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Lecce, 13 novembre 2010

L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XX, n. 38

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 13 novembre 2010

L’Arcivescovo durante la celebrazione per la Dedicazione della Cattedrale, chiesa maior et mater

Comunità di pietre vive e scelte “Educa alla santità chi è testimone di santità” L’ARCIVESCOVO ALLA CISL

Il Paese dei non responsabili

La Caritas in veritate al Convegno del 5 novembre

di Nicola Paparella

di Domenico D’Ambrosio

Il Paese sembra popolato di irresponsabili, di persone che in caso di debiti, di incidenti o di grossi guai dicono di non averne colpa, di non sapere, di non essere responsabili. Crollano edifici che hanno resistito alle eruzioni del Vesuvio, ai terremoti e ai bombardamenti dell’ultima guerra e nessuno si sente responsabile. Eppure c’erano, ministri, commissari, consulenti, sovrintendenti … Ciascuno con il proprio stipendio, con il proprio budget, con i propri uffici e le proprie segretarie. Ma nessuno ha colpa. Nelle Asl si parla di debiti colossali, per i quali c’è bisogno di tagliare e di ristrutturare. E va bene: si facciano i tagli, se servono; ma potremo almeno conoscere i nomi di chi ha autorizzato quei debiti? Sarebbe forse corretto, ancor prima di fare i tagli, rimuovere chi sedeva nei Consigli di Amministrazione, chi ha incassato i compensi per consulenze d’oro, chi ha gestito gli acquisti, chi ha prodotto i debiti con le proprie decisioni o con le proprie omissioni. Allo stesso modo,quando qualcuno viene scoperto con le mani nella marmellata,la prima sua giustificazione è quella di dire: “non sapevo nulla”. E nessuno si preoccupa di informare il Paese. Il Paese è chiamato a rimboccarsi le maniche soltanto quando scoppiano i problemi. Se si allaga un sottovia e la magistratura interviene; allora tutti si ricordano che esiste un problema e che va risolto “costi quel che costi”. E già … senza badare ai costi! E se invece ci interrogassimo anche sulle responsabilità e cercassimo di capire perché certe cose sono accadute? Ci sono amministrazioni con i conti impazziti, ogni tanto qualcuno se ne accorge e si cerca di rimediare. Quasi sempre operando tagli sul personale. Ma c’è mai qualcuno che si domanda il perché di certe situazioni e quali siano i costi legati a commissariamenti e a consulenze? Avrebbe senso operare dei tagli nelle spese riguardanti, ad esempio, la sanità, se poi si dovesse scoprire che il costo della gestione e quindi del “governo” della sanità registra un costante progressivo innalzamento? Non sarebbe più saggio fare un’analisi dei costi e una revisione scrupolosa dei bilanci? CONTINUAA PAG. 2

Il 7 luglio 2009 è stata resa pubblica la terza Enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, sullo sviluppo umano integrale nella carità e verità, firmata dal Papa il 29 giugno. L’occasione che ha motivato il Papa nella stesura di questo suo importante documento era la celebrazione del 40° della Populorum progressio di Paolo VI (1967). Il testo dell’enciclica sviluppa un tentativo coerente che rilegge tutta l’impianto della dottrina sociale della Chiesa. “La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s’è fatto testimone con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera” (n.1). Questo inizio dell’enciclica apre al suo fondamento teologico: l’incarnazione, la venuta di Cristo, illumina e rende comprensibile un vero e integrale sviluppo. “Il vero tema dell’enciclica è il posto di Dio nel mondo’’ (Mons. Crepaldi). La carità nella verità non costituisce soltanto, potremmo dire, l’ingresso, l’inizio dell’enciclica. In realtà è il filo conduttore che attraversa e in qualche modo intreccia i vari temi che la compongono e che abbracciano l’“ambito sociale, giuridico, culturale, politico, economico” (n.2). “Un cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali…. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni….” (n.34). Al contrario “la verità preserva ed esprime la forza di liberazione della carità nelle vicende sempre nuove della storia… Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di poter, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali” (n.5). Questa enciclica di sicuro si ricollega alle encicliche sociali. Dalla Rerum Novarum di Leone XIII alla Sollecitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II, non è indubbio una sua chiara specificità derivante dalla concezione teologica di Benedetto XVI, si che emerge quella che è la dottrina sociale della Chiesa che ha un carattere potremmo dire permanente e storico si che accanto al fondamento immutabile, c’è da accogliere la complessa novità dei problemi che emergono nel divenire quotidiano. Dopo l’introduzione nulla quale definisce “l’amore nella verità” come “una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione” (n.9), il Papa aggiunge che ”solo con la carità, illuminata dalla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante” (n.9). All’introduzione seguono sei capitoli: Il messaggio della Populorum Progressio; Lo sviluppo umano nel nostro tempo; Fraternità, sviluppo economico e società civile; Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente; La collaborazione della famiglia umana; Lo sviluppo dei popoli e la tecnica. CONTINUAA PAG. 7

Fede e ragione insieme per uno sviluppo più umano

L’OMELIA Consolante, rinfrancante, gioiosa esperienza di comunione certa, quella che il Signore ci dà da vivere questa sera nel momento in cui, celebrando l’annuale anniversario della dedicazione della Chiesa maior et mater, la Cattedrale, ammasso ordinato, artistico, in qualche angolo anche ricercato, di pietre e di opere d’arte, viviamo la certezza di essere noi costruiti

come edificio spirituale, con pietre vive, per proclamare “le opere ammirevoli di Lui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2,9). La certezza di essere edificio spirituale dunque Chiesa santa, ci viene da quell’avvicinarci “a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio” (1Pt 2,4).

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DOPO IL CONVEGNO DIOCESANO GLI AMBITI PASTORALI

Media e nuova cultura mediatica LecC’è di più ai Salesiani il 21 novembre

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Giuseppe Moscati festa liturgica al Polo oncologico

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EDITORIALI DOPO LA SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI

La dottrina sociale della Chiesa per un vero sviluppo integrale L’appello di Benedetto XVI perché sorga una nuova generazione di cattolici […] che si impegnino nell’attività politica senza complessi d’inferiorità, non può e non deve ridursi a mero slogan; al contrario, esso è il punto di partenza se si vuole realmente incidere nell’attuale tessuto sociale. Da cattolico impegnato in un’associazione civico-culturale, che si propone di pubblicizzare i principi della Dottrina Sociale della Chiesa, mi chiedo se oggi la propria fede possa avere ancora un ruolo pubblico. La 46a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si è svolta nei giorni scorsi a Reggio Calabria, ponendosi come centro del proprio programma la declinazione del bene comune in rapporto ad alcuni problemi concreti del Paese, ha affrontato nelle sue sessioni assembleari temi di diversa natura, grazie al contributo specifico di eminenti nomi del panorama ecclesiale, accademico e sociale. Partendo dall’analisi di queste differenti tematiche, sono state proposte ai cattolici di oggi, come anche a tutti gli uomini di buona volontà, delle sfide da cogliere nel segno della coerenza con la propria fede. Infatti, come ha affermato il Cardinale Angelo Bagnasco nella sua Prolusione ai lavori, le scelte dei cristiani nella vita privata come in quella pubblica non possono prescindere da Cristo, pienezza

L’Ora del Salento SETTIMANALE CATTOLICO Iscritto al n. 517 del Registro stampa del Tribunale di Lecce

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della Verità e del Bene e, citando il Beato Antonio Rosmini, non devono pensare la fede senza anche pensare nella fede. Questo, ha precisato il presidente della Cei, non per imporre qualcosa a qualcuno, ma per essere innanzitutto coerenti. Ma non solo. Nell’enciclica di Giovanni Paolo II Sollecitudo Rei Socialis, al capitolo 41, il compianto Pontefice sottolinea come la Chiesa, pur non avendo delle soluzioni tecniche specifiche per la soluzione di problemi concreti, ha tuttavia ben chiaro a quale fine deve tendere tutto l’agire umano, fin nelle sue scelte più piccole: la realizzazione del bene comune, vale a dire il rispetto, la promozione e valorizzazione della dignità umana. Giovanni Paolo II riconosce alla Chiesa il diritto ad avere lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo, dal momento che essa, con le parole di Paolo VI, è “esperta in umanità”. Essendo il progresso sociale non un fine ma un mezzo, è doveroso per la Chiesa fornire delle linee guida, degli spunti di riflessione, criteri di giudizio tramite la diffusione della sua dottrina sociale. Ma cos’è questa Dottrina che la Chiesa tanto si sforza di diffondere, malgrado le troppo frequenti accuse di ingerenza? Con le parole di Giovanni Paolo II, essa è l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sul-

PENSANDOCI BENE...

le complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. La Dottrina Sociale, dunque, come ricerca e fornitura di risposte morali a problemi concreti che l’uomo moderno si illude siano totalmente staccati dalla morale, secondo la perversa concezione della politica di machiavellica memoria. La realtà è qualcosa che va interpretata per mettere in atto delle scelte. Noi cattolici dobbiamo interpretare e scegliere alla luce del Vangelo, anche se la società di oggi è spaventata dall’idea che una Verità esista e che essa sia razionalmente ed entusiasticamente promossa e proposta agli altri. Senza alcun riferimento e nessuna verità, l’uomo incorre nel gravissimo rischio, purtroppo già verificatosi, di essere governato da ciò che in realtà dovrebbe sottostare al suo servizio. Il prezzo da pagare è altrimenti assai alto; pensiamo, ad esempio, alla crisi economica degli ultimi tempi: come ha affermato il professore Ettore Gotti Tedeschi, essa rivela come ci sia effettivamente bisogno di una dottrina di riferimento per riprendere con responsabilità personale l’uso degli strumenti, distinguendo tra fini e mezzi. Vincenzo Pitotti Responsabile Regionale Alleanza Cattolica

Una nuova generazione di cattolici per il domani Alta e forte, come sempre, anche questa volta si è fatta sentire la voce della Chiesa: nonostante l’oscuramento mediaa tico, la 46 Settimana Sociale dei cattolici, con la sua agenda di speranza, ha costituito non solo un importante momento di riflessione e di confronto, ma un contributo di orientamento e di proposte concrete di impegno, un significativo punto di riferimento morale per quanti intendono operare per il bene comune, superando la tentazione dello sconforto e della sfiducia che l’attuale quadro politico, economico e sociale genera nella maggior parte della cittadinanza. È la Chiesa come comunità di credenti che si è espressa, in tutte le sue componenti, portando a Reggio Calabria il frutto del lavoro propedeutico ad essa di tanti gruppi, associazioni, realtà ecclesiali, risultato dell’ascolto dei problemi della comunità, della condivisione delle ansie, angosce, preoccupazioni della gente comune che attendono una risposta. Perché i cattolici davanti ad un Paese, definito “in caduta libera”, non possono tacere, non possono rimanere indifferenti e rinchiudersi in una fede privatistica che nulla ha a che fare con l’annuncio del Cristo che si è incarnato nella storia dell’uomo, non possono rimanere insensibili al grido di dolore e di sofferenza dei nuovi poveri, della disoccupazione crescente, delle famiglie che non ce la fanno ad arrivare a fine

di Giuseppina Capozzi

mese, sulle cui spalle grava la cura dei bambini, degli anziani, dei disabili, il disagio e la precarietà giovanile, sulle cui spalle si ripercuote la cronica assenza di servizi. Non possono tacere davanti alle disparità sociali crescenti, rifiutare o discriminare gli stranieri disperati che invadono la nostra terra, fratelli che non dobbiamo limitarci ad accogliere, ma dobbiamo aiutare ad integrarsi nella nostra cultura, rispettandone la diversità, nell’armonia di una convivenza pacifica. Quale differenza tra l’agenda dettata dalla Settimana Sociale, fatta di problemi veri, e quella dei nostri governanti fatta di spettacoli indecorosi, di squallidi giochetti di potere, di proposte legislative volte a tutelare gli interessi di un singolo, e di pagine bianche, totalmente bianche sulle vere emergenze del Paese! È dunque la qualità della democrazia, la prima grande emergenza sottolineata nella Settimana, il presupposto necessario “per assicurarsi - come ha detto il cardinale Bagnasco - il diritto a vivere non in una giungla di libertà autodistruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità”. Questa che, a buon ragione dunque, può considerarsi l’emergenza delle emergenze, esige una nuova classe dirigente che aiuti il Paese a ricostruire e rinsaldare

innanzitutto la sua identità morale, culturale e politica, gravemente disgregata anche da un vacuo modernismo, da una nuova ideologia mercantilista, dal relativismo etico imperante e da un’ipocrita “politicamente corretto”. Una classe dirigente nuova, in quanto interiormente rinnovata, come ha precisato Benedetto XVI, che operi nell’esclusivo interesse del bene comune, che è il bene dell’intera famiglia umana, bene comune che è tutela della vita, dell’ambiente, difesa dei diritti e della dignità della persona, della pace che nasce dalla giustizia, dall’eliminazione delle cause che generano conflitti. Classe dirigente che non è solo quella istituzionale, ma è quella politica, del mondo delle imprese, delle organizzazioni sindacali, del mondo dell’istruzione, della cultura, di tutti coloro che a occupano posti di responsabilità. Una classe dirigente chiamata ad impegnarsi nella ricostruzione morale del Paese. Alla quale dobbiamo contribuire tutti assumendoci le nostre responsabilità, partecipando alla cosa pubblica. Ma è soprattutto alla comunità dei credenti che è rivolto l’appello del Santo Padre a formare “una nuova generazione di cattolici… che si impegnino nell’attività politica senza complessi di inferiorità” che portino nella polis quei valori cristiani che sono valori umani, valori laici. Carmen Starace

NELLA CASA DEL PADRE

La vera educazione scolastica Osserviamo la differenza di significato tra il termine educazione e istruzione: educazione deriva etimologicamente dal latino educare (allevare, alimentare) e educere (portare fuori, condurre via); istruzione da instruere (inserire, costruire). Il primo evocherebbe un retaggio di trasmissione di valori e buoni sentimenti secondo una ideologia di naturalismo pedagogico e di conservatorismo politico; il secondo una scuola più laica e moderna che trasmette alla massa contenuti e comportamenti cognitivi circoscritti. In realtà l’educazione e l’istruzione sono necessariamente complementari e il termine formazione racchiude il senso di una educazione vera. La formazione, a prescindere dai modelli proposti, va verso la dimensione di un impegno responsabile del formatore, che ha il dovere di delineare una rotta precisa di comportamento. Partendo da un’analisi ed un’indagine approfondite dei fondamenti storici e funzionali della scuola, si possono comprendere le ragioni della sua evoluzione, ma soprattutto la necessità della sua esistenza e la peculiarità dei suoi fini. Nelle società a struttura tribale, i giovani apprendevano dagli adulti, senza necessità di una istituzione particolare. Con la formazione di grandi organismi statali, per una complessa amministrazione, dopo il simbolismo e l’invenzione della scrittura, si rese necessario formare un ristretto gruppo di funzionari (vedi le antiche società mesopotamiche e le coeve civiltà del vicino Oriente). La scuola si sviluppa nella necessità di formare sia dal punto di vista educativo che istruttivo gli alunni, privilegiando un aspetto sull’altro, alternativamente. Nel periodo illuministico, poi, si individuò nella struttura scolastica lo strumento per formare secondo educazione e ragione, con un modello che tendeva a sopprimere la differenza. Pur nei suoi limiti, i valori dell’ottica illuministica di libertà, uguaglianza e ragione rappresentano i fondamenti della migliore cultura occidentale. Da questo disegno prende origine il modello moderno di scuola. La scuola europea della prima metà del Novecento, sopravvissuta fino agli anni sessanta, mirava ad una solida base unitaria di cultura, per acquisire poi le varie conoscenze specialistiche, a fronte della scuola attuale che mette al primo posto le esigenze di socializzazione dei ragazzi, l’autonomia come elaborazione di una propria identità in relazione alle specificità della comunità e del territorio di appartenenza, cercando di evitare gli strumenti concettuali teorici difficili. Il vero problema è legato alla rieducazione delle generazioni future. Scomparsi i valori “tradizionali” di disciplina, solidarietà e importanza dell’essere sull’avere, la società si è imbarbarita, frutto di una diseducazione che è conseguenza di un abdicare della scuola al suo compito fondamentale di formare il discente. È necessario e urgente, quindi, riformare il sistema educativo in una scuola che fornisca gli strumenti culturali necessari a formare una preparazione realmente critica. info@giuseppinacapozzi.it

L’Ora del Salento si unisce al dolore che ha colpito l’amico Paolo Agostino Vetrugno e i suoi familiari per la scomparsa del caro papà

avv. Salvatore e prega il Dio della vita perché accolga la sua anima nel regno dei giusti.

DALLA PRIMA

Il Paese dei non responsabili Siamo proprio sicuri che siano proprio utili tanti comitati, tanti consigli, gruppi di lavoro, coordinatori, commissioni, direzioni, supervisori e consulenti? Un capitolo a parte meriterebbe la nuova genia degli “ispettori”. Si trovano dappertutto e spesso lavorano in gruppi anche affollati. Ci sono ispettori nella formazione e nella sanità, nel fisco e nella edilizia, nell’urbanistica e nei servizi sociali. Talvolta si tratta di personale che viene sottratto a compiti istituzionali per farlo passare su posizioni di “governo” sicuramente più remunerative. Di certo c’è che, non ostante tutta questa gente, non passa settimana che non porti con sé il proprio scandalo … e intanto i servizi pubblici non funzionano come dovrebbero, i lavori pubblici non terminano mai ed aumentano di costo, la sanità è sempre meno vicina al cittadino e i bilanci delle aziende a capitale pubblico sono sempre in rosso. Noi pensiamo che qualche spiegazione si debba pur dare ai cittadini e qualche operazione di pulizia si debba pur compiere, senza aspettare che a porre rimedio sia sempre e soltanto la magistratura. Nicola Paparella


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DEDICAZIONE DELLA CATTEDRALE L’OMELIA DELL’ARCIVESCOVO 1. Consolante, rinfrancante, gioiosa esperienza di comunione certa, quella che il Signore ci dà da vivere questa sera nel momento in cui, celebrando l’annuale anniversario della dedicazione della Chiesa maior et mater, la Cattedrale, ammasso ordinato, artistico, in qualche angolo anche ricercato, di pietre e di opere d’arte, viviamo la certezza di essere noi costruiti come edificio spirituale, con pietre vive, per proclamare “le opere ammirevoli di Lui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2,9). La certezza di essere edificio spirituale dunque Chiesa santa, ci viene da quell’avvicinarci “a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio” (1Pt 2,4). È lui solo che, costituendoci in sacerdozio santo, ci abilita all’offerta del sacrificio spirituale gradito a Dio. Perché la nostra vita concreta, reale, si trasformi in una offerta gradita a Dio, bisogna che sia unita al sacrificio di Cristo, bisogna che siamo incorporati in Cristo morto e risorto, pietre vive veramente solidali con la pietra viva. Per questa adesione a Cristo noi formiamo un sacerdozio regale, noi siamo una nazione santa e una stirpe eletta. Tutti noi, senza distinzione alcuna, siamo invitati a fare della nostra vita un’offerta, non ci è dato di cooptare altro. Offrire significa consegnare se stessi in quel vortice di grazia che, risucchiandoci dagli acquiescenti compromessi che ci fanno stazionare nei piani bassi delle comode mediocrità, ci spingono alla generosità del dono e dell’offerta pro mundi vita e per ciò stesso ci fa entrare nel numero dei veri adoratori del Padre in spirito e verità. Alla domanda della Samaritana, dove adorare, fa eco quella di Salomone: “Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?” (1Re 8,27). La risposta per noi è Cristo Gesù che ha posto la sua dimora tra noi, la sua tenda fra le nostre tende. Cristo vuole abitare fra coloro che sono riuniti nel suo nome; vuole prendere dimora, insieme al Padre in chi osserverà la sua Parola (Gv 14,23). Ancora e di più: Cristo ha istituito l’Eucaristia che sotto le specie del pane e del vino, rende presente la sua persona divina (Mt 26,28). È finito il tempo del culto legato a una montagna. Ora il Padre si adora sotto l’azione dello Spirito di verità, quella verità che è Cristo stesso. “L’unione con Cristo costituisce lo spazio interiore della preghiera cristiana… Gesù è il nuovo tempio che rimpiazza d’ora innanzi il monte Garizim e quello di Gerusalemme. Tutti noi viviamo l’ora per l’adorazione del Padre in spirito e verità (I. de la Potterie). Cristo Gesù, Signore e Maestro, sceglie noi, questa sera convocati nel nostro maggior tempio, come sua dimora. Quale dono, quale impegno, quale responsabilità! Paolo ce lo ricorda con parole chiare e perentorie: non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 2. Ecco perché questa dimora ha bisogno di pietre vive e scelte. Ci sono domande che attendono risposte: a - Come diventare pietre vive e scelte? La parola che risuona in questa liturgia di lode ce lo ha ricordato: Avvicinandovi a Cristo, pietra viva, Stringendovi a Cristo, pietra viva, così recitava la vecchia traduzione, quasi a sottolineare la maggior presa delle pietre alla pietra angolare. Questo tipo di legame garantisce una maggiore e più forte presa. Il legame con Cristo è essenziale. Il rapporto con lui non può allentare la fedeltà. La deve garantire. Non può essere un semplice appoggio. Potremmo dire che questo legame deve essere come un cemento a presa rapida. Stretti a Cristo nella fedeltà che non si barcamena, non tentenna. È una

“L’educazione è cosa del cuore e Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano la chiave”

Quali pietre vive e scelte “La Chiesa è maestra perché suo compito è quello di servire la ricerca della verità” stretta così forte da non temere tempeste, vento, pioggia. b - Quale l’impegno richiesto alle singole pietre per incastonarsi nel modo giusto? Non sono tollerabili in questo lavoro di cesello personalismi o scelte arbitrarie che esulano o si allontanano dalla via del discepolo, via tracciata e indicata da Lui, il Maestro: via di povertà. Più volte ricorda questa via nel vangelo: non può essere mio discepolo chi non sceglie di rinnegare se stesso e prendere ogni giorno la sua croce; chi per me non rinunzia a tutti i suoi averi, a tutte le sue sicurezze; chi non mi ama più del padre, della madre, della moglie, del figlio, della figlia……. c - A chi rivolgerci per essere sostenuti e guidati in un compito arduo ed esigente? La prima immediata risposta non la troviamo su un libro. La risposta è una persona, è Cristo Gesù, lui solo

“è per noi non ‘un’ maestro , ma ‘il’ Maestro”. La sua autorità, grazie alla presenza dinamica dello Spirito, raggiunge il cuore e ci forma interiormente” (Educare alla vita buona del Vangelo, 16). “Egli rivela il mondo nuovo voluto da Dio e chiama a esserne parte, sollecitando ciascuno a cooperare alla sua edificazione nella pace” (ivi,18). La Chiesa è luogo e segno della permanenza di Gesù Cristo nella storia. Apprende e attinge da Gesù il suo impegno ad educare, a formare l’uomo nuovo, è sua discepola e ne segue le orme. Ma è anche madre “grembo accogliente - sono parole del documento che consegnerò al termine della celebrazione - comunità di credenti in cui si è generati come figli di Dio e si fa l’esperienza del suo amore (ivi21). Ecco come Sant’Agostino si rivolge alla Chiesa, madre: “Oh Chiesa catto-

Ora la sesta campana in concerto insieme alle altre cinque In occasione dell’ingresso del nuovo parroco al Duomo di Lecce, don Antonio Bruno, il 22ottobre è stata messa in funzione a distesa la sesta campana donata al vescovo mons. D’Ambrosio, ferma non funzionante. La Ditta Te.Ma. Elettrificazione Campane ha donato la meccanica e l’elettrificazione della campana per far andare in oscillazione, insieme alle altre cinque esistenti oscillanti. Con gli Auguri al nuovo parroco.

lica, oh madre dei cristiani nel senso più vero… tu educhi ed ammaestri tutti: i fanciulli con tenerezza infantile, i giovani con forza, i vecchi con serenità, ciascuno secondo l’età, secondo le sue capacità non solo corporee ma anche psichiche. Chi debba essere educato, ammonito o condannato, tu lo insegni a tutti con solerzia, mostrando che non si deve dare tutto a tutti, ma a tutti amore e a nessuno ingiustizia”. È maestra perché suo compito è quello di servire la ricerca della verità. È continuo e instancabile il suo servizio “perché la parola del Signore corra e sia glorificata” (2Ts 3,1). 3. Un grande scrittore cristiano del sec. XIX, Alessandro Manzoni, in uno degli Inni Sacri, forse il più bello, la Pentecoste, così definisce la Chiesa: Madre dei Santi, immagine della città superna. La nostra altissima vocazione, ci

ricorda il Vaticano II nella Gaudium et Spes, è essenzialmente chiamata alla santità. Ecco perché l’azione educativa della Chiesa, secondo le parole di Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, “deve riproporre a tutti con convinzione questa ’misura alta della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione”. Educare alla santità non è impresa facile. Non c’è una tecnica che scandisce tappe, itinerari, strumenti sicuri. Educa alla santità chi è testimone di santità. In molti conosciamo alcune affermazioni di un grande e santo educatore, San Giovanni Bosco, che vengono riportate negli Orientamenti pastorali del decennio Educare alla vita buona del Vangelo: “l’educazione è cosa del cuore e Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano la chiave”. 4. “Maria, Donna premurosa, destaci dall’indifferenza che ci rende stranieri a noi stessi. Donaci la passione che ci educa a cogliere il mistero dell’altro e ci pone a servizio della sua crescita. Liberaci dall’attivismo sterile, perché il nostro agire scaturisca da Cristo, unico Maestro. Maria, Amante della vita, preserva le nuove generazioni dalla tristezza e dal disimpegno. Rendile per tutti noi sentinelle Di quella vita che inizia il giorno in cui ci si apre, ci si fida e ci si dona”. (Educare alla vita buona del Vangelo,56) Amen


L’Ora del Salento

Lecce, 13 novembre 2010

ecclesìa La liturgia della Parola odierna ci offre l’opportunità di meditare sul discorso escatologico di Gesù, il quale prende spunto dagli elogi che alcuni avevano manifestato riguardo la bellezza artistica del Tempio di Gerusalemme per annunciarne la distruzione. Tale profezia non costituisce solo una previsione fatta da Gesù, regolarmente compiutasi nel 70 d.C., ma è fonte di un profondo insegnamento. Il Signore, infatti, intende istruire i suoi discepoli invitandoli a non prestare attenzione alle effimere bellezze di questo mondo. Infatti, nemmeno il fascino del Tempio deve far dimenticare la caducità di questo mondo e di tutto ciò che lo adorna. Dinanzi a tale profezia, i discepoli subito chiedono quando questo terribile avvenimento succederà, ma la risposta del Signore è alquanto evasiva. Egli non intende assecondare la curiosità dei suoi discepoli, in quanto ciò che conta non è sapere quando questo mondo avrà fine, bensì riconoscerne la reale caducità, di cui le guerre, le malattie, i disastri naturali sono il chiaro segnale. Dinanzi a questo quadro dipinto con toni apocalittici, i discepoli potrebbero essere colti da inopportuno terrore. Ecco però che lo stesso Gesù li rassicura con alcune espressioni di straordinaria bellezza. Il mondo è destinato ad aver fine, perché “passa la scena di questo mondo”; nel corso della storia si registreranno episodi gravissimi, a tal punto che molti penseranno che sia arrivata “la fine del mondo”, ma i discepoli del Signore non dovranno avere nessuna paura, perché “nemmeno un capello del vostro capo perirà” (Lc 21,18). Anche se il mondo andasse verso una direzione completamente sbagliata e priva di senso, anche se i giovani si lasciassero attrarre dalle seduzioni della mondanità, anche se persino i nostri amici e parenti più cari si allontanassero dalla verità e scegliessero il cammino della menzogna e della morte, noi non ci dovremmo far cogliere da nessun terrore, ben sapendo che, se pure tutto il mondo ci perseguitasse, “nemmeno un capello del nostro capo perirà”. È questo il vero annuncio del Vangelo ed è questa l’opera che Dio intende compiere attraverso di noi. Proprio per questo, invita i suoi discepoli a non preparare alcuna difesa umana, perché Lui stesso sarà il vero difensore dei suoi discepoli. Infine, è oltremodo opportuno segnalare un’altra espressione utilizzata da Gesù: “Tutto ciò vi darà occasione di rendere testimonianza”. Ed è proprio così! Mentre il mondo si dispera sempre più per i drammi che lo affliggono, i cristiani, forti della propria speranza che non si basa su nessun elemento caduco, ma su Cristo stesso, saranno nuovamente il sale della terra e la luce del mondo perché la loro testimonianza sarà sempre più sorprendente ed audace. Noi, infatti, mentre annunciamo che di questo mondo non rimarrà pietra su pietra, affermiamo anche che, fondati sulla vera pietra che è Cristo, non periremo, ma “salveremo le nostre anime” con l’arte della pazienza e della perseveranza nella vera fede.

IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

Cristo è il nostro vero difensore

L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Da lunedì 15 a venerdì 19 novembre 2010 Partecipa agli Esercizi spirituali del Clero diocesano a San Giovanni Rotondo Sabato 20 novembre 2010 Ore 18 - Apre l’Anno della Carità a San

Giovanni Battista Domenica 21 novembre 2010 Ore 10 - Celebra la Santa Messa nella Chiesa di Cristo Re Ore 12 - Partecipa alla Festa Unitaria dell’AC nel Palazzetto dei Salesiani

NELLA STORIA

A 60 anni dalla definizione dogmatica dell’Assunzione di Maria Vergine Lo scorso ottobre scrivendo in questo foglio sulla Metropolia di Lecce ricordavamo che tutte le Costituzioni apostoliche, dogmatiche e giuridiche venivano solennemente promulgate da una bolla papale scritta “ad perpetuam rei memoriam”. Tanto accadde con la costituzione apostolica “Munificientissimus Deus” per la proclamazione del dogma di Maria Santissima Assunta il 1° novembre dell’Anno Santo 1950; evento che lasciò un segno indelebile di quell’anno giubilare. Al dire dei bene informati sostitutivo dell’indizione del Vaticano II, poi alla Sua morte, annunziata dal Beato Giovanni XXIII il 25 gennaio del ’59. E il decennio di ritardo si attribuiva all’indecisione connaturale dell’Angelico Pio. Prima di affidare la penna agli Acta Apostolicae Saedis (4

novembre ’50, vol. 42 pp.75395) vorremmo ricordare qualche personale memoria. Si andò dal Regionale di Molfetta in 12 alunni teologi, guidati dall’allora Rettore mons. Corrado Ursi e accompagnati solo da qualche docente. Il 31 ottobre, vigilia dell’evento solenne, ci recammo alla conclusione del Congresso Mariano Internazionale tenuto all’Antoniano di viale Manzoni. Quando con nostra sorpresa - si era ancora alle prime armi con l’ordinamento canonico - vedemmo presiedere con poltrona dorata il Generale dei Minori, P. Pacifico Perantoni, (poi venuto a Lecce come Vescovo di Locri nel nostro Congresso Eucaristico-Nazionale del ’56) e circondato da una quarantina di presuli evidentemente fuori sede. Altro particolare notato in quella circostanza fu quando,

AZIONE CATTOLICA

LecC’è di più all’Oratorio Salesiano Appuntamento il 21 novembre Si chiama “LeccC’è di più Diventiamo grandi insieme” l’appuntamento che vedrà riflettere, giocare e far festa ragazzi e giovani dell’Azione Cattolica di Lecce. Appuntamento il 21 novembre prossimo, a Lecce, presso l’Oratorio dei Salesiani, dove migliaia di scatenati acierrini, giovani soci e tanti amici dell’Associazione si ritroveranno per una giornata insieme. Dopo il grande evento romano del 30 ottobre scorso, in cui oltre 100mila ragazzi e giovanissimi, con i loro educatori e genitori, hanno incontrato Benedetto XVI, la riflessione continua nella nostra Diocesi. “Aspirate a mete grandi, perché Dio ve ne dà la forza aveva detto il papa a Roma - Il ‘di più’ è essere ragazzi e giovanissimi che decidono di amare come Gesù, di essere protagonisti della propria vita, protagonisti nella Chiesa, testimoni della fede tra i vostri coetanei.[…] ‘Diventare grandi insieme’ dice l’importanza di far parte di un gruppo e di una comunità che vi aiutano a crescere, a scoprire la vostra vocazione e a imparare il vero amore”. In questo anno speciale, quindi, la “Festa del Ciao” e la “Festa Giò”, le storiche iniziative annuali dei ragazzi e dei giovani dell’Azione Cattolica di

Lecce diventano un’unica cosa e si arricchiscono di nuove esperienze e nuove prospettive. Insieme, ragazzi e giovani, si raduneranno intorno al loro Domenico Umberto D’Ambrosio, per ribadire che, pur con le dinamiche della loro giovane età, vogliono impegnarsi con slancio ed entusiasmo per “dare luce a questo mondo”, “diventare grandi insieme”, ma soprattutto essere testimoni veri e credibili in ogni attimo della loro vita. La festa, condivisa dal Settore Giovani e dall’Acr, avrà momenti a misura di ogni età, momenti per far festa, pregare e gioire insieme. L’appuntamento vuole essere anche un momento di conoscenza e di scambio reciproco, e ha l’ambizione di aggregare intorno ai sani valori. Il programma prevede l’accoglienza alle 9 del mattino. L’Acr si radunerà nel Palasport dei Salesiani, i Giovani/issimi nel Teatro. Seguiranno la preghiera, la festa e i giochi nei momenti di Settore. Saranno presenti don Vito Piccinonna, Assistente Nazionale del Settore Giovani e tanti altri ospiti. Alle ore 11.30 tutti i partecipanti si ritroveranno nel Palasport per “LecC’è di più insieme”. p a d r e

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p a s t o r e ,

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Alle ore 12 è prevista la S. Messa presieduta dall’Arcivescovo. Alle ore 13 pranzo a sacco e alle 14 “Peter Pan”, il Musical, a cura della Compagnia “In-stabile” di Novoli. Seguendo le indicazioni del “C’è di più” di Roma i giovanissimi e i giovani che sono anche animatori Acr vivranno il momento loro dedicato. Sarà questa l’occasione per sentirsi ancora una volta grande famiglia, per cui sarà bello e importante coinvolgere i genitori e gli adulti della parrocchia. I Sacerdoti Assistenti che desiderano Concelebrare, dovranno portare con sé camice e stola. Maggiori informazioni su www.azionecattolicalecce.it e www.acglecce.it o sul profilo Facebook: “Azione Cattolica Lecce”. Salvatore Scolozzi

PASTORALE VOCAZIONALE Centro Diocesano Vocazioni Lecce Gruppo Miriam - www.vocazionilecce.it Adolescenti, un viaggio, un’avventura… 27 novembre 2010 - La mia adolescenza: “Che mi succede?” 18 dicembre 2010 - Le mie radici: la mia famiglia, un dialogo impossibile 22 gennaio 2010 - L’adolescente e la fede: la crisi e l’esempio di S. Maria 19 febfraio 2011 - L’amicizia: insieme è meglio

19 marzo 2011 - Innamorarsi: “Quando dico che ti amo” 16 aprile 2011 - Gesù: un amico speciale 10 maggio 2011 - La preghiera: “Ma perchè pregare?” 3-5 giugno 2011 - Libertà di... libertà per... Giornate di fraternità e condivisione Dove?: Presso la casa delle Suore Carmelitane di Arnesano, Via Materdomini n. 30 A che ora?: Dalle 17.00 alle 19.00 … sei pronta a partire.

prima della definizione dogmatica, a nome dei 2000 Vescovi dell’Orbe (presenti solo 700) veniva fatta dal sottodecano dell’allora Sacro Collegio, Eugenio Tisserant, che aveva accanto a sè il card. decano Francesco Marchetti Selvaggiani (Vicario di Roma e Prefetto del Santo Uffizio): in carrozzella e in vesti purpuree a causa del noto incidente stradale avvenuto negli anni ’40, che lo portò alla morte dopo soli 3 mesi, nel gennaio del ’51. E finalmente la presenza dell’Imperatrice Zita d’Asburgo, Borboni-Parma, vedova del beato Carlo, che apriva il corteo dei sovrani in solio e in quiescenza, presenti prima delle delegazioni ufficiali degli Stati. La vedemmo aldilà della transenna a distanza ravvicinata che si recava alla tribuna d’onore per la messa solenne. Dalla lettura degli Acta sopra cennati sappiamo che il corteo papale scese in piazza, muovendo dalla Sistina: composto da 38 Cardinali, dai 700 menzionati Presuli dell’Orbe e, come sempre, da prelatura romana e famiglia pontificia.. Il 30 innanzi in uno straordinario Concistoro semipubblico Cardinali e Vescovi, nella Sala delle Benedizione (sovrastante il portico della Basilica), avevano espresso il loro unanime consenso. Poi il solo a capo coperto e sedente in cattedra, il Venerabile Pio XII, pronunziò le fatidiche parole: “Immaculatam Deiparam semper virginem Mariam, espleto terrestris vitae cursu, fuisse corpore et anima in coelum assunta” (L’Immacolata Vergine Maria, madre di Dio, finita la sua vita terrena è stata assunta in corpo ed anima alla gloria celeste). Così come il Beato Pio IX l’8 dicembre del ’54 aveva proclamato l’Immacolata Concezione di Lei con le parole finali della “Provvidentissimus Deus”. Allora dalla cattedra del Bernini, ora da un alto seggio della piazza antistante, alla presenza di una folla esultante e commossa di circa mezzo milione di fedeli. Notiamo la distinzione dei due luoghi, attesa la diversità numerica degli astanti; nonché l’obbligato rientro in Basilica quando non si concepiva la celebrazione della santa messa al di fuori del luogo sacro. Il giorno seguente, memoria dei fedeli defunti, Vescovi e Cardinali tornarono nella più grande sala dei palazzi apostolici per ascoltare, dopo la lettura di una breve epistola-enciclica, il discorso latino gratulatorio, detto con voce vibrante dal dodicesimo Pio. Oronzo De Simone


L’Ora del Salento

Lecce, 13 novembre 2010

catholica

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CHIESA DI LECCE

Le attività di novembre Domenica 14 Giornata del Ringraziamento Giornata di ritiro per le Religiose presso Suore Marcelline Da lunedì 16 a venerdì 19 Esercizi Spirituali Sacerdoti S. Giovanni Rotondo

Sabato 20 “ Incontra Samuel” Weekend vocazionali per ragazzi - Seminario Arcivescovile, (inizio: sabato, h. 16.30 - fine: domenica, h. 12.00) Inaugurazione anno pastorale della Caritas - Parrocchia

“S. Giovanni Battista”, h. 18.00 Domenica 21 Giornata di preghiera per le Claustrali Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero

Festa dell’Acr e Ac Giovani Oratorio Salesiani - Lecce Venerdì 26 “PrayerLab” Laboratori della fede per ragazzi e ragazze delle Scuole superiori Seminario Arcivescovile, h.

19.45 / 21.30

no verso la G.M.G. di Madrid - Cantelmo, h. 19.00

Sabato 27 Sacramento della Confermazione per giovani e adulti Cattedrale, h. 18.00 Domenica 28 Festa di apertura del Cammi-

Lunedì 29 Immissione delle Sorelle Povere di S. Chiara nel Monastero “S. Nicolò” in Cattedrale, h. 16.00 e processione verso il Monastero (ex Casa Pax)

ANNIVERSARIO A 106 ANNI DALLA NASCITA DEL SERVO DI DIO NICOLA RIEZZO Esempio luminoso di fedeltà e di amore a Cristo e alla sua Sposa. Accolse Giovanni Paolo II per la prima volta in Puglia

In lui forte il legame tra Chiesa e santità L’11 dicembre prossimo ricorre il 106° anniversario della nascita di mons. Riezzo (1904-1998) Nacque a Squinzano (Le) l’11 dicembre 1904, terzo di sei figli. Fu battezzato il giorno dopo la nascita nella chiesa matrice “S. Nicola” di Squinzano. Il 25 marzo 1958 fu eletto vescovo di Castellaneta (Ta) e consacrato nella Cattedrale di Lecce il 29 giugno 1958 da mons. Francesco Minerva. Per oltre dieci anni ha guidato la diocesi ionica con santità, saggezza e zelo apostolico, facendosi amare e venerare da tutti i sacerdoti che lo hanno considerato un padre spirituale mite e fermo nello stesso tempo. Il 28 aprile 1969 venne promosso alla sede arcivescovile di Otranto dove ha svolto il suo ministero di solerte pastore per oltre undici anni. Il Servo di Dio scriveva di sé così: “Il Vescovo infatti altro non è che Colui a cui venne da Dio affidata la custodia del gregge: vero pastore di anime, che tutti vuol condurre a Gesù Cristo, e che per tutti vuol faticare, lavorare, sacrificarsi, se occorre, affinché neppure uno ne vada perduto” (Lettera Pastorale del gennaio 1979). Era solito andare in giro a visitare le parrocchie della diocesi, incoraggiare e stimolare i sacerdoti, incontrare i fedeli. Riprese il processo dei beati Martiri idruntini, fece costruire nuove chiese, si dimostrò molto vicino ai seminaristi con i quali era solito soffermarsi a pranzo la domenica. Il 5 ottobre 1980 accolse il Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione del quinto centenario dei Martiri idruntini. Le stesse qualità e lo stesso zelo pastorale pose a servizio della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca, della quale fu per diversi anni Amministratore Apostolico. Il 27 gennaio 1981, quale Arcivescovo emerito di Otranto, si ritirò nella natia Squinzano, dove fu modello di virtù sacerdotali in sapienza, pietà e umiltà. Offrì, infatti, il suo ministero come un umile vice parroco in particolare nella Parrocchia matrice “S. Nicola”. Tutti lo ricordano al confessionale, all’altare, a visitare gli ammalati, a tenere la catechesi ai giovani nubendi, a girare per le vie del paese intrattenendosi amabilmente con la gente. A questo proposito scrive in una delle ultime sue Lettere:” La santità sacerdotale, da raggiungere non accanto, ma attraverso il ministero, richiede, innanzitutto, un’intima unione con Cristo, che è la stessa santità di Dio incarnata. Il sacerdote deve poter dire come San Paolo: “mihi vivere Christus est! - per me vivere è Cristo” (Fil 1, 21). Il “rimanete in me ed io in voi” di Gesù (Gv 15, 1.4-5) deve costituire la sua principale preoccupazione, il

cuore, il criterio e la norma di tutta la sua vita. I cristiani vogliono trovare nel sacerdote non solo l’uomo che li accoglie, che li ascolta volentieri e testimonia loro una sincera simpatia, ma anche, e soprattutto, un uomo innamorato di Dio, che appartiene al Signore, che li aiuta a guardare a Lui, a pensare a Lui, a salire verso di Lui”. Con discrezione ha aiutato tante persone bisognose e donato i suoi risparmi per la costruzione delle chiese “Madonna di Lourdes” e “Madonna di Fatima”. Ha lasciato a tutti un luminoso esempio di fedeltà e amore alla Chiesa. Si è addormentato nel Signore il 20 agosto del 1998, il 22 agosto furono celebrati i solenni funerali nella Chiesa matrice di Squinzano dove aveva ricevuto il battesimo ed era stato consa-

crato sacerdote. L’Arcivescovo mons. Cosmo Francesco Ruppi, nell’omelia esequiale ha detto di lui: “Quando mi sono inginocchiato dinanzi alla salma del nostro venerato e caro mons. Riezzo non ho avvertito nel cuore alcuna sofferenza, ma ho sentito un immenso trasporto, la gioia, cioè, di pensarlo già nel regno dei cieli, la certezza di vedere in lui un nostro nuovo protettore presso il trono di Dio”. La figura di mons. Riezzo risalta il legame che esiste tra la chiesa e la santità. La nostra Chiesa, infatti è “La Chiesa dei santi” come dice J. Bernanos - non “una specie di gendarmeria spirituale”. Quella della santità “è un’ avventura, anzi l’unica avventura possibile” (J. Bernanos, I predestinati, Gribaudi).

SEGNALI DI LAICALITÀ/4

di Tonio Rollo

SALENTO MARIANO

di Valerio Terragno

Chi si ferma è perduto. E brutto

La chiesa dell’Assunta a Castellaneta

Certamente non si può dire che Benedetto XVI vada alla ricerca di luoghi facili, o almeno così si sarebbe portati a credere. L’ultima scelta, dopo quella che lo ha portato in Gran Bretagna come primo successore di Pietro là dove per un secondo matrimonio si è disposti ha creare una nuova chiesa fatta in casa, è in terra di Spagna, nella terra che negli ultimi anni si era proposta sullo scenario politico e sociale europeo come la nuova patria delle conquiste laiciste grazie all’ascesa di Zapatero, dopo gli attentati degli integralisti islamici a Madrid. Un viaggio atteso e visto con tanto interesse dai media, pronti a sfruttare ogni parola in chiave di nuova guerra tra chi punta alla città di Dio e chi governa la città dell’uomo. Ben 3000 giornalisti e 300 testate (fonte aerea p. Lombardi) si sono accreditati per seguire l’evento. Già sulla strada, o per aria - per esser più precisi - incontrando i giornalisti sul papa-plano come si dovrebbe chiamare l’aereo - Benedetto XVI ha toccato alcuni temi che potrebbero essere utili a tutti quei laici che vogliono crescere in maturità, impegno e grazia, in risposta alla loro specifica vocazione. Il primo consiglio si può riassumere con il più classico: chi si ferma è perduto! L’essere pellegrini porta ad uscire da quella quotidianità, un tempo definita un po’ borghese, per aprirsi all’incontro, per incontrare l’altro. Diventa tensione verso la Libertà, diventa via per la trascendenza. “Il pellegrinaggio, dice il Papa, riunisce: andiamo insieme verso l’altro e così ci troviamo reciprocamente.” Il secondo tema che sottendeva al

La penisola salentina, estesa e pianeggiante, confina, a nord-ovest, con le pendici delll’altopiano delle murge tarantine. Arroccata, sull’orlo di un profondo burrone, simile quasi ad un Canyon, sorge Castellaneta, pittoresca cittadina, ricca di arte e storia. La piccola chiesa dell’Assunta, situata su una strada, in direzione di Taranto, costituisce un singolare esempio di architettura trecentesca, nel quale elementi stilistici romanici si uniscono ad altri gotici, bizantini ed islamici. L’edificio, ricorda nella semplice struttura, le coeve chiese angioine di Santa Maria del Casale presso Brindisi, di San Domenico Maggiore e di Santa Maria della Giustizia a Taranto. Il prospetto, cuspidato, recentemente restaurato e riportato all’aspetto originale, è animato dalla presenza di alcuni archetti pensili che ne delimitano la parte superiore. In basso, al centro, si apre lo scenografico portale, dall’archivolto finemente scolpito con decori di tipo floreale, il quale è sostenuto da due colonnine, con capitelli a fogliame, abbelliti da busti di figure alate. Le colonne, a loro volta, scaricano il loro peso su leoni stilofori. Nella parte superiore della facciata, compare il maestoso rosone, forse un tempo a raggiera, incastonato in una raffinata cornice ed affiancato da due leoni, in pietra. Monumentali ed eleganti si presentano anche i portali laterali, in particolare quello rivolto a settentrione, dagli originali richiami architettonici orientali, risalente, al 1278 ed atPietro Farcitolo, abile architetto e scultore, contemporaneo al più famoso Anseramo da Trani. Il luminoso interno, è ad un’unica navata, sovrastata da un tetto a capriate e terminante in un’abside rettangolare provvista di una slanciata volta a crociera. Sulle pareti, si notano tracce di affreschi, risalenti a varie epoche. Tra le pitture, spiccano, senza ombra di dub-

“pellegrinaggio” del Papa in Spagna è stato quello della Bellezza. Non è questa la sede per ripercorrere la grandezza e la genialità dell’opera di Gaudì, ma non si può non indicare in questi appunti laicali, proprio la bellezza della figura di questo fedele laico che, scoprendosi credente, digerendo e, quindi, rielaborando le verità di quella stessa fede ha saputo mediare continuità artistica con novità architettonica, perfezione del creato e creatività della costruzione, facendo gustare (con tutti i sensi e in ogni senso) nella maestosa opera della nuova Basilica la gioiosa vicinanza con Dio. Gaudì, esempio della grandezza dello spirito umano che si apre a Dio, è riuscito a mediare, è riuscito a “rilegare insieme” il Libro della Natura, il Libro della Scrittura e il Libro della Liturgia. Sono sempre parole del Santo Padre. Gaudì è riuscito in un compito molto difficile, in una missione che molto difficilmente riusciamo a fare, sia come laici, sia come Chiesa. Non solo siamo avvezzi a tener separati questi libri, ma molto spesso ne facciamo fascicoli settimanali, giusto per aver la possibilità di assolutizzarne solo alcune parti come se fossero il tutto. È proprio il dialogo tra realtà apparentemente diverse e distanti che sembra essere impossibile e noi non facciamo molto per rendere meno conflittuale questo incontro. Un certo integralismo elitario ci chiude e non ci apre oggi al servizio per l’uomo, per la società, per l’Europa. Si rimanda all’appello alla Spagna e all’Europa che Benedetto XVI a rivolto da Santiago de Compostela. E a rendere possibile questo dialogo e questo incontro dovrebbe essere proprio compito de fedeli laici.

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bio, gli affreschi raffiguranti San Leonardo di Limoges, del XIII secolo, la Madonna della luce, di scuola francese, quelli di San Benedetto da Norcia, padre del monachesimo occidentale e dei Santi Cosma e Damiano. Interessanti sono anche i dipinti con le rappresentazioni della Madonna che allatta, risalente al 1585 e delle Pie Donne al Sepolcro. Molto probabilmente, presso la chiesa di Santa Maria Assunta a Castellaneta, si stanziò, per un breve tempo, una comunità di Frati Francescani, il cui Ordine fu favorito e benvoluto dai principi angioini di Taranto, nella Puglia meridionale. Al di sotto del tempio, si trova una cripta; al lato del portale d’accesso, è collocata una lapide, con scritta in latino, nella quale si fa riferimento all’intitolazione del sacro edificio, alla Vergine. Questa chiesa, è conosciuta, dagli abitanti di Castellaneta oltre che con l’intitolazione a Santa Maria Assunta anche come chiesa “del Pesco” o della Madonna “della Luce”. Riguardo a quest’ultima denominazione, si tramanda una leggenda, assai diffusa tra la popolazione di questa area della provincia di Taranto. Si narra la storia di un capitano inglese, il quale fece naufragio, insieme al suo equipaggio, nelle acque dello Jonio. Sentendosi smarrito ed oramai prossimo alla morte, l’uomo invocò la protezione della Madre di Dio, alla quale promise, se si fosse salvato, la costruzione di una cappella, come segno di ringraziamento. La Madonna, ascoltate le sue preghiere, gli si presentò sottoforma di un raggio di luce, indicando così al capitano, la giusta direzione da seguire per poter raggiungere la terra ferma. Una volta messosi in salvo, rincuorato, il marinaio si addentrò nel territorio roccioso delle murge, per capire da dove provenisse quella misteriosa luce.


L’Ora del Salento

Lecce, 13 novembre 2010

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Dati cassa integrazione: a ottobre in calo le ore autorizzate

I dati di ottobre scorso, recentemente resi disponibili dall’Inps, confermano la lenta ma progressiva diminuzione delle richieste di cassa integrazione in tutta Italia. Le ore autorizzate nel mese sono state infatti 100,8 milioni, contro i 103,2 milioni di settembre (-2,3%). Rispetto al mese di ottobre 2009, quando le ore autorizzate erano state 97,1 milioni, si registra un aumento del 3,8%. La riduzione è risultata particolarmente forte negli interventi ordinari (Cigo), in cui si è passati dai 26 milioni di ore autorizzate nel mese di settembre ai 23,9 milioni di ottobre (-8,4%). Rispetto allo stesso mese dello scorso anno la flessione è del 60%, anche se è differente l’andamento nei diversi settori, con l’industria che fa registrare un decremento del 66,1% rispetto all’ottobre 2009, mentre l’edilizia fa segnare un aumento dell’11,9 %. Anche negli interventi straordinari (Cigs) si è registrato un segno negativo di ottobre rispetto a settembre (42,6 milioni di ore autorizzate contro 44,8 milioni, pari a -5,1%). Rispetto all’ottobre 2009, quando le ore autorizzate erano state 21,1 milioni, vi è un incremento del 101,1%. Sommando le ore autorizzate di Cigo) e Cigs il confronto tendenziale è ancora sensibilmente negativo: in ottobre 2009 erano state concesse 80,5 milioni di ore, contro i 66,3 milioni dell’ottobre 2010. In aumento, invece, gli interventi in deroga (Cigd), che segnano una crescita del 6,4% delle ore autorizzate in ottobre rispetto a quelle di settembre (34,3 contro 32,3 milioni).

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

Più che raddoppiate rispetto allo stesso mese del 2009 (16,6 milioni: +107,7%). “Anche in ottobre si conferma che la differenza nelle richieste di cassa integrazione guadagni la fa la deroga; uno strumento innovativo che ha permesso di allargare il bacino di protezione per lavoratori e aziende ha commentato il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua -. La stabilizzazione della cassa integrazione straordinaria è poi l’effetto della sua ordinarizzazione, che ha consentito il passaggio tra Cigo) e Cigs senza soluzione di continuità”. Per quanto concerne il confronto tendenziale, i valori cumulati (gennaio-ottobre) danno nel 2010 un totale di 1.026,4 milioni di ore autorizzate, contro i 712 del 2009 (+44,1%). La cigo è calata del 36,9%, la Cigs è cresciuta del 159,6%, la Cigd è aumentata del 295,9%. I dati che riguardano le domande di disoccupazione e mobilità sono come sempre aggiornati al mese precedente, quindi fanno riferimento a settembre. Nel settembre 2010 le richieste di disoccupazione sono state leggermente di meno di quelle presentate nello stesso mese del 2009 (97,1mila contro 97,8mila). Ancora più accentuata la diminuzione delle domande di mobilità: 5.600 in settembre 2010 contro 6.600 in settembre 2009. Nel periodo (da gennaio a settembre) il totale delle domande di disoccupazione e mobilità è calato del 5,1%.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Il dimensionamento delle scuole Il dirigente scolastico non credeva ai suoi occhi. Continuava a rileggere le parole d’una lettera che gli aveva mandato l’Assessore all’istruzione del comune. Cercava di capire la reale ragione della proposta di trasformazione dei quattro Istituti Comprensivi della cittadina in tre direzioni didattiche ed in una scuola media. È mai possibile - avrà pensato il Dirigente d’uno dei quattro Istituti Comprensivi che, prima che sia trascorso un anno intero, da quando l’Amministrazione Comunale ha ottenuto dalla Regione di ridurre da cinque a quattro i nostri Istituti comprensivi, ora si rivolga ancora alla Regione, per demolire quel che si è fatto, ed a ricomporre tutto il sistema cittadino delle scuole dell’infanzia, delle primarie e delle medie, come fa il ragazzino che, dopo aver composto un puzzle, si accorge d’aver messo in posizione sbagliata uno dei tanti pezzi del puzzle? Il Dirigente ricordava il malumore con il quale le famiglie, nel settembre del 2009, si erano adattate agli effetti del provvedimento con il quale la Regione aveva ridotto da cinque a quattro gli Istituti Comprensivi della città. Lo scorso anno gli Amministratori avevano ragioni da vendere, nel ridurre da cinque e quattro gli Istituti comprensivi della città. Tre di quegli Istituti, infatti, non raggiungevano la soglia di 500 alunni, che la legge del 1998 richiede alle scuole, perché possano mantenersi autonome. Non può dirsi altrettanto dell’attuale proposta dell’Assessore comunale. Son dieci anni che la Regione, accogliendo i suggerimenti, espressi dall’Amministrazione scolastica, ha dato alla gran parte delle scuole del primo ciclo della Provincia la forma dell’istituto comprensivo, che affida allo stesso dirigente sezioni di scuola dell’infanzia e classi di primaria e secondaria di primo grado. Son ben 84 gli Istituti Comprensivi che operano nella provincia dall’anno 2000. Invece, di istituti formati da classi appartenenti allo stesso ordine di scuola, ne sono rimasti 46: di cui 28 Direzioni Didattiche e 18 Scuole Secondarie di primo grado. Orbene, - Quale sarà stato il motivo sembrava chiedersi il perplesso Dirigente scolastico - che ha indotto il nostro Assessore a voler cancellare dalla nostra città la moderna forma dell’Istituto Comprensivo, per far rinascere al suo posto, quali arabe fenici, le vecchie Direzioni Didattiche e le Scuole Medie? Certo, la proposta non darà vantaggi economici, perché sulle ceneri degli attuali quattro Istituti Comprensivi della città risorgerebbero tre Direzioni Didattiche ed una Scuola Media. Non si guadagnerebbe neppure in qualità degli apprendimenti, almeno stando a quel che si legge nelle Linee di indirizzo, con le quali la Regione ha impartito agli Enti Locali le direttive ispiratrici dei Piani comunali di dimensionamento delle scuole. Nell’atmosfera di enfasi, in cui si colloca l’amministratore che diventa pedagogista, vi si legge, che la forma dell’istituto comprensivo corrisponde a criteri di natura pedagogico-didattica, rivolti al miglioramento dei caratteri di progressività e di specificità nella continuità del percorso curriculare dall’infanzia alla pre-adolescenza. Al Dirigente resta soltanto la speranza che la Regione non voglia considerare irrilevanti le sue stesse linee di indirizzo.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Per curare il mal di schiena utile l’attività fisica In genere si parla di mal di schiena come di una patologia multifattoriale per sottolineare che l’origine del dolore è legata a numerosi fattori interdipendenti che interessano la sfera fisica, psicologica e sociale. Questi ultimi due punti, spesso sottovalutati, hanno in realtà un ruolo molto importante nella comparsa della caratteristica sintomatologia dolorosa. Stress, ansia ed altri problemi psicologici, grazie ad un meccanismo nervoso riflesso, possono infatti incrementare il normale tono muscolare. Questo eccesso di tensione, riducendo la vascolarizzazione e l’elasticità della muscolatura paravertebrale, contribuisce alla comparsa del dolore alla bassa schiena. I numerosi ed intricati meccanismi che danno origine alla lombalgia vanno pertanto attentamente valutati da un medico specializzato. Partendo dai sintomi e dalle cause del dolore sarà così possibile stabilire un percorso terapeutico multidisciplinare al quale collaboreranno diverse figure professionali come il medico, il terapista ed il il laureato in scienze motorie. Stabilire quali siano le reali cause del mal di schiena è impresa assai difficile anche per un medico particolarmente abile che si avvale di tecniche diagnostiche sofisticate. Solitamente alla base del problema non esistono lesioni importanti ma semplici alterazioni delle strutture che compongono la colonna vertebrale. La mag-

gior parte dei principali fattori di rischio è legata alle abitudini di vita del soggetto mentre predisposizioni genetiche sono piuttosto rare. Potremmo allora definire il mal di schiena come una patologia acquisita che insorge quando l’entità del trauma supera la capacità di sopportazione e rigenerazione delle strutture adiacenti la colonna vertebrale. Per questo motivo le strategie di cura e prevenzione del mal di schiena devono basarsi da un lato sulla riduzione delle sollecitazioni alla colonna vertebrale e dall’altro sul rafforzamento delle strutture che la sostengono. Per ridurre i carichi che gravano sulla bassa schiena si consiglia di: apprendere la corretta tecnica di sollevamento (gambe piegate, bacino arretrato, busto eretto e carico quanto più vicino possibile al corpo), evitare le posizioni scorrette mantenute a lungo, non portare scarpe con tacchi alti, scegliere calzature idonee da indossare durante l’attività fisica. Per migliorare il grado di efficienza delle strutture che mantengono in asse la schiena proteggendola dai traumi e consentendo, al tempo stesso, il movimento si consiglia di: praticare regolarmente attività fisica (esercizi di tonificazione, di allungamento associati ad una moderata attività aerobica), mantenere il peso corporeo nella norma, evitare il fumo e gli alcolici.

La nuova città dell’uomo a misura d’uomo

Recenti novità normative in tema di riciclaggio

La città, nelle sue articolazioni, anche come istituzione: pare difficile pensarci in un momento di crisi, di sfascio, di rapido abbassamento del livello di fiducia nei confronti della politica e delle istituzioni, ma forse proprio la fluidità della situazione, la sua drammaticità, suggerisce un respiro creativo? Sarebbe meraviglioso riuscire a progettare insieme il futuro del proprio paese o della propria città; o meglio della comunità (paese/città) che vogliamo. Essendo però un progetto, e quindi da realizzare successivamente, si dovrebbe dire “che vorremmo”. Tutti insieme dovremmo costruire un progetto - città per tradurlo concretamente in un programma di lavoro, fino alla completa attuazione. Per la realizzazione di tutto ciò occorre prendere in considerazione due fattori basilari: a) un atteggiamento non legato ad interessi di parte; b) il coinvolgimento di tutti gli attori sociali. La costruzione comune del progetto dà un senso diretto di partecipazione al proprio futuro. Ognuno decide direttamente, e non per delega, gli aspetti fondamentali del progetto città-comunità. Saranno, poi, i delegati a mettere in atto tutte le iniziative utili alla concretizzazione del progetto stesso. Non si tratta di tornare alla democrazia diretta, ma alla democrazia partecipata. Una progettazione partecipata, quindi: progettare una città, un paese a misura di persona è il compito principale dei politici, ma attraverso la partecipazione popolare. La partecipazione di tutti al progetto non significa accettare una qualsivoglia forma di collettivismo. I cristiani si oppongono a tutte le forme di collettivismo, come contrastano, allo stesso modo, tutte le forme di individualismo sociale e politico. “Per un corretto svolgimento della vita sociale, è indispensabile che la comunità civile si riappropri di quella funzione politica, che troppo spesso ha delegato esclusivamente ai ‘professionisti’ di questo impegno nella società. Non si tratta di superare l’istituzione ‘partito’, che rimane essenziale nell’organizzazione dello stato democratico, ma di riconoscere che si fa politica non solo nei partiti, ma anche al di fuori di essi, contribuendo ad uno sviluppo globale della democrazia con l’assunzione di responsabilità, di controllo e di stimolo, di proposta e di attuazione di una reale e non solo declamata partecipazione. Anche la società civile ha da svolgere una sua funzione politica, facendosi carico dei problemi generali del paese, elaborando progetti per una migliore vita umana a favore di tutti, controllando anche la loro attuazione, denunciando disfunzioni e inerzie, esigendo con gli strumenti democratici, messi a disposizione dei cittadini, che la mensa non sia apparecchiata solo per chi ha potere, ma per tutti”. (Cei, Commissione Giustizia e Pace, Nota pastorale Educare alla legalità, 4 ottobre 1991, n. 17). I cattolici possono ripartire da un impegno concreto che scaturisce dal Vangelo e dai documenti del Magistero. Non bisogna avere né timori, né atteggiamenti sottomissori. Il Papa e i Vescovi continuano a lanciare messaggi di incoraggiamento affinché ci sia un impegno diretto in politica di “una nuova generazione di cattolici”. Noi pugliesi abbiamo un ulteriore stimolo con il Convegno Regionale del prossimo anno.

Nella prima parte è stato evidenziato che il d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito dal l. 30 luglio 2010, n. 212) ha modificato la normativa antiriciclaggio, di cui al d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, con specifico riferimento alle soglie per l’uso del contante e dei titoli al portatore. Il citato d.l. 78/2010, inoltre, prevede un inasprimento dei valori minimi e massimi delle sanzioni comminabili in caso di violazione della novella normativa introdotta nel vigente ordinamento. Infatti, l’art. 58 del d.lgs. n. 231/2007 è stato arricchito di un nuovo comma che prevede le seguenti novità: 1) è stato stabilito un importo minimo (3.000 euro) per tutte le violazioni ivi previste. 2) Per le violazioni relative: - al trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore; - agli assegni bancari e postali; - agli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente; - agli assegni circolari, vaglia postali e cambiari, che riguardano importi superiori a 50.000 euro, la sanzione minima (1%) è stata aumentata di cinque volte (quindi 5%). 3) Per le violazioni relative: al saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore; all’adeguamento del saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore già esistenti; - all’obbligo di comunicazione dei dati del cessionario in caso di trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore; al trasferimento di denaro contante effettuato per il tramite degli esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento; al trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 2.000 euro e inferiori a 5.000 euro effettuato per il tramite di esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento dei fondi, nonché di agenti in attività finanziaria dei quali gli stessi esercenti si avvalgono; al divieto di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia o all’estero; all’obbligo di comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze delle infrazioni del d.lgs. n. 231/2007, per importi superiori a 50.000 euro, le sanzioni minime e massima sono state aumentate del 50%.


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obiettivo

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DALLA PRIMA 1. Nel ricordo della Populorum Progressio il Papa scrive:” esprimo la convinzione che la Populorum Progressio merita di essere considerata come la Rerum Novarum dell’epoca contemporanea, che illumina il cammino dell’umanità in via di unificazione” (n.8). 2. Nel secondo capitolo “Lo sviluppo umano nel nostro tempo”, un capitolo lungo e significativo, il Papa fa un’ampia fotografia della situazione attuale e si domanda se le prospettive del modello di sviluppo della Populorum Progressio dopo quarant’anni hanno trovato pratica realizzazione. “Le forze tecniche in campo, le interrelazioni planetarie, gli effetti deleteri sull’economia reale do un’attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, gli imponenti flussi migratori, spesso solo provocati e non poi adeguatamente gestiti, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra, ci inducono oggi a riflettere sulle misure necessarie per dare soluzione a problemi non solo nuovi rispetto a quelli affrontati dal Papa Paolo VI, ma anche e soprattutto, di impatto decisivo per il bene presente e futuro dell’umanità (n.21). In quest’ampio capitolo parla di “coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né recriminazioni” (n. 27) C’è inoltre il tema della necessaria

apertura alla vita al centro del vero sviluppo (cfn.28). La globalizzazione è vista come una opportunità, se è orientata dalla carità e dalla verità nella prospettiva di una civiltà dell’amore (cfn.33) . 3. Il terzo capitolo: “Fraternità, sviluppo economico e società civile” sviluppa una tematica precisa: la realtà economica. L’aspetto originale così lo enuncia il Papa: “la carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza….Talvolta l’uomo moderno è erroneamente convinto di essere il solo autore di se stesso, della sua vita e della società….. A lungo andare, queste convinzioni hanno portato a sistemi economici, sociali e politici che hanno conculcato la libertà della persona e dei corpi sociali e che, proprio per questo, non sono stati in grado di assicurare la giustizia che promettevano”(n.34). Purtroppo l’economia di mercato non funziona secondo questa linea. Vi regna l’interesse, l’efficienza, la concorrenza, il potere d’acquisto (se non possiedo non conto nulla). L’economia di mercato per funzionare ha bisogno di onestà, di fiducia e soprattutto di “giustizia commutativa” (di scambio).È cioè indispensabile una

disciplina morale: la fiducia è necessaria, la giustizia è esigita. Credo che l’analisi della realtà economica, dei processi che ad essa sopraintendono, il tema dell’impresa, il concetto di profitto, così come vengono affrontati dal Papa, aprono ad una visione inedita ed ampia della dottrina sociale della Chiesa.

na: “Dio vuole associare anche noi a questa realtà di comunione… Alla luce del mistero rivelato dalla Trinità, si comprende che la vera apertura non significa dispersione centrifuga, ma compenetrazione profonda” (n.54)

4. Il quarto capitolo inizia con una affermazione significativa: “È importante sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio”(n.43) In questo capitolo il Papa si sofferma sul tema dell’ambiente e afferma: “La comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili.” (n.49) In questo capitolo troviamo una forte e inedita affermazione: “Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso, e viceversa”(n.51).

6. Nell’ultimo capitolo il Papa affronta il tema dello “Sviluppo dei popoli e la tecnica” e afferma:“ “Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l’assolutismo della tecnica e la responsabilità morale dell’uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale… ed emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio” (n.74) La conclusione del Papa: “Lo sviluppo deve comprendere una crescita spirituale oltre che materiale, perché la persona umana è un’unità di anima e di corpo, nata dall’amore creaturale di Dio e destinata a vivere eternamente”(n.76)

5. I temi affrontati nel capitolo quinto trovano una unità in quello della famiglia. Questo è un concetto soprattutto teologico. La globalizzazione, il governo mondiale, l’universalità della comunicazione, non possono creare l’unità dei figli di Dio. Il Papa sceglie l’icona della Trinità come riferimento della famiglia uma-

Conclusione L’enciclica a conclusione presenta un’immagine: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’autentico sviluppo, non è da noi

prodotto ma ci viene donato” (n.79) Purtroppo la cultura del nostro tempo, la cultura dell’Occidente anche se forse inconsciamente la desidera,di fatto prende sempre più le distanze da una civiltà dell’amore. Siamo consapevoli che la cultura lascia il suo segno su tutto l’uomo, è la chiave di lettura e di interpretazione della vita e del mondo. Non stiamo forse camminando verso un’agnosticismo di massa? Quale il riverbero necessario della trascendenza sull’agire e sull’operare dell’uomo in campo economico? Una vera relazione trascendente e orizzontale con Dio e con i fratelli, ci aiuta a fronteggiare le vicende socioeconomiche, il progresso dell’uomo e dei popoli, la transizione insita nel processo di globalizzazione. Le tante intuizioni che il Papa ci presenta in questa ultima silloge della dottrina sociale della Chiesa, come: la centralità dell’uomo sul processo produttivo, la difesa dei diritti dei singoli e della collettività, l’aiuto ai paesi più poveri, la responsabilità morale della economia e della finanza, della politica che molto spesso anche in chi ricopre responsabilità alte di servizio e di immagine, è avulsa da un retto agire anche in campo privato, la riaffermazione della verità e della sua connessione con la carità, non costituiscono soltanto una conferma, ma anche un compito rinnovato all’interno, e all’esterno della Chiesa. + Domenico D’Ambrosio

GIUSEPPE MOSCATI FESTA AL POLO ONCOLOGICO “GIOVANNI PAOLO II” Il 16 novembre nella cappella momenti di preghiera, spiritualità e riflessione in collaborazione con i Medici Cattolici

Fede, scienza e carità: le tre ali del medico santo La seconda edizione dell’onorificenza conferita al dott. Francesco Riezzo Il prossimo 16 novembre sarà celebrata la festa liturgica di San Giuseppe Moscati, medico napoletano originario di Benevento, che nel corso della sua esistenza seppe coniugare scienza, fede e carità. In occasione di questo evento, l’Associazione Medici Cattolici in accordo con il Servizio di Pastorale della salute, propone un programma che prevede un triduo di preparazione dal 13 al 15 novembre, comprendente: l’unzione degli infermi a tutti gli ammalati delle Unità Operative, alle ore 15.30; la celebrazione eucaristica, alle ore 17.00; il Santo Rosario in filo diffusione, alle ore 20.30. Martedì 16 novembre, alle 7.30, sarà trasmessa dalla cappella del Polo Oncologico l’ora di spiritualità con Radio Maria, presieduta dal cappellano P. Vincenzo Caretto e animata dal “Coro Sacro Cuore” di Lecce, diretto dalla prof.ssa Maria Cristina Calvani. Alle 17.00 si celebrerà la Santa Messa, presieduta da Mons. Francesco Mannarini, Vicario Generale emerito dell’Arcidiocesi di Lecce e animata dalla corale Pierluigi da Palestrina, diretta dalla prof.ssa Ines Gravili. Alle 18.30 il Dott. Giuseppe Colì, Dirigente medico del Presidio Ospedaliero Sacro Cuore di Gesù di Gallipoli, presso l’aula magna del Polo Oncologico, terrà una conferenza con dibattito sul tema “Le Tre Ali Del Dott. Moscati”. Vediamo ora, in anteprima, i punti chiave su cui si baserà l’intervento del dott. Colì. Egli afferma che “In questo mondo, può sembrare anacronistico parlare di santità perché questa viene intesa spesso con quell’aureola da conquistare vestiti con una tonaca, flagellandosi rinchiusi in un eremo con continue penitenze e rinunce o spendendo la propria vita a sporcarsi le mani nel fango e nella terra delle missioni compiendo opere straordinarie. Ma la santità vera, quella a noi contemporanea, non è questa”. La conoscenza della storia di S. Giuseppe Moscati ci serve proprio per capire come la santità possa essere raggiunta nei piccoli gesti quotidiani, vivendo gli insegnamenti evangelici nei ruoli più semplici che il Signore ci ha assegnato. Dopo una attenta e accurata narrazione dei principali eventi della

vita del medico campano, nonché le tappe che dopo la sua morte lo hanno visto innalzato al soglio della canonizzazione, il dott. Colì spiegherà quali sono le tre ali di cui il santo si è servito per compiere il suo volo verso il Paradiso, affermando che “Nella introduzione alla tredicesima enciclica “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II leggiamo “La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità” e queste due ali sono state sicuramente quelle che il dott. Giuseppe Moscati ha tenuto quotidianamente dispiegate nella sua vita di laico e di medico”. Citando alcune riflessioni appuntate da San Giuseppe Moscati stesso, dimostra la sua propensione verso la Fede: “Vi garantisco che attraverso i miei diuturni studi compiuti, e le conoscenze dei vari popoli d’Europa e dei loro costumi, ho radicato sempre più la credenza dell’al di là; l’ingegno umano così possente, capace di manifestazioni di bellezza e di verità e di bene, non può essere che divino, e l’anima e il pensiero umano a Dio devono ritornare.”, “Ahimè la nostra scienza, se fosse tutta fredda e destinata solo a mantenere i minuti piaceri del corpo, a che cosa servirebbe? Sarebbe un’ancella del materialismo e dell’egoismo!”, “Ma soprattutto vi ricordo che c’è un medico al di sopra di noi: Iddio!.”. La terza ala di cui il relatore parlerà è la carità del santo, l’amore verso il prossimo, nel quale egli vede il Cristo sofferente. L’intervento, sviluppato tra considerazioni personali e precise citazioni del santo medico o di altri testimoni della sua adesione ai principi cristiani, si propone anzitutto di fornire una conoscenza approfondita della sua vita, ma soprattutto di permettere ad ogni uditore di analizzare la propria coscienza e guardare dentro di sé, in un contesto sociale in cui la Fede rischia di restare “paralitica” a causa dei troppi compromessi che la costellano. Al termine della conferenza il conferimento dell’Onorificenza “dott. Giuseppe Moscati” II edizione, alla memoria del dott. Francesco Riezzo. Medico di Lizzanello e fratello del Servo di Dio mons. Nicola Riezzo. Grazia Pia Licheri


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Lecce, 13 novembre 2010

zoom

LECCE/Giuseppe Zimbalo, le sue volontà, la sua eredità e gli ultimi suoi anni di vita

1710-2010 GIUSEPPE ZIMBALO Quella che qui presentiamo è la trascrizione di un “istrumento” notarile voluto nel 1707 da Giuseppe Zimbalo (Lecce,16201710). Esso va a modificare le disposizioni dallo stesso architetto stabilite in un precedente atto, quello del 18 marzo 1699, la cui trascrizione abbiamo già qui pubblicato. Avendo, in queste pagine, come obiettivo fondamentale quello di raggiungere il pubblico più vasto possibile abbiamo preferito non utilizzare termini troppo lontani, per uso e linguaggio, dal lettore ideale che evidentemente non è un tecnico. Diciamo per semplicità e rapidità che l’oggetto è il lascito da parte dello Zimbalo di tutte le sue proprietà ai Domenicani del convento leccese di San Giovanni d’Aymo a patto che venissero soddisfatte alcune condizioni fra cui quelle del funerale e della sepoltura. Gli argomenti trattati e la successiva morte dell’artista hanno trasformato questi documenti in ultime volontà. Di qui ne discende, pertanto, la loro importanza. [...] Moderatio oneris facta per magistrum Iosephum Zimbaro de civitate Lijtij. Die decimo octavo mensis ianuarij decime quinte inditionis millesimo septingentesimo septimo in civitate Lijtij. Constituito in testimonio publico avanti di noi mastro Giuseppe Zimbaro della città di Lecce il quale agge et interviene alle cose infrascritte, per se suoi heredi e successori, spontaneamente asserisce avanti di noi, come sotto le 18 marzo dell’an-

Prima di morire un testamento con nuove disposizioni

no 1699 per provedere esso mastro Giuseppe alla salute dell’anima sua ex nunc pro tunc sequta sua morte donò inrevocabiliter inter vivos a beneficio del venerabile convento di S. Giovanni d’Aijmo dell’ordine dè Predicatori di questa città di Lecce diversi suoi beni stabili, con diversi oblighi, conditioni e riserve et signanter che seduta sarà sua morte, ritrovandosi viva Lucretia Zimbara vergine in capillis, nipote ex parte fratris di esso mastro Giuseppe, fusse tenuto et obligato detto venerabile convento e suoi Reverendi Priore e fratri, vita di quella perdurante tantum et non ultra darli e pagarli qui in Lecce annui ducati diece otto, singulis annis tertiatim, cioè infine d’ogni quattro mesi ducati sei, principiando a decorrere detto annuo pagamento immediate seduta la morte di esso mastro Giuseppe, verum premorendo detta Lucretia ad esso mastro Giuseppe, in tali casu detto venerabile convento non sia tenuto al pagamento sudetto di detti annui ducati dicidotto, ne a cosa veruna come questo et altro più distintamente appare da instrumento di donatione stipulato per mano di me sudetto notaro nel detto dì 18 Marzo 1699 allo quale. Sotto le otto gennaro dopo dell’anno 1704 il detto mastro Giuseppe vedendosi carico d’anni, in età cadente, non potendo attendere et invigilare all’amministrattione et governo delli sudetti beni, che alla giornata andavano deteriorando, cese, rinunciò ac etiam donò inrevocabiliter inter vivos al detto venerabile convento suo

RADIO E DINTORNI

donatario proprietario l’usufrutto, rendite et intrade delli beni da esso donati, solamente si riservò esso mastro Giuseppe l’abitatione nelle case grandi site dentro questa città, nel portaggio di S. Orontio, in loco detto lo Vetre, sua vita perdurante tantum et non ultra, anche donate al detto venerabile convento, con patto et obligo che li Reverendi Priore e fratri di detto venerabile convento fussero tenuti et obligati somministrare ad esso mastro Giuseppe, sua vita perdurante tantum, annui ducati quindici settimana per settimana, mese per mese, conforme andarà richiedendoli, come il tutto più distintamente appare da detto contratto stipulato per mano di me sudetto notaro nel detto di otto gennaro 1704 allo quale. Al presente havendo esso mastro Giuseppe con matura attentione ben considerato li pesi apposti nel detto enunciato contratto di donatione esserno onerosi al detto venerabile convento suo donatario proprietario a riguardo della rendita delli sudetti beni donatili, quindi è che ha determinato minorare la sudetta annualità di ducati dicidotto e quella ridurre, e calare alla summa d’annui ducati sei. E volendo esso mastro Giuseppe detta sua determinatione ridurla ad effetto con stipularne publiche le cautele. Che però hoggi predetto giorno spontaneamente avanti di noi, non per forza o inganno, ma di sua libera e spontanea volontà, mosso dalle ragioni e cause di sopra espresse, e perché cossì l’ha piaciuto e piace, ha voluto e vuole et in ogn’altro

di Alberto Marangio

meglior modo da hoggi minora la sudetta annualità di ducati dicidotto in summa d’annui ducati sei, quali annui ducati sei sia tenuto et obligato detto venerabile convento e suoi Reverendi Priore e fratri, ex nunc pro tunc sequta la morte di esso mastro Giuseppe, corrispondere e pagare alla detta Lucretia Zimbara sua vita perdurante tantum et non ultra anno per anno tertiatim, cioè infine d’ogni quattro mesi, annui carlini venti, computandi dal di della morte di detto mastro Giuseppe e cossi sempre siano tenuti et obligati li Reverendi Priore e fratri pro tempore di detto venerabile convento continuare e non mancare per qualsivoglia pretesto, motivo o causa cognita et incognita et penitus ignorata durante la vita di detta Lucretia tantum et non ultra servata la forma del patto apposto in detto contratto di donatione, qual patto resti casso e nullo a beneficio di detto venerabile convento per li detti restanti docati dodici, ma solamente fermo e valido per li sopradetti ducati sei, come ancora resti sempre fermo e valido il detto contratto di donatione de 18 marzo 1699 per tutti gli altri patti et oblighi in quello apposti, espressi e dichiarati senza che per il presente seli intendi fatto pregiuditio o innovatione alcuna in sudicio et extra. Declarando quod facta per nos stipulatione predicta alta et intellicibili voce ex quo dictus magister Ioseph patitur aliquantum surditatis infirmitate et non bene percipit verba, nisi alta voce sibi loquatur et infine stipulationis predicte fuit per

nos dictus magister Ioseph interrogatus si audivit et bene percepit stipulationem per nos ut supra factam de eius ordine et voluntate atque in effectu stipulatio predicta continet, dictus magister Ioseph respondit coram nobis in vulgari sermone che esso haveva inteso bene ogni cosa e che la stipulatione predetta contiene che detto venerabile convento suo donatario sia tenuto et obligato dopo la morte di esso mastro Giuseppe pagare alla detta Lucretia Zimbara annui ducati sei tertiatim e non dicidotto, conforme esso mastro Giuseppe haveva disposto nel detto instrumento di donatione per esso ut supra facta per esser il detto annuo pagamento di ducati 18 molto onoroso a detto convento per le cause di sopra dette e per ciò haveva minora-

ta la detta summa nelli sudetti annui ducati sei. Quem quidem presentem contrattum ac omnia predicta et infrascripta prefatus magister Ioseph sponte promisit ratum, gratum ac rata, grata, habere, tenere predictisque non contravenire aliqua rattione et causa. Pro quibus omnibus observandis, sponte obligavit se ipsum suosque heredes, successores et bona eius omnia, ad penam dupli, medietate, cum potestate capiendi, constitutione precarij renuntiavit cerziorati prius iuravit et promisit stantes ubi et voluit ad consilium sapientis unde. Presentibus opportunis. Extracta est presens copia a suo originali ab actis mei notarij Iosephi Nicolai Viti Piccinni lijciensis, meliori semper salva ideoque. signavi rogatus. [...] Fabio Grasso

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Giornalismo d’inchiesta a ritmo di musica su m2o

Brasile: la Chiesa in difesa della vita

Ai rappresentanti delle nuovissime generazioni sicuramente non suoneranno nuovi i nomi di Current TV e di m2o. Current TV è infatti il network dell’informazione indipendente, basata sulle possibili integrazioni di televisione e internet, fondato nel 2005 da Al Gore (Premio Nobel per la pace 2007 e vicepresidente degli Stati Uniti dell’era Clinton); m2o è invece la terza radio del Gruppo Espresso, sorella minore soprattutto di Radio DJ e rivolta ad un target particolarmente giovane. Le due innovative strutture hanno di recente dato vita a una collaborazione che coniuga il cosiddetto “citizen journalism” della prima (reso possibile dalla natura interattiva del web e dei nuovi media) e la “musica allo stato puro” della seconda; a partire dallo scorso 1 novembre è infatti possibile seguire su m2o ogni lunedì, dalle ore 20 alle 21, il programma Real Current. L’esperienza nasce dall’unione dei progetti Real Trust - composto da storie vere raccontate a tempo di musica elettronica sulle frequenze di m2o (a Lecce, 103,8 MHz) - e Vanguard Internazionale, serie di reportage targati Current e realizzati nelle zone ad alto rischio del pianeta (aree solitamente off-limits per le telecamere degli organi di informazione tradizionale). Ogni puntata proporrà storie liberamente ispirate ai temi delle inchieste televisive di Vanguard, riadattate per il pubblico radiofonico con la voce guida di Davide Scalenghe (reporter e volto di Current Italia) e con la collaborazione di Nanni Venditti (speaker ufficiale di m2o); il montaggio sarà invece realizzato da Roberto Molinaro, ideatore del programma Real Trust. Real Current nasce quindi con il chiaro intento di veicolare temi ad alto valore etico, già affrontati abitualmente dal network di Al Gore, utilizzando le modalità tipiche della produzione di m2o; la prima puntata, in particolare, ha preso spunto dal sentito tema dell’Europa dell’Odio, aprendo un ciclo di reportage e dossier che si concentrano su un Vecchio Continente sempre più tormentato da un punto di vista culturale, ideologico e sociale. Proprio il pubblico dei giovani e dei giovanissimi di m2o dimostra di risultare, a sua volta, sempre più interessato da un tipo d’informazione innovativa e coinvolgente come quella promossa da Current: un giornalismo di ultima generazione, che si fonda sull’utilizzo delle nuove tecnologie (a cominciare dai telefoni cellulari e dalla loro straordinaria diffusione) e sulla divulgazione di notizie recuperabili, grazie al web, in ogni angolo del mondo.

Nella rubrica della scorsa settimana abbiamo visto come in Brasile il Partido dos Trabalhadores (Pt) dell’ex Presidente Luis Inacio da Silva, detto Lula, ratificando il 3° Piano Nazionale dei Diritti Umani (Pndh3), si sia posto pubblicamente e apertamente a favore della legalizzazione dell’aborto, contro i valori della famiglia tradizionale e contro la libertà di manifestare pubblicamente la fede cattolica, ampiamente maggioritaria nel Paese latino-americano. Il 28 ottobre 2010, alla vigilia delle elezioni presidenziali che ai primi di novembre hanno incoronato il nuovo Presidente, Signora Dilma Rousseff nonché fedele compagna di partito di Lula, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto un discorso ai vescovi della Conferenza episcopale del Brasile (regione Nordeste V) in visita a Roma “Ad Limina Apostolorum”. Fra le altre cose, il Papa ha sottolineato che “… sarebbe totalmente falsa e illusoria qualsiasi difesa dei diritti umani politici, economici e sociali che non comprendesse l’energica difesa del diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale (cfr. Christifideles laici, n. 38). Inoltre, nel quadro dell’impegno a favore dei più deboli e dei più indifesi, chi è più inerme di un nascituro o di un malato in stato vegetativo o terminale? Quando i progetti politici contemplano, in modo aperto o velato, la de-criminalizzazione dell’aborto o dell’eutanasia, l’ideale democratico - che è solo veramente tale quan-

do riconosce e tutela la dignità di ogni persona umana - è tradito nei suoi fondamenti (cfr. Evangelium vitae, n. 74)”. Molti vescovi brasiliani durante la campagna elettorale hanno fatto eco alle parole del Papa. Nel primo e nel secondo turno delle elezioni presidenziali, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (Cnbb) aveva divulgato una lettera nella quale mons. Luiz Gonzaga Bergonzini, chiedeva esplicitamente ai fedeli di non votare per la candidata alla presidenza, Dilma Rousseff: “La liberalizzazione dell’aborto, discussa e approvata da alcuni politici, non può essere accettata da chi si dice cristiano o cattolico. Lo abbiamo affermato più volte e ancora una volta lo ribadiamo: non abbiamo un partito politico, ma non possiamo smettere di condannare la legalizzazione dell’aborto… Detto questo, raccomandiamo a tutti i veri cristiani e ai veri cattolici di non votare Dilma Rousseff e gli altri candidati che approvano tali “liberalizzazioni”, a prescindere dal partito al quale appartengono.” I risultati non si sono fatti attendere. La polemica sulla legalizzazione dell’aborto ha prima costituito uno degli elementi che ha impedito alla signora Rousseff di vincere già al primo turno; infine il 31 ottobre candidata del Partido dos Trabalhadores (Pt) si è affermata con un margine di voti minore di quello atteso, a causa della sua posizione filoabortiva. * www.recensioni-storia.it


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Lecce, 13 novembre 2010

le nostre città FUORI DAI DENTI

di Loredana Di Cuonzo

Disoccupati e senza futuro Mistero della fede… calcistica! Questo è quanto viene da pensare riflettendo sulla devozione che i calcio-dipendenti manifestano nel momento in cui attentamente seguono le interviste pre o post gara dei propri beniamini. Nella maggioranza dichiarazioni anonime, prive di mordente, sempre uguali a se stesse. Ne riprendiamo qualcuna. “Nessun problema, gioco dove chiede il mister”. Una delle bugie più balorde del calcio. Non c’è un solo giocatore che cambi volentieri la sua posizione. Tutti mugugnano con procuratori e amici. Sarebbe più corretto dire ‘Comanda l’allenatore, mi adeguo’. Gettonatissima il “‘Non meritavamo di perdere”.

FISCOSENZAVELI

Frase innocua, ma non onesta se pronunciata dopo un 3 a 0 in cui la sola occasione in cui si è tirato in porta è stato per caso ed in mischia. Farebbe arrabbiare un santo. Meglio un veritiero: ‘Non abbiamo visto un pallone’. Profetica: “Siamo venuti per vincere” . Non si può certo dichiarare che si è andati per perdere! Se poi la gara finisce con un insuccesso il commento è “Noi abbiamo messo il massimo dell’impegno, ma in campo c’era anche l’avversario. Sono scesi in campo con il coltello tra i denti e sono stati bravi a imporre il loro gioco”. Ma non si era andati per vincere? Allora via al commento “quattro stagioni”: ‘Il nostro obiettivo è la salvezza’. Certo,

ci sono squadre la cui dimensione è quella, ma la si ritrova in bocca a molti giocatori di squadre che potrebbero avere ben altre ambizioni e sono a fine campionato giusto a metà classifica. Eccesso di prudenza? No, frase preconfezionata buona da novembre a maggio. Un classico: “è una partita difficile, non dobbiamo sottovalutare i nostri avversari”. Frase utilizzata anche se si gioca con chi è dietro di molti punti in classifica, magari ultimo. Tutti diventano insidiosi, preparati e arcigni in conferenza stampa, anche se a guardare la classifica sembrano i ‘dopolavoristi’ delle Poste. Di queste frasi da incorniciare qualcuna è firmata, come “Rigore è solo quando arbitro fischia”. Il mitico Boskov. Altre sono metafore della vita: “ Il calcio è fatto di episodi”. Perché la vita no? E non basta: “Il calcio è un fatto tecnico”. O ancora: “ Il calcio non è un gioco per signorine”…. e dunque, con rigore da sillogismo aristotelico, “Il calcio è un gioco maschio”. Immancabile in molte interviste, il classico dei classici, da prima posizione in top ten, è il mitico “ La palla è rotonda”! …cui logicamente segue “Nel calcio niente è scontato”. Per poi, in contraddizione con quanto appena sostenuto, fare inconsapevole appello alla legge di stampo stoico che vuole che il caso nel tempo tenda a fare giustizia. Calcisticamente suona così: “A fine campionato i torti subiti e i regali, si compensano”. Non mancano, poi, le icone verbali riferite agli arbitri: sono, quelli italiani, “i più bravi al mondo”, e lo sono quando rispondono alla caratteristica che vuole che “Il miglior arbitro è quello che non si vede”. Salvo poi a vederlo in modo più che chiaro quando fischia falli e/o rigori per farne l’indirizzo di inviti non sempre di stampo oxoniense. Infine, come per i fuochi d’artificio, due botti di chiusura: la verità delle verità, “Le partite durano novanta minuti” e… “Il calcio è lo sport più bello del mondo”. E anche queste sono grandi verità!

TORCHIAROLO/Il 18 novembre verrà presentato il libro

I manoscritti della biblioteca Caracciolo Giovedì 18 novembre, alle ore 19.00, presso la Biblioteca “R.Caracciolo” dei Frati Minori di Lecce, avrà luogo la presentazione del libro “La biblioteca Roberto Caracciolo e i suoi manoscritti” edito da Congedo nel 2010. L’introduzione dell’opera, sulla storia della biblioteca, è di Pia Italia Vergine, docente dell’Università del Salento, e curatrice del catalogo è la dott.ssa Elena Gallo. Relatore della presentazione sarà il prof. Francesco De Luca dell’ateneo del capoluogo salentino. L’appuntamento è uno degli eventi culturali che rientrano nella manifestazione “Ottobre piovono libri” patrocinata dal Ministero dei Beni e Attività Culturali per la promozione della lettura e delle biblioteche. Quella dei Frati minori è una biblioteca privata però aperta al pubblico, con la possibilità di consultazione e prestiti interbibliotecari. Inaugurata nel 1965 e dedicata a Roberto Caracciolo, un frate vissuto nel XV secolo, la biblioteca ha sede in via Imperatore Adriano, al piano terra di

Villa Fulgezio Della Monica, adiacente al convento dei Frati Minori e alla chiesa di Sant’Antonio in Fulgenzio. L’attuale direttore è padre Marco Guida. Nella biblioteca è conservato un patrimonio librario pari a ottantamila volumi tra monografie e periodici antichi e moderni e oltre quarantamila volumi sono catalogati in ISBN. Di molti testi non si conosce la provenienza poiché sono pervenuti da conventi soppressi, di altri so conosce la provenienza grazie agli studi di padre Benigno Perrone. Il catalogo che sarà presentato riguarda gli studi su 93 manoscritti di epoca moderna e contemporanea, datati tra il 1660 e il 1980. Si tratta di manoscritti teologici soprattutto, ma anche di letteratura, filosofia e storia. Il più recente è un poemetto di padre Gregorio di Ostuni, intitolato “Fra Eggitiu ti Taranto”, è un’agenda che il frate ha scritto durante la sua degenza in ospedale nel 1986 e dal quale è stato pubblicato un testo l’anno successivo. L’opera più antica è invece quella di

padre Bonaventura da Martina, “Logica”, un volume di piccole dimensioni, scritto in latino tar il 1660 e il 1661. Un manoscritto particolare poi è quello di padre Bonaventura Sicara, conosciuto anche come padre Bonaventura da Avetrana. É un’enciclopedia di vario genere, “Spicilegium seu indigestum miscellaneum”, redatta a partire dal 1780 e continuata nel corso della sua vita. La peculiarità di quest’opera è data dalla presenza al suo interno di calcografie, si tratta di stampe a rame incollate sulla carta; inoltre, a conclusione della volume è inserita un carta aggiunta su cui è disegnato, da più mani, l’albero genealogico della famiglia dell’autore. I manoscritti non sono mai stati sottoposti a operazioni di restauro quindi sono in condizioni piuttosto critiche, di fatto, una finalità della pubblicazione di questo catalogo è proprio la sensibilizzazione di donatori e enti competenti per poter procedere negli interventi di recupero e conservazioni di questo patrimonio. Sara Foti Sciavaliere

TORCHIAROLO/La Giornata dell’impegno e della legalità

Presente il prete anti-camorra don Luigi Merola Nell’ambito delle iniziative poste in essere dal Centro Studi “Don Luigi Sturzo” di Torchiarolo, per il corrente anno, nel rispetto delle finalità del proprio Statuto (formazione all’impegno sociale, divulgazione attività culturali mirate alla promozione della persona umana, della cultura della cittadinanza attiva e della solidarietà, in particolare nei confronti di bambini, disabili, anziani, ecc.), è stata programmata per il prossimo 18 novembre (ore 17.00) la “Giornata dell’impegno e della legalità”, in preparazio-

ne alla Giornata Nazionale contro tutte le Mafie che si celebrerà in tutta Italia il 21 marzo 2011. Interverrà don Luigi Merola, il prete anti-camorra, salito alle cronache nazionali per il suo impegno a servizio della legalità e della lotta contro le mafie. Presenzieranno, oltre all’illustre ospite, eminenti rappresentanti della giustizia, del mondo della scuola, nonché autorità religiose, civili e militari. Tema dell’incontro sarà: “Legalità, Libertà e vuoto educativo”.

Nel corso della serata sarà presentato il libro di Elisabetta Di Paola “Nei vicoli di Forcella ... il sorriso degli Angeli”. è nostro desiderio ospitare quanti vorranno condividere con noi, a livello istituzionale e personale, un momento rilevante per le nostre comunità, chiamate a divenire protagoniste attive nella formazione delle coscienze, soprattutto giovanili, in vista del bene comune. L’incontro sarà presso la sala Consiliare “Valesio” - comune di Torchiarolo e l’ingresso è aperto a tutti.

a cura di Elena Palladino

Avvocato Specializzata in Diritto Amministr ativo e Tributario

Ligonziana di Nino Ippolito

Imprenditoria rosa - agevolazioni In Puglia i finanziamenti per l‘imprenditoria femminile riguardano imprese gestite da donne o società con maggioranza dei soci donne. I finanziamenti per l‘imprenditoria femminile sono sia finanziamenti a fondo perduto che finanziamenti a tasso agevolato. Tali finanziamenti per l‘imprenditoria femminile possono essere utilizzati sia per creare nuove imprese che per ampliare imprese femminili già esistenti. I finanziamenti e le agevolazioni all‘ imprenditoria femminile in Puglia sono regolamentati dalla legge regionale n. 215/92. Sono previsti finanziamenti a fondo perduto e finanziamenti agevolati a favore di piccole imprese gestite prevalentemente da donne. I finanziamenti per l‘imprenditoria femminile in Puglia riguardano nuove attività, acquisto di attività preesistenti, oppure affitti di impresa. I suddetti finanziamenti consentono anche in Puglia di avviare imprese sostanzialmente in tutti i settori di attività. Sono ammessi ai finanziamenti per l‘imprenditoria femminile i progetti d‘ impresa in Puglia nel settore manifatturiero; settore turistico; settore agricolo. Come richiedere il finanziamento Le imprese che intendono richiedere i finanziamenti per l‘imprenditoria femminile in Puglia possono costituirsi come ditta individuale, oppure cooperativa, società di persone o società di capitali. Requisiti per i Finanziamenti all’mprenditoria femminile Puglia: classificazione come piccola impresa; compagine societaria composta da donne. Si possono usare i finanziamenti per l‘imprenditoria femminile in Puglia per l‘acquisto (iva esclusa) di macchinari e attrezzature per impianti (elettrico, riscaldamento e condizionamento, antifurto), nonché possono riguardare anche, con determinati limiti, brevetti, software, opere murarie, studi di fattibilità, e piani di marketing L‘importo degli investimenti, per l‘avvio di un progetto di imprenditoria femminile in Puglia, deve essere compreso tra un minimo di 60.000 euro ed un massimo di 400.000 euro. Su tali spese ammissibili verranno quindi richiesti i finanziamenti per l‘imprenditoria femminile del Puglia, che dovranno essere coerenti con i limiti della normativa comunitaria sugli aiuti di stato Lo studio legale Palladino è disposizione per ulteriori informazioni al seguente indirizzo: palladino@loradelsalento.it

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua... La seconda idea tematica, della marcia sinfonica “Ligonziana” di Nino Ippolito, analizzata nel numero precedente, si arricchisce, nella fase ritornellata, di un interessante intervento dei sassofoni che quasi si contrappone alla linea melodica principale. Sul primo suono lungo di quest’ultima, s’innesta il percorso parallelo con un salto di terza inferiore e successivamente segue l’itinerario melodico dell’idea principale che avviene attraverso un quasi continuo rapporto di terza. Si genera così un timbro morbido ed accattivante, molto utile ad istaurare un forte contatto con l’ascoltatore e a sviluppare un’energia positiva al fine di accrescere l’intensa atmosfera festosa, generalmente presente durante l’esecuzione di ogni marcia sinfonica. L’intento di polarizzare questa seconda melodia, con l’annessa linea parallela, è fortemente alimentato dalle scelte armoniche incentrate sui gradi principali della scala minore (tonica, sottodominante, dominante); la costruzione accordale fornisce ulteriori elementi di riflessione sulla notorietà del tema in questione. Le scelte armoniche hanno influito notevolmente sulla diffusione del tema; infatti, qualunque gruppo bandistico annovera tale marcia nel repertorio. L’apparente semplicità dei clarinetti soprani ha contribuito ad un’indelebile fissità sonora con un successivo riconoscimento immediato da parte del pubblico; il timbro dei sassofoni ha definitivamente decretato l’efficacia dell’intreccio melodico. Per tutto ciò, questo brano, composto nel

marzo del 1965, è l’anello di congiunzione tra la tradizione e l’innovazione; “Ligonziana” rappresenta un punto di forza per la musica originale per banda all’interno del panorama musicale meridionale. Dopo questo momento di solenne apprezzamento, il levare di quasi tutto l’organico ravviva la marcia e trascina l’ascoltatore in una nuova dimensione ricca di spunti compositivi. Il fortissimo staccato delle quattro semicrome, seguito da una terzina, con suo interno croma-punto-semicroma-croma, rinnova totalmente l’atmosfera precedente perché il compositore rigenera l’assetto ritmico-melodico e crea un momento di forte tensione in cui il dinamismo timbrico è il vero canale catalizzatore. In questo contesto, gli artifici compositivi come il contrattempo e la sincope si rivelano una scelta appropriata e speculare: ne sono protagonisti sia parte delle ance sia le percussioni. L’episodio descritto viene riproposto per ben tre volte con un’appropriata variazione melodica; segue una quarta riproposta, da considerare come uno stretto conclusivo, che funge da ponte per una nuova fase successiva. L’episodio finale è costituito da un nuovo assolo dei primi clarinetti soprani, caratterizzato da gruppi di semicrome, soprattutto nel moto discendente. Così l’Ippolito allenta la tensione, sviluppata precedentemente, e riporta l’ascoltatore in una situazione più serena e distensiva. Il compositore riesce a modificare in pochi secondi il “fronte dinamico” della marcia e ne emerge un efficiente ed indispensabile dualismo della consolidata tradizione bandistica.


L’Ora del Salento 13

Lecce, 13 novembre 2010

le nostre città

LECCE/Presso l’Ecotekne un seminario tenuto dal prof. Luca Tuninetti sul grande pensatore inglese

John Henry Newman, o la passione per la verità Che si tratti di una personalità cristiana di straordinario interesse lo si intuisce anche solo dal fatto che la sua beatificazione sia stata la ragione del recente viaggio di Benedetto XVI in Inghilterra e che un autore come John O’Brien, nel suo libro Conversioni che hanno cambiato il mondo, lo ponga nella schiera di San Paolo, Sant’Agostino e Gilbert Keith Chesterton. Ma quella di John Henry Newman (18011890) è una vicenda umana e culturale che merita di essere conosciuta da tutti i sinceri cercatori della verità. È questa la ragione del seminario che il prof. Luca Tuninetti, professore di Logica e Gnoseologia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, terrà presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università del Salento su invito di alcuni docenti del nostro ateneo: “Le ragioni della certezza. Il contributo di John Henry Newman” (giovedì 18 novembre 2010, h. 17,30 - Ecotekne Edificio La Stecca - Aula Seminari II piano). Filosofo, teologo, romanziere, poeta, parroco anglicano dell’Università di Oxford, si convertì al cattolicesimo nel

1845 (“costretto” da quanto emergeva dai suoi studi sulla Chiesa dei primi secoli), nello scalpore dell’Inghilterra vittoriana. Creato cardinale nel 1879 da Leone XIII, alla sua morte fu pianto da tutta l’Inghilterra (cattolica, anglicana e laica) come uno dei suoi figli più grandi. Il titolo del seminario, Le ragioni della certezza, introduce a quella che fu la grande passione di Newman, la difesa della ragione, della sua statura intera, della sua natura viva e multiforme, della sua insopprimibile tensione alla verità, della sua apertura al mistero. È molto interessante che la Chiesa, all’inizio del suo terzo millennio di vita, beatifichi uno che, quasi un secolo e mezzo fa, ha operato in favore della sanità mentale dell’intera umanità insegnando che non occorre “necessariamente andare in America e toccare terra per dire che esiste l’America. È ragionevole credere alla sua esistenza”. E c’è una buona dose di humour nel fatto che ora venga aureolato un uomo il quale, al suo tempo traboccante di fanatici razionalisti, spiegò che “sarebbe irragionevole che io non accendessi la luce anche

se non capisco come funziona l’elettricità”, contribuendo così a tener desta la fiducia nel ben dell’intelletto che il secolo successivo, il Novecento, avrebbe drammaticamente smarrito. D’altro canto Newman fu anche un fiero oppositore di ogni retrivo fideismo tradizionalista, convinto che il cristianesimo non sia una dottrina che si impone irrazionalmente, un discorso che si applica deduttivamente e meccanicamente, ma una ragionevole adesione che avviene nell’esperienza a ciò che l’esperienza mostra come evidente alla coscienza: occorre perciò che sia viva e operante l’umanità dell’uomo, nella interezza delle sue dimensioni intellettive, affettive e volitive, perché il suo assenso alla verità che si mostra nella realtà sia (per usare la terminologia newmaniana) “reale” e non solo “nozionale”. L’inizio della fede, come di ogni cammino di conoscenza, è perciò sempre un avvenimento, come Newman ricorda parlando della testimonianza con cui i monaci di San Benedetto hanno affascinato i loro contemporanei in un tempo difficile, facendo loro scoprire chi è

VERNOLE/A cinque anni dalla scomparsa del compianto parroco

Don Sandro modello di vita e saggezza Il 25 ottobre è stata una data importante per il Csi di Vernole, in quanto anniversario della scomparsa di don Sandro Dell’Era. Il 5° anniversario. Ha lasciato un grande vuoto, non c’è dubbio, ma anche una grande eredità. Noi lo abbiamo ricordato, come ogni anno, inaugurando la stagione sportiva con un minitorneo, invitando i ragazzi della altre parrocchie, organizzando la celebrazione della messa. Ha celebrato don Antonio Montanaro, hanno concelebrato insieme al parroco don Elio Quarta, don Fernando Filigrana, che ha accompagnato i suoi ragazzi della parrocchia di S. Giovanni Maria Vianney, don Pasquale Rugge, don Antonio Murrone, che con don San-

dro hanno condiviso, con modalità e in tempi diversi, momenti importanti del loro servizio pastorale. È la prima volta che abbiamo sentito raccontare don Sandro dalla voce di don An-

tonio Montanaro, che di don Sandro è stato il successore nella gestione economica della diocesi nell’ultimo quinquennio. Abbiamo ritrovato nelle sue parole tutti i tratti di chi ci ha guidato per più di trent’anni, don Antonio vi ha aggiunto il riflesso della sua esperienza accanto a don Sandro. Modestia, saggezza, umiltà e povertà: insegnate con una vita vissuta, non con le parole. “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace” (Sap. 3,1-2).

SanCesario/Completati i lavori di restauro della Chiesa madre

Il tempio di pietra per il tempio delle persone In occasione della festa liturgica di San Cesario, diacono e martire, domenica 7 novembre, nella Chiesa Matrice di San Cesario di Lecce, mons. D’Ambrosio ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica in onore del Santo Patrono. Alla presenza dell’Arcivescovo, don Gino e tutta la comunità ha elevato al Signore un inno di ringraziamento per aver portato a compimento, dopo più di tre anni, i lavori di restauro della Chiesa Madre. “Un impegno gravoso, ha detto don Gino nel suo discorso di saluto, che la nostra comunità si è assunta per riparare l’edificio sacro”. “Nel 2006, ha ricordato il parroco, abbiamo dato l’incarico per elaborare un progetto di restauro conservativo e per in-

terventi urgenti di riparazione e consolidamento e manutenzione straordinaria della copertura del transetto agli architetti Bozza e Zizza. Il preventivo non doveva superare i 400.000 euro per poter entrare nei finanziamenti dell’ 8 per mille della Cei che sarebbe intervenuta con il 50% dell’importo. Grazie a mons. Ruppi che prese a cuore la nostra richiesta, il progetto di restauro fu approvato e finanziato con un contributo di 197.000 euro”. I lavori hanno però fatto registrare una spesa in uscita di circa 455.000 euro. L’Arcivescovo, ammirando la maestosità e bellezza della Chiesa Madre, ha esclamato: “Che bello! Che bello ritrovare questo tempio splendente non solo per i lavori di restauro, ma per la

vostra presenza numerosa, serena e gioiosa”. Un tempio fatto di persone che sull’esempio di San Cesario Martire, sono chiamate a edificare il tempio spirituale senza lasciarsi condizionare da una morale che tutto accomoda. Mons. D’Ambrosio ha benedetto l’opera di restauro della Chiesa Matrice e le tre campane di diverso peso e diametro che andranno a formare, insieme alle due già esistenti sul campanile, un concerto di campane. La campana più grande è a devozione di San Cesario, la media è a devozione di Sant’Oronzo, la più piccola, a devozione di San Luigi, riporta la scritta: “ad maiorem Deo gloriam”, per ricordare il motivo principale dell’intera opera di restauro: “alla maggior gloria di Dio”. Lucia Pellegrino

Cristo e costruendo l’Europa: “Uomini silenziosi si vedevano nella campagna o si scorgevano nella foresta, scavando, sterrando e costruendo, e altri uomini silenziosi, che non si vedevano, stavano seduti nel

freddo del chiostro, affaticando i loro occhi e concentrando la loro mente per copiare e ricopiare penosamente i manoscritti che essi avevano salvato. Nessuno di loro protestava, nessuno si lamentava, nessuno

attirava l’attenzione su ciò che faceva; ma poco per volta i boschi paludosi divenivano eremitaggio, casa religiosa, masseria, abbazia, villaggio, seminario, scuola e infine città”. Marcello Tempesta

In Italia un adolescente su quattro ne soffre del difetto

Scoperto il gene della miopia? La miopia è un difetto visivo che colpisce 1/3 della popolazione italiana. Tende a manifestarsi nei primi 25 anni di vita e si caratterizza dall’ incapacità di vedere distintamente gli oggetti lontani. I suoi sintomi sono facilmente riconoscibili: vi è la tendenza a strizzare spesso le palpebre, l’avvicinarsi eccessivamente al televisore o al testo di lettura, nonché alcune difficoltà scolastiche per i ragazzi e la mancanza di interesse per le attività all’aria aperta. Le teorie più moderne sulle cause della miopia spaziano dai fattori ambientali, alle alterazioni genetiche. La maggior parte degli studiosi, fino ad ora, ha imputato questo disturbo alle troppe ore passate davanti alla televisione o alla maleducazione di leggere o di studiare in ambienti con illuminazione inadeguata. Una ricerca pubblicata su Nature Genetics sostiene, invece, che all’origine dell’anoma-

lia visiva ci siano cause genetiche. I ricercatori del Duke in Nord Carolina, analizzando le abilità visive di 13.414 persone di origine caucasica, hanno costatato un’alterazione di un gene il RasGRF1. Questo gene, presente nella retina e nei neuroni, è fondamentale per la messa a fuoco e per il consolidamento della memoria visiva. Durante i test effettuati anche su topolini, si è riscontrata un’ associazione tra la disfunzione del gene ed errori di messa a fuoco della visione. Le implicazioni di tutto ciò sono eccezionali: secondo Christopher Hammond, un chirurgo oftalmico britannico, che ha partecipato allo studio, “questa scoperta potrebbe condurre all’elaborazione di farmaci per fermare la malformazione. Ma per tutto ciò saranno necessari almeno una decina di anni”. Se consideriamo che la miopia non solo è in continuo aumento, ma nel 2-3% dei casi

può causare un distacco della retina, glaucoma, emorragia maculare e cecità, queste notizie diradano un poco quella nebbia che molti italiani, e non solo, sono costretti a vedere ogni qual volta si tolgono gli occhiali. Secondo recenti stime, in Italia un adolescente su 4 è miope, in Gran Bretagna lo è circa un terzo delle persone, in Giappone due terzi degli adolescenti sono miopi e a Singapore l’80% dei diciottenni maschi, reclute dell’esercito, hanno già questo difetto. Adesso è nelle mani dei ricercatori capire come il gene RasGRF1 interagisca con la crescita dell’occhio. “Non è abbastanza per la fine degli occhiali, ma chiaramente la speranza è che (un giorno) saremo in grado di bloccare i percorsi di genetica che causano la miopia”, conclude Christopher Hammond. Francesco Giacovazzo

di Giovanni Napolitano

VITE MIGRANTI

Regia Corvetta Caracciolo: diario del nonno La gente di Sydney appare agli occhi del giovane Umberto assai singolare. Essa ha, infatti, costumi ed usi completamente differenti da quelli di vigenti all’epoca in Italia. Scrive Umberto con stupore: “le donne hanno gli identici privilegi degli uomini, occupano già impieghi pubblici e cattedre universitarie. La prontezza, sveltezza e fermezza di carattere è al di sopra di ogni credere: molte donne sono a capo della casa e fanno affari e speculazioni a meglio di quanto farebbe un uomo. L’unica legge non ben dettata è l’emancipazione della donna”. Il nostro pellegrino rima-

ne stupito, poi, dall’ospitalità del popolo australiano che al contempo gli pare amante del lavoro, molto socievole e propenso ai divertimenti. La prova dell’ospitalità di questo popolo viene data al giovane Umberto dalla famiglia De Lanzi: “essi ci sarebbero compatrioti ma per il tempo che vivono colà possono chiamarsi australiani. Il capostipite, padre di 18 figli ad onta dei suoi 76 anni era vegeto e rubizzo e mi invitò a pranzo anche per le feste di Natale”. Le domeniche vengono descritte in maniera assai entusiasta dall’equipaggio, perché quello era il giorno di ricevimento a bordo. Ciascun marinaio poteva

ospitare amici e quindi le tavole si imbandivano mentre veniva suonata musica allegra e ballabile. Unico neo degli usi indigeni era la cucina, in quanto essenzialmente legate alle tradizioni inglesi e quindi anche costituita prevalentemente da bevande alcoliche, da “sorseggiare” fuori dai pasti. Il 20 dicembre 1883 arrivò inaspettatamente un telegramma che ordinava all’equipaggio della Caracciolo di partire per la Cina alla volta di Hong Kong e raggiungere così il Cristoforo Colombo, vascello partito già dall’Italia per assistere e proteggere i nostri connazionali in Cina durante la guerra franco-cinese.


L’Ora del Salento 14

Lecce, 13 novembre 2010

appunti

Umberto Eco. Il cimitero di Praga Trent’anni dopo il celebre romanzo “Il nome della rosa” Umberto Eco torna in libreria con un nuovo giallo di ambientazione storica, “Il cimitero di Praga” edito da Bompiani. Sono passati sei anni anni dal suo ultimo romanzo “La misteriosa fiamma della regina Loana” era infatti uscito nel 2004, che aveva entusiasmato la critica ma deluso i lettori che aspettavano un nuovo appassionante giallo storico come quello di trent’anni prima. Quei lettori possono finalmente essere soddisfatti. Il nuovo romanzo è ambientato nel XIX secolo tra Torino, Palermo e Parigi. Si tratta di una storia di spionaggio, infatti si muove tra servizi segreti, agenti doppi e personaggi discutibili. Il romanzo è abbastanza lungo, oltre le cinquecento pagine, cosa a cui Umberto Eco ci ha abituato già con “Il pendolo di

Foucault” e con lo stesso “Il nome della rosa”, in quanto, nei romanzi di questo autore, un discreto numero di pagine è dedicato a calare il lettore in quel particolare contesto storico che lo scrittore è solito rappresentare in modo minuzioso e dettagliato. “Io faccio l’opposto della tecnica di straniamento”, ha spiegato qualche tempo fa lo stesso Eco, “e familiarizzo il lettore con ciò che non conosceva ancora. Introduco un lettore del Texas, che non ha mai visto l’Europa, in una abbazia medievale (o in una capitaneria dei Templari, o in un museo pieno di oggetti complicati, o in un salotto barocco) e lo faccio sentire a proprio agio. Faccio vedere un personaggio medievale che tira fuori con naturalezza gli occhiali e metto in scena i suoi contemporanei che si stupiscono; il lettore in un pri-

c@ttolici in rete argo

tutto pur di essere servizievole con i potenti di turno: gesuiti, repubblicani o massoni. Cresciuto nella Torino oscura di metà Ottocento, Simonino, figlio di un carbonaro, viene educato da suo nonno, capitano della guardia regia e da un prete gesuita. Nei suoi incubi da bambino il terribile Mordechai, il leggendario ebreo errante, lo insegue per ucciderlo e impastare il pane azzimo con il suo sangue cristiano. È così che nasce in lui l’odio, anzi, la repulsione verso gli ebrei del ghetto di Torino e verso le donne, portatori entrambi di corruzione e peccato. Ma il suo astio non è limitato a donne ed ebrei, ma è rivolto un pò verso tutta l’umanità: carbonari, repubblicani, francesi, piemontesi, massoni, gesuiti, tedeschi, poveri e ricchi, senza distinzione di genere. Il protagonista è appunto

uno dei più grandi falsari dell’epoca. La laurea in giurisprudenza gli con sen te una certa perizia tecnica, ma l’abilità di falsificare le grafie altrui alla perfezione è una dote naturale. Proprio da questa dote trarrà i migliori benefici, ricevendo lauti compensi dai suoi nemici ai quali non esiterà a vendersi. Un’opera veramente ricca che ha impegnato Umberto Eco in un lavoro di ricerca durato ben cinque anni. Ve lo consiglio. Umberto Eco, Il cimitero di Praga, Edizioni Bompiani, 19.50, pag. 528

M U S I CALM E NTE I media cattolici e la globalizzazione Casa 69, il nuovo cd dei Negramaro Anna Rita Favale

IL POLLICE

IL RITO E IL SEGNO

Non sempre quanto ci propone la televisione trova il nostro (ma, non solo) consenso. Non fosse altro per certi programmi che si basano essenzialmente sul nulla, e che - udite udite - creano personaggi effimeri e vacui che, però, trovano poi collocazione all’interno del sistema che li ha generati. A danno di vere competenze e serie professionalità. Nel momento, invece, in cui la televisione conferma il suo ruolo testimoniale senza intrusioni e con estremo rigore, non possiamo non apprezzare il ruolo del medium e la capacità di farci partecipare all’evento - irripetibile, ovviamente - ed al suo svolgersi e memorizzarsi. Cosa che è accaduta in occasione della “Santa Messa presiduta da Sua Santità Benedetto XVI. Consacrazione dell’altare della Sagrada Familia e recita dell’Angelus” (Rai Uno, ore 9,55), la bella trasmissione che, nella mattinata di domenica, ci ha consentito non solo di entrare nella sacralità di un rito: i tempi, le sequenze e i segni compiuti dal Santo Padre, ma anche di comprendere la complessità costruttiva e simbolica di questa nuova e grande Basilica, a tutt’oggi incompiuta.

lor@delavoro di Samuele Vincenti

La Strategia di Lisbona, sottoscritta nella capitale portoghese da tutti i rappresentanti della Comunità Europea, ha compiuto dieci anni, ma la realizzazione del suo progetto fondativo, sradicare la povertà in Europa, resta ancora in alto mare. Nel frattempo, gli Stati membri della Comunità del vecchio continente sono quasi raddoppiati, passando da 15 a 27, e cresciuto è anche il numero delle persone a rischio povertà con un incremento di 20 milioni sui 60 di un decennio fa. Anche il nostro paese, purtroppo, riflette la situazione europea: su una popolazione stimabile intorno ai 60 milioni di abitanti,

mo momento non capisce perchè si stupiscono, ma alla fine capisce che gli occhiali sono stati inventati nel Medioevo”. Questo è Umberto Eco. Nel nuovo romanzo compaiono solo personaggi realmente esistiti ai quali Eco attribuisce parole, azioni e pensieri secondo le fonti documentate dell’epoca. L’unico personaggio che nasce dall’immaginazione dell’autore è il protagonista, il capitano Simone Simonini, notaio, falsario di professione, ingaggiato dai servizi segreti di diversi Paesi. Il Capitano è un personaggio completamente inventato da Eco ma gli intrighi di cui lo fa autore hanno realmente influito sul corso della storia. Si tratta di un romanzo sulla “paranoia del complotto” come lo ha definito lo stesso autore. Simonini è disposto a

marialucia andreassi

Tommaso Dimitri

Il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha iniziato a pubblicare un portale in cui vengono presentate informazioni sui mezzi di comunicazione cattolici. L’iniziativa è stata presentata dall’Arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero. Nel suo intervento, l’Arcivescovo ha anche ricordato il pensiero del cardinale Avery Dulles, noto teologo statunitense morto di recente, per evidenziare come la comunicazione non sia solo una delle attività della Chiesa, ma ne costituisca l’essenza stessa: ciò che unifica e dà senso a tutti gli aspetti della vita ecclesiale. “Questo - ha spiegato - è particolarmente vero nell’evangelizzazione. I nuovi media - ha concluso - offrono indubbiamente alla Chiesa una grande opportunità per seminare ovunque la parola di Dio”. Per il momento il portale offre un’interfaccia in spagnolo, che presto verrà sviluppata in altre lingue con un censimento delle stazioni radiofoniche e dei canali televisivi cattolici del mondo. In seguito offrirà anche liste di giornali e agenzie stampa. L’Arcivescovo Celli, come spiega la pagina web del dicastero: www.pccs.va, attribuisce l’iniziativa alla necessità di “sviluppare una presenza strategica e integrata” dei mezzi di comunicazione cattolici e di valorizzare “la comunione tra le migliaia di iniziative che stanno emergendo”. Un altro portale internazionale per le comunicazioni sociali è: www.signis.net a cura dell’Associazione Mondiale per le Comunicazioni. Informazioni le possiamo trovare direttamente sul portale www.intermirifica.net. Tentativi di organizzazione e gestione di tutti i siti o portali cattolici in Italia sono già noti: www.siticattolici.it di Francesco Diani o il tentativo di raccogliere in una vera e propria associazione gli autori ed editori del web cattolici: www.webcattolici.it. Su tutti questi siti è possibile una registrazione alla newsletter per ricevere i comunicati stampa o scaricare il file Rss per una informazione in tempo reale delle attività. Benedetto XVI, in occasione della “43a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali”, nel suo messaggio si rivolge ai giovani cattolici, per esortarli a portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede. Carissimi, sentitevi impegnati ad introdurre nella cultura di questo nuovo ambiente comunicativo e informativo i valori su cui poggia la vostra vita! Buona navigazione a tutti.

A distanza di tre anni dalla pubblicazione del loro ultimo album di inediti “La finestra” e dopo “Gli angeli del male” (la colonna sonora del film “Vallanzasca” di Michele Placido), i Negramaro ritornano sulla scena. Attesi dai tantissimi fan con Casa 69 rompono il silenzio e si preparano a una lunga stagione che, c’è da scommetterlo, li vedrà protagonisti assoluti. Prodotto da Sugar e registrato ai Metalworks Studios di Toronto con la collaborazione del produttore Dave Bottrill, il nuovo lavoro di Giuliano Sangiorgi, Emanuele Spedicato, Ermanno Carlà, Danilo Tasco, Andrea Mariano e Andrea “Pupillo” De Rocco arriva giusto in tempo per coronare i 10 ani di carriera del più popolare gruppo rock italiano. Casa 69, la cui uscita ufficiale è prevista per il 16 novembre, è composto da 16 brani inediti e diverse sorprese. Sarà disponibile sia su supporto fisico diversi contenuti speciali come foto, video sia su i Tunes nel formato esclusivo, con i brani inediti “Lacrime” e “Comunque vadano le cose (Scusa Mimì)”, quest’ultimo dedicato a Mia Martini. Il titolo corrisponde al numero civico del casale vicino a Parma dove i Negramaro convivono e ospitano altri artisti. Tra le curiosità, invece, si segnale “Io non lascio traccia” (brano che apre l’album e che parla dell’arte in quanto “urgenza”, omaggio a Carmelo Bene la cui voce compare alla fine della canzone), “Apollo 11” (altro inedito dedicato alla luna come simbolo di illusioni, amori e miraggi), la copertina realizzata dal bassista neretino Ermanno Carlà (una scultura di vetro con un uomo-cuore che ha rami e vene al posto di gambe e braccia) e “Singhiozzo” (singolo che ha anticipato l’uscita dell’album e videoclip all’insegna della tecnologia più avanzata, girata con la tecnologia 3D tra Canada e Stati Uniti e prima realizzazione in stereoscopia). Alla rock band salentina “Vanity Fair” ha recentemente dedicato una copertina e una lunga intervista, in cui Sangiorgi e soci raccontano i primi 10 anni di carriera, il nuovo album, il rapporto che li lega e l’attesissimo tour. “Siamo sempre stati insieme - ha confessato Giuliano - e insieme abbiamo attraversato la gavetta. Non abbiamo dimenticato chi siamo e da dove veniamo”. Ora si attende la prossima primavera, che segnerà l’inizio di un nuovo tour in cui la band riprenderà a suonare dal vivo e abbraccerà finalmente l’amato pubblico.

2010: Anno Europeo della lotta alla povertà

almeno 12 milioni italiani vivono in povertà e, di questi, oltre 5 sono considerati assolutamente poveri. La Strategia ha impegnato finora milioni di euro contro l’esclusione e l’emarginazione delle classi più deboli, ma non è ancora riuscita nel suo obiettivo primario. Per questo motivo, in occasione del decennale del progetto lisbonese, la Commissione di Strasburgo ha indetto un Anno Europeo per sensibilizzare l’opinione pubblica e i singoli Stati su come combattere la povertà e l’esclusione sociale, e dato il via ai Focus Week, settimane di meeting, eventi culturali e mostre itineranti per tutto il

territorio europeo, organizzate dall’Eapn, The European Anti Poverty Network. Raccogliendo il testimone, un grande rotolo di firme, dalla comunità finlandese, per poi passarla in Grecia nella settimana successiva, la Cilap Eapn Italia organizzerà a Bari, a partire dal 15 novembre, la Focus Week europea contro la povertà, con la collaborazione delle istituzioni, Regione Puglia e Università in primis, della Coalizione Europea End Poverty e del progetto Europa SpA.Tra le attività programmate si alterneranno momenti di riflessione a momenti di divertimento con spettacoli costruiti sui temi della settimana che coin-

volgeranno le persone che vivono la condizione di esclusione sociale, gli studiosi e gli intellettuali che avranno il compito di sensibilizzare i presenti alle tematiche affrontate e aiutarli a comprendere i limiti e le opportunità delle nostre società in tempi di crisi. Protagonisti dell’iniziativa saranno anche i politici locali e regionali dai quali cui sarà chiesto di fornire non risposte, ma impegni certi e realizzabili; gli esperti e i volontari che sono accanto alle persone povere. Il programma della settimana è fitto e si può consultare sul sito internet dell’associazione Eapn Italia, http:// www.cilap.eu/. Si troveran-

no le sedi e gli orari delle tavole rotonde, le modalità di iscrizione ai focus group, le date e i luoghi dei concerti che saranno organizzati dal 15 al 19 novembre prossimi. L’Europa resta ancora una grande utopia politica e, in

quanto tale, l’Unione dei paesi membri, sul modello degli Stati dell’America del Nord, è ancora lontana dall’essere raggiunta. Tuttavia la moneta unica, utilizzata nella stragrande maggioranza degli Stati dai più grandi ai più piccoli, così come il trattato di Schengen e la libera circolazione dei cittadini europei sono una realtà ormai consolidata, ed è da queste certezze, partendo dai bisognosi e da più poveri, che si può costruire l’Europa dei popoli.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 13 novembre 2010

lo sport Contro i friulani ricomincia il campionato del Lecce con il vantaggio di aver già incontrato le forze storiche della serie A: Juve, Milan, Inter, Roma e Fiorentina

L’ASSIST di Paolo Lojodice

La via stretta della salvezza Sebbene ogni partita racconti una storia a sé, quella con l’Inter, per evidenti differenze di caratura tecnica tra i due organici, non può essere considerato un riferimento probante della caratteristiche necessarie ad una squadra come il Lecce, per superare i marosi della bassa classifica. Altro sarebbe stato conservare il prezioso pareggio esterno contro la diretta avversaria Bologna, appena una settimana addietro, sfumato ad una manciata di minuti dalla fine. è fin troppo evidente, classifica alla mano, che le fortune del Lecce passano soprattutto dagli scontri diretti con le parigrado, semmai il beneficio di qualche insperata scortesia ai danni delle cosiddette grandi, altro non può che corroborare lo spirito e il tono dei giallorossi proprio per le partite con pronostico “aperto”. Per i salentini, laddove lo abbiano saputo - e anche potuto - dimostrare, il conseguimento del risultato utile può passare solo dalla consapevolezza di essere una squadra in grado di proporre un gioco più sfrontato e intraprendente piuttosto che timoroso e attendista, fidando più sulle qualità di un gruppo che si esalta se rapportato ad avversari più quotati. Nel recente passato proprio i confronti esterni “a zero punti” contro la Roma e il Bologna, hanno fornito indicazioni chiare evidenziando il peri-

S

L’ALTRO

colo di una sorta di sdoppiamento della personalità, tonica e reattiva nel tener testa alla squadra capitolina in un caso, incerta e fin troppo prudente, al punto di sembrare rinunciataria, contro i felsinei, nel complesso apparsi affatto irresistibili. Fino ad ora non si può certo affermare che una condotta più prudente possa essere stata in qualche modo redditizia per il gioco e il risultato della squadra di De Canio, semmai il contrario: la squadra, nei frangenti in cui ha limitato l’atteggiamento più propositivo per concedersi qualche tentativo di addomesticamento del ritmo di

gioco, in qualche circostanza ha perso di coesione ed ha esposto la difesa a repentini capovolgimenti di fronte, con i laterali di copertura e i centrali di difesa in difficoltà - la gara contro il Bologna ne è stata la prova recente più evidente -. Dopo le sorprese iniziali, la classifica va delineandosi per fasce “di merito” con le uniche eccezioni del Genoa e del Parma che, contrariamente a quanto pronosticato alla vigilia del campionato, ancora si attardano nelle retrovie della classifica. Pertanto, con la partita di domenica contro l’Udinese, che chiude il trittico Bologna - In-

ter -Udinese, cominciato lo scorso sabato, il Lecce è chiamato ad una prova di carattere contro un avversario difficile ma non impossibile, per rilanciare le proprie ambizioni di salvezza e attese. Contro i friulani comincia per la seconda volta il campionato del Lecce, con un vantaggio non da poco: a circa un terzo del percorso del campionato i giallorossi di De Canio hanno già incrociato le lame, almeno per una volta contro le forze storiche del campionato italiano - Juve, Milan, Inter, Fiorentina e Roma - e aver tratto indicazioni sulle proprie condizioni e potenzialità.

MONDO Anche i sacerdoti giocano a scacchi Mancava nel panorama scacchistico nazionale e internazionale una manifestazione riservata agli uomini di Chiesa, sebbene molti ecclesiastici si siano spesso misurati in competizioni anche di alto livello. Ora, nell’ambito della terza edizione di “Giocando con i Re”, manifestazione scientifico-sportiva che si tiene in novembre a Carugate, importante centro commerciale dell’hinterland milanese, la lacuna sarà colmata, almeno per quel che riguarda l’Italia, con l’organizzazione del primo Campionato Italiano riservato ai religiosi. La competizione, sostenuta e approvata dalla Cei e dal Centro Sportivo Italiano, si svolgerà sotto l’egida della Federazione Scacchistica Italiana. Sarà conclusa da una conferenza sul tema “Gli Scacchi e la Chiesa”. Ulteriori dettagli e informazioni sono reperibili sul sito internet www.alfierecarugate.altervista.org e www.giocandoconire.it L’idea è partita da Don Stefano, prete genovese collaboratore del presidente della Cei S.E. card. Angelo Bagnasco, appassionato del Nobil Giuoco, e fatta propria dal patron di “Giocando con i Re” il dott. Giuseppe Sgrò, che per l’occasione ha trovato anche un ‘testimonial’ di eccezione, nella persona dell’attore Neri Marcorè, appassionato scacchista e, tra l’altro tempo fa, magnifico interprete nella fiction Rai della figura di Papa Luciani. Sarà proprio Marcorè a consegnare di persona, nel corso della cerimonia di premiazione, coppe e trofei ai vincitori. Mons. Claudio Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi, immaginando la prossima Clericus Chess afferma “Questo è il modo per santificarsi giocando a scacchi: praticare l’esercizio della pazienza e dell’attesa; pregare per trovare nel proprio cuore la giusta serenità e la concentrazione; studiare e progettare le risposte ai problemi contingenti; conoscere a fondo la ricchezza dell’uomo per stimarlo ogni volta che ci batte … Così, quando si perde una partita giocando a scacchi, è bene fare un esame di coscienza e sapere che è solo colpa propria. Allora, con umiltà e pazienza, si ricomincia da capo con la speranza che domani si potrà fare meglio nel gioco e nella vita spirituale”. Le iscrizioni possono essere effettuate presso la Segreteria dell’associazione in Via Siracusa n.50, che sarà aperta il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle ore 17.00 alle ore 21.00, tel. 0832.392809.

PORT di Paolo Conte

VOLLEY SERIE B2

Al comando un terzetto di Salentine: Ugento, Squinzano e Galatina

Falchi Ugento I falchi di Ugento volano ad alta quota e dal tetto della classifica (12 punti e primo posto solitario), sorvegliano sovrani sul campionato di serie B2. Servito il poker di vittorie ai danni dell’Altamura nell’ultimo match casalingo, gli uomini di mister Cavalera sono pronti per la trasferta di Galatina in quello che si prospetta essere uno dei derby più accesi di inizio stagione. Nonostante il trend della Minniebet e un ruolino di marcia da protagonista incontrastata, la corazzata ugentina non si fida della squadra di mister Montinaro, che con 10 punti in classifica sogna l’ impresa e il possibile aggancio in vetta dinanzi al pubblico del Pala Sport “Panico” di Galatina. Dopo quattro vittorie di fila per un totale di 12 set a 0, i falchi ugentini paiono non soffrire di particolari vertigini, decisi e determinati a spiccare il volo definitivo. Città di Squinzano È tutto pronto a Squinzano per la sfida casalinga contro la Virtus V. Paglieta. Archiviata la vittoria agrodolce in

quel di Castellana vinta per 3 a 2, i gialloblu si pongono come obiettivo categorico non concedere più di un set all’avversario e portare in cascina tre punti fondamentali per l’eventuale contro sorpasso. La vittoria sudata in terra barese è costata la vetta della classifica a beneficio dell’Ugento rendendo amaro il successo degli squinzanesi. Ma mister De Vitis predica calma e pensa solo ai chietini, capaci di battere nell’ultimo turno l’Aurispa Alessano; per usare un eufemismo non esattamente un avversario qualunque. SBV Galatina Alla quinta giornata di campionato per la S.V.B Galatina la prova di maturità si chiama Ugento. Il successo esterno per 3 a 2 di Oria pare essere solo un ricordo per la truppa di mister Montinaro, che già da giorni prepara con scrupolosità e attenzione il derby casalingo contro i Falchi di Ugento. Mal grado l’ottimo inizio stagionale dei galatinesi e il terzo posto in classifica con dieci lunghezze a braccetto con l’Alessano, numeri alla mano l’Ugento (almeno per il momento) non ha rivali; soprattutto se si pensa al-

l’impressionante dato statistico di non aver perso ancora un set nelle quattro gare finora disputate. Il Galatina dal canto suo sarà spinto dal calore del suo pubblico e dalla voglia di essere la prima squadra a spezzare le ali dei Falchi ugentini. Aurispa Alessano In casa Alessano l’ imperativo è ripartire. Dopo il boccone amaro contro la Virtus V. Paglieta ancora da digerire, l’Aurispa ne è uscita ridimensionata ma ugualmente consapevole della proprie forze. La compagine salentina si appresta ad affrontare nell’imminente match casalingo il temibile Martina, reduce dal convincente successo per 3 a 0 sul Francavilla. Il punto conquistato in terra abruzzese al termine di una striscia di tre vittorie consecutive, mantiene l’Alessano nelle zone alte grazie anche a una classifica molto corta e ancora poco delineata. Il prossimo impegno casalingo sarà un banco di prova fondamentale per rilanciarsi subito e sfruttare i potenziali passi falsi delle altre big. Filanto Casarano I tre punti conquistati ad Agnone hanno dato ossigeno

alla classifica della Filanto Casarano che con sette punti si piazza al quinto posto in coabitazione del Paglieta e si proietta in zona play off. Mister Lichelli tiene sulle corde i suoi con l’intento di dare continuità di risultati a partire dal prossimo derby casalingo contro il Galatone. Con Monticelli ancora out per uno stiramento al bicipite femorale, il tecnico si affiderà ancora una volta alle prestazioni di Fabio Colazzo, autore di un’ottima prova in quel di Agnone. Il fattore campo e l’entusiasmo per l’ultimo successo in trasferta, sono le armi in più della Filanto che sogna, in prospettiva, di sedere al tavolo delle grandi. Galatea V. Galatone Il Galatone è una svolta; la prima vittoria stagionale sul Fasano e i primi tre punti in classifica hanno dato coraggio e fiducia a tutto l’ambiente. Dare con-

tinuità non sarà facile, ma mister Stomeo è convinto degli ampi margini di miglioramento del suo roster. Innanzitutto vincere aiuta a vincere; e per la prima volta in settimana si sono visti sorrisi e volti distesi in casa Galatone grazie al successo pieno matu-

rato domenica scorsa. Una vittoria che ha permesso al Galatea di lasciare l’ ultimo posto in classifica e scavalcare Castellana, Agnone e lo stesso Fasano. Guai però a mollare adesso: il derby col Casarano è alle porte.


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