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Lecce, 26 marzo 2011

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L’Ora del Salento

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La vocazione del laicato di Nicola Paparella C’è bisogno di tornare a parlare del laicato. È urgente che i laici riprendano la parola per discutere del proprio ruolo nella Chiesa e nella società. Non perché negli ultimi tempi siano rimasti silenziosi e inerti, ma perché il mondo e la Chiesa hanno attraversato e stanno ancora attraversando una straordinaria fase di crescita che richiede attenzione, comprensione e vigilanza critica. La Chiesa di Lecce ha avviato questo cammino nelle Parrocchie e proseguirà con una riflessione che sarà guidata da Dino Boffo, il direttore galantuomo di Avvenire, che fu aggredito da una ignobile campagna diffamatoria, appositamente orchestrata per ridurlo al silenzio. Quello del silenzio è forse il capitolo più difficile, in questo snodo della nostra storia. Troppo spesso si rimane in silenzio perché i fatti e le vicende di cui siamo testimoni sono troppo grandi e troppo complesse perché si possa prendere posizione con forza e con chiarezza. Il disordine morale, che pure disapproviamo e che sicuramente ci rende inquieti, è talmente diffuso da penetrare fin nei vicoli delle nostre città, al punto da apparire “normale” o comunque incontrollabile. Come uno tsunami inarrestabile: meglio cercare un riparo che opporre resistenza. Il laico non può scappare, non può chiudere gli occhi, non può nascondersi nella tranquillità della sua vita privata. La sua dignità è radicata nel suo sentirsi tralcio di un’unica vite e quindi partecipe di un unico destino, protagonista di una grande storia di salvezza che coinvolge tutti. La dignità del laico è tutt’uno con la sua partecipazione e questa è la cifra permanente della sua responsabilità, che nessuno può alienare o intiepidire o compromettere. Viviamo invece in una cultura che tutto giustifica e tutto confonde. Come in un reality show, non sappiamo più dove stia la realtà e dove la finzione. Quel che conta è il consenso. Ha ragione non chi offre buoni argomenti, ma chi riesce a sedurre; l’apparenza vale molto di più del ragionamento; e il poter economico è la migliore fabbrica del consenso. È difficile muoversi in questo intreccio di perfidia e di menzogna. E invece proprio qui va pazientemente cercato ogni bagliore di verità, per seguirlo e dare testimonianza ai valori che troppo facilmente vengono nascosti sotto i macigni del vizio e della disonestà. Dino Boffo ha sperimentato il rischio che si corre ad adoperare parole di verità, nella città segnata dal consenso mercenario; ma ha pure insegnato come sia irrinunciabile la difesa della dignità personale. I laici chiedono a tutti di essere buoni amministratori; e però cominciano da sé stessi, esercitandosi ad essere buoni amministratori del loro giudizio, della loro responsabilità dinanzi alle invocazioni della storia, della loro operosità nella famiglia, nella Chiesa, nella città, nel mondo. E così imparano a chiedere che ciascuno possa rendere conto di ciò che ha detto e di quanto ha taciuto; di ciò che ha visto e di quanto ha preferito non vedere; di quanto ha fatto e delle cose che ha nascosto sotto il tappeto della convenienza. Con la perseveranza e la pazienza alimentate dall’ascolto e dalla condivisione.

SETTIMANALE CATTOLICO

IL QUARESIMALE DELL’ARCIVESCOVO

Nuova serie, Anno XXI, n. 11

O Dio, sorgente della vita, tu offri all’umanità riarsa dalla sete l’acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia, Cristo Salvatore. Concedi al tuo popolo il dono dello Spirito, perché sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore.

Siamo alla terza tappa del nostro cammino quaresimale che nell’itinerario triennale dell’anno liturgico ci invita, in modo particolare in questo anno A anche con la scelta dei brani della liturgia della Parola, a seguire una particolare indicazione della Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia: “Si utilizzino più abbondantemente gli elementi battesimali propri della liturgia quaresimale…”. Sono particolarmente stimolanti in merito le letture delle domeniche 35. In questa terza domenica la fa da padrone l’offerta dell’acqua viva della grazia all’umanità riarsa dalla sete: è l’acqua scaturita dalla roccia sull’Oreb (I lettura dal libro dell’Esodo), tenerezza misericordiosa di Dio verso un popolo cespuglioso, ribelle, diffidente. È la ‘sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna’ che Gesù offre alla donna samaritana nel Vangelo, destinataria in un linguaggio per lei misterioso e incomprensibile, di un ‘dono di Dio’ che estingue la sete di vita e di pienezza che travaglia il cuore umano. È l’acqua che nella solenne Veglia pasquale aspergerà tutti noi rinnovati dalla professione di fede battesimale, reinserendoci in quella

III DOMENICA DI QUARESIMA

Sete di Dio totalità di vita nuova e santa che è il dono del nostro essere battezzati in Cristo morto e risorto. Nel cammino della vita con le sue fatiche, le sue stanchezze, con la sete di una parola che venga a rinfrancarci e a stemperare le nostre solitudini, spesso troviamo Cristo Gesù seduto al pozzo dell’umanità, affaticato per il viaggio che lo conduce all’incontro con ciascuno di noi. Ha da donarci un’acqua capace di estinguere ogni sete, ogni attesa, ogni dubbio e non solo! Chi si disseta a Cristo, acqua viva, diventa capace di dissetare anche gli altri. Dunque chiamati a diventare sorgente, fonte di acqua che zampilla. Uniti a Cristo, partecipiamo dello stesso dono di vita. Come non sentire il bisogno di invocare anche noi con la Samaritana: Signore, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a

Lecce, 26 marzo 2011 venire qui ad attingere acqua”? La Samaritana è una immagine in cui forse possiamo in qualche modo ritrovarci: abbiamo sete di Dio, la sorgente, la fonte ma a volte tentiamo di raggiungerlo con i nostri poveri mezzi umani che saziano l’attesa di un momento ma non soddisfano il bisogno di una vita. Andiamo al pozzo con l’anfora dei nostri fragili mezzi sicuri di poter prendere l’acqua che possa estinguere la vera sete, il bisogno di certezze che pensiamo di soddisfare con la nostra anfora. In realtà è Cristo la sorgente che zampilla, l’acqua che sgorga dalla roccia sull’Oreb. L’evangelista Giovanni ci darà un ultimo significativo segno laddove ci narra che dal costato di Cristo è uscita l’acqua che dona a noi vita dalla sua morte. Con la Chiesa tutta rinnoviamo la nostra invocazione: Signore Gesù, continua a donare all’umanità riarsa dalla sete l’acqua viva della tua grazia che disseta, purifica, rigenera, ricrea.

II ASSEMBLEA DIOCESANA

Dino Boffo a Lecce La Chiesa di Lecce verso il Convegno Regionale

I Christifideles laici nella Chiesa e nella società oggi La relazione del direttore di Tv2000 il 29 marzo al Tiziano alle ore 17 LE SUORE SALESIANE DEI SS. CUORI

125 anni di vita sulle orme e con il cuore di San Filippo

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EDITORIALI I LAICI NELLA CHIESA: PROTAGONISTI O COMPARSE?

Una responsabilità e una missione La definizione del principio di laicità, per sua natura non può prescindere dalle condizioni storico-culturali in cui il “laico” viene colto, nelle sue relazioni con le istituzioni e le più significative manifestazioni di queste. Scorrendo la storia del nostro Paese, magari degli ultimi 150 anni, non è difficile cogliere le variazioni, a volte radicali, che il concetto di laicità ha subito, quasi sempre a motivo del confronto-scontro con lo spirito religioso e l’appartenenza alla Chiesa. Non a caso, il principio di laicità è stato ed è ancora interpretato, specie nella polemica politica, come irrinunciabile tutela dello Stato dalle ingerenze della Chiesa, percepita come il più compatto e pervasivo dei poteri mondani, riproponendo, magari sotto forme diverse, l’antinomia Stato-Chiesa, che pur appartiene ad un universo giuridicopolitico premoderno. Non abbiamo lo spazio per fare la storia di questo conflitto permanente, che giunge fino ai nostri giorni, e certo non per responsabilità di una sola delle parti in causa. Ciò che però possiamo dire subito è che le ragioni del conflitto vanno ricercate in quella strumentale dimenticanza dello straordinario evento del Concilio Vaticano secondo, che aveva aperto inequivocabilmente messo in rapporto con le grandi questioni del mondo contemporaneo, a cominciare dalla definizione stessa della Chiesa come popolo di Dio”. La conoscenza e la pratica della religione non può non implicare l’illuminazione della sua storicità. La Chiesa come popolo è società “nella” società, e di coneguenza, il Christiphidelis laicus non può mettersi in fuga a dispetto del mondo e della storia. La politica-religione va

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perciò riletta alla luce del modello della doppia appartenenza, nello Stato e nella Chiesa, proposto per i credenti, e che vissuto nella coscienza dell’homo religiosus, non deve portare al conflitto tra due fedeltà. La religione è parte integrante delle libertà costituzionali dei cittadini, e come tale è una istanza della politica in uno stato democratico e laico. Lo ha riconosciuto, sia pure tardivamente, Jurgen Habermas che da “ateo devoto”, come egli stesso si autodefinisce, propone un vero e proprio patto di alleanza tra il “partito religioso” e quello della “ragione secolare, per sconfiggere quello che egli chiama il “dispotismo della ragione, che minerebbe alla base la civiltà occidentale e i sistemi democratici” (2007). Sentiamo l’eco della lectio magistralis di Papa Benedetto che a Regensburg aveve messo in guardia contro le “patologie” della religione e della ragione (2005). La Chiesa, come organizzazione dei credenti nella società civile deve farsi legittima interlocutrice delle istituzioni pubbliche e politiche che sono al servizio della società, offrendo al dibattito pubblico la propria tavola dei valori, senza rivendicare privilgi o rendite di posizione. D’altra parte le democrazie, per loro natura laiche, non possono privarsi della ricchezza millenaria di un’esperienza storico-culturale di cui la Chiesa è depositaria, pena la perdita di un riferimento forte e autorevole, esperto nella proclamazione e nella difesa intransigente del valore della vita, dei diritti umani e della dignità della persona umana. Ma la sintesi spetta al laico credente, che senta fino in fondo la responsabilità di essere “laico”. Mario Signore

PENSANDOCI BENE...

Membra vive del Popolo di Dio perché degni figli di Dio Vorrei preliminarmente chiarire che i laici, nella Chiesa, non devono essere considerati né alla stregua di “protagonisti” né, tanto meno, di “comparse”. La Chiesa, in quanto “popolo di Dio”, è fatta di persone che, in seguito al Battesimo, rinascono a vita nuova, divenendo membra vive di quel “Corpo mistico” che ha Cristo come capo. Ogni cristiano, chierico o laico che sia, ha pertanto una dignità straordinaria, quella di essere “figlio di Dio”, che gli deriva dal Battesimo e non dalla funzione che è chiamato a svolgere all’interno dell’organizzazione ecclesiastica. Nella Chiesa, ogni funzione è un dono di Dio e, in quanto tale, va esercitata per far crescere la comunità intera nella grazia divina. Nelle Chiesa, tutti i suoi membri sono “pietre vive” che il Signore utilizza per costruire il suo edificio spirituale, e tutte contribuiscono alla bellezza dell’insieme, come tasselli in un mosaico. Ecco perché all’interno di un contesto fondato sulla comunione fraterna, come quello ecclesiale, non possono esservi né protagonisti né comparse. Del resto, ogni cristiano autentico (dal Papa all’ultimo dei fedeli laici) sa bene che, dopo aver svolto al meglio delle sue possibilità la funzione per la quale è stato “chiamato”, non deve fare altro che riconoscersi come “servo inutile”. Fatta questa precisazione, si tratta ora di capire chi sia il laico e quale sia la sua funzione nella Chiesa. Intanto è opportuno ricordare che il termine “laico” nasce all’interno del mondo cristiano, per indicare i battezzati che non appartenevano ad uno degli ordini sacri (come diaconi, presbiteri e vescovi). Questa distinzione, che era

di Giuseppina Capozzi

L’amore per il creato Nella Sacra Scrittura non esiste una cosmologia autonoma, il mondo non è di Dio (cioè una divinità), ma una creatura di Dio affidata all’uomo perché ne custodisca l’ordine e la totalità armonica, a tutela e conservazione di se stesso. L’uomo, immagine riflessa di Dio, ha una specifica responsabilità sull’ambiente che lo circonda e avvolge, responsabilità essenzialmente morale (Sollecitudo rei socialis, 34): la “casa della vita” gli è affidata perché, nella sua conservazione, vi è la possibilità di contemplarla per coglierne la presenza del Creatore. Solo l’uomo può assumersi questa responsabilità; sfruttare e tentare di dominare l’ambiente, vuol dire annientare la dignità stessa dell’uomo. Il rispetto dell’habitat è rispetto della persona: l’ecologia cosmica, passando attraverso l’ecologia umana, fa conoscere all’uomo il fallimento della sua capacità ministeriale e la responsabilità di cui è dotato in modo privilegiato. Quando all’uomo si schiude il significato cristiano della Creazione, si svela anche la sua vera relazione con l’ambiente che lo accoglie: una relazione di reciproca inclusione, una relazione di amore e rispetto. Contemplando il Creato, l’uomo partecipa alla vita divina, scopre di avere una origine, un percorso storico ed una finalità ultima, che è quella di penetrare la conoscenza e l’amore profondo di Dio. La dignità di ogni vita umana è sempre espressione di amore ricevuto e donato per un Bene che supera la persona stessa. Perdere il senso di Dio vuol dire perdere il senso di se stessi e questo avviene quando l’uomo oppone la sua volontà a quella di Dio, convinto della sua piena autonomia. Ma proprio nel misurarsi con il suo habitat, si rivela all’uomo come la sua autonomia sia relativa in quanto ricevuta e, a differenza delle altre creature, la sua vita sia originale, diversa e superiore. Dall’amore per il creato deriva, naturalmente, il primato della biofilia sulla necrofilia. L’amore per la vita, essendo un preciso imperativo etico, educa a consolidare tutte le forme di amore che ne sublimano il significato stesso: fiducia, accoglienza, giustizia, comunione, rispetto. L’uomo, allora, non viene più considerato come fine in sé, ma mezzo per direzionare in positivo tutto ciò che lo circonda. Lo sguardo contemplativo consente di immedesimarsi in Dio, di cogliere le provocazioni alla libertà e responsabilità dell’uomo che può vincere la sua sfida solamente utilizzando la ragione sapienziale. Questa fa da contraltare alla ragione strumentale o calcolante la quale, nella presunzione di avere la conoscenza totale, esprime una volontà di potere molto pericolosa per l’umanità intera. Sfruttare e manipolare, razionalizzare e calcolare eccessivamente sono sintomatici di una riduzione della apertura al “mistero” che è la condizione fondamentale per scoprire la connotazione della vita come “dono”. Il cristianesimo consente di raggiungere un livello di approfondimento di verità come solo la fede può fare! Una fede che, non disgiunta dalla ragione, propone un modello antropologico illuminato dal mistero della Trinità: è nel fondamento della Vita di Dio che l’uomo viene pienamente svelato all’uomo. info@giuseppinacapozzi.it

agli inizi puramente funzionale, si trasformò, lungo i secoli - anche a causa della sotterranea penetrazione di logiche mondane nel cuore stesso della Città di Dio - in distinzione di status; con tale trasformazione, ciò che prima era servizio venne considerato potere, il quale, come tutti sappiamo, per via della fragilità umana, fa presto a degenerare in libido dominandi. In tal modo, i fedeli laici vennero emarginati tacitamente, all’interno della prassi ecclesiastica, nel ruolo secondario di “gregge” puramente passivo. Tale situazione è durata, purtroppo, fino a tempi recenti, dal momento che solo col Concilio Vaticano II è stata superata, riconoscendo ai laici una funzione non più passiva e gregaria ma fondamentale. Giustamente, infatti, i Padri conciliari hanno sottolineato come “la stessa sacra scrittura mostri abbondantemente quanto spontanea e fruttuosa sia stata” l’attività dei laici “ai primordi della Chiesa”. È chiaro che, dopo secoli di emarginazione, i fedeli laici oggi trovino non poche difficoltà a riconoscere e a svolgere il loro importante ruolo che essi avevano nella Chiesa delle origini. Anche perché nonostante le rivoluzionarie affermazioni conciliari, nella prassi ecclesiale ben poco si è fatto per incoraggiare il cambiamento. Sicché, a quasi cinquant’anni dal Concilio, i laici (e purtroppo anche molti chierici) sembra non abbiano ancora compreso quale sia il loro ruolo nella comunità ecclesiale, oscillando spesso tra la duplice tentazione della clericalizzazione e del disimpegno. Occorre, dunque, che tutti si impegnino a capire che il ruolo dei fedeli laici nella Chiesa non è quello di cleri-

calizzarsi, bensì quello di essere testimoni credibili del Risorto, in ogni luogo in cui essi prestano la propria opera, perché, come giustamente sottolineava Lazzati, “il laico cristiano è sempre nella Chiesa, anche quando attende al proprio lavoro in officina, nell’ufficio, o è allo studio nella scuola”. Del resto, già Paolo VI aveva chiarito che il “compito primario e immediato” dei laici cristiani «non è l’istituzione o lo sviluppo della comunità ecclesiale che è il ruolo specifico dei pastori […], ma è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia, così, pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza” (Evangelii nuntiandi, 70). Come si vede, il ruolo che la Chiesa assegna ai laici è veramente imponente per vastità e delicatezza di compiti, solo che spesso i laici stessi non si rendono conto di tale sublime missione. Non hanno ancora compreso che il servizio reso quotidianamente a tutte queste realtà temporali, se vissuto in perfetta coerenza con lo spirito evangelico, ossia seguendo la legge dell’amore fraterno, dà un contributo decisivo alla “edificazione del regno di Dio”, giovando alla salvezza dell’intera umanità. E tale “servizio” i laici lo rendono proprio in quanto Chiesa, in quanto “popolo di Dio”. Solo in tal modo essi adempiono alla loro fondamentale missione, che è quella di essere “lievito” e “luce del mondo”. Cosimo Quarta

ECCLESIA MATER

A Lecce il card. Leo Burke In questo fine settimana è in Puglia per la prima volta il card. Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (ossia il ministro della giustizia ed insieme primo magistrato della Chiesa cattolica), invitato dal Dipartimento Giuridico delle Istituzioni, Amministrazione e Libertà dell’Università di Bari e dalla Scuola Ecclesia Mater, associazione di laici, costituita per dare visibilità e attuazione alle scelte di Benedetto XVI in campo liturgico. Ospite dell’Arcivescovo Francesco Cacucci, il Cardinale nella mattinata di venerdì 25, presso l’aula magna “Aldo Moro” dell’Università di Bari ha tenuto una relazione all’incontro di studio “Liturgie secolarizzate e diritto”. Successivamente, il Sindaco Michele Emiliano riceverà l’illustre ospite in Municipio. Nel pomeriggio, dopo una visita a San Nicola, ha celebrato la solenne santa messa per la Festa dell’Annunciazione in Cattedrale. Nella mattinata di sabato è a Monopoli per una breve visita in Cattedrale. Nel pomeriggio dovrebbe essere a Taranto per una visita alla cattedrale di San Cataldo ed un saluto con l’Arcivescovo Benigno Papa, cui dovrebbe seguire la celebrazione della santa messa. In serata giunge a Lecce, ospite a cena dell’Arcivescovo Domenico D’Ambrosio in episcopio. Domenica mattina è previsto un breve

incontro col Sindaco Paolo Perrone al Palazzo di Città e, quindi, alle ore 11,00 presso la Chiesa di Santa Chiara, il Cardinale celebrerà una santa messa prelatizia nella forma straordinaria. Nel suo viaggio l’em.za Burke è accompagnato dal can. Gilles Guitard, cerimoniere dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote.


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SANITÀ IN PUGLIA

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DOVE

TUTTI I TAGLI AI SERVIZI E AL PERSONALE

Antonio Maniglio

Teresa Bellanova

Rocco Palese

Andrea Caroppo

L’ospedale “S. Pio da Pietrelcina” di Campi Salentina

Già si sentono i primi effetti della chiusura di 5 nosocomi nel Salento. Al “Fazzi” di Lecce intasamenti in molti reparti

Stop ai ricoveri. Vietato ammalarsi Il piano di riordino ospedaliero della nostra regione approvato a dicembre è ormai entrato nel pieno della sua attivazione. Un piano che ha fatto e farà molto discutere visto i dubbi e i disagi che sta già provocando. È del 15 marzo la notizia che l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha chiesto al Presidente Vendola di incontrare i sindaci delle Asl pugliesi per illustrare loro nel dettaglio quali e quanti saranno i cambiamenti che la nuova situazione porterà. In Puglia verranno chiusi ben 16 ospedali di cui 7 nel Grande Salento e 2 verranno invece riconvertiti. Una riforma questa imposta dal governo per combattere gli sprechi nelle Asl e evitare di tenere in piedi delle piccolissime strutture i cui costi risultavano insostenibili. Entrando nel dettaglio, nel Grande Salento (formato dalle province di Lecce, Brindisi e Taranto), chiuderanno: Maglie, Gagliano del Capo, Cisternino, Ceglie Messapica, Massafra, Campi Salentina e Poggiardo. Proprio la chiusura di quest’ultimo ospedale è stata però procrastinata per mancanza di spazi idonei nella struttura di Scorrano su cui dovrebbero essere “dirottati” i suoi pazienti. Negli altri ospedali invece è già iniziato lo stop ai ricoveri e pare sia ormai questione di giorni la loro piena disattivazione. L’unico ospedale per cui era stata prevista la riconversione, nel nostro territorio, era quello di Campi Salentina che sarebbe dovuto diventare un presidio territoriale per la gestione delle cronicità, con particolare riferimento alle cronicità immuno-mediate ed ambiente-correlate. Una speranza che tutti, cittadini e forze politiche locali hanno coltivato fino a pochi giorni; ma il Sindaco Palasciano ha dovuto purtroppo informare il suo paese della definitiva chiusura del San Pio, ponendo l’accento su come l’azione del PD regionale sia stata “deludente e inconsistente” tanto da fargli decidere di “riconsiderare il suo ruolo all’interno del Partito Democratico”. Numeri alla mano, questo piano ospedaliero prevede la riduzione di 1.513 posti letto, che diventeranno 14.320 contro i 15.833 attuali. Tale riduzione consentirà il pieno rispetto dello standard di 4 posti letto per mille abitanti previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, attestandosi il numero effettivo di posti letto sul valore di 3,50 per mille abitanti. Tagli imposti quindi dal Governo, ma che non hanno mancato di suscitare malumori trasversali al-

INTERNALIZZAZIONI

Precari: la protesta continua La Sanità, che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di una Nazione, in quanto tutela del basilare diritto alla salute, è invece oggi in Italia al centro di forti contrasti che ne minano il valore e l’indubbia eccellenza delle competenze, investendo diverse autorità istituzionali, a scapito dei malati e dei lavoratori del settore. Nella regione Puglia l’accidentato percorso avviato dal “Piano di rientro e riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale”, già di per sé irto di incognite, si è inceppato a fronte di una dolorosa vicenda: quella dei precari dell’Asl, lavoratori e lavoratrici in attesa di una sistemazione che garantisca il loro diritto alla dignità lavorativa. La vicenda prende le mosse dalla Legge n.4 2010 della Regione Puglia che prevede l’assunzione a tempo indeterminato, alle dipendenze dirette della sanità pugliese, del personale di società cooperative che prestano alle Asl servizi di importanza strategica, come il 118, le pulizie, le cucine e altro. Si tratta di personale assunto con contratti a tempo determinato, talvolta di poche ore e relativo stipendio; personale che non variava all’eventuale alternarsi delle ditte vincitrici della gara d’appalto, in quanto veniva utilizzato lo stesso personale della precedente impresa o società affidataria dell’appalto. Tale processo, che ha preso il nome di “internalizzazione”, prevede dunque di stabilizzare questi lavoratori attraverso l’autoproduzione di servizi mediante società interne (inhouse) alle Asl. Avviato tra la primavera e l’estate 2010, è diventato operativo per le Asl delle Province di Foggia, Barletta-Andria-Trani (Bat), Taranto, prima di essere bloccato dal Governo nazionale che ha condizionato all’interruzione del processo di internalizzazione in atto. La firma del “Piano di rientro” da parte dei ministri competenti, Tremonti e Fazio, ne è derivato un energico braccio di ferro che ha coinvolto i lavoratori: in tutta la regione hanno organizzato manifestazioni di piazza e in particolare a Lecce, hanno occupato la sede della direzione provinciale delle Asl in via Miglietta. Inconciliabili i termini del contrasto. Nell’ottica della Legge regionale i provvedimenti previsti riguardano non solo una trasformazione soggettiva delle condizioni di lavoro, nella direzione di una sistemazione certa e dignitosa, ma implicano un miglioramento del servizio sanitario, con diminuzione del part-time, e riduzione fino all’1% dell’assenteismo, come provato dall’esperienza di Foggia. A ciò andrebbero ad aggiungersi a livello economico “risparmi significativi” per la Regione dal momento che l’appalto con aziende esterne, ovvero l’“esternalizzazione” dei servizi, comporta una lievitazione incontrollabile dei costi. Non è invece questo il parere del Governo che in questo percorso vede un ostacolo al contenimento delle spese e un conseguente aggravamento del deficit della sanità pugliese, già molto elevato. Inoltre, l’assunzione a tempo indeterminato senza concorso e senza la previsione di alcun altra forma di selezione, contravviene le regole di selezione del personale. L’ultimo atto di questa vicenda è stata l’attesa sentenza della Corte di Cassazione che, emessa in data 3 marzo, ha bocciato la proposta di internalizzazione prevista dalla legge regionale. La Consulta si è espressa, infatti, impugnando l’art. 30 della legge n. 4 del 25 febbraio 2010 riguardanti le norme di stabilizzazione e internalizzazione del personale di società esterne, adducendo come motivazione l’illegittimità di due commi, quello che prevede l’utilizzo della stessa persona a tempo indeterminato e quello che prevede “la stabilizzazione del personale della precedente impresa o società affidatarie dell’appalto senza alcuna forma selettiva”. Questa automatico cambiamento delle tipologie contrattuali, senza il ricorso ad un pubblico concorso viene

ritenuto dalla sentenza una violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione. I Costituenti ritengono che il pubblico concorso è garanzia di efficienza in quanto, almeno in teoria, veicola le assunzioni verso i soggetti più meritevoli individuati attraverso criteri ben definiti e oggettivi che prendono in considerazione il titolo di studio, l’esperienza e il superamento di prove. La sentenza ha riacceso i contrasti; si chiede che, laddove il processo è stato attivato (Foggia, Bat, Taranto) non si torni indietro e si trovi per gli altri una soluzione dignitosa e rispettosa dei diritti umani. Contattati telefonica m en t e l’on. Teresa Bellanova, deputato per il PD, e l’avv. Andrea Caroppo, Consigliere regionale “Puglia prima di tutto”, han no espr esso il loro punto di vista. Il Consigliere Caroppo ricorda che l’opposizione a v ev a sempre fatto presente l’erronea applicazione di una Legge che aggirava le regole che disciplinano l’assunzione dei dipendenti pubblici, sostenendo la necessità di correttivi e aggiustamenti per avviare il processo di internalizzazione, compromesso ora dalla sentenza della Corte di Cassazione. L’on. Bellanova riferisce che il problema, fatto a suo tempo presente ai lavoratori durante un incontro alla Asl, è soprattutto quello della retribuzione il cui importo è legato all’aumento delle ore lavorative. A questo punto è necessario trovare una soluzione, sicuramente complessa, ma necessaria. Una direzione in tal senso è per alcuni esperti la considerazione che la sentenza costituzionale si sofferma a stigmatizzare l’assunzione “a tempo indeterminato”, dei lavoratori e non al tipo di imprese; pertanto si potrebbe pensare a risolvere il problema assegnando a società inhouse servizi a tempo, vincolando l’assunzione dei lavoratori che così continuerebbero ad essere “a tempo determinato” e attivare contestualmente criteri di selezione, per rispondere alla seconda obiezione della sentenza. Come concordemente affermano l’on. Bellanova e il consigliere Caroppo si tratta si un percorso da studiare in sinergia e intorno ad un tavolo tecnico. A questa possibilità viene incontro la promessa che on. Raffaele Fitto, ministro degli affari Regionali, ha fatto Presidente della Regione Nichi Vendola, in caso di sentenza sfavorevole, sedersi insieme intorno a un tavolo ad individuare un percorso legittimo che garantisca il futuro dei lavoratori certo e non illusorio. Un auspicio condivisibile perché la posta in gioco e il lavoro dei precari e l’eccellenza della Sanità regionale. Lucia Buttazzo

l’interno del palazzo regionale. Il capogruppo del PDL alla Regione Puglia, Rocco Palese, ha dichiarato che il suo partito avrebbe impostato il piano “riducendo dell’1-2% la spesa per l’acquisto di beni e servizi risparmiando 70-80 milioni di euro dal budget, evitando quindi di tagliare l’assistenza e gli ospedali. Con questo piano, inoltre, rimangono inalterate le clientele di prima e la gestione politica della sanità. Nel piano del progetto di riforma che hanno presentato,” continua Palese, “non c’è nulla rispetto a una nuova organizzazione funzionale del sistema, cioè un ospedale chiude ma non c’è una struttura a cui derogare il lavoro che veniva svolto in quell’ospedale. Per questo noi siamo forteme nte critici. Quel denaro si sarebbe potuto ottenere in un altro modo senza arrivare alla chiusura di intere strutture”. Anche il Consigliere regionale del PD, Antonio Maniglio, esprime delle criticità nei confronti della riforma: “Seppur obbligati dal piano di rientro che ci ha imposto il governo nazionale a una serie di provvedimenti che avranno una ricaduta negativa per i cittadini, primo fra tutti il blocco del turnover che metterà in crisi i reparti degli ospedali anche quelli a più alta densità di utenti, noi avevamo chiesto che alla chiusura degli ospedali corrispondesse un piano per l’attivazione di servizi ambulatoriali, di prestazioni diagnostiche in grado di dare una risposta al bisogno di cura dei cittadini. Solo a Maglie invece la riconversione è pressocché compiuta, ma solo perché l’amministrazione comunale ne ha fatto partire prima il progetto condividendo il percorso regionale. Io penso che il cittadino per curarsi ha bisogno della medicina territoriale, per ciò che può fare a domicilio, e dell’ospedale vero”, continua Maniglio, “il problema è che dove si chiudono gli ospedali non ci sono ancora questi servizi alternativi e questo rischia di ingolfare le strutture che rimangono aperte”. Valentina Polimeno


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Lecce, 26 marzo 2011

ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

La Samaritana e Gesù

Il Vangelo odierno tratta dell’incontro tra una donna samaritana e Gesù. La samaritana si reca al pozzo del villaggio per attingervi dell’acqua e lì incontra il Signore Gesù, il quale inizia ad intrattenere un interessante dialogo con lei. Conviene notare alcuni dettagli. Innanzi tutto, l’evangelista annota l’orario dell’incontro: “era verso mezzogiorno”. In realtà, era antica abitudine attingere l’acqua dal pozzo di sera (Cfr. Gn 24,10), al fresco. Invece, nel nostro caso, siamo in pieno giorno. In tale annotazione si può scorgere il desiderio dell’evangelista di rinviarci a un altro mezzogiorno, quello del Venerdì santo, quando il Signore viene condannato da Ponzio Pilato e consegnato nelle mani dei giudei per essere crocifisso (Gv 19,14). Legato all’acqua è il tema del pozzo. In Gn 21,14-21, si legge che Agar, scacciata nel deserto con il suo figlio, decise di lasciarsi morire, ma venne chiamata da Dio, il quale “le aprì gli occhi ed essa vide un pozzo d’acqua”. Dunque, il pozzo non solo è luogo di vita, di incontro, di amore, ma anche luogo di rivelazione e salvezza. È in questo scenario, che si stagliano le parole di Gesù. Egli desidera che la samaritana possa vedere come Cristo sia la vera sorgente che dona l’acqua della vita eterna. Egli è il pozzo inesauribile di tutti i tesori del Padre. Tale scrigno di grazia verrà aperto a tutti coloro che accompagneranno Gesù nel cammino della Croce e saranno pronti a riceverne lo Spirito Santo, il vero Dono di Dio. La prima catechesi del Signore riguarda dunque l’insegnamento circa l’acqua dello Spirito che Egli è venuto a donare in abbondanza agli uomini. Tale dono, però, non può compiersi se non si lascia che lo Spirito di Dio lavori, scavando il suo pozzo, nel cuore degli uomini. Per questo, Gesù intima alla Samaritana: “Chiamami tuo marito”. Con tale ordine, il Signore scopre il disordine morale presente nel cuore di quella donna, la quale subito, quasi per sfuggire al rimprovero, cerca di cambiare argomento, domandando a Gesù sul tempio dell’adorazione. Anche i questo caso Gesù interiorizza il tema: Egli è infatti il vero Tempio, da cui scaturisce la grazia. Egli è la vera gloria del Padre, il quale desidera essere adorato nello Spirito e nella Verità. Il tema del Tempio rimanda nuovamente al mistero pasquale e al tempio del Corpo del Signore. Proprio circa il Tempio, era sorta una grande discussione tra i Giudei e i Samaritani, i quali, ai tempi di Esdra, avevano impedito la ricostruzione del Tempio ed erano addirittura arrivati a scrivere al dominatore straniero, perché fosse distrutta Gerusalemme (Esdra 4). Ora il Signore Gesù riconcilia in se stesso l’inimicizia tra i due popoli. Egli è infatti il vero Tempio che, proprio quando verrà distrutto, emanerà le sorgenti della vita. Questa è l’autentica messianicità di Gesù; per tanto a coloro che attendono un salvatore, lo stesso Signore risponde: “Sono Io, che ora parlo con te!” (Gv 4,26). Lasciamoci convincere dal Salvatore che Egli solo può donarci la vita eterna; che egli solo è l’unico Dio da adorare; che egli solo parla al nostro cuore, se lo lasciamo scavare dalla forza del suo Amore che trasforma e redime.

L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Domenica 27 marzo 2011 Ore 11 - Conferisce le cresime a Cavallino Ore 18.30 - Conferisce le cresime a Borgagne Lunedì 28 marzo 2011 Mattina - Udienze Ore 18 - Saluta i partecipanti alla Scuola di Formazione Politica presso gli Olivetani Ore 20 - Incontra i divorziati in Episcopio Martedì 29 marzo 2011 Mattina - Udienze Ore 17 - Partecipa all’Assemblea diocesana presso l’Hotel Tiziano Mercoledì 30 marzo 2011

Giovedì 31 marzo 2011 Giornata di ritiro Venerdì 1 aprile 2011 Mattina - Udienze Sabato 2 aprile 2011 Mattina - Udienze Ore 17.30 - Partecipa alla presentazione di un libro sulla scuola paritaria presso le Marcelline Ore 19 - Conferisce le cresime nella parrocchia di S. Rosa

Mons. Cipolletta da Avellino L’ultimo vicario capitolare Di mons. Cipolletta, ultimo vicario capitolare della chiesa lupiense, conserviamo più scarse notizie degli altri perché già sacerdote della diocesi di Avellino. Fu vicario generale di mons. Gennaro Trama, nostro desideratissimo presule dal ‘902 al ’27; il quale prese possesso della nostra diocesi per procura mediante il ministero del vicario Vincenzo Quarta (di cui scrivemmo nella scorsa puntata) il 24 aprile del ‘902 e fece il suo ingresso l’11 maggio successivo. Il Cipoletta, invece, lo troviamo la prima volta nel bollario dei benefici per la nomina a canonico onorario (cfr. Bollario di Curia, anni 1898946, pg.240). E poi ancora una volta nello stesso bollario come canonico effettivo il 21 agosto del ‘921 (vol. cit. pag. 281 bis). Divenne vicario generale il 24 dello stesso agosto in seguito alle dimissioni da tale carica dell’arcidiacono Gaetano Personè, che avvennero per ragioni di salute. Questo passaggio al vertice della curia era ancora di pubblico dominio circa 70 anni or sono. Ciò che a noi più interessa in questa storica ricerca è il suo ufficio di vicario capitolare. Nelle conclusioni capitolari (vol. ‘915 -’46,

A Chisinau la nuova mensa per 400 poveri

za di essere come Chiesa cattolica accanto ai poveri, di donare a chi soffre una speranza per credere che ci può essere un mondo diverso. Il tema della povertà era stato già preso in considerazione dal Primo Ministro nel suo intervento, il quale ha auspicato una Moldavia senza poveri. Va detto che la Moldavia attualmente è il paese più povero d’Europa ed ha il primato nel mondo per il consumo dell’alcool. Lo stipendio medio è di 89 dollari nelle zone rurali e 182 nella capitale. In questo contesto di povertà, abbandono e disagio sociale, opera la Fondazione Regina Pacis, con una missione che ogni giorno si prende cura di circa seicento persone, dalla mensa ai ragazzi di strada, dagli ambulatori alle ragazze minori abbandonate. Questa missione è anche sostenuta dall’Arcidiocesi di Lecce, infatti nei giorni precedenti all’inaugurazione S. E. mons. Domenico D’Ambrosio, Arcivescovo Metropolita di Lecce, scri-

Ore 18 - Partecipa ad una conferenza sulla figura di don Raffaele De Simone nell’Antico Seminario

PAGINE DI STORIA

INAUGURAZIONE IN MOLDAVIA È stata inaugurata lo scorso 17 marzo a Chisinau, capitale della Moldavia, la nuova Mensa della Fondazione Regina Pacis, con accanto il Centro ascolto per i poveri. L’evento, oltre ad avere una forte rilevanza sociale, ha visto la Comunità italiana presente nel paese dell’est festeggiare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Di fatto è stata aperta un’altra opera della Fondazione in Moldavia, che si assomma alle altre otto già attive nello stesso paese, ed in questo caso si tratta di una Cucina, con adicente Mensa e Centro ascolto, che dovrà ogni giorno erogare servizi per circa quattrocento indigenti moldavi, e nella maggior parte dei casi si tratta di anziani in stato di abbandono. Alla cerimonia è intervenuto il Primo Ministro del Governo Moldavo Vladimir Filat, unitamente ad altri Ministri e Vice Ministri, oltre al Sindaco della capitale. Presenti anche l’Ambasciatore di Italia in Moldova Stefano De Leo, l’Ambasciatore dell’Unione Europea e dell’Austria. Il tutto ha avuto inizio con la benedizione impartita da mons. Benone Farcas, delegato dal Vescovo della Diocesi di Chisinau mons. Anton Cosa, assente per motivi di salute. Hanno fatto seguito gli interventi dell’Ambasciatore Stefano De Leo e della moglie dell’Ambasciatore della Gran Bretagna in rappresentanza del Club delle Donne Internazionali in Moldavia. La cerimonia si è conclusa con l’intervento di don Cesare, il quale ha richiamato l’importan-

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vendo a don Cesare aveva richiamato la necessità del “dono della sapienza nel servizio della carità... che aiuti a saper discernere ciò che è necessario, urgente e rispondente ai reali bisogni dei tanti nostri fratelli sfortunati ed emarginati”. Il progetto, da titolo “Cerco amici per un pezzo di pane”, è stato anche sostenuto dalla Diocesi di Mantova e da altre realtà italiane. Non è mancato il supporto dei benefattori moldavi, che sempre più stanno apprezzando l’impegno della Fondazione Regina Pacis. In questi giorni ci sarà anche la visita del Vescovo di Prato e del Presidente Nazionali del Patronato Acli. Già il progetto era stato visionato dal dott. Costalli Presidente Nazionale di Mcl e dal Direttore Generale del Ministero del Lavoro presso il Governo Italiano dott. Natale Forlani. Interessante il fatto che la struttura inaugurata si trovi nel centro della capitale, per cui sarà una testimonianza viva di autentica carità che non potrà lasciare indifferenti quanti passandovi dinanzi comprenderanno la forza del messaggio cristiano. Don Cesare in questo momento oltre a coordinare i progetti della Fondazione Regina Pacis sta lavorando per la realizzazione della prima Settimana Sociale nei paesi dell’est, che sarà celebrata nel prossimo ottobre, con la collaborazione di eminenti figure del mondo cattolico internazionale, tra cui il prof. Nicola Paparella, Direttore de L’Ora del Salento. Luigi Buccarello

pag.235-’37) troviamo la seduta del 15 novembre ‘927 che ci tramanda la sua elezione, successiva alla morte improvvisa di mons. Gennaro Trama, avvenuta sei giorni innanzi, il 9 novembre, festa della dedicazione della basilica del Laterano. Non più vicario generale e non ancora vicario capitolare scende dal primo al terz’ultimo posto nell’elenco dei presenti redatto dal cancelliere capitolare del tempo; collocazione che gli spettava solo per anzianità di canonicato. La seduta ha inizio alle ore 10.30 con la presenza di quindici membri, sotto la presidenza dell’Arcidiacono Salvatore Vergallo (appena nominato un anno innanzi) che poi sarà per lunghi sedici anni delegato vescovile del successivo vescovo Costa. Ad elezione avvenuta, il Cipolletta risultò eletto ad unanimità dei votanti (14 su 15). Ed egli poi ringraziò i confratelli canonici per la votazione unanime a suo favore ottenuta “come omaggio alla memoria del venerato vescovo mons. Gennaro Trama” di cui era stato vicario generale per oltre sei anni. Dopo 18 mesi di fermo ed esperto governo della nostra chiesa locale egli presiede la tornata del 16 giugno ’29 (conclusioni, vol. cit., pag.255) in cui si legge la bolla pontificia della nomina del vescovo Costa, che poi verrà pubblicata la domenica successiva 19 giugno, con possesso canonico per delega nella persona di Lui medesimo. Nella successiva adunanza capitolare del 27 luglio ’29 mons. Cipolletta più non compare tra i membri del capitolo cattedrale (cfr. conclusioni, vol. cit., pag.257). Chiudiamo queste note storiche ricordando la consegna della nomina a vescovo di Avellino, mons. Francesco Petronelli, canonico-parroco del nostro duomo, da lui fatta “da superiore a suddito” nell’aprile del ‘29; secondo quanto ci riferiva l’allora vice-parroco don Vincenzo Manca. Ben presto si ritroveranno ad Avellino il Cipolletta e il Petronelli nella inversa situazione giuridica di suddito a superiore. Oronzo De Simone


L’Ora del Salento

Lecce, 26 marzo 2011

catholica

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CHIESA DI LECCE

Le attività di marzo Sabato 26 “Chi-ama-te” Incontro con i Ragazzi che si preparano a ricevere la Cresima Seminario Arcivescovile, h. 15.30 Lunedì 28 Incontro coppie separate o divorziate - Episcopio, h. 19.30

Martedì 29 Assemblea diocesana sul Laicato -Relatore: dott. Dino Boffo Hotel Tiziano - Lecce, h. 17.00 Giovedì 31 Scuola di Pastorale - Parrocchia “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00

L’ASSEMBLEA DIOCESANA VERSO IL CONVEGNO REGIONALE SUI LAICI Martedì 29 marzo alle 17 all’hotel Tiziano la relazione di Dino Boffo, già direttore di Avvenire e oggi alla guida di Tv2000

Parrocchie, vicarie, diocesi: segni della sinodalità La sperimentazione di nuove dinamiche del rinnovamento pastorale Un cammino impegnativo, con il nodale coinvolgimento di clero, religiosi e laici. Per vivere la comunione pastorale mediante il superamento dell’individualismo e il rinnovamento, utilizzare la struttura della vicaria programmando in modo unitario il cammino interparrocchiale, convergere con tutte le componenti ecclesiali nella vita diocesana in modo più intenso. Con un protagonismo che mira alla partecipazione delle comunità parrocchiali all’interno di un nuovo ruolo pastorale di mediazione e di servizio della vicaria foraniale nel contesto di una sinodalità che diventa segno di una Chiesa diocesana, unita al suo pastore e testimone del valore dell’unità e della missione nel mondo. La riflessione sul laicato, svolta quale approfondimento del convegno diocesano di set-

tembre, è stata analizzata nelle comunità parrocchiali, raccolta in modo schematico e sintetico in ambito foraniale e compendiata dal responsabile della pastorale organica mons. Pierino Liquori. Realizzare concretamente un itinerario di comunione sperimentando operativamente diverse forme di sinergia tra le parrocchie di una stessa vicaria: è il criterio che l’arcidiocesi di Lecce sta realizzando in vista del prossimo convegno regionale sul laicato e di un piano pastorale diocesano. La vicaria si presenta così come luogo intermedio, laboratorio d’esperienze di media dimensione tra singola parrocchia ed intera comunità diocesana, per ascoltare più dettagliatamente le domande del territorio, procedere con ritmi più flessibili nella progettazione, testimoniare la fraternità cristiana nella società

contemporanea con segni d’amore solidale. Il tema sul ruolo e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo consente di rileggere in modo più attuale le affermazioni del Vaticano II sulla dignità, i compiti e la peculiare azione apostolica dei Christifideles laici nell’attuale situazione socioculturale, che con l’indifferenza, se non proprio con l’avversione, tenta di eliminare i riferimenti cristiani nella cultura e nella società. Aver coinvolto, tramite le parrocchie, le diverse componenti della Chiesa locale significa, pertanto, aver sviluppato ulteriormente i valori della corresponsabilità e della partecipazione, in modo da diventare testimonianza di una solidarietà promossa storicamente sul territorio con l’ascolto e l’impegno e resa credibile da una sollecitudine missionaria caratterizzata dalla carità e dallo spirito di servizio.

La nuova evangelizzazione, alla quale è chiamato ogni battezzato in un rinnovato rapporto esistenziale tra il Vangelo con la famiglia, il lavoro e la vita sociale, sarà così frutto sia del camminare insieme nella comunione ecclesiale sia della condivisione dei problemi, delle speranze e dei progetti dell’umanità. Aprendoci “alle insondabili ricchezze del cuore di Dio e ammettendoci alle soglie del mistero”, come scrive l’arcivescovo mons. D’Ambrosio nel suo Messaggio quaresimale, possiamo sviluppare una spiritualità sinodale e una pastorale organica che consentono di individuare fondamentali obiettivi per la progettazione di una fede che costituisca un efficace lievito della società con itinerari di santità dei singoli battezzati e con organismi di partecipazione adeguati e fruttuosi nell’esperienza quotidiana. Adolfo Putignano

AZIONE CATTOLICA

Incontro a Santa Rosa

SEGNALI DI LAICALITÀ/20

Buon compleanno, Italia

Tutte le iniziative della Quaresima

Tutto cambia... perfino il peccato

“Buon Compleanno Italia!”. Con queste parole, l’Azione Cattolica Italiana ha voluto festeggiare il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia e, attraverso una nota, ha voluto “rinnovare con tutti gli italiani il senso delle ragioni della convivenza democratica e dell’unità della Nazione, nella speranza che tutti si sappia guardare alla propria storia come a un terreno comune su cui costruire il proprio futuro e una rinnovata coesione sociale, basi di ogni sviluppo tanto del Nord quanto del Sud in un sempre più arduo contesto internazionale”. Anche l’Azione Cattolica di Lecce si è inserita in questo panorama nazionale di impegno. La Tavola rotonda sul tema “Sud (e Nord) oggi” di mercoledì 23 marzo scorso presso l’Istituto Marcelline di Lecce ha chiuso il ciclo di incontri “Il Mezzogiorno nell’Italia Unita” organizzato da Comune di Lecce, Università del Salento, Corriere della Sera/Corriere del Mezzogiorno e Azione Cattolica di Lecce nell’ambito dei festeggiamenti per il 150esimo dell’Italia Unita. All’attesa e partecipata tavola rotonda, moderata da Marco Demarco, Direttore del Corriere del Mezzogiorno, sono intervenuti Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo Metropolita di Lecce, Domenico Laforgia, Magnifico Rettore dell’Università del Salento, Cataldo Motta, Procuratore Capo della Repubblica a Lecce, Paolo Perrone, Sindaco di Lecce. Tanta la riflessione scaturita anche dal messaggio che Benedetto XVI ha indirizzato al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in occasione del centocinquantennale, nel quale si legge: “Se il testo costituzionale fu il positivo frutto di un incontro e di una collaborazione tra diverse tradizioni di pensiero, non c’è alcun dubbio che solo i costituenti cattolici si presentarono allo storico appuntamento con un preciso progetto sulla legge fondamentale del nuovo Stato italiano; un progetto maturato all’interno dell’Azione Cattolica, in particolare della Fuci e del Movimento Laureati, e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore”. Lo stesso papa Benedetto XVI ricorda come: «Negli anni dolorosi ed oscuri del terrorismo, poi, i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare, tra le varie figure, quelle dell’on. Aldo Moro e del prof. Vittorio Bachelet?”. “Testimonianza piena e tangibile dell’amore per il nostro Paese - spiegano ancora - sono le decine di migliaia di donne e uomini di Azione Cattolica di tutte le età, che lungo tutta la giovane storia della nostra Nazione, si sono spesi e continuano a spendersi a servizio della democrazia e della Repubblica, impegnati nelle le sue istituzioni amministrative di ogni ordine e grado e nelle molteplici realtà di volontariato civile e sociale del Paese. Segno questo della presenza viva e dell’attivo radicamento dell’Azione Cattolica in ogni piccola o grande comunità locale della nostra Italia”. S.S.

Domenica 27 marzo, alle ore 16, i membri delle presidenze parrocchiali, i soci e gli amici dell’Azione Cattolica si incontreranno a Santa Rosa, a Lecce, per un incontro di spiritualità nell’ambito delle iniziative quaresimali dell’Associazione. Attraverso la preghiera si svilupperà la riflessione sull’essere “Laici della nostra Azione Cattolica, corresponsabili nella Chiesa e nel mondo”. L’appuntamento è stato fortemente voluto dal Consiglio diocesano e dal Collegio degli Assistenti, e vuole essere un’opportunità per pregare e riflettere sullo stile “spirituale” della vita da laico e responsabile associativo di Ac. “Tutta la proposta formativa dell’Ac spiegano dal Centro diocesano - ha come obiettivo la cura della propria vita spirituale. Nella nostra vita, spesso frenetica e frammentaria, sentiamo l’esigenza di fermarci e fare unità, di prenderci momenti in cui pensare a noi stessi, alla nostra esistenza, a dove stiamo andando. Tutte le relazioni hanno bisogno di cura (le amicizie, gli affetti, …), di tempo, di incontro e, allo stesso modo, anche la vita spirituale ha bisogno di cura, perché è una relazione”. Tra le altre iniziative quaresimali si segnalano, inoltre, le messe del mercoledì sera a Santa Elisabetta, a Lecce (alle ore 20.30) animate dalle equipe diocesane dei giovani e dell’Acr, nell’ambito delle iniziative della Pastorale Giovanile Diocesana. “Attraverso la condivisione di spazi e momenti con tutti i giovani della diocesi - spiegano dal Centro diocesano di Ac - vogliamo continuare a riflettere, pregare ed accompagnare, offrendo spunti ai giovani, ai loro responsabili e agli educatori Acr”. Tutto culminerà nella grande Via Crucis serale della Domenica delle Palme, Giornata Mondiale della Gioventù a livello diocesano, che anticiperà la grande Gmg di Madrid. Salvatore Scolozzi

Che i peccati non fossero solo tre (bestemmiare, uccidere, rubare) lo si sapeva già da un po’, almeno dal 1200 avanti Cristo. E che il tempo, che tutto lava, tutto muta e tutto trasforma, avesse impresso la propria impronta anche in questo campo sinceramente ce l’aspettavamo e lo avevamo perfino preannunciato qualche tempo fa. Ma cosa è cambiato? È cambiato prima di tutto il senso del peccato! E poi sono cambiati, sembra, anche peccati! Sembra strano, ma leggendo il giornale in questa settimana, sembra proprio che sia vero. L’occasione per gridare allo scoop è stata data dall’annuale incontro di formazione per circa 750 presbiteri di recente ordinazione, che si accingono a dare inizio alla loro missione pastorale e ad esercitare, in particolare, le loro funzioni di ministri della Riconciliazione. Ad organizzare il tutto e la penitenzieria apostolica, quella che i giornali definiscono “il ministero del foro interno” del Vaticano. Un’occasione da non perdere dunque. Di nuovo in realtà non c’è molto, ma ha colpito in risalto dato all’appuntamento e perché in diversi hanno intitolato con toni allarmistici l’introduzione di nuovi peccati da parte della Chiesa, tanto che “la fecondazione assistita è diventato un peccato, rea di rientrare tra gli atteggiamenti peccaminosi nei riguardi individuali e sociali”. Perché, prima di questo corso, non lo era? Era solo un quesito referendario? E quali altri nuovi peccati sono entrati a turbare la coscienza in ogni poveri pellegrini in questa valle di lacrime? Ecco, quindi, tutti i cronisti tremanti a pendere dalle labbra di Mons. Gianfranco Girotti, reggente del citato dicastero vaticano. Nel nuovo elenco tante le novità sbandierate: la manipolazione genetica e gli esperimenti scientifici moralmente discutibili; l’arrecare danni all’ambiente con atti di inquinamento

di Tonio Rollo

sociale. Ma attenzione, però, perché rientrano nella top ten anche le frodi, la corruzione, l’evasione fiscale, lo spaccio e l’uso della droga, provocare ingiustizie e povertà o accumuli eccessivi di ricchezze mentre si ricoprono responsabilità politiche. Sorridendo sotto i baffi qualche provincialotto potrebbe a questo punto pensare ai peccatori in pectore (sono sempre gli altri) di casa nostra “scomunicati” dal Vaticano con questo nuovo atto. Ma la Chiesa è universale, parla tutti gli uomini di buona volontà, a tutti coloro che un giorno di fronte alla loro coscienza valuteranno le loro azioni come peccaminose, perché compiute come piena avvertenza e deliberato consenso. Immagino anche qualche cavilloso penitente che appellandosi alla non retroattività della condanna dichiarerà: ma quando io ho compiuto quell’azione non sapevo che fosse peccato perché ancora non era stato pubblicato sui giornali. In questo caso la Chiesa attraverso mons. Girotti parla anche alla legione dei novelli confessori che vanno ad affrontare nella trincea del confessionale l’esercito del principe di questo mondo che pecca nel Belpaese. Ma quale esercito? Secondo una ricerca dell’Università Cattolica solo il 40% dei cattolici si confessa. Ma quale confessionale? L’unico preferito sembra essere quello del grande fratello, più che quello del Padre buono e misericordioso. “È impressionante oggi il fenomeno della indifferenza che esiste nei confronti della confessione - osserva il vescovo Girotti -. Attualmente nella Chiesa la posizione di questo sacramento non è delle migliori né sul piano della pratica né su quello della comprensione, mentre, tra i fedeli, si va affievolendo la coscienza del peccato”. E senza coscienza di peccato bestemmiare, rubare e uccidere cosa sarà? Tutto normale! Che peccato!


L’Ora del Salento

Lecce, 26 marzo 2011

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Inizia l’attività degli avvocati domiciliatari Inps

Sono state pubblicate sul sito internet dell’Inps le liste per il conferimento degli incarichi di domiciliazione e/o sostituzione d’udienza a 2635 avvocati esterni su tutto il territorio nazionale, presso le avvocature dell’Istituto previdenziale. Per la provincia di Lecce sono disponibili 130 posti e nella lista sono esposti i candidati risultati idonei, dopo la prima selezione effettuata dalla direzione regionale Inps per la Puglia. Eventuali richieste di informazioni e di accesso agli atti, da parte degli avvocati interessati, devono infatti essere inoltrate - per tutta la regione - ai riferimenti riportati nella tabella “Contatti Direzioni Regionali” riportata nella stessa pagina del sito internet www.inps.it, raggiungibile seguendo il percorso Home Page > Concorsi e avvisi > Avvisi. Le graduatorie sono state predisposte dalla Commissione centrale che ha esaminato i curricula dei richiedenti, ben 7.485. Di questi, per 1.651 le relative domande sono state ritenute non idonee dalle sedi regionali, mentre quelle istruite dalla commissione centrale sono state 5834. Tutti i professionisti partecipanti alla procedura di formazione delle liste sono stati avvisati con apposita comunicazione via e-mail. Le liste avranno efficacia fino al 31 dicembre 2013. L’affidamento degli incarichi, da parte dei direttori regionali dell’Inps, avviene - a partire dalla pubblicazione delle liste su internet - con apposita lettera, previa sottoscrizione da parte del professionista dell’apposita dichiarazione di responsabilità e con

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

contestuale consegna - alla direzione regionale competente per territorio di copia di polizza assicurativa per la copertura della responsabilità professionale per tutta la durata degli affari da trattare. Termina così la fase sperimentale durata due anni che, dopo aver introdotto la figura degli avvocati praticanti, ha riguardato i domiciliatari limitatamente ad alcune aree del paese. L’Avvocatura dell’Istituto può ora contare anche sul sostegno degli avvocati domiciliatari e sostituti d’udienza dislocati sull’intero territorio nazionale. “Con questa operazione l’Inps completa la configurazione della sua nuova Avvocatura, sempre più efficiente per poter far fronte al contenzioso più consistente d’Italia. In questi ultimi due anni - commenta il presidente dell’Istituto, Antonio Mastrapasqua - l’andamento delle cause ha segnato un sensibile miglioramento. Con l’apertura agli avvocati domiciliatari e ai sostituti d’udienza in tutto il territorio nazionale potremo contrastare sempre più attivamente le cause rivolte all’Inps”. Il contenzioso dell’Inps vale circa il 20% dell’intero contenzioso nazionale (circa un milione di cause sul totale di circa 5 milioni di cause civili pendenti nell’intero Paese). Tra il 2009 e il 2010 si è registrato, nell’ambito dei provvedimenti giurisdizionali definiti, un aumento di quelli conclusi con sentenza favorevole all’Inps, con un incremento del 4,6%, a fronte di quelli con sentenza favorevole alla parte avversa, che hanno fatto rilevare una contrazione del 5,5%.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Lo scrutinio degli alunni con molte assenze Gli insegnanti già si chiedono quale decisione dovranno prendere il 9 giugno prossimo, quando saranno chiamati a decidere la sorte degli studenti che non saranno stati interrogati, né avranno partecipato allo svolgimento dei periodici compiti in classe. È il caso emblematico degli alunni che, per ragioni di salute piuttosto gravi, non avranno potuto frequentare le lezioni per la gran parte del secondo quadrimestre. Probabilmente, apparirà troppo semplicistico ai professori del consiglio di classe pensare di poter risolvere il delicato problema guardando soltanto al regolamento sulla valutazione, il n. 122, del 22 giugno 2009. Questo regolamento, in effetti, ammette che lo studente potrà esser scrutinato a giugno soltanto se avrà frequentato le lezioni per almeno tre quarti della loro durata. Il che significa, che lo studente, il quale si sia assentato per più di 50 giorni (i giorni di lezione dell’anno sono 203), dovrà essere dichiarato non ammesso alla frequenza della classe successiva. Lo studente potrà avere anche la genialità d’un Carlo Rubbia o d’un John Nach, ma se sarà stato assente per oltre 50 giorni dalle lezioni, per ragioni diverse da quelle di salute, egli dovrà essere bocciato, per il solo fatto che avrà superato il limite consentito del quarto delle assenze. Ma nel caso delle assenze per malattia, il Regolamento non è, poi, tanto duro! Le sue norme, infatti, ammettono deroghe a questa regola draconiana, perché danno al consiglio di classe la facoltà di scrutinare lo studente, assente per più di un terzo delle lezioni, quand’esso vi sia stato costretto da motivi di salute, sempre che siano documentate e continuative. In verità, questa norma non basta a dar tranquillità al consiglio di classe. Gli insegnanti, in realtà, non dimenticano che lo stesso regolamento richiede - e non poteva essere diversamente! - che i professori debbano avere sotto gli occhi un po’ di voti, di profitto e di condotta, prima di poter far lo scrutinio dello studente. Apparirebbe, davvero, irrazionale una norma che desse la possibilità di scrutinare un alunno che, nel corso dell’ultimo quadrimestre, non fosse stato mai interrogato, né avesse fatto alcuna verifica scritta. Mancherebbe la base stessa della valutazione. Ed, in verità, nel regolamento si legge che le molte assenze per salute, pur continuate e documentate, “non debbono pregiudicare, a giudizio del consiglio di classe, la possibilità di procedere alla valutazione degli alunni interessati”. Da tutto ciò nasce la perplessità dei docenti, che continueranno a chiedersi come dovranno comportarsi il 9 giugno 2011, quando saranno chiamati a scrutinare lo studente che non avrà alcun voto sui registri delle diverse materie, a causa delle assenze generate da obiettive e documentate ragion di salute. Non lo potranno, certo, dichiarar promosso alla classe successiva, sulla scorta dei soli risultati dello scrutinio del primo quadrimestre!

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Anche i denti da latte vanno controllati Già prima dei 5 anni circa il 75% dei bambini è affetto da carie. A provocarle è la placca batterica, costituita da batteri e residui organici di origine alimentare. La placca si forma costantemente all’interno della bocca, aderisce ai denti, ne intacca lo smalto e prosegue attraverso i cunicoli dentinali in direzione della polpa. Nei bambini la carie è un problema ricorrente perché lo smalto dei denti da latte è più sottile e quindi più vulnerabile alle aggressioni esterne. Motivo per cui appena spuntati, i denti devono essere mantenuti sani: prevenire è meglio che curare, oltre che più economico. Per questo motivo è fondamentale un incontro precoce con lo specialista, che darà ai genitori i chiarimenti necessari per una corretta igiene orale del bambino. La prima visita La prima visita dal pedodonzista è consigliabile già a partire dai 6 mesi, periodo in cui iniziano a spuntare i denti da latte. Nei bambini così piccoli i sintomi sono salivazione abbondante, arrossamento e rigonfiamento delle gengive, inappetenza e bisogno di mordere. Tutte manifestazioni che preludono proprio all’eruzione dei primi dentini. Un ritardo eccessivo nella loro comparsa potrebbe, invece, in casi rari, derivare dalla mancanza congenita di dentizione (agenesia).

Situazione verificabile solo con una radiografia e un attento esame da parte dello specialista. Le conseguenze della carie nei denti da latte Si pensa erroneamente che i denti da latte non richiedano cure e controlli e che, una volta caduti, anche se cariati o rovinati, non si presentino problemi per i denti definitivi. Al contrario, i denti da latte sono molto importanti per: la masticazione e quindi per il primo periodo dello sviluppo, quello in cui l’organismo deve assimilare tutte le sostanze necessarie alla crescita; lo sviluppo sano delle ossa mascellari e della seconda dentizione: se la carie procede può arrivare a interessare la polpa, l’osso alveolare e danneggiare irrimediabilmente il germe del dente permanente, essendo a stretto contatto con esso; “tenere il posto” ai denti permanenti. Se un dente da latte cariato deve essere estratto, il posto del dente permanente non è più “garantito” e c’è il rischio che vengano compromessi l’allineamento e la corretta masticazione dei denti definitivi. La prevenzione Alcune semplici regole da insegnare precocemente ai bambini aiutano a prevenire la formazione delle carie: igiene orale quotidiana; igiene alimentare; visite periodiche dal dentista (profilassi professionale).

I cristiani di oggi e la nuova città dell’uomo Dal Concilio Vaticano II ad oggi, in quarantacinque anni di Magistero, la Chiesa ha prodotto una lunga serie di fonti relative all’argomento. A partire da esse si è sviluppata l’elaborazione del testo, che nasce dal desiderio di offrire alcuni spunti di riflessione, rivolti in modo particolare a coloro che sentono di voler approfondire tale argomento, in un momento in cui la situazione vede una scarsa presenza dei laici cattolici impegnati nella politica. Anche all’interno della stessa Chiesa il laico si è piuttosto clericalizzato. La Chiesa continua a sollecitare la presenza del laicato all’interno della società, quale sale o lievito della stessa. La Chiesa di Puglia ha in cantiere dal 27 al 30 aprile un Convegno dal tema: “I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi”. Il laico è chiamato ad una assunzione di responsabilità per la partecipazione attiva alla vita civile cittadina. È necessario che il laico recuperi il suo ruolo fondamentale, ed in questo urge l’immancabile presenza della Chiesa, in particolar modo per ciò che interessa la formazione. È compito precipuo della Chiesa formare i laici per un impegno nella società e in politica. Invitando i propri fedeli a partecipare alla vita politica, alla luce e con la forza del Vangelo, la Chiesa compie un vero servizio, affinché tutti promuovano una politica più rispettosa dell’uomo. La politica non è un gioco degli uomini scaltri, tutti protesi all’affermazione di un potere, ma è impegno per la difesa e la promozione di quei valori nei quali l’uomo si realizza in tutte le sue componenti. Giorgio La Pira sosteneva che è controproducente affermare che la politica è una cosa ‘brutta’, che la politica ‘trasforma negativamente le persone’. No: l’impegno politico, cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico, è un impegno di umanità e nello stesso tempo, di “santità”; è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta intessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, ma anche di impegno per la giustizia e di carità. Il laico cattolico, presa coscienza del suo essere tale, deve ricominciare dal progettare la nuova città dell’uomo a misura d’uomo. La politica, come ha ben ripetuto Giuseppe Lazzati, rappresenta la scienza e l’arte di costruire la polis, la città dell’uomo a misura d’uomo. Il punto di partenza deve essere pertanto, la persona. Mettere al centro la persona nella sua globalità, con tutte le sue dimensioni, così come Dio l’ha voluta e non limitarsi all’homo faber o all’homo oeconomicus. È necessaria la riumanizzazione della politica, per realizzare un nuovo umanesimo integrale. Coloro che si impegnano politicamente, cristiani e non, non possono basarsi soltanto su slogan pubblicitari e masmediatici, ma considerare punti centrali di ogni scelta, una chiara presa di coscienza della propria vocazione e una matura formazione. Non dichiarazioni di principio, quindi, che servano a tranquillizzare le coscienze, ma occorre ripensare in funzione della persona l’economia, i servizi, l’ecologia, il diritto.

Modello Eas:più tempo per gli enti associati È stato prorogato al 31 marzo 2011 il termine per presentare il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi, il c.d. Modello Eas; i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate con Circolare del 24/02/2011 n. 6 Con il decreto milleproroghe (decreto legge 225/2010) è stato prorogato al 31 marzo 2011 il termine per presentare il modello Eas, il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini fiscali da parte degli enti associativi. Per effetto dell’anzidetta proroga, i termini per la tempestiva presentazione del modello EAS sono fissati come di seguito indicati: entro il 31 marzo 2011, per gli enti già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 185 del 2008 (29 novembre 2008); entro il 31 marzo 2011, per gli enti costituitisi dopo l’entrata in vigore dello stesso decreto-legge n. 185 del 2008, qualora il sessantesimo giorno dalla costituzione scada prima del 31 marzo 2011; entro sessanta giorni dalla data di costituzione, per gli enti per i quali il termine di sessanta giorni dalla costituzione scada a decorrere dal 31 marzo 2011 (cioè in data 31 marzo 2011 o in data successiva). Con riferimento agli enti di nuova costituzione, fatto salvo quanto sopra precisato relativamente agli enti per i quali il termine di sessanta giorni scada prima del 31 marzo 2011, resta, pertanto, fermo che gli stessi sono tenuti “a regime” a presentare il modello Eas entro sessanta giorni dalla data di costituzione. Si precisa che restano fermi i chiarimenti forniti con le circolari n. 12/E del 9 aprile 2009, n. 45/E del 29 ottobre 2009, e n. 51/ E del 1° dicembre 2009 e con la risoluzione n. 125/E del 6 dicembre 2010.

Consultorio La Famiglia È attivo presso il Consultorio “La Famiglia”, via Libertini, 40 a Lecce, il servizio Telefono Amico, uno sportello di ascolto e consulenza per tutti coloro che vivono momenti di disagio psicologico o hanno difficoltà nelle relazioni con il partner o in famiglia. Si può telefonare il martedì dalle 17 alle 18.30 al numero 0832.249574. Gli esperti del Consultorio (psicologi, consulenti familiari e coniugali e assistenti sociali) sono a disposizione di tutti coloro che sentono l’esigenza di essere ascoltati.


L’Ora del Salento

Lecce, 26 marzo 2011

obiettivo

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125 ANNI DI MISSIONE SALESIANE DEI SACRI CUORI 1985 - 25 marzo - 2010 La pagina di carità scritta dallo Smaldone continua ad essere vissuta ed attuata in Italia e nel mondo grazie alle molteplici attività svolte dalla Congregazione religiosa da lui fondata e il movimento di laici smaldoniani che hanno sposato il suo carisma

Con il cuore di S. Filippo per le vie del mondo San Filippo Smaldone, canonizzato da Benedetto XVI il 15 ottobre 2006, ha scritto una pagina di carità che continua ad essere vissuta e attuata dalle Sue Figlie e dai laici smaldoniani, perché la carità non ha termine. Egli, l’apostolo dei sordi in Italia meridionale, ha dedicato le sue energie di mente e di cuori per il bene dei sordi e dei poveri, in genere, nell’arco della sua vita terrena che va dal 1848 al 1923. Perché l’attenzione a questa categoria di disabili, considerati nella seconda metà dell’Ottocento in Italia “minorati psichici” e “infedeli”, possa continuare nel tempo e farsi cura, promozione umana, evangelizzazione nel tempo, egli fonda una famiglia religiosa denominata “Suore Salesiane dei Sacri Cuori”, il 25 marzo 1885. Da Lecce a Bari, a Salerno, a Roma: il suo viaggio è all’insegna dell’attenzione e cura dei sordi e della loro promozione umana, sociale e religiosa. Il suo è un viaggio di carità, di intelligente premura e di fiduciosa speranza che le Sue figlie, eredi dello spirito evangelico dell’Effatà, possano sentire e vivere l’ansia del suo cuore sacerdotale e apostolico. Quale il motore della sua vita? Nessuno dà quello che non ha. Una grande opera di carità non si può concepire senza una grande sensibilità verso il fratello sofferente, senza la visione chiara di un’umanità in cui il volto di Cristo si rende visibile, senza una pratica di vita all’insegna della incarnazione di Cristo e del mandato missionario della Chiesa: “Andate, evangelizzate in tutto il mondo”. La sua ansia missionaria “ad gentes”, oltre che “ad intra” ,viene frenata dal suo confessore che gli fa osservare i poveri della sua terra: l’Italia, ed il sordo è veramente “povero di beni culturali, di beni morali, con il cuore non illuminato dalla fede”, se non s’interviene pedagogicamente. Anche se i bisogni reali lo trattengono in Italia, don Filippo indica nella formazione spirituale alle Sue figlie il campo di azione sempre più vasto perché “dove c’è un sordo e un muto che chiama, lì deve esserci la salesiana”. Il Padre ci ha lasciati il 4 giugno del 1923, ma la Congregazione d a lui fondata, sente l’ansia di raggiungere i tanti fratelli sordi, perché “tutti possano conoscere e amare Cristo”. Questa ansia ha spinto la Congregazione nella grande avventura di superare lo spazio nazionalistico e di portare l’Effatà di Cristo ai fratelli lontani.

Gli spazi della carità oltre l’Italia In Brasile Il 25 marzo 1972, la Congregazione, spinta dalla carità di Cristo e dall’ansia apostolica dell’evangelizzazione del sordo, dà inizio all’espansione missionaria in terra brasiliana. L’allora Superiora Generale, Madre Chiarina Pezzato, ascoltando la voce dello Spirito e le indicazioni della Chiesa, vi si

reca con poche consorelle italiane. È commovente constatate come la grazia di Dio precede sempre i passi dei suoi messaggeri tanto che le opere parlano della Sua magnificenza. Oggi siamo in terra brasiliana con nove comunità presenti in sei Stati del NordEst e del Centro del Brasile, impegnate nell’opera carismatica della Congregazione e nella pastorale giovanile. Le località in cui operiamo sono: Belém (Parà), Brasilia (D.F.) con due comunità: Casa di formazione e Nunziatura Apostolica. Manaus (Amazonia), Fortaleza (Cearà), Rialma (Goias), Pouso Alegre (Minas Gerais), Anapolis (Goias), Paranoà (D.F.) Sono comunità interculturali e giovani, sono vocazioni del posto che hanno radicato il carisma con la freschezza tipica dell’età, con la fantasia creativa, con l’amore al Padre Fondatore e alla spiritualità dell’Istituto, e contagiano chi le avvicina facendo nascere il desiderio di conoscere e fare esperienza di Cristo e della fraternità.

In Rwanda Il 20 settembre 1987, la Congregazione, guidata dalla Superiora generale Madre Angela Casciaro, chiamata dall’allora Nunzio Apostolico mons. Giovan Battista Morandini, dopo una conoscenza preliminare dei bisogni del posto, apre la missione in Africa e, precisamente nello Stato del Rwanda, offrendo un servizio alla Chiesa attraverso la Nunziatura Apostolica di Kigali. Nel tempo, con enormi sacrifici, si costruisce in Nyamata, un villaggio a 36 Km dalla capitale, un Centro per l’educazione dei bambini e per la formazione professionale delle giovani e siamo nell’anno 1989. Solo nel 1992 a Nyamirambo, uno dei quartieri più poveri e popolati di Kigali, si completa la costruzione dell’Istituto “Filippo Smaldone” per la riabilitazione del sordo, con il funzionamento di una scuola materna, del corso obbligatorio di studi, oggi di durata 9 anni e con un servizio di collegio per coloro che non possono rientrare in famiglia per distanza o per condizioni economiche precarie. Attualmente tre sono le co-

munità operanti nel piccolo Stato africano, comunità che hanno assistito agli inizi del genocidio del 1994. Esse si caratterizzano per la lotta pacifica al fine di tutelare i diritti primari dell’uomo, specialmente quelli dei bambini e dei giovani, garantendo ai piccoli il diritto alla salute e all’istruzione, ai giovani il diritto alla formazione professionale per un inserimento nel mondo lavorativo e un allontanamento dai pericoli morali. Nell’Istituto di Kigali si accolgono i bambini sordi e si offre loro assistenza alimentare, alloggio e scolarizzazione. Offriamo una goccia d’acqua nel deserto, perché le richieste sono sproporzionate alla ricettività dello stabile, tanto che molti restano in lista di attesa perdendo gli anni preziosi per un lavoro di riabilitazione alla parola e alla comunicazione.

In Paraguay Il 3 luglio 1999, l’allora Superiora Generale Madre Delia Olita, con il consenso del Suo Consiglio, decide di dare inizio alla missione in Paraguay e, precisamente, nella cittadina di Pilar, per collaborare nel lavoro di pastorale nella Parrocchia “Nuestra Senhora de Pilar” dei Padri Redentoristi. Si tratta di una piccola comunità religiosa attenta alle molteplici esigenze pastorali del posto: catechesi, accompagnamento e promozione giovanile, animazione di gruppi di preghiera, aiuto spirituale ai malati negli ospedali e, per essere fedeli al carisma, interventi riabilitativi e logopedici ai bambini sordi inseriti nelle pubbliche istituzioni scolastiche. Oggi il campo apostolico si è allargato facendo funzionare una scuola materna per venire incontro alle esigenze delle famiglie.

In Benin La missione “salesiana” in Benin inizia il 2 novembre 2007, ad un anno dalla canonizzazione del Padre, dopo un invito ripetuto e pressante del Vescovo di Natitingou, mons. Pascal N’Koue, alla Superiora Generale Madre Maria Longo, disposto ad offrirci la struttura del Centro “Saint Filippo

Smaldone”, denominato così dalla stessa Chiesa locale. In questa struttura sono accolti, come convittori, bambini sordi e udenti al fine di ricevere una formazione e istruzione adeguata attraverso la cura del corpo, dell’intelligenza e del cuore, nel rispetto della vita e della persona. Là dove l’handicap viene considerato una colpa e il soggetto portatore di disabilità un “enfant sourcier”, un fanciullo stregone, la nostra opera di evangelizzazione e di educazione mira a promuovere la difesa dei diritti della persona, specie se disabile e povera, e a testimoniare l’amore di Dio per ogni uomo.

In Tanzania La missione “salesiana” in Tanzania ha inizio il 2 aprile 2008, precisamente nel villaggio di Inonda, nel distretto di Makete, provincia du Njombe, regione di Iringa. Ci siamo recate in quel posto per collaborare con i Padri Missionari della Consolata nell’assistenza infermieristica, nell’Ospedale dagli stessi Padri costruito e gestito. Nello stesso tempo abbiamo fatto funzionare una scuola materna per i bambini del villaggio. Nell’ospedale il malato, che giunge spesso in fin di vita, prima di ricevere le cure del caso, si sente accolto e amato come persona e come fratello. Quei volti sofferenti, quegli occhi pieni di dolore composto e ricchi di speranza, penetrano e diventano parte di noi, monito del Cristo in croce!

Nelle Filippine In quest’anno e, precisamente, il 23 gennaio 2011, vigilia della festa liturgica del nostro protettore San Francesco di Sales, la famiglia salesiana dei sacri cuori si spinge nel continente asiatico, con il desiderio di realizzare il grande sogno, rimasto in pectore, del nostro Padre Fondatore: andare in India. Si va nelle Filippine e si fa sosta nella città di Quezon City, nel circondario di Manila, per essere la “presenza” carismatica” voluta dallo Spirito attraverso il cuore di don Filippo: attendere all’evangelizzazione del fratel-

lo sordo. La Chiesa locale ci accoglie come dono per la specificità del carisma e per le necessità di operatori nel campo della pastorale alle persone disabili. Siamo agli inizi e ci lasciamo trasportare dall’azione dello spirito perché possiamo fiorire là dove Dio vuole e il fratello ha bisogno.

Il carisma smaldoniano Ma il carisma “smaldoniano”, dono dello Spirito alla Chiesa e non solo alla famiglia delle Salesiane dei Sacri Cuori, si è diffuso anche tra i laici; le figlie spirituali dello Smaldone lo hanno compreso bene quando hanno affrontato il problema dei tanti laici che si sono posti nell’alveo della spiritualità di San Filippo. Il torrente non può essere trattenuto, sono necessari gli argini ma lo scorrimento è naturale. Le religiose restano le custodi del carisma, ma la vitalità di esso si esprime nella vita di alcuni movimenti: Il movimento Gisma (Gioventù Smaldoniana), costituitosi negli anni 1995 - 96; l’organizzazione di volontariato “Filippo Smaldone”, nato in occasione della beatificazione del nostro Santo, avvenuta il 12 maggio 1996; l’associazione “Missione Effatà onlus”, nata il 27 dicembre 2007, frutto della canonizzazione di San Filippo Smaldone. Sono Associazioni di laici che si formano ed operano nel carisma smaldoniano, vivono nel tessuto sociale la dimensione dell’attenzione agli ultimi, della loro promozione e inserimento ecclesiale e sociale, facendosi voce di chi non ha voce. L’Associazione “Effatà onlus”, in particolar modo, intende rispondere ai bisogni emergenti dei disabili dell’udito, dell’infanzia “violata”, della gioventù “maltrattata, delle donne “sfruttate” in Italia e all’estero, supportando le opere missionarie della Congregazione. Concludo con l’affermare che si tratta del grande cuore dello Smaldone che pulsa nella vita di tante anime consacrate, come di tanti laici impegnati in un’opera di solidarietà internazionale e di vangelo vissuto. Tutto per la maggior gloria di Dio! Ines De Giorgi

DON TONINO BELLO

Preghiera sul molo... la fede messa in versi Quale forma testuale migliore per esprimere “il sentire dell’anima” e il “pensare dell’intelletto”, le parti più belle del nostro essere Persona? La prima parte mi tocca in modo particolare, perché mi fa sentire più vicino don Tonino, nel senso che lo sento più simile a noi comuni mortali; lo sento vicino poiché manifesta le sue paure di fronte all’ignoto. Quel pregare ad alta voce lo intendo come un voler richiamare l’attenzione di Dio, che, a volte, sembra non sentire le nostre invocazioni, sembra voltarsi da un’altra parte per non vedere il dolore, la rabbia, la cattiveria che imperano su questa Terra, da noi non voluta ma, da Lui creata. Don Tonino prega per la sua città, per la sua gente, per il suo mare ed, anche in questo, dimostra il suo essere come noi, legati alle radici della nostra esistenza. Don Tonino, per, trova la forza di staccarsene senza rinunciare ai

propri sogni. Con lui ci ritroviamo anche quando parla di ascolto, di solidarietà, di coralità nell’agire ma, a differenza di lui, per noi quelle parole non si traducono sempre in azioni disinteressate bensì in azioni che possono colmare il senso di solitudine che ci afferra o per tacitare, almeno per qualche ora, le preoccupazioni ed i problemi di fronte ai quali siamo impotenti e ci rendono cupa la vita, che non è più una “danza” specialmente quando i problemi affliggono i figli e ci si sforza di far credere loro che “dopo la tempesta torna il sole”, “dopo l’inverno viene la primavera”, “che sul mare scuro senza vele all’improvviso, si scorge una lampara”. Termino chiedendo a don Tonino di fare da intercessore presso Dio, affinché rafforzi anche la mia fede ed io possa essere testimone veritiero di amore condiviso. Giovanna Cavone


L’Ora del Salento 11

Lecce, 26 marzo 2011

zoom LECCE/ Organizzato dalla Società di Danza Circolo Pugliese

CAMPI SAL.NA/ Gli eventi per i 150 anni di unità nazionale

Il gran ballo dell’Italia unita Una piazza all’Unità d’Italia Una ventina di dame e cavalieri entrano in sala con passo elegante e cadenzato, accomodandosi sulle poltrone di velluto a loro riservate. Le donne indossano abiti sfarzosi, impreziositi da fiocchi, pieghe, pizzi ed inamidati da cerchi e crinoline, che ad ogni volteggiamento le fanno apparire come girandole al vento d’estate. Nastri e fiori colorati inghirlandano i capelli raccolti o semisciolti. Gli uomini, con portamento austero ma affabile, si presentano con abiti scuri, lunghi frac e panciotti. La donna che funge da maestro di cerimonia invita le danzatrici a legare il carnet delle danze, cioè un libretto con la scaletta dei balli da eseguire, al polso sinistro, poiché è il lato del corpo dove giace il cuore. Sembra di essere in una realtà onirica che ci riporta all’epoca di Mazzini e Garibaldi, ma è il Gran Ballo dell’Italia Unita, organizzato dal circolo pugliese della Società di Danza, diretto da Assunta Fanuli, e dalla III Circoscrizione LeucaFerrovia-Stadio della città di Lecce. Il palcoscenico è stato il Teatrino del Convitto Palmieri di Lecce; si è trattato ovviamente di una scelta non casuale, dal momento che il suggestivo edificio di Piazzetta Carducci vanta origini antiche. Il programma di sala si è aperto, come si conviene ad un gran ballo dell’Ottocento, con un valzer, in questo caso il Valzer Spagnolo di Giuseppe Verdi, per poi concludersi con il Galop di Strauss, passando attraverso una Quadriglia Francese, una Country Dance, una Marcia Caroussel, una Mazurka Fata Morgana e numerose altre danze. La direttrice della Società di Danza ha anche aiutato il pubblico nella comprensione delle origini e della storia dei diversi balli rap-

presentati, nonché di alcune interessanti abitudini degli uomini del XIX secolo che partecipavano ai Gran Balli di corte. La ciliegina sulla torta è stata una marcia, avvenuta con grande coinvolgimento dei presenti, sulle note dell’Inno di Mameli, per festeggiare il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia in modo originale e simpatico. “Il ballo ottocentesco è una danza sociale - ha affermato Assunta Fanuli - e permette per la sua struttura di relazionarsi senza pregiudizi con chiunque; non ci si chiude alla conoscenza dei nuovi arrivati. Il basso con l’alto, il bello con il brutto: tutti ballano insieme, senza discriminazioni”. La caratteristica di queste danze è infatti il progressivo scambio dei partner, che non sono mai fissi. Evidenti anche la gestualità e l’atteggiamento dei danzatori, che guardano sempre negli occhi il compagno situato dinanzi a loro, tra un inchino di cortesia e un sorriso di complicità. Questa iniziativa è la prosecutio di una collaborazione tra la III Circoscrizione e la Società di Danza che risale ad ottobre. Partendo da “Un pome-

RADIO E DINTORNI

riggio ottocentesco” si è passati alle “Istantanee da un ballo ottocentesco” nel mese successivo e ad una serie di gran balli organizzati tra il periodo di Avvento e quello di carnascialesco. La Società di Danza è una federazione di associazioni presente in Italia e in Europa, che da venti anni si propone lo studio, la diffusione e la pratica di danze storiche, codificate e standardizzate in modo da permettere agli associati del circolo di una città di partecipare al Gran Ballo organizzato all’estero senza il rischio di improvvisare passi nuovi e sconosciuti. Il circolo pugliese della Società di Danza, tra i più giovani d’Italia sia per fondazione che per età media degli iscritti, dà vita ad eventi che mirano ad unire gli aspetti culturale, sociale e artistico, valorizzando al contempo il territorio. Movenze perdute, costumi ricostruiti in base allo stile dell’epoca e attenzione ai dettagli sono i must dell’associazione, che svolge corsi a Lecce presso la sede della Terza Circoscrizione, in via Pordenone 2, ogni martedì alle 20.30. Per info: puglia@societadidanza.it; 339.3331613. Grazia Pia Licheri

di Alberto Marangio

Giovedì 17 marzo, a Campi Salentina, in concomitanza con i festeggiamenti nazionali dei 150 anni dell’Unità d’Italia, ha avuto luogo la cerimonia di dedicazione dell’area dell’ex Mercato coperto di via Taranto, già da più di anno convertito a parcheggio e in ricordo di questo anniversario denominato “Piazza Unità d’Italia”. La cerimonia ha richiamato la partecipazione dei cittadini che si sono radunati alle 11.00 presso il Municipio in Piazza Libertà da dove è partito un corteo con la presenza di alcuni esponenti dell’Amministrazione Comunale, delle autorità militari, i membri della locale sezione dell’Associazione Arma Aeronautica, i volontari di Protezione Civile comunale, il Consiglio Comunale dei Ragazzi e una rappresentazione degli alunni della Scuola elementare “Giovanni XXIII” di Campi accompagnati da alcune insegnanti. Il corteo si è mosso dalla Piazza Libertà lungo un tratto di via Taranto per fare ingresso nell’ex area del Mercato coperto tra lo sventolio di bandierine tricolori. È stata quindi la volta dell’intervento di saluto del Sindaco Roberto Palasciano che ha espresso il significato di quest’iniziativa: “Un atto dall’alto valore simbolico che vuole sottolineare quanto la nostra comunità si senta orgogliosa di essere parte viva e operosa della società italiana, delle sue istituzioni, della sua storia, della sua cultura e quanto noi tutti siamo fieri di riconoscerci nei colori della nostra bandiera e orgogliosi di cantare l’Inno di Mameli. Un processo, quello unitario, segnato da episodi di eroismo, ma anche di crudeltà, da momenti di alta idealità ma anche da problemi ancora dram-

maticamente irrisolti come la questione meridionale. Un percorso voluto da grandi uomini che hanno chiesto agli italiani di credere in qualcosa. Un percorso di Unità Nazionale fatto di soldati, di briganti, di patrioti, per la gran parte giovani, giovanissimi. Ed è anche a loro, ai tanti giovani senza nome morti per la patria (che non troveremo mai citati in nessun libro di storia) che vorrei fosse idealmente dedicata oggi questa targa e questa manifestazione. Giovani che dal risorgimento alla grande guerra, dalla Seconda guerra mondiale alle più recenti missioni di pace nel mondo, hanno creduto in un ideale e lo hanno anteposto alla propria vita. Questo ideale cui anche noi ci inchiniamo, ha un nome, si chiama Italia, Italia unita. Dopo un breve intervento del Sindaco e del Presidente del Consiglio Comunale dei Ragazzi, i presenti hanno intonato all’unisono, mano sul petto, l’inno “Fratelli d’Italia” con l’accompagnamento musicale dell’orchestra degli alunni della Scuola Media Statale di Maglie. Subito dopo la lapide che riporta la denominazione della piaz-

za è stata svelata tra gli applausi e il lancio di palloncini rossi, bianchi e verdi. Altri eventi sono stati programmati dall’Amministrazione comunale di Campi Salentina per celebrare l’anniversario dell’Unità nazionale. Il 25 marzo il Consiglio Comunale ha incontrato Il Consiglio Comunale dei Ragazzi per discutere sui temi dell’Unità d’Italia, tessendo un dialogo con la loro idea di patria e di cittadinanza. Lunedì 28 marzo avrà luogo la presentazione del libro del giornalista e scrittore Federico Pirro, “Uniti per forza”, edito Progedit. Sarà presente l’autore e Massimo Melillo, giornalista del Nuovo Quotidiano di Puglia. Infine, dall’1 al 30 aprile, si terrà, presso Casa Prato, la mostra “Italiani da 150 anni”, articolata in più sezioni di testi, manoscritti, stampe provenienti dall’archivio storico di Campi e risalenti al periodo immediatamente pre e post unitario. All’inaugurazione prenderà parte la dott.ssa Annalisa Bianco, direttore dell’Archivio di Stato di Lecce, e di Michele Emiliano, Sindaco di Bari. Sara Foti Sciavaliere

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

“Frazione handicap” intervista ai protagonisti

Ma l’Italia c’era prima del Risorgimento...

La scorsa settimana abbiamo parlato di Frazione Handicap, programma in onda ogni giovedì alle 17 su Radio Libera Tutti. Incuriositi, nei giorni successivi abbiamo contattato il giovane staff della trasmissione, composto da Irene Moccia e da Marco e Carlo Gentili (due fratelli portatori entrambi di Sla2, rara malattia ereditaria con sintomi simili a quelli della più conosciuta Sla). Dall’altra parte abbiamo trovato dei ragazzi ben felici di raccontarsi, ma ad una condizione: che il tutto avvenisse evitando le domande banali e le considerazioni retoriche riportate alle volte da altre testate. Pericolo che, a nostro avviso, non dovremmo rischiare di correre. Per rompere il ghiaccio, raccontateci del vostro modo di lavorare: siete persone che abitano in città tra loro diverse, per giunta distanti dalla sede della radio… Siamo una vera a propria squadra. Ognuno di noi cerca informazioni sui temi che gli interessano e cerca di strutturare a proprio piacimento un copione su cui basarci. Poi, settimanalmente, Irene registra il programma, e alla fine invia la puntata alla sede di Radio Libera Tutti. Parliamo della vostra scelta: perché dedicarsi all’handicap tramite una web-radio? Non esiste altro veicolo più immediato, senza barriere, pregiudizi o preconcetti. L’handicap prende vita attraverso il nostro programma in modo libero, attraverso una voce che possa fare riflettere. Cosa significa concretamente per voi parlare di handicap? Lo intendiamo come limite, che può essere fisico ma anche culturale, esistenziale, sociale. Cerchiamo di sensibilizzare il nostro pubblico per favorire una società plurale e inclusiva delle differenze, intese in senso ampio. Il nostro obiettivo non è tanto quello di insegnare qualcosa, quanto quello di mostrare nel concreto quali sono gli ostacoli e le barriere contro cui un disabile deve scontrarsi ogni giorno. Vogliamo fare in modo che l’ascoltatore possa guardare la realtà quotidiana con la prospettiva di chi è diverso da lui: è il primo passo per diventare più sensibili e cogliere le esigenze dell’altro. Crediamo che chiunque possa essere un potenziale ascoltatore. Un’ultima domanda, per niente politically correct: trattando determinati argomenti, il rischio di “annoiare” l’ascoltatore è sempre dietro l’angolo... Come aggirate questo pericolo? Carlo si occupa mensilmente di una rubrica cinematografica, sfruttando le sue competenze in questo settore. Parliamo di film socialmente utili, ma anche di cartoni animati… Insomma, vogliamo anche divertire!

Nel suo messaggio augurale in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Benedetto XVI, pur ricordando il fattivo contributo alla causa unitaria profferto da letterati e pensatori cattolici, non ha tuttavia sottaciuto “… il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune marcate da venature giurisdizionaliste o laiciste”, che caratterizzarono il Risorgimento. Ma soprattutto il Papa ha inteso sottolineare che il processo di unificazione avvenuto in Italia nel corso del XIX secolo e passato alla storia con il nome di “risorgimento”, costituì il naturale sbocco di uno sviluppo identitario nazionale iniziato molto tempo prima. In effetti, - scrive il Pontefice - “La nazione italiana, come comunità di persone unite dalla lingua, dalla cultura, dai sentimenti di una medesima appartenenza, seppure nella pluralità di comunità politiche articolate sulla penisola, comincia a formarsi nell’età medievale. Il Cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italiana attraverso l’opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modelli di comportamento, configurazioni istituzionali, rapporti sociali; ma anche mediante una ricchissima attività artistica: la letteratura, la pittura, la scultura, l’architettura, la musica… Anche le esperienze di santità, che numerose hanno costellato la storia dell’Italia, contribuirono fortemente a costruire tale identità, non solo sotto lo specifico profilo di una peculiare realizzazione del messaggio

evangelico, che ha marcato nel tempo l’esperienza religiosa e la spiritualità degli italiani (si pensi alle grandi e molteplici espressioni della pietà popolare), ma pure sotto il profilo culturale e persino politico. San Francesco di Assisi, ad esempio, si segnala anche per il contributo a forgiare la lingua nazionale; santa Caterina da Siena offre, seppure semplice popolana, uno stimolo formidabile alla elaborazione di un pensiero politico e giuridico italiano. L’apporto della Chiesa e dei credenti al processo di formazione e di consolidamento dell’identità nazionale continua nell’età moderna e contemporanea. Anche quando parti della penisola furono assoggettate alla sovranità di potenze straniere, fu proprio grazie a tale identità ormai netta e forte che, nonostante il perdurare nel tempo della frammentazione geopolitica, la nazione italiana poté continuare a sussistere e ad essere consapevole di sé... La comunità politica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentale ha avuto, in definitiva, come collante che teneva unite le pur sussistenti diversità locali, proprio la preesistente identità nazionale, al cui modellamento il Cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale”. Fin qui le parole del Papa. È dunque tempo di riscoprire l’identità italiana, finalmente liberata da tutte le ideologie (anche quelle “laiciste” ed anticlericali che condussero alla breccia di Porta Pia) e saldamente ancorata alle radici profonde di un Paese che è nato molto prima del 1861. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 26 marzo 2011

le nostre città La sentenza della Corte Europea di Strasburgo ristabilisce la storia

MELPIGNANO/La cappella di San Pietro d’Alcantara

Le ragioni del crocifisso Giuseppe Serio e la sua arte La Grande camera della corte europea accoglie la tesi secondo la quale non ci sono elementi che provino l’influenza subita dagli alunni nell’esposizione del Crocifisso nelle aule. La decisione della Corte è stata approvata con 15 voti a favore e solamente 2 contrari. Il famoso caso, denominato comunemente “Lautsi contro Italia” (Lautsi è il nome della cittadina di origine Finlandese che presentò il ricorso ndr), era approdato a Strasburgo il 27 luglio del 2006 per mano dell’avvocato Nicolò Paoletti, legale della signora Lautsi. Nel ricorso si sosteneva che la presenza del crocifisso nelle aule, impedisse ai genitori di educare liberamente i propri figli e che la presenza stessa del simbolo cristiano fosse una violazione della libertà di pensiero, coscienza e religione degli uomini. La prima sentenza, sostanzialmente, aveva dato ragione alla signora Lautsi, scatenando il risentimento di migliaia di cittadini che inviarono lettere di protesta. A questo seguì il formale ricorso dello stato italiano, che nella prima udienza pubblica del processo d’appello, il 30 giugno 2010, si avvalse anche del sostegno di altri dieci Paesi membri del Consiglio d’Europa. Il primo commento istituzionale, è quello del ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini, che si è così espressa sulla sentenza: “Esprimo profonda soddisfazione per la sentenza della Corte di Strasburgo, un pronunciamento nel quale si riconosce la gran parte del popolo italiano. Si tratta di una grande vittoria per la difesa di un simbolo irrinunciabile della storia e dell’identità culturale del nostro Paese”. Alle sue parole fanno eco quelle del ministro degli esteri Franco Frattini: “Accolgo con grande soddisfazione la decisione della

Corte europea. Oggi ha vinto il sentimento popolare dell’Europa. Perché la decisione interpreta soprattutto la voce dei cittadini in difesa dei propri valori e della propria identità. Mi auguro che dopo questo verdetto l’Europa torni ad affrontare con lo stesso coraggio il tema della tolleranza e della libertà religiosa”. Soddisfazione anche dalla Santa Sede, attraverso le parole di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. “Si riconosce, ad un livello giuridico autorevolissimo ed internazionale, che la cultura dei diritti dell’uomo non deve essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale. Si riconosce inoltre che, secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso garantire ad ogni Paese un margine di apprezzamento quanto al valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale e identità nazionale e quanto al luogo della loro esposizione (come è stato del resto ribadito in questi giorni anche da sentenze di Corti supreme di alcuni Paesi europei)”. “La Corte dice quin-

di che l’esposizione del crocifisso non è indottrinamento continua Lombardi - ma espressione dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di tradizione cristiana. La nuova sentenza della Grande Chambre è benvenuta anche perché contribuisce efficacemente a ristabilire la fiducia nella Corte Europea dei diritti dell’uomo da parte di una gran parte degli europei, convinti e consapevoli del ruolo determinante dei valori cristiani nella loro propria storia, ma anche nella costruzione unitaria europea e nella sua cultura di diritto e di libertà”. Soddisfazione anche dal mondo del laicato cattolico. “L’Azione Cattolica Italiana - si legge in una nota - accoglie positivamente la sentenza della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo che rigetta l’ipotesi per cui il crocifisso sia un simbolo lesivo della libertà religiosa dei non cristiani e dei diritti di laicità dei non credenti. La sentenza della corte è un passo molto importante perché riconosce nel crocifisso un valore che unisce non soltanto i credenti in Cristo ma tutti i popoli d’Europa”. Salvatore Scolozzi

2010 - 26 MARZO - 2011 La prima primavera è sempre la più bella. Averti tra noi è più del sole. Più della luna piena. Auguri Giovanni. Buona vita. Egli ti custodisca sempre felice e sereno. Come sei oggi. Meravigliosamente.

Nel centro storico di Melpignano vi è una piccola cappella privata sotto il titolo di San Pietro d’Alcantara. L’epigrafe esterna al disopra della porta principale reca la data 1693; sull’unico altare, in alto a destra su una epigrafe è la data 175(9?). L’opera presenta ai lati due statue, l’una di San Vincenzo Ferreri, l’altra di San Giuseppe - a Grottella- ovvero San Giuseppe di Copertino che come noto fu beatificato da Papa Benedetto XIV il 24 febbraio 1753. Uno studio ora in corso (in collaborazione con Stefano Tanisi) consente di attribuire stilisticamente questo altare a Giuseppe Serio, uno dei maggiori architetti e scultori salentini del 18° sec. Opere fra le più significative di questo artista sono - per citarne solo alcune le documentate e stilisticamente verificate chiese della Madonna della Luce a Scorrano e

quella di San Biagio a Francavilla Fontana; in questa stessa città, ma solo per via stilistica, gli si potrebbero attribuire gli elementi scultorei posti sulla facciata di palazzo Marrucci. A tale artista si possono riferire inoltre nella facciata principale della Matrice di Specchia Preti in provincia di Lecce le quattro statue sommitali, le decorazioni scultoree di finestrone e porta principale. La chiesa di Specchia come noto fu ricostruita nel 18°secolo e non si può escludere quindi che, in quanto scultore ed architetto, il Serio possa avere diretto tali lavori; sempre in questa stessa città infine suo sarebbe lo stemma gentilizio sul portone del palazzo in via Umberto I n. 38 (come per la chiesa madre la presenza in tale palazzo dell’architetto-scultore potrebbe essere stata molto più ampia). A Melpignano Giuseppe

Serio sarebbe l’autore dei primi due altari - destro e sinistro che si trovano entrando nella chiesa degli Agostiniani. In uno di essi vi è ancora la statua raffigurante San Leonardo che a questo artista sarebbe pure attribuibile. Sempre a Melpignano la statua dell’Assunta che è in uno degli angoli della piazza principale del paese sembrerebbe (lo stato di degrado della pietra non rende le forme perfettamente leggibili) opera stilisticamente assegnabile allo stesso Serio. Chiudiamo infine con una nota pittorica: al centro dell’altare di San Pietro d’Alcantara vi è un dipinto raffigurante il santo. Tale dipinto è opera autografa del ruffanese Saverio Lillo (1734-1796); di questo stesso pittore nella matrice di Melpignano è l’autografa tela raffigurante San Giorgio (1789). Fabio Grasso

RACALE/ Al Comprensivo I Polo si studia la biodiversità

Un ponte tra Salento e Amazzonia Le classi terze della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo I Polo” di Racale di Lecce, hanno programmato attività di rilevanza nazionale sulla biodiversità e sugli atteggiamenti eco-sostenibili. Gli appuntamenti partiranno il 5 aprile con la manifestazione “Un ponte di note tra Salento e Amazzonia”, mentre dal 16 al 20 maggio 2011 si svolgerà l’evento dal titolo “Sosteniamo il sostenibile”. Martedì 5 aprile 2011, il gruppo delle terze partecipanti organizzerà un’intera mattinata dedicata al gemellaggio con due scuole della foresta amazzonica, culla della biodiversità mondiale. La biodiversità è quel fenomeno

non recente che garantisce la sopravvivenza della vita sulla Terra. Alcuni ambienti nel mondo sono particolarmente ricchi di biodiversità; ad esempio le barriere coralline, le foreste tropicali e gli estuari dei fiumi che ospitano circa la metà degli esseri viventi del Pianeta. Per sottolineare questi ed altri aspetti è stata programmata questa iniziativa. Nella prima parte gli alunni che avranno aderito al progetto guideranno tutte le classi dell’Istituto, nella visita alla mostra fotografica da loro realizzata ed allestita, con la quale parteciperanno al concorso nazionale “Il senso della biodiversità”, patrocinato dal Miur e indetto dall’associazione di Volontariato Internaziona-

le e Sviluppo con sede a Roma. I pannelli fotografici esposti, riguardanti l’ambiente, l’alimentazione e la cultura dei popoli dell’Amazzonia, saranno forniti dall’associazione Vis e dalla Fondazione Pime onlus. I pannelli avranno come soggetto l’ambiente dell’oasi naturalistica di Torre Guaceto. Il tutto si svolgerà con la collaborazione degli esperti del frantoio Acli di Racale e con l’esperta Marcella Perruccio dell’enoteca specializzata in enogastronomia “La Cantiniera”. Nella seconda parte della manifestazione Alida Giarnello si esibirà in concerto insieme al gruppo musicale “Up” di Racale. Enza Sava

Mameli: il canto degli italiani QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

Dopo il segmento introduttivo de “Il Canto degli Italiani”, composto da Michele Novaro su testo di Goffredo Mameli, l’inno si sviluppa ulteriormente per seguire un percorso carico di significati già identificati nel numero precedente. La linea melodica (unita al coro) viene sostenuta dal flauto, dal clarinetto piccolo in mib., dai primi clarinetti soprani, dai secondi clarinetti soprani (un’ottava sotto), dal sassofono soprano, dai sassofoni contralti (una terza inferiore), dalle trombe in sib., dal flicorno sopranino e dai flicorni soprani. Il sostegno ritmico - melodico viene realizzato dai corni, dai tre tromboni (presenti nella partitura presa in esame), dai flicorni bassi e contrabbassi e dalle percussioni bandistiche. Un interessante intervento di coloritura melodica, sulla base del sostegno armonico, viene affidato ai sassofoni tenori e ai flicorni baritoni; si ottiene così un reale “effetto eco” che rigenera lo stesso canto e soprattutto amplifica l’azione della melodia. L’aspetto tonale rimane invariato sino al sopraggiungere di un brevissimo momento transitorio in cui, su un piano dell’assetto dinamico, il tema principale viene avvolto da un colore lievemente meno chiaro (tonalità minore) per ben evidenziare la corrispondenza nel testo “dov’è la vittoria?”, un evidente connubio tra suoni e parole. Immediatamente dopo si ritorna sul materiale melodico precedente (“ché schiava di Roma”) affinché il percorso sonoro si riappropri della tonalità d’impianto e possa conquistare sempre più l’animo del patriota. Eseguito “Iddio la creò”, l’inno si dirige

verso una nuova fase, più intensa ed articolata, preceduta da un fugace intervento strumentale dell’organico bandistico. Il ritmo delle doppie semicrome ribattute annuncia un cambio di rotta dal punto di vista dinamico, metronomico, melodico e armonico. L’intervento della banda determina una progressiva modulazione verso la sottodominante e in seguito il coro ripresenta “Fratelli d’Italia”. Il Novaro, pregevole conoscitore di strategie compositive, rigenera il testo con una minima ma efficace variazione melodica, colloca una nuova specifica indicazione “Allegro mosso” e riduce quell’ampia dinamicità emersa nella prima parte dell’inno. Il livello sonoro è stato momentaneamente ridimensionato per offrire nuove emozioni attraverso una serie di crescendo e improvvisi pianissimi che alimentano l’interesse sia del coro sia degli ascoltatori. La strofa “Stringiamci a coorte” viene presentata in un temporaneo momento di luce soffusa perché l’organico bandistico assolve il compito di sostenere il coro attraverso un fremente “piano”. Questo è il momento in cui tutte le energie, corali e strumentali, si riorganizzano affinché il brano si diriga verso l’epilogo con la giusta determinazione e incisività; lo stesso testo, infatti, riprende una più intensa luminosità (tonalità maggiore) e una nuova direzione melodica, rivolta verso l’alto, per irrompere nel cuore degli italiani e catturarli definitivamente con una solenne promessa d’amore verso l’Italia e verso gli Italiani attraverso il fatidico “Sì!”.


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Lecce, 26 marzo 2011

le nostre città LEQUILE/Un convegno organizzato dall’associazione Paladini

LECCE/Presso i Cantieri Teatrali Koreja sino al 7 aprile

Volontariato per il sociale Senso plurimo. L’arte di Ingrid Simon

“Quello che noi facciamo è soltanto una goccia nell’oceano, ma se non ci fosse quella goccia all’oceano mancherebbe”. Con le parole di Madre Teresa di Calcutta, Lorenzo Nicolini, Presidente dell’Associazione Paladini, chiarisce le ragioni dell’impegno che motivano ogni loro progetto da tre anni a questa parte. Nel 2008, infatti, i giovani residenti nella periferia di Lequile sono scesi in campo per creare uno spazio fatto non più di promesse demagogiche ma di concretezza, una realtà che permetta di uscire dall’isolamento e dall’anonimato che, come due grossi macigni, pesano sullo sviluppo del territorio. Mescolando idee ed entusiasmo hanno predisposto, in uno statuto, quelli che sarebbero stati i principi e le finalità del loro impegno, dando vita ad un’associazione socio-culturale volta alla promozione e alla crescita del paese, partendo appunto dal quartiere Paladini, cui molti di questi giovani sono cresciuti. L’incostante presenza delle istituzioni, trasformatasi troppo spesso in apatia, ha represso l’attivismo dei residenti costringendoli a vivere una

situazione tanto difficile quanto paradossale: risiedere a Lequile e vivere intensamente la realtà sociale e politica di San Pietro in Lama. La volontà di cambiamento, ha spinto questi giovani a farsi carico di una situazione da troppo tempo mal gestita, cercando lentamente di restituire al loro quartiere non solo una dignità, ma anche un’identità propria. Obiettivo cardine dell’Associazione è quello di arginare l’appiattimento sociale, culturale e istituzionale in cui i cittadini sono stati relegati e dare nuova linfa alla coscienza dell’impegno sociale. Un impegno di cui il volontariato è dimostrazione attiva; un impegno, però, spesso difficile da percepire perché oscurato da scriteriati contrasti all’interno delle istituzioni, indubbiamente pronte a difendere futili interessi ma meno disposte ad indagare e magari risolvere i problemi del territorio. D’altra parte, alla sordità delle istituzioni non può corrispondere il mutismo e l’inerzia dei cittadini, per i quali sollecitare assiduamente la classe dirigente è un dovere morale, oltre che civico. Necessario, quindi, risulta essere un proficuo dialogo

VITE MIGRANTI

tra i due soggetti dal momento che - come afferma lo stesso Nicolini - “il volontariato sarà sufficientemente incisivo laddove vi sono istituzioni funzionanti e creative”. Tenendo fede a questo intento, i giovani dell’Associazione Paladini hanno organizzato un convegno dal tema “L’impegno sociale tra istituzioni e volontariato” che si terrà il 3 aprile 2011alle ore 19.30 presso il Palazzo Andrioli di Lequile. Tra le autorità presenti il sindaco di S. Pietro in Lama Salvatore Tondo, il sindaco di Monteroni di Lecce Lino Guido e il consigliere provinciale Luigi Tramacere. Oltre al presidente dell’Associazione Paladini, ad intervenire nel dibattito il presidente dell’Agop Antonio Giammarruto, il sindaco di Lequile Antonio Caiaffa e il presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone. In questa occasione, verrà consegnato nelle mani del presidente dell’Agop l’assegno da destinare al reparto di oncologia pediatrica di Lecce, proventi raccolti nell’ultima edizione de “La notte della solidarietà” tenutasi il 4 settembre scorso. Serena Carbone

di Giovanni Napolitano

La casualità nelle foto di Ingrid Simon ha un ruolo importante, direi fondamentale per le immagini che cattura fotografando un soggetto immerso nello spazio subacqueo marino. Ogni fotogramma evidenzia un oggetto, un corpo, un elemento che evoca una forma nata dal caso, scaturita da una combinazione di movimenti che si fissano in un’immagine alla quale Ingrid dà un nome spesso polisemantico e simbolico. Il titolo diventa sintesi del rapporto tra immagine e scrittura. Dall’unione del titolo con la rappresentazione della realtà ha origine un contatto fra lettura e osservazione, tra realtà e la sua raffigurazione. E il rapporto tra parola e immagine inevitabilmente agisce sulla nostra parte irrazionale: il subconscio, il quale non smette mai di insinuare in noi il dubbio con le conseguenti riflessioni. Un corpo che fluttua nell’acqua e scivola verso il fondo assume in quei movimenti una trasfigurazione interiore ed esteriore come nei due grandi trittici sub-1 e sub-2 i cui volti femminili immersi nell’acqua, in stato di apnea, evidenziano impotenza, confusione.

Ingrid Simon (Vienna, 1965) Fotografa, artista visiva, scenografa, operatrice culturale è laureata in grafica, pedagogia d’arte e lingua francese. Nel 1995 si trasferisce nel Salento dove vive e lavora. Ha collaborato con Stalker/ Osservatorio Nomade, collettivo di artisti, architetti e ricercatori e ha fondato con Antonio de Luca, Silvia Lodi, Fernando Schiavano e Giorgio D’Ambrosio il collettivo Starter che opera in una dimensione strettamente legata al territorio.

L’inespressività dei volti è espressione della loro impossibilità di pensare un’esistenza possibile. Da qui scaturisce la confusione, l’angoscia di non esserci, ma di esistere solo in relazione ad una dimensione atemporale in cui tutte le sensazioni emotive, corporee si annullano nel tutto. Il rapporto tra titolo e immagine, tra rappresentazione logica e analogica, è la combinazione sulla quale Ingrid indaga e agisce con accortezza. Nel piccolo trittico Mutando e nell’isolata foto Muta, osservando le immagini e leggendo il titolo, l’effetto immediato

è di intercettare nell’immagine l’oggetto evocato: in Mutando, la mutandina immersa nello spazio marino muta continuamente forma, evolvendosi in altre forme, assumendo tra le tante quella di un cranio; in Muta la canottiera si trasforma in un torso con le gambe piegate, senza volto e senza braccia. In queste mutazioni la memoria focalizza forme e fogge che in luoghi e in tempi diversi variano e si trasformano nell’incessante “mutatis mutandis” della legge della Natura che involve tutto nel continuo fluire del tempo. Salvatore Luperto

Alla Fondazione Palmieri Eros e Thanatos Nell’ambito di Itinerario Rosa, si aprirà venerdì 25 marzo alle ore 18.00, a Lecce presso la Fondazione Palmieri e l’Ex Convento dei Teatini “Eros e Thanatos. Donne nello sfondo unitario”. La manifestazione vede la Fondazione Palmieri, Le Ali di Pandora, lo Studio Pugliadoro Contenti e Laura Madonna unite in un proposta comune. Il progetto vuole accendere una luce di verità su un lacerto di storia patria. Da una parte l’eroina Rose Montmasson Crispi e dall’altra il popolo senza nome delle Brigantesse, figure accomunate dalla “dimenticanza”. L’intento è riportare alla memoria episodi della nostra storia. “Eros e

Thanatos. Donne sullo sfondo unitario” sarà una mostra allo specchio in una ruminatio dell’Eroina e delle Antieroine che rende onore a tutte le Donne Dimenticate. Espongono: Silvia Beccaria, Roberto Bergamo, Teresa Buizza, Paola Casali, Daniela Cecere, Annamaria Contenti, Rosamaria Francavilla, Giovanni Korallo, Monica Lisi, Settimio Mariano, Mimmo Marullo, Beatrice Mele, Luca Nicolì, Sara SanzNisa, Ercole Pignatelli, Grazia Riccardo, Davide Russo, Andrea Scolavino. In esposizione “Avvenimenti in 13 mesi di assenza” diario originale di Giulio Colosi, datato maggio 1859. In concomitanza con la mostra, pres-

IN GALLERIA

so la Fondazione Palmieri, una serie di appuntamenti permetteranno di approfondire l’argomento: con gli storici Valentino Romano, Federico Pirro, Giuseppe Antonio Sauro; con i musicisti Giuseppe Argentiero, Cosimo Elia, Samuele Galiulo; con i performers Luca Nicolì ed i Laboratori di via Adda, con la classe IV del Liceo Scientifico A. Vallone di Galatina e con la scrittrice Laura Madonna Indellicati. Ex Convento dei Teatini, C.so Vittorio Emanuele dal 25 al 30 marzo, dal 25 marzo al 2 aprile presso la Fondazione Palmieri, V.co dei Sotterranei. Info 0832.092769 - 0832.391862 - 347.0851926 - mail: erosethanatos.lecce@gmail.com/

di Alessandra De Matteis

Mindszenty la sua storia e la sua prigionia Nessuno mi può giudicare di M. Bruno Quello della prigionia fu il momento più umiliante nella vita del Cardinale, ma anche l’abisso di malvagità di Janos Kadar, allora Ministro dell’interno, una marionetta sotto la cui responsabilità venne compiuto questo oltraggio; però, perfino nel circo il clown ha più valore della marionetta Così ha inizio il processofarsa del cardinale: “Il 3 febbraio 1949 gli aguzzini conducono il Cardinale in tribunale, isolato in mezzo a molti imputati messi insieme per accreditare l’idea di una congiura”. Il Primate distrutto è seduto sul banco degli imputati, lo sguardo vuoto e la voce tremante, anche mentre il suo difensore chiede per lui “solo” l’ergastolo, risparmiandogli l’esecuzione. La corte accoglie questa “preghiera”, come se la sentenza non fosse stata già stabilita da mesi. e lo condanna all’ergastolo. Ma il più forte sostenitore del Cardinale, Pio XII, anche in quella occasione lo difese

davanti a tutto il mondo. Scrisse ai vescovi ungheresi, si rivolse pubblicamente al collegio cardinalizio, ai diplomatici accreditati presso la Santa Sede e ai fedeli in Piazza S. Pietro. Smascherò la giustizia marxista: “La persecuzione del nostro figlio diletto... la nefandezza dei persecutori e la brutalità con cui egli viene tenuto lontano dalla sua sede vescovile ci riempiono di profonda preoccupazione”. E ancora: “Gli odierni persecutori della Chiesa sono i successori di Nerone. Lo Stato totalitario e antireligioso pretende una Chiesa che, per essere riconosciuta e tollerata, taccia là dove dovrebbe parlare... Può il Papa tacere quando questo Stato scioglie arbitrariamente delle diocesi, destituisce vescovi e limita l’attività della Chiesa così che qualsiasi lavoro apostolico diventa inefficace?”. Il mondo libero ascoltò la sua voce e ne condivise lo sdegno. Per il cardinale iniziò così una lunga prigionia, durata

otto anni. Il 24 ottobre 1956 il Cardinale seppe della rivoluzione di Budapest e durante il trasferimento da un ufficio ad un altro, venne lasciato libero. Ma la libertà ebbe breve durata e subito dopo l’attacco dei Russi all’Ungheria, avvenuto quello stesso anno, il Cardinale fu costretto a riparare verso l’ambasciata Usa “Avevano arrotolato le loro vesti talari sotto i cappotti. In tal modo superarono lo schieramento di carri armati sovietici”. La sua vita all’ambasciata si svolgeva tra studio e preghiera. Aveva accesso alla biblioteca e a tutti i giornali. Molte cose che leggeva lo addoloravano profondamente. Nell’ottobre 1958 morì Pio XII, ma il nuovo Papa Giovanni XXIII trasmise la sua paterna benedizione al Cardinale assediato e si rammaricò profondamente di non poterlo abbracciare a Roma. continua…

Massimiliano Bruno, noto sceneggiatore, autore teatrale e televisivo decide di approdare al cinema e cerca di fotografare l’Italia odierna con il suo film “Nessuno mi può giudicare”. Roma, Alice (Paola Cortellesi) è una borghese che vive in una bellissima villa con un figlio di 9 anni e un marito imprenditore. Alla morte improvvisa di quest’ultimo però, la donna si ritrova da sola, senza un soldo, piena di debiti e con il rischio che i servizi sociali le tolgano anche il figlio. Così finisce a vivere nella borgata romana del Quarticciolo, tra extracomunitari e fannulloni. I variegati abitanti del quartiere, in primis il coatto Giulio (Raoul Bova), cercano di supportarla con molto affetto per superare le prime difficoltà. Ad Alice, però, questo non basta perché deve far fronte ai suoi

debiti. Ha bisogno di inventarsi un lavoro e, vista la grave crisi economica del Paese, l’unico mestiere redditizio che troverà sarà quello dell’escort. Il neo-regista per il suo esordio decide di affrontare temi scomodi ma altrettanto attuali come escort e extracomunitari. Queste importanti tematiche, vengono rappresentate in un’ottima chiave comica e con una buona squadra di attori. Buone e riuscite battute, sono il risultato di una scrittura fresca e innovativa e, che come abbiamo già detto trova il suo punto di forza negli interpreti. Uno su tutti, per meglio dire una su tutti, spicca per bravura sul resto del cast artistico: è la protagonista femminile Paola Cortellesi. La presentatrice di Zelig porta in questo film tutta la sua irresistibile autoironia e simpatia. Comunque non si può neanche fare un torto al suo coprotagonista ossia Raul

Bova, che non smentisce la sua validità , da ndo prova delle sue capacità che gli p e r mettono di essere senza alcun problema un attore versatile. In pratica, possiamo dire che “Nessuno mi può giudicare” è un ottimo risultato sia per Bruno che non poteva sperare in un esordio migliore, sia per il cinema italiano in quanto la pellicola è partita con il botto, ed è già in vetta alle classifiche. Una commedia leggera e divertente che riesce anche a far riflettere sul difficile momento che si trova a vivere l’Italia.


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Lecce, 26 marzo 2011

appunti

Jonathan Franzen. La libertà La libertà è la parola che caratterizza l’intera storia americana. Dai tempi della Rivoluzione fino ai nostri giorni, per gli americani la libertà è stata contemporaneamente una terra promessa ed un campo di battaglia, un credo inattaccabile o una linea di tensione. Di certo è la connotazione più forte della loro identità, dell’essere americani. Nella Dichiarazione d’Indipendenza la libertà è stata compresa tra i diritti inalienabili dell’umanità. In nome della libertà, o contro di essa, si è combattuta la guerra civile. Addirittura, dal 1886 in poi, un qualsiasi straniero che metteva piede in America, la prima cosa che si trovava davanti nel porto di New York era la maestosa Statua della Libertà. Con la liberazione dell’Europa dal nazifascismo, per gli

americani l’idea della libertà si eleva a simbolo della propria coscienza e della propria funzione di portatrice dei grandi ideali di sviluppo e di progresso. E poi, infine, la difesa della libertà al di fuori dei propri confini è stata sempre la forza ispiratrice della politica estera dell’America. Tutta la storia americana si può riassumere in questo concetto chiave. La libertà un valore intoccabile ed incontrovertibile per alcuni americani e, un manifesto di facciata o una terribile menzogna per altri. Ed è proprio attorno all’ambiguità di questo concetto che ruota l’ultimo libro di Jonathan Franzen, “Libertà”. La libertà è essere padroni della propria vita e seguire le proprie aspirazioni, di qualunque natura e genere esse siano. “La gente è venuta in que-

c@ttolici in rete argo

IL POLLICE

MONTALBANO,

SONO

Nel concetto stesso di “serie televisiva” v’è non solo una prevedibile continuità della proposta del programma (una volta verificati il gradimento e l’ascolto), quant’anche la replicabilità dello stesso, sovente cambiando canale d’emittenza, in una sorta di sensibilizzazione/coinvolgimento nei confronti dello spettatore, da non sottovalutare. A tutti questi parametri risponde, ovviamente, la recente ripresa, pur contenuta e ridotta nel tempo, de “Il commissario Montalbano” (Rai Uno, ore 21,10) nella prima serata di alcuni lunedì, muovendosi tra i tanti racconti/romanzi/novelle di Cammilleri che vedono quale protagonista assoluto l’ormai mitico e simpaticissimo commissario siciliano. Sempre buono il ritmo del racconto e la sua stesura per immagini, grazie anche ad una serie di protagonisti fissi (ovviamente Luca Zingaretti ma non solo, e quindi Cesare Bocci e Peppino Mazzotta) e al succedersi di “nuove entrate” - non sempre condivisibili, in verità - suggerite da una popolarità mediatica fondata in gran parte sull’apparire. Ma, questa è la Tv.

lor@delavoro di Samuele Vincenti Qualcosa sembra finalmente muoversi nel panorama delle opportunità lavorative nella nostra Penisola. Uno studio condotto attraverso il sistema “Excelsior” da Unioncamere, in collaborazione con il Ministero del Lavoro, registra un incremento delle offerte di lavoro nelle piccole medie imprese e nelle industrie del terziario italiane per il primo trimestre del 2011. Le assunzioni previste saranno quasi centomila e coinvolgeranno la maggior parte nelle regioni del centro Nord e i giovani in possesso di un diploma di laurea. Si tratta di un dato sicuramente incoraggiante se si osserva che nel 2010 lo stesso dato si attestava sulle 71mila

Tommaso Dimitri

sto Paese o per il denaro o per la libertà. Se non hai denaro, ti aggrappi ancora più furiosamente alle tue libertà. Anche se il fumo ti uccide, anche se non hai i mezzi per mantenere i tuoi figli, anche se i tuoi figli vengono ammazzati da maniaci armati di fucile. Puoi essere povero, ma l’unica cosa che nessuno ti può togliere è la libertà di rovinarti la vita nel modo che preferisci”. Questo testo è stato l’evento letterario estivo negli Stati Uniti, merito soprattutto del presidente Obama che ha scelto “Freedom”, appunto il nuovo romanzo di Jonathan Franzen, come lettura estiva avendo avuto la possibilità di leggerlo in anteprima. Il “Time” gli ha dedicato una copertina, e questo è un grande privilegio, e la maggior parte dei critici americani stan-

no parlando in termini entusiastici di questa nuova opera. Si dice che per scrivere questo romanzo Franzen abbia impiegato circa nove anni e, soprattutto all’inizio del testo, c’è molto di autobiografico, così come era stato per il precedente celebre romanzo “Le correzioni”. L’edizione italiana di “Libertà” è da poco negli scaffali delle nostre librerie ed è edita da Einaudi. Franzen sceglie un matrimonio per raccontare il vincolo che lega due persone, per raccontare il vincolo che lega tutti gli uomini. Siamo negli anni Duemila, quelli della presidenza Bush e dell’operazione Enduring Freedom, anni in cui il tema della libertà è stato come non mai campo di battaglia e posta in gioco di uno scontro sia nel dibattito pubblico che in quello dell’ambito familiare. Che si combattano

marialucia andreassi guerre imperiali o che si tratti di guerre domestiche quella che è la posta in gioco è sempre la libertà ed il senso da dare a questa parola. Con questo nuovo romanzo Franzen torna a parlare della classe media americana e della crisi che la sta investendo, mettendo in scena la vita di una coppia apparentemente felice e perfetta, i Berglund, che di colpo implode rivelando tutto il cinismo e l’egoismo dell’America contemporanea. Jonathan Franzen, Libertà, Einaudi, 22.00

M U S I CALM E NTE www.H2onews.org Anna Rita Favale informazione cattolica Io provo a volare omaggio a Modugno

Il Portale www.h2onews.org è un servizio di informazione cattolica che realizza e distribuisce ogni giorno notizie in formato audio/video/testo in 9 lingue sulla vita della Chiesa e avvenimenti sociali e culturali che riguardano direttamente la vita dei cattolici nel mondo. È un servizio gratuito di informazione per televisioni cattoliche, siti web e radio cattoliche e per tutti coloro che desiderano, anche alle realtà più povere, ascoltare la Parola del Santo Padre e ricevere notizie sulla Chiesa Cattolica. È una “piattaforma digitale” interattiva nella quale tutti possono condividere le loro professionalità e creare una “rete nella rete”. Il progetto h2onews nasce durante il primo Congresso Mondiale di Televisioni Cattoliche, promosso a Madrid nell’ottobre del 2006 dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali e vuole seguire l’invito del Papa ad utilizzare i mezzi di comunicazione al servizio della evangelizzazione, della pace e dello sviluppo dei popoli. L’obiettivo è impegnativo: vuole rispondere alle necessità di crescita della comunicazione cattolica di tutto il mondo, attraverso i nuovi mezzi multimediali. Sono “un gruppo di professionisti della televisione e dell’informazione, che hanno creato, in pieno spirito ecclesiale, h2onews. Questa squadra si avvale, inoltre, dell’esperienza professionale delle suore di Hogar de la Madre, dotate di una particolare sensibilità per la comunicazione audiovisiva” (dal sito). “H2o” è la formula chimica dell’acqua, elemento vitale e “questo servizio informativo vuole essere acqua, per ogni utente: un’informazione rinnovatrice, che sorge dalla fonte pura del Vangelo. Nella tradizione cristiana, l’acqua è simbolo di vita, di purificazione, di salvezza, e di rinnovata vitalità”. H2o è un servizio informativo cattolico, a livello mondiale, e offre gratuitamente notiziari, in vari formati, in nove lingue utilizzando il canale di distribuzione di Internet: sia per le televisioni, in streaming, che per l’informazione diretta dei singoli navigatori (community, newsletter, Facebook ecc.). Il servizio è interattivo e vive di donazioni volontarie. Buon lavoro e buona informazione ai nostri lettori.

Il desiderio di dedicare uno spettacolo a metà fra il teatro e la musica al grande Domenico Modugno nasce dal voler omaggiare un emblema del cinema, del teatro e della musica popolare italiana e, per ribadire a noi stessi, e a chiunque voglia farlo assistendovi, chi siamo, da dove veniamo, dove siamo diretti. Oltre a cantante, attore, cantautore, dalla travolgente forza interpretamister Volare è stato uomo semplice e forte, umile e rivoluzionario, un esempio da seguire fermamente ancorato alla sua origine, alle sue radici meridionali mai rinnegate, anche se spesso confuse e tenute a distanza. Nella sua opera Modugno ha sempre ricordato la sua gente, quelle persone figlie dell’amara e dura terra del sudore, dai volti scuri e dalle mani incallite, quelle stesse mani che pizzicando le corde di una chitarra si sono pian piano levigate, senza mai dimenticare le passate fatiche quotidiane. Sin da principio, lungo il nostro percorso artistico, più volte ci siamo fermati ed interrogati di fronte all’opera di maestri come Modugno, Matteo Salvatore, De Filippo, Petrolini ed altri, come di fronte ad un grande patrimonio, da utilizzare come trampolino di lancio per nuove creazioni che partendo da questa tradizione popolare possano avere una forza comunicativa rinnovata e al tempo stesso un’ espressività propria ed universale. Così un po’ per gioco un po’ per sfida nasce “Io provo a volare”, drammaturgia originale, che a partire da cenni biografici di Domenico Modugno, unitamente alle suggestioni evocate dalle sue canzoni, racconta la vita di uno dei tanti giovani cresciuti in provincia pronti a affrontare ogni peripezia per realizzare il sogno di diventare un’artista, sull’onda di miti che oggi come ieri costellano l’immaginario giovanile. Ed è proprio attraverso la descrizione delle aspettative, delle delusioni, degli sforzi e degli inganni subiti da truffaldini incontri che si articola il viaggio fra comici episodi della realtà provinciale e alienanti esperienze metropolitane a caccia di situazioni favorevoli. In scena un attore, un cantante - attore e tre musicisti rievocano attraverso suoni, canzoni, monologhi ed immagini un viaggio che ha portato noi ragazzi all’incontro con l’artista, con i suoi personaggi e con quelli che a sua volta sono stati suoi maestri e punti di riferimento. Un’avventura profonda da vivere con leggerezza con la quale concederci la possibilità di un comune sogno di libertà, ad occhi chiusi e braccia spalancate, provando in un attimo a poter volare, così come Mimì potette fare, nell’attimo stesso in cui la sua voce faceva vibrare tutto il mondo, portandosi dentro tutti gli sforzi, le lacrime, i bocconi amari, assieme al calore, la tempra, le passioni ed il sangue scuro, della sua terra. Il 31 marzo ore 20.30 presso il Teatro Il Ducale a Cavallino. Info 0832.611208 - 331.6393549 dalle 17 alle 20. ti v a ,

Centomila opportunità di lavoro nelle piccole e medie imprese

assunzioni. Ed è un dato ancor più positivo se si considera che si tratterà perlopiù di assunzioni a tempo indeterminato, circa il 42,5% del totale. A fare da leva saranno soprattutto i settori manifatturieri e delle costruzioni, che assorbiranno oltre 45mila nuove assunzioni delle centomila complessivamente previste. Privilegiati saranno i lavoratori del nord o coloro che sceglieranno di trasferirsi in Veneto o in Friuli: dei nuovi posti di lavoro previsti, circa 10mila saranno solo nel Nord-Ovest, 7.500 nel Nord-Est, 9.600 nel Centro. Per tutto il Sud, invece, si prevede un incremento complessivo nelle assunzioni di 18mila unità. Non sarà solo il terziario in-

teressato dalla ripresa. Anche le PMI, piccole medie imprese, del settore commerciale e quelle operanti nei servizi, segneranno un segno positivo nel grafico degli impiegati, ma in questo caso le previsioni d’assunzione si concentrano in modo preponderante nel Centro-Nord. Per le figure professionali più richieste occorre essere in possesso di un diploma specialistico o di una Laurea. A queste è destinata più della metà delle opportunità (circa il 53,2%). Aumenta inoltre la richiesta di operai specializzati. All’interno delle professioni tecnicoscientifiche, il maggior numero di assunzioni non stagionali previsto dalle Pmi è destinato

ai Tecnici amministrativi e finanziari (7.300 quelli che le imprese intendono assumere), seguiti dai Tecnici del marketing (3.500) e dai Tecnici dell’industria e delle costruzioni e disegnatori (3.300). Ed è proprio quest’ultimo profilo professionale che registra la maggior difficoltà di reperimento all’interno del personale tecnico: 34,6%, contro una media generale del 28% (quest’ultima sostanzialmente stabile rispetto all’intero 2010). Tra il personale impiegatizio, sono gli addetti alla segreteria quelli che dovrebbero avere le maggiori opportunità (4.900 le assunzioni previste), mentre, tra le professioni relative alle vendite e ai servizi, i commessi appaiono i più ricer-

cati (5.700 le assunzioni previste nel trimestre), seguiti dai cuochi e dai camerieri (3.300). Da segnalare, in questo gruppo professionale, l’elevata difficoltà riscontrata dalle imprese a reperire alcune professioni che si occupano di servizi alla persona; in particolare, oltre il 60% dei 1.000 parrucchieri ed estetisti richiesti sembrano introvabili. Di difficile reperimento restano gli operai specializzati nelle costruzioni. Quasi il 39% delle 16mila assunzioni non stagionali previste sembra scarsamente rintracciabile sul mercato. Analogamente, risulta problematica un’assunzione su tre dei 15.300 di operai specializzati e conduttori di impianti industriali che le Pmi hanno ri-

chiesto nel trimestre. Il dato emergente è che, in tempi così difficili, investire nella formazione e prevedere la possibilità di trasferirsi dalla propria città di origine resta ancora il viatico migliore per affermarsi nel mercato del lavoro.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 26 marzo 2011

lo sport La sconfitta di Milano ha confermato la crescita di una squadra in salute. Pronta per il rush finale La salvezza resta ancora alla portata di De Canio

L’ASSIST di Paolo Lojodice

Lecce, la sosta necessaria Gli impegni della Nazionale di Cesare Prandelli impongono la pausa al campionato e rimandano a sabato 2 aprile la riapertura delle ostilità. Nel prologo del fine settimana, l’incontro clou sarà quello delle 20, 30 tra Milan e Inter, con l’intento dichiarato dei nerazzurri di completare l’esaltante rincorsa ai cugini rossoneri per il primato, dopo aver fragorosamente conquistato appena dieci giorni fa il proprio futuro in Champions. Un obiettivo, quello del primato in classifica, che a questo punto potrebbe suscitare, a ragion veduta - per qualità gioco espresso, continuità di risultati e punteggio che segna soli sei punti di ritardo dalla capolista - anche le mire dell’Udinese, impegnata sul campo del malconcio Lecce, reduce da tre stop di fila dei quali l’ultimo proprio contro i nerazzurri di mister Leonardo. Di minor richiamo il match che si terrà il pomeriggio al Rigamonti tra Brescia e Bologna, con implicazioni però che riguarderanno in maniera determinante soprattutto la lotta per la retrocessione: il Brescia, attualmente penultimo a due sole lunghezze dallo stesso Lecce, qualora non dovesse conseguire il risultato pieno, vedrebbe compromesse fortemente le proprie residue possibilità di permanenza in serie A. Dunque un quadro poco felice per i salentini che per altro saranno privi del capitano Giacomazzi,

S

L’ALTRO

fermato dal giudice sportivo, comunque disposti giocarsi le proprie chance di salvezza fino in fondo. Il filotto di sconfitte patite dagli uomini di De Canio - a ritroso Inter, Bologna e Roma - hanno ridimensionato le quotazioni dei giallorossi fino a tre turni fa più tranquilli dei relativi rivali appena al di sopra della zona rossa, addirittura elogiati, tra il lotto delle squadre minori, per essere capaci di esprimere fasi di gioco apprezzabili. Però, alla fine della fiera, Il problema più evidente e determinante per le maglie giallorosse, è la poca consistenza del suo attacco: finora il successo nella finalizzazione del gioco leccese si è visto in massima parte con Di Michele in campo; lo stop subito dalla punta per problemi muscolari, ha evidenziato, ancora una volta, quanto il suo impiego, sia pur parziale, abbia un ruolo chiave nella impostazione della squadra e nella gestione della partita stessa, in una certa misura anche al di là delle caratteristiche degli avversari:con Di Michele in campo il Lecce riesce ad esaltare al meglio le caratteristiche di rilancio del gioco, più fantasioso e propositivo in attacco. La squadra di De Canio, ora è consegnata a quella che è la propria reale condizione in affannosa lotta per non retrocedere, con l’obbligo di dover essere corsara ad ogni incontro, fino alla fine. Del resto la

banda di De Canio è mancata a proprio in quelle occasioni che l’avrebbero distinta dalle dirette rivali: non ha saputo “matare”, quando le circostanze lo obbligavano, il Brescia o il Cesena, lo stesso Catania, evidenziando limiti oggettivi. Un confronto diretto tra quello che avrebbe dovuto essere e invece non è stato si è visto nella sconfitta casalinga di due turni fa contro il Bologna: quella, per i giallorossi doveva essere una partita da vincere a tutti i costi, per rilanciarsi davanti al proprio pubblico sfruttando il secondo turno interno pur dopo la sconfitta contro la Roma, per impantanare le ambizioni dei felsinei che invece, dal Via del Mare hanno spiccato il balzo nelle zone sicure della classifica. Adesso, senza alternativa, il Lecce deve

fare la sua corsa per aggredire con maggiore motivazione chi in classifica la guarda dall’alto in basso: Cesena, Sampdoria, Parma e Catania, impresa non facile e che soprattutto non lascia, a questo punto del torneo spazio a calcoli e a possibilità di recupero, anche perché, come si è visto, fare calcoli non è nelle possibilità del Lecce. Per paradosso di campanile i giallorossi dovrebbero fare il tifo per i cugini rivali del Bari, che domenica fanno visita al Parma, ma che contro il Chievo, alla pari del Lecce di una settimana prima contro il Bologna, hanno perso l’occasione per inguaiare i veneti e, soprattutto, continuare a sperare. Ma quella del San Nicola e dei suoi galletti è storia calcistica ancor più triste in terra di Puglia, inutile farsi illusioni.

PORT di Paolo Conte

KUNG FU LECCE

Andrea Ferreri, dalla Cina con medaglia. Terzo posto ai Mondiali di Hong Kong

Verrebbe quasi da dire, “dalla Cina con furore” ecco a voi la medaglia di bronzo dei mondiali di kung fu-Sanda Andrea Ferreri. Ebbene si, il ragazzo di Noha torna nella sua Galatina al termine della nota competizione continentale tenutasi ad Hong kong. La conquista del prestigioso terzo posto in quello che rappresenta il massimo evento sportivo per le arti marziali cinesi, inorgoglisce tutto il Salento e in particolare il DS della polisportiva Zen Shin Antonio Buono, premiato con la targa di miglior coach della competizione iridata. Il maestro galatinese traccia gli obiettivi agonistici del ragazzo: “il prossimo match di Andrea è previsto nel mese di giugno a Parigi per l’Euro Liga; al momento ci godiamo il risultato storico appena conseguito. La manifestazione mondiale si ripete una volta l’anno e tra due edizioni, l’evento avrà luogo a Vercelli; in prospettiva, uno sti-

molo in più per impegnarci a far meglio”. Un bronzo che vale come un oro per il giovane Ferreri, unico atleta italiano nella categoria dei -56 kg tra una moltitudine di orientali. Dopo le prime scalate al vertice, il diciottenne salentino ha dovuto cedere solo in semifinale dinanzi al beniamino di casa e principale favorito al titolo; atleta cinese sconfitto poi nella finalissima a causa dei traumi all’arto inferiore sinistro infertigli dal granitico salentino. Un successo che affonda le sue radici nel ’98, quando il piccolo Andrea a soli 5 anni, prende confidenza con la nobile pedana del Sanda; un quadrato rialzato privo di corde che racchiude l’essenza dell’antica arte cinese, basata sul rispetto delle regole e dell’avversario. Appena tre anni dopo, il giovanissimo talento inizia l’attività agonistica sotto la guida dell’arguto fruitore di talenti Antonio Buono, selezionatore da circa un anno, della nazionale italiana di Sanda (combattimento libero cinese) e maestro della

medesima disciplina insieme a quella della Muay Thai. La carriera sportiva del piccolo grande Andrea è proseguita con i precoci risultati ottenuti a livello nazionale, fino ai trionfi dei campionati europei a Pisa lo scorso novembre. Il resto è storia appena scritta dal sorprendente Ferreri che, a soli 18 anni, rappresenta già passato, presente e futuro del kung fu-Sanda sul panorama intercontinentale. Inoltre, il fulgido terzo posto conquistato al mondiale, ha attirato l’attenzione dei più esperti maestri orientali, pronti ad offrire al talentuoso salentino un banco all’università delle arti marziali di Pechino. Un’onorificenza ma soprattutto una grande possibilità che impreziosisce il bronzo ottenuto dal ragazzo di Noha. La chance di proseguire gli studi delle discipline marziali tra i “mostri sacri” del Kung fu, sarebbe inequivocabilmente il definitivo salto di qualità alla carriera agonistica di Ferreri che, oltre ad affinare tecniche di combattimento, arricchirebbe le sue

conoscenze sull’affascinante civiltà cinese; etnia che fonde le sue tradizioni alle arti marziali, dove si vive e si respira kung fu incessantemente. Un progetto, quello cinese, ancora da delineare date le priorità del giovane, prossimo agli esami di maturità e alle prese con una scelta di enorme responsabilità considerata la carta d’ identità. Con certezza potremmo sostenere che se da queste parti Fabrizio Miccoli è denominato da tutti come il Romario del Salento, l’astro nascente Andrea Ferreri può indiscutibilmente essere considerato come il Bruce Lee di Galatina. Oltre alle doti innate di puro combattente, Andrea ha saputo unire dedizione e spirito di sacrificio, valori inculcati dalla saggezza di maestro Buono il quale vanta una polisportiva composta da 300 tesserati. Un alveare di talenti capace di esportare il marchio galatinese oltre i confini europei e, in tal caso, paventare l’ idea di scavalcare le antiche muraglie cinesi.

MONDO Premio provinciale di tennis da tavolo Una giornata spettacolare ed intensissima, quella vissuta a Vernole dagli atleti del Centro Sportivo Italiano. Piccoli e grandi pongisti, in gara nelle diverse categorie, assieme all’inseparabile “gomma” amica hanno offerto il meglio di sé - un bel mix di riflessi e tecnica, di testa, polso e gambe. Alla manifestazione, svoltasi presso la palestra della scuola media di Vernole, hanno preso parte circa cinquanta atleti provenienti da tutta la Provincia. Coordinatore della manifestazione il referente Provinciale Tennistavolo Csi Giampiero Turco. All’evento erano presenti il Presidente Provinciale Csi Lecce Marco Calogiuri e il coordinatore del gruppo arbitri Oronzo Negro. Marco Calogiuri Presidente Provinciale nel ringraziare Utopia Sport e Giampiero Turco per la calorosa accoglienza si è soffermato sulla valenza educativa dell’attività di tennistavolo. Il Csi ha in cantiere diverse iniziative che andranno a promuovere gli sport minori. Sport minori nel numero di praticanti ma non nella loro valenza educativa. Il tennistavolo è un attività dall’alto valore formativo per i nostri giovani. Replicheremo gli appuntamenti e per il prossimo anno porteremo questo sport nelle scuole e in ogni gruppo oratoriale affiliato. Pietra miliare dell’evento 2011 è stata la partecipazione del mondo paraolimpico con l’Associazione Filanto 2001 che con i suoi atleti si è contesa il titolo provinciale nella cat. paraolimpici 1/5. Campione Provinciale nella cat. ragazzi si è laureato A. De Dominicis (Csi San Domenico Savio Asd Merine), secondo classificato S. De Carlo (Utopia Sport), terzo classificato G. Turco (Utopia Sport), mentre nella cat. Allievi arriva ai vertici provinciali A. Turco (Utopia Sport) che vince la finalissima contro A. Lupoli (Csi San Domenico Savio Asd), terzo classificato De Giorgi G. (Utopia Sport). Nella cat. Open si laurea campione provinciale A. Turco (Utopia Sport) che precede C. Mulino (Utopia Sport). e G. De Giorgi (Utopia Sport). Nel settore paraolimpico campione provinciale Csi è E. Vitti (Filanto 2001) che precede i compagni di squadra C. Arnesano (Filanto 2001) e R. Cazzato (Filanto 2001). Tra i partecipanti alla competizione si è fatto notare per la buona preparazione tecnica don Valentin Diac vice parroco della Comunità Parrocchiale di Santa Rosa Lecce. Assenti alla manifestazione di ieri Paolo Congedo (Utopia Sport) e Grazia Turco (Utopia Sport) impegnati a Lignano Sabbiadoro (Ud) dove hanno conseguito nel campionato italiano paraolimpico rispettivamente la medaglia di bronzo e un lusinghiero quarto posto.


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