cenno all’attualità internazionale. In questi giorni le patate sono al centro di una polverosa polemica. Il governo americano vuole bandirle dalle mense scolastiche e ridurne l’impiego. I nutrizionisti italiani sono divisi sul dibattito: qualcuno asserisce che sono inutili o perfino dannose, perché aumentano l’insulina, altri affermano che sono salutari per i muscoli e per il cuore. Molti ironizzano sul fatto che questa “lotta al tubero” sia partita proprio dal Nuovo Continente, che per primo ha conosciuto questa coltivazione, diffondendola nel mondo. Lei cosa pensa a riguardo? Ciò che gli ultimi studi affermando, e cioè che le patate possono essere dannose e iperglicemizzanti, è assolutamente errato. È ovvio che noi siamo abituati a porzioni molto grandi, e la possibilità che questo alimenti possa essere dannoso risiede soprattutto negli abusi che ne facciamo. Perfino le patatine fritte, se mangiate saltuariamente, non fanno male. Insomma, anche le patate sono un uno degli alimenti importanti che devono far parte della nostra dieta. Grazia Pia Licheri

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Radio1 e Radio Vaticana sulla “Via della Plata”

Unità sì, Risorgimento no

I programmi della serie “Pellegrinaggi” di Radio Rai sono delle produzioni realizzate partendo da luoghi di particolare interesse storico e culturale, nel corso delle quali vengono riportati quotidianamente - al completamento di ciascuna delle giornate affrontate - i resoconti e le considerazioni dei vari corrispondenti inviati. Tra gli itinerari percorsi dal 2004, ricordiamo la Via Francigena (da Canterbury a Roma), la Serenissima (a vela, da Venezia a Istanbul) e la Via di Olaf (da Oslo fino a Trondheim). Quest’anno invece, dal 1° maggio al 6 giugno, Radio1 ha raccontato tutti i giorni un frammento della Via della Plata, in Spagna, da Merida a Santiago de Compostela (una delle principali arterie della penisola iberica): un viaggio di 800 km da percorrere interamente a piedi, intrapreso a sua volta in concomitanza con la terza Giornata nazionale dei cammini francigeni (promossa come sempre dalla Associazione “Rete dei cammini”). Voce protagonista del programma itinerante (giunto a conclusione lo scorso lunedì 6 giugno) è stata anche quest’anno quella di Sergio Valzania, per un totale di 36 puntate registrate nell’arco di altrettanti giorni. Rispetto tuttavia alle iniziative realizzate nelle serie precedenti, ed in seguito ad un accordo tra Radio Rai e la Comunità radiotelevisiva italofona, nel corso dell’edizione appena terminata il conduttore è stato accompagnato di settimana in settimana da uno speaker proveniente da ciascuna delle altre sei radio che hanno aderito al progetto, ovvero Radio Albania, Radio Capodistria, Radio Croata, Radio San Marino, Radio Svizzera e Radio Vaticana. Proprio Radio Vaticana, grazie al contributo dell’inviato Rosario Tronnolone (redattore della trasmissione Orizzonti Cristiani), è stata la seconda emittente ad affiancare Radio1 (il relativo pod-cast è on-line all’indirizzo http:// www.radiovaticana.org/it) stessa emittente pontificia, l’esperienza riportata può nel suo complesso considerarsi straordinaria non solo per l’eccezionale componente storica o archeologica, legata magari al recupero di un evocativo cammino dalle atmosfere medievali, quanto perché ha effettivamente rappresentato un’avventura senza tempo, in grado di racchiudere al suo interno una inevitabile riflessione riguardante lo “smarrirsi”. Metafora, quest’ultima, dell’esistenza e del cammino spirituale dell’uomo, sia nelle vesti di pellegrino che nella vita di tutti i giorni.

L’unità politica italiana è una realtà consolidata, ma il processo di unificazione nazionale si è svolto prima attraverso una lunga serie di eventi sanguinosi e drammatici (non ultima la repressione indiscriminata nel Sud contro i cosiddetti “briganti”), quindi mediante una mitizzazione che spesso offende la verità storica, provocando almeno tre profonde ferite che permangono nel tessuto e nella memoria del Paese. È questo, in estrema sintesi, il messaggio che si ricava dalla lettura del recente volume edito dalle Edizioni Cantagalli e curato dagli storici Francesco Pappalardo e Oscar Sanguinetti: “1861-2011. A centocinquant’anni dall’unità d’Italia quale identità?” (Siena, 2011, pagg. 201). Quali sarebbero allora le tre profonde ferite inflitte dalle politiche risorgimentali al tessuto sociale italiano? È presto detto: la “questione cattolica”, iniziata nel 1848, esplosa nel 1870 con la breccia di Porta Pia e risolta giuridicamente solo dal Concordato e dai Patti Lateranensi molto più tardi, nel 1929; la “questione istituzionale”, nata con la scelta d’imporre a realtà differenti un modello di Stato prefettizio e dunque fortemente centralista, escludendo ogni forma di federalismo sia politico che sociale; la “questione meridionale”, con l’inizio dell’emigrazione massiccia verso le Americhe e con il consolidamento di realtà criminose come mafia e camorra. L’Italia, come si sa, non nasce con l’Unità politica realizzata nel 1861. “Fu invece l’eredità preziosa della civiltà romana e di quella medioevale, animata dalla fede cristiana, a spingere gli italiani a modellare il paesaggio, a costruire cattedrali, a fondare università e ospedali, a rag-

giungere i vertici nelle diverse arti e a servire la Cristianità con politici, diplomatici, militari e uomini di cultura. Formando così quella nazione che annovera nei secoli Dante Alighieri, santa Caterina da Siena, san Francesco d’Assisi, Cristoforo Colombo e i molti altri che nelle arti, nella fede, nella cultura l’hanno popolata e resa grande”. Il libro curato da Pappalardo e Sanguinetti, che raccoglie una serie di saggi, non mette in questione l’Unità, che è dato di fatto insuperabile, ma invita a riflettere su questa grande eredità storica che precedette il 1861 e sulle molte ferite - talune, come abbiamo visto, ancora oggi aperte - nate in conseguenza di scelte ideologiche risorgimentali e spesso massoniche. Scelte che per principio esclusero politiche di unificazione federaliste e concordatarie. Quelle ideologie vincenti sono divenute patrimonio culturale comune. Perché? Come Oscar Sanguinetti scrive nel libro, “… La sociologia insegna che nella società esistono culture egemoni e culture subalterne e la critica al Risorgimento è rimasta a lungo parte di quest’ultima”. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 11 giugno 2011

le nostre città Presentato presso il Circolo della Stampa di Milano il libro “Senza pace”

Arte contemporanea/ La ricerca artistica di Bellomo

Andrea Angeli, migrante per la pace

I risvolti di un giovane pittore

Nella serata di lunedì 16 maggio presso il Circolo della Stampa di Milano è stato presentato il libro “Senza pace” di Andrea Angeli, prefazione di Enrico Mentana, con l’autore ne hanno parlato: Giovanni Negri, Elisabetta Burba, Mauro Del Vecchio, Andrea Nicastro, Mauro Suttora, ha moderato: Massimo Alberizzi, Corriere della Sera. Libro coinvolgente che racconta le esperienze umane vissute dal giornalista e scrittore nel tormentato Afghanistan passando dall’Iraq e fino ai confini del mondo, storie inedite di un impegno professionale lungo una vita nel ruolo di peacekeeper e addetto stampa per conto delle Nazioni Unite e Unione europea. L’incontro è stato valorizzato dalla presentazione del libro presso la bellissima sala affrescata dedicata al giornalista, Walter Tobagi, la stessa era gremita di volti noti e non della cultura milanese. Dal dibattito è emerso l’Andrea di sempre, che ho conosciuto ad Herat (Afghanistan), uomo semplice e di grande umiltà che con il suo linguaggio ha contribuito alla creazione di un’atmosfera nella quale tutti ci siamo sentiti un po’ migranti. L’Andrea dall’intelligenza viva, capace di soste meditative di incommensurabile saggezza; profondo conoscitore dei meccanismi di geopolitica internazionale e dalle sapienti doti diplomatiche. Il suo sguardo sempre tenero e riflessivo che porta ancora i segni della sua esperienza; occhi dolci e luminosi; viso sempre pronto a sorriderti. Questo è Andrea, un migrante che affronta “l’Inferno” della vita senza tragicità. Marchigiano d’origine migrante d’adozione, classe 1956, laurea in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, giornalista pubblicista, Angeli ha iniziato a lavorare per le Nazioni Unite nel 1987, a Santiago del Cile, nell’ultima fase del regime militare del generale Pinochet alla odierna democrazia. Poi Andrea si è spostato per il proprio incarico in Namibia, quindi in Iraq, e dal 1993 nei Balcani. Questo vagare è stato brevemente interrotto da una breve permanenza presso il Palazzo di Vetro di New York e in Cambogia. Nel frattempo egli si trova come addetto stampa e poi por-

ARCHEOLOGIA

tavoce per l’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) in Albania. Successivamente raggiunge Pristina, in Kosovo, quale addetto stampa delle Nazioni Unite. Nel 2003, è testimone della strage di Nassiriya e vittima degli attacchi alla sede locale della Cpa, avvenuti l’anno successivo. Attualmente è ancora a Pristina, sempre nella pubblica informazione Onu. Quale autore, prima del libro “Senza pace”, Andrea Angeli aveva raccontato il suo ventennio di professione nel testo “Professione peacekeeper”, offrendo lo spunto a tante considerazioni non solo di carattere sociale, ma anche umano sul modo di essere “portatori di pace”. Dott. Angeli, partendo dall’affermazione di Herman Melville autore di Moby Dick: “i veri luoghi non sono mai sulle cartine”, c’è un luogo dove lei ritiene di essersi sentito veramente a “casa”? Guarda, a volte si sente dire da qualcuno “quando atterro in Europa mi sento a casa”, sarà capitato anche a te di sentirlo. Per me è l’esatto contrario. Posso arrivare in Danimarca e sentirmi straniero, mentre mi sono sentito a casa a Gerusalemme ed anche paradossalmente a Timor Est. Tutto è relativo. Durante i venti anni della sua professione lei ha compreso che è più importante avere un rapporto preferenziale, (direi intimo) più con Dio o con il prossimo? E come è cambiata la sua opinione sull’umanità in questo tempo? Diciamo che nelle aree di crisi e più ancora in tempo di guerra le popolazioni si aggrappano alla religione. Ed anche noi che ci troviamo ad operare in quei luoghi non siamo immuni dal richiamo di fede. La Messa più commovente cui ho assistito in vita mia è stata proprio nella Cattedrale di Sarajevo la notte di Natale del ’93, in piena guerra. “Professione peacekeeper”: perché ha sentito l’esigenza di scrivere questo libro? Il libro è nato dai tanti avveni-

menti di valenza storica cui mio malgrado ho assistito. Fatti e personaggi che pensavo valesse la pena di trasmettere alla memoria collettiva, la risposta dei lettori mi ha dato ragione. A distanza di cinque anni è un libro che continua a vendere. È anche un tributo ai tanti che hanno perso la vita servendo in nome della pace, caduti di cui col tempo si fa fatica a ricordare i nomi e le storie. Cosa ne pensa dell’attuale situazione geopolitica del nord Africa? Ti confesso: in Libia avrei voluto vedere un maggior impegno negoziale prima della scelta interventista. Trattare con la dirigenza di Tripoli è certamente impresa difficile, ma l’obbligo morale di tentare tutte le strade deve rimanere un principio irrinunciabile. Ogni giorno che passa con bombardamenti in corso penso a quanto più lungo e pieno di sacrifici sarà il dopoguerra. Di periodi postbellici ne ho vissuti e sono tragitti molto tormentati. Lei ha trascorso lunghi periodi in zone “difficili” del mondo: qual è il ricordo più caro che conserva nel cuore? La firma degli Accordi di Dayton, ovvero la fine dei tre anni di sanguinosa guerra in Bosnia Erzegovina. Un conflitto di cui nessuno sperava più in una soluzione negoziata. Un capolavoro di diplomazia della coppia Holbrooke-Bildt. La recente scomparsa del super-inviato Usa ci ha fatto ricordare quanto grande sia stata la sua opera a favore della pace. Giovanni Napolitano

Sandro Bellomo, pittore o meglio “scultore, architetto di luci, colori, ombre” fra i più interessanti; a tratti misterioso, quanto misteriosa può esser la professione, la passione o il mestiere del fare arte. Cinque minuti e trentaquattro secondi è il tempo del valzer di Chopin che ascolto mentre sto provando a riassumere in queste righe la mia conoscenza con Bellomo nata occasionalmente anni orsono per le strade di Otranto quando fui colpito da colori e segni di alcuni dei suoi oggetti. Cose di piccole dimensioni a dire il vero. Si trattava di una sorta di medaglie con riproduzioni di soli e segni che alla luce di quanto vedo oggi disegnato sulle superfici di carta fodera che espone acquisiscono (quei medaglioni intendo) il senso di un andare alla ricerca, allora, di un vocabolario formale e materico. Ancora oggi le ho ritrovate quelle forme di ieri ma sviluppate alle conseguenze estreme. Giochi di linee prima di tutto, sottili graffi, quasi naturalistici, nei quali si celava allora come ora non la ricerca della rappresentazione della realtà ma l’esplorazione di essa. E che di esplorazione si tratta lo dimostrano i disegni attuali dove il “realismo” non vuole in sostanza riproporre, ad esempio, un volto umano specifico ma indagare il significato dell’“essere volto”. Potremmo parlare di filosofia della pittura e nella pittura ma di fatto è il tentativo (riuscito) di costruire non una realtà fantastica ma una realtà forse più reale di quella che è sotto i nostri occhi distratti dalla corsa di ogni giorno. Parlavo di musica mentre scrivo queste righe non a caso perché quello dell’ascolto della musica - la più diversa - è parte integrante del fare artistico di Bellomo. Essa governa, segue, incentiva, spezza, disprezza le forme accompagnandone la nascita e la morte e la loro sospensione nel mondo figurativo cui si accennava. Quella di Bellomo non è l’Arte “della fuga” ma al contrario, in essa è una realtà rappresentante prima di tutto se stessa e poi chi guarda. Se dovessi accostarmi a questa vicenda con un gioco di parole paradossale direi che Bellomo è un paesaggista nel senso che prende il suo cavalletto, si mette davanti al-

l’osservatore e guardandolo dal foro di una primitiva macchina fotografica ingigantisce e ribalta ciò che vede. La finestra di Bellomo non si apre su un paesaggio naturalistico; chi guarda è convinto di trovarsi dinanzi a questo ma poi la finestra del dipinto rivela il suo inganno e si apre verso lo stesso osservatore. È il dipinto di Dorian Gray dove però, al contrario, non ci si vede invecchiare drammaticamente sentendoci impoveriti dinanzi all’irrevocabile passare del tempo; il frangersi delle forme dei suoi disegni diventa un guardare il mondo e noi stessi attraverso l’ottica del caleidoscopio che scompone per poi condensare immagini in un incantevole quanto poi consapevole inganno. Le figure, alludo a quelle iniziali, erano caratterizzate da giochi di linee che poi in questi ultimi lavori si sono trasformate in superfici rapide, essenziali, colorate, più o meno esasperate ed estremizzate nell’apparente disfacimento caleidoscopico della forma dei volti. Se infatti in alcuni casi la superficie è lo strumento espressivo prioritario altre opere come ad esempio “i monocromi” che diventano dei veri “ mono - cosmos” continuano a vedere il trionfo della linea. Dobbiamo parlare di una evoluzione stilistica? Onestamente non ha senso esprimersi in questi termini come non ha senso il pensare di racchiudere ogni disegno continuo di Bellomo nello spazio di una cornice. Fabio Grasso

di Lorenzo Battista

Le trasformazioni dell’insediamento di Cavallino Il sito fortificato di Cavallino di età arcaica sorge e si sviluppa in un’area collocata nelle vicinanze della città di Lecce, distante qualche chilometro dalla costa adriatica. Il sito archeologico presenta trasformazioni che vanno dall’Età del Bronzo fino all’Età Classica. La prima frequentazione, risale alla fase iniziale del Bronzo Medio, databile tra il XVI ed il XV sec. a.C. Le capanne dell’Età del Bronzo presentano una pianta ovale con muretti perimetrali in pietre a secco e buchi nel banco roccioso per i pali che sostenevano l’alzato e la copertura del tetto leggero in rami e frasche. L’abbandono di questo insediamento, alla metà del II millennio a.C., appare seguito da un lungo periodo di interruzione, la frequentazione riprende a partire dall’Età del Ferro e si intensifica nel corso della seconda metà dell’VIII sec. a.C.: in questa fase l’area salentina registra una diffusa crescita demografica. L’abitato insieme all’insediamento di Roca, svolgono la funzione di redistribuzione delle merci, come attestano i numerosi oggetti di importazione dalla Grecia, in modo particolare vasi corinzi e le anfore da trasporto per il vino e l’olio. L’insediamento dell’Età del Ferro presenta una notevole estensione, ma non è chiaro se ci fosse un nucleo fortificato nella zona nord. Nel corso del VII sec.a.C. l’insediamento a capanne continua a svilupparsi, con dinamiche di occupazione complesse e l’abbandono di altre, fino al VI sec, dove è possibile riconoscere forme proto urbane. Si definiscono i limiti difensivi e simbolici dell’insediamento, costruendo una fortificazione lunga quasi 3 km. Il muro con largo dai 3 ai 4 m., appare costruito con blocchi di varie forme e dimensioni, difeso da un fossato. Le fortificazioni di notevole impatto sul paesaggio, sono una parte delle capacità costruttive degli abitanti della città arcaica. All’interno si realizzano case che necessitano tecniche complesse nelle fondazioni, con grandi blocchi squadrati di calcare e nella copertura con pesanti tetti di tegole. I vari ambienti si articolano attorno a cortili, si aprono su strade pavimentate con battuti di tufina fornite di marciapiedi. Attraverso le ricerche archeologiche condotte dall’Università del Salento, la società arcaica appare caratterizzata da nuclei familiari dediti all’allevamento ed all’agricoltura, ma anche alla produzione di ceramiche con decorazione geometrica. La vicenda insediativa dell’abitato di Cavallino si interrompe bruscamente nel V sec.a.C. che corrisponde ad un periodo di forti trasformazioni negli abitati arcaici della Messapia. Le mura sono abbattute in maniera volontaria, i blocchi riempiono i fossati, le cisterne soffocate, in alcune case sono state notate tracce di incendio e di repentino abbandono. Le rovine dell’abitato continuarono ad essere frequentate in maniera sporadica, come attestano i rinvenimenti di una casa rurale databile al IV sec. a.C., o a tombe isolate del II - I sec. a.C.

La marcia A tubo di Abbate QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua.... La linea del flauto, con il raddoppio del clarinetto piccolo in mib. e dei primi clarinetti soprani, conferisce alla seconda idea tematica, della marcia sinfonica “A tubo!” di Ernesto Paolo Abbate, un carattere leggero e carezzevole al fine di coinvolgere per l’ultima volta l’ascoltatore. Si tratta di un’ulteriore ricchezza melodica, adagiata su un percorso tematico già presente nel progetto compositivo, densa di suoni e di elementi ritmici. Questi ultimi parametri ben si collocano all’attenzione del fruitore perché fanno emergere dei particolari molto ricorrenti: si tratta essenzialmente di due gruppi opportunamente variati tra loro. Il primo è caratterizzato da un movimento arpeggiato, staccato ed ascendente; i suoni volteggiano in una nuova zona d’ascolto, la quale cerca di attirare in ogni modo l’attenzione dell’ascoltatore. La seconda è caratterizzata da suoni ribattuti, quasi sempre preceduti da brevi pause; anche tale organizzazione sonora, legata al precedente movimento, contribuisce ad una possibile “distrazione” ai danni del fruitore. Il risultato finale è legato al precedente itinerario sostenuto dal pubblico che è stato fortemente incoraggiato nel memorizzare il tema principale, così appare inevitabile che la ricchezza armonica individuata non farà altro che contribuire alla robustezza dell’idea stessa. Il motivo è inequivocabile; infatti, è vero che si tratta di una linea abbondante appari-

scente sia in altezza sia in ritmo, ma in concreto è realizzata in maniera tale da sembrare impossibile da individuare come una contromelodia e di conseguenza risulta difficile da memorizzare. Il fortunato ascoltatore non avrà altro compito che godersi l’immensa progettualità dell’Abbate e assaporare le svariate sfumature timbrico - dinamiche previste dal compositore. Ma il finale riserva ancora qualche riflessione. I suoni lunghi della coda assegnati agli oboi, ai clarinetti contralti, al sassofono soprano, ai sassofoni contralti, al sassofono tenore, ai corni, alle cornette in sib., alle trombe in mib., alle trombe basse, al flicorno sopranino, ai flicorni soprani, ai flicorni contralti e ai flicorni tenori convergono unanimi verso il basso, mentre con un ritmo più intenso, caratterizzato da semicrome, il sassofono basso, i tromboni, i flicorni baritoni e flicorni contrabbassi si contrappongono alla massa strumentale, precedentemente individuata, attraverso un moto melodico ascendente. Il contrasto che ne risulta è altamente efficace al fine di convogliare le ultime risorse sonore per sorprendere, ancora una volta, l’ascoltatore e in questo caso non gli offre alcun elemento tematico riconoscibile per indurlo ad un completo abbandono e suggellare il totale dominio incontrastato da parte del compositore. Il contrattempo conclusivo è una chiara ed ironica citazione del “brillante” analizzato nel precedente numero e conclude definitivamente un brano ricco di numerosissime occasioni tematico - strumentali che hanno ravvivato il ventesimo secolo.


L’Ora del Salento 13

Lecce, 11 giugno 2011

le nostre città GALLIPOLI/Al “Quinto Ennio” le Olimpiadi di Storia

LECCE/Presso la Tipografia del Commercio l’11 giugno alle 19

Anche la medaglia del Presidente Antonio Buttazzo, tipografo leccese Si è conclusa la prima edizione delle Olimpiadi di Storia organizzate, su autorizzazione del Ministero della Istruzione e Università dal Liceo “Quinto Ennio” di Gallipoli. Si sono classificati primi Francesco Gorgerino del Liceo Scientifico “A. Monti”, Chieri (Torino), per il settore I, riservato al quarto anno della Scuola Secondaria Superiore, e Riccardo Maruccia, del Liceo Classico “Quinto Ennio” di Gallipoli (Lecce), per il settore II, riservato ai ragazzi frequentanti il quinto anno della Scuola Secondaria Superiore. Meritevoli d’encomio, al secondo posto, ex aequo, in questo stesso ultimo settore, Federico Apicella, del Liceo Scientifico “A. Genoino” di Cava de’ Tirreni (Salerno) e Michele Cosentino del Liceo Classico “Gioacchino da Fiore” di Rende (Cosenza). La premiazione si è tenuta nell’Aula Magna, gremita di pubblico, alla presenza del comitato scientifico, costituito dal prof. Marco Brunazzi, vice-pre-

sidente dell’Istituto “Gaetano Salvemini” di Torino, dalla prof.ssa Rosanna Basso, dell’Università del Salento, dal prof. Egidio Zacheo, dell’Università del Salento. Ha consegnato i premi - un trofeo in cristallo rappresentante una clessidra, simbolo della competizione, e un premio in denaro di € 500,00 per ciascun concorrente - il Consigliere Provinciale prof. Antonio Del Vino che ha espresso il suo compiacimento per la riuscita della manifestazione della quale ha sottolineato l’alta valenza formativa e di valorizzazione delle eccellenze. Il dirigente scolastico, Loredana Di Cuonzo, ha evidenziato come sempre più appaia indispensabile “guidare i ragazzi con percorsi opportuni, anche alternativi come una competizione di eccellenza, ad una chiara coscienza di cittadinanza europea. Questo resta l’obiettivo quotidiano di ogni attività didattica - ha continuato la prof.ssa Di Cuonzo - compresa quella sviluppata nel Piano Integrato

di Istituto. Anche quest’anno le attività finanziate con il Fondo Sociale Europeo sono state progettate e realizzate in quest’ottica e l’Olimpiade - ha concluso la dirigente - si è ben integrata con l’intera attività della Scuola”. Il Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano ha conferito alla manifestazione la medaglia quale premio di rappresentanza, un premio che sottolinea l’apprezzamento del valore della competizione da parte della più Alta Carica dello Stato. Intanto l’anno scolastico 20102011 è giunto a conclusione e irrinunciabile è il momento di riflessione sul percorso appena fatto:nella manifestazione finale “Un PONte per l’Europa”, in programma il prossimo 15 giugno alle ore 12.30 nell’Aula Magna della sede di Corso Roma si farà il punto sulle progettualità europee giunte a completa realizzazione. Una manifestazione aperta alla cittadinanza, in particolare ai genitori e agli alunni. Valentina Polimeno

CAMPI SAL.NA/Tre settimane di laboratori e divertimento

Sabato 11 giugno, alle h. 19.00 negli spazi espositivi della Tipografia del Commercio, in pieno centro storico, sarà riproposta la presentazione del libro “Antonio Buttazzo, tipografo leccese”, edito da Milella a cura di Alberto Buttazzo e Alberto Nocera. Il libro ha riscontrato successo di pubblico e riconoscimento per l’opera di qualificazione della storia del territorio in cui si inserisce. Con l’occasione è stata realizzata una preziosa stampa, a mano su carta pregiata e in numero limitato di esemplari, di un clichè di Garibaldi, appartenente all’archivio del proprietario della tipografia, Alberto Buttazzo. A rendere più preziosa la stampa, il commento di Maurizio Nocera, riportato sul retro, dal titolo” W Garibaldi” . La Tipografia del Commercio, promotrice di iniziative culturali, è la degna cornice di questo evento che, mentre celebra con solennità l’85° anniversario della fondazione della tipografia fondata nel 1926, ben si inserisce nell’ambito della commemorazione dei 150 anni della proclamazione dell’Unità nazionale. Il bel clichè, infatti, risale al 1948, quale simbolo del Fronte Popolare alle prime elezioni dell’Italia repubblicana, nuova rinascita della Nazione dopo il dramma della guerra Presenterà il libro il dott. Alessandro Laporta, direttore della Biblioteca provinciale “Nicola Bernardini”.

Interverranno personalità significative del mondo della cultura. Una serata da non perdere per la suggestione del luogo e l’interesse culturale dell’evento. Lucia Buttazzo

TREPUZZI/Tornano il Grest dei piccoli e il Campus dei ragazzi

A Casa Prato “Bambini senza frontiere” Sport, gioco e favole. Divertimento assicurato Dal 13 giugno al 1° luglio 2011, presso i locali di Casa Calabrese-Prato, in via San Giuseppe, a Campi Salentina, avrà luogo il progetto didattico-ricreativo “Bambini senza frontiere”, promosso dall’Associazione “Socrates” con il patrocinio del Comune di Campi e la collaborazione della Biblioteca Comunale “Carmelo Bene”. Il progetto ha lo scopo di contrastare l’esperienza del “tempo vuoto” a chiusura delle scuole e di supportare i genitori lavoratori. Gli animatori dell’associazione “Socrates” intendono avvicinare i piccoli partecipanti a culture nazionali diverse dalla nostra, in modo divertente e creativo attraverso laboratori artistici, giochi e momenti di lettura. Coinvolgerà bambini dai 6 ai 12 anni, dal lunedì al venerdì,

dalle ore 9.00 alle 12.30, attraverso attività manipolative, che ricorreranno all’uso di varie tecniche artistico-creative, e il gioco, il più significativo e stimolante campo di espressione per il bambino. Un percorso che segue una precisa progettazione didattica che culminerà, a conclusione delle tre settimane, in una serata finale alla quale saranno invitati a partecipare i genitori. Verrà allestita la mostra “I viaggi di Mister Fogg” con i lavori realizzati dai bambini con l’ausilio degli animatori e avrà luogo il Torneo “Giochi dal mondo” che vedrà i piccoli “concorrenti” fronteggiarsi, divisi in squadre che simboleggeranno i cinque continenti, in una gara di giochi tradizionali recuperati dal “bagaglio” ludico di un virtuale viaggio per il mondo. Sara Foti Sciavaliere

SQUINZANO/Concerto in favore del Centro Puntasveva di Bari

Il jazz di qualità delle Dixieladies Chiara Viola come solista, Katya Fiorentino al piano, Flavia Ostini al contrabbasso e Cecilia Sanchietti alla batteria: questa la composizione delle DixeilLadies che si esibiranno a Squinzano nella suggestiva cornice della Villa Cleopazzo il 19 giugno prossimo, alle ore 20.30. Grazie al Patrocinio dell’Assessorato al Turismo e alla Cultura della Città di Squinzano, sarà possibile assistere ad uno spettacolo che promette allo spettatore coinvolgimento di puro divertimento insieme ad un’alta qualità dell’esibizione. Vintage e ricerca nell’ambito del jazz caratterizzano l’impegno di questo quartetto d’autore al femminile. Dall’esperienza di tournée, con i migliori artisti jazz, il gruppo attua una ricerca culturale che ripropone il dixieland degli anni

’20. Con un look in stile, le quattro artiste presentano un brioso e stimolante spettacolo ispirato a quelli di New Orleans, New York e Chicago, dove il jazz veniva ascoltato, ma anche ballato.

Il livello qualitativo dello spettacolo, in favore del Centro Professionale Puntasveva di Bari, si sposa ad un Centro, quello di Puntasveva, che fonda essenzialmente sulla qualità la sua offerta di formazione. All’avanguardia nel settore alberghiero, il Centro, con due anni di corso teorico-professionale, fornisce un attestato spendibile nel settore dell’ospitalità e ristorazione. Si rivolge a ragazze di tutto il territorio pugliese, con l’obiettivo prioritario di dare un concreto contributo alla crescita della nostra regione, articolando un percorso di ricerca dell’eccellenza, tra stage, residenzialità e tutoring. Per informazioni: 347.7008683 G. C.

Si rinnova per i bambini, i ragazzi e le famiglie l’appuntamento proposto dalla Parrocchia maria SS. Assunta di Trepuzzi con lo svago, il divertimento e lo sport. Si partirà con il Grest dei Piccoli 2011, dal 13 al 17 giugno presso gli Impianti Sportivi e la parrocchia, con attività riservate ai bambini dalla prima alla quarta elementare. Cinque giorni caratterizzati da sport, giochi acquatici e attività di laboratorio sul tema delle favole che si concluderanno con un’intera giornata al parco di Curtipetrizzilandia di Cellino S. Marco e con un piccolo spettacolo finale. Un’esperienza che già l’anno scorso ha coinvolto oltre duecento ragazzi di un’età compresa tra i dieci e i quattordici anni. Il Campus Ragazzi si svolgerà dal 19 giugno al 3 luglio presso gli Impianti Sportivi di Trepuzzi, ma prevederà anche due giornate al parco di Curtipetrizzilandia e al parco Miragica di Molfetta. Il tema di quest’anno sarà: “Un Campus da favola”. Infatti i ragazzi saranno divisi in sei squadre, ognuna delle quali avrà il nome di alcuni celebri film Disney. Ogni squadra dovrà affrontare e superare diverse prove e giochi per conquistare la finalissima e il titolo di squadra vincitrice. Ma il Campus è amicizia, in quanto l’esperienza permette ai ragazzi e ai giovani animatori di conoscersi e di confrontarsi sulle tematiche tipiche della loro età. Il Campus è spettacolo: ogni squadra sarà protagonista, attraverso il messaggio delle favole, di veri e propri laboratori teatrali e musicali che allieteranno il pubblico sugli spalti degli Impianti Sportivi. Il Campus è gioco. Non un gioco volto semplicemente ad aggiungere punti alla classifica, ma un gioco che consenta di imparare a confrontarsi con gli altri, a vincere la timidezza e riuscire, con l’aiuto di compagni e animatori, a tirar fuori il meglio che ogni ragazzo ha dentro di sé. Il Campus è animazione.

Oltre ottanta animatori tra giovani e famiglie si impegneranno a prodigarsi per trasmettere allegria e gioia nel sentirsi comunità viva ed impegnata. Entrambi gli eventi si chiuderanno con la Santa Messa e uno spettacolo finale.

Sport, divertimento, crescita spirituale, dunque. Tutto racchiuso in venti giorni intensi che metteranno i bambini e i ragazzi più giovani al centro delle attenzioni della Parrocchia Maria SS. Assunta di Trepuzzi. Andrea Ciardo


L’Ora del Salento 14

Lecce, 11 giugno 2011

appunti

Lesley Lokko. L’estate francese Oggi voglio presentarvi un libro davvero delizioso. Si tratta del nuovo romanzo di un’autrice ormai universalmente nota, Lesley Lokko con “L’estate francese” edito da Mondadori. L’estate si avvicina e fortunatamente con l’arrivo della bella stagione aumenta, per gli appassionati, il tempo da dedicare alla lettura, o sotto l’ombrellone o nei pigri pomeriggi estivi nel tempo dedicato alla siesta. Se siete appassionati dei romanzi di evasione, delle saghe familiari, non dovete assolutamente perdere questo sostanzioso romanzo che inizia la sua narrazione alla fine degli anni Sessanta, ed esattamente nel 1969 con un avvenimento la cui rivelazione sconvolgerà la vita di tutte le persone coinvolte a distanza di trent’anni. Vi faccio un breve cenno sull’autrice, Lesley Lokko: è

nata in scozia nel 1964 da madre scozzese e padre ghanese. È cresciuta in Africa ed ha studiato in Inghilterra e negli Stati Uniti. È laureata in architettura ed attualmente vive vicino Londra. Sempre per Mondadori ha pubblicato “Il mondo ai miei piedi” nel 2004, “Cieli di zafferano” nel 2005, “Cioccolato amaro” nel 2008 e “Povera ragazza ricca” nel 2010. Ma torniamo al romanzo odierno, “L’estate francese”. Come vi ho accennato, il romanzo è incentrato su un grande segreto, un terribile segreto, attorno al quale se ne creano altri, di minore entità, ma che pian piano si insinuano nella vita delle protagoniste diventando un modus vivendi, quasi come se l’inclinazione alla menzogna fosse una tradizione di famiglia da tramandare da madre in figlio, o più preci-

samente da suocera a nuora, nel caso specifico. Le protagoniste della storia sono quattro, le tre nuore, mogli dei fratelli Keeler, e la madre Diana, vero fulcro della famiglia ed avvocato all’apice della carriera. Protagoniste tutte al femminile che si rivolgono prevalentemente ad un pubblico femminile, in perfetto stile Lokko. Diana Keeler, come potrete leggere nella quarta di copertina, è una suocera che ritiene le sue nuore completamente inadeguate ai suoi figli. Ma non si tratta della classica ‘suocera-strega’ pronta a qualsiasi bassezza pur di nuocere alle tre nuore, piuttosto Diana è quel tipo di persona che critica, che rimprovera in silenzio, ed allo stesso tempo prova ogni volta a dare una seconda possibilità. Si sbaglierebbe anche a pensare che le tre nuore siano delle semplici arrampica-

trici sociali, in verità sono solo delle donne deboli, fragili ma in buona fede. Apparentemente ai tre giovani ed alla famiglia non manca nulla: il primogenito, Rafe, è un medico di successo, ha incontrato Maddy, un’aspirante attrice americana che nasconde un animo fragile e travagliato. Poi c’è Aaron, un ragazzo tremendamente affascinante che riesce ad avere la meglio sui timori e sull’amarezza di Julia, un’ambiziosa studentessa di legge dalle umili origini. Infine c’è il più misterioso ed il più problematico dei tre, Josh, un architetto dalla vita nomade che si lascia conquistare il cuore dall’amore di Niela, una rifugiata somala dal tenebroso passato. I piani narrativi sono diversi ed è affascinante come la Lokko riesca, con armonia, a far incontrare culture diverse e molto lontane tra loro. Da Lon-

marialucia andreassi dra a N e w York, da Vienna a all’Africa fino alla Costa Azzurra. L a stessa Lokko dice del suo romanzo: “È un romanzo che vuole appassionare. Un libro che, nella sua originalità ha il sapore di quella letteratura considerata ‘leggera’ cinquanta anni fa rispetto ai classici, quelle trame che lasciavano attanagliato il lettore una volta aperta la copertina”.

LESLEY LOKKO, L’estate francese, Mondadori, € 20.00

c@ttolici in rete SALENTO

argo

IL POLLICE

L’ARENA Finita ormai la programmazione ordinaria dei palinsesti invernali, la Raie Mediaset, oltre che le tante emittenti private, grandi o piccole che siano, si inventano modi e trasmissioni che possano richiamare quanto meno una piccola attenzione del pubblico. Talvolta riproponendo quanto già trasmesso, talaltra con nuovi format in prova. A tale normalità, fa eccezione ad esempio “ Domenica In. L’Arena 150” (Raiuno, ore 14), una sorta di approfondimento della trasmissione condotta da Massimo Giletti avendo come tema e come riferimento la questione afgana. In due puntate, il conduttore compie un vero e proprio viaggio in una terra in via di cambiamento dopo la morte di Bin Laden, andando per luoghi e per monti, avendo come riferimento le nostre truppe dislocate nell’ampio e non certo agevole territorio afgano, tra avamposti e deserto. Non tralasciando, ovviamente, in una parte del programma, l’abituale “talk show”, tra ospiti in studio ed altre presenze dislocate in posti diversi. E tutti a discutere sull’argomento.

lor@delavoro di Samuele Vincenti IBM è uno dei leader mondiali nella consulenza e nei servizi di information technology da più di vent’anni e ha come mission l’innovazione dei sistemi intelligenti portando in tutto il pianeta, e nei processi e nelle infrastrutture che lo fanno funzionare, le professionalità e le competenze di cui l’azienda dispone. “L’obiettivo” - si legge sul sito internet di IBM è - “fare del mondo un luogo in cui le persone, le imprese, le istituzioni, i sistemi, i singoli oggetti interagiscono, si scambiano informazioni e collaborano. Un luogo in cui miliardi di persone potranno vivere e lavorare meglio”. Sono ormai note le linee di ricerca lungo le quali la multi-

Giovanni Costantini

Tommaso Dimitri

Un sito di animazione e formazione liturgica Francesco Guccini in concerto Gli animatori liturgici, ormai molto frequenti in tutte le nostre parrocchie, utilizzano il web per contribuire alla formazione e la gestione di questo loro prezioso servizio. È quello che sta facendo Fabio Fumagalli, animatore liturgico e responsabile del sito cattolico www.liturgiagiovane.it. Il quotidiano Avvenire ha dedicato un articolo di riconoscimento ed è segnalato sui sito della Diocesi di Milano, del Seminario, di Radio Circuito Marconi e altri (vedi “siti amici” sulla prima pagina di LiturgiaGiovane.it). Il sito è nato nel novembre 2003, è andato via via sempre più arricchendosi e facendosi conoscere e stimare dai navigatori della Rete. Attualmente sono presenti quasi 14.000 articoli. Il sito si propone 2 scopi. Il primo e quello di fornire uno strumento concreto a chiunque (animatori e non) desideri prepararsi seriamente alla celebrazione eucaristica. A tal fine sono a disposizione, per ogni festività, il foglio per l’animazione della santa Messa, completo di voce guida, canti, riflessioni sulle letture (fatte da sacerdoti) per i fedeli adulti, giovani e bambini. Come completamento una pagina esegetica. Questa sezione è aggiornata regolarmente ogni lunedì notte. I musicisti trovano, oltre ai testi dei canti suggeriti, anche la spiegazione degli autori e gli spartiti per organo e chitarra. Per alcuni canti c’è anche la possibilità di ascoltare i brani. Il secondo scopo è quello di mettere a disposizione per tutti un archivio di articoli tratti da diverse testate cattoliche riguardanti vari argomenti. Il fine è, oltre a far riscoprire e rivalutare la stampa cattolica, quello di informare su fatti, avvenimenti, opinioni dal punto di vista cristiano. Anche questa sezione è aggiornata quotidianamente. Questa miniera di strumenti è ottima per organizzare forum, dibattiti, approfondimenti, ricerche, giornali e siti parrocchiali.

Su Francesco Guccini, uno dei più grandi cantastorie italiani ancora in circolazione, si sono scritte persino tesi di laurea. Nato in Emilia, a Modena 71 anni fa, vivrà l’infanzia a Pavana sull’appennino tosco-emiliano, con i nonni paterni, a causa della partenza del padre al fronte, per lo scoppio della seconda guerra mondiale. Di questa fase vissuta in una ambientazione montanara dirà: “sono cresciuto tra i saggi ignoranti di montagna, che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia”. Inutile sottolineare che la frequentazione con i luoghi e le persone di Pavana segnerà in maniera significativa l’artista e l’uomo Guccini. Modena, stessa città natale di Luciano Pavarotti, con il quale condividerà la frequentazione del medesimo istituto magistrale, rappresenterà uno snodo importante per la maturazione del suo pensiero artistico, anche nella misura in cui mal sopporterà l’evidente differenza di “clima” tra la sana Pavana e la borghese città emiliana. Tra i testi caratteristici di questo periodo si ricordano: Piccola città, Samantha, Cencio. Intorno ai vent’anni avvia la collaborazione con La Gazzetta di Modena di cui sarà cronista. Merita una menzione particolare l’intervista che realizzerà a Domenico Modugno, vincitore di due festival di Sanremo consecutivi (siamo negli anni 60). E sarà proprio l’incontro con Modugno a spingere Guccini a scrivere la sua prima canzone da cantautore dal titolo l’Antisociale. Da questo momento in poi comincia, così come avviene un po’ per tutti gli artisti, la tradizionale trafila di esperienze di ogni tipo, che lo vedrà dapprima impegnato con un gruppo musicale da balera, in tournèe in Italia e all’estero e poi pian piano ad entrare in contatto con personaggi della musica leggera come Nunzio Gallo, Daniele Pace e Mario Panzeri. Ma determinante ai fini della carriera sarà la collaborazione artistico-musicale con I Nomadi e Caterina Caselli. Sarà però con l’album Radici del 1972 (definito dalla critica onirico e contemplativo) che Guccini raggiungerà l’apice del suo successo, con canzoni come La locomotiva, Incontro, Il vecchio e il bambino, La canzone della bambina portoghese e Canzone dei dodici mesi. Sarebbe necessario un numero speciale per continuare a parlare della vita artistica di Francesco Guccini di cui però è interessante segnalare come egli viva ormai stabilmente proprio sui monti di Pavana in provincia di Pistoia, il paese dei nonni paterni dove trascorse i primi “fatidici” anni della sua vita. Autentico Mostro sacro della musica italiana, Luciano Ligabue gli ha dedicato il brano Caro il mio Francesco, proprio all’interno dell’album Arrivederci, mostro!

IBM Italia: opportunità per nucleari in ingegneria e matematica

nazionale si sviluppa. Dalla produzione di energia in modo più efficiente alla realizzazione di sistemi per ridurre l’inquinamento, alla costruzione di sistemi di comunicazione migliori. Ma l’azienda è tuttavia sensibile anche all’assistenza delle vittime di disastri naturali, alla scarsità di cibo nel pianeta e soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ed ha avviato programmi per garantire l’istruzione a miliardi di persone che non ce l’hanno, aiutando le amministrazioni comunali in tutto il mondo a fornire servizi migliori. Per realizzare questo ambizioso obiettivo, il reparto recruiting del colosso mondiale, cerca ogni giorno e in ogni parte del globo professionisti di talento, interessati a collaborare

tutti i settori in cui operiamo e ad assumersi la responsabilità di risolvere i problemi più impegnativi del nostro pianeta. L’offerta di Ibm è la possibilità di entrare a far parte dei uno dei leader mondiali nell’informazione e di raggiungere grandi traguardi professionali e di carriera, in un ambiente internazionale, in cui sviluppare straordinarie competenze tecnologiche, industriali e di marketing. La nuova frontiera di internet e della tecnologia, come presentato anche da Steve Jobs di Apple, è la “nuvola”, lo spazio virtuale messo a disposizione degli utenti dalle aziende del settore per il salvataggio dei dati. E Ibm intende inserire una trentina di giovani per poten-

ziare la struttura che si occupa di Cloud Computing, vale a dire, secondo la definizione che se ne da in informatica, l’insieme di tecnologie informatiche che permettono l’utilizzo di risorse hardware o software in remoto. Nasce, quindi, con questo preciso obiettivo, il progetto “Alta formazione in apprendistato 2011” che Ibm ha appena lanciato. Le selezioni sono appena partite e si può già depositare la propria candidatura sul sito www-05.ibm.com/employment/ it/graduates/profiles.html. Il progetto prevede l’assunzione e la frequenza, a partire dal prossimo settembre, del master universitario in “Sistemi centralizzati per il Cloud Computing”.

Si tratta di un percorso di 24 mesi, da svolgere a Milano, che si concluderà (in caso di esito positivo) con la tacita conferma a tempo indeterminato. I destinatari di questa opportunità sono giovani in possesso della laurea triennale o specialistica in materie tecnico-scientifiche, a partire da Ingegneria, Informatica e Matematica. Altri requisiti sono la buona conoscenza dell’inglese e dell’italiano scritti e parlati, la disponibilità a viaggiare, la flessibilità, la propensione al lavoro di gruppo, la capacità decisionale e organizzativa e l’attitudine all’analisi e alla model-

lazione dei processi. È una interessante opportunità per tutti i neolaureati in possesso dei requisiti prescritti nel bando, per investire nella propria formazione e nella ricerca di un’occupazione redditizia e molto stimolante. Obiettivo del master, e più in generale del progetto Alta formazione dell’Ibm, è creare “It specialist” in grado di gestire, col tempo, progetti complessi e clienti importanti.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 11 giugno 2011

lo sport Un altro scandalo che rischia di far saltare i risultati sportivi di alcune squadre dei campionati di A e B. Anche il Lecce sfiorato dalle scommese clandestine

L’ASSIST di Paolo Lojodice

La nuova calciopoli italiana Come non farsi mancare nulla, ma proprio nulla, neppure il superfluo e l’evitabile. E così l’ultima frontiera del calcio giocato si sposta dal rettangolo verde alle sale di allibramento clandestino, secondo un copione già visto, senza però il fascino e l’ironia di celebrate pellicole. Purtroppo, in tutto prevale quella caratteristica miseria tutta italiana il cui lezzo sostanzia le molte realtà quotidiane, ancora una volta, calcio compreso. Alla pari di un remake cinematografico, la storia, nella sostanza, rimane la stessa, si aggiorna al contesto contemporaneo, addirittura senza mai scendere nella tutt’altro che invidiabile scala di miserandi toni e si accenta di connotazioni locali: parla campano con gergo camorristico, risponde marchigiano con distinta apparenza, di fatto attraversa e dimora in tutto lo Stivale o meglio, ne ricopre la calcistica passione nazionale con un manto maleodorante, dall’inconfondibile noto colore. Addirittura la sceneggiatura prevede un coinvolgimento estero, nella vicina Austria, dove lo zelo e il rigore asburgico fanno letteralmente a cazzotti con l’italico malaffare. Insomma le componenti ci sono tutte per celebrare e riconoscersi nella valenza truffaldina del nostro carattere nazionale. Il controsenso è che an-

S

L’ALTRO

BOXE

che questa nuova vicenda del calcio scommesse rischia di essere interpretato come un fenomeno sociale, una eventualità possibile (e quindi prevedibile?) in un contesto che muove in forma diretta e indiretta cifre da patrimoniali di stato. A questo aggiungiamo la mancanza di controllo, l’avidità, il denaro facile, magari pure la crisi economica e il quadro è definito in linea con le quotidiane, ordinarie umane debolezze. Così la cronaca racconta del dirigente (del Ravenna) che ammette: “L’ho fatto per salvare il club dal fallimento”. E l’ex calciatore, una garanzia, che confessa: “Le scommesse sono la mia vita, il mio modo di rapportarmi con l’esistenza”. Ma anche il portiere in

attività che pieno di debiti non vede l’ora di farsi beccare perché “non sopportavo più il peso, le pressioni”. Intanto, forse dopo aver assorbito il colpo dello shock improvviso i vertici dello sport nazionale hanno fatto sentire la propria voce: “I fatti di questi ultimi giorni relativi all’inchiesta avviata dalla Procura di Cremona sugli illeciti legati alle scommesse su alcune partite di calcio, mi impongono di ribadire la mia indignazione per come viene infangato il mondo del calcio da persone che di questo mondo fanno parte, anche ricevendone molto” ha dichiarato il presidente del Coni Gianni Petrucci, nella sua relazione al Consiglio nazionale del Coni, sottolineando che nelle indagini “lo sport deve fare la sua

parte, senza sconti per nessuno, inasprendo le pene e anche punendo chi omette di denunciare, ed è proprio in questa direzione che si sta muovendo la Figc. È in gioco la credibilità dello sport e la fiducia di chi scommette. Giustizia sportiva e giustizia statale hanno regole, tempi e strumenti diversi, ma unendo le forze possono debellare questa piaga”. Meritevoli parole, ma tanto, cosa dire di più? Cosa poter aggiungere in questi frangenti quando ormai il danno è fatto? Forse abbiamo perso definitivamente un sogno, peccato però che si tratti di un sogno che noi tutti abbiamo visto, almeno una volta con gli occhi incantati, da bambini.

PORT di Paolo Conte

Antonio Santoro, fuori i secondi per la storia della boxe leccese

“Non indietreggiare mai; tira ogni pugno come se fosse l’ultimo che dovrai sferrare”. Prima di entrare di diritto nel mondo del pugilato professionistico per la categoria dei SuperWalter, è questo lo slogan scritto sulla maglia di Antonio Santoro. Un motto che racchiude personalità, grinta e temperamento di un uomo capace di salire sul ring dei “grandi” come non accadeva a Lecce da oltre 40 anni. Per ricordare momenti di boxe ad alto livello bisognerà tornare alle gesta sportive dei leccesi Severino Gagliardi, Rocco Zecca e Bruno Melissano; pugili che hanno scritto la storia della “noble art” nostrana a cui si rifà il figliol prodigo Santoro, guidato e alimentato dall’energia del verace maestro dei “Gli Amici del Pugilato” Antonio Mannarini. Inutile annoverare il ricco palmares dell’esperto ventinovenne salentino, autore di una prestigiosa medaglia d’argento ai Campionati Italiani Assoluti lo scorso 12 dicembre a Napoli e già due volte Campione Na-

zionale nei Dilettanti. Con 105 incontri sulle spalle e un trend positivo dell’80%, la grande occasione dell’11 giugno è ormai alle porte. L’evento si svolgerà presso il Palazzetto dello Sport di piazza Palio alle ore 20.00 per il “4° Memorial Boxing Team Severino Gagliardi”. L’omaggio al compianto maestro detto “Mano di Pietra” è il giusto tributo ad un tecnico che ha visto il piccolo Antonio, allora dodicenne, mettere per la prima volta i guantoni. Ma il vero mentore di Santoro è stato il successore di Gagliardi; quel Tony Mannarini capace di credere fermamente nelle capacità del ragazzo come nessuno aveva osato in precedenza. Allenamento dopo allenamento, il sodalizio tra il tecnico e il suo pupillo ha gettato le basi per costruire l’attico con vista diretta sul pugilato professionistico. Il giovane ma già esperto tecnico leccese ha saputo lucidare il brillante talento di Antonio facendolo splendere di luce propria. Non è un caso se il 69 kg tutto cuore e muscoli sia tutelato dalla pro-

curatrice e contessa Rosanna Conti Cavini, agente leader sul panorama della boxe nazionale che da anni cura gli interessi di boxeur del calibro di De Vitis, Di Luisa, dei fratelli Branco e molti altri. Dietro le quinte della prestigiosa manifestazione sono stati provvidenziali gli sforzi del signor Claudio Dell’Anna, protagonista della fitta propaganda pubblicitaria e i fondamentali sostegni di una serie di sponsor come Caiaffa Costruzioni, Inden Cucine, la Pasticceria Luca Capilungo, la Minnie.bet dei fratelli De Lorenzis e la Stazione di servizio Q8 di Roberto Corigliano. Di non inferiore rilevanza l’assiduo impegno dell’assessore allo Sport Nunzia Brandi che, con il patrocinio del Comune di Lecce, ha autorizzato l’uso gratuito dell’impianto sportivo e fornito tutte le attrezzature. In avvicinamento al più importante match della carriera di Santoro, il ragazzo battezzato già da anni come “Er Dinamite” per via del poderoso gancio sinistro, prosegue i suoi duri allenamenti

con la passione di sempre, interpretando la boxe non come una normale pratica sportiva ma come uno vero stile di vita, dove sacrifici e privazioni sono state le principali virtù che hanno permesso all’eterna promessa salentina di compiere il salto di qualità. Adesso il categorico imperativo è battere lo sfidante Bojan Zarkow, boxeur di nazionalità serba il quale vanta già sette incontri da professionista. A tal proposito è subito Maestro Mannarini ad alzare la guardia dichiarando: “È l’esordio e combattiamo dinanzi al nostro pubblico in memoria di Severino Gagliardi che per tanti anni ha sognato invano di rivedere un suo pugile tra i professionisti. Non scherziamo, si deve vincere”. Un incontro in memoria di un uomo, in onore dei fasti di un tempo che solennizza il presente e che spiana la strada verso il futuro del grande atleta Antonio Santoro. Adesso via gli indugi e “fuori i secondi” all’appuntamento con la storia.

MONDO Tracce di sport... chiude il primo set Sta volgendo a conclusione il primo itinerario di Tracce di Sport, viaggio in Italia di ricerca e comunicazione, nato su iniziativa di Elena Donaggio e Andrea Zorzi con l’obiettivo di guardare allo sport dalla duplice prospettiva del ricercatore e dello sportivo. Tracce di sport ha attraversato le regioni meridionali fino alla capitale, passando da Cagliari a Siracusa, da Reggio Calabria a Matera, poi a Lecce e a Barletta ed ancora a Salerno, Napoli, Campobasso, quindi a Teramo. “Felicissimo di questa seconda edizione, anche sul piano della ricerca - la viva voce dell’amico “Zorro” nel raccontare quest’avventura - la collaborazione con il Csi è stata fondamentale e davvero fruttifera, in ogni città dove siamo stati accolti. Un ente presente così capillarmente sul territorio ci ha facilitato il compito nelle scuole e con le istituzioni. Ovunque questo format, composto da racconto di esperienze, spesso in modo divertente e confidenziale, ha riscontrato una piacevole attenzione da parte degli studenti. Molti dei quali, ad esempio gli under 20, non avevano mai visto giocare quella famosa generazione di fenomeni dell’Italvolley di Velasco, di cui facevo parte. C’è molto da fare in fatto di cultura sportiva, questo è apparso chiaro in ognuno degli incontri - discussioni - informazioni su cui Tracce di sport ha basato la sua ricerca. E il Csi può aiutarci moltissimo. Il corpo e la competizione, il doping, questi sono alcuni degli elementi ricorrenti in questo viaggio promozionale che ha percorso un lungo tratto e che da ottobre si affaccerà nelle regioni del Nord Italia”. L’idea alla base del tour é dare voce e far conoscere una faccia dello sport che spesso non appare, di raccontare i diversi volti e le diverse sfumature che caratterizzano questo universo, raccogliendo “sul campo” e dalla voce dei protagonisti le storie delle persone e dei luoghi che lo compongono. Una ricerca sulle tracce dei grandi campioni, delle storie di sport, delle tradizioni locali, degli spazi e dei progetti significativi. Il viaggio ha trovato spazio su alcuni media nazionali: Rainews, Gazzetta dello Sport e Radio 24 hanno seguito il viaggio e vi hanno dedicato spazio ed attenzione. Tracce di Sport ha fatto tappa a Lecce lo scorso 24 maggio, incontrando gli studenti dell’Itc Adriano Olivetti ed i rappresentanti delle Istituzioni presso la sala conferenze stampa della Provincia di Lecce. Infoline sulle attività del Csi Lecce, cell. 347.1762819 - email lecce@csi-net.it, sede via Siracusa n. 50 - 73100 Lecce.


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