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Lecce, 16 ottobre 2010

UN EURO

L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XX, n. 34

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 16 ottobre 2010

Le recenti nomine dell’Arcivescovo alla guida dei servizi pastorali dell’Arcidiocesi

La Curia rinnovata

Per fermare la mano assassina di Nicola Paparella Nella città violenta, anche la morte va rimossa. Dinanzi al disagio, all’angoscia, allo sgomento per una giovane ragazza strangolata nelle campagne del Salento, un po’ tutti ci siamo guardati intorno, in cerca del mostro, in cerca del male che colpisce queste nostre comunità. Sentiamo dire di tassisti malmenati e ridotti in fin di vita, di stupri, aggressioni, sparatorie … il mondo sembra malato, e la malattia sembra coinvolgere le nostre case. Poi però è intervenuto il gesto di rassicurazione. Il mostro c’è, ma è lontano da noi. Da una parte c’è un giovane irascibile con precedenti penali, dall’altra c’è un malato di mente, dall’altra ancora c’è un vizioso pedofilo che ha tutta una storia che non ci appartiene … Sì, qualcuno è morto, ma le colpe sono abbastanza circoscritte; appartengono a pochi, non possono coinvolgerci. Così pensiamo, così ci tranquillizziamo e così nasce un’operazione che nel giro di qualche settimana giungerà a rimuovere persino il ricordo dei giorni drammatici di fine agosto. Se volessimo davvero fare memoria, se davvero volessimo prendere atto di quel che è accaduto, dovremmo seguire con pazienza (e sofferenza) i fili del ricordo e cogliere tutti i nessi che quegli avvenimenti presentano, a partire dalle parole che ci sono sfuggite, quando ci siamo chiesti: è possibile che nessuno abbia visto nulla? Ci sono troppe cose sulle quali occorrerebbe vigilare e per le quali siamo un po’ tutti indotti a chiudere un occhio. Ragazzi che passano intere mattinate lontano dalle aule scolastiche, fra una birra ed una bibita energizzante, che si lasciano andare a forme di ostentata arroganza. Accanto a loro passa la città, ma nessuno si ferma ad ascoltare, ad agire o forse soltanto a denunciare. Quel che accade, non più soltanto alla periferia della città, ma anche in pieno centro, nelle piazze sottratte al silenzio della notte, è diventata oramai qualcosa che neppure ci scandalizza. Così come non ci scandalizza il linguaggio scurrile, gli spettacoli sguaiati, i film dell’orrore, la pornografia dilagante, il generale disprezzo della persona. CONTINUAA PAG. 2

Due laici all’Ufficio Irc e all’Ecumenismo Il cambio A Lecce nella notte del 18 ottobre: Comune, Difensore Civico, Caritas diocesana e Croce Rossa, insieme per le strade della città per quantificare il fenomeno in dodici uffici Primo censimento dei senzatetto Nuova e sicuramente molto importante l’iniziativa che vedrà la collaborazione del Difensore Civico con due volontari della Caritas, due della Croce rossa, un assistente sociale e due membri della Polizia Municipale, il 18 ottobre prossimo dalle 22 alle 4 del mattino successivo: si tratta del primo censimento dei senzatetto che vivono nelle strade della città di Lecce. Il censimento prevede una suddivisione in più fasi di lavoro, cioè la formazione del personale, la localizza-

zione dei luoghi di ritrovo dei senzatetto, la somministrazione di un questionario e la rielaborazione di tutti i dati ottenuti. I senzatetto sono l’emblema dell’estrema esclusione sociale, poiché spesso la loro precarietà economica e materiale si associa alla disgregazione di tutti gli affetti familiari e dei legami di amicizia e amore che dovrebbero unirci agli altri esseri umani in un rapporto di sostegno e solidarietà reciproca. Per poter promuovere politiche sociali efficaci, dunque, que-

Il bronzo collocato sul campanile dello Zimbalo

La campana al suo posto Dono della ditta Paolo A. Pellegrino a mons. Domenico D’Ambrosio

sti enti hanno ritenuto fondamentale quantificare il numero dei disagiati ed indagare le cause e le conseguenze della loro condizione. Il Difensore Civico ha per questo proposto al Comune il censimento, per conoscere le dimensioni del fenomeno dilagante che ci circonda, ma che spesso i nostri occhi non vedono e i nostri cuori induriti non percepiscono perché, solo aprendo gli occhi e il cuore alle pieghe più nascoste della società, possiamo sperare di renderla migliore. (G.P.L.)

Un do naturale di 220 chili È stata istallata grazie all’intervento di una grande gru, nei giorni scorsi, in Piazza Duomo, al secondo piano del campanile progettato da Giuseppe Zimbalo, la campana realizzata dalla Ditta Paolo Antonio Pellegrino, dono speciale dell’azienda squinzanese a mons. D’Ambrosio, qualche mese dopo il suo arrivo nella Chiesa di Lecce. La campana è un do naturale, è alta 71 centimetri e pesa circa 220 kg; è stata fusa a Squinzano il 15 aprile scorso ed è rimasta per un lungo periodo esposta in Cattedrale. Essa è completamente fregiata: da un lato riporta una lunga epigrafe in latino, così come è stata impaginata e composta direttamente dall’Arcivescovo, mentre dall’altro lato presenta il suo stemma episcopale.

DOPO IL CONVEGNO DIOCESANO GLI AMBITI PASTORALI

Educare in famiglia 8-9 primopiano

obiettivo

La Settimana Regione Salento Sociale a Reggio Parla Pagliaro

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Nei giorni scorsi S.E. mons. Domenico D’Ambrosio ha provveduto alla nomina dei nuovi responsabili degli uffici di curia. Don Vito Caputo ha sostituito mons. Pietro Quarta come Direttore dell’Ufficio di Pastorale Liturgica, mentre mons. Francesco Leone è diventato Direttore dell’Ufficio per la missione “ad gentes”, al posto di don Elvino De Magistris. Don Damiano Madaro è il nuovo Direttore dell’Ufficio di Pastorale del Turismo e dello Sport con l’incarico di curare anche l’ambito pastorale delle feste patronali, in sostituzione di mons. Giuseppe Metrangolo e don Corrado Buttazzo; don Antonio Perrone ricoprirà invece l’incarico di Responsabile della Formazione del clero giovane, prima affidato a mons. Antonio Giancane, il quale ha lasciato anche la carica di Direttore della Pastorale vocazionalee, a favore di don Stefano Spedicato e don Tony Bergamo. Il Delegato Arcivescovile per le Confraternite non sarà più mons. Angelo Renna, bensì mons. Pietro Quarta. Don Giovanni Buttazzo ha lasciato il posto al prof. Reno Sacquegna, in qualità di Direttore dell’Ufficio per l’Insegnamento della Religione Cattolica, e a don Alessandro Saponaro come Responsabile della Pastorale scolastica. Mons. Vincenzo Marinaci, prima Delegato arcivescovile per il Diaconato, ha lasciato il testimone a mons. Carlo Santoro. Il dott. Massimo Vergari è divenuto il Delegato Arcivescovile per l’Ecumenismo e il dialogo religioso, sostituendo don Damiano Madaro in questo compito. Mons Oronzo De Simone, prima Cancelliere della Curia Arcivescovile, incarico attualmente nelle mani di don Simone Renna, è stato infine scelto come Direttore dell’Archivio storico diocesano. L’Ora del Salento si unisce alla Chiesa di Lecce ed esprime gratitudine ai responsabili uscenti, che per molti anni hanno ricoperto i propri incarichi con zelo e puntualità. Porgono al contempo il loro più grande augurio a chi ora si accinge a fare altrettanto con motivata passione. Grazia Pia Licheri


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EDITORIALI IL NOBEL CONTESTATO

Un premio per quale scienza? Il progresso biotecnologico Per quali modelli etici? non sempre progresso morale L’assegnazione del premio Nobel è sempre un grande evento che sottolinea l’apporto che uno scrittore, uno scienziato, un uomo che si batte per di diritti, hanno dato allo sviluppo dell’umanità. È un premio cioè, che dovrebbe avere un forte spessore etico, di un’etica che mette al centro la persona. Quest’anno lascia perplessi l’assegnazione del premio Nobel per la medicina a Robert Edwards, il padre della tecnica di fecondazione artificiale denominata Fivet ( fecondazione in vitro, con embrio transfer). Fu lui, circa 30 anni fa, a permettere la nascita di Louise Brown, la prima bimba nata in provetta. La tecnica, come è noto, può essere applicata in tanti modi: può permettere la nascita di un bambino dai gameti dei due genitori, oppure può dare alla luce un figlio da gameti di due persone estranee, o addirittura utilizzare un “utero in affitto”. Le varie possibilità dicono una maniera diversa di considerare la vita umana e il rapporto di coppia, anche se l’efficacia del metodo è superiore a quello di altre tecniche. Ma cosa si vuol premiare: l’ efficacia di un metodo o la sua umanità? In un articolo apparso su L’Osservatore Romano il 7 ottobre 2010, Carlo Bellieni fa notare come nel dibattito sulla bontà dell’assegnazione del Nobel, ci sia un grande

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escluso, quello che è il problema di una crescente sterilità: “Come se per curare il vaiolo ci si fosse limitati a cercare medicine nuove e costose per chi era già malato, invece di debellare questa malattia con la vaccinazione”. La scienza va incoraggiata e i suoi risultati sostenuti, ma come “prezioso servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano” (Dignitas personae n.3). Ora, nella Fivet, c’è una completa dissociazione della procreazione dal contesto integralmente personale dell’atto coniugale e nelle varie modalità di applicazione l’embrione può essere utilizzato semplicemente come un “ammasso di cellule”, come materiale biolo-

gico indefinito, che può essere sacrificato per il desiderio di un figlio in manipolazioni gravemente lesive della dignità umana. Non sappiamo quanto Edwards abbia potuto prevedere della sorte della tecnica da lui inventata, ma in ogni caso non può essere indifferente quello che accade nei laboratori di tutto il mondo. A parità di condizioni, quanto si investe o si premia chi ricerca su nuove strade, come quelle della fecondazione intracorporea? Sembra quasi, quindi, che ci sia una selezione in ambito medico, che permetta solo ad alcuni di emergere. La nostra perplessità rimane: non si vuole misconoscere la capacità di ricerca di Edwards, il suo carattere rivoluzionario, ma si vuole anche valutare quale ricaduta ha su un genere umano che sembra preferire una strada apparentemente buona, dimenticando che è in gioco il valore fondamentale dell’integrità della vita fisica di una persona. Il premio Nobel suscita più interrogativi che compiacimento e chiede una seria riflessione sui modelli scientifici ed etici che la società gli offre. Luigi Renna Rettore Seminario Regionale Pugliese Docente di teologia morale presso l’Istituto Teologico Pugliese

PENSANDOCI BENE...

Come annunciato la mattina del 4 ottobre al Karolinska Institutet di Stoccolma, il Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina 2010 è stato conferito al biologo ed embriologo inglese Robert Geoffrey Edwards, per aver messo a punto, con il ginecologo Patrick Steptoe, una tecnica per il trattamento della sterilità, “fecondazione in vitro con transferimento dell’embrione” (da cui l’acronimo inglese Fivet), che ha avuto importanti conseguenze sociali. In effetti, a partire dalla nascita di Louise Brown, la prima “bambina in provetta”, avvenuta il 25 luglio 1978, i bambini nati attraverso questa tecnica sono stati circa 4 milioni nel mondo e soltanto in Italia, secondo dati ufficiali, circa 10 mila. Lo scienziato inglese ha battuto a sorpresa quelli che erano considerati i favoriti: i canadesi Ernest McCullock e James Till, che negli anni ’70 identificarono le cellule staminali e il giapponese Shinya Yamanaka, che ha ottenuto cellule staminali utilizzando il tessuto epidermico. Come riconosce la motivazione del premio, Edwards è stato premiato non solo per aver aperto una nuova frontiera in campo medico, ma

di Giuseppina Capozzi

La vita e l’ambiente Proviamo a chiederci quali siano gli orizzonti dell’uomo contemporaneo: il contesto socio-culturale presenta segni ambigui e contraddittori, l’unica certezza sembra la relatività. Se cresce per un verso la coscienza dell’inviolabilità dei diritti umani, primo fra tutti la vita, nel contempo si mettono in atto continui attentati alla sua integrità. A fronte di una vita trattata come oggetto su cui sperimentare, selezionare, sezionare e disquisire, il magistero della Chiesa propone una visione antropologica della stessa che fa appello ad una ragione condivisa e profondamente meditata. Una visione cristologia e trinitaria per la comprensione di sé, che supera le divisioni religiose per approdare al valore universale del sé. Il cristiano è un privilegiato: chi ha potuto sperimentare l’illuminazione che la fede muove nella propria anima, sa di possedere un quid che lo pone inevitabilmente nella condizione di dare di più. Il credente di buona volontà, e di adeguata conoscenza del magistero della chiesa, ha perciò il compito di promuovere la cultura della vita e dell’amore mirando a rendere moralmente maturo il cristiano e l’umanità tutta; utilizzando un linguaggio che possa essere compreso nel modo più

trasversale possibile, deve aiutare l’essere umano a fornirsi dei criteri di discernimento per operare, nel contesto in cui storicamente si trova, secondo scelte il più possibile rette e moralmente corrette. Il che si traduce in difesa della vita, cura della vita relazionale, eliminazione di ogni forma di abbrutimento, di ingiustizia, di manipolazione di una esistenza che non ci appartiene ma ci è stata donata; è molto importante, peraltro, trovare una metodologia che renda ogni persona consapevole della sua responsabilità. Responsabilità vuol dire che ogni nostra scelta di azione, pensiero, parola ha delle conseguenze che si ripercuotono su tutto il sistema-vita. Ecco allora che la vita, vista come dono, chiarisce la gerarchia e

l’ordine di ogni intervento umano: l’uomo non può disporre arbitrariamente della sua esistenza, perché ne deturperebbe la verità-valore. L’uomo è creatura di Dio, come lo sono le cose create: la natura, l’ambiente che ci circonda, tutte le creature sono di Dio. E poiché l’uomo è relazione, è come tale dipendente da questa relazione: pensare di manipolare sconsideratamente le realtà che lo circondano, dall’essere vivente all’habitat, vuol dire privare tutta l’umanità della capacità di contemplare la realtà nella sua interezza, nel suo insieme di totalità ed armonia. Nell’Enciclica Centesimus annus si evidenzia come la distruzione ambientale è conseguenza di un’errata antropologia. Distruggere la “casa della vita” vuol dire distruggere la vita stessa, depauperarla di quel valore intimo che le è intrinseco in quanto strutturalmente e moralmente direzionata alla tutela del bene integrale della persona. “L’uomo non costruisce da se stesso la sua esistenza – dice Ratzinger ma vive dell’essere donato, sperimenta nello stesso tempo il suo essere obbligato, il suo stare sotto una forma che gli è stata data in antecedenza, e la cui violazione lo rende colpevole”. info@giuseppinacapozzi.it

anche per aver introdotto una prassi che ha avuto un grande impatto sociale, dimenticando, forse, che tutto questo ha sollevato forti dubbi e perplessità di carattere etico. Per comprendere meglio il motivo di tali perplessità, occorre ricordare i passaggi fondamentali della tecnica in questione che sono: il prelievo di uno o più ovociti dalle ovaie della donna, la raccolta dello sperma dell’uomo (che può essere congelato e conservato per anni), la fecondazione in provetta degli ovociti prelevati, l’impianto nell’utero dell’embrione o degli embrioni ottenuti. Tutto apparentemente molto semplice. Riteniamo doveroso, però, sottolineare alcuni fatti importanti:1) non tutti gli embrioni ottenuti sono impiantati in utero,anzi milioni di essi vengono lasciati morire perché soprannumerari, oppure scartati dopo la diagnosi genetica preimpianto perché non ritenuti idonei qualitativamente; 2) ci sono nei laboratori di tutto il mondo un gran numero di embrioni congelati, che nella migliore delle ipotesi sono in attesa di essere trasferiti in utero, ma che più spesso sono abbandonati o distrutti; 3) esiste un vero e proprio mercato degli ovociti (che hanno un valore diverso a seconda dell’età delle donne da cui provengono, della loro bellezza e della certezza dell’assenza, in esse, di malattie); 4) la procreazione assistita è attualmente in uno stato confusionale, con situazioni incomprensibili come figli nati da donne ultrasessantenni, nonché da mamme in affitto (maternità surrogata). Tutte queste situazioni appaiono diretta conseguenza della tecnica sviluppata da Edwards, che, ad onor del vero, non ha risolto il problema della sterilità, né dal punto di vi-

sta patologico né da quello epidemiologico (circa il 20% di successi e, quindi, circa l’80% di insuccessi). . In questi giorni molti giornali e televisioni mettono in risalto i meriti delle tecniche di procreazione assistita sviluppate a partire dal lavoro di Edwards, la loro diffusione e il gran numero di bambini nati attraverso di esse. Tuttavia, non possiamo e non dobbiamo dimenticare il numero ancora più grande di vite umane, allo stadio embrionale, interrotte già in fase di sperimentazione, ma anche in seguito, a causa della selezione operata su di esse e per il mancato impianto in utero. Dunque, pur riconoscendo l’importanza di questa tecnica dal punto di vista scientifico, dobbiamo evidenziare che la prassi della fecondazione in vitro si pone in contrasto con il rispetto della vita nascente e la dignità della procreazione umana. “Non tutto ciò che è scientificamente importante, clinicamente possibile, tecnicamente realizzabile e giuridicamente consentito è, per ciò stesso, moralmente accettabile”. Siamo fortemente convinti che la tutela e la promozione della vita e della dignità della persona umana non sono misurabili semplicemente in termini di progresso scientifico e tecnologico, poiché “il progresso delle biotecnologie non significa sempre progresso etico”. In definitiva, l’assegnazione di un premio Nobel non cambia né i fatti, né la loro valutazione etica; può essere, invece, l’occasione per riaprire una seria riflessione sul significato della procreazione e sul dovere di tutelare la vita di tutti, anche allo stato embrionale. Antonio Pio Mazzotta

DALLA PRIMA

Per fermare la mano assassina Talvolta abbiamo sorriso quando abbiamo visto il gesto malizioso di un anziano che ha preso di mira una fanciulla; qualche volta abbiamo chiuso le persiane pur di non vedere quel che accade nell’orto sotto casa; poi però restiamo di gelo quando capitano episodi come quello di Avetrana. Abbiamo smesso di educare e non abbiamo voglia di educarci. Non abbiamo neppure memoria di quella che una volta si chiamava “censura sociale”, ossia la capacità di una comunità di tenere sotto controllo i suoi componenti. Oggi se qualcuno si permette di fare un’osservazione men che benevola nei confronti di un suo vicino, rischia d’esser colpito alla schiena con un cacciavite. Dov’è allora la comunità? Dov’è la sua responsabilità nei confronti della crescita di ciascuno? Dov’è la comunità educante, di cui hanno scritto studiosi e maestri dell’educazione? Non soltanto non c’è la comunità educante, ma non se ne sente neppure il bisogno, perché l’operazione di cancellare la memoria aiuta a non pensare, aiuta a credere che se alcuni delitti accadono è colpa di un squilibrato. Così neppure ci sfiora il dubbio che forse anche ciascuno di noi avrebbe potuto fare qualcosa per fermare la mano assassina. Nicola Paparella


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LA SETTIMANA SOCIALE CATTOLICI NELL’ITALIA DI OGGI A Reggio Calabria fino al 17 ottobre la 46a edizione di un appuntamento fondamentale per i cattolici impegnati in politica

Un’agenda di speranza per il futuro dell’Italia CATTOLICI E POLITICA

Dalla ricerca del consenso alla progettazione del domani In una fase politica che - come ha sottolineato il cardinale Angelo Bagnasco - “angustia” il mondo cattolico è giunto il momento di dare testimonianza con un nuovo impegno per formulare proposte concrete e condivise sui temi del lavoro, della responsabilità sociale, della famiglia, del territorio, dell’immigrazione e dei grandi valori. A molti è capitato di vivere, nell’ultimo periodo, momenti di sconcerto e di acuta pena per le discordie personali, che divenendo pubbliche, hanno assunto il contorno di conflitti politici apparentemente insanabili ed hanno finito per bloccare i pensieri di un’intera nazione. Alla verità molto spesso si è anteposta la faziosità, fino a sconfinare nella “denigrazione vicendevole”, con l’effetto di “declassare i problemi reali” del Paese. Ad accentuare lo scoramento sociale contribuisce in modo incisivo la “drammatizzazione mediatica”, troppo spesso frutto del monopolio dell’informazione, che ci presenta un Paese “ciclicamente depresso” rendendoci del tutto incapaci “della giusta autostima”. Da decenni si parla di riforme, ma, quando “saranno varate”? A questo legittimo interrogativo se ne sottende un altro: potranno essere varate delle giuste riforme senza un coinvolgimento sociale reale, con il mero ricorso a meccanismi di partecipazione fittizi? Certo non ci si può sottrarre alle sfide derivanti dalla globalizzazione. Ma ciò non può avvenire esclusivamente a vantaggio del profitto ed a discapito della dignità di chi lavora. Bisogna ripartire, e “far presto”, mettendo da parte “i personalismi”. “Se non si accoglie integralmente la vita - ha detto il cardinale Bagnasco - se si rinviano senza giusto motivo scadenze di ordinamento, se si contribuisce ad apparati ridondanti, se si lasciano in vigore norme non solo superate ma dannose, se si eludono con malizia i sistemi di controllo, se si falcidia con mezzi impropri il concorrente, se non si pagano le tasse, se si disprezza il merito... si cade nell’ingiustizia”. Serve un impegno nuovo, svincolato dalla volontà delle singole persone. Manca, però, “una visione della politica” , che, sapendo prescindere dall’effimero “apparire”, sappia, invece, gettare le basi di una progettualità rivolta a costruire il futuro. Ai cattolici manca da tempo una progettualità condivisa. Al contrario si riscontra un individualismo lacerante che porta l’interesse del singolo a prevalere su quello collettivo e nel contempo induce ad ignorare, con un atteggiamento “miope” le grandi sfide che la società pone, da quella educativa a quella del lavoro.

Quel che è peggio è che la fede cattolica è stata trasformata in una sorta di religione civile. Attraverso il consenso si cerca di perseguire ciò che può essere meglio accettato da tutti. I “valori” non assumono più prioritaria importanza, anzi, troppo spesso sono subordinati ai “risultati”. Non importa ciò in cui si crede, ma ciò che è stato conseguito. Non importa come, ma, importa che sia stato, comunque, fatto, anche, se a spese dei più deboli e dei più indifesi. Di fatto i cattolici hanno rinunciato alla loro identità. È necessario, quindi, per i cattolici uscire in fretta dalla logica della mediazione degli interessi, perché “di fronte alle grandi riforme, l’arte del compromesso peggiora le cose”. Chi governa, centrodestra o centrosinistra che sia, ha il preciso mandato, di fare le riforme. In quest’ottica i cattolici hanno il dovere morale di ribadire in proprio impegno affinché ciò avvenga nel rispetto dei propri valori. Più volte il Santo Padre ha esortato la Chiesa e i cattolici a tornare ad “essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica” che - ha sottolineato - “necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”. “Oggi - ha ribadito Benedetto XVI - c’è bisogno di politici “credenti” e “credibili”, dediti “non al proprio interesse egoistico, bensì al bene comune e pronte a diffondere in ogni ambito della società quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione”. Sarà opportuno, quindi, “investire di più su qualche persona lontana da giochi di interesse, dal denaro e dai vantaggi personali. La categoria dell’investimento dovrà essere la sua statura morale, la profondità umana e la chiarezza» Per cambiare il cuore della gente reso arido dai nuovi modelli che la società dei consumi offre, la volontà ormai non basta più ed è necessaria una “formazione adeguata perché c’è bisogno di presenze qualificate per rendere credibile la politica”. Serve in buona sostanza un vero e proprio nuovo orientamento culturale in grado di pianificare il futuro. Per fare ciò è necessario ripartire “dalla Dottrina sociale della Chiesa, uno strumento di conoscenza che dà ad ogni uomo la possibilità di cogliere il vero senso della vita: al saper fare va coniugato il saper indirizzare. I valori indirizzano le azioni che portano al risultato. Oggi invece si concentra l’attenzione sui risultati e qualsiasi azione è lecita pur di ottenerli. E così i valori iniziali non contano più nulla. Ma fare politica significa creare futuro e non solo creare consenso”. Claudio Taurino

“Far nascere una nuova generazione di cattolici impegnati in politica”, come ha auspicato di recente il card. Bagnasco, è “una delle aspettative maggiori che abbiamo per la Settimana Sociale”. Lo ha detto mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, rispondendo alle domande dei giornalisti. L’occasione: la presentazione della 46ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, in programma a Reggio Calabria fino al 17 ottobre, sul tema “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”. Quanto ai mezzi per realizzare questo obiettivo, mons. Miglio ha risposto: “Lo si vedrà dopo, è un obiettivo su cui intendiamo riflettere e lavorare”. Intanto, però, “ci sono state e ci sono, e alcune sono anche fiorenti”, le Scuole di formazione alla politica promosse dalle diocesi, e “anche l’associazionismo cattolico è sicuramente un modo di formazione, dove può maturare qualcosa intorno al bene comune”. Ad una domanda su quale sia per la Cei la forma di governo e il sistema elettorale più idoneo per il nostro Paese, il vescovo ha precisato che “non è compito né dei vescovi, né della Cei, né del Comitato dare risposte su quale sistema elettorale sia migliore: il nostro compito è invitare il mondo cattolico a riflettere, e i laici in particolare a prendersi le proprie responsabilità e a valutare anche i rischi”. Quanto al clima politico attuale, il vescovo ha detto: “Bisogna capire gli scenari di sviluppo, mi pare che l’insoddisfazione sia abbastanza generale”. I “numeri” della Settimana Sociale sono rilevanti: ci sono 1.200 partecipanti, tra i quali 300 giovani selezionati dalle diocesi (184) e dalle 177 associazioni presenti. Il mondo ecclesiale è rappresentato da 66 vescovi, 204 presbiteri, 29 tra religiosi e religiose, 9 diaconi. I giornalisti accreditati sono oltre 150. In vista della Settimana Sociale sono stati prodotti ben 28 documenti da parte di associazioni e organismi ecclesiali, sindacali e politici. Tali materiali sono consultabili sul sito www.settimanesociali.it, che è stato potenziato in vista dell’evento.

Supplenza e orientamento “Fornire supplenza e orientamento alla presenza cattolica”, senza so-

Due carovane di giovani

stituirsi a nessuno, ma alimentando le attività formative: così mons. Miglio ha sintetizzato gli obiettivi della Settimana Sociale, nei confronti della quale “c’è molta attesa”. “La cronaca di questi giorni - ha fatto notare il presule - conferma come la scelta della sede, fatta due anni fa, sia stata in qualche modo provvidenziale, perché ci permette di vivere l’evento in un punto dove le sofferenze del Paese, in particolare del Sud, si manifestano in modo acuto”. A Reggio Calabria, ha rivelato mons. Miglio, “c’è stata un’attenzione speciale delle istituzioni, che da subito hanno capito lo spirito e l’importanza dell’appuntamento”. Il 16 pomeriggio, ad esempio, ci sarà una relazione di Giuseppe Savagnone sul documento della Cei del febbraio scorso, “Chiesa italiana e Mezzogiorno”: “Un momento in cui ci raccorderemo al magistero del Papa, e a quanto ha detto a Palermo sulla criminalità organizzata”, ha assicurato mons. Miglio, che riguardo all’eventuale invio dell’esercito a Reggio Calabria ha ribadito: “Siamo certi di tutta la collaborazione e anche del risultato positivo, anche riguardo alle problematiche emerse in questi giorni. Per quanto riguarda il tipo di forma pubblica da utilizzare per garantire sicurezza, per noi non è una preoccupazione in più”.

“Quasi cento incontri preparatori in altrettante città, due anni di un intenso ‘cammino di ascolto’ per scoprire le tante ricchezze e speranze del Paese”: con queste parole Edoardo Patriarca, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, ha sintetizzato l’iter preparatorio. “Abbiamo potuto incontrare le tante realtà che animano la Chiesa e la società italiana - ha proseguito - e ancora una volta abbiamo constatato che esiste un enorme deposito di risorse e di energie sul quale vale la pena d’investire per poter tornare tutti insieme a crescere”. Un evento significativo sarà costituito “da due ‘carovane’ di giovani che muoveranno da Rosarno e da Locri, luoghi simbolo delle presenze malavitose in Calabria, per raggiungere il capoluogo nei giorni della Settimana Sociale. Sarà una marcia per la cittadinanza e la legalità di alto valore simbolico”, ha concluso.

Le tre scommesse “La politica non ha il monopolio del bene comune, ha un compito specifico”. A chiarirlo è stato Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore della Settimane Sociali. “L’incontro tra la Chiesa e la società avviene non solo ai vertici, ma nella quotidianità”, ha spiegato riferendosi a “quell’impasto caratteristico del cattolicesimo italiano, nelle sue radici vitali”, di cui l’importante appuntamento sarà uno specchio. “Declinare qui, oggi, per il nostro Paese, la nozione di bene comune”: questo, in sintesi, per il sociologo, lo scopo della prossima Settimana Sociale, la cui “impostazione” particolare “ha consentito il sereno reingresso della politica”, a partire dalla consapevolezza che “ci sono nel nostro Paese un congruo numero di soggetti capaci di battersi per il bene comune, e intenzionati a farlo; che con garbo ed educazione sanno parlare il linguaggio della franchezza; e che sanno usare lo zoom”. È su questi tre versanti, infatti, che si collocano le tre relative “scommesse” che la Settimana Sociale di Reggio Calabria “proverà a vincere”. Nicola Rocca


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ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

Pregare sempre senza stancarsi mai

Sono molti gli spunti di riflessione offerti dalla parabola narrata dal Signore nella liturgia domenicale odierna. Gesù, rivolgendosi ai discepoli, li invita a pregare sempre, senza stancarsi e, a tal proposito, narra l’episodio della “vedova importuna”. Il giudice della parabola viene definito iniquo, in quanto “non teme Dio e non ha rispetto per gli uomini”. Proprio questa espressione ci permette di svolgere la prima meditazione. L’uomo che non teme Dio, ossia l’uomo che non ama il suo Signore e non gli reca l’onore a Lui dovuto, finisce sempre per non aver nessun rispetto nemmeno per il suo prossimo. Purtroppo, molte volte gli uomini si sono ribellati a Dio e non ne hanno accolto i comandamenti, ritenendo di poter fare a meno di Dio nella costruzione di una civiltà della felicità e dell’amore, ma, quando l’uomo si allontana da Dio, smarrisce il senso dell’esistenza, perde la piena percezione dei valori morali e sprofonda nell’oceano della solitudine e della perversione. Questa triste realtà va applicata anche all’interno delle nostre famiglie e delle nostre relazioni sociali. Quante volte abbiamo cercato di costruire un buon clima familiare o una buona relazione di lavoro, dimenticandoci di Dio e dei suoi insegnamenti? Quanti genitori si dimenticano di porre al centro dell’itinerario educativo dei propri figli proprio l’esperienza di Dio e ritengono di poter fare a meno di Lui nel trasmettere i veri valori dell’esistenza alle nuove generazioni? Ecco, il Signore oggi ci ricorda chiaramente che chi non teme Dio non ha nessun rispetto per il suo prossimo. Al contrario, chi ama e rispetta i comandamenti di Dio, necessariamente amerà il suo prossimo. La seconda riflessione ci viene fornita dal cambio di atteggiamento che caratterizza il giudice iniquo, allorquando si scontra con le esigenze della povera vedova. Rientrato in se stesso, il giudice pensa che è opportuno emettere una giusta sentenza in favore della donna, altrimenti costei continuerà ad importunarla. In realtà, la traduzione esatta del testo evangelico presenta una allusione agli ultimi tempi, che è molto interessante: il giudice pensa, infatti, che sia logico esaudire le richieste della vedova, per evitare che “in novissimo veniens suggillet me”, cioè che:“venendo negli ultimi tempi mi molesti”. In effetti, sembra che con queste parole il Signore ci voglia ricordare non solo che negli ultimi tempi verrà il giudizio di Dio, ma che tale giudizio coinciderà con il giudizio che il prossimo ha avuto nei nostri confronti. Pertanto, il giudizio di Dio dipenderà dal bene che avremmo seminato nella nostra vita.

L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Domenica 17 ottobre 2010 Ore 11 - Conferisce le cresime nella parr. S. M. delle Grazie in Squinzano Ore 17.30 - Celebra la S. Messa nel Santuario di S. Oronzo fuori le Mura Lunedì 18 ottobre 2010 Mattina - Udienze Ore 17 - Partecipa alla Giornata dell’Alimentazione Ore 19 - Celebra a Campi la S. Messa in onore della Mad. della Mercede. Martedì 19 ottobre 2010 Udienze Ore 19 - Partecipa all’incontro con la Frates di Fulgenzio

Giovedì 21 ottobre 2010 Ore 18 - Celebra la S. Messa a CarmainoS. Antonio nell’Anniversario della Dedicazione della Chiesa Venerdì 22 ottobre 2010 Celebra la S. Messa in Cattedrale Sabato 23 ottobre 2010 Mattina - A Otranto al Convegno di preparazione al conv. regionale dei laici Ore 18.30 - Conferisce le Cresime nella parrocchia di S. Pio X

www.vocazionilecce.it: gli appuntamenti per i ragazzi All’indirizzo www.vocazionilecce.it è possibile accedere al sito del Centro Diocesano Vocazioni. Il sito offre la possibilità di conoscere la realtà della Pastorale Vocazionale della nostra Diocesi e di rimanere in contatto. Oltre ad avere una funzione informativa con la possibilità di essere aggiornati sulle iniziative, il sito offre materiale e spunti per il proprio servizio nella comunità parrocchiale. Alcune date significative da poter proporre ai nostri ragazzi sono: Per i ragazzi di quinta elementare, prima, seconda e terza media che desiderano

vivere una esperienza bella di amicizia con Dio: week end vocazionali “Incontr@ Samuel”: 20 e 21 novembre; 22 e 23 gennaio; 12 e 13 febbraio; 30 aprile e 1° maggio. Per i ragazzi di scuola superiore è stato pensato un itinerario di preghiera per introdurre alla vita interiore: date: 26 novembre: Essere se stessi; 28 gennaio: Preghiera; 25 febbraio: Nutrirsi; 29 aprile: Sequela. Per i giovani dai 18 anni in su, inseriti nell’ambito del percorso pensato con la Pastorale Giovanile, gli Oreb sono stati fissati nelle seguenti date: 9 novembre; 11 gennaio; 12 aprile.

PASTORALE VOCAZIONALE

La Metropolia di Lecce a 30 anni dalla nascita

Chiese di Puglia e non più appartenente alla Regione beneventana con il decreto del 12 settembre ’76, di cui nel giugno del 2009 ci occupammo per la traslazione alla Chiesa di Lecce del nostro eccellentissimo Presule. Tornando alle vicende di casa nostra ricorderemo solo alcune date. Il 5 gennaio ’77, data della lettera del Cardinale Sebastiano Baggio, prefetto dei Vescovi, all’Eminentissimo Antonio Poma, Presidente della Cei, ma riguardante solo le Diocesi di Puglia; 10-11 gennaio ’78, quando ci fu una discussione sul merito della citata lettera innovativa, nella conferenza della Cep, tenuta al Regionale pugliese. 27-29 novembre ’78 data della definitiva convocazione dello stesso nostro Episcopato a Montecassino, sotto la presidenza del citato Cardinale Baggio. Della prima adunanza diciamo solo che i pareri furono diversi. Il più gettonato (due terzi dei votanti)

Mercoledì 20 ottobre 2010 Mattina - Udienze Ore 19 - Celebra il trigesimo della morte di don Pietro Cocciolo

IL CALENDARIO ANNUALE

PASSI NELLA STORIA

Dopo aver scritto di recente su queste pagine intorno al mezzo secolo di “immediata soggezione” della Chiesa di Lecce alla Santa Sede, con il contestuale sganciamento dalla Metropolia di Otranto (25 agosto 1960), mi sembra opportuno commemorare su queste stesse colonne il trentennale dall’istituzione della nostra Metropolia. Ma in questa prima puntata mi fermo a ricordare quanto ricercato sul primo punto nel fondo “Minerva” del nostro archivio storico, naturalmente sorvolando su Presuli e votazioni in seno alla Conferenza Episcopale Pugliese, considerata la distanza di tempo relativamente breve che coinvolge persone ancora viventi. Tra i documenti relativi al triennio 77-80 c’è una cartella etichettata di proprio pugno da mons. Francesco Minerva, di venerata memoria, che così dice: “Revisione Province Ecclesiastiche e Diocesi Regione Pastorale Puglia”. Quanto riguarda le singole Diocesi (soppressione, congiunzione e sdoppiamento) non costituisce oggetto della nostra ricerca. Anche perché proposte e votazioni a riguardo continuarono oltre il 20 ottobre 1980, data della istituzione della nostra Metropolia. E tutto durò fino al 30 settembre ’86, quando fu promulgato il decreto generale della Congregazione dei Vescovi che ridusse le Diocesi italiane di oltre cento unità, facendo scendere la Regione pugliese a sole 19 diocesi, con la soppressione delle Sedi episcopali di Gallipoli, Gravina, Monopoli, Ruvo, Bitonto e Troia: queste furono unite pleno iure ad altre Sedi, estinguendo così tutte le precedenti unioni in Persona Episcopi. Nemmeno ricorderemo le vicende della Metropolia di Foggia, sorta il 30 aprile ’79, già venuta a far parte delle

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rifletteva lo stato attuale delle cose; l’altro terzo si divise in varie ipotesi: 3 metropolie, Trani, Foggia e Lecce; 5 metropolie, quante le province civili; 4 metropolie, Trani, Foggia, Taranto/ Brindisi e Lecce. Tutti i votanti furono concordi nel conservare la dignità arcivescovile alle Sedi già metropolitane in estinzione. Il nostro Presule, a seguito di questa adunanza, fece pervenire alla Santa Sede una memoria storica sulla Città di Lecce, redatta per la parte ecclesiastica dal defunto mons. Raffaele De Simone e per quella civile dallo scrivente fratello, che evidenziava rilevanza culturale, giuridica e amministrativa del capoluogo salentino. A conclusione di quanto scritto, ricordiamo che la Conferenza di Montecassino (espressamente voluta dal Santo Padre) fu come una causa d’appello la cui sentenza non apportò modifica alcuna. Oronzo De Simone

Un incontro per i catechisti Lo scorso 27 settembre nell’Aula Mincuzzi del Seminario di Lecce, il Centro Diocesano Vocazioni ha proposto un appuntamento dedicato a tutti i catechisti ed educatori delle comunità parrocchiali della nostra diocesi dal tema: “Curare la crescita globale dei preadolescenti nel cammino di fede”. In questo nuovo anno, ma anche nei prossimi, l’attenzione di tutta l’attività pastorale diocesana, in piena sintonia con la Chiesa italiana, verrà rivolta all’emergenza/urgenza educativa delle giovani generazioni. Anche il XVIII Convegno Diocesano che abbiamo appena vissuto, infatti, era incentrato proprio su questa tematica. Essenziale sarà trovare nuovi spunti e nuovi itinerari per una proposta formativa a sfondo vocazionale e coinvolgente per i nostri ragazzi. L’incontro è stato opportunamente introdotto dal nuovo Rettore del Seminario don Stefano Spedicato e poi portato avanti con vitalità ed entusiasmo da don Tony Bergamo, Animatore Vocazionale della Diocesi, nonché educatore del Seminario. Due sono stati i momenti che hanno caratterizzato questo appuntamento: uno formativo e l’altro informativo. Nel primo è stato subito evidenziato come tutta la pastorale, ed in particolare quella giovanile, sia per natura orientata al discernimento vocazionale. Prendersi cura dei preadolescenti e dei giovani in genere, è un impegno e un’occasione per tutta la comunità cristiana e la sua attività pastorale: nell’annunciare, celebrare e testimoniare il Signore Risorto, essa ha la possibilità di rendersi attenta ai segni vocazionali, quali ad esempio la partecipazione interiore alla preghiera, la fedeltà alla vita liturgica…, e con premura coltivarli. L’adulto che ha a cuo-

re la crescita delle persone a lui affidate è consapevole che il vero amore educativo si manifesta nella capacità di aiutarle sempre di più a realizzarsi per percorrere la propria strada in autonomia e fiducia e che la realizzazione piena si ha solo quando si scopre e si aderisce al progetto che Dio ha per ciascuno di noi. E questo è possibile se ogni formatore si lascia guidare e plasmare dalla persona stessa di Gesù e dal suo Vangelo: guardando a Lui, ogni educatore trova tutto ciò che lo può sostenere e aiutare nel proprio compito. Il ragazzo preadolescente non è assolutamente un “problema” da controllare, ma piuttosto un’”occasione” da cogliere. La maturazione fisica, intellettuale, psichica, affettiva e relazionale del ragazzo, sicuramente mette a soqquadro equilibri familiari o di gruppo, ma offre anche numerose occasioni per far emergere e maturare la ricerca del vero sé e il profondo bisogno di essere qualcuno in modo originale, unico e irripetibile, tutte occasioni formative che interpellano la prontezza educativa dell’adulto. Esperienze di gruppo e rapporto personale, allora, sono occasioni che l’educatore è chiamato a valorizzare con creatività e progettualità, investendo energie e risorse per seminare, accompagnare ed educare alla fede e all’ascolto del Dio che chiama. Il secondo momento dell’incontro è stato caratterizzato, invece, dalla presentazione delle nuove proposte formative per preadolescenti, adolescenti e cresimandi del Centro Diocesano Vocazioni e di alcuni sussidi per la catechesi suggeriti e consigliati dal Centro Nazionale Vocazioni, utili per la formazione personale e il servizio che si svolge nelle parrocchie. Katia Arnesano Marina Romano


L’Ora del Salento

Lecce, 16 ottobre 2010

catholica

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CHIESA DI LECCE

Il volume di don Salvatore Cipressa

Le attività di ottobre

Bioetica per amare la vita

Sabato 16 Ottobre

Sabato 23 Ottobre

Sabato 30 Ottobre

Incontro vicariale dei ministranti Vicarie Monteroni e Lecce Seminario Arcivescovile, ore 16.30 / 19.00 Veglia Missionaria - Lecce, Chiesa Teatini, ore 20.00

Incontro vicariale dei ministranti Vicaria di Vernole Seminario Arcivescovile, ore 16.30 19.00

Incontro vicariale dei ministranti Vicaria di Squinzano Seminario Arcivescovile, ore 16.30 19.00

Domenica 24 Ottobre

Domenica 31 Ottobre

Domenica 17 Ottobre Giornata Missionaria Mondiale Commemorazione del Martirio di S. Oronzo

Possesso canonico di don Antonio Bruno a Parroco della Cattedrale, ore 18.00

L’uomo è un campo di battaglia ove entrano in gioco forze biofile e necrofile: egli vive una tensione fondamentale tra bene e male, tra vita e morte. Ciò che conta è da quale di questi due orientamenti si lascia dominare e guidare. La bioetica si concepisce come un progetto di speranza per l’uomo, come amore per la vita e come una possibilità di realizzare una umanità migliore. Ma per attuare tale progettualità ha bisogno di conservare chiara la sua identità, di essere essa stessa umanizzata, di amare la vita per saper riconoscere il bene e non cedere a ideologie o interessi di parte. E il concetto di “vita” nella visione biblico-teologica è molto ampio, declinato in vita biologica-fisicacorporale, vita spirituale o personale, vita divina ed eterna. Filo conduttore e tema ricorrente del volume è l’amore per la vita, che costituisce l’aspetto fondamentale della natura umana e conduce l’uomo verso il bene e la piena realizzazione. Nella convinzione che tale amore per la vita vada espresso sempre, in ogni genere di circostanza e soprattutto nelle situazioni-limite caratterizzate da precarietà e sofferenza. Salvatore Cipressa, Bioetica per amare la vita, Edizioni Dehoniane, pag. 184, euro 16,80

Incontro con i ragazzi che si preparano a ricevere la Cresima Seminario Arcivescovile, ore 15.30

OTTOBRE MISSIONARIO QUEL PANE CHE È DI TUTTI

Riscoprire l’attualità della missione ‘ad gentes’ ”Spezzare pane per tutti i popoli”. È il tema scelto in Italia per celebrare l’84ª Giornata missionaria mondiale, in programma il 24 ottobre. “La Chiesa diventa comunione a partire dall’Eucaristia, in cui Cristo, presente nel pane e nel vino, con il suo sacrificio d’amore edifica la Chiesa come suo corpo”, scrive Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata, che la Cei definisce “una preziosa occasione per comprendere gli atteggiamenti concreti richiesti dalla vocazione cristiana: vivere la condivisione, pensare alla mondialità, annunciare la Buona Novella”. Come ogni anno, le Pontificie Opere Missionarie hanno preparato una serie di sussidi in preparazione all’”ottobre missionario” (il mese tradizionalmente dedicato dalla Chiesa alle missioni) che sono a disposizione dei Centri e Uffici missionari di ogni diocesi, oltre che “cliccabili” sul sito della Fondazione Missio (www.operemissionarie.it). Cinque le settimane di preparazione alla Giorna-

SALENTO MARIANO

ta - a partire da lunedì prossimo - articolate in altrettante rispettive tappe: contemplazione (27 settembre-3 ottobre); vocazione (4-10 ottobre); responsabilità (11-17 ottobre); carità (18-24 ottobre); ringraziamento (25-31 ottobre). Ogni settimana, oltre alla messa, una celebrazione particolare: l’adorazione eucaristica (prima settimana); il rosario (seconda settimana), la Via Crucis (terza settimana), la veglia missionaria (quarta settimana), i vespri (quinta settimana). Due le iniziative particolari, rivolte ai ragazzi e ai giovani.

Un umanesimo nuovo “L’obbedienza nasce dall’ascolto, mantenuto vivo dalla preghiera e dalla contemplazione della Parola di Dio, che aiutano a rileggere gli eventi della vita alla luce della fede”. È quanto si legge nei sussidi sull’ottobre missionario a proposito della prima tappa, quella dedicata alla contemplazione, “perché la frenesia delle nostre attività non ci impedisca di contemplare la

di Valerio Terragno

Parola”. Il punto di partenza è la constatazione che “una fede adulta, capace di affidarsi totalmente a Dio con atteggiamento filiale, nutrita dalla preghiera, dalla meditazione della Parola di Dio e dallo studio delle verità della fede, è condizione per poter promuovere un umanesimo nuovo, fondato sul Vangelo”.

Missione come vocazione Il mandato missionario, che hanno ricevuto tutti i battezzati e l’intera Chiesa, “non può realizzarsi in maniera credibile senza una profonda conversione personale, comunitaria e pastorale”, perché la chiamata ad annunciare il Vangelo “stimola non solo ogni singolo fedele, ma tutte le comunità diocesane e parrocchiali ad un rinnovamento integrale”. In questa prospettiva, per le Pom, “la missione nasce dal coinvolgimento dei nostri cuori, attraverso l’Eucaristia, con quello di Cristo. Chi si nutre del Pane del Cielo, condivide il donarsi di Dio-Amore al-

l’umanità: un intreccio che fonda il senso dell’evangelizzazione, un’urgenza che viene dal cuore di Dio e dà forma alla carità dell’uomo”.

Segni di speranza “In una società multietnica che sempre più sperimenta forme di solitudine e di indifferenza preoccupanti, i cristiani devono imparare ad offrire segni di speranza e a divenire fratelli universali, coltivando i grandi ideali che trasformano la storia e, senza false illusioni o inutili paure, impegnarsi a rendere il pianeta la casa di tutti i popoli”. È in questi termini che, nel sussidio, si parla di “responsabilità” in chiave missionaria.

I testimoni Nel sussidio per la celebrazione del rosario, vengono citati alcuni testimoni, “simboli” dei cinque misteri della vita di Gesù, legati ai temi delle cinque settimane dell’ottobre missionario. La tragica morte di frère Roger

scuola e comunicazione sociale

Schutz, fondatore della comunità ecumenica di Taizé, viene ad esempio equiparata ad “una sorta di martirio”, e letta come un invito all’Europa ad assumere uno sguardo “innocente”, che a frère Roger “derivava dal suo essere uomo di contemplazione”. Padre Mario Borzaga (1932-1960) per soli tre anni è stato missionario in Laos, dove è rimasto ucciso insieme al giovane catechista Shiong. “Un breve tempo, in terra di estremo Oriente, assai fecondo, accanto alle popolazioni bisognose di conforto”, e che può essere di stimolo per la missione in Asia. L’Oceania è invece la terra di missione di padre Damiano de Veuster (1840-1889), giovane missionario belga che ha donato la sua vita per i poveri e i malati di lebbra nelle isole Hawaii. Ammirato anche da Gandhi, è stato canonizzato di recente da papa Benedetto XVI. “Non fuggirò e non abbandonerò la lotta per questi contadini”. Luigi Buccarello di Adolfo Putignano

S. Maria della Purità a Nardò Sfide comunicative: entra in scena il dolore Nel cuore del centro storico di Nardò, si trova la chiesa di Santa Maria della Purità, una delle massime spressioni del rococò salentino. Il grandioso tempio, dall’inconfondibile ed originale prospetto, fu progettato, tra il 1710 ed il 1720, dal napoletano Ferdinando Sanfelice, per volontà di suo fratello Antonio, vescovo di Nardò. Vissuto a cavallo dei secoli XVII e XVIII, Ferdinando Sanfelice fu un valente architetto e pittore, il quale realizzò scenografici palazzi e scalinate aperte, come quella detta “del Paradiso”, situata all’interno della Certosa di Padula, nella Campania meridionale. La facciata si presenta dalle superfici concave e convesse, venendo suddivisa da una serie di paraste con capitelli compositi. Al centro, si trova il portale, sulla cui trabeazione scolpita, è collocata una lapide, nella quale si ricorda l’erezione della medesima chiesa, da parte del vescovo mecenate Antonio Sanfelice. A lui, si deve sia la costruzione ed il restauro di alcune chiese neretine sia l’istituzione di importanti opere caritative come il Monte di Pietà. Più in alto, si apre il finestrone centrale, affiancato da volute “ad orecchio”, terminanti con teste di cherubino. Nelle due zone laterali, dalle forme equilbrate ed eleganti, compaiono due finestre mistilinee che si concludono con due frontoncini triangolari. Il prospetto termina con lo stemma lapideo della Famiglia dei Sanfelice, racchiuso nella cimasa centrale. L’interno è a pianta a croce greca, con volta centrale a crociera; le cappelle

laterali, dalle volticelle a botte, sono arricchite da stucchi e conchiglie settecenteschi, di gusto rococò. Sull’altare maggiore, in marmi policromi, campeggia la tela ad olio raffigurante la Madonna tra Santi, opera anch’essa attribuita a Ferdinando Sanfelice. Maestosa e dai tratti delicati, la Vergine, avvolta in un manto azzurro, sostiene, in grembo, il Bambin Gesù denudato; più in basso, ai lati, si notano le figure di San Francesco di Sales, di San Francesco d’Assisi inginocchiato e di San Filippo Neri. Gli altari laterali contengono mirabili tele settecentesche come quelle raffiguranti San Nicola, San Gennaro ed il Padre Eterno. Sul lato destro, si incontra la cappella con tela di San Nicola di Bari, il santo maggiormente venerato sia dai cattolici che dagli ortodossi. San Nicola, dalle caratteristiche insegne vescovili come il pallio dalle croci nere, è affiancato da Sant’Antonio da Padova con il giglio, un santo anonimo e Santa Teresa d’Avila, Patrona della Spagna e fodatrice dell’ordine delle Carmelitane. Sul lato sinistro, invece, si affaccia la graziosa cappella di San Gennaro contenente la tela con la raffigurazione del martirio del Santo Vescovo di Pozzuoli, Patrono di Napoli, capitale del regno del quale Nardò faceva parte, al tempo della costruzione della chiesa della Purità. Il santo, dalle mani legate, è rappresentato nel momento della decapitazione; tra una moltitudine di guerrieri e carnefici, un giovane uomo accigliato è dipinto nell’atto di recidergli il capo, con un vibrante colpo di spada.

Certamente l’orrore e il macabro fanno audience, per cui si può parlare di pornografia del dolore all’interno del moderno circo mediatico, che non si accontenta di comunicare una notizia, in quanto poi si crogiola nell’imbastire serie di trasmissioni di “approfondimento”, dallo stile chiaramente ammiccante nei confronti dell’utente. I mass media tendono non di rado alla drammatizzazione dei fatti e rischiano, o a volte cercano, di diventare strumenti sociali per assorbire emozioni, amplificate o attutite, e di eccitare o narcotizzare l’opinione pubblica. Così, essi, introducono in scena personaggi e spettacolarizzano eventi, immettendovi gli ingredienti tipici di una rappresentazione che sia, per quanto più possibile, avvincente, intrigata, imponente, strepitosa, ricca di colpi di scena. Lo spettacolo prende il sopravvento sui fatti concreti e a volte sugli stessi protagonisti, che magari interfacciano il loro vissuto con la rappresentazione massmediale compiuta per mezzo dei social network e dei blog, i talk show televisivi, i paginoni e i dossier della stampa, gli “speciali” radiofonici. Si potrebbe addirittura parlare di voyeurismo, ricerca spasmodica dello scoop, di filone mediatico dell’orrore più che di cronaca nera. E poi, che rapporto c’è tra “trasmissione di servizio” e criteri di valutazione deontologica di un conduttore? Quanto spazio assegnare ad un resoconto di “nera” e come presentare le notizie di azioni criminali?

Si può parlare, a volte, di violenza giornalistica riguardo al rispetto di ogni persona e di un grande agone che mira, in ogni modo, a prevalere nei dati dell’audience e a superare la concorrenza editoriale? E quanta responsabilità hanno, d’altra parte, gli utenti, che, pur rimanendo sgomenti e nello stesso tempo attratti o proprio coinvolti emotivamente dall’evolversi delle informazioni, di fatto “domandano” di superare ulteriormente i precedenti limiti nello scavare nella vita degli altri e nel mostrare la sofferenza? “La ripresa di un evento, lieto o triste, - ha affermato proprio la scorsa settimana Benedetto XVI, parlando ai partecipanti al Congresso della stampa cattolica - può essere consumata come spettacolo e non come occasione di riflessione. La ricerca delle vie per un’autentica promozione dell’uomo passa allora in secondo piano, perché l’evento viene presentato principalmente per suscitare emozioni. Questi aspetti suonano come campanello d’allarme: invitano a considerare il pericolo che il virtuale allontani dalla realtà e non stimoli alla ricerca del vero, della verità”. Quanta tristezza nel constatare certe scelte giornalistiche compiute a motivo dell’evidente crisi dei sentimenti di pietà umana… E a causa dell’aumento di share di utenti, letteralmente afflitti per i fatti criminosi conosciuti, ma nel profondo piuttosto compiaciuti di non essere personalmente coinvolti nella sofferenza...

Certo, è difficile per un giornalista riuscire a coniugare positivamente le esigenze del pubblico di conoscere fatti socialmente importanti con la verità appresa e con la cosiddetta “continenza formale”, nell’esporre eventi facendo in modo che il rispetto di ogni persona sia sempre osservato: basterebbe ricordare il continuo dibattito sul diritto di cronaca. Ogni laboratorio massmediale non deve solo obbedire alle leggi dell’economia, e quindi al rapporto domanda e offerta, o ad un mero sostegno dell’informazione per se stessa: fornire notizie vuol dire generare cultura che orienti verso il futuro. In questo senso, c’è spazio per una lettura dell’attività umana, che, nel superamento delle esclusive esigenze economiche e materiali e nell’impegno “performativo”, prospetti nuovi rapporti interpersonali e costituisca un autentico sostegno a relazioni improntate ai valori civici, al dialogo con tutti nella verità e nella carità, …alla speranza cristiana. E, pertanto, attraverso la verità integrale dell’uomo, al riferimento a Dio, quale sostegno del pieno valore di ogni individuo e sorgente di giustizia e di pace. L’attività giornalistica, con le diverse opinioni, le critiche e la difesa del lettore e dei diritti dell’opinione pubblica, è essenziale. A condizione che, in spirito di autentico servizio, sappia meritarsi fiducia e credibilità. Adolfo Putignano


L’Ora del Salento

Lecce, 16 ottobre 2010

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Estratto contributivo online anche per i CoCoCo

Grazie ai servizi telematici dell’Inps, in totale oggi 25 milioni di lavoratori italiani possono consultare la loro posizione contributiva. Nei soli ultimi tre mesi, 3,5 milioni hanno visualizzato il proprio conto. I Pin - le password di accesso protetto ai propri dati personali previdenziali - distribuiti dall’Istituto, sono ormai oltre quota 5 milioni. Partono inoltre in questi giorni, dai vari uffici Inps sul territorio, oltre tre milioni di lettere indirizzate ad altrettanti lavoratori iscritti alla Gestione separata, per lo più collaboratori a progetto. A tutti viene offerta la possibilità di consultare online (sul sito istituzionale dell’Inps, www.inps.it) il proprio estratto conto previdenziale, per prenderne consapevolezza e per verificarne la correttezza. Sempre online ma anche tramite numero verde telefonico 803.164 e tramite gli sportelli degli uffici sul territorio - ciascun interessato può segnalare eventuali incongruenze o errori. “Con questa iniziativa si completa la prima fase dell’operazione ‘trasparenza’ avviata per promuovere la cultura e la consapevolezza previdenziale - commenta il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua - con questi nuovi tre milioni di invii saranno complessivamente raggiunti oltre 25 milioni di italiani, lavoratori attivi, cui abbiamo dato la possibilità di prendere visione della loro situazione contributiva previdenziale, fornendo nel contempo la possibilità di interagire telematicamente con l’Istituto. È un passo importante per introdurre l’abitudine di controllare il proprio conto pre-

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

videnziale, così come si controlla periodicamente il proprio estratto conto bancario”. Come nelle precedenti spedizioni, anche in questo lotto di oltre tre milioni di lettere indirizzate agli iscritti alla Gestione separata, viene fornita la prima parte del Pin che consente l’accesso individuale e personalizzato alla banca dati online. La seconda parte del codice può essere generata telematicamente, seguendo le istruzioni sul sito, oppure richiesta al numero verde (803.164), gratuito e che è possibile chiamare senza prefisso da tutta Italia. In alternativa al Pin, coloro che sono in possesso di Cns (Carta Nazionale dei Servizi) hanno la stessa possibilità di consultazione. Tra luglio e settembre sono stati attivati su tutto il territorio nazionale 1,2 milioni di nuovi Pin (che ormai sono più di cinque milioni). Sono stati visualizzati 3,5 milioni di estratti conto e oltre 2 milioni di Cud previdenziali. La Gestione Separata è un fondo che nasce con la legge 335/95 di riforma del sistema pensionistico, anche nota come riforma Dini. Scopo della riforma era, fra gli altri, quello di assicurare la tutela previdenziale a categorie di lavoratori fino ad allora escluse, come i liberi professionisti per i quali non era prevista una specifica cassa previdenziale e la quasi totalità delle forme di collaborazione coordinata e continuativa (i cosiddetti CoCoCo), che fino ad allora non avevano beneficiato di alcuna disciplina specifica, né giuridica né previdenziale.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Limiti del ditirro ad insegnare per più di 18 ore Come il re Laio era solito recarsi a Delfi, per chiedere alla Pizia quali rimedi i Tebani avrebbero potuto adottare contro le cattiverie che la vendicativa Giunone soleva infliggere alla loro città, allo stesso modo 25 supplenti sono abituati a rivolgersi al Preside del Liceo Classico paritario Giovanni Paolo II, sperando che la sua esperienza di provveditore agli studi possa risolvere gli enigmi, contenuti nel regolamento sulle supplenze, alcuni dei quali non sembrano meno difficili di quelli che la Sfinge proponeva ai pazienti cittadini di Tebe. Con le ultime domande, gli insegnanti hanno chiesto di sapere se il supplente debba limitarsi ad insegnare per non più di 18 ore settimanali, oppure se egli abbia il diritto di averne 24, di ore per settimana. La prima tesi è sostenuta da Segretari si scuole secondarie, i quali citano l’articolo 4 del Regolamento sulle supplenze, che è del 13 giugno 2007. Questa norma concede al supplente, che sia stato nominato su d’un posto inferiore a 18 ore settimanali, il diritto di accettare ulteriori supplenze, nel limite di 18 ore settimanali. Invece, coloro che sostengono la tesi opposta invocano non un regolamento, ma una legge. Si affidano, in particolare, all’art. 22 della legge finanziaria del 2002, il cui comma 4 dà agli insegnanti che siano già in servizio effettivo in una scuola, il diritto di farsi assegnare dal loro dirigente scolastico un numero di ore tale, che possa elevare il loro complessivo orario di servizio settimanale sino a 24 ore. è un diritto, questo appena citato, che può essere invocato dal supplente soltanto quando, nella sua scuola di servizio, siano rimaste disponibili non più di 6 ore settimanali d’una determinata materia. In particolare, un insegnante di astronomia, in servizio in un istituto paritario per 10 ore settimanali, ha chiesto se poteva avvalersi dell’art. 4 della legge appena citata, per accettare una supplenza di 10 ore di quella materia, disponibili in una scuola statale. Soltanto così l’insegnante avrebbe potuto conseguire uno stipendio che gli avrebbe assicurato un’esistenza libera e dignitosa, come vuole l’art. 36 della Costituzione. Sapeva bene, il docente, che il Regolamento sulle supplenze consente che il completamento di orario avvenga anche cumulando ore di insegnamento di scuole statali con ore disponibili in scuole paritarie, e sapeva pure che tale completamento non può far superare il consueto limite delle 18 ore settimanali. Ma c’è qualcosa che il supplente sembra che sapesse, e cioè, che il limite delle 18 ore settimanali è stato introdotto soltanto per le supplenze che si assegnano sulla base delle graduatorie provinciali; lo si deduce placidamente dal fatto che l’articolo che fissa questo limite, il 4°, precede gli articoli - dal 5° in poi - con i quali il Regolamento disciplina le supplenze conferite sulla base delle graduatorie di istituto. L’art. 7 del Regolamento, in verità, fa salva la possibilità per i docenti in servizio di prestare ore eccedenti all’orario d’obbligo fino ad un massimo di 24 ore settimanali, per la sostituzione dei docenti temporaneamente assenti. Orbene, se non vi può esser dubbio che il supplente già in servizio per 18 ore settimanali, può accettare 6 ore oltre le 18, non potrà non essere legittimo che il supplente, che sia in servizio per 10 ore in una determinata scuola - statale o paritaria che sia - non possa aver diritto a vedersi assegnata da una seconda scuola una supplenza temporanea per ulteriori 10 ore di servizio. Se così non fosse, si violerebbe lo spirito del citato art. 36 della Costituzione.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Per allungare la vita: Haiti situazione umanitaria Riciclaggio e segnalazione acqua potabile e aminoacidi sempre più difficile operazione sospetta Il cocktail che allunga la vita? Acqua potabile ‘arricchita’ con un mix di tre aminoacidi. A scoprire la ricetta dell’aspirante Matusalemme è stato un gruppo di scienziati italiani, che firma uno studio su ‘Cell Metabolism’. Il team di ricercatori provenienti da atenei e strutture sanitarie lombardi - università degli Studi di Milano, università di Pavia, università di Brescia e Istituto auxologico di Milano - ha dimostrato, per la prima volta al mondo sui mammiferi, l’effetto ‘allungavita’ di una miscela di amminoacidi a catena ramificata aggiunta alla normale alimentazione. Secondo gli studiosi, coordinati da Enzo Nisoli dell’università Statale di Milano, la ricetta stimola la produzione di energia e la difesa contro i radicali liberi. A testarla sono stati i topi, ai quali gli scienziati hanno fatto bere il cocktail a base di acqua potabile ‘potenziata’. Risultato: si mantengono in buona salute e la loro vita si allunga. Gli ingredienti chiave di questo composto sono tre dei 20 aminoacidi che normalmente costituiscono le proteine: leucina, isoleucina e valina. “È la prima volta che si dimostra che una miscela di aminoacidi può aumentare la sopravvivenza nei mammiferi”, conferma Nisoli. Prima dei topi, l’unico a sperimentare le qualità dell’elisir di lunga vita era stato il lievito unicellulare, protagoni-

sta di studi precedenti che avevano già dimostrato come i tre aminoacidi fossero in grado di prolungarne la vita. Gli italiani hanno ora testato la ricetta su organismi complessi che condividono molti aspetti genetici, molecolari e cellulari con l’uomo. Durante lo studio, alcuni topi maschi di mezza età sono stati dissetati con il cocktail fino alla fine dei loro giorni e hanno vissuto più a lungo del gruppo di topi di controllo, a cui non era stata aggiunta la miscela di aminoacidi nell’acqua. Lo scarto fra i due gruppi è stato di 95 giorni: i topi nutriti a base di aminoacidi hanno vissuto 869 giorni, contro i 774 dei ‘colleghi’, godendo di un allungamento della vita del 12%.Indagando sulle ragioni di questo risultato, i ricercatori hanno evidenziato che “la dieta arricchita con questa miscela di aminoacidi, favorendo la produzione della proteina ‘eNOS’ e di conseguenza la sintesi di ossido nitrico, produce un aumento di mitocondri (le centrali energetiche della cellula) nei muscoli dello scheletro e nel muscolo cardiaco”. Un fenomeno già dimostrato in loro precedenti studi pubblicati nel 2003 e nel 2005 su ‘Science’. Non solo: nei topi degustatori del cocktail i ricercatori hanno rilevato una maggiore attività del ‘Sirt1’, noto come gene della longevità, e dei geni del sistema di difesa che combatte i radicali liberi.

“Nove mesi dopo il devastante terremoto che ha colpito Haiti permane difficile la situazione umanitaria. Due milioni di haitiani vivono ancora nei campi profughi e soltanto il 15 per cento della popolazione in età scolare riceve qualche tipo di formazione. Numerosi cadaveri, inoltre, sono ancora sepolti sotto le macerie”: è la denuncia della direttrice del servizio dei gesuiti per i rifugiati e i migranti della Repubblica Dominicana (Jesuit Refugee Service - Jrs), Sonia Adames. La tragedia che ha colpito la popolazione dell’isola caraibica non sembra più riscuotere l’attenzione dei media. Haiti non appare più come “protagonista” nelle cronache, ma gli effetti del terremoto sulla vita delle persone perdurano. Una tragedia come il terremoto ha colpito tutto il mondo: tanti morti in un attimo attirano tutti verso l’informazione. Ma i media non hanno più raccontato come la gente muore lentamente per le sue condizioni di vita. Ad Haiti c’è ancora bisogno di tutto, a partire dagli aiuti economici: i cittadini, evidenzia la direttrice del Jrs, “si domandano dove sono gli aiuti multimiliardari” e spiega che nei campi dove sono accolti gli sfollati, gli aiuti già ricevuti “non riescono certo a coprire l’entità della tragedia”. La situazione umanitaria rischia poi di aggravarsi ulteriormente per le condizioni climatiche. Nel Paese, infatti, la temperatura attualmente supera abbondantemente i trenta gradi ed è iniziata anche la stagione degli uragani. I raccolti nei campi agricoli sono compromessi e la terra, unico sostentamento per migliaia di famiglie, è diventata una risorsa inutilizzabile. A tutt’oggi manca un vero piano per far tornare il Paese alla normalità: “Dopo tanti mesi avrebbe già dovuto esserci un movimento di ricostruzione”. I media non vedono quello che c’è dentro le tende che accolgono gli sfollati e quello che sta diventando sempre più orribile in tutte le sue dimensioni: dalla fame, alle condizioni igieniche e sanitarie. Le condizioni di insalubrità nei campi di soccorso sono acutizzate dall’alta concentrazione degli sfollati: in alcune zone, per esempio, le tendopoli accolgono fino a 6.000 persone. C’è poi un’ulteriore problema: i proprietari dei terreni sui quali sono state installate le tendopoli che ospitano le famiglie senza più un’abitazione reclamano i loro diritti e, per tale motivo, occorre un piano per spostare gli sfollati. La situazione degli sfollati era stata evidenziata anche dal Nunzio apostolico ad Haiti, l’arcivescovo Bernardito C. Auza: “La situazione umanitaria è sempre quella di emergenza. Più di un milione di sfollati per il terremoto vivono ancora in campi di fortuna”. Il Nunzio si era soffermato anche sulla fase di ricostruzione: “La ricostruzione propriamente detta non è ancora cominciata. La Chiesa, da parte sua, ha tantissimi progetti, ma le costruzioni non sono ancora cominciate”. E ha concluso: “Speriamo che in occasione del primo anniversario del terremoto potremo lanciare i primi progetti, come quello del seminario maggiore nazionale. Per ora, i seminaristi sono ospitati in grandi tende. L’auspicio è che entro tre anni possiamo inaugurare un nuovo seminario insieme alle tante case per la gente da realizzare subito”.

L’Unità di informazione finanziaria (Uif) ricevute le segnalazioni procede alla loro analisi per appurarne la fondatezza, conseguendone, a seconda dei casi, l’archiviazione ovvero un ulteriore sviluppo delle medesime. A tal fine la Uif: 1) utilizza i risultati delle analisi e degli studi compiuti dalla Uif stessa nell’esercizio dei compiti riconosciuti dall’art. 6 del d.lgs. 231/2007e che possono riguardare settori differenziati (ipotesi di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo, specifici settori dell’economia ritenuti a rischio, categorie di strumenti di pagamento, specifiche realtà economiche territoriali); 2) può valersi dei risultati di ispezioni precedenti ovvero degli approfondimenti delle segnalazioni ricevute in passato; 3) si serve delle informazioni dell’Archivio unico informatico e dell’Anagrafe tributaria, oltre che di quelle comunicate dalle autorità inquirenti, dalle autorità di vigilanza di settore, dagli ordini professionali e dalle Uif estere. Qualora la Uif ritenga opportuno che si debbano effettuare approfondimenti investigativi, trasmette senza indugio le segnalazioni al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e alla Dia, che ne informano il Procuratore nazionale antimafia, qualora siano attinenti alla criminalità organizzata. L’approfondimento investigativo può articolarsi su differenti metodologie a seconda del tipo di illecito. In particolare il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, dopo aver esaminato ed acquisito qualsiasi altra informazione possibile, può disporre l’archiviazione della segnalazione allorché, in relazione all’importo dell’operazione, della causale o del tipo, delle relative modalità, dei motivi di sospetto evidenziati dal soggetto segnalante, la stessa, pur rientrando formalmente fra le ipotesi di anomalia, non sia ritenuta espressiva di ipotesi di riciclaggio e, conseguentemente, immeritevole di approfondimento. La Uif comunica direttamente al segnalante ovvero tramite gli ordini professionali sia l’avvenuto inoltro della segnalazione a questi ultimi sia l’avvenuta archiviazione. Analogo adempimento grava sugli Organi investigativi i quali devono comunicare alla Uif l’avvenuta conclusione dell’investigazione ovvero il loro mancato ulteriore corso. La Uif, il Nucleo speciale di polizia valutaria e la Dia devono fornire, entro il 30 marzo di ogni anno, informazioni sulle tipologie e sui fenomeni osservati nell’anno solare precedente, nell’ambito dell’attività di prevenzione del riciclaggio o di finanziamento del terrorismo nonché sull’esito delle segnalazioni ripartito per categoria dei segnalanti, tipologia delle operazioni ed aree territoriali. Giangaspare Toma


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Lecce, 16 ottobre 2010

obiettivo

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LA REGIONE SALENTO PARLA IL FONDATORE DEL MOVIMENTO A colloquio con Paolo Pagliaro, editore salentino, promotore della Campagna per l’autodeterminazione dell’antica Terra d’Otranto

Un grande progetto nelle mani della gente “Non si può dire no al referendum, sarebbe uno schiaffo alla volontà popolare” Paolo Pagliaro, non lo freni facilmente. Se gli parli di Regione Salento salta dalla sedia. Tanta è la voglia di lottare con i denti per raggiungere l’obiettivo. Che è uno ed uno solo: offrire al popolo salentino un’occasione storica. L’autonomia nella gestione della risorse. Senza sprechi. Senza ingiustizie. E senza troppa politica tra i piedi. Il Movimento nato da pochi mesi altro non è che il “grillo parlante” di una coscienza sopita per troppo tempo e che adesso vuole tornare a farsi sentire. Dott. Pagliaro, perché la Regione Salento. Quali vantaggi intravede per il nostro territorio? In una parola? L’autodeterminazione. Quella del Grande Salento è stata un’intuizione geniale, un tentativo nobile, un’idea guida. Ci ho creduto da subito, come cittadino, come imprenditore e come editore. Poi però l’idea alta ha sbattuto il muso contro lo steccato della burocrazia, se vogliamo contro il sistema. Un sistema che vede le Provincie prive di poteri e risorse. “Homo faber fortunae suae” vuol dire che i popoli, le genti sono responsabili del proprio destino. Ma per essere fabbri, la conditio sine qua non è disporre del ferro da plasmare. Il Grande Salento è stato un abile fabbro che non aveva a disposizione la materia prima. L’appello è ad andare oltre. Qualcuno giudica l’iniziativa un po’ anacronistica rispetto alla necessità amministrativa di ridurre gli Enti Locali. Un’altra Regione non sarebbe un ulteriore spreco di risorse pubbliche? No. Lo vado dicendo da mesi. Ma lo sa qual è la mia impressione? Che non si riescano a trovare altri argomenti da parte dei nostri detrattori.

Io parto sempre dall’esempio della famiglia. In una crisi economica globale così straripante, una famiglia prenderebbe degli impegni di spesa sul superfluo? Riparerebbe la lavastoviglie o ne comprerebbe una nuova? Comprerebbe al proprio figlio lo zaino firmato o gli spiegherebbe che uno zaino vale l’altro, e che ciò che conta nella vita è il contenuto? Negli anni 70 le Regioni nascevano in un periodo post-boom, oggi nascerebbe una Regione virtuosa, un modello già in nuce virtuoso, da imitare probabilmente. Che cosa risponde a chi guarda al Movimento Regione Salento come ad un gruppo di persone per bene “ammalate” di campanilismo o come ad un partito politico, o peggio ancora come ad un ipotetico futuro gruppo di potere economico? Chiederei a queste persone di sfilare gli occhiali con cui sono stati abituati a leggere l’impegno degli uomini. Cioè? Io non me la prendo con chi con-

fonde gli sforzi per migliorare l’esistente come un tentativo di farsi spazio nella società. Me la prendo con chi ha creato questo schema distorto del “non faccio mai niente per niente”. Che sono alcuni politici, alcuni colleghi imprenditori, e perché no, anche alcuni media che non si battono per cambiare le cose e smascherare sprechi e privilegi, ma si occupano solo di incensare i potenti. Sul “campanilismo” lei è stato elegante. So che si riferisce alle accuse di “leghismo”. Ridicole. Siamo europei ed italiani, amiamo il tricolore e l’inno di Mameli. Autodeterminazione in ottica federalista non vuol dire secessionismo, principio sul quale il nostro parere è nettamente contrario. Il baricentrismo è un problema vero. A più riprese, carte e delibere alla mano, lei ha dimostrato come molte occasioni di sviluppo non travalichino mai i confini del Barese? Ci vuole una Regione nuova per risolvere il problema? Occorre, cioè, separarsi da Bari per essere trattati come è giusto che sia? Non è la “separazione” il tema. Il tema è l’autonomia nella gestione delle risorse. Infrastrutture, cultura, investimenti. La proporzione è 70% Bari e Provincia, 30% per il resto delle Puglie. Con il federalismo il nostro Pil (più che autosufficiente anche leggendo l’economista barese Federico Pirro) sarebbe a completa disposizione del nostro modello di sviluppo, che è omogeneo e strutturale, e che non può marciare nell’ottica di essere emarginati. Un tempo l’autostrada finì a Bari. Oggi a Bari si vuol far terminare l’alta velocità. Questo è rispetto? Qualcuno ha il

coraggio politico di spiegarci la ratio di queste scelte? Il Movimento Regione Salento lotta perché venga indetto un referendum consultivo per l’istituzione della nuova Regione. Il suo esito sarà vincolante? Cosa prevede la procedura? Credo che sia necessario superare l’indifferenza, l’apatia, quel “nonsipuotismo”, quella convinzione che non si può fare, che ha spesso nuociuto alla crescita del nostro territorio e ne ha impedito il progresso. Serve un grande impegno, un mix di fosforo e olio di gomito. Con queste premesse i risultati, anche quelli più ambiziosi e tortuosi, si ottengono. Il Movimento Regione Salento Comitato Promotore del Referendum per il Si, che vuole essere trasversale, equidistante ed indipendente dai partiti, ambisce a rappresentare il volere dei cittadini. Saranno loro a decidere, ed i nostri pareri servono solo ad alimentare il dibattito. Il referendum è il più alto elemento della democrazia italiana. Rileggiamo l’articolo 132, titolo V, della Costituzione. Chi

non lo vuole è anti-democratico, e vuole attuare la vera secessione: quella fra potenti e semplici cittadini. I Sindaci hanno dimostrato questa grande sensibilità, e la quasi totalità dei 146 Sindaci dei Comuni del leccese, del brindisino e del tarantino si sono espressi a favore del Referendum. Oggi questo percorso è in progress, e molti consigli comunali hanno approvato l’ordine del giorno per il referendum. Bisogna raggiungere l’approvazione in un numero di Comuni che rappresentino un terzo della popolazione complessiva della costituenda Regione, così come prevede la legge. Non mi faccia dare i numeri, sono in continuo aggiornamento, ma le assicuro che siamo a buon punto. Non si può dire no, al referendum, sarebbe uno schiaffo alla volontà popolare. Una volta conseguito questo risultato, il dibattito nel merito sarà serrato. Sentiamo che le nostre idee sono molto forti, e condivise dalla gente. A chi si appella il Movimento, oltre che ai comuni - che numerosi stanno aderendo al progetto -, per diventare forte sul piano delle idee e degli obiettivi? Alla gente, appunto. Sono loro a dover tenere fra le mani la bussola dello sviluppo. Alle famiglie, sino ad oggi buone solo quando si vogliono fare delle promesse, così come i giovani e gli anziani. Ai colleghi imprenditori, che nel nostro territorio sono dei moderni eroi che spesso combattono contro i mulini a vento, e sono costretti a chiedere l’elemosina a chi non conosce gli sforzi per salvaguardare i posti di lavoro. Tutti questi soggetti hanno bisogno di interlocutori seri, prossimi, affidabili, responsabili, consapevoli della realtà che rappresentano. Si vede a occhio nudo che per lei, dott. Pagliaro, la Regione Salento più che una questione di principi, è divenuta una passione. Lo si nota nelle sue dichiarazioni, lo si percepisce dal tipo di comunicazione e informazione adottate dalle reti del suo gruppo editoriale, lo si intuisce dalla grande voglia di allargare il consenso. Quanto c’è del Paolo Pagliaro editore in questo grande progetto? Paolo Pagliaro è un editore. È la mia vita, la mia passione, il senso della mia vita. Il mio metodo di lavoro è sempre lo stesso. Qualsiasi cosa io faccia nella vita. Ed è il metodo di lavorare che mi ha portato a costruire la mia azienda, che è anche la mia famiglia. È tutto. In questo percorso sono stato attento al territorio, alla sua valorizzazione, alle sue criticità. Questo percorso è il mio background. E ne vado fiero. Altra cosa è dire che le mie televisioni siano al servizio del Movimento. Non lo consento a nessuno. È un tentativo strumentale che fallisce all’origine, perché i salentini hanno stima di Telerama e di chi ci lavora con impegno e passione. I giornalisti di Telerama hanno colto la notizia, questo si, è vero. Il consenso si allarga naturalmente perché la gente percepisce la lealtà dell’idea, non ci sono “indottrinamenti” in corso. A volte penso davvero che dell’opinione pubblica siano in tanti a non avere rispetto. Io sul rispetto dei telespettatori, e quindi dei cittadini, ho costruito la mia vita. Vincenzo Paticchio


L’Ora del Salento 11

Lecce, 16 ottobre 2010

zoom

MELPIGNANO/L’ultimo capitolo dell’analisi sulla chiesa agostiniana di Melpignano

Manuli, Monosio, Boffelli: 300 due artefici ed un committente 1710-2010

GIUSEPPE ZIMBALO Le analisi fin qui condotte (si vedano i due ultimi numeri di questo periodico) hanno evidenziato come esecutivamente nella facciata della chiesa Agostiniana di Melpignano sarebbe da escludersi la presenza tanto dello Zimbalo quanto del Fiorentino come pure quella del “maestro degli angeli del transetto coriglianese” (anche se per quest’ultimo caso dovrebbero essere analizzate de visu le teste scolpite che chiudono lateralmente il fregio superiore). Più probabilmente riferibili al Manuli sarebbero, invece, alcuni elementi squisitamente architettonici come le decorazioni poste al di sopra del cinquecentesco finestrone centrale e, a chiudere la facciata, la cornice del secondo piano caratterizzata da un singolare alternarsi di dentelli ed elementi triangolari. Ciò darebbe l’indicazione che la facciata potrebbe essere stata portata a compimento proprio dal costruttore incaricato, il Manuli appunto. Per quanto riguarda Zimbalo, la sua ipotizzata presenza a Corigliano a rigor di logica, avvalorerebbe per la chiesa di Melpignano tanto l’ipotesi di un suo intervento (che a questo punto si può però dire solo progettuale) quanto il suo esatto contrario ovvero che egli abbia visto questa chiesa e ne abbia riprodotto elementi nei suoi interventi leccesi. La questione attributiva di Melpignano va affrontata, pertanto, da un altro punto di vista aggiungendo ulteriori dati che confermino o escludano l’ipotesi avanzata dagli studiosi ovvero quella di Zimbalo

quale progettista di tale chiesa, fosse anche della sola facciata. La presenza di questo scultore ed architetto leccese nella chiesa agostiniana di Melpignano è stata dimostrata dalla storiografia per via documentaria (atto rogato dal notaio Roccella di Sogliano il 15 maggio 1660) e stilistica ovvero evidenziando l’esistenza nel prospetto di particolari compositivi quali “[…] le lettere delle iscrizioni infrascate”, “le fiamme che fasciano le colonne”, le “tipiche volute, superiormente terminanti in un serafino semirovesciato, che raccordano la testata della navata centrale con le laterali”, etc. Tutti questi elementi, cui si potrebbero aggiungere anche le punte lanceolate, sono stati considerati tipici e distintivi dello Zimbalo. Bisogna ammettere, però, che da un punto di vista logico tali elementi dimostrano tanto la presenza dello Zimbalo quanto quella di altro artefice perché essi come soluzioni progettuali sono facilmente riproponibili da chiunque. Al più possono essere indicativi di quel sottile ed a tratti insondabile fenomeno che è la circolazione e manipolazione delle idee. Entrando nello specifico della facciata di Melpignano è evidente che alcuni dettagli o meglio soluzioni compositive tra quelle ricordate riconducono alla chiesa leccese di Santa Croce che all’epoca della costruzione agostiniana era di fatto un modello già accessibile a tutti. Ciò significa che per riproporre a Melpignano quelle soluzioni di cui si è detto non c’era la necessità dello Zimbalo il

RADIO E DINTORNI

quale non ne era evidentemente il tenutario esclusivo. Delle due prove, quella stilistica, su cui la storiografia fonda l’ipotesi del contributo di Zimbalo nella realizzazione della chiesa di Melpignano non appare, pertanto, solidamente fondata. Una cosa risulta certa però e cioè che l’ancora anonimo progettista di Melpignano avrebbe visto, come detto, Santa Croce e pertanto non possiamo escludere dalla rosa degli eventuali autori lo stesso Manuli visto che a Lecce fu certamente nel 1653 perché segnalato fra i testimoni di un atto notarile rogato per il committente della chiesa Agostiniana di Melpignano, Raffaele Monosio. Della probabile presenza a Lecce, invece, di Placido Boffelli si è già detto allorché è stata sottolineata e dimostrata la forte somiglianza fra i volti di alcuni capitelli del lato sinistro del Chiostro dei Celestini, quello ultimato nel 1655, con i volti che sono al centro degli altari rispettivamente di San Nicola da Tolentino (voluto da Antonio Monosio e compiuto nel 1656 dai suoi figli e nipoti ) e del Crocifisso (relativo alla famiglia Fenestra, 1668). Una rilettura della prova documentaria ovvero l’atto notarile del 15 maggio 1660 rende, infine, possibile una conclusione inaspettata. La storiografia a proposito del complesso agostiniano ovvero chiesa e convento, infatti, così si esprime: “[…] terminato il 1662 con l’intervento determinante dello Zimbalo al quale deve essere assegnata la soluzione planimetrica della chiesa

di Alberto Marangio

e gran parte dell’apparato decorativo esterno (relativamente al secondo ordine del prospetto) ed interno. […]”. Tutto ciò è corredato poi da una nota che rinvia al citato atto notarile. Entrando nello specifico la stessa storiografia afferma sempre sulla base di questo atto : “[…] Giuseppe Zimbalo e “mastro” Tommaso Attanasio […] curavano gli interessi degli Agostiniani; “[…] lo Zimbalo e l’altro “mastro” cominciano ad “apprezzare la fatiga…fatta dal Manuli. […]”. L’atto notarile, però, dice tutt’altro. Prima di tutto i due mastri, Zimbalo ed Attanasio, che non curano gli interessi degli Agostiniani, furono eletti “[…] per dictum Magnificum Capitaneum et Commissarium delega-

tum […]” ovvero dal Capitano della Ducale Curia di Cutrofiano; poi, ancora, essi non possono procedere ad apprezzare la fabbrica perché i frati si rifiutano di aprire le porte; ultimo punto infine è quello relativo alla entità della fabbrica della chiesa che mai in tale atto notarile viene definita incompleta anzi quando il notaio scrive “[…] dico edificata per dictum magistrum Franciscum Manoli […]” lascia intendere che l’opera sia stata già terminata. Zimbalo sembrerebbe, sulla base di questo documento, non centrare nulla ne con la fabbrica ne con i frati tanto è che viene chiamato come perito dalle autorità dell’epoca e poi proprio i frati non gli consentono di fare la perizia. Viene

meno così anche l’ultima prova, quella documentaria, e l’ipotesi fatta dalla storiografia che la facciata di Melpignano sia riferibile allo Zimbalo decade. Sulla base degli elementi che oggi possediamo, quindi, appare più plausibile affermare che il disegno della facciata possa essere scaturito da chi fu presente in cantiere come il Manuli ed il Boffelli non escludendo infine, come spesso accadeva all’epoca ma ancora oggi, che indicazioni progettuali, come la scelta della chiesa leccese di Santa Croce quale riferimento per alcune parti di quella melpignanese, siano scaturite dallo stesso committente dell’opera, il rev. Raffaele Monosio. Fabio Grasso

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

“Paroladidio”, il nuovo rap di Famiglia Cristiana

Storia di un massone convertito a Lourdes

Grazie ad un’iniziativa del settimanale Famiglia Cristiana, già dalle scorse settimane è possibile ascoltare in radio e su internet alcuni tra i più famosi brani dell’Antico e del Nuovo Testamento, in una singolarissima versione rap. L’operazione, intitolata “Paroladidio”, è stata ideata per celebrare i 50 anni di un’altra iniziativa, “La Bibbia a 1000 lire”, lanciata invece nel 1960 e voluta allora dal beato Giacomo Alberione (fondatore della Congregazione dei Paolini) per consentire una vasta diffusione del testo sacro. Dopo mezzo secolo quindi l’operazione si ripete, ma con modalità assai diverse. A partire innanzitutto dall’uso di Internet e degli spot radiofonici, nonché dal tipo di linguaggio adoperato: la musica, ed in particolare il rap. Nuovi segnali vengono così lanciati dal mondo cattolico alle nuove generazioni, e soprattutto a quegli adolescenti pronti rivendicare a colpi di rime e free-style i propri spazi e le proprie convinzioni. Non a caso “Paroladidio”, inizialmente acquistabile in allegato al settimanale, è oggi disponibile anche nelle librerie (sia laiche che religiose), nei supermercati, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti e persino negli autogrill, grazie ad una distribuzione capillare che punterà a diffondere entro Natale oltre un milione di copie dell’opera. Al suo interno, versi come “Io sono colui che sono/questo è il mio nome per sempre/e questo è il mio ricordo” (dal Libro dell’Esodo), o come “La vita era la luce degli uomini/e le tenebre non la compresero” (prologo del Vangelo di Giovanni), alle volte decisamente in sintonia con le atmosfere cupe tipiche dell’universo hip-hop: “Chi mi offende distrugge se stesso/tutti coloro che mi amano, amano la morte” (estratto dal Libro dei Proverbi). Don Fracchiolla, amministratore delegato del Gruppo editoriale San Paolo, ha dichiarato di guardare all’iniziativa con “interesse e simpatia”: “tutta l’operazione assicura - è stata fatta con scrupolo e serietà, col preciso scopo di contribuire a diffondere un testo tanto importante, e non solo per i credenti, come la Bibbia”. Testi biblici, del resto, sono già stati ampiamente usati in passato anche da grandi esponenti della musica pop internazionale, come Bob Dylan, Bruce Springsteen e Bono Vox degli U2: esperienze tra l’altro in più occasioni ricordate dall’arcivescovo Gianfranco Ravasi, Ministro della cultura del Vaticano, nell’incontro di Papa Benedetto XVI con gli artisti tenutosi lo scorso novembre.

Il dottor Maurice Caillet, già ginecologo di fama, oggi è un anziano signore in pensione che vive in Bretagna, in Francia. Si allontana poco dalla propria abitazione; quando lo fa è soprattutto per tenere conferenze sulla sua conversione e sulla sua ex appartenenza alla massoneria francese. Cresciuto privo di educazione religiosa, nel 1970, a 36 anni, entrò a far parte di una loggia e fu iniziato ai rituali - un po’ ridicoli - della fratellanza massonica. Attraversò e superò i vari stadi iniziatici fino a diventare egli stesso un rispettato maestro venerabile del Grande Oriente di Francia, conseguendo favori e successo nella società civile e nel mondo professionale cui apparteneva. Fu in quegli anni che divenne un rispettato membro del partito socialista francese. Come massone e come socialista si batte per la legalizzazione dell’aborto in Francia, che, infatti, diventa legge di Stato nel 1975. Il disegno di legge è approvato dal parlamento senza problemi grazie ai numerosi deputati e ministri massoni. Stesso discorso vale per la promozione di tutte le leggi che favoriscono il libertinaggio sessuale, dal divorzio alla contraccezione, dalla manipolazione degli embrioni alle unioni civili degli omosessuali. In qualità di ginecologo esegue quindi aborti e sterilizzazioni, anche se qualcosa - dentro di lui - comincia a turbarlo. Nel suo libro-testimonianza “Ero massone” (Edizioni Piemme, 2010, pagg. 181) Maurice Caillet racconta: “Solo in casi eccezionali si riscontravano ragioni mediche valide, mentre nella maggioranza dei casi le ragioni erano di carattere sociale e avrebbero richiesto soluzioni psicologiche, sociali, mate-

riali, finanziarie anziché chirurgiche... Dal momento che ci occupavamo anche di numerosi casi di sterilità, eravamo inoltre insorti di fronte all’aberrazione di un sistema legale che permetteva di sopprimere un feto, ma vietava di mettere in relazione direttamente e in maniera umana una candidata all’aborto con una coppia sterile desiderosa di adottare un bambino: quando provai a farlo, ricevetti subito una telefonata del Procuratore della Repubblica che mi prospettava la prigione se avessi continuato…” (pagg. 50-51). In quindici anni di massoneria (1970-1985) Maurice Caillet vedrà di tutto: corruzione, clientelismi, intimidazione di personaggi scomodi. Dietro ai millantati principi di libertà, uguaglianza, fraternità (gli stessi della Rivoluzione francese), la massoneria nasconde un gruppo di persone il cui fine è il relativismo religioso e che in realtà si nutre di un particolare odio verso il Papa e i dogmi della Chiesa cattolica. La grande svolta per Maurice Caillet avverrà un pomeriggio di febbraio del 1984 nella grotta di Lourdes, dove si reca, più che mai scettico, per accompagnare la moglie ammalata. Sente la Madre del Signore che gli parla. Inizia lì un percorso che lo porterà all’abbandono della massoneria, alla conversione, al battesimo. Da quel momento gli capita di tutto: minacce di morte, licenziamento per futili motivi e impedimento a continuare la professione di medico. Ancora oggi - che gira l’Europa per raccontare la sua storia di ex massone e soprattutto di convertito felice - Maurice Caillet vive sotto protezione. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 16 ottobre 2010

le nostre città FUORI DAI DENTI

di Loredana Di Cuonzo

Carluccio racconta le virtù di una mugnaia vissuta a Squinzano nel XVI secolo

In Austria cose di destra L’eredità di Maria Manca. La storia in un volume Nelle analisi dei sociologi, dei politologi e degli storici la ripresa di una destra xenofoba, omofoba, anti-islamica, oltre che anti-gitanica, è da ricercarsi essenzialmente in quella crisi economica che qualcuno si ostina a dire passata nel suo peggio ma che, nella concretezza della quotidianità, coinvolge la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Un fatto non discutibile se si guarda ai dati diffusi da Credit Suisse: i patrimoni detenuti dai privati nel mondo sono saliti del 72% settantadue, lo riscriviamo per esteso perché non si pensi ad un errore di digitazione - negli ultimi 10 anni nonostante il difficile momento economico. Le differenze tra chi ha e chi non ha restano abissali. Appena l’1% della popolazione mondiale possiede il 43% delle ricchezze private e, alla base della piramide, il 50% delle persone detiene solo il 2%. In questo clima di insicurezza crescono posizioni politiche che si credeva archiviate forse per sempre. Invece in settimana, in Austria, nel corso delle elezioni provinciali tenute domenica scorsa, tutti i principali partiti hanno dovuto prendere atto della ripresa dell’estrema destra che con il Partito della Libertà di Heinz Christian Strache ha conquistato il 27,1%. Sembrerebbe che i partiti costantemente indichino nel proprio “motto” ciò di cui nella ideologia sono deficitari. La destra radicale austriaca è raggiante con il suo leader che segue a Geert Wilders in Olanda, dopo i “Democratici di Svezia” a Stoccolma - e ritorna l’ossimoro tra definizione e ideologia! - dove la destra è entrata in Parlamento per la prima volta. Il partito di Strache ha quasi raddoppiato i consensi ed ha raggiunto un preoccupante 27 %. Un nuovo vento di destra radicale sconvolge, quindi, gli equilibri politici anche in Austria e si conferma come trend europeo. Vediamo la proposta: difesa dei

FISCOSENZAVELI

valori nazionali contro l’islamizzazione, severità sull’immigrazione, più ordine pubblico e sicurezza sociale. Sembra facile condividere l’analisi degli esperti a proposito delle incertezze ingenerate dalla crisi ma ci aggiungiamo una sostanziale mancanza di identità. A nostro modo di vedere, la necessità di avere un nemico da combattere è da sempre segno del bisogno di rafforzare il proprio “esserci”, che si esplicita solo per aperta contrapposizione a qualcun altro. La nostra attenzione sui fatti di casa altrui è stata attratta da una dichiarazione rilevata in una intervista rilasciata ad un giornale italiano da parte dello stesso Strache. Questi espone un disegno di dimensioni europee ed afferma: “Su questi temi ci capiamo benissimo anche con la Lega Nord”. Non bastasse aggiunge: “O l’Europa si rassegna al suo tramonto, o la salviamo insieme. I partiti dell’establishment rifiutano il dibattito”. E cita Sarkozy che “per le sue misure di confronto con la verità viene trattato dalla Ue come un criminale”. Chiave di questo successo è stata dunque la solita triade di temi delle nuove destre populiste, contrasto della immigrazione fondata su una sostanziale xenofobia, liberismo anti-tasse e riforme della pubblica amministrazione, argomenti che fanno di certo presa su chi avverte forte la morsa della crisi. Non voglia apparire eccessivo il paragone, ma preferiamo la rilettura di qualche pagina di storia per trarre le nostre conclusioni: fu proprio la situazione economica ad alienare nel ‘29 la fiducia di buona parte dei tedeschi nei confronti della democrazia, considerata sempre più incapace di far fronte alla dilagante disoccupazione. I risultati li ricordiamo. Non vorremmo che di qui a poco qualcuno tornasse a parlarci di razze superiori ed inferiori, di spazio vitale da conquistare e, di qui, a seguire.

Se si arriva a Squinzano e si chiede di Maria Manca e della sua storia non si rimane mai senza risposta; tutti infatti, in questa cittadina del nord Salento, sono devoti a questa donna a cui la Madonna ha donato un garofano. Una storia molto nota certo, ma che non è mai fuori luogo rinverdire perché, come ha ricordato il prof. Angelo Cappello nel suo interven to: “Quello di Maria Manca è un messaggio che noi squinzanesi dobbiamo costantemente riscoprire e custodire”. È con uno spirito di devozione e di memoria storica che è nato quindi il libro “L’eredità di Maria Manca” scritto da Antonio Luigi Carluccio. Basta aprire il libro per respirare sin dalle prime pagine, oltre al doveroso impegno, l’umiltà con cui l’autore si è accostato all’argomento. La prima parte dell’opera, infatti, è dedicata al ricordo di tutti coloro che nel corso dei secoli hanno già scritto di questa mugnaia che ha portato il garofano ricevuto dalla Ma-

donna al Crocifisso di Galatone. E non sono pochi… per avere un’idea basti pensare che il primo manoscritto risale al 1625 ad opera di don Antonio Francesco Core, passando per don Mauro Paticchio (pronipote di Maria Manca), mons. Vincenzo Riezzo, don Nicola Leone, il prof. Donato Stefanizzi… solo per citarne alcuni. A questo excursus letterario segue un excursus storico vero e proprio che chiarisce come i Manca, di stirpe spagnola, siano potuti arrivare a Squinzano nel corso del XVI secolo e si conclude con l’albero genealogico di Maria Manca. Si entra quindi nel cuore del libro in cui viene raccontata la vita così travagliata di questa donna prescelta dalla Madre di Dio. Un racconto a cui viene dato la forma di un diario scritto proprio dalla protagonista che, partendo dalla sua infanzia, descrive le sue esperienze, i suoi sentimenti, l’amore per la sua famiglia, i

suoi dolori, permettendo a coloro che leggono di conoscere Maria bambina, adolescente, donna. Dando spazio anche a quei 47 anni vissuti prima del dono del garofano. Anni travagliati, in cui la nostra concittadina ha conosciuto la gioia della nascita dei suoi 8 figli (il terzo dei quali morto però subito dopo il parto), il dolore per la morte dei genitori e del primo marito, l’imbarazzo per l’insistente corteggiamento del suo secondo marito che fu causa del senso di colpa per aver infranto il suo proposito di dedicarsi solo a Dio e ai figli dopo la vedovanza, la morte del secondogenito (unico maschio nato dalle prime nozze), i costanti malesseri frutto di un sortilegio, la consapevolezza di gravare la sua primogenita della responsabilità dei suoi fratelli per i quali fu una seconda madre, la morte del suo secondo marito che non avrebbe mai conosciuto l’ultimogenita… fino a quel 21 ottobre 1618 quando una fanciulla vestita di bianco e d’azzurro le consegnò un

ga r ofa no da por t a r e al Crocifisso di Ga la tone. L a fede che n o n l ’a veva mai abban donata le permise di credere subito a quell’adolescente venuta dal nulla in mezzo agli ulivi e durante il viaggio per raggiungere il Crocifisso il male che da anni la attanagliava la lasciò per sempre. Maria divenne una donna nuova, che dedicò il resto della sua esistenza agli altri, che fece costruire il Santuario dell’Annunziata di cui divenne la prima sagrestana. Quello stesso Santuario a cui ancora oggi gli squinzanesi accorrono fedeli e nella cui cripta riposano Maria e due dei suoi figli: Margherita, la maggiore e Giuseppe, il chierico. Valentina Polimeno

Presentato nella chiesa di S. Maria ad Nives in Copertino il volume di S. Cipressa Il parroco, mons. Pinuccio Sacino, ha svolto la funzione di moderatore e dopo aver reso gli onori di casa ha dato la parola al Sindaco, Giuseppe Rosafio, che, dopo aver salutato il pubblico, si è complimentato con l’Autore per aver trattato un tema così coraggioso e, avendo letto il libro, lo ha definito “semplice e profondo”. Successivamente è intervenuto Cosimo Esposito, evidenziando che l’Autore nello studio della transessualità ha espresso un approccio interdisciplinare, rigorosità scientifica e metodologica, fedeltà all’ortodossia, grande apertura mentale. Ha sottolineato che la transessualità è un grave disturbo dell’identità di genere o

Transessualità tra natura e cultura identità sessuale, determinato dal conflitto tra lo status sessuale biologico e il vissuto psicologico. Il soggetto transessuale esperimenta una radicale frattura tra l’Io e il corpo, che pur riconosciuto nella sua reale morfologia viene vissuto come estraneo e perciò rifiutato. Egli pensa di essere un “errore di natura” e sostiene di avere una “mente giusta” in un “corpo sbagliato” e desidera la trasformazione anatomica del proprio corpo attraverso l’intervento medico-chirurgico. La persona transessuale vive il suo corpo come una prigione, come una gabbia da cui desidera uscire

per assaporare la libertà di vivere veramente. Nel transessualismo maschile un individuo biologicamente maschio si sente psicologicamente femmina, mentre nel transessualismo femminile un individuo biologicamente femmina si sente psicologicamente maschio. Dal canto suo, Anna Maria Fiammata ha evidenziato la prospettiva antropologica e teologica partendo da alcuni interrogativi: in quale cultura ci muoviamo? Quali prospettive apre all’uomo e alla sua identità, una cultura come quella di oggi che spinge al massimo la libertà? Come recuperare il valore del-

l’uomo? Inoltre, si è soffermata sulle implicazioni etico-giuridiche della transessualità, gli aspetti preventivi e gli orientamenti educativi. L’incontro si è concluso con l’intervento dell’Autore, Salvatore Cipressa, che, dopo aver sottolineato che la nostra cultura contemporanea è particolarmente sensibile al fascino dell’ambiguità, ha ribadito che le persone transessuali sono “povere di identità” e fanno fatica ad accettarsi, ad apprezzarsi, ad amarsi. Sono persone da rispettare, da amare e, pertanto, non possono essere derise o qualificate negativamente a motivo della loro tendenza che è il risultato di una difficile storia evolutiva non voluta dalla persona stessa.

a cura di Elena Palladino

Avvocato Specializzata in Diritto Amministr ativo e Tributario

Inglesina di Davide Delle Cese

Bonus fiscale per ristrutturazione L’Agenzia delle Entrate, con una delle ultime risoluzioni, la 7/E del 12 febbraio 2010, nonché con la successiva n. 21 del 2010, ha stabilito che il bonus fiscale del 36% per le spese di ristrutturazione del patrimonio edilizio, resta valido anche per i lavori effettuati nelle zone comuni presenti in condominio. La detrazione in questione, va calcolata su un limite massimo di spesa pari a 48.000 da frazionare in un periodo massimo di dieci anni, mentre per coloro che superano i 75 anni, c’è la possibilità di suddividere la detrazione in un massimo di tre o di 5 rate annuali. Lavori per i quali è previsto il bonus Le spese sostenute per eseguire interventi di manutenzione ordinaria nelle parti comuni di edifici residenziali, da dividere tra i condomini secondo le quote condominiali; gli interventi di manutenzione straordinaria realizzati su immobili di qualsiasi categoria, nonché le opere di restauro e risanamento conservativo; i lavori di ristrutturazione edilizia sia per gli appartamenti singoli che per gli impianti condominiali. Per fruire del bonus … Occorre inviare (per raccomandata a/r) o presentare la comunicazione di inizio lavori, prima (o contestualmente) dell’inizio degli stessi, all’Agenzia delle Entrate - Centro Operativo di Pescara - Via Rio Sparto 21 - 65100 Pescara, allegando: copia della concessione/autorizzazione/Dia (ove previsto); dati catastali o fotocopia di domanda accatastamento; fotocopia ricevute pagamenti Ici a decorrere dal 1997, se dovuta e se a richiedere le agevolazioni è il proprietario od altro titolare di diritto di proprietà (non però negli altri casi e neppure nel caso di lavori condominiali); fotocopia della delibera assembleare e della tabella millesimale per la ripartizione delle spese in caso di lavori in condomini (nel caso di susseguenti aumenti dell’importo preventivato, occorre inviare una nuova tabella con ripartizione delle spese); nel caso in cui i lavori vengano effettuati da soggetto non titolare di diritto di proprietà, come un locatore od un comodatario: dichiarazione di consenso del proprietario. È possibile inoltre produrre una dichiarazione notoria sostitutiva ex art.4, L.15/68, che attesti il possesso di suddetta documentazione e la disponibilità a mostrarla a richiesta, senza dover così inviare per raccomandata tutti i summenzionati documenti. Lo studio legale Palladino è disposizione per ulteriori informazioni al seguente indirizzo: palladino@loradelsalento.it

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

Lo scherzo marciabile “Inglesina” di Davide Delle Cese continua il suo percorso fino a giungere alla sua tonalità maggiore. La cesura, attraverso una pausa, è l’evidente segnale che la composizione si appresta a presentare un nuovo elemento melodico. Il tappeto armonico è realizzato dai bassi con dei suoni lunghi, dai bombardini e dai tromboni con il ritmo di croma-punto-tre crome; quest’ultimo viene amplificato sia dal rullante sia dai soli piatti (“soli con la punta”). La linea melodica viene portata avanti dai clarinetti soprani, dal clarinetto piccolo in mib e dall’ottavino; successivamente si innestano le cornette in sib. e i fliscorni e si crea un interessante dialogo tra i due gruppi di strumenti: le ance e gli ottoni chiari. L’intraprendente linea, realizzata da questi ultimi, sprigiona una sinergia sonora tanto da fondere il tutto in un’unica idea; così l’ascoltatore si trova a percepire due segmenti melodici simultanei facenti parte di un unico progetto sonoro. L’irrompere (in levare) dei fliscorni, dei genis, dei tromboni (ad esclusione della prima parte), dei clarinetti soprani, del clarinetto piccolo in mib. e dell’ottavino produce un effetto di sorpresa sul tranquillo elemento tematico. Un ulteriore intervento di risposta viene realizzato dalle cornette in sib., dal primo trombone, dai bombardini, dai bassi e dai clarinetti soprani (indicati in partitura 4’, 5’ e 6’). Si genera così un intenso ed accattivante episodio tra le parti della banda che il Delle Cese decide di riproporre per altre due volte; ogni

riproposta avviene sempre con il trasportare tutto l’organico una terza superiore. Appena l’ascoltatore percepisce la terza esposizione dell’inciso, gli strumenti si uniscono in un’unica linea melodica e modificano il percorso della stessa. Il carattere frizzante dei suoni genera un entusiasmo diffuso e coinvolgente al fine di contribuire alla ricerca attenta dello spirito della festa: è questo il momento in cui la composizione può essere adottata come elemento propulsivo di energia positiva. Un ulteriore spunto di riflessione può essere riscontrato nell’impalpabile, ma indispensabile, tappeto ritmico dei genis, dei tromboni e delle percussioni bandistiche. L’effetto ottenuto, anche attraverso un sapiente dosaggio di fortissimo e pianissimo, inonda il fruitore e lo rende più sensibile nell’accogliere la melodia soprattutto con una spinta armonica sorta attraverso i passaggi accordali all’interno della costruzione “verticale” dello scherzo. La tensione si diluisce con un semplice espediente affidato come proposta alle ance e la successiva risposta agli ottoni come i tromboni, i bombardini e i bassi mentre le percussioni intessono un rullo per cristallizzare il momento. Il giungere di un suono “alterato” consente di riproporre parte di questo secondo momento melodico in cui il compositore ha dimostrato abili tecniche di strumentazione ma principalmente la capacità di risvegliare delle emozioni umane legate alla tradizione del suono. .... continua


L’Ora del Salento 13

Lecce, 16 ottobre 2010

le nostre città Grande modello di coerenza tra fede e impegno politico

CAMPI SAL.NA/Tutto pronto per la 213^ edizione della fiera

Ricordando Carlo D’Asburgo In festa per la Madonna della Mercede Il 21 ottobre la Chiesa fa memoria del Beato Carlo d’Asburgo (1887-1922), ultimo Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria, elevato agli onori degli altari il 3 ottobre del 2004 da Papa Giovanni Paolo II. Qualcuno potrebbe chiedersi se è ancora utile rievocare uomini del passato come Carlo d’Asburgo, statista e comandante militare, appartenuto ad un periodo storico affascinante ma irrimediabilmente trascorso. Senza alcuna intenzione di cadere in uno sterile nostalgismo, possiamo affermare che il Beato Carlo è una figura ricca di buoni esempi, molto utili ed edificanti per gli uomini del nostro tempo, sempre più confusi e disorientati. Carlo fu, anzitutto, un fedele e amorevole marito, che nel sacramento del matrimonio scorse non solo un dovere ma, soprattutto, un’occasione di santificazione. Proprio per sottolineare ciò, è stato scelto per la sua commemorazione il 21 ottobre: non in quanto giorno della sua morte, bensì giorno delle sue nozze con la principessa Zita di Borbone-Parma (1892-1989), che gli diede otto figli e della quale è in corso il processo di beatificazione. Carlo aveva un’altissima opinione della santità del matrimonio, non solo quale sacramento che istituisce la famiglia, ma anche quale strumento di perfezione personale e comunitaria. Qualche anno dopo la morte del marito, l’imperatrice Zita ebbe a dire: (…) con l’imperatore Carlo condividevamo tutto, gioie e dolori, timori e preoccupazioni, speranza e felicità. I duri colpi ci ferivano insieme, li sopportavamo in due…E in un’altra occasione: “Durante il nostro periodo di fidanzamento, egli mi disse una volta: noi ora dobbiamo aiutarci vicendevolmente ad andare in Paradiso. Per lui questo proposito era assolutamente serio”. Altro mirabile esempio che si staglia nell’esistenza terrena del Beato Carlo è costituito dalla sua coerenza di cattolico, anche negli impegni gravosi e nelle decisioni di uomo politico. Alla morte dell’Imperatore Fran-

cesco Giuseppe (1830-1916), suo prozio, Carlo ascese al trono imperiale all’età di ventinove anni e, nel dicembre 1916, fu incoronato a Budapest re apostolico d’Ungheria con la corona di S. Stefano. Il Papa Benedetto XVI ha più volte ricordato che oggi c’è un urgente bisogno di politici che siano credenti e credibili, capaci di coniugare impegno politico e principi cristiani e Carlo riuscì a trasfondere, in modo concreto, i principi cristiani nella sua azione politica, in un momento sanguinoso e travagliato nella storia dell’Europa, quale fu quello della Prima Guerra Mondiale. Da uomo di pace qual era, cercò in diversi modi di porre fine al conflitto, definito dal Papa Benedetto XV (1914-1922) inutile strage e suicidio dell’Europa civile. In un proclama indirizzato ai suoi popoli prima dell’incoronazione, scrisse: (…) Intendo fare tutto il possibile per bandire, nel più breve tempo, gli orrori e i sacrifici della guerra e restituire ai miei popoli le benedizioni della pace”. In politica interna, pose mano ad un’ampia ed esemplare legislazione ispirata alla Dottrina Sociale della Chiesa e cercò di riorganizzare l’impero secondo un modello federalista. Durante gli ultimi mesi di guerra, di fronte alle sempre più drammatiche difficoltà di approvvigionamento, il Beato Carlo si prodigò in tutti i modi per alleviare le difficoltà del suo popolo: in particolare, organizzò cucine da campo, impiegò i cavalli di guerra per il rifornimento del carbone a Vienna, combatté senza mezzi termini corruzione e usura, donando ed elargendo più di quanto gli permettevano i suoi mezzi. Giovanni Paolo II, nell’omelia tenuta durante la concelebrazione eucaristica per la beatificazione, disse: “Fin dall’inizio, l’Imperatore Carlo concepì la sua carica come servizio santo ai suoi popoli. La sua principale preoccupazione era di seguire la vocazione del cristiano alla santità anche nella sua azione politica. Sia un esempio per noi tutti, soprattutto per quelli che oggi hanno

in Europa la responsabilità politica!”. Dopo una serie di vicissitudini e di continui scontri con l’intransigenza degli ambienti politici laicisti di quel tempo, che già prima della guerra avevano deciso l’annientamento della monarchia austro-ungarica, il Beato Carlo, calunniato, tradito e sconfitto, fu costretto dalle potenze vincitrici all’esilio insieme alla sua famiglia, dapprima in Svizzera, in seguito nell’isola atlantica di Madera (Portogallo). Ridotto in povertà e costretto a vivere in un ambiente umido e malsano, si ammalò gravemente di polmonite. Dopo una lunga serie di patimenti e sofferenze, sopportati senza lamenti, e accettati come sacrificio per la pace e l’unità dei suoi popoli, si spense il 1° aprile 1922 a soli trentaquattro anni. I numerosi fatti ed episodi della sua vita, sono stati raccolti nei due volumi della Positio super virtutibus, da cui si deduce che, sulla via della santità, il Beato Carlo non è stato ostacolato dal ruolo pubblico che ricopriva, anzi si è santificato proprio perché svolse bene il gravoso e difficile compito di imperatore. All’Occidente, e in particolare all’Europa di oggi, in profonda crisi di identità per aver reciso le proprie radici cristiane, Santa Romana Chiesa propone il Beato Carlo quale autentico operatore di pace, fulgido esempio di uomo politico che si batté per la giustizia e l’armonia tra i popoli, conciliando, con ammirabile coerenza, principi cristiani, leggi e decisioni politiche. Vincenzo Pitotti UNA MESSA A S. CHIARA Giovedì 21 ottobre 2010, memoria del Beato Carlo I d’Asburgo, alle ore 19.00 nella Chiesa di S. Chiara in Lecce, (vicino all’Hotel Risorgimento), Alleanza Cattolica di Lecce ha richiesto la celebrazione della Santa Messa, che sarà officiata dal Canonico mons. Giancarlo Polito, cerimoniere dell’Arcivescovo e segretario generale della Curia Arcivescovile. di Giovanni Napolitano

VITE MIGRANTI

Regia Corvetta Caracciolo: diario del nonno Questa settimana il giovane Umberto ci racconta piccole e grandi curiosità legate alle popolazioni che all’epoca vivevano nell’arcipelago delle società: innanzitutto egli ci narra che gli indigeni praticavano il culto di tre divinità: il primo Dio tahitiano era “Taraoa” (il Tempo), il secondo nella scala gerarchica “Hina” (la Dea Terra), l’ultimo in ordine di importanza era il Dio “Orò” (Sovrano del Mondo). All’epoca del viaggio, però, oltre alla religione indigena si praticava la religione protestante e quella cattolica. Infatti, ci dice Umberto che a seguito dell’ammutinamento di una flotta inglese con conseguente sbarco dei marinai ammutinati, gli inglesi sposarono alcune indigene vivendo per anni in loco. Ovviamente, il governo inglese non vedendo rientrare l’equipaggio del “Bountey”, mandò un altro vascello alla ricerca dei dispersi.

Il vascello in questione, giunto a Tahiti, scoprì che erano sopravvissuti solo quattro marinai che vennero impiccati per i delitti commessi. Naturalmente lo spirito coloniale che animava gli inglesi li indusse a spingersi in quelle terre per tentare una colonizzazione e una conversione religiosa, che Umberto ci descrive avvenuta con successo. Le missioni cattoliche, però, non rimasero certo inerti, ma si prodigarono anch’esse nell’opera di divulgazione della propria religione. La rivalità tra gli anglicani e i cattolici era talmente accesa che gli inglesi chiesero al Re Pomarè (sovrano dell’isola), di intimare ai francesi ed ai cattolici di lasciare immediatamente il proprio Stato. Cosa che accadde, anche se gli inglesi non avevano considerato un fattore importantissimo che avrebbe cambiato le sorti degli espulsi. Infatti, la Regina Pomarè

invaghitasi di un ufficiale della marina francese, concepì con questi un figlio. Il Re, avendo avuto notizia che l’unico figlio tanto desiderato non era suo legittimo discendente, decise, in punto di morte, al fine di diseredarlo, di donare il trono alla Francia in cambio di una rendita annua di 60 mila franchi.. Sul punto Umberto dice, con una certa ironia: “ora il Re è guarito e vive diviso dalla moglie che seguita ad essere la ganza dell’ufficiale francese….”. Come si può facilmente evincere dal racconto la società tahitiana era una monarchia divisa in tre classi sociali: Arii (principi), i Roatira (borghesi e piccoli proprietari) ed i Manohune (il popolo). Umberto assai lieto dell’incontro con la popolazione tahitiana ci narrerà nel prossimo racconto la visita a bordo della Regina Maran.

Appuntamento annuale che vanta una lunghissima tradizione che risale al XVII, la Fiera Campionaria della Madonna della Mercede, che si svolge a Campi Salentina la terza domenica di ottobre e giunge alla 213a edizione. L’evento avrà luogo domenica 17 e lunedì 18 ottobre. Già nei giorni precedenti un programma ricco di eventi collaterali fa da cornice alla Fiera Campionaria che invaderà, le principali arterie cittadine. In particolare le bancarelle del commercio, dell’artigianato e della gastronomia occuperanno la circonvallazione principale che attraversa l’intero territorio comunale, viale Nino di Palma, via Squinzano, via Madonna della Mercede e via Luca Rosati. Venerdì 15 ottobre si entra nel vivo della manifestazione l’Ente Fiera e si parte con la conferenza stampa di presentazione e un convegno sui grandi vini del Salento, a cui parteciperanno le grandi aziende vitivinicole salentine, esperti

del settore e politici. In serata l’inaugurazione della mostra collaterale, a Casa Prato, in via San Giuseppe dell’artigianato locale, a cura dell’Associazione “La rete di Maia”. Sabato 16 ottobre mattina la tradizionale inaugurazione della Fiera con il taglio del nastro da parte del Presidente dell’Ente Fiera, Ugo Vergari, con il sindaco di Campi Salentina, Roberto Palasciano. È prevista anche la presenza del Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Al seguito il corteo delle autorità civili e politiche, militari e religiose che si dirigeranno verso la Chiesa Madonna della Mercede per la celebrazione della Santa Messa. In serata il centro storico cittadino si animerà di musica, danze e dei cantori e degli artisti di strada, oltre al profumo dei prodotti tipici locali. Carne cotta alla brace e i vini del Salento inebrieranno cuore e spirito dei visitatori intenti a vagare tra vie e viuzze, corti e giardini, degustando preliba-

tezze gastronomiche nostrane. Le migliori osterie, i più noti ristoranti e le più antiche cantine, saranno presenti nel centro storico di Campi anche domenica e lunedì sera. Sarà questo il programma di “Degustando. Colori, profumi e sapori nel centro storico cittadino”. Ogni serata, inoltre, si esibirà un diverso gruppo di giovani artisti salentini, dalla musica rap al rock, fino ai grandi classici e alle migliori produzioni straniere. Domenica mattina, a partire dalle 7 fino alle 14, entrerà nel vivo la Fiera tra le più note del Salento. Le strade si affolleranno di commercianti, artigiani e espositori. Per accogliere visitatore provenienti dalle province limitrofi. Il lunedì mattina sarà come consuetudine dedicato ai campioti, con la Fiera a ranghi leggermene ridotti fino all’ora di pranzo. Ma il Presidente Vergari preannuncia per il programma 2010 altre novità. Sara Foti Sciavaliere

TREPUZZI/L’associazione Tommaso Caretto a sostegno delle famiglie

Tornano i laboratori creativi L’Associazione “Tommaso Caretto Onlus” di Trepuzzi aiuta le famiglie in difficoltà economica, sociale e culturale a combattere il disagio. Era il 2004 quando l’Associazione pensò per la prima volta di garantire servizi di doposcuola ai bambini disagiati delle scuole elementari e medie. Ora l’appuntamento si rinnova e apre le porte ad adulti e ragazzi interessati alle attività proposte. A partire dal 15 ottobre e fino al 29 ottobre 2010 saranno aperte le iscrizioni dei ragazzi ai laboratori che loro stessi sceglieranno. Dal 3 novembre cominceranno poi i corsi veri e propri, con una proposta molto ampia, che recupererà attività antiche quali uncinetto, ferri e ricamo, ma si estenderà dalla fumettistica all’informatica, dalla pizzica ai balli di gruppo, per finire alla podistica, al cineforum e alla fotografia. Luoghi

di svolgimento del progetto saranno la sede dell’associazione, le palestre della Scuola Primaria di via G. Elia e di via Edificio Scolastico, lo stadio comunale Vittorio. I volontari, con professionalità e maestria, seguiranno bambini ed adulti nelle attività proposte. In occasione della festa di chiusura, i manufatti dei laboratori e le produzioni di fumettistica saranno esposti e venduti in un mercatino. Inoltre, i frequentanti dei laboratori di pizzica, balli di gruppo e podistica esibiranno quanto appreso nel corso dei mesi grazie a dei brevi saggi, e lo stesso faranno gli allievi dei laboratori di fotografia e informatica, rispettivamente con una mostra e un cortometraggio. Come ogni anno ai laboratori creativi l’associazione affiancherà dei corsi di formazione per genitori, nei quali inter-

IN GALLERIA

verranno, come relatori, specialisti della comunicazione, psicologi, psichiatri dell’infanzia, giudici del Tribunale dei Minori. Le iniziative dell’associazione “Tommaso Caretto” mirano ad arricchire le opportunità del tempo libero dei ragazzi con percorsi educativi che integrino quelli istituzionali. In tale ottica si inserisce il Progetto Emergenza Terra, l’ultima iniziativa attivata il 18 maggio 2010 in collaborazione con la Comunità Emmanuel e il Comune di Trepuzzi, che si concluderà nel 2012. Il progetto vedrà coinvolti un gruppo di ragazze e ragazzi dai dodici ai diciotto anni, che si impegneranno in laboratori di musicarterapia, ricerca e narrazione, ippoterapia, con lo scopo di restituire agli adolescenti luoghi di scambio, di socializzazione e di condivisione dei vissuti. Andrea Ciardo

di Alessandra De Matteis

Se sei così, ti dico sì di Eugenio Cappuccio La Puglia continua a conquistare il cinema, infatti proprio in questi giorni sono iniziate le riprese della commedia “Se sei così, ti dico di sì” diretta da Eugenio Cappuccio e che vede come protagonisti l’inedita coppia Emilio Solfrizzi e Belen Rodriguez. La trama del film racconta di Piero Cicala (interpretato da Emilio Solfrizzi), che con la canzone: “Io, te e il mare“, ha raccolto il suo unico successo, negli anni ottanta. Nel paesino pugliese dove abita, Piero ha il suo giro di conoscenze e amici: lavora nel ristorante diretto dalla sua ex moglie e passa il tempo con l’amico ex musicista e barbiere, con i suoi colleghi di lavoro, e con un polpo in una vasca con cui parla ogni tanto! Conduce una vita modesta, ma all’improvviso arriva la proposta di un’importante trasmissione Tv, per la quale deve recarsi a Roma. Nella capitale Piero incontra la famosa Talita Corte’s

(interpretata da Belen Rodríguez), che è al centro del mondo del gossip. I fans della ragazza circondano addirittura l’albergo di Roma in cui alloggia e dove si trova anche Piero, perciò l’incontro tra i due avviene sotto gli occhi di tutti! Un susseguirsi di eventi comici e grotteschi, suscitati dai capricci della diva Talita e dall’inadeguatezza apparente del cantante pugliese Piero, li porta verso una direzione inaspettata... . Il film, nato da un’idea di Antonio Avati, distribuito da Medusa, sarà nei nostri cinema dal 2011 e i ciack saranno divisi fra Roma, Puglia e persino il Texas. Fra i protagonisti della commedia troviamo anche gli attori Iaia Forte, Roberto De Francesco, Francesca Faiella, Salvatore Marino, Totò Onnis, Michele Venitucci, Manuela Morabito e Roberto Zibetti. Inoltre, Emilio Solfrizzi, On-

nis e Venitucci, non sono gli unici pugliesi in scena, tanti gli attori della regione come: Fabrizio Buompastore, Gaetano D’Amore, Azzurra Martino, Pinuccio Sinisi, Vito Cassano, Lucia Lanzolla, Vincenzo Grassi, Marco Montingelli, Vito Lisi. “Se sei così, ti dico Si”, che è prodotto con la partecipazione di Apulia Film Commission è solo l’ennesimo riconoscimento per la nostra incantevole terra che ormai da tempo non fa altro che conquistare il cuore del grande schermo.


L’Ora del Salento 14

Lecce, 16 ottobre 2010

appunti

Maria Duenas. La notte ha cambiato rumore “La notte ha cambiato rumore” della scrittrice spagnola Maria Duenas, è un romanzo di ben seicentocinquanta pagine. Uno di quei romanzi per cui si pregusta il momento di quando ci si potrà rilassare e dedicarsi alla lettura. Maria Duenas, nata in Spagna nel 1964, è laureata in Filologia inglese ed è titolare della cattedra di Filologia e Letteratura inglese all’Università di Murcia. Ha insegnato anche in alcune università nordamericane e ha scritto numerosi saggi accademici e partecipato a diversi progetti educativi, culturali ed editoriali. La sua famiglia materna ha vissuto a Tetuán negli anni del Protectorado Espanol in Marocco e, partendo dai ricordi e dalle narrazioni di quell’epoca, è nato il suo romanzo d’esordio, “El tiempo entre costuras”, questo il titolo originale, “La notte ha

cambiato rumore” qui in Italia, edito da Mondadori. La protagonista, e voce narrante, è Sira Quiroga, e la storia che ci racconta copre la prima metà del secolo scorso, spostandosi dalla Spagna al Marocco, poi ancora a Madrid e da lì a Lisbona, negli anni terribili della guerra civile in Spagna e della seconda guerra mondiale, quando la Spagna in teoria era neutrale ma appoggiava in segreto, neppure tanto segreto, la Germania. Effettivamente, “La notte ha cambiato rumore” è un romanzo di formazione: Sira cambia, diventa qualcuno di interamente diverso nell’arco degli anni, è obbligata ad imparare a essere un’altra, ed anche in fretta, sotto i colpi della vita. La conosciamo giovanissima, è nata nel 1911, cresciuta solo con la madre, incontrerà il padre per la prima volta a vent’anni, e diverse al-

c@ttolici in rete argo

prenditore visionario ed un amante appassionato che avrebbe sconvolto la vita di Sira dall’oggi al domani. Prima dello scoppio della guerra civile, infatti, pianta il fidanzato e si trasferisce insieme a Ramiro in Marocco. La Spagna, alla fine degli anni Venti, era una polveriera: la Repubblica federale stava per essere spazzata via da una sanguinaria guerra civile, guidata dal leader nazionalista Francisco Franco. Ramiro e Sira avevano fatto giusto in tempo a radunare le loro cose e, grazie ad un’inattesa eredità, avevano lasciato il paese alla volta del Marocco, luogo che, sin dal 1912, era posto sotto il protettorato spagnolo. Ma una volta a Tangeri, Sira si ritrova ben presto sola, ingannata e piena di debiti. Ma la nostra protagonista non si abbandona alla disperazione. Una volta raggiunto il protettorato spa-

M U S I CALM E NTE Effata.org e i 13.845 siti cattolici Balletto del Sud, La Traviata Anna Rita Favale

IL POLLICE

PARLIAMO DI... All’interno dei tantissimi talk show trasmessi dalle nostre televisioni con la conduzione di bravi e collaudati giornalisti di lungo corso, merita grande attenzione, ovviamente, quello che Gad Lerner porta avanti da tempo su La7, non fosse altro che per il costante legame con l’attualità e con tutti i suoi risvolti. Anche quelli più futuribili. Ecco, allora, che dall’osservazione della contemporaneità politica italiana, alquanto confusa come ben vediamo e sappiamo, Lerner costruisce una nuova trasmissione de “L’infedele” (La7, ore 21,10) incentrata tutta sul federalismo, e su quanto sullo stesso si dice e si continua a dire. Tra verità e menzogne, tra conoscenze e incompetenze, tra posizioni favorevoli e contrasti. Cercando, alla fine, di comprendere e di farci comprendere i significati e i risvolti di questa “rivoluzione epocale”, guardando anche a certe e non condivisibili esasperazioni. E lo fa in due ore e passa di trasmissione che hanno visto partecipare tra gli altri Gabriele Albertini, Giuliano Pisapia e Alberto Statera.

Vincenza Sava

lor@delavoro di Samuele Vincenti La nostra Nazione si prepara a festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e non mancano le iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su questa importante ricorrenza. L’associazione “Amici dell’Università Cattolica”, espressione dell’Istituto di Studi Superiori “G. Toniolo”, insieme ad altri partner appartenenti alla sfera cattolica, ha bandito, per l’anno scolastico 20102011, il concorso nazionale dal titolo “Fratelli d’Italia - 150 anni dall’Unità” aperto agli studenti della scuola primaria, che già frequentano la classe terza, agli allievi degli istituti di secondaria di primo e secondo grado, e ai ragazzi compresi nella fascia di età che va dagli 8 ai 18 anni

tre volte dopo la fine della guerra civile. La madre fa la sarta e le insegna a cucire, ma il fidanzato ha altre aspirazioni per lei. Infatti Sira lavorava in un modesto atelier di Madrid e non aveva mai pensato di imparare la dattilografia, ma il suo fidanzato l’aveva convinta. Secondo Ignacio, a pochi mesi dal matrimonio, era giunto il momento per entrambi di tentare la carriera impiegatizia. Sira aveva accettato l’idea mestamente, non immaginando che proprio quella macchina da scrivere Hispano-Olivetti sarebbe stato lo strumento che le avrebbe sconvolto l’esistenza cambiando il suo destino. Dietro la porta a vetri di un negozio di prodotti per ufficio Sira incontra Ramiro Arribas, carismatico imprenditore, che riesce a trapassarla con un solo sguardo. Se ne innamora follemente. Era un uomo intraprendente, un im-

marialucia andreassi gnolo di Tetuàn, Sira riesce ad aprire un atelier di alta moda che, grazie al suo gusto ed alla sua forza di volontà, diventa un punto di riferimento per le signore più ricche ed influenti della città. Qui il destino di Siria subisce una svolta imprevedibile, intrecciandosi con quello di un variegato gruppo di personaggi, alcuni dei quali storicamente esistiti. Il romanzo si mescola alla storia e a personaggi reali della politica degli anni Trenta, fornendo spunti biografici inediti che nulla tolgono al piacere della lettura. Un romanzo leggero e coinvolgente. Ve lo consiglio. MARIA DUENAS, La notte ha cambiato rumore, Edizioni Mondadori,

Prima cosa importante è l’indirizzo del sito “Effatà”: www.effata.org, si scrive “effata” tutto minuscolo e l’ultima “a” senza accento. Di solito tutte le vocali accentate vengono sostituite negli indirizzi dei siti. Nella home page, l’autore del sito, Marco Volpe si presenta e ci comunica dove è nato questo portale: il Punto Giovane di Riccione (www.puntogiovane.org) che costituisce il polo della pastorale giovanile delle 6 parrocchie di Diramare. “Il Punto Giovane è un luogo e un modo di aggregare, valorizzare, educare ed evangelizzare i giovani” (dal sito puntogiovane.it). Poi l’autore specifica che per la costruzione di questo portale, si è ispirato al portale di Francesco Diani (www.siticattolici.it). Da notare che la collaborazione on-line è molto diffusa soprattutto per rendere velocemente disponibili notizie ed esperienze. A questo riguardo il sito www.lachiesa.it è un esempio lodevole di questa collaborazione virtuale. In questo sito troviamo un vero e proprio calendario liturgico on-line, con tanto di supporto alla liturgia del giorno corrente e la proposta di alcune omelie per la prossima domenica. Tra gli autori troviamo anche don Giovanni Benvenuto. Tornando al nostro sito “Effatà”, è da apprezzare la semplicità di navigazione, perché organizza i siti in categorie o canali tematici immediatamente recuperabili grazie ad una veloce ricerca per nome organizzata alfabeticamente che si aggiorna quotidianamente. Uno stile immediato e veloce anche per chi non possiede una connessione veloce o la realizza con un apparato mobile come il cellulare, dove il display non è sufficientemente ampio. I siti più visitati: per le associazioni, quello ufficiale dell’Azione Cattolica (www.azionecattolica.it); per i movimenti, quello del Rinnovamento nello Spirito (www.rns-italia.it) e del cammino Neocatecumenale (www.camminoneocatecumenale.it) e per le banche dati Qumran Net (www.qumran2.net) e quello per scaricare musiche in mp3 o testi e spartiti musicali per tutte le occasioni (www.cybermidi.net). Il portale permette il collegamento ragionato in sezioni con 13.485 siti cattolici (aggiornato al 12 ottobre 2010). Buona navigazione.

Lo spettacolo è un omaggio al celebre soprano Maria Callas, ai 30 anni dalla morte. La Traviata è sicuramente il titolo che più ha segnato il successo popolare di questa grande artista anche grazie alla sapiente guida del genio di Visconti che l’ha resa indimenticabile nelle recite al Teatro alla Scala del 1955. Nella performance, la sua voce inconfondibile anima le coreografie supportate da preziose immagini fotografiche, dalle musiche Giuseppe Verdi e Iannys Xenakis. Nel 1844 a Parigi Alexandre Dumas figlio conosce Marie Duplessis, la donna che gli ispirerà il suo più noto romanzo La signora dalle camelie. Per l’epoca in cui fu scritto affronta un tema scandaloso. È stato infatti oggetto di critiche e interpretazioni diverse ed ha suscitato lo sdegno dei benpensanti per il tema trattato e ha commosso migliaia di lettori nel mondo. È la storia dell’infelice amore tra Margherita Gautier e Armando Duval. Infelice perché contrastato in nome delle buone regole piccolo-borghesi. Lei è infatti la mantenuta, abituata a vivere nel lusso, a indossare abiti sontuosi, a essere circondata di gioielli e accessori preziosissimi che si innamora del giovane di buona famiglia Armando. Ottenne immediato successo e lo stesso Dumas ne scrisse una versione teatrale. Tuttavia, la fama de La signora delle camelie è legata soprattutto alla trasposizione in musica composta da Giuseppe Verdi, La traviata, che venne rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia il 6 marzo 1853. Margherita Gautier, o Violetta Valery ne La Traviata, é diventata nel tempo un simbolo, interpretato da celeberrime donne di spettacolo: Eleonora Duse, Greta Garbo, Maria Callas. Margherita non si sente degna di Armando e soffre la distanza morale e sociale che li separa. Armando d’altro canto si sente in colpa nei confronti della propria famiglia e della stessa Margherita per averla, in qualche circostanza, umiliata e fraintesa. Disperato tentativo di riscatto e incompreso sacrificio emergono dal racconto dando vita a una narrazione che oggi potremmo definire “una storia d’altri tempi”, ma che certamente continua ad affascinare e a suscitare sensazioni, emozioni con la stessa forza di un tempo. Delicato e struggente. Fredy Franzutti è uno dei coreografi più apprezzati nel panorama nazionale. Ha lavorato per Carla Fracci, per il Bolscioj, per l’Opera di Roma, di Sophia, Montecarlo e Bilbao e per il Bellini di Catania partecipando a numerose produzioni liriche. Dal 1995 dirige il Balletto del Sud, una delle più apprezzate compagnie italiane di danza. Il 21 ottobre 2010 alle ore 20.45 presso i Cantieri Teatrali Koreja a Lecce; biglietto d’ingresso 15,00, info tel.: 0832.242000.

150 anni dell’Unità d’Italia: concorso all’Università Cattolica

già iscritti alle associazioni promotrici. Il concorso si svilupperà in 3 sezioni: Narrativa, Iconografia, Multimedialità. Per la prima area, sarà chiesto agli studenti di riscrivere l’inno nazionale, esprimendo in forma poetica i valori fondativi della Nazione italiana. L’obiettivo è far riscoprire ai ragazzi i principi ispiratori dell’Unità d’Italia e creare un dibattito all’interno delle classi che possa rievocare il sentimento che ha animati i nostri padri. Nella sezione Iconografia, le classi partecipanti dovranno realizzare un manifesto che rappresenti ciò che ha caratterizzato la nostra storia nazionale, ciò che ha contribuito a costruire la nostra

identità, ciò che ci rende orgogliosi di essere italiani. Non ci sono limitazioni per la tecnica da utilizzare: si potrà scegliere tra pittura, grafica al computer, tratto a mano, o qualunque altra tecnica. L’unica limitazione è contenere la creatività dei ragazzi nel formato cartellone, pari a 50 x 70 cm. L’ultima sezione invece è dedicata alla Multimedialità. Si dovrà realizzare un video, con cartoni animanti o montaggio di scene riprese con videocamera della durata compresa tra i 3 e i 5 minuti. Anche in questa area è lasciato spazio ai concorrenti per la fantasia e la creatività: l’unica limitazione, che tuttavia è più indicato chiamare come traccia, è il tema: “Tra

passato e futuro: i giovani e l’Italia”. Il concorso è totalmente gratuito e saranno ammessi al concorso tutti gli elaborati che perverranno entro il 14 febbraio 2011 all’Associazione Ragazzi Amici dell’Università Cattolica, Largo Gemelli 1 - 20123 Milano. La Giuria si riunirà nella settimana compresa tra il 4 e l’11 aprile 2011 presso la sede dell’Associazione a Milano e, con giudizio insindacabile, proclamerà i vincitori. La pubblicazione delle graduatorie sarà inserita sul sito www.istitutotoniolo.it intorno alla data del 18 aprile 2011. Ci sarà poi la festa conclusiva, nel corso della quale avrà luogo la premiazione, che si terrà ad Assisi, città natale di San Francesco, il patrono d’Italia, nel

pomeriggio del 13 maggio 2011. Ad essa saranno invitati tutti i partecipanti al Concorso, previa prenotazione scritta per fax (02.72345494) o per posta elettronica all’Associazione Amici dell’Università Cattolica (associazione.ragazzi@unicatt.it). Ogni tipo di spesa (trasporto, vitto, alloggio) sarà tuttavia a loro carico diretto. Sarà invece cura dell’Organizzazione ospitare gratuitamente i vincitori primi classificati, provvedendo sia alle spese di viaggio, sia a quelle di vitto e alloggio per il soggiorno dalla cena del 13 maggio al pranzo del 14 maggio 2011. Le prove risultate vincitrici e quelle ritenute più interessanti, potranno eventualmente essere pubblicate sulla rivista “Incon-

tro” dell’Associazione Amici dell’Università Cattolica e nel sito internet ad essa collegato. Gli elaborati di carattere iconografico, plastico o narrativo spediti alla Direzione del Concorso non saranno restituiti agli autori, anche se non premiati o non pubblicati. Una selezione degli elaborati iconografici sarà donata alla Pinacoteca dell’età evolutiva PInAC “Aldo Cibaldi” di Rezzato (BS), ai fini della loro custodia e per l’eventuale esposizione in occasione di mostre tematiche inerenti. Per ulteriori informazioni, ci si può rivolgere all’Associazione Amici dell’Università Cattolica, tel. 02/72342817, e-mail associazione.ragazzi@unicatt.it.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 16 ottobre 2010

lo sport Dopo il botta e risposta tra Semeraro e De Canio gli animi sembrano sedati. Si va all’Olimpico di Torino sperando di non tornare a mani vuote. Un punto sarebbe un tesoretto

L’ASSIST di Paolo Lojodice

La Signora dopo la tempesta La pausa imposta al campionato dagli impegni della Nazionale di Prandelli avrebbe potuto consentire anche al Lecce di tirare il fiato e ossigenarsi con l’aria frizzante degli otto punti in classifica. Tutto bene quindi, in vista del match con la Juventus all’Olimpico, se il prudente ottimismo, che accompagnava i progressi in campo e in classifica, non fosse stato turbato dalla polemica nata dalla esternazione del presidente Pierandrea Semeraro cui il tecnico De Canio ha risposto. Della vicenda, al di là della cronaca, quel che resta è ciò che realmente conta e aveva valore fin dallo scorso anno: De Canio continuerà a lavorare per migliorare il Lecce, con il placet del patron dott. Giovanni Semeraro. Per il resto la “boutade” appartiene a tutti, anche al presidente nominato. Per quanto attiene al fatto più genuinamente sportivo è bene ritornare alle dinamiche del campionato che indicano in dieci i giorni effettivi che il Lecce ha avuto per mettere a fuoco, nel miglior modo possibile, il match contro una Juve che, reduce dell’ottimo pareggio a San Siro contro i Campioni d’Italia dell’Inter. La formazione bianconera sembra avviata - questa dovrebbe essere la volta buona dopo tanto penare per un così alto blasone - a riappropriarsi delle credenziali

che le competono per storia e tradizione e a occupare il ruolo di primo piano che il calcio italiano ed internazionale, nel tempo, le hanno riconosciuto. Sul versante giallorosso, i miglioramenti della tenuta in campo della squadra uniti a una costante crescita tecnica del collettivo costituiscono, per il tecnico lucano del Lecce, un buon punto di partenza per la ripresa del torneo. La vittoria casalinga sul Catania ha sancito il raggiungimento di un punto di snodo per l’undici di De Canio, il conseguimento dell’“obiettivo giusto”: la vittoria interna e l’aggancio in classifica degli etnei, considerati diretti rivali per la permanenza in A è stata quanto mai auspicabile nell’economia del campionato dei salentini, fondamentale alla luce dell’ulteriore recupero e superamento, sia pur di un solo punto, di Cesena, Bologna e Cagliari. Qualche preoccupazione in più per il Lecce ci sarebbe stata se la situazione non fosse mutata per come è accaduto: dalle retrovie dovranno emergere quelle formazioni che, per forza di cose, sono destinate a risalire la china, difficile ipotizzare un faticoso stazionamento dei vicecampioni d’Italia della Roma al penultimo posto; che dire poi della Fiorentina, ex aequo con i capitolini e il Parma appena un punto sopra l’Udinese attuale fanalino di coda. Per l’ambien-

S

L’ALTRO

te leccese un altro motivo di relativa soddisfazione in campo e fuori: l’aggancio in classifica del Bari. La ripresa del campionato però ripropone il Lecce in ritardo su Brescia (-1) e Chievo (-2) che, in chiave salvezza devono essere “puntate” dai salentini alla stessa stregua di Bari, Cesena e Bologna. Intanto il disegno del Mister non prevede speculazioni e previsioni di sorta sulla carta, il valore della prestazione, di partita in partita, è un caposaldo imprescindibile, per il tecnico lucano da preparare con totale dedizione e concentrazione; a questa regola risponde anche l’appuntamento con la Juve che ha saputo mutare abito o addirittura pelle e da formazione con la peggior difesa

dopo cinque giornate, ha trovato assetti ed equilibri tali da subire un solo gol in due confronti top: contro il Manchester City in Euro League e l’Inter in campionato. Del Neri ha saputo portare dei correttivi con l’ingresso di Grygera, un esterno basso puramente difensivo, alle difficoltà sui tagli degli esterni avversari, dovuti anche all’impiego di esterni più portati a spingere che a coprire. Chiellini e Bonucci, i centrali della Nazionale, migliorano l’intesa e dimostrano di assimilare gli schemi di Del Neri. Inoltre Krasic, dichiarato indispensabile dal tecnico bianconero. Per De Canio c’è materiale a sufficienza per rientrare nell’agone dopo la pausa di campionato.

MONDO Si riparte con più slancio nel segno dei valori Ci riSIamo anche quest’anno!!! Il Csi di Lecce riapre i battenti e rilancia l’attività sportiva giovanile con nuove iniziative, con grande entusiasmo e con la voglia di riuscire a lasciare un segno importante nel proprio territorio. In questi ultimi quattro anni il Csi ha aumentato il numero dei tesserati (toccando la soglia dei 4000 tesserati) e ha raddoppiato il numero delle società sportive affiliate, ma poiché i numeri non sono tutto, bisogna sottolineare anche la grande attenzione che il Comitato Provinciale di Lecce ha dimostrato nei confronti della formazione (i corsi per dirigenti, per arbitri di diverse discipline e il corso per animatori in Parrocchia, sono solo un esempio di quanto è stato realizzato). L’attività sportiva, che privilegia la realtà giovanile e che incentiva la cultura dello sport per tutti, si snoda attraverso la realizzazione di campionati provinciali di Calcio A5, di Calcio A11, di Pallavolo, Pallacanestro e di Tennis Tavolo che è diventato ormai negli ultimi anni una disciplina praticata da numerose società sportive. Tuttavia, sono molte le strade che il Csi è pronto a praticare proponendo nuove discipline sportive come la corsa campestre o altre discipline che servano a coinvolgere le società, i ragazzi e le loro famiglie. Le associazioni sportive e le Parrocchie, già affiliate lo scorso anno, iniziano a riaffilarsi, ma questo è il tempo anche per quelle non ancora affiliate di potersi avvicinare alla grande famiglia del Csi che da sempre cerca di essere vicina ai ragazzi per educarli ai valori cristiani attraverso lo sport. Proprio per questo motivo il binomio Csi - Oratorio può diventare uno strumento determinante per le realtà parrocchiali per provare ad essere presenti nelle realtà giovanili con un progetto sportivo e formativo che riesca ad attecchire in modo proficuo tra i bambini, i ragazzi e i giovani. Le associazioni che si affiliano al Csi sanno di poter contare su una struttura efficiente in grado di seguirle nelle diverse tappe che coinvolgono una società sportiva, ma soprattutto sanno di aderire ad un percorso formativo e sportivo in cui ciascuno può confrontarsi ed accrescersi in molti modi. Inoltre il Csi di Lecce è diventato ormai una grandissima famiglia nella quale tutte le associazioni possono usufruire di una rete di rapporti e di legami di amicizia che consentono di vivere un’esperienza veramente esaltante. Dopo tutto questo non resta altro che dire che non si può non aderire al Csi. Le iscrizioni sono aperte possono essere effettuate presso la Segreteria dell’associazione in Via Siracusa n°50, che sarà aperta il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle ore 17.00 alle ore 21.00, tel. 0832.392809. Andrea Iurlaro

PORT

CALCIO SERIE D

Virtus Casarano: il bello deve ancora arrivare L’ambiente rossazzurro si gode i risultati in attesa della trasfera di Angri ma soprattutto del bel gioco. Aspettando l’ insidiosa trasferta di Angri, la Virtus Casarano si guarda allo specchio e tira i primi bilanci di questo inizio stagione. Dopo il polverone estivo sollevato dalle inattese dimissioni di Paride De Masi, la società casaranese risponde presente anche quest’ anno ad un ruolo da protagonista nel campionato di serie D. Un’affermazione che pare più semplice a dirsi piuttosto che a farsi, soprattutto se si pensa allo tsunami che si è abbattuto sul Casarano in tempi non sospetti. Per registrare i primi cambiamenti bisognerà risalire al 6 giugno scorso , quando la società salentina ha cambiato volto con la presentazione dell’ attuale allenatore Antonio Toma e del direttore sportivo Cosimo Nocere, rispettivamente a sostituire mister Bianchetti e il D.S. Franco Elia. Una doppia mossa che ha tracciato un nuovo progetto, con il chiaro intento di riportare il Casarano ai fasti di un tempo. Percorso scritto insieme al binomio De MasiItalgest e che a distanza di poche settimane ha vissuto il ribaltone che non ti aspetti, l’abbandono di Paride De Masi e la conseguente caduta dello sponsor Italgest che per anni è stato non solo il marchio per eccellenza, ma la fortuna della città

Casarano, la favola è appena iniziata. Destinati a recitare un ruolo da protagonisti

sportiva Casaranese. Scelta, quella dell’ ex presidente, che ha colto di sorpresa l’ intero ambiente e che in poco tempo ha destabilizzato tutta la piazza. Periodo che è coinciso con il sogno ripescaggi al termine della scorsa stagione chiusa al terzo posto in classifica. Una domanda (per l’iscrizione al campionato di seconda divisione Lega Pro) che non è stata più presentata, complice le dimissioni di De Masi e l’ingombrante fideiussione da pagare in due rate. Insomma un cocktail di negatività che eufemisticamente parlando ha destato non poche perplessità in ottica futura a tutto l’ambiente. Ma nonostante le difficoltà e i malumori generali di una società allo sbando, la famiglia De Masi (grazie soprattutto al fratello Ivan) è rimasta al timone della squadra garantendo il prosieguo del nuovo corso targato TomaNocere. Le vicende societarie e i cambiamenti ai vertici si sono riflessi an-

che nello spogliatoio; e giocatori del calibro di D’Anna (destinazione Racale), Fazio (accasatosi a Gela) e Villa (ad Andria) hanno cambiato maglia dopo aver scritto pagine importanti della storia casaranese recente. Cessioni che coadiuvate dagli sforzi economici del club, hanno portato tra le file della Virtus nomi di rilievo come Mignogna, Tafani, Da Silva, Dipasquale, Paglialunga, Di Miceli, Guaita e Chiricò; rinforzi che vanno a rimpinguare una rosa già competitiva per la categoria. Colpi di mercato che hanno ridato fiducia a tutta la piazza e che hanno aiutato a metabolizzare più in fretta le ultime delusioni. Gettate le basi per la ricostruzione della squadra, al nuovo tecnico è spettato il compito di esaltare le qualità dei singoli con l’obiettivo di fornire un gioco spettacolare e spumeggiante oltre che vincente. Non esattamente come bere un bicchier d’acqua il giocattolo mes-

so in mano a mister Toma, che oltre a fare i conti con l’ambiziosa tifoseria rossazzurra deve far assimilare nel più breve tempo possibile automatismi e meccanismi di gioco a tanti volti nuovi. Attualmente la squadra risponde bene e dopo sei giornate occupa il secondo posto in classifica con 13 punti in coabitazione con il Gaeta. Fatta eccezione dello scivolone in casa del Boville, la Virtus ha conquistato punti importanti contro Ostuni, Grottaglie, Gaeta e Pomigliano passando per il pari di Pisticci. Archiviato il successo per 1 a 0 nel big-match casalingo contro il Pomigliano, gli uomini di mister Toma proseguono gli allenamenti con lo scopo di dare continuità di risultati a partire dal prossima sfida sul campo dell’Angri. Almeno sulla carta i salernitani appaiono essere un boccone appetitoso per i rossazzurri, ma la trasferta in terra campana può nascondere delle insidie, soprattutto se si considera la voglia di riscatto dei grigiorossi, ancorati sui bassi fondi della classifica e reduci da quattro sconfitte consecutive. Contrariamente a quanto si potesse attendere, in queste prime uscite la compagine salentina ha scoperto una difesa solida con sole tre reti al passivo e un attacco che stenta a decollare a causa dei ritardi di condizione di alcuni giocatori chiave. Argomento dal quale De Miceli, (match winner dell’ ultima partita), raccoglie l’assist e sostiene: “quando tutti saremo fisicamente al top ci sarà da divertirsi; non

avete visto ancora il vero Casarano”. In attesa del calcio champagne, i supporter casaranesi si godono cinismo e concretezza della loro squadra. Paolo Conte


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