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Lecce, 22 gennaio 2011

L’Ora del Salento

UN EURO

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Nuova serie, Anno XXI, n. 2

I conflitti che generano precarietà Impazza, in forme inusitate, l’ennesimo scandalo politico-giudiziario, con le accuse (infamanti) al presidente del Consiglio in relazione alle “feste” di Arcore. Al di là del gossip, che si alimenta sui giornali e non solo, dei retroscena, dei protagonisti e del livello delle vicende, che sono minuziosamente evocate nell’ordinanza trasmessa alla Camera per l’autorizzazione a procedere ulteriormente, c’è un’unica certezza. Bisogna che si faccia chiarezza in termini stringenti, che la questione sollevata dalla procura di Milano abbia delle celeri risposte, così da non tenere sul filo la politica, le istituzioni, più ampiamente la governabilità. Roberto Ruffilli a suo tempo, da storico delle istituzioni politiche di vaglia, sottolineò che lo Stato italiano si caratterizza per essere “fragile sul piano della legittimazione”, anche se resistente e capace di ottime performances di fronte alle emergenze. Ruffilli fu ucciso dalle Brigate Rosse, ma probabilmente avrebbe ripetuto lo stesso giudizio. Sono ormai più di vent’anni, per chi ha la memoria lunga, che le iniziative delle procure configgono con il sistema politico e con la stessa figura di Berlusconi, con esiti processuali diversi, e comunque trasmettendo un senso di conflittualità permanente e dunque di precarietà. Per questo, in particolare di fronte ai temi oggi evocati, è necessario arrivare presto a chiarire e così mettere dei punti fermi. L’esito del referendum di Mirafiori, in contemporanea con le questioni sullo “scudo” al premier e con le accuse della procura milanese, dimostra che è in corso un processo di ristrutturazione importante, di fronte alla crisi economica, che deve essere accompagnato da un sistema paese efficiente. Questi sono i temi su cui concentrarci. E a questi temi non sono estranei, ma anzi ne costituiscono la base, quelli della coesione sociale, a partire dal ruolo della famiglia, non a caso al centro del recente discorso del Papa agli amministratori locali. Ci troviamo poi di fronte all’attuazione del “federalismo”, che in realtà è un appello a tutti i centri di spesa perché operino con senso di responsabilità e legalità. Ma l’agenda degli impegni comuni è ancora lunga. Per questo, per mettere mano ai problemi e continuare efficacemente nelle politiche già positivamente messe in atto per affrontarli e in prospettiva risolverli innovando, bisogna che tutti si mettano al lavoro, nella chiarezza e con il massimo senso di responsabilità. Le risposte urgono.

SETTIMANALE CATTOLICO

Lecce, 22 gennaio 2011

Parrocchie della diocesi mobilitate per accompagnare i pellegrini in Piazza San Pietro

Beato a maggio

A NOVOLI LA MARCIA 2011

Iniziativa promossa dall’Ac Diocesana

Grandi e piccoli con l’Arcivescovo per accendere il fuoco della pace Dal 28 gennaio a Lecce

Il referendum alla Fiat

XI Lectio Patrum

La voce dei cattolici

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Pastorale familiare

Giornata del Migrante

Corso di formazione La festa dei popoli

4 Domenica 30 gennaio 2011 - Seminario Arcivescovile 2011 - ore 11

Festa dei Giornalisti con l’Arcivescovo mons. Domenico d’Ambrosio Accoglienza nell’Aula Mincuzzi Presentazione del Messaggio del Papa (Sac. Adolfo Putignano) Momento di riflessione e dialogo dei Giornalisti e degli Operatori della comunicazione sociale con il Presule Cappella del Nuovo Seminario: Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Metropolita

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L’Ora del Salento

Lecce, 22 gennaio 2011

primopiano

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EDITORIALI LA LIBERTÀ RELIGIOSA VIA DELLA PACE

Il “cristianesimo aperto” Il Papa: efficace il contributo della “non violenza efficace” della Chiesa cattolica Stiamo assistendo ad una improvvisa recrudescenza di guerre, anzi “guerriglie” cruente di religione, fenomeno che per millenni ha segnato il mondo non solo occidentale. Oggi il discorso delle etnie e della globalizzazione sta proponendo il problema della convivenza in maniera feroce. Ha scritto il sociologo barese Franco Cassano che con la globalizzazione si assiste a un ritorno forte delle identità, proprio per un processo reattivo di difesa dall’invasione di modelli culturali prodotti altrove e considerati nemici. Di conseguenza sono messe in discussione, talvolta in maniera violenta, la stessa libertà di culto e di cultura. Una premessa è d’obbligo: come cattolici, umilmente, dobbiamo sentirci comunque eredi di una storia, talvolta pesante, della cristianità che, fino a mezzo millennio fa, non ha esitato a difendere il deposito dottrinale e di fede con strumenti di violenza, fino alla morte dell’altro di fede diversa. Oggi tutto ciò non è possibile né reale: la cattolicità ha da tempo accettato e praticato quella che don Tonino Bello chiamava la “convivialità delle differenze”, anche differenze di culto e di fede. Senza questo non c’è pace: e non c’è in nessun luogo del mondo, perché, come ci ha insegnato Karol Wojtyla, la pace è indivisibile. Se c’è guerra in luogo lontano, quella guerra tocca anche noi e non solo dal punto di vista morale. Non a caso la Fondazione intestata a don Tonino sta avviando una “Scuola di pace”, proprio per diffondere la cultura della tolleranza che non è una cultura della “sopportazione”. Tollerare non vuol dire sopportare, ma “farsi carico” dell’altro. A dare forse per decenni un’idea sbagliata di quel valore è stata la traduzione infedele dell’“agnus dei qui tollis peccata mundi”, dove il “tollis” era tradotto “togli” e non, più correttamente, “li assumi come tua responsabilità”, come se fossero tuoi. La costellazione storica di oggi presenta, soprattutto, la frantumazione etnico-religiosa dell’Oriente e la situazione di crisi di un Occidente costretto ad interventi armati per risolvere

L’Ora del Salento SETTIMANALE CATTOLICO Iscritto al n. 517 del Registro stampa del Tribunale di Lecce

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o controllare situazioni lontane e che incidono sul territorio globale. L’economia di alcuni paesi talvolta induce strumentalmente culture di integrismo e di intolleranza religiosa. La nostra storia è una storia diversa: è la storia della “nonviolenza efficace”, espressione della convertita Simone Weil, ripresa da don Italo Mancini, amico di quello che definì il “cristianesimo aperto” dei salentini. Forse dovremmo, con umiltà e coraggio, ricordare agli islamici anche affermazioni del loro profeta. Penso a quando Maometto disse: “Se la devozione di due musulmani è rivolta alle loro spade, tutt’e due, sia l’uccisore sia l’ucciso, finiscono all’inferno”, e qualcuno osservò: “O Messaggero di Dio, questo è giusto per l’uccisore, ma per l’ucciso?”. E lui: “Anch’egli, in realtà, cercava di uccidere l’avversario”. Oppure quando affermò che la parola della saggezza “è come l’animale smarrito; il credente ha diritto di prenderla ovunque la trovi”. Riflettiamo su queste parole: è diritto del credente di prendere la “parola della saggezza” ovunque la trovi, senza fermarsi o bloccarsi nella propria chiesa. Ci può essere, insomma, un islamismo dialogico, attento alle fedi, non integralista né feroce. In definitiva, l’attuale pontefice ha richiamato più volte un orizzonte di questo tipo. Potremmo anche dire che Benedetto XVI ha sollecitato i popoli e le loro “società civili” ad una nuova stagione profetica, come quella, ad esempio, che animava il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, allorché organizzava, nei primi anni Sessanta, i colloqui sulla pace con i popoli del Mediterraneo di religioni e di culture diverse. Insomma, non c’è pace se non c’è libertà religiosa e viceversa. La violenza ha sempre rigenerato se stessa. Occorre un atto forte di responsabilità di tutti, avendo il coraggio di continuare non a “predicare” la pace, ma di praticarla in tutti i posti, i luoghi, i ruoli nei quali la casualità esistenziale ci ha collocati. Giovanni Invitto

PENSANDOCI BENE...

Il messaggio del Santo Padre in occasione della giornata mondiale per la pace, il primo gennaio 2011, può essere considerato una tappa di notevole importanza per quello che è stato, in modo più ampio, l’apporto della Chiesa cattolica in merito al delicato e complesso problema della libertà religiosa. Tema dibattuto in ambito laico, con non poche ambiguità, è entrato, occorre ammetterlo, con una certa fatica, in ambito cattolico soprattutto grazie al Concilio Vaticano II, con la dichiarazione: Dignitatis Humanae. Se la storia dell’elaborazione del suddetto documento è ben conosciuta, non si può dire altrettanto del processo del suo accoglimento. Su due punti, comunque, viene assimilato e orientato l’insegnamento del Concilio: la libertà religiosa fa parte delle libertà fondamentali dell’uomo e rientra, di conseguenza, nei diritti fondamentali; il rifiuto dell’integralismo e il riconoscimento della laicità. Determinante era stata l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII sull’elaborazione del documento conciliare Dignitatis Humanae, soprattutto per quanto concerne il riconoscimento del diritto di ogni uomo di onorare Dio “seguendo la giusta regola della sua coscienza”. La stessa enciclica ha influito positivamente sulla presa di coscienza da parte del magistero della Chiesa circa la

di Giuseppina Capozzi

La nobiltà del lavoro Il lavoro è l’attività più nobile per la persona, perché gli dà la possibilità di concretizzare il suo destino. Essendo l’uomo una persona in relazione con l’altra, inevitabilmente il destino dell’altro è legato al proprio. Questo conduce ad una comprensibile e necessaria solidarietà e fraternità con chi versa in una condizione di difficoltà. L’ottica della mancanza di lavoro può essere vista dalla parte del lavoratore o del datore di lavoro. Ma i guasti, i disagi e le gravi conseguenze che ne scaturiscono appartengono ad un minore sviluppo umano di tutta la collettività. Poiché il lavoro si iscrive nell’ordine della libertà della persona, il diritto al lavoro è un bene umano non negoziabile. Dunque, la sua perdita può rappresentare un vero e proprio dramma. Se, poi, avviene per persone adulte, quarantenni e cinquantenni che hanno anche pressanti impegni familiari, rischia di diventare tragedia. Si tratta della tragedia della solitudine, della percezione di inutilità. Non è bene che l’uomo sia solo, perché si evidenzia la incapacità del dare e del fare. Lo stupore più grande, come scrive Schopenauer, è nello scoprirsi in relazione con l’altro nella capacità di condivisione. La testimonianza dell’essere vicino e solidale al più debole diventa l’appagamento più grande per il significato pieno della propria persona. La esperienza del bene comune ci fa scoprire come sia esponenziale il ritorno del bene per se stessi. E l’uomo deve riflettere sulle conseguenze esponenzialmente negative del dramma dei senza-lavoro. La perdita di lavoro va ben oltre la perdita

dello stipendio. Coloro che escono dal mondo del lavoro entrano in una crisi esistenziale di proporzioni e prospettive inquietanti per la società tutta, con costi sociali e umani che ricadono immediatamente sui bambini e i più deboli. La persona estromessa dal lavoro per lungo tempo o anche dipendente dall’assistenza pubblica o privata, viene minata nella libertà più intima di persona. Ricordiamoci che lavoriamo sempre “per qualcuno”, “con qualcuno” e come dono agli altri e a Dio. È arrivato, adesso, il momento di svelare questo meccanismo sistemico che guarda all’uomo in funzione di ciò che produce o rappresenta, e non per ciò che è. L’unione tra etica della vita ed etica sociale può spezzare le catene del meccanismo perverso di chi rimane indifferente di fronte alla marginalizzazione, accettando le più diverse forme di disistima e violazione della vita umana (Evangelium Vitae, 101; Caritas in Veritate, 15), come quelle drammatiche della persona senza lavoro. Giovanni Paolo II ha operato una rivoluzione culturale, proseguita da Benedetto XVI, parlando di ecologia sociale del lavoro, una cultura del lavoro che sintetizza le sue varie dimensioni personale, economica e sociale. Ognuno di noi, nel ruolo che ricopre, può contribuire ad evidenziare la centralità della persona nelle scelte economiche e di responsabilità nei confronti del lavoro, ricordandosi che il valore di una società dipende dal trattamento e dalla cura che riserva ai suoi membri più deboli. info@giuseppinacapozzi.it

realtà dello stato moderno, stato di diritto, democratico, laico, pluralista. Paolo VI nel suo appassionato impegno di “risvegliare l’anima cristiana dell’Europa” sottolinea il ruolo e la dimensione spirituale della Chiesa nella costruzione della nuova Europa, distinguendo nettamente la sfera spirituale da quella politica, allontanando, così, il sospetto di una restaurazione della cristianità. E così, dieci anni dopo la promulgazione della Dignitatis Humanae, uno degli assi portanti dell’attività diplomatica della Santa Sede in ambito europeo è la difesa dei diritti dell’uomo, in particolare il diritto alla libertà religiosa e all’inviolabilità della coscienza umana. Su questa stessa linea ha proseguito Giovanni Paolo II. Già nella sua prima enciclica Redemptor Hominis, sottolinea la sollecitudine della Chiesa per l’uomo “concreto”, il rispetto della sua dignità, dei suoi diritti, primo fra tutti il diritto alla libertà religiosa. In questo contesto, il Papa, chiedeva ai governanti il rispetto dei diritti della religione e dell’attività sociale svolta dalla Chiesa. Non chiedeva alcun privilegio, ma il rispetto di diritti fondamentali. In un discorso del 7 dicembre 1995, Giovanni Paolo II chiariva l’equivoco circa la libertà religiosa intesa come semplice rivendicazione “liberale” nei confronti degli stati totalitari, come se si trat-

tasse soltanto di un problema di reciprocità e non invece del diritto di ogni persona di fronte a ogni potere mondano. E in quella circostanza, ricordava che la Chiesa “nel difendere la libertà religiosa non difendeva una prerogativa istituzionale, ma la verità sulla persona umana”. Il magistero di Benedetto XVI sulla libertà religiosa, nei suoi primi cinque anni di pontificato, contiene interventi frequenti e mirati. Ultimamente sono diventati pressanti e accorati, sollecitati dalle continue persecuzioni delle minoranze cristiane in Iraq e, ultimamente, dalla strage terrorista di 23 cristiani copti avvenuta ad Alessandria d’Egitto. Nel messaggio del primo gennaio scorso, ha indicato con vigore e chiarezza la libertà religiosa come fondamento della pace, sottolineando il diritto di ogni persona a coltivare anche in forma pubblica la vita spirituale. Ha sollecitato la famiglia ad essere la prima scuola di educazione alla libertà religiosa; ha ricordato come il fondamentalismo e l’ostilità contro i credenti pregiudicano la stessa laicità degli stati. Possiamo considerare il messaggio del 1 gennaio scorso una tappa di straordinaria importanza per l’ampiezza di orizzonte culturale e di coinvolgimento a tutti i livelli con cui il Papa rilancia il diritto fondamentale della libertà religiosa. Luigi Manca

XI EDIZIONE A LECCE

Una nuova lettura di S. Cipriano Un’approfondita riflessione sulla figura di San Cipriano di Cartagine sarà oggetto della Lectio Patrum Lupiensis, giunta quest’anno alla XI edizione. Il ciclo di seminari, articolato in cinque incontri, avrà luogo a partire da venerdì 28 gennaio presso l’aula magna dell’Istituto Marcelline di Lecce. Alla prolusione accademica sarà presente mons. Domenico D’Ambrosio, da sempre sensibile ad iniziative atte a riflettere sui segni dei tempi a partire dall’antica tradizione. La Lectio Patrum Lupiensis mira a divulgare tra gli uomini di fede e di cultura una degna conoscenza dei Padri della Chiesa, oggetto comune di studio e di venerazione da parte dei cristiani di tutte le confessioni. Nelle loro opere e nella sintesi feconda che seppero fare tra humanitas classica e messaggio cristiano risiedono, difatti, le radici della civiltà europea. La Lectio Patrum è il frutto della proficua collaborazione tra l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Lecce e il Dipartimento di Filosofia Classica e Scienze Filosofiche dell’Università del Salento. Un ausilio che, da anni, mira a fare degli studi teologici il luogo privilegiato in cui costruire un’armonia tra fede e ragione, come premessa importante da cui far scaturire una conoscenza della teologia capace di dare più propriamente anche chiavi di senso alla vita, oltre che ampliare l’orizzonte delle conoscenze. Diffondere l’elevato grado di virtù, non solo predicate ma soprattutto praticate, dei Padri della Chiesa, non può che essere un utile servizio alla società. Dopo il successo della scorsa edizione, anche quest’anno, contribuiranno a tracciare un percorso ermeneutico

del pensiero di San Cipriano i rappresentanti della Lectura Patrum Fodiensis e dei Week-end Agostiniani, ambedue al quinto anno di vita, che si occupano della divulgazione della cultura patristica nella società odierna. Nella presente iniziativa culturale sono, inoltre, coinvolte diverse realtà quali l’Università di Foggia, l’Istituto di Scienze Religiose di Foggia e i Padri Agostiniani delle tre comunità di Puglia (Noicattaro, Andria e Cassano Murge). Serena Carbone Ecco il programma 28 gennaio 2011, ore 19 Mons. Domenico D’Ambrosio Arcivescovo Metropolita di Lecce Apertura dei lavori Prof. Carlo Dell’Osso Ordinario di Patrololgia Facoltà Teologica Pugliese - Molfetta Introduzione a San Cipriano 18 febbraio 2011, ore 19 Prof. Antonio Cataldo Docente di Letteratura Cristiana Antica Università del Salento L’unità della Chiesa cattolica 25 febbraio 2011, ore 19 Prof. Mons. Vittorino Grossi OSA, Docente di Patristica Institutum Patristicum Augustinianum La preghiera del Signore 11 marzo 2011, ore 19 Dott. Alessandro Capone Ricercatore di Letteratura Cristiana Antica Università del Salento Le opere della carità e l’elemosina 8 aprile 2011, ore 19 Seminari


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Lecce, 22 gennaio 2011

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L’INVERNO DI MIRAFIORI IL PENSIERO DEI CATTOLICI Le parole dell’Arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia: il diritto primario al lavoro e il diritto primario alla tutela della famiglia

Fiat, riprendere il cammino “Da questa vicenda nessuno esce vincitore o vinto, e credo che tutti sentano l’esigenza di un momento di sosta rasserenante”. Con queste parole mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ha spiegato il significato del momento di preghiera convocato sabato scorso al santuario della Consolata, all’indomani del voto di Mirafiori. “Come credenti – ha detto il presule – riteniamo che la preghiera in questo momento sia la via più efficace e potente per chiedere a Dio per intercessione di Maria, che dalla consultazione avviata in questi giorni a Mirafiori scaturisca la volontà di riprendere il cammino in spirito di dialogo e di riconciliazione, coinvolgendo tutte le parti sociali”.

Uniti nella preghiera Sindacalisti, imprenditori, politici, semplici fedeli si sono riuniti nel santuario della Vergine Consolata, patrona della diocesi, per la recita del rosario. E tutti insieme, alla fine, hanno letto la preghiera composta da mons. Nosiglia: “Concedi che in tanti luoghi di lavoro così travagliati in questo tempo di incertezze e difficoltà, tornino la concordia, il dialogo e l’impegno di valorizzare l’apporto di tutti, quali vie indispensabili ad una ricerca del bene comune”. Lo stesso è avvenuto in ogni parrocchia della diocesi durante le messe di domenica scorsa. L’invito a pregare per il lavoro è stato rivolto a tutte le comunità della diocesi perché, ha spiegato l’arcivescovo con le parole del salmo, “se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano i

costruttori; se il Signore non custodisce la città invano veglia il custode...”.

Lavoro e dignità Secondo mons. Nosiglia, dal voto di Mirafiori è emersa con chiarezza sia la necessità di conservare il lavoro sia quella di tutelarne la dignità. “I lavoratori – ha detto l’arcivescovo – hanno espresso con responsabilità e chiarezza alcune indicazioni che vanno accolte e perseguite: la garanzia del lavoro quale diritto primario che mai deve venire meno, anche con il sacrificio di tutti, la necessità che chi lavora sia tutelato nelle proprie necessità personali di giustizia e in quelle familiari e sociali di solidarietà. Questa consultazione inoltre ha posto in risalto come l’impegno d’investire sulle persone e sul futuro del nostro territorio offra a tutti gli imprenditori concrete opportunità”.

Per la riconciliazione “Ho seguito, vissuto e sofferto questa vicenda come ogni persona responsabile”, ha detto l’arcivescovo rispondendo alle domande dei giornalisti prima dell’incontro di preghiera. “Non spetta a me giudicare l’esito del referendum, ma i lavoratori vanno presi in senso unitario e le forze del lavoro, in senso unitario, devono saper interpretare e accogliere in termini concreti il loro invito”. Mons. Nosiglia ha infine affermato di “essere disposto a fare qualsiasi cosa” per riconciliare gli animi compresa, qualora gli venisse richiesta, la celebrazione di una messa di riconciliazione dentro lo stabilimento di Mirafiori.

Non ci si può trincerare dietro le anonime leggi del mercato per giustificare comportamenti che dipendono da libere scelte

Flebile la voce dei cattolici nonostante la dottrina sociale Sul “caso Fiat” sono state dette molte cose. C’è stato chi ha accusato l’amministratore delegato dell’azienda, Marchionne, di comportamenti antisindacali e antidemocratici e chi, invece, ne ha difeso l’operato come un atto coraggioso, da cui può derivare un salutare rinnovamento della nostra politica industriale. C’è stato chi ha posto l’accento sulla rottura operata dalla Fiat nei confronti del contratto nazionale e chi, invece, sulla limitata portata dei sacrifici imposti dal nuovo contratto. C’è stato anche chi, pur senza minimizzarne il prezzo, ha sottolineato l’inevitabilità della nuova linea nel tempo della globalizzazione e ha considerato, perciò, inutile la discussione. Tra tante voci, è apparsa assente, o comunque molto flebile, quella dei cattolici. Quelli di loro che si sono pronunziati, pro o contro, lo hanno fatto solitamente con argomentazioni ispirate a criteri economici o politici. Molti hanno considerato la questione come un problema interno alla sinistra, lacerata da evidenti contraddizioni. È mancato, nella stragrande maggioranza dei casi, un preciso riferimento alla visione del lavoro espressa in tanti documenti del magistero, nel quadro della dottrina sociale della Chiesa. È appena il caso di precisare che il punto di vista etico-religioso non deve mai esonerare da uno sguardo realistico sulle situazioni. Ma la definizione dello sviluppo come “vocazione”, data da Paolo VI nella “Populorum progressio” e ripresa da Benedetto XVI nella “Caritas in veritate” evidenzia che, in quanto “lo sviluppo umano

integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli” (“Caritas in veritate”, n.17), non ci si può trincerare dietro le anonime leggi del mercato e gli inesorabili meccanismi dell’economia per giustificare comportamenti che in realtà dipendono sempre, in qualche misura, da libere scelte di persone in carne e ossa: “Anche le situazioni di sottosviluppo (...) non sono frutto del caso o di una necessità storica, ma dipendono dalla responsabilità umana” (ivi). Ora, in quest’ottica, i criteri, spesso ritenuti logici e indiscutibili da chi si riferisce al modello astratto e unilaterale dell’“homo oeconomicus”, ap-

paiono inadeguati. E non per la sovrapposizione estrinseca di una morale che, così utilizzata, sarebbe inevitabilmente solo moralismo, ma per il riconoscimento che alla radice della stessa vita economica sta l’uomo integrale e che anche alle situazioni del mercato ci si deve accostare con uno sguardo che rifletta quello di Dio: “La visione dello sviluppo come vocazione comporta la centralità in esso della carità” (n.30). Si noti che il Papa non esita a mettere in primo piano una virtù teologale, piuttosto che generici valori umani, nella convinzione che proprio lo specifico dell’identità cristiana possa

essere fecondo anche sul piano sociale ed economico. Certo, osserva Benedetto XVI, “nei confronti dei fenomeni che abbiamo davanti, la carità nella verità richiede prima di tutto di conoscere e di capire, nella consapevolezza e nel rispetto della competenza specifica di ogni livello del sapere”. Ma già a questo livello, “la carità non è un’aggiunta posteriore, quasi un’appendice a lavoro ormai concluso delle varie discipline, bensì dialoga con esse fin dall’inizio. Le esigenze dell’amore non contraddicono quelle della ragione” (ivi). Non ci sembra, francamente, che qualcuno - credenti compresi - abbia

tenuto conto di questa prospettiva, certamente rivoluzionaria - come lo è il Vangelo - nel dibattito sul “caso Fiat”. Eppure il tema oggetto di questo dibattito era e rimane uno di quelli centrali della dottrina sociale della Chiesa, tanto da potersi sicuramente considerare un “valore non negoziabile”: al problema del lavoro e della sua dignità, prioritaria rispetto a qualunque logica di profitto, i sommi Pontefici hanno dedicato pagine memorabili. Ma chi, in questa circostanza, ha fondato le proprie argomentazioni - per esempio - sulla “Laborem exercens” di Giovanni Paolo II? Chi si è mobilitato, in un senso o nell’altro, in nome della visione cristiana, rivendicando il diritto di quest’ultima a non essere considerata una consolante utopia, ma una chiave di lettura insostituibile dei problemi e una prospettiva di fondo a cui almeno il credente - ma anche il non credente - dovrebbero ispirarsi per dare ai problemi economici e sociali soluzioni più umane? Da parte nostra, sia chiaro, non intendiamo in questa sede proporne. Esse dovrebbero scaturire da una riflessione comune svolta dai credenti di qualunque parte politica, quale che sia il loro ruolo sociale - che finora è mancata. Il nostro solo intento, con queste brevi riflessioni, è di contribuire a farla sviluppare. Anche per ricordare a tutti che quando la Chiesa parla della difesa della vita dal suo concepimento al suo termine naturale include anche ciò che ne minacci alla dignità nella fase intermedia. Giuseppe Savagnone


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Lecce, 22 gennaio 2011

ecclesìa IL PRIMO GIORNO DELLA SETTIMANA

di Mauro Carlino

La missione di Gesù

La liturgia odierna ci presenta l’inizio della missione del Signore Gesù. L’Agnello di Dio, l’Unigenito del Padre abbandona dunque la sua città e la sua casa, Nazaret, per dirigersi oltre il Giordano, lungo la via del Mare, che collega Israele con Damasco. Egli si ferma precisamente a Cafarnao, piccolo, ma importante villaggio, posto sul lago di Tiberiade. L’importanza di questa località eratestimoniata dalla presenza di un presidio romano e dall’attività degli esattori delle imposte. Certamente, tale centro doveva essere fiorente dal punto di vista economico e commerciale, per cui, sebbene distante sia da Gerusalemme che da Damasco, i suoi abitanti dovevano godere di una relativa serenità. Tra le attività più tradizionali, data la vicinanza al lago, vi era l’arte della pesca. Il Signore volge il suo sguardo proprio ad alcuni pescatori, chiamando i suoi primi discepoli: Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni. Il racconto della chiamata al discepolato è alquanto scarno, privo di particolari. Eppure, nella sua semplicità, racchiude una serie di insegnamenti molto importanti. Primariamente, notiamo come sia il Signore a prendere l’iniziativa: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho chiamati”. Ogni vocazione è frutto della libera e gratuita scelta di Dio, il quale è sempre imprevedibile. Egli non sceglie per la missione i “professionisti del sacro”, bensì questi umili pescatori, abituati al sacrificio, docili all’ascolto, ma soprattutto disponibili ad accogliere quell’annuncio di conversione. In effetti, ed è questo il secondo grande insegnamento, stupisce la rapidità con cui i primi 4 discepoli, manifestano la loro intenzione di seguire il Signore. “subito, lo seguirono!”. È interessante notare anche la costruzione della scena, proposta da Matteo. C’è un vero e proprio crescendo nella legge della rinuncia e del sacrificio (prima le reti, poi la barca e il padre), prerogative fondamentali del discepolo: se questi vuol veramente seguire Gesù è chiamato a lasciare tutto ciò che caratterizza il regno di questo mondo con le sue leggi e i suoi affari, per preoccuparsi unicamente del Regno di Dio. Il Signore stesso paleserà ai suoi tale esigenza: “Cercate prima il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”. Infine, desideriamo cogliere un ultimo insegnamento dalla pagina odierna del Vangelo, contemplando Gesù che cammina lungo il mare. Il testo originario riferisce che Gesù passeggiava lungo la riva del lago e tale verbo lo rinveniamo anche al principio della storia dell’umanità quando Dio passeggiava con Adamo ed Eva nell’Eden. Tale familiarità con i passi di Dio era a tal punto nota ad Adamo ed Eva che costoro, dopo il peccato, si nascosero appena udirono i passi di Dio. All’inizio della nuova storia della salvezza, i discepoli vedono Gesù passeggiare e si mettono alla sua sequela. L’uomo, infatti, se risponde con generosità alla chiamata di Dio, può avvertirne la musicalità dei suoi passi e sperimentarne una nuova pace.

UFFICIO PASTORALE DELLA FAMIGLIA E DELLA VITA

Corso di aggiornamento e formazione per gli operatori di pastorale familiare Don Salvatore con don Gerardo ed i loro collaboratori ci tengono a farvi conoscere una iniziativa dell’Ufficio di Pastorale della Famiglia e della Vita e cioè la realizzazione di un corso di formazione e aggiornamento per Operatori di Pastorale Familiare, i cui referenti privilegiati sono gli operatori dell’itinerario di fede in preparazione alla celebrazione del Sacramento del Matrimonio, ma, anche tutti coloro i quali collaborano nelle attività parrocchiali. Il contenuto del corso sarà: “il Matrimonio Cristiano” e si svilupperanno: l’aspetto antropologico, l’aspetto liturgico sacramentale, l’aspetto etico morale. Il corso verrà realizzato contemporaneamente nelle 4 Vicarie dell’Arcidiocesi di Lecce (Lecce, Squinzano, Monteroni, Vernole), rispettando le date: I appuntamento (sabato 29 gennaio - domenica 30 gennaio), II appuntamento (sabato 5 marzo - domenica 6 marzo), III appuntamento (sabato 2 aprile - domenica 3 aprile). Gli orari saranno: il sabato dalle ore 16.00 alle ore 19.00; la domenica dalle ore 9.00 alle ore 12.00 con la celebrazione della Santa Messa dalle ore 12.00. L’invito è da estendere a tutti gli Operatori di pastorale di tutte le parrocchie della Diocesi di Lecce. Coloro i quali leggono questa comunicazione sono pregati di diffondere ed estendere

l’invito, garantendo la partecipazione. Per ogni informazione si prega voler far riferimento ai collaboratori delle rispettive Vicarie che garantiranno le segreterie: Umberto e Mariella Ingrosso per la Vicaria di Lecce; Mino e Oronzina Stefanelli per la Vicaria di Squinzano; Massimo e Gabriella Madaro per la Vicaria di Monteroni; il diacono Giuseppe Cannoletta per la Vicaria di Vernole.

CENTRO DON G. QUARTA

Concorso per due premi di studio Il Centro Fede e Cultura don Gaetano Quarta costituito nel desiderio di riunire i numerosi amici di don Gaetano (5-12-1934 \ 310-2003 ) sacerdote, studioso di scienze umane, ordinario di Psicologia Generale e Clinica presso l’Università di Lecce, ha deciso, in suo ricordo, di bandire un Concorso per due Premi di Studio da assegnare ad un laureato presso l’Università del Salento o ad un dottore di ricerca che abbia conseguito il titolo presso lo stesso Ateneo e ad un laureato in Teologia presso la Facoltà Teologica “Pio XI” di Molfetta o ad un laureato (Laurea Magistrale) in Scienze Religiose presso l’Issr di Lecce. Gli interessati potranno richiedere copia del bando di concorso inviando una e-mail a: ass.dongaetanoquarta@libero.it

CENTRO ASCOLTO DIOCESANO

Grazie ai Vigili del fuoco di Lecce Anche quest’anno i cari Vigili del fuoco di Lecce hanno voluto ricordarsi dei bisognosi, offrendo loro, attraverso il “Centro ascolto diocesano”, tanti prodotti alimentari che sono stati distribuiti a tante famiglie. E a nome dei beneficiati diciamo, col cuore, “grazie” a tutti e in particolare al sensibile comandante, ingegnere Foderà, che ha permesso la realizzazione di tutto questo. Che il Signore renda loro merito e faccia trascorrere a tutti un 2011 ricco di serenità e di tante cose buone.

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L’AGENDA DELL’ARCIVESCOVO

Domenica 23 gennaio 2011 Ore 11 - Celebra la S. Messa a Carmiano, parrocchia S. Antonio, in onore di S. Antonio Abate Ore 17.30 - Conferisce le cresime a Cavallino

Lunedì 24 gennaio 2011 Ore 7.30 - Celebra la S. Messa nella Cappella delle Suore Paoline Mattina - Udienze

Martedì 25 gennaio 2011 Mattina - Udienze Ore 18 - Celebra la S. Messa nel monastero delle Benedettine

Incontra una scolaresca della Scuola media di Carmiano

Giovedì 27 gennaio 2011 Mattina - Udienze Ore 16.30 - Incontra i Giuristi Cattolici nella Sala Conferenze dell’Issr

Venerdì 28 gennaio 2011 Ore 9.30 - Presiede il Consiglio Presbiterale Ore 19 - Partecipa alla riunione della Vicaria di Lecce a S. Giovanni Battista

Sabato 29 gennaio 2011 Ore 9.30 - Partecipa all’Inaugurazione dell’anno Giudiziario

Mercoledì 26 gennaio 2011 Mattina - Udienze

Il Decreto canonico che stabilisce il riconoscimento delle virtù eroiche

Don Antonio Palladino è venerabile Il 10 dicembre scorso il S. Padre Benedetto XVI, ha riconosciuto i miracoli di un Beato e di quattro venerabili allo scopo della loro rispettiva canonizzazione e beatificazione; nonché il martirio di altri sette eroi della fede allo scopo medesimo della loro beatificazione. Inoltre ha dichiarato venerabili quattro servi di Dio. Tra questi c’è uno che riguarda la nostra regione: il sacerdote don Antonio Palladino della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano. Sappiamo che Egli è nato a Cerignola (Fg) il 6 novembre 1881 e si è spento nella stessa città il 15 maggio del 1926. Fu ordinato sacerdote ad Ascoli Satriano il 6 gennaio 1905, e nel ‘17 fondò la fraternità laica domenicana; mentre nel ’23 diede inizio a quella che sarebbe stata la congregazione femminile delle Domenicane del SS. Sacramento. Cogliamo l’occasione per

ricordare che nella vigente legislazione canonica il titolo di venerabile non si acquista più con l’apertura del processo apostolico, bensì con decreto canonico che riconosce le virtù eroiche (confr. Canone 2084, 2 e 2115, 2 del codice pianobenedettino del 1917). Come è noto il vigente secondo codice del 25 gennaio ’83 non ha più trattato delle cause dei Santi, così come per la Curia Romana: invece ha legiferato a parte, contestualmente, per le prime con la costituzione “Divinus Perfectionis Magister” e per la Curia Romana con la “Pastor Bonus”. Nella costituzione che ci riguarda non vi è nulla di mutato circa quanto stabilito nel primo codice circa il titolo di venerabile. Per cui rimane come unica fonte della legislazione vigente il decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 26 agosto del ‘913, a firma del Cardi-

nale Prefetto Francesco Martinelli (confr. A.A.S., anno V, pagg.436-38), recepito nel primo codice. A mò di conclusione ricordiamo che anche a Lecce vi sono due venerabili: il Servo di Dio fra Giuseppe Grezzi, laico professo dei Frati Minori, dichiarato il 15 dicembre 2000, e la Serva di Dio Luigia Mazzotta, vergine secolare riconosciuta venerabile il 15 marzo 2008. Oronzo De Simone

MOVIMENTO STUDENTI DI AC

La V Giornata di progettazione sociale: i giovani pensano al lavoro di domani “Lavoro subìto” è il titolo della V Giornata di Progettazione Sociale promossa da Movimento Lavoratori, Settore Giovani e Movimento Studenti dell’Azione Cattolica, da Gioventù Operaia Cristiana, Giovani delle Acli e Progetto Policoro. L’incontro si è svolto Roma, dal 14 al 16 gennaio scorsi, presso la Domus Mariae. Nel corso dei lavori i rappresentanti delle associazioni partecipanti hanno spiegato che “la giornata di progettazione sociale ha messo insieme diverse realtà giovanili del mondo cattolico proprio per raccogliere l’invito del Presidente della Repubblica a scommettere sui giovani”. Per il Segretario nazionale del Mlac, Cristiano Nervegna, “il mondo giovanile fatica a trovare strade e risposte, ma anche soltanto interlocuzione alle domande essenziali con le quali ognuno di noi si è misurato e le cui risposte, per essere efficaci e vere, richiederebbero la testimonianza di una nuova comunità educante”. Per Chiara Finocchietti, vicepresidente dei Giovani di Ac, “sicuramente si apre una

sfida per le associazioni coinvolte nella realizzazione di questo evento: quella di poter lavorare insieme per curare la formazione dei giovani dei nostri ambienti e dare segni di Speranza concreta in un contesto che sta diventando sempre più difficile e che riduce il lavoro ad un qualcosa che si ‘subisce’. Per questo motivo le associazioni che partecipano all’iniziativa hanno scelto lo slogan ‘Lavoro subito’ per dare valore ad un diritto che non è più così scontato”. I relatori dell’incontro sono stati il sociologo Livio Barna-

bò, esperto in strategie di sviluppo, Franco Miano, Presiedente nazionale dell’Azione Cattolica, e mons. Pietro Santoro, vescovo di Avezzano, che sono intervenuti sul ruolo dell’Associazionismo nel lavoro e nel progetto di vita. Non sono mancati i momenti di condivisione comune grazie ai focus tematici curati dalle associazioni e dai movimenti,dove ognuno dei partecipanti ha potuto approfondire il tema a lui più vicino: Settore Giovani di Ac/Gioc, “Accompagnamento al lavoro”, Cooperativa sociale Orso; Msac/Gioc, “Transizione scuola-lavoro”, padre Antonio Lucente (Direttore generale Engim); Mlac, “Impresa”, Vito Cataldi (imprenditore); Acli Giovani, “Forme contrattuali”, Alberto Meli. Un’opportunità di trovare una strada verso il futuro è venuta dal concorso d’idee “Lavoro e Pastorale” che ha promosso la realizzazione di forme di progettazione sociale e pastorale per dare un aiuto ai giovani, ai lavoratori “fragili” e/o disoccupati. Salvatore Scolozzi


L’Ora del Salento

Lecce, 22 gennaio 2011

catholica

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CHIESA DI LECCE

Le attività di gennaio Domenica 23 Esercizi Spirituali dei Diaconi Martedì 25 Ecumenismo: Celebrazione Eucaristica conclusiva presieduta dall’Arcivescovo Monastero delle Benedettine, h. 19.00 Giovedì 27 Scuola di Pastorale - Parr. “S. Giovanni Battista”, h. 17.00 / 20.00

Venerdì 28 “PrayerLab” Laboratori della fede per ragazzi e ragazze delle Scuole superiori Seminario Arcivescovile, h. 19.45 / 21.30 Sabato 29 “Chi-ama-te” Incontro con i Ragazzi che si preparano a ricevere la Cresima Seminario Arcivescovile, h. 15.30 Domenica 30 Incontro dei Giornalisti con l’Arcivescovo Casa Pastor Bonus - Celebrazione Eucaristica, h. 12.00

BEATO IL 1° MAGGIO NELLA DOMENICA DELLA MISERICORDIA Anche nelle singole parrocchie della Chiesa di Lecce fervono i preparativi per partecipare alla Solenne Cerimonia in Piazza San Pietro

Il Papa santo agli onori degli altari Giovanni Paolo II sarà proclamato beato il prossimo 1° maggio, II Domenica di Pasqua della Divina Misericordia. Ne ha dato notizia oggi padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana. Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il Decreto sul miracolo attribuito all’intercessione di papa Giovanni Paolo II. Lo ha reso noto la Sala Stampa vaticana, precisando che “questo atto conclude l’iter che precede il Rito della beatificazione”. “Com’è noto - informa la Santa Sede -, la causa, per dispensa pontificia, iniziò prima che fossero trascorsi i cinque anni dalla morte del Servo di Dio, richiesti dalla normativa vigente. Tale provvedimento fu sollecitato dall’imponente fama di santità goduta dal papa Giovanni Paolo II in vita, in morte e dopo morte. Per il resto

furono osservate integralmente le comuni disposizioni canoniche riguardanti le cause di beatificazione e di canonizzazione”. Tra il giugno 2005 e l’aprile 2007 furono celebrate l’inchiesta diocesana e quelle rogatoriali sulla vita, le virtù e la fama di santità e di miracoli di papa Wojtyla e nel giugno 2009, esaminata la relativa “Positio”, nove consultori teologi del Dicastero diedero il loro parere positivo in merito all’eroicità delle virtù. La promulgazione del relativo decreto venne autorizzata il 19 dicembre 2009 da Benedetto XVI. In vista della beatificazione la Postulazione della causa presentò all’esame della Congregazione delle cause dei santi la guarigione dal “morbo di Parkinson” di suor Marie Simon Pierre Normand, religiosa dell’Institut des Petites Soeurs des Maternités Catholiques. Gli atti dell’inchiesta canonica furono

sottoposti all’esame scientifico della consulta medica del Dicastero il 21 ottobre 2010 e i periti “si espressero a favore dell’inspiegabilità scientifica della guarigione”. “I Consultori teologi, dopo aver preso visione delle conclusioni mediche - prosegue la nota vaticana -, il 14 dicembre 2010 procedettero alla valutazione teologica del

L’ASSEMBLEA DIOCESANA DEI PRESBITERI

Insieme, per progettare in tutti i settori pastorali Nel segno della comunione ecclesiale fondata sui sacramenti del battesimo e dell’ordine sacro, della corresponsabilità vissuta come legame solidale nel formare la Chiesa locale, della collaborazione frutto della condivisione, dell’impegno a realizzare sempre più una comunità autentica “casa di vetro”, secondo l’espressione di D’Ambrosio: il clero è stato chiamato a conoscere con precisione la situazione dell’arcidiocesi riguardo l’attività amministrativa, poiché i sacerdoti sono impegnati a vivere l’unità sperimentando intensi momenti di spiritualità, di riflessione e di confronto intellettuale e pastorale e cooperando alla vita ministeriale da protagonisti in tutti i settori, per costituire un’autentica comunità apostolica. La profusione di un dinamico e generoso impegno nel servire efficacemente il popolo di Dio con chiese e strutture, con qualificanti attività culturali e con importanti e gravosi mezzi massmediali comporta, infatti, rilevanti scelte di conduzione comunitaria, poiché l’unità invocata da Cristo nella preghiera del giovedì santo si esplicita, oltre che nell’unione con il Vescovo, nel legame tra i presbiteri fondato sulla preghiera, sulla carità pastorale, sul concreto aiuto reciproco e complementare in ogni attività ecclesiale. Essere una sola cosa, come si evidenzia in ogni ordinazione con l’imposizione delle mani del Vescovo e dei confratelli e nelle liturgie eucaristiche concelebrate, vuol dire operare insieme concretamente, per la formazione del corpo di Cristo nella storia. Coinvolgendo, naturalmente, l’intero popolo cristiano, e quindi in modo specifico il laicato: «tutto era ad essi comune » (At 4,32) è il modello offerto dai battezzati della Chiesa primitiva di Gerusalemme: il sacramento ricevuto con l’ordinazione e la missione canonica del Vescovo comportano un servizio d’amore con lo stesso atteggiamento del Padre che riconosce a tutti dignità personale e m

o n s .

fiducia nella libera e fruttuosa collaborazione per la diffusione e l’incremento del Regno di Dio. In questo contesto, il presule ha compiuto la scelta di chiamare alla collaborazione laici esperti in economia ed ha rilevato l’esigenza di “attivare una maggiore sensibilità e una più intensa partecipazione”, per far fronte alle difficoltà economiche. Si pensi, a livello parrocchiale, al valore dei Consigli per gli affari economici, voluti dal Concilio per offrire adeguata comunicazione delle reali conduzioni amministrative, mostrare effettiva trasparenza nelle attività gestionali, valorizzare le diverse competenze dei componenti della comunità. Mons. D’Ambrosio ha domandato pareri, ha voluto ascoltare attentamente interventi, ha esaminato comunitariamente problemi, per programmare non solo il prossimo progetto pastorale di rinnovata evangelizzazione, ma pure il bene concreto dell’amministrazione diocesana, proprio tenendo presente che lo spirito comunitario si sviluppa coinvolgendo effettivamente tutti. L’aveva promesso sin dall’inizio del suo ministero in diocesi: il governo sarebbe stato improntato chiaramente sul dialogo e sulla piena schiettezza, secondo quanto asserisce la Presbyterorum Ordinis “I vescovi hanno nei presbiteri necessari collaboratori e consiglieri nel ministero e nella funzione di istruire, santificare e governare il popolo di Dio”. Un documento che al presule piace moltissimo. L’assemblea del clero si è trasformata così in un autentico momento di forte condivisione nel segno del discernimento e nell’impegno di dare a ognuno l’opportunità di elaborare insieme il futuro diocesano. Secondo un metodo ispirato alla fiducia verso tutti con un coinvolgimento realmente comunitario: un’autentica sfida pastorale, frutto dell’amore reciproco. Adolfo Putignano

caso e, all’unanimità, riconobbero l’unicità, l’antecedenza e la coralità dell’invocazione rivolta al Servo di Dio Giovanni Paolo II, la cui intercessione era stata efficace ai fini della prodigiosa guarigione”. “Infine - conclude la Santa Sede -, l’11 gennaio 2011, si è tenuta la sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi della Congregazione delle cau-

SEGNALI DI LAICALITÀ/12

se dei santi, i quali hanno emesso un’unanime sentenza affermativa, ritenendo miracolosa la guarigione di suor Marie Pierre Simon, in quanto compiuta da Dio con modo scientificamente inspiegabile, a seguito dell’intercessione del sommo pontefice Giovanni Paolo II, fiduciosamente invocato sia dalla stessa sanata sia da molti altri fedeli”. Vincenza Sava

di Tonio Rollo

Educazione alla sessualità o avvertenza e modalità d’uso Che chiasso è che il frastuono! Tutti a gridare all’untore per palese affrontò alla civiltà. Destinatario di tante freccette è stato Benedetto XVI; dalla parte del plotone di esecuzione: Chicche e sia (direbbe il Principe). Motivo: l’aver menzionato l’esercizio dell’educazione sessuale tra le cause che attentano alla libertà religiosa. Non sia mai! Alla ricerca di papa ed educazione sessuale le notizie di Google riportavano 446.000 risultati. In tanti a chiedersi come potesse permettersi il Papa di negare la conoscenza, la consapevolezza e la responsabilità a tutti coloro che si preparano ad entrare nella vita attiva, sessualmente parlando. Come si fa a dire per una cosa del genere? E per di più di fronte a tanti po-pò di diplomatici? Infatti il misfatto è stato consumato proprio di fronte agli ambasciatori accreditati presso la Santa sede (10 gennaio) riuniti per i rituali auguri di buon anno. Nel suo discorso il Santo Padre ha parlato del significato della luce nel santo Natale, della dimensione religiosa “quale caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire di ogni uomo”. Ha parlato di pace che nasce dal cuore dell’uomo che cerca Dio. Avendo di fronte un siffatto parterre de roi si è concesso un giro del mondo virtuale attraverso la lente della libertà religiosa, giusto per rimanere sulla notizia. Ecco allora che il ripensare ai suoi recenti viaggi a Malta, Portogallo, Cipro, Regno Unito e Spagna; il ritornare all’assemblea speciale per il medio oriente del sinodo dei vescovi; il ricordare i dolori dei cristiani in Iraq, in Egitto e nei paesi della penisola arabica; il menzionare la legge contro la blasfemia in Pakistan o le altre situazioni di violenza nel sud e nel sudest asiatico; l’avere a cuore la situazione dei fedeli in Cina o a Cuba; il vivere con tristezza la realtà di quei Paesi dell’Occidente “nei quali non si accorda una

grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione”. E proprio parlando di questa parte del mondo che Benedetto XVI si è lasciato andare ad alcuni esempi concreti. Alcuni sono caduti nel dimenticatoio quasi immediatamente come l’obiezione di coscienza dei medici di fronte all’aborto, la questione del crocefisso nelle sedi pubbliche, la impossibilità di operare nell’ambito sociale, caritativo ed educativo delle associazioni cattoliche. Ma un esempio (3 righ sui 180 complessivi) ha fatto stracciare le vesti dei benpensanti. Lo riportiamo fedelmente: Proseguendo la mia depressione, non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione. Questo è quanto! Da qui una serie di domande: da dove nasce lo scandalo? Deve aver parlato della costrizione alla partecipazione ai corsi? Dall’aver associato fede e retta ragione ad una visione antropologica neutra? Perché dire tout court che il Papa é contro l’educazione sessuale? Possibile che nessuno abbia pensato ho sospettato che il Pontefice avesse potuto dire qualcosa di diverso? Persino qualche sacerdote, qualche intellettuale e tanti fedeli laici hanno preso per vero quanto sintetizzato dai giornali. E inoltre: perché il Vescovo di Roma avrebbe dovuto canonizzare ogni forma di educazione sessuale equiparando quella che educa alla sessualità a quella che si riduce tutto a semplici “avvertenze modalità d’uso”, con una variante che prevede l’invito a “consumare entro non oltre il...”, tanto... basta un ctrl + canc + alt e si resetta tutto? Proprio tutto.


L’Ora del Salento

Lecce, 22 gennaio 2011

welfare

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i tutt e lass in c

di Antonio Silvestri

L’Isee diventa più efficace

Per la richiesta di prestazioni assistenziali legate al reddito o di servizi di pubblica utilità è prevista la valutazione della situazione economica del richiedente, con riferimento al suo nucleo familiare. Per effettuare tale valutazione, vengono calcolati due indici: l’Ise (indicatore della situazione economica) e l’Isee (indicatore della situazione economica equivalente). Ma da qualche giorno, per l’Ise/ Isee è necessario tener conto di più redditi: al reddito complessivo, da indicare nella dichiarazione da presentare per l’accesso alle prestazioni agevolate devono essere aggiunte alcune voci prima escluse. A seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 34 della legge 183/2010 (il “collegato lavoro”), fra i redditi significativi ai fini del diritto alle prestazioni agevolate devono essere considerati anche i redditi derivanti da attività commerciale e autonome non esercitate abitualmente, così come i redditi di lavoro subordinato o di impresa assoggettati a imposta sostitutiva o definitiva (a meno che la legge disponga diversamente nel disciplinare ciascuna componente reddituale). Per chi volesse approfondire, è disponibile la recente circolare Inps, che porta il n. 2, emanata il 12 gennaio scorso. Nella circolare l’Inps sottolinea che i redditi rientranti in tali categorie (ad esempio, quelli indicati nei quadri CM, RE, RG e RQ di Unico) andranno sommati al reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef nel primo rigo del quadro F4 (situazione reddituale) della Dichiarazione Sostitutiva Unica (Dsu)

La salute prima di tutto di Domenico Maurizio Toraldo

da presentare. Ciò, ovviamente, come già detto, a meno che tali redditi siano stati espressamente esclusi dalle disposizioni che li disciplinano. A titolo di esempio, facendo riferimento al modello Unico 2010 (redditi 2009), l’Inps cita alcune situazioni reddituali fra le più frequenti: se il soggetto si è avvalso del regime dei contribuenti minimi, va indicato l’importo del rigo CM10. Nel caso in cui il soggetto sia imprenditore di impresa familiare va riportato l’importo del rigo CM10 al netto delle quote imputate ai collaboratori, mentre se il soggetto è un collaboratore dell’impresa familiare va riportata la quota imputatagli dall’imprenditore. Altre disposizioni vengono fornite per il caso in cui il soggetto si sia avvalso del regime sostitutivo per nuove iniziative di lavoro autonomo o si è avvalso del regime sostitutivo per nuove iniziative imprenditoriali. Tra le altre innovazioni che il collegato lavoro immette nel sistema complessivo dell’Ise/Isee, vi è la competenza dell’Inps per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente in relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente la prestazione agevolata. Ma vi è anche l’indicazione dell’Agenzia delle Entrate - con cui Inps ha sottoscritto una apposita convenzione - quale soggetto che, sulla base di controlli automatici, potrà individuare l’esistenza di omissioni o difformità dei dati indicati dall’interessato rispetto a quelli presenti nel Sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria.

I COLORI DELLA VITA

di Fabio Scrimitore

Il dirigente 65enne pensionato d’ufficio Il Governo di Sua Maestà ha confermato che, entro il prossimo ottobre, i datori di lavoro del Regno Unito non avranno più la facoltà di costringere i dipendenti ad andare in pensione, al compimento dei 65 anni. Lo ha fatto sapere il Comitato di redazione del Gazzettino Europeo, con queste proposizioni: “L’età della pensione dovrà essere una scelta e non un obbligo, ognuno ha il diritto alla liberta’ di lavoro fino a quando lo desidera e fino a quando è in grado di lavorare”, ha spiegato il sottosegretario all’occupazione Edward Davies. “I dipendenti più anziani possono svolgere un ruolo molto importante nella loro azienda ed è ora di mettere fine a questa forma di discriminazione secondo l’età”, ha aggiunto. L’abolizione del pensionamento coatto a 65 anni rientra nel piano di riforma varato dal governo presieduto dal conservatore David Cameron. Questa misura era stata prevista anche dalla precedente amministrazione laburista. La Tuc, la confederazione sindacale britannica, ha commentato con favore l’annuncio del governo. Questa notizia è stata riferita dal flebile Dirigente d un Istituto statale di II grado, ch, dal 1° settembre dello scorso anno, ha dovuto leggere, su carta intestata all’Ufficio Scolastico Regionale della più lunga regione d’Italia, le dure parole: “Si comunica che la domanda con la quale Lei ha chiesto d’essere mantenuto in servizio ancora per due anni, cioè, sino al compimento del 67° anni di età, non può essere accolta, perché Lei ha già raggiunto il limite massimo di 40 anni di servizio utili a pensione”. In calce alla lettera era riportato l’articolo 72, del ferreo decreto-legge del 25 giugno 2008, con il quale l’arcigno duo ministeriale Tremonti-Gelmini ha dettato le linee di sviluppo della scuola italiana degli anni venturi, che eleveranno tanto la qualità della formazione delle nostre scuole, da farle raggiungere quella della Finlandia, nazione, questa, che si classifica sempre al primo posto nella graduatoria Ocse, che l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico compila ogni anno fra i sistemi scolastici dei 33 Paesi che ne fanno parte. Nel comma 7° di quell’articolo sta scritto che il dipendente pubblico, che abbia compiuto 65 anni di età, potrà chiedere d’essere mantenuto in servizio per altri due anni. Ma all’Amministrazione quel comma dà facoltà, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi.Lo scorso anno, poi, il Ministero della Gelmini, aveva raccomandato ai Direttori Regionali di andar cauti, nel concedere le autorizzazioni a restare in servizio sino al 67° anno di età, perché, i sessantacinquenni “non si trovano nella condizione di poter assicurare una continuità lavorativa compatibile con un’attività di formazione e riqualificazione professionale necessarie, in dipendenza delle modificazioni ordinamentali in corso”. In Italia si è ancora lontani dall’avvertire come diritto di libertà, il desiderio di lavorare sino a quando si è in grado di lavorare – si lamentò il dirigente scolastico - Io avrei capito la decisione del mio Direttore Regionale - continuò, triste, l’ormai ex preside - se di presidi in servizio nelle scuole della nostra Regione ce ne fossero stati più di quante sono le stesse scuole. Invece no! Ne mancano un sacco di presidi, qui da noi. Ciò nonostante, il Direttore mi ha mandato a casa, lasciando il mio Istituto, con i suoi 700 alunni, senza preside titolare. Lo ha dato, in reggenza, ad un mio più giovane collega, il quale, per esser Preside titolare d’ un altro, grosso, Istituto della Provincia, potrà dedicarsi ai tanti problemi della mia scuola con la medesima efficacia con la quale l’augusto consorte della principessa Sissi poteva dedicarsi alle cure del Regno d’Ungheria.

di Vinicio Russo

ILFISCO ED I CITTADINI

Pneumologo

Obesità infantile carenza di vitamina D Se il bambino tende a ingrassare con troppa facilità e ad accumulare “ciccia” soprattutto nel girovita, le cause potrebbero risiedere non soltanto in abitudini alimentari scorrette e in un’attività fisica insufficiente. L’osservatorio FederSalus rende noto uno studio dell’Università del Michigan secondo cui la propensione ad accumulare adipe addominale rapidamente sarebbe legata a un deficit di vitamina D. La relazione tra carenza di vitamina D e problemi di sovrappeso e/o obesità infantile scoperta dai ricercatori della Michigan University coordinati dall’epidemiologo dott. Eduardo Villamor è importante per diversi motivi. L’accumulo di grasso addominale, infatti, è considerato causa prima del fisico “a forma di mela”, una morfologia che espone il soggetto a un maggior rischio di Diabete di Tipo 2 precoce e, in età adulta, all’insorgenza di altre patologie a danno dell’apparato cardiovascolare. La ricerca, durata circa 30 mesi (tra il 2006 e il 2009), è stata effettuata a Bogotà, in Colombia, su un campione di 479 bambini tra i 5 e i 12 anni d’età. Il team scientifico dell’Università del Michigan, affiancato da colleghi dell’Universitad Nacional de Colombia, ha prelevato e analizzato campioni di sangue a inizio ricerca, individuando così situazioni di deficit di vitamina D nel 10% dei soggetti monito-

rati e livelli insufficienti di vitamina D nel sangue in un altro 46%. Inoltre, i ricercatori hanno fatto ricorso ad altri indicatori biometrici e antropometrici della quantità di grasso corporeo come l’indice di massa corporea, la misurazione della circonferenza in vita e il rapporto subscapolare tra pelle e tricipite. “Nella fase iniziale della ricerca abbiamo constatato che i bambini con i livelli di vitamina D nel sangue più bassi tendevano ad aumentare di peso più velocemente dei coetanei con livelli più elevati” ha dichiarato il prof. Villamor. In più, a situazioni di carenza di vitamina D corrispondevano sia l’accumulo più vistoso di grasso addominale sia esclusivamente nei soggetti di sesso femminile - problemi di crescita in altezza. A prima vista può sembrare paradossale che in una città come Bogotà, situata nella fascia subtropicale dove l’esposizione alla luce del sole non rappresenta certo un problema, siano stati riscontrati tanti casi di carenza di vitamina D. Tuttavia, ci possono essere varie spiegazioni al fatto che persone che vivono in un clima subtropicale non restano esposte al sole abbastanza a lungo da avere livelli adeguati di vitamina D. Non a caso, la situazione riscontrata a Bogotà si ritrova in altre aree subtropicali come la metropoli di San Paolo, in Brasile, e in Costa Rica.

L’unità dei cristiani nell’oggi della storia

La giustizia tributaria e i doveri dei cittadini

Da oltre vent’anni, su iniziativa della Conferenza episcopale italiana, l’annuale settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si celebra in tutte le Chiese dell’emisfero nord del mondo dal 18 al 25 gennaio. Il tema scelto quest’anno dall’apposita Commissione internazionale creata dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e dal Consiglio ecumenico delle Chiese s’inserisce con forza in questa prospettiva, offrendo come testo di meditazione e di preghiera proprio la primitiva comunità di Gerusalemme, quei discepoli che, dopo aver seguito il Signore Gesù che era passato in mezzo al popolo d’Israele facendo il bene e donando se stesso fino alla morte in croce per la salvezza dell’umanità intera, continuano il loro cammino e la loro testimonianza come comunità fedele nell’amore. Tutti i discepoli, scrive l’autore degli Atti degli apostoli, erano “uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera” (At 2,42). È il primo di quei “sommari” che ci presentano la comunità apostolica come modello di ogni comunità cristiana, è il testo che scandisce le quattro “note” ecclesiali proprie ai discepoli di Gesù nel corso della storia, coloro che il Vangelo di Giovanni chiama beati perché “non hanno visto e hanno creduto” (cfr Gv 20,29). Pregare insieme per l’unità dei cristiani, significa innanzitutto invocare dal Signore quell’unità che noi non sappiamoristabilire, fare nostra la preghiera di Gesù al Padre prima di deporre liberamente la sua vita. Ma significa anche divenire docili alla parola di Dio che ogni giorno suscita e alimenta la comunità cristiana e, d’altro lato, lasciarci giudicare da quella Parola, riconoscendo le nostre infedeltà al comandamento nuovo dell’amore. Ritrovarci a pregare insieme, cristiani di diverse Confessioni inseriti nella multiforme bellezza della Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi, richiede allora anche di confrontarci con il nostro non essere “uniti nell’insegnamento degli apostoli”, con il nostro aver ferito la “comunione”, con l’impossibilità di “spezzare insieme il pane” eucaristico e di bere allo stesso calice, con la nostra tiepidezza nel ritrovarci insieme a pregare per chiedere a Dio di portare a compimento ciò che ha iniziato in noi e nelle nostre comunità. Come tutte le ricorrenze, anche la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani può diventare un’abitudine svuotata di passione o un rito da ripetersi quasi per obbligo: sta a noi ridarle la sua forza di appello evangelico, sta al vissuto delle nostre comunità prolungarla in un’incessante invocazione perché venga presto il giorno della piena unità visibile dei cristiani, sta a noi tradurla in gesti quotidiani nell’oggi della storia. Allora tutti i discepoli di Cristo potranno essere riconosciuti tali per l’amore che saranno in grado di testimoniare gli uni per gli altri, per quell’amore che sull’esempio lasciato da Gesù si dilata fino ad abbracciare il persecutore e il nemico. Davvero la preghiera fatta con fede è destinata a divenire una componente della storia, una forza capace di trasportare ostacoli grandi come montagne.

II contribuente che corrisponde il maggior tributo emerso dai controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. n. 600/1973 (si veda la quinta parte) entro i trenta giorni successivi all’avvenuta comunicazione dei relativi risultati, gode di una significativa diminuzione della sanzione amministrativa comminata. La comunicazione, tuttavia, non consente l’avvio di alcuna iniziativa giudiziaria al cittadino che non condivida l’operato del Fisco. Per contestare di fronte al giudice l’esito di tali controlli il contribuente deve attendere l’adozione e la notifica di un ulteriore provvedimento che permetta di procedere all’esecuzione forzata. Questo provvedimento, che rende concreto l’interesse all’azione giurisdizionale, è denominato “ iscrizione a ruolo”. Il contribuente viene a conoscenza dell’iscrizione a ruolo quando è notificata la “cartella di pagamento” e, cioè, l’atto che riproduce l’estratto del ruolo. Notificata la cartella di pagamento, il contribuente è tenuto a pagare quanto richiestogli entro sessanta giorni. Se non lo fa è sottoposto all’esecuzione coattiva sui propri beni. Può comunque contestare l’iscrizione a ruolo dinanzi al giudice, interessando la giurisdizione tributaria. I controlli riconducibili all’alt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. n. 600/1973 hanno un elevato indice di affidabilità. Evidenziano errori e vizi difficilmente contestabili. Ciò spiega l’impiego dell’iscrizione a ruolo poiché permette di percepire celermente (anche in via forzosa, se occorre) il tributo che il cittadino ha mancato di versare e la sanzione che gli è stata inflitta. L’omissione della comunicazione sull’esito dei controlli previsti da predette norme determina il venir meno del contraddittorio tra il Fisco ed il contribuente e, dunque, inficia la bontà della successiva iscrizione a ruolo. Le iscrizioni a ruolo discendenti da questi controlli vanno notificate entro un termine perentorio (che è il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ovvero a quello di scadenza del versamento del tributo se posteriore al 31 dicembre dell’anno di presentazione della dichiarazione, per la verifica di cui all’art. 36bis, e il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per il controllo previsto dal successivo art. 36-ter). Giangaspare Toma


L’Ora del Salento

Lecce, 22 gennaio 2011

obiettivo

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UNA SOLA FAMIGLIA UMANA LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO Un incontro-festa anche a Lecce presso la casa dei Comboniani. La preghiera ecumenica e un grande momento conviviale

Tanti popoli insieme per un mondo nuovo Momenti intensi quelli vissuti la scorsa domenica al Centro dei Missionari Comboniani di Lecce dove si è svolta la 97esima Giornata Mondiale delle Migrazioni, organizzata dal Centro Interculturale Migrantes. L’evento, fortemente acclamato dai 5 milioni di cittadini stranieri che vivono e lavorano oggi nel nostro Paese, è stato un’occasione importante per tutta la Chiesa - e in particolar modo la Chiesa locale - per riflettere sul tema delle migrazioni. Negli ultimi decenni molti hanno raggiunto l’Italia per motivi di lavoro, altri per ricongiungersi alle famiglie ed altri ancora hanno virato in direzione delle coste pugliesi per sfuggire alla barbarie di violenze e persecuzioni con cui per lungo tempo hanno convissuto. In breve, nella nostra Diocesi, il fenomeno ha volti diversi ma un’unica speranza, quella di una vita dignitosa. Siamo quindi chiamati, in qualità di comunità par-

rocchiale, ad andare oltre la raccolta fondi, la distribuzione di alimenti e vestiario. La Giornata Mondiale delle Migrazioni ha visto l’attiva partecipazione di un centinaio di immigrati provenienti da Ecuador, Argentina, Cuba, Senegal, Kenya, Costa D’Avorio, India, Sri Lanka e Albania. In conformità col tema di quest’anno “Una Sola Famiglia”, l’evento ha avuto inizio con le testimonianze degli immigrati che, tra ricordi e nostalgie, hanno voluto sottolineare sia le situazioni positive che le difficoltà incontrate nel costruire, appunto, una sola famiglia umana sul nostro territorio. Il momento è stato qualificante anche per gli italiani che hanno avuto modo di riflettere sull’umana unità che tutti, in quanto figli di Dio, siamo chiamati a realizzare al di là delle paure, dei rifiuti, ma soprattutto dell’odio di chi dimentica troppo facilmente il nostro recente passato di migranti. È impor-

tante eliminare la mentalità di diffidenza e distacco della diversità, per capire che la presenza degli stranieri non è un pericolo ma un dono. Dopo una breve preghiera ecumenica celebrata nelle varie lingue, carico di curiosità è stato anche il momento conviviale. La condivisione del cibo preparato dalle varie etnie, ha dato forma e sapore ad un intreccio di culture: un modo ‘gustoso’ per conoscersi e favorire l’incontro dentro e fuori la cucina. Nel pomeriggio i gruppi musicali presenti all’evento, hanno intrattenuto i partecipanti con musiche e danze tradizionali, capaci di catturare in un clima di serena fratellanza tanto gli adulti quanto i bambini. Clima che ha colpito anche don Attilio Mesagne, Direttore della Caritas Diocesana di Lecce, intervenuto alla manifestazione. A conclusione della Giornata Mondiale delle

Migrazioni, Padre Gianni Capaccioni ha celebrato la Santa Messa, accompagnato da canti liturgici multietnici. La gioia che caratterizza manifestazioni di questo genere è ben nota ai Padri Comboniani, che sono soliti promuovere quotidianamente iniziative atte a sorreggere gruppi minoritari e socialmente emarginati. I religiosi presenti nel territorio salentino, attraverso attività e collaborazioni con la diocesi di Lecce, le associazioni e i vari organismi, cercano di aprire le chiese locali e la società intera alla dimensione missionaria della fede e alla solidarietà nei confronti dei più poveri. Con questi obiettivi, la stessa comunità dei Padri Comboniani di Lecce, sta pensando di organizzare la Festa dei Popoli, celebrata all’inizio dell’anno più in sottotono rispetto al passato. Enza Sava

TESTIMONIANZA

Dall’unità alla molteplicità e dalla molteplicità all’unità: giunta in Puglia a 22 anni per realizzare i sogni della vita

Lalech, il tulipano nato in Iran e trapiantato in Italia Ogni volta che voglio parlare di me avverto un certo disagio: chi sono io veramente? Cosa faccio sulla terra? Come mi presento agli altri e gli altri come mi percepiscono? Mi sono sempre piaciuti i racconti e le fiabe; se dovessi raccontare la mia storia come la racconterei? Ci provo! C’era una volta una bimba che veniva da molto lontano, lontano lontano. Decise di nascere sulla terra in un paese chiamato Iran in una famiglia modesta. Tra i diversi nomi scelti per lei venne sorteggiato il nome di Laleh che significa “tulipano”. Il papà era un militare severo con alti ideali e la mamma buona e affettuosa. Aveva quattro sorelle e un fratello che erano cresciuti insieme un po’ giocando e un po’ litigando. Era esile, fragile, giocherellona e un po’ biricchina. Correva veloce, velocissima, tanto veloce che nessuno riusciva ad acchiapparla. Era ordinata a casa e a scuola, prendeva ottimi voti in matematica e letteratura pur non avendo una buona memoria. Disegnava così bene che suo padre impegnò un maestro per coltivare il suo talento, perché potesse partecipare alle molteplici gare. Oltre al disegno e ai colori, nutriva una grande passione per la danza e la musica. Intanto cresceva e sognava di diventare grande: ogni giorno si immaginava un personaggio diverso e famoso. Invero la realtà era un po’ diversa. Venne a trovarsi in un’età ma-

tura improvvisamente. Si guardava allo specchio per ore intere e veniva attratta dal suo sguardo affascinante. Guardava gli altri per confrontarsi, in cerca di un’identità, attratta da tutto e tutti. Ben presto le cose nel suo paese cominciarono a cambiare, sentiva parlare della rivoluzione e per le strade assisteva a grandi manifestazioni ascoltando gli slogan gridati dai vari gruppi. Avvertiva nell’aria una certa agitazione pesante e angosciante… Non riusciva a comprendere le ragioni di quel disordine. Non si sentiva al sicuro e le veniva voglia di scappare. Sognava un paese tranquillo e gente pacifica. Detto, fatto. Durante un viaggio in Italia incontra un ragazzo della sua stessa età, circa 22 anni. Sarebbe potuto essere il suo principe azzurro, ma lei non lo riconobbe e lo accolse solo come il suo compagno di gioco. In realtà era molto di più: lui rappresentava la base di un futuro alternativo ad un presente difficile da sostenere. Così decisero di sposarsi; lei andò a vivere in una regione chiamata Puglia, che le sembrava già di conoscere: non si sentiva affatto straniera mentre passeggiava nei boschi e sulle spiagge e il mare le trasmetteva emozioni contrastanti di fascino ma anche di paura. Nonostante l’accoglienza del paese ospitante e la cordialità della gente del posto, le veniva spesso nostalgia

del suo paese di nascita e soprattutto della compagnia delle sue sorelle e delle sue amiche. Non capiva perché la famiglia acquisita la guardasse curiosamente e pretendesse da lei abitudini e comportamenti identici ai loro. In un primo momento lei oppose resistenza a questa pretesa, ma poi per essere accettata finì con il cedere, trovandosi in una condizione svantaggiata di fragilità psicologica. Avvertiva un senso di impotenza per una incomunicabilità linguistica, ma non solo. Forse il cibo, l’abbigliamento, le abitudini e le consuetudini sono mezzi per conservare un’identità: quale identità ? Identità di una cultura, di una tradizione, di una nazione? Allora cosa è la vera integrazione? Significa forse omologarsi ad una cultura dominante sacrificando la propria? O significa forse costruire un pluralismo rispettoso delle reciproche differenze? Più lei rifletteva e più si rendeva conto che esistono molteplici identità, a volte una dentro l’altra. Anche gli stessi organi del suo corpo sembravano gridare: anche noi abbiamo un’identità e reclamiamo i nostri diritti. Immersa in questi pensieri dopo nove mesi venne alla luce un’altra identità, una bambina bellissima. Tacquero i conflitti quando arrivò l’amore per la neonata. Lei era felice di prendersi cura della nuova arrivata che subito diventò la gioia della sua vita. Non sognava più per se stessa ma per

la sua bimba. Era severa ed esigente nell’educarla senza privarla dell’affetto materno. Era talmente fiera ed appagata da questo amore che trascurava tutto il resto. Così il suo matrimonio cominciò ad andare alla deriva. Soltanto molto più tardi venne a scoprire che la forza dell’amore unisce e sostiene le relazioni mentre il pregiudizio disgrega e separa gli esseri. Ad un tratto venne trovarsi sola disorientata confusa e profondamente triste. Si guardava allo specchio. Non era più attratta dal suo sguardo: vedeva solo la paura e il suo viso aveva perso luce e bellezza. Cosa stava succedendo? Era tutto buio. Solo lo sguardo della sua bambina riusciva ad infondere coraggio e le trasmetteva la positività e l’energia necessaria per affrontare le difficoltà. Racchiudeva dentro di sé una certa amarezza, mista a rancore e sfiducia che celava dietro la dolcezza e le buone maniere. Piano piano si rialzò e si dedicò a molteplici attività: dalla danza alla pittura, dalla cultura alla interculturalità, dai viaggi al commercio. Con audacia riuscì a raggiungere quasi tutti gli obbiettivi che si era prefissa, ma questo non le bastava, c’era qualcosa dentro di che ancora restava incompiuta, una sorta di insoddisfazione. Non si sentiva realizzata in pieno e cominciava ad avere dei dubbi su tutto… “Forse ho sbagliato, c’è qualcosa da correggere?”. All’improvviso tutto diventa di

nuovo buio. Lo specchio rifletteva un volto affaticato, segnato dalle rughe e si intravedevano i capelli bianchi. La sua immagine e la sua storia le sembravano banali… Dove era finito quell’essere speciale, esclusivo, unico? La sua anima aveva perso il contatto con la coscienza. Si domandava perché il suo essere scomparisse e comparisse dalla scena. Questi e altri interrogativi la tormentavano. Non trovando la risposta dentro di sé, andò a cercarla nei libri, dai maestri, dagli altri; e tutto quello che vedeva diventava l’oggetto di riflessione. Cominciò ad imparare l’arte dell’osservazione e con la luce della conoscenza emersa dal percorso di ricerca riprendeva gradualmente la consapevolezza della sua esistenza. Ogni scoperta ora la esaltava, ora la mortificava. Guardandosi nello specchio si chiedeva: cosa vuoi vedere, l’imperfezione o la perfezione? Confusione o chiarezza? Cosa cerchi, la paura o l’amore? Tutto ciò che prima le sembrava la realtà diventò illusione e i sogni divennero la realtà. Più guardava gli altri più scopriva se stessa. Ogni giorno l’idea della differenza nell’uguaglianza assunse di più un significato profondo e chiaro. La comprensione di questo continuo divenire dalla molteplicità all’unità e dall’unità alla molteplicità dimostrava la perfetta esistenza di cui lei si sentiva parte… Fu così che il suo cuore si rallegrò scoprendosi un “tulipano”.


L’Ora del Salento 11

Lecce, 22 gennaio 2011

zoom Il lavoro di Mennitti, “Destra e Democrazia. Dall’ideologia al progetto”

LIZZANELLO/Opere nell’Immacolata

Dall’ideologia al progetto

L’arte di Chiarello

Potrebbe sembrare solo uno slogan, il titolo di questo contributo, se non fosse che in esso si sintetizza egregiamente il percorso degli ultimi venti anni della destra nella politica italiana. Il titolo potrebbe anche ben adattarsi a riassumere ed indicare i cinquanta anni dell’impegno, in politica e nel mondo giornalistico, di Domenico Mennitti autore del saggio che qui si intende, brevemente, illustrare. L’Autore è, dunque, Domenico Mennitti, recentemente eletto per la seconda volta Sindaco di Brindisi, che ha dedicato la vita professionale al giornalismo, anche presso testate a diffusione nazionale, come il quotidiano Roma di Napoli, di cui è stato Direttore e la fondazione e la direzione di due prestigiose riviste di cultura politica, come Proposta e Ideazione. Il suo impegno nel mondo dell’informazione si è costantemente intrecciato con l’impegno politico, a livello nazionale (è stato eletto alla Camera dei Deputati per tre legislature) ed a livello internazionale (è stato eletto al Parlamento Europeo per una legislatura), insieme alla militanza nei partiti di destra, in cui è stato dirigente nazionale per moltissimi anni, fino all’incarico di primo coordinatore nazionale di Forza Italia nel 1994. Per capire quale sia stata la situazione politica italiana, nei primi anni ’90, bisogna averla vissuta, direttamente o indirettamente, in una sede privilegiata, come, per ovvii motivi, era Roma. Il clima da “si salvi chi può” che seguì allo sfaldamento dei partiti storici, (sotto i colpi di maglio di “Mani Pulite”), che per cinquanta anni avevano guidato il nostro Paese, e che

si respirava, con tutta evidenza, nel Palazzo dello Sport di Roma, durante la gremitissima manifestazione indetta dal Movimento Referendario, guidato da Mariotto Segni, alla vigilia dello storico referendum del 18 aprile 1993, dava la netta sensazione che, in ogni caso, nulla sarebbe stato più come prima. Solo “nell’autunno del 1993, mentre infuriava la bufera - racconta Mennitti - Giuliano Urbani, ordinario di Scienza della Politica presso l’Università Bocconi di Milano, si fece ricevere da Berlusconi al quale illustrò un “manifesto liberale”, condiviso da eminenti personalità del mondo accademico, che sottolineavano l’esigenza per l’Italia di incrociare i movimento di pensiero che attraversavano la fine del ventesimo secolo dopo la caduta del mito comunista”. È interessante rilevare come l’incarico di valutare il da farsi venisse affidato a Paolo Del Debbio: un fervente cattolico, che tentò anche di affrontare la questione del cattolicesimo liberale. “Un cattolico - scrisse Del Debbio - può dirsi liberale perché porre la libertà al centro significa porre la persona al centro e la centralità della persona rappresenta l’eredità fondamentale dell’Occidente cristiano”. Lo sgretolamento del quadro politico che aveva garantito la democrazia per oltre cinquant’anni imponeva un intervento diretto, soprattutto da parte di chi si sentiva coinvolto nello sforzo di assicurare agli Italiani sviluppo economico e sicurezza sociale. è inutile nasconderlo: molti cattolici liberali sognarono che il tempo preconizzato da don Luigi Sturzo fosse finalmente arrivato. L’obiettivo era quello di restituire ai cittadini la titolarità

RADIO E DINTORNI

dell’iniziativa politica e della capacità di decidere quali uomini e quali forze dovessero svolgere i ruoli più significativi della funzione pubblica nel rispetto del consenso elettorale. Si parlò molto e a ragione, di “primato della politica” che era da intendere, di fatto, come “primato dei cittadini”, in quanto veri protagonisti del destino della comunità. Il passare del tempo ha reso la questione più complessa: da “morale” è diventata anche “intellettuale” , anche perché è la buona politica che produce corretta amministrazione, non il contrario. Guai a confondere la causa con l’effetto. Quando si scriverà la storia italiana dei primi anni ’90, bisognerà ricordare che, dopo la crisi dei partiti, fu la tenace volontà dei cittadini a far recuperare dignità ed efficienza alle istituzioni, attraverso il proprio impegno diretto. Non più deleghe, gestione partecipata dei diritti e dei doveri. Fu la presa di coscienza del fallimento della democrazia mediata dalle grandi organizzazioni di massa e della volontà di non arrendersi, di recuperare la cittadinanza attiva. Fu una rivoluzione del ceto medio all’insegna della rivendicazione della libertà del singolo e del coinvolgimento della comunità. Per questi motivi “dalla ideologia al progetto”, al di là dello slogan, rappresenta una vera rivoluzione di metodo, di cultura, di gestione. Non a caso, in quegli anni, si guardava a Ch. De Gaulle, lo statista che aveva cambiato il sistema politico e costituzionale in Francia. La carenza di cultura politica della classe dirigente, intesa come capacità di elevare a sin-

di Alberto Marangio

tesi e di trasferire in pr ovved i menti legislativi ed in comportamenti coerenti le istanze che provengono dalla società, ha prodotto una “rivoluzione incompiuta”. “Il mito del capo - nota Mennitti - ha prevalso sulla connotazione liberale del movimento, sconvolgendo le regole della partecipazione e della responsabilità collettiva”. Occorre ancora lottare, perché in una società moderna è necessario avere la capacità di coniugare azione e consenso, governo e controllo, solitudine e coinvolgimento. Gli uomini - conclude Mennitti - non sono sempre uguali per tutto il corso della loro vita. Non sono coraggiosi o vili per sempre, neppure per sempre onesti o disonesti, virtuosi o viziosi. Gli uomini risentono molto del “contesto”, perché subiscono l’influsso dell’ambiente nel quale operano. La destra ha un suo modo di esprimersi: comunica con slancio le proprie idee e talvolta paga la sua natura precipitosa, spontanea, irregolare. Un capitolo si è chiuso ed un altro non si è ancora aperto, ma l’Italia ha bisogno di fare il salto di qualità e di misurarsi con il futuro, costruendo un valido progetto per governarlo, all’insegna della libertà che, come ci ha insegnato K. R.Popper, “È più importante dell’uguaglianza, perché senza la prima non ci sarebbe nemmeno la seconda”. Luigino Binanti Socio Fondatore della Ass.ne “Salento Sociale e Liberale” *luigino.binanti@libero.it

Lo scultore copertinese Giovanni Donato Chiarello (notizie dal 1616 al 1660 circa) fra gli artisti del periodo barocco è quello che più di tutti è caratterizzato da una tecnica esecutiva singolare. Le sue figure scolpite non sono rappresentazioni realistiche del mondo. Queste immagini, seppur deformi, trasognate e trasognanti non incutono però mai il senso dell’orrido. Lizzanello, in prossimità di Lecce, ha tre opere del maestro copertinese. Prima di tutto, come noto, l’altare di Sant’Antonio da Padova nella locale chiesa madre. Questo altare è collocato nel transetto destro. Al cento dell’altare, in una nicchia, è la statua del Titolare, opera dello stesso Chiarello. Sulla fascia laterale sinistra del piedistallo la statua reca incisa la data 1635. Lo scultore però fu anche autore di tutti gli elementi scultorei della volta del transetto (3 teste d’angelo, i cordoni vegetali nonché il grande stemma posto al centro della crociera) e dei doccioni esterni. A proposito della costruzione di questo transetto riportiamo quanto Cosimo De Giorgi scrive a pag. 29 ( vol. I ) della sua opera - La Provincia di Lecce, Bozzetti - relativamente ad una epigrafe (oggi solo parzialmente leggibile) incisa sulla parete del braccio boreale della crociera: “A di X marzo 1632 s’incominciò la chiesa et si fenì XII marzo 1635 M°. D°. Carlo Calogiuri”. Il Calogiuri, che potrebbe essere stato il mastro costruttore del transetto, si avvalse della collaborazione del Chiarello cui sono attribuibili le decorazioni della volta del transetto (quelle seicentesche ovviamente). La questione non appaia di secondaria importanza perché, se fosse confermato da altri documenti, questo M°.

Calogiuri potrebbe avere lavorato con lo stesso Chiarello anche nell’attuale chiesa del Cimitero di Castrì di Lecce (dove simile a quello di Lizzanello è l’uso dell’ordine architettonico interno) dove al copertinese è attribuibile l’intera decorazione scultorea interna ed esterna. Sempre a Lizzanello - e siamo all’ultima delle tre opere segnalate - nella chiesa della Confraternita dell’Immacolata, esiste un piccolo altare sotto il Titolo della Trasfigurazione opera attribuibile pure al Chiarello. Lo scultore data e firma quest’opera (va esclusa la mensa di epoca successiva e le due epigrafi sommitali fra cui quella circolare con la data 1834) con le iniziali di profesione, nome e cognome. Nel fregio infatti sono distinguibili - cominciando da sinistra - le due lettere sovrapposte A (nno) D (omini); in corrispondenza del risalto della colonna centrale sinistra - sui fianchi di esso - M (astro), G (iovanni); colonna centrale destra - sempre sui fianchi del risalto - D (onato), C (hiarello); segue infine l’anno articolato in due parti 16 (44 oppure 55, non perfettamente leggibile a causa della scialbatura). Fabio Grasso

APOLOGETICA di Roberto Cavallo*

Radio 3, riparte Passioni storie da non dimenticare

Alle radici della divisione

Anche per il 2011, come nell’anno appena terminato, Radio3 si preannuncia una delle emittenti più interessanti, potendo contare tanto su un rodato palinsesto quanto sulle future iniziative anticipate nella propria home page. In linea con tali premesse è anche Passioni, trasmissione capace - cosa tutt’altro che scontata - di saper suscitare delle sensazioni pienamente in linea con le aspettative create dallo stesso titolo. Programma “contenitore” in onda il sabato e la domenica alle 10.50, Passioni può ritenersi uno dei prodotti di Radio3 (a Lecce, 97.5 MHz) che forse più fedelmente riflettono la missione della rete, ossia fare e divulgare cultura. La trasmissione si articola in cicli monografici, che possono durare da due a fino anche a dieci puntate; ogni serie ha i suoi protagonisti, e di questi ultimi cerca di riportare soprattutto quell’infatuazione nei confronti della vita che ne ha caratterizzato le rispettive esperienze. Attraverso la narrazione di tali percorsi si punta così a far emergere proprio quella “passione” che più sta (o, in alcuni casi, più è stata) a cuore ai vari soggetti, e che si va a collocare in questo modo al centro dell’intero ciclo loro dedicato. Illustrato attraverso interviste vecchie e nuove, ed arricchito con i contributi dell’archivio Rai nonché con musiche di varia natura, Passioni (curato da Cettina Flaccavento) rifiuta dunque l’approccio puramente giornalistico o didascalico, preferendo piuttosto riportare l’esperienza e le emozioni che hanno riguardato i personaggi raccontati: uno stile al quale redazione e conduttori hanno cercato di tenere sempre fede nel corso delle varie puntate fino ad ora proposte, si tratti di quelle realizzate all’interno della serie “Il viaggiatore incantato” o di quelle intitolate “Storie da non dimenticare” (una sequenza di quattro episodi, che ha avuto come protagonisti altrettante vittime della criminalità organizzata); ed è ciò che si è cercato di offrire agli ascoltatori anche con “Decidere insieme: storia di democrazia partecipativa” oppure con il ciclo conclusosi lo scorso mese, riguardante le figure di diversi esponenti dell’Italia antitotalitaria (e che ha visto trattare, tra gli altri, anche uomini di chiesa come don Luigi Sturzo). Gli appuntamenti appena elencati, come del resto tutte le dirette realizzate dal 2010, possono essere facilmente riascoltati all’interno del portale www.radio3.rai.it: un’opportunità preziosa, questa, che raccomandiamo in maniera particolare a chi realmente si consideri, pur non conoscendo Passioni, un vero appassionato della buona radio.

La settimana appena trascorsa è per i Cristiani una di quelle che “contano”: è la settimana in cui le Chiese si fermano a pregare per la loro unità, secondo l’auspicio del Maestro: “… perché siano una cosa sola”. La prima grande divisione della cristianità si verificò nel 1054 e si materializzò nei decenni successivi, separando Latini e Bizantini, cattolici ed ortodossi. In realtà i tentativi di riconciliazione cominciarono fin da subito e non sono una novità degli ultimi anni. I primi ortodossi a unirsi con Roma (da cui il termine dispregiativo di “uniati”) furono quelli presenti nelle diocesi dell’Ucraina orientale, con a capo la metropoli di Kiev, al sinodo di Brest del 1596; poi vennero i ruteni trans-carpatici (Ucraina occidentale) con l’unione di Uzhorod del 1652; infine fu la volta dei romeni di Transilvania ai due sinodi di Alba Iulia del 1698 e del 1700. È vero che si trattò di unioni parziali e non unanimemente condivise; tuttavia assunsero, come base dogmatica e disciplinare, il decreto che al Concilio di Firenze (1438-39) aveva sanzionato l’unione totale con tutta la Chiesa ortodossa. Anche se quell’unione con l’intera ortodossia ebbe breve vita, costituì comunque un precedente di straordinaria importanza e gli uniati conservarono la liturgia e le loro tradizioni orientali. Così i vescovi ortodossi che entrarono in comunione con Roma, in varie occasioni successive al Concilio di Firenze, non si ritennero mai dei traditori dell’ortodossia, ma si sentiro-

no i naturali successori di quei vescovi orientali che a Firenze avevano - con convinzione sottoscritto l’unione, rimanendovi fedeli per sempre. Una seconda tragica divisione maturò agli inizi del XVI secolo ad opera del monaco agostiniano Martin Lutero. La teologia di Lutero si prestò ai principi tedeschi e scandinavi per rivoluzionare gli assetti sociali e politici del tempo. In particolare il protestantesimo costituì il presupposto per la nascita del nazionalismo tedesco (per consiglio di Lutero il Gran Maestro dei cavalieri teutonici secolarizzò le proprietà del suo Ordine e si fece Duca ereditario di Prussia). Ben presto, però, il luteranesimo si divise al suo interno, tanto che le guerre di religione in Germania videro contrapporsi non solo cattolici e protestanti ma anche protestanti contro protestanti. Sembra - allora - che il rifiuto di riconoscere il primato romano dei successori di San Pietro sia stato foriero nel tempo di nuove e talora più aspre divisioni (come già nel campo ortodosso, a sua volta organizzato in diverse Chiese “autocefale”, spesso in dura competizione tra loro). Oggi, in un mutato contesto culturale e sociale, la preghiera ecumenica tende a ricomporre quelle antiche divisioni, privilegiando “ciò che unisce”. E forse nulla come le attuali comuni persecuzioni, cruente ed incruente, possono e devono unire i Cristiani di tutte le latitudini e di tutte le denominazioni. * www.recensioni-storia.it


L’Ora del Salento 12

Lecce, 22 gennaio 2011

le nostre città L’arte della ristorazione e dell’accoglienza nel Centro Puntasveva

LECCE/ Ai Teatini mostra pittorica benefica organizzata da Sfida

La donna motore del Care

Arte e diversità: un binomio possibile per...

Formazione di qualità e avanguardia nel settore alberghiero: queste le coordinate del Centro di formazione Professionale Puntasveva che, in un’ampia e verdeggiante struttura residenziale a Bari, si rivolge a ragazze di tutto il territorio pugliese. Svolgendo un’attività promossa dall’Icc (Istituto per Centri e Collegi universitari), Ente Morale senza fini di lucro riconosciuto dalla Regione Puglia, rientra pienamente tra gli scopi statutari dell’Ente, che si impegna a “realizzare corsi tesi alla formazione dei giovani per facilitarne l’accesso all’educazione, alla cultura e al lavoro” (art. 1 dello Statuto). Rispondendo alla volontà dell’Ente di dare un concreto contributo alla crescita della nostra regione, il Centro di Puntasveva nasce nel 2005 e fonda la propria identità specifica nella formazione delle professionalità dedicate all’accoglienza; l’obiettivo primario diventa quello di sviluppare, oltre alle competenze professionali, anche quelle competenze trasversali che rendono il lavoro della donna, nei settori dell’ospitalità e della ristorazione, un vero servizio alla persona. Si tratta di un ambito privilegiato relativo ai lavori di “care”, cioè quelle professioni orientate a soddisfare i bisogni primari della

persona. La finalità del Centro è in senso ampio la formazione della donna intesa come valorizzazione delle qualità specificatamente femminili, fondamentali all’interno della famiglia e di una società che ha, soprattutto oggi, un gran bisogno di umanizzazione e di attenzione alla persona. La cultura contemporanea esprime le conseguenze di un protagonismo femminile che, vedendo la donna alla ricerca di se stessa, si è trasformato in mero antagonismo con l’altro sesso. Questo processo di rivalità ed autoaffermazione al femminile ha manifestato una tendenza molto pericolosa: cancellare le differenze. Ma l’uguaglianza dell’uomo e della donna, consistente nella pari dignità e responsabilità, acquista in valore e spessore dall’apporto delle specificità. L’uguaglianza non sopprime le differenze, al contrario le nobilita. Ciò che differenzia l’universo femminile è, infatti, nelle sfumature che la sua natura di donna saprà dare alle soluzioni dei problemi che si troverà ad affrontare. La donna, grazie alle sue capacità naturali e specifiche di dono della vita e cura della persona, può arricchire il contesto in cui vive e lavora. La promozione della donna riparte allora, dall’elaborazione di un nuo-

vo modello di femminismo, che valorizzi le caratteristiche arricchenti connaturate alla donna, utilizzando il suo genio femminile. Con il termine “femminilità” non si denota semplicemente una condizione biologica, come ha affermato Giovanni Paolo II, ma un modo peculiare di realizzare l’umano, utilizzando il linguaggio che le è proprio. Nella società contemporanea, caratterizzata da una cultura di prevalente egocentrismo, la cura dell’altro rappresenta la sfida educativa che interpella ogni coscienza e rappresenta un imperativo categorico per formarsi in modo qualificato. È in questa direzione che il Centro Puntasveva opera. Attraverso un sistema di tutoring esercitato da personale qualificato, le studentesse vengono seguite in tutte le fasi ed i settori del lavoro. Dai corsi di Orientamento al Lavoro al Corso biennale residenziale di “Cuoco pasticciere”, la formula della residenzialità si propone, inoltre, di favorire lo sviluppo di qualità relazionali e di formazione umana fondamentali nell’esercizio di ogni professione, e di questa in particolare. Per informazioni: www.puntasveva.it Giuseppina Capozzi

“L’artista è il creatore di cose belle. Rivelare l’arte e nascondere l’artista è il fine dell’arte” scrisse nel XIX secolo uno degli autori sublimi della letteratura inglese, Oscar Wilde. Aveva capito alla perfezione che lo scopo dell’espressione artistica è il frutto dell’ispirazione, la creatura che parla con il silenzio allo spettatore e che agisce nel suo cuore senza muoversi. Ed è proprio quello che sta accadendo dal 14 gennaio presso l’Ex Convento dei Teatini e che si concluderà domani. “Arte e diverse abilità: un binomio possibile per...” è il nome dell’iniziativa, organizzata da Sfida, il Sindacato Famiglie Italiane Diverse Abilità. “Si tratta di una mostra pittorica a scopo benefico del prof. Massimo Marangio, docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico “Ciardo” di Lecce, artista sensibile alle problematiche sociali, il quale ha messo a disposizione i propri quadri, con l’intento di acquistare, con gli introiti delle vendite, ausili necessari ai soggetti disabili, in particolare sedie job, che consentirebbero loro di essere trasportati sulla sabbia e di fare il bagno a mare, e quindi di uscire dalle mura domestiche” ha spiegato Simona Delle Donne, fiduciaria Sfida e coordinatrice dell’evento.

“Dietro allo scopo prettamente pratico, vi è quello di sensibilizzare il territorio, e per questo abbiamo coinvolto le scuole e le istituzioni pubbliche”. Nelle salette dell’ex Convento dei Teatini sono stati esposti anche alcuni dei lavori artistici sia dei ragazzi disabili che dei normodotati, e alle mostre si sono affiancati due seminari incentrati su temi riguardanti il rapporto tra la disabilità e l’arte. “Vogliamo far capire - prosegue la prof.ssa Delle Donne - che la disabilità non deve essere un discorso “perturbante”, come lo ha definito Freud, ma deve essere considerata e accettata come qualcosa che fa parte della natura umana. A volte, piuttosto che nascere disabili, lo si diventa. E questo fa paura, perché è il soggetto disabile stesso a sentirsi inadeguato e ad isolarsi dalla società, spinto a chiudersi in sé anche dall’atteggiamento della collettività. Per fortuna i segnali di cambiamento e di miglioramento ci sono. Dobbiamo continuare a sperare, ma al tempo stesso non smettere mai di operare attivamente”. Il tema del Convegno inaugurale del 14 è stato “La pratica artistica come antidoto alla

noia e al disimpegno”, mentre quello di ieri si è intitolato “Il Discobolo moderno: dalle disarmonie del corpo e della mente alle armonie possibili. Prospettive sui nuovi canoni etici ed estetici”. Non possiamo che augurarci che questa sia la prima di una lunga serie di incontri e di iniziative volte all’integrazione e all’arricchimento reciproco. “Coloro che scorgono bei significati nelle cose belle sono le persone colte. Per loro c’è speranza” diceva ancora il grande Wilde, che ha donato il suo contributo al mondo e ai posteri con il suo pennino, mentre quel mondo lo ha accusato e discriminato. Dietro le sbarre della prigione la sua lotta non si è fermata mai, fino all’ultimo battito. Non facciamo in modo che sia stata vana. Non costruiamo nuove carceri invisibili. Grazia Pia Licheri

Nella storica Tipografia del Commercio di Lecce

Con sorprendente successo di pubblico si è conclusa a Lecce la mostra del presepe di vetro, realizzato da Luigi Fedele, nella suggestiva cornice della Tipografia del Commercio di Alberto Buttazzo. Successo che, già evidente fin dai primi giorni della mostra inaugurata dal dott. Giuseppe Serravezza, si è andato progressivamente accentuando, tanto da consigliare un prolungamento dell’iniziativa rispetto al tempo preventivato. La somma raccolta è stata devoluta alla Lilt (Lega italiana della lotta contro i tumori) nel-

l’ambito della Campagna “1 euro x un mattone” per completare la costruzione a Gallipoli di un centro Ilma, struttura all’avanguardia per la prevenzione, la cura, la riabilitazione delle malattie tumorali. Il successo registrato ha evidenziato il valore dell’iniziativa su vari piani. Sensibilizzare l’opinione pubblica verso la ricerca, e l’innovazione medica per combattere un male sempre più diffuso; stabilire una rete di solidarietà mirata ad un progetto comune; creare un’occasione d’incontro e dialogo intorno ad un simbolo, il Prese-

pe, che racconta il miracolo della Redenzione Rimarranno certo un piacevole ricordo per le famiglie quei minuti trascorsi intorno al presepe, ascoltando la spiegazione dell’artista e avendo l’occasione di visitare l’antica tipografia, apprezzarne il fascino, sotto la guida entusiasta del titolare, ammirare i manifesti, ritagliarsi un momento di sosta nella convulsa agitazione delle Feste. I bambini in particolare hanno regalato i loro sguardi incuriositi e ammirati, nei quali sorride la speranza nel futuro che la ricerca vuole garantire; an-

che gli adulti hanno apprezzato come testimoniano i commenti lasciati a ricordo. Un ringraziamento a tutti

quelli che hanno condiviso questi attimi di autentico valore cristiano. Lucia Buttazzo

Solidarietà e tradizione nel presepe di vetro

La Gioiosa di Vincenzo Napoli QUANDO LA BANDA PASSÒ Compositori e marce

di Antonio Martino

... continua Dopo l’esposizione della seconda idea tematica principale della marcia sinfonica “Gioiosa”, il compositore messinese Vincenzo Napoli elabora un ingresso vigoroso da parte della sezione chiara degli ottoni. L’episodio preso in considerazione propone un segmento melodico affidato alle trombe in sib., al flicorno sopranino, ai flicorni soprani e, come contorno volumetrico, al sassofono soprano; si tratta di un’evidente forza propulsiva rigeneratrice, la quale alimenta una luce più intensa al fine di conferire una maggiore illuminazione sul nuovo percorso della marcia. Il movimento in levare, deciso dal compositore, produce una sostanziale accelerazione dinamica capace di sensibilizzare il gusto raffinato dell’ascoltatore, pronto a cogliere le reali intenzioni di progettazione e di svilupparle attraverso il proprio vissuto. È un segnale determinante all’interno dell’intero brano in cui non possono sfuggire le tensione generate dalle varie sezioni della banda da cui ogni tema trae forza e vitalità; funge come serbatoio energetico da cui tutti i temi principali attingono sonorità e dinamicità. A confermare l’immenso potenziale descritto sono gli interventi a canone inseriti dopo l’entrata già individuata. Sono chiamati a partecipare il clarinetto contralto, il sassofono contralto, il sassofono tenore, il flicorno tenore e l’euphonium nel secondo movimento successivo; mentre nel quarto movimento si notano gli interventi del clarinetto basso, del sassofono basso e del basso tuba.

Non possono sfuggire gli inserimenti del flauto, del clarinetto piccolo in mib. e dei primi clarinetti soprani i quali amplificano l’azione melodica del secondo gruppo di strumenti. Il collante volumetrico generato sull’intero episodio contrappuntistico viene affidato al tremolo dei secondi clarinetti soprani (divisi), ai suoni lunghi dei corni e dei tromboni; questo gruppo di strumenti avvolge l’intera fase a canone per rendere un effetto sonoro omogeneo. L’assetto tonale (modo minore) è confermato come il proseguo della precedente idea tematica; il Napoli coglie l’occasione per modificarlo proprio nel riproporre lo schema precedentemente descritto nel suo rispettivo modo maggiore. Conserva attentamente la struttura dei singoli interventi strumentali per posizionare l’episodio una terza minore superiore. L’azione compositiva merita delle riflessioni per comprendere al meglio le strategie usate e gli effetti uditivi a favore del fruitore. Infatti, è proprio lui il diretto interessato al coinvolgimento emotivo attraverso le soluzioni individuate e applicate dal compositore e l’episodio preso in esame può essere considerato una meticolosa prova architettonica in cui il Napoli ha dimostrato competenza progettuale e strumentale; in particolar modo emerge la capacità di assemblare, oltre all’idea concernente la melodia, una quantità di effetti sonori dovuti soprattutto alla sua vasta esperienza in ambito timbrico. Nel prossimo numero si completerà la composizione con il “gran finale”.


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Lecce, 22 gennaio 2011

le nostre città

Biografia di Alessandro Cardone, parroco di Salve GALLIPOLI /Al Quinto Ennio due Open Days per orientare le famiglie

Pastoralità e santità nel Salento Porte aperte per conoscere la scuola “Pastoralità e santità nel Salento del XVIII secolo, Biografia di Alessandro Cardone, parroco di Salve (1708 - 1170)”, questo è il libro recentemente pubblicato per la collana “Soria e Cultura” della Società di Storia Patria Sez. di Lecce diretta da Mario Spedicato che all’opera scrive la prefazione. Il libro è curato da Lorenzo Profico, attuale parroco di Salve, e Vittorio Zacchino. Al di là di tradizionali prosaicismi la domanda entro la quale si chiude l’esperienza di lettura di un libro in generale, e questo in particolare, è: cosa rimane di queste pagine? O meglio, ribaltando il punto di osservazione dalla parte del lettore occasionale, la stessa domanda diventerebbe: perché si dovrebbe leggere un libro che racconta di un “parroco di campagna” di qualche secolo addietro? Come detto la struttura del libro si risolve in un canto a tre voci: quella del testo originale trascritto e quelle dei due curatori. Non sappiamo quanto questa combinazione sia occasionale, fatto sta che alle parole dell’uomo di Chiesa, don Lorenzo, sembrano far da contraltare quelle “laiche” di Vittorio Zacchino. Quest’ultimo, in particolare, svolge soprattutto l’ingrato ruolo di contestualizzare il documento trascritto a quello che è il tempo della sua redazione. Ipotizzare, però, che il “manoscritto” sia più o meno estesamente riconducibile alle “manovre” della famiglia Cardone per il possesso dell’Arcipretura di Salve è cosa tanto facile da pensare quanto più affascinante editorialmente perché avvicina la vicenda del “manoscritto di Salve” al clima di certi romanzi d’appendice ottocenteschi piuttosto che non ad una ricerca storica come dovrebbe invece essere. Che vi siano dei pleonasmi, delle forzature - ma sarebbe meglio parlare di affermazioni da verificare - in una biografia è cosa risaputa ed era giusto, però, evidenziarle. Se le parole di Zacchino sembrano, quindi, animate da un garbato e sottile anticlericalismo d’altri tempi quelle scritte con pacata linearità, senza pregiudizio, da Lorenzo Profico

scorrono veloci e lasciano scorgere le ragioni della lettura. Va detto, inoltre, che Lorenzo Profico, arricchisce il suo scritto con riferimenti a documenti d’epoca lasciando quindi comprendere che nello scrivere il suo essere uomo di chiesa si sia accompagnato con l’oggettività dello storico. Parlare, così come fa don Lorenzo, di un sacerdote d’altri tempi, don Alessandro Cardone, diventa quindi quanto meno il punto di inizio per discutere ed avvicinarsi al tema, sempre attuale, di quanto ancora oggi significhi essere uomo di chiesa. Ovviamente nelle pagine di questo libro non si trovano risposte specifiche ai problemi attuali ma solo spunti di riflessione; possiamo concluderne pertanto che la “struttura” del libro appare felice in quanto all’ideazione. Vorremmo infine porre l’attenzione su una delle immagini di cui il libro è corredato. È il disegno realizzato da Vito Russo dal titolo “Il Beato Alessandro predicatore nella chiesa di Salve”; questa immagine, più di mille parole, rappresenta con estrema sensibilità e semplicità il momento della predicazione e lo fa scegliendo un punto particolare di osservazione della scena che è quello del fedele. F.G.

VITE MIGRANTI

Due Open Days per aiutare le famiglie a scegliere il percorso formativo della secondaria. È questa l’iniziativa che il liceo Quinto Ennio di Gallipoli ripropone dopo il positivo riscontro degli incontri dello scorso anno. Una scelta che è un investimento per il futuro. Le famiglie sono chiamate a prendere una decisione entro il prossimo 12 febbraio. Le due giornate di accoglienza sono programmate per i prossimi 25 gennaio e 4 febbraio. I docenti dello storico istituto gallipolino - che quest’anno festeggia il suo cento cinquantenario insieme all’Unità d’Italia ed è coinvolto a vario titolo nelle manifestazioni che quest’anno caratterizzeranno anche le attività del mondo della Scuola nostro Paese - saranno a disposizione insieme al dirigente scolastico, prof.ssa Loredana Di Cuonzo, e al personale ATA, dalle 17.00 alle 19.00 per rispondere a tutte le domande e contribuire a sciogliere eventuali dubbi illustrando la articolata offerta formativa del Liceo, guidare nella visita della struttura e dei laboratori. Quest’anno, oltre ai percorsi già avviati nel solco della Riforma del Liceo Classico, Scientifico, Linguistico e delle Scienze Umane, è stata autorizzata la attivazione della opzione Socio - Economica di quest’ultimo. Un percorso molto interessante che può sfociare nel completamento di formazione universitaria, in special modo nelle facoltà di tipo economico-giuridico e sociale, ma anche permettere un approccio diretto al mondo del lavoro autonomo e non con competenze di base solide come quelle che ogni liceo offre, approfondite negli aspetti pratici delle cognizioni di tipo giuridico economico. L’occasione dell’incontro con le famiglie permetterà di illustrare insieme al Piano dell’Offerta formativa le attività del Piano Integrato e l’importanza della ricaduta delle attività formative finanziate con i Fondi Sociali Europei. Sarà illustrato il Piano Integrato 2010-11 e si darà una prima informativa sulle future attività nell’ambito dell’obiettivo C, Azione C-3, “Le(g)ali al sud”, un progetto per la legalità in ogni scuola che il Liceo Quinto Ennio declinerà in un intervento dal titolo “Ambienti…Amo…Ci” . Sempre finanziato con il Fondo Sociale Europeo, Annualità 2010/2011, e

di Giovanni Napolitano

finalizzato alla realizzazione di interventi di educazione ambientale, interculturale, sui diritti umani, sulla legalità e sul lavoro, il Quinto Ennio, che insiste su un Territorio a fortissima vocazione turistica, ha avvertito come prioritaria la necessità di declinare questo progetto nell’analisi delle ricadute della decuplicazione della popolazione nel periodo estivo che causa gravi emergenze nella gestione dei rifiuti e grave stress ambientale anche alle due Aree Parco Presenti nel Comune, Punta Pizzo e Isola di Sant’Andrea. Il progetto intende favorire lo sviluppo di una coscienza ambientalista

nei ragazzi attraverso una attività di analisi ed esame dello stato di fatto, catalogazione delle risorse disponibili e dei rifiuti maggiormente abbandonati nell’ambiente stesso. L’intervento progettuale sarà da attuarsi di concerto con i due Enti che hanno firmato con l’Istituto un protocollo di intesa, l’Autorità di Gestione del Parco Regionale Isola di S. Andrea - Litorale di Punta Pizzo e il Circolo Legambiente di Gallipoli. Delle attività sarà data diffusione con opuscoli realizzati nel corso dello studio dei ragazzi , un sito internet e un filmato da diffondersi attraverso i mezzi di comunicazione del Territorio.

IN GALLERIA

di Alessandra De Matteis

Corvetta Caracciolo: da Singapore a Ceylon Vi presento i nostri di Robert De Niro L’isola di Ceylon viene descritta dal giovane Umberto come alquanto pittoresca: essa è formata da verdeggianti colline ed fioriti boschetti di cannella. La nave Caracciolo sbarcò sotto una vecchia fortezza che ricordava la dominazione portoghese: appena giunto a Ceylon, il giovane Umberto ebbe incarico di sostituire un impiegato della posta, che si era ammalato e così, con quel pretesto poteva camminare indisturbato per la città dalle cinque alle otto. L’impressione dell’isola fu positiva per la stupefacente bellezza del paesaggio. Umberto - scrive - “Questa incantevole isola, sulle cui rive i cocchi bagnano le radici in mare, ove le liane simili a cordami fioriti si intrecciano agli alberi formando così fittissime ed intricate cortine, fa veramente andare in estasi e fa diventar poeti anche i meno disposti a tessere elogi della natura. Gli abitanti sono docili, buoni e belli.

Le donne rivaleggiano degnamente con le europee per forme e perfezione di corpo, non costrette dal busto e non torturate dalla moda. I cingalesi al solito indossano una lunga fascia che lor copre le gambe, ed i capelli lunghi e neri, invece di avvolgerli nel turbante, li ravviano con un lungo pettine che perennemente tengono in testa. Le donne poi, oltre alla fascia che stringono molto attorno alle anche, portano una camicetta cortissima che mal copre il seno, lasciandolo per metà scoperto”. Umberto, in realtà nel suo diario torna a riportare un passo del testo di Faccoliot nel suo pregevole libro “Voyage au pays des Bajadères” che descrive i costumi indigeni: “L’indiano è prodigo del suo tempo per tutti i godimenti; soltanto essi gli sembrano degni di occupazione; mentre dedica pochissimo tempo al lavoro se non ne è costretto. Ed è per questo che, non contento di popolare i suoi harem delle più belle donne dell’Indostan, gli abbisognò

qualcosa di più per giungere alla follia dei sensi, alla sofferenza nella voluttà e si creò la ‘Bajadera”. Prosegue il racconto di Umberto sui costumi della popolazione locale che dice: “Le donne hanno idee bizzarre sul pudore; avvezze fin dall’infanzia a mostrarsi quasi nude davanti ai servitori senza darsi pensiero alcuno del loro sesso”. Il danaro soltanto decide della classe in cui è posta la gente. Più assomigliano ai Cingalesi e più affettano di parlare della purezza della loro razza e dei l r avi portoghesi Si chiamano tutti “don janez”, “don Alonzo”, “don Juan de Silva”, e non si può trattenere, il riso quando si vede. Tutti gli altri della loro vita subiscono la doppia influenza del pregiudizio europeo ed indiano. Superstiziosi all’eccesso credono con viltà agli dei demoni, a migliaia di spiriti che popolano il panteismo indiano.

Dopo qualche anno d’attesa siamo giunti al terzo capitolo della saga che vede Robert De Niro vs Ben Stiller e, dopo aver conosciuto tutti, è arrivato sul grande schermo “Vi presento i nostri”. Gaylord “Greg” Fotter e Pam Byrnes sono felicemente sposati e genitori di una coppia di gemelli che sta per spegnere la quinta candelina. Quando nonno Jack (padre di Pam) sfiora l’infarto, inizia a preoccuparsi per trovare un degno erede al suo ruolo di “padrino” della famiglia e, visto che l’altra figlia si è appena separata dal marito, il prossimo capo famiglia non potrà che essere Greg. Il genero prediletto sarà pronto per il ruolo che lo attende? Oppure inizierà a sentire tutto il peso e l’ansia di cui solo il padre di sua moglie sa caricarlo? Inoltre, torna a farsi vivo il ricco e sensibile ex pretendente di Pam ed entra nella vita di Greg una bellissima tentatrice Andi Garcia, una

rappresentante farmaceutica. Sono passati 11 anni da quando Ben Stiller ha conosciuto il “suocero” Robert De Niro. All’epoca la pellicola conquistò critica e pubblico di mezzo mondo. Come per la maggior parte dei film, però le successive pellicole non riescono ad avere la stessa bellezza del primo capitolo, ed è questo anche il caso di “Vi presento i nostri”, che purtroppo perde la brillantezza vista nell’episodio uno, ma ciò non vuol dire che il film sia brutto, anzi è anche più bello del secondo. Regista della commedia è questa volta Paul Weitz, il cast artistico invece è quello dell’origine, con l’aggiunta di attori del calibro di Harvey Keitel, Laura Dern e Jessica Alba. Tutti gli interpreti fanno una prova degna del loro nome, ma i migliori sono proprio i due protagonisti principali. Robert De Niro, riesce a ripetere la stessa brillante prova del primo episodio e una prova addirittura migliore c’è la offre

Ben Stiller. “Vi presento i nostri”non è niente male, è una commedia divertente sulla famiglia, solo che poteva giocarsi meglio le sue carte. Il titolo allude certamente alle new entry nella famiglia, cioè i piccoli gemelli ma purtroppo i bambini restano personaggi troppo di sottofondo, che quasi non entrano nel film ed è un peccato perché poteva essere molto più divertente.


L’Ora del Salento 14

Lecce, 22 gennaio 2011

appunti

Andrea di Robilant. Un amore veneziano Capita spesso che autori mai pubblicati in Italia vengano considerati solo al loro secondo lavoro. È il caso di Andrea di Robilant che dopo aver raccolto consensi con “Lucia nel tempo di Napoleone” ha visto pubblicare il suo primo libro in Italia, “Un amore veneziano”. Andrea di Robilant è un giornalista e corrispondente per alcuni quotidiani italiani in cui si è sempre occupato di politica estera. Il suo accento americano rivela metà delle sue origini, quella materna, l’altra metà, quella paterna, è italiana, veneziana per l’esattezza. Ed è proprio grazie al padre che l’autore ha potuto calarsi nell’atmosfera della Venezia del Diciottesimo secolo: “Anni fa mio padre portò a casa una scatola piena di vecchie lettere che il tempo e l’umidità avevano reso

a malapena leggibili. Disse che le aveva trovate nella soffitta dell’antico palazzo sul Canal Grande dove era cresciuto da bambino negli anni Venti: palazzo Mocenigo”. E così che Andrea di Robilant spiega come è entrato in possesso della corrispondenza che gli ha permesso di scrivere questo romanzo che è appunto una storia realmente accaduta. Le lettere ritrovate nella casa di Venezia in cui il padre, il conte Alvise Nicolis di Robilant, è cresciuto, rivelano l’incredibile storia d’amore tra l’antenato Andrea Memmo ed un’affascinante fanciulla anglo-veneziana, Giustiniana Wynne, segnata purtroppo da una nascita illegittima che riguardava la madre. L’intenzione del padre dell’autore era quella di decifrare le lettere per poi scriverne egli stesso la storia. Ma non gli fu

possibile. Il conte fu infatti misteriosamente ucciso nel 1997, ed il suo omicidio resta uno dei tanti casi irrisolti. Quelle lettere composte da misteriosi geroglifici, una volta decifrate si rivelarono essere messaggi clandestini scambiati dai due innamorati, Andrea e Giustiniana. La corrispondenza è stata abilmente romanzata dall’autore che evoca le grandi storie d’amore della letteratura lasciando da parte gli intrighi politici e culturali che occupavano la maggior parte dei contesti della vita quotidiana della Venezia del Diciottesimo secolo, e più precisamente del 1753. La narrazione di questa profonda storia d’amore tocca le corde del cuore e mette in luce la forza di un sentimento capace di adattarsi alle circostanze e di evolversi nonostante tutto. Il percorso dei due innamorati infatti viene spesso minaccia-

to e minato, specialmente quando le lettere vengono intercettate e lette dalle persone sbagliate. Andrea ha ventiquattro anni ed è il rampollo di una delle più antiche famiglie patrizie di Venezia. Giustiniana ha sedici anni, è bellissima, ed è figlia di madre veneziana e padre inglese. Tra i due ragazzi nasce un amore profondo ed appassionato ostacolato dalle voci che circolavano sulla passata “dissolutezza” della madre di lei. Ma Giustiniana ed Andrea non si rassegnano alle convenzioni del tempo e studiano tutti gli escamotage per cercare di aggirare gli ostacoli che impediscono loro di vivere la relazione amorosa: “Quella sera Andrea incontrò Giustiniana a teatro. Era bellissima nel suo mantello di broccato, e lo sguardo ansioso che aveva nel cercare il suo amante tra la folla

c@ttolici in rete argo

IL POLLICE SAPERE E FORTUNA Non è un mistero che le nostre reti televisive, grandi o piccole che siano, pubbliche o private, dedichino grande spazio e molte risorse ai cosiddetti “giochi a premi”, tutti rigorosamente in gettoni d’oro (come se il metallo giallo non fosse o possa essere moneta contante), e questo sin dai tempi più remoti. Talvolta scommettendo sulle competenze e sulle capacità, talaltra lasciando ogni decisione alla fortuna o cose similari, come ben rammentiamo nel nome di Mike Buongiorno e/o di Raffaella Carrà. Tra quanto ci viene proposto in questo periodo, riteniamo che la trasmissione condotta da Gerry Scotti “Chi vuol essere milionario” (Canale 5, ore 18,50), sia un interessante ibrido tra le due soluzioni sopra evidenziate, non fosse altro che per un minimo di attenzione verso la conoscenza dei fatti e delle cose. Che non è, ovviamente, cultura. è chiaro che, anche in questo quiz, la casualità ha il suo ruolo, ma alla fine ci appare alquanto complementare e non trainante, al contrario di quanto vediamo su altri schermi.

lor@delavoro di Samuele Vincenti Nell’ambito del Programma Comunitario “Leonardo da Vinci” e con il coordinamento della Camera di Commercio di Ancona, l’Ifoc, Azienda Speciale della Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari, si fa promotrice del progetto Coinset, Competenze Innovative per l’imprenditorialità Navale nel Settore dei Trasporti e del Turismo diportistico”. Il progetto ha come finalità di formare nuove figure professionali nello specifico settore dell’industria navale e del relativo indotto, con particolare attenzione alla cantieristica navale per il trasporto passeggeri e commerciale, nonché a quella dedicata al turismo nautico diportistico, ed offre a

Tommaso Dimitri

marialucia andreassi

la rendeva più radiosa che mai. Lo vide e sorrise. A distanza di sicurezza si scambiarono qualche cenno, cercando di non risvegliare i sospetti della signora Anna”. È una storia splendida, ed ha tutti gli elementi di un grande romanzo: un amore appassionato e contrastato, una gravidanza nascosta e grandi vicende romantiche sullo sfondo di una Venezia al tramonto della repubblica. Molto coinvolgente, ve lo consiglio.

Andrea di Robilant, Un amore veneziano, Corbaccio, 18.60, pag. 304

M U S I CALM E NTE Unità dei Cristiani ed Ecumenismo on-line

“Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera” è il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani per l’anno 2011 che ha ormai raggiunto la 43a edizione. Siamo ormai alla conclusione di questa settimana di preghiera (18-25 gennaio) ma la visita al sito www.prounione.urbe.it ci permetterà di conoscere qualcosa sulla storia di questa Settimana di Preghiera. Inoltre, attraverso il sito, è possibile intraprendere un Corso di Ecumenismo per corrispondenza. Infatti, questo portale è nato proprio per far conoscere come è nato questo impegno di preghiera per l’unità e possiamo trovare tutti i sussidi per impostare incontri e interventi per il 2011. La matrice dell’impegno per l’Unità dei Cristiani è quella dei due fondatori, P. Paolo Wattson e Suor Lurana White, passati nella Chiesa Cattolica, iniziatori del Centro Pro Unione dei Frati Francescani dell’Atonement, situato nel cuore di Roma, nell’antico e bellissimo Collegio Innocenziano in Piazza Navona, appartenente alla famiglia Doria Pamphilj. Consta di tre vasti locali adibiti a biblioteca, di una stanza per riunioni e di un’ampia sala ove si svolgono le conferenze sull’ecumenismo. Nel sito possiamo trovare il materiale per organizzare alcuni giorni di preghiera con un sussidio che è interamente scaricabile dal sito. Il discorso sull’ecumenismo è molto complesso e ha bisogno di una corretta e salda formazione teologica proprio perché il dialogo sia un confronto costruttivo e non solo parole di cortesia vicendevole, che certamente non può necessariamente mancare. Un piccolo esempio? Entriamo in un portale che per l’ecumenismo diventa quasi ufficiale: il Monastero di Bose. L’indirizzo è www.monasterodibose.it. Il sito è “ecumenico” anche per la tipologia di sistema di programmazione. Infatti possiamo navigare con tutte le tecnologie e sistemi operativi oggi disponibili. La Home page è immediata, intuitiva e permette di entrare in tutte le sezioni con rapidità e semplicità. Forse ci vuole insegnare che l’unità, che si vede sempre come qualcosa di molto complicato da raggiungere, poi alla fine sarà una cosa semplice come è semplice amare. Buona preghiera e comunione a tutti.

Anna Rita Favale

Tanta musica alle Cantelmo Prende il via ufficialmente il progetto “Officine della musica”, realizzato dal Comune di Lecce, in collaborazione con numerosi partner pubblici e privati, e vincitore del bando “Interventi a favore della produzione musicale indipendente” promosso dall’Anci e dal Ministero della Gioventù, che mira a trasformare le Officine Cantelmo di Lecce in una casa della produzione musicale indipendente salentina. Da sabato 29 gennaio 2011 partirà un articolato programma di concerti, incontri di formazione, tour promozionali, videoclip, partecipazione a fiere, un contest di etichette e società di produzione, un sito internet, attività di intervento sui bisogni sociali. Le Officine Cantelmo, da due anni student center e luogo d’incontro nel cuore della città barocca, si trasformeranno, grazie ad un lavoro di adeguamento acustico, in una sala concerti di oltre 500 posti che potrà non solo essere il palcoscenico delle più interessanti realtà locali ma ospitare anche produzioni di calibro nazionale e internazionale. Nel corso del progetto saranno organizzati, infatti, otto concerti in cui giovani band salentine si esibiranno al fianco di importanti ospiti. I live prenderanno il via sabato 29 gennaio (ingresso gratuito) con l’esibizione del cantautore Romeus, protagonista lo scorso anno al Festival di Sanremo, dei Fonokit, uno dei gruppi di punta della scena rock salentina, e degli Insintesi, duo che fonde le sonorità urbane del dub con le melodie del ragga salentino e della musica etnica mediterranea. A febbraio spazio al rapper Marracash (sabato 12) e ai Radiodervish (sabato 26). Musica internazionale a marzo (sabato 26) con Melissa Auf der Maur, una delle più celebri bassiste del rock alternativo dell’ultimo decennio, protagonista delle Hole di Courtney Love e degli Smashing Pumpkins di Billy Corgan. In via di definizione il programma di aprile e maggio. Le Officine della Musica nascono e si sviluppano anche come luogo di formazione e specializzazione di figure professionali operanti nell’ambito musicale. Per questo una serie di corsi e incontri, realizzati in collaborazione con l’Università del Salento, apriranno una finestra sulla storia della musica (e del rock in particolare). Interverranno molti giornalisti di testate musicali nazionali, tra i quali, Giancarlo Susanna (8-9 febbraio), Pierfrancesco Pacoda (16 febbraio), Alberto Campo (25 febbraio), Alberto Castelli (5 marzo), Gianpaolo Chiriacò (16 marzo), Federico Guglielmi (data da confermare). Sono previsti inoltre incontri sulla valenza dei vari mestieri della musica (tra gli altri con Milena Valentini, responsabile del Centro Musica di Modena) e un ciclo di laboratori presso la Cooperativa Solidarietà Salento di San Cesario di Lecce che accoglie adolescenti in stato di abbandono e di maltrattamento psico-fisico. Tutto il progetto sarà raccontato e seguito dal sito www.officinedellamusica.org

Progetto Coinset: 10 giovani per l’imprenditorialità navale

10 giovani di età compresa tra 18 e 35 anni altrettante borse di studio per la frequenza di tirocini formativi all’estero della durata di tredici settimane, da attivare a partire da marzo 2011. Potranno partecipare alle selezioni quattro diplomati e sei laureati, non iscritti ad altri corsi di studio e non occupati. Le figure professionali che saranno appositamente formate avranno la possibilità di essere assunte da aziende del settore nautico delle Regioni di Marche e Puglia, e avranno come obiettivo l’incremento della produttività in termini qualitativi con particolare attenzione alla qualità del prodotto e dei processi aziendali, ma anche al marketing ed al-

l’internazionalizzazione. In particolare quindi, nei confronti dei borsisti, il progetto ha lo scopo di fornire specifiche competenze operative “spendibili” nel mercato del lavoro, per arricchire il proprio curriculum vitae ed accrescere l’occupabilità. Il tirocinio si prefigura come possibilità per i partecipanti di conoscere dall’interno la realtà aziendale rispetto al percorso scolastico o accademico compiuto, osservandone e comprendendone i meccanismi funzionali e decisionali, le gerarchie formali ed informali, le modalità relazionali. I giovani coinvolti metteranno alla prova ed accresceranno la propria autonomia personale, lo spirito di iniziati-

va e di adattamento (concepiti anche come presupposti per essere disponibili, in futuro, alla mobilità transnazionale); potranno inoltre perfezionare le proprie competenze linguistiche e le proprie capacità comunicative in contesti internazionali. Parte del progetto si svolgerà infatti in Gran Bretagna e in Irlanda. Durante il periodo formativo, i borsisti dovranno interfacciarsi dirett amente ed esclusivamente con gli enti partner di invio e con l’ente intermediario estero del paese ospitante per quanto riguarda tutti gli aspetti di carattere logistico, amministrativo e contabile relativi all’esperienza all’estero, e con Ifoc, quale ente di riferimento per la Regione

Puglia, per quanto riguarda le attività precedenti e successive al periodo di permanenza all’estero. Tutti i costi relativi alla realizzazione e svolgimento del tirocinio formativo, comprese le attività preparatorie in Italia e all’estero, saranno sostenuti direttamente dal Partner Capofila/Coordinatore o indirettamente dai partner di progetto e non saranno, di conseguenza, a carico dei borsisti. La domanda di partecipazione al progetto “Coinset” dovrà essere inoltrata a Ifoc, via Emanuele Mola n. 19 70121 Bari (indicando sulla busta Programma Leonardo da Vinci - Progetto “Coinset”), con raccomandata A/R entro e non oltre il giorno 31 genna-

io 2011. Le domande inoltrate a mezzo raccomandata A/R entro la predetta scadenza, ma pervenute successivamente alla data del 05/02/2010, saranno ritenute non accoglibili. In relazione a ciò, Ifoc non si assume la responsabilità di eventuali disservizi postali: occorre, dunque, inviare per tempo la propria candidatura. Per ogni eventuale informazione e per ritirare, eventualmente, copia del bando e dello schema di domanda, gli aspiranti potranno rivolgersi a: Ifoc, Via Emanuele Mola n. 19, 70121 - Bari, dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 13:00, al numero di tel. 080/ 5559504, o collegarsi direttamen te al sito inter net www.ifoc.it.


L’Ora del Salento 15

Lecce, 22 gennaio 2011

lo sport Occorre continuità di prestazioni e di risultati per dare seguito ai colpi contro Lazio e Milan. Dal mercato estero potrebbero giungere i tasselli che mancano

L’ASSIST di Paolo Lojodice

Lecce al Franchi per l’impresa Per favore dateci almeno una “sana” ma, ancor più di più, “bella”, giornata di pallone! Dopo una settimana trascorsa all’insegna dei racconti inquietanti di dopocena privati (… per quanto poi possano esserlo se riferiti ai luoghi e ai tempi di chi, comunque, riveste il ruolo del più alto incarico di governo della Nazione!), l’italico sentimento popolare emerge dal disorientamento quotidiano e nel fine settimana elabora inconsciamente il paradigma di una antica forma di pensiero platonico, che viene contestualizzato, purtroppo, nei limiti della nostra quotidianità e riprodotto nell’assunto… “il Pallone salverà il mondo!”. In estrema sintesi: l’ordinamento del disordine mondano per Platone significava una cosa sola: la realizzazione dell’antica profezia secondo cui la Bellezza avrebbe salvato il mondo; in forma più modesta, visto i tempi e la caratura dei contemporanei, per noi propendere per una interpretazione “pallonara” dell’archetipo platonico risulta addirittura accettabile e apprezzabile, più che farsesco. Del resto spunti di riflessione il panorama calcistico ne offre in quantità, soprattutto dopo la 20-esima giornata con la capolista Milan che frena la sua corsa scudetto a Lecce, Lazio, Roma e Juventus ne approfittano grazie alle loro vitto-

S

L’ALTRO

rie, arrivate tutte e tre in un finale da brividi, e così accorciano le distanze dalla capolista. Quindi dopo la prima del girone di ritorno della Serie A, Napoli e biancocelesti si ritrovano a -4, mentre giallorossi e Juventus vanno rispettivamente a -6 e -7. Anche l’Inter, rigenerata dal nuovo tecnico Leonardo prepara la rincorsa al vertice dai suoi -9 punti con due partite da recuperare: i nerazzurri sarebbero accreditati di uno svantaggio finale virtuale di soli tre punti, ma il verdetto del campo è comunque una altra cosa rispetto alle ipotesi di previsione, ne sanno qualcosa proprio i cugini rossoneri ai quali non è bastata l’undicesima prodezza di Ibrahimovic cui ha risposto il leccese Olivera firmando l’1-1. Il fondo della classifica che non evidenzia sostanziali spostamenti, fa comunque registrare la crescita costante del Lecce sia sotto il profilo del gioco che della coesione e dell’organizzazione della squadra; al mister e al suo gruppo va riconosciuto il merito di aver saputo tenere dritta la barra e superare le insidie delle critiche spesso pretestuose e approssimative. Domenica, al Franchi di Firenze, i giallorossi affrontano la Fiorentina la cui posizione di classifica non fa certo esaltare il proprio pubblico: più vicina alla zona calda della retroces-

sione che alle posizioni ambite nella prospettiva Uefa. Comunque per i viola si può registrare una buona tenuta casalinga negli ultimi due mesi, un po’ meno in trasferta, almeno per le ambizioni delle piazza: tre vittorie su tre gare disputate davanti al proprio pubblico e tre pareggi e due sconfitte nelle 5 trasferte. L’impegno per l’undici di De Canio, in quel di Firenze, sarà confermare i progressi finora conseguiti, e lo stop interno

contro il Bari diventa lontano nel ragionevole computo delle prestazioni delle ultime settimane, per giunta ampiamente compensato dal pari contro il Milan domenica scorsa. Il tutto conferma che la fortuna del Lecce passa in primis dal rafforzamento della propria consapevolezza di squadra con una fisionomia ormai definita, e in tal senso il lavoro del Mister è eccellente, poi da qualche intervento di rinforzo in difesa, da operare sul mercato.

ERRATA CORRIGE A pag. 5 dello scorso numero per una serie di refusi tipografici, l’articolo a firma della prof. Zezza Rainò è stato pubblicato con evidenti errori di comprensione in alcuni periodi. Ce ne scusiamo con l’autrice e con i nostri lettori.

MONDO Per il Csi un anno ricco di iniziative

Cresce il Csi e crescono anche le sue iniziative. Infatti, dopo il successo ottenuto dal progetto “Il Milan e gli oratori”, nato da un accordo stretto tra la Fom (Fondazione Oratori Milanesi) e l’A.C. Milan, con il comitato sportivo milanese a fare da apripista, l’eco dell’iniziativa è riuscito a farsi largo anche nel resto del territorio nazionale. Ed è così che, in occasione dell’incontro di calcio tra Lecce e Milan, disputatosi allo stadio Via del Mare, anche i ragazzi di Lecce, in particolare quelli del Circolo Parrocchiale “Pio X” accompagnati dal presidente Elio Ramistella, hanno avuto l’opportunità di prendere parte a questo evento tanto atteso e spettacolare; un momento di aggregazione dal quale emergono i veri e sani valori dello sport che nell’odierna società è bene preservare e trasmettere ai giovani. Ma i frutti di questa iniziativa non si esauriscono qui. Nel corso dei prossimi quattro anni verranno sviluppati tanti altri progetti, grazie soprattutto al nuovo “protocollo d’intesa”, volte a favorire l’incontro tra le diverse realtà parrocchiali sparse su tutto il territorio. La consolidata tradizione sportiva che l’A.C. Milan mette a disposizione, unita allo spirito di aggregazione che l’istituzione dell’oratorio è in grado di generare, sapranno proporsi come un nuovo percorso per la crescita e l’educazione dei giovani nel modo più sano possibile, come solo uno sport di squadra come il calcio può fare.

PORT di Paolo Conte

VOLLEY SERIE B2

Squinzano e Ugento, la marcia trionfale. Si rivede il Galatina

Nessuno sconto e alcuna sorpresa; le prime della classe Squinzano e Ugento proseguono la loro marcia a furia di schiacciate. Liberatesi agevolmente delle pratiche Casarano e Martina, le due contendenti alla promozione diretta scalpitano in attesa dei match contro Alessano e Agnone con in palio il potenziale primato solitario in classifica. Per la Parsec 3.26 il terzo derby consecutivo e la prima trasferta del 2011 è un impegno di rara difficoltà, soprattutto se l’avversario risponde al nome dell’Aurispa Alessano, team che non per caso, siede in pianta stabile al terzo posto della graduatoria. Archiviato il trionfo sull’Ugento, il successo casalingo ai danni del Martina ha dimostrato le capacità non solo tecniche, ma anche psico-fisiche dello Squinzano, consapevole di dover mantenere ritmi frenetici e nervi tesi per difendere la leaderschip. L’esame Aurispa può già essere lo spartiacque di una stagione intricata ma al contempo emozionante. Se i gialloblu di coach De Vitis sono alla ricerca della quarta vittoria consecutiva, la Minniebet

ha il compito di non distrarsi per portare a casa il bottino pieno sull’abbordabile Agnone. I falchi, reduci dal successo interno ai danni del Martina, sono pronti ad approfittare del facile calendario di giornata per riprendersi la vetta solitaria della classifica. Coach Cavalera predica calma e indulge al raziocinio, memore del black-out contro i rivali squinzanesi in tempi non sospetti. Certo il big-match Aurispa-Parsec 3.26, in concomitanza di quella che almeno sulla carta, pare essere la più agevole delle trasferte, è l’occasione più nitida per il falco ugentino, che da autentico rapace intende affibbiarsi l’etichetta di divora-campionato. Un ruolo che sarebbe assolutamente nelle corde, anzi, nelle dita dei suoi giocatori, in grado di perdere la miseria di sette set in dodici partite. Numeri impreziositi da una difesa di ferro, che con soli 771 punti subiti è la meno perforata della competizione. Aria ben più pacata si respira in casa Aurispa; l’urrà di Altamura ha consolidato il terzo posto in classifica con 27 punti è tiene a distanza di sicurezza la ridimensionata Domar. Per i ragazzi di coach Medico

l’arduo impegno casalingo contro la capolista Squinzano è il giusto banco di prova per misurare le reali potenzialità della squadra. Il fattore campo e la libertà psicologica di giocare un match senza la smania del risultato, sono le armi in più dell’Alessano, pronto a fare lo sgambetto ai gialloblu e a inserirsi nel discorso promozione diretta. Di belle speranze e di buoni propositi pare anche essere il Galatina di coach Montinaro. La vittoria al tie-break inflitta al Galatone è stato ossigeno puro per il team galatinese, reduce dal sonoro 3 a 0 subito in quel di Fasano nel match che ha inaugurato il nuovo anno. 19 punti e un sesto posto in classifica che lascia pensare a una serena salvezza senza toglier spazio al sogno nel cassetto play-off. Un sogno che passa anche per l’ostico campo di Paglieta, prossima avversaria della S.B.V in quella che promettere essere una gara equilibrata e aperta ad ogni risultato. Volti meno distesi a Galatone dopo il bruciante insuccesso di Galatina. Il Galatea Volley dopo tre vittorie di fila su Castellana, Oria e Martina, riassapora la sconfitta a distanza di

un mese ed è pronta a ricevere il Francavilla con l’obiettivo di muovere la classifica per ridare vita a una nuova striscia di risultati utili. Tra le salentine chi piange per davvero è il Casarano di coach Licchelli; il pesante 3 a

1 ricevuto nel derby contro lo Squinzano ha spinto la Filanto in piena zona retrocessione. I rossoblu sono protagonisti dell’impietoso dato di non riuscire a vincere una gara con almeno due set di scarto dalla quinta giornata di campionato.

L’imminente partita casalinga contro l’accessibile Francavilla è la perfetta occasione non solo per sfatare il negativo tabù ma soprattutto per non rimanere ancora allungo con la testa sott’acqua.


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