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Lecce, 26 febbraio 2011

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L’Ora del Salento

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Nuova serie, Anno XXI, n. 7

Il messaggio della storia

SETTIMANALE CATTOLICO

Da 150 anni i Salentini sono Italiani

di Nicola Paparella Come una matassa che si snoda a partire dal 1975, quando in Portogallo fu ribaltata la dittatura di Salazar, le rivolte di questi giorni che si sviluppano attorno al Mediterraneo, pur nella specificità di ogni situazione politica, hanno in comune alcuni caratteri che, se vengono osservati con attenzione, sembrano essere le voci della storia, i messaggi che la storia ci invia perché ciascuno abbia da imparare qualcosa ed abbia a capire dove portano le azioni degli uomini. La prima nota, la più significativa, è data dalle mani nude dei rivoltosi che, nei Paesi attorno al Mediterraneo, non hanno combattuto e non combattono con il favore delle armi, bensì soltanto con la forza delle idee e con la tenacia che viene dalla forte determinazione. Se in queste rivolte ci sono stati dei morti - troppi morti, soprattutto in Libia - è perché gli uomini del potere hanno dato l’ordine di sparare sulla folla. Certamente si è trattato di una ribellione dura, tenace, caparbia, ma la folla è rimasta sempre inerme, a mani nude. Il secondo elemento distintivo della ribellione è dato dal grave livello del disagio, dovuto al numero crescente dei poveri, alla crescita incontrollata dei prezzi, alla ingiusta distribuzione delle risorse. L’hanno chiamata la guerra del pane, la rivolta del couscous, la ribellione della fame, quasi a segnalare l’impellenza di un bisogno primario. Sono stati i poveri che hanno avvertito meglio degli altri il rapporto che c’è fra la povertà e gli squilibri sociali, fra la democrazia e il benessere dei popoli. Sono stati i poveri a capire l’inganno della propaganda, la mistificazione esercitata dal potere, il sovvertimento delle regole morali. Ci sono poi altre e due condizioni che non vanno sottovalutate. Il ruolo dell’esercito e quello della stampa. Il tacito assenso dei militari è una nota comune. Anche il recente sconfinamento a Malta di alcuni aerei militari libici si spiega con il deciso rifiuto dei piloti a sparare sulla folla. Nella gran parte dei casi i militari hanno solidarizzato con il popolo, perché ne hanno compreso le ragioni, perché forse ne condividevano le condizioni o, quanto meno, le avvertivano come vicine alle proprie condizioni di vita. Fra l’esercito, chiamato a dare una mano alla polizia, e i rivoltosi si è stabilita una sorta di intesa che ha permesso, agli uni e agli altri, di far riferimento alla Patria piuttosto che al dittatore di turno, alla democrazia piuttosto che ai componenti del governo. Quanto alla stampa, i rivoltosi non l’hanno considerata credibile, come non hanno più creduto alla radio e alla televisione, troppo schierata a favore del dittatore di turno. La stampa di regime è stata sconfitta da internet, dai blog e dai messaggini che corrono lungo i sentieri dei cellulari. Dinanzi a questi avvenimenti, se vogliamo che la storia insegni qualcosa, converrà correggere tutto quel che c’è da correggere, prima che siano le piazze a dare una spallata. Che è cosa sempre dolorosa... e costa immensi sacrifici. Chissà se nelle capitali d’Europa c’è qualcuno che abbia tempo e voglia di pensarci.

Lecce, 26 febbraio 2011

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COM’È OGGI


L’Ora del Salento

Lecce, 26 febbraio 2011

primopiano

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EDITORIALI LE NUOVE ONDATE MIGRATORIE

Europa, Italia, Salento. Solidarietà e sicurezza Le coste della disperazione alla base di ogni accoglienza Il sud del Mediterraneo è un grande fuoco acceso, attorno al quale si giocano i destini di buona parte del vecchio continente. In tutto questo gli interrogativi che si affacciano sulla scena politica sono innumerevoli. Il primo riguarda la possibilità di capire se dentro questo tumulto di auspicata democrazia non si nasconda la feroce tirannide del fondamentalismo islamico, il secondo è orientato a dare certezze in materia di stabilità politica. I casi della Tunisia prima, dell’Egitto poi, della Libia oggi, passando per lo Yemen e l’Iran sono emblematici ed esemplificativi di una certa inquietudine che serpeggia nelle diplomazie delle grandi democrazie, perché è chiaro che se non avremo stabilità il danno sarà ben più serio. Prendiamo il caso dell’Egitto; fino a ieri tutti consideravano Mubarak un capo di Stato, rispettato e in grado di dialogare con l’Europa, oggi scopriamo che era un dittatore, ma a questo dittatore, come ormai si dice, chi e che cosa faranno seguito? A cosa aprirà la strada questa fase transitoria e, soprattutto, questo direttorio militare porterà la democrazia? E con quali strumenti? Si tratta di processi lunghi, quelli che portano alla democrazia, avviati in un’epoca e

L’Ora del Salento SETTIMANALE CATTOLICO

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portati a compimento dopo numerose generazioni; la storia dell’Europa lo ha dimostrato, ma a che prezzo ci siamo arrivati in Occidente? Oggi nondimeno in una fase di totale stasi dell’economia specie da noi, quale futuro garantiremo a chi ci ha presi per “Lamerica”, come recitava il film di Gianni Amelio? Oggi l’Italia, alle prese con problemi di varia natura, deve preoccuparsi, insieme all’Europa tutta, di mettere a punto la nuova macchina dell’accoglienza, perché quei governi che con spirito collaboravo impedivano le migrazioni oceaniche di una volta non ci sono più. Da politico di centrodestra mi chiedo se questa instabilità può accogliere l’istanza democratica che pure emerge dal grido di libertà di quelle popolazioni, o se questa instabilità non farà sì che la rivoluzione si mangi i rivoluzionari… Quei capi di Stato che garantivano stabilità, sono stati condannati da un tribunale di piazza, al quale deve fare seguito un tribunale civile, perché la democrazia nasce in piazza ma poi vive nelle istituzioni civiche, nella giustizia, nelle costituenti, nello sviluppo dell’economia. Democrazia non traduce solo due fonemi di greco antico, traduce, in realtà, mille cose. Il Governo italiano ha già dato prova di saper affrontare

PENSANDOCI BENE...

le emergenze, ma se il rischio è quello di ingaggiare una lotta senza quartiere con un fenomeno continentale, un solo governo o pochi Stati non potranno fare l’impossibile e l’incendio del Mediterraneo del Sud infiammerà anche quello del Nord. Il nostro Salento poi, centro del Mediterraneo, ha già vissuto quelle esperienze e conosce il ritmo frenetico della disperazione quotidiana sulle coste del sud. A quella disperazione si ha l’obbligo di rispondere con la speranza delle strategie internazionali e del dialogo culturale, ma anche con regole scritte, norme precise e dotate di buon senso. L’ospitalità funziona se c’è un’offerta di accoglienza all’altezza, si è ospitali se ce lo si può permettere. E in un tempo in cui l’economia soffre, sarebbe improponibile accogliere tutti a braccia aperte, senza studiare un percorso di legittimazione ed emancipazione sociale e occupazionale. Senza i dittatori si fa strada la democrazia, è vero; ma la democrazia si nutre sui verdi pascoli di colline rigogliose. Nel deserto dell’emergenza e delle precarietà solitaria la democrazia non attecchisce, col risultato che avremo ribaltato il dittatore per poi fuggir via portando ad altri lo “squilibrio” di quella tanto agognata libertà. Raffaele Baldassarre

Secondo l’Agenzia Frontex per la sorveglianza delle frontiere comunitarie, nei primi 15 giorni di febbraio vi sono stati, nell’Italia meridionale, 116 sbarchi per un totale di 5.526 immigrati irregolari, tra cui 108 minori, di cui solo 18 accompagnati. Lampedusa, Linosa, Agrigento, le coste pugliesi e calabre sono tornate ad essere, come fu nell’ondata immigratoria degli anni ’90, terre di rifugio per i disperati, approdi di speranza, lidi dove cercare di sfuggire alla guerra, alla povertà, alla persecuzione. Quanto sta accadendo nel nord Africa, in termini di rivolte sociali e politiche, costringe l’Italia, ma anche gli altri paesi europei che si confrontano sul fenomeno, a interrogarsi di nuovo sulla bontà delle politiche per l’immigrazione, fino ad oggi improntate alla severità nei confronti dei clandestini e alla volontà di un’integrazione multiculturale di chi giunge regolarmente nei nostri Paesi. Evidentemente non è più il tempo di preoccuparsi di contenere entro certi limiti il quantitativo degli immigrati extracomunitari. Quando ci sono migliaia di persone per strada, che non possono tornare a casa perché lì rischiano la vita, è giusto chiedersi se non sia invece il tempo di costruire un rapporto diverso e più umano tra l’Italia tutta

di Giuseppina Capozzi

e le genti che ci invocano aiuto e asilo. Proprio la nostra Terra, il Salento, negli anni più critici del fenomeno migratorio verso le coste italiane, ha avuto meriti importanti e riconosciuti a livello internazionale per la sua capacità di coordinare e gestire gli effetti dell’esodo mediterraneo, senza adottare logiche di militarizzazione o interventi repressivi, ma garantendo comunque incolumità e tutela ai tanti gruppi umani disperati che abbiamo accolto. La strategia, all’epoca, era quella di creare un senso di comunità anche tra persone che non avevano niente in comune, dall’identità alla religione, dalla cultura alla lingua. Il che servì anche a rafforzare nei nostri concittadini l’orgoglio per la propria identità locale e quel senso di libertà nel poter affermare senza pregiudizi che si poteva essere salentini o musulmani, e comunque convivere in pace. E’ questo senso di identità e di appartenenza la chiave per ottenere una autentica integrazione e coesione tra popoli così lontani tra loro. È chiaro che questa politica di solidarietà deve fare i conti con la percezione di insicurezza che si genera nei cittadini, non preparati a improvvise forme di convivenza con il diverso e timorosi di veder compro-

messa la propria identità socioetnica e la propria tranquillità. Dall’11 settembre 2001 in poi, il concetto di “pace” nel mondo occidentale è cambiato. Dieci anni fa nessuno conosceva pienamente il significato e gli effetti del terrorismo internazionale, mentre oggi siamo tutti “preparati” allo scontro tra civiltà, quasi che potesse accadere in ogni momento. Ed è proprio in queste fasi storiche che si manifesta la maturità di un gruppo sociale. È di fronte alle difficoltà del vicino che dobbiamo dimostrare la nostra cultura dell’accoglienza, continuando a contrastare la devianza con fiducia e decisione. Non dimentichiamo che l’Italia ha una sua specificità culturale, che le deriva dallo stretto collegamento che c’è tra la storia nazionale e l’identità cristiana, nella sua declinazione cattolica. Ecco perché proprio il nostro Paese ed il Mezzogiorno in particolare, in un contesto di cooperazione con i partner europei, devono saper ritrovare, proprio nell’anno in cui si festeggia il 150° dell’Unità nazionale, la propria dimensione multiculturale e quella straordinaria e radicata solidarietà che è stata da esempio, nel passato, per il resto del mondo. Lorenzo Ria

MEDIO ORIENTE

Matrimonio cristiano e coscienza sociale Quali previsioni dopo le proteste? La legittimazione dell’“epidemia del divorzio”, come la qualifica il Concilio Vaticano II, ha dato origine ad un progressivo oscuramento dei princìpi fondamentali del matrimonio nella coscienza sociale. Il matrimonio cristiano che fonda la famiglia non è un modo di vivere la sessualità in coppia, perché sarebbe allora solo uno dei modi possibili; non è neanche la semplice espressione di un amore sentimentale tra due persone, perché rientrerebbe nell’ambito dell’amore in generale come nell’amicizia; non è neanche una delle modalità di celebrazione delle nozze, perché questo atterrebbe semplicemente ad una ritualità esteriore senza una identità spirituale e una soggettività sociale. Il matrimonio autentico è un impegno attivo, indissolubile, intimamente fondato, nutrito dalle sfide continue del vivere quotidiano. Ma qual è il significato del matrimonio? Ci si chiede, oggi, come rinominarlo, con quale linguaggio definirlo. I linguaggi della comunicazione sono tra i più diversi, soprattutto nell’attuale epoca in cui sembra che la comunicazione sia ai massimi livelli di diffusione. In realtà la quantità delle informazioni sta penalizzandone la qualità. Una risposta autorevole e qualificata in campo scientifico proviene dalla Relationships Foundation che, nel febbraio u.s., ha diffuso i dati delle sue ultime ricerche sulle conseguenze negative e positive relative all’istituto matrimoniale. Studi consistenti dimostrano come le separazioni incrementino notevolmente i problemi di salute dei divorziati e dei loro figli; come sia penalizzata un’equilibrata educazione dei figli ed il loro adeguato inserimento nel sociale; come ne risentano economicamente la famiglia stessa di origine e la società tutta; per non parlare delle conseguenze di instabilità per la società intera. In modo alternativo, viene dimostrata la capacità reale ed esponenziale di crescita sana e serena per i singoli componenti della famiglia (sul terreno fisico, economico, realizzativo per sé e per gli altri). Questi studi non fanno che avallare, seppure relativamente al linguaggio scientifico, la verità di cui interiormente ogni essere umano è consapevole. Ci si chiede, allora, come invertire la tendenza attuale alla distruzione e delegittimazione di un istituto, quello matrimoniale, che sembra aver perso il significato di fondo della sua esistenza. In realtà, è prevalentemente nel valore sacramentale che si può cogliere il senso profondo dell’unione coniugale. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia evidenzia alcuni presupposti antropologici che definiscono la specificità dell’unione matrimoniale: l’uguaglianza della donna e dell’uomo in quanto persone, la complementarità dei sessi per la naturale generazione dei figli, la libera scelta di una relazione stabile e definitiva, la dimensione sociale della condizione coniugale attraverso le relazioni parentali. L’amor coniugalis viene così definito, oltre la sua accezione di sentimento, come un impegno reciproco assunto in piena libertà, secondo giustizia e orientato a scoprire il bene del dono coniugale, “duraturo ed irrevocabile” (Gratissimam Sane, 11). info@giuseppinacapozzi.it

Crescono le proteste in Medio Oriente e nei Paesi nordafricani. In Libia la tensione è alle stelle. Il discorso televisivo di uno dei figli di Gheddafi ha ulteriormente innalzato il livello dello scontro. Secondo notizie che giungono dal Paese molte città sarebbero in mano ai dimostranti, mentre unità dell’esercito avrebbero scelto di disertare. Analoghe drammatiche situazioni in Yemen e Bahrein. Molti Paesi occidentali stanno pensando di rimpatriare i propri connazionali. Su quanto sta accadendo in Medio Oriente e Maghreb abbiamo intervistato il direttore del Middle East programm del landau Network - Centro Volta (Lncv), Riccardo Redaelli. In questi giorni stiamo assistendo all’allargamento delle proteste in molti Paesi mediorientali e nordafricani, quasi un effetto domino. Ci sono elementi comuni in queste manifestazioni? “In queste proteste ci sono dei minimi comuni denominatori che hanno a che fare con una profonda insoddisfazione del popolo, con la sua crescente frustrazione ed una mancanza di rappresentatività. Stiamo parlando di regimi, come Egitto, Tunisia, Algeria, Libia che sono usciti dalla colonizzazione con grandi aspettative. Gli stessi leader che hanno guidato la decolonizzazione hanno poi gestito per decenni il periodo post-coloniale. Lo hanno gestito malissimo, senza dare democrazia, senza garantire rappresentanza e accesso a beni primari quale istruzione, lavoro, casa. ”. Quali potrebbero essere gli esiti di queste manifestazioni popolari? “Le Repubbliche presidenziali illiberali sono crollate facilmente quando il vertice politico ha cercato un accomodamento, un compromesso con il popolo che protestava. Questo è il segnale che non c’è più la volontà di reprimere brutalmente. Altro fatto interessante, in questa fase, è la posizione delle Forze armate che nei regimi più strutturati, maturi, hanno rifiutato di essere strumento di repressione. In Yemen, in Bahrein, dove c’è l’incognita dell’Arabia Saudita, e in Libia, questo non sta avvenendo”. La rivolta araba sembra il primo vero punto di incontro tra Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente che non si sono mai amati molto, pensiamo ai dissidi all’interno della Lega Araba. Si può, quindi, parlare di evento epocale? “Di certo è un evento che rimarrà nella storia ed è un cambiamento evidente. Quanto al legame tra Maghreb e Medio Oriente va ricordato che questo si era rotto negli anni passati, dopo la fine della Guerra Fredda. Allora il Medio Oriente si era legato alle vicende che accadevano nel Golfo, in Afghanistan e Asia Centrale, mentre il Maghreb e parte del Nord Africa seguivano percorsi propri. Queste vicende hanno invece accentuato il carattere arabo della rivolta, accomunando il mondo arabo. Siamo solo agli inizi, ci sono tantissime situazioni di crisi molto diversificate come in Bahrein dove assistiamo alla rivolta della maggioranza sciita contro il governo sunnita. Qui la repressione è appoggiata dagli Usa, che in Bahrein hanno una strategica base navale”.


L’Ora del Salento

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primopiano

LA CASA DELLA CARITÀ

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DOVE

PIANO TERRA

NEL CUORE DEL CENTRO STORICO DI LECCE NELLE VICINANZE DELLE SCALZE IN UN IMMOBILE DONATO DAL SIG. ANTONIO LANZALUNGA ALLE MONACHE BENEDETTINE DEL MONASTERO DI SAN GIOVANNI E DA QUESTE ALLA CHIESA DI LECCE

LA CHIESA DI LECCE APRE LE PORTE

PRIMO PIANO

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L’intuizione dell’Arcivescovo D’Ambrosio diventa realtà. Nasce in città un centro di accoglienza per i più poveri C’erano una volta, quando il catechismo si apprendeva mandando a memoria semplici e chiari precetti, le sette opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati... Tutti insegnamenti, consigli che definiscono concretamente il dovere umano e cristiano dell’ospitalità. Se a quelli si aggiungono, come corollario, due delle sette opere di misericordia spirituale, consigliare i dubbiosi e consolare gli afflitti, si avrà una definizione completa dell’accoglienza, valore aggiunto dell’ospitalità . Presso tutte le antiche civiltà e poi in Grecia e a Roma, si affermava la Xenia, la sacralità dell’ospite. Ne troviamo testimonianza nei poemi omerici, in particolare nell’Odissea. Nausicaa, principessa dei Feaci, va incontro ad Ulisse naufrago che le si presenta davanti coperto di salsedine e dall’aspetto orribile. Si rivolge anzi con parole di rimprovero alle ancelle che erano fuggite: “Oh - disse - fermatevi. In quale parte fuggite voi? Perché vi apparve un uomo/mirar credeste del nemico il volto? (…) Gli stranieri vedete ed i mendichi vengon/ da Giove, tutti, e non v’ha dono/ picciolo sì, che lor non torni caro”. Così Eumeo, il servo di Ulisse, pur non riconoscendo il suo padrone nel lacero, sporco mendico giunto da lontano, non gli chiede chi sia né da dove venga, ma lo accoglie, ravviva il fuoco e si dispone ad ascoltarlo. Al contrario il tracotante Antinoo insulta e colpisce brutalmente il vecchio mendicante subito rimproverato dagli altri Proci, consapevoli che dietro umili sembianze possa celarsi la divinità. Questa sacralità dell’ospite e del povero come possibile teofania, sottendono la predicazione di Gesù, sostanziate dalla fede nella fratellanza tra gli uomini, come figli di Dio; “Perché ebbi fame e mi deste da mangiare: ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi accoglieste” (MT 25, 35), “Chi accoglie voi accoglie me; e chi accoglie me accoglie il Padre che mi ha mandato” (MC, 9,36). Ospitare, accogliere, servire, sono gli obiettivi che hanno guidato il vescovo, S. E. Domenico D’Ambrosio nel perseguire e realizzare con sagacia e pazienza il sogno di una struttura di accoglienza temporanea che fosse testimonianza concreta dell’attenzione della comunità cittadina verso chi è nel bisogno. Il progetto ormai definito, viene presentato Venerdì 25 febbraio, alle ore 17:00 presso il Salone del Monastero delle suore Benedettine, in occasione dell’incontro con mons. Vittorio Nozza, Direttore nazionale della Caritas italiana. Mons Vittorio Nozza, si trova a Lecce per presiedere due incontri sul tema “Educare alla carità”. I momenti di riflessione si tengono rispettivamen-

Chi accoglie voi Accoglie me PERCHÈ

PER OSPITARE PER ACCOGLIERE PER SERVIRE

PER CHI

GRAZIE A CHI

PER CHI VIVE GRAVI DISAGI SOCIALI PER CHI È IN CONDIZIONI DI ESTREMA POVERTÀ PER CHI HA BISOGNO DI UNA PASTO E DI UN LETTO

ALLA CARITAS DIOCESANA ALLE PARROCCHIE ALLE ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO ALLE ISTITUZIONI

IL DIRETTORE DELLA CARITAS DIOCESANA

Don Attilio: testimonianza concreta d’amore Un’occasione importante per la nostra Arcidiocesi di Lecce la venuta del Direttore Nazionale della Caritas Italiana, mons.Vittorio Nozza, per presentare la “Casa della Carità”. Qual è il percorso che la Caritas vuole indicare con questo evento di particolare rilievo. Innanzitutto vogliamo dire che, proprio in concomitanza con questa presentazione della “Casa della Carità”, avvenuta ieri pomeriggio (n.d.r. venerdì 25 febbraio alle ore 17,00) nel Salone delle Benedettine, la Caritas non è una stazione di servizio o un supermercato, ma è un organismo pastorale che organizza sul territorio tutto, senza guardare il colore della pelle, il colore politico o il “colore” religioso, la “testimonianza della carità”. Come si è arrivati al progetto e adesso alla realizzazione della “Casa della Carità?”. Si è arrivati grazie ad un lascito di un complesso edilizio, di circa 700 m² di copertura, a favore del Monastero delle Suore Benedettine che non potevano riprendere o ristrutturare. Le Suore hanno accolto positivamente l’invito di mettere a disposizione della Diocesi questo complesso edilizio, in comodato gratuito per un congruo numero di tempo (50 anni), e la Chiesa di Lecce ha chiesto e ha ottenuto dalla Cei un contributo invocando l’otto per 1000 per la ristrutturazione. Il progetto è stato formulato dalla Caritas Diocesana di Lecce ed è stato fatto proprio dalla Caritas Nazionale. Ecco il motivo della presenza qui a Lecce di mons. Vittorio Nozza, Direttore della Caritas Italiana. Dove si trova questo complesso edilizio della “Casa della Carità”. te alle ore 10.00 nell’ Aula Mincuzzi del Seminario di Lecce, per il Clero della diocesi, e alle ore 17.00 presso il Salone del Monastero delle Suore Benedettine, per gli Operatori pastorali diocesiani e parrocchiali. Casa della carità,” è il nome attribuito al progetto di Mons, D’Ambrosio, un binomio che comunica colore e calore, il rosso del fuoco di carità e

Tutta questa grande costruzione, di circa 700 m² di copertura, si trova ubicata nei pressi della Casa Madre delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori dove è tumulato il corpo di San Filippo Smaldone, nel Centro Storico di Lecce. L’accordo con le Suore Benedettine è stato formalizzato nel mese di dicembre del 2010 e i lavori di ristrutturazione cominceranno nel prossimo mese di aprile. Cosa diventerà questo complesso della “Casa della Carità”. Questo complesso sarà “La Casa della Carità” e convoglierà tutti i servizi della Caritas Diocesana: ascolto, accoglienza notturna per uomini e per donne, per qualche famiglia mononucleare o non molto numerosa, mensa, un servizio sanitario, luogo per la distribuzione dei prodotti di prima necessità alimentare e vestiario, supporto per l’alfabetizzazione di lingua italiana per gli stranieri e l’alfabetizzazione per l’informatica di base e altri servizi necessari. Come si organizzerà tutto il servizio della “Casa della Carità”? Chi saranno gli operatori e gli animatori che parteciperanno all’accoglienza, all’ascolto, alla distribuzione e alla formazione nell’alfabetizzazione di lingua italiana e computers? Tutti i servizi saranno svolti dagli Operatori Pastorali della Caritas che opereranno come volontari. In vista di tutto questo si sono organizzati dei corsi di formazione in modo che ogni operatore Caritas nel dare possa anche ricevere. Tommaso Dimitri

l’accogliente tepore dei delicati accordi cromatici suggeriti dalla parola casa, comunità d’amore e di cura che sarà un importante presenza sul territorio. Prendersi cura in un contesto di carità significa mettere in secondo piano il proprio io e disporsi al dialogo; riconoscere la dignità sacra e inviolabile di ogni condizione umana, creare legami di fiducia e di rispetto recipro-

co. Dunque un sentire empaticamente i bisogni e le esigenza dell’altro nel cui volto si vede riflesso quello di Dio legato ad un atteggiamento in cui ciascuna delle parti riconosce e rispetta il mistero dell’altro e lo arricchisce, donandogli qualcosa di sé. Le caratteristiche organizzative previste della Casa costituiscono il contesto adeguato necessario ad age-

volare queste modalità di accoglienza. Innestata nel centro storico della città, orientata ad est, verso il sorgere del sole che garantisce locali luminosi, la Casa della carità, sarà realizzata in un edificio donato dal noto Antonio Lanzalunga alle Monache Benedetti e da queste messo a dispozione della Chiesa di Lecce. Essa avrà la disponibilità di 40 posti letto, 20 per uomini e 20 per le donne, cucina e mensa comuni, com’è necessario per restituire a queste attività il loro antico valore di momento di dialogo e di incontro. Cucinare e mangiare insieme non sono, infatti, azioni volte solo al soddisfacimento di bisogni primari, ma creano momenti di gioiosa convivialità, occasioni inedite di conoscenza, consapevolezza di star bene insieme. Comune anche la lavanderia,quale luogo di chiacchiere, di comunicazione Un centro ascolto e accoglienza permetterà di creare il contesto adatto per evitare interventi estemporanei sia pure con le migliore intenzioni, mirandoli invece alle effettive necessità. Distribuzione dei beni di prima necessità, servizio docce/guardaroba e attività collegate, attengono alle necessità immediate del corpo, mentre gli spazi della preghiera avranno il compito di nutrire lo spirito e favorire momenti di comunione tra ospiti e volontari. La struttura accoglierà persone che hanno un grande disagio sociale, sono in un condizione di povertà estrema, mancano di un letto o di cibo. La gestione della casa sarà affidata alla Caritas diocesana, alle parrocchie e associazioni di volontariato e da istituzioni cittadine, una formula che risponde alle esigenza di comunità e corresponsabilità che ne sono l’aspetto caratterizzante. Un grazie all’intuizione di mons. D’Ambrosio che donerà alla città uno spazio di notevole valore sociale e religioso rispondente ad esigenze di accoglienza sempre più impellenti. La linea di demarcazione per cui un uomo da ospite diventa straniero, ostile è infatti moto sottile, come dimostra il fatto che sia nella lingua greca che in quella latina, la parola ospite ha la stessa radice di straniero. La logica sottesa a questa coincidenza implica che il diverso, l’estraneo deve essere ospitato, accolto. La perdita della consapevolezza di questa correlazione è segno di un imbarbarimento del pensiero che va combattuto anche attraverso spazi di accoglienza di questo tipo, segno del permanere di una dimensione veramente umana. Come sostiene J. Danielou, “si può dire che l’umanità ha compiuto il passo decisivo il giorno in cui lo straniero è diventato ospite, il giorno in cui l’umanità è stata creata”. Lucia Buttazzo


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Lecce, 26 febbraio 2011

ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

Guardate gli uccelli del cielo...

Il Vangelo di questa domenica è un vero inno alla divina Provvidenza, in quanto ci fa sperimentare la vicinanza di Dio alle nostre povertà e difficoltà. In effetti, “nessuna nazione a un Dio così vicino, come il nostro Dio è vicino al suo popolo”. Affermare che il Signore è Provvidente non significa semplicemente ritenere che Egli è il Signore dell’universo che mantiene in vita ciò che ha creato, ma significa piuttosto constatare che Egli, l’infinitamente superiore a tutto il creato, è prossimo ad ogni creatura. Pertanto, il mistero della provvidenza divina si comprende pienamente solo alla luce della Rivelazione di Dio. Infatti il nostro Dio non è paragonabile a nessuno degli dei di questo mondo. Gli dei di questo mondo sono visibili, concreti, tangibili: il denaro, la sessualità, il potere,ecc.. Viceversa, il Dio di Gesù Cristo è il Padre nostro che è nei cieli e pertanto non è afferrabile, né catalogabile tra le realtà mondane. Nonostante ciò, Egli è veramente presente in questo mondo, non solo perché ne è il creatore, ma perché senza di Lui nulla esiste e tutte le cose ritornerebbero nel nulla se Lui non le mantenesse in vita. Santa Teresa d’Avila aveva ben in mente questa presenza di Dio in ogni cosa e, seguendo la teologia del suo tempo, affermava con grande sagacia che il Signore è presente nell’anima umana per essenza, per presenza e per potenza. Il Signore è presente in noi per essenza, in quanto siamo stati creati a suo immagine e somiglianza ed è lui che ci mantiene in vita. Il Signore è la vera presenza della nostra anima, in quanto egli ci scruta e ci conosce, nella maniera più intima possibile e se non dirigesse il suo sguardo verso di noi, moriremmo; infine, egli è presente in noi per potenza, in quanto tutte le nostre azioni ed attività sono possibili in virtù di Lui: “senza del quale non possiamo far nulla”. Una volta compresa questa straordinaria presenza di Dio in noi, siamo chiamati a comportarci di conseguenza. Quante preoccupazioni inutili albergano nella nostra anima, quando la unica preoccupazione che ci deve affannare è precisamente la custodia amorosa della presenza di Dio in noi! Il Signore racchiude questa verità con una frase straordinaria: “Ad ogni giorno basta la sua pena!”. Con questa espressione egli non intende invitare l’uomo a declinare le sue possibilità progettuali, in favore di un generico “carpe diem”, quanto piuttosto egli ci sprona a confidare nel Signore e nel suo amore, giacché Egli è il custode del nostro destino. Vivere nella luce di Dio il presente della nostra esistenza significa infatti assicurarsi il futuro. “Chi sta con me raccoglie, al contrario che sta contro di me disperde”.

PASTORALE VOCAZIONALE Centro Diocesano Vocazioni Lecce Gruppo Miriam - www.vocazionilecce.it Adolescenti, un viaggio, un’avventura… 19 marzo 2011 - Innamorarsi: “Quando dico che ti amo” 16 aprile 2011 - Gesù: un amico speciale 10 maggio 2011 - La preghiera: “Ma perchè pregare?” 3-5 giugno 2011 - Libertà di... libertà per... Giornate di fraternità e condivisione Dove?: Presso la casa delle Suore Carmelitane di Arnesano, Via Materdomini n. 30 A che ora?: Dalle 17.00 alle 19.00 … sei pronta a partire.

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L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Domenica 27 febbraio 2011

Dal 28 febbraio 2011 al 5 marzo 2011

Ore 18 - Amministra il sacramento della Cresima a Magliano

Predica un corso di esercizi spirituali alle Suore Salesiani dei SS. Cuori nella loro casa di Formia

La Segreteria dell’Arcivescovo rende noto che l’agenda settimanale delle udienze, previo appuntamento, seguirà quest’ordine: lunedì - laici; martedì - clero; mercoledì - laici e associazioni; venerdì - clero; sabato - associazioni.

SALENTO FRANCESCANO di frà Paolo Quaranta

“Liberi per evangelizzare” Rendo grazie al Signore per averci donato la pagina di Vangelo della prossima domenica. Grazie anche perché mi consente di tornare a sottolineare una “polvere” che miscelata all’acqua del Suo Spirito rende l’acquarello del carisma dei frati minori ancora più particolare: la povertà. Mi fa anche molto piacere, scrivendo su questo nostro settimanale diocesano, durante giorni importanti per noi frati minori del Salento; è in corso il nostro Capitolo Provinciale, assemblea nella quale proviamo a re-indirizzarci su quella via stretta che il Vangelo ci propone con scelte e modalità - speriamo - sempre più significative per servire Dio ed i fratelli. Il nostro Capitolo ha un suo slogan: “Liberi per evangelizzare”. La povertà per noi francescani può essere proprio lo strumento per abbandonare ogni zavorra che ci ancora a sistemi mediocri impedendoci di spiccare il volo nella libertà, verso l’essenzialità della nostra esistenza. Vivere in povertà o minorità significa abbandonarsi

completamente nelle mani di Dio, soprattutto negli avvenimenti più difficili e dolorosi, proprio come gli uccelli del cielo ed i gigli dei campi, senza superati romanticismi, ma con nuova poesia che forse oggi si è inaridita tra i rigagnoli dei nostri sentimenti. Francesco è stato per la Chiesa un esempio fondamentale per il suo stile di vita umile. Egli legge con assiduità il Vangelo ed ammira l’umiltà di Cristo in modo particolare nell’incarnazione e nella passione. L’umiliazione di Cristo gli rivela che l’umiltà è l’elemento essenziale della vita cristiana e, volendo rivivere in tutto l’atteggiamento del Salvatore, sente il bisogno di farsi minore, cioè ultimo. Cerca il nome dei suoi frati nel fondo stesso del cuore di Cristo: “Tra voi chi è il più piccolo è come il più grande” (Lc 9,48). Le fonti francescane abbondano di accenni alla minorità, basti pensare a come egli stesso si chiamava: “Io frate Francesco piccolino” (cfr. Scritti a S. Chiara di Assisi, 140). La povertà rende liberi dal possedere alcuna cosa, senza

nulla di proprio e Francesco vuole per sé e per i suoi fratelli uno stile di vita essenziale. La povertà apre alla gioia, alla speranza, alla vera felicità. L’amore per la povertà in San Francesco è un dono della natura e della grazia ed ogni qualvolta incontra un povero, Francesco brama di imitarlo e dona tutto ciò che ha, perché sa che nulla gli appartiene in questo mondo. Che cosa distingue la povertà francescana da quella degli altri ordini religiosi e dei cristiani in genere? Una cosa semplicissima: è innamorata. Povertate innamorata grande è la tua signoria! Non è una sciagura come per i mondani, non è una rinunzia inerente allo stato di perfezione, non dunque una croce, ma uno stato d’animo fatto di desiderio che San Francesco visse e lasciò in eredità ai suoi seguaci. E noi? Sono passati tanti secoli, ma le parole di Francesco sono ancora attuali. Ma siamo ancora convinti che la povertà apre alla libertà, alla gioia, alla speranza, alla vera felicità?

Un progetto della Caritas diocesana ideato con l’intento di leggere con le giuste competenze i bisogni sociali del territorio

A Lecce l’Osservatorio delle povertà e delle risorse L’idea di un Osservatorio Permanente delle povertà la si deve al Convegno di Loreto del 1985: “È necessario prendere coscienza piena del rapporto indissolubile tra catechesi, sacramenti e azione caritativa. Dobbiamo inoltre acquistare un’adeguata competenza nella lettura dei bisogni e delle povertà, dell’emarginazione: un osservatorio permanente, capace di seguire le dinamiche dei problemi della gente di coinvolgere la comunità ecclesiale in modo scientifico, non dovrebbe mancare in nessuna chiesa locale” (Cei 1985). A Lecce dall’ottobre dello scorso anno opera il Gruppo di Progetto (Gdp) per la nascita dell’Osservatorio Permanente delle Povertà e delle Risorse costituito è dal direttore don Attilio Mesagne, dal vice direttore don Elvi De Magistris, dal responsabile settore Pace e Mondialità prof. Cesare De Giorgi, dal dott. Roberto Valenti già dirigente ente Provincia con competenze dati Istat provinciali, le dott.sse Tiziana Leuzzi, Titti Martina (fondazione “For Life”) e Rosalba Favale, l’avv.ssa Tiziana Petrachi. Il metodo di lavoro dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse (Ospr) è quello indicato da Dio stesso ed annunciato sin dall’Antico Testamento “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo

paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele” (Es 3,7-8) e caratterizzante la Caritas in qualunque luogo: Ascoltare, Osservare, Discernere per Agire In sintesi Gdp opererà affinché nel giro di tre anni possa nella Diocesi di Lecce nascere e stabilizzarsi un Osservatorio Permanente delle Povertà e delle Risorse capace di leggere con la dovuta competenza i bisogni, delle povertà e dell’emarginazione del proprio territorio e nel contempo le risorse che lo stesso presenta. Si caratterizza dunque per essere uno strumento permanente capace di seguire dinamicamente l’evoluzione dei problemi e riconoscerli fin dal loro emergere; è costruito su una solida base scientifica e per tale motivo si apre alla collaborazione operativa con l’Associazione “For Life” e l’Università del Salento (Dipartimento di Scienze Sociali e della Comunicazione) e mette in rete (attraverso opportuni protocolli) dati e conoscenze di enti pubblici (Comune e Provincia di Lecce) e privati in modo che la lettura sia strumento utile a tutti, comunità ecclesiale e civile. La principale fonte di informazioni dell’Ospr circa le povertà e le risorse del territorio arriverà dai centri ascolto parrocchiali e diocesani. Per questo primo anno si procederà con un rilevamento manuale dei dati già presenti, in varia forma e tabulazione, da riversarsi (da parte dei nostri operatori volontari) nella scheda OsPo3 e cen-

tralizzarli nella banca dati della Caritas Diocesana. I nostri dati saranno inoltre implementati dai dati istituzionali che vari i enti (Comune e Provincia, Prefettura, Asl, Provveditorato, Camera di Commercio, ecc.) già per loro con-

to rilevano ma difficilmente elaborano. La mission dell’Osservatorio delle Povertà e delle Risorse è quella di essere strumento per leggere al meglio le nuove e vecchie povertà del Salento e fornire dunque quella lettura oggi

indispensabile per un moderno ed adeguato piano pastorale capace di esprimere l’amore e la preoccupazione della Chiesa locale per i più poveri e tra questi i disoccupati. Nicola Rocca

AZIONE CATTOLICA

Il Convegno nazionale degli Assistenti

Un’occasione per incontrarsi. Ma anche una possibilità di tessere quelle reti di amicizia e fraternità che fanno sì che il Vangelo sia continuamente vissuto e tramandato nelle vite di ogni giorno. Questo è stato il Convegno nazionale degli assistenti regionali, diocesani e parrocchiali di Ac che si è svolto dal 14 al 17 febbraio scorsi. Si è riflettuto sul mondo giovanile e la sua “sete di giustizia”, e sul conseguente impegno per la solidarietà intergenerazionale anche, e soprattutto, in Ac. Il Convegno è stata un’occasione preziosa per effettuare, secondo lo specifico ministero sacerdotale, una riflessione condivisa su questo tema tanto rilevante per tutta la Chiesa in Italia. Per don Armando Matteo, assistente della Fuci e coordinatore del Collegio assistenti di Azione Cattolica, “i giovani oggi sono pochi, appena un settimo della popolazione nazionale, e questo fa sì che la loro voce non sempre riesca ad attirare la giusta attenzione della comunità civile ed ecclesiale: gli assistenti sono perciò chiamati a farsi compagni di viaggio e promotori di un vero protagonismo delle nuove generazioni. Oggi, non domani”. Tra i relatori del Convegno Riccardo Grassi e Massimo Livi Bacci, che hanno spiegato come si può essere esprimere una presenza attiva da parte dei giovani nella Chiesa e nel paese; don G. Cesare Pagazzi e Paola Bi-

gnardi, che hanno aiutato a discernere il profilo di un educatore all’altezza dei tempi. Poi le presenze illustri di don Luigi Ciotti, padre Francesco Rossi De Gasperis e il card. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Per mons. Domenico Sigalini, Assistente ecclesiastico generale dell’Ac, “l’importante è focalizzare l’attenzione sulla realtà giovanile, vedendola come soggetto attivo che ha coscienza della propria situazione e chiede giustizia per questo mondo. Una delle prospettive che ci proponiamo è quella di creare dei circuiti positivi di risposta con l’intergenerazionalità. È naturale come l’Ac si presti a ciò. Lo abbiamo visto il 30 ottobre a piazza San Pietro: la creatività, l’impegno e la passione dei giovani si è fatta carico di tutta la manifestazione. Una festa, ricordo, dove c’erano anche gli adulti. E se quello che abbiamo visto è vero per il 30 ottobre, può essere vero anche per tutta la vita”. Un impegno, quello degli assistenti, che viene seguito dall’associazione con grande attenzione. La scorsa estate è stato pubblicato un libro edito dall’Ave, Un prete che educa. L’assistente di azione cattolica: uomo di relazioni, esperto in umanità, a cura di don Antonio Mastantuono, riflessione tuttora seguita da un vasto pubblico di lettori. Salvatore Scolozzi


L’Ora del Salento

Lecce, 26 febbraio 2011

catholica

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CHIESA DI LECCE

Le attività di marzo Giovedì 3 marzo Scuola di Pastorale - Parrocchia “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00 Sabato 5 marzo Week-end formativo vicariale per operatori di pastorale familiare, h. 16.00 / 19.00 Lecce, Parrocchia “S. Lazzaro” - Squinzano, Parrocchia “S. Nicola” Monteroni, Parrocchia “Maria Ausiliatrice” Vernole, Oratorio di Merine Domenica 6 Week-end formativo vicariale per operatori di pastorale familiare, h. 9.00 / 12.00 Giornata del Carcerato - Messa presieduta dall’Arcivescovo presso il Carcere h. 10.30 Mercoledì 9 Le Sacre Ceneri (digiuno e astinenza) Catechesi del Vescovo ai Giovani nella cripta della Cattedrale h. 20.30 Giovedì 10 Scuola di Pastorale - Parrocchia “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00 Venerdì 11 Presentazione del libro di Nicola Bux: “Come andare a Messa e perdere la fede” Antico Seminario, h. 18.00

XI Lectio Patrum

L’Unità, prioritario fondamento della Chiesa S. Cipriano e l’apologia dell’Ecumenismo

Lectio Patrum Lupiensis: S. Cipriano di Cartagine “Le opere della carità e l’elemosina” a cura dell’Issr - Aula Magna Marcelline, h. 19.00 Incontro dei Diaconi - Parrocchia “S. Sabino”, h. 19.00 / 21.00 Domenica 13 Ritiro mensile per le Religiose - Istituto Suore d’Ivrea (via Martiri d’Otranto, 27) Rito dell’elezione per il Catecumenato - Cattedrale, h. 20.00 Martedì 15 Catechesi biblica: “La parola di Dio e le domande dell’uomo” - Relat. Cesare Bissoli Parrocchia “S. Lucia” - Lecce, h. 19.00 Incontro di formazione missionaria - Istituto Marcelline, h. 16.00 Giovedì 17 Scuola di Pastorale - Parrocchia “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00 Venerdì 18 Ritiro del Clero (Sacerdoti e Diaconi) - Nuovo Seminario, h. 9.30 Domenica 20 Mandato Catechistico - Cattedrale, h. 20.00 Martedì 22 Catechesi biblica “La liturgia, luogo della Paro-

In un momento in cui all’interno della Chiesa non mancano, ed anzi serpeggiano insidiosissime, espressioni di separatismi e divisioni, anche all’interno dei Gruppi, tanto più insidiose perché probabilmente dettate da intolleranza e forse inconsapevole protagonismo, il secondo incontro dell’XI Lectio Patrum, tenuto dal prof. Antonio Cataldo dell’Ateneo leccese, il 18 u. s., ha offerto all’attento uditorio una eloquente lezione di cristianesimo genuino, spolverando le pagine del “De Catholicae Ecclesiae unitate” di S. Cipriano vescovo di Cartagine. L’opera nacque come risposta e chiarimento contro i divi-

sionismi che, nel 250-251, misero polemicamente di fronte sul piano della gerarchia le Chiese locali (Vescovadi) e la Chiesa Romana con atteggiamenti a volte determinati di uscita (Scismi), a volte puerili di clamorosa domanda di rientro nell’ortodossia (i così detti Lapsi). Si trattava, in realtà, più che questioni dottrinali, del riconoscimento da parte delle chiese locali (Vescovi), del primato del Vescovo di Roma, il Papa, Vicario di Cristo. Cipriano predicò l’unità della Chiesa, locale e universale, riconoscendone la natura e la forza in una illuminazione di Grazia, dalla quale il credente deve lasciarsi cogliere assu-

SALENTO MARIANO

la” - Relat. Ildelfonso Scicolone Parrocchia “S. Lucia” - Lecce, h. 19.00 125o anniversario della fondazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori Triduo solenne nella Casa Madre (piazzetta Mariotto Corso) Mercoledì 23 125o anniversario della fondazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori Triduo solenne nella Casa Madre (piazzetta Mariotto Corso) Giovedì 24 19a Giornata di preghiera in memoria dei missionari martiri a cura dell’Ufficio Missionario Scuola di Pastorale - Parr. “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00 125o anniversario della fondazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori Triduo solenne nella Casa Madre (piazzetta Mariotto Corso) Spettacolo artistico “Dono d’Amore” - Politeama Greco, h. 18.00 “Bioetica e biofilia” - Relatore: Prof. Salvatore Cipressa Università del Salento Pal. Codacci-Pisanelli (Porta Napoli), h. 17.00

mendo l’impegno di coerenza con gli insegnamenti di Cristo e di fedeltà contro ogni suggestione separatista: il vescovo cartaginese vedeva l’unità della Chiesa simbolicamente rappresentata dalla tunica senza cuciture di Gesù Cristo. La Chiesa, ammoniva Cipriano, giustifica, come è evidente, la sua presenza nel mondo come modello di unità di fronte al disordine, alle disarticolazioni e contraddizioni della vita quotidiana nel nome dell’unico Dio. È la Chiesa, in quanto comunità istituita da Cristo, di cui le singole chiese sono emanazione nel tempo e nello spazio, che concretizza il mistero della salvezza di tutto il popolo di

di Valerio Terragno

La chiesa della Madonna di Loreto a Zollino La Grecìa Salentina è un’area linguistica grecofona, situata nel cuore della Terra d’Otranto, dove è ancora viva l’usanza di palare il Griko, un dialetto nato dalla fusione di quello locale con il greco antico. Tra i tredici comuni, facenti parte di questa zona, spicca Zollino, centro ricco di arte e di storia, dove il rito greco-bizantino è addirittura sopravvissuto fino alla fine del XVII secolo. Poco fuori l’abitato, si trova la cappella della Beata Vergine di Loreto, in tempi lontani, visitata da tutti i pellegrini diretti verso il Santuario di Santa Maria De Finibus Terrae e da sempre uno degli edifici sacri più amati e frequentati dai zollinesi. Il tempio fu costruito tra il 1774 ed il 1781, per volontà dei fedeli del luogo. Lo spoglio prospetto è arricchito dalla presenza di un solo portale e di una finestra, attraverso la quale, la luce filtra all’interno della piccola chiesa. Internamente, essa si presenta a pianta longitudinale, a navata unica, ricoperta da una volta a botte. Sia pur rimaneggiato nel corso dei secoli, l’interno di Santa Maria di Loreto, a Zollino, non ha perso nulla della sua semplicità originaria e di quel profondo senso di pace, particolari caratteristiche che hanno sempre distinto questo monumento. In fondo alla navata, è ubicato l’Altare Maggiore, tardo-barocco; nella parte centrale, tra un trionfo di cherubini, in un ovale, è inserito un affresco raffigurante la Madonna col Bambino di impronta bizantina. Poco lontano da Zollino, sempre nel territorio della Grecìa, si stanziarono alcune comunità di anacoreti orientali, i quali vi introdussero il rito, i co-

stumi, l’arte e le tradizioni di Costantinopoli. Al di sopra della pittura, tra due ghirlande stuccate in oro, è posizionato “un sole”, stemma della città di Zollino nonchè della vicina Soleto. Alcuni storici pensano che in questa parte del Salento, abitata sin dai tempi più remoti, venisse anticamente adorato il “il Dio Sole”, donatore di vita e di luce. Sull’artificiosa macchina dell’Altare Maggiore, finemente intagliata, in pietra, dalle mani di scalpellini locali, troneggia una bella statua lignea dell’Assunta, datata il 1665, proveniente da una più antica cappella, in seguito demolita. Al lato della mensa, è custodita la statua della Madonna “nera” di Loreto. I due altari laterali sono rispettivamente intitolati a San Rocco di Montpellier, protettore degli appestati ed ai Santi Medici Cosma e Damiano, invocati per ottenere la guarigione del corpo, da malattie. Il culto di questi santi è molto sentito in gran parte d’Italia, soprattutto nelle regioni meridionali come Puglia e Sicilia. Sul piazzale antistante la chiesa, si eleva una colonna votiva, con in cima una statua della Vergine, al lato del sacro edificio, è invece ubicata una “ Grotticella”, realizzata con l’utilizzo di pietre a secco, poste una sopra l’altra senza l’impiego di malta e centenente una statua della Madre del Signore. Questa statua, opera recente di un artista locale, ha sostituito una più antica, donata dai soldati zollinesi, reduci dal secondo conflitto mondiale, nel 1945 e poi trafugata. Finita la guerra, a Zollino, avendo

avuto così salva la propria vita, i combattenti superstiti decisero di ringraziare, con l’erezione del piccolo antro, la Madonna di Loreto, alle cui mani si erano affidati. Ricordata, sul calendario liturgico il 10 dicembre, la Vergine lauretana, è universalmente considerata come la Protettrice degli aviatori ed è venerata nella celebre e grandiosa Basilica, posta sul colle di Loreto, nelle Marche. Secondo la tradizione, il Santuario di Loreto sarebbe stato costruito nel punto, in cui, gli angeli, secondo la tradizione, trasportarono in volo da Nazareth, nel 1291, parte della casa dove visse Maria. Gli abitanti di Zollino festeggiano la Madonna nera, il lunedì dopo Pasqua, reacandosi in pellegrinaggio presso la cappella e facendo una scampagnata nelle vicinanze. Zollino, Presicce, Tricase e soprattutto Surbo, sono tra i centri salentini, nei quali è assai sentita la devozione nei confronti della Madonna di Loreto, venerata in tutto il mondo.

125o anniversario della fondazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo - Cattedrale, h. 18.00 Incontro preti giovani Sabato 26 “Chi-ama-te” Incontro con i Ragazzi che si preparano a ricevere la Cresima Seminario Arcivescovile, h. 15.30 Lunedì 28 Incontro coppie separate o divorziate - Episcopio, h. 19.30 Martedì 29 Assemblea diocesana sul Laicato -Relatore: dott. Dino Boffo Hotel Tiziano - Lecce, h. 17.00 Giovedì 31 Scuola di Pastorale - Parrocchia “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00 Da ricordare Per tutto il tempo di Quaresima: Ogni sera, h. 20.00: CEelebrazione dell’Eucaristia nella Chiesetta di santa Elisabetta sul Corso, a cura del Servizio di Pastorale Giovanile

Dio, tutto racchiuso nel mistero della Trinità. Nella celebrazione dell’Eucaristia la comunità dei credenti si unisce a Cristo, al suo mistero di passione e risurrezione, dal quale sgorga la vita trinitaria. In questo modo semplice e convincente Cipriano risolve il problema del Primato, affermando che esso risiede nell’amore che è Dio, e concretamente si manifesta nella comunione cattolica visibile, che non è sentimentale, né politica, ma di fede comunemente professata, fraternamente condivisa e cementata dalla Grazia che discende dal mistero dell’unione di natura umana e divina in Cristo sugli uomini e sulle donne di

tutti i tempi. In questa ottica il problema della gerarchia si risolve da sé: Cristo istituisce la Chiesa di cui il primo a riceverne le chiavi fu Pietro, il “primo” Vescovo, garante dell’unità; seppure il territorio sia necessariamente parcellizzato in più episcopati l’unità risiede nel collegio apostolico. Il “De unitate” di S. Cipriano è stato tra i testi più citati durante i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, dando un contributo notevole al rinnovamento dell’ecclesiologia ed offre tutt’ora spunti alla dialettica relativa ai rapporti ecumenici tra le differenti comunità cristiane. Ennio Monastero

SEGNALI DI LAICALITÀ/16

di Tonio Rollo

La coerenza fa l’uomo santo Iniziare un capitolo con una frase di quel tipo espressa dal Papa felicemente regnante non è certamente una faccenda e un impegno di poco conto. Che l’impegno e la missione di ogni battezzato (anche se la nostra attenzione si concentra sui fedeli laici) debba essere quella di sfornare “opere belle e, allo stesso tempo, buone” significa quasi un voler dire: “lasciate ogni speranza voi che... tentate”. Ecco la commento di Benedetto XVI a Matteo che apre la terza parte del sussidio di riflessione o strumento di lavoro offerto alle parrocchie pugliesi in preparazione al terzo convegno ecclesiale che si svolgerà a San Giovanni rotondo alla fine del prossimo mese di aprile:«“Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 16). Va notato che nel testo greco si parla di kalà erga, di opere belle e buone allo stesso tempo, perché la bellezza delle opere manifesta ed esprime, in una sintesi eccellente, la bontà e la verità profonda del gesto, come pure la coerenza e la santità di chi lo compie. La bellezza delle opere di cui ci parla il Vangelo rimanda oltre, ad un’altra bellezza, verità e bontà che soltanto in Dio hanno la loro perfezione e la loro sorgente ultima» Particolarmente efficace in collegamento che il pontefice fa tra il gesto che si porta a termine e l’attore che lo compie, oltre agli attributi che associa due elementi. Non basta fare! Sarebbe già tanto non tenere le mani pulite in tasca, come diceva qualcuno, ma bisogna fare qualcosa

che sia buono e vero. La bontà dell’azione richiama ad un atto che mira in se a costruire, che richiama a un divenire dinamico e creativo. La verità indica la gratuità, il naturale principio di ogni azione, quasi un’origine “divina”. Non a caso sono le stesse espressioni che troviamo nel primo racconto della creazione quando, dopo aver creato “Dio vide che ciò che aveva fatto la cosa buona”, o come preferiscono alcune traduzioni, “bella”. Come non ricordare la famosa lettera pastorale e Martini scrisse alla Chiesa di Milano riprendendo Dostoevskij: quale bellezza salverà il mondo? Fare un gesto di questo tipo, un’azione bella e buona, se vogliamo giusta e gratuita, rende visibile la coerenza di vita di un uomo santo. Coerenza tra ciò che si crede, ciò che si predica e ciò che si compie. Viene mentre la formula che il vescovo utilizza durante l’ordinazione diaconale consegnando il Vangelo: “credi in ciò che proclami, insegna ciò che credi, dimmi ciò che insegni!” Invito e insieme speranza che per un fedele laico trova il suo campo di prova là dove si realizza il vivere quotidiano: famiglia, società, lavoro, cultura, tempo libero, volontariato, formazione. Il sussidio, a questo proposito, propone sei campi di azione in cui fare pratica di coerenza. Ma a questo punto torna forte una domanda: quando, di fronte alle debolezze umane, ci sforziamo di distinguere il peccato dal peccatore stiamo invitando alla coerenza oppure stiamo istigando a delinquere? Oppure un invito insieme una speranza.


L’Ora del Salento

Lecce, 26 febbraio 2011

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

Carta acquisti: nel 2011 nuovi limiti di reddito

La Carta acquisti è una carta di pagamento elettronico le cui spese sono addebitate e saldate direttamente dallo Stato. È spendibile presso gli esercizi commerciali convenzionati e permette di pagare le utenze domestiche (gas ed elettricità) presso gli uffici postali. Con la Carta si potranno anche avere sconti nei negozi convenzionati che sostengono il programma Carta acquisti, ma la tessera non è abilitata per prelevare contanti. Il rilascio della Carta acquisti è effettuato dall’ufficio postale ed è subordinato alla presentazione da parte dei soggetti interessati di una domanda corredata della documentazione richiesta. La Carta è rilasciata contestualmente alla presentazione della domanda presso alcuni uffici postali, oppure entro cinque giorni in caso di momentanea indisponibilità. Presso gli altri uffici postali la Carta viene inviata all’indirizzo di residenza del titolare, sempre entro cinque giorni dalla richiesta. In tali casi, il titolare deve però recarsi nuovamente all’ufficio postale per l’attivazione. Inoltre, a casa di ogni titolare viene inviato da Poste il codice Pin della Carta. La Carta Acquisti - che “vale” 40 euro al mese - è stata introdotta con l’art.81 del Decreto legge n. 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, per sostenere le famiglie e le persone anziane nella spesa alimentare e per le spese domestiche di luce e gas. Come abbiamo detto, si presenta come una normale carta di pagamento elettronico, uguale a quelle già in circolazione e ampiamente diffuse nel nostro Pae-

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

se. A differenza di queste, però, le spese effettuate con la Carta Acquisti vengono addebitate non al titolare della Carta, bensì direttamente allo Stato. Per avere informazioni al riguardo si può contattare il numero Verde 800.666.888. Il soggetto gestore del programma riguardante la Carta Acquisti è Poste Italiane, mentre il soggetto attuatore è l’Inps. E proprio per quanto riguarda l’Ente previdenziale, è il caso di approfondire un aspetto, ovvero l’aggiornamento dei limiti reddituali previsti per aver diritto alla Carta ma anche quelli dell’Isee connessi. Tali limiti vengono aumentati annualmente, in ragione dell’indice di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici. Ciò significa che non si rischia di perdere il diritto per un banale adeguamento annuale dell’importo della propria pensione. I limiti reddituali aggiornati per il 2011 sono, quindi, di 6.322,64 euro per i soggetti di età compresa tra 65 e 70 anni, di 8.430,19 euro per i soggetti di età pari o superiore a 70 anni. Il limite Isee per il 2011 sale dagli iniziali 6.000 euro a 6.322,64 euro. Da sottolineare che il limite di 6.322,64 euro previsto per l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) è lo stesso per tutti i soggetti, indipendentemente dall’età. Infatti, il più elevato limite previsto per i soggetti di età pari o superiore a 70 anni riguarda il solo tetto dei trattamenti pensionistici. Infine, il limite del patrimonio mobiliare, che deve essere pari o inferiore a 15.000 euro, è rimasto inalterato.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Sostenere gli esami da privatista Davanti ai più che modesti voti della pagella del primo quadrimestre, gli occhi della mamma prima si dilatarono, poi si chiusero e, dopo qualche secondo, si riaprirono, come illuminati da un’intuizione risolutiva, tanto che la mamma, ricordandosi della fiducia con la quale Agnese Mondella confidava a padre Cristoforo i dubbi di Lucia e di Renzo, chiamò al telefono il preside del Liceo in cui insegna. Gli chiese se non fosse stato conveniente ritirare Giacomo dalla frequenza dell’Istituto Tecnico Industriale, prima del 15 marzo prossimo. Glielo chiedeva perché lei aveva paura che i voti di quella pagella erano un segno molto chiaro che, alla conclusione delle lezioni, il consiglio della V classe dell’Industriale non avrebbe ammesso il giovane agli esami di Stato del prossimo giugno. Da insegnante qual era, la mamma del giovane sapeva bene che, dai tempi del Ministro Fioroni, basta un solo cinque in una qualsiasi delle materie dell’ultimo anno - anche se trattasse dell’educazione fisica, o del comportamento - per obbligare il consiglio di classe ad escludere un candidato interno dagli esami di maturità. L’unica via utile, per evitare di perdere l’anno, - pensava la mamma di Giacomo - sarebbe potuta essere quella del ritiro dalla scuola entro il 15 marzo. In tal modo, Giacomo si sarebbe potuto presentare agli stessi esami di Stato, ma come privatista. La mamma ricordava, però, che c’era un problema di termini di presentazione della domanda d’esame. Le risultava, infatti, che lo stesso figliolo aveva già presentato la domanda d’esame entro il 30 novembre scorso, e che lo stesso termine valeva anche per i privatisti. La conversazione telefonica con il suo Preside chiarì le idee alla mamma di Giacomo. Non c’è alcun problema di scadenza dei termini - l’assicurò il Dirigente scolastico del Liceo - perché l’annuale ordinanza ministeriale sugli esami sposta, saggiamente, al 20 marzo l’originario termine del 30 novembre, soltanto per gli studenti interni che si ritirino dalla scuola entro e non oltre il 15 marzo. Ma il problema è un altro, aveva opportunamente precisato il Preside. Sino a due anni or sono, in verità, la soluzione proposta dalla mamma di Giacomo sarebbe stata perfetta, perché, in quel tempo ormai passato, i candidati privatisti, che fossero stati in possesso della promozione all’ultima classe di un liceo, di un istituto tecnico, professionale o d’arte, venivano ammessi automaticamente agli esami di Stato. Dall’anno scolastico 2008/09, invece, tutto è cambiato. Oggi, gli studenti, che si ritirino dalla frequenza nel periodo compreso fra il 31 gennaio ed il 15 marzio del 1011, entro il mese di maggio si dovranno presentare davanti al Consiglio di classe dell’Istituto superiore, che il Direttore Generale avrò loro indicato, per dimostrare, con regolari prove scritte ed orali, d’aver raggiunto una preparazione adeguata a sottoporsi con dignità agli esami di Stato. Perciò, concluse il buon preside, non si vede quale vantaggio potrà avere il giovane se, a maggio, si sottoporrà alle prove preliminari all’esame di Stato, che egli dovrà sostenere su tutte le materie dell’ultimo anno. Tanto varrà continuare a frequentare la V classe del suo Istituto Tecnico, cercando di recuperare le insufficienze della pagella del primo quadrimestre con un po’ più di impegno.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Troppe assenze alla materna per colpa dell’influenza Ben 81 milioni di giorni di assenza accumulati ogni anno dai bambini italiani iscritti alla scuola materna e a quella elementare, “per colpa di influenza, virus parainfluenzali e malanni vari. Assenza che si concentrano soprattutto nei mesi invernali, e in particolare fra i più piccini: 1.710.899 bambini di 3-5 anni”. A fare i conti per l’Adnkronos Salute, in occasione del picco influenzale, è Italo Farnetani, pediatra e docente a contratto dell’Università di Milano-Bicocca. “Abbiamo esaminato un totale di 5 milioni 93.473 bambini iscritti a materna ed elementare - spiega il pediatra scoprendo che i più piccoli arrivano a perdere in un anno 36 milioni di giorni di frequenza, mentre alle elementari ne vanno in fumo 45 milioni. Fatte le debite proporzioni, e considerato che alla materna ci sono bimbi di tre gruppi di età, contro i cinque anni delle elementari, emerge come ad ammalarsi più spesso siano proprio i più piccini”. Un dato che non stupisce il pediatra. “Nei primi 6 anni di vita si incontrano 40 agenti infettivi, dunque occorre del tempo prima di farsi gli anticorpi e arrivare a difendersi meglio”. Comunque in questo periodo dell’anno i virus influenzali e parainfluenzali la fanno da padrone e stanno colpendo “un po’ tutte le

classi. Fra i più piccoli poi aggiunge - è diffuso il virus respiratorio sinciziale, il rinovirus ma anche l’enterovirus, che provoca mal di pancia e diarrea”. “Sotto i due anni, inoltre - prosegue il medico è molto diffusa la diarrea da rotavirus, come sanno bene le mamme con piccoli all’asilo nido”. E se un certo numero di malanni l’anno è ‘fisiologico’, secondo Farnetani si potrebbe ridurre un poco, “più o meno del 20%”, la mole di giorni di lezione persi dai bambini. “Questo non facendo cure preventive - spiega né mettendo il bambino sotto una campana di vetro, ma piuttosto puntando su un più attento controllo della convalescenza. Ad esempio - raccomanda il pediatra - nel caso di una congiuntivite, basta un’applicazione di un collirio antibiotico e poi il bambino può tornare a scuola e continuare tranquillamente la terapia prescritta. Nel caso della febbre, so di molti genitori che tengono i figli a casa per diversi giorni per ‘rinforzarli’. Ebbene, basta un giorno senza temperatura a casa e si può rientrare in classe tranquillamente. Inoltre il bambino può andare a scuola con la tosse”. Insomma, senza sottovalutare i sintomi, ma anche senza inutili rinvii, “si potrebbero ridurre le assenze del 20%, per arrivare dunque a 65 milioni di giorni persi l’anno”, conclude Farnetani.

La maschera del dittatore Saif Gheddafi

Il possesso del codice fiscale da parte delle imprese

Come nei Paesi africani confinanti anche in Libia la “Guida fraterna della Rivoluzione” ha gettato la maschera e si è rivelato per quello che è: un dittatore. Dopo aver fatto sparare contro la folla nei giorni scorsi, con un bilancio che secondo tutte le fonti non ufficiali è intorno ai 200 morti, ha presentato alla tv libica non la sua faccia, ma quella del figlio maggiore. Saif Gheddafi ha parlato per quasi un’ora, come se la televisione fosse sua, parlando come si parla a dei bambini che si sono comportati male, alternando la dolcezza alla severità e alle minacce. Ha accusato i media, le forze stranieri e gli islamisti di falsare la verità. Ha rimproverato la televisione libica di non avere raccontato correttamente le proteste della gente. Ha accusato Al Jazeera, Al Arabjia e la BBC di non dire la verità, spiegando con dolcezza che i morti a Bengasi erano ‘solo’ 14 e non 84, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Ha ammesso che l’esercito non aveva fronteggiato correttamente la situazione, ha riconosciuto con garbo che erano necessarie riforme e ha insistito a lungo sul rischio di dividere il paese. Ha detto che il merito di suo padre era stato quello di unire e dare orgoglio alla nazione, mentre le proteste porterebbero alla frammentazione in piccoli emirati. Si perderebbe la gestione del petrolio che oggi “è la nostra ricchezza, ci nutre e ci permette di avere le scuole”. “L’esercito è forte, ristabiliremo l’ordine. La mia famiglia ha cacciato gli italiani per rendere indipendente il paese, ora non lo lascerà nel caos”. In un delirio sempre più incontenibile ha minacciato: “L’esercito è con mio padre Muammar Gheddafi, centinaia di migliaia di persone sono con noi. Non lasceremo il paese. Combatteremo sino all’ultimo proiettile, sino all’ultimo uomo”. Che si può dire di un discorso così? Sono le parole di chi ha paura, una paura mortale. Il potere di Gheddafi si basa sull’equilibrio di poteri fra le ‘tribù’ che compongono il paese, ottenuto pagandole col petrolio. Come abbiamo già scritto la situazione del potere in Libia è analoga a quella costruita in Tunisia. Tutta l’economia è nelle mani della famiglia del rais, la democrazia non esiste. È lo stesso uomo accolto in Italia pochi mesi fa come se fosse il più grande paladino dei diritti umani. Il nostro Presidente del Consiglio ha avuto il coraggio di presentarlo oltre che come suo amico come amico della nazione. Ma che tipo di accordi sono stati siglati? Qualunque destinazione renderà Gheddafi vulnerabile al rancore di chi non gli ha perdonato il passato, quando era il principale finanziatore del terrorismo. I toni melliflui e le minacce di Saif sono insomma l’urlo disperato di chi sente vicina la fine. La caduta del rais è infatti inevitabile. Ciò che non è prevedibile è la durata dell’agonia, né quante vite ancora costerà. Forse saranno ancora numerose. Peseranno, quindi, moralmente anche su chi ha accolto il rais con tutti gli onori, offrendogli la legittimazione politica. Chi porta questa responsabilità ci risparmi almeno oggi la penosa immagine di chi cerca di attribuirsi meriti insistenti, come il convincere il rais alle riforme costituzionali o a farsi ‘responsabilmente’ da parte. Cadono i “mostri”, figli di un sistema economico ingiusto.

Istituito il codice identificativo “70” per le imprese assicuratrici estere che si avvalgono ancora del rappresentante fiscale per versare, tramite F24-Accise, le imposte su premi e accessori incassati. In questo caso, nel modello va indicato sia il codice fiscale dell’“incaricato” sia quello della società. L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 19/E del 21 febbraio, fornisce ulteriori chiarimenti sulle modalità di versamento telematico delle imposte, tramite F24-Accise, obbligatorio dal 1° febbraio 2011. Il documento di prassi fa una breve premessa sulla semplificazione degli adempimenti tributari a carico delle imprese assicuratrici. In particolare, il decreto interministeriale del 15 luglio 2010 ha esteso i sistemi di pagamento telematico (già attivati in materia di versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’Inps e delle altre somme a favore dello Stato) anche alle somme dovute per assicurazioni private e contratti vitalizi dalle imprese assicuratrici estere operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi. La risoluzione 109/2010 dello scorso 22 ottobre, poi, ha istituito appositi codici tributo per rendere esecutivo il versamento tramite F24-Accise. Prima dell’emanazione del decreto interministeriale, chiarisce l’Agenzia, alle imprese che si avvalevano del rappresentante fiscale era consentito pagare tramite F23 indicando il codice fiscale del rappresentante e quello proprio. Nel caso la società ne fosse sprovvista, era accettato il numero di iscrizione attribuito dall’Isvap. Con l’istituzione del versamento telematico di imposte e contributi, tramite F24-Accise, l’impresa assicuratrice, residente nell’Ue, è tenuta ad avere il codice fiscale o a richiederlo nel caso ne sia sprovvista. La domanda di attribuzione avviene presentando il modello AA5/6 reperibile sul sito dell’Agenzia - presso qualsiasi ufficio delle Entrate o al Centro operativo di Pescara (direttamente, anche tramite persona delegata o a mezzo posta raccomandata, allegando un documento d’identità). Non è più consentito, quindi, indicare il numero di iscrizione attribuito dall’Isvap al posto del codice fiscale. A partire dal 1° febbraio 2011, data in cui è finito il periodo transitorio che consentiva indifferentemente l’utilizzo dell’F23 o dell’F24-Accise, i versamenti sono effettuati tramite i servizi telematici dell’Agenzia (Fisconline o Entratel), con un intermediario abilitato, o utilizzando i servizi di home banking offerti dalle banche o da Poste italiane. Nei primi due casi, precisa la risoluzione, l’impresa deve essere titolare di un conto corrente presso una banca in convenzione con l’Agenzia. In mancanza del conto corrente, il pagamento può essere eseguito tramite bonifico estero. Se la società assicuratrice si avvale comunque del rappresentante fiscale, l’F24-Accise deve contenere sia il codice fiscale di quest’ultimo sia quello dell’impresa stessa . A tal fine, la risoluzione di oggi, istituisce il codice identificativo“70” denominato “impresa assicuratrice estera fiscalmente rappresentata”.


Lecce, 26 febbraio 2011

obbiettivo

L’Ora del Salento

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IL POPOLO DEL SILENZIO I PRIMI RISULTATI DI UN’INDAGINE NAZIONALE Homeless, clochard, senzatetto, barboni. Nomi diversi per un unico fenomeno

Invisibili per definizione Oggi a Lecce 11 “senza fissa dimora” regolarmente registrati Homeless, clochard, senzatetto, barboni. Nomi diversi per un unico fenomeno. Da un primo superficiale confronto con il recente passato, risulta che sempre più persone si ritrovano a non avere una casa dove vivere: gente che fino a pochi anni fa aveva una famiglia e un lavoro ora ha come unico patrimonio un cartone, una coperta, un berretto, un sacchetto di plastica e qualche scatola di latta. Troppe volte, ci si limita ad inquadrare questo fenomeno come esclusivo delle grandi città, ma forse perché camminando per le strade di Lecce non sappiamo, o non vogliamo, guardarci attorno. Invisibili per definizione, ma invisibili sono anche i più elementari diritti umani loro negati. Fanno parte di quel ‘popolo senza voce’, un popolo che col silenzio protegge la sua dignità e la sua storia, una realtà che però viene messa prepotentemente in luce quando la morsa del gelo in inverno e il caldo torrido in estate, alimenta le tristi pagine di cronaca. Invisibili perché oggi, e da almeno vent’anni, non esistono censimenti ufficiali in grado di dire quanti sono i ‘senza dimora’ che vivono tra noi, non sappiamo da dove vengono, né cosa li abbia ridotti a vivere per strada e cosa facciano per sopravvivere. Nel tentativo di colmare queste lacune, a fine 2007 l’allora Ministero della solidarietà sociale (oggi del lavoro e delle politiche sociali), Istat, Federazione italiana organismi per le Persone senza dimora (Fio.Psd) e Caritas Italiana hanno deciso di condurre una ricerca nazionale sulla condizione di senzatetto in Italia, con l’obiettivo di dotarsi di strumenti che facciano da premessa a politiche volte a contrastare la grave emarginazione adulta. “I senzatetto sono in aumento - sostiene Paolo Pezzana, presidente della Fio.Psd - la crisi sta infatti colpendo i soggetti più deboli: anziani, ma anche famiglie con figli e padri separati”. A giugno si concluderà l’indagine condotta dal ministero del Welfare. “Per ora - spiega Pezzana valutiamo tra 50 e 70mila i clochard, limitandoci ai senzatetto veri e proprie e agli ospiti dei centri d’accoglienza. Ma la stima arriva a 100mila persone, comprendendo anche coloro che vivono in baracche e bidonville”. Sarà un piccolo passo avanti per la comprensione di questo fenomeno misconosciuto per il quale, soprattutto negli ultimi mesi, si stanno cercando soluzioni. Il 16 dicembre 2010,

infatti, il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione scritta in cui invitava l’Unione a realizzare la strategia continentale di contrasto del fenomeno e a spronare gli stati aderenti negli sforzi di porre termine alla grave esclusione sociale, definendo specifiche priorità d’azione. La Dichiarazione ribadisce il 2015 come termine per sconfiggere l’homelessness. Il 2010 è stato l’Anno Europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Il 2011 è l’Anno Europeo del Volontariato. Non è un caso questa successione di appuntamenti, con i quali l’Europa ci invita a riflettere in modo sentito sull’argomento, affinché gli importanti pronunciamenti a livello comunitario non siano soddisfatti solo sul versante delle intenzioni. In questa prospettiva, proficua è a Lecce l’azione della Caritas Diocesana con i suoi numerosi centri di ascolto, l’ambulatorio medico e le mense per le persone bisognose presenti in varie zone della città. Son tutti servizi, questi, che rendono la Caritas non solo capace di farsi carico delle povertà an-

tiche, ma anche di intercettare per tempo i nuovi volti dei poveri, anticipando sia la loro conoscenza e comprensione, sia l’individuazione e la sperimentazione di risposte. Viene a concretizzarsi, così, la “fantasia della carità” suggerita da Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Novo Millennio Ineunte. Per esserci in modo gratuito ci vogliono cuore e testa. Bisogna capire che la povertà di oggi non è quella di venti anni fa quando, a un mendicante, bastava una coperta in più e un pasto caldo. Oggi, ad essere in condizione di precarietà, spesso non è il singolo, ma un’intera famiglia per il cui sostentamento è necessario richiamare le istituzioni, perché non manchino di garantire le risposte dovute, e provocare il più ampio coinvolgimento sociale, perché l’intera comunità si faccia responsabile dei bisogni (materiali, relazionali, di senso e dignità) di ogni suo membro. Già nel 2009 la Caritas Diocesana, con la collaborazione dell’amministrazione comunale, aveva avviato il lavoro di ricerca ed individuazione di un sito ideale per l’istituzione di una casa di accoglienza notturna

per donne, uomini e coppie che versano in gravi necessità. Si sa, i luoghi prediletti dai senzatetto sono le stazioni ferroviarie dove, riparati dietro a cassonetti o siepi di fortuna, trascorrono la notte per poi cercare un nuovo riparo il giorno seguente. Questa precarietà suscita nei clochard un forte senso di inadeguatezza all’interno del contesto sociale e, per questo, sono spinti a cambiare sovente città. Di fronte a questa presa di coscienza, appena quattro mesi fa, per iniziativa del Difensore Civico del Comune di Lecce, il dott. Domenico Anglana, è stata istituita nella città una “via Comunale” ove i senzatetto, semplicemente recandosi all’Ufficio Anagrafe, possono fissare la residenza per aver diritto ai servizi sanitari, civili e di assistenza propri dei residenti. Dagli iniziali 4, l’Ufficio Anagrafe ci ha comunicato che oggi risultano 11 i senza dimora che utilizzano questo servizio, un sensibile incremento che, però, fa sperare in un ulteriore miglioramento della situazione, soprattutto a ridosso della Santa Pasqua. Serena Carbone

PER IL BANCO DELLE OPERE DI CARITÀ

Il 5 marzo la Raccolta Alimentare Sabato 5 marzo 2011, Raccolta Alimentare, evento promosso dal Banco delle Opere di Carità. Uno dei paradossi più inquietanti del nostro tempo è la disparità delle risorse alimentari tra i Paesi e tra le persone. Nessuno, e tanto meno il cristiano, deve rimanere indifferente di fronte a questa tragedia dell’umanità . Nell’Enciclica “Caritas in veritate” del Sommo pontefice Benedetto XVI si legge in proposito: “... la fame miete ancora moltissime vittime tra i tanti Lazzaro ai quali non è consentito sedersi alla mensa del ricco epulone. Dare da mangiare agli affamati è un imperativo etico per ogni cristiano che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione del suo Fondatore, il Signore Gesù”. Questa citazione presenta molti spunti di riflessione e invita a rispondere con generosità alla Raccolta alimentare del 5 marzo; un atto non solo di Carità, ma di Giustizia. La sede regionale del “Banco delle opere di carità” è sita ad Alessano mentre, quella legale e il Magazzino, sono a Squinzano in Viale della Stazione. Il Presidente e il responsabile operativo sono rispettivamente don Nicola Macculi e Valentina Polimeno a cui poter rivolgersi per maggiori informazioni telefonando allo 0832.782853.


L’Ora del Salento 11

Lecce, 26 febbraio 2011

zoom Si è svolto a Roma il XIV Convegno Nazionale degli incaricari diocesani

LECCE/ Vent’anni di storia studentesca

Sovvenire: trasparenza nella Chiesa di oggi

Intervallo: 1953 - 1972

Dal 15 al 18 febbraio si è svolto a Roma il XIV Convegno Nazionale degli incaricati Diocesani per il Sovvenire, l’insieme della raccolta delle offerte deducibili e dell’8‰ che possiamo destinare alle nostre chiese locali ed al clero. Numerosi sono stati i relatori che con il loro intervento hanno sensibilizzato la platea di intervenuti sull’importanza delle offerte deducibili e sulla donazione dell’8‰ del reddito personale verso le opere della Chiesa. L’apertura dei lavori del Convegno è stata affidata a S. Em. card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; tra gli altri relatori citiamo, in ordine alfabetico: S. E. mons. Giancarlo Bregantini, Presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace; don Domenico Beneventi, Aiutante di studio del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile; prof. Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica presso l’Università di Roma Tor Vergata; mons. Angelo Casile, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro; prof. Luca Diotallevi, docente di Sociologia presso l’Università di Roma Tor Vergata; don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della famiglia; dott. Remo Lucchi, Amministratore Delegato di Gfk Eurisko; dott. Raffaele Luise, vaticanista; mons. Vittorio Peri, Presidente dell’Unione Apostolica del Clero; prof. Giuseppe Savagnone, Direttore dell’Ufficio per la pastorale della cultura della Diocesi di Palermo; dott. Vincenzo Serra, Amministratore Nazionale

dell’Azione Cattolica Italiana; mons. Dario Viganò, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. Il Convegno è stato incentrato su tre parole chiave: corresponsabilità, trasparenza ed educazione. Corresponsabilità perché sovvenire alle necessità della Chiesa vuol dire anche ritrovarsi insieme a fare ciascuno la propria anche piccola parte. Per questo con sempre nuovi progetti vengono rilanciate le offerte per sostenere i nostri sacerdoti basandoci non su grandi offerte di pochi, bensì su piccole offerte di molti, facendo partecipare in maniera attiva ogni parrocchia sparsa nel territorio. Trasparenza perché è necessario dialogare in maniera ancor più aperta con i fedeli mostrando loro senza timidezze le tante e belle opere e progetti realizzati con i fondi dell’8‰. Senza dimenticare che al centro di tutte queste attività c’è un motore, un sacerdote. Il nuovo libro bianco su internet prossimamente visibile sul sito chiediloaloro.it si propone di creare trasparenza. Educazione perché senza fare vera formazione ai valori del Sovvenire tutto ciò non potrà essere veramente compreso. I lavori sono stati introdot-

RADIO E DINTORNI

ti dal card. Bagnasco, il quale ha ricordato quale sia l’importanza della presenza di un referente del Sovvenire in ogni Consiglio per gli Affari Economici parrocchiale. Indirizzandosi direttamente ai Vescovi, dopo aver ricordato che il denaro nella Chiesa è sempre e soltanto uno strumento, mai un fine, li ha esortati a “non avere ritegno ad affrontare questi temi con i fedeli, garantendo al contempo la massima trasparenza nel far conoscere la situazione economica e i conti delle nostre parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali. Se ci sarà questa trasparenza reale in ogni parrocchia, i fedeli non guarderanno più all’offerta come una sorta di dovere, ma donare diventerà una gioia, perché ciascuno vivrà la soddisfazione di fare qualcosa di buono e di concreto”. Punto centrale del Convegno è stato il nuovo progetto per la raccolta dei Cud: sono ancora pochissime le persone che sanno di poter firmare per l’8‰ nonostante non debbano più presentare la dichiarazione dei redditi. Sono infatti per lo più pensionati che spesso rinunciano a partecipare alla destinazione dell’8‰ perché non affrontano il disagio della consegna del modello Cud. Da questi dati è nata l’idea

di Alberto Marangio

di realizzare un progetto diverso, che non puntasse solo alla raccolta delle schede Cud, ma anche al coinvolgimento di più persone. Un progetto che non si fermasse a comunicare solo agli anziani ma anche ai giovani. Nasce così il progetto I feel Cud. Con la collaborazione del Servizio per la Pastorale Giovanile della Cei e dei Caf Acli, da qualche mese si sta iniziando a nominare in ogni diocesi un referente della pastorale giovanile per il tema del Sovvenire perché possa essere di supporto agli incaricati diocesani. L’obiettivo del nuovo progetto è quello di valorizzare i ragazzi che potranno quindi dare direttamente il loro contributo alle attività della parrocchia. Il progetto consiste in un concorso a premi rivolto a tutte le parrocchie italiane, nel quale le comunità parrocchiali si impegnano nella raccolta delle schede Cud. L’iscrizione viene effettuata dal parroco, legale rappresentante, sul sito www.ifeelcud.it e si dovranno raccogliere almeno 30 schede Cud e portarle al Caf più vicino, che provvederà a timbrare il modulo, scaricabile da internet, per attestarne la consegna. Bisognerà quindi inserire sul sito il numero delle schede Cud consegnate per accumulare i punti per vincere il concorso. Il meccanismo di calcolo del punteggio è automatico sul sito. Alla fine ci saranno cinque parrocchie vincitrici, che vinceranno un viaggio di gruppo - con numero di partecipanti variabile in base al posto in classifica - alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid dal 16 al 21 agosto. Giuliano Prontera

Vent’anni di storia studentesca salentina (1953-1972). Migliaia gli studenti delle scuole di Lecce e Provincia che partecipavano attivamente alle varie attività di Gioventù Studentesca dallo sport alla cultura, alla fede e tanti gli articoli, le poesie, le interviste che sul giornale Intervallo sono stati pubblicati nel corso dei vent’anni. Intervallo è stato un giornale studentesco tra i primi e più diffuso giornale studentesco in Italia con una attiva partecipazione di studenti e professori. È stata una grande esperienza che per un’intera generazione di studenti ha rappresentato ben più che un’occasione e momentaneo incontro di giovani intorno ad una testata giornalistica. Chi non ricorda i professori Latorre, Cocciolo, Paterno, La Fratta, don Franco Lupo dell’Istituto tecnico O. Costa. Il prof. Moro dell’istituto di Galatina, Martina Greco Iannuzzi dell’Istituto Tecnico Agrario, i Presidi Marrone, Stasi, Resta, Martello. L’esperienza è stata una palestra attiva di migliaia di studenti, oggi professionisti, giornalisti e politici dai nomi molto noti. Di quel periodo si ricordano i giornalisti e professionisti che iniziarono a scrivere su Intervallo o fogli stampati dei vari Istituti come Antonio Caprarica, Pietro Quinto, (Il Portico) Marcello Favale, Elio Donno, Mimì Caiaffa (Intervallo). Di quel periodo sono stati pubblicati due volumi: il primo vede gli articoli dei dirigenti di allora quali Cardinale Salvatore De Giorgi, primo Assisten-

La copertina del 1° numero

te di Gioventù Studentesca seguito da don Gaetano Quarta, i Redattori e collaboratori di Intervallo Cosimo Perrotta, Giovanni Frassanito, Giovanni Invitto, Oronzo Petrarca, M. Rosaria Montinaro, Elio Estrafallaces, Carlo Caforio, il Presidente di Gioventù studentesca e Direttore di Intervallo Michele Testa. Inoltre un interessante capitolo e dedicato da Mario Casella ad un’accurata analisi della stampa studentesca Italiana di quei tempi. Il secondo volume raccoglie l’humor studentesco con poesie, barzellette e battute. Allo scopo di dotare le biblioteche delle parrocchie delle diocesi di questi due volumi per un totale di oltre 300 pagine realizzati con carta patinata e con copertina disegnata dal noto pittore Vittorio Sodo si è deciso di offrire gratuitamente con la collaborazione de L’Ora del Salento copia di detti volumi.

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

1931-2011: Radio Vaticana festeggia i suoi 80 anni

Dall’Illuminismo al terrore

La Radio Vaticana “è una grande famiglia che non conosce frontiere”. Questa la sintesi di quanto affermato nei giorni scorsi del cardinale Lajolo (presidente del Governatorato della Città del Vaticano) nel corso della conferenza per l’ottantesimo anniversario dell’emittente pontificia, tenutasi presso i Musei Vaticani di Roma. Radio Vaticana nasce infatti nel 1931, a due anni dalla fondazione del nuovo Stato, con l’obiettivo di rendere la Città del Vaticano autonoma nella diffusione delle proprie notizie. Sulla missione dell’emittente si è ovviamente soffermato nell’occasione anche padre Federico Lombardi, direttore della Radio, attento innanzitutto a sottolineare come l’interesse primario dell’intera struttura sia, ancora oggi, costantemente rivolto al “come comunicare”, ossia a come esprimersi in maniera efficace, “utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile in modo da raggiungere tante persone, arrivare alla loro mente, al loro cuore”. Sempre padre Lombardi ha inoltre ricordato le molteplici modalità attraverso le quali la Radio si diffonde: alle antenne e alle onde si sono infatti aggiunti negli anni i collegamenti satellitari, quelli via Internet, nonché la fioritura delle nuove applicazioni. Una tale pluralità di risorse che, secondo quanto sottolineato dallo stesso direttore, pretende allo stesso tempo una opportuna riflessione: “Siamo ancora una ‘radio’? O siamo piuttosto una grande comunità di comunicatori e tecnici al servizio della missione del Santo Padre, che - coinvolta nelle grandi trasformazioni dell’era digitale - cerca di usare le vie migliori per comunicare?” Una “grande comunità”, tra l’altro, internazionale e multiculturale: Radio Vaticana, con 40 lingue e 15 alfabeti diversi, risulta infatti oggi l’emittente internazionale che utilizza il numero maggiore di idiomi. Caratteristica, questa, che viaggia di pari passo con l’aspirazione dell’emittente pontificia di raggiungere tutti, ed in particolare quanti risultano comunque lontani dalle grandi possibilità delle telecomunicazioni: “L’imperativo del servizio ecclesiale per noi passa decisamente avanti a quello del solo numero dell’audience. Anche se gli ascoltatori somali saranno sempre pochissimi, sono talmente poveri di sostegni che noi pensiamo di non doverli abbandonare”. Ecco dunque il motivo per il quale Radio Vaticana reputa indispensabile adeguarsi anche ai cosiddetti new media, una scelta necessaria per continuare ugualmente a rappresentare il motore di nuove forme di conoscenza e di consapevolezza.

In un paio di anni, fra il 1793 e il 1794, nella Francia rivoluzionaria furono assassinati quasi 23 mila membri del clero. Migliaia furono costretti a fuggire all’estero o a darsi alla macchia per sfuggire a morte sicura. Fu abolito il cristianesimo e introdotto “il culto della ragione”. Un giovane storico tedesco, Michael Hesemann, nel suo recente libro “Contro la Chiesa. Miti, leggende nere e bugie”, edito dalle Edizioni San Paolo, ha colto la portata del fenomeno proponendo un interessante parallelismo: la vituperata inquisizione spagnola nel corso di tre secoli di attività - e comunque sempre dopo regolare processo - è all’origine di circa 800 sentenze capitali; la rivoluzione francese - in appena due anni - fu responsabile di 23.000 vittime soltanto per quanto riguarda gli appartenenti al clero e per il solo fatto di essere sacerdoti. Per non parlare poi del primo genocidio ideologico che la storia ricordi: quello vandeano. La gran parte di quei sacerdoti sono stati dichiarati Martiri della Fede soprattutto da Giovanni Paolo II. Proprio pochi giorni fa, il 21 febbraio, la Chiesa ha fatto memoria di uno di essi: il Natale Pinot. Nel corso del suo ministero Natale Pinot fu cappellano dell’ospedale di Angers, meglio conosciuto come l’ospedale “degli incurabili”. Uno dei testimoni che si sentì dopo la morte ricorda che don Natale “rispettava i malati come un santo e li accarezzava come un padre”. Il cappellano, per non limitarsi a parole di consolazione, li soccorreva per quello che poteva, raccattando aiuti dai benefattori, ma soprattutto destinando loro, quasi per intero, il compenso che gli spettava. È forse per questo suo amore

preferenziale per i poveri che il vescovo lo destina parroco di Louroux-Beconnais, conosciuta come la parrocchia dei miserabili e nella quale i confratelli non vogliono andare. Lui, invece, si trova perfettamente a suo agio: si sente, ed è realmente, il “primo povero della parrocchia” e nel suo servizio pastorale s’ispira a San Martino di Tours, spogliandosi di tutto per aiutare gli altri. Quando arriva la rivoluzione francese e gli chiedono di giurare sulla Costituzione civile del clero, rifiuta decisamente... Gli tolgono la parrocchia e lo sostituiscono con un prete “gradito” alle autorità rivoluzionarie. Per don Natale inizia così il periodo della clandestinità in cui il lavoro non manca, dato che sono diversi i preti che giurando sulla Costituzione si sono staccati dal Papa e sono diventati scismatici. Mentre si preparava a celebrare una Messa clandestina, fu catturato e, ancora rivestito dei paramenti sacri, fu condotto alla ghigliottina (cfr.: Gianpiero Pettiti, www.santiebeati.it/dettaglio/92241). In barba agli sbandierati principi di fratellanza e uguaglianza veniva ammazzato un uomo che aveva fatto della carità verso gli ultimi il proprio programma di vita. Si realizzava così l’auspicio riportato dall’illuminista Denis Diderot nell’Encyclopédie: quello secondo cui la beatitudine sarebbe stata raggiunta “…quando l’ultimo re verrà strangolato con le budella dell’ultimo prete.” (cfr.: Rino Cammilleri, “Dio è cattolico?” Edizioni Lindau, pag. 205). In tale modo Diderot faceva eco al più illustre Francois Voltaire, il cui programma di vita fu “schiacciare l’infame” e cioè la Chiesa. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 26 febbraio 2011

le nostre città LECCE/ Il libro verrà presentato presso la libreria Paoline

LECCE/ Un libro sul lavoro diuturno di sacerdoti e collaboratori

Fare formazione nella Chiesa Come un seme gettato sulla terra Stop! Fermi tutti! Dopo tanti anni di onesto servizio in parrocchia (come parroco, coadiutore, come catechista, come animatore o appartenente a un’associazione o a un gruppo) voglio scendere! Nelle parrocchie e nelle diocesi c’è un grande desiderio di rinnovare le forme della catechesi, di staccarle dal modello scolastico per renderle più efficaci e soprattutto più veri nell’annuncio, ma si percepisce anche la fatica del cambiamento, la paura di non essere all’altezza del servizio cui siamo chiamati. A questo grido/desiderio di molti di noi, che si trovano a operare a vari titoli nell’ambito ecclesiale, così risponde Francesco Aprile: Va bene! Fermiamoci e seguiamo l’esempio di Gesù, l’educatore per eccellenza. Gesù non aveva fretta, sapeva dare giusto valore al tempo, all’ascolto, ai bisogni dei suoi interlocutori e da loro faceva scaturire la fede del granello di senape che dava speranza e significato alla loro vita.

Francesco Aprile nel suo libro “Fare formazione nella Chiesa”, non teme di indicare un percorso in salita, Gesù, spesso, ai suoi discepoli, suggeriva di fermarsi Per pensare, per discernere e valutare l’azione da compiere secondo il disegno di Dio. L’autore mette a disposizione dei lettori, la sua esperienza di formatore professionista e di tanti amici che hanno accompagnato il suo cammino di im-

Un dibattito e un concerto

Al ‘Pellegrino’ di Lecce si celebra l’unità nazionale

pegno ecclesiale in varie diocesi d’Italia. La parte più attesa di questo libro è probabilmente l’ultima: l’uso delle metodologie nella conduzione dell’incontro non sono una ricetta preconfezionata e sicura, ma sono percorsi che potranno essere efficaci solo se ogni ingrediente sarà stato dosato nel modo corretto. Tutto questo presuppone un deciso e rinnovato mettersi in gioco, un costante lavoro di squadra e una crescita nella capacità di verifica del proprio apporto. L’autore non teme di avvalersi anche di quanto è stato già elaborato nelle scienze umane e applicato nella formazione degli adulti e dei giovani, facendo emergere attraverso esempi specifici tratti dal mondo ecclesiale, quanto tali logiche ‘umane’ siano necessarie a un annuncio vero e rinnovato. Il libro sarà presentato dall’autore venerdì 4 marzo alle ore 18.00 presso la Libreria Paoline, via san Lazzaro 19 Lecce. Lucia Scandola

Il Liceo artistico statale “Giuseppe Pellegrino” organizza per la celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, insieme con l’associazione culturale Viva Mente, l’incontro sul tema il “Il contributo del Sud nell’Unità d’Italia”. Tale evento si tiene il 25 febbraio 2011 alle ore 17,00 nell’aula Magna del Liceo artistico statale “G. Pellegrino”, presso il viale M. De Pietro n. 12 a Lecce. Un modo per ricordare il 1861 e l’apporto del Sud nel processo di unificazione. Con questo incontro nasce l’esigenza di ricordare un pezzo importante della nostra storia, e dà modo di discutere sul passato vivendo il presente con più consapevolezza capendo dove possibile i perché e gli intrecci di una storia che si costruisce giorno dopo giorno e in cui il meridione ha avuto ed ha la sua rilevanza. Introduce il dibattito Cristina Longo, dirigente scolastico del Liceo artistico statale “G. Pellegrino”. Seguono gli interventi di: Egidio Zacheo, docente di Scienze politiche dell’Università del Salento, Elvira Consoli,

All’Istituto Fermi di Lecce un seminario sull’educazione alimentare

pulsante di una fatica quotidiana che viene offerta al Signore, datore di ogni dono perfetto. Il titolo del Volume descrive in dettaglio una evoluzione irrefrenabile tramite l’oratoria travolgente dell’attuale card. Salvatore De Giorgi, già Parroco di S. Rosa e seminatore in pienezza di nuovi percorsi ed istanze nell’ambito pastora-

le. In forma di sintesi il Volume consente di saggiare quanta e quale è stata l’attività che ha preceduto la ripetuta fatica di ogni giorno, lungimirante, proficua, instancabile e dinamica del compianto Parroco, poi Vescovo, mons. Vito De Grisantis, fatica che accompagna le tante ed impegnative attività che ivi si svolgevano continuamente e con passione sempre viva e piena. La forza è data dall’unione con Dio e dalla preghiera e si attinge dalla meravigliosa Cappella ricavata nel vasto tempio per iniziativa dell’attuale Parroco mons. Antonio Montinaro, cuore sempre vivo per “saper soffrire” la fatica quotidiana e la novità di vita di ogni giorno. È proprio vero, “Parva favilla gran fiamma seconda…” (D. Alighieri, Paradiso I, 34). Ivan d’Arco

docente di Latino dell’Università del Salento, Gilberto Olita docente di Italiano e Storia del Liceo artistico statale “G. Pellegrino”, Roberto Perrone docente di Scienze politiche e delle relazioni internazionali, Federica Olita della Facoltà di Storia presso l’Università di Bologna. Coordinano Gilberto Olita del Liceo artistico “G. Pellegrino”, Roberto Mello dell’associazione culturale “Viva Mente”. Successivamente sono eseguiti brani musicali dal vivo a cura dell’Ensemble. Musicista alle chitarre, mandolino e voce Alfonso del Ciello, alla tastiera Gianni di Miscia, alla chitarra Mimmo Ciccarese, al tamburello e voce, Andreina Capone, alla fisarmonica Daniele Mancino e come voce solista, Tania del Ciello. Tutta la scena viene arricchita dalle coreografie di Eleonora Mello. Mentre gli alunni della classe 1A del Liceo artistico “G. Pellegrino” cantano gli inni nazionali italiani. Segue un dibattito. Enza Sava

Lo scherzo marciabile di Abbate

Ci piace mangiare

A partire dal 10 febbraio scorso si sono tenuti presso l’Istituto Tecnico Industriale e Liceo Scientifico Opzione Scienze Applicate “E. Fermi” di Lecce tre incontri in tema di educazione alimentare. Il seminario, dal titolo: “Diciamoci la verità... ci piace mangiare!” si è svolto di mattina e ha coinvolto tutti gli alunni delle classi seconde del Tecnico e del Liceo Scientifico Tecnologico. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di rendere consapevoli i ragazzi delle loro abitudini alimentari, nonché di contribuire alla diffusione di stili di vita e comportamenti alimentari corretti, con una particolare attenzione alla conoscenza dell’agricoltura e del sistema agroalimentare e all’incentivo al consumo di prodotti alimentari legati al territorio. L’alimentazione ha assunto oggi, nella società dell’informazione e della comunicazione, nell’era della globalizzazione dei mercati, un ruolo fondamentale nella determinazione della qualità della vita: è uno strumento essenziale per l’educazione finalizzata alla prevenzione e alla cura delle malattie e, quindi, alla promozione e al mantenimento di un ottimo stato di salute, offre inoltre innumerevoli spunti di crescita personale, culturale e umana. Il primo appuntamento ha avuto come tema “Dieta e stili di vita, con gli interventi della dott.ssa Daniela Lezzi, nutrizionista e della dott.ssa Fernanda Mazzeo, Dirigente medico. Il secondo appuntamento ha trattato: “Disordini alimentari Bulimia e Anoressia” con il contributo della dott.ssa Simona Ferrucini, psicologa. Nell’ultimo incontro, tenuto il 16 febbraio, sono intervenuti la dott.ssa Simona Quarta sul tema “Sai cosa mangi? Marketing e pubblicità”, e il dott. Giorgio Donnini, Direttore Coldiretti di Lecce, sul tema: “L’importanza della vendita diretta per la valorizzazione della dieta mediterranea”. Alla fine dell’incontro è stata offerta a tutti gli allievi una degustazione di prodotti tipici del nostro territorio, in modo da “concretizzare” il messaggio educativo oggetto dell’iniziativa. Giuseppe Russo

Il libro riassume il lavoro diuturno di generosi sacerdoti ed attivi collaboratori laici dell’attuale vasta Comunità di Santa Maria delle Grazie in Santa Rosa. In nomine, omen! Nei ricordi di chi scrive queste note (quando ancora non era edificata la Chiesa…) c’è la Santa Messa celebrata in occasione dei festeggiamenti in onore dei Santi Patroni di Lecce. La Santa Messa, molto partecipata, fu celebrata in un grande baraccone provvisorio mentre era in atto un forte temporale ed un grande acquazzone. Ma la pioggia era ricca di significativi presagi. Le realtà vecchie e nuove rievocate nel volume occupano 230 pagine corredate da quasi 100 fotografie a colori che le illustrano e fanno constatare le stupende verità che rendono la Comunità di Santa Rosa un centro

QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

continua... Il segmento finale (ritornellato) dello scherzo marciabile “Fa, re, do, si” di Ernesto Paolo Abbate è nella tonalità minore. Le ance conducono ad un intenso percorso melodico di suoni ribattuti, elemento caratteristico della seconda parte della marcia. Ne sono protagonisti il flauto, il clarinetto piccolo in mib., i primi clarinetti soprani, i secondi clarinetti soprani (divisi), i clarinetti contralti, il sassofono soprano, i sassofoni contralti, il sassofono tenore ed il sassofono baritono; il resto dell’organico bandistico è chiamato a sostenere una cellula ritmica dal carattere contrattempistico per immettere energia utile ad illuminare l’intero progetto compositivo. La frase di risposta modifica totalmente l’assetto timbrico e si evidenzia una nuova distribuzione della melodia nell’organico strumentale: il clarinetto piccolo in mib., i primi clarinetti soprani (divisi), i secondi clarinetti soprani (divisi), i clarinetti contralti (divisi), le cornette in sib., le trombe in mib., il flicorno sopranino e i flicorni soprani (divisi) suggeriscono la prima idea ritmico - melodica presentata nella seconda parte del brano. La variazione tematica è avvenuta attraverso un naturale proseguimento dei suoni ribattuti che si incamminano verso il moto ascendente già emerso in precedenza. Un‘identica riproposta viene riservata al clarinetto piccolo in mib. e ai primi clarinetti soprani: un inequivocabile richiamo al materiale già usato affinché l’ascoltatore riconosca la fragranza timbrica e la bontà della strategia compositiva. In realtà il passaggio, bre-

ve e transitorio, alla tonalità minore è un’esigenza avvertita dall’Abbate per realizzare un momento di tensione, unico all’interno della composizione. In questo caso, la banda è divisa esattamente in due parti, complementari tra loro e dirette verso un unico intento: accrescere l’attenzione del fruitore e renderlo più protagonista nel “giro di boa” previsto dal compositore. Il brano, infatti, dopo aver immediatamente riconquistato la tonalità maggiore, ripropone il materiale melodico riconoscibile che infonde un’indiscussa certezza sulla validità dell’operazione. Quest’ultima può essere accostata come se si volesse disegnare un cerchio “sonoro” attraverso l’aspetto timbrico e melodico costruito dall’Abbate; in realtà la linea melodica, pur essendo in continuo evoluzione, si sviluppa sempre con pochi elementi e soprattutto contrastanti tra loro. Il fulcro centrale della seconda parte è il moto ascendente su sette suoni del brano e lo sviluppo accurato, previsto nel progetto compositivo, è il materiale successivo già evidenziato. Si tratta di un’interessante ricerca timbrico - melodica da parte del compositore, il quale ha ritenuto opportuno intensificare il dialogo con il proprio ascoltatore attraverso un solo elemento ed offrire una variegata possibilità di combinazioni percettive attraverso l’affascinante tavolozza strumentale che offre l’organico. Il “da capo sino al fine” annuncia l’epilogo dello scherzo marciabile, intramontabile brano originale per banda.


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le nostre città FUORI DAI DENTI/Le rivolte del Medioriente insegnano

A Martignano si inaugura il Centro di Cooperazione Culturale

Troppi vecchi ancora al potere Le minoranze linguistiche pugliesi Il pensiero è, a volte, come le ciliegie. Assaggiata la prima ne viene una seconda, poi una terza e così via. Riflettendo sul fuoco che sta infiammando l’area dell’Africa mediterranea e dintorni salta subito all’occhio la dimensione del danno portato a termine da lunghi anni di dittatura camuffate da democrazie. Anni che hanno visto invecchiare anagraficamente capi chi negli anni ’70 si sono imposti in maniera più o meno nella maggioranza dei casi meno - regolare per poi seccare lentamente come la frutta dopo la sua stagione migliore insieme al loro Paese, mandato in crisi economica, sociale, culturale. È superfluo citare i nomi dei protagonisti di questi giorni, alcuni dei quali ancora si ostinano, a costo di violenze inaccettabili, a restare là dove ritengono sia una sorta di surrogato diritto divino restare. Questa pagina di cronaca, a nostro modo di vedere, destinata a diventare storia è stata scritta dai giovani che hanno detto basta. Una protesta che è dilagata così come il fuoco sulla paglia, che potrebbe passare a pieno titolo alla storia come una rivoluzione come altre che hanno mutato il corso della storia. Ci auguriamo in positivo, perché crediamo profondamente nella qualità dei giovani, che in altri Paesi a 40 anni sono capi di Stato e, al minimo, occupano le posizioni chiavi dell’economia, vero cruscotto della cabina di pilotaggio della società e dello Stato. È finalmente arrivato al suo capolinea il giovanilismo esasperato che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni della storia dell’Europa, ivi compresa l’Italia? Al di là dei colori politici, che qui non ci interessano, non possiamo non constatare che chi è saldamente sulla poltrona, alcuni per fortuna senza l’assenza di merito, non ha che di rado mai meno di 57, 58 anni.

È semplice fare il calcolo: è sufficiente farsi un giro nel sito web del Senato e della Camera per scoprire che l’età media dei parlamentari è di “soli” 54 anni! Alle ultime elezioni c’erano dei gagliardi settantenni a sfidarsi. In altri Paesi l’età dei politici è di gran lunga inferiore. Ma il problema non è un fatto solo d’età, quanto di prospettiva. Visto che la popolazione italiana ha in media, compresi i minorenni, 42 anni, è subito evidente che il Parlamento ha un gap, rispetto al Paese che rappresenta, di 12 anni. Che in questi tempi “liquidi” sono tre generazioni del passato. Cosa hanno da programmare questi signori che, se il concretizzarsi di programmi politici non può non avere tempi di gestazione adeguati, continuano a restar lì e a programmare il futuro di ragazzi che saranno vecchi quando finalmente saranno andati tutti (? Accadrà?) a casa? E si ritroveranno tra le mani un sistema che non hanno costruito, non hanno voluto e immaginavano diverso. Uno studio dell’autorevole “Economist” ha riportato l’analisi che vuole che la corrente di rivolta che in questo momento percorre l’Africa del Nord e il Medioriente sia dovuta proprio alla enorme differenza tra l’età dei governanti e quella delle popolazioni. In Egitto la situazione peggiore, con Mubarak costretto a lasciare a “soli” 82 anni” e, a seguire, gli altri. Nelle democrazie - afferma sempre l’importante testata - la tendenza è contraria… con le sole eccezioni dell’Italia e dell’India. Bisognerebbe avere il coraggio e la coscienza di non rubare il futuro alle generazioni che ci seguono. È percepibile anche nella nostra società questo stato di insofferenza e larvale conflitto generazionale che, ad insistere, verrà fuori prima o poi, sia pur nei contenitori della de-

mocrazia. Che meravigliosa persona il nostro Presidente Napolitano che continuamente richiama l’attenzione sulla necessità di lasciar strada ai giovani. Purtroppo inascoltato. A riprova della bontà delle nostre argomentazioni chiamiamo la considerazione sull’avanzamento tecnologico del nostro tempo che non può permettersi il lusso di governanti anziani. Pensiamo all’uso continuo dell’aereo: come può sostenersi da parte di una persona non più giovane il frequente impegno a viaggiare per motivi politici e diplomatici diversi? Il fisico ha il suo limite, che cresce proporzionalmente all’età. Purtroppo, tanta televisione ha diffuso l’idea che tra giovani e vecchi non ci sia poi tutta questa differenza. Pensiamo alla dannosissima veicolazione del mito dell’eterna giovinezza attraverso pubblicità e, ahinoi!, da qualche tempo anche programmi. L’insano desiderio di sentirsi giovani, ridicolizza l’anziano, ne caricaturizza inevitabilmente la vecchiaia e questa non è più corrispondente al valore naturale della saggezza che nella memoria dei filosofi greci insorgeva proprio con il trascorrere del tempo. Un’ultima riflessione. Nel XVIII secolo giovani e vecchi utilizzavano parrucche bianche perché non fosse evidente la differenza tra giovani e vecchi. Ci sembra di ricordare che questa età si concluse con una Rivoluzione che ha cambiato il corso della storia. Una rivoluzione fatta da giovani, perché - rubiamo questa espressione ad un giovane collega - “sono solo questi che hanno lo slancio che sorprende il mondo”. Chi, come noi, è ormai negli ‘anta avrà sì forza di inerzia ma con questa notoriamente non si riesce a far muovere per lungo tempo il mondo! Né tantomeno a cambiarlo in meglio. Loredana Di Cuonzo

Sabato 26 febbraio nella Sala Convegni del Parco Turistico Culturale Palmieri sita nel Palazzo Palmieri di Martignano (Lecce) in occasione dell’inaugurazione del Centro Operativo per il Salento del Centro Internazionale di Cooperazione Culturale sempre a Martignano, si terrà una giornata di riflessione comune sul tema “Minoranze Linguistiche e Diversità Culturali”. Nel corso dell’incontro tutti i partecipanti saranno invitati a far conoscere le proprie esperienze in materia considerate non solo dal punto di vista linguistico, ma anche da quello folklorico, culturale, turistico ed economico. Partecipano il dott. Pierfranco Bruni, esperto del Mibac per le tematiche attinenti alle minoranze linguistiche e autore dell’opera “La Puglia arbereshe, grecanica e franco-

provenzale”. Intervengono anche l’avv. Simona Manca, Assessore alla Cultura della Provincia di Lecce, la prof.ssa Maria Rosaria De Lumé, Presidente dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, Sindaci e Amministratori dei Comuni interessati, responsabili di Associazioni, tra cui il dott. Pompeo Maritati, Presidente dell’Associazione italoellenica di Zollino. Alle ore 9.30, presso la Sala Convegni di Palazzo Palmieri, il Sindaco di Martignano, dott. Luigino Sergio, Presidente dell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina, darà il benvenuto e quindi avranno inizio i lavori. Alle 12.30 avrà luogo la presentazione del progetto “Un portale delle minoranze linguistiche pugliesi”. Sarà successivamente presentata, alle 15.30 una propo-

IN GALLERIA

sta di memorandum da inviare alle Autorità Centrali e Regionali per sollecitare una nuova e più incisiva attenzione alle problematiche emerse durante i lavori della mattina. Per le ore 16.30 è previsto l’intervento dell’Assessore Manca. Alle 16.45 si terrà la presentazione dell’opera “La Puglia Arbereshe, Grecanica, Francoprovenzale“ del prof. Pierfranco Bruni, coordinatore del progetto “Le scuole si incontrano - L’eco della Cultura mediterranea“ del Mibac. Seguiranno interventi programmati e la lettura e approvazione del Memorandum. Si lavori si chiuderanno alle 18.30, con l’inaugurazione della Sede Operativa per il Salento del Centro Internazionale di Cooperazione Culturale, sita nell’ex Palazzo Comunale di Martignano in via Palmieri. Sara Foti Sciavaliere

di Alessandra De Matteis

Il truffacuori di Pascal Chaumeil Il regista Pascal Chaumeil è riuscito a fare, ciò che molti suoi colleghi provano a realizzare ma solo in pochi riescono, cioè una buona commedia sentimentale realizzata con il suo “Il truffacuori”. Alex Lippi per lavoro manda all’aria relazioni di donne innamorate dell’uomo sbagliato. Insieme alla sorella Melanie e al marito Marc viene pagato da clienti che vogliono porre fine a queste relazioni problematiche. Tutti i suoi ingaggi riescono con successo, fino a quando la troupe di Alex viene incaricata per una missione che si fa sempre più complicata: affiancare e conquistare Juliette in soli dieci giorni e mandare all’aria il suo

imminente matrimonio. Il compito si presenta più difficile del previsto: la ragazza, stavolta, non lascia trasparire nessuna debolezzza. Chaumeil si serve di un rilevante cast artistico: Romain Duris, Vanessa Paradis e Andrew Lincoln. Tutti i protagonisti danno una buona prova, incalzando perfettamente i ruoli a loro assegnati (che sono diversi da quelli in cui solitamente siamo abituati a vedere). I ritmi registici, gli sketch e i dialoghi contribuiscono nel migliore dei modi al tono della pellicola. Anche le location sono state azzeccate: Parigi e il Principato di Monaco, sono state perfette per ambientare una commedia romantica. “Il truffa-

cuori” è arrivato nelle sale cinematografiche italiane ad un anno di distanza dal suo esordio francese, dove è riuscito a fare il boom nel botteghino. Nonostante possa sembrare una commedia per sole donne, può piacere anche al genere maschile in quanto, il regista riad esplorare le fragilità dell’uomo e della donna contemporanei, rivolgendosi a entrambi senza prendere posizione a favore dell’uno o dell’altro, ma trovando il tallone d’Achille. Sicuramente la pellicola non può mirare a notevoli premi, ma parte con delle oneste pretese e sebbene presenti dei limiti può comunque raggiungere un buon risultato.


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appunti

Marco Malvaldi. Odore di Chiuso Leggere “Odore di chiuso” del pisano Marco Malvaldi è stata veramente una piacevole sorpresa. Si tratta di un romanzo che potrei definire inusuale sia per l’ambientazione che per i personaggi. È vero che Malvaldi ha la passione di scrivere libri gialli usando il gergo pisano, ma i suoi personaggi fanno parte della gente comune, sulla scia del suo primo romanzo pubblicato nel 2007, “La briscola a cinque”, dove troviamo quattro simpatici vecchietti frequentatori del Bar Lume, che si divertono ad indagare su alcuni casi con l’aiuto del barista. Questa volta è tutto diverso. Siamo nel 1895, in un castello nella Maremma toscana dove, in un tranquillo riposo estivo, giunge ospite del barone Romualdo di Roccapendente, il celebre gastronomo Pellegrino Artusi, in compagnia di un fotografo fiorentino, il Ciceri,

che ha l’incarico di immortalare la nobile famiglia con il nuovo mezzo di riproduzione. Il baffuto Pellegrino Artusi è preceduto dalla fama che gli ha conferito il suo celebre manuale culinario “La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene”, primo nel suo genere con cui ha inventato la tradizione gastronomica italiana. La presenza dell’Artusi è la vera novità del libro, vale quindi la pena di citare la descrizione che egli stesso fa del suo manuale: “Un libro di cucina dovrebbe essere comprensibile a tutti, perchè tutti noi mangiamo e abbiamo diritto di mangiar roba buona e cucinata per bene; dovrebbe essere scritto in italiano, perchè siamo italiani, e non in quel gergo francioso che viene inteso solo nelle regioni nordiche”. E proprio grazie alla presenza di questo personaggio possiamo dire che il libro di

Malvaldi si colloca tra le novità letterarie che celebrano l’Unità d’Italia. Gli abitanti del castello sono tenacemente dediti al nulla ed aspettano febbrilmente la venuta del famoso cuoco intellettuale. Dei tre figli del barone Romualdo Bonaiuti quello meno interessato all’arrivo dell’Artusi è sicuramente il signorino Lapo, attirato molto di più dalle grazie femminili che dagli intellettuali baffuti. Il resto della famiglia è composto dall’altro figlio del barone, Gaddo, poeta dilettante che riserva al famoso cuoco un’accoglienza per nulla garbata anzi, piuttosto fredda e di sufficienza. La più entusiasta di questa visita è sicuramente la figlia Cecilia, unica figlia femmina del barone dallo sguardo franco e onesto, ragazza di talento ma relegata alle sole attività che si addicevano alle donne di quel perio-

do e sinceramente incuriosita dalla visita di questo ospite dall’aspetto placido e cordiale. Cecilia è sempre sotto l’occhio vigile della nonna Speranza. La vecchia baronessa è ormai malata ed è costretta su una sedia a rotelle, ma dalla sua sedia vigila su tutto, sempre insieme alla sua dama di compagnia, la signorina Barberici, e alle due cugine del barone, sorelle e ‘zitelle di razza’. E poi c’è la numerosa servitù, tra cui spicca la figura della geniale cuoca, del maggiordomo Teodoro e l’altera e provocante cameriera Agatina. Ma la visita dell’Artusi nel castello toscano non è il solo avvenimento che sconvolge la quiete della tenuta, difatti all’indomani dell’arrivo del famoso cuoco, l’urlo della signorina Barberici annuncia che il fedele maggiordomo Teodoro è stato assassinato. Da qui parte il giallo, di cui Pellegrino Artusi,

c@ttolici in rete

Un sito per meditare la Parola di Dio

argo

IL POLLICE

SIAMO UNITI Anche i tormentoni, a quanto pare hanno bisogno di attualizzarsi, non fosse altro che per far porre nuove attenzioni e curiosità sull’evento intorno al quale o sul quale il tormentone è nato. E così dopo il “Sanremo è Sanremo”, che continua ad esistere nella memoria personale e collettiva, ecco oggi la nuova invenzione di Morandi per questa ultima edizione della rassegna sanremese. “Siamo uniti”, ripetuta all’infinito con i palmi delle mani chiusi e in una sorta di contatto ravvicinato tra conduttori (Gianni, Elisabetta, Belen, Luca, Paolo), come abbiamo avuto modo di vedere per alcuni giorni di seguito ed ancor più nella serata finale del “61° Festival della Canzone Italiana” (Rai Uno, ore 21,10), questo il nuovo tormentone destinato a durare, fors’anche nel superamento dell’individualismo negativo. Quanto alle trasmissioni, ben oltre l’ottima scelta fatta nella selezione dei partecipanti e delle canzoni, notevole la partecipazione di Roberto Benigni, senz’altro su di tono rispetto a precedenti occasioni, forse nel nome di un centenario d’Italia da non sottovalutare.

lor@delavoro di Samuele Vincenti

Il fenomeno dell’immigrazione in Italia ha raggiunto quote significative già nei primi anni ottanta del secolo appena passato e, da allora, il flusso dei migranti nel nostro paese non si è mai arrestato. In questi ultimi mesi, poi, le rivolte scoppiate nell’Africa mediterranea hanno intensificato notevolmente gli sbarchi a Lampedusa di uomini e donne che scappano dai loro paesi di origine alla ricerca di un lavoro nei paesi dell’Europa occidentale e, soprattutto, in Italia. Da sempre sensibile alle difficoltà e all’indigenza dei più poveri, degli esclusi e degli immigrati, la Caritas ha appena redatto e appena pubblicato “Le parole del lavoro. Guida prati-

Tommaso Dimitri

Visitiamo oggi un sito, www.omelie.org, che è nato nel 1996 con lo scopo di “offrire, a tutti coloro che settimanalmente si nutrono della Parola di Dio, una piccola isola di sosta nella navigazione”. Fondato da don Roberto De Odorico attualmente parroco della Parrocchia del Santissimo Sacramento a Roma, che dopo alcuni anni decise di affidarne il coordinamento a don Pino Pulcinelli, docente di S. Scrittura alla Pontificia Università Lateranense di Roma, ed Educatore al Seminario Romano Maggiore. Lo scopo principale del sito è presentare la liturgia e le riflessioni in tutte le domeniche dell’anno e nelle festività liturgiche.In una intervista a Zenit don Pino dichiarava: “Bisogna che l’omelia permetta alla Parola di Dio di entrare profondamente nei sentimenti e negli atteggiamenti della vita di coloro che partecipano all’assemblea domenicale, facendo sperimentare e sviluppare la vita di Dio”, e proseguiva sulla necessità che l’omelia sia tale da evitare “rimproveri o ‘prediche’”, e di puntare piuttosto su “un’omelia breve e intensa, che tocchi il cuore e l’intelligenza della vita”. Una particolarità: fra gli autori - cooptati da due curatori che si sono succeduti nel coordinamento - compaiono presbiteri, suore e laici (anche coppie sposate). Alcuni risiedono in Italia e altri all’estero; alcuni elaborano le loro riflessioni in gruppo, altri da soli. Questo fatto ha permesso di unire tante sensibilità e formazioni diverse, per uno stesso servizio alla Parola! Attualmente nella sezione dedicata alla “liturgia - omelie” ritroviamo circa 20 autori (tra cui alcune Suore Benedettine, che si presentano come fossero un unico autore, e delle coppie di laici). Oltre alla liturgia e alle riflessioni per tutte le domeniche e le feste principali dell’anno, particolare rilievo assumono il “sussidio per i bambini”, il link a “la bibbia on line”, l’approfondimento della Parola, i numerosi siti presenti sotto la forma di links (ad esempio i commenti da altri siti anche internazionali e la liturgia quotidiana), ed il “sussidio per catechisti”. Tutto il resto non si può descrivere: va visto, scoperto, letto, meditato direttamente sul sito www.omelie.org. Buona navigazione.

marialucia andreassi con il suo gusto per le spezie, per gli odori, i sapori, si rende il vero protagonista. La pista più semplice farà ricadere tutti i sospetti sulla bella cameriera Agatina, ma le riflessioni sul caso dell’Artusi condurranno le indagini nella giusta direzione. Anche in questo romanzo Malvaldi conferma le sue capacità di narratore ironico e scherzoso. Ve lo consiglio vivamente, si legge tutto d’un fiato.

Marco Malvaldi, Odore di chiuso, Sellerio Editore, 13.00

M U S I CALM E NTE Anna Rita Favale

Guccini ritorna nel Salento

Sabato 11 giugno (ore 21.30 - ingresso 28,75 euro, diritti prevendita inclusi) presso Lecce Fiere va in scena l’atteso concerto di Francesco Guccini, che torna nel Salento dopo otto anni dalla sua ultima esibizione live. Il cantautore proporrà i successi della sua lunghissima carriera partita nel 1967 con Folk Beat n.1 e proseguita senza sosta lungo l’arco di quattro decenni, attraverso ventisette album pubblicati, sino a “Nella giungla”, ultimo inedito contenuto nel best “Storia di altre storie”. Il concerto è organizzato da Murciano Iniziative. Guccini è autore di alcune delle più celebri canzoni italiane di tutti i tempi (Auschwitz, La locomotiva, L’avvelenata, Un altro giorno è andato, Noi non ci saremo, Il vecchio e il bambino, Via Paolo Fabbri 43, Dio è morto, Autogrill, Eskimo, Cyrano, Quattro Stracci, solo per citarne alcune) e ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti (Premio Tenco, Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale, Laurea ad honorem in Scienze della Formazione presso le Università di Bologna - Modena e Reggio Emilia). Nel 2004 è stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Nel suo spettacolo non esiste alcun effetto scenico; l’unica cosa che conta è il rapporto che si stabilisce fra pubblico ed interprete. La sua musica spazia, attraversando tutte le generazioni. Gli adolescenti, gli adulti e gli anziani, ognuno è alla ricerca di qualcosa di diverso e trova all’interno delle sue parole e della sua musica un proprio privato e sottile spazio identificativo. Ama considerarsi appartenente alla famiglia dei cantastorie dai quali ha ereditato una tecnica raffinata nella costruzione dei versi delle sue canzoni, unica nel suo genere. Guccini è certamente “politico”, ma nel senso lato del termine. Politico è il suo modo di raccontare le cose, mai, o quasi mai, avulse da una realtà che dal particolare (necessariamente) può, anche arrivare all’universale. Politico è il suo modo di poetare (meglio sarebbe dire narrare, essendo probabilmente Guccini un narratore, non un poeta) strettamente legato ad una forma dubitativa espressa attraverso una velata ironia che è una delle caratteristiche più interessanti di Guccini. Il ma, il forse, l’oppure cui ricorre ampiamente nelle sue canzoni servono a stemperare le sue affermazioni, che, più che tali, sono invece pensieri suscettibili di diverse interpretazioni. Francesco Guccini è accompagnato sul palco da Ellade Bandini (batteria - percussioni), Juan Carlos “Flaco” Biondini (chitarre), Roberto Manuzzi (sax-armonica-fisarmonica-tastiere), Antonio Marangolo (sax - percussioni), Pierluigi Mingotti (basso), Vince Tempera (pianoforte - tastiere).

Le parole del lavoro, vademecum Caritas per i lavoratori stranieri

ca per non sentirsi stranieri nel mondo del lavoro”. Un vademecum al servizio dei cittadini immigrati per l’orientamento all’inserimento lavorativo in Italia e più in particolare a Roma. Realizzata dall’Area Immigrati della Caritas, la pubblicazione - che si compone di 13 capitoli, con molti paragrafi, che consentono una lettura rapida e funzionale - è suddivisa in tre parti che corrispondono sostanzialmente agli ambiti fondamentali di vita del lavoratore. Il primo capitolo, “cosa serve per trovare lavoro”, fornisce indicazioni su come si trova lavoro in Italia, come ci si presenta per un lavoro e come si possa miglio-

rare la propria formazione. Il secondo, “cosa bisogna sapere mentre si lavora”, chiarisce quali sono i tipi di contratto praticati ai lavoratori in Italia, i documenti necessari per l’assunzione, le assicurazioni sociali e la previdenza, la rappresentanza e la busta paga. Infine, la terza parte, “cosa bisogna fare quando si smette di lavorare o si perde il lavoro”, è dedicata alle dimissioni e al licenziamento, all’indennità di disoccupazione, alla mobilità e alla pensione. Tutti gli argomenti vengono trattati in maniera semplice e molto operativa, fornendo indicazioni e riferimenti (indirizzi, numeri di telefono, siti internet) delle strutture per il lavoro presenti

nel territorio provinciale di Roma, fac-simile della modulistica in uso e specificazioni relative alla condizione dei cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia. Un glossario sui termini maggiormente in uso nel mercato del lavoro e una presentazione del servizio di orientamento al lavoro e alla formazione del Centro Ascolto Stranieri della Caritas, completano il volume. “La Guida - scrive nell’introduzione il direttore della Caritas romana, mons. Enrico Feroci - è uno strumento di orientamento nella complessa realtà del mondo del lavoro, con le sue opportunità e insidie. Le possibilità lavorative per un cittadino

straniero sono spesso ridotte, ma optare per una soluzione rispetto ad un’altra, comprendendone il contesto di riferimento, è azione qualitativa-

mente diversa dal raccogliere le briciole degli altri nella confusione generale. Aiutare le persone a discernere e costruire un proprio percorso, pur nella realtà di un presente spesso difficile, è diventata una delle priorità dell’azione Caritas”. La guida può essere ritirata ed è disponibile presso il Centro Ascolto Stranieri, in via delle Zoccolette, 19 a Roma. Una copia può essere richiesta per e-mail all’indirizzo di posta elettronica: area.immigrati@caritasroma.it. Coloro che avessero difficoltà con l’uso di internet, potranno contattare la Diocesana di Lecce al telefono 0832.524085.


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Lecce, 26 febbraio 2011

lo sport Dopo aver sconfitto la Signora, i giallorossi a Brescia sono chiamati ad una sfida diretta per la salvezza. De Canio dovrà di nuovo inventarsi la formazione

L’ASSIST di Paolo Lojodice

Lecce, la corsa senza fine Il turno contro il Brescia al Rigamonti giunge dopo una settimana vissuta in casa giallorossa, all’insegna di contenuta euforia per la vittoria sulla Juve, nella 26-esima giornata. Proprio il successo ottenuto sui bianconeri può rappresentare il riferimento per il prosieguo del campionato dei giallorossi, per misurarne le capacità di reazione e adeguamento all’avversario di turno, nonostante le disponibilità di organico ed esigenze, che il confronto presenterà di volta in volta. Molti i motivi di soddisfazione per i leccesi che affrontano la trasferta lombarda con la consapevolezza di aver saputo superare un pericoloso passaggio a vuoto segnato dalle recentissime sconfitte contro le siciliane, Palermo in casa e Catania in trasferta, in entrambi i casi dopo esser addirittura passati in vantaggio. Contro le “rondinelle” del ritrovato Iachini, De Canio può presentare una squadra ritrovata nel morale, forte del risultato sulla Juve: contro la vecchia Signora è riuscita a mettere in campo una buona dose di cinismo e a cogliere tutte le opportunità presentatele dagli avversari. Conta fino ad un certo punto che la formazione bianconera fosse sottotono, era pur sempre reduce, al contrario del Lecce, da due successi di fila, l’ultimo, addirittura, sulla lanciatissima Inter. Tali riferimenti

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L’ALTRO

amplificano la portata del successo della squadra di De Canio che,d’un sol colpo, è riuscita a prendere aria a pieni polmoni: bottino di tre punti, un gol per tempo, in vantaggio per l’intera gara addirittura senza subire segnature, in classifica sopravanza il Catania, aggancia il Parma, allunga su Brescia e Cesena; in un sola parola: bingo! Al Rigamonti al Lecce viene offerta un’altra chance identica nella sostanza a quella malamente sprecata contro il Catania, appena due settimane prima - se poi si pensa addirittura all’occasione fallita contro il Cesena in casa, il rimpianto per i giallorossi diventa quasi doloroso. Un successo contro il Brescia sancirebbe in modo definitivo la capacità del Lecce di affrontare le parigrado per ribadire e affermare i valori espres-

si dalla classifica. Di fatto, finora, proprio negli scontri diretti, nei momenti “topici” in cui il Lecce avrebbe dovuto dimostrare di voler e saper perseguire con determinata ostinazione il successo pieno contro le parigrado, lo slancio dei giallorossi è stato bruscamente frenato più dalla propria involuzione che dai meriti degli avversari. Per paradosso il Lecce allunga sulle sue dirette avversarie facendo punti contro le grandi. Tant’è che al Rigamonti il Lecce si presenta con l’ottimo viatico del successo sui bianconeri che è valso anche una “menzione” al merito da parte del CT della nazionale Prandelli: il responsabile tecnico azzurro ha sottolineato il merito da parte della società giallorossa di saper dare spazio ai giovani e valorizzarne il talento. Contro il Brescia l’organico del Lecce sarà soggetto ad

una ulteriore “revisione”: prima ancora di mettere in conto il ritorno di Oliveira, Jeda e Gustavo che hanno scontato il turno di squalifica, le “forzate” defezioni riguarderanno il “neo” cannoniere Mesbah la cui esultanza con “bandierina del corner” per il proprio primo gol in serie A - addirittura contro i bianconeri - gli è costata l’ammonizione che ha tramutato la pendente diffida in squalifica; anche Vives sarà costretto allo stop forzato in seguito alla doppia ammonizione di domenica scorsa, che ha sanzionato in pochi minuti falli dovuti ad eccessi di slancio e generosità agonistica. Dunque piove sul bagnato per il reparto di centrocampo poiché alla squalifica di Vives si aggiunge il secondo turno di stop imposto a Giacomazzi, titolare del ruolo; se poi si considerano anche le assenze per infortunio di Tomovic e Ferrario - stop per un mese per frattura alla mandibola per scontro fortuito con Rosati durante l’incontro contro la Juve - Di Michele - la cui presenza al Rigamonti è fortemente compromessa a causa di una contrattura alla coscia sinistra - mister De Canio, anch’egli squalificato, avrà non poche problematiche da risolvere. Pare molto probabile che Oliveira sostituirà Di Michele, Gustavo Ferrario, Bertolacci al posto di che è di Giacomazzi o Vives, Jeda in attacco.

PORT di Paolo Conte

VOLLEY SERIE B2

Alle loro spalle il vuoto; davanti a esse un obiettivo comune che non ha spazio per entrambe: la B1 diretta. Presentarle non è più un obbligo né un dovere, ma Parsec 3.26 e Minniebet continuano il loro braccio di ferro in vetta alla classifica, separate da quel punticino mai così pesante nella storia del recente volley salentino. “43 a 42 per noi”, direbbe qualcuno dalle parti di Squinzano, altri ancora sosterrebbero “ il miglior attacco contro la miglior difesa”, più semplicemente è Squinzano contro Ugento; due formazioni capaci fino a questo momento di fare la storia di questo campionato rendendo più inebriante il profumo della competitività e della sana rivalità. Risolte agevolmente le pratiche Agnone e Oria, le due contendenti si rimettono in posizione per il prossimo “Face to Face” a distanza. I gialloblu di coach De Vitis attendono in casa la Materdomini Castellana e intendono chiudere a doppia mandata il primo posto in graduatoria; sull’altra sponda i Falchetti di coach Cavalera sono impegnati nella secon-

Squinzano e Ugento, alle loro spalle il vuoto totale. Il Galatina ospita l’Oria da trasferta consecutiva in quel di Altamura, al cospetto di una Domar in cerca di riscatto dopo il brutto scivolone di Martina Franca. Sulla carta, il calendario di giornata è favorevole agli squinzanesi, frementi all’idea di un allungo che potrebbe consolidare la loro leadership. Ma il solito 3 a 0 rifilato all’ultima della lista Oria, fa trasparire l’ottimo stato di salute della compagine ugentina, pronta ad affrontare le ultime dieci gare del campionato regolare come dieci finali. Rush finale che lascia con il fiato sospeso le due piazze che, pur abituate a non soffrire di vertigini, sentono particolarmente il momento topico della stagione. Una battaglia serrata, dove la componente psicologica miscelata a quella atletica faranno la differenza da qui alla fine. Tutto lascia pensare al regolamento di conti della ventiquattresima giornata nella tana dei Falchi; bigmatch per antonomasia che molto probabilmente deciderà le sorti delle due aspiranti alla B d’eccellenza. Sfida nella sfida che ha visto trionfare i gialloblu al tie-break nella gara di andata del 9 gennaio, inaugurando il nuovo anno nel migliore dei modi e invertendo le ten-

denze di quello precedente, dove l’Ugento era padrona incontrastata della competizione. Attendere il fatidico confronto in programma il 17 aprile, è quanto mai prematuro alla luce del fitto calendario che impegnerà le due regine del torneo; formazioni di tutto rispetto come Galatina, Altamura, Alessano e Fasano, possono rivelarsi le schegge impazzite in grado di spezzare gli equilibri che sovrani regnano al vertice. Se per il duo di testa nervi e muscoli sono tesi allo spasmo, in casa Alessano il solitario terzo posto in classifica e la fresca vittoria a domicilio sul Galatone ha iniettato fiale di relax nelle vene di Mastropasqua e soci. Grazie ai 35 punti e alle 8 lunghezze di vantaggio sulla quarta incomoda Galatina, l’Aurispa punta il Paglieta nell’imminente impegno casalingo, con l’obiettivo di dare un segnale importante alle contendenti per il discorso play-off. Tutto ciò che non si auspica il Galatina, che nonostante il consistente distacco dagli uomini di coach Medico, coccola ancora il sogno della terza piazza pensando ad una partita per volta. Dopo il successo esterno in rimonta ai danni del Ca-

stellana, la S.B.V. è pronta a ricevere l’abbordabile Oria con l’intento di staccare le inseguitrici e dare la caccia alla terza della classe Aurispa Alessano. I volti distesi di Galatina fanno a pugni con le facce corrucciate del Galatone a causa della bruciante disfatta interna a beneficio dell’Alessano. La proibitiva trasferta di Fasano è l’ennesimo esame di maturità per il Galatea Volley, determinato ad abbandonare la casella numero 24 in classifica e continuare a rendere la vita difficile a chiunque si trovi dall’altra parte della rete. Chi ha invece l’obbligo di portare a casa l’intera posta è il Casarano di coach Licchelli. Vittima indiziata è l’accorrente Agnone, formazione da nove punti in graduatoria in 16 partite disputate. L’ultima rocambolesca sconfitta al tie-break maturata tra le mura amiche ha suscitato più di qualche malumore in casa Filanto, se non altro per una classifica che tiene ancora col fiato sospeso. La seconda gara casalinga di fila contro la penultima della competizione pare essere la più appetibile delle occasioni per ridare serenità all’ambiente rossoblu.

MONDO Aprile, un mese per il Day Arbitro È una responsabilità davvero pesante quella che attende arbitri e giudici di gara Csi nel mese di aprile. Il fisch ietto non c’entra, l’esito di gare e campionati nemmeno. La responsabilità che dovranno assumersi riguarda la felicità di tanti bambini di tante parti del mondo. Nell’arco dell’intero mese di aprile, infatti, si replica il Day Arbitro, campagna di solidarietà varata lo scorso anno dal Csi, con i direttori di gara arancioblu unici destinatari. A tutti loro, e sono poco meno di 8.000, è chiesto di devolvere il corrispettivo di una diaria di gara, o più di una, a favore di Operation Smile Italia, Onlus da alcuni anni partner del Csi in iniziative benefiche. Operation Smile, fondazione nata nel 2000 e composta da medici e operatori sanitari volontari, ha come fine quello di correggere, con interventi di chirurgia plastica ricostruttiva, le gravi malformazioni facciali che affliggono i bambini del Terzo Mondo, restituendo loro il sorriso e non solo in senso simbolico. Come già lo scorso anno, saranno i Comitati territoriali dell’associazione a raccogliere durante il mese del Day Arbitro, le diarie degli arbitri aderenti, che saranno girate poi alla Presidenza Nazionale che provvederà a devolverle alla Fondazione insieme ai proventi delle altre iniziative messe in campo allo stesso scopo. La scorsa primavera una delegazione del Centro Sportivo Italiano accompagnò l’équipe sanitaria di Operation Smile nei territori palestinesi, fiancheggiando l’intervento medico con un’opera di animazione ludica, pre e post operatoria, per sollevare il morale dei piccoli pazienti. Infoline sulle attività del Csi Lecce, cell. 347.1762819 - email lecce@csi-net.it, sede via Siracusa n. 50 - 73100 Lecce. Marco Calogiuri


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