Numero Zero Magazine Febbraio 2014

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AUTORIZZAZIONE SANITARIA ALL’ESERCIZIO N°168 DEL 12/12/2008 RIL DAL COMUNE DI LATINA DIRETTORE SANITARIO Dott. Antonio TRANQUILLI Specializzato in Patologia Generale, iscritto all’Ordine dei Medici della provincia di Latina dal 08/06/1979 con n° Ordine 1130

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Dr. COTRONE Dott.RAFFELE RAFFAELE COTRONE Iscr. di LATINA Iscr.Albo AlboMedici MediciChiurghi Chirurghi di LATINA Nr. Nr.3062 3062

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L’editoriale

Compleanno col brivido Numero Zero continua… La prima candelina e la speranza di aver lasciato il segno di ALBERTO REGGIANI

Per celebrare questa edizione speciale di Numero Zero, con la quale festeggiamo il nostro primo compleanno con un prodotto monotematico sui luoghi comuni di Latina, partiamo da una telefonata. Quella intercettata dalla nostra segreteria telefonica l’indomani dell’uscita dell’edizione di gennaio. Sorvoliamo sulla forma e arriviamo alla sostanza: “domani il vostro giornale chiuderà, per le cretinate che avete scritto nel servizio sul centro” – la sintesi degli strali registrati con voce femminile dall’accento campano, conditi da riferimenti alla nostra presunta codardia per non aver risposto al telefono. Dall’altra parte della cornetta una signora imbufalita che ha fatto solo riferimento alla propria appartenenza ad una associazione a noi sconosciuta e che si occupa di tutelare e agevolare una certa schiera di dipendenti statali (poi ci siamo informati, esiste davvero ma, guarda la casualità, al telefono della loro sede non risponde mai nessuno) che nel puntellare la nostra vigliaccheria si è guardata bene dal lasciare un numero di riferimento (la chiamata era anonima) né tanto meno di qualificarsi con le proprie generalità. Non c’è rimasto altro che attendere la mezzanotte del giorno seguente per brindare allo

scampato pericolo, sebbene sia ancora vivo il rammarico di non aver potuto confrontarci dialetticamente con la signora. Così, per capire cosa poteva averla disturbata così tanto da minacciarci con la tagliola. Il servizio a cui probabilmente si riferiva era quello sulle commesse e al tour de force da loro intrapreso nel periodo natalizio e dei saldi, fortuitamente attaccati l’uno all’altro. Evidentemente aver parlato di una fascia di lavoratori non protetta da schermature statali o ministeriali, è ritenuto sacrilego da chi la considera una sottoclasse non meritevole di pronunciamento, figuriamoci del libero sfogo. Un anno fa, quando accendemmo i motori di Numero Zero, ci proponemmo uno strano obiettivo: quello di capire se, attraverso un diverso tipo di informazione tendente a far riaffiorare il sommerso di una città dalla superficie disastrata, fosse possibile elevare le coscienze comuni della popolazione, rendendole partecipi della loro stessa quotidianità, del loro passato e delle loro future speranze. Non immaginavamo fosse censurabile, una simile aspirazione. Oggi siamo contenti di quella telefonata, e la consideriamo un originale regalo di compleanno, perché vuol dire che qualcosa si sta muovendo.

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#13 // FEBBRAIO

IN QUESTO NUMERO

DUEMILAQUATTORDICI

18

Essere o non essere

20

Nipotini del Duce

30

Viva le donne

Stereotipi veri o falsi del capoluogo pontino

DIRETTORE EDITORIALE Marco Tomeo DIRETTORE RESPONSABILE Alberto Reggiani

COLLABORATORI DI REDAZIONE Pasquale De Rosa, Domenico Incollingo, Marco Fiorito, Marco Nardi, Alessia Fratini, Riccardo Angelo Colabattista, Marco Petrone, Chiara Bovolenta, Gianluca Amodio, Patricia Saurini, Stefania Pusterla, Ilaria Castrucci, Francesco Miscioscia, Alessandro Zaffarano, Silvia Petrianni

La bellezza delle ragazze latinensi, icone nazionali

36

Rondò cittadino

50

In alto mare

62 Magazine mensile di attualità, costume e società

Degenerazioni e contraddizioni della “città fascista”

L’aumento sconsiderato delle rotatorie dal centro alla periferia La risorsa inespressa del litorale e i nuovi progetti di rilancio

70

Brutta copia

80

Col Suv e i debiti

86

Reazione anteriore

96

Borgo Bainsizza

L’inestetismo architettonico e urbanistico di Latina

I finti ricchi e i sacrifici per mostrarsi benestanti

Il rilancio dell’economica unica via per uscire dalla crisi

La terra di luce ed ombre dell’originario Piano Rosso

106

Un anno di Numero Zero

Latinense stretto Romanesco e napoletano nel melting pop dialettale

SIAMO ANCHE ON LINE

WWW.NUMEROZEROMAGAZINE.IT

CON IL CONTRIBUTO DI: Santa Pazienza PROGETTO GRAFICO // Giuseppe Cesaro IMPAGINAZIONE E GRAFICA // Giuseppe Cesaro FOTOGRAFIE // Claudia Mastracco EDIZIONE E PUBBLICITÀ CNS - LATINA Via Milazzo - Tel. 327.9713164 STAMPA Tipolitografica C.O.R.E. Via Tre Ponti, sc - Loc. Rezzole - 04022 - Fondi (LT) Registrazione Tribunale concessa

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02.2014 | NUMERO ZERO | 13


ZERO POSITIVO

Rubrica medico-scientifica

In Italia i farmaci costano meno che in Europa: quali e perchè? a cura del dr. GIOVANNI FARINA

Spesso i miei pazienti mi chiedono perché i farmaci di libera vendita ( OTC e SOP ) hanno un costo molto superiore in rapporto prezzo per singola compressa rispetto ad altre nazioni europee. I nostri governi spesso ci dicono che la soluzione sarebbe una maggiore concorrenza che porterebbe a maggiori percentuali di sconto e puntano il dito contro il SISTEMA FARMACIA che ostacolerebbe tale soluzione. Spot pubblicitario, come dire…è colpa vostra.. Forse in parte vero, come altrettanto vero e più incisivo sarebbe non omettere e informare gli italiani sulle reali cause di tali differenze di prezzo. Il Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e sociale) dell’Università Bocconi di Milano, ha reso nota una ricerca sui prezzi dei farmaci con obbligo di prescrizione (quelli con ricetta mutualistica) in un confronto con la media degli altri paesi europei rivelando che i farmaci dispensati dalle nostre farmacie sono i più bassi d’Europa, in media di circa il 20%, con uno scarto ancora maggiore per quelli coperti da brevetto. Questo spiega anche la carenza di farmaci salvavita in Italia poiché le ditte e i grossisti favoriscono logicamente il mercato estero. L’Europa è una opportunità e non solo sacrifici e tasse come ottusamente non vogliono com-

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prendere i nostri governanti. Le molecole prese in esame sono le prime 200 per mercato e le prime 200 nel nostro Paese.I paesi presi a confronto nel sono Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Spagna, Regno Unito e Svezia: l’80% del mercato Ue. La prima evidenza.In Austria sono più alti del 17,7%, in Belgio del 18,7%, in Francia del 12%, in Germania del 33,8%, in Irlanda del 52,6%, in Spagna del 4,8%, in Svezia del 15,2% e nel Regno Unito del 6,8%.Una buona notizia sull’andamento del costo dei farmaci per il nostro Servizio Sanitario Nazionale che risparmia. Ma come sempre le notizie si leggono da varie angolazioni e/o si tacciono quelle complementari che possono spiegare il costo più basso spuntato non per eccellenza dei nostri ministeri, ma frugando nelle tasche degli italiani, come si dice ormai a destra e a manca in questo periodo. Ed infatti, siccome ogni medaglia ha il suo rovescio, il lato B di questa è che il cittadino paga di tasca sua e direttamente il costo più alto degli altri paesi per i farmaci da banco e per quelli di fascia C per i quali non ci sono prezzi calmierati. Più semplicemente, governi ed industrie si accordano per prezzi al ribasso sui farmaci della mutua che gravano sul Sistema Sanitario e permettono al contrario di aumentare con frequenza quasi annuale i prezzi dei farmaci da banco e di fascia C a spese del cittadino. E’ vero che esiste la possibilità di scontare i sop e gli otc, ma partendo comunque da un prezzo a confezione che è molto più cospicuo di quello praticato all’estero, Grecia compresa dove un farmacista di mia conoscenza ha riscontrato pochi giorni fa che uno spray per la gola costa quasi la metà che in Italia. Contenimento della spesa farmaceutica sì, ma con l’asticella del prezzo delle medicine a totale carico del cittadino più alta come baratto per mantenere inalterate le casse auree delle industrie farmaceutiche.


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LISTA ZERO

Politica e comunicazione di FRANCESCO MISCIOSCIA

Come scegliere una laurea per trovare lavoro Dopo i tagli alla cultura e alla ricerca è necessario rilanciare la formazione universitaia

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La disoccupazione in Italia non è mai stata così drammatica da 35 anni a questa parte, fino al paradosso che il 45% dei giovani è senza un impiego e quasi un milione e mezzo di famiglie italiane non può contare su alcun reddito mensile. A peggiorare un mercato già ridotto in macerie dalla crisi e dalla Riforma Fornero è stata la cura di sole tasse somministrata al paziente Italia dal governo Monti prima e da quello Letta ora. Diventano quindi sempre più centrali le capacità del singolo e la sua formazione, che inizia appunto sui banchi di scuola e prosegue nell’università. Tra pochi mesi, dopo gli esami di maturità, migliaia di ragazzi e ragazze italiani dovranno scegliere se tentare la strada dell’impiego o proseguire gli studi in università e, in quest’ultimo caso, quale facoltà abbracciare mediando tra i propri sogni e il realismo delle professioni che sono richieste dal sistema-Italia. Non tutti nascono con le idee chiare sul mestiere che vorrebbero fare da grandi. Gli idealisti vocati, ovvero coloro che hanno un sogno nel cassetto e si impegnano da subito e con tenacia a realizzarlo, ci sono ancora oggi, ma ci sono anche parecchi giovani che non sanno che direzione prendere, o, addirittura, che si perdono per strada. Un esempio sono i Neet, ovvero i giovanissimi che non studiano e non lavorano, gli inattivi convinti, che nel nostro Paese sono il 25,2% dei 18-24enni, contro una media europea pari al 16% circa. Piuttosto che entrare nella condizione di Neet è preferibile fermarsi al diploma e tro-

vare al più presto un lavoro. Un ruolo fondamentale nei processi di scelta è giocato dall’orientamento. Ciascuno deve innanzitutto seguire le proprie inclinazioni – servono sia idraulici che ingegneri, entrambi professioni rispettabili, ricercate e ben retribuite – e trovare l’indirizzo di studi che meglio li prepari alla professione che intendono svolgere. Credo nel valore aggiunto di una laurea, ma penso al contempo che lo studio universitario fine a se stesso, lo studio senza progettualità, lo studio poco mirato, lo studio per perdere tempo o per prendere tempo in modalità “parcheggio” serva meno di un buon diploma professionalizzante. Una laurea – umanistica o scientifica che sia – vale ed è spendibile sul mercato del lavoro quando è conseguita con profitto, altrimenti è una occasione sprecata. Nel nostro Paese sono noti i pesanti tagli alla cultura e alla ricerca. Tuttavia, è necessario rilanciare la cultura, la formazione universitaria in genere e in particolare quella umanistica. È vero che quest’ultima non dà sbocchi lavorativi immediati, ma è altrettanto preoccupante assistere a un generale imbarbarimento proprio tra le giovani generazioni. Di questo passo avremo sempre più ingegneri e sempre meno letterati, ma anche sempre più ingegneri, tecnici ed economisti che conoscono a menadito Archimede, ma che non sanno chi è Dante, che non sanno scrivere correttamente in italiano, con rispetto parlando. I giovani vanno educati innanzitutto ad avere una testa ben fatta, piuttosto che una testa ben piena, direbbe il sociologo francese Edgar Morin. Hanno bisogno prima di formarsi una cultura generale di base solida, sulla quale costruire, successivamente, le varie specializzazioni.


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LATINA Un luogo comune I simboli di una città con troppi tratti identificatori e poca personalità dove l’apparenza non inganna La bruttezza urbanistica e la bellezza delle donne, due facce della stessa (falsa) medaglia di ALBERTO REGGIANI

V

asco, lui si, si distingue dal luogo comune. Ma è una voce fuori dal coro, nell’era della catalogazione facile, della marcatura a freddo, degli stereotipi moralizzatori. Latina e i suoi abitanti, la prima unzione popolare l’hanno ricevuta il giorno stesso del battesimo, coinciso con la fondazione. Quel 18 dicembre 1932, la pupilla del regime venne avvolta nel fascio littorio e nessuno avrebbe mai osato pensare che una quindicina di anni dopo sarebbero iniziate concentriche operazioni di disconoscimento della paternità, volte a rinnegarne la provenienza ideologica. Ottant’anni dopo il giaguaro non è stato smac-

chiato, i suoi amici sono disorientati dalla resistenza dell’ex Littoria alle contaminazioni politiche e culturali, agli attacchi preventivi e agli sberleffi del sistema informativo italiano, quello che mette i titoli e gli occhielli ad ogni cosa, che sintetizza e generalizza. Ovvero racchiude in una definizione. Ormai quando si parla di Latina, l’apposizione “fascista” è referenziale, sebbene la storia successiva alla caduta della dittatura abbia scritto pagine, anzi libri, di diversa colorazione. L’accezione restaurata del termine, depenalizzato dal (presunto) peccato originale e contestualizzato alla sua impronta urbanistica di fondazione, oggi è universalmente

riconosciuta, dentro e fuori le mura. Le cose cambiano nel momento in cui la città viene etichettata come il tempio inviolabile del culto littorio e dipinta come il fortino delle vedove nere. Come se quarant’anni di inclinazione democristiana, ovvero quanto di più distante possa esistere dalla fenomenologia fascista, non abbiano rivelato la vera anima pagana e cerchiobottista dei nipotini del Duce, lontani anni luce dalle liturgie balilla. Il luogo comune di Latina Fascista è quindi appropriato alle sue geometrie architettoniche e alle cattedrali originarie della sua devozione mussoliniana, mai abbattute e persistente simbolo dei tempi che furono. Ed è tutt’al più riferibile al suo congenito anticomunismo, quasi mai vacillante e confermato comunque ad ogni tornata elettorale. Mai rossa, non più nera, Latina è bianca come il latte, al massimo un latte macchiato. Questo contagio storico e politico, ha influito enormemente nella diffusa opinione che, su base nazionale, colloca il capoluogo pontino tra le città più brutte della penisola. Quello dell’inestetismo urbanistico di Latina è un vecchio cavallo di battaglia di storici e saggisti italiani, spesso appartenenti all’area radical chic della sinistra, recalcitranti quindi per natura di fronte a qualsiasi forma di espressione derivante dal Ventennio. Nel 1982, in occasione del Cinquantenario della fondazione, Giordano Bruno Guerri fece il suo beffardo omaggio a Latina, definendola senza mezzi termini la città più brutta d’Italia “per la contemporanea presenza della peggiore architettura fascista, del peggior stile ricostruzione e della più selvaggia speculazione edilizia”. A distanza di trent’anni da quella


Il rap del latinense medio

STAY A LATINA

Manuel Finotti Feat. Blaze, Kaiser, King OM, Marvel Mex, Chrles Quaaaaa, Se ti vesti colorato ti guardano strano e no che non è logico. Non sono il tipo che il sabato sera s’acchitta solo per entrare all’Enolojico Benvenuti a Latina città che è più simile ad un paese per mentalità, dove regna l’apparenza e la banalità, falsa informazione che forma formalità. Quando la fame aumenta e si sente forte io vado al Mac, te da Dolce Notte, ma me ne torno a casa presto con il pretesto che per strada e pieno di ragazzine pseudo mignotte.

umiliante francobollatura, è difficile capire se le cose siano cambiate: la città è enormemente cresciuta, ha sviluppato nuovi quartieri, ma ha amplificato la propria contraddizione urbanistica, provando a rivitalizzare i suoi edifici storici ma al tempo stesso continuando a costruire asimmetricamente dal contesto originario. La Torre Pontina è diventata il totem di questa disarmonia: se da una parte rappresenta la proiezione verso la città del futuro, dall’altro si staglia come l’intruso disturbatore in tutte le angolazioni prospettiche della città. Al filone delle etichette urbanistiche latinensi, si è aggiunta nell’ultimo decennio quella riferita al proliferare delle rotatorie nelle larghe strade cittadine. In principio era la rotonda di Borgo Piave, importante snodo viario proprio all’imbocco della SS Pontina, a rappresentare il benvenuto (o l’arrivederci) alla città di Latina. Successivamente un rondò ha tirato l’altro, attraverso un effetto domino che ha fatto diventare il capoluogo pontino una sorta di circuito a prova di derapata. Sui benefici degli spartitraffico circolari si può discutere, sulla progressione geometrica delle loro installazioni c’è poco da dire: impossibile fermare il girotondo già iniziato. E’ sugli usi e costumi, ma anche e soprattutto sui vizi, dei latinensi che si concentra la maggior parte delle etichettature di nuova generazione. La teatralità di essi si sta manifestando attraverso il proliferare di video e documenti che radiografano il cittadino medio di Latina nella sua espressione quotidiana, artefatta nel modo di presentarsi, di associarsi e soprattutto di apparire. Un video realizzato da alcuni rappers di Latina, capeggiati da Manuel Finotti, sta spopolando su Youtube, dove ha già superato le 80 mila visualizzazioni. Il filmato, dal titolo “Stay a Latina” ironizza con

efficacia sulle abitudini bislacche dei latinensi, racchiuse nella frase cult: “sono un vero latinense se mi esibisco”. I ragazzi, sebbene nel clima gioviale di un motivetto molto orecchiabile, vanno giù duro con gli apostrofi: “Benvenuti a Latina città che è più simile ad un paese per mentalità, dove regna l’apparenza e la banalità”. Un vero e proprio atto d’accusa della fragile personalità della gente latinense, dai giovanissimi che preimpostano ogni loro azione attingendo dalle mode ricorrenti, agli irriducibili di mezza età, costretti dal proprio egocentrismo a rimanere sulla breccia anche quando le risorse economiche e psicofisiche non li sorreggono: un tourbillon di mistificazioni, penosi escamotage e gravosi indebitamenti e la faccia di bronzo è salva. In questo caso l’apparenza non inganna ma preserva. Quando si vuole necessariamente negativizzare un contesto, anche due simboli del fascino latinense, le belle donne e il mare, possono alimentare retro pensieri negativi. Sulle prime, nulla da dire riguardo la loro rinomata avvenenza, qualcosa da eccepire sul modo di mostrarla e il discorso non vale solo per le starlette che hanno varcato le mura cittadine. Sul mare, bisogna capire cosa intendiamo: quell’impareggiabile spettacolo offerto dai tramonti in tutte le stagioni o quell’agglomerato di casupole che ha depotenziato la rive droite del litorale?

A Latina ci sono persone colte, hanno tanta stoffa come le gonne corte, siamo un po’ scontati ma vorremo essere vari certa gente la conosco dalle elementari. Una città di locali e disco, sono un vero latinense se mi esibisco, parchi, piazze, giardini e tanti bar siamo ragazzi di strada e che ragazzi in via dei pub. Shortino fisso ai pub, alle nove al bar, con la 500 giro tutta la città, gli indiani sanno dove vai … no zi non t’accolla co ste rose dai. Stessa gente quà, nessuno va a studià, la domenica allo stadio per gridà: tutti insieme per una ragione, e se non salti sei di Frosinone…. Che poi non capisco tutte ‘ste faide vabbè. Giro nella mia città e c’è qualcosa che non va, per esempio guarda quello là che sembra l’amico del fratello di un cugino di un altro amico mio dopo anni rimangono tutti uguali, mio Dio. E mi domando come vivi, metti troppo rum e stai in fissa con i divi, giri con gli amici, e mentre tu gridi Latina in B io voglio Latina in bici. Veni, vidi, vici, da cibi a pigi, esci dalla palude ma prima esci dal tuo PC. Se non ti guardi in giro, non comprendi ti offendi, cantava bene Rino, spendi, spandi e Fendi. Ex trendy e fanno il boss come il Dandy. Tutti in posa per il clic, comici Mandi Mandi. Fumati sto Gandi, vedi poi ti riprendi, ho cambiato la provincia baby! Shortino fisso ai pub…. Tutti la criticano, ma mai nessuno mai, mai nessuno se ne va. Non c’è opportunità, è la realtà ma vivo qua è la mia città. Tutti si vogliono bene, bene e sempre piene le discoteche, di ragazze e di gente che ha più alcol che sangue nelle vene. Su Facebook mi dici di scriverti su ASK, ti domando una cosa li, mi rispondi su what’up, e invece chiedi a me se ho skype con la cam, ma aspetta ti faccio uno screen che va su Instagram. Ti vedo, m’interesso, ti commento, parto con il flirt, mi dai il tuo numero baby solo se hai Wind. Dai dimmi di si, potrei andare in trip, in testa ho mille film o altrimenti ritorno a fare… Shortino fisso ai pub….


FACCETTA

BIANCA Il mito della “pupilla del Duce” vacilla davanti all’assenza di attivismo politico e di recupero dell’identità storica Lontani i tempi della contrapposizione tra Fronte della Gioventù e l’estremismo punk. Restano isolati tentativi di “littorizzazione” in uno scadente contesto di fermento ideologico di SILVIA PETRIANNI


L

a Balena Bianca ha fagocitato tutto, la dottrina e le logiche urbanistiche delle origini ma anche le successive velleità di recupero di valori ormai dispersi, custoditi solo nel tentativo nostalgico di ripristinare l’antico nome di battaglia. Come se chiamarsi Littoria, improvvisamente, possa restituire un’anima nera ad una città sbiadita di contenuti ideologici, appiattita su una posizione di indifferenza verso la propria identità storica. In quarant’anni di medioevo democristiano e di sbiancamento socioculturale, della camicia nera è rimasta solo l’etichetta. Eppure “Latina è la città fascista.” È la definizione più semplice per chi viene da fuori, per chi è stato bambino, adolescente e ha raggiunto l’età adulta in qualsiasi altro luogo che non sia questo. Chi, invece, ha attraversato queste fasi della vita nel capoluogo pontino e non si lascia trasportare dal vento carezzevole e confortante delle categorizzazioni, degli stereotipi facili, la questione reale è il silenzio. La voce che i latinensi non riescono a sentire o che non ascoltano è la voce della storia. La storia di questa città, come quella di ogni luogo, è la voce delle persone, o meglio, come ha sostenuto qualcuno di coloro che ci ha aiutato a definire le eterne contraddizioni della città, “la voce della strada”. È stato inevitabile pensare al lavoro

di Antonio Pennacchi, ascoltando i pareri di quelli che hanno avuto qualcosa da raccontare su Latina. Perché, se il suo lavoro letterario, come quello di qualunque altro essere umano, può essere stato suscettibile di critiche, su un punto le sue parole di scrittore si incontrano con quelle dell›uomo comune: Fasciocomunismo. Dove, però, non si intenda un’identità storica e culturale schizofrenica ma una volontà di riappacificarsi con la storia politica, sociale e culturale.


Latina, Casa del Punk Sapevate che a Latina, alla fine degli anni Ottanta, è nato uno dei gruppi punk italiani più importanti? È così, e si chiamavano i Monkeys Factory. Il fatto è che se esiste un movimento, le guide di quel movimento non nascono in un posto qualunque ma dove c’è fermento, dove c’è sete e voglia di dire qualcosa, e spesso dove c’è disagio. Forse adesso è tutto scomparso, ma gli anni ‘80 e ‘90 per Latina sono stati un periodo di grande fermento. C’era il Teatro – che tradotto dal latinense è lo spazio dietro il Teatro d’Annunzio, aspetto alquanto simbolico, visto che stiamo cercando il fascismo e troviamo i punk dietro il teatro intitolato al poeta vate di questo movimento politico – un posto pieno di magia, visto che, per tutti gli anni ‘70, ‘80 e ‘90, qui si sono susseguiti gruppi di giovani appassionati a tutti i generi artistici, ma soprattutto musicali, che a Latina non ti aspetteresti mai di trovare: dal Prog, alla New Wave, al Punk appunto. E i punk di Latina erano spesso anarchici. Se ci si spostava di poche centinaia di metri, sotto il palazzo M, s’incappava in teste rasate, tifosi, ragazzi provenienti dall’ambiente tecnohardcore che abbracciavano il credo del Duce più che quello del fascismo. Il Monte dei Paschi di Siena, infine, era il ritrovo della destra sociale. Ora, se si pensa che tutti questi gruppi fossero sempre in contrapposizione tra loro, si cade in un grosso errore. Perché, se sul “campo di battaglia” questo poteva accadere, c’era qualcosa che li univa: il primo legame era la “strada”, che rende tutti uguali, il secondo, la musica. Perché anche se eri di destra “non potevi rinunciare ai Ramones”. Mentre se eri schierato dalla parte opposta, anche una band musicale di destra come gli Zetazeroalpha stuzzicavano il tuo orecchio. Solo a Borgo Santa Maria in quegli anni nacquero gruppi musicali punk, con nomi come Total disaster, Cop Killer, Latrina, Delirium o, appunto, Monkeys Factory.

22 | NUMERO ZERO | 02.2014

Una pagina dedicata al gruppo punk dei Monkey’s Factory

Se, per i punk del Teatro, con la “gente di strada” esistevano i presupposti e i momenti per superare le contrapposizioni, ciò non accadeva con le amministrazioni. Per questo, il movimento ha potuto realizzarsi veramente solo fuori dalla città. Mentre, infatti, insieme ai “colleghi” di Formia, Nettuno, Aprilia era possibile recuperare, occupare, gestire posti dove tirare su laboratori, concerti, creare momenti di discussione culturale e anche politica, in quel di Latina, nonostante le varie richieste fatte alle amministrazioni, non è mai stato

concesso uno spazio per la condivisione. Così, quello che è cresciuto, è cresciuto fuori di qui. Se parlate con alcuni di loro dei rapporti che avevano con la destra sociale dell’epoca, vi risponderanno che non erano poi così male – forse perché la giovinezza è sempre un concentrato di felici contraddizioni tra incontri e scontri – ma che al di fuori della destra organizzata, a Latina, più che quello del fascismo, il retaggio più forte è sempre stato il culto del Duce, lontano da ogni coscienza critica e storica.


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Un fotogramma di LVTTORIA, la serie web amatoriale prodotta e pubblicata su YouTube

Stai a Latina Provate a domandare alle generazioni più giovani di latinensi se sentono l’appartenenza a questa città, nella maggior parte dei casi vi risponderanno in maniera negativa; anche se si ostinano a restare qui, o, puntualmente, ad andarsene e ritornare. Chiedetegli se si sentono fascisti e spesso vi risponderanno di sì. Approfondite l’argomento dal punto di vista ideologico e non troverete molti elementi. Sarà che qui c’è tutto: mare, città, campagna e montagna. O, forse, è che Latina – 81 anni appena compiuti – è come un diciottenne inquieto ed è per questo, che, anche se l’immagine che dà di sé è rigida e integerrima come quella di un diciottenne che pensa di sapere tutto – sa già come sarà a

40, 50, 60 anni e non cambierà mai –, dentro ha una ricchezza di contrasti e turbolenze che si lanciano verso la definizione di un adulto. Ecco, se si potesse paragonare Latina a una fase della vita umana, sarebbe quella di un tardo-adolescente: inquieto, alla ricerca della propria strada ma che paventa ai suoi coetanei la sicurezza che non ha. LVTTORIA è una serie web amatoriale, prodotta e pubblicata su Youtube, da un gruppo di ragazzi di Latina, anch’essa discutibile, ma che riporta un pò questa visione moderna sulla città, sviluppandosi attraverso quattro episodi, Quello più convincente anche se, apparentemente, meno violento, è “L’odore del piombo”. Un ragazzo latinense trasferitosi a Roma beve un Cynar insieme a un amico seduto sugli scalini di un edificio

dell’Eur. Lo sguardo è malinconico, l’architettura razionalista del quartiere romano gli ricorda la sua città. Quando l’altro gli chiede perché si è trasferito, vista la nostalgia, parte la dichiarazione di Schiavone sui rifiuti tossici sotterrati in zona. Il ragazzo omette inspiegabilmente (?) questo pensiero e risponde superficialmente “pe’ avecce qualche speranza de scopà”. Violenza ingiustificata, vite giovanili divorate dalle logiche invadenti dei social network descrivono tipologie di cittadini che tentano continuamente di evadere il reale, contrapponendosi attraverso atteggiamenti apparentemente opposti ma accomunati dai valori del consumismo e della violenza come mezzo estremo per affermare se stessi all›interno di un oblio della coscienza.

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Ciao “Mi chiamo Littoria” Nel 1994, il Fronte della Gioventù organizzò un sondaggio all’interno di alcuni istituti superiori per sapere cosa pensassero i ragazzi della questione legata al nome della città: un tempo Littoria, dal 1946 Latina. Per molti è un vago ricordo. Puntualmente qualcuno riprende in mano la questione, ma tutte le volte sembra perdersi nell’aria. Poi arriva Euro Rossi, un ex-ufficiale dell’aeronautica, nato a La Spezia e trasferitosi per lavoro a Latina nell’83, a preoccuparsi della memoria storico-culturale di questo posto. Rossi ha fondato il comitato “Mi chiamo Littoria” e ha inviato una lettera direttamente al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, –

Un ex ufficiale dell’aeronautica scrisse a Napolitano per il recupero del nome originario del capoluogo

siamo nel 2011 – per informarlo di un progetto ben preciso, e motivato dal risentimento per quella che ritiene l’ingiustizia storica che il capoluogo ha subito quando gli è stato imposto di eliminare il nome fascista, simbolo di una memoria da cancellare al più presto. Il comitato dichiara di essere apartitico e apolitico. La battaglia per il nome, a detta del presidente del comitato, non ha una valenza né politica, né nostalgica ma è guidata da un solo obiettivo: riappropriarsi dell’identità. Per questo, la lettera spedita al Presidente della Repubblica ha rappre-

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sentato più l’annuncio di un progetto di “riedificazione” storico-culturale. La realizzazione di una serie di iniziative culturali, dovrebbe culminare in un referendum cittadino per decidere se ritornare al nome Littoria o meno. Più che una questione di principio, quest’ultimo rappresenta per Euro Rossi l’apice di un processo, ancora una volta, di presa di coscienza. È una vicenda strana vista l’etichetta che è stata affibbiata alla città.

A sinistra un’immagine del centro di Littoria il 18 Dicembre 1932, giorno dell’inaugurazione della città. In basso la sede di Casa Pound a Latina

Casa Pound, lo sguardo dei Fascisti del Terzo Millennio “Latina è una città democristiana” e con quest’affermazione, Marco di Casapound, non vuole certo farle un complimento. Di fascista secondo coloro che si definiscono i Fascisti del terzo Millennio, non è rimasto assolutamente nulla; anzi, tutto è stato svuotato di quel significato politico e culturale. “Fascismo è uno stile di vita, è pensiero e azione. Non basta il saluto romano per definirsi tale e non basta nemmeno votare a destra.” “Non è una città né di sinistra, né di destra – prosegue Marco – ma ha completamente preso le distanze dalla politica e dall’azione sociale.” E, se anche si può dire che è un atteggiamento generale del popolo italiano in questo preciso periodo storico, la città, proprio perché giovanissima, accentua e ostenta questo carattere. Latina, uscendo dall’edificio di Casapound dopo la chiacchierata con Marco, si definisce ancora meglio nella nostra mente come simbolo delle “migliori” contraddizioni e contrapposizioni che interessano solo il Belpaese. L’unico posto in Europa dove partiti che giustamente si combattono durante la campagna elettorale, non riescono a trovare il buon senso per collaborare su questioni che li vede d’accordo e che dovrebbero riguardare il sociale innanzitutto, a prescindere dai prìncipi ideologici, che oggi, d’altronde, sembrano essere solo una maschera per coprire i propri interessi. Con le parole della gente di Casapound, dei punk di vecchia data, nessuno ce ne voglia se li mettiamo insieme nello stesso periodo sintattico, affermeremo che Latina è stata fondata dai fascisti e cresciuta dalla Democrazia Cristiana, e con essa si sono persi non solo – per chi ci tiene – la natura fascista, ma le esperienze, la storia che hanno attraversato questa città dal ‘32 fino a oggi.

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I simboli fascisti di latina

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Palazzo M Corso della Repubblica E’ unanimemente considerato l’edificio più rappresentativo dell’epoca fascista a Latina. Il suo nome infatti è un chiaro omaggio all’iniziale di Mussolini. Ultimato nel 1942, Palazzo M, rivestito in travertino, era parte integrante del Foro Mussolini, insieme alla ex Caserma G.I.L. Inizialmente possedeva anche una torre centrale raffigurante l’immagine di un’aquila, ma quest’ultima fu bombardata e distrutta nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Attualmente ospita la Guardia di Finanza, ma in passato è stato sede di istituti scolastici, in particolar modo il Liceo Classico Dante Alighieri.

Edificio dell’ONC Piazza del Quadrato 22 L’Opera Nazionale Combattenti è l’ente assistenziale al quale vanno ascritti i principali meriti delle opere della bonifica e della fondazione di Latina. L’edificio che lo rappresenta fa ancora oggi bella mostra in Piazza del Quadrato. Esso è adornato da sculture raffiguranti allegorie della fecondità e della guerra e oggi ospita il Museo della Terra Pontina, predisposto alla rievocazione dei tempi della bonifica e dalla evoluzione agricola della prima metà del Novecento. L’edificio è composto di cinque sale, suddivise nelle sezioni malaria, pre-bonifica, bonifica idraulica, appoderamento e trasformazione agraria e conserva nel suo giardino macchine agricole e strumenti dell’epoca.

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Palazzo delle Poste Piazzale dei Bonificatori Il Palazzo delle Poste fu progettato dall’architetto Angiolo Mazzoni del Grande nel 1932, ma subì negli anni una serie di modifiche, alcune delle quali ordinate dallo stesso Mazzoni alcuni anni dopo, quando egli stesso aderì alla corrente artistica del Futurismo. Già nel 1934 fu ampliato e rimaneggiato dallo stesso Mazzoni. Gli stravolgimenti veri e propri ci furono tra il 1960 e il 1963, tra cui un ulteriore ampliamento in previsione dell’espansione demografica della città, che alterarono anche il progetto iniziale con la demolizione di parte della struttura originaria, tra cui l’imponente scalinata, e la realizzazione di un edificio in calcestruzzo armato.

Opera Balilla Piazza San Marco Situato a pochi passi dalla Cattedrale, l’Opera Balilla è stata progettata dall’Architetto Oriolo Frezzotti e realizzata negli anni Trenta. Ha una forma circolare ed è composta da due piani. Il prospetto principale presenta una parte centrale di architravi, nella quale si stagliano l’ingresso e una vetrata superiore. Ai lati le pareti sono scandite da due ordini di finestre rettangolari. L’edificio originariamente era una palestra, che doveva servire per la formazione della gioventù del littorio, per cui all’interno è presente anche un ballatoio. Attualmente è di proprietà del Comune che, oltre ad alcuni uffici, vi ha accolto il Museo Cambellotti, inaugurato nel 2005, che raccoglie tutte le opere pittoriche e scultori che dell’artista dell’Agro Pontino.

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Palazzo del Municipio Piazza del Popolo Sede del Comune di Latina, il Palazzo del Municipio presenta una facciata caratterizzata da un lungo portico, sopra il quale svetta la Torre Civica di 32 metri d’altezza, con l’orologio e la campana. E’ anche il Palazzo dal cui balcone, Mussolini pronunciò il famoso discorso il giorno dell’inaugurazione della città il 18 dicembre 1932, con la piazza sottostante, all’epoca denominata Piazza del Littorio, gremita di gente, quasi tutti coloni provenienti da ogni parte d’Italia.

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grande

bellezza Eugenetica, clima favorevole, ricercatezza estetica Su cosa si basa il mito della donna pontina, portato alla ribalta da Manuela Arcuri e altre star dello spettacolo di CHIARA BOVOLENTA

Bellezza DOP, denominazione di origine pontina. Il marchio di fabbrica delle ragazze latinensi è ormai riconosciuto e apprezzato in tutta la penisola, da qualche fortunato anche abbondantemente degustato. Basta digitare su Google qualche keywords a riguardo per rilevare quanto questa tematica sia diffusa a livello nazionale, e quanto se ne parli all’interno di forum, blog, ovviamente anche sotto forma di battuta e con un po’ di ironia, che non guasta, anzi contribuisce a catalizzare l’attenzione sul fenomeno. In sintesi, meglio farsi riconoscere anche per qualcosa di bello. Visto dal di dentro, ovvero all’interno delle mura cittadine, questo attestato di riconoscimento non può che costituire un vanto, quasi un merito di provenienza genetica. Basta fare una passeggiata per le vie del centro per verificare la veridicità di questo principio. In effetti, guardandosi intorno tra le tante ragazze che popolano le strade della città, una gran parte è di bell’aspetto. Ma cos’è che contraddistingue Latina dalle altre città? Discorsi generalisti quali “il mito della magrezza”,

“l’attività fisica”, “l’attenzione a volte ossessiva per la moda”, da soli non reggono, non possono essere ricondotti esclusivamente al capoluogo pontino. Sicuramente giocano tutti e tre un ruolo a dir poco decisivo per il risultato finale, ma possiamo identificarli più come mezzi che consentono di arrivare al risultato, che vere e proprie cause. Ma quali sono? In prima istanza, c’è da considerare l’aspetto etno-antropologico. La città è nata poco più di ottant’anni fa, priva di popolazione autoctona. Questa si è successivamente formata in seguito alla forte emigrazione avvenuta dal Nord Italia per quanto concerne gli anni della bonifica, messa a reazione (per dirla in termini chimico-scientifici) con percentuali più esigue delle emigrazioni di altre etnie che si sono stabilizzate nell’agro pontino negli anni a venire. Pertanto, possiamo dichiarare che, sposan-


do la teoria del melting-pot di etnie, i tratti mediterranei caratteristici delle regioni più meridionali hanno incontrato i tratti più nordici, evidentemente migliorandosi a vicenda e selezionando solo i “geni migliori”. Da non trascurare c’è poi l’aspetto geografico-ambientale: clima mite, alimentazione tendenzialmente sana ed esemplare. Non essendo una metropoli, Latina gode di una salute migliore, vantaggio che si trasla anche sugli abitanti essendo, quest’ultimi, di conseguenza esposti a meno agenti patogeni (basti pensare al tasso di smog, inquinamento atmosferico, stile di vita meno frenetico). Anche la vicinanza della città al mare veicola tutti i suoi benefici ai cittadini. Mentre per la maggior parte delle persone il mare rappresenta una parentesi estiva, un luogo di vacanza, per i cittadini (ed in questo caso soprattutto cittadine) della città rappresenta un’opportunità dodici mesi l’anno. Passeggiate autunnali, escursioni fotografiche, fitness, un caffè pomeridiano; tanti sono i pretesti per una visita al mare al di là della “modalità


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lucertola”. Per cui, i rinomati benefici dell’aria di mare, per i latinensi sono fruibili 365 giorni l’anno. Un bel vantaggio, no? E poi, aiutati che Dio ti aiuta. Latina pullula di parrucchieri, estetiste, centri di dimagrimento, negozi d’abbigliamento funzionali all’esaltazione della materia prima. Reali o no, fittizie o meno, le ricchezze le vediamo indossate spesso e volentieri, e si sa, la classe non è acqua, ma un portafoglio più dinamico ti aiuta molto ad indirizzare i tuoi acquisti ed il tuo stile. Se non altro, targettizza l’orizzonte di attesa verso nuovi mondi. Ad esempio, le pubblicità delle riviste di moda: se per gran parte delle ragazze italiane possono essere più o meno sconosciute, sfogliando servizi fotografici di brand pressoché anonimi, stiamo pur certi che qui a Latina, il gentil sesso sa tutto. E niente sfugge. E’, come si dice in gergo giornalistico, sempre sul pezzo. Latina è senza dubbio una città molto sensibile al concetto di estetica, di apparenza; evitando una dissertazione circa l’ef-

fettivo valore di questo fenomeno, è comunque un dato di fatto, di cui non si può non prendere atto. E in una società globalizzata come quella in cui viviamo, si fa presto ad affinare lo stile, riuscendo poi a seguire la moda che ci propongono i media. Certo che possibilità economiche diverse consentono un investimento più o meno importante. Ma le “linee guida” sono alla portata di tutti, e sta poi al gusto personale la capacità di saper sfruttare al meglio le risorse a disposizione. Obiettivamente, girando per i locali latinensi, per le scuole, per i punti di ritrovo in generale, non si rileva mai questa grande differenza di reddito. Magari un sopralluogo nei guardaroba femminili evidenzierebbe diverse fasce economiche (ad esempio in fatto di quantità) ma un’istantanea scattata in una serata tipo non permette questo. Perché poi non servono programmi alla Enzo & Carla per essere in grado di presentarsi al meglio o comunque essere in grado di valorizzarsi. Nel momento in cui una ragazza si tiene in forma

Il canone della bellezza femminile Qualsiasi epoca storica prendiamo in considerazione, per prima cosa dobbiamo tenere ben presente il modello di riferimento che la società in questione riconosce come proprio. Nel caso della bellezza femminile, tanti sono i parametri che si sono susseguiti, dall’antichità ad oggi, che hanno costruito e delineato l’ideale estetico. Frutto di costruzioni socioculturali, è un concetto assolutamente dinamico, costantemente in fieri, in linea diretta con il mutare dei tempi; attraverso le fonti artistiche, letterarie, storiche e architettoniche sono giunti a noi i diversi modelli che si sono fatti espressione del gusto estetico e del diverso modo in cui il ruolo della donna era inserito nella società. Pensiamo alle veneri paleolitiche, abbondanti e molto realistiche; le eteree donne dei ritratti medievali, caste e austere; le matrone romane, opulenti e sfrontate; le donne barocche, procaci e sensuali. Al contrario di quanto accadeva nel passato, oggi magrezza, tonicità, tratti mascolini, incarnato abbronzato, rappresentano l’aspirazione della maggior parte delle donne. Se prima una pelle abbronzata era sinonimo di lavori umili, oggi i solarium vanno a gonfie vele.

a livello fisico e di linea, presta particolare cura ai capelli (lunga chioma fluente e shatush, nella maggior parte dei casi), si trucca, sfoggia un bel tacco 12 (possibilmente senza camminata stile “ops rompo le uova”), basta poi un jeans o un leggings, abbinati ad una georgette, una blusa, una t-shirt, e l’outfit è risolto, risultato assicurato.

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formosefamose

Le luci della ribalta per la donna latinense si sono irrimediabilmente accese con il progressivo affermarsi di attrici e starlette in ambito nazionale. Una lunga schiera di ragazze dalla prestanza fisica talmente imponente da concedere qualcosa al grado di preparazione professionale, hanno iniziato da diversi anni a presenziare programmi e sceneggiati televisivi e a riempire rotocalchi specializzati nel gossip e nella esposizione del

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bendidio femminile. Nell’apprezzamento collettivo italiano si sono affermate per la loro bellezza più che per la loro bravura ma questo non ha mai rappresentato un problema. Al contrario, ha contribuito all’esaltazione e all’estremizzazione dell’avvenenza della ragazza latinense. Che è bella, punto. Rispettando l’ordine cronologico, la prima bellezza pontina ad aver valicato le soglie del famigerato mondo


dello spettacolo è Francesca Dellera. Nata a Latina il 2 ottobre 1965, vero nome Francesca Cervellera, si trasferisce a Roma dopo la maturità classica, dove inizia a lavorare come modella e fotomodella. Appare in diverse copertine di riviste nazionali e non. Il lancio della sua carriera avviene poi nel 1987, quando Tinto Brass la seleziona per il film Capriccio; dopodiché la Dellera prenderà parte a varie serie tv, film, ed il successo supera anche i confini nazionali. Nel 1989 vince il Telegatto per lo sceneggiato La Romana. La sua era una bellezza d’altri tempi, fuori dai canoni che già venti anni fa imperversavano nel mondo dello spettacolo. Poi c’è lei, probabilmente l’icona più mitizzata, Manuela Arcuri. Nata ad Anagni l’8 gennaio 1977, ha raggiunto la prima popolarità, diciamo cittadina, già a 16 anni, per poi spiccare il

I volti noti di Latina e la scalata del fascino pontino nel cinema e in televisione

volo verso calendari, gossip e fiction. Mossi i primi passi sin da adolescente con i fotoromanzi, è con la partecipazione al film I Laureati di Leonardo Pieraccioni del 1997 che inizia a farsi conoscere dal grande pubblico. La Arcuri incarna sicuramente la bellezza mediterranea, genuina, prorompente, poco convenzionale rispetto alla carrellata di taglie 40 a cui siamo abituati. Sicuramente un personaggio. Ma l’invasione latinense dell’universo delle soubrette (termine nel quale confluiscono le esperienze lavorative quali servizi fotografici, comparsate, ospitate, fiction, tv, cinema) è solo all’inizio.

Elena Santarelli è nata a Latina il 18 agosto 1981, cresciuta a Sermoneta. Inizia la carriera come modella, sfilando per molti stilisti di alta moda; nel 2004 ottiene l’ingaggio come valletta a L’eredità di Amadeus e raggiunge una discreta fama. Sarà poi la partecipazione al reality L’Isola dei Famosi che le conferirà il successo di pubblico vero e proprio, eliminata solo in semifinale. A seguire, calendario Max, conduzioni varie, sit-com. Bellezza algida e sofisticata.

Deborah Salvalaggio è nata nel capoluogo pontino il 9 giugno 1985. Il suo esordio risale al 2003, quando partecipa a Miss Italia come Miss Eleganza Lazio, arrivando seconda classificata. Ingaggiata poi come valletta da Carlo Conti e Aldo Biscardi, diventa anch’essa una naufraga dell’isola, nell’autunno del 2008. Calendario Max e una serie di co-conduzioni in programmi sportivi, musicali, giochi, le consentono di mantenersi in auge. Anche per Ilaria Spada (Latina, 27

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febbraio 1981) è la partecipazione a Miss Italia 1998 a determinarne il lancio. Nel 2000 è nel cast del film Via del corso, l’anno successivo è inviata per Telethon; nel 2002 è tra le otto finaliste della selezione per le Veline di Striscia, mentre l’anno successivo è la prima ballerina di Ciao Darwin. A seguire anche per nel suo caso coconduzioni varie, fiction, serie tv. Chiudono la passarella di star latinensi, le sorelle Sara e Manuela Zanier, nate rispettivamente il 27 luglio 1983 ed il 28 gennaio 1976. Sara muove i primi passi come modella e fotomodella. Approda in TV nel 2005 in veste di ballerina nel programma Azzardo e poi come letterina di Passaparola. Dopodiché vira le sue

scelte professionali sulla recitazione, prendendo parte a vari sceneggiati. Tra i più importanti ricordiamo Incantesimo 10 e Centovetrine. Anche Manuela studia sin da bambina danza e recitazione, inizia a studiare canto in seguito. Inizia come vocalist, poi nel 2003 partecipa al Festival di Sanremo tra le nuove proposte e sempre nello stesso anno interpreta a teatro Tosca nello spettacolo di Lucio Dalla. Diverse esperienze tra teatro e musica; nel 2010 è nella squadra over 25 di Elio della quarta edizione di X Factor. Tranne che nel caso della Dellera, che afferma di essere nata a Roma, tutte sono molte legate alla città di origine, e spesso dichiarano di farne ritorno appena possibile.

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Più di sessanta rotatorie e molte altre in cantiere Latina in preda alla sindrome circolare Ma l’estetica e l’arredo urbano sembrano prevalere sulle esigenze di automobilisti e pedoni

CERCHI nel

PIANO A

di ALESSIA FRATINI

llora era questo che i profeti urbanistici del secolo scorso intendevano per città del futuro? Una lunga sequela di rotonde disseminate sull’asfalto delle sue pianeggianti strade? La modernizzazione viaria di Latina è questa, insomma, un infinito girotondo, un’allegoria galileiana sul moto perpetuo dell’uomo e della sua

appendice motorizzata su questa terra sferica. Oppure c’è dell’altro che ci sfugge e al quale noi comuni mortali non arriviamo? Magari tutti questi cerchi spiaccicati sul piano formano un messaggio per qualche popolo alieno? Prepariamoci, non si sa mai, forse sono già tra noi, magari sono proprio quelli che hanno progettato a Latina alcune delle rotonde più enigmatiche del pianeta.


Vantaggi e svantaggi La rotonda stradale sembra scelta come rimedio miracoloso al problema del traffico. Di sicuro contribuisce a un miglioramento della sicurezza stradale (rispetto al normale incrocio a raso) e fluidifica il traffico, però non è l’uovo di Colombo dei problemi di mobilità urbana. Il traffico, soprattutto in contesti urbani, va ridotto con politiche che favoriscano l’uso di mezzi alternativi all’auto, non è sufficiente costruire rotatorie viarie per renderlo più scorrevole. Ancor meno servono le fontane in travertino e i vecchi ulivi che arredano le isole centrali, se poi le strade intorno sono in cattivo stato. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se molti nutrono dubbi sull’utilità di tali opere. Il confronto fra un incrocio con semaforo e una rotonda presenta indubbi vantaggi, primo tra tutti la diminuzione del numero d’incidenti e della gravità delle conseguenze. Si evitano i devastanti scontri tipici degli incroci a raso e si minimizzano i punti di conflitto tra veicoli, ottenendo così una minore incidentalità.

La rotatoria, inoltre, induce il guidatore a rallentare per non perdere il controllo del mezzo in curva, così la ridotta velocità e l’angolo di potenziale impatto fra veicoli riducono la probabilità di collisioni. Con la rotonda si ottiene una moderazione del traffico che è più fluido (non ridotto!) ma capita spesso che i prepotenti alla guida approfittino dell’assenza del semaforo prendendosi la precedenza quando non ne avrebbero diritto e tagliando la strada a chi è più prudente. Con l’introduzione delle rotonde, in genere, si verifica anche una riduzione dei livelli di inquinamento acustico e atmosferico. Con l’uso diffuso delle rotatorie si è cercato, quindi, di rendere più fluido il traffico, invece di tentare di ridurlo e promuovere mezzi alternativi di mobilità urbana, senza considerare che si tratta di una città dall’alto tasso di motorizzazione (72 auto ogni 100 abitanti) e con il triste primato per mortalità: 3,5 vittime della strada ogni 100 incidenti. Si potevano creare zone a traffico limitato e aree pedonali, migliorare il trasporto pubblico, istituire corsie preferenziali e realizzare piste ciclabili (o quantomeno apportare

La rotonda di via Carissimi


dei semplici accorgimenti, per incoraggiare l’uso della bici), invece hanno istituito i parcheggi a pagamento al centro e disseminato la città di rotonde. Latina si sviluppa in pianura e gode prevalentemente di bel tempo, nonostante ciò la bicicletta è poco utilizzata e i mezzi pubblici sono carenti sotto molti punti di vista. La massiccia introduzione di rotatorie rende, di fatto, la città meno favorevole a chi non viaggia motorizzato. Le rotonde hanno il pregio di migliorare la fluidità e la sicurezza del traffico auto veicolare, ma sono spesso pericolose per le categorie deboli della strada (bici, pedoni e ancor più per disabili, mamme con carrozzine e animali). Quando si realizza una rotonda, gli attraversamenti pedonali vengono spostati lontano dalle intersezioni, costringendo i pedoni a lunghe deviazioni, e si eliminano i “tempi morti”, che negli incroci regolati da semaforo consentono, invece, un facile attraversamento agli utenti più deboli. L’inciviltà di gran parte degli automobilisti, che troppo spesso non si fermano per far passare i pedoni, e le strisce pedonali invisibili aggravano poi la situazione. Inoltre, le rotonde impediscono di dare precedenza ai mezzi di trasporto pubblico o di soccorso, poiché non si possono realizzare corsie preferenziali. Per questi motivi ne è sconsi-

La rotatoria di Borgo Piave vista dall’alto

gliata la collocazione nelle vicinanze di scuole, uffici pubblici, ospedali e zone commerciali. Quindi le rotatorie sono pericolose in città? Non sempre, ma se sono mal progettate creano problemi agli automobilisti e sono una vera e propria trappola per ciclisti, pedoni e anche motociclisti. Addirittura, in alcuni casi, le rotatorie non dovrebbero essere proprio realizzate. Per esempio, quando manca spazio (l’inserimen-

La rotonda di Borgo Isonzo che si incrocia con la S.S. Pontina 148

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to in ambito urbano già edificato è difficile, vedi incrocio via del Lido/ via dell’Agora) o quando si riscontrano irregolarità plano-altimetriche. La pendenza della rotatoria, difatti, deve essere verso l’esterno per far defluire l’acqua piovana, proprio per evitare allagamenti simili a quelli che si verificano puntualmente, in occasione di un po’ di pioggia, alle rotonde intorno al centro commerciale Latina Fiori. Nella progettazione di una rotatoria si devono tenere in considerazione alcuni importanti elementi geometrici: il centro della rotonda deve coincidere col punto d’incrocio delle strade (per evitare traiettorie dirette, che permettono di viaggiare a una velocità maggiore); è preferibile la forma circolare (quelle ovali provocano un aumento dell’incidentalità e un deflusso irregolare del traffico); e, in generale, le sue dimensioni devono garantire un agevole transito dei veicoli pesanti. Basta fare un giro per Latina e scoprire le forme più varie. Un fattore da tenere in grande considerazione nella progettazione è la visibilità in prossimità delle rotonde. La visuale deve essere libera e priva di distrazioni, perché qui il conducente deve prestare la massima attenzione all’attraversamento. È sconsigliata, quindi, l’installazio-



Giro girotondo La rotonda più grande: Via Strasburgo – Via Le Corbusier (diametro 70 m) La rotonda più piccola: Via Isonzo – Via San Marino (diametro 6 m) La rotonda con più strade: Via Piave (6 intersezioni) La strada con più rotonde: Via del Lido (6 rotatorie) La rotonda più inclinata: Viale Nervi – Via Bruxelles (monumento all’Aviatore) La rotonda più ellissoide: Via del Lido – Via dell’Agora (lunghezza 35 m, larghezza 17 m) La rotonda più costosa: Viale Paganini – Viale Le Corbusier (400 mila euro compresi lavori di riqualificazione) La rotonda del futuro: Viale Le Corbusier - SS 148 (costo 1,6 milioni di euro) La rotatoria di Borgo Isonzo

ne di fontane dinamiche, con giochi d’acqua in movimento, così come impianti luci che possono riflettersi sul manto stradale e provocare abbagliamento. E invece nel capoluogo pontino (politici di ogni livello: Di Giorgi, Cusani e Zingaretti) inaugurano rotonde, abbellite da fontane monumentali e statue, con l’intenzione di abbellire l’ambiente urbano. Ricordiamo a proposito il progetto voluto

Le opere d’arte collocate nelle rotatorie possono distrarre agli automobilisti in transito

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da Zaccheo, Le Rotonde D’Arte, per creare degli spazi-mostra a disposizione degli artisti. L’arte sulla strada è una bella idea ma, per decorare la città, le sculture dovrebbero essere collocate dove è possibile ammirarle con calma, in piazze o giardini… non avrebbero forse bisogno di più considerazione gli spazi pubblici e le aree verde in città? Le isole al centro delle rotonde fanno parte dell’arredo urbano e devono essere belle, ma non sono il luogo adatto all’arte e neanche alle fontane monumentali, che costituiscono un pericolo in caso d’incidente. Qui a Latina ci sono diverse rotatorie dotate di fontane, la maggior parte si trova su via del Lido, ma di sicuro la più tristemente famosa è quella tra i quartieri Nuova Latina e Nascosa. L’enorme rotonda di viale Paganini, realizzata in occasione dei campionati mondiali di arco, è stata ristrutturata dopo poco per problemi di staticità. Attualmente l’unica fontana in funzione è l’ultima inaugurata, alla rotonda tra via del Lido e via Nascosa. Spesso gli arredi delle rotatorie sono sponso-

rizzati da aziende del territorio, una pubblicità – sia per l’azienda sia per il politico di turno all’inaugurazione - che dovrebbe far risparmiare qualche soldo alle casse comunali. Oltre ai costi di realizzazione bisogna, infatti, considerare anche le spese per la manutenzione. Per questo motivo nei manuali di progettazione è consigliato l’uso di piante basse, siepi e cespugli con fioritura dai colori differenti, tipiche della zona che, per caratteristiche di rusticità, riducono costi di gestione e manodopera, con evidenti risparmi idrici. Forse i cittadini preferirebbero che i fondi fossero dirottati verso infrastrutture più importanti (rifacimento della segnaletica stradale sbiadita, realizzazione di marciapiedi o la messa in sicurezza delle strade piene di buche). A dicembre è stata aggiudicata la gara per la manutenzione straordinaria delle vie comunali che prevede interventi su strade, marciapiedi, illuminazione, tombini e molto altro. Un appalto da 145mila euro, più o meno l’importo che di solito è necessario alla costruzione di una sola rotonda.


Rotonde di ogni tipo A Latina ci sono più di 60 rotonde, cresciute in maniera esponenziale con il nuovo millennio, e il loro numero è destinato ad aumentare quando saranno completate quelle in costruzione. Le dimensioni variano da pochi metri, come quella dell’incrocio tra via Isonzo e via San Marino o al trivio formato da via San Marino, via Campania e via De Chirico (6 metri), ai 70 metri di diametro, come le grandi rotatorie di viale Le Corbusier, viale Nervi e viale Paganini. Addirittura con le forme ci si sbizzarrisce: cerchi perfetti, ellissi, ovali e forme oblunghe, a volte collocate in diagonale sugli incroci. Anche l’arredo dell’isola centrale è vario: a volte di cemento o solo terreno incolto, altre volte ci sono gran bei giardini sponsorizzati oppure fontane monumentali (che molto spesso non funzionano). La rotonda su cui confluiscono più strade, ben 6, è quella di Borgo Piave, che è anche la più antica e la più significativa, quella del benvenuto per quanti approdano in città dalla capitale. La strada che accoglie più rotatorie a Latina è, al momento, Via del Lido (6 rotonde per 6 chilometri di strada) che sarà presto raggiunta da Viale Le Corbusier, appena sarà terminata la nuova rotonda in costruzione sulla SS148.

La rotonda di Borgo Piave dove confluiscono ben sei strade

Monumenti, fontane e giardini nell’isola centrale Tra molte rotonde anonime alcune spiccano per come sono arredate. Un vecchio ulivo con siepi e fiori sempre curatissimi fanno bella foggia di sé al centro della rotonda posta al trivio formato da via Quarto, via Polusca e via Tucci. Una cura maniacale è riservata a questo piccolo giardino,

La rotatoria di via del Lido che passa sotto la S.S. Pontina 148

bello e inaccessibile, più di quella destinata alle aree verdi, e vivibili, della città. Nel corso degli anni via del Lido è stata dotata di rotatorie agli incroci più importanti, l’ultima inaugurata è stata la rotonda all’incrocio con strada Nascosa, ancora giochi d’acqua e travertino. Una fontana monumentale dalla curiosa forma (costata circa 180mila euro), arricchisce questa rotatoria, così come quella posta all’incrocio con la strada Litoranea. Quest’ultima, raramente in funzione, ha già creato problemi dovuti alla fuoriuscita d’acqua che ha invaso la sede stradale. È costata 100mila euro ed è stata realizzata addirittura senza gara d’appalto, suddividendo i lavori in appalti da non più di 40mila euro, con trattativa privata dell’amministrazione Zaccheo. Via del Lido è una strada particolare, con la pista ciclabile ma senza marciapiede, e la segnaletica orizzontale è sbiadita e confusa, le numerose linee sull’asfalto sono i segni visibili di più rifacimenti. Forse sarebbe meglio destinare le risorse a interventi necessari e di pubblica utilità, invece che a sontuosi arredi o pompose inaugurazioni, per produrre “belle cartoline” della città. Emblematico il caso della rotonda

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tra i quartieri Nuova Latina e Nascosa, incrocio viale Paganini e viale Le Corbusier. L’imponente rotonda, con spettacolari giochi d’acqua e 24 pennoni per bandiera, è stata realizzata nel 2009, in occasione del Campionato del Mondo di Tiro con l’Arco 3D. Poco dopo l’evento sportivo, sono emersi problemi strutturali per un evidente pericolo di staticità che ha reso necessari ulteriori interventi, costo complessivo della riqualificazione dell’area, circa 400mila euro. Ora la fontana è senza acqua e questa grande struttura di cemento e metallo (ormai senza bandiere) rimane a far “bella mostra” di sé nel bel mezzo del Parco Oasi Verde.

Le rotonde peggiori: ellisse in diagonale Forse il progettista voleva fare qualcosa di diverso, forse non c’erano abbastanza soldi per acquistare il terreno, o chissà cos’altro ha impedito di costruire una rotonda decente, al posto delle due dalla forma ellittica e collocate diagonalmente su via del Lido e via Isonzo. All’incrocio tra via del Lido e via dell’Agora c’è la rotatoria con il monumento di Roberto Fabiani, Un fiore di luci per la città. La struttura, alta quasi 10 metri, è realizzata in acciaio e plexiglass e dovrebbe rappresentare «un grosso fiore che sboccia per indicare una città giovane, attiva e in movimento, come il bocciolo di un fiore». È stata inaugurata nel 2003 dal sindaco Zaccheo, nell’ambito del progetto Le Rotonde D’Arte, per «abbellire la città e creare degli spazimostra a disposizione degli artisti» (sulle rotonde!). Purtroppo non è il monumento (che comunque sollevò diverse critiche all’epoca) l’elemento che caratterizza la rotonda, è la sua strana forma: l’isola è un’ellisse lunga 35 metri e larga 17, decentrata e posta diagonalmente rispetto le carreggiate delle strade. Così ci si trova a fare delle curve molte strette con grande difficoltà soprattutto per chi guida grandi mezzi (autobus, camion e, soprattutto, autoarticolati). Anche

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L’incrocio tra via del Lido e via dell’Agora

la pista ciclabile ha problemi in questa rotonda. Andando verso il centro della città si è obbligati ad attraversare via del Lido un centinaio di metri prima della rotonda e percorrere il lato sinistro per attraversarla. Passata la rotatoria, occorre riattraversare la strada per tornare sul lato destro della carreggiata, dove prosegue la ciclabile. Un’altra rotatoria che presenta criticità in analogia con quella in via del Lido è la rotatoria all’incrocio tra via Isonzo e via Faggiana, sotto il ponte della SS 148. Rete metallica con orribile siepe finta a cingere l’isola centrale, insieme a un povero albero di natale ancora addobbato. Qui non c’è alcuna pretesa estetica, ma ancora una volta la rotatoria ha una forma ellittica (lunga 45 metri e larga 25), seppur meno marcata della precedente, ed è collocata diagonalmente. Vi si riscontrano, quindi, gli stessi problemi della rotonda di via del Lido, con l’aggravante che qui i mezzi pesanti o lunghi transitano di frequente. Chissà perché non è stata costruita come l’omologa di via del Lido, collocata sempre sotto il ponte su cui scorre la SS148

Due angolazioni della rotatoria di via dell’Agora



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Originali o strane Probabilmente la rotonda più originale - di sicuro quella che crea più interrogativi a chi visita la nostra città – è la rotonda di Largo dell’Aviatore, tra viale Nervi e viale Bruxelles, quella con l’aereo. Sebbene valore artistico e bellezza di tale opera siano discutibili, il fatto veramente strano è che siano state destinate tante risorse per il monumento di una rotonda che finisce sott’acqua appena piove un pò. Forse il geniale ideatore dell’opera avrebbe fatto meglio a scegliere un idrovolante! Un’altra rotonda si pregia di un particolare arredo: una statua scolpita da un unico grosso blocco di pietra che raffigura il volto di una donna. L’enorme volto, che adorna la rotatoria all’incrocio tra SS148, Migliara 43 e strada Segheria, sembra addormentato, forse un avvertimento per gli automobilisti?

La variopinta rotatoria in viale Paganini

La rotonda di Largo dell’Aviatore che si trova tra viale Nervi e viale Bruxelles

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Forme atipiche “Premio stramberia” va a due rotonde dei quartieri Nuova Latina e Nascosa. Prima, la rotonda all’incrocio tra via Carissimi, via Jommelli e via Cimarosa che di tondo ha solo il nome! Funziona come una normale rotatoria ma ha una forma speciale: è un rettangolo lungo 40 metri e largo 10. Questa particolare “progettazione”, che prevede anche uscite con curve di 90°, crea problemi di visibilità ad alcuni degli accessi (visuale impedita da siepi e recinzioni) ed è aggravata dall’ambigua segnaletica stradale (quella orizzontale contrasta con quella verticale). Anche le cattive abitudini degli automobilisti contribuiscono, però, a rendere pericolosa questa rotonda. Troppo spesso tagliano contromano, per evitare di percorrere tutta la rotatoria, oppure si fermano nel mezzo della strada per buttare i rifiuti ai cassonetti che – in-

Cassonnetti dei rifiuti posti ai lati del circolo e precedenze che funzionano in modo diverso

credibilmente - si trovano proprio al lato della rotonda. Secondo premio va alla rotatoria posta all’incrocio tra viale Paganini e via Montemezzi e alla sua isola centrale patchwork (disegni geometrici formati da vari tipi di cemento colorato), perfetta per uno skate-park. Nonostante sia tonda, però, non è una vera rotonda e, quindi, anche le precedenze funzionano in modo diverso: non è chi percorre la rotatoria ad avere la precedenza. Più volte i residenti hanno chiesto agli Uffici preposti di farne una rotonda normale.

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La rotatoria di Viale Le Corbusier. A destra in basso la rotonda di via Piccarello

Le tre nuove: Viale Le Corbusier e Viale Polusca Al momento sono tre le nuove rotonde in costruzione: due in via Polusca e una all’incrocio tra viale Le Corbusier e la SS 148, dove è prevista anche la realizzazione di un sottopasso. Su via Polusca sono in fase di ultimazione la rotatoria all’incrocio con via Tarquinia e quella all’incrocio con via dell’Agora, costate complessivamente circa 200mila euro. L’associazione “Quartieri connessi” (attraverso l’iniziativa Mop, monitoraggio per le opere pubbliche) ha criticato la mancanza di una pista ciclabile nel progetto, obbligatoria anche per legge. Nel dossier realizzato dall’as-

sociazione, infatti, si ricorda che la legge prevede la realizzazione di una pista ciclabile ogni qualvolta si fa manutenzione straordinaria a una strada esistente. Se il Comune avesse rispettato la legge qui e in altre occasioni (come la costruzione di via Veneto o la manutenzione straordinaria di via Isonzo) ora avremmo un bel tratto di ciclabile nella zona e le rotonde sarebbero utili non solo alle auto, ma anche alle due ruote. L’ultima rotonda sta per fiorire a Latina è quella che finalmente metterà in sicurezza l’ultimo incrocio a raso della SS 148, all’intersezione con viale Le Corbusier. Il progetto dal costo complessivo di circa 1,6 milioni di euro collegherà finalmente i quartieri Nuova Latina e Nascosa al resto della città con un sottopasso. I lavori sono iniziati lo scorso dicembre e si prevede di ultimarli entro il 10 luglio.


Rotonde al futuro Approvata a gennaio nel bilancio regionale la realizzazione di due nuove rotatorie anche sull’Appia: una all’incrocio con via Epitaffio e l’altra alla Storta di Sezze, sulla SS156 Lepini. Niente da fare invece per gli interventi proposti dalla petizione popolare “Rotonde in città”. Nel luglio 2012 il Movimento 5 Stelle di Latina aveva effettuato una campagna di raccolta firme per ottenere dall’amministrazione comunale la costruzione di due rotatorie in corrispondenza degli incroci via Piattella - via Piave e viale Vespucci - viale Kennedy. Dopo molte e infruttuose richieste d’informazioni, è solo a dicembre che i rappresentati del comitato (andati di persona all’ufficio mobilità) scoprono che il comune non ha disponibilità finanziarie e che nel piano economico non sono previsti, nel breve periodo, lavori in tal senso.

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Eterne promesse di restyling e continui problemi di erosione e inquinamento Il lido latinense rimane improduttivo e soffocato da abusivismo e mancanza di strutture

UN

TESORO

mare

BUTTATO AL

di MARCO PETRONE


L

a Rimini del centro Italia. Sogno di una notte di mezza estate. Anzi, vera e propria utopia. Eppure, riflettendo, il nostro litorale cosa avrebbe da invidiare a lidi più rinomati che si affacciano sull’Adriatico? In teoria nulla, in pratica tutto. La qualità delle materia prima non si discute, manca l’amalgama, l’alchimia che trasformi in riserva aurifera l’importante risorsa, in tutto superiore a quella romagnola. Acque senza dubbio più ospitali rispetto a quelle melmose del mare-piadina, una spiaggia quasi sempre facilmente accessibile con un fondo morbido e sabbioso. Accade però che le acque restino lì, ristagnanti, poeticamente fluttuanti in un abbandono totale, nobili decadute che pian piano decidono di allontanarsi dal nostro Lido migrando e rin-

tanandosi sempre più drasticamente nei dintorni di Ponza e Ventotene, quasi fossero terrorizzate dal malcostume pontino. Ponza, Ventotene, ma anche Sabaudia e San Felice Circeo: c’è l’eccellente soluzione alternativa a portata di mano per i bagnanti di Latina, che nella calda stagione programmano sempre più spesso la “fuitina” fuori porta, per periodi medio-brevi, così da assicurarsi un assaggio di mare vero e dimenticare il desolante spettacolo del Lido di Latina, uno dei litorali meno accattivanti d’Italia. Eppure, tra le opzioni appena menzionate, va scovato l’intruso, una perla che non esiteremmo a definire tale, che lentamente si sta arrendendo all’evidenza di analisi che la condannano a doversi far carico di un vessillo tutt’altro che piacevole da sventolare. Per due volte negli ultimi quattro anni, infatti, Legambiente ha

assegnato al mare di Sabaudia addirittura la “bandiera nera”, imbarazzante medaglia pronta a ricordarci i rischi a cui va incontro chi volesse rinfrescare tra le tiepide onde che si infrangono fino all’altezza di “Saporetti”. Nonostante il parziale riscatto della scorsa stagione, quando è tornata la bandiera blu, si tratta di un primato vergognoso per uno dei mari più belli dell’intero Lazio depredato e rovinato dall’abusivismo incontrastato degli anni passati e dagli scarichi folli delle più disparate attività commerciali. Che non fermano la loro azione fraudolenta, aggirando leggi e divieti pur di trarre profitto all’ombra della Circe e a due passi dal Parco. Un dispiacere continuo, una rabbia che non trova sfogo, muta di fronte alla tracotanza di quei signorotti che tutto possono e tutto fanno, per grazia ricevuta. Tanto vale sfogare il proprio



disappunto sul Lido di Latina, che oltre ad un panorama mozzafiato a fare da sfondo alle innumerevoli salutari corsette primaverili che intasando la pista ciclabile, offre altri spettacoli sicuramente più scadenti. Un mare “inquinato” per Legambiente, non ancora da bandiera nera ma al limite del collasso per colpa anche stavolta di scarichi e torrenti che riversano in acqua tutta la sciatteria pontina. Fare il bagno in queste condizioni è roba per coraggiosi, ma anche qui qualche spiraglio per il futuro comincia ad aprirsi: forse la bandiera cambierà colore, o magari qualcuno cambierà bandiera. Chi lo sa. Altra nota stonata, le strutture e l’intrattenimento, che hanno l’appeal di un suq tunisino. Eccezion fatta per qualche chiosco che con un filo di musica cerca di animare le torride giornate estive, c’è poco altro da fare. Gli stabilimenti sul lato destro del lungomare si danno battaglia a ritmo di cocktail per accaparrarsi l’ultimo degli abbonamenti stagionali. Prezzi indecenti in cambio di un lettino e qualche campo da beach volley, perennemente occupato dagli stakanovisti del genere. Di sera la musica non cambia, non un locale che si distingua per virtuosismo, non una discoteca che si impegni a fare quel salto di qualità che gioverebbe più a

se stessa che ad altri. Onestamente, perché mai un romano o un campano e, perché no, un turista straniero dovrebbe decidere di passare le vacanze sulla riviera latinense? Facile immaginarlo, più difficile svegliarsi dal letargo e provare a cambiare le cose. Partendo da lontano, lontanissimo. Prendendo atto del fatto basilare che il mare di Latina è sconosciuto a

molti connazionali, figuriamoci agli stranieri (che non siano rumeni o polacchi ovviamente). Bisognerebbe attuare una campagna di informazione sull’intera penisola, pubblicizzarne la presenza, ma contestualmente rendere ospitabile l’intera area. Sarebbe controproducente reclamizzare una delle più belle dune italiane, a due passi dall’incanto del Fogliano, e poi mortificarla con gli abituali spettacoli lasciati dai tanti amanti semiclandestini che l’hanno scelta come abituale alcova: sporcizia per terra e anche tra il verde delle dune stesse. Questo per dire che la colpa è di tutti: delle istituzioni latitanti e della cittadinanza che interviene a peggiorare le cose. L’idiozia sta nel non capire che questo patrimonio, un parco nazionale per intenderci, è di tutti. Anche di chi lo sporca, lo maltratta, e poi magari vi torna il giorno successivo accorgendosi che il proprio gesto è una goccia sì piccolissima ma che sommata a mille altre sta rischiando di far traboccare rischiosamente questo stupendo vaso naturale. Impegnarsi a non gravare sulla natura è da sempre in generale un compito arduo, se poi ci si mettono tempeste, piogge, erosioni e via discorrendo il quadro assume contorni ancor più preoccupanti. Sono di poche settima-

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ne fa le fotografie che hanno fatto il giro del web ritraendo il litorale pontino quasi completamente scomparso. La spiaggia sta cedendo il passo alle acque del mare. Gli stabilimenti continuano impotenti ad arretrare ombrelloni e lettini nella speranza che quanto prima le acque tirreniche possano arginarsi entro confini accettabili. Sono lontanissime nelle nostre menti (non poi così tanto nella realtà degli anni) le immagini di una sconfinata distesa di sabbia, dove bagnanti, amanti del sole e giovani intenti a giocare sul bagnasciuga non erano costretti a calpestarsi e disturbarsi in continuazione. La sabbia sta scomparendo, sempre più sassi in riva rendono difficoltoso anche un semplice bagno. Per l’ennesima volta, il ripascimento voluto da qualche amministratore coscienzioso sta stendendo un velo di sabbia sul problema. I lavori di risistemazione stanno rimodellando la spiaggia, ma alla prossima mareggiata che succederà? Si ricomincerà daccapo? Il problema è rendersi conto che mentre Latina sta rinunciando praticamente inerme a qualcosa che già le appartiene, in altri posti neanche troppo lontani c’è chi l’estate, l’economia e

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L’impietoso confronto Chilometri di costa Larghezza minima spiaggia Larghezza massima spiaggia Numero stabilimenti permanenti Ristoranti - pub Alberghi Discoteche (9 Rimini + 10 Riccione)

Rimini 15 km 40 m 200 m 227 226 157 19

Latina 12 km 10 m 150 m 8 31 5 2

Parchi vicini Rimini: 6 (Acquafan, Mirabilandia, Acquario di Cattolica, Italia in miniatura, Oltremare, Fiabilandia) Parchi vicini Latina: 1 (Zoomarine) Fonte riminibeach.it

la pulizia se l’è costruita con fatica negli anni. Tornando alla Romagna, per l’appunto, è palese la differenza che corre tra le acque pontine e quelle dell’Adriatico. Eppure attraverso infrastrutture, iniziative comunali, eventi sportivi e una popolazione certamente più ligia e attaccata alla propria terra il gap non solo è stato

colmato, ma da più di venti anni siamo addirittura noi, popolo marittimo del centro sud, a migrare ingolositi verso Cesenatico, Cervia o Rimini. Un paradosso difficile da spiegare, un tunnel dal quale è forse impossibile uscire. Se non cominciando magari con il radere al suolo, o a delocalizzare, l’intera serie di mostri ecologici che ricoprono la costa da Latina Lido a Sabotino. Tirando le orecchie non tanto a chi queste abitazioni le ha comprate nel corso degli ultimi anni, quanto a quei colpevoli avvoltoi che, colti da orgasmo abusivo, hanno sfruttato e spremuto le possibilità di un territorio devastandolo fino al midollo, o meglio fino all’acqua del mare. Un’orda smisurata di palazzine e casupole dall’opinabile gusto estetico, talvolta cadenti o addirittura abbandonate impediscono perfino la vista della spiaggia dalla via del Lungomare. Il problema è all’origine, è chiaro. Insabbiato tra le dune di una spiaggia che invece di sbocciare e dar lustro al comune di Latina, rivalutandolo, promuovendolo e, non ultimo, garantendogli introiti non indifferenti, resta pigramente a marcire, abbandonata da chi dovrebbe averne cura e dimenticata da chi non ne ha mai conosciuto e incolpevolmente mai ne conoscerà le bellezze e le potenzialità.



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Dalle piste ciclabili, alle strutture recettive Entro il 2015 i soldi europei dovrebbero ridisegnare il Lido di Latina

PROGETTO PLUS

L’ultima spiaggia

Come sarà il pontile della Marina di Latina e nel riquadro il collegamento ciclabile-pedonabile del circuito del litorale

I progetti finanziati dalla Regione Lazio con il bando Plus, probabilmente costituiscono (è proprio il caso di dirlo) l’ultima spiaggia per la Marina di Latina. Una spiaggia che potrebbe tingersi di blu, quello della bandiera, riconoscimento che premia le migliori località balneari del paese. Andiamo per ordine. Il Bando Plus ha fatto arrivare nelle casse del Comune di Latina, il cui progetto è stato considerato dalla commissione istruttrice della Re-

gione Lazio come il migliore in assoluto, poco meno di quattordici milioni di euro di finanziamenti europei a gestione indiretta. Una vera e propria manna per rilanciare finalmente una parte del nostro territorio da sempre definita come volano dell’economia, ma sistematicamente al centro solo di tante promesse e pochi atti concreti. Questa volta, però, pare davvero che sia la volta buona per dare un volto diverso al litorale; il vincolo dei fondi

destinati dalla Regione al Comune di Latina, del resto, parlava chiaro: entro il 2013 tutti i lavori del progetto dovevano essere appaltati. E la procedura amministrativa ha fatto il suo decorso nei tempi previsti, tant’è che solo la pioggia di inizio mese ha ritardato l’apertura dei cantieri. All’appello mancano da espletare solo altre gare di entità minore, con le risorse ottenute dai ribassi d’asta. Il progetto prevede diverse opere: la più importante

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La rinascita con segno plus

In alto 2 il sistema dei trasporti: 8 bus navette, un’ora di percorrenza, un bus ogni 15 minuti. In basso la pista ciclabile Borgo Sabotino-Foce Verde mentre nel riquadro il Progetto del Centro Notturno Tamerici

quella della passeggiata a mare con annessa pista ciclabile che collegherà il pontile di Capoportiere a Foce Verde. Le piste ciclo-pedonali saranno il vero pezzo forte del progetto. L’intento è quello di decongestionare la marina e quindi far arrivare i latinensi in bicicletta al mare. In particolare sono previste: il raddoppio della pista ciclabile su via del lido. Quindi sarà possibile percorrere in bicicletta la Via del Lido anche nell’altro senso di marcia. Una pista ciclabile lungo tutto il canale Colmata, che pertanto, si snoderà tra il verde parallelamente al lungomare collegandosi fino all’altra pista prevista, ovvero quella che collegherà Sabotino a Foce verde. In pratica si avrà un circuito ciclabile che avvolgerà la Marina di Latina. L’ultima pista ciclabile prevista, infine, è quella che collegherà Rio Martino a Borgo Grappa. Vedrà la luce anche il grande parco attrezzato “Vasco de Gama”. Un area con campi da gioco polivalente, percorsi con attrezzature ludiche per bambini, piste da jogging e ben due punti

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di ristoro. Per la qualità ambientale un’oasi naturale con impianto di fitodepurazione delle acque dei canali (opera quasi terminata) ed un’ isola ecologica per la raccolta differenziata. Verrà realizzato un polo fieristico, uno scivolo con parcheggio annesso per imbarcazioni nell’area dell’ex pontile, otto nuovi bus navetta con tempi di attesa di soli 15 minuti l’uno dall’altro, un impianto di videosorveglianza, un impianto di illuminazione nuovo. Tutta l’area sarà dotata di connessione WI-FI gratuita. Insomma un libro dei sogni che questa volta può trasformarsi in realtà. Come quella della Bandiera Blu. I servizi e le opere realizzate con il Plus in aggiunta al miglioramento della qualità delle acque, dovuto ai recenti interventi di allaccio di fognature e realizzazione di rete fognante anche dei consorzi che si trovano lungo la marina, all’impianto di fitodepurazione dei canali Colmata e Mastropietro e l’adeguamento del depuratore di Foce Verde, e alla ricostruzione della spiaggia che procede spedita, rischia-

Plus 1: passeggiata a mare con pista ciclabile tra Capoportiere e Foce Verde Plus 2: riqualificazione e adeguamento normativo dell’impianto di pubblica illuminazione del Lungomare di Latina Plus 3: realizzazione di sistemi di hot spot WI FI lungo la Marina di Latina Plus 4: sistema di sicurezza e videosorveglianza della Marina di Latina Plus 5: gestione ambientale dei rifiuti nella fascia costiera di Latina Lido, nel tratto di Capoportiere Plus 6: realizzazione parco attrezzato “Vasco De Gama” Plus 7: progetto “Al mare giochiamo tutti” Plus 8: realizzazione di sistemi di fitodepurazione e di pista ciclabile Plus 9: realizzazione di rete ciclabile all’interno del circuito della Marina di Latina e strutture funzionali nel tratto via Nascosa – Capoportiere Plus 11: potenziamento del servizio Bus Navetta della Marina Plus 12: istituzione del sistema di infomobilità della Marina di Latina Plus 13: creazione del Polo Turistico a Foce Verde Plus 14: creazione di una rete di informazione turistica della Marina di Latina Plus 15: Centro Notturno “Le Tamerici” Plus 16: “Le Tamerici, dopo di noi – durante noi”

no seriamente di candidare la Marina di Latina al prestigioso riconoscimento, che potrebbe arrivare già nel 2015. Non resta che aspettare e vedere se questa volta Latina, e la sua risorsa più bella, il mare, riusciranno a scrivere una pagina nuova di una storia ad oggi, purtroppo, fatta solo di sogni e opportunità perse.





L’idioma del capoluogo a forte connotazione romanesca ma contaminato da svariati dialetti, dal veneto al campano fino al siciliano

NEW BABILONIA


U

n consistente impasto romano, ricco di condimenti campani, con aromi veneti e friulani e qualche goccia di intruglio siciliano ad ammorbidire quel sapore emiliano, appena accennato: se fosse un piatto gastronomico, di tipico avrebbe ben poco. Sarebbe una ricetta peninsulare. Ma qui si parla, non si mangia, l’amalgama stuzzica l’udito non il palato. La miscela in questione è riferita al linguaggio o meglio all’idioma,

di MARCO PETRONE

quello corrente nella città che non ha dialetto o forse ce ne ha troppi. Un vero enigma la parlata latinense, incrocio pericoloso d’inflessioni derivanti dalla costituzione stessa del ceppo pontino, con antenati in ogni parte d’Italia, e che alla fine risulta bizzarra e a volte addirittura irriverente. Ma il latinense riconosce il suo vernacolo? Riuscirebbe ad individuare un suo concittadino nel mezzo di una discussione tra persone di diversa provenienza? Probabilmente si, an-

che se all’ombra di Piazza del Popolo non ci si diverte troppo a chiacchierare al bar, piuttosto ci si “taglia”. Senza emorragie, non preoccupatevi! E soprattutto senza esagerare per non sembrare “gente che si accolla”. Frasi fatte e cadenze difficili da definire, impossibili da attribuire ad un particolare dialetto. Piuttosto il frutto di una naturale collaborazione di culture e tradizioni scaturito dalla scoppiettante (linguisticamente parlando) seppur breve storia della città. E’ storia nota l’avvento dei pionieri


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LA LINGUA LATINENSE ROMANO 50%

SICILIANO 5% PAESANO 10%

VENETO 15% CAMPANO 20% che dagli Anni Venti cominciarono ad insediarsi in palude con la speranza di lasciarsi alle spalle le allora povere ed affollate regioni del Friuli, del Veneto e dell’Emilia per una casa, qualche terreno e la possibilità di costruirsi una vita laddove non c’era niente. Ancora oggi non è una rarità udire in giro cognomi privati della vocale finale in favore di una “N” che non lascia spazio ad interpretazioni. Una vera e propria bonifica del linguaggio al contrario. A complicare ancora di più i piani di Dante nel suo progetto di italiano puro a Latina ci si misero perfino siciliani e campani, questa volta attratti da una zona, quella pontina, nel pieno del boom economico degli anni Sessanta e ancor più allettante in quanto priva di una ben definita identità culturale. Si tramandano piatti e tradizioni, modi di dire e di fare; nei dialoghi quotidiani si accumulano errori di pronuncia sempre più distinti: il “dieci” diventa “diesci”, Latina stessa per qualche improbabile mente, forse anglosassone,

muta in “Ladina”. Il dialetto pontino non è mai stato uno soltanto. Si sviluppano borghi e paesini nei dintorni del capoluogo e a distanza di pochi chilometri l’italiano vero è costretto ad arrendersi di fronte a tante sfaccettature. Perfino nelle scuole si fatica ad intraprendere un percorso linguistico definito, con alunni e professori che appannano la quasi totalità delle classi con le molteplici sfumature che i luoghi di provenienza hanno chiaramente imposto. Un linguaggio vivace, colorito, che presenta ogni anno all’appello decine di adolescenti pronti a vivere la loro prima esperienza liceale fuori dal proprio paesino arroccato su montagnole sì confinanti con il capoluogo, ma ancora troppo lontane per catturarne le proprietà linguistiche. Questi giovani virgulti, frementi di speranze e sogni, lasciano le loro case ogni mattina portando con sè la traccia linguistica, estremamente tangibile, della loro provenienza: nei corridoi delle scuole secondarie superiori “andrasatta” risuonano nel-

le “recchie” “sfottò” ed esclamativi “églio». Negli anni la cadenza paesana tende a decadere, mentre tra i banchi di scuola prendono costantemente vita nuovi costumi linguistici nati spontaneamente dall’incontro di molteplici varietà culturali. Gli anni ’90 segnano la scelta forse definitiva che gli abitanti più vicini alla città decidono di fare avvicinandosi in maniera drastica a quel dialetto romano ricco di verbi mozzati che, accompagnati da un› accentazione quasi intimidatoria per i fini vocabolari zeppi di S del nord, si stanno insediando radicalmente nel parlare comune. Si tronca, si abbrevia, ma si mantiene quel pizzico di contegno che permette di scandire meglio dei romani ogni singola parola, consentendo all’interlocutore fuori regione di intendere praticamente sempre e comunque. Unica peculiarità, che ci permettiamo seppur involontariamente, sta nell’applicare a qualunque proposizione un mezzo tono di domanda, divenuto ormai scontato e quasi irri-

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conoscibile, eppure chiassosamente annotabile da chi piatti pontini non ne mangia spesso. Se un milanese, un fiorentino, un bolognese, un napoletano e un siciliano si rivolgessero a noi utilizzando il loro dialetto stretto, probabilmente si finirebbe con il litigare. Pregi e difetti del non possedere una chiara identità nel linguaggio stanno proprio in questo: accento campano e verbo sbandierato alla romana non ci forniscono un tono vero e proprio, personale, ma ci consentono di restare comprensibili per tutti senza eccessiva fatica. L’identità, piuttosto, fatichiamo a costruirla, ma per colpe non nostre. Sono sempre maggiori le “infiltrazioni” che provengono dal sud in cerca di lavoro. Campani su tutti, ai quali è decisamente impossibile imporre un dialetto differente dal loro e dai quali, anzi, cogliamo involontariamente picco-

lezze e termini sparsi che facciamo nostri e trasferiamo orgogliosamente nel vocabolario pontino generale. Felici e contenti e per nulla preoccupati perché poi, in fin dei conti, per un abitante di Latina il dialetto ciociaro è di gran lunga meno orecchiabile del nostro. Si tratta di verità soggettiva senza dubbio, fotografia di una situazione che ci consente di comprendere ancora meglio la flessibilità di una lingua italiana costretta a mutare rapidamente, semplicemente scivolando trasversalmente lungo il Lazio, partendo dalla oramai toscana Viterbo assumendo i contorni spigolosi e poetici della capitale del mondo. Perdendo infine un po’ di charme, addentrandosi nella nostra Latina, fino a lasciarsi trasportare lentamente per le vie semicampane di Frosinone.

Il latinense corrente Bella zi ciao amico Sei er peggio sei il migliore Mi tajo mi diverto Sto a morì mi sto sbellicando T’accolli mi stai sempre attaccato, non mi lasci respirare Calcola: considera E’ n’impiccio è una situazione complessa Mi sto a impiccià mi sto confondendo Cianghetta: sgambetto Famose du spaghi prepariamo gli spaghetti Anvedi quello! guarda quella persona! Ti sfonno ti meno Sto a impanicà il mio cervello è in crisi Ello eccolo Ammazza accipicchia! Daje forza! Aridanghete di nuovo

Michael Jackson de Latina Una memorabile scena del film “Paparazzi” del 1998, mette a nudo sarcasticamente la parlata latinense. Uno dei personaggi sosia, scelti da “King” il re dei paparazzi (alias Diego Abatantuono) per tirare un clamoroso bidone ad una Alba Parietti sensibile al richiamo dei vip, è quello di Michael Jackson, all’epoca del film ancora vivo e vegeto.

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Il figurante che lo interpreta, dopo aver chiesto con insolenza di non voler partecipare a festini per omosessuali (“se è roba de froci io non ce sto”) si sente ribattere da King in maniera stizzita: “ma come parli? Da dove vieni tu?”. La risposta del finto Jackson è lapidaria: “So’ de Latina!”. A giudicare dalle risate nelle sale italiane, è un tipo di inflessione che suscita ilarità.

Ndo stai? dove sei? Pari: sembri Me pija a male rattrista Sto a palla sono carico, sto bene. Popo: proprio. Pischello/a: fidanzato/a. Imbocco a casa tua mi invito a casa tua.





La

Brutta

e la

T S I A E B Latina maglia nera nella classifica estetica delle città italiane La Torre Pontina ultimo esempio di contrasto urbanistico con l’architettura razionalista della fondazione, mortificata da giochi di Palazzo e sviluppo selvaggio di ALESSIA FRATINI



F

orse il luogo comune più sentito su Latina è che si tratta di una città brutta. Su internet si trovano molti sondaggi in cui si decreta il capoluogo pontino come primo in Italia per bruttezza. Sorvolando sulla matrice dei dossier, spesso si tratta di forum o siti sportivi, è lecito chiedersi su quali basi si fondi questo giudizio pressoché unanime. Tutte queste persone hanno effettivamente visitato Latina? Hanno visto delle foto oppure parlano esclusivamente per sentito dire? È lecito dubitare che si tratti sempre di esperienza diretta ma, a essere sinceri, gli stessi latinensi sembrano apprezzare poco la propria città. Allora, Latina è brutta? E come

Molti edifici storici sono stati demoliti e spazi verdi occupati da palazzi moderni

si quantifica la bellezza di una città? Latina è nota come città del Fascismo o, per i più esperti, come un esempio dell’architettura razionalista, spesso questa è l’unica informazione su cui si basa la valutazione della sua bellezza. L’austero e rigoroso stile razionalista può piacere o no, ma rimane un tratto distintivo solo del centro storico. Anzi, in nome dello sviluppo edilizio molti edifici storici sono stati demoliti e vari spazi verdi sono stati occupati da palazzi moderni, che nulla hanno a che vedere con lo stile della città. Ricordiamo, per esempio, la Casa del Contadino, abbattuta per la costruzione del grattacielo Pennacchi, e l’edificio tra palazzo M e il teatro, innalzato dov’era previsto invece un ampio spazio aperto. Il problema non è l’architettura razionali-

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Veduta completa di Corso della Repubblica


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sta in sé ma lo sviluppo urbanistico incontrollato, spesso in contrasto con lo stile della città. Col pretesto di cancellare i simboli del regime decaduto, gli speculatori edilizi hanno approfittato per costruire imponenti edifici in cemento e vetro, accanto alle più basse costruzioni rivestite dal bianco travertino. Questo contrasto, che ha influito negativamente sullo stile di un centro urbano progettato con edifici bassi, piazze, giardini e porticati, potrebbe essere un buon motivo per trovare brutta Latina. Numerosi gli esempi di grandi costruzioni, magari inutilizzate, che si trovano nel centro cittadino. La spoglia struttura di palazzo Key (costruito negli anni ‘60 e in questo stato dal 2003) continua a fare brut-

La linea della città adulterata da grattacieli che si ergono confusamente tra abitazioni più basse

ta mostra di sé a poche centinaia di metri dal campanile di San Marco; in via Lago Ascianghi, alle spalle di piazza Roma, il grande palazzo vuoto è abitato solo dai piccioni. Se da una parte l’amministrazione comunale si vanta di un centro storico da tutelare (pretesto per l’istituzione della sosta a pagamento), dall’altra non cura adeguatamente l’immagine della città. Le amministrazioni locali non valorizzano gli edifici storici (mancano mappe turistiche e cartelli illustrativi che descrivano le loro caratteristiche architettoniche e ne spieghino la storia) e neppure si attivano per sistemare gli scheletri di edifici in disuso (o lo fanno a grande lentezza, pensiamo all’ex-SVAR). Anzi, negli anni abbiamo visto spun-

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Il Palazzo Key mentre qui a destra l’ex Icos

tare altri edifici, che hanno modificato drasticamente lo skyline di Latina. La Torre Baccari e la più alta Torre Pontina sono state completate nel 2010, sulla base della pianificazione urbanistica degli anni ‘70 che prevedeva in quest’area - all’epoca era aperta campagna - un Centro Direzionale: una zona destinata a ospitare grandi edifici per servizi finanziari e amministrativi. Oggi i due palazzi, che comprendono sia uffici che abitazioni, s’innalzano solitari tra i bassi edifici costruiti in precedenza. Senza dubbio, gli specchi della Torre Pontina che s’intravedono alle spalle dei monumenti storici del centro, danno un importante contributo all’idea di città brutta, che Latina porta con sé, sono l’emblema della irrazionalità stagnante sull’urbanistica cittadina. Ma non può neanche oggi rappresentare il parafulmine di tutti gli strali. Nel 1982 quando in occasione del Cinquantenario, lo storico Giordano Bruno Guerri definì Latina la città più brutta d’Italia, il “matitone” di Bianconi non era ancora stato progettato. Oggi è il gigantesco totem alla incompiutezza e all’approssimazione latinense, ma è solo la punta dell’iceberg Il paradossale sviluppo di Latina è ancora più evidente fuori dal centro, in quella che oggi è periferia, ma

solo qualche decennio fa era terreno agricolo o campo incolto. L’assenza di pianificazione urbanistica, in effetti, ha fatto più danni qui, dove si è costruito senza alcuna progettazione. Sono stati i grandi interessi economici e l’abusivismo privato a dettar legge. Dopo la ricostruzione del dopoguerra, durante gli anni del boom economico (grazie anche ai fondi della Cassa del Mezzogiorno), il territorio si è riempito senza una logica di stabilimenti industriali (in parte ora abbandonati), palazzi, lottizzazioni promosse da privati e una grande quantità di costruzioni abusive. Ancora oggi soffriamo le carenze infrastrutturali di questo sviluppo incontrollato, con ripercussioni su viabilità e ambiente che sicuramente non contribuiscono a dare una buona immagine della città. Oltre a trasformare il paesaggio, l’infinità di piccole case e capannoni sparsi su tutto il territorio crea anche problemi d’inquinamento (spesso manca il collegamento al sistema fognario) o comporta costi aggiuntivi per dotare queste zone dei servizi di base (acqua, elettricità, etc.). All’infuori del centro è tutta anonima periferia, che confonde il confine tra città e campagna e offre pochi punti di riferimento. Anche il sistema viario soffre della mancata pro-

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Piano Regolatore

Il parcheggio esterno al piazzale del mercato

gettazione. Una delle critiche più frequenti alla nostra città è proprio la difficoltà a orientarsi che più di qualcuno incontra tra le innumerevoli rotonde e le strade senza uscita. Le lunghe strade realizzate prima e durante la bonifica sono state interrotte (via Lunga, via dell’Agora) e non sono state realizzate vie alternative per gestire il traffico. Sono in corso lavori per supplire a queste carenze (sottopasso SS148, ponte porta Nord) segno di una pianificazione della viabilità necessaria ma assente, o quantomeno in ritardo rispetto allo sviluppo urbanistico della città. Molte delle questioni legate alla viabilità erano già state individuate come situazioni critiche all’inizio degli anni 2000, per esempio la brusca interruzione dei viali Le Corbusier e

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Nervi sulla SS 148, col conseguente isolamento dei quartieri Nuova Latina e Nascosa, o la mancanza di un collegamento Mare-Monti adeguato a una città di 110mila abitanti. Latina dovrebbe essere – almeno stando alle ambizioni dei politici che si sono succeduti – una città a vocazione turistica, quindi è lecito aspettarsi che anche la viabilità sia all’altezza di tali aspirazioni. Invece la rete stradale non è stata progettata adeguatamente e il Lido - rovinato dalle costruzioni abusive che arrivano fin sulla duna – è tutt’altro che invitante. Forse il progetto PLUS per la Marina migliorerà la situazione, ma oggi non si può biasimare chi trova brutto il nostro maltrattato litorale. È mancata una visione d’insieme, invece di rispettare le nostre risorse

Latina, bella o brutta che sia, deve la propria immagine a uno sviluppo urbanistico guidato più da interessi economici – avallati dal potere politico – che da una vera e propria pianificazione per una città in rapida espansione. È sufficiente pensare che il Piano Regolatore Generale in vigore è quello redatto dall’architetto Luigi Piccinato nel 1971, il secondo dopo quello di Oriolo Frezzotti del 1935. Allora, Littoria contava quasi 20mila abitanti, trentacinque anni dopo Latina ne aveva 78mila. Arrivati a una popolazione che sfiora i 120mila abitanti, è evidente che la città avrebbe bisogno di un nuovo Piano regolatore. Vale la pena ricordare che nel 2001 l’urbanista Pier Luigi Cervellati realizzò un Piano per tentare di contrastare l’uso indiscriminato del territorio nel comune di Latina, che restò però inutilizzato. Il tormentato iter dell’approvazione del PRG, è raccontato anche nel film documentario di Gianfranco Pannone, Latina/Littoria: una città (miglior film documentario al Torino Film Festival). Memorabili le riprese della seduta del Consiglio Comunale durante la quale si decideva del futuro della città. I dissidi interni alla stessa maggioranza – e i grandi interessi in gioco - lo fecero diventare un caso nazionale, sedato solo dall’intervento di Berlusconi e Fini, rispettivamente leader di Forza Italia e Alleanza Nazionale. L’allora sindaco, Ajmone Finestra, ritirò le dimissioni con la promessa – non mantenuta - che Forza Italia avrebbe approvato il PRG prima della fine dell’anno. Il piano finì archiviato dalla nuova giunta guidata da Vincenzo Zaccheo (Forza Italia), così come aveva previsto il consigliere dell’opposizione Visari: «dopo le elezioni non faranno il piano… hanno messo nel sacco il sindaco Finestra!».



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ambientali, vera ricchezza e punto di forza della città - soprattutto dal punto di vista turistico – lo sviluppo fuori controllo ha rovinato un territorio dalle grandi potenzialità. Non possiamo affermare di vivere in una città bella, ma di sicuro non è la più brutta d’Italia. Il pregiudizio, che nasce dall’accostamento al Fascismo, spesso è all’origine di una semplicistica valutazione di Latina. Probabilmente, invece, l’architettura razionalista – anche se poco valorizzata - rappresenta quello che di più bello è rimasto in una città fagocitata da abusivismo e speculazione edilizia e governata da politici non lungimiranti. Il centro ha bisogno d’interventi che lo rendano più vivibile, come l’istituzione di un’area pedonale o di una ZTL, per contrastare la massiccia presenza di veicoli motorizzati, spesso parcheggiati in seconda fila o sulle strisce pedonali. Strade più sicure e meno rumorose potrebbero sicuramente giovare a una considerazione positiva della nostra città. L’alto tasso di motorizzazione è motivato anche dalla presenza di lottizzazioni e quartieri mal collegati al centro e di costruzioni abusive - ormai condonate - sparpagliate nelle campagne. L’urbanizzazione incontrollata ha dato forma a un territorio di periferia diffusa,

L’imponenza dei palazzoni del quartiere Nuova Latina

Una delle costruzioni presenti al quartiere Nicolosi

senza una reale organizzazione, che concorre all’immagine di una città brutta. Purtroppo lo sviluppo degli anni ‘60 e ‘70, simile a quello di molte altre città italiane, e l’incapacità degli amministratori locali, più propensi all’annuncio di grandi progetti più che alla loro effettiva realizzazione, hanno segnato negativamente il panorama del capoluogo pontino. Latina è una città giovane, piena di contraddizioni ma con un grande potenziale. Continuerà a essere imbruttita dal disinteresse e dal malaffare, oppure saprà approfittare delle occasioni offerte dal territorio circostante, diventando una città più vivibile e più bella? Latina dovrà scrollarsi di dosso l’etichetta di città brutta, è indispensabile se intende seriamente puntare sul turismo in futuro.

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I POVERI

RICCHI La tendenza latinense a falsificare il proprio status sociale Fuoristrada, abiti firmati e locali chic nel paniere del benestante apparente di MARCO PETRONE

Figli di papà, “addobbati” dalla testa ai piedi con abiti e accessori firmati, al volante di Suv appariscenti, attenti solamente a scegliere il locale giusto per l’aperitivo serale. Così e molto peggio un giornalista de “Il Fatto Quotidiano” tracciava pochi mesi fa un profilo sommario degli abitanti di Latina. Una radiografia spietata che metteva in risalto il vizio pontino dell’apparire al di sopra l’essere, dell’aver confuso il futile con il necessario, il virtuale con la realtà. Il dramma, addirittura culturale forse, è che, stando alle continue statistiche che periodicamente relegano la nostra città nei bassifondi delle province italiane, Latina appare sempre più maltrattata e livida agli

occhi di chi ci abita, ancor più di chi ci osserva da lontano. Forse perché siamo noi stessi artefici consapevoli delle nostre appariscenti devianze. Il nostro paniere quotidiano è diventato il finto lusso, non è più l’essenziale. Ma come? Non abbiamo soldi per mangiare e compriamo la Bmw? Corretto, quasi. Il momento storico è quello che è, certamente se la crisi impazza non è a Latina che ci si aspetta il boom economico che possa risollevare le sorti del Paese. Perché no? Semplicemente non interessa. Il lavoro scarseggia, ci lamentiamo, dando un’occhiata in giro anche il più ingenuo dei bambini si accorge che fin troppi bar o altre attività commerciali nascono e muoiono al ritmo

del mutar delle stagioni. Un progetto interessante per garantire qualche entrata extra nelle casse del Comune potrebbe portare migliaia di turisti, curiosi e appassionati di motori a visitare i parcheggi adiacenti le scuole medie ed elementari, convogliando le presenze negli orari di uscita dei bambini. Lo spettacolo sarebbe senza dubbio apprezzato. Orde di fuoristrada immensi e scintillanti auto sportive per i papà più audaci, una sinfonia di motori rombanti lasciati opportunamente accesi per non perder tempo al momento della chiusura dell’ultimo sportello. E’ un lamento continuo. Ma se poi alle sette di sera, passeggiando nei dintorni di Piazza del Popolo, l’happy hour impazza


sempre e comunque allora c’è qualcosa che non torna. Se non abbiamo i soldi per mangiare, di certo non dovremmo sperperare in extra futili e poco sobri. Non è così. Non a Latina. Alla faccia di chi ci dice che pian piano stiamo retrocedendo agli ultimi posti in Italia per la qualità della vita, dietro anche a città che senza fatica etichettiamo come invivibili (vedi Napoli), lo sperpero continua. Non bastano la macchina, la bevuta e le scarpe firmate. Ci sono le occasioni speciali, i festeggiamenti dei diciotto anni, ma anche di compleanni meno «rilevanti», diventano veri e propri eventi con abiti da sera, bomboniere e confetti e un numero di invitati esorbitante, segno di essere parte del

gruppo di «quelli che contano». In estate, e non solo i latinensi, vanno in vacanza. La vacanza è un must. Ibiza, Formentera, Barcellona. Mete da sogno per i nostri nonni. Proprio loro avrebbero una gran voglia di metterci in guardia, di avvertirci, di dirci di non continuare a vivere al di sopra delle nostre possibilità. I dettagli sono fondamentali: non è tanto l’andare in vacanza sempre e comunque, con i tempi che corrono. Ciò che lascia sbigottiti è l’idea che aleggia in terra pontina di non potersi privare di nulla. Il lavoro nell’agro è un miraggio, i giovani migrano verso altri lidi e chi resta continua a godersi i fondi familiari anche fino ai trent’anni. Ma tutti hanno lo smartphone.

Grandi e piccoli, non fa differenza. Se disponessimo di un misuratore di radiazioni da cellulare siamo sicuri che tra le cinque e le sette del pomeriggio in Piazza San Marco i giovani adolescenti pontini darebbero il meglio di sé conquistandosi un altro primato nazionale grazie all’abilità dei loro pollici. I giochi nei parchi arrugginiscono, genitori e figli cercano di districarsi in casa tra ipad, iphone e programmi tv con sky. E’ il futuro, le nuove frontiere vengono superate alla velocità della luce. Ma noi non siamo la Cina. Siamo Latina. Una delle città dove il gioco d’azzardo e l’alcool portano via migliaia di euro ogni anno dalle tasche dei nostri viziati concittadini. Anche di chi soldi da



Il prezzo della ricchezza

buttare non ne avrebbe poi così tanti. Fare debiti per una casa, per un tetto da assicurare alla propria famiglia, è cosa triste, ma può starci. Costringersi a vivere perennemente con l’acqua alla gola, sempre che “vita” sia l’appellativo più adatto a questo strazio, per soddisfare vezzi e sfizi ancor prima di bisogni primari è follia. Latina in questo senso è senza dubbio folle. Impazzano le richieste di borse di studio universitarie a La Sapienza, aiuti necessari per chi vuole formarsi e studiare, ma che deve fare i conti con un’offerta tanto scadente quanto cara. Necessaria evidentemente anche per chi in segreteria studenti si presenta con l’ultimo modello di iphone in una mano e con una denuncia dei redditi pronta a garantire un sensibile abbattimento delle tasse universitarie nell’altra. Latinensi furbacchioni! Sarà mica che tutti questi soldi risparmiati vengano poi promossi a budget disponibile per le alcoliche bevute del sabato sera? Le facce, alla fine dei conti, sono sempre le stesse, chi studia la mattina beve la sera, sono pochi quelli che si godono il meritato drink al termine di faticose giornate lavorative. Che poi, a dir la verità, se di giorno si lavorasse come l’etica vorrebbe, la sera l’unica uscita che si avrebbe voglia di affrontare sarebbe quella dalle

Quanto costa fare il ricco? Domanda sciocca, ovviamente, per chi di soldi ne ha veramente da spendere senza preoccupazioni, spunto necessario, invece, per tutti coloro che si arrabattano tra imprese mirabolanti pur di “apparire” in un certo modo, andando ben oltre le proprie possibilità economiche. Tra le rate del suv, l’ultimo modello di Iphone per un figlio, l’abbonamento in palestra per se stessi e magari per il partner, la nostra attenzione si focalizza senza neppure fare grossi calcoli su un particolare per nulla irrilevante. Fare (non essere) il ricco costa, eccome! Il problema di Latina, e più in generale delle ultime generazioni di italiani, sta nel non saper vivere con poco o quantomeno con quanto le nostre tasche possano permetterci. Ci si compra l’ultimo Land Rover, che tra rate, bollo, assicurazione e un minimo di manutenzione, attinge considerevolmente già da solo alle nostre tasche. 500 euro circa mensili, per essere precisi. Un’automobile fantastica, non c’è dubbio, per palati fini, ma soprattutto per salari sostanziosi, perché il rischio poi è quello di non ritrovarsi quegli ulteriori 2-300 euro necessari per sfoggiare il proprio gioiellino tra Via del Lido e il centro o semplicemente per andare a lavorare. Una volta spento il motore, la possibi-

lità di aprire la portiera e scendere dal veicolo appoggiando un piede dopo l’altro in terra, mostrando orgogliosi un nuovo paio di Hogan, è allettante. Ma bisogna sborsare altre 250 euro, minimo. Ancor di più se nel rispondere al telefono ci bastano poche sillabe per un comando vocale che l’ultimo modello di Iphone non farebbe fatica a soddisfare. Una spesa di 1000 circa nell’arco dell’intero anno, tenendosi perfino bassi con le quotazioni. Poi aperitivi, tassativi nei week end, abbonamento in palestra, quella di grido, e abbigliamento firmato, nei soliti negozi chic del capoluogo. Spese dilazionate, che forse pesano solo nel computo totale ottenuto dall’analisi generale, una fatica indicibile per arrivare alla fine del mese in maniera dignitosa, un’irrazionalità dilagante che rischia di rovinare intere famiglie. Incubi sotto forma di estratti conto, tagli su spese domestiche, la realizzazione che in fondo per godersi la vita basterebbe molto poco. O molto di più affermerebbero altri, pochi a dir la verità, ricchi ricchissimi che di conti in tasca non hanno neanche voglia di farsene. Ville con piscina, suv come tutti e seconda automobile come nessuno, vacanze invernali al mare e cene di lusso al Faro del Circeo. Non l’aperitivo all’Enolojico.

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In bilico tra reddito e spese In Economia, per la legge di Engel, con il crescere del reddito disponibile diminuisce progressivamente il reddito speso per consumi alimentari. Negli anni ‘70 in Italia circa il 50% del reddito spendibile pro-capite era finalizzato al consumo per generi alimentari, oggi questa percentuale si è drasticamente abbassata al 17%, a beneficio di altri settori d’investimento e di spesa. Il problema per Latina è che, secondo gli ultimi dati Istat, il reddito disponibile medio continua a scendere, ma la spesa non segue lo stesso trend. In pratica si spende più di quanto si guadagna, e questo induce ad ipotizzare fenomeni quali l’evasione e soprattutto l’indebitamento. Secondo la ricerca dell’Osservatorio Findomestic, istituto che di indebitamento se ne intende, nella provincia di Latina il reddito pro capite è di 13.813 euro, quarta nel Lazio dopo Roma (21.857), Viterbo (14.275) e Frosinone (14.257). Ciò non le impedisce di essere la seconda nella classifica regionale per acquisto di auto nuove (97 milioni la spesa complessiva dietro la sola Capitale, che ne ha spesi 851) e di aver incrementato del 3,8% i volumi di spesa nel comparto Informatica per le Famiglie. In generale nel Lazio, sempre secondo un sondaggio della Findomestic, il reddito giudicato dignitoso dagli abitanti è di 1359 euro al mese per i single, 1876 per la coppia senza figli e 1995 per la coppia con i figli.

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coperte del letto per andare cinque minuti in bagno. E invece si beve, si mangia, si balla e si ribeve. La via dei pub è l’antipasto alle discoteche che a Latina sembrano non conoscere crisi, con fior di invitati tutte le settimane e continui pienoni di giovani che per arrivare alle sei di mattina qualche euro dovranno pur spenderlo. Il futile che diventa necessario. Quando poi la fotografia della situazione attuale ci ritrae sempre più poveri, alla ricerca di soluzioni alternative per vivere dignitosamente, rigorosi nell’apportare tagli sempre più frequenti alle spese quotidiane. Le ville di lusso ci sono, è vero. Sabaudia ne è ricchissima. Ma quelle di proprie-

tà di latinensi o similari si contano sulle dita di una mano. Emblema di una ricchezza sfiorata ma mai completamente goduta e accarezzata. La fila per un’abitazione d’altronde la si fa per le case popolari o sempre per soluzioni che con i villoni del litorale pontino non hanno nulla a che vedere. Che la forbice tra ricco e povero si stia aprendo sempre più è palese. E Latina non fa eccezione. La scelta rischiosa che idealmente la nostra città potrebbe ritrovarsi a fare sarebbe quella di doversi schierare inesorabilmente da una parte o dall’altra. In maniera alquanto originale, invece, si rimane in bilico, godendo da ricchi con uno stipendio da poveri. E


non inganni il gioco di parole, perché non è certo tra Via del Lido e Piazza del Popolo che il sistema verrà messo in ginocchio attraverso miracoli che ci consentano di fare molto con poco. Il rischio, mal celato, è quello che si possa giungere pericolosamente ad un punto di non ritorno, dove non più solo i rifiuti radioattivi sepolti sotto i nostri piedi rischino di riaffiorare nelle nostre menti condannandoci ad un futuro infernale per le sorti della nostra città e di ogni singola famiglia che la rappresenta. Bisogna rimboccarsi le maniche e “pedalare”, non c’è altra scelta, prima che da finti ricchi gli abitanti di Latina si trasformino in veri poveri.

L’abbigliamento a rate La vendita a rate, nella città dell’apparire, è sbarcata anche nel settore abbigliamento. L’ultima tendenza del capoluogo pontino, per chi – nonostante un portafoglio lacrimante – non vuole rinunciare a vestirsi firmato per mostrarsi alla moda, è quello dell’acquisto a rate per qualsiasi tipo di capo. Funziona così: si entra nel negozio,

si individua il maglione, il giubbotto o il pantalone preferito e lo si opziona con il versamento di un acconto, in genere vicino al 40% del prezzo complessivo. Solo dopo aver coperto l’intero costo, a volte anche dopo diverse rate, si perfezionerà l’acquisto e il capo prescelto finirà nelle mani dell’acquirente.

02.2014 | NUMERO ZERO | 85


L’intervento del Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Latina

Basta aliBi

Rimettiamo in moto l’economia

La SS 148 Pontina intasata in un giorno di pioggia. Il problema della viabilità e delle infrastrutture è uno dei principali ostacoli alla ripresa economica

F

are impresa oggi non è facile ma neanche impossibile. Stiamo affrontando un momento complesso. La crisi, sta allungando le proprie mani sul sistema economico facendo leva su quelle debolezze che in anni di prosperità si avvertivano ma potevano essere superate. C’era speranza che il futuro sarebbe stato migliore. Oggi tutto questo è più complicato. Chi fa impresa ha prima di tutto il dovere di guardare oltre, altrimenti sarebbe

di Christian PaPa

perduto. Dico questo perché il tempo scorre veloce e sta portando un cambiamento rapido nei sistemi di comunicazione, nei mercati, nel modo stesso di investire. Oggi il nostro termine di confronto non sono più le aziende che occupano la stessa provincia ma quelle che magari si trovano dall’altra parte del mondo. Per queste ragioni fare impresa, oggi più che mai, significa avere una grande consapevolezza del rischio, accettare le sfide, essere curioso e scoprire quello che accade intorno a noi,

uscire dai confini territoriali su cui la nostra azienda lavora. Fare l’imprenditore significa crescere come persona e formarsi costantemente per non perdere il passo. Oggi un imprenditore, se vuole restare competitivo, ha l’obbligo e la necessità di formarsi, di confrontarsi con altri colleghi, di imparare a collaborare, a fare rete. Non si può pensare di fare impresa senza guardare quotidianamente quanto accade fuori dalle proprie mura, senza pensare a come evolvono le esigenze delle persone sia


in termini di prodotto che di servizi. In qualità di imprenditore e di presidente dei Giovani di Confindustria Latina ho sperimentato in questi anni come spesso la crisi sia diventata un alibi che, perdonatemi, non regge. Lo dico in senso propositivo. Tutti noi, ogni giorno, siamo chiamati a confrontarci con i limiti di un sistema Paese che frena le enormi potenzialità delle imprese che vogliono investire. Ci sono i limiti di una burocrazia lenta e cavillosa, la difficoltà di accedere al credito, una tassazione elevata a cui si aggiungono i nodi strutturali, l’inefficienza delle infrastrutture, i ritardi della giustizia civile, le rigidità del mercato del lavoro sia in entrata che in uscita. Ma per cambiare le cose anche noi dobbiamo fare la nostra parte. I problemi che riguardano l’Italia non sono diversi da quelli che viviamo nella provincia di Latina, in quella di Frosinone e nel Lazio. Il punto però sta nella capacità di scegliere. Ho scelto, l’ho fatto molti anni fa con la mia famiglia, di investire e ricapitalizzare le risorse su questo territorio. E’ stato facile? No, ma la nostra azienda è solida, l’occupazione è garantita e con non pochi sacrifici. Questo perché non abbiamo mai smesso di crederci, di investire, di combattere perché la nostra idea potesse risultare vincente. I danni che la recessione ha inferto al settore industriale sono gravissimi. Tra il 2007 e il 2013 il PIL italiano è sceso di oltre l’8% ed è tornato ai livelli del 2000. Nessun altro paese dell’Eurozona sta vivendo una simile caduta, con l’eccezione della Grecia. La produzione è crollata del 25%, in alcuni settori di oltre il 40%. Negli ultimi cinque anni oltre 70mila imprese manifatturiere hanno cessato l’attività. Ultimamente leggo spesso dei limiti della provincia di Latina. Ascolto persone che, dall’esterno, e magari senza vivere quotidianamente questa realtà si dedicano a denigrarla definendo questo territorio alla stregua di un deserto su cui scorrazzano il malaffare, gli interessi di pochi a discapito di molti, l’inciucio politico. Fermo restando il fatto che trovo queste critiche poco interessanti perché dimostrano come sia facile attaccare dall’esterno qualcosa che non si conosce, credo che come classe imprenditoriale dovremmo alzare maggiormente la testa. Per fare impresa bisogna avere molto orgoglio, anche e soprattutto, della terra, del luogo su cui si è deciso di investire. Latina e la sua provincia hanno molti limiti. Quello principale e su cui mi batto da anni è quello che riguarda le infrastrutture. L’economia viaggia di necessità sull’intermodalità, sulla velocità degli scambi, sulla possibilità di accedere in modo rapido ai mercati nazionali ed internazionali. Se non si provvede con interventi rapidi e

“Non bisogna mai smettere di crederci Latina è limitata dalle infrastrutture Cominciamo con l’aprire i cantieri, per far circolare idee, persone, merci e progetti Tutti devono remare nella stessa direzione”

mirati questo territorio resterà il luogo delle potenzialità inespresse. Faccio un esempio. Sono oltre dieci anni che è in campo il progetto del Corrido intermodale Roma – Latina e della Bretella Cisterna Valmontone. I cantieri non sono stati ancora aperti. Eppure mi sembra ci sia stata la massima condivisione di tutti, politica, imprenditori, associazioni di categoria. Ed ultimamente è arrivato anche il via libera del Governo che ha messo a disposizione i fondi a copertura dei cantieri. Ebbene, cogliamo l’occasione. Apriamo i cantieri. Costruire strade significa costruire un ponte verso il mondo, verso quello che ci circonda. Significa far circolare idee, persone, merci, progetti. L’isolamento porta solo alla demolizione lenta di un patrimonio professionale, umano, imprenditoriale che ha molto da dire. Faccio un altro esempio, da qualche settimana siamo entrati in Unindustria, la stessa associazione in cui sono confluiti gli imprenditori di Roma, Frosinone, Rieti e Viterbo. A molti potrebbe sembrare un semplice passaggio in realtà Unindustria rappresenta tutte le imprese, già aderenti alle singole associazioni territoriali, integrate in un’unica e più ampia realtà associativa che Christian Papa

va a rappresentare non più il singolo territorio ma il sistema Lazio. Questo significa ampliare dall’interno lo spazio del confronto e rendere più forte la nostra voce in termini di riforme, cambiamenti e proposte. Oggi, con il passaggio in Unindustria, le aziende che magari operano nel settore turistico possono creare interrelazioni, ampliare lo spettro delle collaborazioni, rendere la provincia di Latina e le imprese che la rappresentano un unicum con quella Capitale che per troppo tempo abbiamo visto lontana. Penso al turismo, Roma è un attrattore costante di turisti che provengono da tutto il mondo e che pensano magari che ilo Lazio finisca nello spazio compreso tra il Colosseo e i Fori imperiali. Creare contatti significa mettere in campo progetti che possono far confluire quei turisti anche nella nostra provincia che ha delle peculiarità uniche, un mare stupendo, una natura ancora incontaminata ma che non siamo capaci di sfruttare come dovremmo per farci conoscere e per crescere. Oggi sento parlare di delocalizzazione, di lasciare il proprio Paese per cercare fortuna altrove. Io credo nella provincia di Latina, nella comunità che la rappresenta, credo nel sistema Italia. Ma dobbiamo cominciare, come imprenditori a pensarci parte di uno stesso ingranaggio. Quello che delude forse è proprio questo. Il fatto che ciascuno si muova come se fosse una monade. Sono convinto, e mi sia concesso il paragone con le automobili, che se ciascuno di noi lavorasse verso lo stesso obiettivo come i componenti di una automobile, raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati potrebbe essere più semplice. I danni che la recessione ha inferto al settore industriale sono tanti ma se smettiamo di seguire logiche localistiche, individuali e cominciamo a pensarci grandi come sistema che ha il coraggio di fare delle scelte e di portarle avanti la nostra provincia, la provincia di Latina, sono certo che tornerà ad essere la terra in cui la speranza del domani e la voglia di investire faranno da perno ad uno sviluppo che è tutto, tranne che impossibile dall’essere raggiunto.


L’ultimo luogo comune, quasi consolatorio: Frosinone è messa peggio di Latina

sPaRta

PianGe PiÙ Di

atENE

Edilizia selvaggia, impoverimento culturale, perenne intasamento stradale Il capoluogo ciociaro disastrato da una politica scellerata

La frana del Viadotto Biondi

O

di santa PaZiEnZa

gni centro urbano e ogni comunità hanno una storia e un’evoluzione differenti. Le peculiarità sono legate strettamente alle persone che hanno fondato e sviluppato quel nucleo urbano, esprimendo nella struttura cittadina e nelle abitudini il grado di civiltà e di capacità di convivenza. E’ vero che la conoscenza profonda delle dinamiche sociali

è una prerogativa di coloro che sono nati in quella determinata città o paese, ma è altrettanto vero che questa intimità porta anche ad una critica poco obiettiva, limitata al perimetro e al vissuto locale, che non consente confronti di più ampia portata. Spesso ci si lamenta del posto in cui si vive, che si frequenta con quotidianità. E quei difetti, anche piccoli, subiti ogni giorno diventano macroscopici. “Qui non funziona nulla”, “Non ci sono

servizi”, “C’è troppo traffico”, “La fila negli uffici era interminabile”, “Le strade sono sporche”. Quante volte sono state pronunciate frasi come queste? Innumerevoli. Lamenti, constatazioni, rassegnazioni, ribellioni. Nei discorsi comuni con i conoscenti, negli sfoghi con i propri familiari, in manifestazioni organizzate. La propria città è da cambiare assolutamente. La vivibilità è compromessa, basta con gli annunci politici ora occorre fare i fatti. Non pensando che i fatti, almeno nel vivere comune, possono farli anche i cittadini. Che al di là di rabbia e autocommiserazione hanno uno strumento efficace e pungente quale la denuncia sociale, oppure il retto e rispettoso comportamento negli confronti degli altri e dell’ambiente in cui si vive. Ma magari accade che proprio mentre ci si lamenta, si getti una lattina in strada o si tenga la macchina accesa in centro per sfoggio. Oppure si costruisca una casa senza chiedere il permesso. Le contraddizioni possono essere considerate un luogo comune, che superando le diversità antropologiche e geografiche, accomunano più o meno tutte le città italiche. Compresa una vicina di casa con la quale Latina gestisce un rapporto di amore e odio da sempre. Frosinone dista dal capoluogo pontino una sessantina di chilometri. Si trova dietro la catena montuosa dei Monti Lepini. Clima e geomorfologia diverse, radici e cultura differenti, economia mista tra agricola e industriale, un po’ come nel


territorio latinense. Eppure, anche a Frosinone i paradossi sono lampanti e forse di maggior peso che a Latina. Se l’aspetto urbanistico di Latina è stato adulterato da torri svettanti che oltraggiano sprezzanti i più bassi edifici storici e più classiche palazzine residenziali, a Frosinone il contrasto è ancora più forte con due grattacieli di vetro (il più alto è quello di De Matthaeis) e il palazzo dell’Agenzia delle Entrate. Si ergono tra palazzine di più piani risalenti agli anni Sessanta e Settanta, che a sua volta si alternano a casupole di fogge e altezze varie, tutto nel più assoluto disordine generato da un incontrollato e non calmierato sviluppo della città. Se Latina ha una pianta regolare che le ha conferito una base di logica urbanistica, con una piazza centrale e una rete geometrica di strade laterali, Frosinone ha esteso le costruzioni dalla parte alta a quella bassa dopo i bombardamenti che hanno spazzato via edifici di pregio storico notevole. La ricostruzione è stata forsennata e non ha valorizzato la parte più antica che è stata disseminata di palazzine residenziali stridenti con il contesto e sorte come funghi anche in posizioni a rischio idrogeologico. Emblema di uno scempio estetico, che ha avuto gravi ripercussioni sul commercio e sul turismo, è il palazzo delle Poste di piazza della Libertà dirimpettaio della Prefettura. Quest’ultimo ha

conservato un’architettura d’epoca, mentre i locali moderni e privi di anima delle Poste hanno sostituito il vecchio Municipio, Palazzo Berardi, elegante e raffinato nel suo stile ottocentesco. Il disordine edilizio non ha consentito una pianificazione stradale, limitando al contempo gli spazi per parcheggiare o realizzare aree verdi. E qui il paradosso: dov’era la politica in quegli anni di repentino

cambiamento? E i cittadini, ovviamente le vecchie generazioni, come hanno contribuito alla crescita armoniosa della città? Come sono andate le cose è sotto gli occhi di tutti: una città brutta e caotica, strade ad anello e intasate, pochissimi giardini e servizi. Ora si sta cercando di tamponare il danno, ma è pressoché impossibile. Non ha senso lamentarsi per qualcosa che è stato consapevolmente sbagliato dall’inizio. E se gli obiettivi continuano ad essere la sfilata sull’automobile di lusso, la nuova borsa da mostrare o il terreno da lottizzare e sfruttare a fini affaristici ma senza limiti, Frosinone sarà ancora più brutta e più invivibile, e anche meno appetibile da un punto di vista economico. L’impoverimento culturale della popolazione, il disinteresse o interessi non collettivi ma particolaristici, sembrano essere coincisi con un regresso sociale ed economico. Ne sono stati la causa. Prendere coscienza di questo può aiutare anche Latina ad orientarsi verso le scelte future, ad arginare ulteriori danni e valorizzare e capitalizzare risorse sottovalutate o calpestate. Come il Lido, anche questo sottoposto ad un bombardamento costruttivo deturpante, o i canali la cui navigabilità non è utopia. A rendere più efficiente e decorosa una città che non ha ancora perso la dignità e la voglia di civiltà. Forse guardare un po’ più in là aiuta a migliorarsi.

Il confronto tra grattacieli ALTEZZA MEZZA BELLEZZA Grattacielo Edera Ubicazione anno di inaugurazione Piani altezza ascensori Progettista Costruttore

Piazza De Matthaeis 1968 21 81 m 3 ing. Adriano Cerasi Cataldi – De Cesaris

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ZERO VACANZE

Tante idee per il tuo viaggio

Kenya, magia africana Tra le mete più gettonate anche quella di Zanzibar di PASQUALE DE ROSA

Iniziamo il nostro viaggio nel mondo “viaggi e vacanze” proponendo due paesi esotici differenti per tradizione e caratteristiche, ma allo stesso modo affascinanti e assolutamente da scoprire: da una parte il Kenya, meta classica tra i paesi africani, dall’altra l’isola di Zanzibar sempre più scelta tra i posti ideali per godersi un po’ di relax e riposo. Il nostro esperto, Angelo Massa titolare dell’Agenzia Vivere e Viaggiare, ci fornisce qualche consiglio e alcuni suggerimenti utili riguardo a questi due luoghi incantevoli. Il Kenya, facilmente raggiungibile con un volo charter, ha nel safari il suo punto di forza ed è un’esperienza asso-

KENYA

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lutamente imperdibile: immersi nella natura con la possibilità di vivere tutti gli animali (leoni, coccodrilli, elefanti, rinoceronti, ecc…) liberi nel loro habitat è qualcosa che ti resta dentro per sempre. E’ consigliabile la destinazione Watamu, a breve distanza da Malindi. L’isola di Zanzibar, bagnata dall’Oceano Indiano, possiede un mare spettacolare, famoso per il fenomeno dell’alta e della bassa marea. Le sue spiagge sono bianchissime e lunghissime e la presenza della barriera corallina rende ancora più bello il paesaggio marino. Kiwengwa è una delle mete preferite per queste caratteristiche e la visita a “Prison Island” è assolutamente imperdibile per la presenza delle sue tartarughe giganti. Partenze dal 14 al 28 Febbraio Partenze dal 01 al 14 Marzo Partenze dal 15 al 28 Marzo

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ZERO LIMITI

Il mondo della notte

Una stagione da grandi numeri Il 22 febbraio arriva Quentin Mosimann di MAURO BRUNO

Sempre più efficace la new era del 24. La nuova stagione caratterizzata da eventi e sorprese continua a vele spiegate anche in questo 2014. Successi scritti ed inaspettati, ma soprattutto volti del cinema e della Tv che hanno regalato momenti di divertimento e principalmente numeri da grandi eventi. Gabriel Garko ha superato fino ad ora tutte le migliori aspettative ed ha dimostrato di essere il vero sex symbol del momento. Una nutrita platea di donne è accorsa proprio al 24 per ammirare da vicino il bellissimo attore piemontese. Anche Raoul Bova comunque qualche settimana prima aveva fatto registrare un buon successo di pubblico e il gradimento femminile anche in questo caso non si è fatto attendere. Gli ospiti musicali anche loro hanno dimostrato di essere l’ulteriore attrattiva della struttura di Rino e Mattia Polverino ed hanno dato modo ai più giovani di lasciarsi travolgere dalle proposte house più in voga. Ed il 24 forte dei successi passati non si fer-

ma e promette sorprese fino a maggio quando si inizierà a parlare di quella che sarà la stagione estiva 2014. Si arriverà a maggio comunque con tre mesi esplosivi proprio per consolidare ulteriormente il valore del 24 Twentyfour sul mercato provinciale, regionale e nazionale. La nota discoteca, infatti, aprirà nelle prossime settimane agli artisti internazionali. Sabato 22 febbraio salirà in consolle il fenomeno del momento, definito il nuovo David Guetta da molti addetti ai lavori. Attualmente è nella sessantanovesima posizione della classifica dei migliori deejay al mondo. Si tratta del top dj internazionale Quentin Mosimann. Per far capire i numeri del suo successo basta citare i quattro milioni di visite delle sue pagine web, 90mila fan su facebook e

100mila download settimanali della sua musica. Numeri che sottolineano l’estro e la capacità di questo dj che è anche cantante e musicista e che ha orgini francesi. Insomma qualcosa da venire ad ascoltare perché eventi di questo genere si ripetono non certo in modo cosi frequente. 02.2014 | NUMERO ZERO | 93


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ZERO ARTE

Cultura, fotografia e pittura

laranarossa si mette in mostra Sono in programma per la primavera nuovi incontri e workshop a tema per migliorare le proprie conoscenze di PATRICIA SAURINI

Da alcuni anni il territorio Pontino offre la possibilità di conoscere l’arte da vicino attraverso moltissime manifestazioni, dalle mostre nei luoghi istituzionali, come il Palazzo M, Il Garage Ruspi, L’Opera Nazionale Combattenti, quelle nelle gallerie private, ma anche in altri luoghi come caffè o ristoranti, assistiamo ad un fermento artistico che ci permette di conoscere bravissimi artisti locali e nazionali. Diverse le gallerie che in questi anni hanno aperto le loro porte proponen Tu devi diventare il paesaggio per interpretarlo... e in questa simbiosi non illustri ma crei”. Franco Fontana “Io uso il grandangolo. Con il tele-obiettivo puoi rubare meglio le situazioni... ma io ho bisogno di essere vista quando faccio la foto, di essere sputata in faccia... altrimenti non siamo alla pari!” Letizia Battaglia “Se uno scopre qualche cosa lo fa nel periodo dell’infanzia o della prima adolescenza... e uno va sempre lì a scavare in quella piccola miniera, nella speranza di trovare un’altra pepita”. Ferdinando Scianna

do l’arte in tutte le sue forme, dando un respiro più ampio alla nostra personale conoscenza. laranarossa GALLERY è una di queste. Inaugura l’11 dicembre del 2010 con una personale di Ersilia Sarrecchia dal titolo “Riflessioni Urbane” dedicata a Latina, sua città natale. Gli spazi della galleria, che sono concepiti inizialmente come showroom de laranarossa DESIGN e spazio contenitore della produzione artistica di Ersilia, diventano in pochissimo tempo una galleria di arte contemporanea di riferimento, sia nella nostra città che in ambito nazionale. In tre anni di attività vengono ospitate moltissime mostre collettive e personali di artisti emergenti, italiani e stranieri. La ranarossa GALLERY ha ospitato nel maggio scorso, la personale del grande artista Normanno Soscia, che non esponeva a Latina da quasi un ventennio. Parallelamente all’attività espositiva, la galleria ha proposto iniziative a scopo benefico, come l’asta dedicata alla LAV di Modena, con la quale ha sostenuto canili e gattili terremotati, l’asta a sostegno del Centro Donna Lilith, e l’asta realizzata in collaborazione con l’Associazione Michè per sostenere un centro culturale in Tanzania. E’ stato proposto lo scorso anno il “Tè ad Arte”, con la storica dell’arte Francesca Piovan, attraverso un calendario di appuntamenti e l’au-

silio di proiezioni, si è delineato un percorso all’interno del mondo della storia dell’arte contemporanea Dal mese di novembre scorso laranarossagallery di latina ha iniziato delle nuove attività formative. Sono iniziati così dei corsi di fotografia tenuti dal fotografo romano Filippo Trojano, attivo già da alcuni anni nel territorio pontino, che intrecciano la fotografia ad altre arti come il cinema, la pittura, la musica, la poesia. Un modo nuovo e diverso di approcciare alla fotografia con uno sguardo che vada ben oltre un approccio tecnico. Oltre ai corsi che vanno da un livello base a corsi di secondo livello ed avanzati a progetto, vengono periodicamente organizzati caffè fotografici e workshop tematici con fotografi internazionali e professionisti del settore. I caffè fotografici sono degli incontri aperti a tutti gli amici della galleria e sono un’occasione per conoscere la fotografia e la storia di grandi fotografi italiani, in un’ottica non tradizionale, entrando nelle trame della vita degli autori, degli incontri e dei passaggi che sono stati fondamentali per gli sviluppi del loro lavoro e la loro arte. Dal lavoro di Franco Fontana, noto paesaggista emiliano il cui lavoro è stato intrecciato con quello di un giovane autore in mostra presso la galleria come Giovanni Bet, alla vita della nota fotografa siciliana di cronaca, Letizia Battaglia, fino all’ultimo Ferdinando Scianna. In programma per la primavera nuovi incontri e workshop a tema come quello col fotografo dell’agenzia LuzPhoto Simone Perolari e il primo Round Midnight, incontro tra fotografia e musica jazz; nuovi corsi per principianti e fotografi già di esperienza che vogliono approfondire e migliorare le proprie conoscenze. Seguiteci ogni mese vi faremmo viaggiare con noi e scoprire le multiple realtà della nostra città. 02.2014 | NUMERO ZERO | 95


BAINSIZZA

Il Borgo estremo L’originario Piano Rosso, luogo di confine con il territorio cisternese, intitolato alla storica battaglia slovena L’ombra dei Casalesi l’unico neo di un posto architettonicamente ancora integro di riccardo angelo colabattista

Un borgo di confine con un nome pesante. Così si può sintetizzare la storia di Borgo Bainsizza fondato nel 1933 tra Borgo Montello e Borgo Santa Maria, nel territorio di confine con il comune di Cisterna di Latina. Bainsizza, a differenza di altri borghi, non ha sofferto moltissimo l’espansione urbanistica ma soffre, come i borghi limitrofi, la presenza della discarica,

presente a meno di due chilometri. Oltre a questa scomoda vicinanza, il borgo accoglie una squadra di calcio, una chiesa, la scuola e tutti i servizi primari che tengono vivi gli agglomerati periferici. Il borgo, che occupa una delle zone più proficue per la coltivazione di vigneti, è caratterizzato, nel suo nucleo storico, dagli edifici risalenti agli anni della bonifica.


la storia del dottor Fabiano e la scuola La scuola di Bainsizza è entrata a far parte dell’Istituto Comprensivo dedicato a Vito Fabiano appena due anni fa, nel 2012. Questo circolo comprende anche le scuole presenti a borgo Sabotino e Borgo Santa Maria. Ma chi è stato Vito Fabiano? Il personaggio a cui sono dedicate le scuole dei tre borghi è stato il primo medico condotto arrivato a Littoria nei primi anni della bonifica della pianura pontina, ed è unanimemente riconosciuto come uno dei più importanti personaggi della storia della città di Latina. Nato nel 1896 a San Sossio Baronia, in provincia di Avellino, fu “uno di quei medici che concepiva quella professione come una missione”., per usare le espressioni di chi lo ha conosciuto e accompagnato nel suo lavoro e in tutta la sua vita, fino alla morte avvenuta nel 1974.


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Località Piano Rosso, la triste ombra dei Casalesi Borgo Bainsizza sorse nel 1933 in località Piano Rosso, che oggi è ricordata da una strada che la divide da Borgo Montello. Di quel luogo originale, rimane solo il ricordo ed una piccola frazione presente proprio al confine tra il Comune di Latina e quello di Cisterna. Il nome, Piano Rosso, deriva dal colore della terra dove è sorto e che era presente già prima della bonifica integrale. A testimonianza di ciò, ci sono le mappe seicentesche dei duchi Caetani di Sermoneta che, tra i cerreti e gli scopeti della Macchiagrande, trovarono reperti neolitici villanoviani. Oggi la località Piano Rosso è tornata in auge per una questione poco edificante. Si è fatto il suo nome nel documento presentato da Legambiente Latina e dall’associazione Libera alla Procura della Repubblica per approfondire l’eventuale presenza del clan dei Casalesi nella zona, motivata dal ritrovamento, in un terreno confiscato proprio alla cosca camorristica, di un ingente numero di sacchi marchiati Banca d’Italia contenenti monete di vecchie lire. Un fatto che ha allarmato la popolazione del borgo e le frazioni vicine.

di Pertini, nel frattempo diventato Presidente della Repubblica, venne recapitata al diretto interessato.

Il nome deriva La chiesa dal colore della terra già prima della bonifica dedicata a San Francesco I duchi Caetani Ciò che caratterizza borgo Bainsiztrovarono za, a differenza di molti altri, è il suo nucleo storico che si è conservato reperti neolitici in maniera dignitosa. Dall’attuale

il fiume in più punti su ponti di fortuna, ma lo sforzo maggiore venne fatto sull›altopiano della Bainsizza, la cui conquista aveva lo scopo di far proseguire l›avanzata e di rompere le linee austro-ungariche in due, isolando le roccheforti del Monte San Gabriele ed Hermada. La battaglia venne combattuta con il grado di Tenente anche da Sandro Pertini che, per aver espugnato con pochi uomini delle postazioni difese da mitragliatrici, venne proposto alla medaglia d’argento al valor militare. La medaglia non venne consegnata subito e anzi venne occultata successivamente dal regime fascista, avverso a Pertini. Solo nel 1985, su espressa richiesta

rotatoria, che segna il centro dello storico nucleo abitativo, si possono osservare molti degli edifici originali costruiti negli Anni Trenta. Il centro d’interesse della comunità è rappresentato dalla chiesa dedicata a San Francesco. Un complesso disegnato dall’Ingegner Enzo Feudi e costruito nel 1933 con mattoni rossi e travertino, in stile neo romantico e con un piccolo portico ad archi e rosone. Una scelta stilistica che si discosta di molto rispetto alle altre chiese costruiti agli inizi degli anni trenta. All’interno della chiesa si può osservare un bellissimo affresco del pittore rumeno Valentin Timofte. L’opera è dedicata al Cantico delle Creature in terra pontina. Insomma, un piccolo gioiello di borgo troppo nascosto tra le brutture di una cronaca attuale che ne scalfisce la bellezza originale.

Le battaglie sul monte Bainsizza a la presenza di Pertini Battaglia della Bainsizza (in sloveno Bate, in tedesco Batta) è un insediamento sparso della Slovenia, frazione della città comune di Nova Goriza. La battaglia della Bainsizza fu il proseguimento dell’undicesimo attacco dell’Isonzo e fu combattuta durante la Prima guerra mondiale (17 agosto – 31 agosto 1917) sul fronte delle operazioni italiano, fra l›esercito tricolore e quello austroungarico. Gli italiani attraversarono

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Assistenza e cura degli anziani

Conoscere il nostro cervello per invecchiare con successo a cura della dott.essa Maria Silvaroli

“Dott.re ho l’alzheimer?” è questa la domanda che pazienti sani, anche prima dei 65 anni rivolgono ai loro medici quando si accorgono che la loro memoria non è più la stessa. Il cervello è un organo del nostro corpo e come tutti gli organi può andare incontro a processi di invecchiamento dovuti all’età. L’alterazione della memoria è il sintomo che maggiormente si può osservare nelle persone anziane che spesso lamentano di non ricordare eventi recenti e di “avere sulla punta della lingua” un nome di una persona familiare. Tutto questo è il segno di un normale invecchiamento e non un sintomo, come molte persone credono, di una patologia clinica come la malattia di Alzheimer o altre forme di demenza senile. Quando si parla di invecchiamento normale, altrimenti detto fisiologico, si intende un tipo di invecchiamento nel quale le prestazioni mentali di un soggetto anziano, se pur ridotte rispetto a quelle di un adulto, rientrano comunque nei valori medi delle prestazioni della maggioranza degli anziani sani della stessa età. Alterazioni della memoria, infatti, possono dipendere da diversi fattori quali stress, depressione o essere la conseguenza dell’alterazione di altre

funzioni cognitive come l’attenzione. Non tutti invecchiamo allo stesso modo e mentre la maggioranza delle persone anziane va incontro ad un invecchiamento fisiologico, una piccola minoranza di soggetti anziani nonostante l’età avanzata presenta prestazioni fisiche e mentali non diverse da quelle di soggetti adulti. Per questi rari ma fortunati individui si parla di invecchiamento di successo, poiché restano mentalmente più integre di molti loro coetanei che pur essendo sani, presentano in misura maggiore i segni fisici e mentali dell’invecchiamento. Sicuramente sulla qualità e la velocità dell’invecchiamento fisico e mentale di una persona influiscono fattori genetici, ambientali e patologie cliniche. Numerose ricerche hanno dimostrato come mantenere uno stile di vita sano e mantenere la mente attiva possa rallentare i processi degenerativi e svolgere una azione protettiva nei confronti della demenza. In attesa di interventi miracolosi in grado di modificare il corso dell’invecchiamento o della scoperta dell’elisir di lunga vita, modificazioni dello stile di vita insieme alla prevenzione e alla cura di stati patologici come l’ipertensione arteriosa, il diabete, il colesterolo, possono aiutarci a conservare più a lungo possibile nel tempo le nostre facoltà mentali. 02.2014 | NUMERO ZERO | 101




ZERO TITULI

Sport e tempo libero

la Scherma a latina una realtà in crescita di gianluca amodio

Fino a qualche anno fa, sembrava un sogno avere una palestra interamente dedicata alla scherma a Latina. Tanti anni di sacrifici, ospiti di palestre scolastiche, con il conseguente disagio di dover montare e smontare gli impianti per tirare quotidianamente. Dopo questi patimenti, finalmente il Centro Scherma Latina ha un suo palazzetto, e sta divenendo sempre più un punto di riferimento schermistico a livello italiano. Grande merito si deve al Direttore Tecnico, il Maestro Gianni Pappone, che da tanti anni, con grande determinazione e passione ha fatto nascere e porta avanti questo meraviglioso sport nella nostra città. Due le specialità che vengono praticate: Il fioretto e la spada. Due armi “di punta”, diverse tra loro per peso, grandezza e tecnica esecutiva, ma estremamente appassionanti nel modo di usarle e di insegnarle. Il fioretto è un’arma convenzionale (ovvero risponde a regole di precedenza di attacco e difesa specifiche) a lama quadrangolare, lunga e flessibile, destinata a colpire con la punta, 104 | NUMERO ZERO | 02.2014

che è protetta da un bottone. Ha lunghezza massima di 110 cm (non più di 90 cm di lama) e peso non superiore a 500 g. Negli assalti di scherma il bersaglio valido va dal collo alla linea inguinale, escluse le braccia. Il fioretto è munito in punta di un contatto elettrico che aziona un segnale ottico-acustico quando tocca il bersaglio. La spada è un’arma dritta, non convenzionale (ovvero il primo che tocca l’avversario prende il punto) lunga al massimo 110 cm, del peso inferiore ai 770 g, a sezione triangolare con due facce piane e una scanalata. La spada è fornita di un bottone protettivo e di una coccia (un emisfero che protegge la mano); negli incontri, fin dal 1939, si usa la spada elettrica attrezzata con un dispositivo elettrico collegato al bottone posto in cima alla lama: quando il bottone tocca l’avversario, la pressione d’urto stabilisce il contatto che fa accendere una spia colorata posta su un apposito tabellone. Tanti gli atleti che ogni giorno praticano questo sport: si va dalla scuola scherma, con bambini dai 6 ai 9 anni, fino alle categorie assoluti e master, con persone che pur essendo adulte, trovano una dimensione agonistica e

hanno tutte le possibilità per divertirsi con questo sport. Gli atleti del Centro Scherma Latina, partecipano ogni anno a tutte le gare ufficiali, nazionali ed internazionali, che il calendario della Federazione Italiana Scherma e il Comitato Regionale Lazio fissano ad inizio anno. I risultati sono sempre motivi di prestigio per la Società, i successi arrivano puntuali nelle categorie Giovanissimi Under 14 e nelle categorie Cadetti, Giovani ed Assoluti. Valentina Cipriani, atleta ora in forza al Gruppo Sportivo dell’Aeronautica Militare è un grande esempio di come anche in provincia si possano formare grande campioni. Amedeo Contestabile, entrato a fare parte della Nazionale Under 20 da quest’anno, continua a collezionare ottimi risultati in coppa del mondo e nelle competizioni di categoria a livello nazionale. Così come Arianna Pappone e Federica Panfilio, giovanissime promesse che stanno emergendo sempre di più a livello nazionale, con piazzamenti sempre al vertice delle classifiche e dei ranking. Risultati ottenuti seguendo quella che da anni rappresenta la filosofia e la metodica di lavoro del Centro Scherma Latina: il lavoro di staff. Al coordinamento del Maestro Pappone, si aggiungono gli Istruttori Nazionale Fosco Esposito e Denni Fergnani, responsabili del Settore Spada, il preparatore atletico Prof. Andrea Cipriani, e Angela Troplini per la parte amministrativa del Centro. Impegno che non si ferma nel Palascherma di via Aspromonte, ma che entra nelle scuole. Già da qualche anno il Centro Scherma Latina è un centro CAS (Centro di avviamento allo Sport) riconosciuto dal CONI, e da quest’anno ha aderito al progetto “A scuola di scherma”, proposto alle società italiane dalla Federazione Italiana Scherma, in collaborazione con il CONI, il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e con la partnership del brandKinder+ Sport, in cui si intende promuovere gratuitamente la pratica della Scherma presso le scuole primarie e secondarie. Il progetto partirà presso il plesso scolastico di Piazza Dante a Latina e sarà interamente curato dai nostri Istruttori. Per chi fosse interessato trova tutte le informazioni su www.schermalatina.it


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anno

Numero Zero Numero Zero ha aperto i battenti descrivendo la parabola del fenomeno discotecaro a Latina, dall’antesignana Noa Noa, e dal boom di Coliseum e Felix, fino all’avvento dei disco-pub. Nella stessa edizione ha raccontato i retroscena della preparazione dei Carri di Carnevale, la magia dei piccoli teatri latinensi e la difficile vita dei pendolari sul tratto ferroviario Latina – Roma. In ambito sociale ha descritto le difficoltà delle famiglie a rischio usura e le possibilità fornite ai giovani dai bandi europei. Il primo borgo trattato è stato Faiti.

FEBBRAIO 2013

MARZO 2013 Nella seconda edizione, in copertina è apparso un semaforo col rosso, simbolo del servizio sugli incroci più snervanti del capoluogo (al primo posto quello delle Autolinee). Per l’amarcord, è stata riproposta la storia delle emittenti radiotelevisive di Latina, iniziata da Tele Lazio e Radio Latina 1. Sul fronte inchiesta, si è parlato del caro affitti dei negozi del centro, dei posti dove fare la spesa al risparmio e del problema dell’acqua all’arsenico. Più leggeri i servizi sulle band musicali e sul lavoro dei panettieri, oltre quello su Tor Tre Ponti.

APRILE 2013 I negozi storici che hanno chiuso i battenti, da Pacchiarotti a Porfiri, sono il piatto forte di aprile, che propone anche l’attualità con il problema dell’erosione della spiaggia latinense. Di rilievo la testimonianza dei volontari che giunsero in Irpinia all’indomani del terremoto dell’80. Per le storie comuni, viaggio all’interno del Centro Anziani, su un comune bus dei trasporti urbani e inchiesta sui prezzi della benzina. Per gli amanti dei cani il racconto di un beagle alle prese con gli ostacoli della città. In più Borgo S. Michele.

MAGGIO 2013 Un succulento panino fa bella mostra nella copertina di Maggio. E’ testimone di due servizi antitetici: uno sul racconto degli anni 80 a Latina, dove impazzò la moda dei cosidetti paninari; l’altro simboleggia una delle pietanze più gradite dalla cittadinanza e servito in varie forme da pub e altri locali. Nella stessa edizione interessanti servizi sui grattacieli della città, sulle licenze degli asili, sulla massoneria pontina e sulle testimonianze dal carcere. Di grande impatto il ricordo dei giorni della guerra a Littoria. Fari puntati anche su Borgo Isonzo.

GIUGNO 2013 Come sarà Latina tra 100 anni? Se lo chiede Numero Zero nella copertina di Giugno. In quell’edizione si occupa delle leggende metropolitane della città, della tradizione dei bufali e dei monumenti del centro. Sul fronte gastronomico c’è un reportage sulle pizzerie latinensi per capire se prevale la pizza romana o napoletana. Chiudono il giornale il ricordo degli anni ruggenti sul litorale latinense e la sfida a tre per arrivare a Roma, tra l’automobilista, il passeggero in treno e quello in autobus. Il borgo trattato è Podgora.

LUGLIO 2013 La trionfale promozione in serie B del Latina calcio è celebrata nella copertina di Luglio, in cui si ripercorre la storia del club nerazzurro. L’estate inoltrata suggerisce i servizi sui chioschi del litorale e delle gite fuori porta, oltre che un servizio sulla moda da mare. Per l’amarcord si parla dei grandi processi del Tribunale di Latina e della storia della sinistra in città. C’è poi un reportage sul vissuto al Pronto Soccorso di Latina, tra file e richieste improbabili. Chiude il quadro, un affresco rievocativo sul Parco Arnaldo Mussolini.


Dodici mesi in apnea per una nuova informazione al servizio dei latinensi Le avventure di Numero Zero sono iniziate a Febbraio 2013. Usiamo il plurale, come si fa per descrivere le storie fiabesche, perché per certi versi sono stati dodici mesi da favola. L’interesse e la curiosità iniziale dei lettori si è strada facendo trasformata in approvazione, partecipazione e in alcuni casi anche in entusiasmo, che ci ha inorgoglito, oltre

ogni iniziale speranza. Non siamo propensi alle autocelebrazioni, l’unico merito che proviamo ad ascriverci è quello di aver tentato di raccontare la storia e le storie di Latina in una maniera diversa da quella comunemente descritta in altri ambiti e pubblicazioni, scegliendo argomenti mai compiutamente sviluppati in passato.

Nel ringraziare tutti i nostri lettori, i nostri amici sponsor, i redattori e i collaboratori che dietro le quinte hanno contribuito alla crescita di Numero Zero, riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo il nostro viaggio giunto al primo giro di boa, riproponendo brevemente le tematiche trattate nelle dodici edizioni prodotte prima di quella corrente.

AGOSTO 2013 Nel mese più caldo, la copertina di Numero Zero racconta l’affascinante storia dei pionieri dell’informazione della città di Latina. Sull’attualità i servizi sui vu cumprà in spiaggia, sull’ossessione delle zanzare, sugli splendidi scenari di Villa Fogliano e su Borgo Grappa. Per l’amarcord due argomenti agli antitesi: le visite storiche in città di personaggi famosi e il ricordo della partecipazione di Latina ai Giochi senza Frontiere. Argomenti molto scottanti quelli sulle convivenze nella via dei pub e sui cultori della Latina ciclabile.

SETTEMBRE 2013 La città raccontata attraverso l’operato dei sindaci campeggia nella copertina di Settembre. In questa edizione grande spazio lo merita il racconto parallelo di due storiche scuole latinensi, il Vittorio Veneto e il Liceo Classico Alighieri. Servizi più leggeri sui luoghi dove si appartano gli amanti, il club del burraco, il proliferare dei siti internet di informazione e la toponomastica cittadina. Profetica l’inchiesta sul degrado del Mercato coperto, da li a poco trasferito dalla sede attuale. E’ anche l’ora della festa di Borgo Carso.

OTTOBRE 2013 I tempi moderni della copertina di Ottobre si riferiscono a quelli di vacche magre dei cinema di Latina. La storia di Corso della Repubblica, prima via commerciale della città, ci riporta ai tempi della fondazione mentre quella di Satricum, addirittura al periodo etrusco. Storie e mestieri semisconosciuti emergono dai servizi sugli ausiliari del traffico, sui tassisti, sui volontari dell’Avis mentre il viaggio di notte nella città addormentata le consegna un volto assolutamente sconosciuto. Si parla anche di Q4 e Q5 e di Borgo Piave.

NOVEMBRE 2013 Numero Zero è ospite della Fiera degli Sposi all’Expo di Latina e la copertina è dedicata a questo evento. All’interno spiccano i servizi sugli Anni 90 in città, quelli in cui la criminalità alzò il tiro, e sulla mappa dei servizi utili alle mamme latinensi. Reportage interessanti all’interno dell’ufficio postale e nell’aula consiliare del Comune. Di diverso spessore il servizio sulla convivenza dei cittadini con i dispettosi piccioni e quello sulla scarsa conoscenza della lingua inglese in terra pontina. Chiudono il programma i problemi di Latina Scalo.

DICEMBRE 2013 Il mese natalizio non può non omaggiare il maestoso albero di Piazza del Popolo, che offre lo spunto per ricordare anche i compleanni della città ogni 18 del mese. I quartieri popolari sono ricordati con un servizio sulle storie vissute delle Gescal e di Villaggio Trieste. Sempre sul filone commemorativo, le storie di coraggio degli operai della Fulgorcavi e quella fantasiosa di Gusville, di diverso tenore quello sulle barriere architettoniche per i disabili. Leggere le radiografie di calciatori amatoriali e delle donne sportive e i racconti dalla biblioteca.

GENNAIO 2014 La vicende e i ritmi infernali delle commesse nel periodo natalizio catalizzano la copertina in stile Andy Warhol. Tanti servizi sul fronte rievocativo: dal grande esodo dei tripolini, alle vicende di Piazza del Quadrato fino alla riscoperta dei campetti dove una volta si improvvisavano partite di calcio amatoriali. Di più ampio respiro il servizio sulle Strade Migliare, sentito quello sulle storie di umanità del centro di accoglienza di via Villafranca. Concludono il quadro, l’hobby per la musica di Latina e le storie tese di Borgo Montello.


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