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Lecce, 3 ottobre 2009

UN EURO

L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XIX, n. 32

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 3 ottobre 2009

L’ASSEMBLEA PASTORALE DIOCESANA

Credenti e credibili

Grande partecipazione di sacerdoti, religiosi e laici all’incontro di programmazione del nuovo anno

di Nicola Paparella Così il Papa vuole che siano coloro che si candidano a guidare le sorti dei popoli: credenti e credibili. Benedetto XVI parlava, lunedì scorso, in Cecoslovacchia, durante il suo viaggio nelle terre di San Venceslao; ma il suo discorso vale per tutti i Paesi e per ogni tempo. Credenti e credibili. Che è come dire: irreprensibili, onesti, trasparenti, laboriosi, competenti, leali ed attenti ai bisogni della comunità. La credibilità appartiene alla persona, ma trova conforto e conferma all’interno dei gruppi e degli schieramenti. Non si è credibili quando gli scandali contaminano una compagine di governo; e non si è credibili quando il vizio e l’immoralità offuscano i comportamenti pubblici e quelli privati. Non si è credibili quando si lascia che l’interesse privato faccia agio su quello pubblico o quando si è severi con i deboli e indulgenti con i potenti. Ci sono ampie zone di ingiustizia nel nostro Paese, dove crescono le disuguaglianze insieme al numero di coloro che vivono entro la soglia di povertà. Se c’è bisogno di riforme, la prima e più urgente riforma passa attraverso le coscienze ed invoca moralità, concordia, sobrietà, coerenza e grande solidarietà. Ci sarebbe bisogno di un grande progetto politico, anche al di là degli attuali schieramenti, per chiamare all’impegno attivo anche coloro che per discrezione o per disagio se ne mantengono lontani. Si deve poter guardare al futuro ed affrontare le grandi emergenze del momento. La disoccupazione è cresciuta del 50%; il ricorso alla cassa integrazione risulta addirittura quadruplicato. Aumentano i delitti contro la persona. La droga contamina i giovani e i ragazzini e dilaga nei festini che allietano i principi del potere e della corruzione. Il nostro rapporto con la natura è seriamente compromesso: fra inquinamenti delle falde, emissioni tossiche, cementificazioni incontrollate e disordini nel confezionamento degli alimenti non sappiamo più come sarà la terra che lasceremo in eredità ai nostri nipoti. È necessaria una inversione di marcia. Abbiamo bisogno di un piano regolatore della qualità della vita. Abbiamo urgente bisogno di nuove regole della convivenza, di un nuovo patto sociale, di nuovi spazi di solidarietà. I vecchi schemi della ideologia hanno fatto il loro tempo, né potranno servire i meccanismi messi in piedi dagli schieramenti che oggi si contendono il potere. Il consenso e il mercato non servono alla persona ché anzi, in molte occasioni ne è rimasta sfigurata. Occorre uno sforzo di credibilità, assecondato da una pluralità di cittadini che sappiano essere fedeli ai valori in cui dicono di credere, e che abbiano il gusto di lavorare per il bene comune. Perché non accada che domani qualcuno debba chiedere: “…dov’eri tu, nel momento della crisi e del bisogno?”.

La Chiesa del dialogo

IL VOLUME SUL SERVO DI DIO

Mercoledì, 7 ottobre alle 18,30 nella Basilica del Rosario

Don Ugo, il cuore del sacerdozio 3

La relazione dell’Arcivescovo

Veni, vidi, dilexi Non vi nascondo che vivo questo momento con intima gioia, con commozione e con trepidazione. Sono trascorsi 81 giorni dal festante incontro del 4 luglio scorso che ha segnato l’inizio del mio ministero pastorale tra voi. È la prima volta che incontro le varie realtà e ricchezze di questa Santa Chiesa nella persona dei presbiteri, diaconi, religiosi/e, operatori pastorali che con compiti e ministeri diversi costituite l’immensa schiera degli operai della vigna del Signore. Mutuando un termine in uso nei consessi istituzionali e politici, amerei definire questo nostro incontro come la riunione degli stati generali della nostra Chiesa e questa mia relazione, a secondo della storia delle varie democrazie, chiamatelo discorso della corona, o discorso sullo stato dell’unione. Ma ho da dirvi che, accanto alla gioia che scaturisce dal vedervi e incontrarvi per la prima volta in tanti, provenienti dalle varie parrocchie della diocesi, dalle aggregazioni laicali, dai movimenti, per un appuntamento significativo nella storia della nostra Chiesa che, secondo una mia matura convinzione dovrà entrare nella ordinarietà del nostro cammino, c’è un senso di timore e paura originato dalla povertà della mia persona e dalle tante ricchezze e potenzialità di cui siete portatori. Cum timore et tremore sono giunto a voi, consapevole dei miei limiti e delle mie povertà ma anche con una grande fiducia in Colui che ha voluto iniziare un’opera e di sicuro intende, con me e nonostante me, portarla a compimento. È questo nostro incontro l’inizio dell’anno pastorale. Dunque è il momento nel quale tutti siamo chiamati a condividere un lavoro di programmazione e di impegni che devono scandire il nuovo anno pastorale, primo della gestione di Dado. Saranno i responsabili degli uffici di curia a presentare le linee programmatiche che poi saranno discusse e definite nei lavori dei gruppi di studio. Sono grato al delegato arcivescovile don Fernando Filograna, che ha guidato tutto il lavoro di preparazione e programmazione di questa assemblea, appuntamento che ci vedrà ogni anno convocati nel mese di settembre, dopo aver celebrato l’annuale convegno diocesano agli inizi della quaresima. Questa mia relazione, dunque, è una sorta di discorso sullo stato dell’unione o in ecclesialese, potrebbe essere, mutatis mutandis, la prolusione del Cardinale Presidente all’Annuale Assemblea della Cei. 2. In questi primi due mesi ho corso in lungo e in largo la diocesi per una prima frettolosa presa di contatto, con il desiderio profondo di potervi conoscere, di entrare timidamente, con rispetto, nella ricchezza della storia di fede che è narrata dal ricco patrimonio di arte che a piene mani i nostri padri nella fede hanno saputo realizzare e trasmetterci. Questo patrimonio ci viene affidato, con segni inequivocabili ed eloquenti, dalla straordinaria fecondità che la grazia del Signore ha profuso nella nostra Chiesa e che trova il suo concreto riscontro nella vita delle comunità che con vivacità non chiassose, ma con una forte presenza al territorio e con una discreta capacità di dialogo con le istituzioni e realtà locali, testimoniano la fedeltà a Cristo Signore e al mandato dell’annunzio del Vangelo. Ora solo un accenno, ripromettendomi di farlo in modo più ampio e propositivo nel corso di questa mia introduzione, al ricco e variegato filone della religiosità popolare, che ho potuto avvertire nella serie quasi innumerevole delle feste dei Santi Patroni, per lo più estromessi dalle date del calendario liturgico universale e talvolta anche particolare, costretti ad affollare i mesi caldi dell’estate. Sulla religiosità popolare, questa dimensione non ancora del tutto compresa e valorizzata, talvolta, soprattutto negli ultimi cinquanta anni quasi ostracizzata - ne parlerò più avanti - siamo chiamati ad interrogarci e a progettare una ampia, documentata, pensata e operativa, corale riflessione in vista di un inserimento a pieno titolo nel progetto pastorale, che nel corso dell’anno ci vedrà operosamente e intelligentemente impegnati per la sua definizione e presentazione alla comunità diocesana. + Domenico D’Ambrosio

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L’Ora del Salento 2

Lecce, 3 ottobre 2009

primopiano EDITORIALI - RU486. Morale cattolica e postmodernità

Il valore dell’embrione: è vita. L’offensiva antiabortista cattolica Educare contro l’aborto chimico e il ruolo della politica in Italia Non esiste solo l’aborto chirurgico. Oggi è possibile anche l’aborto chimico o farmacologico. In Italia, dopo una serie di sperimentazioni, l’Aifa (Agenzia Italiana del farmaco), il 30 luglio 2009, ha dato il via libera all’utilizzo della pillola abortiva RU486. Il meccanismo di azione di questo farmaco è il seguente. Il mifepristone (ormone steroideo anti-progestinico) blocca l’azione del progesterone (ormone che favorisce la gravidanza) inibendo lo sviluppo dell’embrione e causando il distacco e l’eliminazione della mucosa uterina, con un processo simile a ciò che accade durante le mestruazioni. Il mifepristone, quindi, è come un veleno che provoca l’aborto chimico o farmacologico nei primi due mesi di gravidanza. Il Vaticano, le organizzazioni pro-life e l’Associazione medici cattolici italiani si sono espressi negativamente nei confronti della pillola abortiva RU486 sottolineando l’inaccettabilità della soppressione della vita nascente e rimarcando l’alta pericolosità del farmaco per la salute della donna. Infatti, da una parte si uccide il nascituro, dall’altra la donna va incontro a gravi rischi come metrorragie, sèpsi e infezioni che devono essere attentamente controllate. Inoltre, da quanto emerge dalla letteratura scientifica, con l’aborto chimico, la mortalità della donna è dieci volte superiore rispetto all’aborto chirurgico. I gravi rischi a cui la donna si sottopone, nel momento in cui fa ricorso alla RU486, vanno, quindi, adeguatamente considerati, ma

L’Ora del Salento SETTIMANALE CATTOLICO Iscritto al n. 517 del Registro stampa del Tribunale di Lecce

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bisogna anche considerare gli aspetti etici e l’impatto che la pillola avrà sulle giovani generazioni di ragazze che ricorreranno sempre più facilmente al suo uso. Da un punto di vista educativo, la società corre il rischio di banalizzare la vita e la morte, e di considerarle come un affare privato, senza alcun riferimento agli altri. Sotto il profilo procedurale l’aborto chimico è una metodica che dà luogo alla privatizzazione dell’aborto. È impossibile che possa essere rispettata la Legge 194 del 22 maggio del 1978, in particolare l’articolo 8, perché tecnicamente la donna abortirà a casa, nel proprio domicilio, in quanto l’assunzione della RU486 avviene sì presso la struttura ospedaliera e così la prostaglandina dopo tre giorni, ma il vero e proprio aborto, vale a dire l’espulsione dell’embrione, avviene a casa. L’embrione umano non è una cosa o un puro materiale biologico o un cumulo di cellule, ma è “vita umana”, è “individualità umana” che merita tutela e rispetto. M. Reichlin afferma: “Nel momento in cui si forma un nuovo individuo dotato di tutte le potenzialità propriamente umane, allora abbiamo la prima attuazione della persona e quindi un soggetto meritevole di rispetto dal punto di vista morale”. L’embrione è un nostro simile, è “uno di noi”, e questo è una ragione più che sufficiente per adottare un atteggiamento di rispetto e di cura nei suoi confronti. Il cammino che bisogna percorrere è quello di formare le coscienze al rispetto della vita

propria e altrui. La vita umana ci appartiene ed è una realtà che è più grande di noi. Non potremo mai abituarci alla bellezza che la vita comporta dal suo primo istante in cui fa sentire di essere presente nel grembo di una madre fino al momento estremo in cui dovrà lasciare questo mondo. È più faticoso e costruttivo educare le persone, soprattutto i giovani, al senso di responsabilità, piuttosto che scegliere di uccidere la vita con una pillola. I gesti del dare e del ricevere la RU486 non sono innocui perché producono l’uccisione di un essere umano; essi contaminano chi si offre a questo triste “baratto” della vita umana e lasciano un segno indelebile in chi li pratica. Salvatore Cipressa

Il recente dibattito scaturito dalla decisione dell’Agenzia Italiana sul Farmaco di autorizzare l’immissione in commercio della pillola abortiva RU486 deve riportare l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema dell’aborto. Com’è noto, infatti, la RU486 interrompe la gravidanza attraverso un processo che, essendo farmacologico (e non chirurgico) dura tre, lunghi, giorni. Credo, pertanto, sia opportuno riflettere, più in generale, su come l’utilizzo della pillola in questione entri in rapporto con l’aborto. Iniziamo col dire che nel nostro ordinamento la disciplina dell’IVG è regolamentata dalla nota legge 194/ 78 la quale da un lato legitti-

ma il ricorso all’aborto e dall’altro afferma, nell’art. 1, che lo “Stato tutela la vita umana sin dal suo inizio” (!). L’autorizzazione della pillola abortiva non deve significare “aborto fai da te”. Ex art. 8 della l. 194, l’IVG deve essere praticata da un medico in ospedale e ciò, con riferimento alla RU486, sta a significare che l’assunzione della pillola e la supervisione del ferale processo che ne segue deve necessariamente essere ospedalizzato. L’aborto non può tornare ad essere clandestino. Deve, poi, essere chiaro a tutti che ci troviamo dinnanzi ad un aborto e non ad un metodo anticoncezionale. Su questo specifico punto, sono convinto che non ci si debba fermare a contrastare l’utilizzo della RU486, ma, prendendo spunto dall’autorizzazione all’utilizzo della pillola, occorra necessariamente riprendere, seriamente, il tema del contrasto all’aborto. Certamente, l’interruzione di una gravidanza tramite l’assunzione di una pillola banalizza la vita umana, favorisce il diffondersi di una cultura deresponsabilizzante che fa dell’utilizzo del farmaco lo strumento ideale per evitare assunzioni di responsabilità, traghetta l’idea per cui, essendo la RU 486 un farmaco (mifepristone), la gravidanza è una sorta di malattia dalla quale “si può guarire”, ma il vero fenomeno da contrastare rimane l’aborto. Il rischio è che la discussione sul metodo abor-

tivo celi una velata accettazione dell’aborto. Si abortisca, ma con il metodo chirurgico e non con la RU486. Questa posizione non può accettarsi. Per coloro i quali (cattolici e non) considerino la tutela della vita umana come valore imprescindibile, l’attenzione non può spostarsi su come abortire (il mezzo), ma deve rimanere sull’aborto (il fine). Occorre una vera e propria “offensiva antiabortista” che non si può limitare al contrasto dell’immissione in commercio della pillola abortiva, ma che deve avere come obiettivo principale proprio l’aborto. In quest’ottica, la parte di classe politica che si dichiara cattolica, o vicina alle istanze del mondo cattolico, deve assumersi le proprie responsabilità, senza fare ricorso a placebo. Anziché fare indagini conoscitive sul funzionamento e gli effetti della RU486, sarebbe, forse, più opportuno dare attuazione alla seconda parte della l. 194, potenziando quelle fondamentali strutture di indirizzo che sono i consultori. Perché non si finanziano campagne educative (da far svolgere magari nelle scuole) per far comprendere che l’aborto non è una terapia ma un infanticidio? Forse, se non si fosse dimenticato che la pratica da contrastare è quella dell’aborto, non si sarebbero avute molte delle 121.406 interruzioni di gravidanza del 2008. Attilio Pisanò

UN PROGETTO PER I BAMBINI DI STRADA Con l’inizio di ottobre prenderà il via il progetto “Pastorale di strada” avviato dalla Fondazione Regina Pacis, organizzazione cattolica italiana impegnata in vari programmi sociali sul territorio moldavo. Tre saranno le case-famiglia rese operative in Moldavia e Transnistria, come parte del progetto che mira ad aiutare “il minore in stato di abbandono”, “contribuire alla sua crescita” e “sviluppare in lui il senso di autonomia”. A presentare l’iniziativa a Ingrid Aioanei è mons. Cesare Lodeserto, presidente della Fondazione Regina Pacis. La novità del progetto sta proprio nel concetto di casa-famiglia che si propone come “una struttura educativa aperta, rompendo lo schema tradizionale, che è quello dell’istituto chiuso e vigilato”. Fino ad oggi la Moldavia ha conosciuto solo forme istituzionalizzati di accoglienza per i bambini di strada, come le scuoleconvitto, dove oltre a mancare le basilari necessità il livello educativo è molto scarso. Uno sguardo più ampio sulla situazione moldava La Moldavia si confronta oggi con una “grave situazione economica che pone la popolazione in una evidente condizione di povertà”, in cui “il 50% della popolazione attuale non ha il minimo necessario per la sopravvivenza e il

Moldavia, se la famiglia si dissolve Iniziativa della Fondazione Regina Pacis 38% riesce a portare avanti la propria esistenza in modo precario”. È quanto si rileva dal sito della Fondazione Regina Pacis. Oltre a questi dati, dalla stessa fonte, si sottolinea che “il 25% della popolazione è in esodo migratorio” e, secondo le stime, “l’emigrazione dal Paese registra la partenza di circa 10.000 moldavi al mese”. Questa situazione di disagio generalizzato “mette in crisi principalmente l’istituto familiare” con gravi conseguenze sulla fascia più debole, i bambini. “Ci sono fenomeni sempre più visibili lungo le strade della Moldavia, come i bambini in stato d’abbandono”. Bambini “di strada” e bambini “della strada” Anche se i due termini vengono il più spesso considerati come sinonimi, tra di loro c’è una differenza: mentre il bambino di strada - spiega la Fondazione - “è colui che non ha più alcun legame con la famiglia, è completamente solo e vive un’evidente situazione d’autonomia”, il bambino della strada invece “ha una famiglia, ma questa è lontana, forse vive in un villaggio, è molto povera, il bambino ha litigato con essa, non sopporta i genitori perché

sono dediti all’alcool”. Di qui la scelta del bambino di vivere nella strada e stare lontano dalla famiglia che per lui non rappresenta più “un ambiente dove egli ama vivere, non è un riferimento di valori”. Fino ad ora, per questi bambini l’alternativa alla vita di strada sono le 63 case-convitto statali, in cui vivono più di 11 mila bambini, circa 1,14% del totale dei bambini moldavi, come risulta da un rapporto realizzato dalla Fondazione. Un’alternativa alle scuole-convitto: le case-famiglia Il rapporto della Fondazione presenta la triste situazione sulle cosiddette “scuole-convitto”: il 30% di queste scuole ha il tetto bucato e muffa sulle pareti; due terzi di queste scuole non hanno l’acqua calda e in 10 manca persino quella fredda; d’inverno la temperatura nelle stanze è di 8-14 gradi; e bambini passano 17 ore al giorno nel dormitorio. A questa situazione di disagio, la Chiesa cattolica Moldava risponde con il progetto delle case-famiglia che ha come obiettivo finale la crescita del bambino e la sua formazione verso un possibile ricongiungimento familiare. Attraverso

“l’accoglienza, i messaggi educativi, le sollecitazioni che vengono anche dal territorio, come la scuola” si mira - spiega il sacerdote della Fondazione “Regina Pacis” a “far rientrare il minore nella famiglia di origine e se ciò non fosse possibile di almeno fargli sempre ben comprendere il concetto di famiglia come valore fondamentale per la sua vita”. Stato e Chiesa cattolica si danno la mano All’iniziativa hanno aderito anche le istituzioni statali “ed è questo il grande successo - afferma mons. Lodeserto - perché loro finalmente hanno ricono-

sciuto il valore del concetto di casa-famiglia, come nuovo progetto educativo per i paesi dell’est”. Una delle case, nella capitale di Chisinau, nella quale si trovano 16 ragazzi funziona già in forma sperimentale da alcuni anni perché - come afferma mons. Lodeserto - “è nostro metodo sempre testare e monitorare un progetto prima di renderlo operativo”. “Il passo più difficile è stato quello di convincere le autorità dell’importanza del concetto di casa-famiglia nella formazione e sviluppo del minore”, conclude il monsignore. Nicola Rocca


Lecce, 3 ottobre 2009

primopiano

DON UGO DE BLASI

Nell’Anno Sacerdotale

Il servo dell’amore

Il 7 ottobre alle 18,30 la presentazione del volume presso la Basilica del Rosario

Teologia del sacerdozio ministeriale Vengono pubblicati nel volume Dall’Altare al cuore del mondo i testi del Servo di Dio mons. Ugo De Blasi aventi per tema il ministero dei presbiteri. Sono quasi tutti manoscritti inediti redatti, nell’arco di un quarantennio, sia in preparazione alla sacra ordinazione che al fine di adempiere con zelo e fedeltà le molteplici mansioni del suo servizio sacerdotale nella Chiesa che è in Lecce. Si tratta, pertanto, in gran parte di scritti non destinati alla pubblicazione, contenuti in quaderni o in fogli riutilizzati, “minute” che, tuttavia, per accuratezza e precisione, oltre che per la grafia chiara ed armoniosa, si presentano come “bellissime copie”. La trascrizione ha rispettato il testo originale in tutti i suoi aspetti, compresa la punteggiatura e le abbreviazioni, raramente sciolte per rendere più agevole la lettura. La Parte prima accoglie, nella stesura integrale e in ordine cronologico, i discorsi pronunciati in occasione di giubilei, di prime Messe solenni o in memoria di confratelli defunti. Spesso nel manoscritto è tracciato l’intero discorso nelle sue articolazioni, in qualche caso, invece, è abbozzato soltanto lo schema della riflessione. L’occasione dell’intervento, il luogo, la data e il nome del sacerdote frequentemente sono dichiarati dall’Autore nell’intestazione della “minuta”; in assenza di dati espliciti, si è cercato di colmare la lacuna attingendo al contenuto del discorso, alla memoria di mons. Oronzo De Simone ed ai documenti conservati nell’Archivio della Curia arcivescovile di Lecce. Le caratteristiche di ogni manoscritto sono esposte in una nota a piè di pagina; ad essa fa seguito un’altra nota che presenta in breve il percorso biografico del sacerdote di cui si parla nel testo. Quante volte la parola del Servo di Dio, spesso su invito del Vescovo, è risuonata nelle ricorrenze giubilari dei confratelli? In uno degli ultimi interventi, dedicato a mons. Gennaro D’Elia nel 50° di sacerdozio e 25° di parrocchia, egli ha annotato con la matita al margine della pagina: “44° della serie”. Tra le carte di mons. De Blasi, messe generosamente a disposizione dai familiari, sono stati trovati 30 discorsi pronunciati nelle assemblee liturgiche in occasione di tappe importanti dell’itinerario presbiterale dei confratelli e 6 discorsi in memoria. Non disponiamo, pertanto, della “serie” completa, ma è noto, ed è stato confermato da alcuni destinatari delle sue parole, che in qualche occasione egli non ha preparato per iscritto la riflessione proposta. È interessante notare che nessun discorso è identico ad un altro, non solo perché indirizzato a personalità dai tratti inconfondibili sia sul piano umano che su quello del servizio ministe-

riale, ma, soprattutto, perché ciascuno di essi costituisce l’occasione per scavare sempre più in profondità nella vocazione e nella missione sacerdotale, di cui, di volta in volta, si mette in luce una particolare dimensione. Si coglie con chiarezza che l’intento fondamentale è quello di risalire alle sorgenti, mantenendo desta in sé e nei confratelli la grazia dell’ordinazione e di suscitare nei fedeli laici profonda gratitudine per l’opera dei propri pastori e comprensione per le inevitabili fragilità. L’insieme dei discorsi costituisce una autentica sinfonia intrisa di esultanza per la gratuità di una chiamata rivolta a creature deboli. Ma è anche un affresco della storia della Chiesa di Lecce ricostruita, con puntualità di riferimenti, attraverso la fisionomia di tante figure sacerdotali che, nel Ventesimo secolo, hanno alimentato la fede di questa porzione di popolo di Dio, vivendo la propria vocazione con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto nel campo. Nella Parte seconda sono raccolti, sempre in ordine cronologico, scritti vari: pagine di diario relative al periodo immediatamente precedente l’ordinazione, omelie, articoli, panegirici, conferenze, relazioni, meditazioni disseminati nei decenni del suo ministero. Il criterio che ha regolato la scelta dei testi è stato quello di privilegiare le pagine che, direttamente o indirettamente, intessono il racconto della esperienza sacerdotale vissuta dal Servo di Dio. L’intreccio di questa Parte con la prima consente di cogliere il profilo umano e sacerdotale del Servo di Dio mons. Ugo De Blasi, persona unificata interiormente e totalmente identificata con la missione apostolica affidatagli da Cristo. L’incoraggiamento ai confratelli, l’esortazione ad annunciare con passione il Regno e a vivere con fervore la propria chiamata per contrastare le possibili “crisi di identità”, non solo riflettono la tensione spirituale che ha attraversato tutta la sua vita, ma attestano l’adesione incondizionata alla persona di Gesù Cristo, l’attuazione del proposito formulato alle soglie dell’ordinazione di dare al proprio sacerdozio “una fisionomia cristocentrica”. Sintesi efficace del suo modo d’essere è una frase pronunciata il 18 ottobre 1981, pochi mesi prima della morte, nel 50° anniversario di sacerdozio dell’arciprete don Antonio De Pandis: “La vita di un prete si giustifica solo sulla base di un amore profondo e - a così dire - espansivo per Gesù Cristo: un amore incontenibile che diventa annuncio, testimonianza, servizio, sostenuto dalla fondamentale intenzione di far nascere e crescere nell’uomo la pienezza della vita del Figlio di Dio”. Lilia Fiorillo

L’Ora del Salento 3

IL PROGRAMMA La Confraternita Maria Ss. del Rosario e la Postulazione Causa di Canonizzazione “Mons. Ugo De Blasi” invitano alla presentazione del volume del servo di Dio Ugo De Blasi

Dall’altare al cuore del mondo Grandezza e responsabilità del Ministero Sacerdotale Relatore: Prof. Mons. GUIDO MAZZOTTA Decano di Filosofia nella Pontificia Università Urbaniana Basilica San Giovanni Battista al Rosario in Lecce Mercoledì, 7 Ottobre 2009 alle ore 18.30 L’incontro sarà preceduto alle ore 18.00 dalla Celebrazione Eucaristica

Dal discorso per il 25° di don Sandro Rotino

Elargitori di una vita diversa Trovarsi nel mondo senza assimilarsi al mondo: in questa tensione spesso penosa che finisce solo con la morte vive il Sacerdote… Se egli vuole realizzare se stesso dovrà essere un uomo alla ricerca di Dio per sè e per i fratelli, dialogante con Dio nella preghiera per dialogare con l’uomo nel sofferto impegno di collettivo miglioramento. Nell’annuncio della Parola di Dio non si possono fare adattamenti e innovazioni ad ogni costo, perché questi - pur legittimi - trovano il loro argine naturale là dove la Parola di Dio venga depauperata o addirittura falsata… Son convinto che le apparenze ingannano: gli uomini cercano Sacerdoti autenticamente tali e pienamente uomini, che non si riducano a parlare di Cristo, ma che vivano di Lui, che siano testimoni elargitori d’una vita diversa da quella terrena. I credenti d’oggi non desiderano un prete moderno, che si occupi dei loro interessi e s’immischi senza sosta nella condotta e nell’orientamento della loro vita, e che si adatti ai loro costumi, ma un uomo di Dio e servo della Chiesa. Alla missione del Sacerdote non appartiene agire direttamente sulle strutture sociali, né modificare i rapporti di questo mondo… don Ugo De Blasi

Nell’anno dedicato ad approfondire la figura e la spiritualità del sacerdote, il pensiero e la memoria vanno a don Ugo De Blasi, un parroco che si è speso incondizionatamente per la gente, testimone credibile dell’amore di Dio. Esce in questi giorni un libro che raccoglie alcuni dei tanti discorsi che don Ugo ha tenuto in occasione di ordinazioni sacerdotali e anniversari di ordinazioni. Dalla lettura di queste pagine emerge il pensiero di don Ugo, ma anche la sua vita di prete che ha conquistato il cuore dei confratelli e di tanti fedeli, che ha calcato le orme di Gesù, immagine di Cristo Sacerdote, servo dell’amore. Si faceva carico delle sofferenze delle persone che si rivolgevano a lui, donando la consolazione che solo Cristo può dare. Celebrava con profonda devozione tanto da suscitare nei fedeli stima, rispetto, adesione: chi partecipava alle sue celebrazioni notava come don Ugo si lasciava cogliere dal mistero d’amore nel quale con fede e umiltà, balbettando, entrava. Ma l’aspetto che in queste circostanze mi piace ricordare e porre all’attenzione è il rapporto che don Ugo aveva con il Sacramento della Riconciliazione. Oltre ad accostarsi settimanalmente al sacramento del perdono, egli trascorreva molto tempo a confessare e guidare anime. Credeva fermamente che il sacramento della riconciliazione è un dono di Gesù alla Chiesa, dono attraverso il quale Gesù continua a redimere, a salvare l’uomo peccatore. Ma, come spesso accade, quando parliamo di questo sacramento, ci soffermiamo su ciò che il sacramento produce in chi si confessa e non riflettiamo su ciò che avverte il sacerdote che, a causa del ministero, si trova a tu per tu con il peccato. Solo Dio può perdonare, può salvare: la confessione è segno della misericordia del Signore, il sacerdote è ministro in persona di Cristo, ripete le Sue parole, compie ciò che solo Lui può compiere. Grazie a lui la redenzione raggiunge l’uomo, lo guarisce, lo perdona, lo ama. Con questo sacramento il sacerdote penetra nel segreto profondo del cuore, scandaglia le coscienze non con curiosità morbosa, ma con l’amore con cui Cristo ama. Don Ugo amava confessare, non si infastidiva quando lo richiedevano, anzi aspettava le persone in un atteggiamento che incoraggiava invece di respingere. Credeva alla drammaticità dell’evento di una confessione autentica. Era un ministero fondamentale per la sua vita: non solo era disponibile quando lo cercavano, ma sollecito perché lo cercassero, provocatore, segno di un perdono continuamente offerto. I fedeli sapevano quando e dove trovarlo, e se per motivi pastorali non poteva ascoltare le confessioni, si prodigava a chiamare altri confratelli perché occupassero quel confessionale. I fedeli, delusi per la sua assenza, ugualmente si accostavano perché educati all’amore verso la confessione. Amava confessare perché aveva un senso vivo del peccato, percepiva la presenza del peccato e si sentiva quasi complice, tanto da vivere una vita di penitenza, sofferenza per riparare. Molti sacerdoti, religiosi, consacrati lo sceglievano come confessore, ma per lui non era importante confessare ma ascoltare.Viveva perdonando e si consumava. Di fronte al suo confessionale aveva posto la statua marmorea del Getsemani, Gesù nell’orto; probabilmente non voleva abituarsi a sentir raccontare i peccati, non voleva essere un funzionario e neppure celebrare con disinvoltura questo sacramento. Perdonare gli altri, convertire i peccatori gli permetteva di amare i fratelli e si sentiva felice di vederli liberati dal peccato. Trovava in questo sacramento una continua rigenerazione della sua identità, ne faceva come un itinerario della sua santità personale. Fernando Filograna


Lecce, 3 ottobre 2009

ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

Il matrimonio al principio della creazione

La liturgia di questa domenica offre, come al solito, molti spunti di riflessione. Prima di tutto, non possiamo dimenticare che il 4 ottobre è la festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. La figura di questo grandissimo santo ci ricorda la necessità del primato di Dio, la bellezza del vivere in maniera povera e sobria e la testimonianza d’amore che si manifesta nel mistero della sofferenza della croce. Tutte queste tematiche sono, in certo qual modo, presenti nella liturgia della Parola odierna che offre la possibilità di meditare sul sacramento del matrimonio. La prima lettura, facendo riferimento ai testi della creazione, prima ricorda l’opera di Adamo che dà il nome a tutte le cose, impegnandosi, in tal modo, a occuparsi del creato e a custodirlo con amore, e successivamente narra la creazione della donna, alla quale Adamo rivolge il primo cantico d’amore della storia: “Questa volta, essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta”. Tale narrazione indica anzitutto la complementarietà tra l’uomo e la donna e poi ne afferma la uguaglianza nella dignità. A differenza del resto della creazione, Adamo, infatti, sostiene che la donna conserva in sé la stessa carne umana, nella quale si rispecchia l’immagine e la somiglianza di Dio. Al principio, allora, Dio ha sancito questa splendida complementarietà che, nell’unione, farà di loro una sola carne. La seconda lettura ci ricorda che questa carne è stata assunta dal Figlio di Dio, che si è fatto uomo, divenendo uno di noi: “Colui che santifica e coloro che sono santificati, provengono tutti da uno solo; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli”. Che meraviglia! Dio ci chiama suoi fratelli, poiché ha assunto e salvato la nostra natura, restituendole la sua bellezza originaria, liberandola dai lacci del peccato. Proprio alla bellezza originaria fa riferimento la pagina evangelica, dove il Signore Gesù, interrogato sulla possibilità di divorzio, afferma con chiarezza che al principio non fu così, perché l’uomo non può separare ciò che Dio ha congiunto, facendo dei due una sola carne. L’indissolubile unità degli sposi, uniti in matrimonio, deve sempre far riferimento al principio, dove troverà la ragione del suo essere. Quante volte gli sposi si abituano al loro amore e non ne avvertono l’intensità di un tempo. Proprio in questi frangenti, è sempre molto positivo andare a rivedere il principio, laddove Dio stesso ha benedetto tale unione. Il principio di ogni relazione d’amore ha il sapore dell’acqua della sorgente, ossia della purezza e della freschezza! Il Signore rimanda proprio a tali virtù e, pertanto, subito dopo, accoglie i bambini, ossia coloro che sono più vicini al principio e che suscitano quell’incontenibile desiderio di tenerezza e di amore da parte del mondo degli adulti. Accogliere Dio come un bambino significa accoglierlo come colui che appartiene alla nostra stessa carne, il quale confida completamente nella paternità di Dio. Che anche la nostra vita spirituale possa ricordare il principio della vita di fede, in modo da continuare e fomentare la nostra relazione con Dio, che sola garantisce la vera felicità. Il principio della fede, il principio della nostra preghiera, il principio della vita sacramentale siano sempre ricordati, non solo per festeggiarli, ma, soprattutto, perché siano fonte di forza rinnovatora.

TESTIMONI

Ricordo del missionario ucciso in Brasile

Don Ruggero Ruvoletto Martire della fede Sabato 19 settembre 2009. Notizie di stampa dicono che tre uomini sono entrati nella sua umile casa, lo hanno svegliato, lo hanno fatto inginocchiare vicino al letto e gli hanno sparato due colpi. Uno in viso. L’altro dietro la nuca. Giustiziato! Così, a Manaus, nel lontano Brasile, è morto don Ruggero Ruvoletto, 52 anni, sacerdote “Fidei Donum”. Così come ha vissuto, con umiltà, senza troppi clamori, è andato via nonostante il suo omicidio efferato, nonostante sia stato ucciso perché aiutava, perché era diventato scomodo per i narcotrafficanti del posto, contro i quali don Ruggero lottava. Una volta aveva detto: ”Quando un uomo viene ucciso, anche Dio piange”. Ed oggi Dio piange per lui insieme a quanti lo avevano conosciuto e amato. Dicono che le anime buone sono quelle che Dio vuole avere accanto a sé. Dicono che uomini come Ruggero lasciano un’eredità spirituale e morale che non scomparirà mai… Dicono… L’avevo visto in febbraio, prima della sua partenza. Era passato da Roma ed aveva fatto di tutto per incontrarmi. Sono arrivata trafelata in piazza Barberini, mi sono guardata intorno. Niente. Poi un flash: da lontano ho visto un uomo, sulla testa un cappellino con visiera, sulle spalle uno zaino, vestito come un turista qualsiasi. Il suo viso si è illuminato nel suo inconfondibile, splendido sorriso. Ha aperto le sue braccia e mi ha “stritolata”, come sempre succedeva da 17 anni. Era lì, ancora lì, dopo tanto tempo a dirmi che mi voleva bene, a darmi i suoi consigli, ad ascoltare, a parlare della sua missione, con dolcezza, con entusiasmo. Mi raccontava di posti difficili, di sacrifici, di momenti di sconforto e solitudine e di un amore incondizionato che provava per i più deboli e per Dio. Mi diceva che avevano tanto bisogno di lui, e quando mi parlava di quei bambini di strada, quando mi faceva vedere i lavori che i “suoi” ragazzi avevano realizzato, i suoi occhi si illuminavano di una luce unica… Era partito per il Brasile nel 2003 e da allora non lo aveva più lasciato. Da due anni aveva scelto di andare a Manaus, in Amazzonia, in una terra ostile, ma bellissima. “Sono arrivato da qualche giorno - mi scriveva in un mail nel gennaio 2008 - Dentro di me, un grazie al Signore, perché sono qui. E gli chiedo aiuto, perché ancora una volta è tutto nuovo, o quasi. Ma questo non mi spaventa. Gli chiedo che mi aiuti a credere, ad amare, a servire con tutto me stesso. Ora questa è la mia terra e missione. La gente cerca lavoro, un pezzetto di terra dove costruire e abitare, nessun lusso. Tanti bambini, più sulla strada che in casa a studiare o giocare. Comincio a conoscere, salutare, camminare, come se fossi uno di loro, di tanti e tante. Ma è così, sono uno di loro, della mia gente, che frequenta tante chiese, a volte nessuna, e che Dio ama infinitamente. Lui... ne è orgoglioso, come sempre. Il cammino per rendersene conto e vivere di questa dignità è sempre lungo”. Dal 19 settembre il mondo ha perso un uomo straordinario, io personalmente ho perso un amico insostituibile, il cielo ha con sé un martire dei nostri tempi. “Che il cammino - come mi scrivevi tu - sia lieve sotto i tuoi piedi, il vento soffi leggero sopra le tue spalle. Il sole brilli caldo sul tuo viso, le piogge cadano serene nei tuoi campi. E fino a quando non ti rivedrò, Dio ti protegga con amore nel palmo della sua mano”. Ciao Ru, grande uomo. Anima generosa. Elisabetta Ligori

L’Ora del Salento 4 L’Acr della diocesi di Lecce all’inizio dell’anno

Siamo in onda... e tu? A distanza di una settimana dal settore giovani di Azione Cattolica, il 19 e 20 settembre anche il settore Azione Cattolica Ragazzi ha vissuto il suo momento di formazione presso il centro Madonna di Lourdes. Tanti giovani educatori che hanno a cuore il futuro dell’Azione Cattica Ragazzi si sono incontrati già nel primo pomeriggio di sabato per sintonizzarsi con il nuovo tema dell’anno: Siamo in onda! I nostri ragazzi sono davvero in onda in questo anno associativo, in collegamento in primo luogo con Gesù, la Parola di Vita, con cui vogliono creare una relazione vera, con i loro coetanei, con cui cercano di avere un’amicizia sincera e profonda, e con il mondo! Nessuno degli accierrini deve sentirsi fuori onda perché Gesù riesce sempre a trovare la frequenza giusta per parlare al loro cuore e per fornire loro il coraggio di divenire protagonisti della storia. E a dimostrazione che l’Acr non va mai in vacanza, durante il weekend formativo due testimonianze hanno contribuito ad edificare chi, come me, era tutto orecchi nell’ascolto. Nel mese di luglio cinque educatrici Acr di Torchiarolo hanno accolto la chiamata di Gesù che chiedeva loro di raggiungere i bambini di San Giacomo, in provincia dell’Aquila, mettendo a disposizione il loro tempo, la loro allegria e la loro esperienza. Una settimana tra le “famose tende blu” che per quelle ragazze ora non sono più alloggi anonimi ma custodiscono tutti quei bambini che hanno incontrato giorno dopo giorno. Tra banz, karaoke e frisellate hanno saputo fare breccia nella pasante quotidianità di tutte quelle famiglie. E come succede ogni qualvolta si dona all’altro qualcosa di sé, anche per loro ciò che hanno ricevuto da questa meravigliosa esperienza supera ogni attesa. Il vento dello Spirito ha soffiato in particolar modo anche in un altro paese della nostra diocesi, Cavallino, suscitando negli educatori Acr il desiderio di creare un ponte con la vicina Sarajevo. Un campo straordinario con i bambini di quella terra che ancora oggi subisce il doloroso ricordo di una guerra che non c’è più. Tempere, colori, giochi all’aria aperta hanno reso disponibile la comunicazione con un nutrito gruppo di bambini che da settanta, nei primi giorni, ha raggiunto le centotrenta presenze al momento della partenza. L’équipe diocesana, alla luce di queste esperienze, ha deciso di estendere a tutte le parrocchie la possibilità di fare un campo lì a Sarajevo per non interrompere quella divina collaborazione che è nata durante questa estate. Ma le iniziative per il nuovo anno associativo proposte dall’équipe diocesana non si esauriscono così perché ci sarà la possibilità di fare un gemellaggio Acr con le parrocchie della diocesi di Alessano, con cui l’anno scorso è stata organizzata la marcia della pace, inoltre c’è l’idea di una “notte bianca”, di divertimento e di preghiera, degli educatori Acr e tanto altro ancora! Noi siamo in onda... e tu? Virginia Toraldo e l’équipe diocesana di ACR


Lecce, 3 ottobre 2009

catholica OTTOBRE MISSIONARIO/Il mese dedicato alla preghiera e alla carità per le missioni

L’Ora del Salento 5 “DA QUANTO TEMPO...”

Riconciliarsi col fratello straniero

Rosmini e la formazione dei preti

Anche quest’anno l’ufficio missionario diocesano ha rinnovato il suo impegno pastorale con un fitto calendario di attività parrocchiali, scegliendo come tema dominante la Riconciliazione. Questo tema viene sviluppato in alcuni dei suoi molteplici aspetti, primo fra tutti la “Riconciliazione col fratello straniero”. L’attenzione posta a tale argomento è un’ulteriore testimonianza di come la Chiesa non sia un organo a sé stante, lontano dalla società, ma ne sia invece parte integrante; non le sfugge, infatti, quanto la gente senta sempre più forte la presenza di cittadini stranieri nel nostro paese e quanti interrogativi questa realtà ponga dentro ognuno di noi. L’ufficio missionario diocesano, con l’obiettivo di sensibilizzare e formare operatori di riconciliazione che siano fermento per le comunità cristiane sull’accoglienza dell’immigrato, ha programmato cinque incontri da tenersi all’interno delle vicarie. Partendo dalle parole di Gesù: “Ero straniero e mi avete accolto” e tenendo come linee guida la Paola di Dio, i documenti della Chiesa, una corretta informazione e l’operatività pratica, verranno proposti i seguenti temi: le causa dell’immigrazione, il fenomeno migratorio, il business dell’immigrazione, la ricchezza dell’incontro tra culture diverse e la pluralità delle religioni.

Durante l’Assemblea diocesana del 25 settembre, il nostro Vescovo ha parlato della sua volontà di riunire attorno a sé i seminaristi del sesto anno di teologia, per curarne personalmente la formazione e per abituarli ad uno stile di coabitazione. I laici che mi accompagnavano hanno ascoltato le intenzioni del Vescovo e, prima si sono meravigliati che tra i preti si cerchi di instaurare la convivenza sullo stile dei religiosi, poi hanno considerato positivamente la cosa. A quel punto hanno chiesto a me di esprimere un parere. Mentre cercavo di valutare la notizia, mi sono ricordato degli insegnamenti di un grande maestro di cultura e di spirito qual è stato Antonio Rosmini. In quest’anno dedicato alla riflessione sul sacerdozio ministeriale, Rosmini è certamente una figura da approfondire. Nel suo famoso saggio intitolato Delle cinque piaghe della santa Chiesa e pubblicato nel 1848, il sacerdote di Rovereto esprime tutto il suo amore per la Chiesa, accompagnato da un profondo senso di dolore per le situazioni che ne rappresentano le ferite e dai possibili rimedi. Nel secondo capitolo del saggio, Rosmini indica come piaga della mano destra l’insufficiente educazione del clero. La causa principale di questa dolorosa situazione, egli la individua nel fatto che i vescovi hanno rinunciato ad occuparsi personalmente della formazione dei futuri sacerdoti. L’istituzione dei seminari rappresentò un notevole passo avanti nella formazione dei chierici, fino ad allora demandata alla buona volontà di altri preti che in casa propria fornivano minimi rudimenti di teologia, di morale e di liturgia. Tuttavia, lamenta Rosmini, come formatori nei seminari vengono scelti preti molto giovani e senza un bagaglio di esperienza umana e pastorale da poter trasmettere. Inoltre, alla giovane età si accompagna spesso una cultura semplice non in grado di attingere ai preziosi tesori della tradizione patristica. Il rimedio proposto da Rosmini è quello di ritornare allo stile formativo della Chiesa dei primi secoli: “Tale era la maniera di educazione, efficace e sapiente, per la quale i grandi Vescovi s’allevavano da se stessi il proprio Clero; e questa unicità di scienza, questa comunicazione di santità, questa consuetudine di vita, questa scambievolezza di amore, per la quale il Vescovo antico trasfondeva nel suo giovane Clero e rinnovava se stesso maestro, pastore, padre, non è a dire che ordine armonioso, ammirabile cagionasse nel governo della Chiesa, qual dignità aggiungesse al sacerdozio, a questo corpo così uno e compatto, e qual forza salutare sopra i popoli. Scelto ed educato così, anche un clero scarso suppliva ampiamente ai bisogni delle chiese”. L’esperienza che il nostro Vescovo vuole iniziare, dunque, a Rosmini sarebbe molto piaciuta. Il vostro affezionatissimo fra Ruggiero Doronzo fraruggiero@loradelsalento.it

La volontà di riconciliazione con il Sud del Mondo ha portato invece l’ufficio missionario ad intraprendere azioni di dialogo ed incontro con due diocesi, una africana e l’altra dell’America Latina, per costruire insieme un percorso di cooperazione tra Chiesa di Lecce e Chiese Sorelle. Una sezione a sé stante è stata pensata per i giovanissimi e il loro percorso di spiritualità i cui molteplici temi sono

SALENTO MARIANO

legati alla nostra contemporaneità: Perché un Padre?, Gesù: Dio si fa uomo, la nascita di fiducia nell’uomo, le tentazioni (soldi e potere): la nuova strada di Gesù, le tentazioni (i primi posti e le apparenze), il tradimento e la sofferenza, sono risorto e sono di nuovo con te!, Emmaus: la nostra strada. Il Fidei Donum è il tema dedicato nella formazione permanente dei sacerdoti mentre, pensando ai missionari nativi

di Valerio Terragno

Santa Maria del Foggiaro a Tricase Situata ai piedi di un’altura, a pochi passi dalla costa adriatica salentina, Tricase è un cittadina molto nota per il suo suggestivo centro storico, ricco di interessantissimi monumenti come la chiesa matrice, intitolata a Santa Maria del Foggiaro o alla Natività della Vergine. Il tempio, sorge nel cuore di una piazzetta, attualmente dedicata a don Tonio Bello, collegata per mezzo di un arco alla piazza principale della cittadina. L’originaria chiesa parrocchiale tricasina, risalente forse al medioevo, fu gravemente danneggiata, prima dai Turchi, nel 1480, l’anno della presa di Otranto, poi nel 1495 dalle truppe del Conte di Lecce ed infine, nel 1528, dai veneziani. Nel XVI secolo, la chiesa fu ampliata, anche se col passare del tempo, aumentata notevolmente la popolazione di Tricase, dal punto di vista demografico, essa si rivelò troppo angusta per accogliere tutti i cittadini. Nel 700, si decise di ricostruire l’edificio, in particolar modo con il contributo economico di tutto il popolo della città e la supervisione dei lavori di erezione, affidata ai principi tricasini dei Gallone. A causa sia di problemi statici che dell’imperizia dei costruttori, l’attuazione di tale progetto venne interrotta ed al posto di fra Tommaso Manieri, alla guida dei lavori subentrò Mauro Manieri. Morto quest’ultimo, il cantiere della chiesa fu affidato al bravo architetto Adriano Preite da Copertino, il quale completò la costruzione, intorno al 1780. La facciata della matri-

ce tricasina, incompiuta e dall’andamento concavo, è suddivisa in due ordini. Nell’ordine inferiore, scandito da paraste con capitelli corinzi, al centro, si apre l’elegante portale principale, la cui trabeazione è sorretta da due coppie di colonne binate, con capitelli scolpiti; al di sopra del cornicione, in una nicchia è collocata la statua dell’Immacolata, realizzata verso la fine del 700 dall’artista Emanuele Orfano da Alessano. Il secondo ordine, delimitato da due guglie rococò, è occupato da un finestrone centrale lobato. L’interno, a croce latina, si presenta con una volta a crociera in muratura ed è interamente ricoperto da stucchi tardo-settecenteschi. Sulla navata si affacciano una serie di cappelle laterali. Alcuni altari sono intitolati a San Vito, Patrono di Tricase, al Cuore di Gesù, alla Madonna del Carmine, a San Giuseppe, al Rosario, alle Anime del Purgatorio e a San Carlo Borromeo, dove è collocata una tela del santo, opera di Gian Domenico Catalano. Sull’altare della Crocefissione, si conserva un Crocefisso, opera di Vespasiano Genuino da Gallipoli, mentre le tele raffiguranti la Madonna Immacolata e la Deposizione, sono state attribuite al celebre pittore veneto Jacopo Palma il Giovane; di queste due opere d’arte, colpisce notevolmente la teatralità dell’ambientazione, le forti e vibranti tracce di colore, i volti penetranti. All’interno del presbiterio si possono ammirare una piccola tela raffigurante la Vergine del Foggiaro e la rappresentazione

della Natività di Maria, datata il 1949 e dipinta dal pittore Angelo Urbano del Fabbretto. Gli stalli del coro furono intagliati nel XVIII secolo da Pasquale Marra, a Raffaele Monteianni si deve invece la realizzazione del bellissimo pulpito ligneo rococò, del 1795. Adiacente alla sagrestia, si trova l’oratorio dell’Arcangelo Michele, realizzato nel XVIII secolo, arricchito da stucchi e contenente un magnifico lavabo, magistralmente scolpito in pietra leccese. In Santa Maria del Foggiaro, sono molto venerate le statue lignee dell’Immacolata, festeggiata l’8 dicembre e quella di San Vito, venerato dagli abitanti come il Protettore di Tricase e festeggiato solennemente dal 9 al 10 agosto di ogni anno. Interessantissimo è il tesoro della chiesa, costituito da ostensori, croci astili, pissidi e calici d’argento, realizzati da valenti maestri come il napoletano Giovanni Casolla e da altri artisti salentini. Nella cripta sottostante l’edificio, intitolata alla Madonna del Rosario di Pompei, è sepolto il sacerdote tricasino Giovanni Panico, uomo di grande bontà, attivissimo a livello morale, divenuto in seguito cardinale. Al lato della matrice tricasina, si innalza il tozzo ed incompiuto campanile, a pianta quadrata. Da sempre, prima di iniziare la propria giornata, i fedeli entrano a pregare nella parrocchiale, con l’intento di invocare Maria, affinchè essa, li aiuti serenamente ad affrontare le fatiche e le difficoltà della vita di ogni giorno.

della nostra Diocesi, si cercherà di vivere la Riconciliazione insieme a loro accogliendoli quando rientrano in famiglia o organizzando delle visite nei luoghi di missione dove operano. Il prossimo 18 ottobre sarà la Giornata Mondiale Missionaria, un’ importante occasione per rinnovare l’impegno nelle parrocchie nel dare nuovo slancio all’evangelizzazione. Elvino De Magistris


L’Ora del Salento 6

Lecce, 3 ottobre 2009

welfare i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

di Fabio Scrimitore

L’insegnante depennato senza ragione

Pensionati Inps: cessione del quinto anche in Posta

Molte banche e società finanziarie erogano, da qualche anno, prestiti ai pensionati estinguibili con cessione fino ad un quinto della pensione. L’Inps, al riguardo, ha stabilito modalità e regole che tutelino al massimo i pensionati. Il funzionamento è abbastanza semplice: il pensionato può chiedere il prestito alla banca o all’intermediario finanziario, è poi l’Inps a pagargli le rate, trattenendole dalla pensione. Da qualche giorno è arrivato sul mercato anche un nuovo prodotto: Quinto BancoPosta è il nuovo prestito personale di Poste Italiane offerto a tutti i pensionati Inps (ma anche Inpdap), in collaborazione con Deutsche Bank, grazie alla sottoscrizione di specifiche Convenzioni con entrambi gli enti previdenziali. Si basa sulla trattenuta della rata mensile direttamente sulla pensione e prevede una copertura assicurativa sulla vita obbligatoria per legge garantita dal Fondo Rischi Inpdap. La rata può arrivare ad un massimo di un quinto della pensione e il finanziamento può essere rimborsato da 36 a 120 rate mensili. Per fruirne non è necessario essere titolari di un conto corrente, né postale né bancario. L’importo massimo finanziabile, che dipende dall’importo della pensione e dalla durata scelta per il rimborso, è erogabile in tempi rapidi con accredito su Conto BancoPosta, bonifico su conto corrente bancario o assegno postale vidimato. Le rate possono essere pagate cedendo fino ad un quinto della pensione. La durata del contratto di prestito non può superare i

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo Pneumologo

Utili precauzioni per vecchi batteri Spaventati, giustamente, dalla continua emergenza di ceppi virali mutanti non si deve però sottovalutare il potenziale patogeno di “vecchi” batteri. Sebbene ben noti, infatti, molti di essi hanno sviluppato resistenze nei confronti di molti antibiotici. Inoltre il possibilità di contagio ha scoperto nuove strade, legate purtroppo a quelle che normalmente vengono considerate innocue attività quotidiane. Auto, videocassette e Dvd a noleggio offrono ospitalità a molti batteri, anche a quelli patogeni e resistenti. I dati più aggiornati su questa “contaminazione” arrivano dall’ultimo Congresso Europeo di Chemioterapia e Infezioni: non sono allarmanti ma invitano ad una certa cautela. Batteri resistenti agli antibiotici si trovano sul volante del 70% delle automobili prese a noleggio e sul 60% dei Dvd noleggiati. È normale che oggetti che vengono toccati da una moltitudine di persone diverse raccolgano altrettanti microorganismi. Meno ovvia, forse, e sicuramente poco nota e la capacità di sopravvivenza che gli sgraditi ospiti possiedono. Alcuni germi, ad esempio lo streptococco, sopravvivono appena due ore sulle superfici inerti. Altri, come glistafilococchi, restano vivi anche per una settimana mantenendo intatta la propria capacità di provoca-

re infezioni respiratorie, cutanee e gastrointestinali. Automobili: su un terzo dei volanti si rintraccia lo Stafilococco aureus in compagnia, nel 20% dei veicoli, dello Stafilococco epidermidis. Dvd: percentuali più elevate per i film a noleggio. In un terzo dei casi si trova, infatti, lo Stafilococco epidermidis, mentre lo Stafiloccocus aures colonizza il 60% dei dischetti. Non occorre munirsi di bomboletta disinfettante e annaffiare tutto ciò che si tocca, è sufficiente - dopo - lavarsi accuratamente le mani. Una regola che vale sempre e per tuttti. Scrupolose attenzioni vanno poste prima di entrare in contatto con soggetti più deboli: bambini, anziani, ammalati. Rientrando a casa dopo una giornata trascorsa fuori, e naturalmente dopo aver utilizzato un auto a noleggio, è opportuno cambiarsi d’abito. Riporre i vestiti usati in un contenitore chiuso o riparato, per poterli poi lavare a temperature quanto più possibile elevate. Analoghe precauzioni vanno riservate alle calzature: togliersi le scarpe, sostituirle con pantofole da casa, e riporle in un luogo chiuso ed appartato. Riporre i cd o i dvd, specie quelli noleggiati, nelle loro custodie e tenerli lontano dagli alimenti (che potrebbero contaminare per contatto diretto o indiretto tramite la manipolazione) e dai bambini piccoli.

dieci anni. Ricordiamo che il prestito con la cessione del quinto si può chiedere con tutte le pensioni eccetto le pensioni e assegni sociali, le invalidità civili, l’assegno mensile per l’assistenza ai pensionati per inabilità, gli assegni di sostegno al reddito, le pensioni del personale bancario, gli assegni al nucleo familiare. L’Inps versa l’importo della rata alla Banca o alla finanziaria - con cui il pensionato ha stipulato il contratto - solo dopo aver verificato alcune condizioni a tutela del pensionato. Il pensionato, come abbiamo detto, può cedere fino ad un quinto della propria pensione. L’importo cedibile è calcolato, al netto delle tasse e in modo da non intaccare l’importo della pensione minima (458,20 euro mensili nel 2009). Per questo motivo i trattamenti pensionistici integrati al minimo non possono essere oggetto di cessione. Nel caso si sia titolari di più pensioni, il calcolo si effettua sull’importo totale delle pensioni percepite. Quando la Banca o la Finanziaria notifica all’Inps il contratto di prestito del pensionato per ottenere il pagamento delle rate, l’Inps controlla che il contratto stesso rispetti i requisiti previsti dalla legge. L’elenco delle Banche e degli intermediari convenzionati è a disposizione dei pensionati in tutte le sedi Inps e sul sito www.inps.it. L’Istituto ha anche stipulato un accordo con Inpdap per coprire le spese di assicurazione a garanzia dei creditori con un apposito fondo rischi.

I COLORI DELLA VITA

Non mi dica di rivolgermi al Dirigente, perché ho già tentato di sottoporre la questione del depennamento dalla graduatoria d’un mio cliente, ad un suo funzionario e, per poco, non stava per capitarmi la sorte che, il 10 marzo 1948, toccò al Ministro degli esteri cecoslovacco, Jan Masaryk, defenestrato dai piani alti del Palazzo del suo stesso Ministero. Non è raro che, davanti ai giudici in fascia tricolore, il linguaggio degli avvocati penalisti assuma i toni dell’iperbole. È raro, però, che gli avvocati ricorrano ala figura retorica dell’iperbole davanti a poco sensibili funzionari, per chieder loro di riconoscere l’eventualità di propri errori. L’avvocatessa aveva chiesto al funzionario perché mai il nome del suo afflitto assistito fosse scomparso, d’incanto, dalla graduatoria provinciale di disegno e storia dell’arte, allo stesso modo in cui, nel cielo stellato, il pallido disco scompare nella notte di plenilunio, quando la terra si frappone fra la luna ed il sole. Erano anni che il cliente dell’avvocatessa attendeva di poter far conoscere agli studenti dei licei scientifici le raffinate tecniche pittoriche che egli, giorno dopo giorno, sperimenta nella sua botteguccia di via delle Giravolte. Si era preoccupato di aggiungere ai suoi titoli professionali anche quello prescritto per insegnar sostegno nelle classi degli scientifici. Dopo cinque anni di insegnamento ai disabili del liceo avrei chiesto d’esser trasferito in una cattedra di disegno ed il mio grande sogno si sarebbe realizzato. Così, il pittore avrebbe potuto dare agli studenti del Liceo quel che il Verrocchio aveva insegnato a Leonardo, alla della corte dei Medici. Il suo rimase niente più d’un sogno. I suoi talenti artistici restarono chiusi nell’animo suo, al pari delle virtù di medico di Fjodor Dostojewskji. Se avessi rinunciato, in passato, ad una qualche proposta di nomina nel sostegno dei licei mi sarei atteso il depennamento dal corrispondente elenco provinciale. Invece - ripeteva il maestro della bottega pittorica delle Giravolte - non solo non ho mai ricevuto proposta di nomina nel sostegno nei Licei, ma non mi hanno mai nominato neppure per il disegno e per la storia dell’arte. Ed allora? - concludeva il pittore - a che mi è servito l’essere stato incluso, per tanti anni, negli elenchi di sostegno del superiore e nella graduatoria di disegno?. All’apparir delle graduatorie, dove non poteva più leggere il suo nome, il maestro delle Giravolte chiese sommessamente all’autorevole funzionario di conoscere le norme che avevano indotto il dipendente della Gelmini a cancellarlo dalle graduatorie. Lo chiese, scrivendo un’elegante supplica, del genere di quelle che i rappresentanti del Terzo Stato francese rivolgevano a Luigi XVI, prima del 14 luglio del 1789. Il pittore non ebbe fortuna migliore di quella che arrise ad Enrico IV nell’inverno del 1077, dopo tre notti trascorse nella neve delle mura del castello di Matilde di Canossa. Gregorio VII cancellò la scomunica all’imperatore, ma il funzionario non rispose neppure alle accorate e-mail dell’avvocato, che, con qualche ragione, si sentì defenestrato, come se fosse stato a Praga. La legge n. 241, sulla trasparenza, non impone obblighi di stile.

ILFISCO ED I CITTADINI di Vinicio Russo

Un’alternativa all’economia del solo profitto Nel consueto incontro con i giornalisti a bordo dell’aereo in volo verso Praga, sabato mattina, 26 settembre, Benedetto XVI è intervenuto su alcuni aspetti della vita sociale e sulla situazione dei popoli europei che hanno vissuto terribili dittature. Ha trattato in particolare i seguenti argomenti: le radici cristiane dell’Europa, il ruolo costruttivo della Chiesa nel progetto di una casa comune dei popoli, l’incisività della Caritas in veritate nella ricerca dell’etica nell’economia, la necessità del dialogo con chi si dichiara non credente. Il Pontefice ha spiegato anzitutto che questa visita può considerarsi significativa per tutto il continente in vista della costruzione di un’autentica unità politica e spirituale. Una fase di crescita ha rilevato - oggi coinvolge proprio i popoli dell’Europa orientale, i quali sono chiamati ad assumere il posto che spetta loro nel consesso delle nazioni in qualità di attori sovrani. Quando un Paese soffre certamente matura anche il concetto di libertà in contrapposizione al concetto di dittatura: la prima fondata sulla verità e la seconda sulla menzogna. Da qui un insegnamento sempre attuale: libertà e verità non possono essere mai separate, perché la libertà senza verità viene distrutta. Dunque, bisogna ancora lavorare molto per costruire la vera libertà, o meglio la libertà che abbia uno stretto nesso con la verità. I Paesi dell’Est europeo che hanno sperimentato la dittatura “fondata sulla menzogna” hanno dimostrato la forza della fede, che aiuta a resistere e a riconquistare i valori perduti. Giusto dunque rendere onore ai popoli che hanno testimoniato questa forza. Giusto anche additarli all’Europa perché torni a cercare nelle sue radici cristiane quella libertà fondata sulla verità che non ha nulla a che fare “con il libertinaggio”. In questo senso la Chiesa può fare molto, anche se è in una condizione minoritaria. Perché essa - ha puntualizzato Papa benedetto - “è una minoranza creativa e ha tanti valori da trasmettere”. E può farlo anche “dialogando con gli agnostici”. Chi si dichiara non credente, ha spiegato, “non può essere soddisfatto se non conosce tutto quanto gli si mostra davanti, così come il cristiano non può mai accontentarsi di ciò che conosce”. Per quanto riguarda poi il contributo fattivo che la Chiesa può dare, il Papa ha indicato in particolare due aspetti: la formazione, in risposta a quell’ “emergenza educativa” che coinvolge tutto il mondo, e la carità come contributo al bene comune dell’umanità. A proposito di quest’ultima, il Papa si è detto molto soddisfatto che la sua enciclica Caritas in veritate abbia suscitato nel mondo un dibattito serrato. “Bisogna trovare un’alternativa a un’economia che guarda solo al profitto”, ha affermato. E in questo senso è necessario riportare l’etica al centro dell’economia. Questa è la grande sfida del momento di crisi. “Spero - si è augurato - di aver inciso in questo dibattito, soprattutto spero che il dibattito prosegua”. Anche perché, ha riconosciuto, è necessario consolidare la convinzione che la responsabilità verso gli altri deve considerarsi ben più importante del desiderio di profitto.

Lo statuto dei diritti dei cittadini Le opinioni sono espresse a titolo personale e non implicano prese di posizione dell’Amministrazione di appartenenza. Lo Statuto dei diritti del contribuente trae origine dalla complessa esperienza storica riguardante il modo di concepire le relazioni tra governanti e governati. Con la nascita dello “Stato assoluto” tutto il potere è nelle esclusive mani del Re che accentra, praticamente, le complessive le funzioni statali, esercitando nei riguardi dei sudditi un’autorità - quasi - illimitata. Il rapporto tra collettività e sovrano inizia, lentamente, ad equilibrarsi con lo “Stato di polizia”, in cui emerge la necessità di concentrare le funzioni burocratiche nelle mani di funzionari statali, non soggetti al potere del sovrano e inclini al perseguimento del benessere della collettività tutta. Attraverso lo “Stato di diritto”, che costituisce l’evoluzione dello “Stato di polizia”, ai cittadini è attribuita per la prima volta l’opportunità di far valere i propri diritti, se lesi, nei riguardi dello Stato. Si passa, poi, allo “Stato costituzionale”, in cui i poteri pubblici sono, tra loro, nettamente distinti ed affidati ad organi differenti. Come è noto, fu Montesquieu a intravedere il fondamento della libertà politica nella divisione dei poteri. Prima che entrasse in vigore lo Statuto alcuni esponenti del mondo politico paragonarono “con provocazione” il rapporto tra contribuente e Fisco a quello che sussisteva tra sovrano e sudditi. Il che significava diffidenza e freddezza tra le parti, oltre che assenza di reciproca collaborazione per il raggiungimento del comune obiettivo dell’equità fiscale. Maturano i presupposti per il recepimento nello Statuto dei principi di trasparenza, correttezza ed imparzialità che sono alla base del pubblico agire e che risultano scolpiti nella Carta Costituzionale. Si assiste, in tal modo, al passaggio dalla inaccettabile ed indiscriminata superiorità dell’Amministrazione finanziaria alle esigenze del cittadino/contribuente, sul quale, ora, gravano tanto doveri quanto diritti, proprio quei diritti che sono all’origine della cultura dei moderni Stati e che la storia ne aveva decretato il sistematico calpestio. Attraverso lo Statuto il contribuente non è più inteso nella riduttiva veste di mero passivo destinatario della pretesa impositiva esercitata dall’Autorità, ma in quella di soggetto che di fatto partecipa attivamente al procedimento impositivo. Lo Statuto rappresenta un codice di comportamento per l’Amministrazione finanziaria e dà l’opportunità al contribuente di far valere i propri diritti allorchè ritenuti violati. La Parte III continuerà su altro numero di questo settimanale. Giangaspare Donato Toma


L’Ora del Salento 7

Lecce, 3 ottobre 2009

obiettivo CONTINUA DALLA PRIMA 3. Sono venuto in mezzo a voi, come figlio e servo dell’obbedienza, sempre pronto a rinnovare l’adesione al Mistero di Dio nella mia vita, anche, anzi soprattutto, quando questo mistero scardina e annienta il progetto che il Signore ti aveva affidato come suo. Egli è l’imprevedibile, è il Veniente, non si stanca di bussare alla porta della nostra vita. Non costringiamolo a lunghe attese, in serbo ha sempre qualcosa di nuovo e di inedito da consegnarci e affidarci perché il suo Regno viva sempre le stagioni delle giovinezza aperte a speranze che rimotivano e rinnovano entusiasmi. Queste affermazioni non sono il parto di elucubrate riflessioni ma il frutto di un’esperienza che anche recentemente ha avuto la sua conferma. Le speranze e gli entusiasmi, quando ci si consegna a Lui, ritornano in forza ad allietare la giovinezza a dispetto dell’anagrafe che pochi giorni fa mi ha ricordato che fugit ruina tempus. 4. Né per piaggeria, né per chissà quale captatio, meno che mai per fare buon viso a cattivo gioco, vengo a ripetervi che vivo con serenità e letizia l’ultimo dono che siete voi. Ringrazio il Signore perché mi ha scelto e inviato tra voi come pastore e guida delle vostre anime. Soprattutto in queste ultime settimane mi fanno da guida nell’esercizio del ministero alcuni versetti (11- 18) del cap.10 dell’evangelista Giovanni: “Io sono il buon pastore (solo Lui , il Cristo è buono), conosco le mie pecore (ci sto provando) e le mie pecore conoscono me (mi auguro che anche voi mi conosciate o mi state conoscendo. Non fingo e non mi nascondo) . Mi piace riportare la nota esegetica della Bibbia di Gerusalemme: “la conoscenza deriva non da un processo puramente intellettuale, ma da un’esperienza, da una presenza; essa si effonde necessariamente in amore”. Se c’è una convinzione di fondo e un atteggiamento costante nel mio agire e nel mio operare che da sempre mi accompagnano, è la ricerca di un dialogo sereno, sincero, diretto, non per mandato a dire, che vivo con quelli che il Signore mi fa incontrare. Non amo perifrasi o interpretazioni di sorta. Mi rendo conto che un simile porsi talvolta può generare qualche incertezza o incomprensione, forse anche sofferenza né voluta né cercata. Si cammina ciascuno e tutti sulla stessa strada. La responsabilità del vescovo è quella della guida che scaturisce dalla sintesi degli ascolti e dei contributi che si raccolgono senza precomprensioni o giudizi previ, raccolti, riportati e ascoltati. Mi sta a cuore l’attenzione, il rispetto e la fiducia a cui ogni mio interlocutore ha diritto. Il lavoro di discernimento scaturisce dall’ascolto diretto che aiuta a fare sintesi. Mi sono riproposto di far crescere tra noi in particolare tra vescovo e presbiteri, tra presbiteri, tra vescovo, presbiteri e laici, la stima reciproca, il volersi bene. Che non aumenti tra noi il numero dei murmuratores, delle isole, dei ricci (penso che conosciate questo strano animale che oltre ad essere notturno quinid preferisce le tenebre… in presenza di altre presenze si chiude e tira fuori i suoi aculei). C’è una Chiesa da amare, c’è una Chiesa da servire, c’è un Regno di Dio che deve crescere fino ai confini…. Non possiamo attardarci a raccattare e incollare i cocci che i nostri egoismi e le nostre reciproche ignoranze talvolta creano. Siamo chiamati a camminare insieme nella forza dell’amore che edifica, costruisce la comunità. Ci è vietata la missione del solitario o in solitario. “La comunione della carità, continuamente illuminata dalla comunione della fede, ci porta avanti e ci dà serenità e pace” (Card. Ballestrero). Cosa ho visto ? 5. Da lontano e da osservatore esterno e non coinvolto, in diversi modi guardavo alla Chiesa di Lecce, al suo cammino, al suo impegno di fedeltà a Cristo, al suo aver avuto pastori grandi, saggi, sapienti che l’hanno guidata in questi ultimi decenni, che

L’ASSEMBLEA PASTORALE DIOCESANA

Nel dialogo sapremo ascoltarci, saprò ascoltarvi, saprete ascoltarmi

hanno letto, interpretato, e si è fatta portare da quel grande vento dello Spirito: il Concilio Vaticano II. Questo vento ha agitato, scosso, trasformato, ridestato il suo cammino, le ha restituito la virtù del coraggio profetico. In fondo ci ha resi viandanti che non hanno paura di un percorso sconosciuto, sicuri che al nostro fianco c’è lo sconosciuto ma da noi conosciuto compagno di viaggio che ci fa dire “ Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc24,32). Questi nostro tempo, è un tempo nel quale i conclamati processi di normalizzazione, di appiattimento universale di valori, di tentativi subdoli ma anche palesi di imporre un’etica fai da te, sono terribilmente dilaganti. Scaturisce da questa constatazione l’urgenza del coraggio che ci libera dalle tante situazioni che ci fanno soccombere, ci mettono in crisi, ci paralizzano. Questo chiama in causa, soprattutto noi pastori, vescovo e presbiteri. Proprio noi come la mettiamo con le nostre paure nell’annunziare il Vangelo, le nostre reticenze, i nostri equilibrismi verbali, le nostre preoccupazioni di non offendere nessuno e una sorta di automatismi di controllo per cui si bisogna annunziare il Vangelo ma… bisogna fare attenzione a che… il Vangelo non disturbi la cattiva coscienza di nessuno? Il coraggio del pastore, il coraggio dell’inviato è un momento essenziale, carissimi presbiteri, della nostra fedeltà alla missione che ci è stata affidata. Nei momenti di

C’è una Chiesa da amare, c’è una Chiesa da servire, c’è un Regno di Dio che deve crescere fino ai confini. Non possiamo attardarci a raccattare e incollare i cocci che i nostri egoismi e le nostre reciproche ignoranze talvolta creano obnubilamento delle coscienze, nelle svolte che rimettono in discussione certezze e valori che siamo chiamati a vivere e annunziare, voi, carissimi tutti, avete diritto al coraggio di noi pastori, alla presenza, alla forza e, se occorre, alla consumazione della nostra vita per la fedeltà alla verità che ha un volto, un nome, un programma: Cristo Signore. Recentemente Benedetto XVI in un’omelia per il conferimento dell’ordinazione episcopale a cinque nuovi vescovi ha detto: “Fedeltà non è paura, ma è ispirata dall’amore e dal suo dinamismo… La fede richiede di essere trasmessa: non ci è stata consegnata solo per noi stessi, per la personale salvezza della nostra anima, ma per gli altri, per questo mondo e per il nostro tempo. Dobbiamo collocarla in questo mondo, affinché diventi in esso una forza vivente; per far aumentare in esso la presenza di Dio”. Mi auguro, anzi sono convinto che questi sono i connotati della testimo-

nianza che i vostri presbiteri vi stanno dando. Bisogna crescere e rendere evidente ancor più la limpidità del nostro ministero e del nostro appassionato impegno per la causa di Cristo Gesù e del suo Vangelo. 6. Credo che in questa passione per il Regno rimane scritta nella storia della nostra Chiesa ma anche nel ricordo vivo e grato di molti voi, il servizio episcopale dei Pastori che l’hanno guidata e amata negli ultimi cinquanta anni: Mons. Francesco Minerva: per 31 anni è stato pastore vigile, saggio, forte e sapiente. Ha portato in questa Chiesa la novità e la profezia del Concilio che in qualche modo lo ha convertito per convertire e portare la sua Chiesa sulle nuove frontiere . Nei lunghi anni del suo ministero episcopale ha impresso il suo ritmo deciso, fedele alla tradizione ma anche innovatore. Ha dotato questa nostra comunità di opere segno, ha rivoluzionato l’assetto delle parrocchie e di altre realtà ecclesiali. Ha seguito e curato la formazione del clero. Il Signore ha concesso a lui, uomo di azione ma anche di grande preghiera, la gioia di vedere l’erezione della provincia ecclesiastica con la sede metropolitana in Lecce. Di lui parlano le opere ma soprattutto il ricordo vivo, grato e affettuoso di tanti tra noi. Mons. Michele Mincuzzi: non molto lungo il suo ministero episcopale tra noi ma ricco di quell’apertura alla realtà, al sociale, al mondo del lavoro che ha reso attenta tutta la comu-

nità a quel dialogo fecondo della Chiesa con il mondo contemporaneo. Molti di voi ricordano la sua presenza, il suo deciso impegno in tante cause che vedevano mortificato l’uomo e la sua dignità, in molte battaglie per combattere il disagio e la povertà di molti. Mons. Cosmo Francesco Ruppi: ha guidato per venti anni questa nostra Chiesa con il dinamismo intelligente e operoso che gli appartiene. Ampio e diversificato è stato il suo magistero che ha trovato la sua espressione più alta nel Sinodo diocesano momento culmine della crescita e della maturità della nostra Chiesa. Una indubbia ricchezza ma che per larghi tratti resta inoperosa, consegnata e affidata a un bel testo che fa bella figura e raccoglie polvere in tanti nostri scaffali. Prima di pensare a bei programmi sarebbe un atto di doverosa giustizia chiederci: che cosa ne abbiamo fatto del nostro Sinodo? Come inserirlo nei nostri itinerari pastorali? Ha da dirci qualcosa o molto per il nostro prossimo progetto pastorale? Interrogativi non pleonastici o di maniera ma che chiedono una risposta già da tropo tempo. C’è qualche impegno in merito che deve scaturire da questa assemblea? Anche per questo grande impegno di comunione ecclesiale il nostro ricordo e la nostra gratitudine affettuosa a Mons. Ruppi. 7. Forse qualcuno di voi si attende una mia parola che descriva la Chiesa di Lecce così come la sto conoscendo in queste prime settimane. Posso dirvi che ho visto e sto vedendo una Chiesa bella, ricca, articolata, ministeriale, attenta alla povertà conclamate e a quelle emergenti. Di certo è una bella sposa non è ancora del tutto la sposa senza macchia o ruga. E meno male, altrimenti non avremmo da operare con concorde attenzione e con sapiente discernimento ai tanti segni di Dio per noi e tra noi. È mio desiderio, nella fedeltà a una visione di Chiesa comunione che mi appartiene e che è uno dei frutti della riflessione e dell’insegnamento conciliare, promuovere, a tutti i livelli, nella comunità diocesana l’esercizio del dialogo Ciò che non ancora ho percepito anche perché poche sono state le occasioni è la verifica della qualità e dello stile della partecipazione sia a livello presbiterale sia a livello laicale e questo in particolare negli organismi di partecipazione, come ad esempio il Consiglio Presbiterale e il Consiglio Pastorale Diocesano che nelle prossime settimane saranno rinnovati. Già diverse volte avete ascoltato una mia espressione: l’ultima parola è del vescovo. E’ ultima perché accoglie e sintetizza le altre parole. Ultima non unica. Bisognerà che il dialogo nella sua vera accezione trovi posto stabile nell’agire della nostra Chiesa. Abbiamo bisogno di ascoltarci e attenderci gli uni gli altri. Nessuno deve sentirsi escluso, inascoltato, non utile. Dovremo moltiplicare i luoghi del dialogo e del confronto. Penso ai corpi intermedi e alle varie realtà vicariali e parrocchiali. Devono diventare espressione vivace e cercata di una Chiesa che è nella storia, la sa interpretare e sa offrire quegli aiuti che portano dentro di essa la forza e il dono dello Spirito. Nel dialogo sapremo ascoltarci, saprò ascoltarvi, saprete ascoltarmi. C’è bisogno che entriate a pieno titolo nella vita, nelle attese, nelle decisioni che normano la vita della comunità. Dovete conoscere, dovete sapere, dovete poter dare il vostro contributo di esperienza, di professionalità ove occorra, il vostro amore alla Chiesa che ci è Madre. Oggi sono in uso tecniche che privilegiano un utilizzo abbondante del vetro anche nelle abitazioni. Mi auguro che insieme a tutti voi costruiamo una casa di vetro , trasparente, luminosa che eviti e/o riduca il malvezzo del chiacchiericcio e dei processi senza possibilità di appello, spesso causati dal fatto che nella casa che ci appartiene perché è la casa comune, possono entrare per conoscerla e solo gli iniziati o i possessori della password. CONTINUANEL PAGINONE


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Lecce, 3 ottobre 2009

zoom

LECCE/Ammirando il dipinto di San Francesco d’Assisi nella Chiesa di San Matteo a Lecce

Un gioco di luci nell’arte dell’anima Giuseppe Cino (1635-1722) ed Oronzo Letizia (1657-1733 ca.), l’uno architetto e scultore leccese, l’altro pittore alessanese ma leccese per titolo onorifico, sono gli autori dell’altare e del dipinto di San Francesco d’Assisi stigmatizzato che è nella chiesa di San Matteo a Lecce. A tale conclusione si è giunti con Stefano Tanisi in uno studio reso possibile dalla collaborazione dell’Arcivescovo di Lecce mons. Domenico D’Ambrosio, don Giancarlo Politi, titolare della chiesa di san Matteo nonché Giacomo Cominotti, addetto dell’Archivio Diocesano di Lecce. La chiesa, a pianta poligonale, cominciata su progetto di Giovanni Andrea Larducci di Salò alla fine degli anni sessanta del diciassettesimo secolo, fu portata a termine nell’anno 1700 probabilmente proprio dal Cino come dimostrerebbe l’apparato scultoreo che caratterizza la parte superiore della facciata principale. L’architetto leccese non si limitò semplicemente a questa operazione ma completò l’opera realizzando l’altare maggiore ed appunto l’altare di San Francesco che la visita pastorale fatta dal Vescovo di Lecce mons. Pignatelli rilevò già nell’anno 1700. Nella stessa chiesa sono da segnalare in più gli altari immediatamente a destra e sinistra di quello maggiore che furono, come noto, trasferiti nel 1812 dalla chiesa leccese di Santa Croce. A questi va aggiunto anche il quarto altare a sinistra rispetto all’entrata.

Compatibilmente con i rimaneggiamenti e le manomissioni cui sono stati soggetti, questi altari sono riferibili tutti alla mano proprio di Giuseppe Cino. Data la singolarità dell’altare c’è da dire subito che la storiografia ha affrontato la questione attributiva in termini troppo generici fino ad ora. È stata pertanto condotta una analisi comparativa, non solo con l’altare autografo che agli inizi del Settecento Giuseppe Cino ed alcuni suoi collaboratori realizzarono a Martignano, ma anche con tutte le opere fino ad ora note dello scultore e soprattutto con gli altari che in quegli stessi anni sempre il Cino realizzò nella leccese chiesa di Santa Chiara. I punti di contatto fra tutte queste opere e l’altare di San Francesco sono notevoli e soprattutto ad un livello di dettaglio tale da non fare escludere per questo altare un diretto coinvolgimento del maestro leccese. D’altro canto vorremmo ricordare che sempre in questi stessi anni il Cino disegnò un altare per la Chiesa bitontina di San Gaetano facendolo eseguire però dai suoi collaboratori, fra i quali Angelo Serio. Benché il progetto di quest’ultimo altare sia per via documentaria riconosciuto proprio al Cino, esecutivamente l’opera denuncia l’intervento di artefici diversi dal maestro. Quest’ultimo diventa quindi un caso esemplare nel comprendere la differenza fra un’opera del maestro e

quella di maestranze cinesche. L’altare di San Francesco, intenso luministicamente per via degli intagli fittamente presenti, ha una composizione semplice che vede nella parte superiore le due statue di Santa Irene e Santa Lucia accompagnate da due angeli tubicini. Tutto attorno al dipinto principale posto fra due colonne tortili, festoni di fiori e frutta di fatto attivano quel complesso meccanismo luministico che contraddistingue questa chiesa rispetto alle altre leccesi. La luce piove dall’alto con una continuità cui nulla può la freddezza disegnata della decorazione architettonica, per venire poi coinvolta e travolta dalle infinite pieghe ed intagli dell’altare dove la minutezza del segno fa disperdere la luce in una miriade di frammenti luminosi. E visto che di luce si è parlato nell’architettonico, di luce bisognerà parlare anche per il dipinto. Nel raccontare il momento singolare in cui il Santo di Assisi è sul Monte della Verna ed è portato in volo da due angeli sono proposte dal pittore diverse qualità e diverse evocazioni di luce. Questa trasforma la realtà e dà vita ad una materia nuova, il colore. Le ali degli angeli diventano sospiri di luce e nel loro cambiare e passare fra le varie tinte rievocano un’atmosfera tanto irreale da apparire in contraddizione con l’umanità sofferente che traspare nel volto del Santo. Fra la leggerezza di quel cangianti-

smo coloristico e la minuzia umbratile dell’architettura vi è lo spazio contrito della scena. Il Santo e gli angeli sono rischiarati da una luce che scendendo dall’alto sfiora i loro volti mettendoli in risalto. In basso a destra un teschio, un libro, una croce trattati come natura morta, sono inequivocabili riferimenti alla caducità della vita cui solo la preghiera e l’amore per Cristo possono porre rimedio. Qui è evocata la bellezza del Creatore che è oltre la bellezza del Creato rappresentato nel profondo paesaggio senza fine che è alle spalle del Santo.

La luce crepuscolare, i forti contrasti chiaroscurali, le sfumature e le trasparenti velature rimandano al San Trifone di Alessano e a quelle di San Cesario del paese omonimo opere, come noto, di Oronzo Letizia. Di quest’ultima opera, il pittore ripropone nella tela leccese l’angelo adulto sulla destra, che in parte è nascosto dal braccio di San Francesco. Infine, nel fastigio dello stesso altare, va assegnato sempre al Letizia anche il dipinto rappresentante S. Tommaso d’Aquino dove i volti degli angeli ricordano invece quelli del dipinto alessanese. Fabio Grasso

EDUCAZIONE ALL’AMBIENTE

Paola Bisconti

Rapporto uomo-natura: pillole di ecologia profonda Se in ufficio è difficile rinunciare all’aria condizionata anche quando le temperature non sono così alte figuriamoci se loschi imprenditori riuscissero a fare a meno di tutto quel tam tam che va sotto il nome di eco mafia. Entrambe le scelte dei cittadini che popolano la terra non la aiutano ad uscire fuori da quel vortice di inquinamento nel quale tutti siamo risucchiati. Respiriamo aria malsana e viviamo inscatolati nelle nostre belle città. Amiamo il progresso senza renderci conto che è questa una causa del problema. Basterebbe lasciare più spazio agli spazi verdi. Perdonatemi il gioco di parole ma credo sia opportuno circondarsi della natura non necessariamente abbellendola come fosse una bomboniera in parchi, ville e villette. Basterebbe un maggiore contatto con le campagne, gli orti, le distese verdeggianti. Sebbene gli sforzi effettuati dai comuni e da altri enti per sensibilizzare al problema è ammirevole, da approfondire è invece il rapporto uomo-natura. Soffermandoci potremmo cogliere molti aspetti che stanno alla base degli errori. Così per evitare che questi siano ripetuti dalle nuove generazioni è indispensabile coltivare lo spirito fanciullesco dei bambini affinché un domani possano difendere la natura perché intesa come parte integra di loro stessi. Per far si che ciò accada, occorre inculcare principi di ecologia profonda. Tale compito spetta alle famiglia e alla scuola. Devono essere loro a fornire input di riflessione su tale questione. Creando delle

esperienze gioiose a contatto con la terra, i bambini potranno sviluppare i principi di base dell’ecologia. Coltivando un vero e proprio orto riuscirebbero a comprendere di far parte di un eco sistema. Attività utile anche ai fini dell’alimentazione perchè proverebbero più gusto a mangiare frutta e verdura coltivati con le loro mani. Se vivessero una tale esperienza, svilupperebbero le funzioni cognitive ed emotive in grado di maturare un pensiero ecologico inteso come sensazione di abitare il mondo. Una sensazione che con il trascorrere del tempo va ad annullarsi perchè prevalicata dall’affermazione dell’Io. L’essere umano cresce in un contesto industrializzato dove regna l’unico scopo di arricchirsi. Tali studi implicano un coinvolgimento di varie scienze quindi ecologia connessa a sociologia, psicologia, filosofia biologica e non meno importante la religione. Essa spiega molte correnti di pensiero succedute nel corso dei secoli. Celebre il Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, vera e propria lode a sorella natura. Celebri sono anche i monaci camaldolesi i quali ritengono di essere talmente in sintonia con la natura da identificarsi con gli alberi, pianta simbolica perchè si eleva al cielo e quindi più vicina al raggiungimento di Dio. Il cerchio delle scienze include anche la pedagogia, la quale ha dei nomi di riferimento, come Rousseau autore del romanzo l’Emilio. Egli propose, nel ‘700, un nuovo metodo per educare i bambini. Essi vivendo in mezzo alla natura riesco-

no a far emergere l’istintiva cur iosità indispensabile per esplorare e comprendere che in ogni ecosistema qualsiasi elemento ha la propria stagione, quindi vi sono elementi che nascono e altri che decrescono. Il riciclo di certo non è facile né immediato. Esistono sostanze come il piombo, il mercurio, la plastica, i pesticidi alle quali la società non vuole rinunciare. Ma queste stesse provocano ritardi mentali, asma, malattie polmonari, eccetera. Non rinunciano, quindi, perchè il traffico illecito dei rifiuti produce ai trafficanti ben 20 miliardi di euro. Solo il 2008 ha registrato 25.776 ecoreati. Per non parlare poi del saccheggio del patrimonio boschivo, idrico, agricolo e faunistico. Sembra come se gli uomini che commettono tali reati non abbiano una coscienza. I più sensibili di certo possono cogliere un dettaglio della lettera scritta dal capo indiano Seattle al Presidente degli Stati Uniti, nel 1852: tutte le cose sono collegate. Qualunque cosa succede alla terra succede ai figli della terra. L’uomo non ha tessuto la trama della vita: egli è un filo. Qualunque cosa faccia alla trama egli la fa a se stesso. Di certo non ci illudiamo che l’antica saggezza possa risolvere i problemi attuali ma comprendere il rapporto tra natura e coscienza può spiegare le basi di un’ecologia profonda. Essa verte sull’importanza metafisica della natura, spesso distrutta dalla smania di modificare il mondo. Basti pensare al meccanismo dei processi industriali i quali funzionano prelevando le risorse e scaricando rifiuti in

ambienti considerati infiniti. È tutto ciò che provoca inevitabilmente l’inquinamento. A combatterlo vi sono le belle e intuitive iniziative come la creazione di mouse in bamboo (ambientalisti, non allarmatevi per i panda, essi si cibano della parte più tenera non indispensabile per tale tipo di invenzione). Ammirevole è anche l’esperienza americana come quella

nel New Jersey, dove nel 2006, sono state costruite le prime vere e proprie scuole ecologiche. Si tratta di strutture ecosostenibili realizzate con pareti isolanti per evitare la dispersione del calore, da regolatori nei rubinetti per evitare la perdita di acqua e da cabine dei wc costruite con materiale interamente riciclato e molto altro ancora. Un’iniziativa del genere non poteva non essere pre-

OSSERVATORIO GEO-POLITICO

miata dal Leed, organo per l’eco sostenibilità. La gara a chi si adopera per l’umanità, quindi, è aperta a tutti. E ora qualsiasi frase scrivessi potrebbe apparire come uno slogan per la campagna di sensibilizzazione promossa dal ministero per la tutela dell’ambiente. Così mi limito ad incoraggiarvi a rispettare la natura perchè specchio della nostra anima.

di Roberto Cavallo*

Fondamentalismo islamico: perché è diverso Fra le varie conseguenze della profonda differenza teologica che corre fra il pensiero giudaico-cristiano e quello islamico si pone anche l’esperienza del fondamentalismo. È quanto afferma lo scrittore e giornalista Carlo Panella nel suo recente volume “Non è lo stesso Dio non è lo stesso uomo” (Edizioni Cantagalli, 2009, Siena). Il fenomeno del fondamentalismo è ricorrente in tutte le religioni, in tutte le epoche. Al giorno d’oggi, cristianesimo, ebraismo, induismo e altre grandi fedi esprimono al loro interno movimenti fondamentalisti. Alcuni - pochi per la verità - anche in forme violente: così in India si assiste al fondamentalismo indù e a quello sikh. Anche l’ebraismo moderno e il cristianesimo hanno espresso movimenti fondamentalisti. Ma il fondamentalismo islamico, a differenza dei movimenti di altre fedi che ricercano un ritorno “alle pure origini”, possiede una caratteristica unica. I movimenti fondamentalisti cristiani, ebrei, induisti o sikh sono infatti contrastati da un forte, egemonico e assolutamente maggioritario contesto anti-fondamentalista che li tiene ai margini, li combatte, ne annulla l’impatto, per disastrosi e sanguinari che possano essere eventuali exploit della loro componente terrorista e violenta. Negli ultimi anni, invece, nel corpo della

umma musulmana si è verificato un fenomeno di segno esattamente opposto e sconvolgente: la presa del fondamentalismo non è contrastata da un corpus centrale difensore dell’ortodossia, in grado di contenerla. Sintomo più evidente di questo fenomeno è il radicamento in tutti i paesi islamici del movimento politico e ideologico dei Fratelli Musulmani, le cui espressioni partitiche sarebbero in grado di ripetere, se fosse loro consentito, l’exploit elettorale di Hamas in Palestina. L’espansione dell’area fondamentalista, al contrario di quanto avviene in ambito cristiano ed ebraico, o indù o sikh, non solo dunque è in crescita inconfutabile, ma è addirittura supportata dagli esponenti del clero e spesso incontra il favore popolare. In tale contesto - nota l’Autore - trovano linfa e vigore alcuni veri e propri scismi islamici moderni: il wahabismo-salafita - nella sua componente jihadista - e il khomeinismo in campo sciita. Questa componente scismatica è oggi impregnata di esaltazione di morte, un incubo di violenza e di attentati suicidi, che ha le sue radici nell’antropologia sottesa al Corano. Ma per saperne di più bisogna leggere il bel libro di Carlo Panella. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 3 ottobre 2009

le nostre città CAMPI SAL.NA/Restaurato l’ex convento dei cappuccini

LECCE/Rivaartecontemporanea dal 3 al 31 ottobre

Sant’Elia, luogo di cultura e religione Le opere di Giordano Pariti in mostra Domenica 27 settembre, l’ex convento S. Elia, sulla strada provinciale Campi S.na-Squinzano, dopo una lunga serie di lavoro di riqualifica e restauro della struttura, è diventato, per un pomeriggio, luogo di incontro culturale con l’iniziativa “Fra Giovanni da Campie. Un frate Cappuccino a Sant’Elia (15751655)”. Incontro di memoria e commemorazione di un frate vissuto a cavallo tra ’500 e ’600, del quale è stata rinvenuta, piuttosto recentemente, la biografia in un documento seicentesco. In un punto che è quasi crocevia, per la breve distanza, tra i comuni di Squinzano, Campi e Trepuzzi si trova il poggio di Sant’Elia, dove vennero edificati una chiesa dedicata al profeta Elia e un convento ceduto nel 1575 ai Cappuccini, oggi di proprietà del patrimonio pubblico. I padri vi si stabilirono per la posizione vantaggiosa in cui era sorto, trovandosi sulla via percorsa dai frati che facevano la spola tra i conventi di Lecce e Mesagne o che viaggiavano verso Napoli, costituendo così un luogo di sosta per i fratelli in cammino. Inoltre, si trovava abbastanza vicino ai tre centri abitati dove poter attingere per le elemosine, ma anche sufficientemente isolati per non essere turbati nella loro quiete. E qui vive fra Giovanni Battista da Campi, il cui profilo biografico

manoscritto dall’annalista padre Francesco da Pulsano è conservato nell’Archivio di Stato di Milano, dove è stato rintracciato nel corso degli studi per la pubblicazione “I Cappuccini a Campi Salentina” edita da Del Grifo nel 2008. Ad arricchire l’evento culturale e religioso, in apertura dell’iniziativa, una visita guidata di una mostra pittorica e dei locali ristrutturati. L’esposizione, “S. Elia nell’opera pittorica di Cosimo Monticchio”, introdotta dal prof. Leopoldo Poso, constava di una serie di tele dell’artista campiota, scomparso pochi anni fa. I quadri, caratterizzati dall’accostamento violento dei colori, avevano come comune denominatore, il convento di S. Elia, disposti lungo il perimetro interno della chiesa dell’ex edificio religioso. Nonostante Monticchio sia noto come ritrattista, con S. Elia si affaccia anche per la prima volta, nel 1950, all’approccio paesaggistico. E S. Elia sarà anche l’ultimo paesaggio che egli ha realizzato, in un’opera incompiuta a causa della sopravvenuta morte. È stata poi la volta del saluto delle autorità civili e religiose introdotte dal prof. Enzo Marangione. Erano presenti tra gli altri, l’architetto Roberto Palasciano, sindaco di Campi Salentina e attuale presidente dell’Unione dei Comuni, il dott. Giovanni Marra, sindaco di

Squinzano, il dott. Cosimo Valzano, sindaco di Trepuzzi, Massimo Como, Assessore Provinciale, don Gerardo Ippolito, arciprete parroco di Campi Salentina, e padre Francesco Monticchio, promotore dell’iniziativa. Il momento nodale della serata è stata la lettura di brani della vita del frate Giovanni Battista, intercalate dalle musiche eseguite dai fratelli Del Prete. Tale iniziativa è una delle tante che sono state promosse per ottimizzare le possibilità dell’ex convento S.Elia, come ha sottolineato il sindaco Palasciano, cogliendo l’occasione per mettere a conoscenza della cittadinanza presente di alcuni progetti in cantiere che riguardano proprio l’ex convento. Innanzitutto, a ottobre è prevista la manifestazione “I luoghi d’allerta”, in cui poesia e cultura si incontreranno di nuovo a S.Elia. Inoltre, in base a un protocollo d’intesa tra Campi, Squinzano e Trepuzzi, si prospetta il trasferimento dell’Osservatorio Ambientale - attualmente a Campi - presso i locali ristrutturati dell’ex convento. Infine il sindaco di Campi con un suggerimento estemporaneo ha proposto di dedicare la sala - corrispondente all’ex chiesetta - a Cosimo Monticchio che meglio ha saputo valorizzare e sponsorizzare con la sua arte il complesso di S. Elia. Sara Foti Sciavaliere

Nuovo appuntamento a Lecce con l’arte contemporanea di Giordano Pariti: le suggestive opere dell’artista di Melendugno saranno esposte per tutto il mese di ottobre presso la galleria d’Arte Rivaartecontempor anea , uno spazio da sempre attento alla tecnica ed alla ricerca stilistica dei talenti emergenti. Nelle sue opere Pariti si confronta con un tema molto delicato, ovvero quello del complessa e fitta rete di relazioni umane, rappresentato attraverso l’equilibrato connubio tra la tecnica fotografica e la sua notevole sensibilità d’artista. La mostra è frutto di una profonda ricerca interiore e di una naturale attitudine a guardare con occhi nuovi la realtà che ci circonda, evidenziando attraverso il segno grafico l’essenza stessa di oggetti, persone e ambienti.

Sense Lag propone grandi ritratti, immagini evocastive, volti affiancati che paiono essere in corrispondenza tra loro mediante un sottile e profondo legame, senza nulla togliere a quel senso di incertezza e di precarietà insito in tutte le cose. L’evento presentato dalla galleria Rivaartecontemporanea, a cura di Francesca de Filippi, è promosso dalla Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani (Amaci) in occasione della V edizione della Giornata del Contemporaneo. Il grande merito di Ama-

ci consiste proprio nell’incessante attività di promozione e valorizzazione di nuovi talenti, un ambizioso obiettivo possibile anche grazie alla collaborazione di ben 25 tra i più importanti musei d’arte contemporanea italiani, uniti nel comune scopo di realizzare una rete culturale istituzionale dell’arte moderna e contemporanea nel nostro Paese. L’inaugurazione dell’evento è prevista per il 3 ottobre alle ore 19.00 a Lecce, presso la sede della galleria in Via Umberto I, 32. Valentina Pascali

LECCE/Il gruppo teatrale “don Di Nanni” alias Li scumbenati tra recitazione e poesia dialettale

Dall’antologia del concorso Il Galantuomo all’incontro con l’autore Il gruppo teatrale “Don Di Nanni”, nato originariamente nel 2001 col nome “Li scumbenati”, è costituito da elementi provenienti dai vari gruppi della Famiglia Salesiana di Lecce. Obiettivo primario del gruppo è quella di coinvolgere nella recitazione e nella drammatizzazione il maggior numero di persone, privilegiando i giovani. Il gruppo, con i suoi lavori, è a disposizione, in via prioritaria, della Famiglia Salesiana, ma anche di anziani, ammalati, associazioni di volontariato di estrazione cristiana e non, nella consapevolezza che l’allegria e il sorriso fanno bene allo spirito e, talvolta, anche al corpo. Il 15 marzo 2006, don Franco Sacco, direttore della Casa Salesiana, crea all’interno del gruppo stesso, il Circolo Culturale “Il Galantuomo”. Con questa medesima denominazione, indice il 1° concorso di poesia dialettale salentina, ma promuove anche concerti ed eventi culturali. Presidente degli “Scumbenati” è Achille Arigliani, anche talentscout di Umberto Cagnazzo, poeta calimerese che altrimenti sarebbe ancora immeritevolmente nell’ombra dell’anonimato. Arigliani, con lenta e costante opera di persuasione, è riuscito nel tempo e grazie anche al concorso di poesia “Il Galantuomo”, a convincere Umberto a tirar fuori dal cassetto i suoi componimenti, ed a partecipare al concorso. L’ha così aiutato a superare una testarda ritrosia che rischiava di renderlo sempre più solo e gli ha dedicato la copertina dell’antologia del 3° concorso con la sua poesia dal titolo “Vivere”. Un’antologia di giovani poeti che hanno partecipato a un concorso che non metteva in palio grossi premi e riconoscimenti, ma offriva,

si di Umberto Cagnazzo, di seguito alcuni appuntamenti. A Calimera, il 15 ottobre, alle ore 19.30, presso la bibliomediateca del Comune. La lettura di alcune poesia dell’autore sarà accompagnata dalle

melodia di Mozart, Liszt e Verdi suonate al pianoforte dal maestro Valentina Parentera. Il 22 ottobre, alle ore 20:30, Cagnazzo sarà al teatro “Paisiello” di Lecce. Oltre alla lettura dei componimenti del calimerese, si potrà as-

sistere alla commedia “Nna causa alla pretura” di Nino Martoglio, rielaborata in vernacolo salentino da Achille Arigliani e Carlo Vincenzo Greco e interpretata dagli “Scumbenati”. S.F.S.

Cettina Biricchina di E. Paolo Abbate soltanto, la possibilità a quanti credono nella poesia, di comunicare i propri sentimenti con passione sincera. Tra di loro vi è stato anche Umberto. Una delicata sequenza di sentimenti quali l’amore, la gioia di vivere, il senso di libertà, la fede incrollabile nel divino, l’abbandono piacevole nell’ammirazione del creato, determinano il corollario della sua poetica e fanno da freno alle distorsione del modernismo sociale e culturale, resistendo alle violenze e ai calcoli materialistici del nostro tempo. Perfino lo sconforto, la morte, le guerre, le continue vite spezzate sul nascere “tutto è, forse, necessario per capire meglio il valore della vita” . Difficilmente, Umberto si abbatte. Reagisce con dignità e coraggio alle difficoltà della vita “…e cercando la forza per lottare ho ritrovato la gioia di vivere…a ringiovanire e trovare serenità. (Anche tu, questo è il suo monito costante) riuscirai a vincere le tue paure (ma) solo quando avrai imparato che esiste una sola via che può darti felicità ed è quella della Fede e dell’Amore”. Per incontrare a viva voce i ver-

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

Il maestro Ernesto Paolo Abbate, tra le sue numerose opere, ha composto un corposo scherzo sinfonico per banda dal titolo “Cettina Biricchina” che, tra le interessanti sorprese, riserva l’introduzione tipicamente in stile “fugato”. I clarinetti piccoli in mi bemolle e i primi clarinetti soprani annunciano il soggetto caratterizzato da una pausa in battere, da note ribattute e da salti di quinta e di terza discendenti; si realizza così un percorso melodico e sinusoidale come se volesse destare in modo piacevole il sonno di un ipotetico ascoltatore annoiato. Il tema viene ripreso successivamente dai primi clarinetti soprani divisi, dai secondi clarinetti soprani, dai sassofoni contralti e dai corni nel rispetto delle regole della fuga. Gli strumenti che precedentemente si erano resi protagonisti intarsiano, poi, un controsoggetto sostenuto dal flauto e dall’oboe. Il fruitore è è il turno dei clarinetti contralti, dei sassofoni tenori e come rinforzo giunge l’intervento dei sassofoni contralti, mentre gli altri ripropongono, per la seconda volta, il controsoggetto. La quarta entrata canonica dell’idea principale (soggetto) viene affidata ai clarinetti bassi e al sassofono baritono e basso, mentre, come rinforzo, si muovono i sassofoni tenori. Il controsoggetto viene presentato dai clarinetti contralti e dai sassofoni contralti, mentre gli altri strumenti si muovono

melodicamente al fine di arricchire gli spazi d’estensione strumentali. Si conclude così la parte introduttiva, nella quale gli ottoni (ad eccezione dei corni) sono stati momentaneamente esclusi in questo divertente gioco “bachiano”. La marcia vera e propria si snoda con la presentazione di un nuovo tema affidato al flauto, all’oboe e ai primi clarinetti soprani. Il carattere della melodia è molto leggero con suoni lunghi e ribattuti. Le altre ance (secondi clarinetti soprani, clarinetti contralti, clarinetto basso, sassofoni contralti, sassofoni tenori, sassofono baritono e basso) alimentano un contorno alla melodia per espanderla e dilatarla con lo stesso colore della fase introduttiva. Compaiono per la prima volta flicorni contralti, baritoni e bassi perché sono chiamati ad intessere un tappeto armonico puntato e “sottovoce”. Il flicorno sopranino e i flicorni soprani compaiono nella seconda parte del tema, insieme alle cornette, alle trombe in mi bemolle e alle trombe basse per interagire con il nuovo tema e sviluppare un colore morbido e leggero. La banda è ormai tutta presente sulla tavolozza strumentale ed il compositore ne approfitta nel riproporre la melodia e condurla in una modulazione con un maggiore colore sonoro. Ne segue un intenso e controllato episodio che si avrà modo di approfondire nel prossimo numero.


L’Ora del Salento 13

Lecce, 3 ottobre 2009

senso unico Dubbi e domande dei telespettatori in vista dello switch-off

A Lecce il Festival internazionale di organo

Il digitale terrestre a macchia di leopardo Concerti di Celeghin e Maria Scogna La prima Regione italiana ad iniziare (e il più grande territorio europeo ad aver completato il processo) è stata la Sardegna. Nell’isola il 31 ottobre del 2008 si è compiuta la trasformazione: adesso tutti gli utenti, per ricevere la tv via etere, utilizzano un decoder digitale. Nel corso del 2009 diventeranno “all digital” le province di Cuneo e Torino (e parte del Piemonte Occidentale), il Lazio (con Roma che sarà la prima grande capitale europea a passare interamente al digitale terrestre) e la Campania, così come il Trentino e la Valle d’Aosta, per un totale del 30% circa delle famiglie italiane. La “nuova” televisione è destinata a cambiare l’offerta dell’intero sistema, sarà un po’ come il passaggio dalla Tv in bianco e nero a quella a colori o, meglio ancora, dalla radio alla televisione: con il digitale terrestre (Dtt), infatti, non migliorerà solamente la qualità del segnale, ma aumenterà il numero di canali a disposizione e i servizi fruibili attraverso la televisione.

La Rai, ad esempio, ha lanciato nuovi canali da Rai Gulp a Boing, due canali completamente gratuiti rivolti specificatamente ai bambini e ai ragazzi, ed è partita da mesi la sperimentazione di nuovi servizi della pubblica amministrazione. Un salto tecnologico epocale che non riguarda, ovviamente, solo il nostro Paese; gli Stati Uniti, ad esempio, avranno digitalizzato l’intero territorio entro l’anno e tra i Paesi europei diversi hanno già completato il passaggio alla nuova piattaforma (il Lussemburgo e i Paesi Bassi nel 2006, la Svezia e l’Austria nel 2007, la Finlandia e la Germania nel 2008). Nel Regno Unito, dove le trasmissioni in digitale terrestre sono iniziate nel novembre del 1998, la

nuova televisione raggiunge già il 90% della popolazione. In Francia il 70% delle famiglie riceve il digitale terrestre. In Spagna, il Dtt è oggi l’accesso primario alla tv per 5,8 milioni di famiglie. In Italia, l’approccio scelto è quello denominato a “macchia di leopardo”: un processo a tappe che, dal 2008 (Sardegna) al 2012 (Sicilia) coinvolgerà, secondo un calendario preciso, tutte le Regioni. Lo “switch-off”, lo spegnimento definitivo del vecchio segnale analogico, viene normalmente anticipato da un’altra fase definita “switchover”, con la quale si provvederà allo spegnimento del segnale analogico tradizionale per due soli canali, RaiDue e Rete4. I dati rilevati da Makno nel “secondo rilevamento 2009 del Monitor tv digitale Italia” indicano che la penetrazione della tv digitale terrestre ha raggiunto quota 43,1% sull’universo famiglie, pari a circa 10,5 milioni, con un incremento del 9,7% (circa 2,4 milioni di famiglie aggiuntive) in meno di 4 mesi. Il passaggio alla nuova Tv è gratuito, ma occorrerà acquistare un decoder per ogni televisore che si possiede, con un costo che varia dai 30 euro per i cosiddetti “Zapper” (decoder non interattivi in grado di ricevere solo i canali in chiaro) ai 60 euro per i decoder interattivi, che possono arrivare però a costare fino a 150-250 euro nel caso dei modelli ad alta definizione. Antonio Rita

Al flauto e l’ottavino, in unione con l’organo, sono dedicati i concerti del 9 ottobre, ore 20.30, nella Chiesa di Santa Maria della Grazia a Lecce, e del 10 ottobre, ore 19.30, nella Chiesa di San Lorenzo a Sogliano Cavour. Protagonisti Angelica (flauto e ottavino) e Luigi Celeghin (organo), un duo d’eccezione per una rassegna che alterna nomi di fama internazionale a formazioni cameristiche assortite secondo una ben consolidata formula adottata dall’Associazione Ars Organi Girolamo Frescobaldi, associazione che organizza l’evento. Omaggio alla vocalità sacra, l’11 ottobre a Corigliano d’Otranto nella Chiesa di San Nicola, ore 19, e il 12 a Lecce nella Chiesa di Santa Maria della Grazia, ore 20.30. Il programma vanta l’ascolto della prima esecuzione di Cinque Antifone per soprano ed organo di Alessandro Speranza, nella revisione moderna di Giuseppe Alfredo Pastore. L’appuntamento è con la voce del soprano Maria Scogna e la maestria del noto organista Luigi Celeghin. La stagione si chiude con musicisti di altissimo rilievo: dagli Usa, Leslie Martin, con programmi incentrati su musiche del Sei-Settecento organistico, il 17 ottobre a Nardò nella Chiesa di San Giuseppe, ore 19.30, e il 18 ottobre a Marittima nella Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, ore 19.30; dall’Olanda, Liuwe Tamminga, il 23 ottobre a Lecce nella Chiesa Santa Maria della Grazia, alle 20.30, con pagine di Bach e Mendelssohn, e il 24 alle 19.30, a Martignano nella Chiesa di Santa Maria dei Martiri, con tarantelle e pastorali della tradizione italia-

na e spagnola; infine, il 29 ottobre a Copertino, Chiesa Maria SS. del Rosario, ore 19.30, e il 30 ottobre, ore 20.30, a Lecce, Chiesa Santa Maria della Grazia, appuntamento con l’Organo e il corno, nell’interpretazione di Antonio Rizzato e Fabio Orlando. L’ingresso ai concerti è libero. Il programma completo della rassegna è consultabile sul sito www.arsorganigfrescobaldi.it

LAUREA

Tanti auguri al neo ingegnere Federica Inguscio

Il 23 luglio 2009, presso il Politecnico di Milano, la salentina Federica Inguscio ha conseguito la laurea in Ingegneria Aerospaziale, a conclusione d’un brillante corso triennale di studi nella capitale ambrogina. Presentata dal relatore, chiar.mo prof. Renato Picardi, ella ha discusso la tesi dal tema: La realtà di Malpensa Cargo City. Organizzazione del trasporto aereo delle merci e qualità dei processi aziendali di MLE. La trattazione si è configurata come la verifica di un intenso periodo di applicazione, fatto lungo l’asse dell’esperienza acquisita nello stage di tirocinio obbligatorio fatto nell’aeroporto milanese, a conclusione del corso di laurea. Così sono stati approfonditi i complessi processi della realtà del trasporto aereo, affinando gli obiettivi formativi integrando le preziose conoscenze raggiunte. Proveniente con un brillantissimo curriculum dal liceo classico “D. Alighieri” di Casarano, particolare valenza ha assunto l’evento e per la durez-

za del percorso e per la rappresentatività di genere della laureanda all’interno del Politecnico milanese. Grande soddisfazione per l’evento, naturalmente, hanno mostrato l’interessata, sua sorella Viviana, i suoi genitori ed il gruppo degli amici del “Dynamis Project” (Progetto di formula Student del Politecnico), cui Federica per un semestre ha partecipato quale responsabile della produzione dei componenti in materiale composito, prendendo parte anche alla trasferta del team student fatto a Sylverstone (Gran Bretagna) nella prima decade di luglio. Ora, con il prosieguo degli studi, ha scelto, infatti, di frequentare sempre al Politecnico il corso biennale di ingegneria aeronautica, dovrà fare qualche salto acrobatico per dare spazio anche ai suoi hobbyes, come leggere, viaggiare per il mondo, spendersi in qualche attività di volontariato, amare i cavalli ed il volo.

BAARÌA DI GIUSEPPE TORNATORE Annunciato fra i migliori film italiani degli ultimi anni, e come omaggio al cinema italiano del passato e alla memoria collettiva del paese, è arrivato sul grande schermo “Baarìa” di Giuseppe Tornatore. Film biografico, prende spunto dai ricordi ma anche dalla fantasia. Tornatore è nato a Bagheria figlio di Pietro Terranuova, protagonista del film in cui vive non solo la storia della sua famiglia, ma anche quella del suo paese a cavallo di tre generazioni. La trama narra di una famiglia siciliana partendo da Cicco, passando al figlio Peppino e arrivando infine al nipote Pietro, evocando amori, sogni, delusioni di un’intera comunità vissuta tra gli anni trenta e gli anni ottanta del secolo scorso nella provincia di Palermo. Il regista dà vita a un grande kolossal, ricco di note di realismo. Protagonisti principali, sono due volti

ATTIVITÀ DI RICERCA

una procedura di selezione pubblica, per tiORIENTARSI toli Èe indetta colloquio, a n. 3 Assegni per la collaborazione ed nell’Università del Salento

attività di ricerca presso l’Università del Salento. La sede, la durata, l’importo, il settore scientifico disciplinare, il tutor, la struttura a disposizione del vincitore ed il programma degli assegni di ricerca sono di seguito specificati. 3 assegni di ricerca struttura Scuola Superiore Isufi della durata di sette mesi cadauno, importo annuo lordo € 16.138,00 oltre gli oneri a carico dell’Amministrazione, tutor prof. Giovanni Aloisio. Possono partecipare alla presente selezione dottori di ricerca o laureati in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca di cui al progetto per il quale si concorre, con esclusione del personale di ruolo presso le Università e gli Osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano; nei casi in cui il diploma di laurea sia stato conseguito all’estero, deve essere dichiarata l’equipollenza, ai soli fini della selezione, da parte della Commissione giudicatrice. I requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di ammissione. Le domande di partecipazione alla selezione, da presentarsi distinte, pena esclusione, per ciascun assegno di ricerca, redatte in carta libera secondo lo schema allegato, dovranno essere indirizzate al Rettore dell’Università del Salento e dovranno essere presentate o fatte pervenire a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento al Dipartimento cui l’assegno afferisce, entro e non oltre trenta giorni dalla data di affissione del presente bando di selezione all’Albo Ufficiale dell’Università del Salento (Edificio ex Principe Umberto, viale Gallipoli 49, Lecce). Scadenza bando il 22 ottobre 2009.

a cura di Giovanna Miglietta

di Alessandra De Matteis

IN GALLERIA quasi sconosciuti Francesco Scianna e Margareth Madè, ed è ciò che dà quel tocco in più ad un film ricco di star del cinema nazionale e non. Forse ci sbrigheremmo prima a dire gli assenti in quest’opera piena di volti noti, per citarne solo alcuni: Monica Bellucci, Enrico Lo Verso, Angela Molina, Raoul Bova, Luigi Lo Cascio, Laura Chiatti, Nicole Grimaudo, Nino Frassica, Beppe Fiorello. La bellezza di Baarìa sta però soprattutto nella sottile ironia, nell’attenzione al dettaglio, nel coraggio di affidare la storia principale a due attori sconosciuti, e finalmente a lasciare la mafia fuori dalla vicenda. Inoltre, Tornatore sfrutta benissimo le sue conoscenze: evidente è la sua bravura con la macchina da presa, la sua capacità di affrontare emozioni e nel rendere visibile e preciso ogni minimo particolare; le musiche

di Morricone danno poi la carica giusta alle scene che accompagnano. Grazie a tut ti questi elementi, il regista riesce a catturare l’attenzione dello spettatore conducendolo fino alla fine. Certo anche quando si parla di film vale il detto “nessuno è perfetto”, la pellicola ha forse troppi punti di forza che diventano invadenti come il soffermarsi sui dettagli finendo così a rendere dei momenti un po’ pesanti. “Baarìa” riesce comunque a produrre un perfetto affresco di alcuni decenni del secolo scorso, motivo in più per andarlo a vedere.

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Lecce, 3 ottobre 2009

appunti

Il vincitore è solo. Paulo Coelho È un grande piacere per me questa settimana parlarvi del nuovo libro del mio autore preferito, Paulo Coelho: “Il vincitore è solo”. È uno degli scrittori di fama mondiale più gettonati e letti. Non dico che ognuno di voi avrà letto almeno un suo libro, ma, sicuramente ne avrà sentito parlare. Dopo il grande successo nelle vendite con “L’alchimista”, “Monte Cinque”, “Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto”, solo per citarne alcuni, e i riconoscimenti che gli sono stati resi in tutto il mondo, Paulo Coelho cerca di non deludere le aspettative dei suoi fans, con un lavoro originale rispetto ai suoi precedenti romanzi. Questa volta lo scrittore brasiliano, nato a Rio de Janeiro nel 1947, ha deciso di pubblicare qualcosa di diverso ri-

spetto al suo genere, un libro che si allontana dal solito stile orientato ai temi spirituali. Anche se non lascerà delusi i suoi lettori che lo seguono da tanti anni con passione, perché resta comunque fedele al suo modo di raccontare le storie. È un libro fantastico, specchio reale della vita di oggi. Coelho attraverso le pagine del suo nuovo attesissimo romanzo dipinge in un quadro realistico la ricerca del lusso e del successo a tutti i costi. Questa ricerca sfrenata però spesso impedisce di ascoltare quello che ci sussurra il nostro cuore, la parte più vera di noi, la nostra essenza. Tutti noi dovremmo seguire i nostri sogni. Ma quanti riescono ad ascoltare davvero il proprio cuore? E quanti invece permettono che i loro sogni vengano manipolati, distorti da una società basa-

ta su valori artificiali, come il lusso, la ricchezza e la fama? In questo nuovo romanzo Paulo Coelho mette in scena la battaglia di un uomo in lotta con se stesso e con la deriva della società. Il protagonista è Igor Malev che ha una sola cosa in testa: la sua ex moglie Ewa. Igor è un uomo ricco, affascinante, di innato carisma, ma, nonostante ciò, Ewa lo ha lasciato per un famoso stilista di grande successo. Una ferita da cui Igor non è mai riuscito a riprendersi, così decide di riconquistarla a qualsiasi costo. La vicenda è ambientata nella suggestiva cornice del Festival di Cannes e della Costa Azzurra, circondata dal lusso e dagli eccessi della vita moderna, nell’arco temporale di sole ventiquattro ore. Igor è un uomo di forza straordinaria e

fredda intelligenza, e quella che vuole non sarà una riconciliazione ordinaria, pacifica, perché ha promesso a se stesso di distruggere qualsiasi cosa si possa frapporre tra lui e la sua amata Ewa. E Igor è un uomo che mantiene sempre la parola. Infatti non prova a farla innamorare nuovamente dell’uomo che è, a riaccendere la fiamma della passione, non usa atteggiamenti romantici e sentimentali, il suo intento è quello di radere al suolo tutto ciò che si intromette fra lui e la sua donna. Non usa il cuore per riconquistare l’amata ma l’unico potere che oggi conta: il denaro e il successo. È una storia moderna, dei nostri giorni, lo stesso Coelho ha detto: “Quando ho deciso di fotografare il mio tempo, ho scritto questo romanzo”. Avviene comunque un per-

c@ttolici in rete

I sacerdoti si incontrano sul web

argo

IL POLLICE

IL RITORNO DEL COMMISSARIO In quella direzione del “ritorno” che, alla fine, sta coinvolgendo tutte o quasi le fictions televisive, in una serialità che va ben oltre qualsivoglia riferimento dumasiano, eccoci al terzo appuntamento con “Nebbie e delitti” (raidue, ore 21,15) e con Luca Barbareschi nelle vesti del commissario Soneri, personaggio introverso, per molti versi intransigente ed alcune volte spostato - bontà sua - anche in una direzione a metà tra l’ironia ed il sarcasmo. Questa volta, l’ambientazione delle storie è a Torino, una città non certo facile, non fosse altro che per la sua complessa storia legata all’immigrazione meridionale, ma quanto mai suggestiva per paesaggi e per ambientazione. Affiancano il sempre bravo Barbareschi, Natasha Stefanenko nei panni della fidanzata Angela, Anna Valle e la piccola Celeste Cuppone. La prima nel ruolo della dottoressa del pronto soccorso, la seconda in quello di una ragazzina alquanto discola. Quanto ai temi, quelli di una realtà che, molto spesso, supera la fantasia.

luigi buccarello

Visitiamo un sito curato da un gruppo di religiosi, sacerdoti e laici nell’ambito dell’Ordine Domenicano che si rivolge a sacerdoti, religiosi e consacrati delle varie realtà per offrire occasioni di riflessione, formazione permanente e scambio sui vari problemi: www.preticattolici.it. Non è il solito sito astratto ma quasi un salotto in cui si mettono a confronto esperienze, testimonianze, problemi emergenti e leggero umorismo per fare due risate. Nello stesso tempo mette a disposizione una equipe di specialisti nei vari campi per diventare un supporto a sacerdoti in difficoltà e alcuni riferimenti di luoghi in cui i preti in crisi possono trovare un aiuto per rinverdire e vivificare la propria vocazione. Nella home del sito una breve presentazione: “Siamo un gruppo di amici tra cui religiosi e presbiteri diocesani con una certa familiarità con siti di carattere religioso. Quello che attualmente sembra mancare in questo ambito è un servizio rivolto a presbiteri e religiosi indipendentemente o quasi dalle loro preoccupazioni pastorali. Ecco allora l’idea di uno spazio-circolo informatico dove i presbiteri e i consacrati possano trovarsi a proprio agio, riposare un po’, esprimersi liberamente e soprattutto parlare di sé stessi e del proprio vissuto con realismo in uno scambio all’insegna della più autentica fraternità umana e presbiterale. Anche il prete - per restare all’enciclica di Benedetto XVI - per poter dare amore deve prima riceverlo. Più che discussioni astratte vorremmo comunicare e scambiare sentimenti profondi che possano edificare, aiutare e illuminare il cammino interiore di ognuno di noi. Siamo certi che attraverso questa comunione sincera verrà evidenziata un’immagine del pastore e consacrato assolutamente positiva e allettante nel momento in cui i media indugiano su ciò che è negativo”. Tutto il sito, di costruzione molto semplice ma immediatamente intuitivo si divide in diverse sezioni: Consigli pratici, Testimoni, Esperienze, Omelie ai Preti, Lectio Divina, il Magistero, il Problema, Teologia spirituale, Eventi incontri, Scuola di Preghiera. Per concludere alcuni servizi: Scriveteci, Forum, le Notizie, Indirizzi utili e Relax. Alcuni documenti e articoli sono di profonda spiritualità, per esempio la riflessione sull’Accidia di Luciano Manicardi (nella sezione Teologia Spirituale), altri di lettura più leggera ma sempre rispettosi e curati nella redazione. Cosa rimane? Fare una visita ondine soprattutto in quest’anno dedicato ai sacerdoti (19 giugno 2009 - 11 giugno 2010). Buona navigazione.

marialucia andreassi corso interiore che non compie solo Igor ma qualsiasi uomo che si accinga a leggere e a riflettere su un dato immutabile nello spazio e nel tempo: la dignità e il rispetto per se stessi. Solo chi conserverà autentici questi valori, riuscirà a porre una linea netta di demarcazione tra potere e amore. Perchè il cuore è un affare a se stante che non si compra nè si vende ma si ha e si sente. Un potere più grande del denaro per chi ci crede. Leggete e capirete. Assolutamente da non perdere. IL VINCITORE È SOLO, Paulo Coelho, Bompiani Editore, € 19.00

M U S I CALM E NTE

anna rita favale

Ai Koreja la compagnia Erre Que Erre Grande ritorno sul palcoscenico di Koreja sabato 10 e domenica 11 ottobre per la Compagnia di danza Erre Que Erre di Barcellona fra le più importanti realtà iberiche contemporanee con un’attesa prima nazionale dal titolo No pesa el corazòn de los veloces una creazione sulla nascita dell’amore come azione e reazione fisica. L’amore come componente biologica degli organismi che cercano un unico respiro comune. Una sorta di scienza poetica che genera e restituisce immagini di emozioni in movimento attraverso gli organismi e le loro relazioni. Gli impulsi emotivi e gli stati affettivi si traducono, in scena, grazie alle sonorità della band postrock formata da David e Roger Crespo e Lluís Bòria che attuano una diretta interazione con la danza. Lo spettacolo è una coproduzione Teatre Nacional de Catalunya; Región de Murcia - Consejería de Cultura, Juventud y Deportes; Norfolk & Norwich Festival ed è realizzato con il supporto di Ministeri de Cultura (Inaem), Generalitat de Catalunya Departament de Cultura i Mitjans de Comunicació, Institut de Cultura de l’Ajuntament de Barcelona i Institut Ramon Llull. Ultimo e imperdibile appuntamento per Open Dance venerdì 16 e sabato 17 ottobre con l’atteso ritorno del Balletto del Sud di Lecce e i Carmina Buana. Liberamente ispirati da alcuni componimenti del XIII secolo e musicati nel 1937 da Carl Orff, i Carmina Burana hanno affascinato alcuni tra i più attenti coreografi del Novecento, da Mary Wigman a John Butler a Micha van Hoecke. Con la sua coreografia, Fredy Franzutti traccia un affascinante percorso contemporaneo tra i sentieri dei Carmina, vero e proprio viaggio ballato, capace di esprimere lo spirito inquieto dei goliardi medioevali e la loro poesia più profonda. Ingresso intero euro 7,00, ridotto euro 5,00 (under 25 - over 60 e gruppi da 5 allievi scuole di danza) Carmina Burana spettacolo fuori abbonamento ingresso unico 10 euro. Abbonamenti (5 spettacoli senza posto fisso): intero euro 24,00 ridotto euro 18,00 (under 25 - over 60 e gruppi da 5 allievi scuole di danza). Inizio spettacoli ore 20.45, si raccomanda la massima puntualità a spettacolo iniziato è vietato l’ingresso in sala.

@loradelavoro@ anna rita favale TIROCINI UNIONE EUROPEA Il Centro per l’Impiego di Casarano organizza un incontro di informazione e di orientamento sui tirocini formativi presso le istituzioni europee. I tirocini possono prevedere una borsa di studio, un rimborso-spese, oppure non essere remunerati. Arricchire il proprio curriculum con un’esperienza di lavoro all’estero è il modo migliore per affrontare, con maggiori possibilità di successo, un sempre più esigente mercato del lavoro. Ottenere uno stage presso una delle Istituzioni europee è un’esperienza che apre la mente, grazie ai continui stimoli che

può dare un ambiente multietnico e multiculturale. I requisiti minimi sono: non avere già frequentato tirocini presso istituzioni europee; aver conseguito il diploma di laurea o titolo equipollente; conoscere in modo avanzato la lingua inglese, francese o tedesca. L’incontro di informazione, aperto a tutti gli interessati, si terrà a Casarano il 13 ottobre 2009 alle ore 15,30, telefono 0833.502004, sig.ra Barbara Tria. Per partecipare al suddetto incontro è opportuno prenotarsi facendo riferimento al numero telefonico o all’indirizzo di posta elettronica.

SELEZIONE PER 16 DISABILI Sono disponibili n. 16 posti per la qualifica di Coadiutore amministrativo Cat. B, per l’assunzione con contratto a tempo pieno e indeterminato presso l’Azienda Sanitaria Locale Ta/1. Requisiti necessari per la candidatura: iscrizione negli elenchi dei disabili della provincia di Taranto; non appartenenza alla categoria dei disabili psichici (Art. 9 comma 4 - legge 68/99); assolvimento dell’obbligo scolastico. Possiede il requisito della scuola dell’obbligo anche chi abbia conseguito la licenza elementare anteriormente al 31 dicembre 1962; aver compiuto 18

anni e non aver raggiunto l’età pensionabile. Gli interessati, in possesso dei requisiti innanzi elencati, dovranno presentarsi personalmente (o delegare con apposita nota contenente i dati anagrafici del delegato e del delegante e copia del documento d’identità del delegante) presso questo Servizio di Collocamento Obbligatorio e produrre apposita istanza, corredata dalla documentazione richiesta, utilizzando il Modulo disponibile nei giorni dal 19 ottobre 2009 al 6 novembre 2009 presso la Provincia di taranto servizio provinciale per il collocamento obbligatorio via Carrieri 3/A, 74100 Taranto. I candidati dovranno pre-

sentare uno stato occupazionale aggiornato a data non anteriore a quella del bando. Non saranno prese in considerazione le domande o i documenti presentati oltre la data di scadenza prevista o trasmessi via posta. BANCONISTA DI B AR Bar Gelateria con sede a Campi Sal.na cerca 1 banconista di bar. è richiesta minima esperienza nella mansione. Contratto offerto: tempo determinato parziale - mesi 6 - 36 ore settimanali, orario di lavoro: 15,00 - 21,00. Gli interessati dovranno presentare il proprio curriculum viate al Centro per l’Impiego di

Campi Sal.na via Piemonte 46, tel 0832.794094 fax 0832.791127. 1 APPRENDISTA CARTOTECNICO Azienda di Seclì cerca 1 apprendista cartotecnico, residente nei comuni di competenza del Centro Impiego di Galatina. Età richiesta dai 18 ai 26 anni. Automuniti. Tempo indeterminato parziale 20 ore settimanali. Gli interessati possono prenotarsi per il colloquio di lavoro entro il 8.10.2009 telefonando al numero 0836.566904 dalle ore 8,30 alle ore 12,30. La selezione si terrà il 9.10.2009 ore 10,00 presso il Centro Impiego di Galatina.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 3 ottobre 2009

lo sport L’ASSIST

di Paolo Lojodice

Sei punti in due partite hanno rilanciato i giallorossi le cui quotazioni si sono notevolmente rialzate. Obiettivo: ornare da Cittadella col bottino pieno

Lecce, la corsa è iniziata 6 punti in due partite sono un vero toccasana per la classifica del Lecce ma, soprattutto, in questo momento, che resta in ogni caso d’avvio di campionato, la giusta medicina per ritrovare fiducia e voglia di insistere su questa strada. Gigi De Canio, festeggiato nel migliore dei modi il suo compleanno, sabato scorso, ha lavorato in settimana con i suoi per preparare il match di sabato contro il Cittadella, contro il quale i colori giallorossi non si sono mai scontrati, né in campionato, né in Coppa Italia. Sfida, dunque, inedita con valori in campo che, solo sulla carta, come sempre nel mondo del calcio, sono diversi. La classifica infatti, sino alla partita contro il Mantova, era di fatto exequo, e quel 4-3 maturato contro l’Empoli ha certamente messo un po’ di rabbia in corpo agli avversari di turno, visto che la possibilità di un pari, la minimo, c’era. Oggi il Lecce ha ritrovato la spinta ed è solo a -3 dal Frosinone, il Cittadella sarà alla ricerca di conferme per cancellare la gara di sabato. Cosa si vuol dire? Che non sarà facile? Ormai è una frase ricorrente in ogni occasione, dalle grandi alle piccole squadre ognuna sottolinea con forza che l’avversario di turno potrebbe essere quello più complicato da affrontare. Ma non è, poi, così lontano dalla

verità. Prendiamo proprio la gara contro il Mantova. Se non ci fosse stato lo schiaffone del rigore probabilmente il Lecce avrebbe continuato a non riuscire a sbloccare il risultato. Invece nell’ultimo quarto d’ora ha riscattato il resto di una gara che, dopo il pieno fatto a Trieste, ha fatto rivedere alcune forme di un impianto macchinoso nel gioco, con ampie pause che inevitabilmente hanno condotto ad una distrazione come quella di Schiavi. Distrazione che rischiava di rimettere in discussione tutto. I tre punti dunque vanno ora sostanziati da una prestazione degna di nota o, comunque efficace, in quel di Cittadella. Sarà da verificare se il tecnico lucano ribadirà in campo la formazione vincente, già uscita con i tre punti in mano da Trieste, vista contro il Mantova. Anche se qualche variazione non è da escludere: proprio per dare velocità e vivacità alla manovra potrebbe decidere in altro senso. Che la fiducia nelle proprie possibilità stia man mano tornando o, in alcuni casi, costruendosi lo si vede dalle dichiarazioni fatte in settimana da più d’uno dei giallorossi. Ad esempio Mesbah non ha avuto dubbi a proposito delle “ buone prestazioni offerte nelle ultime due gare che sono servite per riscattare la prova opaca

Luigi De Canio

nella partita contro il Frosinone”. Il giallorosso ha ribadito che l’importante è “reagire nei momenti difficili”. E questo è sembrato essere il credo dell’intero gruppo che ha la possibilità, a suo giudizio di “ambire alle posizioni di alta classifica” anche se ammette che bisogna “crescere tanto”. Il Lecce sembra però - continua - “sulla strada giusta ma dobbiamo essere consapevoli che c’è ancora tanto da fare perchè abbiamo ancora ampi margini di miglioramento”. Il Cittadella è avvisato: è una squadra giovane, con la mente libera da particolari ambizioni o ansie, ma proprio per questo in grado di creare

pericoli non preventivabili. Il compito che ora i giallorossi hanno è di affrontarla con la stessa concentrazione messa in campo fuori casa contro gli alabardati. Tornare con i tre punti ancora nelle mani darebbe fiducia, continuità alla serie positiva e un’ottima spinta in classifica, cosa che aiuterebbe non poco a guardare al prossimo impegno: questa volta in casa contro una aggressiva Reggina che di ambizioni ne ha tante. Ma anche in questo caso ricorreremo ad una espressione nota ed abusata nel calcio, anche se vera: una partita alla volta. Prima battere il Cittadella, poi guardare avanti.

MONDO Riparte la nuova stagione per il Csi di Lecce Riparte anche quest’anno la stagione sportiva per il Csi Comitato Provinciale di Lecce, con nuove iniziative e con un grande entusiasmo, frutto di risultati ottenuti e di rapporti intrecciati nelle passate stagioni. In questi ultimi tre anni il Csi ha aumentato di oltre 2000 il numero dei tesserati (toccando la soglia dei 4000 tesserati) e ha raddoppiato il numero delle società sportive affiliate, ma poiché i numeri non sono tutto, bisogna sottolineare anche la grande attenzione che il Comitato Provinciale di Lecce ha dimostrato nei confronti della formazione (i corsi per dirigenti, per arbitri di diverse discipline e il corso per animatori in Parrocchia, sono solo un esempio di quanto è stato realizzato). L’attività sportiva, che privilegia la realtà giovanile e che incentiva la cultura dello sport per tutti, si snoda attraverso la realizzazione di campionati provinciali di Calcio A5, di Calcio A11, di Pallavolo e di Tennis Tavolo che è diventato ormai negli ultimi anni una disciplina praticata da numerose società sportive. Tuttavia, sono molte le strade che il Csi è pronto a praticare proponendo nuove discipline sportive come la Ginnastica Artistica che sarà obiettivo della prossima campagna nazionale. Le associazioni sportive e le Parrocchie, già affiliate lo scorso anno, iniziano a riaffiliarsi, ma questo è il tempo anche per quelle non ancora affiliate di potersi avvicinare alla grande famiglia del Csi che da sempre cerca di essere vicina ai ragazzi per educarli ai valori cristiani attraverso lo sport. Proprio per questo motivo il binomio Csi-Oratorio può diventare uno strumento determinante per le realtà parrocchiali per cercare di essere presenti nelle realtà giovanili con un progetto sportivo e formativo che possa attecchire in modo proficuo tra i bambini, i ragazzi e i giovani. Inoltre il Csi di Lecce è diventato ormai una grandissima famiglia nella quale tutte le associazioni possono usufruire di una rete di rapporti e di legami di amicizia che consentono di vivere un’esperienza veramente esaltante. Le iscrizioni sono aperte (termine di scadenza è il 20 di ottobre 2009) e possono essere effettuate presso la segreteria dell’associazione in via Siracusa n° 50, che sarà aperta il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle ore 17.00 alle ore 21.00. Per informazioni si può contattare i responsabili provinciali dell’associazione attraverso mail (lecce@csi-net.it) oppure attraverso telefono (0832.392809 nei giorni di apertura della segreteria). Buona stagione sportiva a tutti.


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