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Lecce, 23 aprile 2011

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L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XXI, n. 15

SETTIMANALE CATTOLICO

IL MESSAGGIO PASQUALE DELL’ARCIVESCOVO

Abbiamo visto il Signore! Settanta libri di piombo di Nicola Paparella La loro autenticità non è del tutto confermata. Molti specialisti internazionali stanno ancora esaminando i 70 libri di piombo ritrovati in una grotta, in Giordania, rimuovendo il fango depositato da un’alluvione. Ogni libro è composto da 15 pagine - in piombo - tenute insieme da un laccio di cuoio e poi sigillati. Dalle prime analisi sembrano realizzati subito dopo la morte di Cristo. Riportano incisioni che fanno pensare alla Crocefissione e alla Resurrezione e parole che sembrano scritte in ebraico antico. Per David Elkington, uno studioso britannico al quale dobbiamo anche la foto che qui pubblichiamo, non ci sono dubbi; si tratta di “oggetti che potrebbero essere appartenuti ai primi Santi della Chiesa”. La datazione effettuata sui laccioli di cuoio porta indietro di 2000 anni. I più convinti dell’autenticità sono gli archeologi giordani. Ziad al-Saad, un’autorità in questo campo, dichiara: “Le prime analisi sono incoraggianti. Sembra che si tratti di una scoperta davvero significativa, forse la più importante di sempre”. Le autorità giordane non hanno il minimo dubbio ed hanno già intrapreso un’azione legale per riavere i preziosi 70 libretti andati a finire, con una storia rocambolesca, nelle mani degli Israeliani, che li vogliono localizzare in un apposito museo. Ai tempi di Gesù si scriveva su rotoli; ma i primi Cristiani, per sfuggire ai persecutori, avevano escogitato le piccole pagine di piombo, come si legge anche nell’Apocalisse di Giovanni, perché potevano essere nascoste nelle tasche. Se quei libri siano testimonianza autentica o meno, lo sapremo presto, quando gli studiosi avranno ultimato le loro ricerche; in ogni caso quelle piccole pagine di piombo ci fanno pensare alla fede dei primi Cristiani e ai grandi misteri della Morte e della Resurrezione di Gesù. Buona Pasqua.

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omenica di Risurrezione, la festa grande della comunità dei discepoli del Risorto: Cristo, nostra speranza è risorto, ha sconfitto la morte. Siamo al cuore della fede cristiana. La risurrezione di Cristo è la garanzia, il fondamento, la novità, la certezza che il Signore riprende in mano la storia, la creazione, ridonandole ciò che il peccato le ha tolto: la vita! Cristo non ha vinto la morte per sé ma per noi. L’Apostolo Paolo ce lo ricorda: “Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti (1 Cor 15,20). Questa è la grande novità che sconvolge le categorie passive della storia, i pianti di una umanità che si avvita su se stessa avviluppandosi in una strada senza uscita e senza speranza. Non siamo noi a vincere e sconfiggere la morte. È l’ultimo nostro grande nemico. Cristo soltanto può annientare la morte attraversandola. La vittoria di Cristo sulla morte, trasforma interamente il senso della storia. La nostra storia, il nostro mondo cercano la vittoria sulla morte. Abbiamo sperimentato molte volte la debolezza e l’impotenza di fronte a questo nemico. Siamo invitati a guardare oltre la nostra fragilità e i nostri dubbi. Risuona per noi la voce del Risorto: Non abbiate paura, io ho vinto la morte! Abbiamo da imitare gli Apostoli ai quali appare Gesù in persona la sera del primo giorno della settimana. Ad essi mostra le mani e il fianco. All’assente

Tommaso gliApostoli comunicano la grande notizia: abbiamo visto il Signore! Conosciamo la sua reazione: voglio vedere, voglio toccare! Sono in molti oggi quelli che vogliono vedere e toccare. Non si fidano delle nostre parole. Hanno bisogno di toccare con mano nella vita della Chiesa, nella vita dei credenti che Cristo è vivo. La qualifica che ci spetta e il compito che ci attende è quello che Gesù dice ai suoi amici: “Di me sarete testimoni … fino ai confini della terra” (At 1,8). Su questi confini oggi siamo posizionati noi. Nelle mani c’è il testimone che non può essere fermato nella sua corsa e nella sua consegna dalle nostre paure. La staffetta della corsa incontro alla vita che è il Risorto, parte il mattino di Pasqua. I primi che raccolgono il testimone sono Pietro e Giovanni. Ora siamo noi a garantirne la continuità e il passaggio a quanti attendono l’annunzio e la certezza della vita. Oggi in questa Pasqua, più che mai l’impegno a raccogliere e a passare il testimone ci obbliga a chiedere al Signore di farci risorgere facendo passare la nostra vita dall’attesa inerte alla corsa per conquistare la speranza, dalla paura al coraggio della fede che testimonia, dalla tristezza per le nostre sconfitte, alla gioia per il dono che ogni giorno ci fa gustare la bellezza del dono della vita.

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CHIESA DI LECCE

Le attività di maggio Domenica 1 maggio 2011 Giornata di sensibilizzazione per il sostegno economico alla Chiesa Cattolica (8‰) Martedì 3 maggio 2011 Collegio dei Consultori Curia, h. 10.00 Sabato 7 maggio 2011 Cammino delle Confraternite, h. 9.00 Raduno dei ministranti - Parr. “S. Giovanni Battista”, h.17.00 Domenica 8 maggio 2011 Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei 87^ Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore (colletta obbligatoria) Ritiro mensile per le Religiose Ist. “Cuore Immacolato di Maria”.

Lunedì 9 maggio 2011 Monastero invisibile - Parrocchia “S. Filippo Smaldone”, Lecce, h. 17.00 Programma Feste Santi Patroni - Vicaria di Lecce, Parr. “S. Maria della Porta”, h. 20.00 Martedì 10 maggio 2011 Incontro di formazione missionaria per animatori parrocchiali Istituto Marcelline - Lecce, h. 16.00 Gruppo Giovani “Miriam”: La preghiera: “Ma perché pregare?” Monastero Suore Carmelitane Arnesano, via per Materdomini, h. 17.00 / 19.00 Mercoledì 11 maggio 2011 Incontro sulla pastorale delle marine, Curia, h. 11.00

Giovedì 12 maggio 2011 Verso nuove frontiere di Bioetica: “Educazione e gioventù nella società complessa” Relatore: Prof.ssa Anna Colaci, Università del Salento Lecce - Palazzo Codacci-Pisanelli (Porta Napoli), h. 17.00 Catechesi del vescovo ai giovani della Diocesi, Cripta della Cattedrale, h. 20.00 Venerdì 13 maggio 2011 Conversazione biblica: “Gesù Maestro Via, Verità e Vita” - Rel. Sr. Filippa Castronovo Istituto Marcelline, h. 19.00 Domenica 15 maggio 2011 48^ Giornata di preghiera per le vocazioni “Quanti pani avete? Andate a vedere …”

Giovedì 19 maggio 2011 Conclusione anno formativo della Scuola di pastorale Parr. “S. Giovanni Battista”, h. 17.15 Venerdì 20 maggio 2011 Ritiro del Clero (Sacerdoti e Diaconi) - Nuovo Seminario, h. 9.30 Da lunedì 23 maggio a venerdì 27 maggio 2011 Il Vescovo partecipa alla Sessione del Consiglio Permanente della Cei Sabato 28 maggio 2011 Cabaret e quadrangolare di Calcetto pro G.M.G. di Madrid Palazzetto dello Sport - Lecce, h. 20.00

SEMINARIO DI BIOETICA IL TERZO INCONTRO 2011 La conferenza del prof. Michele Indellicato, docente di Etica Sociale e Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Bari

Restituire dignità alla vita e alla persona Paolo VI: “Il nostro tempo ha bisogno di testimoni e non di predicatori” “La persona è la realtà più consistente… qualcosa di originale nell’ordine della creazione. È l’essere di significati ultimi e di valori assoluti. Il rispetto della persona è il criterio di discernimento tra il lecito e il non lecito, è il criterio per la realizzazione della persona stessa”. Con queste parole don Salvatore Cipressa ha dato il via al terzo incontro del seminario di Bioetica, tenutosi lo scorso 14 aprile presso l’Issr di Lecce. Ad accompagnare questo nostro percorso, con la re-

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DIRETTORE RESPONSABILE Nicola Paparella EDITORIALE Ente opere di culto e religione AMMINISTRAZIONE, REDAZIONE E PUBBLICITÀ Piazza Duomo, 8 - Lecce Tel. 0832308849

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Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

lazione dal titolo “La persona e l’impegno etico”, il prof. Michele Indellicato, docente di Etica Sociale e Filosofia Morale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bari e di Bioetica nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, sezione di Brindisi. È, inoltre, direttore del Corso di Perfezionamento in Etica Sociale e presidente del Master in Etica della Pace e Diritti Umani. In continuità con il tema della biofilia, affrontato dal prof. Cipressa durante il precedente incontro, il prof. Indellicato ha esposto una chiara e marcata relazione basandosi soprattutto sul personalismo francese e, in modo particolare, sulla figura di Jacques Maritain ed Emmanuel Mounier. Nel testo “La centralità della persona nel pensiero di Jacques Maritain”, il prof. Indellicato afferma che “oggi il valore e il rispetto della vita umana sembrano subire attacchi di varia natura. Nonostante l’accresciuta sensibilità morale e giuridica, il nostro tempo ha bisogno di riguadagnare la persona. C’è necessità che l’uomo guarisca dalla malattia del suo perdersi e riprenda la comunione con il suo sé”. Già da tempo, la libertà dell’uomo, elemento fondante dell’antropocentrismo, ha ceduto il passo ad un’autonomia radicale che rende l’uomo schiavo delle sue stesse pretese. Di fronte a questa “emergenza persona” - come molti l’hanno definita - è necessario riaprire il dibattito sul concetto di persona, considerando le sue inevitabili declinazioni non solo dal punto di vista metafisico e ontologico, ma anche per la multidimensionalità dinamica delle sue manifestazioni. Una prima annotazione è da fare osservando che la concezione classica di Severino Boezio, che definiva la persona “rationalis naturae individua substantia”, viene modificata da Riccardo di San Vittore in “rationalis naturae individua existentia”. Si ha, in tal modo, un passaggio concettuale che investe non solo il piano speculativo teologico e metafisico, ma anche quello

storico: la variante existentia, infatti, proprio per l’idea di dinamicità insita in essa, rende impossibile cristallizzare il concetto di persona. Dello stesso avviso è Mounier che definisce la persona quale “volume totale dell’uomo” in quanto costituita da tre dimensioni: incarnazione, vocazione e comunione. L’incarnazione è in riferimento all’essere spirito incarnato. La vocazione apre ad un senso trascendente che si raffigura, per i credenti,

PENSANDOCI BENE... di Giuseppina Capozzi

L’impegno etico dell’uomo La storia del presente sembra consegnarci un concetto umano di tipo materialistico e individualistico. Si annulla, in questo modo, la verità della centralità e integrità della persona, naturalmente proiettata nella dimensione della trascendenza e della relazione. Per Benedetto XVI la natura trascendente della persona umana non può essere ignorata o trascurata: ogni persona è titolare del “sacro diritto” ad una vita integra anche dal punto di vista spirituale. Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura al trascendente, la persona umana si ripiega su se stessa, non riesce a trovare risposte agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita (Caritas in Veritate, 78). La ricerca di un modello antropologico diventa, perciò, di inevitabile emergenza, come afferma M. Indellicato, perché l’uomo possa riappropriarsi della sua identità. Quando non riconosce la sua integrità di essere che ha ricevuto la vita da altri, l’uomo, inoltre, diventa non più persona in relazione, ma individuo che utilizza la propria razionalità al servizio di se stesso. L’individualismo, infatti, è l’opposto della relazionalità; significa designare l’uomo come finalizzato a soddisfare esclusivamente i suoi desideri e a fare del bene solo per se stesso. Ora, si può facilmente comprendere come il bene di se stessi non possa essere scollegato o prescindere da quello degli altri. Ma il bene cos’è? È il fine a cui tende una azione, per realizzare qualcosa di positivo per la persona. Si può, quindi, affermare che è bene ciò che realizza la piena umanità. Che è l’essenza dell’essere umano. Essendo ogni essere umano dotato di una complessa identità, per formarsi nel rispetto della complessità ma unità della persona, ha necessità di normative di base. E qui si innesta la morale. Questa è, per

definizione, conformità al bene. Il modello per eccellenza della morale cristiana non è confessionale, cioè vincolante solo per i credenti; ma è una morale per tutti, in quanto basata sulla legge naturale, caposaldo della tradizione cattolica. La pedagogia del credente si proietta, quindi, verso una immagine di persona che non trova la sua origine nella casualità o nell’assurdità, bensì in una vita che va oltre l’esistenza terrena. Ecco che, quando l’uomo scopre la sua vera identità di essere-in-relazione, teso naturalmente verso il bene e verso altro da sé, si percepisce chiaramente come essere-responsabile. Responsabile (dal latino responsus, part. pass. di respondere rispondere) è colui che deve rispondere, rendere ragione o garantire delle proprie azioni o delle altrui. La responsabilità di cui si parla è quella morale: è l’impegno etico cui fa riferimento M. Indellicato. Il singolo atto è relazione dell’uomo con l’altro uomo e con le cose. La responsabilità morale garantisce che questo atto non conduca all’arbitrio. Ecco che il fondamento di un nuovo umanesimo deve partire da una visione forte della persona, dove per forte si intenda strutturalmente vera e sapiente. info@giuseppinacapozzi.it

BUONA PASQUA L’Ora del Salento augura a tutti i lettori di vivere cristianamente i Santi Misteri attingendo alla gioia della resurrezione il segreto per ottenere la pace del cuore. Il settimanale tornerà in edicola il prossimo 7 maggio 2011

come un’apertura verso Dio, e per i non credenti, come un superamento di se stessi. La terza dimensione, più delle altre, connota l’essere della persona che è, per natura, relazionale. Ad ognuna di queste dimensioni corrisponde un esercizio specifico. Correlato all’incarnazione è l’esercizio dell’impegno, un impegno etico che coniughi i valori e i principi con la vita personale e professionale; attuali risuonano in questo contesto le parole di Paolo VI “Il nostro tempo ha bisogno di testimoni piuttosto che di predicatori”. Alla vocazione corrisponde l’esercizio della meditazione, visto come un rientrare in noi stessi per progettare l’esistenza umana vivendo i valori. Infine, l’esercizio della spogliazione è messo in relazione con la comunione, intesa come rinuncia a se stessi per darsi agli altri e, quindi, annullamento dell’egoismo. “Se la persona manca a uno di questi tre esercizi è destinata all’insuccesso”, dice Mounier. La praticità dell’argomento e la fervida preparazione del relatore hanno suscitato numerose osservazioni del pubblico creando, altresì, il pretesto per riflettere su quanto reale sia l’emergenza persona, soprattutto a fronte delle “mode negative” del nostro tempo, ovvero il relativismo imperante, l’individualismo e il nichilismo. I tre esercizi precedentemente citati sarebbero, infatti, capaci di annullare questi tre vizi che, rendendo la persona preda del suo ego, la spinge ad atteggiarsi a “moderne Parche” per decidere quando filare il tessuto della vita, come percorrere il proprio destino e quando decretarne la fine. Si rinnova, così, un impegno etico che non può essere disatteso perché espressione di quella dignità che ci contraddistingue dal resto del creato. È l’eredità di un impegno che non va taciuto in forza dell’onore e della responsabilità di cui è stato investito l’uomo nell’essere stato creato “a immagine e somiglianza di Dio”. Serena Carbone


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MESSA DEL CRISMA 2011 L’OMELIA DELL’ARCIVESCOVO DI LECCE Popolo sacerdotale

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Il Signore sovrabbondi di ogni grazia e bene dizione spirituale su tutti voi che siete l’assemblea santa convocata e radunata in questa Chiesa Cattedrale. Più che mai in quest’ora sentiamo di essere tutta la Chiesa che vive in Lecce e celebra il memoriale della Pasqua di Cristo Signore: fedeli laici, consacrati, diaconi, presbiteri, vescovo. Un’unica famiglia per un unico altare nella Ecclesia maior et mater: la Cattedrale. La nostra celebrazione, unica nel suo svolgersi, ha nel rito della benedizione degli oli un momento di grande ricchezza simbolica e sacramentale. L’olio degli infermi perché quanti tra essi lo riceveranno ottengano conforto e siano liberati da ogni angoscia e malattia; l’olio dei catecumeni perché essi comprendano il vangelo di Cristo e assumano generosamente gli impegni della vita cristiana; il crisma perché coloro che da esso sono unti ‘siano consacrati interiormente e resi partecipi della missione di Cristo Redentore’.

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A Gesù Cristo che ha fatto di noi un regno - lo abbiamo ascoltato dal libro dell’Apocalisse sacerdoti per il suo Dio e padre, gloria e potenza. Quello che era un privilegio del popolo eletto, lo leggiamo nel libro dell’Esodo: “Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Es 19,6), ora appartiene alla Chiesa, popolo regale e sacerdotale, avvolto della gloria di Dio e incaricato del suo culto in mezzo alle nazioni. Nella Chiesa tutti possono adorare e servire Dio e invitare tutti a entrare nella liturgia definitiva del culto ‘in spirito e verità’. Sant’Ambrogio afferma: “Tutti i figli della chiesa sono sacerdoti”. Nel decreto del Vaticano II Apostolicam actuositatem leggiamo: i laici “vengono consacrati per formare un sacerdozio regale e una nazione santa onde offrire sacrifici spirituali mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo” (n. 7).

L’omelia di mons. D’Ambrosio nella cattedrale di Lecce

Ha fatto di noi un Regno, Sacerdoti per il suo Dio e Padre

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Il brano del Profeta Isaia che Gesù fa proprio nella sinagoga di Nazaret, ci ricorda che l’unzione sottolinea in primo luogo l’iniziativa di Dio che abilita un uomo al servizio della Parola investendolo della missione di annunziare la salvezza. I profeti ‘consacrati’ con l’unzione non sono separati dal popolo. È in questa logica che Cristo Signore è unto dallo Spirito e costituito come il ‘profeta’ (prima lettura). Cristo Gesù è l’unto sacerdote è il mediatore tra Dio e gli uomini e compirà l’unico perfetto sacrificio che darà valore ed efficacia a tutti gli altri sacrifici. Diventa il capo di un nuovo popolo sacerdotale che viene santificato dal sangue dell’Agnello immolato (seconda lettura). Ecco perché nella sinagoga di Nazaret, Gesù dichiara apertamente di essere il profeta messianico attribuendo a se stesso l’oracolo del Profeta riguardante il messia, proclamando che ‘oggi’, in lui si realizza la promessa di Dio. Ma la realizzazione della promessa non riguarda solo la persona di Gesù. C’è la sua missione che attraversa la storia fino alla fine. A noi credenti il compito di continuare a proclamare il lieto annunzio, la liberazione, la libertà agli oppressi, l’anno di grazia. Nella recente Esortazione apostolica Verbum Domini, il Papa ci ricorda un compito e un impegno che è di tutti: “Poiché tutto il Popolo di Dio è un popolo ‘inviato’, il Sinodo ha ribadito che ‘la missione di annunciare la Parola di Dio è compito di tutti i discepoli di Gesù Cristo come conseguenza del loro battesimo’. Nessun credente in Cristo può sentirsi estraneo a questa responsabilità che proviene dall’appartenere sacramentalmente al Corpo di Cristo” (n. 94).

L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

La visita pastorale Non posso in questo momento di grazia e di comunione profonda della nostra Chiesa tra 4vescovo, presbiteri e laici, non aggiungere una parola particolare per il grande dono che il Signore sta per fare alla nostra Chiesa con la Visita Pastorale che muoverà i suoi primi passi nel prossimo mese di novembre. I documenti della Chiesa ce la presentano come un’azione apostolica, un autentico tempo di grazia. Sottolinea il primato di Cristo Buon Pastore e presenta il vescovo quale principio e fondamento visibile dell’unità nella Chiesa particolare, permettendogli di rendersi conto delle difficoltà dell’evangelizzazione e aiutandolo, attraverso i contatti personali con il clero e gli altri membri del popolo di Dio, a conoscere le difficoltà dell’evangelizzazione, a riesaminare il programma, i metodi e i contenuti della pastorale in vista di un suo profondo rinnovamento. In merito alla esperienza della visita pastora-

Domenica di Pasqua Ore 11 - Solenne Pontificale in Cattedrale Lunedì 25 aprile 2011 Ore 17 - Celebra la S. Messa a Torchiarolo Martedì 26 aprile 2011 Ore 11 - S. Messa a Surbo per la Madonna di Loreto Dal 27 al 30 aprile 2011 Al Convegno regionale a S. Giov. Rotondo Da domenica 1 a martedì 3 maggio 2011 Partecipa alla Beatificazione di Giovanni Paolo II 4 Mercoledì maggio 2011 Ore 10 - Presenzia all’Assemblea degli studenti

dell’Istituto Marcelline Ore 18 - Amministra le Cresime a Pisignano 5 Giovedì maggio 2011 Ore 10 - Celebra un matrimonio a S. Chiara Ore 19 - Amministra le cresime a S. Lucia - Lecce 6 Venerdì maggio 2011 Mattina - Udienze Ore 19 - Celebra la Solennità di S. Domenico Savio ai Salesiani 7 Sabato maggio 2011 Partecipa al Cammino con le Confraternite Ore 17 - Partecipa al Raduno diocesano dei Ministranti nella Parr. S. Giov. Battista Ore 19 - Cresime nella Matrice di Monteroni

le, un grande e santo pastore, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, così scriveva: “Fra le altre cose per cui è necessaria la residenza del vescovo nella sua chiesa è per andare girando per i luoghi della sua diocesi in persona colle visite. Oh a quanti disordini si rimedia dal prelato col girare e col vedere le cose cogli occhi propri! Chi non vede non può provvedere. Ed è impossibile il governare bene per mezzo delle relazioni degli altri, i quali o ingannano per i loro fini privati, o pure sono più facilmente ingannati, o almeno non sanno avvertire gli sconcerti che vi sono. Questa verità io l’ho ben conosciuta e pianta col girare delle missioni”. Verrò a voi nel nome del Signore per annunziarvi la Parola, quella che non passa, la sola che salva, che dona il dinamismo e la profezia della speranza anche agli sfiduciati e agli smarriti di cuore, che sa muovere la forza dell’amore che accoglie e risana.

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Il Concilio Vaticano II ricorda a me vescovo la responsabilità solidale per la Chiesa tutta. Voi presbiteri vivete la vostra missione non da soli ma uniti al vescovo e agli altri presbiteri in un servizio diuturno al popolo a voi affidato. Tra noi deve essere evidente e testimoniante un’autentica fraternità sacerdotale. L’individualismo se non il solipsismo ha ancora tanta parte nella guida e nel servizio alle nostre comunità. Siamo chiamati a un deciso cambio di rotta. Dobbiamo attingere alla coscienza dell’unità della missione, alla corresponsabilità nel sentirci a servizio della Chiesa tutta e non dei nostri orticelli ben recintati e protetti. Vanno inoltre perseguiti luoghi e spazi di vita comune. Tornino ad essere abitate le nostre case canoniche magari con esperienze di vita fraterna. Siano aperte ad accogliere coloro che hanno bisogno di essere ascoltati, guidati, consigliati. Non ci sia fretta nell’abbandonare i luoghi che dicono la nostra scelta di abitare laddove vivono i nostri fratelli. Riscopriamo e rimettiamo tra le nostre priorità pastorali il tempo dell’ascolto, della guida spirituale, dell’essere chiamati a sostenere il difficile cammino della fede. Perciò non trasformiamo la casa del pastore e padre in uffici con tempi al risparmio e centellinati. Fratelli miei presbiteri, siamo chiamati a riunire l’unico gregge di Cristo, un gregge che non vive ai margini della storia e della vita degli uomini. L’ovile che accoglie il gregge non è un ghetto. La Chiesa vive tra gli uomini. È una Chiesa cordiale, non fredda o staccata; aperta, non arroccata nelle sue sicurezze; materna non scontrosa; lieta nella convinzione dei suoi limiti e delle sue fragilità, non piagnona e triste; non si affida ai diagrammi delle indagini sociologiche, ma sa essere audace e profetica nella speranza che ha disegnati i suoi tratti nel volto del suo Signore, Crocifisso e Risorto. È una “Chiesa che riesce ad essere esperienza viva di comunione, intrecciando sapientemente paternità e fraternità, senza distanze gerarchiche improprie, senza ammiccanti livellamenti egualitari” (L. Alici). È questa la Chiesa che Cristo Gesù vuole offrirci anche attraverso il ministero, la corresponsabilità, il servizio e l’impegno di tutti noi che, in forza del battesimo, siamo a chiamati a far risplendere come via sicura nel pellegrinaggio della storia.

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Molte altre cose vorrei dirvi. Le troverete nella lettera pastorale che presenta l’icona del Buon Pastore e che mutua dalle sue parole il titolo: Conosco le mie pecore. Al termine di questa celebrazione la consegnerò, insieme ai santi oli, ai parroci, alle rappresentanze del presbiterio, dei diaconi, dei religiosi, delle religiose e del nostro laicato. Non mi resta che ridirvi la mia gratitudine per il molto che mi state donando accontentandovi del poco che nella mia avarizia riesco a restituirvi. Ma posso assicurarvi che il bene, l’amore e la dedizione con cui vivo il mio servizio per voi, è senza limiti e senza riserve. Posso assicurarvi che le mie braccia sono costantemente alzate per voi. Fra poco, al termine della rinnovazione delle promesse sacerdotali, vi chiederò: “Pregate anche per me, perché sia fedele al servizio apostolico, affidato alla mia umile persona, e tra voi diventi ogni giorno di più immagine viva e autentica del Cristo sacerdote, buon pastore, maestro e servo di tutti”. Anche per questo vi dico grazie e invoco: “La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù” (Rm16,23).


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PAPA WOJTYLA VERSO LA BEATIFICAZIONE In più occasioni il Santo Padre che sarà beatificato il 1° maggio ha sottolineato la profondità della spiritualità del Poverello

Papa Giovanni Paolo II e San Francesco d’Assisi Nella cittadina umbra la preghiera del mondo per la pace universale In questo numero del nostro settimanale diocesano, in parte dedicato alla grande figura di santità di Giovanni Paolo II, mi piace sottolineare almeno tre tratti della spiritualità di Francesco d’Assisi che hanno fatto vibrare il cuore dell’uomo Karol Wojtyla all’unisono con quello del Santo di Assisi. Giovanni Paolo II, sicuramente, oltre a conoscere la figura di Francesco, fa sue diverse modalità del Poverello d’Assisi nel vivere radicalmente il Vangelo, da prete prima, da successore di Pietro dopo. Fu proprio uno dei suoi primi viaggi quello ad Assisi sulla tomba di Francesco; in quell’occasione ebbe modo di affermare: “Dato che non sono nato su questo suolo, sento più che mai il bisogno di una “nascita” spirituale in esso. E perciò […] vengo pellegrino ad Assisi, ai piedi del santo Poverello Francesco, il quale ha scritto a caratteri incisivi il Vangelo di Cristo nei cuori degli uomini del suo tempo. E perciò oggi il Papa arriva qui”. Nel suo discorso nella Basilica di San Francesco, domenica 5 novembre 1978, dinanzi alla tomba di Francesco, ha modo di affermare che anche particolari storici lo legano alla figura di questo grande Santo: “come arcivescovo di Cracovia, abitavo vicino ad una antichissima chiesa francescana e ogni tanto andavo là a pregare, a fare la “Via Crucis”, a visitare la cappella della Madonna Addolorata. Momenti indimenticabili per me! Non si può non ricordare che proprio da questo magnifico tronco della spiritualità francescana è sbocciato il beato Massimiliano Kolbe - polacco, ndr - patrono particolare nei nostri difficili tempi. Non posso non ricordare che proprio qui ad Assisi, in questa Basilica, nell’anno 1253, il Papa Innocenzo IV ha proclamato Santo il Vescovo di Cracovia, il Martire Stanislao, ora Patrono di Polonia, di cui io fino a poco fa ero indegno successore”. In quell’occasione Giovanni Paolo II mette subito l’accenno su ciò che desidera da Francesco, su ciò che affida alla sua santità e protezione, su ciò che ha intuito essere anche per il suo papato un iter di servizio a Dio ed ai fratelli. Francesco è, per il Papa, strumento nelle mani di Dio per la mediazione Regno-Mondo, comunicazione e canale di trasmissione della santità all’uomo, figura che rende visibile l’incarnazione del Verbo, la vicinanza di Dio all’uomo, ciò che sarà la sua prima missione da successore di Pietro e che lo vedrà impegnato per tutta la sua vita. Vi riporto la sua preghiera in quell’occasione.

Francesco, Tu, che hai tanto avvicinato il Cristo alla tua epoca, aiutaci ad avvicinare Cristo alla nostra epoca, ai nostri difficili e critici tempi. Aiutaci! Questi tempi attendono Cristo con grandissima ansia, benché molti uomini della nostra epoca non se ne rendano conto. Ci avviciniamo all’anno duemila dopo Cristo. Non saranno tempi che ci prepareranno ad una rinascita del Cristo, ad un nuovo Avvento? Noi, ogni giorno, nella preghiera eucaristica esprimiamo la nostra attesa, rivolta a lui solo, nostro Redentore e Salvatore, a lui che è compimento della storia dell’uomo e del mondo. Aiutaci, San Francesco d’Assisi, ad avvicinare alla Chiesa e al mondo di oggi il Cristo. Tu, che hai portato nel tuo cuore le vicissitudini dei tuoi contemporanei, aiutaci, col cuore vicino al cuore del Redentore, ad abbracciare le vicende degli uomini della nostra epoca. I difficili problemi sociali, economici, politici, i problemi della cultura

e della civiltà contemporanea, tutte le sofferenze dell’uomo di oggi, i suoi dubbi, le sue negazioni, i suoi sbandamenti, le sue tensioni, i suoi complessi, le sue inquietudini... Aiutaci a tradurre tutto ciò in semplice e fruttifero linguaggio del Vangelo. Aiutaci a risolvere tutto in chiave evangelica affinché Cristo stesso possa essere “Via, Verità, Vita” per l’uomo del nostro tempo. Questo chiede a Te, figlio santo della Chiesa, figlio della terra italiana, il papa Giovanni Paolo II, figlio della terra polacca. E spera che non glielo rifiuterai, che lo aiuterai. Sei sempre stato buono

e sempre ti sei affrettato a portare aiuto a tutti coloro che si sono rivolti a Te. Tra qualche giorno toccherà a Benedetto XVI commemorare il 25° anniversario dello storico incontro di Giovanni Paolo II con i rappresentanti delle diverse chiese e comunioni cristiane per la giornata mondiale della Pace. E dove volle quest’incontro il Papa? Ancora una volta ad Assisi, a casa di Francesco, in Santa Maria degli Angeli, dinanzi la Porziuncola, luogo di irradiazione dell’Ordine Francescano e della sua missione; era Domenica, 27 ottobre 1986. “Ho scelto questa città come luogo per la nostra Giornata di preghiera in un vero silenzio interiore per il particolare significato dell’uomo santo qui venerato - san Francesco - conosciuto e riverito da tanti attraverso il mondo come simbolo della pace, riconciliazione e fraternità. Ispirandoci al suo esempio, alla sua mitezza e alla sua umiltà, disponiamo i nostri cuori alla preghiera di un vero silenzio interiore”. Il trovarsi insieme di tanti capi religiosi per pregare fu un invito al mondo a diventare consapevole che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che non è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. È, piuttosto, il risultato della preghiera, che, pur nella diversità di religioni, esprime una relazione con un potere supremo che sorpassa le capacità umane da sole. L’essere stati convocati in un incontro non implicava per Giovanni Paolo II alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra le religioni o negoziare le convinzioni di fede. È nella diversità che l’umanità deve attingere le sue più profonde e vivificanti risorse per formare la propria coscienza e fondare la propria azione. Questo è il vero significato, per le persone del nostro tempo, del grande impegno per la pace. E di questo rispetto nella reciprocità, nella differenza ma al contempo nella fraternità, Francesco d’Assisi è l’esempio che Giovanni Paolo II sente di abbracciare. Il Papa si rifaceva al silenzio interiore quale “arma” per la pace. Quel silenzio che tanto ha caratterizzato la vita di Francesco e di cui Giovanni Paolo II ha imbevuto la sua spiritualità. Semplicistico e riduttivo il giudizio di chi lo definiva “il Papa dei viaggi”. Chi è stato affascinato dalla figura di Papa Wojtyla non può non ricordarlo in ginocchio nella sua cappella in orazione quotidiana, con quello sguardo immerso nell’amore dell’Amato. Richiamandosi alle fonti storiche che descrivono il desiderio di contemplazione che accompagnò l’intera esistenza di Francesco dove si legge che egli “lasciava la folla col suo chiasso e cercava la solitudine, col suo segreto e la sua pace: là, dedicandosi più liberamente a Dio, detergeva dall’anima ogni più piccolo grano di polvere” (FF 1222), Giovanni Paolo II al Santuario di La Verna (AR), luogo delle Stigmate di Francesco, venerdì 17 settembre 1993, parla ed invita all’imitazione delle prolungate soste del Poverello su quel Monte quale eloquente testimonianza del suo bisogno di solitudine. “Esso ricorda ai numerosi pellegrini e visita-

tori anche dei nostri tempi, secondo la felice espressione della Leggenda Minore, come “il verace amore di Cristo” trasformò “l’amante nell’immagine perfetta dell’Amato” (FF 1377). L’anima contemplativa di Francesco è la “lezione” che egli ha lasciato a tutto il mondo. La considerazione di Cristo crocifisso fu per Francesco così intensa ed intrisa di amore da portarlo gradualmente alla identificazione con Lui. Nella povertà, nell’umiltà e nelle sofferenze del Crocifisso, egli scoprì la sapienza divina, rivelata agli uomini nel Vangelo, una sapienza che sorpassa e vince ogni mondano sapere. Nella società attuale, tra tanti fenomeni di segno diverso, emerge in modo sempre più chiaro un bisogno reale di verità, di essenzialità e di autentica esperienza di Dio”. Cosa lascia a noi un Giovanni Paolo II pregno della spiritualità di San Francesco? Una grande responsabilità! La consegna ai francescani, ma penso sia compito di ogni battezzato che realmente oggi voglia essere strumento nelle mani di Dio: “A voi, […] spetta il compito di additare anche ai nostri contemporanei, in atteggiamento di fraternità universale, la risposta appagante a tali attese. Essa consiste nell’abbandono fiducioso all’amore salvifico, anche se crocifiggente, del Signore Gesù. […] Siate servi del suo popolo con letizia, perché San Francesco vi ha voluti servi gioiosi dell’umanità, capaci di accendere dappertutto la lampada della speranza, della fiducia, dell’ottimismo che trova la sua sorgente nel Signore stesso. Di esempio vi sia oggi e sempre il vostro, il nostro comune Santo”. E così pregava:

O San Francesco, stigmatizzato de La Verna, il mondo ha nostalgia di te quale icona di Gesù Crocifisso. Ha bisogno del tuo cuore aperto verso Dio e verso l’uomo, dei tuoi piedi scalzi e feriti, delle tue mani trafitte e imploranti. Ha nostalgia della tua debole voce, ma forte della potenza del Vangelo. Aiuta, Francesco, gli uomini d’oggi a riconoscere il male del peccato a cercarne la purificazione nella penitenza. Aiutali a liberarsi dalle stesse strutture di peccato, che opprimono l’odierna società. Ravviva nella coscienza dei governanti l’urgenza della pace nelle Nazioni e tra i Popoli. Trasfondi nei giovani la tua freschezza di vita, capace di contrastare le insidie delle molteplici culture di morte. Agli offesi da ogni genere di cattiveria comunica, Francesco, la gioia di saper perdonare. A tutti i crocifissi dalla sofferenza, dalla fame e dalla guerra riapri le porte della speranza. Amen. Fra Paolo Quaranta


L’Ora del Salento

Lecce, 23 aprile 2011

catholica

PAPA WOJTYLA

DOVE

VERSO LA BEATIFICAZIONE Eccellenza, andiamo indietro con la memoria. Quando ha invitato il Papa? Ho invitato a Lecce il Papa nella prima udienza che mi ha concesso da vescovo eletto di Lecce, il 2 Gennaio 1989. In quella occasione il Papa mi disse: “Vai a Lecce tu e poi, se Dio vuole, verrò io”. Ho ripetuto l’invito due anni dopo, in occasione di un’udienza particolare e Lui sorridendo mi ha risposto: “Mi hai già invitato, bisogna vedere con i miei collaboratori”. Allora mi sono dato da fare per stare dietro al Sostituto della Segreteria di Stato che in quel momento era Gian Battista Re che si è dimostrato d’accordo, anche perché, come assessore, aveva già messo in programma la visita del Papa a Lecce. Così ho potuto avere la notizia, con un anno di anticipo: la visita a Lecce era stata infatti programmata per il 1994. Come si è preparata la Diocesi a quell’evento così importante? La Diocesi ha avuto una lunga preparazione. Ho annunciato la venuta del Papa durante la festa della Dedicazione della Cattedrale, il 6 novembre ’93. Da quel giorno ci siamo preparati attraverso una riflessione sul magistero di Pietro e sulla funzione del Papa nella Chiesa. Insieme ai miei collaboratori abbiamo analizzato con attenzione e approfonditamente l’enciclica “Lumen Gentium”, soprattutto riscoprendo gli articoli che parlano della funzione del Papa nella Chiesa. Ora veniamo alla visita. Quali sono i ricordi più nitidi nella sua mente e nel suo cuore? Devo rivelare una cosa a tutta l’opinione pubblica. Cinque giorni prima della data prevista, sembrava che la visita fosse saltata, perché il Papa era ritornato da Zagabria la domenica sera molto stanco ed era in dubbio se venire o meno a Lecce. Sono stato chiamato alle 9 e mezzo dalla Segreteria di Stato e mi è stato riferito: “Eccellenza, stiamo per darle una brutta notizia, non sappiamo se il Papa sia in grado di venire a Lecce. Già ha saltato la visita al Congresso Eucaristico di Siena per una caduta. Avremo adesso una riunione con il Santo Padre, l’archiatra pontificio (il medico del papa n.d.r.), il Segretario di Stato, la segretaria personale del Papa. Tra un’ora chiameremo per confermarle o meno la venuta del Papa”. A cinque giorni dall’evento era tutto preparato alla perfezione ed è facile immaginare come una telefonata del genere possa farti entrare in crisi, ti fa cadere per terra. Mi sono rifugiato in cappella, non ho parlato con nessuno, ho recitato il Rosario. Il tempo non passava mai; mi avevano detto che verso le dieci e mezza mi avrebbero chiamato per comunicarmi il risultato della riunione ed io aspettavo. Trascorso il tempo, alle 11 meno un quarto ho chiamato la Segreteria di Stato e le notizie ricevute non erano certo confortanti: “Il Papa ancora non ha deciso, il sostituto non è ancora rientrato; la chiamiamo noi”. Questo ritardo mi angustiava profondamente, perché vedevo saltare tutta un’architettura, era come una bomba atomica che fa saltare tutta una preparazione di anni, soprattutto faceva fallire un appuntamento che, per me, era molto importante. Finalmente alle 11 e 15 mi hanno chiamato dalla Prefettura apostolica per comunicarmi che il Papa sarebbe venuto a Lecce: “Il Papa tiene molto alla sua venuta a Lecce, però, bisogna ridimensionare il programma e, soprattutto, risolvere il problema delle scale”. Ho risposto: “Purché il Papa venga a Lecce, ridimensionieremo tutto il programma. Per quanto riguarda le barriere architettoniche, nessun problema perché ho

PAGINE DI STORIA ché vuole già partire per lo stadio e sono solo le 8 e mezzo, prendi un po’ di tempo!” E così potetti avere un colloquio, per far passare il tempo e per parlare di tanti problemi e di tante cose che conservo gelosamente nel mio cuore.

L’Arcivescovo Ruppi ricorda la visita del 1994

Quel Papa santo che passò da Lecce

fatto l’ascensore da poco in piazza la Cattedrale solo privatamente. UniDuomo”. Mi hanno risposto: “Eccel- ficammo, inoltre, in un’unica cerimolenza lei è molto connia la benedizione creto; domani mattidel Seminario nuovo, IL RETROSCENA na viene il capo dell’apertura del Sinodo la gendarmeria con e l’inconCinque giorni pri- diocesano uno della delegaziotro con i giovani, al ma della data previne pontificia per un quale il Papa teneva sopralluogo; proba- sta, sembrava che la molto. bilmente, arriveremo con l’aereo privato visita fosse saltata, Eccellenza, Il Papa del Quirinale”. Sono ha trascorso una notperché arrivati il martedì te nella sua casa. il Papa era tornato Come è stato mattina; io nel fratil Papa da Zagabria tempo avevo chiamanel privato? to il sindaco, don Ha trascorso la la domenica sera Ciccio Corvaglia, sera, la notte e il giorl’ingegnere Solom- molto stanco ed era in no dopo: un giorno e brino per informali: mezzo per intero neldubbio se venire “il Papa vuol venire la mia casa. Nel prio meno a Lecce. a Lecce, però non può vato è apparso all’iniPoi la provvidenza zio molto stanco. fare nessun gradino” Don Ciccio mi disse Quando siamo arrivafece il resto... “Risolveremo tutti i ti con l’ascensore, ho problemi!”. Siamo andati in Piazza chiesto:” Santo Padre viene a cena Duomo e non c’era nessun impedi- con noi”? E Lui, sorridendo, commento; siamo andati in Piazza San- mentò: “Se il Vescovo mi invita, pert’Oronzo e abbiamo deciso di realiz- ché non devo venire?”. E così poi a zare uno scivolo fino al palco. Ave- cena si sciolse. Parlò dei catecumevamo il problema dello Stadio e lori- ni, della mancata beatificazione di solvemmo con un montacarichi scher- Filippo Smaldone. Il ricordo più belmato. Così quando sono arrivati i lo risale al mattino dopo quando alle delegati del Vaticano, hanno visto i 6 e mezzo il Papa con il bastone pasproblemi risolti in meno di 24 ore. seggiava sulla terrazza che era viciForse nessuno se ne accorse, ma Il no alla sua stanza da letto dove avePapa fece un cenno molto velato a vamo fatto una schermatura di albequesto retroscena durante il bellissi- ri. Venne a bussare alla mia stanza mo discorso in piazza Sant’Oronzo. l’attuale cardinale di Cracovia, che era allora il suo segretario, don SlaCome fu ridimensionata la visità? nislao annunciandomi: “Vieni a veLa visita subì comunque un ridi- dere il Santo Padre, sta camminando mensionamento rispetto al program- da solo”. Era una cosa meraviglioma iniziale. Era, infatti, previsto nel- sa. Lo osservammo anche dalla sala la Cattedrale, l’incontro con il clero da pranzo, poi don Stanislao aggiune i religiosi, invece il Papa scese nel- se: “Vieni a parlare con il Papa per-

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La Messa allo Stadio fu un bagno di folla. La Messa allo stadio fu un trionfo. Già durante il percorso dall’Episcopio allo stadio fu un trionfo. Io vedevo la gente che sollevava i bambini per la benedizione; vedevo l’entusiasmo crescere man mano che ci si avvicinava allo stadio. Avevamo fatto con il Comune una sfilata di palme: una cosa inaudita. Man mano che arrivavamo, si sentivano i canti e appena il Papa con la Papamobile è arrivato, ci fu un boato enorme. C’erano 50mila persone c’erano tutti i vescovi del Salento, ma anche dalla Puglia, c’era il cardinale Ursi. Abbiamo trascorso due giorni veramente meravigliosi. E l’incontro al Nuovo Seminario? L’incontro al seminario non solo fu l’occasione per inaugurare e benedire la struttura ma anche il cammino successivo della Chiesa di Lecce che è stato il Sinodo diocesano. Quando il Papa benedisse la prima pietra del Seminario il Papa mi disse in privato: “Se Dio vuole verrò”. E aggiunse:“inauguro molti seminari, ma apro pochi Sinodi perché voi vescovi italiani non sapete che celebrare il Sinodo è il modo migliore per far decollare il Concilio”. In realtà Lecce non aveva un Sinodo da 150 anni. “Spero - disse il Papa - che molte Diocesi dell’Italia meridionale facciano il Sinodo”. Il Sinodo ha guidato la Chiesa di Lecce per diversi anni... L’ha condotta per sei anni. Lascia in eredità il Libro del Sinodo che più che è una lettera dello Spirito Santo alla Chiesa di Lecce. È un cammino che è iniziato durante il mio episcopato grazie alla collaborazione del Vicario generale mons. Mannarini, e dei due segretari generali che si sono succeduti, mons. Semeraro e mons. De Grisantis. Sono grato al Signore perché l’esperienza del Sinodo ha sconvolto non soltanto la diocesi, ma anche me personalmente. Eccellenza, un Papa santo dunque, è passato da Lecce... Questo Papa ha fatto cinque viaggi in Puglia. Il primo è stato ad Otranto, nel quinto centenario dei Martiri, poi ha visitato San Giovanni Rotondo, la provincia di Foggia, Bari, Taranto, Martina, è passato da una ventina di paesi. Il passaggio di Giovanni Paolo II, di un uomo Santo, di un uomo che ha cambiato la Storia, è stato un invito alla Santità per tutti noi. Io personalmente ho avuto la gioia di riceverlo due volte, ho conservato tutto il mobilio, tutte le stoviglie, le lenzuola che avevano toccato il Papa. Ho detto subito a madre Delia e a suor Raffaelina: “Conservate tutto nella Casa madre perché questa è roba preziosa” Sono passati soltanto sei anni e già siamo alla beatificazione e dopo la beatificazione verrà anche la canonizzazione. Giovanni Paolo II è stato anche il Papa che l’ha nominata vescovo... Mi ha nominato vescovo e tutto il mio episcopato si è svolto sotto Giovanni Paolo II. Quando l’ho incontrai per la prima volta a L’Aquila, mons. Fagiolo, Arcivescovo di Chieti e poi Cardinale, mi presentò al Papa come un giovane vescovo. Il Papa in quella occasione mi raccomandò di essere forte e paziente. Ho ricordato sempre queste due parole: forte e paziente. Lucia Buttazzo

L’ultimo Amministratore Apostolico Quello che abbiamo scritto nella scorsa puntata non si applica per la successione dell’ultimo Amministratore Apostolico, perché il possesso canonico dell’Ecc.mo mons. Domenico D’Ambrosio è coinciso, il 4 luglio del 2009, con la cessazione dell’Amministrazione Apostolica di S. E. mons. Cosmo Francesco Ruppi (cfr. decreto della Congregazione dei Vescovi: appendice sulla Sede Vacante del 22 - II - 2004). Quest’ultima vacanza di Sede è durata all’incirca un mese in più della precedente: 16 - II/ 4 - 7 2009. Evento significativo di questo periodo avente rilevanza giuridica è stata la consacrazione presbiterale di don Valentin Diac avvenuta a Lecce in S. Rosa il 28 giugno 2009, preceduta dalle altre due ordinazioni presbiterali di don Luca Bisconti e don Antonio Bergamo: 29 - 30 aprile dello stesso anno. Nonchè la dedicazione della parrocchiale dello Spirito Santo in Lequile il 27 dello stesso aprile. La lettura della Bolla Pontificia del quarto Metropolita della nostra Arcidiocesi avvenne, come ben si ricorda, in Piazza Duomo nel tardo pomeriggio del 9 luglio, dopo la verifica dell’autenticità della Bolla da parte dei Consultori diocesani. Fatta, anche stavolta, dallo scrivente, secondo consuetudine locale avente vigore di legge. Ma, ben inteso, fu l’ultima per lui, dopo le tante altre compiute fin dal 24 maggio ’55. Nell’arco di questi cinquantacinque anni questo “ministerium vocis” (lettura) si ripete molte altre volte tra cui piace ricordare ancora quattro documenti pontifici: la Costituzione Apostolica della Metropolia salentina, nel dicembre dell’80, il decreto della Congregazione dei Vescovi, nel settembre dell’84, per l’annessione delle frazioni alla diocesi di appartenenza al Comune di dipendenza statale; nonché le due precedenti promozioni a questa nostra Chiesa Metropolitana del Secondo e Terzo Titolare. A conclusione di questo itinerario storico di casa nostra sulla Sede vacante non mi resta che rendere grazie al Signore per quanto mi ha dato. A Lui raccomandando nel suffragio Presuli e Prelati defunti. E ancor auspicando vita e fecondo apostolato all’ultimo Presule vivente che si è avvicendato in questi lunghi anni di potestà straordinaria. Approfitto di questo spazio per pubblicare un brano del biglietto che mons. Ruppi mi ha inviato in occasione del decimo anniversario della morte del caro don Raffaele. “[...] Don Raffaele era destinato a grandi mete storiche: ricercatore attento e critico dei più importanti movimenti storici, era uno dei pochi laureati in Storia ecclesiastica d’Italia e forse di Puglia. Ero affascinato, giovane professore, della sua memoria, della tenacia con cui difendeva le sue tesi, della incrollabile validità del Magistero, della sua funzione docente. L’ho ritrovato uomo di preghiera, di umiltà, di profonda, nascosta e carità, un vero prete, immerso in Dio, che aveva più paure che scrupoli: la paura di essere un figlio indegno dell’amore di Dio... E se n’è andato così, passando inavvertitamente dalla terra al cielo: tra il compianto di tutti e la gioia della Vergine, madre di Dio, e di Gesù Cristo”. Oronzo De Simone


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Lecce, 23 aprile 2011

welfare di Vinicio Russo

di Domenico Maurizio Toraldo

e lass in c

I COLORI DELLA VITA

i tutt

La salute prima di tutto

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di Fabio Scrimitore

Pneumologo

Porte aperte alle università per curare il mal di denti Porte aperte alle università per curare il mal di denti. Entro la legislatura potrebbe essere chiuso l’accordo che include i policlinici universitari nell’offerta delle prestazioni odontoiatriche - al di fuori dei livelli essenziali di assistenza - a prezzi calmierati. Buone notizie quindi per quei cittadini, oltre 8 italiani su 10, che si pagano interamente a loro spese le cure odontoiatriche. Ad annunciare l’iniziativa - in linea col progetto di odontoiatria sociale avviato dal ministero della Salute con i liberi professionisti - è Enrico Felice Gherlone, direttore del servizio di odontoiatria dell’Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano e referente del ministero della Salute per l’odontoiatria, nel corso del Congresso nazionale del Collegio dei docenti di odontoiatria, in programma fino a sabato a Firenze e Siena. “Per la realizzazione di questo accordo - aggiunge Gherlone - potrebbero essere impiegati i fondi integrativi sanitari, di cui una quota parte è destinata all’odontoiatria e tra i soggetti a cui guardare per la realizzazione di progetti, vediamo con favore i policlinici universitari:

questo consentirebbe certamente un ampliamento dell’offerta di servizi alla popolazione”. Che l’accordo possa venire incontro alle esigenze e alle tasche dei cittadini è dimostrato dai numeri. In Italia solo il 12,5% delle persone ricorre a strutture pubbliche o private convenzionate per le cure dentarie, il resto si rivolge a studi privati: ma solo poco più del 5% degli italiani riceve cure del tutto gratuite, nell’86% dei casi la spesa del dentista è totalmente a carico del cittadino. La spesa pubblica in odontoiatria ammonta a circa 10 miliardi di euro, pari all’1,5% della spesa sanitaria nazionale. “Tutto questo spiega perché un italiano su due non va regolarmente dal dentista”, spiega Antonella Polimeni, presidente del Collegio dei docenti di odontoiatria e direttore del dipartimento di scienze odontostomatologiche e maxillo-facciale dell’università Sapienza di Roma. “La metà degli italiani aggiunge - non fa una visita odontoiatrica di controllo annuale, come sarebbe opportuno; uno su dieci non è addirittura mai andato dal dentista”.

Don Tonino:il santo dei poveri e della pace

La certificazione delle competenze degli studenti italiani

Il 20 aprile di 18 anni fa è scomparso don Tonino Bello, terziario francescano e Vescovo di Molfetta, Ruvo, Terlizzi. Sì, sulla grande lapide che ricopre il suo corpo, nel cimitero di Alessano, c’è scritto proprio così. L’epigrafe rappresenta una continuità con quella che è stata la scelta fondamentale della sua vita: stare affianco ai poveri, agli ultimi, ai diseredati, agli sfruttati, ai violentati dalle guerre e da ogni tipo di sopruso. Il suo breve ma intenso tragitto umano (nato il 18 marzo 1935 e scomparso il 20 aprile 1993 a soli 58 anni) è stato segnato dalla continua e costante testimonianza degli scritti evangelici. Don Tonino era un Vescovo che parlava dei poveri, dedicava le sue omelie ai poveri e nello stesso tempo usciva di notte per confondersi con quella parte di umanità confinata ai margini della vita. “Un Vescovo che puoi incontrare in uno spigolo buio dove c’è un’umanità perduta, è un Vescovo particolare”. La sua particolarità nasce dalla vita con; una comunione fraterna come insegnava Francesco, il poverello di Assisi. L’iscrizione Terziario francescano diventa di conseguenza un messaggio per tutti coloro che si recano a visitare e pregare sulla sua tomba. Ogni giorno si può osservare il mesto pellegrinaggio di chi è chiamato a mettere in gioco la propria vita per gli altri; di quanti lasciano un oggetto ricordo, la gran parte sono giovani, pieni di speranza e carichi di sogni. Tutti vanno via con un segno grande nel cuore e con una immensa carica di coraggio nell’affrontare le difficoltà della vita. Visitare la tomba di don Tonino nel cimitero di Alessano è il pellegrinaggio che porta al Cristo dei poveri e della Pace. “In piedi costruttori di Pace”: è l’altra grande frase riportata sulla “porta della pace” a lato del suo sepolcro; un altro pezzo di testamento per coloro che desiderano essere operatori di pace. La Pace sa sempre coniugarsi con il servizio e la solidarietà ai più poveri. È famosa la sua definizione della “Chiesa del grembiule”, di una comunità che sa chinarsi umilmente sui piedi degli uomini senza tralasciare di analizzare in profondità le cause della nuova povertà.

Agli studenti che stanno frequentando la seconda classe dei licei, degli istituti tecnici e dei professionali, subito dopo il 9 giugno 2011, vale a dire, appena conclusi gli scrutini finali, i Presidi dovranno fare avere uno speciale certificato, che i testi ministeriali definiscono Certificazione delle competenze di base. Il 2010/2011 è il terzo anno in cui le scuole rilasciano quel certificato, il quale è stato voluto dal una legge, entrata in vigore il primo gennaio del 2007, che ha elevato a 10 anni l’obbligo di istruzione. Secondo le intenzioni del legislatore, la certificazione delle competenze di base deve rendere trasparente l’attività che si svolge nelle aule, in modo che tutti i genitori, e non soltanto quelli che hanno raggiunto un livello di istruzione abbastanza elevato, possano comprendere, con chiarezza di riferimenti a situazione concrete, quel che si apprende nelle scuole. Lo scorso mese di giugno, tenendo fra le dita la certificazione delle competenze di base del figlio - studente di quinta ginnasiale - un genitore rimase colpito dal fatto che sul quello schematico documento non vi erano riportate, con precisione, le materie studiate in classe. Era una certificazione in quattro settori, con il titolo assi culturali. Sul primo settore vi era scritto: asse dei linguaggi, sul secondo asse matematico, in capo al terzo erano riportate le parole asse scientifico-tecnologico e sull’ultimo era scritto: asse storico - sociale. Apparve ovvio al genitore rivolgere qualche domanda al coordinatore di classe, che gli aveva consegnata la certificazione, per conoscere le ragioni che avevano suggerito ai funzionari ministeriali di imporre ai licei, come agli altri istituti superiori, la redazione di quel documento - che, in realtà, non era altro che un certificato attestante i risultati della frequenza scolastica dello studente - escludendovi ogni riferimento agli esiti conseguiti dall’alunno nelle diverse materie del curricolo scolastico. “Sino allo scorso anno - si giustificava il genitore - mi era facile capire se mio figlio avesse ben meritato a scuola. Mi era sufficiente leggere il voto riportato in corrispondenza delle diverse materie studiate. Ora, invece, nella certificazione delle competenze, e, precisamente, nel settore: asse dei linguaggi, leggo che mio figlio: padroneggia gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’interazione comunicativa verbale in vari contesti. Queste espressioni riveleranno certamente molta professionalità in chi le ha scritte, ma Le assicuro - confessò il genitore al coordinatore di classe - che quelle frasi non mi sembrano molto più utili di quel che lo sarebbero stati voti in decimi nelle singole materie, perché io potessi capire quali competenze mio figlio ha acquisito in classe, durante i due anni di ginnasio. Al coordinatore non bastarono pochi minuti di spiegazione della funzione essenzialmente strumentale che le diverse discipline di studio hanno nella scuola dell’obbligo, per convincerlo che la ricomposizione di gruppi di discipline scolastiche affini in un unico asse culturale risponde alla naturale esigenza del principio di unità, che guida la formazione degli adolescenti.


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Lecce, 23 aprile 2011

obiettivo

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ILCONVEGNO SULLAICATO A S. GIOVANNI ROTONDO DA TUTTA LA PUGLIA

Dal 27 al 30 aprile le delegazioni di tutte le diocesi si ritroveranno nella città di Padre Pio per riflettere e per progettare

Oggi nella Chiesa e nella società pugliese Diventare veri protagonisti della nuova evangelizzazione nel terzo millennio Siamo ormai a pochi giorni dall’apertura dei lavori del Terzo Convegno Ecclesiale Regionale che si svolgerà a San Giovanni Rotondo dal 27 al 30 aprile prossimi su “I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi”. Il clima non è quello che solitamente si respira alla vigilia di incontri come questo, ma sembra attraversato da un inaspettato, quanto provvidenziale, senso di generoso impegno e di ideale sintonia con i temi fondamentali e gli obiettivi suscitati dall’evento in questione. Ne sono prova i gremiti incontri e le occasioni di confronto che si sono svolti in questi mesi nelle vicarie, nelle parrocchie e nella diocesi. Perché un convegno sui laici? E soprattutto, quali motivi hanno spinto i Vescovi pugliesi a questa “sterzata” sui laici? Questi interrogativi ci permettono di entrare nel vivo della questione e di non sostare nell’anticamera del “fatto”. È evidente infatti che siamo di fronte al tema di fondo dell’identità dei laici, con tutti gli aspetti della loro responsabilità e della loro missione. Tale aspetto ha suscitato un certo interesse se nella lettera di indizione del Convegno Ecclesiale del 21 febbraio 2010, i Vescovi auspicano che “nelle nostre Chiese maturi un’ecclesiologia di comunione più compiuta rinvigorendo la corresponsabilità ecclesiale dei laici e potenziando la loro formazione”, in vista della capacità di mettere in dialogo fede e cultura. I Vescovi pugliesi, inoltre, fanno proprie le riflessioni che il Papa ha rivolto al Pontificio Consiglio per i laici il 15 novembre 2008, riguardo alla necessità di rendere più efficace l’impegno dei cristiani laici nella costruzione delle condizioni per una convivenza umana realmente fondata sulla giustizia e sulla pace. I laici sono dunque chiamati a raccolta; ma anche a rapporto? Non è un mistero che politica, economia e cultura in questo tempo postmoderno registrino scenari di cui non è possibile andar fieri, ma l’occasione di questo convegno sembra offrire l’opportunità di riflettere, e far riflettere, sulla vocazione dei laici e sul loro impegno per essere Chiesa. Se da un lato, infatti, non si può negare che vi sia un certo disorientamento, dall’altro il fatto stesso che se ne parli e l’iter di preparazione seguito fino ad ora, dimostrano che invece è diffuso tra i laici il desiderio di riaffermare la grandezza della loro vocazione. Una vera e propria linea ideale di continuità lega l’imminente Convegno a quelli precedenti. Del primo, “Crescere insieme”, svolto nel 1993, eredita il monito sempre attuale a passare “dalla disgregazione alla comunione”; del secondo, sul tema “La vita consacrata in Puglia”, con riferimento al carisma della profezia nei consacrati, del 1998, sembra recuperare una partico-

IL PROGRAMMA

IL PELLEGRINAGGIO

Tre giornate di lavoro e programmazione

Il 30 aprile partenze da Lecce e Monteroni

Il Terzo Convegno Ecclesiale Regionale è ormai alle porte e fervono gli ultimi preparativi per accogliere i partecipanti presso il Centro di Spiritualità Padre Pio di San Giovanni Rotondo. Presenzieranno circa 350 delegati in rappresentanza delle 19 diocesi pugliesi, tra i quali: 22 Arcivescovi e Vescovi, i responsabili delle aggregazioni laicali e della Pastorale diocesana, i membri del comitato preparatorio e altri rappresentanti di organismi ecclesiali e laici di Puglia. Grande è l’interesse per questo momento di dialogo che prevede una serie di interventi sul tema del Convegno: “I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi.” Il 28 aprile, dopo i saluti di mons. Francesco Cacucci, Presidente della Cep, dell’on. Nichi Vendola, Presidente Regione Puglia e di altre autorità, introdurrà i lavori mons. Pietro M. Fragnelli, vescovo di Castellaneta, presidente dell’Istituto Pastorale Pugliese; alle ore 11.00 si entrerà, poi, nel vivo del convegno con la relazione della prof.ssa Annalisa Caputo, docente dell’Università di Bari e della Facoltà Teologica Pugliese. Seguiranno nel pomeriggio tre sessioni: “Coltivare la speranza in Puglia”, con riferimento alle aree dell’educazione, della corresponsabilità, della testimonianza. Il 29 aprile, alle ore 9.00, apertura dei lavori sul tema: “Laici per un nuovo protagonismo della so-

Il 30 aprile, a conclusione del Convegno è previsto il pellegrinaggio dei convegnisti e dei rappresentanti delle chiese di Puglia al Santuario di San Pio Alle ore 9,00 vi sarà la Celebrazione delle lodi, presieduta da S. Ecc. mons. Rocco Talucci, arcivescovo di Brindisi, delegato Cep per il laicato. Seguirà, quindi, il messaggio conclusivo e, alle ore 11.30 la Celebrazione eucaristica presieduta da S. Ecc. mons. Francesco Cacucci, arcivescovo metropolita di Bari Bitonto e Presidente della Cep. Sono previsti dei pullman da Monteroni e da Lecce per tutti coloro che desiderano partecipare alla giornata conclusiva dei lavori. Partenze da Monteroni, ore 04.30 - da Lecce, ore 04.50. Al termine della S. Messa si potrà consumare il pranzo al sacco nelle sale per l’accoglienza dei pellegrini. Quindi, dopo la visita a S. Pio, nel pomeriggio si ritorna a Lecce. Si accettano le prenotazioni ai seguenti numeri e indirizzo di posta elettronica: 0831.671536 - 339 6161545 agostino.luciamontinaro@alice.it Il costo del viaggio oscilla dai 17 ai 20 , in base alle prenotazioni. Eventuali pranzi al ristorante, invece, dai 16 ai 19 .

lare prospettiva valida anche per i laici. Si può parlare oggi, infatti, di un laico profeta? Egli sarebbe un moderno “Isaia”, che si aggira su facebook promettendo guai a chi non si converte, o sarebbe il credente chiamato a vivere nel mondo con la responsabilità di leggervi e portarvi i segni della Salvezza? O l’uno e l’altro? “Non c’è niente di nuovo sotto il sole” sembra lo slogan pubblicitario che incoraggia alla rinuncia e a togliere alla speranza ogni diritto di esistere. Spesso la politica, la società, l’economia, ma anche gli stessi rapporti interpersonali si presentano fondati su una visione della vita “pre-cristiana”, come se non ci fosse cioè la spinta verso l’unità e l’amore che è alla base del cristianesimo, ma solo un ripiegarsi in tatticismi che favoriscono divisioni e ostilità. La responsabilità della storia non è solo prendere decisioni importanti sul destino dei popoli, ma, e forse soprattutto, quell’operare dal “di dentro” che trasforma e dà una nuova vita a tutte le espressioni della cultura umana. E ciò a partire dalla semplice vita di ciascuno, impercettibile se paragonata all’immensità dell’universo. È per questo che il laico, come “speleologo” della vita nel mondo, risponde ad una vocazione che tocca la parte più importante di ciò che chiamiamo “progetto di Dio sull’uomo”, la vita reale con le sue asperità, i suoi drammi, il suo dolore senza

cietà civile e della comunità ecclesiale”. La mattinata ed il primo pomeriggio avrà come attori i delegati diocesani che si divideranno in nove gruppi di approfondimento e ricerca. Subito dopo condivideranno i lavori ritrovandosi nelle tre aree già citate. Due giorni, quindi, di intenso lavoro che vedranno in prima linea i fedeli laici cristiani di Puglia. Già nell’anno 2010, attraverso i documenti della Cei e i vari convegni diocesani, abbiamo meditato a lungo sull’identità del laico. Si è parlato molto di emergenza educativa, di un nuovo impegno che non sia solo approfondimento della dottrina ma “occasione d’incontro con la persona di Cristo e laboratorio in cui si fa esperienza del mistero ecclesiale, dove Dio trasforma le nostre relazioni e ci forma alla testimonianza evangelica, di fronte e in mezzo al mondo” (Cei, Per un Paese solidale). Ora attendiamo le nuove linee che emergeranno da questo Convegno per verificare il nostro dover essere in seno alla Chiesa locale e promuovere nuove forme di collaborazione, puntando ad essere qualificati educatori, corresponsabili nella missione della Chiesa e veri testimoni. Sfateremo in tal modo, come diceva Dino Boffo il 29 marzo, le pessimistiche insinuazioni di chi ritiene che i fedeli laici cristiani siano deboli, logorati e decadenti. Antonio Montinaro

senso, per sottrarre tutto ciò all’indifferenza che, come sabbia mobile, inghiotte anche il ricordo e il racconto dell’amore. Allora non è più solo un discorso sull’identità del laico, ma si tratta di capire che da questa, cioè dai connotati della sua identità, occorre recuperare i segni e gli strumenti che in questo tempo consentono ai laici, di ridare senso e dignità al proprio status, e, a tutta la Chiesa, di essere “sacramento” di Cristo. Se in generale i cristiani sono “in questo mondo, ma non di questo mondo”, ciò vale in modo peculiare per i laici, che per la loro condizione “sorreggono” e portano avanti il mondo. Il nichilismo della vita postmoderna ha appiattito ogni slancio verso il futuro ciò non ha colpito di meno l’ambiente vitale in cui si trovano ad operare i cristiani, con una forte battuta d’arresto sul dialogo tra fede e cultura che contraddistingue coloro che sono, appunto, “in questo mondo, ma non di questo mondo”. Puntare allora sulla formazione del laico, obiettivo importantissimo e peraltro condiviso da più parti, non vuol dire solo impegnarsi nelle varie “ministerialità”, perché queste, in un rapporto di corresponsabilità con i presbiteri, potrebbero addirittura venir “dopo”. Infatti la corresponsabilità tra sacerdoti e laici richiede chiarezza nelle rispettive identità, distinte, non divise, in modo che se ciascuno si muove secondo ciò che gli è proprio rea-

lizza qualcosa da condividere con l’altro in un rapporto di scambio reale e arricchente; non secondo attività simili, così che il laico si “clericalizza” e il sacerdote si “laicizza”, precipitando in una generale confusione. Allora più formazione può voler dire anche più cultura cristiana e più studio, oltre all’ascolto della Parola; ma anche più “contemplazione” per il laico, non come stato di osservazione passiva della realtà, ma come capacità di interpellare la realtà e lasciarsi interpellare da questa, porsi senza remore domande si senso a partire dalla realtà più vicina nella vita di ciascuno, cioè a partire dalla famiglia, che è prototipo di comunità affettiva, sociale, politica, economica e culturale. L’evento del Convegno si presenta come un’occasione per guardare al futuro con un’energia rinnovata dalla ritrovata speranza che qualcosa di “buono” e “bello” si può fare lì dove manca, e si può aggiungere in modo ulteriore lì dove già vi siano segni in questo senso. Un segno molto interessante è quello di potenziare e lasciare più spazio al dono della profezia. A partire dal battesimo, infatti, ogni cristiano partecipa della missione regale, profetica e sacerdotale di Cristo. Anche il laico, come essere umano, ricerca la verità. Tale ricerca implica studio, discernimento, interpretazione. Oggi soprattutto il rapporto con l’altro si manife-

sta sempre più problematico, difficile, carico di sofferenza. Tutto è precario; la macchina della malattia lavora a pieno regime e la potenzialità di morte è davvero molto alta. Nell’era post-moderna ci si sente “vagabondi” della vita e, nella migliore delle ipotesi, “turisti”; si è spaesati. Ecco allora che il laico è impegnato a ridare una “patria” all’esistenza umana, un’origine ma anche un senso. Essere profeta oggi non è avere la ricetta pronta, ma crescere e impegnarsi in un compito molto importante che è quello di leggere la storia per capire come e in che modo la verità del Vangelo e la cultura umana possano comunicare. Soprattutto in un tempo come questo che stiamo vivendo non si tratta di cedere ai sentimentalismi: la corruzione e il degrado morale in molti ambienti della vita sociale e politica, la crisi internazionale con le forti ondate di immigrati nelle nostre coste… il senso di solitudine che assale, sono segnali che spingono decisamente in un senso contrario alla speranza cristiana e costituiscono i deterrenti più efficaci per un impegno reale in vista della pace e del bene comune. Una convinzione plausibile e che si può assumere è quella di intraprendere i lavori del prossimo Convegno Ecclesiale con lo spirito di avviare un dialogo che avviene tra “adulti” nelle fede, per costruire la pace. Anna Maria Fiammata


L’Ora del Salento 11

Lecce, 23 aprile 2011

zoom

LECCE/ Nella chiesa di S. Teresa le vicende dell’altare di Santa Veneranda. Due documenti presso l’Archivio di Stato

Storie di uomini e di devozione

Questa è la storia di un altare - quello di Santa Veneranda nella leccese chiesa di Santa Teresa - e quella della devozione di una famiglia leccese - i Sicuro - così come raccontata attraverso due atti - l’uno del 20 dicembre 1764 e l’altro del 17 gennaio 1766 - rogati da Lorenzo Carlino - notaio in Lecce che per semplicità e chiarezza riportiamo nella loro quasi interezza. Tali documenti sono presso l’Archivio di Stato di Lecce.

I contraenti “(…) Costituiti nella presenza nostra l’Illustrissimo Sig. Conte Don Nicola Gradenico Sicuro della città di Zante, in questa città di Lecce degente figlio del fù Don Agesilao Sicuro figlio questo del fù Don Angelo Giovanni Tomaso e Procuratore specialmente costituito dell’Illustrissimo Sig. Conte Don Costantino Rosa Sicuro suo zio figlio legittimo e naturale del fù Angelo Giovanni Tomaso Sicuro Patrizio di questa città di Lecce ed avo di detto Signor Conte Don Nicola Gradenico, in virtù di procura per istrumento stipulato nella città di Venezia sotto le 5 del mese di gennaro 1763, copia della quale sta preinserta nelli miei atti, il quale agge ed interviene, tanto in suo proprio nome quanto come procuratore del suddetto Don Costantino Rosa suo zio, eredi e successori de medesimi da una parte. Ed il Reverendissimo Signor Abbate Don Celestino Demarco Canonico della Cattedral Chiesa di questa città di Lecce, il quale consensiendo in noi, parimente agge ed interviene alle medesime cose infrascritte, tanto per se, quanto in nome e parte e come messo, ut dixit, dell’Illustrissimi Signori Don Bonaventura Capitan Demarco e Don Michele Demarco

suoi Illustrissimi utriunque congionti e detto Don Michele Tenente del Regimento di Sua Maestà Dio Guardi e Patrizi di questa sudetta città di Lecce per li loro eredi e successori dall’altra parte. (…)”

L’oggetto della donazione “(…) Il detto Signor Conte Don Nicola Gradenico in detti nomi spontaneamente ave asserito nella presenza nostra come discendente dal fù Don Angelo Giovanni Tomaso Sicuro suo avo e padre di detto Signore Conte Don Costantino Rosa fra gl’altri beni che ave posseduto e tutta via possiedono in questa Provincia di Lecce, possiedono una cappella sotto il titolo di Santa Veneranda, sistente dentro la venerabile chiesa sotto il titolo di Santa Teresa de Reverendi Padri Carmelitani Scalzi di questa predetta città, e proprio quella sistente nella mano sinistra tra la cappella della Gloriosissima Santa Teresa e la cappella del Gloriosissimo Crocifisso, dove vi esistono gl’Armi della Nobil Antichissima casata Sicuro e l’iscrizione del Signor Giuseppe Sicuro Padre del suddetto Angelo Giovanni Tomaso espressa ne seguenti termini: Divae Veneranda Securorum familia, sacellum hoc ornatius vero parvo licet decoramine maximo in obsequentis animi larg. Joseph Securus Patritius Lyciensis absolvit Anno Domini MDCLXXX, ornata essa cappella con marmi e colonne con bassi rilievi; e come che il detto Conte Don Nicola Gradenico colla vendita de beni dovrà fare, deve portarsi dopo nella detta città di Zante, dove oggi fanno residenza e casa sebene discendono da questa predetta città e propriamente detto suo avo Don Angelo Gio-

RADIO E DINTORNI

vanni Tomaso Sicuro che fu patrizio di questa suddetta città, il quale si portò in tempo di sua vita in detta città di Zante e formò casa ed ivi al presente esiste, da dove pervengono essi signori; la quale cappella ave aspettato siccome aspetta alli detti signori de Sicuro, ma dovendosi portare come sopra esso Signor Don Nicola Gradenico in detta sua patria di Zante e per non perdersi la divozione e culto di detta Gloriosissima Santa, intende tanto in suo nome quanto in nome di detto suo Signor zio farne un donativo in beneficio di detto Sig. Don Bonaventura, Don Michele e Signor Abbate in detto nome presente e di tutta la sua discendenza coll’obligo alli medesimi ed alli loro eredi e successori imperpetuum di festiggiare la festività di detta Gloriosa Santa nel giorno assignato dalla Santa Chiesa a detta Santa Veneranda in quella maniera che meglio parerà e piacerà a detti Signori Demarco ed a loro eredi e successori, potendosi mettere in essa cappella gl’Armi del suo Casato purchè però non dovesse in conto alcuno ammovere gl’armi da detta cappella del suo casato Sicuro e cancellar la predetta inscrizione che con queste condizioni et non aliter ha inteso donare. E volendo esso Signor Don Nicola Gradenico per futura cautela di essi Signori Demarco e suoi eredi e successori in perpetuum delle cose predette stipularne pubblico e solenne istrumento come si conviene. (…)”

Le condizioni della donazione “(…) Che però oggi predetto giorno l’istesso Signor Conte Don Nicola Gradenico in detti nomi presente, spontaneamente per le cause e ragioni come di sopra espressate ed in

di Alberto Marangio

ogn’altra meglior via à ceduto e renunciato ac etiam donato come in presenza nostra cede e rinuncia ac etiam dona per donazione irrevocabile tra vivi a beneficio dell’istesso Signor Don Bonaventura e suoi fratelli e loro eredi e successori imperpetuum ed al Signor Abbate Don Celestino in detti nomi presente ed in buona fede accettare la suddetta cappella di detta Gloriosissima Santa Veneranda sistente in detta Venerabile Chiesa di essa Gloriosa Santa Teresa de Reverendi Padri Carmelitani Scalzi di questa predetta città ut supra descritta, sita, posta e confinata. Niente detto Signor Conte Don Nicola Gradenico per se stesso si riserba se non le seguenti condizioni cioè: Primo che l’istesso Don Bonaventura, Don Michele e Canonico Don Celestino, loro eredi e successori in ogn’anno nel giorno designato dalla Santa Romana Chiesa Cattolica a detta Gloriosissima Santa Veneranda dovesse far la sua festività con quelle pompe che all’istessi Signori Demarco e a loro eredi e successori pareranno ed al meglior modo che si potran fare. Secondo che fusse lecito all’istesso Signor Don Bonaventura ed alli suoi fratelli, loro eredi e successori di mettere gl’Armi in detta cappella del loro casato, ma che non dovesse amovere gl’Armi dello Casato Sicuro dove si trovano in essa cappella e non cancellar la suddetta inscrizione, anzi quelle imperpetuo mantenere quia sic. Terzo che se quante volte con l’andar del tempo volesse qualcheduno della famiglia Sicuro discendente di esso Signor Don Nicola Gradenico venire in partibus non essere disturbato dal possesso di essa cappella assieme con detti Signori Demarco ma dovessero tutte due famiglie godere del Patrocinio di

detta cappella. Quarto che quante volte si estinuguesse la predetta famiglia maschile di essi Signori Demarco, la detta cappella ritorni a pro della famiglia di esso Signor Don Nicola Gradenico, quia sic. Di modo che d’oggi in avanti ed imperpetuum la suddetta cappella colle suddette condizioni et non aliter passi e sij in pieno dominio e possessione e percezione di essi Signori Demarco, loro eredi e successori imperpetuum e sempre averla, tenerla e possederla da veri Signori e Padroni li cede e trasferisce in oltre esso Signor Conte ogni sua aczione e ragione ponendoli ed inducendoli in suo luogo, jus e grado universo costituendoli e sostituendoli procuratori inrevocabili come in cosa propria. (…)”

L’atto notarile del 17 gennaio 1766 Il 17 gennaio 1766 i Padri del convento “conclusero” di cedere ai De Marco la cappella assieme con lo “jus sepolturae”. Lo stesso giorno viene stipulato l’atto di accettazione dello “jus cappellae”. I contraenti sono i fratelli Bonaventura e Michele De Marco ed il Convento di Santa Teresa. Nell’atto si precisa che il Conte di Gradenico è “(…) discendente e pronipote ed erede delle fù Donna Antonia e Donna Laura sorelle de Sicuro di questa suddetta città di Lecce e figlie legittime e naturali del fù Don Giuseppe Sicuro ed avo respective di detto Signor Conte Don Nicola Gradenico, quale quondam Don Giuseppe Sicuro fù diretto padrone e fondatore di detta cappella sotto il titolo di Santa Veneranda e sepoltura (…)”; ed in più che “(…) li medesimi Signori fratelli de Marco e loro eredi e successori abbiano sempre il jus in detta cappella e sepoltura e senza can-

cellarne per atto di dovere l’armi della casa Sicura tanto rispetto al detto Venerabile Convento che in tempo della fondazione (…) quanto a detti Signori de Marco che ne anno avuta con tanta gentilezza la cessione e donazione da esso Signore Conte Don Nicola Gradenico (…), li molto Reverendi Padri (…) li danno e concedono ogni autorità e potestà a potere delli Signori de Marco presentare e mettere a laterali di detta Venerabile cappella gl’Armi del di loro Casato de Marco (…)”.

Conclusione Questi documenti vanno ben oltre il problema devozionale perché l’altare è opera attribuibile (eccetto alcune sue parti) a Giuseppe Zimbalo (1620 - 1710) attraverso un confronto diretto con il vicino altare di Santa Teresa. La data, 1680, ricordata nell’epigrafe trascritta nel primo atto notarile - se ulteriormente confermata da altri riscontri documentari e dal restauro dell’intera cappella - consentirebbe di comprendere meglio quella fase della produzione scultorea dello Zimbalo che va dalla fine dei lavori nella Cattedrale leccese (1670) agli anni della realizzazione degli altari interni della chiesa, sempre a Lecce, di Sant’Anna (costruita fra il 1 maggio 1680 ed il 1688) attribuibili pure allo Zimbalo. Va detto, infine, che sulla parete destra della cappella vi è una epigrafe dove è possibile riconoscervi lo stemma della famiglia de Marco. L’epigrafe dei Sicuro non è, invece, individuabile oggi a causa degli strati di tinteggiatura che ricoprono l’altare sulla cui sommità è uno stemma non ricordato nei documenti notarili qui citati e quindi forse posteriore ai tempi in cui questi ultimi furono rogati. Fabio Grasso

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Radio Tunisienne ringrazia per l’ospitalità (in italiano)

Medioevo: opzione preferenziale per i poveri

È la storia di un’amicizia secolare tra due popoli, quella che Radio Tunisia Canale Internazionale - stazione dall’emittente di stato tunisina - trasmette per un’ora al giorno in lingua italiana (www.radiotunisienne.tn/rtci); una storia raccontata attraverso l’attualità, la cultura e la musica, ed arrivata in questi giorni al problematico capitolo della migrazione di massa. Ma come viene vissuta sull’altro versante del Mediterraneo l’esodo verso le coste italiane, iniziato da ormai più di un mese a questa parte? Lo ha raccontato ad Adnkronos International la stessa conduttrice del programma, Saloua Sejir. “Il fenomeno dell’immigrazione fa parte di ogni rivoluzione, ed è quindi un effetto inevitabile anche della nostra rivoluzione contro Ben Ali. Gran parte dell’opinione pubblica è grata per l’ospitalità, ma a un paese amico come l’Italia chiediamo più apertura in materia di visti: tra i tanti immigrati che arrivano sulle vostre coste ci sono migranti economici in cerca di una vita migliore, ma anche molta gente che era vicina all’ex regime e che ora si sente in pericolo”. Effettivamente, le immagini dei continui sbarchi di questi giorni hanno suscitato diversi sentimenti (“come accade quando c’è democrazia”, precisa con orgoglio la Sejir) all’interno della popolazione tunisina: “la maggior parte ritiene che gli italiani siano stati generosi, come lo siamo noi con i libici in fuga da Gheddafi. I problemi di accoglienza ci sono, ma è inevitabile quando ad arrivare sono migliaia di persone e la situazione si fa insostenibile; il più grande disappunto dei tunisini rispetto alla vicenda non riguarda l’Italia, ma la Francia”. Hanno fatto del resto discutere non poco le misure attuate dalla polizia d’oltralpe lungo il confine, per impedire che gli immigrati sbarcati nei giorni scorsi sulle nostre coste attraversino la frontiera; la Francia, ricorda la giornalista, è un paese con cui la Tunisia “sente un legame particolare, per ragioni storiche, culturali e linguistiche”, di conseguenza un simile atteggiamento non avrebbe potuto non suscitare la disapprovazione dell’opinione pubblica tunisina. RTCI (che tuttavia diffonde in quest’ultimo periodo solo musica classica) e Radio Tunisienne non sono ad ogni modo le uniche stazioni tunisine attraverso le quali aggiornarsi sulla situazione maghrebina. Tra le altre, le più attive risultano l’emittente “antagonista” Radio Kalima, attiva via satellite e su Internet, e Shems Fm, network commerciale al quale va riconosciuto anche il merito di aver contribuito ad allentare il monopolio dell’informazione di Radio Tunisienne.

Ve lo immaginate il Presidente della Repubblica che non solo invita alla sua tavola barboni e mendicanti, ma che gli lava pure i piedi? Beh, nel Medio Evo questa cosa succedeva almeno una volta all’anno: il giovedì santo. La cerimonia della lavanda dei piedi si ripeteva non solo nelle chiese, ma anche in molti palazzi reali d’Europa… Racconta tale usanza - tutta permeata di spirito cristiano - lo storico inglese Henry Cristopher Dawson (1889-1970) nel suo libro “La formazione della Cristianità Occidentale” (D’Ettoris Editori, 2009, Crotone, pagg. 351). Dawson, che studiò ad Oxford e si convertì al cattolicesimo nel 1914, intraprendendo una difficile carriera di storico indipendente, narra che i poveri e i diseredati nel Medio Evo erano tenuti in gran considerazione. La figura di San Francesco e tutta la sua opera - diffusissima nel giro di pochi anni - trovano collocazione in tale cornice culturale. Così alcuni dei consiglieri e dei ministri del re san Luigi IX furono francescani. L’influenza del movimento francescano si fece molto sentire nella società medievale, e non solo presso le corti e nelle campagne. L’ideale di fraternità cristiana e di democrazia animò in particolare le città, che andavano ripopolandosi dopo le invasioni barbariche dell’alto Medio Evo. “Nel secolo XIII” - scrive Dawson - “l’influenza dei frati era omnipervasiva, riguardava ogni livello della società e della cultura…Proprio nelle città l’influenza dei frati fu più importante, giacché lo spirito delle nuove istituzioni religiose era particolarmente adatto ai bisogni del-

la nuova società cittadina e delle nuove classi sociali.” (pag. 257) Principio fondante del Comune medievale era il giuramento, per mezzo del quale tutti si promettevano reciproco aiuto: una sorta di contratto sociale che dava alla città medievale un carattere autenticamente democratico, un po’ come accadeva nelle polis della Grecia classica: “La città medievale era infatti essenzialmente una comunità di uomini liberi, e, qualunque fosse l’origine di un uomo, egli diveniva libero dopo aver vissuto un anno all’interno delle sue mura” (pag. 257). Quando gli uomini di ogni classe, ispirati dal nuovo spirito comunale, iniziarono a formare associazioni, confraternite e corporazioni, queste avevano nella religione il loro fondamento. Così che è difficile tracciare una linea di demarcazione fra le funzioni religiose e quelle economiche. A Gallipoli, per esempio, ancora fino al XIX secolo operavano moltissime confraternite ognuna con la propria chiesa lungo i bastioni di fronte al mare - che oltre a svolgere funzioni prettamente religiose assolvevano a compiti che oggi chiameremmo di previdenza e assistenza sociale. Ognuna con il suo santo protettore. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 23 aprile 2011

le nostre città

ECONOMIA

LECCE/Il Galantuomo

La premiazione a maggio

LO SPRING MEETING DI WASHINGTON La seconda giornata degli spring meetings si è svolta all’insegna di una valutazione della critica situazione economica mondiale. Il Direttore del dipartimento fiscalità del Fondo Monetario Internazionale dott. Carlo Cottarelli ha sottolineato come il deficit pubblico mondiale sia ancora elevato (anno 2011), specie nelle economie avanzate quali gli Stati Uniti d’America (10,8) e il Giappone già soggetto al terremoto (10%). In assenza di aggiustamento il deficit pubblico continuerebbe ad aumentare anche a causa dell’incremento delle spese di natura pubblica legate, in particolare, al settore pensione e della salute. Necessita da ciò che gli Stati, specie delle economie avanzate, continuino sulla strada, già intrapresa, del rigore e dei necessari “aggiustamenti fiscali” che per la maggior parte dei paesi è iniziato quest’anno. Le spese pubbliche italiane, secondo le previsioni del Fmi, scenderanno, nel 2011, di circa un altro punto percentuale del Pil dello scorso anno per attestarsi al 49,8 %, riducendosi ulteriormente nel 2012 e nel 2013 fino al 48,6%. Per l’Italia, nello specifico, vi è necessità di continuare nella strada già voluta dal ministro Tremonti che pare abbia prodotto già i primi positivi risultati specie nella tenuta dei conti pubblici, che appaiono migliori. È necessario, poi, che gli stati continuino e perseguano il rilancio delle proprie economie, mediante il recupero del valore della “trasparenza” nelle operazioni finanziarie, così come già sottolineato nella prima giornata dei lavori degli spring meetings, dal dott. Blanchard. La terza giornata degli Spring meetings si è aperta con il report sulla stabilità finanziaria globale tenuto da José Viñals consulente finanziario e direttore del Dipartimento Monetario e dei mercati finanziari. Il quadro che viene reso appare assolutamente in linea con i precedenti indicatori economici già indicati nelle precedenti giornate. In sintesi si può dire che i rischi di instabilità finanziaria globale sono diminuiti dopo l’ottobre 2010: ciò è dovuto principalmente al miglioramento delle condizioni macroeconomiche. Tuttavia, i bilanci sovrani (degli

VITE MIGRANTI

Aumenta sempre più il divario tra nord e sud del mondo

stati) rimangono sotto sforzo in molte economie avanzate, ciò principalmente per le le debolezze strutturali e le vulnerabilità dell’area dell’euro che pongono rischi significativi per i bilanci delle banche, mentre i rischi di credito restano elevati. Tale situazione pare tra l’altro maggiormente evidenziata dall’indebitamento medio che rimane ancora molto elevato, specie nelle famiglie con patrimonio netto negativo, mentre le banche continuano ad avere riserve di capitale sottile. Nonostante i miglioramenti di bilanci le iniziative politiche significative, alcune banche continuano ad essere poco capitalizzate e vulnerabili alla crescita dei costi dei finanziamenti. Da ciò continua ad essere necessaria una politica di ricapitalizzazione delle banche, nonché di sostegno alle piccole e medie imprese. Proprio su questo ultimo aspetto il report finanziario evidenzia che la necessità di ricapitalizzare il settore bancario, tendendo ad accorpare le piccole strutture: ciò al fine di consentire una ripresa della fiducia degli investitori. Con ciò viene anche suggerito alle banche europee di ampliare il ventaglio delle operazioni di accesso al credito al fine di favorire un rastrellamento più ampio di risorse. Apprezzabile, comunque, appare lo sforzo delle autorità europee volte a sostenere queste operazioni di ricapitalizzazione, anche se alla luce del recente aumento dei tassi d’interesse la situazione dell’indebitamento bancario potrebbe degenerare. L’ultima giornata si è svolta all’insegna della doverosa attenzione che il mondo deve porre alla crisi alimentare che sta coinvolgendo il mondo e ampliando il divario, già esistente, tra i produttori (spesso non consumatori) e gli utilizzatori (spesso non produttori). Nello specifico gli studi, già pubblicati dalla Banca Mondiale, hanno

TREMONTI

È solida la situazione italiana La conclusione dei lavori relativa agli spring meetings è ovviamente un momento indicativo e determinante per trarre le indicazioni rivolte ai paesi, nonché stabilire le line direttive dei prossimi passi sulla fiscalità nazionale. Esso è al contempo il momento, per le singole nazioni, per comprendere se l’attuazione delle singole politiche sia effettivamente efficace rispetto ai programmi stabiliti da una politicy “economica” risolutiva di problematiche purtroppo sempre più stringenti. È stato possibile ascoltare le poche dichiarazioni che il ministro dell’economia Giulio Tremonti ha rilasciato al termine dei lavori del G. 20 svoltisi, appunto, in Washington D.C. Rispetto alla politica economica italiana il ministro ha partecipato il clima di fiducia, già espresso nei giorni precedenti dal capo dipartimento fiscalità. Per quanto attiene alla situazione dei paesi della periferia, già in evidente default, quali l’Irlanda e la Grecia, invece, il ministro Tremonti ha contraddistinto le rispettive posizioni, rappresentando che mentre l’Irlanda ha già attivato le necessarie misure economiche di sostegno effettivo alla ripresa economica, la Grecia purtroppo non ha ancora stabilito una linea efficace di azione. Sul punto, infatti, proprio oggi arrivano dalla Grecia informazioni non ottimistiche sulla situazione economica complessiva che pare stia già tentando una privatizzazione per un totale di 50 miliardi di euro. Lo stesso ministro ha dichiarato, poi, che non sussistono al momento probabilità di “contagio” per l’Italia, anche perché lo stato italiano appare ancora solido sia nella tenuta dei conti pubblici che nella complessiva situazione bancaria.

stabilito che l’agricoltura è un settore in declino soprattutto nelle zone dell’Europa e dell’Asia centrale. La produzione di cibo è, infatti, ancora in forte diminuzione (dal 14 % all’8% anni 1995-2009), e i dati per lo stesso periodo percentuale evidenziano una diminuzione degli occupati nel settore che scende dal 45% al 29%. Contrariamente ai dati europei citati sopra, l’Italia si è invece, attestata su posizioni più favorevoli circa la produzione agricola, aumentando gli occupati e la stessa produzione di ben cinque punti percentuali. Nella sostanza, però, i prezzi alimentari globali rimangono elevati, in parte a causa dei prezzi del carburante in aumento e le simulazioni mostrano che un ulteriore aumento del 10% del prezzo potrebbe portare altre 10 milioni di persone a cadere nella povertà, e

un incremento del 30% potrebbe aumentare la povertà di 34 milioni di persone. Tali dati sono ulteriormente aggravati dalla attuale situazione del Medio Oriente e del Nord Africa: infatti, diversi paesi dell’area sub Sahariana hanno dovuto affrontare aumenti a doppia cifra del prezzo del mais durante il primo trimestre del 2011. La stessa Banca mondiale sta promuovendo azioni immediate che includono il targeting di assistenza sociale e specifici programmi nutrizionali e proprio oggi, nella press conference, presieduta dal Presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick, è stato sottolineato il pericolo imminente che sta coinvolgendo l’economia mondiale con particolare riferiento al rialzo dei prezzi dei generi alimentari. Elena Palladino

L’Associazione di Volontariato onlus “Don Di Nanni alias Li Scumbenati” dopo il successo delle quattro edizioni precedenti del Concorso di poesia internazionale, sia in dialetto salentino che in lingua Italiana, “Il Galantuomo”, una delle attività dell’Associazione, ha visto la partecipazione di ben 360 poeti delle scuole di ogni ordine e grado, degli adulti, degli ospiti del Carcere di Lecce (si andrà a premiarli giorno 10 maggio mattina) e anche ai poeti della nazione Albania (con tre partecipanti ad alto livello internazionale). La premiazione avverrà il giorno 11 maggio alle ore 17.00 presso la Sala Congressi dell’Ecotecne con ben 73 premi. I premi sono creati dall’Associazione avalendosi dei migliori artisti salentini. Il ricavato della vendita dell’antologia (5.00 ), stampata con le poesie di tutti i partecipanti, verrà utilizzato per opere di beneficenza e sostegni a distanza (si è già a due sostegni in Albania, sulla zona di Scutari, tramite Avsi). Il Concorso, inoltre, ha anche lo scopo di scoprire talenti, in persone, che madre natura e madre salute non ha aiutato sufficientemente e l’Associazione, con miseri mezzi, aiuta stampando gratuitamente i loro lavori a volte di un certo interesse culturale e morale. Per ultimo, l’Associazione ha un ben avviato gruppo teatrale, lavorando alla riscoperta di desueti termini salentini. Ultimo lavoro “Li sposi prumessi” in dialetto, in italiano in spagnolo ed in costume, lavoro che verrà rappresentato dal mese di maggio p.v. La poesia è una strada dura da percorrere, ma bella; una strada piena di insidie. Si deve pagare un duro pedaggio per continuare a camminare, fatto di incomprensioni, rabbia, solitudine, sofferenze. Essa ha migliaia di volti che variano nelle forme, nei contenuti, nei messaggi. Un poeta l’ha definita “centro di emergenza nato dal sentimento”. La poesia non ha patria, non ha una origine; ma ha una sua voce inconfondibile, una sua armonia, che scardina il sentimento abituale per condurci nel profondo dell’animo. Essa è libertà, quando un cuore è chiuso in una prigione; è desiderio di rivivere ricordi e azioni perdute, e le cattura e le chiude nel silenzio e nella quiete dell’animo. Achille Arigliani Angelo Eugenio Micello

di Giovanni Napolitano

La marcia A tubo di Abbate

La comunità italiana in Svezia La prima presenza italiana in Svezia risale al 1700 con i primi stuccatori che decoravano i palazzi di Stoccolma, ed aumentò a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento (tanto che nel 1875 risultavano iscritte presso la Parrocchia di Gogtam di Stoccolma circa un migliaio di persone): tra essi vi erano: soffiatori di vetro, stuccatori, piastrellisti, architetti, pittori, restauratori di chiese, nonché musicisti. Tra queste persone vi furono i fondatori della prima associazione italiana in Svezia, che fu costituita a Stoccolma nel 1909, denominata S.A.I. - Società Assistenziale Italiana - tuttora esistente e tra le prime associazioni di immigrati costituite in questo Paese. Una successiva ondata di emigrazione in Svezia si è avuta nel dopoguerra, perché a quel tempo, le industrie svedesi, non avendo subito i danni della guerra, disponevano di capannoni con parchi di macchine utensili in grado di produrre e soddisfare un po’ tutti i mercati europei, anche se mancava la cosa più importante, ossia la manodopera specializzata. Fu allora che gli industriali svedesi fecero pressione sul loro Governo affinché si raggiungessero accordi con il governo italiano per reclutare manodopera specializzata in Italia, per sopperire alla carenza esistente nel Paese. I primi reclutamenti furono effettuati nel Nord Italia e poi in seguito estesi anche nel Sud. La presenza italiana si concentrò automaticamente sopratutto nelle aree industriali: attualmente la manodopera è diffusa un po’ in tutta la Svezia, anche se non si può parlare di emigrazione organizzata. Si può trattare di casi sporadici di mobilità di un livello culturale abbastanza elevato, legati sopratutto a interessi di società che si stabiliscono nel Paese, medici desiderosi di specializzarsi, ricercatori ed esponenti del mondo culturale in genere, giovani appena laureati che spesso trovano occasioni di lavoro temporaneo o anche permanente. La politica dell’immigrazione in Svezia ha sempre costituito per il Governo un interesse prioritario, tanto che per anni si è avuto un ministro per l’immigrazione dotato di un Consiglio consultivo costituito da esponenti di tutte le Federazioni, che si riuniva periodicamente per discutere i problemi delle varie etnie. Negli ultimi anni, in Svezia, l’accento si è spostato dalla politica dell’immigrazione alla politica dell’integrazione , che è di competenza del Ministro per l’Integrazione. Ciò a dimostrazione del forte senso di socialità presente nel Paese.

QUANDO QUANDO QUANDO LA BANDA LA BANDA LA BANDA PASSÒ PASSÒ PASSÒ Compositori Compositori e marce Compositori e marce e marce

di Antonio di Antonio di Antonio Martino Martino Martino

continua... Il proseguimento del celeberrimo passo dei clarinetti della marcia sinfonica “A tubo!” di Ernesto Paolo Abbate si sviluppa attraverso la riproposta degli stessi suoni presenti nelle prime due misure con una momentanea modulazione. In seguito s’introduce una serie di quartine di semicrome ribattute affidate al clarinetto piccolo in mib. e ai primi tre clarinetti soprani; il restante organico, dopo gli interventi di crome, traccia una scala ascendente di semicrome in cui prevalgono due suoni legati e due staccati. Dopo i suoni ribattuti, vien meno l’utilizzo del legato-staccato affinché si focalizzi una serie di suoni discendenti sempre staccati che rinvigoriscono la parte centrale del segmento in esame. Subito dopo, gli stessi suoni staccati vengono riproposti due legati e due staccati e conducono il periodo verso una parziale conclusione. Il clarinetto piccolo in mib. e i primi tre clarinetti soprani riprendono il loro percorso per gradi congiunti (nuovo evento) e lo rileggono una seconda volta un tono sotto; questo brevissimo segmento rappresenta la parte centrale del passo in quanto il materiale utilizzato rappresenta un’evidente variazione dei vari passaggi di semicrome già evidenziati. La conferma giunge proprio nella riproposta della linea melodica dei primi tre clarinetti soprani, identica all’incipit d’apertura del famoso passo; emerge un’attenzione particolare del progetto compositivo utile all’individuazione, da parte dell’ascoltatore, di un itinerario “luminoso” affinché si possa co-

niugare, attraverso la strada virtuosistica intrapresa da parte dell’Abbate, la capacità esecutiva degli interpreti con la curiosità dell’ascolto da parte del pubblico. Si tratta di una particolare sensibilità in cui l’organico bandistico è assoggettato da una forte idea propulsiva condotta esclusivamente da un minimo gruppo di strumenti i quali hanno il compito di catturare l’attenzione dell’ascoltatore attraverso la pratica esecutiva e senza un reale appoggio armonico. Proprio quest’ultimo, apparentemente assente, è sviluppato nei movimenti melodici del clarinetto piccolo in mib., dei primi tre clarinetti soprani e del resto dei primi con l’ausilio dei secondi clarinetti soprani: il gruppo regge armonicamente proprio con l’incastro che si viene a creare simultaneamente attraverso le tre linee melodiche. Un’osservazione più attenta permette di rilevare che la linea del clarinetto piccolo in mib. coincide con la linea dei primi tre clarinetti soprani, pertanto la capacità d’impasto timbrica assume un valore estremamente importante e determina una decisa capacità melodica stabilita nel progetto compositivo. L’assetto armonico è attribuito ai soli restanti primi clarinetti soprani insieme ai secondi clarinetti soprani; la loro azione è determinante per stabilizzare parzialmente l’aspetto armonico del segmento preso in esame. È oggettivamente palese che l’incompleta disposizione accordale è dovuta a una decisa intenzione dell’Abbate affinché il fruitore, catapultato in una situazione armonicamente incerta, possa interrogarsi su tale scelta e trarre le dovute motivazioni uditive.


L’Ora del Salento 13

Lecce, 23 aprile 2011

le nostre città FUORI DAI DENTI

di Loredana Di Cuonzo

L’ennesimo attacco alla scuola E siamo al terzo attacco in pochi mesi da parte della seconda carica dello Stato a quella che è la “casa” dei futuri Italiani. “La” casa. Del pensiero democratico che si costruisce giorno per giorno anche nella diversità delle opinioni. Solo chi non è mai entrato in una scuola può parlare, come è accaduto, contro una realtà fatta, sì, di tanti pensieri e opinioni, ma tutte rispettose dell’altrui dignità. Una realtà fatta di lavoro quotidiano, talvolta anche sostitutivo di quello della famiglia che vede i suoi membri adulti, grazie alla crisi, sempre più impegnati nella ricerca o gestione di risicate risorse. La misura è colma. Ci si chiede dove sia finita la coerenza. Chi parla di famiglia e di valori da tutelare perché ci sarebbe chi - a suo esclusivo parere , per fortuna! - indottrinerebbe ad altro pensiero, non ci pare abbia modalità di vita da riproporre agli altri come modello comune. Né ci pare maestro eccellente se non rispetto alla corte di giovani donne di cui si circonda cui insegna come ci si costruisce il futuro. Chi si permette di parlare di “cattivi maestri”? Il “nemico” muta secondo le occasioni e nella scuola, evidentemente, ne rintraccia diversi, persino i libri di storia! Non si dimentichi che, alla faccia della libertà di insegnamento, qualcuno ha pensato a più riprese, l’ultima di qualche settimana addietro, che si poteva realizzare una commissione per valutare i libri, proponendo an-

che qui l’idea di una direttiva! Si dimentica volutamente in primis la Costituzione, l’articolo 34, e quindi l’articolo n.1 del Decreto Legislativo 297 del 1994, noto come “Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione valido per le scuole di ogni ordine e grado”- In quello si sancisce che “… la libertà d’insegnamento è intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente… ed è diretta a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni. Si è stanchi, offesi, infastiditi. Chi, quotidianamente, si misura con il taglio dei fondi mentre nelle news che scorrono sul sito del Ministero si legge un titolo che testualmente recita “ Nel 2011 685 milioni in più per le scuole statali; 774 milioni per il fondo di funzionamento: l’aumento maggiore da 4 anni; 230 milioni per pagare i debiti delle scuole statali” , non può accettare la scorrettezza di una proposizione monca come questa. Debiti delle scuole: peccato non si dica che i cosiddetti “debiti” siano frutto della necessità quotidiana di mandare avanti il tutto da quattro anni a questa parte - ma chi da prima è impegnato nel lavoro di dirigenza sa che è di gran lunga ancora precedente - con fondi sempre più risicati, a volte mai, assolutamente mai, mandati. E i ragazzi chiedono anche solo semplicemente carta igienica o sapone per le mani.

Ad Emanuele gli auguri di tutta la sua famiglia per i suoi 18 anni

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Senza contare tutto il resto. I debiti, se vogliamo continuare a chiamarli così lasciando intendere che c’è stata la cattiva gestione di qualcuno che ha creato questi buchi nella gestione della Cosa Pubblica, sono stati creati perché si ha l’onere di gestire dignitosamente e obbligatoriamente in maniera corretta la struttura. I debiti sono quelli dello Stato nei confronti dello Stato che allo Stato non ha dato quello che doveva dare. Di certo non dei docenti o dei dirigenti che sono all’improvviso impazziti e andati a Las Vegas a giocarsi ai tavoli da poker i fondi. Ad ogni buon conto: tutti dobbiamo stringere la cinghia? Lo deve fare quasi tutto il Paese? Benissimo, vorrà dire che sarà un esempio virtuoso per i ragazzi, ma smettiamola con questa storia degli indottrinamenti. Tanto di cappello, piuttosto, al nostro esercito, fin troppo silenzioso, di Insegnanti che quo-ti-dia-na-men-te vanno in classe e fanno i salti mortali per continuare ad educare e-du-ca-re - chi si ha di fronte al pensiero critico, qualunque esso sia. Non è ulteriormente accettabile tale pubblica sconfessione del ruolo. La scuola, piaccia o no, è un presidio di democrazia e non una fucina elettorale. Se chi parla è abituato al controllo di tutto, mezzi di informazione a iosa, dalla tv alla carta stampata, si rassegni. Non può esserlo la scuola, che rimane orizzontale, plurale, difficilmente assoggettabile a un solo volere.

IN GALLERIA

di Alessandra De Matteis

C’è chi dice no di Giambattista Avellino Ormai si sa, purtroppo per andare avanti nel nostro bel paese i meriti non bastano, bisogna avere le giuste conoscenze. Per rappresentare questa dura realtà Giambattista Avellino decide di portare al cinema “C’è chi dice no”. Max, Irma e Samuele, scoprono di essere accomunati da uno stesso nemico: “i raccomandati”. Max è un precario di talento impiegato presso un quotidiano e spera di avere il lavoro tanto sognato, ma viene sempre scalzato dal raccomandato di turno. Samuele, insegna diritto penale e dopo anni passati a fare da assistente un barone universitario è in procinto di vincere un concorso per ricercatore, ma gli viene preferito il genero del professore. Irma è una dottoressa appassionata speranzosa in un contratto, che gli viene soffiato dalla fidanzata del primario.

NOZZE D’ORO

Mamma e papà, la felicità è un dono raro che pochi riescono a trovare e tanto meno a riconoscere... Grazie a voi che ogni giorno di questi cinquant’anni passati insieme date prova di come due persone possano suonare la stessa musica dell’anima. Auguri dai vostri figli e nipoti!

I tre, scoraggiati dagli eventi fondano un movimento i “pirati dei meriti”. Contratti a progetto, collaborazioni a termine, lavori a tempo determinato sono i problemi che affliggono l’Italia e riempiono i grandi schermi italiani. Il primo fu Paolo Virzì con “Tutta la vita d’avanti”, poi Anna Negri con “Riprendimi” e Massimo Venier con “Generazione 1000 euro” ora è il turno di “C’è chi dice no”che aggiunge all’argomento i raccomandati. Cinismo, ironia e realtà sono gli ingredienti principali di questo film, per il quale il regista decide di puntare anche su un buon cast. I protagonisti del film infatti sono Paola Cortellesi, Luca Argentero e Paolo Ruffini che centrano i personaggi e rappresentano veramente una conferma per il nostro cinema italiano. La Cortellesi, che in questi giorni è al cinema anche con il film campione d’incassi “Nessuno mi può giudicare”, è una

macchina comica, di Argentero invece si inizia a diment i ca r e che a renderlo famoso è stato un reality, è sempre più suo agio davanti alla macchina da presa. Infine chi sorprende è soprattutto l’attore livornese. L’ex-vj Ruffini forse favorito dal suo accento toscano dà al film quel qual cosina in più. “C’è chi dice no” è una buona commedia, che racconta in un modo ironico una brutta verità. Forse ha troppe pretese e non riesce a raggiungerle, nonostante ciò centra l’obiettivo principale, però un po’ di cattiveria in più non guastava.


L’Ora del Salento 14

Lecce, 23 aprile 2011

appunti

Madeleine Wickham. Vacanze in villa Con la primavera torna la voglia di leggerezza, di allegria, di colori e torna anche il desiderio di qualche lettura divertente, spensierata, quasi da ombrellone. Almeno questo è quello che capita a me. Sophie Kinsella, al secolo Madeleine Wickham, è l’autrice giusta per questo tipo di letture. Continua infatti l’operazione di traduzione in lingua italiana dei romanzi che la Wickham ha scritto in lingua inglese prima di iniziare ad usare il fortunato pseudonimo che l’ha resa celebre con la saga di “I love shopping” già arrivata al sesto episodio. “Vacanze in villa”, il romanzo di cui vi parlo oggi, è il terzo della serie a firma Wickham che viene tradotto in Italia. L’originale risale al 2001 ma gli editori non stanno seguendo un ordine cronologico, è probabile che

si stia dando la precedenza a quelli che si suppone vengano più apprezzati. Al cambio di nome è corrisposto anche un cambio di stile di scrittura, infatti mentre i romanzi di Sophie sono spumeggianti, molto vivaci e mettono in evidenza l’assurdità di taluni atteggiamenti e azioni del quotidiano, quelli di Madeleine hanno un umorismo più sottile, in perfetto stile inglese, ma non per questo risultano meno divertenti o brillanti. In “Vacanze in villa” (titolo originale “Sleeping Arrangements”) la Wickham racconta le dinamiche di due coppie in crisi creando una commedia sofisticata su come difendere l’amore dalle insidie dell’abitudine e della routine quotidiana. La trama apparentemente non è molto originale, una classica storia di bugie, segreti e tradimenti, ma ad aggiungere un

c@ttolici in rete argo

IL POLLICE

TRECENTO E con questa settimana, “Ballarò” (Raitre, ore 21,05) tocca la sua trecentesima puntata, rivendicando un posto in prima fila tra i talk show che affollano le reti televisive nostrane e non solo, molto spesso schierati palesemente da un punto di vista politico. E quasi sempre dalla Giovanni Floris, il programma ben oltre la sua articolazione temporale manifesta troppo spesso una sorta di propensione alle grida che non condividiamo, tenendo conto che le cose dette sottovoce sono sovente quelle più efficaci. Ma tant’è. Non dimenticando, appunto, che la scelta dei protagonisti compete, ovviamente, al conduttore, maestro d’orchestra della trasmissione e del suo svolgersi temporale. Ampia e qualificata la partecipazione alla festa di compleanno, in un logico allargamento a tutto l’arco costituzionale o quasi, con le presenze di Maria Stella Gelmini ministro dell’istruzione, di Enrico Letta vicepresidente del Pd, di Roberto Cota presidente della Regione Piemonte e di Flavia Perina di Fli. s t e s s a

p a r t e .

C

o n d o t t o

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lor@delavoro di Samuele Vincenti

Nonostante nel mondo del lavoro le prospettive di realizzazione per i giovani e per gli adulti stentano ad essere rosee, sono in molti a dedicare il loro tempo in attività di volontariato per l’aiuto dei meno abbienti e dei malati. Per riconoscere tali sforzi, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per l’Anno Europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva, ha realizzato una campagna di comunicazione che ha l’obiettivo di stimolare, in particolare nei giovani, una capillare diffusione dell’impegno spontaneo, gratuito ed altruistico grazie al quale

Tommaso Dimitri

pizzico di pepe in più è l’ambientazione in una bellissima villa in Spagna, precisamente in Andalusia, che, uno strambo padrone di casa, Gerard, ha prestato a due coppie di amici, casualmente nello stesso periodo. Gerard è un vecchio compagno di scuola che due dei protagonisti hanno incontrato per pura coincidenza e naturalmente in separata sede. La prima coppia è formata da Chloe e Philip. Chloe ha proprio bisogno di questa vacanza, è davvero stressata, non ne può più di cucire abiti nuziali, proprio lei che non è neanche sposata. Il suo compagno ha seri problemi con il lavoro in banca e non riesce a pensare più a null’altro. Poi c’è Sam nato da una precedente relazione di Chloe e Nat figlio di entrambi. Qualche giorno di riposo in una

splendida villa in Spagna è quello che serve a tutta la famiglia. Lo stupore è grande quando una volta arrivati alla villa si accorgono che è già occupata da Hugh, un dirigente che si è buttato a capofitto nel lavoro trascurando la famiglia, da Amanda, la moglie, il cui unico interesse sembra essere la ristrutturazione del loro lussuoso appartamento, e dalle piccole Octavia e Beatrice, le figlie, accompagnate da un’originale babysitter, Jenna, con capelli rasta e comportamenti decisamente anticonformisti. Chissà se quello di Gerard è stato un semplice errore oppure un sadico scherzo giocato a danno dei suoi amici. Anche perché Chloe e Hugh si riconoscono immediatamente, quindici anni prima hanno avuto una relazione, finita perché Hugh non riusciva ad accettare Sam, loro fi-

marialucia andreassi glio. Dopo lo s con cer t o iniziale sono cost r ett i, loro malgrado a convivere, tra piccoli disagi e tensioni nascoste che premono per venire a galla. La Wickham racconta la crisi di queste due coppie e l’attrazione che può esercitare l’idea di una nuova relazione in simili condizioni di vita con la sua caratteristica sapiente ironia. Ne viene fuori una commedia brillante, intelligente e mai banale che aiuta a riflettere divertendo. Assolutamente consigliato.

Madeleine Wickham, Vacanze in villa, Mondadori, 19.00

M U S I CALM E NTE Tempo di conversione Anna Rita Favale nel web Al Gondar la pasquetta della musica

Siamo ormai giunti alle feste Pasquali. La Quaresima, momento importante per l’ascolto della Parola di Dio e per tutte quelle attività spirituali ed esperienze forti che possono ritemprare lo Spirito, è ormai conclusa (almeno come tempo liturgicamente dedicato). Possiamo però prevedere, per chi volesse continuare o programmare, con sufficiente anticipo, un momento importante per la crescita spirituale e preparare una pausa spirituale in un momento più disponibile nella nostra sovrappopolata vita quotidiana e il web ci può aiutare in questo. Il sito fatto proprio per organizzare i nostri prossimi esercizi spirituali, per esempio nel periodo estivo, è: www.esercizispirituali.it. Questo sito è il portale ufficiale della Fies (Federazione Italiana Esercizi Spirituali), fondata nel 1964 e riconosciuta dalla Cei come associazione ecclesiale e che si articola in Delegazioni regionali e diocesane, finalizzate alla promozione dei “tempi forti” dello Spirito. Le proposte sono ricche e variegate. Celebra assemblee biennali di studio e scambio d’esperienze e pubblica due riviste: “Tempi dello Spirito” e il “Vento”. Vi aderiscono Case e Centri di spiritualità, diverse Istituzioni, Gruppi e Associazioni e il Presidente è il nostro S. Em. card. Salvatore De Giorgi, Arcivescovo emerito di Palermo. La Fies promuove gli Esercizi Spirituali, intesi come una forte esperienza di Dio, suscitata dall’ascolto della sua Parola, compresa e accolta nel proprio vissuto personale, sotto l’azione dello Spirito Santo, la quale, in un clima di silenzio, di preghiera e con la mediazione di una “guida spirituale”, dona capacità di discernimento in ordine alla purificazione del cuore, alla conversione della vita e alla sequela del Cristo, per il compimento della propria missione nella Chiesa e nel mondo. Sono pubblicati: i calendari, i luoghi, i predicatori e soprattutto (in forma molto veloce e semplice) la possibilità di ricerca per le diverse tipologie e stati ecclesiali. Molto importante e ricca è la sezione dedicata ai Cristiani Laici e Famiglie. Una vera e propria ricchezza spirituale che può diventare occasione di conversione e vita nuova nello Spirito. Buona navigazione e Buona Pasqua di Risurrezione a tutti.

Il 25 aprile nella splendida cornice di Gallipoli si svolgerà la grande inaugurazione della Stagione 2011 del Parco Gondar l’evento musicale più atteso nel Salento. Una rassegna musicale lunga 15 ore con 16 artisti che si alterneranno in concerti live, dj set singoli e congiunti. È il primo festival musicale della Puglia che accontenterà i differenti gusti musicali; dalle sonorità rock che vedranno come protagonisti i Verdena, Apres La Classe, General Levy, Daddy Freddy, Villa Ada, Crew. Saranno accontentati anche gli amanti di musica elettronica con il sound di Congorock, Dj Gruff e Serpenti, Dj Afghan, Ballarock (Dj/Vj Set), Dj Maik, Paparina Sound, Resina Sonora, Carlo Chicco, 2 Irons, Tonj infuocheranno la dance floor con i loro dj set. Il Parco Gondar da diversi anni si propone di diventare luogo di incontro e punto di riferimento per tutti gli amanti del mondo musicale in una location immersa nel verde con aree multi stage che offrono contemporaneamente diversi spettacoli. Non solo tanta musica, Parco Gondar offre anche la possibilità di trascorrere la Pasquetta come da tradizione potendo usufruire di tutte le strutture presenti all’interno del parco: bar, pizzeria, aree pic-nic, campetti da tennis, volley, basket, sala giochi, area video proiezioni, area mercatino. L’evento è promosso e patrocinato dalla Regione Puglia, la Provincia di Lecce, il Comune di Gallipoli, Parco Gondar, Associazione di Promozione Turistica di Lecce, Associazione di Promozione Turistica di Bari, Puglia Sun Festival, Associazione Hula Hoop, Viaggiare in Puglia. Apertura cancelli ore 11.00. Ingresso con prevendita 13,00 + diritti. Ingresso Botteghino 15,00 diritti inclusi. Info e prevendite 327/ 8215783 - 327/0306552 Prevendite on-line www.parcogondar.com

Aiuta l’Italia che aiuta, campagna per il volontariato

ogni volontario può contribuire al progresso materiale e morale della società. Il claim “Aiuta l’Italia che aiuta” riprende quello della Campagna per il dono contro la solitudine e la povertà del 2010, in un percorso di continuità nella promozione di comportamenti responsabili di partecipazione e di sostegno al volontariato. Il tema del messaggio è il dono, inteso come dono del proprio tempo, delle proprie energie e affetti, caratteristico dell’agire dei volontari, che può anche diventare sostegno economico per supportare e rendere più agevoli ed efficaci le attività di volontariato. Il tema centrale della campagna

è rappresentato anche nel logo, che evoca simbolicamente il gesto del dono attraverso mani e braccia che toccandosi formano un cuore al centro. La campagna si svilupperà durante tutto il 2011 e sarà veicolata su tv, radio, stampa, affissioni e internet. Il messaggio che il Ministero veicolerà nell’ambito delle iniziative dell’Anno Europeo girerà l’Italia anche grazie a un’azione di sensibilizzazione e, soprattutto, attraverso uno degli eventi sportivi e sociali più seguiti nel nostro Paese, il Giro d’Italia. Ed approfittando del Giro d’Italia ormai alle portr, il Ministero ha scelto di promuo-

vere la “Campagna per il dono e la promozione del volontariato” con uno stand dedicato nei villaggi di arrivo di tutte le 21 tappe. Nello stand personalizzato saranno in distribuzione prodotti editoriali, gadgets motivazionali e, in particolare, saranno diffuse informazioni su come partecipare concretamente con il proprio dono a iniziative di solidarietà e di volontariato. Il Giro d’Italia, che attraverserà diciassette regioni, è infatti uno degli eventi scelti quest’anno per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia e toccherà i luoghi geografici e storici più significativi dell’Unità nazionale.

Nelle tappe del Giro saranno realizzati dei micro-eventi per raccontare i percorsi storicogeografici del volontariato e, unitamente ai 150 anni della nostra Nazione, saranno celebrati i 150 anni di vita del volontariato in Italia. La caratteristica itinerante dell’evento e la festosa e significativa partecipazione

popolare ben si prestano a veicolare il messaggio della campagna legato alla solidarietà come caratteristica delle attività di volontariato. Le informazioni sull’iniziativa e sulle tappe del Giro sono disponibili sui siti: www.lavoro.gov.it e www.gazzetta.it/Speciali/ Giroditalia/2011/it/.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 23 aprile 2011

lo sport Il medico sociale del Lecce fa il punto della situazione sulla corsa per la salvezza e ribadisce che lo stato di forma dei giallorossi consentirà loro di lottare fino alla fine

L’ASSIST di Paolo Lojodice

Palaia: la salvezza alla nostra portata Comincia il conto alla rovescia, quello che si scandisce sulle dita di una mano. Cinque giornate al termine per toccare la quota fatidica dei 40 punti, utili, nelle previsioni degli addetti ai lavori, alla permanenza nella massima divisione. Da quanto messo in campo contro il Cagliari al Via del Mare, i presupposti per raggiungere il traguardo della salvezza, per il Lecce, sembrano esserci tutti. Contro i sardi, il recupero del doppio svantaggio entro e …oltre la zona Cesarini, ha evidenziato condizione mentale e fisica ottimale per un gruppo che sul rush finale, punta sul successo di una intera stagione. Una alchimia che lega cuore, nervi e muscoli e un surplus di adrenalina da percepirsi nelle narici. Giungere ad una tale condizione, nonostante il logorio di 33 turni di campionato, può rappresentare per la compagine giallorossa, a questo punto del torneo, quel vantaggio competitivo straordinario rispetto alle altre squadre. Un vantaggio competitivo che a Lecce ha un marchio di fabbrica “storico”, quello del medico sociale dott. Giuseppe Palaia: 35 anni di sodalizio con la società leccese dei quali, 32 vissuti come primo responsabile, parte di una carriera riconosciuta ai massimi livelli federali, non solo calcistici. “Stiamo vivendo un buon momento - dichiara Palaia - la squadra, anche detta dei più è in ottime condizioni, l’organico è nel suo complesso ben recuperato è

questo ci fa ben sperare per il raggiungimento dei nostri obiettivi”. Poche parole, per descrivere quello che su altre piazze rischia di essere una chimera… “Guardiamo a quanto accade in casa nostra - e con un sorriso chiude lo spazio ad illazioni, poi riprende - sapevamo che avremmo raggiunto questi livelli di prestazione in questa precisa fase del campionato; fa parte di una pianificazione del lavoro che attuiamo puntualmente”. Ci può dare una indicazione in più? “Ogni anno si pianifica il lavoro in macrocicli mensili con microcicli settimanali, questi ultimi variabili in riferimento alle condizioni dei singoli giocatori, e anche ad una eventuale importanza della gara, ad esempio - tiene a specificare il dott. Palaia: in previsione di un match che potrebbe essere “proibitivo” per la noi, si “carica” il lavoro, per poi compensare con una fase di scarico in concomitanza di partita più adatta alle nostre caratteristiche e potenzialità, secondo il criterio di quella che in gergo è indicata come supercompensazione”. Vuol dire che si può modulare la prestazione della squadra? “No. Il carico di lavoro che

S

L’ALTRO

pianifichiamo fin dall’inizio, con test da campo e di laboratorio ripetuti ogni tre mesi per valutare le condizioni sia dei singoli che della squadra nel complesso, è orientato all’ottimizzazione della prestazione nel momento in cui questa viene attuata. Nell’ottica della gestione dei carichi di lavoro, la squadra, comunque, non è mai scesa in campo alla luce di una “politica sparagnina”, in totale accordo con quello che è l’intendimento dell’allenatore che punta sempre a fare risultato pieno. Finora - continua il medico giallorosso - possiamo indicare solo tre sconfitte eclatanti, tutte nel girone di andata, quelle contro il Milan alla prima di campionato, poi la Juve e l’Udinese ma, nell’economia di un campionato, tre passaggi a vuoto ci possono stare”. A proposito di queste sconfitte, poi nel girone di ritorno avete detto la vostra… “Si , è vero, anche a riprova che oltre alla condizione fisica, si è maturata una crescita collettiva che ha portato il Lecce ad avere, checché se ne dica, una sua identità di gioco”. Un riferimento a particolari critiche? “Affermo soltanto che il Lecce, anche a detta di commentatori nazionali, ha definito una propria identità di gioco e i risultati lo dimostrano; se poi si vuole pescare nel torbido… allora diciamo che

fa parte delle dinamiche della vita di ogni giorno…”. Un riferimento a fatti o episodi in particolare? “Solo semplice malafede” risponde laconico. Il dato è che, alla soglia della permanenza in A, mancano 5 punti con 5 turni a disposizione; i crampi alle gambe manifestati da Tomovic contro il Cagliari possono essere un campanello di allarme? “Assolutamente no; i crampi come quelli patiti da Tomovic sono un’espressione finale di un impegno esasperato, appartengono a tutti i calciatori e la fatica fa parte dello sport, di tutte le competizioni, senza non c’è agonismo, non c’è miglioramento, non c’è vittoria”. Perfetta sintonia con il Mister allora… “De Canio mi ha affidato la responsabilità dell’area relativa alla preparazione fisica della squadra, l’organizzazione del team con l’allenatore ovviamente figura apicale in ogni contesto, è ulteriormente migliorata; interagisco in sinegia con i preparatori atletici nell’ottica di ottimizzare i carichi di lavoro, per evitare patologie da sovraccarico; quest’anno con questo non vuol dire che anche noi non abbiamo avuto stop da tale patologia, ma solo due o tre episodi - Di Michele e Ferrario ndr - molto al di sotto di quanto non si registri come una media nazionale”.

MONDO Vorrei la pelle nera contro il razzismo

Il Centro Sportivo Italiano aderisce e sostiene la campagna di sensibilizzazione antirazzista “Vorrei la pelle nera”, lanciata dal presidente della Fip, Dino Meneghin, a seguito degli insulti razziali ricevuti in partita da Abiola Wabara, giocatrice della Bracco Sesto San Giovanni e della Nazionale. Pertanto ha invitato i propri atleti, tecnici, arbitri, dirigenti delle oltre diecimila squadre di basket che scenderanno in campo nel prossimo weekend ad apporre un evidente segno nero sulla propria pelle (nella foto Marco Mordente fonte Fip). La campagna prevede infatti che tutte le componenti del movimento cestistico e gli appassionati, in occasione della prossima giornata di campionato, colorino la propria pelle con un segno nero, ben visibile, in rappresentanza dei colori di tutte le etnie. E il Csi la vuole estendere a tutte le squadre, specie dei settori giovanili, non fermandosi solo al mondo dei canestri. Da sempre il Csi è in prima linea in ogni iniziativa che vuol promuovere i valori dell’uomo e della vita. “Razzismo e xenofobia - spiega il presidente nazionale del Csi, Massimo Achini - si stanno diffondendo pericolosamente nel nostro paese, rischiando di contagiare anche lo sport. Dopo gli ululati razzisti negli stadi di calcio, arriva questo segnale dal basket. Il razzismo è la morte dello sport. Non possiamo permetterlo. E se è vero che il problema nasce fuori dallo sport, nella società civile, è bene che lo sport non resti con le mani in mano aspettando soluzioni dall’esterno, ma faccia il suo dovere contribuendo con atti concreti a sensibilizzare atleti, operatori e pubblico. Non solo dobbiamo respingere il razzismo fuori dai campi di gioco, ma dobbiamo sforzarci di usare il potere educativo e l’ascendente mediatico che lo sport esercita per entrare nelle coscienze di chi, nella società, dimentica che siamo tutti membri alla pari della stessa famiglia umana. Da sempre per il Csi è motivo di vanto quello di avere società “aperte” in modo particolare verso coloro che sono lontani, facendo dell’accoglienza uno degli elementi fondamentali del nostro modo di vivere lo sport”. Infoline sulle attività del Csi Lecce, cell. 347.1762819 - email lecce@csi-net.it, sede via Siracusa n. 50 - 73100 Lecce.

PORT di Paolo Conte

VOLLEY B2

Da buon rapace, il “Falco ugentino” ritrovata la dolce dimensione del primo posto in classifica e si accinge alla delicata trasferta di Martina Franca con il vento in poppa. Il tripudio del roboante successo sull’ormai ex capolista Squinzano è stato l’ennesimo capovolgimento di fronte di una campionato vibrante e super competitivo. Con due giornate al termine del torneo, i ragazzi di coach Cavalera salgono a quota 62 in graduatoria e a +2 sulla Parsec 3.26. Un risultato che, nonostante l’imminente impegno esterno di Martina, è ancora negli occhi dei supporter ugentini non solo per l’obiettivo promozione diretta ma soprattutto per lo strapotere dei giallorossi certificato sul campo. Il solito “3 a 0 e tutti a casa” continua ad essere il marchio di fabbrica dei Falchetti, capaci di inglobare nella fatidica legge anche i più accreditati squinzanesi. Adesso l’obiettivo numero uno è non essere contagiati dal classico calo di tensione postgara e dare l’immediato seguito in terra tarantina. Lavorare sulla testa dei giocatori sarà quindi l’arduo compito di coach Cavalera, consapevole delle insidie che nasconde ogni trasferta e reo confesso di aver accusato, in tempi non sospetti, fatali cali di concentrazione della sua squadra. Le iniezioni di gioia ed entusiasmo della Minniebet stonano con lo scoramento e la frustrazione di uno Squinzano

Scatto dell’Ugento ora la B1 appare più vicina. Per lo Squinzano i play off svuotato dal pesante k.o inflitto dai giallorossi. Orefice e compagni, persa malamente la vetta della classifica nel momento topico della stagione, cercano riscatto nell’ ennesimo derby in quel di Casarano. La Filanto, con la salvezza in tasca già da due giornate, ha poco altro da chiedere a questo campionato e con ogni probabilità lascerà spazio a chi ha giocato meno e alle giovani promesse. Un’ occasione unica per i gialloblu di coach De Vitis i quali dovranno sperare in una improbabile frenata dell’Ugento. Anche il calendario non aiuta gli squinzanesi a fronte della giornata di chiusura contro il temibile Alessano in concomitanza con l’agevolissima pratica casalinga della Minnienet a cospetto dell’Agnone. Insomma se la frittata non è fatta poco ci manca e la consapevolezza di aver gettato alle ortiche il primato nella partita dell’anno è un fattore negativo che pesa sulle gambe di Orefice e soci. In caso di mancato avvicendamento al vertice, sarebbe comunque una grande annata per lo Squinzano che, contro ogni pronostico, ha dato filo da torcere alla più accreditata Minniebet conquistando il prestigioso traguardo dei play-off. Questioni e problematiche di difficile argomentazione dalle parti di Galatone. La formazione salentina con 37 punti in classifica occupa il sesto posto della competizione e ha poco altro da chiedere alla sua stagione agonistica.

Reduci dalla sconfitta al tie-break di Martina Franca, il Galatea Volley intende onorare il campionato e chiudere in bellezza nel vicinissimo derby casalingo contro il Galatina. Simili propositi quelli della compagine di coach Montinaro. Il sestetto galatinese proviene da quattro sconfitte consecutive, ultima in ordine di arrivo la pesante batosta per 3 a 0 rimediata a Fasano. I 35 punti in graduatoria recitano calma e serenità in casa S.B.V, ma gli stimoli e le motivazioni di un derby vanno spesso aldilà di numeri e classifiche. Come Galatone e Galatina anche il Casarano è con la testa in vacanza.

Archiviata la sberla per 3 a 0 subita sul campo dell’Altamura, i ragazzi di coach Licchelli ospiteranno nell’ultima gara casalinga la belva ferita Squinzano con lo scopo di chiudere bene il campionato dinanzi ai suoi tifosi. L’incombenza della salvezza non è più il segugio dei rossoblu dalla nota e dolcissima sconfitta di Martina datata 3 aprile. La tranquillità di disputare una gara senza particolari pressioni può essere l’arma in più della Filanto Volley per mettere alle corde la Parsec e aiutare i cugini ugentini a vincere il campionato con un turno di anticipo.

Ministranti in campo In una domenica piena di sole, domenica 10 aprile 2011, si è svolta presso il Seminario Arcivescovile la prima edizione della “MeetMin Cup”, il torneo di calcio dedicato ai ministranti della nostra diocesi. Più di cento ministranti si sono affrontati nelle rispettive fasce di età nell’arco dell’intera giornata. La manifestazione è cominciata alle 8.30 con il ritrovo di tutte le squadre a cui gli arbitri del Centro Sportivo Italiano, che ha collaborato nell’iniziativa, hanno ricordato il regolamento del torneo. Dopo aver disputato le partite della fase eliminatoria i ragazzi e i loro animatori e accompagnatori hanno partecipato alla Santa Messa per poi trascorrere successivamente un momento di riposo prima di ricominciare le partite. Nel pomeriggio si sono svolte le semifinali e la finale della fascia uno (formata da ministranti con età compre tra i 9 e i 13 anni) ha avuto come vincitore il gruppo della parrocchia Maria SS. Assunta di Lizzanello mentre la finale della fascia due (formata da ministranti di età compresa tra i 14 e i 16 anni) ha visto vittorioso il gruppo della parrocchia San Giovanni Bosco di San Pietro V.co. L’ idea nata da don Tony Bergamo e dai ragazzi dell’equipe diocesana dei ministranti ha riscontrato subito molto entusiasmo in molti gruppi parrocchiali. La MeetMin Cup era poi collegata al sostegno della costruzione della Casa della Carità. Prossimo appuntamento per i ministranti per il MeetMin, il raduno diocesano dei ministranti, sarà sabato 7 maggio dalle ore 16.00 nella Parrocchia di San Giovanni Battista a Lecce. Francesco De Paolis


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