2810 - L'Ora del Salento

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Lecce, 4 settembre 2010

UN EURO

L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XX, n. 28

Imparare la sobrietà di Nicola Paparella Anche nelle polemiche, conviene esser misurati, e non si può tirar per la giacca chi invece invita a riflettere e a tirarsi su le maniche. In una stagione in cui, anziché discutere, piace strillare e, anziché argomentare, piace la battuta di spirito, è troppo facile cedere alla tentazione di semplificare le cose e far passare per retrogrado chi invita alla moderazione e far crede a destra che lui è di sinistra o far pensare alla sinistra che lui è di destra. Anche questo è mancanza di sobrietà. Nel suo significato genuino la festa sospende ed interrompe la quotidianità della quale però porta il peso e il ricordo, in caso contrario sarebbe ubriacatura, licenza o forse follia. Se ci si ferma alla superficie delle cose non si capisce il senso profondo dei messaggi. Essere sobri non significa rinunciare al desiderio, chiudere la porta all’evento straordinario, allontanare i segni della gioia e il calore dell’incontro. La sobrietà non chiede tutto questo. Anzi, si può spendere poco e non esser sobri. Non si tratta di ridurre i segni della festa (che qualche volta risultano essere davvero eccessivi), ma di lavorare per evitare che quei segni possano restare lontani e separati da ciò che è il flusso normale delle cose. Non si tratta di mangiare di meno, ma di domare l’appetito, avrebbe detto il Tommaseo. Non si vuole negare la connotazione straordinaria del giorno di festa, ma si vuole evitare che questo possa nuocere al corpo e allo spirito della persona e della comunità. La sobrietà produce moderazione, ma non nasce da essa, perché deriva, invece, dalla costante attenzione ai bisogni della quotidianità. E questo vale sia nel privato che nella vita pubblica. Chi è attento alla salute del corpo sa ben concedersi l’eccezione di un pasto straordinario, ma chi non sa ascoltare i bisogni del proprio corpo, non sa riconoscere - e nemmeno gustare - l’eccezionalità di un momento straordinario. Qualche anno fa nacquero le sagre popolari. Ed erano momenti di festa, di convivialità, di incontro con i forestieri, di scambi di esperienze. Oggi le sagre popolano ogni sera agostana in un frastuono nel quale prende evidenza soltanto il business e qualche volta serpeggia la tentazione della trasgressione. Non si può essere sobri a Natale se non ci si prende cura dei bisogni della persona e della comunità lungo tutti i giorni dell’anno. Se c’è in città chi soffre l’isolamento o la povertà, la perdita del posto di lavoro o della sicurezza economica, se c’è chi nel carcere, attende il riscatto sociale, pagando il suo debito alla società, se ci sono problemi e questioni di particolare rilievo, a tutto questo occorre dare attenzione, sin da oggi, per poter giungere alle feste di fine anno con la sensibilità giusta, in forza della quale ciascuno capirà come si possa essere sobri. La sobrietà non si misura con il metro della quantità, ma con lo sguardo della sincerità e con l’impegno nella quotidianità.

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 4 settembre 2010

Il Card. Salvatore De Giorgi festeggia il suo compleanno nella sua terra il prossimo 6 settembre

Gli 80 anni del Cardinale Don Salvatore. L’uomo, il sacerdote, il Vescovo, il Porporato: il 18 settembre, giorno del mio battesimo, è il mio vero genetliaco. È la data a me più cara.

L’INTERVISTA

Gratitudine infinita Spegnerà le 80 candeline il prossimo 6 settembre ai piedi della Grotta di Massabielle a Lourdes. E consegnerà a Maria le gioie e le ansie di una vita intera. Dopo qualche giorno, il 18, anniversario del suo battesimo, a Vernole, ringrazierà il Signore dall’altare della sua prima messa. È l’ottantesimo compleanno del card. De Giorgi, di don Salvatore, come lo ricordano in tanti a Lecce, da giovane prete, da giovanissimo vescovo. Aveva appena 43 anni, forse un guinnes, di sicuro il più giovane vescovo dell’epoca: così lo presentò Paolo VI alla folla durante un’udienza in Vaticano. Sei Papi. Da Pio XII a Benedetto XVI, col quale ebbe il piacere e la fortuna o per meglio dire, la grazia di pranzare per l’ultima volta, prima dell’elezione al Soglio pontificio, quando era ancora il card. Ratzinger. Nel suo studio manca soltanto la foto dell’abbraccio con Papa Luciani. Purtroppo quella manca a molti. Il tempo breve non la concesse quasi a nessuno. Ottant’anni portati benissimo. Con un’attività pastorale frenetica in giro per tutta l’Italia. E più di qualche volta, in rappresentenza del Santo Padre, anche nel resto del Pianeta. Eminenza, il 6 settembre lei raggiunge il traguardo degli 80 anni. Quali sono i pensieri nella sua mente e i sentimenti nel suo cuore? Sono anzitutto i sentimenti della gratitudine al Signore per tutti i doni ricevuti a cominciare da quello della vita: della vita naturale che mi ha donato il 6 settembre 1930 attraverso l’amore dei miei genitori Vito Carmelo e Anna Teresa, terzo di otto figli, e soprattutto per quello più grande della vita soprannaturale attraverso l’amore di Cristo e della Chiesa nel Battesimo ricevuto nella Chiesa parrocchiale di Vernole il 18 successivo: la data a me più cara, il mio vero compleanno. Come il Salmista, mi viene spontaneo dire: “Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: rifletto e il mio spirito si va interrogando. Ricordo le gesta del Signore, ricordo le sue meraviglie di un tempo”. E con questi sentimenti lo ringrazio per gli ulteriori doni, soprattutto del Presbiterato, dell’Episcopato, del Cardinalato, e gli chiedo umilmente perdono per tutte le mie incorrispondenze all’amore e alla fiducia che, senza alcun mio merito, ha manifestato verso di me, umile figlio del Salento, a onore del quale soprattutto considero quei doni a servizio della Chiesa.

PATICCHIO CONTINUA A PAG. 3

Verso il XVIII Convegno Diocesano della Chiesa di Lecce

primo piano

L’avventura educativa

Se il Pastore scuote le coscienze

paginone

catholica

Dal 20 al 22 settembre all’Ecotekne

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Acr e giovani, La comunita di Santa Rosa: si riparte mezzo secolo di cammino da Novoli GIUBILEO PARROCCHIALE

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L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

primopiano

DOPO LA FESTA RIFLETTENDO SUL MESSAGGIO DEL VESCOVO

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Le risposte del mondo politico salentino ai richiami dell’Arcivescovo Domenico D’Ambrosio al rigore cristiano e alla coerenza tra fede e vita

Se il Pastore scuote le coscienze

Il messaggio, espresso da mons. Domenico D’Ambrosio in occasione della processione dei Santi Patroni di Lecce il 24 agosto scorso, ha scosso, per la sua forza espressiva e per la novità dei contenuti, tutti i cittadini, ed ancor più la classe politica, che in alcuni punti si è sentita chiamare in causa nello specifico. Le considerazioni degli esponenti politici sono state tutte peculiari, ma accomunate dal totale accordo con i rimproveri che il Vescovo ha rivolto agli astanti, nell’impellente necessità di recuperare il vero fulcro della festa patronale, e il senso di convivenza civile e di rispetto per i luoghi in cui i cittadini vivono. “L’Arcivescovo ha stimolato le coscienze, e credo che la società abbia il dovere e la possibilità di migliorare, ma solo se c’è un continuo riferimento ai valori cristiani, che non devono essere solo predicati ma anche praticati” ha affermato Rocco Palese. “Un altro grande problema a cui ha fatto riferimento e con cui si confronta giornalmente, per il ruolo che ricopre, è la realtà drammatica del carcere di Borgo San Nicola. Non si tratta solo del sovraffollamento e dell’invivibilità di quei luoghi ma anche del recupero successivo dei detenuti. Spero che il governo studi un grande programma e che questo piano vada avanti senza grossi indugi. È necessario che la classe politica e in generale tutta la società capiscano che

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PENSANDOCI BENE...

di Giuseppina Capozzi

La retta educazione La retta educazione include nella conoscenza la morale, intesa come capacità della persona di misurarsi con le virtù umane: la carità, che porta la comprensione, la sincerità, che dà ragione ai giusti, la generosità e la fraternità, che ci fa condividere la stessa natura umana dei nostri simili. Ma la virtù-base per un’autentica relazione interpersonale è la lealtà, che ha come conseguenza la sicurezza di un cammino retto nel processo formativo; poiché la lealtà si áncora alla verità e quest’ultima alla certezza, ne derivano stabilità ed equilibrio. Ora, le virtù umane sono intrinsecamente collegate alla fede; al contrario, come rilevava l’autorevole pedagogista spagnolo V. García Hoz, la confusione, l’insicurezza e la paura, che sono indubbiamente tre caratteristiche del nostro tempo, hanno una evidente relazione con la mancanza di fede. Sempre Hoz chiariva che: “La libertà è la capacità di operare di accordo con la ragione, la coscienza è giustamente la capacità dell’uomo per conoscere e giudicare se c’è ragione o ragioni per fare o smettere di fare qualcosa. La coscienza viene ad essere la razionalità dei nostri atti. Se la coscienza si esclude, le azioni si riducono a pure operazioni nate da impulsi primari o da reazioni meccaniche davanti alle situazioni”. La coscienza altro non è che conoscenza e il suo valore consiste nell’utilizzarla come norma di decisione per i propri atti. Ma la imprescindibile dipendenza dell’uomo dal mondo esterno, gli impone la necessità di accettare una normativa, anteriore al singolo uomo, che garantisca la normalità della vita umana. La responsabilità pedagogica interpella la coscienza dell’adulto, che ha il compito ineludibile di fornire l’educando degli strumenti necessari a formarsi rettamente. L’educazione di un genitore o di un insegnante può rivelare a volte deficienze, limiti e inadeguatezze nei suoi metodi, ma quando si fonda su contenuti e prospettive edificanti per la persona, raggiunge naturalmente l’obiettivo di una retta formazione. La responsabilità, utilizzata come mezzo di educazione e come finalità, consente di formare il giovane in modo equilibrato, e consapevole della sua capacità razionale: è questo, in definitiva, che differenzia l’essere umano da quello animale. Uno strumento pedagogico importante è, infine, la disciplina, che trova le sue radici nell’interiorità dell’uomo. L’educazione ambisce a realizzare l’ordine interiore della persona, e questo consiste nella capacità di scoprire il bene e il male nelle azioni, nonché nella forza di volontà di agire rettamente in ogni occasione della vita. Ma se genitori e insegnanti hanno la responsabilità pedagogico-educativa, i giovani hanno la responsabilità di costruire la propria cultura in sintonia con il cardine della propria esistenza: formare la propria coscienza. info@giuseppinacapozzi.it

in tutto questo contesto ci sono delle sacche di bisogni, di sofferenze ed altre situazioni molto gravi, come appunto quella carceraria. L’Arcivescovo ha denunciato le lentezze della politica e non c’è dubbio che queste ci siano. È auspicabile da sempre che ci sia una politica molto più concreta, meno conflittuale. Ritengo personalmente che quello che ho sostenuto durante le dichiarazioni programmatiche che abbiamo avuto in consiglio regionale possa essere un contributo serio. Le sfide per la politica sono: quella della responsabilità, quella educativa; quella culturale. L’insieme di questi punti è la “stella polare” che dobbiamo seguire. Sicuramente il messaggio dell’arcivescovo ha sortito degli effetti nel mondo politico, perché ha fatto tornare un po’ tutti con i piedi per terra”. Saverio Congedo si è detto concorde con i moniti e i problemi seri che sono emersi dal messaggio dell’Arcivescovo. “L’aspetto più importante, rivolto a tutti è stato l’invito a vivere la ricorrenza con la dovuta devozione e con un vero gesto di fede. Sono d’accordo con il richiamo al senso civico e al rispetto del patrimonio artistico e dei luoghi sacri: i cittadini devono imparare ad essere più rispettosi, anzitutto della città, e in particolare dei luoghi sacri che non sono adatti, come ha detto mons. D’Ambrosio, per effusioni di vario tipo. Per quanto riguarda i moniti più prettamente politici, è stato senza dubbio opportuno quello riferito allo stato del carcere di Borgo San Nicola. Ho fatto una visita a quel luogo il giorno di ferragosto e ho potuto toccare con mano il disagio, sia quello di chi è ospitato, che vive in condizioni al limite della decenza e della sopportabilità, sia quello di chi vi opera, costretto a vivere in situazioni di grande emergenza e quindi non può svolgere il suo lavoro (mi riferisco non solo al corpo di polizia penitenziaria ma a chi lavora li a vario titolo). Nonostante le difficili condizioni, il corpo di polizia è comunque importantissimo, e ne è prova il fatto che abbia sventato in questi giorni l’ennesimo tentativo di suicidio; se il carcere continua ad essere operativo e a limitare i danni, è grazie al senso del dovere e all’abnegazione di chi vi opera nel miglior modo possibile. Condivido poi anche il suggerimento, dato alla classe politica, di non essere arroccata nel palazzo, di liberarsi dei soli riti della politica e di concentrarsi negli interessi nella collettività. Credo che l’interesse che il messaggio che ha suscitato, al di là dei contenuti opportuni e doverosi, essendo il Vescovo una guida spirituale, religiosa e morale, sia dovuto soprattutto agli inediti toni rigorosi rivolti alla città”. La novità dei toni e dei contenuti ha profondamente colpito anche Antonio Rotundo, il quale ha sottolineato che “La prima riflessione è l’agenda nuova che l’Arcivescovo ci indica, quando capovolge le priorità e indica la necessità di por-

L’on. Urso: annuncio operativo “Da povero cristiano e da cittadino, ho accolto i messaggi dell’Arcivescovo D’Ambrosio come un sofferto e penetrante contributo di carità, offerto - con generoso servizio - alle tristi realtà dell’oggi. Le sue chiare e nette affermazioni, diventano, in contempo, annuncio operativo di una “sfida educativa” da incarnare, prossimamente, nei cuori del Popolo di Dio attraverso una apposita missione ecclesiale di redenzione, singola e collettiva. D’altronde, l’attuale società non può continuare a processare sempre gli altri, senza, innanzi tutto, riguardare se stessa tramite un severo processo, rivolto al cambiamento”. Giacinto Urso Difensore civico emerito della Provincia di Lecce re al centro la parte più debole e povera della popolazione, quando ci invita a riflettere sul distacco crescente tra i cittadini e la politica, si sofferma sul fatto che quest’ultima spesso sia piegata su se stessa ed autoreferenziale e da questo punto di vista non decide con la velocità richiesta dalle emergenze. È stato un messaggio utile, perché la festa patronale era diventata un passaggio in cui l’elemento religioso era relegato sullo sfondo e in cui prevalevano altri aspetti civili”. Si dice completamente d’accordo anche sulla denuncia fatta alla lentezze politiche, “perché la politica a volte celebra i propri riti, si perde nelle mediazioni e negli equilibri tra le forze politiche, tra i gruppi e i sottogruppi. Mi è venuta in mente ad esempio la difficoltà del “parto” del rimpasto: sono stati necessari 430 giorni perché la città avesse una nuova Giunta. Il discorso del Vescovo è come se avesse registrato due agende: quella del palazzo, con le priorità, le tempistiche e gli obiettivi che questo si pone; quella dei bisogni veri, delle emergenze di una città che mostra le sue prime rughe, il degrado e la trasandatezza, elementi che tutti i cittadini vedono ma che non sono la priorità nell’agenda degli amministratori comunali. Mi ha colpito molto anche la centralità del tema della condizione dei detenuti, e la scelta emblematica della visita nel giorno della festività; su questa questione intendo chiedere la convocazione di un Consiglio Comunale, che deve porre al centro della sua riflessione la condizione disumana in cui i carcerati versano. Mi auguro che i nuovi toni utilizzati saranno più efficaci, e credo che da parte dei politici non ci sia solo un riconoscimento a parole della giustezza della denuncia dell’Arcivescovo; ci deve essere un nuovo atteggiamento, una riflessione opero-

sa, un elemento critico e autocritico, perché dobbiamo modificare il modo di concepire e attuare la politica”. Salvatore Capone afferma che colpisce lo stile diretto e franco utilizzato dall’Arcivescovo. “Il richiamo è alla riscoperta del significato vero del camminare insieme per le vie della città, per riappropriarsi di quella dimensione comunitaria che trova nel messaggio evangelico la sua matrice e che costituisce il modus operandi essenziale per affrontare i temi e le urgenze con lo spirito di chi vuole agire per il bene comune, in una dimensione di condivisione di azioni volte ad aggredire le differenti e crescenti marginalità sociali e per le quali non bastano gli accordi bilaterali, ma occorrono politiche capaci di far prevale la logica della costruzione di una rete di accoglienza ed integrazione solidale. Raccogliere oggi la sfida educativa che la Chiesa, locale e universale, sta lanciando con forza ed autorevolezza è un bisogno che va avvertito come irrinunciabile e come necessità per uscire dal quel vortice di “indifferenza, assenza, sfiducia, apatia” che sta subdolamente pervadendo gli animi di tanti che, delusi dall’agire della politica, preferiscono rifugiarsi in un colpevole riflusso nel privato, foriero di crescenti individualismi. La politica in questo ha una responsabilità primaria. Deve saper essere credibile apripista di coraggiosi percorsi che in numerose circostanze la Chiesa indica e alla quale non si può intimare di tacere quando quel parlare non è compiacere. È il coraggio verso cui mons. D’Ambrosio chiede di tendere: quello di non stare semplicemente ad aspettare le luci dell’alba nell’oscurità della notte fitta, ma di farsi artefici della costruzione di nuova aurora”. Grazia Pia Licheri


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GLI 80 ANNI DEL CARDINALE IL RACCONTO DI UNA VITA RICCA DI ESPERIENZE CONTINUA DALLA PRIMA Tra le perle della sua vita, l’esperienza del Conclave. La gioa di aver contribuito all’elezione di Benedetto XVI. Un grande evento dello Spirito Tra le molteplici esperienze di grazia, vissute in questi anni, quella del Conclave mi è rimasta particolarmente impressa: non solo per il clima intenso di comunione e di preghiera che avvolgeva il Collegio Cardinalizio, ma anche e soprattutto per aver toccato quasi con mano la presenza e l’azione dello Spirito Santo, invocato come non mai per farci individuare chi tra noi avesse già scelto come Vicario di Cristo e segno supremo della paternità di Dio sulla terra. La rapidità con cui si è svolta l’elezione del card. Joseph Ratzinger ne è stata per tutti la più convincente dimostrazione. Avevo avuto mio ospite il Card. Ratzinger sia a Foggia sia a Palermo e, come cardinale, avevo avuto diversi incontri con lui, restando sempre più ammirato della sua vastissima cultura e della profondissima spiritualità, rifulse a livello mondiale soprattutto nei giorni precedenti e successivi al Conclave. Nel primo giorno del Conclave mi è capitato di stare a pranzo con lui nel medesimo tavolo, e nell’ultimo di intonare con gioia l’antico canto della Chiesa Oremus pro Pontifice rivolto per la prima volta per lui, divenuto Benedetto XVI. Nel rito di obbedienza, inginocchiato ai suoi piedi, mi pareva di rappresentare non solo la Chiesa di Palermo, ma anche la Chiesa di Lecce, mia madre, che non ho mai dimenticata, e le altre Chiese di Puglia, Oria, Foggia-Troia-Bovino, Taranto che porto sempre nel cuore. Lei, Eminenza, è vescovo da quasi quarant’anni. Praticamente mezza vita. Un cammino episcopale che dura da trentasette anni. Torna continuamente alla memoria il rito dell’Ordinazione Episcopale nella nostra Cattedrale il 27 dicembre 1973, concelebrata da uno dei più grandi Vescovi leccesi, mons. Francesco Minerva, e dagli altri Vescovi pugliesi, in un abbraccio indimenticabile delle Chiese di Lecce e di Oria, alla quale ero stato inviato dal Signore attraverso il mandato del Servo di Dio Paolo VI. Come ha vissuto i primi anni da giovane vescovo? Dell’esperienza oritana ricordo in particolare la Visita Pastorale, che mi consentì di stare una settimana intera con i sacerdoti e i fedeli di ogni parrocchia, e il Congresso Mariano Diocesano. Poi la promozione ad Arcivescovo Metropolita di Foggia. La possibilità di avere contatti più frequenti con le istituzioni, le scuole, le parrocchie, le famiglie, le realtà sociali e i fedeli, mi è stata utilissima per affrontare con lo stesso stile pastorale il nuovo e più complesso mandato, ricevuto il 4 aprile 1981 dal Venerabile Giovanni Paolo II, come Arcivescovo Metropolita di Foggia e contestualmente Vescovo di Troia e di Bovino: tre diocesi distinte ma unite nella persona di un unico Vescovo, per cui dovevo fare contemporaneamente tre volte il Vescovo. Quali i fiori all’occhiello di quel mandato? Avevo iniziato questo nuovo mandato con l’Anno Mariano Diocesano conclusosi con il primo Congresso Mariano Diocesano e con la incoronazione in Vaticano della Madonna dei Sette Veli alla presenza di oltre diecimila foggiani da parte del grande Papa mariano, che nel 1985 approvò l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e nel maggio del 1987 volle visitare in tre giorni tutte le Diocesi della Capitanata. Arcivescovo di Taranto. E anche lì ancora la visita di Giovanni Paolo II. Avevo appena concluso la Visita

Il Card. De Giorgi festeggia a Lourdes il suo compleanno e a Vernole l’anniversario del suo battesimo

Pastorale nelle tre Diocesi quando il 10 ottobre del medesimo anno Giovanni Paolo II mi trasferiva alla Chiesa metropolitana di Taranto, dove nel 1989 ebbi la grazia di ospitare ad agosto la Settimana Liturgica Nazionale e a ottobre di accogliere la Visita del Papa per due giorni interi, ricambiata nei primi di gennaio successivo con migliaia di fedeli, benevolmente accolti da Sua Santità nella Basilica di San Pietro. La nomina ad Assistente Generale dell’Azione Cattolica le regalò un respiro pastorale ancora più ampio. Cosa ricorda di quell’intensa attività? Non era trascorso neppure un mese di distanza, quando il 2 febbraio 1990, mi comunicava la nomina ad Assistente Ecclesiastico Generale dell’Azione Cattolica, per cui dovetti lasciare Taranto per raggiungere tutte le Diocesi d’Italia e, come Assistente del Forum Internazionale dell’Azione Cattolica, anche alcune di altri continenti. È stata un’esperienza ricchissima per i contatti con le istituzioni civili e culturali, con le diverse realtà ecclesiali, con il mondo delle molteplici aggregazioni del laicato al cui servizio ero anche come Presidente della Commissione Episcopale della Cei per il Laicato. Una grazia particolare ho ritenuto in questi anni l’avere frequenti incontri, anche a pranzo, col grande Papa Giovanni Paolo II, che voleva tenersi informato sull’azione del laicato a lui particolarmente caro: ogni incontro era per me una lezione di vita. Infine l’incontro con la Sicilia. L’abbraccio di Palermo che la porta ancora nel cuore. Alla fine del secondo triennio, il 4 aprile 1996, Giovedì Santo, volle nominarmi Arcivescovo Metropolita di Palermo: il suo abbraccio al termine della Messa Crismale è stato per me il viatico più incoraggiante per dare inizio, il 25 maggio successivo, all’ultima e più impegnativa esperienza pastorale in una Chiesa di frontiera, viva e dinamica, ma provata dalla furia omicida e sacrilega della mafia, che ho definito un cancro pestifero in un corpo sano e ho combattuto con la forza disarmante della Parola di Dio, a somiglianza di P. Pino Puglisi, del quale, nel venticinquesimo della mia Ordinazione Episcopale, ho introdotto il processo di beatificazione per martirio. Che cosa ha voluto dire per un Sa-

Ho sempre portato il Salento nel cuore e in ogni Chiesa affidata alle mie cure

Santa Rosa mi ha preparato alle successive responsabilità di vescovo, da svolgere con la passione di un parroco in mezzo al Popolo lentino come lei, essere il Vescovo di Palermo? Non era facile per un Vescovo non siciliano fare il Vescovo in Sicilia e per giunta a Palermo. Ma i siciliani contraccambiano con amore più grande chi li ama, per cui mi è stato facile, con l’aiuto del Signore e col calore del nostro Salento, entrare nel cuore dei sacerdoti e dei fedeli, ai quali sono stato vicino nella visita pastorale durata sette anni con particolare attenzione alle scuole, e avere rispettosi ma autonomi rapporti con le Istituzioni regionali, provinciali e comunali. La cittadinanza onoraria datami da diversi comuni a cominciare da quello di Palermo, come anche la Laurea honoris causa conferitami con voto unanime dalla Università Statale di Palermo costituiscono l’attestazione di un affetto che non potrò mai dimenticare. Da Arcivescovo di Palermo ricevette anche la porpora cardinalizia. Come non potrò dimenticare la numerosa partecipazione al Concistoro del 21 febbraio 1998, nel quale Giovanni Paolo II mi creava Cardinale di Santa Romana Chiesa col titolo presbiterale di Santa Maria dell’Ara Coeli, la Basilica del Campidoglio, accolto qualche giorno dopo a Palermo con una festa tanto solenne e quanto sentita. Ai giornalisti, che mi domandavano che cosa sarebbe cambiato con la nomina a Cardinale risposi: “Scendere ancora di più in mezzo al popolo e servirlo con quello spirito di servizio e con quell’amore pastorale che il rosso della porpora significa in forza della fedeltà alla Chiesa sino al martirio”. Ma i Cardinali hanno anche più responsabilità dei Vescovi.

Indubbiamente col crescere dei servizi crescono anche le responsabilità nei confronti delle Chiese che a un Vescovo sono affidate e soprattutto della Chiesa universale della quale un Cardinale è particolarmente a servizio in quanto più stretto collaboratore del Romano Pontefice nei diversi Dicasteri della Santa Sede, come quelli del Culto Divino, dei Vescovi, del Clero, del Laicato e della Famiglia tra i cui membri dai due ultimi Pontefici sono stato annoverato.

Ora da più di tre anni ha lasciato Palermo. Quali sono gli Uffici di un Cardinale senza sede diocesana? Il 10 febbraio 2007, dopo circa 11 anni, per raggiunti limiti di età consegnavo il Pastorale dell’Arcidiocesi al mio successore, per trasferirmi a Roma, dove ogni Cardinale, che resta sempre Cardinale anche quando dopo gli ottanta anni non può partecipare al Conclave, può svolgere più da vicino la collaborazione col Papa. Ma mi è anche più agevole svolgere a livello nazionale gli uffici di Presidente della Federazione Italiana Esercizi Spirituali e di Consulente Ecclesiastico dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti. Qualche passo indietro Eminenza. Ci ha raccontato la sua vita da Vescovo lontano dal Salento. Ma lei è prima di tutto - ci perdoni l’affettuoso campanilismo - un sacerdote della Chiesa di Lecce. Sebbene lontano fisicamente, non ho mai dimenticato Vernole, Lecce, Santa Rosa. A Vernole ho ricevuto i sacramenti della iniziazione cristiana e ho sentito le prime voci della chiamata del Signore, favorita dalla esemplarità cristiana della mia famiglia e dalla pratica religiosa del mio popolo. E sono felice quando posso tornarvi, soprattutto per la festa di Sant’Anna. A Lecce, invece, ha trascorso i primi anni di formazione e quelli del ministero presbiterale. Cosa ricorda di quegli anni? A Lecce nei terribili anni della guerra (1941-46) ho avuto nel Seminario Diocesano la prima formazione al sacerdozio (scuola media e ginnasio) sotto l’Episcopato di mons. Alberto Costa, proseguita negli anni 46 - 53 nel Seminario Regionale di Molfetta e conclusa con l’Ordinazione Sacerdotale che mons. Minerva benevolmente volle celebrare nella Chiesa di Vernole, chiamandomi subito dopo a Lecce presso la sua se-

greteria particolare con gli incarichi di segretario dell’Ufficio Catechistico e di Assistente della nascente Gioventù Studentesca.

Arrivò poi l’avventura-missione di Santa Rosa. Cinque anni dopo, il l settembre mi nominava primo parroco della Parrocchia di S. Maria delle Grazie trasferita da Piazza S. Oronzo a Santa Rosa, dove sorgeva il primo nucleo di case popolari e costruire con la chiesa materiale la comunità parrocchiale. È stata la mia prima esperienza pastorale diretta, quella che mi ha formato parroco e mi ha preparato alle successive responsabilità pastorali di Vescovo, da svolgere col cuore e con la passione di un parroco in mezzo al popolo. Eminenza, un’ultima domanda: quali sfide attendono per l’oggi e per il domani la Chiesa Universale e nello specifico quella Italiana? Come membro per 33 anni della Conferenza Episcopale Italiana e circa 20 del relativo Consiglio Permanente, ho vissuto personalmente quanto l’Episcopato Italiano, sotto la presidenza dei Cardinali Poma, Poletti, Ruini ha svolto e continua a svolgere col card. Bagnasco, non solo per rendere l’azione pastorale della Chiesa italiana più rispondente alle mutate condizioni socio-religiosoculturali del nostro Paese, ma anche e proprio per questo, per aiutare il nostro Paese a non lasciarsi condizionare la crescente secolarismo materialista e relativista che lo allontana da Dio e da un laicismo esasperato che pretende relegare la fede cristiana nel privato, cercando addirittura di misconoscere contro la storia le radici cristiane che sono a fondamento della nostra autentica civiltà. Basti pensare ai preziosi orientamenti pastorali dei quattro Convegni Ecclesiali tenuti a Roma, Assisi, Palermo, Verona e a quelli non meno preziosi delle ultime Settimane Sociali, momenti privilegiati di quel discernimento comunitario del quale il nostro Paese oggi ha urgente bisogno per dissipare confusioni e superare conflitti che non costruiscono ma demoliscono il bene comune, sul quale, come ha precisato Papa Benedetto nella Enciclica sociale Caritas in Veritate, si fonda il retto vivere sociale e politico per la costruzione della città dell’uomo veramente degna dell’uomo, come anticipazione e prefigurazione della Città di Dio. Vincenzo Paticchio


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di don Angelo Sceppacerca

Rinuncia e sarai felice

Si inizia con una folla numerosa che gli andava appresso e si finisce con la scelta di un singolo discepolo che lascia tutto e abbraccia la propria croce. Dai molti uno, perché poi, da quell’unico conio, ne vengano molti. La folla era attirata dai prodigi, dalle guarigioni, da quelle parole uniche e nuove. Gesù ne è consapevole e, volgendosi indietro, mostra l’esigenza di una dedizione totale. Parla a tutti e a ciascuno. Oggi a noi, con le stesse parole e con identico sguardo. Come può una folla ridursi a pochi? Gesù aveva appena raccontato di quell’uomo che ha fatto molti inviti, tutti disertati con ogni genere di scusa. Per poi ripiegare su storpi, ciechi e zoppi, ad ogni angolo di mondo. Gli invitati alla cena sono molti, ma ognuno deve scegliere di accettare un invito così privilegiato e assoluto. Amare più del padre, della madre, della moglie e dei figli, più della propria vita? Chi è che chiede tanto? Il pastore bello che ha lasciato novantanove pecore per cercare l’ultima, perduta sul ciglio del burrone, salvarla e tenersela in braccio. Il Signore sa di chiedere una cosa grande e difficile perché contraria al nostro istinto di possesso. Ce la fa non chi è virtuoso e forte, ma chi si è lasciato conquistare ed è affascinato dalla vita nuova che Dio dona nell’intimo e che cambia tutti i rapporti attorno, liberandoli dal possesso egoistico ed elevandoli alla statura di Gesù, l’uomo compiuto. Questa pagina è spesso legata ai consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. Comunemente li si ritiene riservati alle persone consacrate nella vita religiosa, nel senso che solo queste sono tenute a seguire l’invito di Gesù alla perfezione. La pensano così fedeli laici, ma anche sacerdoti Diocesani, forse per l’identificazione dei consigli con i voti relativi di povertà, castità e obbedienza. Come se essere semplici cristiani non fosse sufficiente per un impegno totale. Gesù, però, non discrimina categorie privilegiate rispetto ad altre “comuni”. Lui parla a tutti, uomini e donne, che vogliono essere discepoli e raggiungere la maturità umana - oltre che la verità del nome cristiano - di un rapporto col prossimo che sia autentico amore. Vivere i consigli evangelici significa amare come Gesù. Il Vangelo resta profondo da comprendere, più grande della nostra capacità. La parola del Signore è immensa, cresce con chi la legge. Non resta che la strada quotidiana del discepolo, l’incessante morire e risorgere in Lui. Tutto, persone e cose, deve essere sempre immerso nel Vangelo e risorgere nuovo. Non è facile, è come costruire una torre, o vincere una battaglia in guerra. Infatti Gesù stesso l’ha detto.

SALENTO MARIANO

di Valerio Terragno

Santa Maria d’Ibernia a Cisternino All’estremo confine settentrionale della penisola salentina, sorge la bianca Cisternino. A circa tre chilometri da questa cittadina, sorge il Santuario della Beata Vergine d’Ibernia o “de Bernis”. La chiesa è tutto ciò che resta del distrutto casale di Terrabona denominato anche Talona. Il Santuario originario, annesso ad un convento, fu edificato da i monaci basiliani, eremiti di rito greco, due o tre secoli prima del Mille, per poi essere più volte ampliato fino alla prima metà del 600. In due bolle di Papa Alessandro III, risalenti rispettivamente al 1177 ed al 1180, si fa riferimento alla donazione nei confronti del Vescovo Stefano da Monopoli, da parte di questo pontefice, sia del casale di Cisternino che di quello di Santa Maria de Bernis. La denominazione “Ibernia” deriva dalla parola latina “Vernare” che significa “Passare la Primavera”. Gli abitanti di Cisternino venerano, infatti, la Madonna dell’Ibernia sia come la Vergine che dona la vita che come la Madonna “delle uova”, poiché le donne prossime alla maternità, sono solite recarsi in pellegrinaggio al Santuario, per nove Sabati consecutivi, chiedendo alla Madre del Signore la nascita di un figlio sano. In questo luogo, la Madonna è solennemente festeggiata sia il giorno di ferragosto che il lunedì di Pasquetta; in quest’ul-

tima data i fedeli consumavano le “Carruchele”, tipico dolce pasquale. Secondo la tradizione, agli uomini veniva donato un prelibato pane, impastato con lo zucchero, a forma “di borsa” mentre alle donne quello a forma “di bambola”, in segno di buon auspicio, per la nascita di numerosi figli. Riguardo all’origine del Santuario, si tramanda una leggenda nella quale si racconta che la Vergine sarebbe apparsa in sogno ad un uomo di Cisternino, indicandogli con un’ impronta del proprio piede impressa su una roccia, il punto dove la stessa Madonna avrebbe voluto che sorgesse il Santuario a lei dedicato. La chiesa, notevole esempio di architettura campestre religiosa, sorge al centro di un vasto piazzale, cui il pellegrino accede passando al di sotto di tre eleganti archi. Il sagrato è rivestito di antiche chianche, le stesse utilizzate per la costruzione della copertura conica dei trulli, tipiche costruzioni di questa parte della Puglia. Su una pietra affiorante, è incisa la data 1645, anno di ricostruzione del tempio. Sul piazzale, si ammira la statua lapidea di San Barnaba, venerato dai cistranesi come “Sentè Venarvé”. La facciata della chiesa d’Ibernia si presenta con tre portali corrispondenti alle rispettive navate interne; quello centrale è sovrastato da una lunetta, al di sopra della quale si aprono sia una finestra barocca che

un delizioso rosoncino “a raggiera”, di ispirazione romanica, simile alla ruota di un carro. Alle spalle del Santuario si trova lo slanciato campanile a vela, contenente tre campane. L’interno, semplicissimo e luminoso, è a pianta basilicale, a tre navate. La navata centrale, munita di volte a stella, è separata da quelle laterali, da pilastri su cui poggiano archi a tutto sesto. Sul moderno altare maggiore, posto in sostituzione di una più antica mensa barocca, verso la fine degli anni 60 del 900, troneggia la pittura raffigurante la Vergine De Bernis. L’affresco, dipinto con probabilità nel XV secolo, dai monaci basiliani, rappresenta la Vergine col Bambino, col capo cinto da una corona aurea, di impronta bizantina. Sempre all’interno del Santuario, si venera anche la statua lignea di Santa Maria di Ibernia, realizzata ad Ortisei, nel 1961. Il 15 di luglio, a Cisternino, in occasione della festa dei Protettori i Santi Quirico e Giulitta, martiri di origine orientale, si svolge una grande processione, che partendo dalla chiesa Matrice di San Nicola si conclude a Santa Maria di Ibernia. Questo Santuario dal particolare fascino, luogo preferito dai novelli sposi del posto, è sempre presente nella memoria di tutti i fedeli di Cisternino ed Ostuni, i quali vi si recano in ogni periodo dell’anno.

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L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Lunedì 6 settembre 2010

Giovedì 9 settembre 2010

Mattina - Udienze

Mattina - Udienze

Martedì 7 settembre 2010

Venerdì 10 settembre 2010

Ore 19 - Celebra la Santa Messa a Magliano in onore della Madonna e San Vito martire

Mattina - Udienze

Mercoledì 8 settembre 2010 Ore 18.30 - Presiede la Santa Messa di Ordinazione Presbiterale a Gagliano del Capo

Sabato 11 settembre 2010 Ore 12 - Presiede la Santa Messa nell’Oasi di Roca con i ministri istituiti della Diocesi Ore 18 - Presiede i Solenni Primi Vespri e la Processione in onore di Santa osa nella omonima Parrocchia della Città

SALENTO FRANCESCANO di frà Paolo Quaranta

Facciamo due calcoli Piano piano, con un po’ di fatica dopo la pausa estiva, stiamo riprendendo i nostri ritmi, le nostre occupazioni, dismesso o quasi il costume da bagno ci stiamo rivestendo della “giacca e cravatta” dei nostri doveri. E forse proprio per aiutare questo nostro “rivestirci”, che il Signore, con il Vangelo della prossima domenica, ci sprona a fare dei calcoli di… convenienza. Il Signore ci propone di sederci un attimo a valutare se non sia il caso di spogliarci prima per rivestirci poi. È il percorso che ha compiuto San Francesco; un percorso di svestizione dei “panni molli” della sua presunta agiatezza per rivestirsi della tunica ruvida, segno dell’essenzialità, del nocciolo della vita. A Francesco non fa paura “morire a se stesso”; egli sa che nessuno gli ha chiesto di spersonalizzarsi (paura che attanaglia le nostre scelte), ma di lasciare qualcosa di apparentemente maggiormente assecondante le forme della nostra vita, per una vestibilità forse meno gratificante ma dall’originalità unica! La morte a se stessi (del

proprio narcisismo) favorisce la nascita dell’uomo adulto, integrato, che rivela verità del suo essere che, quando è confrontato con Dio, si scopre come peccatore. Francesco vede la meta ultima del suo cammino ascetico verso la santità di vita, nel perfetto dominio di sé stesso, il che comporta anche l’accettazione dell’aspetto disprezzabile che è in noi. Per questo si mette a servizio dei più poveri, mangia nella coppa del lebbroso… come scuola di apprendistato alla santità in quanto integrazione del più lontano, del più basso e ripugnante. Francesco ha la consapevolezza da una parte di una missione unica che il Signore gli affida: la vita. Dall’altra della fragilità dell’inviato: lui, l’uomo. Ma la coscienza della negatività ed inadeguatezza non è accompagnata, come di solito accade, da sentimenti di tristezza ed amarezza, da depressione, ma da giovialità e profonda gioia, commozione. La gioia (caratteristica della spiritualità francescana) nasce da questa profonda esperienza della misericordia di Dio; e la misericordia è l’amore compassionevole e tenero di Dio che è infinitamente più grande di tutti i nostri peccati perché

Lui è più grande del nostro cuore. I peccati, per quanto tremendi essi siano, non riescono ad offuscare il senso di consolazione che deriva da questa rivelazione: Dio ci ama, nonostante i nostri peccati e quanto gli siamo ancora ostili e con il cuore di pietra. Francesco seppe non solo comprendere, ma assaporare in allegria questo eccesso di Dio rivelato nella sua misericordia. La libertà di Francesco, la sua santità è stata l’immergersi in quel “Chi sei tu” e conseguente “chi sono io?”. Aver voglia di darsi un perché, di non vivacchiare mantenendo equilibri, compromessi, ma radicalmente andare alla ricerca di quel perché, di quel CHI che gli riempisse la vita. Non si evince dalla vita di Francesco la paura di una scelta. Sempre coraggioso come il suo temperamento. Francesco parte dalla fiducia che quel CHI non potrà fargli del male perché è l’immensamente buono, il Padre di ogni misericordia, l’amore senza confini. Ecco, la totale donazione e fiducia a quell’amore estremo, ha santificato la sua vita. E questo è un primo calcolo di convenienza!

NUOVI PARROCI

Don Elvi accolto a S. Francesco D’Assisi Domenica 5 settembre 2010 la Parrocchia di San Francesco d’Assisi in Lecce accoglie con gioia il nuovo parroco don Elvi De Magistris, al quale sin d’ora si esprime l’augurio di un buon inizio del servizio pastorale. Un breve cenno sulla storia di questa “giovane” Parrocchia è doveroso, facendone parte ed operando in essa fin dal 1985. Fino a qualche anno fa, quando si doveva indicare dove si trovasse la Parrocchia, si diceva alla “zona Pranzo”, per individuare una porzione di territorio in espansione della città di Lecce lungo la via del Mare (San Cataldo). Attualmente il territorio su cui insiste la Parrocchia, direi essere incastonato tra parrocchie viciniori territorialmente più estese e numericamente più consistenti: Sant’Antonio a Fulgenzio, San Giovanni Maria Vianney, San Sabino, San Giovanni Battista e la basilica dei Salesiani. Dalla sua istituzione e fino al 21 novembre 1982, data della dedicazione della Parrocchia nell’attuale struttura, le celebrazioni liturgiche avvenivano in un garage ubicato nei pressi dell’attuale Piazzetta San Francesco.

lica sett. adulti, gruppo Catechistico), rappresentando sempre un punto di riferimento costante. Un doveroso e sincero ringraziamento desidero esprimere ai precedenti parroci per tutto quanto operato nella comunità e, nello stesso tempo, desidero rivolgere un semplice “grazie” a don Gigi Manca per quanto operato in questi ultimi pochi mesi. Maria Liuzzi

Dalla sua istituzione e fino al 14 settembre 1997 la Parrocchia di San Francesco d’Assisi è stata guidata da mons. Luigi Fanciano, la cui opera ha portato alla creazione ed al coordinamento di numerose e vivaci attività parrocchiali. Tale opera è stata proseguita dal successore mons. Giorgio Patrizi che, coadiuvato nel corso degli anni da diaconi permanenti, ministri istituiti e dal vicario cooperatore don Antonio Orlando, ha guidato per 13 anni le attività dei gruppi già presenti e operanti in Parrocchia (Caritas, Apostolato della Preghiera, Schola Cantorum, Azione Catto-

L’Ora del Salento è vicina con l’affetto e la preghiera alla collega Lucia Carbone Sarinelli e ai suoi familiari per la perdita della cara

NONNA LUCIA che è ritornata tra le braccia del Padre.


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

catholica

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XXXI MEETING DI RIMINI/Un bilancio al termine di un evento che lascia il segno e invita alla riflessione

Quel desiderio di cose grandi nella vita Mai banali i titoli del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli, e quello della XXXI edizione (svoltasi dal 22 al 28 agosto nella Fiera di Rimini) non ha fatto eccezione: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Niente di sentimentale e sdolcinato in quel vocabolo, cuore, che ha invece lo spessore che gli dà il linguaggio biblico e che bene è descritto dalle parole che l’imperatore Caligola pronuncia nell’omonimo dramma di Albert Camus, voluto dagli organizzatori come spettacolo inaugurale: “ho provato semplicemente una improvvisa sete di impossibile… ho bisogno della luna, o della felicità, o dell’immortalità”. Un’aspirazione che l’uomo in tante occasioni tende a trascurare e a dimenticare, complice innanzitutto una certa mentalità che lo considera solo come il risultato di una casualità chimico-biologica o al limite di un processo evolutivo. La provocazione contenuta nel titolo afferma, invece, che la natura dell’uomo è innanzitutto il suo cuore, che si esprime come desiderio di cose gran-

di, carico di ragione, affezione, libertà. è questa aspirazione il motore di ogni gesto, è questa tensione il tratto inconfondibile dell’umano, la scintilla di ogni azione, dal lavoro alla famiglia, dalla ricerca scientifica alla politica, dall’arte all’affronto dei bisogni quotidiani. Di tutto ciò la settimana riminese è stata una multiforme e concreta esemplificazione, e il tema è diventato una ipotesi da verificare per tutti coloro che a vario titolo vi hanno partecipato: gli

oltre 3000 volontari provenienti da tutta Italia e da oltre 20 paesi stranieri, gli 800.000 visitatori provenienti da tutto il mondo che si sono confrontati con oltre 130 incontri, 8 mostre, 35 spettacoli. Nella settimana riminese si è discusso dell’uomo e del suo desiderio infinito: il presidente d’Irlanda McAleese, il ministro Frattini, il presidente dell’Unione Europea Barroso, hanno sottolineato la vocazione internazionale del Meeting;

Stefano Alberto ha descritto il cristianesimo come una risposta “tanto impossibile a immaginarsi prima che accadesse come avvenimento storico, quanto supremamente conveniente nel suo libero e totalmente gratuito manifestarsi”, che risponde alle sfide della modernità perché, come recita l’intervento del cardinale Scola “il desiderio integrale dell’uomo, cioè il suo cuore, incontra in esso piena soddisfazione”; l’abbraccio tra il cardinale Erdö e il metropolita Filaret è stato un grande avvenimento ecumenico. Come accade tipicamente al Meeting uomini e culture diverse si incontrano: la presentazione de “Il Senso Religioso” di don Giussani in cinese, l’incontro tra il monaco buddista Habukawa, il cardinale Tauran e l’imam Oubrou, il dialogo tra il giurista ebreo Weiler e Giuliano Amato, sono stati momenti in cui si è scoperto come il cuore dell’uomo è il punto di inizio del dialogo e come la religione può essere fattore di pace e non di violenza. Le mostre (quattro di queste realizzate all’estero) hanno

svolto come sempre un ruolo fondamentale nella documentazione del desiderio di cose grandi; tra queste la mostra sulla crisi, un tema su cui si sono confrontati in tanti: Bonanni, Passera, Geronzi, Marcegaglia, Gotti Tedeschi, De Bortoli, Marchionne. Molti dei protagonisti del mondo economico hanno dimostrato una sincera curiosità per quello che accade al Meeting e per l’esperienza da cui nasce e che la sostiene, documentata nello spazio centrale della fiera dedicato alla figura di don Giussani nel quinto anniversario dalla scomparsa. Anche quest’anno particolarmente seguite le “testimonianze”: l’infermiera ugandese Rose e i suoi ragazzi africani, Margherita Coletta (vedova di uno dei caduti di Nassirya) e il medico Maria Teresa Landi, Mireille Yoga dal Camerun e Fiammetta da Haiti, hanno raccontato come nessun potere e nessuna circostanza, possano fermare il desiderio della persona, la cui natura infinita, propria di ogni tempo, ha calcato il palcoscenico del Meeting con il Caligola di Camus interpre-

tato da Stefano Pesce e con la lettura dei Canti di Leopardi di Giancarlo Giannini. Infine la politica con Sacconi, Violante, Tremonti, Enrico Letta, Maroni, Bersani, Alfano. Non una passerella estranea alla realtà del Meeting: ministri e politici hanno affrontato attese e domande della gente, parlando dei temi e delle sfide del prossimo futuro, lasciando da parte per una volta i battibecchi da talk show. “Il Meeting - si legge nel comunicato conclusivo - ha incontrato l’esigenza di ritrovare uno sguardo positivo verso la realtà ed è stato una proposta per il bisogno di cambiamento e di ripresa della vita sociale; è stata l’occasione per verificare che, a partire da un punto inossidabile che rilancia l’umano, ci sono persone e realtà che mettono l’uomo nelle condizioni di attraversare sicuro la continua tempesta della vita, senza essere in balia delle circostanze”. Per questo il titolo dell’edizione 2011, che si svolgerà dal 21 al 27 agosto, sarà: “E l’esistenza diventa una immensa certezza”. Marcello Tempesta

AZIONE CATTOLICA DIOCESANA L’11 e il 12 settembre presso il Centro Madonna di Lourdes un weekend formativo per gli educatori dei due settori

Acr e giovani, si riparte da Novoli Dopo la meravigliosa esperienza del Camposcuola Diocesano ad Assisi, di cui avremo modo di offrirvi una testimonianza più completa ed efficace nei prossimi numeri, l’Azione Cattolica di Lecce si prepara ad affrontare con gioia questo nuovo Anno Associativo all’interno del quale saremo chiamati a riflettere sul tema “Voi siete la luce del mondo”. Tante avventure ci attendono, tante figure aspettano di prenderci per mano e condurci per strada; tante esperienze, tanti momenti insieme. La prima tappa di questo entusiasmante cammino sarà un weekend formativo, condiviso tra l’Azione Cattolica dei Ragazzi e il Settore Giovani della nostra Azione Cattolica e rivolto principalmente ai responsabili, educatori, animatori dell’Acr e del settore Giovani. L’appuntamento è per sabato 11 e domenica 12 settembre 2010, presso il Centro Madonna di Lourdes a Novoli, per riflettere sul tema: “Ho visto un posto che mi piace, si chiama mondo!”. Parleremo di impegno per i nostri territori, con particolare riferimento al Bene comune, tema di travolgente attualità a livello nazionale e locale. Nell’occasione presenteremo anche gli Itinerari dell’Anno, con particolare riferimento alle proposte dell’Acr, del Movimento studenti di Ac, Giovanissimi e Giovani. Inoltre sarà l’occasione buona per iniziare a programmare la partecipazione della nostra Diocesi al tanto atteso incontro Nazionale dell’Acr e dei Giovanissimi insieme con il Santo Padre a Roma il prossimo 30 ottobre. Come in altre occasioni, abbiamo pensato di trattenerci anche per la notte, in modo da sfruttare ogni attimo per stare insieme, ed essere subito pronti la mattina successiva. Siamo convinti che queste iniziative siano fondamentali nel percorso di crescita ed educazione, personale e comunitario. Vissute a coronamento delle tante iniziative parrocchiali, contribuiscono ad aprire gli orizzonti, a confrontarsi

Il 30 ottobre ragazzi e giovanissimi tutti a Roma “C’è di più. Diventiamo grandi insieme!” sarà un altro grande appuntamento di Chiesa. Ragazzi e giovanissimi di AC di tutta Italia si incontreranno a Roma, il 30 ottobre, per incontrare il papa e per dire che è bello crescere e formarsi insieme. Sarà tutta l’Associazione a mobilitarsi, non solo idealmente, ma anche fisicamente. Ci sarà un impegno delle famiglie, chiamate ad accompagnare i propri piccoli, un impegno degli adulti, degli assistenti, degli educatori e dei catechisti, chiamati a testimoniare ancora una volta come esista un “Di più”. A Roma sarà festa e condivisione, in cui testimoniare con la vita il “di più” di umanità, di amore e di santità che ci impegniamo a vivere nel nostro cammino di crescita insieme a Gesù. Si tratta di una giornata in cui tutta l’associazione ridice il suo impegno per le nuove generazioni all’inizio del decennio che la Chiesa italiana dedica all’educazione. È un modo anche per ridire il nostro “Sì, ci siamo!” alla Chiesa, e per fare sentire al Santo Padre la gioia della nostra amicizia e del nostro affetto. Per la prima volta insieme, infatti, queste due fasce d’età incontreranno Benedetto XVI nella cornice di piazza San Pietro e successivamente vivranno distinti momenti di festa: i giovanissimi a piazza del Popolo e gli acierrini

Spesso si parla di giovani indifferenti, disattenti e distratti, lontani dall’impegno che porti a spendersi per i propri territori, sia in prima persona che come comunità. Esiste invece un vasto campo d’azione, abitato e da abitare con lo stile e i contenuti di giovani che si impegnano per la propria crescita e formazione. “Tutta mia la città” ha provato a riflettere su questi nodi focali. Già nel tema il Campo nazionale dei Giovani di Azione Cattolica si è posto una sfida forte: le nostre città sono spazi da vivere con la presenza e con le idee, sono luoghi di cui prendersi cura. Le colline di Fognano, in provincia di Ravenna, lo scenario dell’appuntamento formativo dedica-

a Villa Borghese. In particolare l’anno 2010/2011 pone l’accento sulla capacità e sulla possibilità dei più piccoli di essere davvero protagonisti della vita della Chiesa e del mondo, partecipando attivamente alla vita del popolo di Dio, chiamati a portare il loro originalissimo contributo all’edificazione del Regno. L’appuntamento prende forma a partire da un’attenzione al coinvolgimento in prima persona di tutti, in particolare dei bambini, dei ragazzi e dei giovanissimi, perché si sentano sempre più partecipi e parte viva e creativa della comunità cristiana e civile. Nel ritrovarsi insieme si fanno compagni di strada, attenti all’invito di Gesù a essere “sale della terra e luce del mondo”, per condividere e realizzare insieme un progetto per il quale hanno da dire e da dare. “C’è di +” vuole essere anche un’esperienza “missionaria”: può essere, infatti, l’occasione per invitare un amico, un compagno di classe, a vivere una giornata di festa e di condivisione, che magari possa costituire anche l’inizio di un percorso e di un’amicizia all’interno della comunità parrocchiale e dell’associazione, ma anche per promuovere l’Ac nel quartiere e nella città. Valentina Polimeno

Il Campo nazionale di Fognano nel mese di luglio

Tutta mia la città Presenza e idee to a responsabili associativi, assistenti e membri delle equipe diocesane. Tra i circa centosessanta partecipanti, anche una delegazione leccese, che ha partecipato insieme al vivace e numeroso gruppo pugliese. E così, dal 24 al 29 luglio scorsi, presso l’Istituto Emiliani della cittadina romagnola, si è riflettuto su come contenuti e stile associativo si possano declinare in uno

specifico impegno dei giovani di Ac sul fronte del Bene comune. Il percorso del campo ha avuto come punto di partenza il metodo e lo stile del discernimento. Per riabituarsi a pensare e agire insieme, per uscire dal culto dell’eroe solitario, che concepire l’edificazione della città come opera di una comunità, e non di pochi appassionati. Un esercizio difficile,

con tante realtà che vivono e operano negli stessi contesti ed ambiti, con le stesse gioie e gli stessi dolori. Note tecniche La quota di iscrizione è di 23 , comprensiva dell’utilizzo della struttura, cena, pernotto e prima colazione. È necessario portare con sé: Sacra Bibbia; chitarra e spartiti (ovviamente per chi sa suonare); l’occorrente per la pulizia personale (asciugamani compresi) e lenzuola. Il Centro Madonna di Lourdes si trova a Novoli sulla Strada Provinciale “Novoli - Trepuzzi” al Km 1,5 (di fronte al Campo Sportivo Comunale). Per partecipare contattare entro e non oltre il 9 settembre a mattina, preferibilmente via mail: Massimiliano Calò (e-mail: massicalo@libero.it); Salvatore Scolozzi (e-mail: salvatore.scolozzi@gmail.com); Matteo De Nanni (e-mail: matteo862@inwind.it). Con l’augurio di incontrarci presto e numerosi, vi salutiamo affettuosamente. Salvatore, Don Sandro e l’Equipe del Settore Giovani dell’Azione Cattolica di Lecce Massimiliano, Chiara, Don Alessandro e l’Equipe Acr dell’Azione Cattolica di Lecce. spesso bypassato anche nella Chiesa, perché richiede tempo, pazienza, sintesi, ascolto sincero, rimozione dei pregiudizi. Un impegno che si radica se vissuto nella comunità ecclesiale, e fondato su una solida vita spirituale: i campi sono stati occasione di incontro con i Pastori e l’associazione delle diocesi che hanno ospitato i partecipanti, e spazi per respirare la spiritualità del monachesimo benedettino, quella della Compagnia di Gesù, e di esperienze di vita contemplativa come quella della piccola Famiglia dell’Annunziata di Montesole, fondata da Giuseppe Dossetti proprio sui luoghi della strage di Marzabotto. Salvatore Scolozzi


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Niente carta: l’indennità si chiede on-line

Da marzo scorso la domanda di disoccupazione può essere presentata all’Inps in modalità online, tramite lo sportello virtuale sul sito dell’Istituto, accessibile attraverso la sezione “Al servizio del cittadino” in Home Page. Per poter utilizzare il servizio è necessario essere titolari di Pin (codice personale di riconoscimento). La procedura prevede la possibilità di stampare la domanda e la relativa ricevuta. Inoltre, al termine della procedura, gli interessati che hanno fornito un numero di cellulare potranno ricevere un “SMS” di avviso dell’avvenuta liquidazione. I dettagli, per chi fosse interessato, sono disponibili nella circolare n. 29 del 3 marzo 2010, emanata dall’Inps e anche questa disponibile sul sito dell’ente previdenziale www.inps.it. Ricordiamo che l’indennità di disoccupazione non agricola è una prestazione economica, erogata - a domanda - in favore dei lavoratori dipendenti che abbiano cessato il rapporto di lavoro. Ai lavoratori dipendenti del settore non agricolo spetta una indennità ordinaria di disoccupazione della durata massima di 8 mesi nel caso in cui il lavoratore non abbia superato i 50 anni di età alla data del licenziamento, oppure 12 mesi qualora abbia superato i 50 anni; per i lavoratori edili è previsto un “trattamento speciale” che segue regole proprie dello specifico comparto. Ai lavoratori che percepiscono l’indennità ordinaria (o il trattamento speciale per l’edilizia), anche per un solo

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

giorno nel periodo compreso tra il 18 ed il 24 dicembre, compete una gratifica pari a sei giornate dell’indennità che si sta percependo, comprensiva dell’ eventuale assegno al nucleo familiare. (Settimana Natalizia). Agli apprendisti spetta una indennità giornaliera per un massimo di 90 giorni, frazionabili, durante l’intero periodo del contratto di apprendistato. Sulle indennità - aspetto interessante - compete l’assegno al nucleo familiare. L’indennità spetta ai lavoratori dipendenti del settore non agricolo licenziati o sospesi, per motivi indipendenti dalla propria volontà (disoccupazione ordinaria), ai lavoratori del settore edile (trattamento speciale edile) ed agli apprendisti se licenziati o sospesi per crisi aziendale o occupazionale qualora ci sia l’intervento dell’Ente bilaterale. Nel caso della disoccupazione ordinaria, requisito indispensabile è avere rilasciato la dichiarazione di immediata disponibilità presso il Centro per l’impiego; dal punto di vista contributivo, occorre possedere almeno 52 contributi settimanali utili nel biennio precedente la data di licenziamento ed un contributo settimanale antecedente il biennio stesso. Ai lavoratori che non hanno diritto alla disoccupazione ordinaria, ma che possono far valere uno o più periodi di lavoro subordinato per almeno 78 giorni nell’anno solare, oltre ad un contributo utile versato prima del biennio, spetta l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti non agricola.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Il Tar annulla la bocciatura del disabile Il giudice non può pronunciarsi due volte sulle medesima questione. Ne bis in idem, aveva ammonito il Dirigente, rivolto ai componenti del Consiglio di classe, i quali gli si erano rivolti, supplici, perché riconvocasse il Consiglio il giorno dopo, per dar modo ai suoi preoccupati insegnanti di verificare se avevano fatto bene a sospende lo scrutinio di Matteo, studente della 3^ classe, rinviandone il giudizio finale al 2 settembre. Era il 12 giugno del 2009 quel giorno. Dopo una breve discussione, i professori si erano dichiarati tutti convinti che, i votacci in informatica ed in elettronica, con i quali Matteo era stato presentato allo scrutinio, non permettevano di far promuovere il giovanetto. E così, mentre le campane della chiesa matrice chiamavano i fedeli alla Messa vespertina, in onore di Sant’Antonio di Padova, al sorpreso Matteo venne assegnato l’onere di due debiti: in informatica ed in elettronica. Ma, come, all’ombra del Resegone, don Abbondio non riuscì a prender sonno la notte che seguì il suo brutto incontro con i bravi di don Rodrigo, allo stesso modo, la notte della vigilia di Sant’Antonio, i professori di Matteo non dormirono serenamente. Si rigirarono fra le lenzuola, temendo che il papà di Matteo mantenesse la promessa di presentar ricorso al Tar. L’unico modo per la serenità dei professori era sembrata la riconvocazione del Consiglio; in tal modo, i professori di Matteo avrebbero potuto ripensar la decisione, già assunta 24 ore prima, di sospendere il giudizio di Matteo. La sapienza giuridica dei Dirigenti delle scuole autonome non consentì, però, che si realizzasse la speranza dei docenti. Non soltanto il giudice penale, ma nessun altro collegio giudicante - sancì il Preside, davanti ai mesti docenti - può riaprire un giudizio sul quale lo stesso collegio si sia già espresso, tranne casi eccezionali, fra le quali, per esempio, vi è l’errore di fatto. Io avrei riconvocato il Consiglio di classe - continuò il perspicace Dirigente - soltanto se Matteo fosse stato presentato allo scrutinio con voti diversi, da quelli sulla base dei quali gli sono stati assegnati i due crediti. Aiutato da Metastasio, il Preside concluse il suo inappellabile verdetto, proclamando: Voce dal sen fuggita, più richiamar non vale…”. Matteo non si scoraggiò. Frequentò diligentemente nel mese di giugno i corsi di recupero, organizzati per i meno bravi in informatica ed in elettronica. Purtroppo, però, la mattina del 2 settembre 2010, il Consiglio di classe deliberò la bocciatura dello studente. Ma il 15 aprile dell’anno successivo portò a Matteo una speranza nuova. Quel giorno, il Tar censurò il Consiglio di classe, per il fatto che i professori, nel decidere la bocciatura di Matteo, non avrebbero tenuto conto del suo stato di documentata disabilità. Nel compilare il giudizio finale - scrissero i Giudici amministrativi - il Consiglio di classe avrebbe dovuto porre dimostrare che le insufficienze, espresse da Matteo nelle prove di verifica in informatica ed in elettronica, che aveva sostenuto in settembre, non potevano essere attribuite alle carenze che, durante il corso dell’intero anno scolastico, c’erano state nell’organizzazione delle attività di sostegno di Matteo, come aveva accertato una visita didattica, disposta dallo stesso Tar, tramite un ispettore regionale. In verità, Matteo aveva avuto un primo insegnante di sostegno, che aveva lasciato la scuola dopo appena due mesi di servizio. Un secondo insegnante di sostegno era stato accanto a Matteo per una parte dell’ultimo quadrimestre, ma si era continuamente assentato. il Consiglio di classe - ha sentenziato il Tar - avrebbe dovuto dimostrare che, neppure se la Scuola avesse offerto al Matteo tutto intero il sostegno di cui aveva bisogno, il giovanetto sarebbe riuscito a raggiungere la sufficienza in informatica ed in elettronica. Il Consiglio di classe dovrà rifare il giudizio finale di Matteo.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Resta alto in Italia l’allarme medico L’allarme sulla malpractice medica in Italia resta alto, ma i medici possono tirare un sospiro di sollievo. A finire nel mirino delle presunte vittime di errore medico sono soprattutto le Asl che hanno triplicato i contenziosi in area medica negli ultimi 15 anni, arrivando quasi a toccare la soglia dei 18 mila l’anno. Nel 1994 erano poco più di 6 mila. Solo dal 2007 al 2008 c’è stato un aumento del 10%. L’ultimo censimento su denunce e sinistri in corsia è contenuto nell’ultimo rapporto Ania (Associazione nazionale imprese assicuratrici) presentato a inizio luglio. Un rapporto da cui arriva un duplice segnale d’inversione rispetto agli anni scorsi: il calo delle denunce contro i singoli professionisti (negli ultimi anni in costante crescita) e l’aumento di quelle contro le Asl. Un dato che potrebbe anche essere sottostimato visto che diverse strutture si autoassicurano e provvedono per conto proprio. Il numero di denunce verso i singoli medici presenta un trend al ribasso: dalle 13.415 del 2007 si è scesi a 11.851 del 2008 (11,7%). Le azioni contro Asl e ospedali sono invece cresciute del 10%: si è passati dalle 16.128 del 2007 alle

17.746 del 2008. Il paziente, che negli anni precedenti sembrava più orientato a richiedere i danni al singolo medico, pare quindi aver cambiato idea: ora del mirino sembra aver messo soprattutto le strutture sanitarie. Questo nuovo orientamento giurisdizionale di mostra le colpe politiche della gestione sanitaria mette in evidenza le manchevolezze delle strutture e dell’organizzazione sanitaria lasciata spesso in mano a professionisti non sempre attenti e consapevoli. Stabile il totale complessivo dei sinistri: 29.597 nel 2008 contro i 29.543 del 2007. Appena lo 0,2% in più. Ma sempre tanti. Basti pensare che l’ammontare delle denunce è passato da 9.567 del 1994 a 29.597 del 2008. Circa il 200% in più. Una crescita esponenziale accompagnata da quella parallela dei premi assicurativi pagati da Asl e medici, passati dai 35 milioni del 1994 ai 453 milioni del 2007. Oltre all’aumento del numero di denunce, si è registrato anche un allungamento dei tempi per arrivare alla definizione del sinistro. Per arrivare ad almeno il 95% dei sinistri liquidati devono infatti passare circa 15 anni da quando l’assicurazione viene a conoscenza del danno.

Madre Teresa di Calcutta: Sostitutiva del 12,5% modello per i giovani per gli strumenti finanziari Il 26 agosto per noi salentini è la data che ci ricorda uno dei Santi più amati: Sant’Oronzo. Il 26 di agosto del 1910, 100 anni fa, nasceva a Üsküb, Madre Teresa di Calcutta, l’amore senza confini. Agnesë Gonxhe Bojaxhiu in albanese significa “bocciolo di rosa”. Agnesë considerava “suo vero compleanno” il 27 agosto, data del suo battesimo. Nei primi anni della sua vita, Agnesë era affascinata dalle vite dei missionari gesuiti nel Bengala e prima dei 12 anni si convinse di dovere andare in India. Lasciò la casa paterna a 18 anni per unirsi alle Suore di Loreto che operavano a Calcutta. Dopo un breve periodo presso l’abbazia di Loreto a Rathfarnham, in Irlanda, per imparare l’inglese, arrivò a Calcutta nel 1929 e cominciò il noviziato a Darjeeling, nel Bengala settentrionale. Prese i voti temporanei il 24 maggio 1931 con il nome di Teresa, in onore di Teresa di Lisieux, la patrona delle missioni, e i voti perpetui il 14 maggio 1937. Il 10 settembre 1946, su un treno, di ritorno a Darjeeling, Madre Teresa visse ciò che in seguito definì “la chiamata nella chiamata”. Nel 1948, sostituendo il suo tradizionale abito di Loreto con un semplice sari di cotone bianco bordato di blu e adottando la cittadinanza indiana, Madre Teresa si avventurò nei bassifondi di Calcutta e, nel 1950, fondò le Missionarie della Carità. Oggi, sessant’anni dopo, a Calcutta esistono diciannove istituti con cinquemila suore impegnate in più di centotrenta Paesi. Papa Paolo VI le donò l’auto da lui utilizzata durante la sua visita a Bombay nel 1964, che poi lei mise in palio in una riffa. Nel 1979 ricevette il premio Nobel per la pace. Per l’occasione convinse il comitato a cancellare il banchetto ufficiale e utilizzò il denaro ad esso destinato per comprare pasti per quindicimila poveri. Durante la sua vita ha aperto case per alcolisti, tossicodipendenti, malati di aids, senzatetto e indigenti, in tutto il mondo. La sua spiritualità era una “costante dell’ordine del giorno”, la santificazione della fatica quotidiana. La sveglia alle 4,40 (nei giorni di festa alle 5,10) è solo l’inizio di quello stile di vita spartano, con momenti da dedicare alla preghiera, ai pasti, all’opera apostolica. Senza dubbio questa costanza ha prodotto una fecondità straordinaria al servizio degli altri. Madre Teresa è morta a Calcutta il 5 settembre 1997 e Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata beata il 19 ottobre 2003. Madre Teresa ha fatto tanto, ha insegnato qual è il modo più grande per mostrare l’amore di Dio, ovvero soddisfare le necessità degli altri, una persona alla volta, qui e ora. Non ha offerto una soluzione magica ai problemi e alle ingiustizie del mondo, ma ha mostrato cosa possiamo fare per cambiare la vita di una persona. Sono questi i modelli da proporre ai nostri giovani, alle nostre comunità civili ed ecclesiali. Costruire il mondo, a partire dalle città in cui viviamo basandoci sui valori dell’amore, della fraternità, della pace, della convivialità delle differenze. Viviamo in una società dell’avere, ma noi siamo chiamati a proporre una società dell’essere. Siamo pronti a lucidare le scarpe per raggiungere il potere e invece dovremmo imparare a lavare i piedi per servire.

Di massima i principi evidenziati nella Seconda Parte, in ordine all’obbligo di segnalazione in capo agli intermediari finanziari, devono ritenersi validi anche per i professionisti e le società di revisione nello svolgimento della propria attività. Sulla scelta legislativa di includere anche i professionisti tra i soggetti tenuti all’osservanza del particolare obbligo non sono mancate accese critiche e reazioni soprattutto da parte degli ordini professionali, i quali hanno prontamente esternato la loro indisponibilità ad assumere il ruolo di destinatari delle segnalazioni dei professionisti ovvero quello dei destinatari dell’obbligo di segnalazione. Il timore avvertito è stato, prevalentemente, quello legato alla possibile violazione del segreto professionale, oltre che, naturalmente, al rischio di un affievolimento del rapporto di fiducia tra il professionista ed il proprio cliente. A riguardo la Uif precisa l’importanza della conoscenza del cliente da parte del professionista e individua i criteri generali da tenere in conto ai fini della segnalazione de qua. La Uif individua, tra gli altri, i seguenti criteri generali: coinvolgimento di soggetti costituiti, operanti o insediati in Paesi caratterizzati da regimi privilegiati sotto il profilo fiscale o del segreto bancario ovvero in Paesi non cooperativi; operazioni prospettate o effettuate a condizioni o valori palesemente diversi da quelli di mercato; operazioni incongrue rispetto alle finialità dichiarate; incongruenze rispetto alle caratteristiche soggettive del cliente e alla sua normale operatività; ingiustificato impiego di denaro contante o di mezzi di pagamento non appropriati; comportamento tenuto dai clienti, avuto riguardo, tra l’altro, alla reticenza nel fornire informazioni complete circa l’identità personale, la sede legale o amministrativa, l’identità degli esponenti aziendali, dei partecipanti al capitale o di altri soggetti interessati (quali mandanti, fìducianti, disponenti di trust). Il professionista deve, inoltre, provvedere personalmente ad effettuare la sdegnalazione di operazione sospetta. Allorchè più professionisti assistano un cliente, essi possono produrre una sola segnalazione congiunta alla Uif. Anche le società di revisione sono tenute ad osservare la procedura per la rilevazione e la segnalazione delle operazioni sospette che, sotto molti aspetti, è particolarmente assimilabile a quella degli intermediari. Il responsabile della revisione che intrattiene rapporti con il cliente e partecipa al compimento della prestazione deve rilevare gli elementi di sospetto, informandone il legale rappresentante o un suo delegato. Il legale rappresentante o un suo delegato esamina le segnalazioni pervenutegli e, qualora le ritenga fondate, le trasmette alla Uif.


Lecce, 4 settembre 2010

obiettivo

L’AVVENTURA EDUCATIVA VERSO IL XVIII CONVEGNO DIOCESANO DELLA CHIESA DI LECCE

L’Ora del Salento

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Dal 20 al 22 settembre al Centro congressi dell’Ecoteckne

In 600 per tracciare il cammino Dal 20 al 22 settembre presso l’Università del Salento al Centro Congressi Ecotekne che il Magnifico Rettore Domenico Laforgia ha benevolmente messo a disposizione della nostra Chiesa, si svolgerà il XVIII Convegno pastorale della nostra Comunità Diocesana, presieduto dall’Arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio. La grande assemblea sarà vissuta da circa 600 persone, rappresentanti delle diverse realtà della nostra Diocesi: Parrocchie, sacerdoti, diaconi, famiglie, consacrati, confraternite, rappresentanti delle varie realtà laicali, operatori nei vari settori della vita ecclesiale e della scuola. Fratelli e sorelle comunque impegnati nel territorio, nella difficile ma urgente arte dell’educare. La scelta dell’argomento: “L’Avventura educativa” parte dal suggerimento sia del Consiglio dei presbiteri in comunione con l’Arcivescovo, che di tutti i sacerdoti che nei vari incontri foraniali hanno espresso il desiderio di camminare in comunione con gli orientamenti della Cei per il prossimo decennio. Siamo discepoli dell’unico Maestro, Gesù Cristo. Abbiamo ricevuto in dono la fede nell’incontro con il Signore. Attraverso la Chiesa, discepola, Madre e Maestra, siamo stati educati alla libertà e alla dignità dei figli di Dio, per questo siamo chiamati a mettere a disposizione la buona notizia dell’amore paterno di Dio per ogni uomo. È responsabilità di noi cristiani favorire con la testimonianza della vita e l’azione educativa la gioiosa scoperta e la piena verità dell’uomo, espressa da Colui che è l’uomo pienamente riuscito: Gesù Cristo. La vita di Cristo è la pedagogia del Padre in ordine alla realizzazione del suo progetto di riportare l’uomo alla dignità di figlio. E ciò sin dall’eternità. “Chi manderò? Ecco manda me”. Queste espressioni contengono tutto il processo di com-passione di Dio per l’uomo realizzato con l’incarnazione del Figlio, Verbo eterno nato dalla Vergine Maria. Nelle relazioni d’amore delle tre Persone divine con l’atto della Incarnazione si è realizzata una “proiezione” dell’amore di Dio per l’umanità che porta l’uomo accogliente all’esperienza della dignità filiale vissuta e purificata nell’esperienza comunionale della Chiesa: casa di formazione, di lode, di ascolto, di perdono, di condivisione, di festa, cioè di realizzazione della libertà dell’uomo reso di capace alla sequela di Cristo, di essere fermento nel tessuto della storia perché reso amante dell’uomo condividendone gioie e speranze. Educare è proiettare, infatti, la persona fuori di sè, nel suo futuro e nel futuro dell’umanità. La Chiesa che educa è la chiesa di Gesù Cristo che aiuta l’uomo ad andare oltre l’oggi e, ancorandolo nel passato, proiettarlo nel futuro. Educare è seminare per il domani della storia; è scommettere per un futuro a dimensione umana; è preparare l’escaton di Dio che è la piena realizzazione dell’umanità e del creato tutto. Si sa che senza l’educazione al divenire non si dà persona umana. Senza la complessa, difficile, ma affascinante realtà educativa, che è relazione d’amore, c’è solo la “morte” perché la miopia dello scommettere sull’avere per dare senso alla vita, paradossalmente diventa portatrice di non senso, appunto della morte come ci insegna Luca evangelista nella Parabola 15 del suo Vangelo; della perdita della identità. Educare è per tutte le realtà formative: famiglie, chiesa, scuola, ecc, permettere ai figli di “andare in un paese lontano”, cioè di mettersi in viaggio nel profondo di se con la bisaccia da viaggio che è la speranza. È la speranza infatti anima dell’educazione, come dell’intera vita. Il Convegno sarà celebrato per tutta e da tutta la Chiesa di Lecce. Ciò significa che la missione educativa della comunità cristiana è affidata alla responsabilità di tutte le sue membra che hanno il compito di edificare il Corpo di Cristo nella carità, con doni e carismi diversi ma convergenti verso la crescita di tutto l’organismo. Da qui scaturisce l’impegno a vivere questo dono nella testimonianza del quotidiano, nelle esperienze ordinarie secondo gli ambiti fondamentali della esistenza umana. Da qui la strutturazione del Convegno in sei ambiti: comunità cristiana, famiglia, vita affettiva e fragilità, scuola, lavoro e festa, nuova cultura mediatica. Sono aspetti del grande “si” di Dio all’uomo e del significato che il Vangelo indica per ogni momento e ambito della vita dell’uomo. Dal Convegno si ripartirà per una pastorale rin-

novata più vicina alla persona. È fondamentale l’unità della persona come criterio per ricondurre ad unità l’azione ecclesiale. E’ necessario mettere la persona al centro, attraverso relazioni interpersonali significative. Il lavoro nei laboratori

vorrà essere un inizio di un cammino sinodale: Vescovo, presbiteri, diaconi, consacrati, fedeli laici per guardare alla luce dell’esperienza umana e cristiana la realtà della persona nei suoi “luoghi” di vita per impostare una pastorale non più

isolata o a settori ma integrata per meglio servire l’uomo che il Signore ha messo accanto a noi e che cerca o vuole confermare il senso della propria vita. Pierino Liquori

IL PROGRAMMA

Relazioni e laboratori nelle aule della formazione Questo è il programma del Convegno diocesano “L’avventura educativa” che si svolgerà presso il Centro Congressi dell’Ecotekne: lunedì 20 settembre 2010, alle ore 17.00, accoglienza dei convegnisti con preghiera di inizio, alle 17.30, saluto del prof. ing. Domenico La Forgia, Magnifico Rettore dell’Università del Salento. Alle 17.45 introduzione di S. E. mons. Domenico D’Ambrosio, Arcivescovo di Lecce; alle 18.00 relazione su “ Il ritorno dell’educare tra Vangelo e cultura” di S. E. mons. Brambilla Franco Giulio, Vescovo ausiliare di Milano, preside della Facoltà di teologica dell’Italia Settentrionale; seguirà il dibattito in aula; alle 19.45 don Nicola Macculi e il prof. Alberto Zonno faranno delle comunicazioni sul tema: “Dal Sinodo ai nostri giorni”. La giornata si chiuderà, alle 20.00, con la preghiera. Martedì 21, alle ore 17.00, celebrazione dei Vespri; alle 17:00 relazione “Dal Sinodo diocesano agli orientamenti pastorali del decennio” di S. E. mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, presidente della Commissione Episcopale Cei per la Dottrina della Fede e la Catechesi,; seguirà il dibattito in aula; alle 18.45 presentazione degli ambiti per i laboratori di don Pierino Liquori, mentre dalle 19 alle 20.30 ci saranno i laboratori. Mercoledì 22, alle ore 17.00 preghiera, e alle 17.15 relazione “Educare nel mondo postmoderno” del prof. Attilio Danese e della prof.ssa Giulia Paola Di Nicola, docenti di Sociologia della famiglia - Università di Chieti e direttori di “Prospettiva persona”. Seguirà dibattito in aula; alle 19.00 comunicazioni delle riflessioni nei laboratori; alle 19:30 le conclusioni dell’Arcivescovo, e alle 20.15, preghiera alla Vergine. Vincenza Sava Non si tratta tanto di promuovere e sviluppare l’abilità e la competenza tecnica all’uso dei media, a cominciare dagli audiovisivi. Né di “strumentalizzare gli strumenti” informatici, per essere più vicini alle nuove generazioni con un fascinoso linguaggio multimediale che ormai appartiene alla loro quotidianità. Neppure di approntare iniziative con moderne tecnologie, illudendosi che a livello educativo il solo intervento tecnologico sia sufficiente. E nemmeno di affrontare parzialmente le gravi responsabilità del doveroso intervento sociale da parte delle diverse istituzioni dinanzi agli obbrobri nei molteplici settori della comunicazione, dovuti prevalentemente ad interessi economici. L’azione educativa, a cominciare dall’istruzione sulle nuove tecnologie sino all’alfabetizzazione digitale, consiste nell’elaborare una proposta che, favorendo il concreto approccio ai diversi media, ha come obiettivo l’incremento delle competenze e delle abilità critiche dei fruitori massmediali. In un contesto culturale in cui la cosiddetta cittadinanza attiva può essere esercitata sempre più efficacemente, a condizione che si sappia essere critici nei confronti della produzione

Ripensare l’impegno educativo con i Media dei media e si riesca a produrre una comunicazione ricca di senso e di umanità. Si tratta di realizzare un’attività formativa nei vari ambiti educativi, proprio perché, in un articolato dinamismo di collaborazione, le diverse competenze culturali e tecniche devono essere maturate per promuovere la partecipazione di tutti. È evidente che è necessario un forte impulso di sensibilizzazione nei confronti dei formatori, che in genere percepiscono l’urgenza di proporre il corretto uso dei moderni strumenti, ma nel concreto svolgimento della loro attività si lasciano allettare da obsolete modalità di comunicazione. Anche perché le loro competenze massmediali non sempre sono adeguate alle rapide, e comunque avvincenti, evoluzioni tecnologiche. A livello ecclesiale, la formazione ai media ha una dimensione trasversale, senza esclusive deleghe ad alcuni settori: non si esclude, comunque,

che eventualmente si potrebbe sviluppare qualche determinata area in cui apporti ed esperienze multimediali potrebbero arricchire notevolmente approfondimenti e modalità espressive. Nei progetti pastorali, è necessario coniugare attenzione alla comunicazione, disponibilità all’aggiornamento, itinerari di sviluppo delle capacità critiche e abilità operative. Una comunità cristiana, immersa nei messaggi, coinvolta nelle relazioni informatiche, chiamata a mettere in discussione da tante reti la propria antica autoreferenzialità, deve inoltre poter annoverare tra le proprie risorse umane educatori specializzati che siano da traino nei confronti degli altri. Si può ritenere che occorre ripensare al sistema educativo all’interno delle parrocchie e dei gruppi e nella progettazione dell’opera degli operatori pastorali nei confronti dei media e con i media: lo esige soprattutto la creatività delle nuove generazioni, che usano con grande frequenza i contenuti ed i linguaggi digitali. La centralità della persona e la concreta attenzione agli educandi richiedono di considerare al centro della vita ecclesiale quanti ricevono l’annuncio del Vangelo, proponendo l’attività educativa con chiare proposte aperte all’interattività on line. Adolfo Putignano


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

zoom

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Intervista al gruppo salentino che si è aggiudicato un posto alle finalissime di X-Factor

Effetto doppler: sulla stessa lunghezza d’onda Le note di una canzone sono suoni che si librano nell’aria al ritmo del nostro cuore. E questo batte ancora più forte se a cantare su un palco davanti ad un vasto pubblico, o addirittura davanti alle telecamere di una emittente televisiva nazionale ci sono dei nostri conterranei. Si chiama Effetto Doppler il gruppo musicale formato da Enrico Bergamo (26 anni, di Lequile), Gabriele Papadia (26 anni, di Nardò) e Alessandro Spedicati (19 anni, di Lecce). Questi tre ragazzi sono usciti in seconda serata l’1 e il 3 settembre su Rai2, quando sono state mandate in onda le semifinali. Ci auguriamo che siano presenti anche il 7, alla prima puntata del programma, dopo la finalissima che si svolgerà il 6 e che decreterà i 12 concorrenti del talent, a fronte degli 80 000 provinanti. Abbiamo deciso di conoscerli chiedendo direttamente a loro come si sono incontrati e come sono arrivati ad un passo dal loro sogno. Chi sono gli Effetto Doppler? Siamo tre ragazzi salentini con il sogno di cantare e lavorare nella musica, e pian piano stiamo lavorando per realizzarlo. Esordisce Enrico. Abbiamo avuto la fortuna di avere accesso al programma X-Factor, siamo arrivati alle selezioni finali e speriamo di essere ammessi al programma vero e proprio e che questo possa essere un trampolino di lancio per una rosea carriera Perché avete scelto questo nome? È stata una scelta un po’ particolare” spiega Gabriele. “Avevamo bisogno di un nome

per il gruppo. Ho aperto una pagina di un libro di fisica ed è emerso il nome Effetto Doppler, che di per sé era già eufonico, poi riguardava anche il suono, essendone una proprietà, quindi ci è sembrato calzare a pennello, e lo abbiamo approvato di comune accordo. Ho avuto modo di appurare che avete timbri vocali e stili molto diversi tra loro. Come avete amalgamato così bene queste caratteristiche? Enrico ha un’impronta molto leggera, Alessandro si esprime molto bene nel pop, io nel rock, sia per la timbrica che per le caratteristiche vocali. Abbiamo anche miti ispiratori diversi tra loro: per quanto mi riguarda Jon Bon Jovi, per Enrico Michael Jackson e per Alessandro i Queen; si tratta quindi di cantanti molto diversi tra loro, che però trovano un buon amalgamo nelle nostre voci. L’intento del gruppo è proprio quello di mescolare i vari stili per creare un effetto nuovo. Per fortuna quando cantiamo ci armonizziamo bene e abbiamo buoni risultati. Hanno un buon impasto vocale, ma basta ascoltarli per trarne un giudizio positivo, come è possibile fare visitando il loro profilo su Facebook, dove è possibile ascoltare la registrazione dei loro brani a cappella e divenire fan del gruppo aggiunge il loro maestro, Ferdinando Mancarella, che in passato ha insegnato ad altri artisti salentini, come Alessandra Amoroso e gli Aram Quartet. Come vi siete conosciuti e come avete sco-

perto di avere questa passione comune? Ci siamo conosciuti circa un anno fa quando ho lavorato come animatore turistico presso un villaggio, rivela Enrico. “Li ho sentiti cantare ed improvvisando canzoni insieme, quando c’era piano bar abbiamo notato una certa affinità e abbiamo visto che si poteva pensare ad un progetto musicale. Sono nati così gli Effetto Doppler , con lo scopo di lavorare per un nuovo genere musicale e comporre personalmente brani inediti. Pensiamo infatti che scrivere delle canzoni proprie sia il modo più efficace per esprimersi e comunicare qualcosa, aggiunge Gabriele. Perché la vostra scelta di un talent show è ricaduta su X-Factor? La nostra scelta è stata dettata dalla possibilità che il programma offre ai gruppi vocali, spiega Alessandro, perché le categorie di X-Factor sono quattro, e cioè: under 25 uomini, under 25 donne, over 25, gruppi vocali. Il gruppo vocale è una modalità particolare, perché nessuno di noi suonerà strumenti, ma gli unici strumenti saranno le nostre voci. L’unico programma in cui c’è questa tipologia musicale è appunto X-Factor. Siamo andati alle selezioni per provare, un po’ per gioco, e per fortuna finora è andato tutto bene, perché è piaciuta sin dall’inizio la nostra naturalezza e la nostra spontaneità. Il problema è che al giorno d’oggi l’unico modo per uscire come cantante ed avviare un prodotto discografico è la formula del talent show, perché solo così ci si fa vedere su una vetrina nazionale.

Cosa è per voi la musica? Ho sempre definito musica tutto ciò che mi emoziona e che quando canto mi spinge a trasmettere agli altri i miei sentimenti, afferma Enrico. Per Gabriele - La musica è la traduzione dei miei pensieri e delle mie sensazioni. Tutto quello che mi passa per la testa lo trascrivo su carta e su tastiera. La musica è sentimento, è la voce, una sorta di pianto o di riso, un urlo di gioia o di dolore, in base al sentimento che si vuole esprimere, aggiunge Alessandro. Cosa pensate e come vi sentite ora che siete arrivati a questo punto? Siamo molto carichi, ma da una parte ancora non ci stiamo rendendo conto di quello che ci sta accadendo. Vo-

gliamo ringraziare il nostro maestro e amico Nando Mancarella, che ci ha sostenuti e condotti mentalmente e musicalmente in questa avventura. È grazie a lui se siamo riusciti ad affrontare tutto con molta leggerezza ed allegria. Quale ruolo giocano i social network in questa vostra avventura? Finora i mezzi di comunicazione di massa sono tutto per noi. I social network veicolano le informazioni e con essere il successo delle persone, propongono dei miti e fanno si che crescano o spariscano, collegando tra loro persone lontanissime con un solo click. È il pubblico a decretare il successo di un artista, in qualunque caso; per questo è importante il contatto con le persone, dice Enrico.

Avete già più di 1400 fans su Facebook. Vi aspettavate questo successo così grande in così poco tempo? Sicuramente no, pur sperandoci, anche se il passaggio alle finalissime di X-Factor avrebbe reso inevitabili queste conseguenze. Anche la possibilità di aprire lo spettacolo di Pierdavide Carone a Leverano per noi è stata molto importante ed è stato un onore cantare in quell’occasione, considerando il riscontro che abbiamo avuto dal pubblico. È stato quello il primo momento in cui abbiamo capito cosa ci stava succedendo. Siamo orgogliosi di essere salentini e di rappresentare la nostra terra, se ne avremo la possibilità anche a livello nazionale, conclude Enrico. Grazia Pia Licheri

RADIO E DINTORNI di Alberto Marangio

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Da RadUni a Radio Aut, la radio che sfida le mafie

Islam ieri e oggi: conversazione con mons. Paolo Ricciardi

Circa un mese fa, alle soglie dell’agosto ormai trascorso, l’Associazione nazionale degli operatori radiofonici universitari “RadUni” ha fatto sì che venisse realizzato lo speciale Tutte le radio contro tutte le mafie, lodevole iniziativa tenutasi a Palermo in occasione del diciottesimo anniversario dalla strage di Via D’Amelio. Per l’occasione, molte delle radio universitarie d’Italia hanno trasmesso a reti unificate lo speciale ideato per ricordare il giudice Paolo Borsellino, vittima - assieme agli agenti della scorta - dell’attentato avvenuto nell’estate del ’92. La diretta è stata coordinata dalle emittenti Libertà di Frequenza dell’Università di Palermo e RadioBue dell’Università di Padova, ed ai microfoni delle due stazioni, nel corso della manifestazione, hanno avuto modo di alternarsi le voci non solo di studenti e di comuni cittadini, ma anche di persone che hanno fatto della lotta alla criminalità organizzata la loro ragione di vita, come Rita e Salvatore Borsellino (fratelli del giudice antimafia). Intervistato, uno dei promotori dell’iniziativa (Gianluca Reale di UStation.it, network dei media universitari italiani), aveva dichiarato che “il tema della legalità è sempre più centrale nella programmazione dei media universitari, e iniziative come questa sono fondamentali per sensibilizzare ancora di più il pubblico”. Di uno stesso avviso sembrano essere oggi anche gli organizzatori di un evento previsto invece nei prossimi giorni: il Festival della letteratura di Mantova, in programma dall’8 al 12 settembre, in occasione del quale il magistrato Antonio Ingroia (già componente del pool di Falcone e Borsellino) e Giovanni Impastato (fratello di Peppino, assassinato dalla criminalità organizzata nel maggio del 1978) racconteranno l’esperienza di Radio Aut, la stazione che decise di sfidare a viso aperto i potentati mafiosi. La radio libera siciliana ebbe origine dall’ambizione di trovare uno strumento che permettesse innanzitutto di denunciare l’intreccio tra mafia e clientele politiche, e che iniziasse inoltre a parlare liberamente anche di temi come la condizione giovanile o i rapporti interni alla famiglia, rivolgendosi a coloro (braccianti, pescatori, donne, disoccupati) che normalmente non solo non parlavano, ma neppure si lasciavano parlare. Inutile precisare come allora tutto ciò desse non poco fastidio; non a caso, ci volle appena un anno perché Impastato pagasse a caro prezzo la sua sfrontatezza.

Riprendiamo la conversazione estiva con mons. Paolo Ricciardi, sindaco del Capitolo cattedrale della diocesi di Otranto. Ricordiamo che mons. Ricciardi è valente storico e ha al suo attivo numerose e qualificate pubblicazioni. Mons. Ricciardi, l’Islam ama presentarsi come la religione della tolleranza… I Musulmani, pur avendo con le altre due religioni monoteistiche - la cristiana e l’ebraica - la fede in un solo Dio, hanno una cultura e una formazione di fondo troppo distante e diversa. I Musulmani anche oggi classificano i Cristiani come infedeli da convertire al Corano e alla religione di Maometto, come hanno tentato di fare ad Otranto nel 1480. Sembra che successivamente non ci sia stato alcun miglioramento nei confronti dei Cristiani e degli Ebrei. Per rispondere alla sua domanda, certamente ci sono Musulmani che, presi singolarmente, sono persone corrette, pacifiche e tolleranti; eppure i Musulmani presi insieme come comunità religiosa costituiscono anche oggi un pericolo per i Paesi dell’Occidente… Spesso ricorrono all’uso delle armi, alla guerra santa, agli attentati terroristici. Può darsi che ieri, al tempo dell’invasione turca di Otranto, incutessero più paura di oggi, ma i problemi di intolleranza nei confronti dei Cristiani restano. Che ne pensa della visita di Gheddafi a Roma? Sembra voler ricreare l’ambiente dell’harem: si circonda di donne italiane giovani e belle; dona loro il libro del Corano e le invita ad abbracciare la religione di Maomet-

to… Al contrario gli stranieri che vanno in Libia devono rispettare le leggi del posto, senza eccezioni, e non hanno quella libertà di “propaganda” religiosa che viene concessa a Gheddafi. Cosa possono insegnare gli 800 Martiri di Otranto ai giovani? Accenno soltanto a tre valori: sacrificio, libertà, vigilanza. Sacrificio: gli 800 Martiri erano uomini di tutte le età e di tutte le categorie, pescatori provati dal mare non sempre calmo. Oltre agli anziani, c’erano anche giovani appena al di sopra dei 15 anni. Questa gente, così formata e provata, nel momento del pericolo e della minaccia, è stata pronta anche a sacrificare la propria vita per salvare la Patria e la Fede. Libertà: i Turchi chiesero agli Otrantini la resa con promesse e buone condizioni. Ma gli Otrantini non accettarono di consegnare la città a chi era sbarcato sulle nostre coste per invadere e sottomettere all’Islam la Terra d’Otranto, il Regno di Napoli e l’Italia. Vigilanza: le coste salentine sono sempre state soggette agli assalti dei predatori, dei contrabbandieri, dei pirati che attraversano il Canale d’Otranto. Anche se i tempi e i sistemi di controllo del mare sono cambiati, occorre una vigilanza intelligente e prudente. L’accoglienza fraterna ed evangelica va applicata solo a quegli stranieri che, stremati da una traversata infelice dall’altra sponda del mare, cercano lavoro, libertà e pace. Ma ci sono anche lupi rapaci, sfruttatori, falsi profeti, terroristi, che vanno energicamente e decisamente respinti. * www.recensioni storia.it


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

le nostre città LECCE/ I capitelli sono dello scultore leccese Giuseppe Cino

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La prima biografia del santo in assoluto “censurata” dalla Chiesa

Meraviglie a Sant’Anna Vita di San Giuseppe da Copertino Sono dell’architetto e scultore leccese Giuseppe Cino (1635-1722) i capitelli con teste d’angelo della chiesa di Sant’Anna a Lecce. La questione non è di poco conto. La storiografia ufficiale ha assegnato infatti questo edificio esecutivamente a Giuseppe Zimbalo senza fornire però prove, indizi o ricostruzioni storiche che possano consentire una verifica di tale ipotesi. Due indagini - l’una (si ringrazia il dott. Sergio Fracasso) condotta su documenti dell’Archivio del Conservatorio di Sant’Anna, cui la chiesa apparteneva, e l’altra sugli atti notarili di Lecce - non hanno chiarito la vicenda. La presenza ed il ruolo dello Zimbalo quindi va verificata, precisata e circostanziata su base stilistica. I volti dei capitelli - soprattutto gli esterni del primo ordine - sono compatibili con quanto Cino realizzerebbe in quegli stessi anni - per esempio i due altari leccesi di San Carlo l’uno in Santa Irene e l’altro in Cattedrale - ed allo stesso tempo non trovano invece riscontro nei coevi lavori dello Zimbalo. Atteniamoci all’evidenza dei fatti, dello scolpito e a quella dei documenti, alcuni dei quali consentono intanto di datare tutta l’operazione edilizia. La vicenda nasce, come noto, sulla base del lascito testamentario di Bernardino Verardi cui la moglie Teresa Paladini darà seguito. La costruzione della chiesa è databile in virtù di una richiesta inoltrata dalla Paladini alla città di Lecce per l’utilizzo di una strada necessaria ai mastri costruttori. Tale documento fa esplicito riferimento alla costruenda chiesa ed è del 1 maggio 1680. La fine delle operazioni è in una delle due epigrafi - opere attribuibili allo scultore lecce-

Si tratta di un inedito del 1668 rimasto chiuso nelle biblioteche vaticane scritto da un compagno di cella di San Giuseppe, padre Giacomo Roncalli, mentre fra’ Giuseppe era in esilio a Osimo e completata pochi anni dopo la sua morte. La prima biografia del santo in assoluto, “censurata” poi dalla Chiesa, che preferì quella del padre Nuti del 1700 c. sicuramente molto dotta ma priva di quella umanità tutta di San Giuseppe presente invece in questo monumentale lavoro di Padre Bonaventura Danza, oggi finalmente autorizzata alla pubblicazione. In uscita il 18 settembre 2010 Titolo Vita di S. Giuseppe da Copertino Autore Giacomo Roncalli “Amico mio”, era solito chiamare il Santo copertinese, il padre Roncalli. Ed amico sincero e premuroso questi lo fu davvero: non solo in vita, ma ne raccolse con grande sollecitudine e diligente competenza, dopo la sua se Giuseppe Longo - poste sulle pareti ai lati dell’altare maggiore dove è incisa la data 1687. Sulla facciata in 4 nicchie sono collocate le statue lapidee di quattro degli Apostoli: al primo piano San Pietro è a sinistra, San Paolo a destra. Sul cornicione marcapiano al centro della facciata vi sono un mezzobusto che rappresenta forse Sant’Anna ed ai lati di quest’ultimo due angeli tubicini, pure in pietra leccese. Al piano superiore, infine, nella nicchia a sinistra vi è Sant’Andrea, in quella destra San Giovanni Evangelista. Fra tutte queste ultime sculture l’angelo tubicino destro appare quello più vicino allo stile dello Zimbalo per le altre, soprattutto i due Apostoli superiori, al momento l’analisi non è conclusa.

Per quanto riguarda gli altari interni la storiografia non si è espressa. I quattro laterali sono assegnabili allo Zimbalo; quello maggiore, invece, appare opera dei due artisti poiché vi sono sia i volti del Cino simili a quelli dei capitelli detti sia quelli dello stesso Zimbalo. Questi ultimi come quello dell’angelo tubicino destro sono ricollegabili alla facciata principale del Duomo di Lecce dove lo Zimbalo fu presente per certo. Si ricorda, infine, che l’altare maggiore e non solo fu oggetto di un restauro tardo ottocentesco eseguito - riporta un documento datato 8 novembre 1894 - dallo scultore ed intagliatore Giuseppe De Cupertinis. Fabio Grasso

morte, lettere, attestati, atti notarili, confidenze, riguardanti la vicenda terrena sia spirituale che corporale. Doveva condividerne, questo bravissimo e letterato biografo, pensieri, sogni, emozioni, dolori, sapienza e conoscenza. Seppe porsi anche in ascolto del Santo, concedendogli tempo e cuore e ricevendone un contagio di luce; Giuseppe pronto a darsi e il Roncalli a ricevere. Tutti e due felici, il primo per aver trovato un nido in ascolto e l’altro un amico e maestro tutto per sé. Entrambi coscienti ed affascinati di servire lo stupore e il desiderio del loro Dio, stabilendo, emozionati e sorpresi, una relazione commovente e sublime, facendo circolare l’amore nel corpo del mondo e la stessa bontà delle cose, francescanamente gustandole senza possederle. P. Bonaventura Danza, nasce a S. Agata di Puglia (Fg) il 13 marzo 1930, frate minore con-

ventuale della Provincia religiosa di Puglia dei SS. Nicola e Angelo, dopo gli studi e la laurea in Teologia consegue anche il diploma in Biblioteconomia e in Archivistica, Paleografia e Archeologia, da cui già spicca il suo amore per la cultura e per ilibri. Dopo essere stato nelle comunità di S. Agata, Monte S. Angelo Bari dal 1967 ha svolto l’incarico di bibliotecario presso il collegio Seraphicum di Roma nella biblioteca della Pontificia Facoltà Teologica S. Bonaventura, ruolo svolto con competenza e passione fino a pochi anni fa; ha al suo attivo molte pubblicazioni, articoli. Uno dei suoi ultimi lavori è: Codici, Incunaboli, Cinquecentine, maggio 2010. Il presente lavoro su S. Giuseppe si inserisce nei suoi studi e nelle sue passioni iosefine. Copie per recensioni possono essere richieste a info@lupoeditore.com, oppure redazione@lupoeditore.com tel: 0832.931743.

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a cura di Elena Palladino

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Avv ocato Spe cializzata in Diritto Amministrativo e Tributario

Mosè di Gioacchino Rossini

Redditometro e onore della prova L’articolo 38 del D.P.R. 600/73 è stato modificato dall’articolo 22 del D.L. n.78/2010, ufficializzando l’istituto del redditometro. Di seguito verranno indicati i profili di rilievo A) Presupposto dell’applicazione del redditometro L’istituto del redditometro, così come quello dell’accertamento sintetico, può essere applicato esclusivamente nel caso di scostamento del reddito complessivo accertabile di un quinto rispetto a quello dichiarato. Ciò per una sola annualità d’imposta B) Applicazione del principio di contraddittorio In recepimento dei principi di natura amministrativa di cui alla L. 241/ 90,così come novellata dalla L. 15/05, la norma citata ha introdotto l’obbligo di contraddittorio con il contribuente “accertato”. La norma sul punto dispone: “L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di legale rappresentanti per fornire dati o notizie rilevanti ai fini dell’accertamento, e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’art. 5 del D.lgs. 218/ 97”. Con ciò la norma ha recepito, infine, un principio oramai consolidato nella giurisprudenza di legittima e merito circa l’obbligatorietà del contraddittorio. C) Onere dalla prova La norma afferma “la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, comunque, legalmente esclusi dalla base imponibile” . Sostanzialmente, ogni manifestazione di spesa può rilevare rispetto all’anno di sostenimento al fine della ricostruzione sintetica del reddito complessivo, salvo ovviamente la prova contraria offerta dal contribuente. In pratica tutte le spese sostenute, a prescindere dalla natura delle stesse, si presumono finanziate con il reddito prodotto nello stesso periodo d’imposta. Sul punto si segnala la necessità di attendere il provvedimento attuativo per capire in che termini e con quali limiti si debba interpretare la disposizione circa l’inversione dell’onere della prova. Attenzione: L’ambito applicativo è quello della dichiarazione dei redditi 2009. Per ogni ulteriore informazione lo studio Palladino sarà disponibile al seguente recapito: palladino@loradelsalento.it

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua... La marcia militare sull’opera “Mosè” di Giochino Rossini, trascritta da Alessandro Vessella, è giunta al trio. Il tappeto ritmico - armonico del sassofono contralto, del sassofono tenore, del sassofono baritono, del contrabbasso ad ancia, dei corni, delle cornette in sib., delle trombe in mib., delle trombe basse, dei tromboni, dei flicorni bassi e contrabbassi, delle percussioni, apre la nuova sezione che prepara l’ingresso al tema principale. Quest’ultimo giunge immediatamente attraverso gli interventi del clarinetto piccolo in lab., del clarinetto piccolo in mib., dei primi clarinetti soprani, dei secondi clarinetti soprani (un’ottava sotto), dei clarinetti contralti, del sassofono soprano, del flicorno sopranino, dei flicorni soprani, dei flicorni contralti e dei flicorni tenori. È un evidente riutilizzo del ritmo del tema principale, presentato nella prima fase della composizione, con un movimento melodico discendente che alterna elementi sincopati soprattutto della seconda frase. Al termine di questa presentazione tematica, alla quale non ha partecipato soltanto il flauto e l’ottavino, il trascrittore riduce l’apporto dell’organico bandistico e presenta il ritmo semiminima - pausa di croma con punto - semiminima già ascoltato nell’epilogo della prima parte della marcia. Ne sono protagonisti le cornette in sib., le trombe in mib., le trombe basse e i flicorni soprani. I corni, i tromboni, i flicorni contralti, i flicorni tenori, i flicorni bassi e i soli rullanti si occupano dell’assetto ritmico - armonico. Emerge un forte momento di solennità e di

splendore timbrico realizzato esclusivamente dagli ottoni (solo il flicorno sopranino e i flicorni contrabbassi non sono stati coinvolti). Il Vessella ha deciso, in fase organizzativa, di creare un suggestivo effetto timbrico che serve a caricare ulteriormente di un’intensa energia il successivo momento in cui avviene la massima espansione dinamica. Infatti, la riproposta del tema, affidato questa volta a tutto l’organico bandistico, genera un’esplosione di colori timbrici, in sintonia con l’atmosfera di festa presente durante l’esecuzione. Ma, ancora il Rossini prevede il ritorno del ritmo semiminima - pausa di croma con punto - semiminima e puntualmente il Vessella lo ripropone in maniera identica alla precedente fase. Un’importante sottolineatura sui due interventi, apparentemente identici, si evidenzia sulla natura dei suoni utilizzati: nel primo caso il compositore ha usato l’accordo di tonica; nel secondo compare l’accordo di dominante. L’intervento successivo ricolloca tutto l’organico al centro dell’attenzione del fruitore. La banda prende l’elemento melodico degli ottoni, lo amplifica come in precedenza e lo sviluppa in un percorso ritmico - dinamico, ricco di interventi terzinati, scale ascendenti e trilli per far convogliare il tutto sulla riproposta della prima idea presentata nel trio. Quest’ultima fase offre all’organico bandistico di presentare le articolate dinamiche ritmiche e timbriche, al fine di inondare l’ascoltatore di sensazioni di benessere interiore, utili al vivere quotidiano.


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

le nostre città

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ACAYA/È approdata nel Salento la mostra del grande architetto cinese Steven Holl e rimarrà sino al prossimo gennaio

E quattro sono le sculture in pietra leccese Steven Holl approda nel Salento. La mostra si pone come occasione per riflettere sui processi che hanno condotto alle recenti realizzazioni artistiche dello Studio di Architettura Steven Holl Architects Sha in Cina ed in Europa. Mentre i progetti realizzati in Cina (Horizontal Skyscraper a Shenzen, Linked Hybrid a Pechino e il Museo Herning di Arte e Architettura) si propongono di esplorare le macro dimensioni delle città attraverso la lente dell’architettura, i progetti realizzati in Europa sono l’espressione del desiderio di conservare il paesaggio naturale (il Museo Herning di Arte e Architettura, il Centro Knut Hamsun, il Loisium Alsace e il Citè du surf di Biarritz). Nel momento in cui la Cina vive uno dei maggiori processi di urbanizzazione della storia, questi progetti esplorano la creazione di spazi urbani collettivi, piuttosto che realizzare semplici edifici. Non si tratta di edifici monofunzionali, ma di costruzioni ibride arricchite da forti contrapposizioni programmatiche. Alla micro-scala, i progetti europei mirano a creare nuovi spazi investigando allo stesso tempo i fenomeni naturali di luce e tattilità attraverso la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi materiali La mostra illustra il processo del design dal momento del concepimento iniziale fino alla realizzazione, documentandone le varie fasi inerenti alla creazione di model-

IN GALLERIA

Letters to Juliet di Winick li, al disegno e all’animazione virtuale. I lavori presentati sono il risultato di sforzi collaborativi tra lo studio Sha di New York e Pechino, dove le stesse differenze di fuso orario hanno permesso che il ciclo di produzione continuasse ininterrottamente 24 ore su 24. Ne sono derivati progetti eccezionali che esemplificano il concetto di fusione tra paesaggio, urbanistica e architettura. Le sculture in pietra, ossia gli oggetti più piccoli presentati, sono state realizzate esclusivamente per questa mostra e rendono evidente l’approccio scultoreo dell’opera di Steven Holl. Realizzate a Lecce da modelli digitali inviati direttamente da New York, queste sculture testimoniano i meriti e le possibilità del lavoro collaborativo. In questa mostra, i lavori

VITE MIGRANTI

recenti si fondono con la storia unica del castello di Acaya del XV secolo, attraverso l’impiego della tecnologia delle proiezioni ad alta definizione per il processo di design “su pietra”. A corredo della mostra è prevista la pubblicazione in traduzione italiana di uno dei testi fondamentali di Steve Holl Urbanisms. Steven Holl ha voluto che questa sua mostra fosse anche un omaggio al Salento e alla sua natura prima per eccellenza, da qui il titolo “Su Pietra”. Infatti, l’architetto Americano ha disegnato quattro sculture che saranno realizzate in pietra leccese grazie ad una collaborazione con il Comune di Cursi e con le aziende Pimar e De Luca. La mostra di Steven Holl rimarrà presso il Castello di Acaya sino al 15 gennaio 2011.

di Giovanni Napolitano

Regia Corvetta Caracciolo: il diario del nonno

“Il paese veduto dal fiume ha un bell’aspetto, specialmente per le costruzioni nuove, in tutta la riva corre una sola strada ove si trovano belle case alte di due piani, tutte in legno”…. Così Umberto descrive la città di Guayaquil, in Ecuador, dove si appresta a trascorre il secondo Natale di navigazione. “La città, per lo più costituita da balsas (case galleggianti) è posta sulla riva sinistra del fiume Guayas da cui prende il nome”. All’epoca essa contava 50.000 abitanti e aveva molto sviluppato il commercio, gestito, già all’epoca da cittadini stranieri: “Il commercio del paese è tenuto in massima parte dagli europei ivi residenti”. Gli indigeni invece vivevano prevalentemente del raccolto di frutta (banane, arance, manghi etc.) delle enorme piantagioni, che “sono per loro come il pane dell’europeo”. Le esporta-

di Alessandra De Matteis

zioni, invece, sono quelle di caffè, cacao, zucchero e cautchou. Questo prodotto è assai diffuso nella regione, specie nelle zone di vegetazione poste nei pressi della città; il cercatore di cautchou, in realtà, durante il periodo del “raccolto” vive per giornate intere sugli alberi, riuscendo a trarre dopo un duro e faticoso lavoro, il necessario quantitativo della preziosissima materia. Bella è la descrizione del “cautchero”: “forte, coraggioso, audace, non teme disagi, anzi, ha liete speranze”. Il cittadino ecuadoriano è in genere molto pigro, così ce lo descrive Umberto: “L’equadoriano è di molta pigrizia; delle 24 ore del giorno ne dorme 16, passando il resto della giornata, sdraiato sull’amaca”. Assai curioso è l’esercito in forza all’epoca che il nostro giovane viaggiatore descrive così: “Le forze militari sono formate da due vecchi

vaporino che sarebbero la forza della marina da guerra della Repubblica e di cinquemila negri; essi vestono casacche di un rosso cupo, pantaloni dello stesso colore e un chepì di cartone, senza scarpe; per l’ordinario sono armati da un fucile ad avancarica e un coltellaccio per daga. Mi fu detto che in varie guerre civili, avvenute fra diversi partiti, questi novelli Cocliti, dopo avere fatto fuoco, si mettevano in fuga spaventati dalle detonazioni dei loro stessi fucili”. La descrizione della realtà ecuadoregna è certamente singolare, visto che anche un marinaio esperto, come il giovane Umberto, rimane sorpreso dallo stile di vita degli abitanti. Egli, però assai sorpreso scrive: ”Il 29 dicembre 1882 si partì da Guayaquil, lasciando dopo dieci giorni di fermata, una città tropicale che non ha pari in zona”. Il viaggio continua….

“La più grande storia d’amore mai raccontata”, ecco come viene presentato “Letters to Juliet”, il nuovo film di Gary Winick. Dove altro poteva iniziare una “bellissima” storia d’amore se non nella città degli innamorati, ovvero Verona, teatro della storia di Romeo e Giulietta. Sophie è una brava giornalista, che ha bisogno di uno scoop per sorprendere e ottenere la fiducia del direttore. Quando decide di concedersi un viaggio in Italia, dove il suo futuro sposo sta per aprire il suo nuovo ristorante, la vacanza non và proprio come la immaginava. La bella Sophie si ritrova presto sola, a girovagare per Verona, mentre lui si cura solo di prosciutti e formaggi. Nel cortile della casa di Giulietta, la ragazza trova la lettera d’amore di una certa Claire per il suo “Romeo” Lo-

renzo, depositata 50 anni prima e rimasta nascosta tra le pietre del muro. Intenerita, l’americana risponde ed ecco presentarsi a Verona la vecchia Claire, in compagnia del bel nipote: Charlie. Questa è l’occasione per il servizio che cercava, ma non solo perché è soprattutto l’inizio di un’avventura romantica. “Letters to Juliet”, anche se viene pubblicizzata come la commedia romantica dell’anno, finisce con l’essere una semplice commedia romantica, che vista senza pretese è un film gradevole e può contare anche su ottime interpretazioni. Amanda Seyfried è sempre più una conferma veramente brava; il bel Christopher Egan è perfetto entra benissimo nella parte; non c’è bisogno di parole per descrivere l’ottima interpretazione del premio Oscar Vanessa Redgrave” . Chi invece sorprende è

Gael Garcìa Bernal, ha una comicità che non ti aspetti ed è sempre carico di entusiasmo. Viceversa, i dialoghi sono privi di entusiasmo, non sono minimamente all’altezza degli attori, troppo banali. La cosa più bella, di tutto il film, sono comunque le bellissime immagini da cartolina dell’Italia. Il “bel paese”, tramite questo film non farà che accrescere il numero di fans, le immagini mostrano luoghi veramente da sogno. Insomma, “Letters to Juliet” come tutti i film ha i suoi pro e i suoi contro, piacerà soprattutto ai romantici ma anche a chi vuole vedere semplicemente un film.


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

appunti

Marilyn Monroe. La mia storia Attenzione estimatori della grande Marilyn Monroe: da pochi giorni è arrivata nelle librerie italiane la traduzione della sua autobiografia dal titolo “La mia storia”(titolo originale, “My story”) edito da Donzelli, tradotta da Andrea Mecacci, con 47 foto esclusive dell’archivio di Milton H.Greene e la prefazione del figlio del fotografo, Joshua Greene. Uscita negli Stati Uniti nel 1974, dodici anni dopo la sua morte, è la storia del mito, la storia di Marylin Monroe, raccontata da lei stessa e da Ben Hecht. Inizialmente si trattava di un’operazione commerciale, suggerita all’attrice dal suo agente Charles Feldman; la Monroe non doveva far altro che raccontare scampoli e aneddoti della sua esistenza ad uno dei più grandi sceneggiatori degli anni ‘50, appunto a

Ben Hecht, che con fare sapiente li avrebbe tramutati in un libro. A quasi cinquant’anni dalla morte, avvenuta il 5 agosto del 1962, Marilyn non smette di stupire e continua a riservare sorprese che mobilitano il mondo editoriale per dar spazio alla sua voce. Infatti, “La mia storia” è un controcanto alla cornice aneddotica del mito che ha sempre circondato la diva. In una lunga confessione senza filtri, Norma Jean Baker (vero nome dell’attrice), racconta l’infanzia negata, le prime esperienze sessuali, la contraddittoria consapevolezza della propria bellezza, l’ingresso a Hollywood, il matrimonio con Joe Di Maggio. E conclude con il tour che fece in Corea per far visita alle truppe americane. In realtà lo sguardo della piccola Norma Jean, che Marilyn cerca per tutta la vita di co-

prire, non è diverso da quello dell’attrice che tenta disperatamente di sfondare a Hollywood. C’è la stessa leggerezza dei sogni ad occhi aperti di Norma nel modo in cui Marilyn descrive il mondo luccicante del cinema, non meno cinico e crudo di quello che aveva conosciuto da bambina, ma verso il quale nutre comunque una benevola comprensione. Alla fin fine consapevole che dietro il volto patinato di Hollywood si nasconde una tragica fragilità, la stessa che c’è in lei, dietro la bellezza accecante che l’ha resa famosa. “È facile capire quando dice la verità” affermerà in seguito Hecht, “Nel momento in cui qualcosa di vero esce dalla sua bocca, i suoi occhi si riempiono di lacrime. Lei è la sua stessa macchina della verità”. Invece riflettendo sulla sua car-

riera, la stessa Monroe ammette: “Mi ero resa conto che come un tempo avevo combattuto per entrare nel mondo del cinema e diventare un’attrice, adesso avrei dovuto lottare per diventare me stessa ed essere in grado di usare le mie capacità. Se non avessi combattuto sarei diventata una merce da svendere sul carrello della spesa del cinema”. Nonostante il calore della confessione dell’attrice, qualcosa non andò per il verso giusto. Al momento di pubblicare l’autobiografia, né Marilyn né il suo ghost writer vollero assumersi la paternità dello scritto. Forse per i dettagli sul matrimonio con Joe Di Maggio, forse per le minacce di cause legali milionarie, o ancora per il rapporto conflittuale tra Hecht ed il suo agente, il volume non fu pubblicato fino al 1974 e solo nel 2000 fu pubblicato con la

c@ttolici in rete

marialucia andreassi firma del suo vero autore. Preziose le 47 foto inedite che fanno parte del libro, scattate fra il 1953 e il 1957 da Milton Greene, amico fraterno di Marilyn che con lui si diverte anche a giocare con l’obiettivo. Scorrono in queste pagine immagini di una Marilyn meno conosciuta che ammalierà ancor di più i suoi tanti estimatori proprio per l’analisi di questo nuovo aspetto che oserei definire il lato umano del mito. Una chicca per quanti ancora amano Marilyn.

Marilyn Monroe, La mia storia, Donzelli Editore, 19.00, pag. 221

M U S I CALM E NTE

Una casa comune per scienza e fede A Magliano Maurizio Petrelli Big Band

argo

Anna Rita Favale

IL POLLICE

SI TORNA A GIOCARE Ovviamente, questa settimana, non potevamo non parlare di calcio con il campionato ai blocchi di partenza, anzi partito. E ovviamente su tutte le reti del mondo: piccole e grandi, di stato e private, appartenenti a circuiti o isolate come non mai. D’altro canto, sarebbe stata possibile una realtà diversa in un paese di commissari tecnici, come il nostro? Di fronte alla molteplicità dell’offerta, questa volta, la nostra attenzione si è fermata su “Controcampo” (Retequattro, ore 20), l’approfondimento sportivo di Mediaset che va in onda la sera della domenica, dopo il posticipo, e quindi con una visione alquanto completa di quanto è accaduto. In uno studio completamente messo a nuovo, Alberto Brandi continua con la sua abituale conduzione, avendo al suo fianco la nuova arrivata Alessia Ventura, mentre una girandola di opinionisti vecchi e nuovi, si alterna tra critiche e giudizi, dando vivacità alla trasmissione. Come in realtà è accaduto con Roberto Bettega, Pierpaolo Marino, Gianluca Paparesta, Giuseppe Cruciani e Bruno Longhi.

tommaso dimitri

lor@delavoro di Samuele Vincenti Con l’obiettivo di sostenere la produzione agricola degli Stati Membri, e di ottimizzare gli aiuti e gli investimenti dell’Unione Europea, si è avviato nel nostro paese il VI Censimento dell’Agricoltura, ossia l’analisi approfondita della realtà agricola italiana che coinvolgerà migliaia di aziende. I dati raccolti offriranno un quadro informativo sulla struttura del sistema agricolo e zootecnico, a livello nazionale, regionale e locale. I dati che emergeranno dal Censimento avranno impatto sullo sviluppo delle politiche agricole comunitarie, e con la rilevazione, inoltre, il nostro paese assolverà agli obblighi di rilevazione stabiliti dai Re-

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Il Portale di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, www.disf.org, nasce dall’esperienza e dai contatti scientifici maturati durante la preparazione e la pubblicazione del Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede (2 voll., Urbaniana University Press - Città Nuova, Roma 2002). I documenti e i servizi presentati intendono venire incontro alla crescente necessità di informazione qualificata e rigorosa sui rapporti fra teologia, filosofia e pensiero scientifico. Il Portale è principalmente rivolto a coloro che operano nel settore dell’insegnamento, della pastorale della cultura, o si interessano agli aspetti interdisciplinari della ricerca scientifica. Il sito è molto veloce (costruito in programmazione Asp), interattivo e vuole abbracciare le diverse discipline secondo il criterio della sana e robusta razionalità, casa comune del percorso interdisciplinare. Il Portale Disf è diretto da tre docenti universitari: prof. Giuseppe Tanzella-Nitti (Pontificia Università della Santa Croce di Roma, direttore del progetto); prof. Alberto Strumia (Università degli Studi di Bari, vice direttore); prof. Michele Crudele (Università Campus Bio-Medico di Roma, docente di Informatica e Direttore del Centro Elis di Roma). Il portale si avvale della collaborazione del Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei (www.progettoculturale.it) e le attività del Disf Working Group sono sostenute dal Progetto Stoq (http://stoq.pusc.it) della Pontificia Università della Santa Croce e con fondi erogati dalla John Templeton Foundation (www.templeton.org) il pioniere tra gli investitori che ha fondato il Templeton Mutual Funds e che per gli ultimi tre decenni ha devoluto tutta la sua fortuna alla Fondazione dedicata alle “Big Questions” della scienza e della religione. Tra gli obiettivi del Portale di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede: l’attenzione per il rigore metodologico, tipico della ricerca scientifica e filosofica, quale garanzia di ogni sincera ricerca della verità, anche nel delicato terreno degli studi interdisciplinari che coinvolgono la teologia e la religione; la profonda convinzione circa la necessità di una unità del sapere ove le diverse conoscenze provenienti dalle scienze, dalla filosofia, dall’arte, dalla morale e dalla religione possano trovare una integrazione nell’unità dell’esperienza intellettuale del soggetto conoscente; infine, che il rapporto fra scienza e fede non debba essere guidato dalla rinuncia a capire. Buona navigazione.

Si esibirà a Magliano nell’ambito dei festeggiamenti in onore della Madonna dell’8 settembre e di San Vito Maurizio Petrelli con la sua Big Band. Un viaggio singolare quello che compirà Maurizio, che dalla rurale e viscerale Puglia approda nelle terre sconfinate e metropolitane degli Stati Uniti per omaggiare due grandi della cultura musicale dello scorso secolo: Domenico Modugno e Frank Sinatra. Nato da un’idea di Carmine Zocco, il disco si fa portatore dei loro più grandi e intramontabili brani che rappresentano capitoli fondamentali nella storia della canzone New York New York; The lady is a Tramp; That’s life. Tutti gli arrangiamenti sono stati curati da Fernando Toma, ricordando lo swing bianco degli anni ‘50/’60, di cui è intriso anche il Modugno tribute, come Resta cu me; La lontananza; Meraviglioso; Nel blu dipinto di blu. Il repertorio è interamente interpretato dal the voice d’occasione Maurizio Petrelli che, in questa nuova scommessa, si accompaagna dalla numerosa e quanto mai versatile big band, composta da più di venti elementi. L’album, edito da Dodicilune, è il primo di una nuova collezione, la Wysiwyg. Inizio spettacolo ore 21.30. a m

e r i c a n a

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i t a l i a n a

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Cercasi rilevatori per censimento agricoltura

golamenti sulle statistiche agricole strutturali e sulle superfici viticole del Parlamento e del Consiglio europei. Già nei mesi scorsi l’Istat ha realizzato una lista delle aziende agricole e zootecniche da censire, integrando archivi amministrativi diversi e, entro il prossimo ottobre, saranno inviati, per posta ordinaria, i questionari ai conduttori delle aziende interessate. Migliaia di rilevatori (oltre 10 mila su tutto il territorio nazionale) saranno incaricati di assistere gli imprenditori agricoli nella compilazione delle schede, e alcuni comuni della provincia leccese, e non solo, si sono già attivati per reclutamento degli esperti per il loro

territorio di competenza. Il Comune di San Cesario di Lecce, ad esempio, intende conferire due incarichi esterni per assistere 245 aziende agricole e zootecniche dell’ambito comunale. Gli incarichi di rilevatore dovranno essere espletati indicativamente nel periodo compreso tra il 25 ottobre 2010 al 31 gennaio 2011, e la revisione delle interviste entro metà febbraio 2011, salvo eventuali diverse disposizioni dell’Istat e dell’Ufficio Regionale di Censimento. I rilevatori effettueranno la rilevazione nelle zone del territorio comunale loro assegnate dall’Ufficio Comunale di Censimento.

I rilevatori riceveranno un elenco di aziende da censire; assumeranno i necessari contatti con i conduttori delle singole imprese; compileranno i relativi questionari; parteciperanno alle attività di controllo e monitoraggio delle informazioni raccolte. Saranno considerati incaricati di pubblico servizio, vincolati al segreto statistico e dovranno possedere la Laurea in discipline statistiche o discipline agrarie, ovvero il diploma di perito agrario o di geometra. I titoli di studio richiesti non sono gli stessi per ogni Comune: a Surbo, come a Presicce ed a Ostuni, per esempio, è sufficiente il diploma di scuola secondaria superiore e viene cor-

risposto un compenso di 15 lorde a questionario compilato. Per conoscere la lista dei Comuni che richiedono rilevatori e che bandiscono selezioni pubbliche, è possibile consul-

tare il sito www.pugliaimpiego.it. Nel portale sono contenute tutte le informazioni necessarie per conoscere i requisiti richiesti e le date di scadenza delle selezioni.


L’Ora del Salento

Lecce, 4 settembre 2010

lo sport L’ASSIST

di Paolo Lojodice

In attesa della prima in casa contro la Fiorentina di Corvino, De Canio ha qualche giorno in più per preparare la gara al meglio anche con i nuovi arrivi

Squadra al completo. O quasi Il Lecce visto nella prima di campionato è stata una squadra che ancora ha le gambe pesanti e non ha trovato la giusta dimensione. Il valore dell’avversario è soltanto una scusante che giustifica in parte il risultato oltremodo deludente, maturato al di là del valore dell’avversario, anche a causa di un approccio alla gara fin troppo timoroso e privo di personalità da parte dei salentini. A questo punto diventa anche legittimo chiedere quale possa essere la personalità dei giallorossi, strapazzati in casa del Diavolo rossonero per quattro reti a zero. Un Diavolo che contro i gli uomini di De Canio doveva ancora armare di forcone il neo acquisto Ibrahimovic, e questo, probabilmente, ha risparmiato ulteriori dolori alla incerta compagine giallorossa. Se a tutto ciò si aggiunge che il passivo per il Lecce poteva essere più pesante se non per Rosati che ha fatto più che onestamente il suo lavoro evitandone almeno un numero di reti pari a quelli realizzati, l’inizio della nuova esperienza in A per i giallorossi non sembra il miglior auspicio. Nella pausa che segue il disastroso esordio il boccino del gioco passa completamente nelle mani

di De Canio, il quale si dovrà industriare, con quello che gli è stato messo a disposizione, per poter individuare la giusta filosofia di gioco e affrontare un campionato che conferma sin dall’inizio la sua strutturale difficoltà per squadre come la nostra, che vincono sì il campionato di serie B, ma che solo per questo non sono autorizzate a pensare che il salto nella massima divisione non possa essere a fine stagione esser rimesso in discussione. Non era certo quella serata d’esordio a fornire la migliore delle opportunità per partire con il piede giusto, anche se altri, sulla carta di pari caratura, ci sono riusciti. In difficoltà un po’ tutti ma, in particolare, ci

sembra di poter dire che chi era in quelle maggiori è sembrata essere la retroguardia, sia sulle fasce che al centro, preoccupati, giustamente preoccupati, di smorzaare ogni possilità per il trio Ronaldinho, Borriello, Pato, tutti in ottima forma, già in questa prima di stagione. Onestamente una partita opaca, che De Canio ha commentato in modo chiaro e diretto con spiccato senso critico: “Abbiamo concesso troppi spazi” e con il Milan non si può, concludiamo noi. “Si tratta di una delle migliori forze del campionato - ha detto il mister - lo dimostra la capacità di trovarsi con due soli tocchi in zona gol e senza dare i punti di riferimeto del caso”.

Insomma c’è da rimboccarsi le maniche e lavorare. Questo il tecnico: “Dobbiamo lavorare molto e ambientarci al nuovo campionato. Non c’è da dimenticare la presenza di due ragazzi giovanissimi, classe ’90 e ’92, c’è da crescere”. , crescere nel gioco e crescere nell’intesa: “ Nella gara con il Milan, in situazione, in campo il Lecce ha dovuto trovare l’intesa ma quella nasce dal lavoro fatto in comune”. Il Lecce ha cambiato molto , indubbiamente: bisognava pagare un pedaggio, ma onestamente la squadra di domenica non appare quella vera. Il calcio mercato si è chiuso al 31 di agosto, altri arrivi in dirittura d’arrivo ci sono stati. Ora bisognerà sfruttare al meglio la pausa per poter costituire nuovi equilibri, recuperarne di antichi, visti i tanti cambiamenti. Difficile ipotizzare una prosecuzione gloriosa per il campionato se queste sono le premesse, soprattutto alla luce dei risultati delle dirette rivali per la permanenza nella massima divisione, ma c’è da sperare per il Lecce che il tonfo pesante della prima di campionato, abbia portato i giocatori e la società esattamente nel punto più basso, dal quale si può solo emergere.

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MONDO Csi: le convention della prossima stagione I principali appuntamenti, gli aspetti organizzativi e le scelte associative, le iniz ia tive più significative, le strategie di fondo che caratterizzeranno il periodo settembre 2010 - giugno 2011 del Csi. Q ue st i gli elementi alla base di ciascuna delle tre Convention di presentazione dell’attività arancio blu. Da quest’anno l’ appuntamento di inizio stagione sarà svolto in modo decentrato, nelle circoscrizioni nord, centro e sud. Il 4 settembre sarà il capoluogo de L’Aquila ad ospitare il “ritiro” dei comitati del Centro Italia. Toccherà poi al sud incontrarsi a Napoli dall’8 al 10 ottobre, mentre le regioni settentrionali vivranno il 16 ottobre a Genova la loro convention. Rispetto alle precedenti edizioni milanesi, le Convention saranno più vicine alle esigenze dei comitati territoriali, favorendo geograficamente la partecipazione dei quadri, dirigenti, e degli operatori del Csi. Sarà in ciascuna sede un referente (da segnalare entro il 15 luglio agli uffici della Presidenza Nazionale Csi) del nord, del centro e del sud, a curare gli aspetti organizzativi, logistici, e amministrativi nelle tre rispettive convention servizi (dal Grest al centro estivo, dalle ludoteche alla disabilità e terza età, ecc.). Iscrizioni aperte per l’anno associativo 2010/2011 Csi Lecce, via Siracusa n. 50, cell. 347.1762819 - lecce@csinet.it


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