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Lecce, 25 settembre 2010

L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XX, n. 31

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 25 settembre 2010

Il coraggio di educare di Nicola Paparella Gli uomini non hanno mai saputo celebrare e difendere il bambino di più e meglio di quanto non abbiano fatto in questi ultimi cinquant’anni. E però, contemporaneamente, sevizie e sfruttamento minorile mantengono la loro presenza nella città degli adulti. Violenze fisiche e abbandoni, aborti e figlicidi rendono oscuro il cielo della vita. E nel secolo delle contraddizioni, quando le malattie del corpo sociale fanno più paura delle malattie che aggrediscono il fisico e quando la violenza e il disordine, anche morale, giungono a lambire gli angoli della nostra casa, educare può diventare una parola senza senso. O, persino, una parola temuta. Perché il gesto dell’educare mette a nudo l’identità di chi educa, e dinanzi ai dubbi dell’esistenza diventa facile la fuga dall’impegno, la presa di distanza, il silenzio, le dimissioni. Sono almeno cinquant’anni che si va cogliendo il serpeggiare di una sorta di paura di educare; genitori che confessano di non sapere che cosa fare, che credono sia meglio lasciar correre, che chiedono neutralità alla scuola, perché essa si limiti ad insegnare senza educare, perché favorisca l’apprendimento rinunciando alla promozione della persona; e insegnanti che non osano innalzare lo sguardo al di là delle cose e dei fatti del giorno, che si sentono funzionari di un programma che non riesce a dare senso all’esperienza. Il dubbio, l’incertezza, la paura e mille disagi dei giorni nostri spingono a chiudersi in un recinto di solitudine dove non c’è proprio spazio per il bambino e per il giovane che anzi diventano presenze disturbanti, da allontanare e da temere. È qui la radice di quella che è stata detta “emergenza educativa”, che si può fronteggiare soltanto con un atteggiamento di coraggio: il coraggio di educare, ossia la forza, l’energia, il desiderio, l’entusiasmo di confrontarsi con tutto ciò che il lavoro educativo comporta, dovendosi pensare all’educatore come a persona che si prende cura, si occupa e si preoccupa del giovane a lui affidato, e lo immette in un fascio di relazioni nelle quali si scorge finalmente il volto dell’uomo e ci si allena a dare un senso ed un significato all’esperienza d’ogni giorno. La società chiede questo coraggio e una diffusa attenzione per gli aspetti che caratterizzano la qualità della vita. Lo chiede a tutti gli adulti, lo chiede alla scuola, lo chiede ai pastori d’anime e alla Chiesa. La scuola non può assolvere a compiti che non le appartengono; ma nemmeno può abdicare alla sua missione: quella di farsi cenacolo di cultura e luogo di educazione permanente, dove i giovani coltivano la propria identità e imparano a progettare l’esistenza. La stessa Chiesa deve rivedere il suo compito educativo e reinterpretarlo nella gioia e nella creatività, per farsi giovane fra i giovani e capace di parlare ai cuori e alle coscienze. L’intera comunità deve sentirsi trascinata verso l’impegno educativo attraverso il quale scolpisce la propria identità sociale e costruisce il suo futuro, con coraggio, con continuità, con solerzia e in spirito di verità.

ecclesìa

obiettivo

il paginone

zoom

Gli esercizi dei Ministri

La Settimana Sociale

Tutti a scuola nel Salento

Cino e Zimbalo arte a confronto

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EDITORIALI CHIESA ED EMERGENZA EDUCATIVA

La sfida del nostro tempo Per gli adulti un grande impegno per le comunità supplemento di responsabilità Raccoglie la sfida del tempo la Chiesa, le dà un nome:emergenza educativa, emergenza perché c’è un male in atto, ed il corpo ne è devastato, il corpo sociale, perché non si può più aspettare, l’intervento non è più differibile. Bisogna colpire subito il male alla radice, quel male che genera frantumazione, disgregazione, quella concezione individualistica che sradica il soggetto umano da ogni relazione, che impedisce la crescita della persona, il suo sviluppo naturale nella comunità. Emergenza di educere, trarre fuori, far emergere la persona umana nella sua singolarità, dentro un tessuto di relazioni sociali, quelle della famiglia, innanzitutto, che vadano dal livello biologico a quello culturale, etico, spirituale. Perchè l’educazione è un processo generativo prima che tecnica pedagogica. Si impone subito, allora, una questione. Se il processo di trasmissione dei valori della nostra cultura appare compromesso, se sempre più problematici sono i rapporti tra la generazione dei padri e quella dei figli, se non riusciamo a dare una risposta alla ricerca senza posa dei giovani del senso della vita, al loro bisogno di punti di riferimen-

L’Ora del Salento SETTIMANALE CATTOLICO Iscritto al n. 517 del Registro stampa del Tribunale di Lecce

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Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

to stabili ed autorevoli, è forse perché sono i padri stessi ad avere perduto la memoria della propria cultura, la capacità di narrare gli eventi fondanti del vivere insieme. Se è vero che l’atto educativo è “tradizione che diventa presenza dentro alla testimonianza che i padri ne fanno ai figli”, allora su questa linea dobbiamo verificare i nostri interventi. E ciò è terribilmente urgente soprattutto per la Chiesa, per le nostre realtà ecclesiali. Al di là del profluvio di parole, di discorsi che su questo tema stiamo producendo e produrremo, fino a quando esso sarà in voga,siamo capaci di verificare senza sconti il nostro essere comunità? Una comunità che dia ragione della speranza che è in essa, che mostri il senso della vita, della dignità e della verità della persona umana, creando una rete di relazioni ricche di fiducia e di amore, che trasmetta il desiderio di bene, la scoperta e il gusto dei valori. Una comunità educante. E per la Chiesa educazione è Evangelizzazione, è annuncio del Cristo Risorto, liberazione da ogni catena prodotta dal peccato, che non è solo male individuale, ma si riflette sulla società e produce rottura di relazione, ingiu-

PENSANDOCI BENE...

stizia, violenza, emarginazione, guerra. Domandiamoci allora se le nostre comunità mostrano il volto del Cristo, del Buon Samaritano che cura le ferite, se danno testimonianza di quell’Amore che libera. Chiediamoci se ci facciamo mettere in discussione dalla Parola, se siamo disponibili a convertirci o abbiamo addomesticato il Vangelo, normalizzato i Sacramenti, eluso o occultato i carismi, doni di Dio per la crescita della comunità. La società di oggi non ha bisogno di amministratori del sacro, di dottori del tempio, o di benpensanti orgogliosi, ma di comunità cristiane che mettano in circolo la forza creatrice della Carità, del coraggio di testimoni e profeti di radicalità evangelica. Carmen Starace

Il nuovo anno scolastico si è dunque avviato e il ministro, parlando del primo giorno di scuola, l’ha definito “una giornata storica”. In effetti l’anno che comincia porta con sé diverse novità e in particolare l’avvio della riforma della scuola superiore, attesa davvero da tantissimi anni. Anzi, proprio l’attesa della riforma della secondaria superiore ha dato il via, negli anni passati, a cominciare dal ministro Berlinguer, al turbinio di movimenti che stanno tuttora interessando il sistema istruzione. La riforma delle superiori è stata a lungo una chimera per il sistema scolastico italiano, quasi incapace di schiodarsi da un’impostazione legata ancora al disegno di Giovanni Gentile. In realtà bisogna riconoscere che all’immobilismo legislativo e riguardante l’impianto generale delle superiori si è accompagnata per tanti anni un’estrema vivacità di sperimentazioni, di iniziative locali, di prove e controprove che hanno anche prodotto un’infinità di diversi percorsi nei quali si sono incamminati gli studenti italiani. Ora, finalmente, secondo il ministero, “si elimina la frammentazione che ha caratterizzato gli ultimi decenni della scuola italiana” e si fa spazio

RICORDANDO UN MAESTRO Chiesa S. Maria della Grazia - Piazza S. Oronzo - Lecce Incontriamoci, ricordando don Gaetano Quarta Domenica 3 ottobre 2010 ore 10.30 Solenne Celebrazione Eucaristica Ore 20.00 - Ritratto di un Maestro di profondità Testimonianza di Carlo Alberto Augieri ore 20.30 - Concerto d’Organo a cura dell’Associazione G. Frescobaidi - Lecce Direttore Artistico Maestro Giovani Laurentaci di Giuseppina Capozzi

ad una “riforma epocale: per i licei si supera la legge Gentile del 1923, per i tecnici la riforma era attesa da 80 anni”. Vengono ripensati i quadri orari - spiega sempre il ministero - incrementati gli orari della matematica, della fisica e delle scienze, potenziato lo studio delle lingue, fino a immaginare la presenza obbligatoria dell’insegnamento di una lingua straniera nei cinque anni dei licei ed eventualmente di una seconda lingua straniera usando la quota di autonomia. Una materia del 5° anno sarà insegnata in inglese. Vengono istituiti due nuovi licei (musicale e coreutico e il liceo delle scienze umane) e si vorrebbe puntare molto sugli istituti tecnici e professionali. Insomma, si parte con slancio ed entusiasmo e anche se non tutto è pronto, saranno proprio i primi passi della riforma a poter indicare il cammino futuro, con attenzione alle correzioni “in itinere”. Slancio ed entusiasmo possiamo immaginarli anche per molti allievi e famiglie, consapevoli di affrontare, al di là delle questioni tecniche, un’avventura che ogni anno è nuova e irripetibile. Con loro, “in campo” ci sono i docenti e tutti quanti sono coinvolti a vario titolo nel funzionamento della macchina scolastica. Questo coinvolgimento reciproco, non di rado formalizzato in precisi patti, è il “sugo” dell’avventura scolastica, quello che dà sapore ad un’esperienza che resta decisiva per la formazione delle giovani generazioni. Decisiva e delicatissima, molto esposta ai venti di burrasca, alle possibilità di fallimento, agli imprevisti di cammini non sempre lineari e ai guai che un po’ tutti conosciamo. Per questo occorre un supplemento di responsabilità soprattutto da parte degli adulti, per continuare a fare della scuola - da quella dei più piccoli fino ai più grandi - una vera e bella opportunità. È questo l’augurio di un buon anno scolastico. Alberto Campoleoni

VENERDÌ CULTURALI A LECCE

La schiavitù delle armi Il Nuovo Testamento: conoscerlo e amarlo L’eccessivo accrescimento della spesa militare, a livello ormai planetario, accelera una corsa agli armamenti che rappresenta uno degli aspetti più significativi di perdita della libertà per tutta l’umanità. Il progresso delle armi scientifiche e il potenziale bellico creano una distorsione tra possibili effetti distruttivi e reale capacità di legittima difesa. Questa sproporzione innaturale genera una scollatura dalle reali condizioni di vita umana. In questi anni la politica internazionale ha risentito fortemente del clima creato dalla guerra al terrorismo e la soluzione privilegiata per i conflitti sembra essere quella della forza militare. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: aumento dei conflitti, instabilità politica, incertezza diffusa sul futuro della umanità tutta, qualità della vita in un declino che sembra inesorabile. Pur nella consapevolezza che sia utopico un disarmo generalizzato, è fondamentale lavorare perché si crei un organismo internazionale che si adoperi per un disarmo progressivo e controllato, con un ricorso fiducioso al diritto. Saranno l’opinione e il sentimento della moltitudine che decideranno il futuro del pianeta e dell’uomo: il buon senso unito alla pressione di una illuminata opinione pubblica sono in grado di spingere per una riconversione dell’impianto bellico con le adeguate tecniche industriali, economiche e politiche. Garantire un giusto equilibrio tra le esigenze della sicurezza e lo sviluppo dei popoli è possibile. Questo richiede, però, un impegno strutturato a livello di coscienza dei popoli, di rafforzamento delle organizzazioni nazionali e internazionali su un terreno di spessore maggiore: quello che guarda ad una dimensione della persona non legata alla sua efficienza tecno-economica, ma valoriale nel senso di “essenziale”. È su questi presupposti che la dottrina sociale della Chiesa intende contribuire a formare le coscienze. La schiavitù delle armi genera una cultura psicologica precisa: aumentare la forza del potere, rinforzare il posto di privilegio nel panorama mondiale, violare il diritto alla vita con un progetto di forza. La psicologia delle armi conduce alla diffidenza e questa genera la schiavitù che, in senso cristiano è incapacità di amare il bene. Allora, affiliamo con sapienza le armi: quelle, però, della ragione, della riflessione, del confronto sereno e costruttivo. Solamente superando la logica della difesa, del possesso e del dominio possiamo essere veramente liberi. info@giuseppinacapozzi.it

Conoscerla per amarla. Con questo slogan Famiglia Cristiana ha lanciato la sua nuova campagna di rilancio della Bibbia nelle famiglie italiane. Ma è uno slogan che riassume bene anche il senso dell’intero ciclo dei Venerdì culturali di Padre Kolbe, promossi dalla parrocchia di San Massimiliano Kolbe di Lecce sotto la guida di mons. Piero Quarta e giunti alla quarta edizione. Scopo di questa iniziativa di cultura religiosa è infatti quello di riflettere insieme su che cosa crediamo e perché crediamo, al fine di promuovere una fede più matura e consapevole. La riflessione sulle fonti della nostra dottrina è preliminare ad ogni altro approccio e giustifica il fatto che per il quarto anno consecutivo al centro degli incontri ci sia sempre la Bibbia. Negli anni precedenti si sono affrontati la Bibbia come documento storico e fondamento della nostra fede (I anno), le lettere di S. Paolo (II anno) e i grandi personaggi dell’Antico Testamento (III anno); quest’anno si affronta il Nuovo Testamento, ad esclusione delle lettere paoline, dato che ad esse è stato dedicato tutto il ciclo del II anno, e delle cosiddette lettere cattoliche. Il Nuovo Testamento sarà analizzato da diverse prospettive. La relazione introduttiva ai Vangeli è stata affidata infat-

ti ad un laico (prof. V. Ugenti), che ne traccerà le coordinato storico-culturali (quando e perché sono stati scritti, sebbene Gesù abbia affidato il suo messaggio alla sola predicazione orale; chi ne sono gli autori; qual è il grado di attendibilità dei Vangeli canonici rispetto ai Valngeli apocrifi): un aiuto a “conoscere” le opere che ci parlano di Gesù. Successivamente interverranno dei docenti di Sacra Scrittura che, essendo anche sacerdoti e pastori di anime, aiuteranno a cogliere la ricchezza del messaggio trasmesso e ad “amarlo” consa-

pevolmente (protopapàs Nik Pace, don Michele Giannone, don Salvatore Mele, fra’ Alfredo Marchiello, don Antonio Perrone). Il primo appuntamento è per Venerdì 1 Ottobre presso la Parrocchia di S. Massimiliano Kolbe di Lecce; i successivi appuntamenti si susseguiranno al ritmo di uno al mese, in coincidenza con il primo Venerdì. Valerio Ugenti Ordinario di Letteratura Cristiana Antica Università del Salento valerio.ugenti@unisalento.it


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IL COMPLEANNO DELL’ARCIVESCOVO

Un momento di preghiera e di fraternità sacerdotale, lo scorso 14 settembre per festeggiare il genetliaco del Pastore

Mons. D’Ambrosio: “La mia vita è per voi” Un intenso momento d’intimità sacerdotale, da fratello maggiore che apre ai fratelli pieghe nascoste dell’animo, da padre che svela un cuore impegnato a coniugare amore e verità, da pastore premuroso consapevole di essere stato scelto, consacrato e mandato a servire nella profezia della carità e della speranza. Il comune dono della chiamata sacerdotale si esprime nella gratitudine al Maestro per la partecipazione al sacerdozio di Cristo, nell’accenno alle difficoltà del ministero e soprattutto nell’esplicita dichiarazione dell’affiatamento umano e della comunione propria del battesimo e del sacramento dell’Ordine: “State certi non ho rimpianti né nostalgie, ho solo il desiderio di camminare con voi”, confida con affettuosa amicizia e con la gioia che appaga fatica e travagli. Mons. D’Ambrosio offre pure una lettura della situazione, mostrandosi molto contento, della generosa e profonda dedizione del clero al Buon Pastore e alla Chiesa diocesana, dello “straordinario” acume di tanti nella preparazione personale e nella vita pastorale, della disponibilità offerta dal presbiterio nell’affrontare le diverse situazioni, sul chiaro fondamento della fede. È proprio la spiritualità la sorgente della vita sacerdotale, vissuta nell’oblatività che con il Cristo, “pio pellicano”, offre l’intera esistenza, nell’impegno quotidiano a sperimentare la dimensione di vittima crocifissa per amore verace, autentico, generoso, capace ad abbandonare le comuni miserie egoistiche e ad elevarsi sino alla sublimità della croce con eccelsa donazione. Dalla scelta e dall’impegno a vivere la santità ne derivano importanti opzioni pastorali nella vita diocesana ed in quella individuale: dall’urgenza di un più efficiente coordinamento pastorale all’interno di territori che troveranno vivo giovamento dall’unitarietà del servizio alla reimpostazione organizzativa nelle collaborazioni parrocchiali, dalla diminuzione del clero all’urgenza di rinnovare progettazioni di obiettivi e metodi nell’evangelizzazione, dalla valorizzazione dei laici al rinnovamento curiale, dalla te-

stimonianza nel precedere i fratelli lungo inediti sentieri pastorali con altruismo e generosità al proposito di mirare sempre più in alto con maggiore abnegazione. Arcivescovo e presbiteri vivono uniti, sorridenti e ricchi di fede e di apertura al rinnovamento, il compleanno del Pastore, comunicandosi re-

ciprocamente nella preghiera il vicendevole affetto e la volontà di camminare insieme, nella fedeltà a Cristo e alla gente del Salento: la fraternità e la missionarietà costituiscono segni pregnanti del servizio ecclesiale, come rivelano le affabili parole del vicario generale mons. Fernando Filograna e le cordiali

dichiarazioni del presule (“la mia vita è per voi… con tutto il bene che vi voglio…”). L’incontro è soprattutto un evento di condivisione, nel segno della reciproca gratitudine, dello stupore per i doni del Signore, della contemplazione di una vocazione che, pur nell’esigenza di un’impegnativa

risposta, supera le attese terrene ed è segno di straordinaria benevolenza divina. È evidente la gioia dello stare insieme, avvertendo lo sguardo di predilezione del Cristo e sperimentando nella carità l’esperienza della Chiesa unita con l’apostolo. Adolfo Putignano

LA POESIA DI MONS. LUPO

AUGURI PATRE Nu tte straccare cu scindi mmiènzu Lecce ‘gne matina de le bellezze china cu nnu salutu chinu de bontà Nu tte straccare cu pparli cu lli randi e lli wagnùni a nnànzi lli purtuni ca sùntu sègnu de l’antichità Nu tte straccare cu prètechi... cu siènti tanta gènte te dice cce sse sènte... tutte le pene de l’umanità

Nu tte straccare cu siènti le tempeste de la vita pe tie nu bbè finita lu cursa santa de la libertà... Nu tte straccare cu trasi intru carceru de morte... te bruscianu le porte... te squàrtanu lu còre... è verità!... Te ìsciu a ‘nsennu... sta chiàngi pe nnu prèite ca sta mmòre... è santu stu tulore ete semente pe lla santità... Te ìsciu a ‘nsènnu... te ‘mbrazzi nnu carusu... prèite nèu...

e mme recordu jèu la prima missa... cce felicità! Perduna Patre se t’ìmu date spine... nu... le rose... perduna tante cose lu fuècu santu de la carità... Te ulimu bene! Sta’ Lecce nòscia t’a’ trasuta a ncòre... pe’ nui... sì lu Signore... cumpagnu nèsciu per l’eternità... Franco Lupo A.S.Ecc. Mons. Domenico D’Ambrosio 15 settembre 2010 69° compleanno


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ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di padre Gianfranco Scarpitta

Ricchi senza nome

Il Vangelo di questa domenica ci presenta due tipi di vita in antitesi tra di loro: la vita gaudente del ricco epulone e quella sofferente del povero Lazzaro. I due personaggi ci sono presentati all’inizio: il ricco in abiti sontuosi davanti a una lauta mensa, il povero affamato, avvolto in cenci, siede alla porta sperando di raccattare qualche briciola che cade dalla mensa del ricco. Il particolare emergente è che del ricco non viene riferito nessun nome, mentre del povero viene detto il nome. Epulone infatti non è un nome proprio, è solo un aggettivo che significa opulento, pasciuto, sazio; infatti non compare nel Vangelo, è solo un attributo che è stato aggiunto in seguito per illustrare la parabola. Dio conosce solo il nome del povero. Questo particolare veniva già messo in luce da San Gregorio Magno in questi termini: “Dobbiamo anche porre grande attenzione con cui il racconto dell’uomo ricco e superbo e dell’umile mendico viene a noi presentato dalla stessa Verità. Leggiamo infatti: “c’era un uomo ricco” e subito dopo “c’era anche un mendico chiamato Lazzaro”. Noi sappiamo che sono a tutti più noti i nomi dei ricchi che quelli dei poveri. Perché dunque il Signore narrando di un povero e di un ricco dice il nome del primo e tace quello dell’altro, se non per dimostrare che Dio conosce gli umili ed è vicino a loro, mentre non riconosce i superbi? Per questo il Signore dirà nell’ultimo giorno a chi si mostrerà superbo: “non so donde proveniate, allontanatevi da me voi che commettete l’iniquità”. Cristo dunque disse del ricco “un tale” e del povero “un mendico di nome Lazzaro”. Chiaro è il senso dell’espressione di Cristo: riconosco il povero che è umile, non il ricco che è superbo. Riconosco il primo e lo accolgo, pongo fra i reprobi, nel mio giudizio il superbo”. Quale titolo onorifico? Vediamo dunque ancora una volta come la logica evangelica sia diametralmente all’opposto di quella mondana: in questa i ricchi sono conosciuti, straconosciuti con nomi altisonanti preceduti da innumerevoli titoli onorifici; riveriti, strariveriti, mentre i poveri manco si sa come si chiamino e sono riveriti solo dai… cani “perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe”. Per contro nel Vangelo, il ricco non solo non possiede l’ombra di un titolo, ma nemmeno un nome proprio, mentre il povero possiede un nome proprio e un titolo che lo precede: il nome è Lazzaro e il titolo non è dottore, ingegnere, onorevole ecc. ma povero! Il povero Lazzaro. L’unico titolo che sarà veramente onorifico e ci introdurrà nelle dimore eterne sarà “povero”. Chi nel mondo si dà da fare per acquistare tale titolo? Ci vuole la scossa!... Ci vorrebbe un nuovo Abbé Pierre, l’insurgè de la charitè, con le sue denunce vibranti, per aiutarci a svegliare le nostre coscienze dal pericoloso letargo in cui stanno cadendo. E per evitarci quel capovolgimento della situazione che vediamo accadrà dopo il giudizio finale: il ricco giace nei tormenti e rivolge a Lazzaro, diventato onorevole seduta stante, suppliche accorate, affinché venga in suo soccorso. Ma è troppo tardi! I giochi sono fatti! Se almeno i suoi fratelli potessero essere avvisati per ravvedersi in tempo, ma niente da fare: il suo tempo è finito e quelli che sono ancora nel tempo ci pensino loro a convertirsi. In tempo! Chiediamo al Signore che ci dia una scossa forte per non ritrovarci poi nella situazione del ricco e diventare dei senza nome per tutta l’eternità.

24 GIUGNO 1928 - 18 SETTEMBRE 2010

Don Pietro Cocciolo è tornato tra le braccia del Padre

Sacerdote fedele alla Chiesa Servo buono per il Regno Da 4 anni don Pietro aveva lasciato il ministero pastorale in San Giovanni Bosco nella periferia meridionale di San Pietro Vernotico, ivi esercitato da parroco per 23 anni, dopo il provvisorio sostare da 13 anni nella Chiesetta di S. Antonio di Padova, parrocchiale supplente fin dalla erezione canonica del 31 gennaio ’74. Ove ci era ritornato da Rettore nell’ottobre del 2006, negli ultimi anni di vita non sempre trascorsi in buona salute. Lui che era sacerdote dal 14 giugno ’53, ordinato due settimane prima degli altri 4 compagni di corso, perché la madre morente lo vedesse sacerdote. Nel primo ventennio sacerdotale aveva ricoperto vari incarichi, sempre cogliendo ottimi risultati per la salute delle anime, soprattutto nella catechesi e nelle attività ricreative. Trascorso il primo anno come educatore al Vescovile, secondo la prassi allora vigente, era stato successivamente vicario parrocchiale nella matrice del patrio loco (‘54-‘59) ed ivi stesso Cappellano dell’Ospedale “N. Melli” dal ‘59 al ’74.

Contemporaneamente si era impegnato nel sociale come docente di Religione, ottenendo una sezione staccata del commerciale “Marconi” di Brindisi, di cui divenne vicepreside fino al pensionamento. La nuova chiesa parrocchiale era sua creatura se si pensi all’impegno e al sacrificio profusi nella raccolta dei fondi per la realizzazione dell’edificio sacro, che si caratterizza soprattutto per le magnifiche vetrate che ne adornano il transetto. Così come la crescita spirituale della comunità, in special modo per l’Azione Cattolica. Tanto spiega l’affollatissima partecipazione dei fedeli alla sua messa di commiato che ha sfidato i trenta gradi dell’insolito meriggio settembrino del 19 scorso a pochi giorni dall’inizio d’autunno. Venti concelebranti facevano corona a mons. Vicario, che sostituiva il nostro Arcivescovo non ancora tornato dal viaggio pastorale in Moldavia. Egli all’omelia ha così efficacemente presentato la luminosa figura dello scomparso: “Un uomo dal carattere energi-

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L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Domenica 26 settembre 2010 Ore 10.30 - Conferisce le Cresime nella parrocchia della S. Famiglia di Trepuzzi Ore 12.15 - Benedice l’Oratorio di Giorgilorio Ore 18 - Celebra la S. Messa in onore dei SS. Medici nella Chiesa di S. Teresa

Martedì 28 settembre 2010 Mattina - Riunione con gli Uffici di Curia Ore 18 - S. Messa con la Polizia di Stato in Cattedrale

Lunedì 27 settembre 2010 Mattina - Udienze Ore 18.30 - Celebra la S. Messa in onore di S. Vincenzo de’ Paoli nella Chiesa dell’Idria

Venerdì 1 ottobre 2010 Ore 18.30 - Celebra la S. Messa in onore dei SS. Angeli Custodi a S. Pietro V.co

Da mercoledì 29 settembre a venerdì 1 ottobre si reca a Peschici

Sabato 2 ottobre 2010 Ore 18 - Conferisce, in Cattedrale, il Sacramento dell’Ordine Sacro al diacono Valentin Diac SALENTO FRANCESCANO di frà Paolo Quaranta

Una Voce nell’incertezza Ascoltare la voce del Signore tra le tante voci che affollano le nostre orecchie, sta divenendo sempre più impresa ardua. Provare ad ascoltare oggi la Voce penso sia possibile solo attraverso un sano discernimento quotidiano di ciò che sia bene e ciò che sia male, attraverso una giusta ed equilibrata “lettura dei segni”, perché la vita non sia solo metrico scorrere di istanti dettati dal fato ma luogo della manifestazione della volontà del Padre. Ci confrontiamo, ancora una volta, con Francesco d’Assisi; cerchiamo di cogliere nella sua esperienza gli elementi che gli hanno permesso di prendere coscienza del nuovo presente nella sua vita e della necessità di rispondere alla provocazione di certi eventi che gli sono accaduti. Quando ci si pone in cammino emergono difficoltà, ostacoli che si frappongono. Variano con accentuazioni diverse. Qui cominciano gli interrogativi, si avverte profonda l’incertezza, il turbamento; non si vede chiaro. Se però riesce a parlare il cuore, la strada si illumina e la storia co-

mincia a sua volta a parlare. L’esperienza della prigionia, che Francesco vive, lascia il segno sulla sua debole costituzione fisica. Ottiene la libertà, ma viene inchiodato a letto, da una malattia, per molto tempo. Nella solitudine l’animo vive l’inquietudine. I momenti difficili insegnano a guardare la vita con un’ottica diversa. Lo sguardo si fa più attento alle cose che si lasciano, a ciò che si perde. Ci vogliono delle ragioni positive per fondare una scelta qualificante. Ma non ogni modo di vivere porta la ricerca ad un risultato positivo. Se ci lasciamo prendere dalla cultura dell’immediato, rischiamo di vivere senza riflettere. Il “tutto e subito” esprime una definizione di se stessi basata solo su sensazioni passeggere e contraddittorie che la vita stimola. Così nelle scelte finiamo per agire con un solo criterio: il gusto personale, cioè una maniera soggettiva di leggere gli eventi. Questo comporta la cultura del sospetto per tutti quei progetti di vita che richiedono grandi impegni e finalità a lungo termine. Spesso, come Francesco

d’Assisi, non ci si accorge che l’avventura, la soddisfazione del bisogno, le emozioni da provare, le sensazioni da sentire, sono indice non di una ricerca, ma di un vivere “parcheggiati”, ripiegati su se stessi e sulle proprie utopie. Il vivere come vagabondi, cercare esperienze su esperienze, persone su persone, cose su cose, bisogni su bisogni, ci porta spesso a vivere in preda a ciò che prende di più, a ciò che piace, senza farci poi tanti problemi. Occorre allora ri-centrare l’obiettivo, recuperare se stessi, avere una visione positiva di ciò che siamo. Se ci confrontiamo con Francesco ci accorgiamo che l’esperienza della sua vita ha rilevato un continuo cambiamento in corso, un continuo superarsi. Il Santo di Assisi comprende che Dio gli chiede qualcosa di più, anche se gli fa paura il solo pensare che deve rinunciare a tutto, in maniera radicale. Quante volte vorremmo evitare la fatica della ricerca e sapere direttamente da Dio cosa fare. Ma è in questa incertezza che il Signore parla.

GLI ESERCIZI SPIRITUALI DEI MINISTRI ISITUITI

Responsabilità e non ricompensa

co, un sacerdote dalla personalità affabile e ferma, leale e paziente, esigente con se stesso e comprensivo con gli altri, un sacerdote fedele al servizio della Chiesa”. Nella navata si notavano autorità locali e suore di varie congregazioni; confraternite e associazioni giovanili. Presenti e celebranti i due nipoti sacerdoti: don Gino Greco, parroco di Torchiarolo, e p. Luigi Ragione, passionista. Chi scrive Lo ha avuto compagno di camerata al seminario minore e condiscepolo ai corsi riuniti teologici al Regionale di Molfetta. O. D. S.

“La cosa più importante che vi voglio dire è quello di fare veramente con il Signore spreco di generosità. Guardate, non impressionatevi per i problemi che ci sono nel mondo, per le difficoltà che dovete incontrare per arrivare alla meta…”. Sono parole del nostro amato vescovo don Tonino Bello, esse furono rivolte a due giovani seminaristi in occasione dell’omelia nel corso della celebrazione del Rito di ammissione tra i candidati agli Ordini sacri il 19 marzo 1993. Con queste stesse parole ha voluto iniziare le sue riflessioni Fra’ Paolo Quaranta, o.f.m., rivolgendosi ai ministri istituiti che hanno partecipato agli esercizi spirituali annuali tenutisi presso l’Oasi “Madonna di Roca” di Melendugno. Tema: “Non è finita la sua storia - Il cammino della salvezza”. Hanno partecipato agli esercizi Accoliti, Lettori e Ministri straordinari della Comunione eucaristica dell’Arcidiocesi di Lecce, servi della Chiesa che, affiancando i ministri ordinati, offrono la loro collaborazione nello svolgimento della sua missione. Com’è noto, il Motu proprio “Ministeria quaedam” di Paolo VI (15 agosto 1972), ha istituito nella Chiesa due ministeri permanenti: il Lettorato e l’Accolitato, l’uno come ministero della parola di Dio, l’altro come ministero dell’Eucaristia e della carità. Compito del Lettore è quello di annunciare le Scritture ed essere, nella comunità, catechista, evangelizzatore e testimone. L’Accolito, invece, accanto al Diacono,

è servitore dell’altare e collaboratore del Presbitero; egli è ministro della comunione e della carità, ed è chiamato ad essere animatore di unione fraterna e promotore del culto a Dio in spirito e verità (cfr. Cei, I ministeri nella Chiesa, n. 3). Nel corso delle meditazioni, sapientemente illustrate dal relatore e arricchite con esempi pratici riferiti a San Francesco e a don Tonino Bello, è stato ribadito che i ministeri provengono dal Padre come doni speciali, essi non sono dati alla persona per la grandezza o l’esaltazione della persona stessa, ma per l’utilità della Chiesa, dove tutti siamo servi. Chi riceve un ministero non riceve una ricompensa, ma una responsabilità, deve quindi essere consapevole della grandezza di quello che fa e deve impegnarsi a camminare sempre di più sulla via della santità. Durante i tre giorni di permanenza presso l’Oasi, i partecipanti agli esercizi hanno avuto anche la gioia della visita del loro Arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio, che ha presieduto una celebrazione eucaristica coadiuvato dai concelebranti mons. Vincenzo Marinaci, direttore dell’Ufficio Diaconato permanente e Ministeri istituiti, e fra’ Paolo Quaranta. Rivolgendosi ai convenuti, il Presule li ha ringraziati per il lavoro svolto e li ha esortati ad impegnarsi sempre di più nell’annunzio missionario del Vangelo e la testimonianza della carità. Pasquale Pennetta


L’Ora del Salento

Lecce, 25 settembre 2010

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catholica NUOVO ORATORIO A GIORGILORIO

Festa dello sport e dell’amicizia a Oratoriamo con la presenza dell’Arcivescovo di Lecce Si inaugurano gli impianti sportivi alla Madonna della Fiducia

Una piazzetta per socializzare Un centro aperto ai ragazzi e alle famiglie Per tutta la giornata di domenica sul campo di calcetto si alterneranno preti e politici, uomini e donne, non vedenti e carabinieri, mogli e mariti senza dimenticare le squadre composte dai bambini e giovani. Alle ore 12.00 S. E. mons. Domenico D’Ambrosio inaugurerà il campo sportivo e la piazza dell’oratorio con un calcio al pallone. Il campo di calcio realizzato grazie alla parrocchia e al contributo della Regione Puglia e la piazzetta grazie al contributo della Diocesi di Lecce, saranno intitolati ai due giovani Alessandro e Tony Daniele morti tragicamente in un incidente stradale, al piccolo Stefano Bolognese e a Simone Varratta. Il campo sportivo di calcetto si avvale anche delle docce e di grandi punti luce che illumineranno le notti di sport. L’intera struttura insieme alla nuova Chiesa, è il fiore all’occhiello di Giorgilorio e non solo e si avvale anche di un auditorium e tanti spazi per i giochi e la socializzazione oltre a tante stanze per incontri e varie iniziative sociali. Entro il 2011 sarà realizzato anche un campetto di basket, pallavolo e bocce. In serata, mentre sui campetti si gioca, sulla piazza dell’oratorio musica, degustazione e balli con le coreografie della scuola di ballo New Dance Giorgilorio, per dare anche il via al nuovo anno sociale della comunità parrocchiale.

La piazza dell’oratorio, i campi sportivi, il centro immigrati un’ampia e moderna struttura a servizio della comunità di Giorgilorio e del territorio, aperto a ragazzi e famiglie in un più ampio progetto culturale ed educativo impostato dalla nostra Diocesi. Lo spazio della piazza è stato realizzato grazie ad un contributo del nostro Arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio. La piazza ha in sé uno spazio per i piccoli con giochi, per i più grandicelli per praticare sport, una statua in bronzo di Papa Giovanni Paolo II ed una grotta mariana per la preghiera. Uno spazio da utilizzare per la socializzazione attraverso momenti ludici,

incontri all’aperto, momenti di festa. I campi sportivi, per ora riguardano calcetto e tennis; in seguito è previsto un campo di pallavolo e basket. Il campetto grazie al contributo regionale sugli oratori, dopo sei anni di lunga attesa e burocrazia regionale, è un piccolo sogno che si realizza, nonostante i contributi dimezzati, per aiutare i giovani a crescere attraverso lo sport sano. Certo, la cultura degli oratori al sud ha da fare molta strada, ha bisogno di entrare nella mentalità comune di un progetto formativo ampio per le giovani generazioni e le famiglie devono aprire la loro mente a questo metodo collaudato al nord e che for-

ma generazioni intere. P e r e n t i

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Antonio Murrone

ORATORIO “DON NICOLA LEONE” - SQUINZANO

“Conoscere, conoscersi... farsi conoscere”: un progetto per educare Prende il via con due spettacoli teatrali il nuovo percorso dell’Oratorio don Nicola Leone di Squinzano. Sabato 26 settembre, presso il campetto adiacente la chiesetta dedicata alla Madonna di Lourdes in via Einaudi sarà di scena la Compagnia “Ghefiura” con “L’ultima pizzica” di Alessandro Garofalo, mentre domenica 26 settembre la Compagnia “Il teatro della Busacca” presenterà “Non ti pago“ di Eduardo de Filippo (n.d.r.: in caso di maltempo gli spettacoli si terranno al coperto presso il Centro di

Aggregazione Sociale “La famiglia” in via Carso - ex Liceo Scientifico - a Squinzano). Gli spettacoli che saranno preceduti da una degustazione di vino e “pittule” per tutti rappresentano non solo un momento di aggregazione sociale finalizzato a ridare vitalità sociale alla periferia cittadina ma soprattutto l’avvio del progetto “Conoscere, conoscersi e … farsi conoscere” diretto a coinvolgere i giovani per prevenire forme di devianza e/o di disagio sociale.

Il progetto, che ha natura e funzione educativa, si sviluppa attraverso un percorso multidisciplinare basato: sull’esperienza teatrale come momento di acquisizione critica del linguaggio e di padronanza del proprio corpo e delle proprie emozioni; sull’apprendimento mediatico (cinema) inteso come acquisizione di consapevolezza di esperienze, culture, tradizioni e modi di pensare differenti dal ristretto ambito sociale in cui si vive, sia esso la famiglia o il quartiere; sull’attività

SALENTO MARIANO

di Valerio Terragno

La chiesa dell’Immacolata a Nardò Il pellegrino, il quale giunge nel Salento per visitare i luoghi legati al culto della Vergine non potrebbe che rimanere incantato dalla bellezza della chiesa dell’Immacolata a Nardò. Questo tempio, uno dei più importanti di questa artistica cittadina, venne edificato nel 1580 su una presistente chiesa medievale, tenuta fin dal 200 dai Francescani Conventuali. La chiesa fu costruita dai neretini Angelo Spalletta, Donato Allegranzio Bruno, con la collaborazione di Giovanni Tommaso Riccio. Alla fine del XVI secolo, a Nardò, operarono artisti che, con perizia e originalità, realizzarono aleganti edifici in forme tardo-rinascimentali. La facciata, priva di fastigio, è divisa in due ordini scanditi da paraste con capitelli dorici, unite da ghirlande lapidee; delle quattro nicchie soltanto una conserva ancora la statua di Sant’Antonio da Padova. Sul portale centrale, sostenuto da due colonne scolpite, è collocata la statua lapidea dell’Immacolata. Al centro del secondo ordine, fastoso e monumentale si apre un grande rosone che nell’antica tradizione cristiana simboleggia

“l’Occhio divino” di Cristo, il quale veglia sul mondo. Il campanile possiede una sola apertura, posta in corrispondenza della cella campanaria. L’interno è ad un’unica navata con tre cappelle, disposte su ogni lato lato, mentre la volta a stella è adornata da stucchi. Sul lato destro, si trovano: la prima cappella intitolata a San Giuseppe da Copertino, con tela del Santo salentino protettore degli studenti e degli aviatori e la statua dell’Addolorata, la seconda che ospita la statua in cartapesta di Santa Rita da Cascia e la terza contenente l’ altare barocco dell’Assunzione di Maria e le tele laterali di San Francesco di Paola e San Gregorio. Questa cappella fu rimaneggiata, nel XVIII secolo, per volontà del priore G. Vincenzo Sambiasi, il cui stemma nobiliare campeggia sul medesimo altare. Le cappelle, situate sul lato sinistro, contengono altrettanti altari barocchi adornati da stucchi, statue, colonne tortili e leziosi fregi. Esse sono rispettivamente intitolate alla Natività della Vergine, all’Annunciazione ed alla Presentazione di Maria al Tempio. Al presbiterio, si accede passando al di sotto dell’arco di trionfo sormontato dallo

stemma dei Francescani. L’altare maggiore, in marmi policromi, fu voluto dalla famiglia Personè. Tra le pregevoli opere, collocate nell’aria presbiteriale, eseguite prevalentemmente da artisti locali, spicca quella raffigurante l’Immacolata, titolare di questa chiesa a partire dal lontano 1885, per decisione del Vescovo Luigi Vetta. La Vergine, piena di dolcezza, è rappresentata con la luna sotto i piedi, simbolo della purezza e dodici stelle sul capo; ai lati scendono, dalle nuvole, nove arcangeli, illuminati dalla visione celestiale di Maria. Sempre in questa tela si scorgono una torre, chiaro riferimento alla città di Nardò, una chiesa con cupola, strettamente legata alla potenza ed al prestigio della chiesa di Roma. Alle pareti laterali è addossato il coro, in abete, a due livelli, intarsiato con immagini di putti e decori vegetali. Sulla cantoria della controfacciata è collocato un pregevole organo del XVII secolo. Sull’altare settecentesco della sacrestia è situata una tela raffigurante San Giuseppe da Leonessa. Alla fine del 500, risalgono le tele di Sant’Orsola e San Gregorio Armeno, Patrono di Nardò, ricordato il 20 febbraio; la

statua dell’Immacolata è del XVIII secolo. Nel cuore del centro di Nardò, in piazza Salandra si innalza una meravigliosa guglia barocca, sempre intitolata all’Immacolata. L’antico convento, di origine medievale, fu ricostruito da Giovanni Maria Tarantino di Nardò. Soppresso nel 1809, al tempo della dominazione napoleonica, quando molte dimore monastiche furono tolte ai vari ordini religiosi, il monastero fu trasformato in residenza signorile, dopo essere stato acquistato dalle famiglie Giannelli e Castaldi. Nardò vanta un cospicuo numero di chiese, rette da confraternite ed ordini religiosi, i quali hanno contribuito ad avvicinare il popolo locale alla figura della Madonna.

sportiva intesa come momento di aggregazione sociale fondata sul rispetto e l’accettazione dell’altro, nonché sull’importanza di fare squadra o gruppo per il raggiungimento di un obiettivo comune; sull’attività informatica intesa come acquisizione di moderne competenze indispensabili per dare concretezza ed espressione ai risultati del proprio percorso di crescita. L’attività sarà espletata: attraverso l’attivazione di un laboratorio teatrale diretto all’interpretazione ed alla rappresentazione di testi preventivamente analizzati o alla cui realizzazione i soggetti destinatari del progetto potrebbero, comunque, contribuire; attraverso il confronto ed il dibattito nell’ambito di cineforum, aventi differenti tematiche, da realizzare nella sala multimediale appositamente realizzata presso la sede dell’Oratorio; attraverso la formazione di una squadretta di calcio che dovrà partecipare a tutte le manifestazioni promosse a livello di Oratorio Zonale al fine di favorire il confronto e la socializzazione con altre realtà; attraverso l’alfabetizzazione informatica strumento indispensabile sia per rendere esplicito e tangibile il proprio pensiero che per comunicare coscientemente attraverso la rete e divulgare il medesimo. Il progetto ha come finalità quella di far: acquisire consapevolezza critica della complessa e poliedrica realtà sociale in cui si vive (fase del conoscere); maturare un percorso di autostima e coscienza sociale (fase del conoscersi); maturare un atteggiamento positivo di accettazione degli altri attraverso il riconoscimento delle reciproche diversità non come ostacolo alla comunicazione, ma, come elemento di arricchimento comune e presupposto per utili sinergie (fase del farsi conoscere). Obiettivo dell’iniziativa è quello di favorire la formazione nel ragazzo di una coscienza critica e responsabi-

le, quale presupposto ineludibile per prevenire ad ogni forma di disagio sociale/devianza o per indurre una cosciente azione di reintegrazione sociale nelle forme di disagio sociale/devianza già conclamata. Destinatari, dell’iniziativa saranno i ragazzi compresi tra i 7 ed i 16 anni residenti nel comune di Squinzano ed in particolare nei quartieri “Nanni” e “Giovanna Romano”. Trattasi di aree urbane periferiche caratterizzate dall’assenza sia di strutture sportive e/o ricreative (con esclusione di quelle aventi fine di lucro) sia di centri di aggregazione sociale. L’iniziativa è diretta a prevenire l’insorgere di forme di disagio sociale/devianza giovanile in aree periferiche ad alto rischio, mediante l’attivazione di un percorso formativo diretto a stimolare l’insorgere di una coscienza critica nei ragazzi. Il percorso proposto potrà costituire un valido ausilio sia per le famiglie che per la scuola. La corretta crescita dei ragazzi arginerebbe, infatti, anche il fenomeno della dispersione scolastica. Inoltre, l’esistenza di un centro di aggregazione sociale attivo favorirebbe il recupero nelle ipotesi di devianza giovanile già conclamata e l’approccio con i nuclei familiari a rischio. In questa logica si inserisce la ristrutturazione dei locali di via Di Vittorio con l’attivazione già a far data del luglio scorso di una sala multimediale dotato di un maxi schermo e l’attivazione già a parte da metà ottobre del laboratorio teatrale dei ragazzi con la collaborazione artistica della compagnia Ghèfiura. Certo il cammino da percorrere non è semplice, perché spesso si devono vincere pregiudizi e diffidenze, ma la nostra fede nel messaggio evangelico dell’amore verso gli altri costituisce la nostra forza. Claudio Taurino Presidente Oratorio don Nicola Leone


L’Ora del Salento

Lecce, 25 settembre 2010

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

L’Inps cerca a Lecce 130 avvocati domiciliari

È stato pubblicato il nuovo bando per acquisire, da parte dell’Inps, la disponibilità di avvocati esterni come procuratori domiciliatari e/o sostituti di udienza. Si completa così, dopo un anno e mezzo di sperimentazione, un altro tassello della riforma dell’Avvocatura dell’Inps, avviata nella primavera del 2009 a livello sperimentale nelle aree critiche del Centro-Sud, con la prima apertura agli avvocati domiciliatari e praticanti. Le domande, per un fabbisogno di oltre 2.600 posti (130 nella sola provincia di Lecce) possono essere presentate dagli interessati esclusivamente in via telematica, tramite il sito dell’ente previdenziale (www.inps.it) sino alle ore 24 di domenica 24 ottobre 2010. La via telematica è l’unica consentita per l’inoltro della richiesta; non sono ammesse modalità alternative: non verranno prese in considerazione le domande pervenute tramite posta e non saranno accettate quelle consegnate a mano presso le strutture territoriali dell’Inps. Per accedere al servizio online gli interessati devono essere muniti di Pin o della carta nazionale dei servizi (Cns). Tramite la procedura online l’interessato potrà scaricare copia protocollata della domanda, attestante la ricezione della stessa da parte dell’Inps. Tale copia sarà disponibile entro le 24 ore successive alla presentazione della domanda. L’Istituto sta assicurando un celere rilascio del Pin ai professionisti interessati, che può essere ottenuto sia nella modalità online, attraverso il sito

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

www.inps.it, sia attraverso il canale telefonico del Contact Center 803.164, sia - infine - presentandosi personalmente presso un qualsiasi sportello Inps del territorio. La maggiore efficienza dell’Avvocatura dell’Istituto potrà contare da oggi anche sul sostegno degli avvocati domiciliatari e sostituti d’udienza. Ad oggi, oltre ai 330 avvocati in ruolo presso l’Avvocatura dell’Inps, ci sono circa 250 domiciliatari, acquisiti in via sperimentale in alcune circoscrizioni delle regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Gli avvisi locali sono stati pubblicati il 14 settembre presso ogni ufficio dell’Inps e sono stati inviati a tutti i consigli degli ordini degli avvocati, per l’affissione nelle rispettive sedi e l’inoltro dell’informazione agli iscritti. La fase istruttoria regionale si concluderà con la compilazione, entro il 29 ottobre 2010, delle liste provvisorie circondariali di competenza, che saranno trasmesse in automatico alla Direzione generale dell’Ente per la seconda e conclusiva fase istruttoria, tramite la nomina di una commissione centrale che effettuerà la valutazione dei curricula dei soggetti inseriti nelle liste provvisorie. Le liste circondariali saranno definite dalla predetta commissione entro il mese di dicembre 2010, nel rispetto del numero massimo di posti definito, sulla base di criteri oggettivi relativi ai curricula ed all’esperienza professionale e per ordine di punteggio decrescente. Le liste definitive saranno pubblicate sul sito internet dell’Inps.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

La pubblicità del Liceo Giovanni Paolo II È veramente un peccato che non vi decidiate a fare un minimo di pubblicità, per far conoscere alla cittadinanza l’esistenza del vostro Ginnasio-liceo! - disse la Presidente della Commissione giudicatrice degli esami di maturità, salutando i commissari interni, il 6 luglio scorso, mentre il Direttore amministrativo affiggeva nella bacheca del Liceo paritario Giovanni Paolo II i tabelloni, con gli ottimi risultati finali degli esami di Stato. Dico che è un peccato - aggiunse la Presidente - perché il vostro Ginnasio-Liceo non è conosciuto neppure nelle aule dei due rinomati ed omologhi Licei della città, nonostante l’apprezzamento che riceve fra le famiglie degli studenti che lo frequentano. Del resto, la nostra commissione di maturità non ha avuto nessuna esitazione nel dare il massimo dei voti - cento su cento, con la lode - a due eccezionali studentesse e ad un non meno bravo studente, dell’ultima classe di questo Liceo. Una mia collega di scuola media - intervenne la commissaria esterna di matematica e fisica, a compiaciuto sostegno di quanto aveva detto la Presidente - alla quale stavo parlando della buona qualità degli apprendimenti che ho riscontrato, esaminando gli studenti che abbiamo appena diplomato, è caduta dalle nuvole, quando le ho proposto di iscrivere la nipotina alla classe IV ginnasiale del Giovanni Paolo II. Dopo appena qualche attimo di riflessione, la stessa commissaria esterna di matematica ricordò la frase, con la quale la sua interlocutrice aveva espresso sorpresa, nel sentire che nella città di Lecce vi è un Ginnasio-Liceo paritario, aperto a tutti, adolescenti e giovanette, là, in via Umbria, proprio sul limite che segna il confine fra il territorio del capoluogo provinciale e quello del rione Castromediano di Lecce: Ma questo Liceo Giovanni Paolo II - aveva risposto l’insegnante di scuola media alla collega di matematica - non è forse il Liceo che accoglie soltanto seminaristi? Altro che soltanto seminaristi! Quest’anno le ampie e nuovissime aule del Ginnasio-Liceo “Giovanni Paolo” II, situato nel parco del moderno Centro Mediterraneo di cultura, accoglie 59 alunni esterni, insieme con 16 seminaristi. Metà, circa, di questi alunni esterni sono studentesse, gli altri sono giovani; le une e gli altri provengono da famiglie della città e dei Paesi vicini, e non, al capoluogo. È significativo che in tutte le tante e diverse occasioni di incontri che gli insegnanti hanno con le famiglie, i genitori continuano a dire che affidano i propri figlioli al Liceo “Giovanni Paolo II” soprattutto per lo stile, misto d’autorevolezza e cordialità, che si percepisce immediatamente, quando si entra nei rasserenanti ambienti di questa scuola, immersa nel gran parco, fra i cui viali, tracciati da mani euclidee, ampie palme, ombrosi ippocastani e lussureggianti magnolie offrono agli studenti un luogo ideale per chi voglia studiare in serenità. Ma se c’è un aspetto, che dà al Giovanni Paolo II il profilo di scuola degna della fiducia dei genitori, forse quest’aspetto è dato dalla vicinanza che i genitori avvertono con gli insegnanti e con i responsabili del Liceo, ai quali i papà e le mamme si sentono legati da un vero e proprio rassicurante rapporto di con-titolarità educativa, grazie al quale il velo di istituzionale autorità, con il quale la tradizione separava rigidamente la cattedra dagli studenti e dai genitori, si dissolve nella serenità dei quotidiani dialoghi delle aule, a tutto vantaggio della qualità degli apprendimenti.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

I fattori preventivi dell’origine dell’obesità Ci proverà uno studio europeo a svelare il giallo sull’origine dell’obesità. I meccanismi che portano a diventare oversize sono ancora sconosciuti e per questo motivo un pool di scienziati si metterà a caccia delle ‘spie’ in grado di predire l’obesità: marcatori biologici, parametri clinici che possano far scattare l’allarme prima che l’ago della bilancia cominci a impazzire. Sarà il Centre de Recherches International pour la Santé (Cris) a inaugurare il primo programma europeo di ricerca per scoprire e prevenire i fattori ‘XL’. La premessa da cui partono i ricercatori è che gli ultimi rapporti scientifici e medici indicano che uno stile di vita sano non è più sufficiente per prevenire il sovrappeso. Da qui l’idea di investire 3 anni di lavoro in ‘Eurodat-Life’: un progetto che coinvolgerà 11 Stati membri dell’Ue, con l’obiettivo di consentire a scienziati e autorità di comprendere i meccanismi che portano individui sani a diventare sovrappeso o obesi. Eurodat-Life sarà una maxi banca dati sugli oversize, alla quale contribuiranno 3 o 4 centri universitari per Paese, con una coorte di 7 mila bambini e adulti volontari, suddivisi in 3 sottocategorie: persone normopeso,

persone sovrappeso e persone obese. In particolare, i bambini saranno 2.500 di età compresa fra l’inizio dei 6 anni e la fine dei 7 (mille con peso normale, mille sovrappeso e 500 obesi). Per quanto riguarda invece gli adulti, saranno reclutati 4.500 volontari di età compresa fra 20 e 50 anni (1.500 con peso normale, 2.500 sovrappeso e 500 obesi). Si tratterà di uno studio osservazionale prospettico, gestito con la supervisione di un comitato scientifico di fama, e riunirà governi e istituzioni regionali europee, e organizzazioni sanitarie come l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’Oms ha più volte lanciato l’allarme sull’emergenza obesità e stima che entro il 2015 in tutto il mondo 2,3 miliardi di adulti saranno sovrappeso e 700 milioni saranno obesi. Una piaga che non risparmia i più piccoli: nel 2005 le stime parlavano già di almeno 20 milioni di bambini under 5 sovrappeso in tutto il mondo. Per non parlare dei costi dell’obesità: la spesa sanitaria diretta associata rappresenta nel complesso dall’1 al 5% dell’intera spesa sanitaria in Europa e il 7% negli Usa. Una diminuzione dell’1% della prevalenza di sovrappeso e obesità potrebbe far risparmiare il 3,3% dell’intera spesa sanitaria.

Milioni di bambini morti per sete

Riciclaggio e obbligo di operazione sospetta

In assenza di misure efficaci di salvaguardia dell’acqua potrebbe verificarsi una crisi globale che nell’arco di 10 anni provocherebbe 135 milioni di morti, in massima parte bambini. Lo sostiene l’Unep, il programma per l’ambiente dell’Onu, nel Greening Water Law, un rapporto prodotto e proposto in occasione della Settimana mondiale dell’Acqua, la manifestazione internazionale che ha concluso nei giorni scorsi a Stoccolma la sua ventesima edizione. L’Unep raccomanda a Governi e organizzazioni che operano nel campo dell’approvvigionamento, gestione e tutela dell’acqua di mettere mano alle legislazioni vigenti per dare la necessaria priorità alle istanze ambientali di salvaguardia. Secondo il documento c’è già in corso una sorta di guerra tra le necessità in continua crescita della popolazione mondiale e il sistema ambientale e naturalistico che ha bisogno di acqua per mantenersi in vita. Anche in questo caso si tratta di una guerra contro i poveri. Sempre più impoverito, infatti, è l’ambiente planetario, mentre cresce di anno in anno il numero delle persone prive di accesso all’acqua. Il rapporto dell’Unep ricorda che 1,8 milioni di bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno per malattie gastroenteriche attribuibili a mancanza di acqua potabile e servizi igienici di base. Al tempo stesso, l’impiego irrazionale delle acque dolci e il suo impatto sugli ecosistemi è la causa principale della perdita di biodiversità i cui effetti sono ben evidenti in fiumi, laghi e zone umide in tutto il mondo. Secondo il rapporto è necessario costituire una autorità mondiale dell’acqua che predisponga una strategia sostenuta da un corpus legislativo. Ma è anche prioritario mettere mano agli attuali modelli di sviluppo per orientare le scelte verso indirizzi più equi e sostenibili. Purtroppo, questa priorità sembra ignorata, mentre i reali rapporti di forza impediscono ancora l’affermazione dei principi di diritto internazionale che, almeno in teoria, tutti i Governi dichiarano di condividere. Un esempio riguarda la proclamazione fatta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite dell’acqua come diritto umano fondamentale. La risoluzione dell’Assemblea, non vincolante per gli Stati, non ha avuto adeguata diffusione sulla stampa internazionale, né tanto meno è stata seguita da significative inversioni di tendenza nelle politiche governative a ogni latitudine. Lo Stockholm International Water Institute (Siwi), che organizza l’appuntamento annuale, ha sottolineato che la tendenza degli ultimi anni sembra andare anzi in direzione contraria. Mentre da più parti si continuano a perseguire, sotto diverse forme, progetti di privatizzazione dell’acqua (in primis il Governo Italiano), nei Paesi in via di sviluppo - e non solo - persistono gravi ritardi internazionali nelle iniziative volte a garantire l’accesso all’acqua potabile a tutti gli esseri umani. Il Siwi ha insistito quest’anno soprattutto sul punto della qualità dell’acqua, lamentando che questo tema è “messo da parte rispetto ad altri meno urgenti” dagli organismi internazionali e dai Governi dei Paesi ricchi, con un atteggiamento inaccettabile in un mondo in cui 800 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e oltre 2 miliardi e mezzo non dispongono di un decente sistema di fognature.

Le informazioni relative alle segnalazioni di operazioni sospette sono soggette a un regime di rigorosa riservatezza. In merito il Legislatore impone alle categorie interessate l’adozione di adeguate misure. La riservatezza riguarda, prevalentemente, l’identità delle persone che effettuano la segnalazione. I soggetti obbligati e gli ordini professionali devono pertanto custodire gli atti e i documenti in cui sono indicate le generalità delle persone segnalanti sotto la diretta responsabilità del titolare dell’attività, del legale rappresentante o del loro delegato ovvero, per gli ordini professionali, del presidente o di un soggetto da lui delegato. Il divieto di comunicare il nominativo del segnalante può essere superato soltanto nell’ipotesi in cui l’Autorità giudiziaria, con decreto motivato, lo ritenga indispensabile ai fini dell’accertamento dei reati per i quali procede. Detta deroga non ha trovato sempre la condivisione sia dell’ ambiente degli intermediari sia degli ordini professionali. La Uif trasmette senza indugio agli organi investigativi competenti le segnalazioni, corredate di una relazione tecnica, omettendo l’indicazione del nominativo del soggetto che le ha effettuate. Il rapporto di collaborazione degli intermediari e di tutti gli altri soggetti non si limita alla mera segnalazione dell’operazione sospetta. La Uif, infatti, potrebbe necessitare di ulteriori informazioni, di differente natura, al fine di acquisire tutti gli elementi necessari per una ponderata valutazione della segnalazione e delle conseguenti attività da intraprendere. A seguito della segnalazione la Uif ha il potere sospendere le operazioni sospette. Si tratta di una potestà da adottare con particolare cautela che la Uif può esercitare di propria iniziativa ovvero su richiesta degli organismi investigativi competenti. La richiesta può provenire anche dall’Autorità giudiziaria nelle ipotesi in cui questa abbia già in corso indagini che, per l’aspetto soggettivo o oggettivo, siano ricollegabili, direttamente o indirettamente, all’operazione da sospendere. La sospensione può essere prorogata ad un massimo di cinque giorni; giorni che, per espressa previsione normativa, devono essere lavorativi. L’operazione, che rientra esclusivamente nella valutazione della Uif, subisce come unica condizione esplicita quella di non pregiudicare indagini in corso. Va da sé che la circostanza presuppone che il responsabile della Uif sia a conoscenza di tali indagini. Da qui l’importanza di un adeguato coordinamento con la Magistratura inquirente che, in quanto responsabile delle indagini, può impartire, di volta in volta, le necessarie direttive. Se la Uif dispone la sospensione, sussiste l’obbligo di darne immediata comunicazione agli organismi richiedenti. La comunicazione della sospensione deve essere inoltrata al solo soggetto che ne fa richiesta. Sull’esercizio dei diritti difensivi, la norma nulla dispone. Giangaspare Donato Toma


L’Ora del Salento

Lecce, 25 settembre 2010

obiettivo

VERSO LA SETTIMANA SOCIALE CATTOLICI NELL’ITALIA DI OGGI

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L’annuale appuntamento quest’anno scende a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre prossimi

Un’agenda di speranza per il Paese “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese” è il tema della 46ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, che si terrà a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre 2010 (per informazioni: www.settimanesociali.it). La scelta di pensare a un’“agenda di speranza”, ricorda mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, “ha radici nella scorsa Settimana, quella del centenario, che fu celebrata nel 2007 a Pisa e Pistoia. Allora al centro del dibattito venne posto il bene comune, e l’interesse suscitato in quella circostanza ci ha fatto sentire l’esigenza di non abbandonare la riflessione, né fermarsi a principi generali”. Da qui, precisa mons. Miglio, la scelta di “declinare il bene comune in alcuni temi concreti e proposte specifiche”, alla luce di un cammino preparatorio durato circa due anni e fatto di “incontri con diocesi, aggregazioni ecclesiali, realtà del mondo sociale ed economico”. L’obiettivo della Settimana, secondo il Comitato organizzatore, è giungere alla selezione di alcune questioni chiave, “problemi cruciali” sui quali suscitare una “mobilitazione di soggetti e interessi reali, vantando a proprio sostegno esperienze conoscitive e pratiche”.

Le tappe di un cammino Avviato con un “Biglietto d’invito” diffuso dal Comitato organizzatore nella primavera del 2009, il cammino verso la 46ª Settimana Sociale ha portato, lo scorso febbraio, a una “Lettera d’aggiornamento” per “mettere in comune alcune delle prospettive che spesso compaiono nei lavori preparatori”, fino al “Documento preparatorio” presentato a inizio maggio. “L’Italia ha bisogno di riprendere a crescere” è il monito lanciato alla presentazione del “Documento preparatorio”, nel quale vengono delineate cinque linee guida per l’agenda che corrispondono ad altrettante “risorse principali” di cui il Paese dispone: “intraprendere” (“nel nostro Paese c’è ancora una riserva di capacità di lavoro e d’impresa”), “educare” (ricordando quegli adulti che “non vengono meno alla vocazione a crescere come persone e ad accompagnare nell’avventura educativa i giovani e i piccoli”), “includere le nuove presenze” (“l’Italia è tornata ad essere un Paese d’immigrazione” e non si può ignorare che questo fenomeno la “arricchisce sotto svariati profili”), “slegare la mobilità sociale” (abbattendo le barriere che impediscono “la crescita piena” dei giovani), “completare la transizione istituzionale” (ricordando la “nuova spinta alla partecipazione” e i “ripetuti tentativi d’innovazione politica”).

La storia Le Settimane Sociali affondano le radici nella dottrina sociale della Chiesa e nell’iniziativa di Giuseppe Toniolo. I temi affrontati nelle prime edizioni, a cadenza annuale a partire dal 1907, furono soprattutto il lavoro, la scuola, la condizione della donna, la famiglia. Dal 1927 un ruolo importante nell’organizzazione fu assunto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 1935, a causa degli attriti con il regime fa-

religione-Ior) e Lorenzo Ornaghi (rettore dell’Università Cattolica). Si apriranno poi cinque assemblee tematiche (che proseguiranno il sabato mattina) su “Intraprendere”, “Educare”, “Includere”, “Slegare la mobilità sociale”, “Completare la transizione istituzionale”. Sabato pomeriggio, al teatro comunale, i lavori proseguiranno in assemblea plenaria con una sessione dal titolo “Un Paese solidale. Storie, racconti, esperienze, immagini…”, dove alla relazione di Giuseppe Savagnone (direttore del Centro diocesano per la pastorale della cultura di Palermo) sul recente documento della Chiesa italiana dedicato al Sud faranno seguito riflessioni e testimonianze. Domenica 17, infine, la messa in cattedrale celebrata da mons. Vittorio Luigi Mondello, vescovo di Reggio Calabria-Bova, a cui farà seguito l’ultima sessione al teatro comunale, presieduta dal segretario del Comitato, Edoardo Patriarca, nella quale verranno condivisi i risultati dei lavori condotti nelle assemblee tematiche e concluderanno il presidente e il vicepresidente del Comitato, mons. Arrigo Miglio e Luca Diotallevi.

scista, le Settimane Sociali vennero sospese; ripresero dopo la fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, e continuarono fino al 1970. Fu quindi la volta di una seconda sospensione, terminata nel 1991 a seguito delle sollecitazioni provenienti dal Convegno ecclesiale di Loreto (1985) e con la pubblicazione, nel 1988, della nota pastorale della Cei su “Ripristino e rinnovamento delle Settimane Sociali dei cattolici italiani”. L’ultima edizione, la 45ª, si è aperta nella Cattedrale di Pistoia per ricordare i cent’anni dalla prima ed è proseguita a Pisa sul tema “Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”.

La 46ª edizione La Settimana Sociale di Reggio Calabria avrà inizio nel pomeriggio del 14 ottobre al Teatro Comunale “Francesco Cilea” con i saluti delle autorità e la prolusione del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. La mattinata di venerdì 15 vedrà le relazioni di Vittorio Emanuele Parsi (docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore), Ettore Gotti Tedeschi (presidente dell’Istituto per le opere di

LA CISL PER L’AGENDA DELLA SPERANZA

Insieme su strade nuove: famiglia e lavoro “Sostenere la famiglia”, “umanizzare il lavoro”, “valorizzare la partecipazione”. Sono le tre coordinate del contributo che la Cisl intende dare alla 46ª Settimana Sociale dei cattolici italiani, contenute in un documento (testo integrale su www.settimanesociali.it) presentato a Roma nel corso di un incontro tra il segretario generale del sindacato, Raffaele Bonanni, e i vertici del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali (i vescovi mons. Arrigo Miglio e mons. Michele Pennisi, Luca Diotallevi ed Edoardo Patriarca).

Famiglia al centro delle politiche pubbliche Al primo punto vi è la famiglia, da considerare “soggetto sociale”. “Ciò significa - afferma la Cisl porla al centro delle politiche pubbliche, riconoscendone il ruolo e verificando costantemente le ricadute di ogni provvedimento legislativo sui nuclei familiari”. E se “vi sono state in questi anni iniziative positive” - come “l’assegno per il nucleo familiare”, il “piano straordinario asili” e il “fondo per la non autosufficienza”, il “testo unico sui congedi parentali” - “ad esse si sono uniti nel tempo interventi nazionali segnati però dall’occasionalità o da scarso impatto”, che assieme a quelli delle autonomie locali “hanno reso il panorama particolarmente complesso, esasperatamente diversificato, ma generalmente fragile e soprattutto privo di una strategia precisa”. Interventi che “senza un orientamento condiviso hanno finito per non

determinare una politica”. Di fronte a questa situazione il sindacato chiede “di considerare le famiglie un potenziale perché producono capitale sociale” e di metterle “nelle condizioni di poter scegliere, nei vari cicli di vita, le soluzioni più adeguate alle proprie esigenze, coniugando libertà e capacità di scelta”.

Superare il passato Sul fronte del lavoro, prosegue la Cisl, la crisi economica ha “evidenziato la necessità di sostenere una politica economica fatta d’investimenti sull’innovazione, la ricerca, la formazione per poter competere con i Paesi emergenti sulla qualità e non certo sui costi”. “Ciò - precisa - determina la necessità di favorire anche contrattualmente questi obiettivi, tutelando i diritti, ma confrontandosi con la responsabilità di contribuire ad ampliare le opportunità di lavoro e la competitività delle aziende, attraverso relazioni industriali più partecipate e strumenti bilaterali sussidiari rispetto all’intervento pubblico”. Il testo chiede una “riforma della contrattazione” e di “rinnovare il sistema di relazioni sindacali”. Infine la partecipazione, che nel contributo del sindacato alla Settimana Sociale viene declinata come superamento di “una visione della responsabilità sociale d’impresa quale unilaterale concessione condizionata dalla discrezionalità e dagli interessi aziendali per assumere invece la prospettiva dell’incontro tra gli interessi e quindi certamente una maggiore efficacia, così come nelle istituzioni significa superare il verticalismo e l’autoreferenzialità della politica per dare più spazio alla concertazione sociale”.

Il coinvolgimento di ciascuno “In questo momento il problema vero è mettere ciascuno in condizione di capire la responsabilità che ha e i talenti di cui dispone”, e a tal riguardo la Settimana Sociale ha un ruolo particolare nella chiamata a raccolta di tutte le persone di buona volontà, ha affermato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, nel corso dell’incontro, durante il quale si è parlato anche del “Documento preparatorio” redatto dal Comitato in vista dell’appuntamento di Reggio Calabria e verso il quale il sindacato ha espresso “forte condivisione”. “Ciascuno di noi è impegnato a prendere strade nuove per affrontare questioni nuove”, ha aggiunto Bonanni, vedendo un “rafforzamento del legame” e una “collaborazione fortissima” del sindacato con le istanze del mondo cattolico. Il presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, mons. Arrigo Miglio, ha ricordato

che “l’impegno per il bene comune interpella tutta la comunità cristiana e, anzi, tutti gli uomini e donne di buona volontà: non si ferma certo a chi ha responsabilità politiche”. Concorde il segretario del Comitato, Edoardo Patriarca, secondo il quale l’agenda di speranza che verrà messa a tema a Reggio Calabria “non è soltanto per la politica, ma chiama a raccolta tutti i soggetti che collaborano per il bene comune”. Il segretario della Cisl, anche alla luce dei recenti fatti di cronaca che lo hanno visto coinvolto, ha infine espresso “preoccupazione” per “il clima d’irresponsabilità che c’è nel Paese”, alimentato da “un’incapacità a mettere insieme le realtà positive e le persone”. Da qui l’auspicio che da Reggio Calabria possa uscire una chiamata all’impegno di ciascuno, poiché “la responsabilità - ha concluso il leader della Cisl mette a nudo ogni questione, provocando un gioco di cooperazione”. Francesco Rossi


L’Ora del Salento 11

Lecce, 25 settembre 2010

zoom

LECCE/Il palazzo dei Celestini ed il coro della chiesa di Santa Croce

Giuseppe Cino e Giuseppe Zimbalo 300 due grandi artisti a confronto 1710-2010

GIUSEPPE ZIMBALO

Il palazzo già Convento dei Celestini a Lecce è a buon diritto considerato uno degli esempi più significativi nella storia dell’architettura di Terra d’Otranto. La sua storia dal lontano inizio avrebbe, secondo la storiografia, un punto di svolta fra prima e seconda metà del Sedicesimo secolo in virtù dell’ipotizzato intervento progettuale di uno dei più significativi artisti del Rinascimento locale e cioè Gabriele Riccardo cui Giulio Cesare Infantino in una sua celebre opera riferisce il progetto della chiesa annessa. Quello che interessa qui invece è la facciata seicentesca del convento. Non sono stati rinvenuti fino ad ora documenti che chiariscano di essa tutta la vicenda costruttiva e soltanto quindi l’analisi stilistica o per meglio dire il lasciar parlare il Monumento-Documento stesso potrebbe rivelare aspetti inediti. Il piano inferiore dei due che compongono la facciata è stato attribuito su base stilistica a Giuseppe Zimbalo (1620-1710); quello superiore, assegnato sempre stilisticamente all’architetto e scultore leccese Giuseppe Cino (16351722), fu iniziato nel 1689 e terminato nel 1695. Il 1689 appare in un cartiglio di raccordo posto al secondo piano, lato destro, in corrispondenza del fregio ed in prossimità dello stemma, appena leggibile, di colui che fu evidentemente il committente dell’opera e cioè il coabbate Mauro Leopardi (morto nel 1689) la cui epigrafe funebre è nel coro della adiacente chiesa di Santa Croce. A questa data ne va aggiunta un’altra, pure già nota, anch’essa leggibile sulla facciata e cioè il 1659. Tale millesimo appare in due punti diversi del piano inferiore; la prima volta immediatamente al di sotto della trabeazione del primo ordine nella fascia superiore della prima specchiatura destra a ridosso della chiesa; la seconda volta invece è scolpita nel fregio poco

al di sopra della prima incisione. Qui è riportato inoltre il nome del committente dell’opera ovvero quell’abate Matteo Napoletano che nel 1646 aveva commissionato allo scultore leccese Giulio Cesare Penna (1607 - notizie fino al 1653) il rifacimento del piano superiore della facciata della chiesa annessa e che nel 1657 aveva fatto coprire con una volta il coro della stessa chiesa. Le decorazioni che animano i peducci di questa copertura ed in particolare i volti degli angeli e le varie figure per le loro anatomie sono riferibili a Giuseppe Zimbalo. In posizione simmetrica rispetto alla prima, nell’ultima campata della parte sinistra della facciata, una seconda incisione dichiara la fine dei lavori ovvero il 1695 quando Abate era Geronimo La Sena. Contrariamente a quanto finora sostenuto dalla storiografia i capitelli delle paraste che scandiscono il piano inferiore rivelano la mano del Cino. A confermare tale ipotesi è il confronto con quanto in generale realizzato da questo artista e più in particolare con i motivi decorativi analoghi che egli realizza nel Seminario di Lecce, sua opera certa in quanto documentata e stilisticamente verificabile. Il contributo dello Zimbalo nel piano inferiore va pertanto ridimensionato e limitato con più certezza solo ad alcune parti del Palazzo come il portale di ingresso (esclusi alcuni elementi di esso rifatti nel secondo dopoguerra). Data la forte analogia fra i capitelli del piano inferiore del Palazzo dei Celestini e quelli del Seminario leccese che come noto fu realizzato a partire dai primi anni Novanta del Seicento è plausibile supporre che la data 1689 sia relativa alla fine dei lavori o meglio ancora ad una modifica del piano inferiore oltre che all’inizio della costru-

RADIO E DINTORNI

zione di quello superiore. Il portale (in particolare il fregio ed i capitelli) del Palazzo dei Celestini, già riconosciuto dalla storiografia come opera dello Zimbalo, è quanto invece rimarrebbe di una prima fase costruttiva relativa appunto al 1659 e di cui si ignora la effettiva natura. I volti e le figure di questo portale ritornano nell’altare del transetto destro della chiesa del Gesù a Lecce e sembrano precedenti a quella linea evolutiva che ha il suo esempio nelle teste d’angelo che sono nei capitelli e trabeazione della chiesa dell’Ospedale dello Spirito Santo a Lecce. Ma torniamo alla facciata dei Celestini. Le due date, tanto il 1659 (quella scolpita sul fregio del piano inferiore) quanto il 1689, scolpita sulla voluta del piano superiore, sono elementi fondamentali. Esecutivamente e compositivamente esse appaiono infatti coerenti con le restanti decorazioni del Palazzo anche se la prima delle due, il 1659, interrompe la continuità della decorazione del fregio e potrebbe dare l’impressione di una aggiunta successiva. È significativo pure rilevare come la soluzione delle paraste bugnate sia stata replicata ed amplificata dal Cino nella facciata del Seminario leccese ri-

di Alberto Marangio

velando quanto egli evidentemente sentisse sua tale soluzione compositiva. Non vi è certezza assoluta, in ogni caso, se il piano inferiore dei Celestini sia di Cino o Zimbalo, si pone, però, un problema rispetto al rapporto fra i due artisti che non può risolversi, per questi edifici specifici, semplicemente nell’idea di una diretta emulazione del primo rispetto al secondo. Tale vicenda potrebbe essere spiegata supponendo che i cineschi capitelli del primo ordine appartengano alla fase costruttiva conclusasi nel 1659. Ciò avrebbe molte ricadute critiche sulla vita artistica di Cino e Zimbalo a cominciare dal fatto che sarebbe quasi certa una loro collaborazione nello stesso cantiere e nello stesso tempo. Ma qualcosa nell’edificio non fa quadrare questa ipotesi (una fra le possibili) e non fa chiudere quindi il cerchio attributivo. La risposta a questo enigma potrebbe trovarsi, infatti, fra le pieghe della muratura. È fondamentale rilevare come nel portale le paraste con i loro capitelli e trabeazione si stacchino dalla parete di fondo della facciata raccordandosi ad essa attraverso una risega. Tale soluzione compare anche nella facciata

laterale (quella con la statua di Sant’Oronzo) del Duomo leccese dove, però, viene risolta con continuità compositiva. In sostanza il portale del Palazzo dei Celestini sembrerebbe essere stato staccato dalla facciata e spostato in avanti. La causa di questo spostamento potrebbe essere stata una modifica avvenuta nel 1689 o poco prima - rispetto al progetto originario per aggiungere alle paraste, per esempio, proprio le bugne che evidentemente non erano state previste fin all’inizio. Il primo piano, terminato già nel 1659, potrebbe essere stato pertanto diverso da come lo vediamo oggi. Cino e Zimbalo lavorano assieme già nel 1659? Oppure Cino intorno al 1689 modifica il progetto terminato dallo Zimbalo nel 1659? Va detto che nelle singole finestre del piano inferiore la riconoscibilità dell’uno o dell’altro artefice appare difficile; possiamo infatti identificare talvolta elementi decorativi tipici dell’attività scultorea del Cino e non di quella di Zimbalo tal altra invece il contrario. Appare più corretto sciogliere la questione invece ipotizzando fra i due artisti un connubio (più o meno differenziato nel tempo), il quale, va sottolineato, sembrerebbe replicarsi anche nella chiesa leccese di Sant’Anna (costruzione: 1680 - 1688) ed ancora, fra il 1689 ed il 1695, proprio nel completamento del piano superiore dello stesso Palazzo dei Celestini. Riconducibili alla mano dello Zimbalo sono infatti alcuni elementi del piano superiore ed in particolare (senza in ogni caso in questa sede farne un elenco puntuale) guardando la facciata, parte sinistra: i capitelli delle ultime due paraste; i volti di angeli centrali posti sulla trabeazione della loggia, nell’ultima finestra ed infine gli angeli laterali della penultima finestra. Fabio Grasso

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Quella proposta inattesa per le frequenze salentine

L’architettura sacra moderna è sacra?

Ha destato scalpore la richiesta avanzata ultimamente da Radio Padania, emittente varesina dal risaputo orientamento culturale, ed interessata a collocare un proprio ripetitore ad Alessano, uno dei punti più a sud della Penisola. Solo una proposta ad effetto, oppure il primo passo di una ricerca di consensi e popolarità anche nell’Italia meridionale? Sicuramente una mossa inattesa, come dichiarato dal sindaco di Alessano, Nicolardi, che se da un lato sembra “orientato a dire di no”, allo stesso tempo è attento a far notare come si tratti di una “richiesta che ha tutta la sua legittimità, da un punto di vista strettamente amministrativo”, e che pertanto aspetta di essere regolarmente vagliata. Come qualsiasi altra emittente, anche Radio Padania ha infatti il diritto di richiedere il posizionamento di un proprio ripetitore laddove esistano delle frequenze libere (potendo oltretutto fare affidamento sui finanziamenti e le particolari regolamentazioni che la riguardano, in quanto radio comunitaria ed espressione di un partito politico); le motivazioni di un eventuale diniego non possono pertanto essere puramente discrezionali. Per il momento, non aiuta ad intravedere una soluzione al dibattito neppure l’intervento della senatrice Poli Bortone, che ha replicato alla richiesta invitando “le emittenti radiofoniche locali a fare richiesta per diffondere nel Nord Italia la cultura del nostro Mezzogiorno”. Una proposta commentata da Simone Maggio, direttore artistico di Radio Rama (intervento nel dibattito anche in funzione della campagna per l’istituzione della Regione Salento, che da mesi vede coinvolta la stessa emittente), il quale definisce l’invito “affascinante se fosse perseguibile, ma non lo è per una serie di motivi” - economici, tecnici, burocratici. Senza voler ulteriormente entrare nel merito del delicato dibattito, per quanto compete a questa rubrica di una cosa è possibile prendere atto: sono tante le radio che, da ogni angolo d’Italia, trasmettono le proprie trasmissioni in tutta la Penisola (ed in tutto il mondo) grazie allo streaming, la diffusione realizzata attraverso Internet, senza dunque la necessità di acquistare nuove frequenze e senza farsi carico di spese particolari. Una modalità di diffusione, questa, che risulta essere stata adottata da tempo anche dalla stessa Radio Padania, già ascoltabile pertanto in tutto il Paese a prescindere dall’eventuale installazione di nuovi ripetitori.

Città medievali come Orvieto, Gubbio, Siena, come la nostra Otranto, sono giunte a noi perfettamente funzionali, vitali e soprattutto piacevoli. Frotte di turisti si affollano per stradine, castelli e negozietti, beandosi del fascino accogliente dell’antico. Lo stesso accade per chi visita cattedrali o anche semplici chiesette medievali: nonostante la loro semplicità, trasmettono la volontà di accogliere i fedeli e di innalzare una preghiera al Signore. Soprattutto aiutano a toccare, quasi con mano, il senso del Sacro e del Mistero. Artisti e architetti nel Medioevo erano soprattutto credenti, che non disdegnavano la preghiera e anche il digiuno prima di accostarsi alla loro opera. Chiunque visiti una chiesa moderna, invece, riceve l’impressione di uno spazio dall’aspetto freddo, sinistro e inospitale. Il primo istinto è di guardarsi intorno, per capire dove sia la testa (l’altare maggiore con il tabernacolo del Santissimo). Un contrasto fortissimo, per esempio, si avverte al santuario della Madonna del Divino Amore a Roma, dove affianco alla chiesa antica (settecentesca) coesiste la nuova immensa chiesa a forma di tendone da circo. Appena entrati si avverte un senso di smarrimento, e camminando per spazi freddi e anonimi nemmeno ci si accorge di transitare affianco alla cappella del Santissimo, posto nascosto! - nella parte finale del sacro luogo. Tutt’altra “aria” si respira nell’umile e semplice santuario originario: una chiesetta che fa-

vorisce il raccoglimento e la preghiera. Stesso discorso potrebbe farsi per San Giovanni Rotondo, dove la nuova chiesa di San Pio da Pietrelcina, progettata dall’architetto Renzo Piano, incute un senso di vuoto e di dispersione… La spersonalizzazione si accompagna alla de-sacralizzazione. è nota la polemica suscitata dall’assenza di croci nelle moderne chiese progettate dall’architetto Richard Meier. Secondo il teologo don Pietro Sigurani, l’assenza della croce sarebbe giustificata dal fatto che “… il segno fondamentale non è la croce bensì la comunità che si riunisce per celebrare il mistero della resurrezione. Non cambia nulla che architettonicamente il simbolo ci sia oppure no…” (cfr.: Radici Cristiane n° 57/2010, pagg. 76-77). Così, dopo il tentativo laicista di espungere il crocefisso dalle scuole, taluni autorevoli cristiani sono pronti - clamorosamente - a fare autogol. Resta da chiedersi se certi slogan - se mai teologically correct - aiutino davvero il cristiano del nostro tempo, già di per sé terribilmente distratto, a ritrovare il senso del Sacro. O se piuttosto non finiscano col porre le persone degli architetti - e dei loro committenti - al posto dell’altare. L’architettura classica e tradizionale, scevra da soggettivismi interpretativi, è la più idonea alla costruzione di edifici religiosi, perché è fatta di oggettività che si sposa adeguatamente con il messaggio di verità oggettiva che la Chiesa deve trasmettere. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 25 settembre 2010

le nostre città

TORCHIAROLO/Dal diario di bordo di Simona Giovane e Samuele Serinelli di ritorno da una missione umanitaria

Dal Salento al SudAfrica: missionari tra i bambini Da pochi giorni sono rientrati nelle loro case dopo aver sperimentato per un mese (agosto) una missione umanitaria in un orfanotrofio del Malawi nel Sud Africa. Si tratta di due fidanzati, Simona Giovane e Samuele Serinelli, entrambi di Torchiarolo (Br), componenti del Centro Studi “Don Sturzo”, Associazione culturale che già precedentemente aveva inviato altri due membri, Maurizio Nicolardi e Salvatore Bonatesta nella missione dei Padri Comboniani in Uganda. Da tempo avevano deciso di spendere parte del loro tempo libero in una maniera non ordinaria. Rinunciando alle spensierate vacanze al mare o in montagna sono andati a condividere la miseria e l’ansia della povera gente, prendendosi cura di tantissimi piccoli di un villaggio della lontana Malawi, nella missione “Alleluya Care Centre” di Namwera, insieme ad altri dieci giovani del bergamasco. I giovani hanno impegnato il loro tempo assistendo i bambini orfani, pitturando e sistemando i locali destinati ad aule; hanno anche aiutato il capo villaggio per la riparazione dei tetti delle capanne, tipici alloggi africani costruiti con terriccio e canne prelevate dai cigli di qualche sperduto torrente dei monti vicini. ... In tempi diffi-

Una vacanza particolare

cili, come quelli che viviamo, in cui tutto sembra avvolto da scoraggiamento e delusione per come vanno le cose nel nostro paese ... additare le gemme che spuntano sui rami, vale molto di più che piangere sulle foglie che cadono ... é un modo concreto per riorganizzare la speranza. Nicola Rocca

Simona e Samuele con due bambini afr ic ani o spiti dell’or fano trofio del Malawi

“Quest’anno abbiamo deciso di unirci ad un gruppo di dieci ragazzi di Bergamo per spendere il nostro tempo libero in una maniera del tutto particolare! Un periodo da trascorrere in un paese, il Malawi, al servizio di chi ha bisogno e vive in condizioni di estrema miseria. Per noi è stata un’esperienza meravigliosa, intrisa di profondo significato. Una realtà totalmente diversa e contrapposta a quella italiana. Nell’orfanotrofio abbiamo trovato piccoli ospiti malati, attorno ai quali sono ruotate tutte le nostre giornate: abbiamo dato loro da mangiare, abbiamo giocato, abbiamo loro riservato affetto ed attenzioni, abbiamo condiviso i loro drammi, siamo stati per loro un po’ come “mamme” che non hanno mai conosciuto e accarezzato, essendo tutti orfani. È stata un’occasione provvidenziale per mettere in pratica e alla prova i valori in cui crediamo entrando in contatto diretto con la povertà e la cultura delle popolazioni locali. Abbiamo ancora nel cuore la gioia che sprizzava dagli occhioni di tantissimi piccoli. Incredibile vedere una gioia traboccante in una realtà dove si vive in condizioni terribili, in completo abbandono, isolamento e al limite della sopravvivenza. Continuiamo a chiederci di cosa viva la gente e cosa ci sia da gioire quan-

do si sopravvive nella più grande nudità. Manca tutto eppure c’è nei loro sguardi spazio per la gioia. Strano davvero! Allora vuol dire che basta poco per essere contenti nella vita. O addirittura, occorre aver poco per essere felici. Ed è forse per questo che noi, soprattutto noi occidentali abituati a vivere nei lussi che rasentano spesso sprechi assurdi, non lo siamo. Abbiamo troppo, eppure siamo sempre tesi, stressati. L’Africa non cessa di interrogare le nostre coscienze con i suoi contrasti provocatori. Abbiamo vissuto sino in fondo anche la realtà del villaggio, collaborando con la popolazione locale nel rifacimento di poverissime capanne. Abbiamo sperimentato cosa vuole dire tendere una mano a chi è più sfortunato di noi, a chi, nonostante la mancanza del necessario, continua a manifestare gioia e speranza. Un’esperienza che ha insegnato ad affrontare il percorso umano in modo totalmente diverso rispetto al nostro stile di vita. Una particolare “vacanza”, fuori dagli schemi, che ha già lasciato un vuoto appena tornati nella quotidianità italiana! Un’opportunità che ti cambia profondamente e che custodisci per sempre nel cuore. Simona Giovane & Samuele Serinelli

CAMPI SAL.NA/Iniziati i lavori di manutenzione della “meraviglia” della Collegiata Santa Maria delle Grazie Sono iniziati da qualche mese i lavori di manutenzione della Collegiata “Santa Maria delle Grazie” e la cupola della stessa è stata messa in gabbia per poter effettuare le necessarie opere per salvaguardare l’imponente monumento. “Bisogna pazientare ancora un pò di tempo e il bene architettonico più alto del nostro paese ritornerà a splendere come prima e più di prima, spero entro la fine dell’anno” - ha affermato il parroco di Campi Salentina - . L’impegno di don Gerardo Ippolito, a tal proposito, è al massimo. Lui, infatti, è sempre presente nel cantiere ed ha voluto ispezionare e toccare con le sue mani la cima più alta della cupola. Il punto debole rimane, per il momento, reperire l’intera somma di euro 150.000 (centocinquantamila) da destinare all’intervento di manutenzione. Vi è da sottolineare l’impegno economico da parte della ditta Monticava di Campi Salentina che contribuirà per una somma pari a 50.000 euro. Non mancano, tutta-

La cupola ingabbiata via, le iniziative messe in atto affinché il singolo cittadino possa contribuire - volontariamente per realizzare i necessari interventi che riguardano il più prezioso immobile del nostro paese. Si possono, infatti, acquistare biglietti numerati, al costo di cinque euro, che verranno estratti, alla fine dell’anno, per poter vincere una nuovissima Fiat Panda 1.2 dinamyc class. Il comune di Campi Salentina, nonostante la carenza di disponibilità di cassa, ha promesso Euro 50.000 (cinquantamila) da erogare entro il 2011 e destinati alla costosa opera di conservazione dell’immobile. Numerose manifestazioni culturali e religiose sono in cantiere, e in corso di svolgimento. Esse sono tutte finalizzate alla raccolta fondi per garantire il raggiungimento della somma utile per

garantire allo stabile che non vi siano ulteriori infiltrazioni di acque piovane che danneggerebbero sia la strutture ma anche le splendide decorazione dell’edificio che risale al 1579. Sul consolidamento della chiesa Collegiata Santa Maria delle Grazie ha presentato un’interpellanza urgente al Presidente della Regione Puglia il consigliere regionale Antonio Buccoliero. “La chiesa di Campi costituisce bene di rilevante interesse storico-artistico e attualmente versa in precarie condizioni statiche a rischio di crollo specie nella cupola già interessata da evidenti crepe e fessurazioni di particolare gravità” - ha dichiarato Buccoliero. Il Consigliere regionale ha inoltre chiesto al Presidente della giunta Regionale e all’assessore ai lavori pubblici se non ri-

tengano opportuno indirizzare una somma di euro 100.000,00 (centomila euro) per la copertura di parte delle opere che possano assicurare il salvataggio dell’importante esempio di Barocco in Puglia e nel Salento. Gianfranco Palmariggi

a cura di Elena Palladino

FISCOSENZAVELI

Avv ocato Spe cializzata in Diritto Amministrativo e Tributario

Omaggio a Gioia di Gino Bello

Fallimento e riabilitazione Questa settimana il fisco senza veli intende rispondere al quesito poto da un lettore e attinente alla materia fallimentare. Gentile sig. Vito, nello specifico e preliminarmente le comunico che è stato abrogato con decreto legislativo n. 5 del 2006, l’istituto della riabilitazione, con ciò recependo i principi della Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 39/2008 la quale “dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 50 e 142 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nel testo anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo in quanto stabiliscono che le incapacità personali derivanti al fallito dalla dichiarazione di fallimento perdurano oltre la chiusura della procedura concorsuale.” Al suo posto il legislatore ha introdotto l’istituto della cancellazione. Diverse pronunce si erano già espresse sostenendo che “le incapacità personali derivanti dalla dichiarazione di fallimento vengono meno automaticamente al momento stesso della chiusura del fallimento” (Cassazione, sentenza n. 4630, del 26/02/2009). Sono stati, quindi, cancellati gli effetti delle incapacità previste dalla precedente normativa non solo per il futuro, ma anche per il passato ovvero per le procedure chiuse prima dell’entrata in vigore del D.Lgs n. 5 del 2006. Il recepimento di tali disposizioni normative non è stato univoco da parte dei vari tribunali italiani che hanno ritenuto di operare in maniera diversa. Infatti, alcuni giudici dispongono la cancellazione del nominativo del ricorrente dal registro dei falliti e dichiarato la cessazione delle incapacità, precisando che non occorre istanza di riabilitazione, in quanto questa si produce ex lege con il decreto di chiusura del fallimento (Tribunale di Mantova, sentenza dell’8/2/2007; Tribunale di Vicenza, sentenza del 20 luglio 2006), mentre per altri, quali il Tribunale di Roma e Milano è necessario che vi sia un’apposita istanza da parte dell’interessato. Per ogni ulteriore informazione si rinvia al seguente indirizzo di posta elettronica palladino@loradelsalento.it

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua... Appena conclusa la seconda parte della marcia sinfonica “Omaggio a Gioia” di Gino Bello, s’innesta un brevissimo episodio, affidato inizialmente a tutti gli ottoni. Si tratta del quarto segmento utilizzato per ricaricare il brano della forza propulsiva necessaria alla fase finale della composizione. L’episodio degli ottoni presenta almeno tre aspetti di riflessione sugli elementi compositivi: il primo è il fortissimo iniziale affidato a tutto l’organico bandistico, il quale immediatamente dopo si ritrae per far muovere solo gli ottoni chiari e scuri; si tratta di un’intensa energia dissipata in un attimo, ma molto utile ed efficace per catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Il secondo aspetto è l’utilizzo del ritmo sincopato: tale scelta genera una tensione propulsiva verso l’alto, necessaria per rinnovare l’assetto melodico e renderlo più luminoso e incisivo; il terzo elemento è lo scambio di ritmo tra gli ottoni e i flicorni bassi e contrabbassi. Questi ultimi strumenti continuano il momento sincopato su un suono lungo dei primi coadiuvati dall’intervento dei primi clarinetti soprani e supportati dal fulmineo sostegno delle percussioni bandistiche. La scala discendente e modulante di minime (quinto segmento), affidata sempre a tutti gli ottoni, conduce la composizione verso l’epilogo. L’effetto dinamico del piatto sospeso è il segnale dell’ultima fase della marcia sinfonica. Il levare del tutti con un fortissimo spalanca le porte alla melodia: sono protagoni-

sti i primi clarinetti soprani e i flicorni scuri (tenori e baritoni) spinti dagli interventi squillanti delle cornette in sib. su un tappeto armonico di crome portato avanti dai secondi clarinetti soprani e dai corni. Il resto dell’organico contribuisce ad una maggiore amplificazione delle idee già presentate per renderle più solide ed efficaci. In questo momento il sapore della banda ha preso il sopravvento e ne costituisce un indispensabile ingrediente della composizione presa in esame. La dinamicità dei suoni evolve all’interno della melodia e ne trae una maggiore valenza uditiva attraverso i pochi passaggi armonici ma ben calibrati. Ne emerge un’immediata freschezza sonora che coinvolge fortemente l’ascoltatore proprio nella fase finale della composizione. La quantità dinamica diffusa è uguale esattamente alla fase introduttiva: un’uguaglianza voluta dal Bello in cui è possibile individuare delle proporzioni simmetriche all’interno della composizione. Il centro è il punto di minor coinvolgimento dinamico, mentre, allontanandosi da esso sia verso destra sia verso sinistra, emerge un crescendo sino a raggiungere i punti estremi (fase introduttiva - fase conclusiva) con il fortissimo. La coda riutilizza l’incipit del levare comparso nell’ultima fase: tale segmento si ascolta per ben tre volte. Nell’ultima, si ribatte lo stesso suono (caratteristica) che successivamente con un intervallo di terza ne propone il finale (tonica). L’organico conclude il brano come se si fosse ricongiunto al punto di partenza.


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le nostre città Manifestazione il prossimo 3 ottobre nei pressi dei Teatini

Cento piazze per la sfida educativa La manifestazione s’inserisce nell’ambito delle iniziative promosse dall’Aimc nazionale in occasione del 65° anno di fondazione ed è organizzata in collaborazione con l’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Conferenza Episcopale Italiana con il patrocinio dell’Associazione nazionale Comuni d’Italia (Anci). Una data scelta non a caso perché vuole anche essere un modo per “vivere”, in anticipo, la giornata mondiale dell’insegnante (5 ottobre), istituita dall’Unesco nel 1993 per ricordare la Raccomandazione sulla condizione degli insegnanti adottata nel lontano 5 ottobre 1966. L’evento che si svolge in contemporanea su tutto il territorio nazionale, assume il significato di un vero e proprio “in-

vito all’agorà”, nel luogo simbolo del ritrovo e delle relazioni - la piazza - per richiamare l’attenzione di tutti sulla necessità di considerare l’educazione priorità irrinunciabile su cui investire in corresponsabilità tutti e ciascuno. L’educazione, come ricordano i documenti della Cei, non è questione riservata al contesto familiare e scolastico, ma coinvolge tutte le dimensioni e contesti in cui si vive e cresce (lavoro, sport, media, parrocchia, spettacolo). È previsto l’allestimento di un gazebo, la distribuzione di materiale informativo e il lancio dell’iniziativa “Un quaderno per un amico” per la raccolta fondi da destinare alla costruzione di aule di scuola della Comunità “Progetto Famiglia” in Africa; al sostegno agli educatori della Cooperativa il “Pic-

di Giovanni Napolitano

VITE MIGRANTI

Regia Corvetta Caracciolo: diario del nonno “Il nostro comandante immediatamente ordinò che due imbarcazioni armate di cannoni e gente sufficiente ad uno sbarco fossero approntate per ripartire all’istante. Quaranta uomini armati furono posti sotto la direzione del Tenente all’istante”. Così inizia la spedizione dei nostri eroi. Al giovane Umberto fu affidato il posto migliore, perché aveva la direzione operativa del gruppo. La spedizione fu coraggiosa e vittoriosa; in un batter d’occhio fu sbaragliata la coalizione indigena. Umberto scrive: “Il nostro coraggioso comandante saltò a bordo accompagnato da sei di noi; vedendoli ancora armati intimò loro la consegna delle armi, che venne umilmente fatta da qui fantocci di stoppa”. Così fu compiuta la missione della Caracciolo. Purtroppo, però, la Fortuna non arrideva i marinai italiani, che erano tormentati dal caldo, dalle punture di insetti e dalla peste. Si sen-

tiva proprio il clima di guerra che minava l’animo e il corpo della compagine. Così furono adottati dal Capitano dei provvedimenti specifici, anche rivolti a limitare al minimo lo svolgimento del servizio, ma anche queste misure furono del tutto inutili ad alleviare il problema dell’equipaggio. Accadde così che il comandante della Caracciolo venne a conoscenza di una condanna a morte irrogata dal dittatore Ventimiglia nei confronti di un colono italiano, asseritamene colpevole di avere favorito la fuga di alcuni prigionieri politici. L’ufficiale così con un ultimatum secco invitò il Governo dell’Equador a sospendere ogni esecuzione ”Non permettendo che alcun suddito di Sua Maestà Italiana fosse ucciso”. Infatti, assecondando tacitamente “per paura dei cannoni della Caracciolo”. L’ultimatum italiano, il Governo indigeno sospese l’esecuzione della pena. Qualche giorno dopo, sem-

MARCO

colo Principe” dei Frati Cappuccini della Custodia di Romania; all’istituzione di borse di studio per giovani laureati su tematiche legate all’educazione o all’associazionismo professionale. Saranno presenti rappresentanti del mondo della scuola, della società civile, laicale ed ecclesiale. L’iniziativa è patrocinata dal Comune di Lecce. L’Aimc provinciale di Lecce invita tutti gli organi di stampa, i componenti di Associazioni, Federazioni, Movimenti, Comunità ecclesiali e tutte le persone che hanno a cuore l’educazione delle giovani generazioni, a intervenire per far conoscere, promuovere e sostenere l’iniziativa in tutte le modalità possibili. Anna Leda Farì

pre nel porto di Guayaquil accadde un altro fatto assai significativo del prestigio riconosciuto alla Caracciolo in ambito nazionale e internazionale. Fu infatti richiesto dal Governo inglese ospitalità “sul legno italiano” di un loro concittadino accusato di svariati crimini da parte del dittatore Ventimiglia. Così il comandane De Amezaga si assunse la responsabilità di nasconderlo per diversi giorni. Sul punto interviene Umberto che dice: “Costantemente in diverbio con il presidente Ventimiglia il nostro Comandante riportava sempre la palma della vittoria in tutte le questioni”. “Finalmente finimmo questa vita d’inferno perché venne a Guayaquil colla nave Archimede” il comandante della flotta italiana dell’Oceano Pacifico. Che dopo essersi messo al corrente degli affari ci consegnò l’ordine di partire per Callao”. E il viaggio continua……

TANTI AUGURI PER IL TUO PRIMO ANNO DI VITA I nonni Calabrese e Scarinci

IN GALLERIA

di Alessandra De Matteis

Niente paura di Piergiorgio Gay In questi giorni tutti i fan di Ligabue non possono che essere felici, infatti, oltre a poterlo vedere in giro per l’Italia, con i suoi tour, ora lo si può ammirare ed ascoltare anche sul grande schermo con il suo ultimo prodotto “Niente paura”, un film documentario di Piergiorgio Gay uscito nei cinema il 17 settembre. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia, il film ha riscosso moltissimi pareri favorevoli. Con il sottofondo delle canzoni del cantautore emiliano Luciano Ligabue, nella pellicola vengono ripercorsi gli ultimi 30 anni del nostro Paese, mostrando come sia cambiato tramite la ricostruzione dei grandi eventi storici come la strage della stazione

di Bologna e l’attentato a Falcone e Borsellino. Per raccontarlo viene usata la testimonianza di personaggi dello spettacolo come l’attore romano Carlo Verdone o il comico Paolo Rossi, personaggi della cultura come la scienziata Margherita Hack, il costituzionalista Stefano Rodotà, lo scrittore Roberto Saviano, gli sportivi come Giovanni Soldini. Ma non solo la testimonianza di personaggi conosciuti, il film si serve anche di storie personali (che hanno un valore comune), partendo dalla gente comune e finendo allo stesso cantautore, che raccontano come siamo come eravamo, il Paese di ieri e quello di oggi, ma anche i sogni e le aspettative. Nel film viene data grande attenzione alla costituzione, in effetti il “Liga nazionale” ci tie-

ne molto, durante i suoi concerti vengono proiettati i primi dodici articoli, con l’auspicio che la gente ci rifletta sopra. Anche per questo motivo “Niente paura” si può definire un film documentario sull’identità nazionale. Inoltre, tanti sono i temi importanti che vengono affrontati come il testamento biologico, la laicità dello stato, il razzismo. Ligabue insieme al regista realizza un bellissimo film e, se lo scopo è quello didattico e sociale, viene raggiunto in pieno. “Niente paura” dovrebbe essere proiettato in scuole o enti appropriati, così attraverso musica e parole i ragazzi possono avvicinarsi maggiormente alla nostra Costituzione, e forse diventare cittadini migliori rispetto a molti che lo abitano oggi.

La presentazione al Museo Castromediano il 30 settembre

www.luigimaci.it per scaricare gratis i canti liturgico-religiosi

Giovani e relazioni: libro di Borghetto

Con le note per dare lode a Dio

Per il mondo degli adulti non è facile comprendere le dinamiche psicologiche, gli atteggiamenti, i modi di essere e di pensare che si affermano e vigono tra gli adolescenti, cosa li spinge ad assumere certi comportamenti che se da un lato vogliono apparire “anticonformisti” dall’altro sono molto più semplicemente frutto di tanta manipolazione e omologazione culturale che regna nei gruppi di riferimento. Mi confidava il figlio di un amico, poco più che ventenne, che non capiva e non condivideva le idee della sorella quattordicenne, perché, come egli sosteneva, “le nuove generazioni” erano radicalmente cambiate rispetto a quelli della sua età. Quello giovanile è un mondo che cambia e si modifica continuamente ad una velocità persino maggiore di quanto non accada nelle altre età della vita. Ancora peggio; rispetto al passato aumentano le situazioni in cui le “mode” e le “regole interne” vengono imposte con la violenza e con la forza fisica e le pressioni psicologiche servono a realizza-

re le gerarchie e a creare le posizioni preminenti e i rapporti di forza tra “leader” ed “esecutori”. E le situazioni di prevaricazione, più comunemente note con il nome di bullismo, sono molto più frequenti di quanto non si ritenga comunemente. Una recente indagine ha rivelato che in Italia nelle Scuole superiori un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica e il 33% è una vittima ricorrente di abusi di vario tipo. Ma il dato più interessante e imbarazzante che emerge è che le prepotenze che prevalgono sono soprattutto quelle di natura verbale e psicologica su quelle di tipo fisico e che il 42% dei ragazzi (poco meno della metà) sostiene di essere stato preso in giro. Sono queste le questioni in cui si cimenta Ugo Borghello, già noto per altre pubblicazioni sui tema della famiglia, nel volumetto “Liberi dal sarcasmo: come prevenire le derive negative del gruppo di coetanei”, stampato recentemente dall’editrice Ares di Milano. Un testo agevole e di facile lettura che si prefigge di guidare ed aiutare i giovani a districarsi

nelle condotte fuorvianti, e talvolta perverse, dei coetanei ma anche per orientare i genitori perché imparino a “leggere” ed interpretare correttamente l’eccentricità e la singolarità di tanti atteggiamenti dei propri figli, per indirizzarli in comportamenti positivi ed orientarli nelle virtù. “Ci sono tante famiglie che vorrebbero educare bene i loro figli, ma già nella preadolescenza incominciano a notare l’inutilità dei loro sforzi” sostiene Borghello nell’introduzione. Il libro vuole perciò contrastare ogni di forma di supino adattamento ad una società che nega “l’ebbrezza della libertà che Dio ci ha dato”, vuole essere un aiuto per tutti coloro che non vogliono farsi tentare dalla rassegnazione, per chi non vuole abdicare dal ruolo di genitore, per chi ritiene che lo sforzo educativo non sarà mai vano. Giovedì 30 settembre, alle ore 17.00, presso l’Auditorium del Museo “Sigismondo Castromediano” il libro sarà presentato alla presenza dell’Autore. Salvatore Palma

Si lascia accarezzare prepotentemente da quelle sferzate invadenti della brezza marina, nel centro storico di Gallipoli, in questo timido tramonto settembrino. Per Luigi Maci, compositore musicale di Campi Salentina impegnato nella docenza di violino prima nel Conservatorio di Bari e poi in quello di Lecce da oltre trenta anni, sono così rari quei momenti in cui ritrovarsi, che vuole gustare ogni respiro di libertà. Entrando nella Chiesetta della Puritate si sente travolto da note conosciute. “Un brivido mi ha attraversato la pelle” dichiara sorridendo, alcune vecchiette cantano in falsetto, improvvisando un piccolo coro a cappella, il suo “Agnello di Dio”, riuscendoci in modo celestiale. È questa l’unica soddisfazione che chiede alla sua musica, aiutare a pregare dando con più forza lode a Dio. Per far ciò ha pubblicato un suo sito www.luigimaci.it da cui chiunque lo desideri può scaricare gratuitamente la maggior parte della sua produzione musicale, spartiti, ascolti mp3 e video. “Voglio che tutti lo sappiano, chi ne avesse bisogno il mio repertorio è a disposizione sul sito, dove si trovano anche i miei recapiti personali” chiarisce il musicista. Eppure parliamo di un compositore che il Salento vanta di avere tra i suoi figli, oltre ad insegnare violino in Conservatorio sarebbe troppo lungo elencare tutte le sue pubblicazioni e la diffusione della sua musica, (alcuni suoi canti come ad es. “Il disegno di Dio” sono anche stati tradotti in portoghese e in rumeno), le sue canzoni sono spesso manda-

te in onda anche sull’emittente internazionale Radio Maria. Durante il Giubileo del 2000 un coro di novanta elementi della Diocesi di Pozzoli ha eseguito due suoi canti “Madre” e “Tu meraviglioso”, sul Sagrato della Basilica di San Pietro a Roma, durante la Celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Giovanni Paolo II, con la presenza di numerosi Cardinali. Le sue tre raccolte di canti liturgicoreligiosi, “Pregando al crepuscolo”, “Nel silenzio” e “Riflessi di un’alba” (frutto di 41 anni di esperienza anche come organista e direttore di cori) sono, da molti anni, compresi nel repertorio scelto da diversi animatori musicali della liturgia e degli incontri religiosi in tutta Italia. Ora ci si chiede meravigliati, perché i canti del Maestro non sono stati inclusi nel Repertorio Nazionale “Canti per la Liturgia”? È un vero e inspiegabile mistero! La sua musica eleva l’anima, rimanda un po’ al carosello melodico, vagamente nostalgico di Piovani, con venature più vicine al linguaggio del cuore di Morricone, ma con note aperte, che evocano la pienezza dello Spirito, la presenza dell’Assoluto che completa. Note che donano la gioia vivificante di chi suona per pregare, di chi suona come inno di Gloria a Dio e non a se stesso. Monica Carbotta


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appunti

Michela Murgia. Accabadora Ormai è in vetta alle classifiche di vendita da qualche settimana Michela Murgia con il suo “Accabadora”, edito da Einaudi e vincitrice del premio Campiello 2010. La Murgia è una giovane scrittrice sarda, nata a Cabras nel 1972. È l’autrice de “Il mondo deve sapere”, pubblicato nel 2006, un diario tragicomico sul mondo lavorativo del precariato che ha ispirato il famoso film di Paolo Virzì, “Tutta la vita davanti”. Completamente diverso è l’ultimo lavoro della Murgia. La storia è ambientata nella Sardegna degli anni Cinquanta, con una protagonista, Tzia Bonaria, che è l’accabadora, e Maria, una bambina che Tzia Bonaria ha accolto a vivere in casa sua. è un mondo antico sull’orlo del precipizio, ha le sue regole ed i suoi divieti, una lingua atavica e taciti patti con-

divisi. La comunità è come un organismo, conosce le proprie esigenze per istinto e senza troppe parole sa come affrontarle. Sa come unire due solitudini, sa quali vincoli non si possono violare, sa dare una fine a chi la cerca. Maria e Tzia Bonaria vivono come se fossero madre e figlia, ma la loro intesa ha il valore speciale delle cose che si scelgono. La Tzia Bonaria è una vecchia sarta che ha visto Maria rubacchiare in un negozio, e siccome nessuno la guardava ha pensato di prenderla con sè, perché “le colpe, come le persone, iniziano ad esistere se qualcuno se ne accorge”. Adesso avrà molto da insegnare a quella bambina testarda e sola: come cucire le asole, come prepararsi alle guerre che la aspettano nel futuro, come avere l’umiltà di accogliere sia la vita

che la morte. D’altronde “non c’è nessun vivo che arrivi al suo giorno senza aver avuto padri e madri a ogni angolo di strada”. Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di una madre vedova, Anna Teresa Listru, Maria è abituata a pensarsi, lei stessa, come “l’ultima”. Per questo motivo non riesce a smettere di sorprendersi di fronte alle attenzioni della vecchia sarta che le ha offerto

una casa ed un futuro, e, soprattutto la lascia libera di vivere e non desidera niente al posto suo. Eppure c’è qualcosa di molto strano e misterioso in quella vecchia sempre vestita di nero e nei suoi lunghi silenzi. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma che non riesce a spiegarsi, ed una sapienza quasi millenaria rispetto alle cose della vita e della morte. Che tutti sanno e che Maria però non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre. Un libro davvero bello, che affronta tematiche forti, quali la vita, la morte, la maternità elettiva. L’aria che si respira è quel-

c@ttolici in rete

Il mondo del lavoro dei cristiani

argo

IL POLLICE

STORIE DI IERI Anticipato quasi da quelle notizie sui suoi compensi in Rai, non certo stratosferici (il confronto è sempre quello che dà le giuste o ingiuste dimensioni), Pippo Baudo ritorna sulla terza rete della Tv di Stato con “Novecento” (Raitre ore 21,15) e con un ulteriore dimostrazione di capacità e sintesi non comuni. A riprova che la classe non è acqua e che lo stile, nonostante tutto, conta ancora. La trasmissione d’apertura si è articolata in tre momenti di attenzione. Due al singolare, quelli relativi ai ritratti di Lelio Luttazzi e Renato Pozzetto, due artisti eccezionali e per molti versi anticipatori di quello che sarebbe poi stato una sorta di trend di una certa epoca, l’altro - quello intermedio - dedicato alla famiglia Agnelli e ai non certo teneri rapporti tra Giovanni Agnelli e la nuora Virginia (la madre dell’Avvocato e di Susanna, e di altri cinque figli) a causa di Curzio Malaparte. Filmati d’epoca inediti ed alcune interviste in studio, hanno ulteriormente vivacizzato il ritmo della trasmissione già di sé molto stimolante.

tommaso dimitri

lor@delavoro di Samuele Vincenti L’atteso regolamento sulla formazione iniziale degli insegnanti, che da almeno due anni è stato invocato dagli aspiranti docenti e dai precari della scuola, è stato finalmente firmato dal ministro Gelmini. Dopo la soppressione della SSIS (Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario), fortemente criticata dallo stesso ministro dalla data del suo insediamento a viale Trastevere, e dopo un viavai di notizie e smentite da parte degli organi istituzionali, è finalmente chiaro a tutti gli aspiranti insegnanti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria, che si potrà esercitare la professione ed entrare in ruolo solo accedendo ai corsi di Laurea magistrali appositamente costituiti per lo scopo.

marialucia andreassi

“Il lavoro nobilita l’uomo”. Una frase importante che va compresa, però, in nella situazione attuale tra precariato e disoccupazione, tra dirigenza e dipendenza, tra lavoro minorile e lavoro nero. Non è così semplice, o almeno, non immediatamente comprensibile. Una cosa è certa: il lavoro nobilita l’uomo perché “l’uomo è l’artefice”, il genio dell’uomo a servizio della persona umana. Una visione cristiana dell’uomo nel mondo del lavoro ci può aiutare non soltanto per lavorare meglio, ma per vivere meglio. La Cei ha un suo riferimento specifico: Ufficio Nazionale per i problemi Sociali e il Lavoro: www.chiesacattolica.it. Un click su Percorsi Tematici: Economia, Lavoro e Ambiente e poi in alto “Uffici e Servizi Pastorali di Riferimento”. Nel portale dell’Ufficio troviamo tutti i riferimenti importanti sia dal punto di vista di collegamento con i siti del settore che i documenti. Un posto particolare ha il documento del magistero sociale della Chiesa: Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Riferimento obbligato per i lavoratori cristiani sono le Acli, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani: www.acli.it. Nate nel 1945, promuovono nel mondo del lavoro, lo sviluppo integrale di ogni persona. Oggi contano circa 950.000 soci e con i loro servizi raggiungono circa 3.000.000 di utenti con più di 8.000 strutture territoriali, tra cui 4.000 circoli, 105 sedi provinciali e 21 regionali. Sono presenti all’estero in più di 40 paesi europei ed extraeuropei, laddove vi è stata una forte emigrazione di lavoratori italiani. Tra i principali settori di intervento delle Acli: la tutela e la promozione dei diritti sociali e l’educazione alla cittadinanza attiva; l’assistenza previdenziale e fiscale; la difesa dell’ambiente e del consumatore; il sostegno agli agricoltori; la formazione professionale, la creazione e promozione di cooperative e, più in generale, di lavoro associato; l’animazione culturale e sportiva; il turismo sociale; la promozione della donna, degli anziani e della condizione giovanile; l’impegno per la pace, lo sviluppo, la solidarietà internazionale; l’impegno con gli immigrati. Buona navigazione e buon lavoro.

la di un tempo vicino e distante insieme, reale e contemporaneamente m a gi c o, un po’ come nei libri della grande scrittrice sarda, Grazia Deledda. Mito e storia sono a confronto, si mescolano e si armonizzano inquietanti e tragicamente quotidiani. Bella e fluida la prosa, belli ed intensi i personaggi. Michela Murgia ha saputo costruire una storia affascinante, popolata di personaggi potenti e scritta in maniera folgorante. Lo consiglio.

Michela Murgia, Accabadora, Einaudi, 18.00, pag. 164

M U S I CALM E NTE Anna Rita Favale

I New Codec a tutta musica Associare i giovani alla musica è talmente scontato da apparire ovvio, come se i due termini fossero un binomio indissolubile. Ma è sicuramente sorprendente notare come dei veri e propri talenti musicali nascano nello stesso paese. Stiamo parlando di Squinzano e di tutti gli artisti, riconosciuti tali sia a livello nazionale che internazionale, che partendo da questa cittadina del sud Italia hanno conquistato delle fette di pubblico di tutto rispetto. Questo fenomeno ha radici che ci spingono fino alla fine del 1800, quando i fratelli Ernesto e Gennaro Abbate fondarono la banda che porta il loro nome, passando per l’intramontabile jazz di Nicola Arigliano, fino ad arrivare ai giorni nostri con Antonio Maggio leader degli Aram Quartet, il tenore Antonio Corianò e i giovani, anzi giovanissimi, NewCodec. Gruppo rock e di nuove tendenze ha regalato ai cittadini di Squinzano un concerto in Piazza Vittoria presentando, con l’occasione, il Cd d’esordio “Più forte”. Il talento non gli manca visto che personalità di spicco del panorama musicale hanno già espresso il loro apprezzamento per questi ragazzi che, nati nelle parrocchie di Maria Regina e Santa Maria delle Grazie, stanno pian piano conquistando il loro spazio. Sarebbe impossibile rimanere indifferenti agli attestati di stima di Paola Palma (Smoking Production, Top Records, Dingo Music), Massimo Luca (produttore e storico chitarrista di Battisti), Paolo Gentile (Produttore e organizzatore di eventi), Mario Riso (Rock Tv production manager). Componenti del gruppo sono Angela Garzia alla voce, Emanuele Presta e Davide Bottazzo alle chitarre, Silvia Manca alle tastiere, Raffaella Papa alla batteria, Paolo Innocente al basso. Quella di Piazza Vittoria non è comunque la loro prima esibizione; sono già stati applauditi infatti al Music Village (evento dedicato agli artisti emergenti di tutta Italia) e allo show Salento Talento presentato da Lorena Bianchetti. Se queste sono le premesse non rimane che augurare a questi ragazzi di portare avanti la loro avventura sempre con lo stesso entusiasmo dando ancora lustro a Squinzano e non solo.

Miur: le nuove regole per diventare insegnanti

Il ministro, che in una nota ha dichiarato: “Oggi inseriamo un nuovo tassello nella riforma destinata a cambiare il nostro sistema scolastico. Un tassello fondamentale, perché riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti. Prevediamo una selezione severa, doverosa per chi avrà in mano il futuro dell’Italia e sostituiamo alle vecchie Ssis un percorso di lauree magistrali specifiche e un anno di tirocinio coprogettato da scuole e università, concentrato nel passaggio dal sapere al saper insegnare”. Con l’affermazione: “attraverso il nuovo tirocinio ci si forma soprattutto sul campo”, la Gelmini ha tenuto fede alla ferma volontà di operare una rivoluzione copernicana nel mondo della scuola. Sono in-

fatti quattro le direttrici sulle quali si articolerà il nuovo regolamento: più tirocinio (almeno un anno per legare teoria e pratica); immediato inserimento in ruolo degli abilitati (fine del precariato, almeno secondo le aspettative del ministero); più corrispondenza tra fabbisogno e posti messi a disposizione (numero chiuso per i corsi abilitanti strettamente legato alle richieste delle scuole); più inglese e tecnologia tra i banchi e tra le competenze degli insegnanti (necessaria la certificazione B2 in lingua inglese per abilitarsi). Il regolamento è il frutto del lavoro della Commissione presieduta dal prof. Giorgio Israel, a cui è seguita un’azione di confronto con il mondo della scuola e delle associazioni per

l’integrazione scolastica. L’obiettivo dei nuovi percorsi è garantire una più equilibrata preparazione disciplinare, didattica e pedagogica nel corso delle lauree magistrali e lo svolgimento di un anno di percorso, il Tirocinio formativo attivo, direttamente a contatto con le scuole. Con il nuovo sistema, per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, sarà necessaria una laurea quinquennale, a numero programmato con prova di accesso che consentirà di conseguire l’abilitazione per la scuola primaria e dell’infanzia (non si dovrà più scegliere al secondo anno); e saranno rafforzate le competenze disciplinari e pedagogiche ed aumentate le ore di tirocinio a scuola (compreso un percorso

laboratoriale per la lingua inglese e le nuove tecnologie). Maggiore attenzione agli alunni disabili con percorsi di approfondimento obbligatori per una preparazione di base sui bisogni speciali. Il superamento di una rigorosa selezione per l’ingresso alla laurea magistrale a numero programmato, basato sulle necessità del sistema nazionale di istruzione, composto da scuole pubbliche e paritarie, permetterà di accedere alla laurea magistrale ad hoc completata da un anno di Tirocinio formativo attivo, e di insegnare nella scuola secondaria di primo e secondo grado sarà necessaria. L’anno di Tirocinio formativo attivo contempla 475 ore di tirocinio a scuola (di cui al-

meno 75 dedicate alla disabilità) sotto la guida di un insegnante tutor. Il regime transitorio prevede che tutti i vecchi laureati potranno conseguire l’abilitazione per la secondaria di primo e secondo grado accedendo, dietro il superamento delle prove di accesso (test preselettivo, esami scritti e orali), all’anno di Tirocinio formativo attivo a numero programmato, che potrà essere attivato da questo anno accademico. Per l’accesso al percorso è valorizzato il servizio svolto a scuola, il dottorato di ricerca e l’attività svolta in università. Ulteriori approfondimenti sono disponibili sul sito del Miur, alla sezione istruzione: http://www.istruzione.it/web/ istruzione/home


L’Ora del Salento 15

Lecce, 25 settembre 2010

lo sport L’ASSIST

di Paolo Lojodice

Dopo il turno infrasettimanale i Giallorossi di scena a Palermo per provare a tirare uno scherzo all’ex allenatore Delio Rossi

Lecce, la serie A non è facile

Il Lecce deve trovare il suo passo. In questa serie A non è possibile temporeggiare più del dovuto. Torniamo alla stecca fuori casa contro il Cesena dopo la buona vittoria contro la Fiorentina. La “parigrado” Cesena non si è rivelata tale. Quindi sulla strada del Lecce ora c’è il Parma. Se guardiamo alla sconfitta maturata contro i bianconeri troveremo sì che si innesta su una tradizione non favorevole ai salentini, che su quel campo hanno sempre faticato molto, ma considerato il primo tempo di quella gara non possiamo non rilevare che ben altre potevano essere le speranze. De Canio aveva messo in campo la squadra in maniera organizzata, con schemi di gioco, una certa aggressività, ordine e concentrazione. Tutto questo è malamente saltato dopo l’espulsione di Colucci. Glissiamo sulle polemiche innescatesi tra i due presidenti - Campedelli che aveva accusato di comportamento antisportivo il Lecce, Semeraro che aveva risposto per le rime, affermando che ciascuno farebbe bene a pensare ai propri comportamenti, visto che l’espulso non si era certo rassegnato senza intemperanze da sanzione alla decisione arbitrale, fermo restando, che un atteggiamen-

to collaborativo con i direttori di gara non potrebbe che giovare a tutti - resta il dato che il Lecce aveva fatto registrare poche occasioni da gol. La superiorità numerica avrà anche disarticolato gli equilibri ma, da che mondo è mondo, un uomo in più è, in genere, un vantaggio. I salentini non hanno in quella occasione saputo pungere. Quindi il Parma, è storia recente. A dimostrazione che ci vorrà del tempo, inutile immaginare una diversa soluzione. Una pericolosità ridotta nell’area sotto rete avversaria è da curare massimamente, poiché si concretizza con una inevitabile carenza nella fase di rifinitura e questa, ancora, rende sterili gli spunti per creare occasioni da rete. Il carattere offensivo che ha

fatto la differenza lo scorso anno va recuperato appieno. De Canio ne è alla ricerca: lo si vede anche prendendo atto delle formazioni. Qualcosa lo induce a cambiare. Certo, siamo all’inizio e non è solo, considerato che anche suoi colleghi, Ranieri e Iachini, hanno fatto altrettanto in queste prime giornate di campionato. La ricchezza d’organico può esser fonte di soluzioni diverse, d’accordo, ma questo non può impedire di pensare che il tecnico sia alla ricerca di una costruzione “tipo” sulla quale poi poggiare il resto. Da quanto visto sin qui sembrerebbe essere il reparto arretrato quello cui l’allenatore vorrebbe dare il miglior assetto possibile. Non va dimenticato come sino alla chiusura del calcio mercato il Lecce aveva ricercato Lu-

stig e Rinaudo, il primo come esterno destro, il secondo come centrale. Questo aspetto, insieme al rilievo fatto a proposito dell’attacco, mettono nelle condizioni di dover riflettere. Questa serie A non sarà una passeggiata. La prossima sfida con il Palermo si presenta in tutta la sua criticità. Dopo la gara con la Juventus, i rosa nero vorranno in qualche modo dare consistenza alla propria classifica, che osservata attentamente, sebbene sia davvero ancora troppo presto, inizia a delineare una massima divisione non scandita dalle solite logiche. Questo vuol dire che il Lecce dovrà attrezzarsi per non essere vaso di coccio tra quelli di ferro. In ogni caso i precedenti con i palermitani dicono che in terra isolana i salentini presentano un bilancio con 3 vittorie, 7 pareggi, 11 sconfitte. E in serie A sempre vittorie avversarie, dal 2004/2005 e campionato successivo e quindi 2008/2009, con una fiera di gol che vede in consistente superiorità l’avversario: 11-2. De Canio è però uomo di campo e grande saggezza organizzativa. Saprà come mettere in campo una squadra che possa, in qualche modo, dare il meglio di sè.

MONDO Casa Comitato a settembre fa centro La Presidenza Nazionale ha recentemente varato il calendario autunnale del tour attraverso la penisola di “Casa Comitato”, importante occasione di incontro per 40 comitati territoriali di tutte le regioni per far conoscere alla Presidenza Nazionale le realtà territoriali ospitanti e per approfondire, attraverso un convegno, il tema dell’anno “Uno sport per la vita”. Ogni tappa seguirà un format prefissato in tre differenti momenti: la Visita dei membri della Presidenza Nazionale; l’ incontro con i Consigli dei due comitati coinvolti nelle rispettive tappe regionali; il Convegno “Uno sport per la vita”. Il comitato ospitante di ogni regione sarà contattato dalla Segreteria della Presidenza Nazionale per ulteriori accordi e per la definizione degli ultimi dettagli organizzativi. Il tour, iniziato a marzo per chiudersi a novembre, dopo la pausa estiva riprenderà a settembre con le seguenti tappe: il 27 settembre incontro a Pistoia dei comitati di Pistoia, Prato e Firenze; il 28 settembre tappa ad Ancona dei comitati di Ancona e Ascoli Piceno; il 30 settembre tappa a Frosinone per i comitati di Frosinone e Cassino; l’11 ottobre incontro a Teramo dei comitati di Teramo, Chieti e Lanciano: il 12 ottobre a Campobasso s’incontreranno i comitati di Campobasso e Isernia; il 13 ottobre sarà il turno, a Sessa Aurunca, dei comitati di Sessa Aurunca e Aversa; il 20 ottobre tappa ad Andria per i comitati di BarlettaAndria-Trani e Lecce; il 8 novembre incontro a Melfi dei comitati Melfi e Matera; il 9 novembre a Reggio Calabria s’incontreranno i comitati di Reggio Calabria e Tirrenico; il 10 novembre sarà il turno a Palermo per i comitati di Palermo e Trapani; il 27 novembre ultima tappa del tour a Sassari con i comitati di Sassari e Gallura Anglona. Iscrizioni aperte per l’anno associativo 2010/2011 Csi Lecce, via Siracusa n. 50, cell. 347.1762819 - lecce@csinet.it


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