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Lecce, 28 agosto 2010

UN EURO

L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XX, n. 27

Il rischio dell’abitudine di Nicola Paparella Settembre è il mese del ritorno, della ripresa, del nuovo inizio. Sì, è vero, per molti non c’è stata la pausa delle vacanze e quindi non hanno da tornare, perché non si sono mai allontanati. Né si può parlare di ripresa per coloro che la crisi economica tiene lontano dal lavoro. E tuttavia, riaprono le scuole e, dopo i giorni del grande caldo, si rinnovano i ritmi della giornata e la vita ricomincia. Forse ricomincia senza novità, con le storie di sempre, con lo squallore che i giornali ogni giorno ripropongono, con i vizi e le immoralità che imbrattano case ed istituzioni. È possibile ricominciare mantenendo tutto come prima? Siamo davvero condannati al grigiore della mediocrità? Non possiamo pensare ad una stagione di profondi cambiamenti. Non quelli promessi dalle manovre che si consumano nei palazzi della politica, ma quelli che si potrebbero generare se tornassimo ad esser capaci di meravigliarci e di stupirci, di indignarci e di prendere le distanze. Una grande maestro, vissuto a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, Charles Peguy, ammoniva: “C’è qualcosa di peggio dell’avere un’anima perversa: è avere un’anima di tutti i giorni”. La moda, la televisione, la pubblicità, le chiacchiere che si consumano nei salotti del potere ci spingono ad una sorta di qualunquismo che uccide lo spirito e non ci permette alcun rinnovamento. C’è tanta pigrizia attorno a noi, c’è tanta rassegnazione, c’è tanta voglia di lasciarsi andare. Ed è proprio così che gli uomini del potere ci svuotano dei desideri più belli lasciandoci in balia del gratta e vinci o delle parodie dell’isola dei famosi. Aveva ragione Peguy, quando aggiungeva, “C’è qualcosa di peggio di avere un’anima cattiva e anche del farsi un’anima cattiva: è avere un’ anima bell’e fatta”. A lungo andare, a forza di cibarsi di slogan pubblicitari e di credere ai sorrisi smaglianti degli imbonitori di turno rischiamo davvero di alimentare pensieri che non sono nostri e di nutrire desideri che non ci appartengono. Ecco allora il rinnovamento che vogliamo augurare a ciascuno dei nostri lettori: quello che nasce quando allontaniamo da noi il rischio dell’abitudine. Non possiamo credere per abitudine, non possiamo basare le nostre scelte sull’abitudine, non possiamo scandire le nostre giornate con i tempi e i contenuti dettati dall’abitudine. In fondo al cuore, là dove è impossibile mentire, troveremo la verità e la strada maestra. Dal punto di vista religioso abbiamo bisogno di riscoprire che il tratto più significativo del messaggio evangelico è il suo essere “buona novella” e quindi novità. Dal punto di vista sociale riscopriamo la novità dell’incontro con l’altro. Impariamo a godere dei tesori della vera amicizia, là dove cresce la libertà e, insieme ad essa, la solidarietà. Impariamo a giudicare con distacco; esercitiamo la memoria, rinunciamo alle deleghe, cerchiamo parole di verità. Il nostro vero nemico non è l’avversario politico, ma il rischio dell’abitudine, il tarlo della stereotipia, la febbre della pigrizia e della rinuncia. L’estate sta finendo. È tempo di cambiare.

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 28 agosto 2010

SOLENNITÀ DEI SANTI PATRONI ORONZO, FORTUNATO E GIUSTO Il pensiero di Mons. D’Ambrosio ai fratelli detenuti nel carcere leccese L’ARCIVESCOVO ALLA CITTÀ

La festa in città Il cuore nel Borgo

Come sotto l’ala di un uccello... Nell’inno che innalziamo in questi giorni al Patrono Sant’Oronzo, gli chiediamo che ci difenda anche oggi da ogni male come un giorno ha liberato e protetto i nostri padri da una mortale pestilenza. È importante e significativo che il gesto di devozione che, nella fedeltà a una tradizione ormai secolare questa sera abbiamo rinnovato: la processione per le vie della nostra città dei simulacri dei Santi Patroni, venga compreso nel suo vero significato. La processione: - non è una passeggiata anche se santa, per i pochi intimi che circostanze e compiti particolari all’interno della comunità, urgono alla presenza; - meno che mai può trasformarsi in una chiacchierata, infarcita e colorita dalle tante nuove che si possono raccontare tra amici; - non è uno spettacolo a cui si assiste magari dai bordi delle strade per individuare i presenti e interrogarsi sulle ragioni degli assenti. Vuole essere la corale manifestazione di un gesto di fede con cui la comunità rinnova la sua adesione a Cristo che riconosce suo Signore, esultando nella preghiera fervorosa e nel canto di gioia e rendendo grazie all’Onnipotente che moltiplica per noi i Santi Intercessori e Protettori. È un gesto di devozione e gratitudine ai Santi Patroni per la protezione che da sempre non fanno mancare alla nostra comunità e che vogliamo invocare anche per l’oggi faticoso, incerto, a volte deludente, per attese inevase e forse anche per fiducie malriposte, che la nostra comunità sta vivendo. Sentiamo di dover far conoscere ai nostri Santi, anche se in Dio ben vedono la comunità a loro affidata con le sue esigenze, quello che è il necessario e l’indilazionabile, per l’oggi che viviamo. Questa è la festa della comunità, è il ritrovarsi per un motivo che ci unisce: onorare, venerare, invocare in un clima di festa, i Santi a cui ci siamo affidati. E’ dunque anche un leggere alla luce del bene comune il tratto di strada che siamo riusciti a percorrere e il modo con cui insieme abbiamo affrontato questo percorso.

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obiettivo

Il Palasport Don Bosco alla comunità In regalo, il poster con l’opera in cartapesta di Marco Epicochi “S. Oronzo, Vescovo e Martire”

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L’Ora del Salento

Lecce, 28 agosto 2010

primopiano

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EDITORIALI L’EUROPA E I GIOVANI Basteranno le ferie a riprendere Cresce lo scoraggiamento. Sempre con più coesione e convinzione? meno spazio nel mercato del lavoro Anche le istituzioni dell’Unione europea si prendono una vacanza. L’appuntamento con la ripresa dei lavori di Parlamento, Commissione e Consiglio, tra la fine d’agosto e i primi di settembre, segnala già un’agenda fitta, caratterizzata soprattutto da tante “questioni aperte”, pari, per numero e per importanza, ai temi sollevati nella prima metà dell’anno e agli impegni che le stesse istituzioni hanno esplicitamente assunto verso i cittadini. Basterà, in tal senso, ricordare alcuni passaggi delle “Conclusioni” del Consiglio europeo di giugno. “L’Ue ha affrontato la crisi finanziaria mondiale guidata da una determinazione comune e ha fatto il necessario per salvaguardare la stabilità dell’Unione economica e monetaria - vi si legge -. In particolare, in maggio è stato raggiunto un accordo su un pacchetto di sostegno alla Grecia e un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e un fondo di stabilità finanziaria. Abbiamo gettato le fondamenta per una governance economica molto più forte”. “Restiamo determinati - scrivono i Ventisette - ad adottare tutte le misure necessarie per riportare le nostre economie sui binari della crescita sostenibile e creatrice di posti di lavoro”. A tale scopo il summit ha adottato la strategia “Europa 2020”: “Essa promuoverà la realizzazione di riforme strutturali… Nei prossimi mesi valuteremo più approfonditamente in che modo sia possibile mobilitare specifiche politiche per sbloccare il potenziale di crescita Ue, a partire dalle politiche di innovazione ed energetiche”. Nello stesso testo si legge della “comune determinazione ad assicurare la sostenibilità dei bilanci” e “la stabilità finanziaria, ovviando alle lacune nella regolamentazione e nella vigilanza dei mercati”, nonché l’”urgente necessità di rafforzare il coordinamento delle nostre politiche economiche… Attendiamo con interesse la relazione finale che la task force presenterà in ottobre”.

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E poi altre promesse e impegni sul versante degli Obiettivi del mille nnio (conferenza Onu di New York), della lotta ai cambiamenti climatici (vertice di Cancun), della collaborazione in sede di G20. I “fronti interni” (occupazione, previdenza, inclusione sociale, sicurezza, migrazioni, riforma del bilancio, revisione della politica agricola, coesione e sostegno alle regioni in ritardo…), procedono parallelamente con quelli “esterni”: i rapporti con Usa, Russia e Cina; l’istituzione del servizio diplomatico comunitario; i negoziati con Turchia, Croazia, Islanda, Macedonia e gli altri Paesi balcanici; le relazioni con gli Stati del Mediterraneo e i vicini orientali; i grandi rebus di Afghanistan, Iran e Iraq; l’Africa e la cooperazione con i Paesi poveri. Per tener testa a tutti questi “fronti” servirebbe una Ue salda, coesa, convinta che l’azione comune (pur nel doveroso rispetto delle specificità nazionali e del principio di sussidiarietà) moltiplica le forze. Non a caso gli europeisti più convinti - che tra Bruxelles e Strasburgo sono pur sempre in gran numero - insistono per rinsaldare i legami e le politiche Ue, adottando con maggior decisione il “metodo comunitario” e chiedendo ai governi nazionali di moderare i tatticismi, gli interessi particolari, le diffidenze reciproche. Una leadership politica riconosciuta, in grado di decidere, costituirebbe un elemento favorevole in più, specie se accompagnata da un diffuso rispetto delle regole comunitarie (un tema dibattuto in Italia nelle ultime settimane a partire dal “caso Sky” e da quello delle “quote latte”). La pausa estiva può allentare le tensioni accumulatesi negli ultimi tempi e magari suggerire un ritorno, dopo le ferie, in chiave proeuropeo, inteso - al di là di ogni verbosità - a dare risposte efficaci alle attese e ai bisogni dei cittadini dell’Unione. Gianni Borsa

PENSANDOCI BENE...

I giovani faticano a farsi largo nel mercato del lavoro. Il tema del loro inserimento lavorativo è stato sempre uno dei punti più deboli del mercato di lavoro in Italia. Il Rapporto del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), presentato recentemente dall’economista Carlo Dell’Aringa, ha confermato in tutta la sua gravità questa fragilità. Anzi, quel che si prefigura appare un peggioramento rispetto al passato. Dai dati del Rapporto sul mercato del lavoro 2009-2010 relativi ai giovani si mettono in luce due elementi: da una parte, c’è un ridotto grado di occupazione dei giovani, da attribuire ad un ingresso posticipato dai percorsi scolastici dovuto sia all’innalzamento dell’obbligo scolastico, sia all’introduzione dei percorsi universitari “3+2”, i quali, introducendo la laurea breve avevano lo scopo di diminuire i tempi di studio, invece, hanno sortito l’effetto opposto, dato che quasi tutti gli studenti, una volta raggiunta la laurea breve, scelgono di continuare per altri due anni. Dall’altra parte, tra i giovani c’è una maggiore possibilità di disoccupazione, dato che le varie riforme dei contratti di lavoro avviate dal 1997 in Italia, con il pacchetto Treu e poi consolidate dal-

di Giuseppina Capozzi

Il valore delle donne Nel mondo del lavoro, la rigidità e la resistenza al “femminile” sono ancora retaggio della suddivisione dei ruoli dell’immediato post-industriale. Nel campo del sociale, invece, uno dei maggiori limiti del femminismo esasperato è quello di ancorarsi al modello maschile come al modelloguida. L’emancipazione delle donne, ad oggi, non ha prodotto maggiore uguaglianza, ma un impoverimento nell’assenza di adeguati modelli femminili. Maturando nei diritti e nella realizzazione nei diversi ambiti, la donna contemporanea riscrive il proprio rapporto con la realtà sociale di riferimento. La ricchezza e profondità dell’universo femminile possono incidere, infatti, in maniera determinante per lo sviluppo umano integrale nella vita civile e sociale. L’esempio al femminile deve puntare, allora, non solo su modelli di efficienza e tecnologia, ma su un ripensamento dei valori presenti in ogni attività relazionale e lavorativa. Valorizzando i propri talenti, la donna può realizzare modelli di leadership specifici ed in armonia con l’universo maschile. Lo psicologo americano Bernard Bass, nel secolo

scorso, ha proposto 11 categorie di significati attribuiti alla leadership (in relazione al gruppo, a se stessi, come strumento, come comportamento, come ruolo). In realtà leadership significa: saper guidare se stessi verso un obiettivo, guida nei confronti di altri, quindi in relazione agli altri. Ma la vera relazione si sostanzia nello scambio e nel dono all’altro e una delle principali caratteristiche femminili è l’apertura alla relazionalità, nella quale si rivela l’alterità di ogni essere umano, la fecondità della reciprocità, il mistero del limite che richiama il mistero della diversità. Il valore di una relazione è, quindi, nel progetto di vita che includa lo sviluppo nel tempo della crescita individuale, in relazione a quella degli altri. Questa è quella che possiamo definire: tendenza naturale al confronto, alla

crescita, alla realizzazione naturale della propria peculiarità. Attualmente si assiste ad un progressivo aumento della sensibilità per il riconoscimento, effettivo, della dignità e dei diritti della donna in tutti i settori della vita sociale, economica, culturale e politica. L’intreccio delle diverse attività, che la donna abitualmente svolge, assume caratteristiche diverse da quelle dell’uomo. La donna riesce maggiormente ad armonizzare famiglia, lavoro, educazione dei figli, attività sociali e culturali, hobbies, perché riesce ad essere più immediatamente in sintonia con i valori umani, quindi può esserne maggiormente il richiamo e il segno privilegiato. Pertanto la promozione della donna all’interno della società deve essere compresa e voluta come una nuova umanizzazione, realizzata attraverso i valori riscoperti grazie alle donne, prendendo le distanze da una banale lotta tra i sessi che si risolverebbe in situazioni di segregazione e di falsa concezione della libertà. Il valore della donna va inteso, perciò, come concretizzazione, nei diversi ambiti, dei propri talenti e peculiarità. info@giuseppinacapozzi.it

la più complessa Riforma Biagi, hanno introdotto una maggiore flessibilità in entrata, ma anche in uscita dal mondo della produzione. Così come si legge dalle pagine del Rapporto: “Per una giovane persona attiva nel mercato del lavoro italiano, il rischio di essere disoccupata è il triplo rispetto a quello sperimentato dalle forze di lavoro più mature”. Nel lavoro c’è poco spazio per i giovani. In Italia, sempre seguendo le spiegazioni del Cnel, la precarietà si aggiunge ad una loro vulnerabilità “costituzionale”, “dovuta alla mancanza di competenze, esperienze lavorative, capacità di ricerca di un impiego e risorse economiche da utilizzare durante la ricerca”. Si aggiunga, poi, che oltre a pochi occupati e tanti che cercano lavoro, tra i giovani è molto alto il tasso di scoraggiamento. I dati del Cnel confermano che i Neet (coloro i quali non sono né studenti né impegnati nel mercato del lavoro) arrivano quasi al 25%. Tra questi non ci sono soltanto i soliti vitelloni, che stanno bene sul divano dei loro genitori con il telecoman-

do in mano. Dal Rapporto, infatti, si evince che per una quota di giovani tra i 15 e i 24 anni oggi è meno facile di qualche anno fa passare da un’occupazione temporanea ad una fissa, mentre “nell’ultimo periodo è sostanzialmente aumentata l’uscita verso la disoccupazione e l’inattività: ovvero, se in passato era più probabile per un giovane a cui scadeva un contratto a tempo determinato essere assunto con contratto permanente, attualmente questa situazione si è capovolta, dato che è molto più probabile alla scadenza passare tra i non occupati”. I dati del Rapporto Cnel non sono davvero incoraggianti. Quel che sembra è che l’introduzione della flessibilità contrattuale finora invece che favorire una maggiore mobilità e contaminazione, tra esperienze professionali e aziendali diverse, ha solamente ampliato la sfavorevole condizione di partenza dei giovani. Forse sarebbe ora di considerare qualche via d’uscita senza continuare la litania consolatoria: “Si ma tanto per i giovani è sempre stato così”. Andrea Casavecchia

SALVAGUARDIA DEL CREATO

La terra della pace “Custodire il creato, per coltivare la pace” è il tema della 5ª Giornata per la salvaguardia del creato che verrà celebrata il 1° settembre. La Cei, tramite le due Commissioni episcopali per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e per l’ecumenismo e il dialogo, ha voluto dare una particolare rilevanza a questa Giornata, predisponendo un messaggio diffuso il 1° maggio scorso e anche realizzando un dossier. La giornata, dicono i vescovi, “costituisce per la Chiesa in Italia un’occasione preziosa per accogliere e approfondire, inserendolo nel suo agire pastorale, il profondo legame che intercorre fra la convivenza umana e la custodia della terra, magistralmente trattato dal Santo Padre Benedetto XVI nel messaggio per la 43ª Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2010), intitolato ‘Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato’”. Cosa dice il Messaggio. I vescovi aprono il documento con una riflessione sul “dono della pace”, affermando che “la Sacra Scrittura ha uno dei punti focali nell’annuncio della pace, evocata dal termine shalom nella sua realtà articolata: essa interessa tanto l’esistenza personale quanto quella sociale e giunge a coinvolgere lo stesso rapporto col creato. L’assenza di guerre costituisce, infatti, solo un elemento di una dinamica che investe la vita umana in tutte le sue dimensioni e che, secondo l’Antico Testamento, si realizzerà in pienezza nel tempo messianico”. “Anche il Nuovo Testamento - prosegue il documento - evidenzia tale ricchezza di significato, collegando strettamente la pace alla Croce del Signore, da cui sgorga come dono prezioso di riconciliazione”. La pace minacciata. I vescovi ribadiscono il fatto che oggi “la pace è minacciata”. “Benedetto XVI ha segnalato più volte quanti ostacoli incontrino oggi i poveri per accedere alle risorse ambientali, comprese quelle fondamentali come l’acqua, il cibo e le fonti energetiche - scrivono -. Spesso, infatti, l’ambiente viene sottoposto a uno sfruttamento così intenso da determinare situazioni di forte degrado, che minacciano l’abitabilità della terra per la generazione presente e ancor più per quelle future”. 2011, la Convocazione ecumenica di Kingston. Nel testo si sottolinea che la salvaguardia del creato costituisce “un impegno di vasta portata, che tocca le grandi scelte politiche e gli orientamenti macro-economici, ma che comporta anche una radicale dimensione morale”. Nella parte conclusiva viene richiamato l’evento dell’anno 1983 quando “l’Assemblea di Vancouver del Consiglio ecumenico delle Chiese invitava i cristiani a una ‘visione eucaristica’, capace di abbracciare la vita personale e sociale, che si realizza nel creato”. “Oggi - scrivono i vescovi - la stessa pace con il creato è parte di quell’impegno contro la violenza che costituirà il punto focale della grande Convocazione ecumenica prevista nel 2011 a Kingston, in Giamaica.


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L’ARCIVESCOVO ALLA CITTÀ

Il Messaggio di Mons. D’Ambrosio al termine della processione dei Santi Patroni

Come sotto l’ala di un uccello... “Niente è finito - scriveva Aldo Moro - malgrado l’oscurità sconcertante di questa che pur sappiamo essere un’aurora” CONTINUA DALLA PRIMA

Il cuore nel Borgo In modo pubblico e palese, con amore grande a questa mia città e al suo territorio - ormai sono e mi sento fortemente legato a questa mia terra non posso non mettervi a parte, come Pastore di questa Chiesa, di alcune mie riflessioni che a voce alta e chiara risuonano in questa Piazza. C’è un luogo che è alla periferia di questa nostra città ma non può rimanere alla periferia del nostro cuore e delle nostre attenzioni, se è vera la nostra conclamata e ribadita professione di impegno per il rispetto e la tutela della dignità di ogni uomo. Mi riferisco alla ‘casa circondariale’ di Borgo S. Nicola, un luogo da me frequentato e spesso visitato anche per tener fede a una promessa che ho fatto agli ospiti nella mattinata del giorno d’inizio del mio servizio episcopale in questa Chiesa il 4 luglio dello scorso anno. Domani trascorrerò alcune ore della mattinata con questi infelici fratelli e sorelle, portando loro la mia parola e il mio ‘fresco ‘ augurio a nome dell’intera comunità. Tutti sappiamo in quale stato di umano disagio - è un eufemismo - gli ospiti sono costretti a vivere. Mancano loro gli spazi vitali. Lo sappiamo: a fronte di una capienza di 659 unità, in realtà al sabato 21 agosto ne sono accolti in 1476. E se la soglia al limite del tollerabile può arrivare fino a 1100 unità in situazioni di emergenza, possiamo ben immaginare a quale disagio, e a quali difficoltà fisiche e psicologiche essi sono costretti. Né è da sottovalutare l’ulteriore aggravio provocato dal caldo afoso di queste settimane. Alcuni di loro continuano a scrivermi e a raccontarmi la fatica materiale, i disagi, gli stati di angoscia, di depressione, le sofferenze per la solitudine in cui vivono, per scelte sbagliate, per la mancata o rarefatta presenza di quanti sono al centro dei loro affetti e delle loro speranze. Nel corso di questo anno, due hanno concluso tragicamente con il suicidio il dramma della loro esistenza. Per l’altro verso però devo confessarvi che è consolante per

me sentirmi narrare gesti di amicizia sincera che non difettano in un luogo che, il giudizio di noi benpensanti, ritiene incapace di solidarietà concreta. In una lettera ricevuta recentemente leggo: ”cerco di confortare chi vede tutto negativo, cerco e dono vestiti a chi ne ha bisogno, cerco di rendermi utile a tutti”. E continua con una sincerità disarmante: “Mi rendo conto che compiere queste azioni mi viene fin troppo facile, e forse lo faccio perché mi fa star bene, inconsciamente sarà un modo per assolvermi. Comunque lo faccio.” Molti mi chiedono preghiere e benedizioni soprattutto per i loro cari, aggiungendo che forse non meritano tanto, quasi che l’amore del Signore ha delle preferenze: ‘ figli e figliastri’. Da questo luogo, da questa piazza, agli ospiti della casa circondariale in questo momento solenne, va il nostro saluto, il nostro pensiero, la nostra preghiera, il nostro affetto sincero che diventano l’opera buona di questi giorni di festa, chiamati come credenti all’adempimento di una delle sette opere di misericordia che nessun concilio o decreto della Chiesa ha abolito: ‘Visitare i carcerati’. Ma è soprattutto un ricordare alle istituzioni preposte che una tale situazione non trova giustificazioni nel contesto di un Paese moderno che ha sottoscritto la dichiarazione dei diritti umani. Ora è ben giusta e doverosa, da parte mia, una parola di gratitudine al volontariato cattolico che non fa mancare la sua presenza in questo luogo di sofferta e faticosa riabilitazione: la comunità ‘speranza’, la Gifra, il volontariato vincenziano, per il costante, generoso e incoraggiante sostegno agli ospiti. Sanno esprimere in modo concreto e senza chiasso la fedeltà all’opera di misericordia poc’anzi ricordata. Anche le parrocchie sono chiamate a continuare il loro impegno, assicurando assistenza morale e materiale ai detenuti e alle loro famiglie. Ora un atto di amore per questa nostra città che sta presentando ai Santi Patroni le sue urgenze e i suoi bisogni. Lo sguardo benevolo, l’invocazio-

ne di tutti noi è per questa nostra comunità, per questa nostra Lecce che necessita ancor più di essere amata, protetta, valorizzata con una cura attenta ad eliminare qualche ruga che incomincia a solcare il suo volto. E le rughe sono le urgenze e i bisogni costretti a stazionare per troppo tempo; sono le grandi opere belle o meno belle, funzionali secondo alcuni, non opportune secondo altri ma che appartengono alla comunità che vi ha messo molto del suo e che continuano a stazionare sui blocchi di partenza ma inspiegabilmente tarda ad arrivare lo starter per farle partire, e…. mesi e… anni passano. C’è una città che accoglie moltitudini di visitatori ma che non sempre riesce a dare il meglio che le appartiene. Non manca purtroppo un po’ di disordine e trasandatezza, Abituato a percorrere le strade e le piazze della città in solitario, nelle prime ore del mattino, devo scoprire la mancanza di senso civico, di attenzione al patrimonio artistico, di rispetto di luoghi significativi e sacri scambiati e offesi dall’utilizzo che se ne fa e che rasenta l’indecenza. Avrei tanti episodi da raccontare e che, mio malgrado sono costretto a vedere dal mio posto di osservazione. Anche i bei sentimenti che chiedono riservatezza e non possono essere pubblicizzati, trovano nei portali e negli ingressi delle Chiese, a tutte le ore, il luogo delle effusioni di ogni tipo.

La Chiesa e le sfide educative La nostra Chiesa nel Convegno diocesano del mese di settembre, raccoglierà le istanze e le urgenze della sfida educativa, problema da affrontare mettendo in essere in un confronto dialogico tutte le realtà coinvolte in questo spartiacque importante, perché emerga una comunità seria, matura, attenta e partecipe in prima persona alla realizzazione di una storia a misura di uomo. In questo compito non possono essere assenti meno che mai latitanti le comunità parrocchiali, i gruppi ecclesiali, le istituzioni deputate al governo e al servizio della comunità. Non posso non ribadire alcune affermazio-

ni del mio Messaggio per l’ora presente di qualche mese fa. Non è possibile la politica dello struzzo. Proviamo a bloccare la crescente disaffezione tra le istituzioni pubbliche e la gente, tra le strutture di governo (locale, regionale, nazionale) e la società viva. Alcuni problemi urgenti (disoccupazione, giovani, precariato, famiglie giovani, casa…) non vengono affrontati con prontezza e decisione. I tempi lunghi delle consultazioni, dei vari riassetti, creano un vuoto di fiducia nel dialogo istituzioni – cittadini. Anche qui assistiamo all’attualità del detto di un famoso storico romano: dum Romae consulitur, Sa-

“Da questa piazza, agli ospiti della casa circondariale il nostro pensiero, la nostra preghiera, il nostro affetto sincero che diventano l’opera buona di questi giorni di festa” “I Santi Patroni continuino a guardare con amore grande Lecce e il Salento, perché il bene comune venga da tutti cercato, gli egoismi eliminati, le divisioni non esasperate e la via del dialogo perseguita con più convinzione”

guntum expugnatur. Di certo è importante il dialogo, il confronto, lo studio dei problemi ma non si può esporre la comunità, a causa dei tempi lunghi delle consultazioni in vista di una ritrovata e più efficace unità per la realizzazione del programma, a mordere il freno dell’impazienza peggio ancora se l’impazienza si trasforma in indifferenza, assenza, sfiducia, apatia.

Il bene comune e lo stile di servizio I Santi Patroni ottengano per tutti noi uno stile di servizio scevro da personali interessi, non frutto di ragioni o calcoli politici o di parte, ma segno di un amore gratuito e generoso, teso ad offrire un contributo intelligente e responsabile alla costruzione del bene comune e a dare risposte nuove alle istanze e alle attese della comunità. I Santi Oronzo, Giusto e Fortunato continuino a guardare con occhio benevolo e con amore grande la città di Lecce e il Salento loro affidato, perché il bene comune venga da tutti cercato, gli egoismi eliminati, le divisioni non esasperate e la via del dialogo perseguita con maggiore convinzione, scevra da ogni furbizia e da ogni sottinteso, non adusa alla calunnia e alla menzogna, talvolta usati come strumenti di lotta contro gli avversari. A loro, ai nostri Santi, vogliamo affidare una radicata convinzione: un cambiamento è possibile, la speranza può tornare ad abitare tra di noi. In fondo il compito dei cristiani, chiamati ad essere luce per il mondo, non è quello di negare le tenebre di questo particolare momento storico, ma è quello di intravvedere le luci dell’alba anche quando l’oscurità della notte è fitta. Un nostro grande conterraneo, politico credente, lo ha riportato un quotidiano nei giorni scorsi, affermava di fronte alle rovine e allo sfascio della II guerra mondiale: “niente è finito…. malgrado l’oscurità sconcertante di questa che pur sappiamo essere un’aurora”. Questo politico credente si chiamava Aldo Moro. Il Signore ci benedica, ci custodisca, ci conceda pace. + Domenico D’Ambrosio


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ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di don Angelo Sceppacerca

La casa per i poveri

Non è una lezione di buone maniere. Gesù sta parlando del Regno di Dio e il banchetto ne è l’immagine. Regno e banchetto hanno in comune la necessità di essere invitati dal Padre, ma sul resto c’è una vera rivoluzione in quello descritto dal Signore: gli invitati sono gli umili e i bisognosi di tutto, soprattutto di salvezza. Il banchetto suggerito da Gesù è contrario a tutti gli usi abituali, perché rivolto, come invitati, a tutte le categorie di emarginati. Di fronte a Dio nessuno lo è, ciascuno è prossimo. L’invito a nozze non dipende da noi perché il banchetto non è nostro. Prima viene la scelta di Gesù (“io ho scelto voi”) e poi tocca a noi dirigerci verso l’ultimo posto. Il migliore per star vicini a Gesù che, proprio per questo, ci invita a salire di posto e a sedergli accanto. Il fatto che siano invitati ciechi e zoppi, suggerisce di intrattenere con loro buone relazioni, anzi fraterne, così da sperare nella retribuzione futura. Se l’ultimo posto indica la vergogna, essere invitati a lasciarlo mostra la gloria. Il passaggio dalla vergogna alla gloria è figura esplicita della Pasqua di Gesù, ma anche della nostra vicenda. Come si vede, nel Vangelo di questa domenica c’è ben più di una norma di galateo. C’è la figura di Gesù e quella del discepolo salvato. A tenerle unite, speculari, l’umiltà. Una famiglia che da anni ha scelto di vivere con i poveri di un piccolo villaggio turco, ai confini con l’Iran, racconta: “Questo abbiamo cercato di vivere qui con questa gente: condividere la nostra umanità di figli di Dio, scoprendo che i nostri desideri, speranze, paure, lacrime e sorrisi sono gli stessi dei musulmani che vivono accanto a noi. Condividere il mistero dell’incarnazione di Gesù che ha vissuto per servire e non per essere servito. È così che abbiamo cercato di vivere con loro, come diceva san Francesco ai suoi frati che vivevano con i saraceni: essere, nella semplicità e nell’umiltà più profonda del cuore, dei servitori di un’umanità che soffre e spera, cercando di consolare, così come siamo stati consolati. Dom Helder Camara, vescovo brasiliano, ha detto che siamo noi, con la nostra vita e le nostre azioni, l’unico vangelo che molte persone leggeranno. Cerchiamo allora di essere quella ‘edizione speciale’ del vangelo, dove la specialità è data dall’umiltà e dalla disponibilità all’amore”. A Madre Teresa di Calcutta un giornalista domandò che cosa secondo lei non andava bene nel mondo; rispose: “Quello che non funziona, signore, siamo lei ed io”.

Nelle Marche l’annuale incontro nazionale per l’Ordo virginum delle diocesi italiane La bellissima terra delle Marche ha ospitato nei giorni 14-18 agosto 2010 l’annuale incontro dell’Ordo Vrginum delle diocesi che sono in Italia. Le 200 vergini convenute hanno ricordato il 40° anniversario del ripristino del Rito di Consacrazione nell’Ordo Virginum (31 maggio 1970), uno dei più antichi stili di consacrazione femminile presenti nella Chiesa Cattolica, e hanno riflettuto sul tema “Profezia della Fedeltà”, particolarmente adatto per questa vocazione antica che affonda le sue radici già nel I° secolo del Cristianesimo e al tempo stesso “nuova” per la sua semplicità ed originalità. Significativa è stata la relazione di Padre Amedeo Cencini (Docente presso la Pontificia Università Salesiana Roma) nella quale viene sottolineato che l’itinerario di formazione inizia-

le e permanente della vergine consacrata ha come modello l’evento pasquale di passione, morte e risurrezione di Gesù. Mentre l’intervento della prof.ssa Serena Noceti, partendo da una lettura ecclesiologica del ministero, proseguendo col tracciare una identità dell’Ordo Virginum nell’orizzonte delle relazioni Regno-mondo-Chiesa, ha messo in luce la fecondità della consacrazione verginale come profezia, fedeltà, responsabilità e libertà. L’incontro è stato arricchito dalla presenza e dagli interventi dei Vescovi delle Diocesi Marchigiane che, ancora una volta hanno confermato il prezioso valore, della consacrazione verginale oggi nel mondo, e la sua missione nella Chiesa. Anna Stippelli Ordo Virginum

NUOVI PARROCI

Il 5 settembre don Elvi a S. Francesco La parrocchia di “S. Francesco D’Assisi”, in Lecce, avrà la gioia di accogliere, domenica 5 settembre 2010, il nuovo parroco nella persona di don Elvi De Magistris. Un ringraziamento va all’ex parroco mons. Giorgio Patrizi, che per 13 anni ha guidato la comunità parrocchiale e al ministero svolto dal vicario cooperatore don Antonio Orlando. Il programma di accoglienza per l’inizio del servizio pastorale del nuovo parroco, prevede la Celebrazione eucaristica presieduta da mons. Fernando Filograna, Vicario generale, per giovedì 2 settembre, ore 19:00, con riflessione su “La Parrocchia, luogo concreto dove vive e opera la Chiesa diocesana e universale”; seguito venerdì 3 settembre, ore 19:00, dalla Celebrazione presieduta da mons. Pierino Liquori, Vicario per la pastorale organica, che affronterà il tema “Parrocchia e spiritualità eucaristica”; sabato 4 settembre, ore 19:00, mons. Nicola Macculi, Direttore ufficio della pastorale sociale e del lavoro, celebrerà l’eucaristia con riflessione sulla “Parrocchia Società civile”. E domenica 5 settembre, alle ore 10:30, ci sarà la Celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo metropolita di Lecce, mons. Domenico D’Ambrosio, che darà il benvenuto al nuovo parroco per l’inizio del servizio pastorale. Spiritualità e meditazione saranno il filo conduttore degli incontri previsti dal programma, dove, si affronteranno temi di rilievo, che permetteranno ai credenti di riflettere sulla Parola di Dio, creando momenti di crescita culturale ed umana. E sarà dalla condivisione di questi momenti, che potrà avvenire lo sviluppo autentico, grazie a tutto l’impegno e dedizione di coloro che si prodigano per fare bene il proprio operato. Questo porterà a porre maggiore attenzione a quello che è la ricerca della verità, della fratellanza, della fede e dell’amore verso il prossimo, proprio a partire da ciò che è più vicino, dalla realtà cittadina e quindi dalla parrocchia, perno della nostra comunità cristiana. Enza Sava

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L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Dal 28 al 31 agosto 2010 Visita la Diocesi di Cuenca, in Spagna, che accoglierà i giovani leccesi della prossima GMG 2011, prendendo i primi contatti con le autorità del luogo Mercoledì 1 settembre 2010 Ore 19 Celebra la Santa Messa nella Matrice di Campi in onore di Sant’Oronzo Giovedì 2 settembre 2010 Mattina - Udienze

Venerdì 3 settembre 2010 Mattina - Udienze Sabato 4 settembre 2010 Ore 19 - Presiede la Santa Eucaristia per l’immissione canonica di don Fernando Capone nella Matrice di Surbo Domenica 5 settembre 2010 Ore 10.30 - Presiede la Santa Eucaristia per l’immissione canonica di don Elvino De Magistris nella parrocchia San Francesco d’Assisi in Lecce

SALENTO FRANCESCANO di frà Paolo Quaranta

Guai a chi molla! Riprendiamo, dopo il meritato riposo, il nostro cammino con Francesco d’Assisi per cercare di orientare il nostro cammino di perfezione battesimale con la luce di un altro faro, che ci ha preceduti in questo cammino, ma che ancora può illuminare i nostri passi. Abbiamo da pochi giorni portato in spalla i nostri Patroni per le vie di Lecce non certo per far prendere arie alle statue di argento per evitarne l’ossidazione, ma perché crediamo fortemente di aver bisogno di ispirarci a qualcuno che ha investito la sua vita per il Regno perché anche noi possiamo dirci disponibili a questo disegno. Già: renderci disponibili. È la disponibilità, la malleabilità a farsi plasmare ogni giorno dal Dio Creatore e Ri-Creatore che ha reso santa la vita di Francesco. Lui non si è nascosto dietro un dito accampando scuse che facilmente deresponsabilizzano, ma, secondo ciò che ha inteso, si rimbocca le maniche e costruisce la Chiesa. Fino alla fine della sua vita, Francesco avrà il timore di aver costruito poco, ma non per questo si è fatto vincere da questo timore. È andato avanti sbagliando, cadendo, ma mai abbandonando quell’ascolto di quella voce che lo impegnava a consegnare la sua vita anche quando gli insuccessi sembravano aver la meglio. “Guai a chi molla!” potrebbe essere lo slogan di oggi per un cammino di santità. Francesco ha vinto il rischio che dimensioni che non rientravano negli schemi di un cammino di “santità preconfezionata” venissero represse, negate, cancellate. Non volle abolire

Scriviamo il giorno della sua nascita al cielo: 24 agosto (1586). Noi tra i più anziani ricordiamo un’altra data, quella del 30. Una data approssimativa per eccesso che aveva preceduto la riforma conciliare nel calendario liturgico d’inizio anni ’70; ma che ancor prima era stata traslata al 26 dello stesso mese. I periti conciliari della liturgia hanno scelto la data del 23, approssimativa per difetto, perché quella del 24 è sempre ostacolata dalla festa di San Bartolomeo Apostolo. Il primo luogo del culto leccese alla Vergine di Lima (capitale del Perù) non è stato quello del campo di Santa Rosa sulla Lecce-Frigole, ove prima della guerra si concludevano le feste patronali di Sant’Oronzo nella notte tra il 26 e il 27 agosto con i fuochi d’artificio. I testi delle enciclopedie cattoliche, con a capo la Bibliotheca Santorum (enciclopedia dei Santi), ci ricordano la chiesa di Santa Maria delle Grazie in piazza S.Oronzo o meglio chiamata della grazia per il miracolo Mariano ivi compiutosi sul far dell’8 agosto del ‘596. Sul lato destro del tempio, ora nell’unico altare c’è la solita rosa che la Santa porge a Gesù Bambino seduto sulla sua Mamma; ove su un esile filo si legge una scritta di ringraziamento che Gesù le dava in risposta alla sua offerta con parole evidentemente pronunciate nel corso di un’apparizione: “Rosa cordis mei sponsa tu mihi esto”

niente del suo bagaglio di esperienza, del suo cammino di ricerca costante del Signore e della Sua volontà. Tutti gli impulsi li faceva girare, però, attorno all’unico Cardine, all’unico centro propulsore, venivano illuminati dall’oggetto della sua ricerca, da ciò che dava volto alla sua storia. Quando il Santo si riteneva peccatore molto vile, indegno della salvezza di Dio, diceva la verità, parlando della dimensione delle ombre della sua vita; ma questi meandri scuri non li represse, ma li integrò perché la loro forza non sconvolgesse l’equilibrio, ma aiutasse a crescere in direzione del raggiungimento del premio eterno. Francesco fu un santo che riuscì ad integrare in pienezza la sua energia in modo esemplare; specialmente la negatività fu assunta come cammino di armonizzazione con tutte le tendenze che essa poteva avere. Le biografie e le cronache del tempo sono piene di parole di Francesco nelle quali egli umilia se stesso, si confessa peccatore e indegno servo di tutti. È la logica degli ultimi posti di cui il Vangelo ci parlerà in questa domenica. Un simile riconoscimento è un duro colpo a quel narcisismo, mondo che ruota attorno a se stesso, proprio dell’età della sua giovinezza. Con questo riconoscimento, però, egli dà libero sfogo ad un’esperienza più completa della sua stesa realtà e permette così un’integrazione senza annullamento. Francesco, Oronzo, Giusto, Fortunato… sembrano ancora chiederci: “Chi è più grande? Chi serve o chi è seduto a tavola?”.

Il culto leccese per S. Rosa da Lima (rosa del mio cuore sii tu la mia sposa). A questo punto ci domandiamo se Gesù le ha parlato in spagnolo o in

latino. Allo scrivente sembra più probabile l’uso della lingua latina, non solo perché lingua ufficiale della Chiesa, ma anche lingua dei dotti del tempo. E non dobbiamo dimenticare che Santa Rosa apparteneva ad una famiglia di un alto funzionario di quella capitale dell’intero viceregno spagnolo dell’America Latina. La campagna intorno alla nostra città (sia nel semicerchio interno della Cupa, sia nel terreno degradante verso il mare) era un tempo tutta costellata di antiche case coloniche che ora si sono trasformate in lussuose ville residenziali. E a tal proposito ricordiamo alcune icone o cappelle campestri; tra cui Sant’Oronzo di Fuori, San Ligorio, e sans souci. E mettiamoci anche quella dell’Immacolata all’incrocio tra via vecchia e nuova Frigole. Ci piace concludere queste brevi note di casa nostra riandando al vero nome di Santa Rosa che era Isabella e si mutò in rosa per la sua rara bellezza: così come in questi giorni i testi storico liturgici ci ricordano. La Nostra visse solo 31 anni, ma la sua breve vita ben presto si mutò in un vero purgatorio terreno per i tanti suoi mali che il buon Dio le donò e lei accettò di buon cuore. Una sofferenza che vale quanto un vero purgatorio della seconda vita, dal quale - come spesso si dice - i Santi ci passano molto di lontano. Oronzo De Simone


L’Ora del Salento

Lecce, 28 agosto 2010

catholica

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Il messaggio di Papa Benedetto XVI al Meeting per l’amicizia dei popoli svoltosi a Rimini nei giorni scorsi

Il Santo Padre: l’uomo diventa se stesso quando realizza i desideri del suo cuore “Ogni uomo intuisce che proprio nella realizzazione dei desideri più profondi del suo cuore può trovare la possibilità di realizzarsi, di compiersi, di diventare veramente se stesso”. E’ quanto si legge in un messaggio di Benedetto XVI al Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si è concluso a Rimini sul tema “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. L’uomo “sa che non può rispondere da solo ai propri bisogni”, si legge nel messaggio a firma del Segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone: “per quanto si illuda di essere autosufficiente, egli sperimenta che non può bastare a se stesso. Ha bisogno di aprirsi ad altro, a qualcosa o a qualcuno, che possa donargli ciò che gli manca. Deve, per così dire, uscire da se stesso verso ciò che sia in grado di colmare l’ampiezza del suo desiderio”. L’uomo “è spesso tentato di fermarsi alle cose piccole, a quelle che danno una soddisfazione ed un piacere ‘a buon mercato’, a quelle che appagano per un momento, cose tanto facili da ottenere, quanto ultimamente illusorie. Da parte nostra dobbiamo purificare i nostri desideri e le nostre speranze per potere accogliere la dolcezza di Dio”.

Desiderare cose grandi Aprendo il Meeting il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, ha detto che “Dio è padre, ma il suo cuore è anche quello di una madre”. Per il presule “il nostro cuore è pieno di una felicità straripante, capolavoro della sua arte creatrice: il cuore è per natura fatto per desiderare cose grandi, in

esso è racchiusa la nostalgia per una patria perduta”. Mons. Lambiasi ha sottolineato che la dimensione più autentica dell’uomo è la preghiera: “imparare a pregare è imparare a desiderare e quindi a vivere”, ha affermato. In apertura della celebrazione il presidente del Meeting, Emilia Guarnieri, ha voluto ricordare don Giancarlo Ugolini, sacerdote riminese scomparso l’anno scorso, tra i partecipanti al primo gruppo che ha dato vita all’iniziativa. “Una volta mi disse - ha detto Guarnieri - di ricordarci sempre che il Meeting non è nostro”.

SALENTO MARIANO

Vincere i conflitti con l’amore Tra gli interventi del Meeting quella della presidente della Repubblica d’Irlanda Mary McAleese che si è soffermata su alcuni eventi che hanno caratterizzato la storia d’Irlanda per dimostrare che “la ricerca del dialogo, della convivenza e del rispetto reciproco basati su una concezione dell’uomo centrata sull’amore e non sull’odio possono vincere i conflitti e creare le condizioni per un miglioramento della vita delle persone quindi della nazione”. Riferendosi alle crisi sociali ed economiche

di Valerio Terragno

degli ultimi anni McAleese ha provato a tracciare l’identikit di un politico cristiano: “Deve favorire il dialogo con chi la pensa diversamente senza aspettare che la pensi come lui. Inoltre ogni crisi, come quella finanziaria, può sempre essere strumento per un cambiamento, umano prima che economico o finanziario: se seguiamo la legge dell’amore allora potremmo costruire un mondo migliore”.

Al centro l’uomo Il Meeting di questo anno ha de-

scuola e mass media

dicato ampio spazio alla ripresa economica che, ha affermato Giorgio Vittadini, della Compagnia delle Opere, sarà possibile “solo tramite una svolta antropologica che rimetta al centro l’uomo e il suo desiderio perché solo un desiderio non ridotto cambia anche l’economia”. Per Vittadini “occorre ripensare a come fare impresa perché questo Paese continua comunque a stare in piedi, perché la gente costruisce ogni giorno dal basso”: la ripresa economica sarà, pertanto, possibile “solo tramite una svolta antropologica che rimetta al centro l’uomo”.

di Adolfo Putignano

La Madonna della Luce a Scorrano Nuove tecnologie e apprendimento Molti paesi salentini vantano la presenza di interessanti monumenti, a volte poco conosciuti, come la chiesa della Madonna della Luce, a Scorrano. Questo tempio dalla caratteristica pianta ottagonale, sorge alla periferia di Scorrano, centro situato nel cuore del Salento centro- meridionale, a poca distanza da Maglie. Esso fu ricostruito tra il 1734 ed il 1735, a spese del sacerdote-pittore don Giuseppe Maria Manfredi, nel luogo ove sorgevano sia una necropoli medievale che un tempio di fondazione bizantina. L’edificio, sovrastato da una grande cupola, terminante con un lanternino, si presenta, esternamente, con un prospetto classicheggiante, suddiviso in tre specchiature, intervallate da una serie di paraste, provviste di capitelli corinzi. Nella zona centrale, si apre il portale, al centro di quelle laterali, in delle nicchie, sono collocate le statue lapidee di Sant’Andrea e San Giovanni Evangelista, mentre nei lati più corti dell’ottagono, si trovano le statue della Vergine col Bambino e di San Giuseppe Patriarca. In alto, su un cornicione, poggia un timpano spezzato, occupato, al centro, da un’elegante finestra a grata. Il luminoso interno è ravvivato dalla presenza di tre altari. Di fronte la porta di ingresso, si trova il magnifico altare maggiore, in stile barocco, arricchito dalla presenza di fregi e statue, il quale contiene il busto, scolpito della Madonna dell’Assunta, titolare ufficiale della chiesa. Questa statua, inserita in un ovale e mutila nella parte inferiore, proviene dalla chiesa dei Frati Cappuccini di Scorrano, intitolata a Santa Maria degli Angeli. Un gruppo di angioletti che sovrastano la cornice superiore, sorreggono un cartiglio contenente la seguente scritta, in latino: D.O.M./ Mundi in Caelo/ Assumpta Vulgo Dicata/ della luce/ 40 ( 1740), in cui è invocata la Beata Ver-

gine dell’Assunta, venerata anche come la Madonna della Luce. Le donne scorranesi, in attesa di un figlio, sono solite recarsi, infatti, in questo tempio, per ottenere la protezione della Madre di Dio, affinché possano dare alla luce un bambino sano. Nel fastigio dell’altare, campeggia una tela raffigurante l’Assunzione di Maria, affiancata da due iscrizioni votive latine. A destra dell’entrata è collocato l’altare contenente la tela di Sant’Irene, Santa Patrona della città di Lecce, risalente sempre al XVIII secolo. Di fronte, nell’ala sinistra dell’edificio, si può ammirare l’altare, intitolato a San Michele Arcangelo, molto venerato, sin dal Medioevo, in una grotta, situata nella zona del Promontorio del Gargano, nella Puglia settentrionale. La pala raffigura l’Arcangelo, maestoso e dal volto lucente, in atto di trafiggere il diavolo, rappresentato sotto le spoglie di un drago. In una targa, posta al di sopra dell’altare, si legge un iscrizione votiva, in latino, in onore di questo Santo, protettore dell’antico Principato Longobardo di Benevento. Nella chiesa di Santa Maria della Luce, a Scorrano, si conservano pregevoli statue in cartapesta, come quelle di San Francesco, di Sant’Elisabetta di Ungheria e di San Rocco. A destra del piazzale, antistante la chiesa, si trova “ l’Osanna”, colonna votiva secentesca, originariamente collocata al centro della piazza. In tempi lontani, secondo un’antica usanza pagana, i pastori facevano compiere, alle femmine gravide dei popri animali, alcuni giri propiziatori, intorno alla colonna, affinchè esse potessero affrontare un parto tranquillo. A Scorrano, a partire dagli anni 70 del XX secolo, è ritornata l’usanza di festeggiare la Madonna della Luce, il 15 agosto, giorno delle festività dell’Assunta e di San Rocco da Montpellier.

La multimedialità interpella il mondo scolastico. Anche se la comunicazione non risulta considerata in modo adeguato nella controversa trattazione sulle riforme, la scuola non può ignorare i mutamenti tecnici, sociali ed economici, poiché informazione e comunicazione interagiscono intensamente con la comunità civile. Anzi, la presenza e l’uso delle moderne tecnologie nella scuola costituiscono significativi indicatori del modo di intendere la comunicazione educativa in rapporto alla società contemporanea. Gli strumenti massmediali, infatti, sono apportatori concreti del cambiamento che l’innovazione comporta: non possono rimanere valutati nell’ambito linguistico come semplice sostegno per l’indagine e l’espressione letteraria ed in quello scientifico come ulteriori possibilità per la ricerca. Come nella società e nella Chiesa, la comunicazione è sempre più essenziale all’interno della scuola e tra i diversi istituti e costituisce per tutti una risorsa. Sono possibili nuovi percorsi di apprendimento: già nella quotidianità lo sviluppo tecnologico è mezzo fondamentale negli itinerari di conoscenza e di approfondimento ed elemento significativo della cultura contemporanea. Nella scuola, se ne avvantaggiano le relazioni all’interno dei percorsi programmati e, con l’interattività, si aprono squarci nuovi nello studio, nel dialogo e nello sviluppo delle sinergie, superando l’unicità degli strumenti didattici incentrati sulla stampa all’interno di istituzioni imperniate sulla fredda continuità, aprendo l’orizzonte verso inediti sviluppi sociali e favorendo una presenza dinamica e trascinante dell’istituzione sco-

lastica nella vita civile. Le attività con i media riguardano la comunicazione all’interno della comunità scolastica e nei rapporti con il territorio: se erudire non vuol dire indottrinamento ma mettere in moto impulsi motivati a cogliere cognizioni e a maturare una formazione culturale, gli strumenti massmediali oggi trasformano l’attività di operatori e fruitori, alunni e docenti, istituzioni e società, favorendo l’interazione interpersonale. Non solo nei processi di apprendimento, ma nelle stesse modalità di relazionarsi e nello sviluppo delle conoscenze. L’organizzazione del lavoro scolastico, inoltre, non deve semplicemente mirare ad utilizzare i media, a cominciare da quelli digitali, come semplici elementi di sostegno agli interventi formativi ma quale accompagnamento dei processi di scoperta nell’ambito dell’attività cognitiva che si sviluppa in relazione alla comunicazione con gli altri, alle relazioni sociali ed al contesto ambientale. E occorre considerare l’impiego delle tecnologie massmediali come nuove modalità d’intermediazione nel rapporto docentediscente non solo per usufruire di reti archivistiche, di banche-dati e di immediati collegamenti, ma soprattutto per potenziare la formazione con ulteriori acquisizioni cognitive, migliorare le abilità metodologiche ed operative, arricchire le esperienze interiori, qualificare il bagaglio culturale… All’interno di una comunità civile già immersa nel mondo digitale e collegata in rete a livello universale, la scuola s’incammina così verso lo sviluppo di nuove capacità di tutti i componenti, discernendo e valorizzando potenzialità in un processo unitario di competenze tradizionali e massmediali.


L’Ora del Salento

Lecce, 28 agosto 2010

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Da settembre unità antitruffe all’Inps

Ammontano ad almeno 100 milioni di euro le somme indebitamente pagate dall’Inps nel solo 2010 per effetto delle tante truffe organizzate ai suoi danni e oggetto di numerose indagini della magistratura. L’attività investigativa svolta da autorità giudiziaria e forze dell’ordine nei primi sette mesi dell’anno, con l’attiva collaborazione dell’Istituto previdenziale, ha portato ad indagare - in tutta Italia - 5.245 persone e denunciarne 976, mentre 135 sono stati gli arresti, 42 le condanne e 32 le richieste di condanna da parte dei Pubblici ministeri. Anche in provincia di Lecce si sono registrati notevoli successi, dovuti in particolare alla collaborazione tra Inps e Guardia di Finanza. “L’azione di contrasto contro chi tenta di truffare l’Inps e quindi lo Stato sarà sempre più determinata - ha dichiarato recentemente il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua - e infatti nel mese di settembre costituiremo una nuova unità antitruffe presso la Direzione generale dell’Istituto per coordinare le operazioni su tutto il territorio nazionale”. Le truffe ai danni dell’Inps hanno per protagonisti principalmente falsi invalidi (55 arrestati, 470 indagati, 2 denunciati e 4 per i quali è stata richiesta la condanna, per oltre 11 milioni di euro indebitamente pagati), falsi braccianti agricoli (48 arrestati, 4.415 indagati, 945 denunciati, 41 condannati e 28 per i quali è stata richiesta la condanna, per oltre 25 milioni di euro indebitamente pagati per indennità di disoccupazione, maternità e malattia),

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

persone che riscuotono prestazioni di defunti, imprenditori che assumono fittiziamente lavoratori per consentire loro di ottenere prestazioni a sostegno del reddito. “Anche l’ultima truffa ai danni dell’Inps venuta alla luce nei primi giorni di agosto, che ha visto una ventina di studi legali della capitale finire nel mirino della Procura della Repubblica prosegue il presidente Antonio Mastrapasqua - conferma come l’Istituto, attraverso la stretta collaborazione con l’autorità giudiziaria, voglia svolgere in maniera sempre più efficace il proprio ruolo di baluardo a difesa della legalità. Le situazioni anomale, scoperte dal personale nello svolgimento della propria attività, vengono immediatamente denunciate nel tentativo di sventare le truffe, che rappresentano un danno non solo per l’Inps, ma per l’intera collettività. Sul fronte dell’invalidità civile, una novità è prevista dalla legge 122/2010. I medici che attestano falsamente uno stato di malattia o handicap che dia luogo al pagamento di una pensione di invalidità, ferme restando le responsabilità penali e disciplinari, sono obbligati a risarcire il danno corrispondente al valore della prestazione indebitamente erogata. Una segnalazione obbligatoria automatica verrà inviata dall’Istituto anche alla Corte dei Conti. Questa nuova disciplina favorirà ulteriormente il virtuoso scambio tra l’Inps e la magistratura penale, civile e amministrativa”.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Riaprono le scuole Fra quasi un mese, le scuole riapriranno le loro accoglienti aule alla confortante vivacità degli alunni. I collaboratori scolastici avranno, finalmente, qualche attività da svolgere, dopo i tanti annoianti silenzi dei corridoi delle lunghe settimane estive, trascorse accanto al sempre affannato segretario ed all’assistente amministrativo di turno, pazienti numi tutelari dell’affievolita operosità estiva delle scuole autonome, sotto lo sguardo episodico del Dirigente scolastico, dagli occhi rivolti agli elenchi degli alunni iscritti, nella speranza che non diminuiscano, rispetto ai frequentanti dell’anno scolastico ormai concluso. Nel dieci per cento delle Scuole pugliesi spira un’atmosfera d’attesa, mista d’inquietudine e speranza. A ferragosto, infatti, le presidenze di 93 delle 925 scuole della Regione si trovavano nella dantesca condizione della nave senza nocchiero. Nessuno sgomento potrà derivarne alle famiglie, perché, in breve spazio di tempo, ognuna delle poltroncine delle 93 presidenze vacanti avrà il suo dirigente, già dal primo settembre prossimo. Una piccola quota delle presidenze vacanti potrà essere assegnata a quei pochi, fortunati, professori, ai quali la legge consente di mantenere, ad esaurimento, la vecchia funzione di preside incaricato, funzione che il Parlamento, nel 2005, ha cancellato dall’ordinamento scolastico. La maggior parte delle presidenze vacanti verrà affidata in reggenza, e non a titolo gratuito; verrà data, cioè, alle cure di dirigenti scolastici, già titolari di altre scuole. Ognuno di questi fortunati dirigenti si troverà nella medesima posizione di Vittorio Emanuele III, il quale, oltre che Re d’Italia, era anche imperatore d’Etiopia. Agli onorevoli pianificatori del sistema scolastico nazionale non è sembrato affatto sconveniente che al Dirigente Scolastico d’una scuola che abbia 900, ed anche molti di più, alunni, sia dato l’incarico di dirigere un secondo istituto scolastico, probabilmente perché avranno pensato che la funzione di capo d’istituto sia serenamente assimilabile a quella del Presidente della Fiat, il quale ha potuto dirigere la grande Azienda torinese insieme con la mitica Casa del rosso cavallino rampante di Maranello. Come il successo del Dirigente d’una fabbrica di automobili non richiede necessariamente il possesso d’una laurea in ingegneria, allo stesso modo - sembra si possa argomentare, traendo la deduzione dall’istituto giuridico della reggenza - la qualità delle performances d’un istituto scolastico non ha alcuna relazione con la professionalità didattica, acquisita in passato dal dirigente nelle aule. Anche i recenti cambiamenti di sede dei Dirigenti, che il Direttore Generale Regionale ha potuto disporre, sembrano diretti a confermare l’irrilevanza dei titoli accademici e professionali, posseduti dal dirigenze scolastico, nella gestione della scuola autonoma. Quel che conta, per dirigere una scuola, sembra debba essere l’attitudine manageriale, più che la qualità di studioso degli scritti di Iean Iacques Rousseau, Johann Heinrich Pestalozzi, John Dewey, Maria Montessori ed Howard Gardner, Giuseppe Bertagna o Luciano Corradini. È difficile, infatti, trovare altra ragione che possa legittimare l’indifferenza con la quale un Preside di Liceo, al primo settembre, cambierà sede, per assumere la dirigenza d’una Direzione Didattica. Allo stesso modo, sarà difficile spiegare come un buon ex Direttore Didattico possa essere preposto alla presidenza d’un Istituto Tecnico Industriale, senza avervi mai insegnato e senza possedere neppure una delle abilitazioni richieste per insegnarvi. Chissà se Maria Stella Gelmini avrà mai pensato a completare l’autonomia della scuola, delegando al Collegio dei docenti la nomina del Dirigente Scolastico, come accede in tutte le Università del mondo occidentale!

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Il pesce alimento Don Tonino vescovo ricco di proteine nobili dei poveri e della pace Soprattutto questi ultimi, noti anche con il nome di Omega 3, rivestono un ruolo di grande importanza per la prevenzione di malattie gravi come le patologie cardiovascolari, neurodegenerative e immunitarie. In generale è stato dimostrato che il consumo di acidi grassi polinsaturi, in particolar modo di quelli a catena lunga riduce i livelli di trigliceridi, l’aggregazione piastrinica e stabilizza il ritmo cardiaco. La necessità di introdurre almeno 2 porzioni di pesce nell’alimentazione settimanale di ogni individuo, di qualunque età e sesso, è ormai ampiamente conosciuta; nonostante ciò ancora oggi l’80% della popolazione non assume la quota giornaliera di omega. Nel tentativo di promuovere una campagna educativa a favore del consumo di pesce abbiamo sintetizzato di seguito in 5 punti gli effetti benefici derivanti dall’adozione di un’alimentazione ricca di questo alimento I primi studi risalgono agli anni Settanta e avevano come oggetto gli abitanti della Groenlandia che a fronte di un alto consumo di pesce presentavano un risultato interessante: una bassa prevalenza di mortalità per infarto. Ricerche successive hanno dimostrato che sono sufficienti 30 g di pesce al giorno (1 o 2 porzioni a settimana) per ridurre in modo significativo il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e pro-

teggere la salute del cuore e dei vasi. L’introduzione di almeno 1 porzione di pesce (sia magro che grasso) a settimana nella dieta rappresenta inoltre un valido aiuto per la prevenzione del diabete. Vari studi hanno dimostrato che l’abitudine di consumare pesce riduce la probabilità di sviluppare la depressione. Il Chicago Health and Aging Project, uno studio effettuato sulla popolazione relativo ai fattori di rischio per l’Alzheimer, ha confermato che il consumo settimanale regolare di pesce riduce di circa il 60% il rischio di sviluppare questa patologia rispetto al consumo saltuario. Gli effetti positivi del pesce nel contrastare le malattie neurodegenerative sono solitamente attribuite all’alto contenuto di Dha, ma non bisogna trascurare altri componenti quali ad esempio il selenio che svolge un ruolo di primo piano nella funzione celebrale. Ruolo positivo nella riduzione dell’insorgenza di patologie allergiche Uno studio eseguito nel 2006 ha evidenziato come due porzioni di pesce al mese, dallo svezzamento al primo anno di vita, limiterebbero il rischio di sviluppare rinite allergica, asma ed eczema in quei soggetti che non presentano fattori ereditari di predisposizione verso queste malattie. Effetti positivi sono stati registrati anche in donne giapponesi e tedesche affette da rinite allergica.

Sono trascorsi 28 anni da quel 10 agosto del 1982 in cui don Tonino Bello venne consacrato vescovo. Aveva 47 anni ed era uno dei più giovani vescovi d’Italia. Dopo due risposte “negative” alla terza non aveva più potuto tirarsi in dietro. La Santa Sede, infatti gli aveva chiesto già due volte di farsi ordinare, ma lui con il pretesto della madre anziana e di conseguenza il non poter abbandonare la parrocchia di Tricase, a pochi chilometri da Alessano in cui viveva la ottantenne madre Maria, aveva preso tempo. Morta la mamma, don Tonino non poteva più respingere la nomina a quello che a lui sembrava un ruolo di potere, anche se poi così non è stato. Il suo modo di intendere l’ordinazione episcopale lo ha portato ad essere un Pastore al servizio del “gregge”. Nella sua omelia della prima messa episcopale, il 31 ottobre 1982, nella Chiesa Madre di Alessano, ha indicato quello che sarebbe stato il percorso che lo avrebbe portato sulla via della santità. E lo ha indicato da uomo, da semplice cristiano, per ricordare a tutti che mettendo in pratica la Parola si possono percorrere i sentieri della vita quotidiana che portano a Cristo. Come? Mettendosi al servizio dei fratelli e obbedendo all’invito di Gesù che “dice ad ognuno di noi : Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Il Vescovo Tonino, sempre in quella commossa omelia, ringrazia il “suo popolo” per avergli consentito di conoscere “le cose semplici della vita di cui vivono gli umili” e proprio per questo “ capire i poveri e disporsi a capirli”. Obbedire al comando di Gesù di amare il prossimo, per don Tonino ha significato scegliere “i poveri, gli ultimi, quelli che non hanno voce, quelli che non hanno lavoro, quelli che non hanno speranze”. Amore e servizio per gli uomini e per la Pace erano alcuni degli “splendidi valori” che la Chiesa ha “messo nello zaino di un figlio che si accingeva ad andare lontano”. L’unica bisaccia che don Tonino ha sempre portato con sé. Don Tonino era un uomo libero e, come Francesco d’Assisi, si è spogliato dei suoi beni per essere libero, per raggiungere la libertà. Noi uomini d’oggi pensiamo di raggiungere la libertà “vestendoci”; viviamo la civiltà dell’avere e non dell’essere. Viviamo la civiltà della “sicurezza” e non quella della “libertà”. Don Tonino raggiunse la libertà mettendosi al servizio soprattutto dei poveri, degli ultimi e della pace. Raggiunse la libertà servendo, senza mai essere schiavo; mentre l’uomo di oggi pensa di raggiungere la libertà dominando: conta di più, si realizza di più, chi può dominare sugli altri. “Non sappiamo lavare i piedi, ma siamo pronti a lucidare le scarpe per raggiungere il potere”. “Il suo bastone pastorale era in legno d’ulivo, dono della comunità di Alessano; e in legno era anche la croce che gli pendeva sul maglione girocollo nero. L’anello vescovile, che avrebbe indossato durante il suo ministero, era stato ricavato dalla fede nuziale della madre Maria e per don Tonino valeva più di un giro di brillanti”. Don Tonino ha tracciato la pista; seguirla significa averlo compagno di viaggio. I sentieri della Pace e dell’Amore verso gli ultimi sono difficili da percorrere ma “ se si cammina insieme diventa più semplice raggiungerne le tappe che portano alla meta finale”.

Sostitutiva del 12,5% per gli strumenti finanziari Un importante obbligo in capo agli intermediari finanziari consiste nello studio della formalizzazione e definizione della procedura standard per la segnalazione delle operazioni sospette. A tal fine è necessario che gli intermediari si dotino di adeguate procedure interne atte a evitare il coinvolgimento, anche inconsapevole, in fatti di riciclaggio: è possibile, infatti, che uno dei presupposti idonei a determinare detto coinvolgimento sia riconducibile alla non adeguata conoscenza sia dei criteri da seguire per la rilevazione del sospetto, sia delle modalità, tempi e, soprattutto, contenuti della segnalazione. Il Legislatore sottolinea che le segnalazioni devono essere effettuate senza ritardo, ove possibile prima di eseguire l’operazione, appena il soggetto tenuto alla segnalazione viene a conoscenza degli elementi di sospetto. Ancorché la norma non imponga una specifica tempistica, va da sè che rientra nella ragionevole valutazione dell’operatore incaricato alla segnalazione scegliere le modalità temporali più idonee. Comunque deve essere assicurata celerità, riservatezza e facilità di confronto tra chi matura il sospetto ed il responsabile. Le Banca d’Italia ha disposto, attraverso delle istruzioni, che l’iter valutativo percorso deve essere sempre ricostruibile su base documentale, specie qualora si sia pervenuti alla conclusione di non effettuare la segnalazione, allo scopo, anche, di ricostruire le motivazioni che hanno determinato le decisioni assunte dai soggetti responsabili. Chi è tenuto alla segnalazione non deve comunque limitarsi a trasmettere acriticamente la segnalazione, dovendo, invece, valutare globalmente l’operazione, in particolare quelle che presentano profili di eventuale anomalia che sfuggano agli automatismi del sistema informatico-operativo. Infatti, gli intermediari finanziari possono adottare programmi informatici di ausilio alla valutazione delle operazioni in base a parametri prefissati. Si badi bene: “di ausilio”, non essendo naturalmente - esaustivo lo strumento informatico allo scopo di addivenire alle predette valutazioni, le quali non possono prescindere dall’intervento direttamente umano. È anche vero che l’utilizzo di standard prefissati è possibile soltanto per taluni indici di anomalia, dato per assodato che i comportamenti illeciti volti al riciclaggio sono in continua evoluzione e, per tale ragione, sfuggono a criteri predeterminati. La stessa Banca d’Italia ha evidenziato che, nell’ipotesi in cui siano adottate procedure automatiche, l’omessa segnalazione non esclude la responsabilità dell’intermediario.


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Lecce, 28 agosto 2010

obiettivo

IL PALASPORT DON BOSCO

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PERCHÉ La comunità Salesiana di Lecce si sta “riappropriando” del Palasport “Don Bosco”, la grande palestra adiacente alla parrocchia, sinora ceduta in affitto e gestita con criteri privatistici e “laici”. È una scelta già di per sé rilevante, la rinuncia ad un immobile “da reddito” per farne un immobile “strumentale”. Ma lo è ancor più oggi, perché appare nettamente in controtendenza, per questo nostro tempo che vede spesso anche lo Stato e gli Enti locali costretti a badare unicamente all’economia, tralasciando la preziosa ed irrinunciabile funzione istituzionale cui sono deputati.

LA STORIA

E a settembre parte una nuova impresa educativa All’inizio degli anni ‘90 prese il via, nella Comunità Salesiana, il progetto del Palasport Don Bosco. L’Opera Salesiana di Lecce comprendeva allora - per la realizzazione della missione a servizio dei giovani e del territorio - la Parrocchia-Oratorio S. Domenico Savio, il Centro Polivalente Cnos Fap per la formazione professionale e il Cinema -Teatro Don Bosco. I salesiani religiosi e laici - sentivano l’esigenza di poter disporre, oltre che degli ampi spazi attrezzati disponibili all’aperto, anche di una struttura che permettesse di svolgere le varie discipline sportive al coperto. Il progetto fu realizzato secondo i criteri di un moderno Palasport, capace di soddisfare sia le esigenze di grandi raduni sportivi che quelle dello svolgimento di discipline sportive a livello individuale e di gruppo. La Comunità Salesiana, per gestire il Palasport, pensò bene di affidare la struttura, attraverso un contratto di fitto, prima alla “Gym Club” e poi, ad una sua emanazione, allo “Sport Fit Center”. La gestione prevedeva la possibilità, per l’Oratorio, di utilizzare una parte della struttura in alcune ore della settimana oltre che, durante l’anno, per qualche evento straordinario. Durante tutti questi anni l’afflusso al Palasport è stato notevole: sono state svolte attività sportive anche a livello agonistico regionale e nazionale, in particolare nel campo del basket e del volley. Ma tutta l’attività è stata realizzata senza un riferimento alla proposta educativa del carisma salesiano; la stessa palestra non è stata mai inserita nel “Progetto Educativo Pastorale” dell’Opera Salesiana di Lecce. Arriviamo, così, agli eventi più recenti. Quando i Salesiani hanno intravisto la possibilità di porre fine alla cessione in fitto della struttura, con lo scopo di assumere in proprio l’animazione salesiana del Palasport Don Bosco, hanno incoraggiato la nascita di una associazione dilettantistica sportiva Salesiana, intitolata proprio a “S. Domenico Savio”. L’associazione, per statuto, ha fatto proprio lo stile educativo di Don Bosco, proponendosi, infatti, di “organizzare attività ricreative e culturali secondo gli insegnamenti della Chiesa e nel carisma di S. Giovanni Bosco”. Per questo l’Associazione “S. Domenico Savio”, nel promuovere le attività sportive, ricreative e culturali, intende coinvolgere nel cammino educativo oltre che gli allenatori anche i genitori dei ragazzi e dei giovani che aderiranno alle varie attività sportive proposte. Ciò che particolarmente si spera caratterizzi la nuova gestione del Palasport Don Bosco è l’adesione concreta al Progetto Educativo dell’Opera Salesiana. L’intenzione di tutta la Comunità è quella di stipulare un vero patto di alleanza tra l’Assemblea dei soci, il Consiglio Direttivo dell’Associazione e il Consiglio della Comunità Educativa Pastorale della Parrocchia-Oratorio. Nella missione Salesiana esistono vari luoghi educativi: la scuola, la parrocchia, l’oratorio. Oggi la Comunità di Lecce vuol proporre alla città uno stile salesiano di fare e stare nello sport. Questa è la sfida e la meta verso cui punta la nuova gestione del Palasport Don Bosco: su tali temi si valuterà il successo di questa nuova impresa educativa che i Salesiani si accingono a realizzare, rendendola operativa a partire dal prossimo mese di settembre.

L’INTERVISTA

A colloquio con il direttore-parroco dei Salesiani di Lecce, don Emidio Laterza

Il Palasport Don Bosco alla comunità: nello sport incontriamo i nostri giovani Hanno festeggiato, a dicembre 2009, il 150º anniversario della fondazione della loro Congregazione e sono presenti a Lecce da 60 anni. I Salesiani costituiscono una presenza rilevante, nella città. La Comunità Salesiana leccese da qualche mese conta su un nuovo direttore-parroco, don Emidio Laterza. È arrivato nella nostra città il 5 settembre del 2009 anche se in effetti si tratta di un ritorno, perché proprio a Lecce ha cominciato l’attività sacerdotale, nel lontano 1978-’79. Gli abbiamo rivolto alcune domande. Don Emidio, quali sono le motivazioni che hanno portato i Salesiani a riprendersi il Palasport Don Bosco, per gestirlo e animarlo attraverso l’Associazione sportiva dilettantistica salesiana S. Domenico Savio? I salesiani fanno del gioco e dello sport un elemento fondamentale del loro sistema educativo. Infatti, l’Oratorio salesiano si regge su due colonne: gioco e catechesi. Senza questo inscindibile binomio non si educa nello stile di Don Bosco. Diceva Don Vecchi, Rettor Maggiore dei salesiani alla fine degli anni ’90: “Nello sport e con lo sport i salesiani incontrano un gran numero di giovani; nello sport accompagnano i giovani in un’esperienza umana, ricca di valori individuali e sociali; attraverso questa esperienza e altre simili essi possono mettere la vita in rapporto con la fede; si offre ai giovani la possibilità di formare gruppi, creare ambienti, partecipare nel territorio, essere presenti nell’elaborazione di un aspetto della cultura. Lo sport è un campo che offre delle possibilità educative”. Per questi motivi abbiamo cercato e voluto appropriarci del Palasport Don Bosco, che pur essendo stato costruito negli anni ’90 dai salesiani, in effetti non era mai stato utilizzato all’interno del nostro Progetto Educativo, ma dato in uso ad una Società sportiva esterna all’Opera salesiana. In quest’ultimo periodo il nostro Oratorio ha avvertito l’esigenza di caratterizzare meglio la dimensione del “cortile”, cioè del gioco e dello sport, proprio per le motivazioni espresse nella citazione di Don Vecchi. Ora finalmente, possiamo offrire ai ragazzi, ai giovani e alle loro famiglie una proposta di fare gioco, sport e catechesi in modo più completo. Avere a disposizione una struttura come il Palasport è un’opportunità educativa unica. Quali sono i tempi previsti per l’avvio del Palasport con le sue attività sportive e ludiche? Si sta lavorando con molto impegno da parte di un gruppo di collaboratori. Ufficialmente siamo entrati in possesso della struttura del Palasport soltanto il 15 luglio 2010. A partire da quella data abbiamo avviato i lavori di manutenzione della struttura. Abbiamo costituito l’Associazione Sportiva Dilettantistica Salesiana S. Domenico Savio, della quale fanno parte come soci fondatori alcuni religiosi salesiani ed alcuni laici, tra i quali è stato eletto il presidente, l’ingegnere Leonida Maggio. In questi mesi sono state ripristinate tutte le utenze necessarie per il normale funzionamento della struttura ed inoltre è stato selezionato un gruppo di tecnici e allenatori che animeranno le varie attività sportive. Prevediamo che l’inaugurazione ufficiale del Palasport possa essere fissata per sabato 11 settembre 2010.

Quali percorsi si intendono seguire per raggiungere gli obiettivi di uno sport vissuto con stile salesiano? I nostri percorsi partono dalla convinzione che lo sport non è un fine, perché non può essere considerato come una realtà totalizzante, ma va correttamente rapportato ad una scala di valori, quali il primato di Dio, il rispetto della persona e della vita, l’osservanza delle esigenze familiari, la promozione della solidarietà. Allo stesso tempo lo sport non è nemmeno un semplice mezzo; piuttosto è un valore dell’uomo e della cultura, un “luogo” di umanità e di civiltà. Al riguardo, Giovanni Paolo II nel celebrare il Giubileo degli sportivi del 2000 disse: “Grande importanza assume oggi la pratica sportiva, perché può favorire l’affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l’amicizia, la condivisione, la solidarietà”. Per questo, i percorsi educativi a cui i salesiani fanno riferimento puntano sulla necessità di creare alleanze educative tra genitori, Parrocchia-Oratorio e Associazione sportiva. I ragazzi, i giovani e le famiglie che aderiranno alle proposte sportive del Palasport si inseriranno per questo nell’unico Progetto Educativo dell’Opera Salesiana. Le istanze educative, quali ‘educare alla gratuità, al giusto agonismo, alla sconfitta, alla vittoria’ sono alcuni dei percorsi che il sistema educativo salesiano intende proporre. Come Don Bosco, sempre e in ogni momento avremo di mira l’educazione integrale e globale dei ragazzi e dei giovani.

Per fare questo, ci proponiamo alcuni obiettivi fondamentali per la nostra pastorale dello sport: coinvolgere dirigenti, allenatori e genitori e sensibilizzarli al tema dello sport educativo; promuovere il coinvolgimento dell’Associazione sportiva e delle relative squadre nella vita e nel cammino della Comunità Educativa Pastorale, sia nella fase di programmazione e sia nei percorsi di formazione; offrire, infine, ai ragazzi e ai giovani che vivono lo sport strumenti e opportunità di lettura critica del fenomeno sportivo e di formazione della personalità. Attualmente con quali difficoltà vi state scontrando e quali le speranze che vi animano? Le difficoltà sono a livello di tempi per la necessaria manutenzione sia della struttura che delle attrezzature. In settembre prossimo dobbiamo iniziare le attività e dovremo arrivare preparati. L’altro aspetto che dobbiamo curare è far passare la comunicazione - verso tutta la città - della nuova animazione in stile salesiano del Palasport. In sintesi, qual è il Progetto Educativo Salesiano che anima questa avventura sportiva? Il Progetto Educativo Salesiano è uno solo: quello di educare ed evangelizzare secondo un progetto di promozione integrale dell’uomo, orientato a Cristo, uomo perfetto. Secondo lo stile educativo di Don Bosco che mirava a formare “onesti cittadini e buoni cristiani”. Per questo Progetto è fondamentale un lavoro di Comunità, che condivide valori e scelte, che testimonia ciò in cui crede e cerca di attuarlo.

DOCUMENTI

L’introduzione dell’opuscolo “animatori sportivi in stile salesiano” Come parliamo di Parrocchia salesiana, di Oratorio salesiano, di Scuola salesiana, così parliamo di Sport con stile salesiano. Lo stile salesiano di fare lo sport ci porta a interessarci delle famiglie e soprattutto dei giovani non solo per offrire opportunità aggregative, per valorizzare il tempo libero, per favorire la socializzazione e l’integrazione, per formare plasmare il carattere, per acquisire abilità e competenze in una pratica sportiva, ma anche per formare “buoni cristiani e onesti cittadini”, per promuovere una cultura evangelica dello sport. Questo stile educativo per essere efficace richiede un lavoro d’insieme: allenatori, dirigenti della società sportiva, genitori degli atleti, atleti, Comunità educativa dell’Opera salesiana. Il criterio che unifica il nostro lavoro educativo, sull’esempio di Don Bosco, è il “Da mihi animas, cetera tolle”, cioè “vogliamo la salvezza dei giovani, tutto il resto è relativo”. Questo significa che la fede in Gesù e i valori del Vangelo devono animare tutta la nostra attività sportiva. Giovanni Paolo II nel 2004, rivolgendosi agli animatori sportivi del Csi, diceva: “Ciascuno di voi è chiamato a seguire Cristo e ad essere un suo testimone nell’ambito sportivo. Voi siete ben consapevoli di questa singolare vocazione … Intendete così promuovere una mentalità e una cultura sportiva che attraverso il fare sport faccia riscoprire la piena verità della persona”. Lo sport si presenta come specchio della nostra società. E il nostro desiderio, la nostra speranza di educatori per la salvezza dei giovani, è di offrire e costruire con loro un mondo a più dimensioni: illuminato dalla fede, ricco di fraternità e solidarietà, equilibrato nel rapporto con il creato, aperto ai valori dell’interiorità. I servizi della pagina sono a cura di Antonio Silvestri


L’Ora del Salento 11

Lecce, 28 agosto 2010

zoom

SURBO/L’Apocalisse nei locali della parrocchia di Santa Lucia dono del Liceo Artistico “V. Ciardo” di Lecce

Tutti i colori delle visioni di San Giovanni In questi giorni la chiesa di Santa Lucia di Surbo ha ricevuto in dono dal Liceo Artistico “Vincenzo Ciardo” di Lecce una tavola pittorica rappresentante l’Apocalisse. L’opera, di dimensioni notevoli (misura mt. 3,70 X mt 2,50) è il prodotto dell’intuizione artistica di Cosimo Quarta, docente di pittura presso il Liceo Artistico “Ciardo”, ed è stata realizzata negli anni 20092010 con tecniche miste. Come sottolinea la Dirigente del Liceo, prof. Giovanna Caretto, con il lavoro di Cosimo Quarta gli spazi parrocchiali della Chiesa di Santa Lucia diventano occasioni di privilegio culturale, punto di riferimento e luoghi di fruizione per la grande arte. Il Liceo continua nel suo intento di apertura dell’arte al territorio, nella individuazione di spazi “comuni” aperti alla riflessione, al dialogo e alla motivazione artistica. Secondo l’interpretazione critica di Antonella Vacca “La fonte letteraria, cui l’artista fa riferimento, è l’Apocalisse di Giovanni, il più enigmatico e misterioso dei testi sacri. Il contenuto visionario del testo, ricco di immagini fantastiche e suggestive, si traduce in un repertorio di figurazioni di grande fantasia inventiva: alla fine dei tempi, appaiono esseri mostruosi, strane creature del mondo animale, demoniache presenze del male, il disordine e il caos. L’apertura del primo sigillo fa irrompere nella scena, immersa in un’ atmosfera notturna, i quattro cavalieri che si materializzano nell’oscurità del fondo. È un brano aspro, un po’ visionario, di forte suggestione emotiva, accentuata dalla grandiosità delle figure e dei

gesti, dal racconto dinamico dell’evento. L’episodio è di forte spessore figurativo e di smagliante colorismo. L’attenzione alla realtà si manifesta nella concreta descrizione dei cavalli e nella tensione psicologica dei cavalieri, i cui volti bloccati, creano un effetto di sospensione e di attesa per la lotta che sta per iniziare contro il male. Il dipinto presenta varietà di espressioni, rapidi passaggi dal visionario al grottesco - il mostro a sette teste avvolge la donna nelle spire della coda dall’ispirazione drammatica al tono pacato. La narrazione si fa più distesa nell’immagine di Gesù, che apre il libro della Rivelazione e si carica di intensa spiritualità.

Un angelo segnala, col suono potente di un corno, l’imminenza di un evento straordinario, un altro arrotola la volta dell’universo, a simboleggiare, secondo un antico motivo bizantino, lo scadere dei tempi, indicando l’apertura del Libro. È l’inizio di una nuova umanità! Nella zona prospettica racchiusa dall’arco, si intravedono le luci della Gerusalemme celeste, il Sole, antico simbolo di Cristo e la Luna, simbolo del mutare delle cose. Lo spettatore rimane affascinato dall’evidenza del messaggio e dalla forza della visione. La fantasia visionaria presente nell’episodio dei cavalieri, si ricompone nella descrizione della lunga teoria delle anime, esprimendosi stilisticamente con nuova morbidezza colo-

ristica, con rinnovati valori di luce. Il filo conduttore della narrazione è costituito dal panneggio che, svolgendosi a meandro, unifica tutte le scene. Il drappo collega, inoltre, l’intento figurativo alla funzione simbolica del dipinto. La ricerca artistica di Cosimo Quarta interpreta la storia della civiltà del Salento, esprimendone i valori, la cultura religiosa, la memoria. L’artista, attento ai temi religiosi e alla spiritualità della sua terra, rielabora con autonomia immagini letterarie e significati allegorici, recuperando il patrimonio figurativo della tradizione. In continuo dialogo col passato, fa riaffiorare le suggestioni degli antichi affreschi cateriniani di Galatina e di Santa Maria alle Cerrate e riemer-

gere il repertorio figurativo del Medio Evo pugliese. Il suo stile maturo si esprime soprattutto nello spazio simbolico del mito sacro che, non appartiene ai luoghi fisici conosciuti, ma fa parte, esclusivamente, della poetica e del mondo segreto dell’artista. È uno spazio senza confini, in cui far vivere immagini ed emozioni profonde; è il luogo dove l’evento sacro diventa concreto e il divino, più umano. L’autore con linguaggio saldo, che è misura del suo stile, compie un’esperienza artistica, forse isolata, ma singolare e impegnativa. Sempre vicino alla grande tradizione figurativa, l’artista trasforma l’immaginario in consapevole espressione creativa, confermandosi pittore di gran-

de fantasia e libertà espressiva”. Queste brevi note lasciano intravedere il mondo di Cosimo Quarta che nello spazio definito di un dipinto riesce a racchiudere un’ampiezza di prospettiva, un fervore e una intensità di vita, una vigoria spirituale il cui filo conduttore è il volgere della luce. Dal dipinto traspare con forza “l’idea della pittura” di Cosimo Quarta: chiara, semplice, vera, leggibile pur nella razionalità della forma, eterna. Come aggiunge la Dirigente del Liceo nell’opera si materializza uno spirito creativo sincero, onesto, semplice che esprime a pieno l’animo del professore Quarta. L’Apocalisse diventa “verità” che pervade l’anima e il corpo di chi la osserva.

RADIO E DINTORNI di Alberto Marangio

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Su Radio One-O-Five Live, mons. Marcello Semeraro

La persecuzione dei cristiani ieri e oggi: conversazione con mons. Paolo Ricciardi

Al di là della notizia è il programma trasmesso alle ore 13.10, dal lunedì al sabato, su One-O-Five Live, il canale in Fm della Radio Vaticana; sebbene la copertura di One-O-Five Live sia limitata alla sola zona di Roma, l’emittente è allo stesso tempo facilmente raggiungibile anche al di fuori di tale area, grazie alla tecnologia Dab (l’equivalente radiofonico del digitale terrestre televisivo) ma soprattutto grazie ad Internet, che la rende allo stesso tempo ascoltabile praticamente in tutto il mondo (collegandosi al sito www.radiovaticana.org/ 105live). Al di là della notizia, in particolare, è una trasmissione caratterizzata da un formato dinamico ed interattivo, impreziosito dai tanti contributi offerti dagli ospiti interpellati nel corso di ogni diretta; tra questi ultimi, nel corso della stagione estiva il conduttore Luca Collodi ha anche avuto modo di intervistare mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano Laziale e nativo di Monteroni di Lecce. Mons. Semeraro (che tra l’altro riveste, dallo scorso giugno, anche l’incarico di Presidente della Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi) è stato invitato a raccontare il periodo di riposo che, nei mesi di luglio e agosto, papa Benedetto XVI ha trascorso a Castel Gandolfo, cittadina per l’appunto rientrante all’interno della Diocesi guidata dallo stesso Vescovo. Nonostante l’impegno che, come ricordato dal conduttore, il Santo Padre ha riservato durante le settimane trascorse tra le colline dei Castelli Romani alla realizzazione del terzo volume della sua opera su Gesù (dedicata ai “Vangeli dell’Infanzia”), mons. Semeraro ha comunque raccontato di aver visto un Benedetto XVI disteso e contento, appagato soprattutto dal particolare incontro con i fedeli che la sede di Castel Gandolfo rende possibile (consentendo di vedere direttamente i volti degli stessi pellegrini e di sentirne i saluti). Anche durante l’estate, al di là della notizia ha dunque proseguito nel tenere fedelmente compagnia ai propri ascoltatori. Merita, tra l’altro, di essere ricordata la possibilità di rapportarsi in maniera diretta con la stessa redazione della struttura attraverso il numero verde 800.208802: un’opzione, quest’ultima, alla cui base vi è uno degli obiettivi che One-O-Five Live ha del resto tenuto ben presente fin dalla propria nascita, cioè la possibilità di avvalersi della radio come vera occasione di dialogo con gli ascoltatori.

L’Ora del Salento ha compiutamente dato notizia (cfr.: Grazia Pia Licheri, “Eroi per la Patria e per la Fede”, in L’Ora del Salento del 26 giugno 2010, pag.11) delle ultime fatiche letterarie di mons. Paolo Ricciardi (ma lui bonariamente ama farsi chiamare … don Paolo), sindaco del Capitolo Cattedrale della diocesi di Otranto. Sulla scia d’illustri sacerdoti e storici idruntini, mons. Ricciardi lavora e studia per conservare intatta la memoria splendida degli 800 martiri, ma anche per ricordare tutta la povera gente che in quella fatidica estate del 1480 trovò la morte per mano degli invasori Turchi ottomani. Sì, Turchi come invasori: questa riflessione ha consentito di descrivere gli intrepidi Otrantini non solo come martiri della fede, ma anche come eroi della Patria. Patria italiana ed europea - al di là dei singoli confini regionali perché fondata sulle comuni radici cristiane. è il senso del titolo dei due volumi di mons. Ricciardi: “Gli eroi della Patria e i martiri della Fede: Otranto 1480-1481”. Nella riflessione di “don Paolo” è viva la consapevolezza che il martirio è una costante del cristianesimo. Ci riferiamo ovviamente al martirio subìto e non a quello volontariamente ricercato in atti terroristici che mietono vittime a grappoli fra i civili, realtà purtroppo frequente ai nostri giorni… Don Paolo, il martirio cristiano, o meglio il martirio dei cristiani, è dunque una costante non relegabile a quanto accadeva negli anfiteatri romani... “Il 5 ottobre 1980, nella ricorrenza del 5° centenario del martirio degli Otrantini, Giovanni Paolo II è venuto ad Otranto e nella sua

interessante omelia ha esortato a non dimenticare i Martiri dei nostri tempi, a non comportarci come se non esistessero. L’arcidiocesi di Otranto, nel 1960, ha avuto il dono di un arcivescovo metropolita, nella persona di mons. Gaetano Pollio, carcerato, processato ed espulso dalla Cina comunista di Mao Zedong. Egli ha solo intravisto la grazia del martirio, ma il suo predecessore, il vescovo Barosi con altri tre missionari del Pime erano stati barbaramente trucidati dai comunisti in odio alla Chiesa cattolica e al Papa. Per il secolo XX sono stati fatti i nomi di milioni di Martiri, di Cristiani chierici e laici, condannati a morte in Cina, in Messico, nella Spagna, nella Germania di Hitler, nella Russia di Stalin, nella Jugoslavia di Tito, nell’Albania di Hoxha. Ai nostri giorni continua il martirio dei Cristiani in Pakistan, nell’India, in Turchia e in alcuni paesi dell’Africa. I persecutori della Chiesa hanno la mente e il cuore pieni di odio, e uccidono. I Cristiani hanno la mente e il cuore pieni di amore, e perdonano come fece Gesù in croce...”. Per chi voglia seguirci, continueremo la prossima settimana la nostra conversazione estiva con don Paolo. * www.recensioni-storia.it


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Lecce, 28 agosto 2010

le nostre città LECCE/ È di Angelo Ricciardi la cappella di San Giusto

LECCE/ La città del barocco omaggia Michelangelo Merisi

Si trova nella Cattedrale Enigma su Francesco in meditazione È dello scultore leccese Angelo Ricciardo la cappella di San Giusto che nel 1656 l’allora Vescovo di Lecce mons. Luigi Pappacoda volle innalzare per ricordare il miracolo che i Santi Oronzo, Giusto e Fortunato concessero alla città ed alla Provincia Salentina salvandole dalla pestilenza. La cappella, inedita in quanto all’attribuzione, si trova nella Cattedrale di Lecce ed è la più importante storicamente fra quelle qui esistenti perché rappresenta artisticamente il momento in cui ha inizio un significativo legame. Nelle forme scolpite e dipinte di quest’opera del Ricciardo è, infatti, il nuovo inizio della storia cristiana di Lecce, del suo Territorio e del loro rapporto con i Santi Oronzo, Giusto e Fortunato. Al centro della cappella è la tela, attribuita a Giovanni Andrea Coppola, con la rappresentazione della conversione di Sant’Oronzo ad opera proprio di San Giusto. L’altare ha una articolazione spaziale la cui semplicità è controbilanciata dalla ricchezza decorativa degli elementi che lo rivestono. Al di sopra del quadro vi è l’epigrafe dedicatoria del Pappacoda e poi la statua di San Michele Arcangelo che uccide il drago, rappresentazione allegorica del male sconfitto così come lo fu la peste. In alto, ai lati dell’Arcangelo, le due statue di Santa Apollonia e Barbara; sulle pareti laterali della cappella in due nicchie, a destra la statua di San Fortunato, a sinistra quella di San Gennaro che è un evidente tributo devozionale del napoletano Pappacoda. Pochi i documenti oggi noti che riguardano Angelo Ricciardo. Egli fu chiamato, è noto, nel 1644 per testimoniare in favore dell’amico Giuseppe Zimbalo futuro architetto progettista della Cattedrale leccese. Le uniche sue realizzazioni finora conosciute perché autografe sono l’altare di San Nicola nella matrice di Salve e l’apparato decorativo dell’atrio del Palazzo Brancaccio a Ruffano dove però ebbe, molto plausibilmente, un ruolo ben più ampio che non quello di semplice scultore. Queste due ultime opere sono state fondamentali per riconoscere ed attribuirgli sempre a Lecce almeno uno dei capitelli della parte seicentesca nel chiostro dei Celestini e nella chiesa di Santa Maria degli Angeli il primo altare a destra entrando dedicato all’Annunciazione; a Copertino, invece, nella chiesa della Grottella sua opera pure inedita sarebbe l’attuale altare di San Leonardo. Uno studio ora in corso sta di fatto rivelando come Angelo Ricciardo ebbe un ruolo determinante nella scultura barocca salentina per qualità delle opere e soprattutto importanza della com-

Volge verso il termine la mostra “Caravaggio? L’enigma dei due San Francesco”, a Lecce, presso l’ex convento di San Francesco della Scarpa, ora complesso museale, in via Giuseppe Palmieri. L’esposizione inaugurata il 2 luglio, sarà visitabile ancora fino al 5 settembre. L’iniziativa è stata promossa dalla Provincia di Lecce e in particolare dall’Assessore alla Cultura, Simona Manca. Il 2010 è l’anno di Caravaggio. Ricorrono, di fatto, i quattrocento anni dalla sua morte e, in tutte le città che hanno avuto rapporti con l’artista o dove sia conservato un suo dipinto, sono state organizzate mostre, rassegne, convegni per indagare i momenti cruciali della sua vicenda artistica e umana e il rapporto che le sue opere hanno stabilito con la realtà artistica del territorio. Questa mostra, in particolare, affronta uno dei temi più coinvolgenti dei “quesiti caravaggeschi”. Sono infatti messi a confronto i due dipinti di Caravaggio raffiguranti “San Francesco in meditazione” che, a mittenza. Egli lavorò non solo per i Brancaccio a Ruffano, come detto, ma anche per i Gallone a Tricase nel cui palazzo avrebbe risistemato l’atrio di accesso (i volti scolpiti nelle chiavi degli archi) ed il relativo portale (ora distrutto, di esso è sopravvissuto solo lo stemma dei Gallone) che un tempo affacciavano sull’attuale Piazza Pisanelli nonchè una decorata grande porta la quale collega lo scalone ad una delle sale superiori. Suoi sarebbero infine l’intera cappella di Santo Stefano - la prima entrando a sinistra in Santa Irene a Lecce di patronato della potente famiglia Mancarella- e nella Chiesa del Castello leccese, l’altare di Santa Barbara ridotto oggi in frammenti che abbiamo però identificato. Se il Vescovo Pappacoda accettò d’altro canto che proprio uno degli altari più significativi della Cattedrale leccese, primo tassello del suo vasto programma di ricostruzione edilizia e religiosa della città, fosse progettato ed eseguito dal quarantenne Ricciardo fu evidentemente proprio perché a questo scultore già all’epoca veniva riconosciuto un considerevole livello artistico. Fabio Grasso

partire dal 1968, hanno acceso un dibattito sul problema dell’autografia dell’opera d’arte. Si tratta due tavole quasi identiche attribuite all’artista, tuttavia, dopo lavori di restauro e pulitura, alcuni studiosi sono arrivati a conclusioni sulle quali qualcuno dissente. La tela di Carpineto sarebbe l’originale, quella della chiesa dell’Immacolata, anche se di notevole pregio, solo una copia, una derivazione eseguita da un seguace nel secondo decennio del Seicento. Ma l’enigma sull’attribuzione in realtà è ancora aperto. L’omaggio del capoluogo salentino al geniale Michelangelo Merisi rientra in un’iniziativa programmata in quattro tappe: l’apertura è stata a Varese; Lecce per il Sud Italia; Washington - in ottobre, presso la sede dell’Ambasciata d’Italia, in concomitanza con le celebrazioni del Columbus Day - come tappa straniera; e a Milano avrà luogo la chiusura. Le opere, che sono assicurate per 50 milioni di euro, sono di proprietà del Ministero dell’Interno. La prima proviene dalla Gal-

leria nazionale di Palazzo Barberini, lì collocato, dopo essere stato trovato in una chiesetta di Carpineto Romano, l’altra da sempre è conservato nella chiesa dei Cappuccini, dedicata alla Vergine, in via Veneto a Roma. La mostra di Lecce, su progetto del curatore Ruggero Dimiccoli, ha taglio didattico e illustra: le differenze stilistiche tra i dipinti; la “biografia” delle tele; le tecniche di indagine e di restauro; le modalità e gli strumenti che gli esperti utilizzano per l’attribuzione dell’autenticità delle opere. Inoltre, nel contesto della mostra, nello spazio dell’ex altare della chiesa, è stato allestito un laboratorio di restauro aperto al pubblico, dove professionisti del Museo provinciale “Sigismondo Castromediano” di Lecce, diretto da Antonio Cassiano, restaurano “a vista” opere di scuola caravaggesca salentina, rispondendo ai quesiti dei visitatori. La mostra è visitabile tutti i giorni, dalle 10 alle 20, con ingresso libero. Sara Foti Sciavaliere

DADÀ LIBRERIE ARREDO LITURGICO Ringraziamo la nostra clientela che, da oltre dieci anni dimostra stima e apprezzamento per il nostro lavoro. Informiamo che oltre ad una vasta gamma di abbigliamento per il clero e le religiose, disponiamo anche di tunichette per la prima comunione e realizziamo bomboniere personalizzate per tutte le occasioni.

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a cura di Elena Palladino

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Avv ocato Spe cializzata in Diritto Amministrativo e Tributario

Mosè di Gioachino Rossini

Fondi di solidarietà per i mutui Preso atto delle difficoltà sempre maggiore con cui le famiglie fanno fronte al pagamento delle rate di mutuo, il Ministero dell’Economia e Finanze ha emanato un regolamento (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 18.08.2010), al fine di dare attuazione al Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, che consentirà ai richiedenti di ottenere una sospensione del pagamento delle rate di mutuo. Soggetti beneficiari I soggetti beneficiari sono i titolari di un contratto di mutuo per l’acquisto di un’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, sita nel territorio dello Stato. Requisiti per avere accesso alle agevolazioni Per accedere alle agevolazioni i beneficiari devono essere in possesso dei seguenti requisiti soggettivi: 1) Titolo di proprietà sull’immobile oggetto del contratto di mutuo; 2) Titolarità di un mutuo erogato non superiore a 250.000,00 e in ammortamento da almeno un anno; 3) L’ammissione al beneficio è subordinata all’esistenza di uno seguenti elementi: a) perdita del posto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o termine del contratto di lavoro parasubordinato o assimilato; b) morte o insorgenza di condizioni i non autosufficienza di uno dei componenti il nucleo familiare, percettore di reddito per almeno il 30% del reddito imponibile complessivo; c) pagamento di spese mediche o di assistenza domiciliare documentate per un importo non inferiore a 5.000,00 euro; d) spese di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione o di adeguamento funzionale dell’immobile oggetto di mutuo, sostenute per opere necessarie e indefettibili; e) aumento della rata del mutuo, regolato a tasso variabile, rispetto alla scadenza immediatamente precedente di almeno il 25% in caso di rate semestrali e del 20% in caso di rate mensili. Modalità di presentazione della domanda Il beneficiario presenta domanda di sospensione direttamente alla banca presso cui è in corso il piano di ammortamento. Nella domanda così come proposta dal richiedente deve essere allegata la documentazione indicata nel punto precedente e il periodo di tempo per il quale viene richiesta la sospensione. L’istruttoria compete alla banca. È, comunque, istituito presso il Dipartimento del tesoro un apposito Ufficio dedicato all’esame della documentazione relativa alla sospensione così come trasmessa dalla banca, nonché al rimborso dei costi e degli oneri finanziari sostenuti. Proprio il suddetto ufficio rilascerà (entro venti giorni) un nullaosta alla sospensione del pagamento delle rate di mutuo, che sarà comunicato al richiedente entro i cinque giorni successivi. palladino@loradelsalento.it

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua... In questo periodo estivo l’attento lettore avrà avuto l’opportunità di ascoltare la marcia militare che ho avuto modo di illustrare nel numero antecedente la pausa estiva. “Mosè” di Gioachino Rossini, trascritta da Alessandro Vessella, continua il suo itinerario melodico dal carattere sontuoso e marziale. Dopo aver esplicitato la parte iniziale della marcia, con una particolare attenzione alla prima idea tematica e la sua relativa riproposta, l’ascoltatore ritrova una progressione discendente abbinata ad un diminuendo affidato a tutto l’organico bandistico. Il levare terzinato, affidato al sassofono contralto, al sassofono tenore, ai flicorni contralti e ai flicorni tenori, apre un nuovo momento di transizione; si sovrappone il resto della banda divisa in due macro - gruppi. Il primo espone un segmento del tema precedentemente esposto, il secondo crea un tappeto ritmico - armonico su cui si posa il resto dell’organico. In realtà si assiste ad una progressione ascendente condotta dai colori scuri degli strumenti. Il compositore, come tradizione vuole, genera il successivo stretto carico di interventi con l’immancabile crescendo. Tale situazione, quasi omoritmica (ne sono escluse le cornette in sib. e le trombe in mib.), genera una suggestiva tensione che sfocia nella riproposta del tema principale. Il fortissimo raggiunto da tutta la banda è un’esplosione di colori, di emozioni di festa e di gioia: un momento esaltante che ben sottolinea il clima di festa che si svolge spesso intorno a questa

marcia. Il sacro e il profano si ritrovano ancora insieme. L’organizzazione di questa fase merita un momento di sottolineatura per evidenziare al meglio il lavoro di strumentazione svolto dal Vessella. Le fioriture all’interno del tema sono state affidate al flauto, all’ottavino, al clarinetto piccolo in lab., al clarinetto piccolo in mib., ai primi clarinetti soprani, ai secondi clarinetti soprani, ai clarinetti contralti, al sassofono soprano e al sassofono contralto. La struttura del tema è stata affidata principalmente al sassofono tenore, ai tromboni tenori, al flicorno sopranino, ai flicorni soprani, e ai flicorni tenori. Il tappeto armonico è stato realizzato dal sassofono baritono, dal contrabbasso ad ancia, dai corni, dalle cornette in sib., dalle trombe in mib., dalle trombe basse, dal trombone basso, dai flicorni contralti, e dai bassi e contrabbassi. È necessario specificare che quest’ultimo gruppo di strumenti ricopre, nella seconda semifrase, anche un ruolo di melodia principale. Terminata questa fase, il compositore ripropone il tema principale, come già ascoltato in precedenza, seguito questa volta da un segmento di grande fermento ritmico caratterizzato da suoni ribattuti, da una scala discendente e da una serie di squilli. Tutta la banda è chiamata a sostenere tale situazione che condurrà verso la conclusione di questa prima parte. Il ritmo semiminima doppio punto semicroma è l’evidente segnale di chiusura di questo momento così concitato e di raffinatezza compositiva.


L’Ora del Salento 13

Lecce, 28 agosto 2010

le nostre città

IN LIBRERIA/Il giornalista Raffaele Iaria racconta gli eventi della vita del Santo tra l’agosto e il settembre del 1911

Quei tre giorni di Padre Pio a Pietrelcina “Ieri sera mi è successo una cosa che io non so né spiegare e né comprendere. In mezzo alla palma delle mani è apparso un po’ di rosso quasi quanto la forma di un centesimo, accompagnato anche da un forte ed acuto dolore in mezzo a quel po’ di rosso. Questo dolore era più sensibile in mezzo alla mano sinistra, tanto che dura ancora. Anche sotto i piedi avverto un po’ di dolore. Questo fenomeno è quasi un anno che si va ripetendo, però adesso era da un pezzo che più non si ripeteva”. È l’8 settembre del 1911. A scrivere è Padre Pio da Pietrelcina in una lettera a padre Benedetto da San Marco in Lamis per raccontare l’apparizione delle sue prime stimmate avvenute a Piana Romana di Pietrelcina, un anno prima, nel settembre del 1910, cento anni fa. Quelle stimmate, da tutti definite “invisibili”, ma non per questo non dolorose. Il 1910 è un anno particolare e significativo nella vita di Padre Pio da Pietrelcina. È l’anno, infatti, della sua ordinazione sacerdotale e della celebrazione della sua Prima Messa solenne. Tre eventi raccontati dal giornalista Raffaele Iaria in un volume dal titolo “Quei tre giorni di Padre Pio. A Pietrelcina un secolo fa”, edito dalla “Tau” e nel quale l’autore non vuole raccontare tutto il percorso di padre Pio prima di diventare sacerdote oppure raccontare la sua vita da presbitero a Pietrelcina e successivamente a San Giovanni Rotondo, ma un brevissimo periodo della sua vita: dal 10 agosto al settembre di 100 anni fa e cioè dal giorno della sua ordinazione sacerdotale a Benevento fino alle prime stimmate a Piana Romana di Pietrelcina, passando per il 14 agosto, giorno della celebrazio-

Il nuovo libro di Marco Marangio

Percorsi poetici

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IN GALLERIA

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di Alessandra De Matteis

L’apprendista stregone di Cage

ne della sua prima messa in questo borgo del Sannio. Queste pagine - scrive nella prefazione Paolo Bustaffa - portano il lettore in punta di piedi accanto a un frate umile e riservato che vive il momento pubblico del suo ‘sì per sempre’ a Dio con una vibrazione interiore che sorprende lui stesso prima che gli altri. È una fiammata che il tempo non consumerà, anzi al contrario, riaccenderà ogni istante come il roveto ardente sul monte Sinai”. Raffaele Iaria, originario di Scala Coeli (Cs), vive a Roma.

VITE MIGRANTI

È giornalista accreditato presso la Sala Stampa della Santa Sede. Da anni si occupa di informazione religiosa e collabora con varie testate, tra cui l’Agenzia di Stampa Sir ed è redattore dell’Agenzia settimanale Migrantes press della Fondazione Migrantes della Cei. Il mio Dio è tutto. Le preghiere di Papa Giovanni; Santa Faustina e la Divina Misericordia, Sposi e genitori, Per un mondo nuovo. Vita di Padre Riccardo Lombardi sono solo alcuni dei volumi che ha pubblicato. di Giovanni Napolitano

Regia Corvetta Caracciolo: il diario del nonno Il viaggio dei nostri eroi riprende... La Corvetta, navigando a vapore per tutta la notte, raggiunse la città di Ancon in Perù e, giunti nel porto, ancorarono nelle vicinanze della corazzata di sua maestà britannica S. Wilsur, anch’essa in viaggio in quel periodo. L’aspetto di Ancon, risulta essere di una tramontata bellezza e devastata da un recente saccheggio ad opera dei cileni, lascia perplesso Umberto che narra: “molta differenza passa tra Ancon di pochi anni fa e la Ancon di oggi. Sparito il commercio, abbandonata la città, messa a sacco le abitazioni, possi paragonarla ad una delle nostre città ai tempi di Barbarossa”. Insomma un panorama di devastazione appare ai suoi occhi e certamente, differente è l’impressione che se ne trae rispetto alle bellezze di Lima. Tutto ciò rende ancora più stridente il contrasto tra le due realtà.

L’Associazione “Strada d’arte via Palmieri” di Lecce ha presentato nei giorni scorsi presso la Chiesa san Giovanni di Dio, via Marco Marangio, giovane giornalista e scrittore emergente. Il testo, edito dal gruppo Albatros “il Filo”, dal titolo “Percorsi”, è una silloge di poesie strutturata con un’ideale ossatura poetica composta da : Preludio, Interludio e Postludio. Dedicata all’amore, naturalmente, vera linfa vitale che scorre nelle vene poetiche dell’autore, l’amore come elemento vivificante ma anche come strumento ci conoscenza del sé e del mondo. L’amore accoglie nel suo abbraccio le diversità, le contraddizioni, riavvicina le distanze differenti. È prima di tutto, quindi, ponte che annulla le distanze. Dalla silloge “Percorsi”, fortemente influenzata dalla lettura dei classici, emerge con forza la voglia di andare a riprendere stilemi che appartengono alla tradizione, in particolare ottocentesca, per raccontare il più forte dei sentimenti

La nave riprende, così e da lì, dopo pochi giorni la sua navigazione diretta a Chimbote, una città portuale che presentava all’epoca grandi progetti di sviluppo, legati alla costruzione di una ferrovia che arriverà fino a Guadalupa toccando così tutte le piantagioni principali che si trovano nella valle di Chimbò. Chimbote si presenta anch’essa come una città vittima di predoni, tanto ci narra lo stesso Umberto: “Uribe, era il governatore del paese nel quale trovasi accampata una forte guarnigione, a causa delle scorrerie continue nel paese da parte dei Monteneros”. Il giorno 11 dicembre la “celebre” corvetta riprende il suo cammino volta a raggiungere la città di Guayachil, passando attraverso porti desolati quali Malabrigo (oggi si chiama Puerto de Chicama). Proprio in quest’ultimo porto il giovane marinaio narra tra il serio e il faceto che: “l’alcade (sindaco) era un pescatore che venne a bordo per venderci il pesce per po-

chi soles di carta” (il soles è una moneta peruviana che prima della guerra corrispondeva a 5 lire italiane, ed ora vale circa 30 centesimi). Salpati da Malabrigo si diressero a Pacasmayo, città situata più a nord, quest’ultima a differenza delle altre città visitate era allora ricca di attività commerciale e industriali oltre ad essere il centro delle piantagioni di zucchero e cotone. Ci racconta Umberto: “Trovammo al nostro arrivo la cannoniera Eccleroi, la quale era in zona per disincagliare un battello postale francese, l’Antartique, incagliato vicino a Punta Santa, l’operazione non riuscì e quindi recuperarono solo il carico”. Così tra racconti che danno l’immagine di realtà assai differenti a volte contrastanti continua l’avventuroso viaggio dei nostri marinai che il giorno seguente lasciarono la città dirigendosi a nord verso il golfo di Guayaquil… continua…

Nella tarda estate è arrivata sul grande schermo la commedia avventurosa, interpretata dal bravissimo Nicolas Cage, “L’apprendista stregone” firmata Turteltaub e prodotta da Bruckheimer. Nella New York odierna, Dave (Jay Baruchel), un giovane studente di college, accetta un lavoro come assistente ed apprendista per uno stregone di nome Balthazar Blake (Nicolas Cage). Il ragazzo viene addestrato dallo stesso stregone a combattere contro le forze del male che incombono sulla moderna Manhattan, orchestrate da un altro stregone, il perfido Horvath (Alfred Molina), aiutato dal più giovane illusionista Drake Stone (Toby Kebbel). Con tutti questi grandi nomi c’è da pensare ad un film con la “F”maiuscola, in un estate, come al solito, povera

di grandi kolossal. “L’apprendista stregone” per Bruckheimer è però un flop, in effetti dopo averci abituati a film come Pearl Harbor, I pirati dei Caraibi, Il mistero dei templari, solo per citarne alcuni (per essere onesti in precedenza non c’era una sua produzione che non riuscisse a sbancare i botteghini) inizia a collezionare fiaschi cinematografici. A poco è servita la regia di Jon Hyperlink che già diresse “Il mistero dei Templari”, sempre con Cage, ma ciò che di più stupisce è come la Disney e lo stesso produttore abbiano potuto approvare una cifra simile a 150 milioni di dollari per una pellicola che non aveva niente, neanche un elemento adatto a sbancare il botteghino. “L’apprendista stregone”, delude come film per adulti, in quanto poco avvincente e credibile e fallisce soprattutto come film per famiglie, perché è

fin troppo infa ntile. Anche il cast lascia un po’ a desiderare Alfred Molina è l’unico insieme a Jay Baruchel che prova a fare qualcosa di decente, Nicolas Cage non dà il meglio di sé. Senza parole la figura della nostra Monica Bellucci, che per fortuna appare poco. Unica nota positiva gli effetti speciali non tanto male, anzi, sono abbastanza efficaci alla storia. Comunque, considerando che siamo nel mese di agosto e il nostro cinema, insieme a quello internazionale, risente molto del caldo estivo, e se guardiamo il film senza la minima pretesa possiamo trovare qualcosa di divertente.


L’Ora del Salento 14

Lecce, 28 agosto 2010

appunti

Paola De Simone. Odio l’estate Questa settimana parliamo di un saggio. È un saggio ‘estivo’ quindi oserei definirlo ‘leggero’. Da leggere sotto l’ombrellone o in un tranquillo pomeriggio di relax in montagna. È un saggio piacevole e scorrevole ma non per questo meno attento o meno documentato nella minuziosa ricostruzione di anni in cui l’Italia ha vissuto un’epoca di spensieratezza che nascondeva, però, i germi di una malinconia di cui era si era fatto interprete il cantante - pianista - musicista jazz Bruno Martino, con la canzone “Odio l’estate”, diventata, quasi per caso, un vero e proprio cult. Ed è proprio questo il titolo del saggio di questa settimana, “Odio l’estate” scritto dalla giornalista musicale Paola De Simone, direttrice di “PopOn” il giornale on line della musica italiana e speaker di Radio In

Blu per Radio2 Rai. Il libro è edito da Donzelli. Il 12 giugno sono trascorsi dieci anni dalla morte di Bruno Martino, ma non è stata questa la motivazione che ha spinto l’autrice a scrivere il libro, si tratta solo di una felice coincidenza. “Il libro è nato prima di tutto per una mia esigenza - racconta la stessa autrice - che mi portavo dietro dal 2003: volevo leggere qualcosa sul jazz e sulla figura di Bruno Martino, ma in giro non trovavo niente. Così ho deciso di scrivere di mio pugno. L’occasione della collana Donzelli che permette di scrivere attorno ad una canzone ha unito le due cose. Quando poi si è trattato di scegliere il brano, beh, non ho avuto alcun dubbio su “Odio l’estate”. La canzone del 1960, il cui titolo fu abbreviato in “Estate”

fu riletta e reinterpretata da grandi artisti provenienti da ogni parte del mondo. Fa parte ormai di un repertorio classico e riscuote grande successo ad ogni sua nuova edizione. L’autrice del libro ha ricercato e studiato il fenomeno che ha portato l’Italia del boom economico, della Dolce Vita, dei Night Club sparsi per tutte le principali città del Bel Paese, a sfornare tanta musica che, uscita dal chiuso dei piccoli locali d’elite, dove si esibivano Bruno Martino, Fred Bongusto, Peppino di Capri, diventerà la musica urlata dai juke-box, dalle migliaia di 45 giri che finalmente gli italiani potevano comprare andando a trascorrere una vacanza al mare. La De Simone ci spiega con accuratezza la differenza tra le canzoni balneari del disimpegno come ‘Pinne, fucile e occhiali’, ‘Luglio’, Granelli di sab-

bia’ ecc.. e la professionalità di un personaggio come Bruno Martino, pianista, cantante, compositore, titolare di un’orchestra che si era esibita con grande successo in nord Europa prima di raggiungere in Italia la popolarità legata a canzoni facili ed orecchiabili. Vinicio Capossela ha scritto la prefazione al libro, che arricchisce ulteriormente un volume già prezioso grazie agli interventi di: Sergio Cammariere, Fabrizio Bosso, Renato Sellani e Jimmy Fontana. L’unicità del libro è poi sottolineata dai racconti esclusivi di Fiorelisa Calcagno, moglie di Bruno Martino e da Bruno Brighetti, autore della canzone “Odio l’estate” e storico musicista dell’orchestra di Martino, che ormai da quarant’anni vive in Africa. Delle canzoni di Bruno Martino si è scritto poco, di lui

c@ttolici in rete

Paese che vai santo che trovi

argo

IL POLLICE BAMBINI All’interno dello “Speciale TG 1” (Rai Uno, ore 23,25) della scorso domenica, ecco “Sotto il Celio …”, un interessante film di Edoardo Winspeare girato nel corso di un intero anno trascorso in un asilo romano al Celio, nato circa venti anni or sono, caratterizzato dalla presenza/frequenza di circa cinquanta bambini, gran parte dei quali di etnie e nazionalità diverse, oltre che di differenti classi sociali. Ovviamente siamo ad una prova diversa del giovane regista, ben oltre le definite e leggibili adesioni a quel Salento che gli appartiene per permanenza, vincoli di sangue ed esercizio vitale, anche se a ben guardare questa analisi su quello che, alla fine, è un vero e proprio processo di integrazione, non può non richiamare la terra della Pizzica, per definizione e per posizione geografica luogo di accoglienza come ben testimonia la storia di questi ultimi decenni. E Winspeare che lo sa e lo vive quotidianamente, parte da questa propria condizione per narrare con entusiasmo e passione, una storia … con la speranza che non sia un’eccezione.

tommaso dimitri

lor@delavoro di Samuele Vincenti

Il recupero delle tradizioni e la conservazione del patrimonio culturale salentino rappresenta una delle sfide che l’Amministrazione provinciale di Lecce ha assunto nella propria azione di governo. è per questo motivo che, sfruttando le opportunità offerte dal programma Elisa (Enti Locali - Innovazione di Sistema), finanziato dal fondo per il sostegno agli investimenti, Comma 893 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, la Provincia ha indetto un avviso pubblico per il conferimento di sei incarichi a giovani professionisti esperti nell’ambito della progettazione e della gestione di progetti

Nella settimana della festa leccese di sant’Oronzo, Giusto e Fortunato è d’obbligo cercare la loro scheda biografica, non solo per conoscerli meglio ma anche per invocare la loro benedizione e patrocinio. Oppure quante volte ci siamo trovati nella condizione di voler conoscere meglio un santo, un beato o sapere il giorno in cui si festeggia un onomastico? Oppure siete dei giovani sposi, in attesa di un figlio o una figlia, e vi trovate in quel bellissimo momento della scelta del nome. Cercate un nome importante, speciale e non comune e allora iniziate a sfogliare libri, calendari, dizionari onomastici ed etimologici, ecc… E quante volte ci troviamo a discutere: ma oggi che santo è? Ogni calendario riporta una festività propria e non sempre uguale a quella indicata in altri e disperdiamo in un mare infinito senza punti di riferimento. Allora il sito cattolico che fa per noi è: www.santiebeati.it Il titolo del portale è impegnativo: Santi, Beati e Testimoni. Infatti accanto ai Santi e ai Beati, canonicamente eretti dalla Chiesa come figure eccelse ed esemplari di donazione a Dio e ai fratelli, ci sono i Testimoni, forse non conosciuti da molti, che l’eroicità e il coraggio della vita grida molto forte se pur nel nascondimento di tutti i giorni. Testimoni esemplari per il mondo intero, come Martin Luther King e Raul Follereau e alcuni ancora vivi, come don Ciotti e Chiara Lubich. Quelli meno conosciuti, come la giornalista irlandese uccisa, Veronica Guerin, e altri ancora. Il sito, sempre aggiornato, comprende 8762 voci agiografiche in ordine alfabetico. Inoltre sono presenti circa 5.750 schede biografiche e 27.500 immagini ed illustrazioni iconografiche. Da qualche tempo è disponibile anche: un indice emerologico, che consente di conoscere i Santi o i Beati venerati nei singoli giorni dell’anno; un indice dei patronati, contiene circa 4.500 patronati (per i continenti, nazioni, città, categorie di persone, arti, mestieri e professioni, cose, malattie, animali, ecc.), con l’indicazione dei rispettivi patroni e del giorno della festa; un dizionario dei nomi, con etimologia, significato, data di onomastico e collegamento alla scheda biografica e iconografica disponibile nel sito; informazioni statistiche: gli ultimi 50 inserimenti e le figure più cliccate. Buona festa e navigazione.

marialucia andreassi a n c or a meno, per questo Paola De Simone ha scelto di colmare un vuoto, raccontando tutto il non detto dello storico brano del 1960, divenuto nel tempo patrimonio della cultura musicale italiana e non solo. Voglio concludere con una citazione dell’amico Sandro Ciotti presente nel libro: “Dimenticato dai più, restano la sua musica raffinata e la delicatezza di un artista non comune a mantenere vivo il ricordo tra i palati più fini”.

Paola De Simone, Odio l’estate, Donzelli Editore, 17.00, pag. 134

M U S I CALM E NTE Anna Rita Favale

La mostra d’antiquariato a Copertino Da sabato 28 agosto a domenica 5 Settembre, il Castello di Copertino ospiterà la Mostra d’Antiquariato, manifestazione che giunge, quest’anno, alla sua XXIV edizione. L’evento è realizzato dalla Pro Loco cittadina “Fernando Verdesca” in collaborazione con la Città di Copertino, la Provincia di Lecce, l’Unione dei Comuni Union 3, la Regione Puglia, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Università del Salento e l’Assessorato Regionale al Mediterraneo, Cultura e Turismo. Nel corso degli anni la manifestazione ha ospitato centinaia di antiquari provenienti da tutto il territorio nazionale e proposto numerosi eventi culturali divenendo uno degli appuntamenti più attesi dell’estate salentina. Ad ogni edizione la Mostra richiama migliaia di visitatori che giunti a Copertino ne apprezzano le bellezze, prima tra tutte l’imponente Castello, che nei giorni della mostra torna a rivivere gli antichi fasti. La mostra è apeta tutti i giorni dalle 18.00 alle 22.30. La Mostra d’Antiquariato è stata inaugurata venerdì 27 agosto alle ore 20.00 con l’evento culturale “Lectura Dantis” parola e musica con Ivan Raganato, Eliana Augusti e Irene Corciulo. Durante la manifestazione si svolgeranno due rassegne collaterali: Dal Palazzo al Castello - Dipinti e sculture dal Palazzo dei Celestini al Castello di Copertino, a cura del Museo Provinciale “Sigismondo Castromediano”. La terza dimensione del Salento - Mostra fotografica in 3D, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Specchia. Il 1 settembre 2010 alle ore 20.30 si terrà lo spettacolo a cura di Scena Muta “L’ultima Caccia” di Gabriella Monteduro.

Il progetto “Suoni della Memoria”

complessi. Queste figure saranno coinvolte nel progetto “Suoni della Memoria”, di cui la giunta è promotrice e che si inserisce nel succitato programma. L’obiettivo che si intende perseguire è il recupero, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio immateriale di tradizioni musicali e orali di cinque regioni italiane (Basilicata, Lazio, Umbria, Puglia e Campania), attraverso la sua digitalizzazione e archiviazione, e successivamente la sua traduzione nei linguaggi contemporanei al fine di renderlo accessibile al grande pubblico, e in partico-

lare ai giovani e agli anziani. Nell’ambito degli obiettivi e delle tematiche indicati nel bando, le figure professionali che si intendono reclutare svolgeranno attività di progettazione; di monitoraggio e di rendicontazione; di amministrazione e di segreteria. Il conferimento degli incarichi di collaborazione professionale è difatti finalizzato alla conduzione, pianificazione, coordinamento tecnico e monitoraggio delle attività comprese nel Progetto nonché alla definizione del Progetto esecutivo, del modello concettuale, organizzativo e tecnico architetturale, alla definizione delle linee guida

per le fasi pilota e alla rendicontazione. La procedura selettiva sarà basata sulla valutazione dei curricula, in una prima fase, e da un successivo colloquio per coloro che saranno giudicati idonei. La selezione è affidata ad apposita Commissione esaminatrice, nominata dal Dirigente del Servizio Risorse Finanziarie della Provincia di Lecce e formata, oltre che dallo stesso dirigente, da un funzionario amministrativo e da un segretario. Ai collaboratori che supereranno le prove selettive sarà proposto un contratto di collaborazione coordinata e con-

tinuativa della durata di 18 mesi che avrà allapubblicazione dei relativi dati sul sito web istituzionale della Provincia di Lecce. La domanda di ammissione alla selezione dovrà pervenire alla Provincia di Lecce Ufficio Archivio e Protocollo - via Umberto l - 73100 Lecce, pena l’esclusione, a mezzo del servizio postale mediante raccomandata con avviso di ricevimento o consegnata all’Ufficio di cui innanzi, entro e non oltre le ore 12.00 del giorno 31 agosto 2010 (per le domande inviate a mezzo posta, farà fede il timbro postale di spedizione). Il bando completo è di-

sponibile sul sito della Provincia di Lecce all’indirizzo www.provincia.le.it. Responsabile del procedimento è stato nominato il dott. Pantaleo Isceri.


Lecce, 28 agosto 2010

lo sport L’ASSIST

di Paolo Lojodice

La prima del Lecce di De canio in serie A contro Ronaldinho e soci. Sognare si può

Si riparte da San Siro Si comincia a fare sul serio. Dopo la passerella serale di lusso al Via del Mare contro il Valencia, il Lecce, per la prima del suo 14esimo campionato in seria A, è atteso alla prova del campo - e che campo - a San Siro, ospite del Milan guidato da Allegri. Esordio da cartellone che ingigantisce - più per il blasone e le ambizioni di vetta dell’avversario che per i reali rapporti di equilibrio tra le contendenti - le attese e le speranze per la nuova avventura nella massima divisione di un Lecce, per forza di cose cauto e prudente, comunque pronto a cogliere le opportunità che si possono presentare, secondo lo stile e il sano realismo di Mister De Canio. Certo è che è del tutto prematuro cercare di “leggere” fin da domenica grandi verità su quello che sarà il Lecce edizione 2010 2011, vuoi per la chiusura del calciomercato ancora così vicina, vuoi per la differenza di caratura con l’avversario. Se le considerazioni d natura tecnica possono trovare una più argomentata valutazione solo dopo le prime giornate di campionato, per questo inizio torneo il Lecce presenta elementi di novità… in linea con la continuità: il cambio al vertice con Pierandrea Semeraro presidente, cui il padre Giovanni ha affidato la barra del timone giallorosso, continua a registrare l’operato dell’a.d. Claudio Fenucci e del vicepresidente vicario Mario Moroni. Anche gli altri ruoli societari, al momento, non hanno segnato variazioni di rilievo, il tutto sem-

brerebbe fare eco, anche per gli incarichi dietro le scrivanie ben oltre che sul campo, al motto “squadra che vince non si cambia”. E la connotazione vincente del management giallorosso risiede soprattutto - non poca cosa di questi tempi - nella continuità della solidità finanziaria che la famiglia Semeraro ha saputo garantire alle fortune del calcio salentino : un bene primario difficilmente sostituibile e in quanto tale da tutelare e sostenere con la partecipazione di tutti. Risulterebbe quindi leggibile anche in tal senso lo sfogo del giovane massimo dirigente giallorosso in relazione allo “sciopero” del tifo praticato dai supporters in occasione proprio della kermesse presentazione contro il Valencia: la contestazione degli ultras contro la cosiddetta “tessera del tifoso” certamente non può portare ad alcun cambiamento e neanche generare l’effetto di una pietra gettata nello stagno della totalità degli spettatori degli stadi italiani, anche perché altre piazze ben più consistenti per numero di quella leccese -vedi Napoli per non spostarsi troppo da uno scenario del Sud - hanno già fatto registrare così tante adesioni da non lasciare molto spazio su un eventuale contrordine delle autorità o cambio di rotta. I colori giallorossi sono velati di tristezza per la prematura scomparsa del dott. Carlo Pranzo Zaccaria, ortopedico dello staff medico giallorosso, che per oltre 25 anni ha condiviso con il suo amico fraterno e collega

dott. Peppino Palaia le responsabilità dello settore medico. Uomo di grande spessore umano, di grande sensibilità e generosità, sempre disposto a mettere incondizionatamente la propria qualificata alta professionalità al servizio di quanti a quella facevano ricorso, a qualunque titolo, di personale amicizia o rapporto professionale. “Ho perso un fratello” ha commentato il dott. Palaia che è stato vicino all’amico fino agli ultimi istanti. Cronache riportate da fonte attendibile raccontano delle esilaranti esternazioni del presidente Franco Jurlano tese a stuzzicare l’inossidabile amicizia tra i due con la scherzosa contrapposizione delle modalità impulsive e dirette del dott. Peppino Palaia, rispetto al misurato stile del nobiluomo dott. Carlo Panzo Zaccaria. Il presidente Jurlano non perdeva occasione - marcando per pretesto presunte differenze anche nel modo di indossare gli stessi capi di abbigliamento con la caratteristica voce arrochita da troppe sigarette, in dialetto leccese ripeteva rivolgendosi al primo: “Ce bbuei, anche se te minti la giacca sempre de Schinzano (Squinzano) sinti…, iddhu invece - riferendosi al secondo - ete nobile, tene puru do’ cognomi”. I due amici sorridevano complici di reciproca stima e intesa. Alla famiglia del dott. Carlo Pranzo Zaccaria, alle figlie Francesca e Maria Novella, le più sincere e sentite condoglianze da parte della redazione de “L’Ora del Salento”.

L’Ora del Salento 15


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