Numero Zero Magazine Aprile 2014 FR

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Tagliare la siepe, verniciare la ringhiera, invasare le piante, riparare una porta o una finestra, cambiare una lampadina, montare un armadio, costruire una dispensa, riparare un’anta o un accessorio, sostituire gli impianti del bagno, cambiare la rubinetteria, pulire i mattoni in cotto, disincrostare le ceramiche della toilette, dipingere un mobile, pitturare le pareti interne, decorare un paralume o un vaso... Gli interventi che la casa richiede sono infiniti. L’usura o l’arredo ex novo per chi non possiede manualità possono sembrare ostacoli insormontabili. Eppure la manutenzione in un’abitazione, che sia un vezzo o una necessità, è fondamentale. E il bricolage è diventata un’attività ordinaria, più agevole per chi è appassionato, ma altrettanto accessibile per chi presume di non esserne capace. E’ c’è chi del “fai da te” ne ha fatto una attività quasi professionale. Molte persone hanno deciso di condividere conoscenze e di trasmetterle agli altri, in modo da scambiarsi suggerimenti e anche materia prima. Una vera e propria community virtuale fa capo al sito http://casabrico.bricocenter.it . Un gruppo di 110 mila iscritti che confrontando le loro esperienze riescono ad ottenere risultati tangibili. Le fotografie, utili anche a capire come agire e quali tecniche utilizzare per le diverse circostanze, lo testimoniano. Anche il

gruppo di Frosinone si sta espandendo ed è sempre più nutrito di persone che amano eseguire i lavoretti di casa in proprio. Ma la community è anche e soprattutto off line. Gli scambi di esperienze ravvicinati e una valida guida si possono avere frequentando il punto vendita Bricocenter di Frosinone (situato in via Le Lame, davanti al centro commerciale Le Sorgenti) nel quale ogni settimana si svolgono corsi tenuti dagli stessi clienti. E sabato 12 aprile si è animato un vero e proprio laboratorio in occasione dell’Open Day, il primo evento dell’anno a cui seguiranno anche altre iniziative. “Noi di Bricocenter vogliamo recuperare il rapporto con i clienti, che sono prima di tutto delle persone che una volta acquistato il prodotto hanno bisogno di consigli e assistenza – spiegano Giovanni che è direttore del punto vendita e Donatella che è responsabile delle relazioni con la clientela – E’ un rapporto che si è perso col tempo e con i cambiamenti commerciali quello con gli acquirenti. E in questo settore è importante seguirli anche nella fabbricazione di un oggetto, nell’attività di giardinaggio o nel decoupage. I nostri clienti devono sapere che qui possono trovare gli utensili appropriati, ma anche

utili consigli. Insomma, che fanno parte di una comunità e che il rapporto con noi non finisce con l’acquisto della merce”. E in questa community del “fai da te” si sono create anche solide amicizie. Inoltre, e in questo momento vocato al risparmio è una nota positiva, per i frequentatori più assidui ci sono premi in buono sconto. Se avete un minuto, prima di afferrare martello e chiodi, cliccate su http://www.bricocenter.it

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L’editoriale

Uno scorcio della nuova piazza lungo Via Moro

L’identità che riunisce

Interesse per la nuova piazza e la spinta delle associazioni di SANTA PAZIENZA

Eppure è successo. È successo che oltre mille persone hanno espresso la loro opinione nel sondaggio curato dall’amministrazione comunale di Frosinone per intitolare una nuova piazza. Una sfida tra personalità disputata on line e che ha suscitato anche commenti politici riportati dalla stampa. Per dare un nome ai quei mille metri quadrati (opera compensativa della ditta che ha realizzato una nuova palazzina residenziale lungo Via Moro) si sono interessati in molti. Un piccolo risveglio alla vita collettiva. Un avvicinamento alla socialità e alla condivisione. Non che i frusinati fossero del tutto distanti dalla loro città, ma uno strato di apatia e di languore li ha allontanati dalla vita amministrativa. Da una parte la rocca e dall’altra il popolo. Una crepa forse acuita dalla spicciola quotidianità, forse da una politica finora troppo autoreferenziale. E un rinnovato coinvolgimento, seppure limitato alla scelta di un nome, si misura anche da questo. Anche se, entrando brevemente nel merito, fa riflettere constatare che non siano state proposte rappresentanti femminili. Bene, invece, l’opzione di una persona di rilievo appartenente alla comunità locale. A volte basta un cartello stradale per supplire ad omissioni didattiche o al disinteresse generale verso la storia

di un luogo affidata all’opera di ricerca di pochi. E stupisce come i programmi scolastici non contemplino parentesi riguardanti gli eventi che hanno contribuito a costruire l’identità di un determinato territorio, lasciando alla discrezione dei singoli (insegnanti, famiglie o istituzioni) l’organizzazione di iniziative occasionali. Anche il fermento associativo, legato alla cultura o ai diritti pubblici o all’assetto urbano, è sintomo di uno spirito di società più spiccato. Ma sulle questioni più spinose sono quasi sempre gli stessi a farsi avanti. La protesta per il pronto soccorso al collasso di qualche mese fa, ad esempio, sarebbe stata più efficace con un’adesione più ampia. Decisamente più estesa, invece, la famosa serata in Provincia organizzata dall’associazione Sei di Frosinone se... Ritrovarsi in maniera scanzonata lungo viale Marconi, passeggiata abituale delle generazioni giovanili frusinati, è stato divertente. Anche questo significa aggregazione, significa unirsi attorno a trascorsi comuni. Uscire dal lassismo e dalle incombenze quotidiane per riscoprire l’ambiente in cui si vive, relazionarsi con i concittadini e confrontarsi con gli amministratori, è un privilegio delle città non metropolitane. Isolamento e assenteismo non favoriscono una crescita concordata e limitano il piacere della democrazia.

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#9 // APRILE DUEMILA QUATTORDICI

IN QUESTO NUMERO 12

Le strade dei famosi

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Pizza collection

Alla scoperta dei personaggi che danno il nome a piazze e vie

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Napoletana, romana o ciociara I locali della regina del palato

Anni 80 in cronaca Gli eventi, le opere e le mode di un decennio da camaleonte

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58

Nel nome di Unindustria

62

Spesa allo specchio

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Mi tuffo e mi rituffo

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Frosinone 1 giugno 1944

Prospettive e disamine del presidente Davide Papa

Manie, atteggiamenti e debolezze dei frequentatori dei supermercati

Le piscine e gli impianti sportivi dove imparare e praticare il nuoto

L’incubo che precedette la liberazione della città

Magazine mensile di attualità, costume e società DIRETTORE RESPONSABILE Alberto Reggiani COORDINATRICE DI REDAZIONE Santa Pazienza

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COLLABORATORI DI REDAZIONE Maria Chiara Bisci, Cristina Delle Fratte, Pasquale De Rosa, Domenico Incollingo, Stefania Pusterla, Enrico Lampazzi PROGETTO GRAFICO // Giuseppe Cesaro IMPAGINAZIONE E GRAFICA // Giuseppe Cesaro FOTOGRAFIE // Claudia Mastracco EDIZIONE E PUBBLICITÀ CNS - LATINA Via Milazzo - Tel. 327.9713164 STAMPA Tipolitografica C.O.R.E. Via Tre Ponti, sc - Loc. Rezzole - 04022 - Fondi (LT) Registrazione Tribunale concessa

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Nomi blasonati o dimessi, figure politiche o religiose, eroi di guerra, innovatori culturali o rivoluzionari Chi sono i personaggi che danno un “senso” alla città e che ogni giorno indirizzano pedoni e automobilisti? Ecco una breve guida delle piazze e delle vie illustri di Frosinone

DOVE LA STORIA si fa... strada di MARIA CHIARA BISCI

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irare per la città e rivivere la sua storia, percorrere vicoli e strade come se sfogliassimo le pagine di un libro da cui si affacciano volti di persone che qui hanno vissuto, gioito, sofferto, lottato. Via Landolfi, piazza Diamanti, largo Turriziani: quante volte, ogni giorno, questi nomi costituiscono le coordinate del nostro vivere, sono le mete dei nostri spostamenti, punti di riferimento per ritrovarsi nel curioso Monopoli della quotidianità frusinate. Eppure, nonostante facciano parte, a pieno titolo, della vita di ognuno di noi, e ricorrano frequentemente nel nostro lessico familiare, queste parole, a volte, suonano sconosciute. Non ci si ferma a pensare che dietro ciascuna di esse si cela un mondo, si intesse una storia. Prima ancora che di strade, di vicoli o di piazze, sono nomi di persone che hanno vissuto qui, tratteggiando la fisionomia di questa città, e del territorio circostante. E allora, camminando per il capoluogo, possiamo sentire tanti racconti, cogliere trame che si intrecciano, in

luoghi e tempi diversi, immaginare ciò che è stato, e chiederci perché oggi ci siano via Fedele Calvosa o piazza Giuseppe De Matthaeis, e chi siano costoro, e cosa abbiano mai fatto perché la mappa della città contempli i loro nomi. Nella città di Frosinone molte vie sono intitolate ai martiri della guerra, ai caduti, a coloro che hanno lottato per la patria e la libertà sacrificando le proprie giovanissime vite, ma anche a personalità che hanno disegnato la vita stessa del capoluogo nel corso dei secoli, cimentandosi nelle arti, nell’architettura o nella letteratura. In ogni caso si tratta di personalità eccezionali, che hanno lasciato una preziosa eredità ai posteri, attraverso le proprie gesta eroiche, le proprie idee, lottando per un ideale o lavorando d’ingegno. Molti di questi personaggi, che sono un vanto per la terra che ha dato loro i natali, ma che appartengono al patrimonio collettivo, talvolta sono meno conosciuti in patria che fuori. Ecco perché li si vuole ricordare intitolando loro una strada, affinché i frusinati possano, anche attraverso il ricordo di chi ha contri-

buito a farla crescere, apprezzare di più questa città. Con la curiosità di un viaggiatore che, per la prima volta si trova nel capoluogo, intraprendiamo un tour alla scoperta di vicende che, a volte, hanno quasi dell’incredibile: perché agli occhi di un contemporaneo può sembrare assurdo che molti giovani, in passato, abbiano pagato con la vita quella libertà di cui oggi disponiamo a piene mani. Eppure, conquistarla non è stato affatto semplice. A due frusinati vittime delle violenze fasciste durante il Ventennio sono intitolate la strada che dalla provincia conduce verso via Ceccano, ovvero via Francesco Brighindi, ed il vicolo di Porta Romana, che ha il nome di Angelo Barletta. Al soldato caduto nel primo conflitto Giuseppe Acciaccarelli è dedicata la celebre via che conduce al liceo classico Norberto Turriziani. E di quest’ultimo porta il nome il largo su Corso della Repubblica: Norberto, figlio del Comm. Antonio Turriziani, morì giovanissimo in guerra in Trentino il 18 maggio 1916. Il padre decise di donare, in nome del figlio defunto, la somma


di lire 140.000 “per facilitare la istituzione in Frosinone del Regio Liceo Ginnasio”. E’ a loro che si deve la formazione classica di intere generazioni di frusinati. Poco distante sorge il palazzo della Provincia di Frosinone, che porta il nome del suo progettista, l’architetto Giovanni Jacobucci, cui è dedicata anche una strada del capoluogo, vicino al Fornaci Cinema Village. Jacobucci fu autore di diversi progetti importanti, e a 35 anni gli venne affidato il primo lavoro significativo: progettare la sede dell’Amministrazione provinciale di Frosinone. Seguirono il palazzo del Governo, la nuova caserma dei carabinieri e molti altri edifici pubblici della città. Ad un’altra figura che ebbe una grande rilevanza per lo sviluppo urbanistico del capoluogo ciociaro, Edgardo Vivoli, è intitolata la piazza ex Eca, in via del Cipresso. Vivoli fu ingegnere capo del Comune dal 1924 e suoi furono i progetti della scuola elementare del Tiravanti, del liceo Turriziani, del Campo Sportivo, della Banca d’Italia e di numerose altre opere pubbliche. La via che conduce al parcheggio del vecchio ospedale Umberto I porta il nome di Gino Sellari, nato a Frosinone nel 1919, sottotenente dell’esercito aggregato alle formazioni piemontesi di Giustizia e libertà. Venne arrestato dai nazifascisti, e dopo essere stato torturato venne fucilato a Ceva, vicino Cuneo, il 31 marzo del 1945. Si scrisse di lui: “Fiera giovinezza italica sdegnò ogni forma di viltà di fronte al tedesco invasore e impavido davanti ai carnefici affermò l’ideale di una Patria più libera e più grande all’alba della resurrezione di Cristo, assurgendo anch’egli nei cieli della gloria”. Stessa sorte ebbe Vincenzo Ferrarelli, cui è intitolata la via che dall’ex mattatoio conduce in periferia, in zona Maniano. Nato a Frosinone nel 1920, fu caporal maggiore dell’esercito e dopo l’8 settembre tornò in Italia. Insieme ad altri 4 partigiani venne fucilato vicino Cuneo nel 1944. Nel 1996 venne insignito della medaglia d’argento al valor militare alla memoria, “per aver partecipato a numerose, rischiose azioni, distinguendosi per coraggio e spirito combattivo.... Ferito e catturato, quando già gli sorrideva la libertà, affrontava la pena capitale con animo fiero”. Girando per il centro storico, lungo via Cavour, ci si imbatte in piazza Suor Maria Teresa Spinelli. Originaria di Roma, dove nacque nel 1789, Maria Teresa, ancora giovanissima, entrò a servizio della nobile famiglia romana degli Stampa e, al suo


1 seguito, nel 1809, lasciò Roma per trasferirsi a Ferentino. Qui si dedicò con abnegazione ad opere caritative ed assistenziali. Nel 1821 la giovane sentì una “chiamata” irresistibile: da qui ebbe origine la sua vocazione religiosa, che si tradusse in una intensa attività in ambito educativo. Stabilitasi a Frosinone diede vita ad una scuola privata, seguita da quella che fu la prima scuola pubblica femminile, ma anche la prima scuola pubblica del territorio, che richiamò più di un centinaio di fanciulle della città e del contado. Nel 1827 diede inizio alla Congregazione delle Suore Agostiniane Serve di Gesù e Maria. Suor Maria Teresa Spinelli si spense nel 1850. Il suo grande merito è di aver fondato il concetto di scuola pubblica: pubblica perché aperta a tutti, perché mantenuta dal denaro pubblico, perché in funzione del bene pubblico. Solo un’altra strada, in città, è intitolata ad una donna: si tratta di via Maria de Mattias, nella zona dello Scalo, dedicata alla santa nata a Vallecorsa nel 1805, fondatrice della Congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Gesù, il cui impegno si spese per l’istruzione e la catechesi delle giovani e delle madri. A poca distanza si trova largo Aonio Paleario, umanista e riformatore religioso originario di Veroli, dove nacque nel 1503, che fu impiccato e bruciato sul rogo come eretico. Ai patroni di Frosinone, San Silverio e Sant’Ormisda, sono dedicati due larghi lungo piazza Garibaldi. Silverio, figlio di Ormisda, nacque a Frosinone intorno al 480 e fu eletto papa nel 536. Sotto il suo pontificato venne

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5 1 - Maria De Mattias; 2 - Ernesto Biondi; 3 - Luigi Angeloni 4 - Luigi Valchera; 5 - Domenico Marzi

fondato l’ordine dei Benedettini. Per non sottomettersi al volere dell’imperatrice Teodora, papa Silverio fu relegato prima in Asia Minore e poi a Palmarola, dove morì di fame e di stenti nel 537. Ormisda, nativo di Frosinone, divenne diacono dopo esser stato sposato. Fu consacrato papa nel 514. Il fatto che padre e figlio siano stati papi costituisce un unicum nella storia. A pochi passi si trova piazza Emilio Diamanti, primo sindaco di Frosinone, dopo il 20 settembre 1870. Fece molto per il capoluogo, contribuendo, nell’arco di sette anni, a mutarne il volto. Avvocato, fu eletto dai ciociari nella Costituente della Repubblica Romana, divenendo uno dei politici più autorevoli di quel periodo della storia risorgimentale. Fu però duramente osteggiato dai suoi avversari ed esaurito il suo mandato andò in esilio volontario ad Alessandria d’Egitto, dove morì poverissimo, dopo aver dedicato la propria vita alla cau-

sa della libertà e della giustizia sociale. Ci riportano ancora all’Italia del Risorgimento le vie dedicate a Luigi Angeloni e Nicola Ricciotti. Il primo fu un patriota, nato a Frosinone nel 1759. Costretto all’esilio dopo la caduta della Repubblica Romana, Angeloni visse a lungo lontano dalla patria, portandola sempre nel cuore. La sua fama è legata soprattutto allo scritto “Sopra l’ordinamento che aver dovrebbono i governi d’Italia”, nel quale teorizzò come soluzione ai problemi di unità ed indipendenza la creazione di una confederazione italiana, idea che fu poi ripresa da Cattaneo e da Gioberti. Angeloni è stato definito “uno spirito grande”, sicuramente una delle più ferventi anime del Risorgimento. Grande patriota fu anche Nicola Ricciotti che, ardente seguace degli ideali mazziniani, fu ucciso dalle truppe borboniche. Amò la patria e per essa sacrificò la propria vita. Si ritiene che


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1 - Maria Teresa Spinelli; 2 - Giuseppe Acciaccarelli; 3 - Alberto Bragaglia 4 - Vincenzo Ferrarelli; 5 - Gino Sellari

la sua figura non sia stata debitamente apprezzata ed esaltata dalla storia: lui, di modesta famiglia, che gestiva un piccolo caffè a Frosinone, non esitò a lottare per una patria libera, contando su una grande generosità d’animo e su una grande ricchezza spirituale. Sempre nel centro storico del capoluogo si incontrano piazza Luigi Valchera e via Fratelli Maccari. Il primo (1881-1946) fu tra i fondatori del Partito Socialista e svolse attività di consigliere comunale e assessore sotto il sindaco Leone Vivoli. Alla fine della seconda guerra mondiale fu nominato presidente provinciale del Comitato di liberazione nazionale (Cln) e poi divenne sindaco di Frosinone, l’ultimo nominato proprio dal Cln. I frusinati fratelli Maccari sono considerati i più importanti esponenti di una scuola poetica nata a Roma tra la Repubblica Romana e l’Unità d’Italia improntata al ritorno alla tradizione letteraria illustre e ai classici. Giam-

battista e Giuseppe sono indicati dai critici dell’epoca come i fautori di una riscoperta del gusto classicista ispirato da un lato alla gentilezza dei versi greci, dall’altra alla poesia fiorentina del Duecento, con uno sguardo rivolto a Leopardi. Ad un altro martire della guerra è intitolata una delle viuzze del centro storico presso Porta Campagiorni: Don Luigi Morosini, sacerdote originario di Ferentino, giustiziato dai tedeschi a Forte Bravetta il 3 aprile 1944. La figura di Don Morosini è descritta nella sua essenza dalle motivazioni con cui, nel 1945, gli fu conferita la medaglia d’oro al valore militare alla memoria: “Sacerdote di alti sensi patriottici, svolgeva, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, opera di ardente apostolato fra i militari sbandati, attraendoli nella banda di cui era cappellano. Assolveva delicate missioni segrete, provvedendo altresì all’acquisto ed alla custodia di armi. Denunciato ed arrestato,

3 nel corso di lunghi estenuanti interrogatori respingeva con fierezza le lusinghe e le minacce dirette a fargli rivelare i segreti della resistenza. Celebrato con calma sublime il divino sacrificio, offriva il giovane petto alla morte. Luminosa figura di soldato di Cristo e della Patria”. A due passi si trova via Fratelli Bragaglia. Anton Giulio, Carlo Ludovico, Alberto, Arturo nacquero tutti a Frosinone sul finire dell’Ottocento. I più conosciuti dei quattro furono Anton Giulio che, tra le altre cose, partecipò ai primi movimenti futuristi col suo “fotodinamismo” e creò a Roma la Casa d’arte Bragaglia, e Carlo Ludovico, regista cinematografico, autore di oltre 60 pellicole in 30 anni di attività, che diresse tra gli altri Totò e i fratelli De Filippo. Arturo fu soprattutto attore e caratterista, che prese parte a film di Monicelli, Zampa e Blasetti, mentre Alberto si dedicò alla pittura e alla filosofia. Ad uno dei sindaci più illustri di Frosinone è dedicata una piazza lungo via del Carbonaro: Domenico Marzi (1876-1959), avvocato, fu tra i fondatori della sezione socialista di Frosinone. Ricoprì gli incarichi di consigliere e assessore comunale, fino a diventare il primo sindaco della città dopo la Liberazione. Avvicinatosi negli anni al Partito Comunista d’Italia, fu un fervente sostenitore della resistenza ciociara. Per due volte sedette in Parlamento. E’ intitolato allo scultore originario di Morolo il tristemente celebre viadotto di Frosinone “Ernesto Biondi”. Nato nel 1855, Biondi si fece presto conoscere fuori dai confini patrii con

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Da sinistra verso destra Daniele Paris, Nicola Ricciotti e Licinio Refice

la propria opera. Espose a Parigi, dove nel 1900 presentò l’opera I Saturnali, premiata con il prestigioso Gran Prix. Il presidente francese Loubet conferì all’artista ciociaro la Legion d’Onore. A Frosinone è possibile ammirare il monumento a Nicola Ricciotti e ai fratelli Bandiera, che venne realizzato nel 1910 ed ubicato davanti al palazzo della Prefettura. La zona bassa del capoluogo ciociaro, sviluppatasi in epoca più recente rispetto al centro storico, è sempre stata fondamentalmente imperniata su tre punti, attorno ai quali, negli anni, si è sviluppato il tessuto urbano. Si tratta di piazzale Giuseppe De Mattheis, della stazione con il suo piazzale Alessandro Kambo e di Madonna della Neve. Giuseppe De Matthaeis, nato nel 1777, secondo dei sette figli di Giacomo e Rosa Tagnani, fu animato dal desiderio di rinnovamento che anche in Ciociaria si avvertì durante la rivoluzione francese. Egli fu un rinomatissimo medico e a lui si deve un “Saggio istorico su Frosinone”, primo tentativo e forse uno dei più complessi e migliori di scrivere la storia della nostra città. Anche al nipote Giacomo è dedicata una via nella stessa zona. La famiglia De Carolis ha avuto invece un ruolo chiave che oggi è ricordato nella zona di Madonna della Neve, con la fontana e la via che portano proprio il nome della casata originaria di Pofi. Determinante nella costruzione delle ricchezze dei De Carolis, che fecero erigere il convento della Madonna della Neve, fu il marchese Livio, che fece realizzare la fontana che tuttora

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si trova di fronte alla chiesa. I De Carolis accumularono enormi ricchezze, ed un loro palazzo, fatto costruire appunto da Livio nel 1716, è sede del Banco Di Roma nella Capitale. A Livio De Carolis è intitolata la strada che conduce al cimitero di Frosinone. Piazzale Alessandro Kambo, antistante la stazione ferroviaria, porta il nome del membro della famiglia Kambo, la cui storia è legata all’antica casata Erskine della nobiltà scozzese. Alessandro Kambo (1779-1853), discendente dell’importante famiglia, condivise l’esperienza repubblicana a Roma insieme ai frusinati Luigi Angeloni e Giacomo De Matthaeis, fu ufficiale in Francia ed ottenne infine la condotta medica di Frosinone. Qui nel 1815 nacque il figlio Carlo che, con l’Unità d’ Italia, entrò a far parte del consiglio comunale di Frosinone. L’attività, che pochi conoscono e che lo appassionò fino alla morte, fu quella di ispettore degli scavi di antichità a partire dal 1877. La cappella gentilizia della famiglia si trova nella chiesa di San Benedetto. Ad un letterato della seconda metà del Seicento, Giambattista Grappelli, è intitolata la strada che da via Marittima conduce all’auditorium comunale Colapietro. Grappelli, nato a Frosinone intorno al 1650, fu membro dell’Arcadia con il nome di Melanto Arateo, nonché membro dell’Accademia degli Infecondi. Compose innumerevoli opere poetiche e di altro genere, oltre a molti libretti per oratori. Fu molto apprezzato dai contemporanei e lo si può considerare senz’altro una figura molto rilevante del suo tempo.

Il territorio di Frosinone può vantare di aver i natali a due grandi musicisti e compositori del ‘900. Uno di questi è Licinio Refice, che nacque a Patrica nel 1883, considerato tra i massimi riformatori della musica sacra all’interno del movimento suscitato da papa Pio X. La caratteristica del compositore fu di adottare per l’oratorio la lingua volgare per conferirgli una più diretta capacità comunicativa. Si fece conoscere in molti Paesi del mondo tenendo ovunque concerti. A Refice è intitolata una strada nei pressi della stazione del capoluogo, oltre al Conservatorio di musica della città. E proprio accanto a quest’ultimo si trova piazzale Daniele Paris, che del conservatorio fu il fondatore. Paris, pianista, organista, compositore (molto prolifica la sua collaborazione con la regista Liliana Cavani) e direttore d’orchestra, ha avuto un ruolo di primo piano negli anni ‘60 nelle vicende della Nuova Musica. La sua decisione, negli anni ‘70, di promuovere la nascita di una scuola di musica a Frosinone, divenuta poi conservatorio, ha mutato radicalmente la vita culturale della città. Altra personalità di spicco delle arti, oggi ricordata da una strada del capoluogo ciociaro, è quella dello scrittore originario di Pico Tommaso Landolfi, nato nel 1908. Calvino scrisse di lui che “aveva il dono di giocare con la lingua italiana e di poterne fare ciò che vuole”. Ed infatti ciò che contraddistingue l’opera di Landolfi è proprio l’uso originalissimo della lingua. Fu autore soprattutto di racconti e novelle e collaborò con prestigiose ri-


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1 viste. Morì nel 1979 per un enfisema polmonare. E’ intitolata al magistrato Fedele Calvosa la strada su cui si trova il tribunale di Frosinone. Questa è una storia recente, che riporta agli anni terribili del terrorismo, che fecero sentire tutta la propria tragicità anche nel Frusinate. Calvosa fu nominato nel 1972 procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Frosinone. Il magistrato fu ucciso la mattina dell’8 novembre 1978 in un agguato, mentre a bordo dell’auto di servizio si stava recando da Patrica nel capoluogo. Con lui morirono anche l’agente di scorta Giuseppe Pagliei, di Giuliano di Roma, e l’autista Luciano Rossi, di Sgurgola. Questa vicenda scosse profondamente non solo quanti conoscevano Calvosa, ma tutta la comunità, facendola piombare nell’incubo di uno dei periodi più cupi della storia d’Italia. Proprio su via Calvosa si trova la piazza dedicata all’avvocato Armando Riccardi, padre dell’artista Gian Carlo Riccardi. Eletto sindaco di Frosinone nel 1964, Riccardi fu apprezzato per la sua rettitudine morale e la sua onestà. Un’altra figura che ha avuto un ruolo determinante per lo sviluppo del capoluogo e che fu sindaco proprio prima di Riccardi fu Armando Vona, al quale è stato intitolato un tratto dell’ex asse attrezzato. Vona fu presidente dell’Ordine degli ingegneri fin dalla sua fondazione (1927). Tra le opere più importanti da lui progettate viale Principe di Piemonte, oggi viale Mazzini, per collegare il centro storico con la zona nuova del campo Sportivo, a metà degli anni 30. Fu consigliere e assessore

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5 1 - Armando Vona; 2 - Armando Riccardi; 3 - Padre Ignazio Barbagallo; 4 - Tommaso Landolfi; 5 - Fedele Calvosa

provinciale e poi sindaco del capoluogo dal 1960 al 1964. Ad una vicenda tragica e dolorosa ci riporta il nome di Armando Fabi, per tutti la strada dell’aeroporto di Frosinone. Armando Fausto Fabi, 30 anni, originario di Giuliano di Roma, era sergente maggiore dell’esercito. Fu tra i tredici aviatori italiani trucidati nell’eccidio di Kindu, nell’ex Congo Belga, in cui venne inviato nel 1961 un contingente delle Nazioni Unite per ristabilire l’ordine nel paese sconvolto dalla guerra civile. Insieme ai suoi compagni fu trucidato mentre portava rifornimenti ai caschi blu dell’Onu, perché scambiati per soldati nemici. Fabi e gli altri 12 aviatori furono pestati a sangue e furono trucidati da raffiche di mitra, i loro cadaveri vennero fatti a pezzi a colpi di machete. La notizia di quanto avvenuto giunse in Italia solo diversi giorni dopo e soltanto nel 1962 l’opinione pubblica ne venne a conoscenza. Nel 1994 fu riconosciuta alla loro memo-

ria la Medaglia d’oro al Valor Militare. Tanti altri frusinati hanno scritto, in questi anni, nuove pagine della storia di questa città. Ed altre strade si aggiungeranno alla mappa del capoluogo, per ricordarci chi siamo stati e chi siamo. A questo proposito non può mancare un cenno alla via intitolata a colui che alla città di Frosinone ha dedicato una minuziosa opera: Padre Ignazio Barbagallo, autore, negli anni ‘70, del volume “Frosinone – Lineamenti storici dalle origini ai giorni nostri”, fonte preziosa di notizie e spunti sulla storia e i personaggi della nostra città. Informazioni, notizie e immagini tratte da: “Frosinone – Lineamenti storici dalle origini ai giorni nostri”, di Ignazio Barbagallo; “La città è vuota e in rovina – La guerra a Frosinone 1943/1944” di Maurizio Federico e Costantino Jadecola; “Il futuro prevedibile” di Antonio Camilli.

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PAZZI F

di SANTA PAZIENZA e CRISTINA DELLE FRATTE

arina, acqua, sale, lievito. Ma in una pizza c’è molto di più. A cominciare dalla storia che perde le sue radici nell’alimentazione più arcaica, ci sono le abitudini di un popolo, lo stato di benessere o di ristrettezze, c’è la vocazione agricola di un territorio, ci sono aneddoti, ma anche molta sapienza. In una pizza c’è anche la maestria di un artigiano e la fantasia di un attento ristoratore. E poi c’è la voglia di convivialità, di consumare gustosi cibi stando insieme. E ancora l’economicità: una pizza non è un prodotto costoso, leggero per le tasche e per lo stomaco, se di qualità. A Frosinone le pizzerie non sono mai mancate. Al taglio o al piatto, negli

anni Cinquanta erano pochissime. Oggi, anche se ad un rapido conteggio non sembrerebbe, sono aumentate in maniera esponenziale. Ci sono locali che offrono esclusivamente pizza e altri invece che abbinano anche la ristorazione o il servizio trattoria. Ci sono attività storiche e altre più giovani, accomunate tutte dalla voglia di lavorare e di resistere alla crisi. Anche le varietà hanno subito un’evoluzione notevole, con produzioni differenti a seconda dell’impasto, della cottura e dei gusti. Alcuni prediligono una pizza più alta e soffice, altri puntano sulla fragranza e una pizza più sottile, facendo spostare l’asticella della similitudine un po’ verso Napoli e un po’ verso Roma. Anche la creatività gastronomica in-

cide non poco sulle scelte dei consumatori e quindi sull’attrattività di un locale. Senza contare l’ambiente e la cortesia che sono componenti non trascurabili. E quel servizio in più che fa la differenza. La gentilezza dei pizzaioli di Frosinone ci ha quindi consentito di realizzare questo servizio alla scoperta della regina indiscussa del palato, tra tradizione, innovazione e inventiva. Una sorta di mappa sui locali e la loro offerta per gustare una buona pizza al piatto e unire ad una sana alimentazione anche quel piacere irrinunciabile del cibo, base per gli sportivi, lussuria per i golosi e sacrificio per chi sta sempre a dieta ma che ogni tanto si lascia travolgere dalla tentazione. Insomma, per tutti coloro che sono pazzi per la pizza.


per la

PIZZA


FROSINONE BASSA La ‘mbriachella Ristorante Pizzeria Via Maniano, 203 Ventotto anni fa, quando Ennio Scaccia cominciò a lavorare con le bevande probabilmente non immaginava che la sua intraprendenza lo avrebbe portato a diventare un riferimento della ristorazione locale. Un po’ fuori mano, il locale dall’aspetto spartano nasconde genuinità e dedizione. Anche nelle pizze, impastate con farine doppio zero che mescolate a quelle di grano duro conferiscono una maggiore consistenza, c’è l’abnegazione di una famiglia che nell’accoglienza e nella cucina casareccia hanno riposto tutte le loro energie. La pizza de La ‘mbriachella è cotta al forno a legna ed è fina, assomiglia all’impasto romano. Quella che porta il nome della casa è in bianco con peperoncino, acciughe, mozzarella e prosciutto crudo. Ma l’orto di Ennio è sempre pronto ad offrire broccoletti, zucca e altre verdure di stagione ottime per una pizza, appunto, all’ortolana.

Luna Rossa Ristorante Pizzeria Via Maria, 300 Ci tengono a precisare, nel ristorante Luna Rossa, che la loro pizza non ha eguali in fatto di territorio e che è una pizza tutta ciociara. A cominciare dalle farine acquistate nei mulini di casa nostra e per finire con la mozzarella proveniente da un caseificio di Ripi. Ovviamente anche gli altri prodotti di condimento hanno una filiera corta. Dopo una lievitazione di 48 ore, dal forno possono venire fuori ben 65 tipi di pizza. La specialità è proprio la Luna Rossa con mozzarella di bufala, pachino e, aggiunti a fine cottura, prosciutto, rucola e scaglie

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di parmigiano. Le peculiarità sono innumerevoli, ma forse la variante più particolare è la pizza con la pera, il gorgonzola e la mozzarella, senza pomodoro. Ma il menù è tutto da esplorare e gustare perché la pasta della pizza si presta anche ad altre interessanti alternative da ritagliare in base alle proprie inclinazioni gastronomiche.

Esco Pazzo Pizzeria Strada Statale 214, 20 (nei pressi di Madonna della Neve)

Sottile e croccante, la pizza di Esco pazzo è per i buongustai on the road, quelli che amano la fugacità e la leggerezza. Forno elettrico per un impasto che assomiglia al metodo romano. Pizza di punta quella che prende il nome del locale: pomodoro, mozzarella, funghi, carciofini, alici, peperoncino a pezzi e uovo. Ancora più singolare quella con salame, prosciutto e verdure. Al metro o al piatto c’è anche la variante con la farina di Kamut, ottima nelle diete per diabetici e per chi ha problemi intestinali, come il colon irritabile. Tra le più richieste la Capricciosa, la Napoli e rughetta e parmigiano. Possibili anche i calzoni giganti. Sfiziosi i consigli di Sandro.


Sala dell’affresco

Sala della Roccia

Ristorante Villa Marcus di Veloccia Giuliana & C. SONNINO (LT) Via Morgazzano snc info@villamarcus.it

Giuliana 339.3370095 Silverio 339.3370003 Assuntina 339.3370004

Semplicemente unico Ristorante e Pizzeria Cucina Italiana per ogni esigenza, dal piatto ricercato alle deliziose pizze cotte a legna. Attenzione ai cibi senza glutine.

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Il peperoncino

Basilico Fresco

Pizzeria

Ristorante Pizzeria

Strada Statale 155 per Fiuggi

Piazza Antonio De Curtis

Forno a legna per il regno della pizza napoletana, quella con il cornicione alto. Quella consistente e morbida dalla cottura breve, che rimane pastosa in bocca e che si può condire al centro e farcire ai lati. Morbida e succulenta soprattutto se accompagnata da mozzarella di bufala fresca campana, pachino e foglie di basilico. Per chi ama l’abbondanza, anche il cornicione si può riempire a piacimento, meglio se con ricotta, broccoletti o altro genere di verdura. La pizzeria è poco distante da Madonna della Neve.

(di fronte alla Villa Comunale)

Un forno a legna tradizionale per accogliere impasti a lunga maturazione e ad alto contenuto proteico. Farine ricche di proteine vegetali e fibre, farine biologiche per l’ammiraglia del made in Italy. Una pizza classica italiana tra il morbido e il croccante. Mozzarella di bufala, pomodoro pachino e ovviamente basilico fresco per tingere di patriottismo un prodotto che rappresenta la gastronomia tipica mediterranea. Possibili ovviamente altre declinazioni anche con abbinamenti inusuali, come pa-

tate, scamorza e funghi porcini. Inalterato il gusto raffinato dell’impasto base che rispecchia la genuinità delle scelte di Giuliano.

Pepe Nero Ristorante Pizzeria Via Tiburtina, 174 Rigorosamente Napoli. Chi decide di mangiare una pizza da Pepe Nero, in via Tiburtina, sa cosa lo aspetta: bordi più alti e soffici e la parte centrale più sottile. Dei fratelli Liliana e Antonio Guadagno, originari di Caserta, da cinque anni questo posto sforna pizze, oltre 40 tipi, attenendosi alla tradizione campana, così come avviene negli altri ristoranti aperti in Italia con lo stesso marchio, tutti a conduzione familiare. “Ai nostri clienti piace molto – racconta Liliana - anche perché lavoriamo con una lievitazione a 24 ore per renderla digeribile. Importanti anche i tempi di cottura e la capacità del pizzaiolo di portare il forno alla giusta temperatura. Fondamentale poi il tipo di legna utilizzata. Noi ad esempio abbiamo scelto il faggio, che è tra i migliori”. Prodotti di primissima qualità è l’altra parola d’ordine: “Il fior di latte e pomodori pelati arrivano da Caserta - racconta Liliana - c’è poi il basilico, sempre fresco, e per finire l’olio, che deve essere extra vergine di oliva perché quello di semi, che pure qualcuno usa, ad alte temperature è dannoso per la salute”. Ma qual è la pizza che ha conquistato la medaglia d’oro? “La “Bufalina” - risponde la titolare – macchiata al sugo, con pomodorini pachino e, ovviamente, la mozzarella di bufala, che lasciamo scolare dalla mattina per evitare che annacqui la pizza”.

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Penelope Lounge Bar Pub Ristorante Pizzeria Via Tiburtina, 213 Sottile, ben cotta e croccante. Al lounge bar, pub, ristorante e pizzeria “Penelope” la pizza romana batte la rivale napoletana. Daniele Langella, giovane cuoco e pizzaiolo di Alatri, per i suoi clienti prende ispirazione dalla Capitale. “La stesura della pasta e la cottura - ci dice - sono fondamentali per ottenere la croccantezza dei cornicioni e la leggerezza del prodotto, che vuole rigorosamente il forno a legna. Da non sottovalutare, comunque, anche i tempi di lievitazione, che per me non sono mai inferiori alle 48 ore”. Non solo, perché parlando con Daniele, formatosi in uno dei corsi organizzati da Confartigianato, dopo aver lasciato l’università e un’esperienza da elettricista, scopriamo che nell’impasto a base di farina doppio zero, sale, lievito e acqua, aggiunge anche dell’olio extravergine di oliva: “Serve per rendere la pizza fragrante e ben colorita”. E non usa il mattarello: “E’ la mano di ciascun pizzaiolo a dare personalità alla pizza”. Ma qual è quella più amata? “La classica Margherita non ha rivali. Basta un po’ di fior di latte, pelati, sale, olio e basilico per ottenere il top del gusto, ma sono molto apprezzate anche la Biancaneve, con mozzarella e prosciutto, e quella con patatine e wurstel”.

I significati della parola 1 - Un utilizzo più esteso della parola pizza può essere fatto per un oggetto in seguito a schiacciamento: si è seduto sul cappello e l’ha fatto diventare una pizza. 2 – In maniera figurata riferito a una persona o una cosa terribilmente noiosa, insopportabile: quell’uomo è una vera pizza; che pizza, questo film! 3 - Nel gergo cinematografico, la

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scatola circolare in metallo in cui viene conservata e trasportata la pellicola di un film e, per estensione, la pellicola stessa. Per analogia, nella tecnica dei calcolatori elettronici, la scatola circolare, per lo più di materiale plastico, in cui viene (o veniva) conservato il nastro magnetico. 4 – Nel romanesco l’espressione “Te dò ‘na pizza ‘n faccia” significa ti prendo a schiaffi.


Gran Caffè Ariston Bar Ristorante e Pinseria Via Tiburtina, 31 Un nome storico per Frosinone che non è mai tramontato. Gran Caffè Ariston oggi non è sinonimo soltanto di colazioni o aperitivi, ma anche di qualificata e genuina ristorazione che ha accolto nel menù una novità assoluta per la città: la Pinsa romana. Risultato di un’operazione di archeologia gastronomica, la Pinsa era realizzata dai contadini della campagna romana che impastavano cereali, sale ed erbe aromatiche, e che poi mettevano sui carboni ardenti. Miglio, orzo, avena e ancora farro, progenitore del frumento. Con tale

impasto venivano prodotte focacce sottili e ovali, come descritto da Virgilio nell’Eneide, che i Romani utilizzavano come piatti per servire carni al sugo, oppure verdura o frutta. Un pasto offerto anche ai sacerdoti del tempio di Giove. Questa focaccia, dunque, era la sicura antenata della pizza, il cui termine deriva molto probabilmente da “pinsa”. In latino il verbo “pinsere” significa schiacciare, macinare, pestare. Le caratteristiche della Pinsa sono molteplici: il ridotto contenuto calorico grazie alle farine altamente proteiche unite alla lunga lievitazione ed una elevata idratazione; anche l’utilizzo della farina di soia, al posto di oli e grassi, abbassa il contenuto di lipidi e di calorie conferendo al prodotto friabilità; la farina di riso, invece, permette di fissare l’acqua all’interno del prodotto in

fase di cottura, la Pinsa sarà dunque croccante all’esterno e soffice all’interno; altro elemento fondamentale è la pasta acida di frumento (o pasta madre) che permette di conservare tutte le caratteristiche dell’impasto non alterando il sapore. Chi ha l’occasione di degustare la Pinsa del Gran Caffé Ariston potrà scegliere tra numerose opzioni e innovativi abbinamenti come la Nuvola (Base focaccia, insalata songino, spicchi d’arancia, olive nere e feta greca), Non ti scordar di me (base focaccia con mozzarella fusa, zucchine grigliate, stracchino, pancetta arrotolata), Semplicemente insolita (Zucchine, mozzarella di bufala e buccia di limone) o la PinsAriston (Funghi champignon, funghi pleurotus, funghi porcini, mozzarella allo zafferano).

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Glevum Steakhouse Pizzeria Bar & Grill Via Aldo Moro, 1 Marco viene da Napoli. E’ stato selezionato dai gestori di Glevum per offrire ai clienti sapori genuini. Per confezionare la pizza segue il metodo tradizionale prediligendo una lunga maturazione, anche di 72 ore. Sofficità e leggerezza per l’impasto da cuocere in forno, con legna di faggio o quercia, a 370 gradi. La pasta si scioglierà in bocca. Ancora più setosa se la pizza è con la panna, i funghi, il prosciutto e la mozzarella. Squisita la Boscaiola, la preferita di Marco che ci svela un segreto: se la maturazione non si compie bene, la pasta continuerà a lievitare anche nello stomaco richiedendo molta acqua e costringendoci a bere. Anche da Glevum la regina resta sempre la Margherita, anche se è ampia la rosa di opzioni da selezionare nell’accogliente locale che si trova alle spalle di piazzale De Matthaeis.

Re Ferdinando Trattoria Pizzeria Via Aldo Moro, 216 Nella trattoria-pizzeria Re Ferdinando di via Aldo Moro si respira aria partenopea. Ci basta fare due chiacchiere col titolare, il 37enne napoletano doc Enzo Civale. Cresciuto in una famiglia di chef di alto livello, Enzo ha deciso di rompere questa tradizione, dedicando la sua vita alla pizza e ottenendo numerosi riconoscimenti. “Da me si mangia la classica Napoli – ci racconta – che è molto apprezzata da campani, siciliani, calabresi e pugliesi, anche se col tempo i ciociari stessi stanno apprezzandola sempre di più”. “Fare la pizza è un’arte - asserisce con convinzione - Se in una serata ne sforno 100 stai pur certo che tutte si differenzieranno tra di loro per qualcosa, perché ogni volta è una creazione diversa. Non ci

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sono regole ferree, se non l’utilizzo di prodotti di prima qualità, come il fior di latte e la mozzarella di bufala che mi arrivano proprio dalla Ciociaria (Enzo bandisce categoricamente il formaggio a siluro e a pasta filante), un’attenzione particolare alla cottura, che deve essere al punto giusto in un forno che raggiunge anche i 600 gradi, e alla lievitazione dell’impasto che varia dalle 24 alle 48 ore per poter ottenere una pizza digeribile”. Lo mettiamo all’opera. Infila i guanti in lattice e inizia ad allargare la pizza

“con lo schiaffo”, tecnica che gli permette di eliminare la farina in eccesso. Passa al condimento e via in forno. La pizza, una Margherita, esce con i bordi alti, soffici e fragranti. Ma c’è un altro asso nella manica, il calzone alla Re Ferdinando, che ha due farciture: una interna, con mozzarella e ricotta di bufala e pomodori pachino, e una esterna che, oltre ai già citati ingredienti, prevede rucola, lonza e scaglie di grana. Pronti per una sfida da 700 grammi?


Glevum Mimì Antica Pizzeria Napoletana Via Giuseppe Mazzini, 64 Le farine che arrivano da un antico mulino napoletano, la lavorazione a mano, la maturazione con il lievito madre, la cottura di un minuto nel forno a 400 gradi e il cornicione anche di tre centimetri. E la pizza napoletana è servita. Al piano superiore della pasticceria, ecco la neonata pizzeria dal sapore tutto partenopeo. Forno a legna, con poche pizze alla volta, e lievito di birra quanto serve. L’impasto risulta cosi’ elastico e facilmente lavorabile, morbido tra i denti con il cornicione soffice e leggero. Anche il menù offre un segno distintivo con la pizza Paté: base con panna da cucina, prosciutto cotto, salame napoletano, crocchè sbriciolate (patate con pan grattato), mozzarella fior di latte e scamorza. Bianca con possibile aggiunta di pepe e parmigiano. Una trentina le varietà disponibili con l’alternativa del “panuozzo” farcito nei modi più svariati.

Il Cavallino Abruzzese Ristorante Trattoria Pizzeria

chiesto anche speck e tartufo. I sapori abruzzesi rispecchiano anche il timbro caratteriale della gente locale. “Il peperoncino viene molto usato in cucina e sulle pietanze. Mio nonno – ci racconta Giuseppe – faceva colazione con bruschetta al peperoncino e un bicchiere di vino rosso”.

Pizzeria “Da Salvo” Pizzeria Via Alessandro Ciamarra, 213 E’ qui che la tradizione napoletana viene portata avanti, con il nipote del più noto Don Gaetano (al secolo Gaetano Donnarumma). Erano gli anni Cinquanta quando la famiglia si trasferì a Frosinone, portando con sé la tradizione culinaria partenopea. Pizza compresa. Le farine arrivano da Napoli, sono autolievitanti. Impasto leggero con un risultato di media altezza. La pizza non è né fina né alta. La specialità consigliata da Salvo contempla pizza bianca con mozzarella, provola affumicata, salamino e parmigiano a fine cottura. Una leccornia per i più golosi. Ci sono anche le pizze che richiamano i piatti tipici, come la Carbonara. La pizza è bianca con pancetta, uovo sbattuto e pepe. Tra le

richieste più curiose dei clienti c’è la pizza Margherita con salame dolce e ananas.

Pizzeria “35 mm” Pizzeria Via Alessandro Ciamarra, 144 C’è l’imbarazzo della scelta nella pizzeria “35 mm”. Stefania ci accoglie in un ambiente ispirato al cinema (35 millimetri è il formato di pellicola) e dà inizio allo spettacolo. Farine partenopee, maturazione anche a 36 ore, forno a 400 gradi. L’impasto è tendente a quello napoletano, morbido ma consistente e un cornicione mediamente alto. La proiezione comincia con una pizza bianca con ricotta, provola affumicata di bufala e salame dolce. Poi ci sono le speciali con il prosciutto speck, il gorgonzola, le noci e mozzarella fiordilatte, senza pomodoro. La Fiocco è con la panna da cucina, il prosciutto cotto, la mozzarella fior di latte, le patate lesse schiacciate e il pepe. La Ciociara è con broccoletti e salsiccia. Alternative alla pizza il Tronchetto con fior di latte, formaggio Emmenthal, rucola, pomodorini, prosciutto crudo e scaglie di parmigiano. Da scoprire e gustare i saltimbocca e le pizze fritte.

Piazza Caduti di Via Fani, 20 I sapori robusti ma allettanti dell’Abruzzo sono la tipicità del Cavallino Abruzzese che da 30 anni serve i clienti di Frosinone. Giuseppe ha alle spalle una lunga esperienza nel settore della ristorazione, ha cominciato da ragazzo, ed ha voluto offrire alla città le tradizioni gastronomiche della sua terra di origine. Anche la pizza ha un’impronta territoriale con ingredienti dal carattere deciso. Friabile e croccante, quindi dall’animo romano, la pizza del Cavallino Abruzzese è cotta in maniera uniforme e sa farsi riconoscere soprattutto quando si unisce alla cipolla, al salamino piccante, al peperoncino, alle olive nere. Non mancano mozzarella fior di latte e pomodoro. Va alla grande la Margherita. E qualcuno ha

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Re di Cuori Ristorante Pizzeria Via Berna (Quartiere Cavoni) La pasta viene stesa a mano ed è uno dei punti in comune con la lavorazione napoletana. Ma l’impasto, in cottura, ha una ricrescita media. Doppia lievitazione, minimo 24 ore, la pizza del Re di Cuori cuoce a 370 gradi per pochissimi minuti nel forno a legna. Risulta morbida e godibile, invoglia a prenderla tra le mani e a mangiarla in un boccone. Punta di diamante del locale è quella che prende il suo nome con mozzarella fior di latte, pachino, carciofini, prosciutto speck e olive nere. Ingredienti ai quali si unisce l’aroma di basilico. Ma ogni declinazione è possibile al Re di Cuori anche la pizza con il tartufo e in bianco al pistacchio. Richieste dei clienti esaudite con reciproca soddisfazione.

Mezzogiorno

Il Triangolo

Il Casale Sporting Club

Ristorante Pizzeria

Ristorante Pizzeria

Ristorante Pizzeria

Via Fedele Calvosa, 95

Via Armando Fabi, 80

Via Armando Fabi, 198

Farina tenera doppio zero rinforzata con “manitoba”, un tipo di grano che aiuta la lunga lievitazione che nel ristorante pizzeria Mezzogiorno può raggiungere anche 36 ore. La filiera corta è d’obbligo anche in questo locale che si serve presso mulini della zona e utilizza l’olio extravergine di Vallecorsa. Forno a vista, legno di quercia e mattone refrattario per la cottura a 300 gradi di pizze dal sapore vellutato come la regina della casa con mozzarella di bufala di Amaseno, pomodoro ciliegino fresco e basilico. La più gettonata. Ma ci sono anche diversivi a seconda della stagione. Forse la pizza più singolare è quella con la cipolla, gorgonzola, prosciutto crudo e peperoncino a pezzettini. Tra le richieste più anomale ma non impossibili c’è la “doppio gusto”, per i palati più esigenti ma che Mezzogiorno riesce comunque ad accontentare. Margherita su un lato e peperone, cipolla e tonno sull’altro, per fare un esempio.

A pochi passi da quello che per anni ha gestito con successo, ovvero lo storico ristorante Cecaturd, Pino ha trasferito la sua esperienza nel ristorante Il Triangolo. La semplicità e la genuinità degli ingredienti sono le fondamenta della sua cucina dalla quale escono pizze di bassa altezza, friabili e leggere. Quella tipica del locale è ovviamente La Triangolo con prosciutto cotto, salsiccia casareccia, funghi champignon e ancora prosciutto crudo a fine cottura. Vanno per la maggiore l’intramontabile Margherita e la Napoli con le acciughe. Il vecchio Cecaturd chiuse nel 2000 dopo quasi 25 anni di attività. Era noto come il locale dei cacciatori, come si evince dal nome. I tordi, rimessi in libertà dopo un periodo nell’oscurità, emettono suoni che fungono da richiamo per gli altri uccelli. Ma origini venatorie a parte, la pizza del Triangolo risulta digeribile e sfiziosa anche senza condimento.

A due passi dall’aeroporto c’è un angolo di verde attrezzato dedicato allo sport e alla ristorazione di qualità. Come dire, chi frequenta Il Casale può unire l’attività fisica ad un’alimentazione sana, con prodotti freschi. A cominciare dal pesce, sempre di giornata che ha dimostrato di essere un eccellente compagno per la pizza. Farine di mulini locali, lievitazione anche a 48 ore, la pizza è più bassa e croccante, asciutta diventa una ghiotta focaccia. La pizza che prende il nome del locale è con mozzarella fior di latte, peperoni, cipolla, salsiccia, pachino e funghi. Ma forse la più richiesta è quella con i frutti di mare. Un cliente, sicuro della freschezza dei prodotti ittici, ha ordinato una pizza con una vera e propria grigliata di mare: paranza, scampi, mazzancolle, calamari, gamberetti, filetto di orata hanno preso posto sulla pizza che traboccava di sapori di mare.

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Regina Margherita Pizzeria Via Giuseppe Verdi, 115 Napoletana o romana? Nessuna delle due. Alla maggior parte dei frusinati piace la via di mezzo. Lo sanno bene i titolari di Regina Margherita, la famiglia Iacomino, che da 13 anni cerca di soddisfare i gusti dei clienti. Originari di Torre del Greco, la città del corallo, da oltre 20 anni vivono in Ciociaria. Quando sono arrivati si sono subito resi conto che la loro Napoli avrebbe avuto vita difficile. Pizzaioli da generazioni, hanno preso acqua, lievito, farina e sale, diversificando lavorazione e tempi di cottura. “A Napoli - ci dice il giovane Luigi - la pizza non sta nel forno, rigorosamente a legna, per più di 90 secondi, ad una temperatura di 480°. Qui, invece, la teniamo dentro più tempo, cuocendola appunto più lentamente”. Gli ingredienti sono tutti rigorosamente freschi: pelati, fior di latte e poi l’immancabile basilico (a Roma, invece, nella salsa si usa l’origano) per quella che oggi è la vera “regina” delle pizze, la Margherita. “Nel menù ne abbiamo oltre 30 – spiega Luigi - ma la Mar-

gherita è quella che costa meno e che oggi va per la maggiore. La crisi, purtroppo, si è imposta”. Ben cotta, alta

quanto basta e soprattutto leggera. Il segreto? Luigi si limita a rispondere: “Ovviamente sta nella lievitazione”.

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La Piccola Sorrento Pizzeria Via Giuseppe Verdi, 22 Dei fratelli Antonello e Michele Staiano, la Piccola Sorrento nasce con la sfida di far innamorare i frusinati dei sapori e degli odori di Vico Equense: la patria della pizza al metro. Dopo 12 anni possono dire di aver vinto la loro scommessa. “La nostra pizza – racconta Michele, confermandoci la propensione dei ciociari verso chi sa ben coniugare le caratteristiche di quella napoletana e romana - soddisfa appieno il palato dei frusinati”. Antonello e Michele ci svelano uno dei metodi per avere un prodotto finale leggero: utilizzare solo il lievito madre. “Per il resto si sa già tutto – continua Michele - usiamo acqua, sale e farina”. La “Messicana” e la “Piccola Sorrento” sono le creazioni più richieste. La prima a base di cipolla, peperon-

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cino e pancetta ha conquistato soprattutto chi cerca la novità, mentre la seconda con pomodoro pachino, rucola e parmigiano a scaglie (Grana padano), continua a richiamare il cliente più tradizionalista, amante dei sapori mediterranei. Prodotti rigorosamente freschi anche qui, con il fior di latte che arriva da un’azienda di Ceccano. Per le papille gustative è una vera festa e Vico Equense sembra più vicina.

Da Pulcinella e... Ristorante Pizzeria Via Gaeta (Fornaci Cinema Village) Jimmy e Agron Tachi, fratelli albanesi, arrivati 13 anni fa in Italia per trasformare la loro passione per la pizza in professione, sono specializzati in quella napoletana. “Il 40 per cento della nostra clientela, però, ci chiede un amalgama molto più vicino a quello romano – dice Jimmy

– e noi ovviamente cerchiamo di accontentarla, anche se non sempre è facile perché si tratta di due mondi completamente diversi, a partire dai tempi di lievitazione”. Una sua idea Jimmy sul perché la pizza romana riscuota più successo nel loro locale ce l’ha: “Secondo me verso la pizza napoletana c’è una sorta di pregiudizio. La gente la vede alta e pensa che sia poco cotta e quindi non digeribile. Falso, perché basta un tempo di lievitazione giusto e un’idonea cottura per renderla leggera e digeribilissima”. Jimmy ci tiene a sfatare un altro falso mito, che vuole la mozzarella di bufala non adatta alla pizza: “E’ vero che la mozzarella di bufala contiene molta più acqua di quella di mucca, ma basta tagliarla e rispettare il tempo di scolatura che non si pone più il problema”. Detto e fatto. Jymmy e Agron ci preparano la loro specialità, la Verace: mozzarella di bufala campana, pomodoro pelato passato a crudo, olio extravergine di oliva e foglie di basilico fresco.


FROSINONE ALTA Pizzeria Zeb Pizzeria Via Garibaldi, 126 Sorridente e ospitale Zeb ha una battuta per tutti. E anche una pizza per tutti. Alessandro Ceci si divide tra produzione e attività di formazione, offrendo alla clientela novità e alimenti di nicchia. Utilizza, ad esempio, la farina di Kamut che grazie al suo basso indice glicemico ed al suo alto potere saziante, è adatta per l’alimentazione dei diabetici. Inoltre, vista la scarsa fermentazione a livello intestinale, è adatto anche ai soggetti che soffrono della sindrome del colon irritabile o comunque patologie che interessano l’intestino. La specialità tra le pizze di Zeb, che per impasto assomigliano molto di più a quella romana, è l’Europea con pancetta, mozzarella fior di latte, asparagi, pachino, tartufo nero a fettine e bufala fresca dopo la cottura. Ma ovviamente, dall’infaticabile Zeb, che gira l’Italia collezionando targhe e trofei nei concorsi di abilità e originalità, la scelta è a portata di bocca.

La Taverna Ristorante Pizzeria Via Marco Minghetti, 70 Dopo oltre venti anni di ristorazione tipica, La Taverna ha introdotto nel menù anche la pizza prediligendo per il condimento prodotti di stagione. Forno elettrico con mattone refrattario, maturazione media di 12 ore, farina di mulini locali, la pizza è fragrante e accattivante, pulita dalle contaminazioni della legna. La foggia è intermedia tra la romana e la napoletana. La sapienza culinaria rende la pizza de La Taverna appetitosa e stuzzicante, con un’ampia rosa di opzioni che passano in rassegna una numerosa serie di ingredienti. Zucchine, pancetta, fiori di zucca e

alici, tanto per cominciare. E poi rucola, scaglie di parmigiano e pachino, diavola e capricciosa, per mangiare in italiano. Ma Nicola è pronto ad offrirvi anche tante altre opportunità.

Al Grottino Ristorante Pizzeria Largo Turriziani Ogni volta che si varca la soglia della pizzeria Al Grottino, si entra nella storia di Frosinone. L’attività è iniziata 46 anni fa ed è stata portata avanti da Franco e Peppe Donnarum-

ma. La semplicità è di casa: acqua, farina, lievito e sale. I gusti sono quelli classici, ma c’è anche la particolarità del locale da cui prende il nome. Ingredienti: peperoncino piccante, pomodoro, mozzarella, alici, capperi ed olio extravergine. E poi la Margherita Doc con mozzarella di bufala, basilico e olio di oliva. Franco impasta tutti i giorni e in fatto di pizze ha un’ottima memoria. Ricorda le scelte dei clienti e ci ha raccontato di un avventore che è tornato dopo trent’anni nel suo locale ed è rimasto stupito quando lui gli ha elencato gli ingredienti che aveva preso la prima volta: strutto al posto dell’olio, salame, funghi, alici e mozzarella.

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Crecco

Roses

Ristorante Pizzeria

Ristorante Pizzeria

Via A. De Gasperi, 57/63

Via Coroni

Piloni

Località San Liberatore

Con lo stesso forno che da più di vent’anni ha soddisfatto i palati di numerosi avventori, la pizzeria Crecco ha trasferito a tavola il servizio e le offerte gastronomiche che dagli anni “90 ha gestito nei locali di Corso della Repubblica. La passeggiata lungo il Corso, infatti, prevedeva spesso una tappa nella pizzeria al taglio di Crecco dalla quale si propagavano irresistibili aromi. Impastata con farine di mulini locali, la pizza ha uno spessore appiattito, ma è morbida dentro e croccante all’esterno. Gli ingredienti con cui si può condire sono i più svariati. Giacomo è sempre pronto a raccogliere nuovi suggerimenti, ma invita ad assaggiare la specialità della casa, la pizza Crecco ovviamente.

Quando in tavola arriva il tagliere di pizza del Roses, è come se arrivasse una tavolozza di colori da cui attingere invece gradevoli sapori. Con un abito di mozzarella filante, la pizza diventa ancora più accattivante con gli “accessori”, ingredienti gustosi che le conferiscono una genuina peculiarità. Tre minuti di cottura a 320 gradi dopo una lievitazione di 24 ore, la pasta è bassa ma soffice, un lusso per la gola. Per chi vuole c’è anche la variante con uno spessore maggiore. Il menù: se la Margherita si conferma la più richiesta, anche arricchita con ingredienti a piacere, la vera particolarità è la Torino, un misto tra un calzone e una pizza, insomma una “calzizza”. Base bianca farcita di

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mozzarella, piegata nel mezzo e poi ricoperta di prosciutto, rucola e parmigiano. Il nome deriva da un aneddoto di famiglia custodito da Ivan.


NEI DINTORNI DI FROSINONE Il territorio di Frosinone ha un’estensione limitata, bastano pochi passi dal centro abitato che ci si ritrova nel territorio del comune vicino. A ridosso del perimetro urbano, dunque, ci sono altre opportunità per chi ama la pizza.

L’Aia Antica Ristorante Pizzeria Locanda Via Castelmassimo, 435

(Veroli)

Situata vicino all’uscita della superstrada Ferentino-Sora, L’Aia Antica ha acquisito notorietà e apprezzamento per la qualità e la ricercatezza delle proposte gastronomiche. La cura riservata alla scelta dei prodotti per la ristorazione, è la stessa che viene dedicata alla preparazione della pizza che allunga la maturazione fino a 72 ore. Farine locali e soprattutto niente conserve o scatolame, solo prodotti freschi è l’imperativo della casa. Cotta in forno con legno di leccino, la pizza è una via di mezzo tra quella napoletana, da cui prende la sofficità, e quella romana per lo spessore non eccessivamente alto. Le modalità di cottura le conferiscono un esterno croccante mantenendo al contempo una morbidezza irresistibile. Tra le trenta varietà possibili, spicca quella con mozzarella, funghi porcini e lardo di colonnata. E’ la pizza de L’Aia Antica. Una caratteristica locanda può inoltre ospitare le persone che amano unire la buona tavola ad un confortevole riposo.

377 Ristorante Pizzeria da Teresa Via Mària

(Loc. Castelmassimo)

E’ un posto strategico, proprio fronte strada. Situato alle porte di Frosinone e vicinissimo alla superstrada Ferentino-Sora. Strategico anche per chi vuole assaporare pizze che

prendono il nome e gli ingredienti dei primi piatti più famosi d’Italia. Più simile alla pizza romana, cotta uniformemente con forno a legna e tendenzialmente croccante, la pizza può trasformarsi in Amatriciana con cipolla, pancetta e pecorino, su base di mozzarella e pomodoro. Carbonara con uovo battuto, pancetta e formaggio pecorino, su base di mozzarella ma senza pomodoro. Può essere anche Parmigiana con melanzane, formaggio Parmigiano reggiano, pomodoro fresco e basilico. Tutte declinazioni che si sposano magnificamente con l’impasto di farina doppio zero, maturato a 48 ore e soprattutto con poco lievito di birra.

Pizzeria del Parco Pizzeria Via Colle del Papa Presso Park Club - Alatri

Attorniata da campi di calcetto, tennis, palestra e piscina, la Pizzeria del Parco si trova poco distante dalla via Mària. Non tutti sanno che nell’avviata struttura sportiva è stato ritagliato anche un vasto locale dove gustare pizza al piatto e pizza al metro. Farine di grano tenero, maturazione breve e lievito di birra, per un impasto leggero dopo la cottura con forno elettrico. Bassa e croccantina, ogni morso è una delizia per il palato che può sceglie-

re tra i condimenti più diversi. Da provare la pizza del Contadino con zucchine, provola e pancetta su base bianca. Poi c’è la Boscaiola con broccoletti, salsiccia e peperoni, quella con tonno e pomodorini, con rucola e Parmigiano bianca, con patate e wurstel, la Messicana con cipolla e fagioli e la classica Capricciosa. Ma le opzioni sono infinite da distribuire in lunghezza lungo un appetitoso tagliere.

Tre Stelle Ristorante Pizzeria S.S. 155 per Fiuggi, 40 - Alatri Con una pluridecennale attività alle spalle, il ristorante Tre Stelle ha ampliato la sua offerta nel tempo affiancando ad una ristorazione raffinata e di qualità anche un’ottima pizzeria. Forno a legna, maturazione naturale senza lieviti aggiuntivi ma solo con il lievito “madre” della pasta, è simile al prodotto napoletano. Un po’ più gonfia ai bordi, l’impasto è tenero da addentare e ogni boccone ne invoglia un altro. La punta di diamante è la pizza Tre Stelle con broccoletti di Alatri, salsiccia, funghi porcini e mozzarella, senza salsa di pomodoro. Ma ovviamente il menù offre un’ampia rosa di possibilità gastronomiche: dalla classica Napoletana con capperi, alici, mozzarella e pomodoro, ai 4 Formaggi (gorgonzola, pro-

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ditato locale e intraprendenza, oltre al ristorante ha dato il nome anche alla pizza di punta: base bianca con mozzarella, zucchine, melanzane e prosciutto crudo. Una leccornia che va ad aggiungersi ai gusti classici.

Hosteria “La Cantinella” Ristorante Pizzeria Via Cosa, 20 - Ceccano

vola, Parmigiano e mozzarella), con patate, alla Marinara con pomodoro, originano e aglio. Ma c’è anche alla Diavola con salamino piccante, alle 4 Stagioni e con verdure fresche di propria produzione. Per i più golosi c’è anche la pizza con il gelato.

Villa Verde Ristorante Pizzeria e C.Sport. S. S. 155 per Fiuggi Un impasto sottile e friabile, più somigliante a quello romano. Maturazione fino a 48 ore, pochissimo lievito di birra, forno con legna di quercia (temperatura 330 gradi) ed ecco una pizza croccante e ben cotta, che si mangia senza impegno ma con gusto. Ottima anche dopo un’intensa attività sportiva che a Villa Verde si può praticare su campi di calcetto e beach volley. La pizza Villa Verde è con rucola, pachino, bresaola e Parmigiano solo con mozzarella oppure sulla focaccia. Poi c’è la particolarità, la Jerry: pomodori, mozzarella, melanzana, peperoni, salamino piccan-

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te, alici e rucola su base Margherita. Villa Verde soddisfa anche il palato e la gioiosità dei bambini, che possono coniugare il cibo al gioco gustando i loro beniamini. Una rarità la pizza a forma di Peppa Pig, di Hallo Kitty e di Topolino. E’ una Margherita con la sagoma del personaggio con zucchine al posto degli occhi, un pomodorino al posto del naso e un wurstel a mo’ di bocca. Irresistibile anche per i bambini meno affamati.

Iolanda Ristorante Pizzeria Via Casilina Sud, 290 Nel 1800 era una stazione di posta, dove i carrettieri si fermavano per il ristoro anche dei cavalli. Col tempo la sua offerta si è evoluta confermandosi una tappa da non mancare. Oltre al servizio ristorante, da Iolanda si gusta anche un ottima pizza. Ad accogliere i clienti c’è la dinamica e inappuntabile Vincenza, sempre attenta alle esigenze degli avventori. Iolanda, dalla quale Vincenza ha ere-

Il nome custodisce un segmento di storia locale non trascurabile. La zona, infatti, era percorsa dall’unica strada diretta a Gaeta. Una confluenza di percorsi lungo i quali avveniva il cambio dei cavalli e le donne vendevano la gramigna che, lavata nel fiume Cosa, era un ottimo nutrimento per i quadrupedi. La storia si arricchì tra il 1880 e il 1900 quando nacque un emporio. Vendeva prodotti alimentari utili ai viaggiatori e essenziali per le famiglie che nel frattempo avevano popolato la zona. Nel 1910 l’emporio fu acquistato da Filippo Di Pofi, tornato da una parentesi lavorativa in America. L’attività si ampliò con la distribuzione di vino, venne allestita una cantina vera e propria da cui prese il nome il locale che conserva ancora la struttura originaria. All’offerta enologica si aggiunse anche quella di ristorazione e le pietanze fanno ancora parte del menù, con le paste rigorosamente fatte in casa. Gianpiero conduce da 23 anni questo locale, lo ha ereditato dalla famiglia, da cui ha appreso anche tecniche, accortezze e sfumature della cucina tradizionale. Una sapienza antica ed esclusiva. Anche la pizza beneficia di questa esperienza e la sua digeribilità sta nella perizia del pizzaiolo di capire quando è arrivata a giusta maturazione. Oltre alle pizze classiche che derivano dalla cultura napoletana, le varianti sono allettanti e vanno dalla Fumé con pancetta e scamorza affumicata a quella con asparagi e salmone. Ma il punto di forza del ristorante La Cantinella è la cucina senza glutine. Dalla pasta alla pizza, o anche un pasto intero, sotto l’egida dall’Associazione Italiana Celiachia. Senza sottrarre nulla al piacere del palato. E per chi vuole soggiornare, a pochi passi sono a disposizione le graziose camere della Locanda Vigne Vecchie, dotate anche di rete wi-fi gratuita.


Albatros Ristorante Pizzeria Via Cantinella 61/A Indossa la divisa da lavoro Domenico Malizia, per tutti Memmo. E’ sempre all’opera, ma è come se ci accogliesse a casa sua. Tanto ama la convivialità e la familiarità che anche le sue pizze prendono il nome dei clienti. Come la Amedeo che è una specialità con i fiori di zucca, pachino, alici e mozzarella di bufala. O anche quella dedicata ad un affezionato cliente che chiedeva sempre un’aggiunta di olive o di prosciutto. C’è anche quella con la zucca gialla, la pancetta e la provola. E infine, l’Albatros una sorta di capricciosa con mozzarella abbondante.

Da dove deriva il termine pizza? IL NOME L’etimologia del nome “pizza” deriverebbe, secondo alcuni, da pinsa (dalla lingua napoletana), participio passato del verbo latino pinsere oppure del verbo “pansere”, cioè pestare, schiacciare, pigiare che deriverebbe, a sua volta, da “pita” mediterranea e balcanica, di origine greca (pita o pitta, dal greco peptòs ossia infornato). Studi più recenti accreditano anche altre ipotesi, cioè che la parola arriverebbe dal germanico (longobardo o gotico) dell’alto tedesco d’Italia bozzo-pozzo (da cui anche in tedesco moderno Bissen: “boccone”, “pezzo di pane”, “tozzo di focaccia”). Il primo utilizzo della parola “pizza” risale al 997 ed è testimoniato in un testo latino proveniente dalla città di Gaeta. LE ORIGINI Il pane è uno dei cibi preparati più antichi e le sue origini risalgono almeno al Neolitico. Il pane ritrovato in Sardegna e risalente a 3 mila anni fa, conferma che si conosceva il lievito. Gli antichi greci preparavano un pane di forma appiattita, chiamato plakous che veniva condito con vari aromi, tra cui aglio e cipolla. Inoltre si dice che il re dei persiani, Dario il Grande (521-486 a.C.), cuocesse un tipo di pane appiattito usando gli scudi, con una farcitura di formaggio e datteri. E nel I secolo a.C. il poeta latino Virgilio da Andes, Mantova fa riferimento all’antica idea del pane come piatto commestibile o tagliere per altri cibi in un estratto del suo poema latino, l’Eneide. Questi pani di forma piatta, come la pizza, provengono dell’area del Mediterraneo e altri esempi sopravvissuti sono la focaccia che può essere fatta risalire fino agli antichi etruschi, la coca (che ha varietà sia dolci che salate) della Catalogna, della zona di Valencia e delle Isole Baleari, la pita greca o pide in turco o piadi-

na in romagnolo. Pani simili forma piatta in altre parti del mondo comprendono il paratha indiano, il naan sudasiatico, il carasau , la spianata, il guttiau e il pistoccu sardi, la flammkuchen alsaziana e il rieska finlandese. L’INNOVAZIONE L’innovazione che trasformò la focaccia in pizza fu l’uso del pomodoro come condimento. Il pomodoro fu portato in Europa dalle Americhe nel XVI secolo, ma inizialmente molti europei credevano che fosse velenoso. Dal XVIII era comune, invece, per i poveri della zona attorno a Napoli aggiungere l’ortaggio alle loro focacce, così nacque la pizza che divenne ben presto una specialità e un’attrazione turistica. Fino a metà Ottocento la pizza era venduta in bancarelle ambulanti e da venditori di strada fuori dai forni. Alcune pizzerie mantengono viva questa antica tradizione ancora oggi. LA MARGHERITA La Margherita è attribuita al panettiere Raffaele Esposito, che lavorava alla pizzeria i “Pizzeria Brandi”. Nel ”Umberto I e della Regina Margherita di Savoia. La preferita della Regina era una pizza che evocava i colori della bandiera italiana: verde bianco rag wiki/Pomodori”pomodori). Questa combinazione fu battezzata Pizza Margherita in suo onore. L’”Associazione Verace Pizza Napoletana”, fondata nel 1984, riconosce solo la Marinara e la Margherita verace ed ha stabilito delle regole molto specifiche (Disciplinare internazionale per l’ottenimento del marchio collettivo) che devono essere seguite per produrre un’autentica pizza Napoletana. da wikipedia.org

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L’evoluzione sociale, i fatti e i progetti che segnarono una decade poliedrica e contraddittoria Dalle tensioni politiche e sindacali allo sviluppo commerciale, dagli assalti ai portavalori alle incessanti inchieste, dall’urbanistica disordinata alle opere rimaste chimere, dall’attivismo culturale all’euforia estetica

Cosa è rimasto degli

ANNI OTTANTA di santa pazienza

C

amaleontici, paradossali, intensi. Gli anni che hanno accompagnato la decade che va dall’inizio alla fine degli anni Ottanta a Frosinone, si sono susseguiti all’insegna dell’eterogeneità e dei mutamenti. Sono le cronache a raccontarci ciò che accadeva, a svelarci le dinamiche di una società in divenire, che dall’impegno politico, sindacale e sociale passa ad una leggerezza comportamentale che a guardarla dall’esterno appare frivola e scanzonata.


In alto il banco bar dell’International Pub (1989), nel riquadro Luca Carboni a Radiotelemagia (nel 1988 ha tenuto un concerto a Frosinone) e in basso un’immagine di via Firenze sulla rivista dell’Ept (1983).



IL TERRORE La fase iniziale è ancora contaminata da quelle tensioni che attanagliano le istituzioni e i luoghi di lavoro. La provincia di Frosinone non è immune dall’onda del terrorismo. Nei primi anni Ottanta proseguono e si chiudono i processi per gli attentati al magistrato Fedele Calvosa a Patrica e del maggiore dei carabinieri in pensione, Carmine De Rosa, che prestava servizio alla Fiat di Cassino. Ma la caccia agli eversivi è ancora aperta e si operano arresti e sequestri di armi. Spesso le azioni dimostrative si intrecciano con le agitazioni negli ambienti di lavoro, confondendosi con le rivendicazioni sindacali.

IL LAVORO Il fronte lavoro è sempre caldo con le industrie che nascono e muoiono. Giganti che dopo aver messo radici, soprattutto grazie alle agevolazioni della Cassa del Mezzogiorno soppressa nel 1984, vanno in crisi e minacciano la chiusura. Contro cassa integrazione e licenziamenti, a volte sono centinaia per azienda, insorgono gli operai e i sindacati. La stessa scena, lo stesso dramma che si ripete.

Lo stabilimento Permaflex di Frosinone (1981)

In un’occasione viene bloccata anche la ferrovia. I bollettini sul numero di disoccupati, pero’, ancora non presentano numeri da capogiro (nel 1985 a Frosinone sono oltre 4 mila). Quelle fabbriche che ora sono deserte, negli anni Ottanta ancora funzionano. Tra fasi produttive alterne (neanche le grosse Klopman ed Elicotteri Meridionali sono immuni da periodi di cassa integrazione, sussulti anche alla Solac che è la più grande centrale del centro Italia), ogni tanto capita anche qualche incidente

di percorso: devastanti incendi danneggiano ad esempio la Eurotex, che produce sedili per auto, e la Permaflex. Fanno sentire la loro voce anche gli edili, che incrociano le braccia per migliorare la sicurezza sul lavoro, e gli autotrasportatori che bloccano le strade ciociare. Gli enti pubblici, invece, come Intendenza di Finanza e Comune, ciclicamente indicono concorsi. E alla vigilia del Novanta arrivano i progetti di pubblica utilità con l’impiego di 700 giovani nei Comuni.

L’azienda Zetaquattro di Patrica (1981)

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IL COMMERCIO Il piccolo commercio, invece, reclama maggiore riconoscenza. Panettieri, macellai, imprenditori del latte vogliono ritoccare i prezzi, adeguarli al costo della vita. E cosi’ sarà ma sotto la vigilanza di un apposito comitato. I ristoratori e i pizzaioli, invece, hanno ancora poca dimestichezza con i registratori di cassa diventati obbligatori anche per loro e ricevono multe. I commercianti di Via Aldo Moro, intanto, si organizzano in un comitato per curare il decoro della strada dello shopping. Un’intesa che si infrangerà anni dopo a causa delle luminarie natalizie. Gli imprenditori mettono in mostra i loro prodotti nei padiglioni delle Fiere Centro Italia, in via Casilina Nord. Oggi i locali ospitano un centro commerciale. Mentre non tramonta la più datata Fiera di Sora. Nella parte alta già serpeggia il malcontento degli operatori che risentono di un repentino spopolamento. Nel 1987 viene proposto un nuovo piano commercio che consente di avviare un’attività in possesso di una superficie minima di 25 metri e non più 50. Ma la comunità ribolle, professionisti e commercianti si associano per ridestare l’anima sopita della città. L’inaugurazione delle Fiere Centro Italia nel 1986

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L’esposizione delle Fiere Centro Italia nel 1986 A destra il listino prezzi approvato dall’apposito Comitato (Il Messaggero, 1981) Nel riquadro la giostra di via Moro

LE INCHIESTE Il controllo della magistratura non è silente. Coinvolta nelle questioni pubbliche, censura la condotta di amministratori con inchieste che in città, ovviamente, suscitano vasto clamore. Finanziamenti per alberghi, marciapiedi, appalti per le case popolari, forniture sanitarie, graduatorie scolastiche, assenteismo perfino dei netturbini, solo per citare alcuni dei fascicoli aperti nel corso di quel decennio. Bussano, invece, alle porte del Governo gli avvocati e i procuratori che entrano in sciopero perché in Pretura, e comunque negli uffici giudiziari, c’è poco personale.

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IL CRIMINE Al lavoro anche le forze dell’ordine per rapine da Arsenio Lupin, come quella all’ufficio postale di Via Verdi da 4 miliardi di lire. Ci sono degli arresti e i sospetti si concentrano su un possibile basista interno. Svaligiata anche la cassaforte della Standa, 15 milioni di lire il bottino. I colpi risalgono all’82. Nello stesso anno suscita clamore il furto della banda della lancia termica in una oreficeria di Via Moro in cui viene preso mezzo miliardo in oro. Lo stesso importo in soldi venne sottratto ad un portavalori in via Marittima ma nell’anno precedente. E’ il 1984 quando una banda di malviventi rapina di un miliardo la Banca di Santo Spirito di Piazza Aonio Paleario e viene preso d’assalto un treno carico di plichi delle poste contenenti 30 milioni di lire. Negli anni successivi vengono sventati, invece, altri colpi milionari a furgoni blindati. Ma le banche re-

Rapina da mezzo miliardo nei pressi della Standa (Il Messaggero, 1980)

stano un ghiotto bersaglio, che viene spesso colpito, e anche le pensioni che transitano negli uffici postali sono un bottino appetibile che in un

caso viene arraffato alle porte di Torrice (1989). Intimidazioni o vendette dietro altri gesti delinquenziali come la bomba fatta esplodere davanti ad un’officina di Via Marittima o il commerciante colpito con un’arma da fuoco sempre lungo la stessa via. Tra gli episodi di microcriminalità curioso è l’atto vandalico che danneggia gli scuolabus parcheggiati nella sede comunale dell’ex Mtc, 700 studenti rimangono a piedi. Sul fronte criminalità organizzata e affari l’allarme scatta quando gli operai che stanno costruendo la terza corsia dell’autostrada ricevono intimidazioni e sono costretti a lasciare il cantiere. E’ il 1988 e le forze dell’ordine si riuniscono in vertici anticamorra.

IL TERREMOTO

La chiesa dell’Annunziata crollata durante il terremoto (La Provincia di Frosinone - Rivista bimestrale, 1984) Nel riquadro il campanile di Santa Maria in fase di ristrutturazione (1986)

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Nel 1984 la terra trema. La chiesa dell’Annunziata crolla. Il campanile della concattedrale di Santa Maria ha bisogno di aiuto. Ma chi è veramente in difficoltà sono i 5 mila sfollati della Valle di Comino investita da due forti scosse. Quattro anni prima la Diocesi di Frosinone aveva perso il Vescovo Michele Federici nel terremoto che devastò il potentino.



L’URBANISTICA Non si arresta la fase di espansione urbanistica che ha generato una città priva di ordine con contraddizioni derivanti dalle costruzioni spontanee e non autorizzate (gli abusivi dopo la sanatoria del 1980 sono un migliaio a Frosinone, nel 1984 i fabbricati difformi dal progetto originario o privi di concessione sono già 2.274), dall’edilizia popolare e dalle cooperative, con la realizzazione di interi quartieri dominati da asettici e anonimi palazzi. E per i quali i servizi come strade e luce tarderanno ad arrivare. L’operazione è avvenuta gradualmente e non senza difficoltà e pressioni da parte dei proprietari dei terreni espropriati (le ribellioni sfociano anche in arresti) e dei soci delle coop (sono 400) in attesa dei fondi regionali per l’edilizia economica. In attesa anche centinaia di famiglie ammesse alle graduatorie per una casa popolare. Frosinone ha però bisogno di un parco. I presupposti ambientali ci sono (il fiume Cosa e l’area verde circostante), se ne comincia a discutere, il progetto viene inserito nei programmi del Comune, ma l’opera non vedrà mai la luce.

LE OPERE L’eterna attesa dello stadio Casaleno. Costruito ma ancora in solitudine perché inaccessibile, mancando di servizi e strade. Nel frattempo, palazzetto dello sport e stadio Matusa hanno bisogno di interventi urgenti. Si pensa ad una struttura aggiuntiva, come il Polivalente. Il Conservatorio è in costruzione, mentre è embrionale il progetto dello Stadio del Nuoto. Il gerontocomio è uno scheletro in cemento rimasto nell’armadio delle incompiute. E la colossale superstrada Sora - Frosinone per la cui realizzazione nel 1983 sono già stati spesi 10 miliardi di lire, risultati poi insufficienti. Il “traforo” di viale Roma sembra interminabile, prima gli edifici vicini lesionati e poi l’assurdo dislivello della strada in costruzione al centro del tunnel. I costi lievitano (1 miliardo e 136 milioni). Intanto, si

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Il progetto di Piazza Vittorio Veneto presentato durante il Giugno Frusinate (1983)

parla dell’ascensore o comunque di una scala mobile. A metà degli anni Ottanta l’ultimazione della cittadella della salute in via Fabi ha bisogno di una spinta. Lo storico palazzo di Piazza VI Dicembre, che ospita diversi uffici pubblici tra i quali il Comune, comincia a “fare acqua” e necessita di interventi edili. Prende forma la proposta progettuale di una piazza. Il rifacimento di Piazza Vittorio Veneto, che prevede due livelli con un parcheggio e aree per gli spettacoli, viene presen-

tato da un gruppo di tecnici professionisti durante una serata del Giugno frusinate del 1983. Nel 1988 il Ministero per il Mezzogiorno finanzia il parcheggio di viale Mazzini con 6 miliardi e 6 milioni. Fondi anche per il completamento dei depuratori. Primo passo, a cui ne seguiranno altri da gambero, per la Società Interporto che vede l’adesione di 86 soci. Si discute del potenziamento dell’aeroporto di Aquino ed è all’esame, già da tempo in verità, anche la fattibilità di un eliporto civile.

La Superstrada Sora-Frosinone in costruzione (1981)


LA SANITÀ In evoluzione anche la sanità con la riforma che nel ‘78 istituisce il sistema sanitario nazionale che trasforma gli ospedali in aziende. Ma il pronto soccorso reclama rinforzi, proprio come accade oggi. Si registrano attriti politici per la composizione dei Comitati di gestione delle Usl.

L’AMBIENTE Il fiume Sacco comincia a manifestare sintomi di insofferenza. Si colora di rosso e accresce l’allarme ambientale. In Regione si foraggiano interventi finanziari, si preme per uno stanziamento di 30 miliardi, ma non guariranno un malato voluto. Il depuratore a servizio delle industrie si ferma per un adeguamento alle sopraggiunte disposizioni normative mettendo in difficoltà la aziende. Corsa alla realizzazione di depuratori comunali per arginare i nauseabondi odori nell’area tra Frosinone e Ceccano. Le campane per la raccolta del vetro anticipano la raccolta differenziata, ma non tutti i comuni aderiscono all’iniziativa che consente di alleggerire il peso dell’immondizia e quindi i costi di smaltimento. Zona calda a San Giovanni Incarico per l’annunciata realizzazione dell’impianto di trattamento di Colfelice. E’ la soluzione prospettata per risolvere il problema dei rifiuti comunali e delle discariche sovraccariche. Mancano un paio di anni al nuovo decennio e l’annunciato passaggio della ferrovia ad alta velocità solleva le coscienze degli ambientalisti.

Via Aldo Moro invasa dalle automobili

Biologico Sanitario nel 1989. La sospensione dell’isola pedonale in Corso della Repubblica , per questo, crea malumori nelle associazioni di difesa per l’ambiente.

LE FRANE Mentre si pongono le basi per opere che vedranno la luce con lentezza, il fenomeno delle frane investe diversi punti del capoluogo. Il più dolente quello del viadotto Biondi, chiuso almeno quattro volte (nel 1980, nel 1983, nel 1987 e

nel 1989) per lo smottamento della parete collinare. Le cause del cedimento sono state individuate nella presenza di acque di scarichi e perdite nella rete infiltrate in un terreno di riporto sedimentato nel tempo. Problemi anche in piazzale Vittorio Veneto. L’intera area rischia l’evacuazione. Addio alla vecchia via Ciamarra, sarà sostituita dall’attuale variante annunciata per il Natale del 1987. Frane anche a Colle del Vescovo, San Giuliano, via Pratillo e San Liberatore. A Colle Marte, in zona Maniano, crolla un’abitazione.

IL TRAFFICO La città fa i conti con il traffico. Lo sviluppo scriteriato porta anche a questo. Grandi palazzine condominiali, ma poco ossigeno per i cittadini. In particolare allo Scalo dove si consuma un braccio di ferro tra il Comune e l’Acotral che occupa con gli autobus l’intera piazza della stazione. Lo smog entra nel tessuto atmosferico e viene misurato, probabilmente per la prima volta, dagli studenti dell’istituto

Sopralluogo di tecnici comunali (a destra l’Ingegner Enzo Guglielmi) ed esperti geologi sul viadotto Biondi (1983)

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ACQUA E GAS Agli annosi problemi di approvvigionamento idrico risolti in passato con gli acquedotti della Casmez, si è aggiunta la dispersione del prezioso liquido che comunque deve essere acquistato dal Comune e pagato dagli utenti. Sulle tariffe d’oro si innesca una battaglia mirata all’equità. Si ramifica la rete del gas con la metanizzazione delle aree del Mezzogiorno. Viene sollevata la questione Italcogim e la congruità delle tariffe rispetto al servizio reso.

LA SOCIETÀ Prosegue il percorso di laicizzazione dei comportamenti morali. L’affrancazione del ruolo femminile è strettamente legato anche alla discrezionalità di essere madre. Il referendum abrogativo della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza crea lacerazioni ma anche a Frosinone raccoglie consensi. Apre il consultorio in via De Matthaeis. I 120 detenuti del carcere di Frosinone, ancora in piazza Risorgimento, aderiscono ad uno sciopero della fame contro le modalità e i tempi della carcerazione preventiva. I computer approdano negli uffici pubblici rivoluzionando il lavoro degli impiegati e anche la vita domestica.

L’attuale sede dell’Accademia era il Laboratorio di igiene e profilassi (La Provincia di Frosinone - Rivista bimestrale, 1984)

LA SCUOLA E’ c’è un’altra categoria che reclama spazi: gli studenti che, essendo aumentati di numero, hanno bisogno di più aule. I plessi degli istituti si disgregano. Si sciopera di sovente per i riscaldamenti non funzionanti e i ritardi nell’assegnazione delle cattedre. Poco tempo prima si manifestava per mettere a tacere i conflitti bellici nel mondo.

Gli studenti dell’Accademia di Belle Arti cominciano la loro peregrinazione. Saranno alloggiati nella sede del Laboratorio di Igiene e profilassi a Sant’Antonio. Una sistemazione provvisoria che poi è diventata definitiva. Gli Istituti tecnici sfornano periti, ma in numero non adeguato al fabbisogno delle industrie del territorio. Frosinone spinge per un’università statale ma l’impegno degli amministratori non è premiato quanto quello dei colleghi di Cassino.

Iniziativa per la pace degli studenti in Provincia (La Provincia di Frosinone - Rivista bimestrale, 1984)

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LA CULTURA Il benessere è ancora tangibile, accresciuto dai finanziamenti pubblici piovuti su ogni settore. Anche la cultura, che all’epoca ha una spinta maggiore seppur con i ritmi della provincia, vede artisti impegnati e valorizzati da enti che beneficiano delle opportunità concesse da leggi apposite. Cosi’ anche la volontà di esprimersi trova terreno fertile nella pittura, nella scultura, nella musica e nella recitazione. Le rassegne teatrali sono molto seguite, i cinema in funzione sono quattro, l’auditorium del grattacielo ospita molteplici eventi. La Provincia adibisce l’atrio a cinema all’aperto. Seguite le mostre nella saletta dell’Ept in piazza Vittorio Veneto. Coinvolgenti i Festival del Folklore itineranti organizzati sempre dall’Ente provinciale per il turismo e che fanno tappa anche a Frosinone. La piscina comunale di via Adige si presta ad ospitare spettacoli di cabaret. Nel capoluogo cominciano ad arrivare i primi cantanti famosi. Anche se i volti più noti in zona sono stati, fino ad allora, Nino Manfredi e... Giulio Andreotti. Il Giugno Frusinate, che aveva avuto tra gli ospiti nomi altisonanti ed

Ceccano, Festival del Folklore dell’Ept (1983)

emergenti, mostra però un contraccolpo. Resistono invece le manifestazioni legate alle tradizioni come le rassegna folk e i concorsi di poesia dialettale. Immancabile il carnevale con il generale Championnet. Anche alla fotografia viene dato un certo rilievo. L’editoria locale è attiva con radio, televisioni e quotidiani.

Si fa largo l’idea di un teatro comunale o comunque di fruibilità pubblica e, sul finire degli Ottanta, la Provincia avanza la proposta di affittare il Nestor, che nell’88 ha l’onore di ospitare anche il celebre Severino Gazzelloni con il suo “Flauto d’oro”. Anche perché la sala teatro realizzata dall’Iacp in via Fabi è sbarrata.

A sinistra il Premio San Valentino d’Oro organizzato da Radiotelemagia A destra il regista e attore Amedeo Di Sora tiene un corso di recitazione (1983)

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LO SPORT Lo sport è molto sentito. E’ il calcio a dominare la scena tra crisi finanziarie e alterne fortune di campionato della società giallazzurra. Ma nel cuore dei frusinati c’è anche la nazionale che nel 1982 sbaraglia la Germania Ovest in finale ai Mondiali di Spagna. Un 3-1 per l’Italia che scatena un fiume di festeggiamenti che travolgono ovviamente anche il capoluogo. Ma in primo piano anche l’atletica con le prime edizioni della Strafrosinone, il tennis con l’affermazione di sportivi locali nel panorama nazionale e tornei (Campionati assoluti), con il ciclismo e le numerose associazioni amatoriali. E’ una festa il passaggio dei professionisti della TirrenoAdriatico che fa tappa nel capoluogo. Si rammenta il Giro della Ciociaria. Anche il nuoto fa proseliti con le gare provinciali. Il pugilato esprime campioni. L’automobilismo ha un suo ruolo con il rally città di Frosinone. Per i più piccoli le Olimpiadi Victoria di Madonna della Neve sono un momento entusiasmante che nel 1984 vede la partecipazione di 600 ragazzi.

La partita di calcio Frosinone-Cagliari vinta dai giallazzurri (1988)

Umberto Tozzi con la Nazionale Cantanti a Frosinone. Accanto il calciatore Pietro Del Sette (1982) L’Italia vince il campionato mondiale di calcio (Il Messaggero, 1982)

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A sinistra i giovanissimi partecipanti ai Giochi della Giovent첫 di Frosinone nel 1982. A destra un momento della Strafrosinone nel 1984. Nel riquadro in alto la prima tappa della Tirreno-Adriatico nel 1984 (La Provincia di Frosinone - Rivista bimestrale)

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MODA E MONDANITÀ Alla fine dell’arco temporale che chiude gli anni Ottanta, mentre la città si sviluppa pigramente destreggiandosi tra balletti di partito, cambi di sindaco e pressioni sociali, tra le nuove generazioni la pesantezza comincia a diradarsi lasciando il posto ad un clima più lieve, più legato al divertimento, al disimpegno. Apparire, mostrarsi, far emergere l’individualità in un’esplosione di proposte effimere come ad esorcizzare un passato oneroso, schiacciato dalla seriosità e dal sacrificio. Ora ci si può liberare dai pensieri, si può e si deve dare sfogo allo spirito disgiunto dall’intelletto. E’ il momento delle discoteche, dei primi pub e fast food, degli abiti alla moda. E’ il momento dei Paninari e dei Dark, dei giubbini Moncler e delle scarpe Timberland, del pop e della disco. La nuova società è pervasa da un edonismo sfrenato che trae la sua linfa dal consumismo e dal capitali-

Il pub Tnt di via Marittima, uno dei primi fast food con panini e hamburger da portar via (1987)

Andrea D’Amico, Miriam Iacobucci, Maria Giulia Loreto, Pierluigi Di Girolamo e Alessandro Cardamone sulle scale del liceo Classico, consueto ritrovo dei giovani.

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smo senza scrupoli, che qualcuno ha definito “reaganiano”, avendo la sua massima espressione nell’America di Reagan. A Frosinone una consuetudine per i giovani è esibirsi e ritrovarsi in Provincia. Anche di sera c’è un discreto movimento, ma ad acquietare i bollenti spiriti notturni ci pensa la solita ordinanza del prefetto che invita night e discoteche al rispetto degli orari.

A sinistra Antonio Pusceddu, gestiva il pub Tnt di via Marittima (1987). A destra i proprietari dell’International Pub con Mango. Da sinistra, Giuseppina Di Lorenzo, Carmine Mattia Perciballi e la sorella Antonietta (1988)

Via Aldo (incrocio attuale via Landolfi) con l’insegna di una discoteca

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EVENTI E CURIOSITÀ Gli anni Ottanta a Frosinone e provincia sono stati densi di avvenimenti. Abbiamo cercato e raccolto immagini e contributi giornalistici che potessero riepilogare e documentare, seppur sommariamente, il decennio di vita nei diversi settori della società. Questi sono soltanto alcuni eventi che hanno avuto una consistente eco mediatica e un forte richiamo popolare. 1 - IL DIRIGIBILE – In occasione del 40 anniversario della distruzione di Montecassino, è il 1984, il dirigibile Europa della Goodyear solca i cieli della provincia, sorvolando in maniera ravvicinata anche l’aeroporto di Frosinone e utilizzando insegne luminose per lanciare messaggi di pace. 2 - IL PRESIDENTE - Nello stesso anno,

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1984, alla commemorazione della città martire partecipa anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini, accompagnato dal ministro della difesa Spadolini. Grande è la partecipazione civile e intenso il sentimento istituzionale e militare. 3 - IL PAPA – Una folla esultante accoglie Giovanni Paolo II arrivato in Ciociaria con un elicottero. Incontenibile la gioia dei fedeli nell’accogliere il carismatico pontefice che nel 1984 ad Alatri benedice la neonata parrocchia di San Paolo Apostolo presso la Cattedrale. Il papa torna in Ciociaria nel 1986 e tiene la sua omelia ad Anagni. Era stato a Montecassino nel 1980. 4 - LA PROVINCIA – Il 6 dicembre del 1927 venne istituita la Provincia di Frosinone. Un apposito comitato ha organizzato celebrazioni da distribuire nel corso del 1987, in corrispondenza del 60esimo

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anniversario della nascita. Suggestiva la cerimonia a cui hanno partecipato tutti gli ex Presidenti e che ha anticipato la serie di iniziative. Nella foto, da sinistra, Emanuele Lisi, Vincenzo Zarrelli, Quirino Gentile, Pietro Malatesta, Eugenio Giovannini, Domenico Gargano, Antonio Grazio Ferraro, Massimo Struffi. Il presidente in carica nel 1986 è Valentino D’Amata. 5 - IL PREMIO – Una gradevole commistione di gastronomia e cultura che si fondono con naturalezza nell’iniziativa Il Campanile d’oro curata dall’Ept. Da una parte il concorso per i ristoratori e dall’altra i riconoscimenti alle personalità che si erano distinte nei diversi ambiti della società contribuendo a far conoscere il territorio della provincia di Frosinone. L’edizione riportata nelle foto risale al 1987. Il presidente dell’Ept, Alfredo Pallone, premia Enrico Concutelli (il popolare Bassetto) e il figlio Luigino.

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PIZZERIA PANINARI, TOZZI E DARK Narcisismo o individualismo, spirito di gruppo o bullismo. Qualunque sia stato il movente, l’imperativo, soprattutto dalla metà degli anni Anni Ottanta, era distinguersi, emergere, classificarsi, identificarsi in qualcosa di comune ma al contempo non banale, non ordinario. Un codice, un modo di comportarsi, un’esternazione che alle precedenti generazioni è apparsa priva di significato e di utilità. Eppure le tendenze estetiche dominarono il mondo quasi imponendosi ai giovani che pur di sentirsi partecipi razziarono i negozi più in voga. A Frosinone, la boutique più aggiornata era probabilmente Bla Bla, altrimenti la tappa nella Capitale era d’obbligo. Il Paninaro Re indiscusso della scena giovanile era il Paninaro, d’ispirazione milanese. Abiti rigorosamente firmati e griffe ben determinate. A cominciare dalle scarpe Timberland o Vans, indossate con calzini Burlington. E poi i jeans (Levi’s, Avirex, Stone Island, Americanino) con il rivoltino finale per mostrare lo scarponcino scamosciato, e tenuti in vita da una cinta El Charro. Camice a quadri e magliette (Naj oleari). Felpe Best Company e

maglioni Marina Yachting. Best Company, Avirex e Moncler per l’inseparabile giubbotto imbottito, il bomber. Capello corto, spazzola e gel. Il Tozzo La risposta romana al look più chic di Milano, è arrivata dal cosiddetto Tozzo o Tozzetto. Con delle varianti che facevano la differenza. I “pischelli” indossavano Levi’s 501 rigorosamente “calati” (scesi in vita con il cavallo basso) con le Clark ai piedi (marroni, tortora, verde bottiglia le tonalità ammesse), le cinture con fibbiona El Charro, i maglioni della Marina Yachting o Paul & Shark, il piumino della Ciesse o il mitico giubbotto di pelle, modello aviatore, della Schott. Ma le firme che si rincorrevano erano anche Elvstrom, Ocean Star, Stone Island, Best Company, Boneville, Armani, Sisley. Con le magliette Sundek o Energy con il collo in bella vista. Il Dark In inglese significa oscuro e sembra più un movimento esistenziale che si manifesta anche nello stile e nell’abbigliamento. Smalto nero, vestiti neri, borchie, croci, trucco e capelli neri, piercing e catene, erano e sono gli elementi distintivi di questo modo di essere che si diffonde agli anni inizi degli Anni Ottanta nel Regno Unito fermentando negli ambienti musicali punk rock.

ZEB

di Ceci Alessandro

CONSEGNE A DOMICILIO Pizza Kamut

FONTI E CONTRIBUTI Informazioni e immagini sono state tratte da Il Messaggero, Il Tempo, “Ciociaria...ieri, oggi, domani” rivista periodica edita dell’Ept, “La Provincia di Frosinone” rivista periodica edita dall’Amministrazione provinciale, “Futuro 80 Cooperazione” della Lega nazionale delle cooperative e mutue, “Consorzio per l’area di sviluppo industriale – Industrializzazione e società nella provincia di Frosinone” di Franco Mastracco e Carlo Pompeo, la pubblicazione “Carlo Galella - Un uomo al servizio della sua città” con una selezione di articoli dalla stampa. Si ringraziano per l’ospitalità la Bi-

blioteca provinciale di Frosinone “Alberto Bragaglia” e la Biblioteca del Comune di Frosinone Norberto Turriziani. Un sentito ringraziamento per il contributo fotografico Augusto Pennacchia, Franco Settembri, Amedeo Di Salvatore, Maurizio Turriziani, Carmine Mattia Perciballi, Andrea D’Amico, Alessandro Cardamone, Nando Potenti, Barbara e Luca Aversa, Antonio Pusceddu, Maurizio Maramao, Geostudio di Aldo Pierro, Mario Murchio, Sonia Di Sora e tutti gli amici di Numero Zero che si sono prodigati nel recupero di materiale.

LUNEDÌ CHIUSO FROSINONE

Via Garibaldi, 126 Tel. 0775/1887314 Cell. 349.2921039 04.2014 | NUMERO ZERO | 57


Convergenza d’intenti e interventi rapidi Il decalogo di Davide Papa, presidente di Unindustria Frosinone

LA STRATEGIA

dell’unione

Nuovi assetti industriali per uscire dalla crisi

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arola d’ordine: aggregazione. La crisi, quella che ha messo in ginocchio l’ordine economico mondiale, sovvertendo tutti gli indicatori finanziari degli stati e delle aziende, si può fronteggiare e battere solo così. Mettendo da parte personalismi e interessi indivi-

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duali, aprendosi ad una visione globale del mercato, che volge all’europeizzazione delle politiche economiche, facendo riemergere il comparto produttivo nazionale dalla stagnazione che anche il vecchio sistema associativo ha contribuito a generare. Oggi è importante saper viaggiare tutti nella stessa direzione, aumentando lo spiri-

to corporativo, proiettarlo in qualcosa di più strutturato, funzionale e vantaggioso. Il passaggio di Confindustria alla macrorealtà di Unindustria si spiega essenzialmente così: con l’esigenza di unire le forze, abbattere le frontiere provinciali e avvicinare le varie aree al sistema regionale, l’unico in grado di interfacciarsi con autore-


volezza al bacino finanziario europeo, quello che eroga fondi e possibilità per tutti. Il dado ormai è tratto e molte Confindustrie provinciali stanno seguendo il progetto di Unindustria, anche quelle inizialmente diffidenti. Il progetto di Aurelio Regina e Maurizio Stirpe e con il contributo di Marcello Pigliacelli, ha anticipato ciò che sarebbe successo di lì a poco con le Province, sempre meno considerate, a vantaggio delle Regioni, le sole in grado di farsi sentire a livello europeo. Frosinone ha avuto un ruolo fondamentale nella metamorfosi di Confindustria ed oggi può con orgoglio sottolineare, attraverso Davide Papa (presidente di Unindustria Frosinone e vice presidente di Unindustria Lazio), di aver capito prima di altri la strada da prendere per riorganizzare la rappresentanza delle imprese territoriali. “Il nostro modello – conferma Davide Papa, che è anche presidente del Comitato Ambiente - è stato copiato e seguito da tutte le altre Confindustria nazionali e questo è certamente un motivo di orgoglio per noi. Il progetto di Aurelio Regina e Maurizio Stirpe ha anticipato ciò che sarebbe successo di lì a poco con le Province, sempre meno considerate, a vantaggio delle Regioni, le sole in grado di farsi sentire a livello europeo” Ma è stato un passaggio comunque

Davide Papa, presidente di Unindustria Frosinone

oggetto di speculazioni verbali e che ha trovato qualche resistenza anche nelle vicinanze, ad esempio a Latina. “E’ stato un passaggio assolutamente indolore e sicuramente necessario per accrescere la competitività di tutte le zone. Latina è lo specchio di quello che è stata l’Italia fino ad oggi, ovvero

quella che considerava che piccolo significasse anche bello. Non è più così, oggi l’aggregazione è necessaria e alla fine anche Latina lo ha capito” Quali sono in sintesi i vantaggi che può portare Unindustria alle imprese del territorio, quasi tutte in difficoltà? “L’organizzazione di Unindustria si basa su un concetto fondamentale, quello del rapporto diretto con la Regione e la condivisione dei progetti, cosa che prima, con la divisione provinciale, non avveniva. Questo ha accresciuto anche il peso politico dell’associazione, che significa anche minori difficoltà ad andare ad aggredire i bandi europei, soluzione che oggi è fondamentale per riemergere dalla crisi. Unindustria al riguardo ha una sua squadra del credito proposta proprio a questa funzione. I numeri esprimono meglio qualsiasi concetto: Unindustria è una realtà con 3500 imprese associate, i dipendenti delle aziende ad essa associate sono 250.000, la seconda a livello nazionale” Che tipo di soluzioni propone Unindustria per uscire da questa grave situazione che attanaglia l’Italia? “Innanzitutto la rapidità negli interventi. Il Pil non cresce più dal 2007, è

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sceso oltre l’8% ed è tornato ai livelli del 2000. Non c’è più tempo da perdere, bisogna assolutamente abbattere tutti gli ostacoli che impediscono la ripresa economica, a cominciare dall’inefficienza delle infrastrutture e ai ritardi della giustizia civile che sono un freno agli investimenti e alla voglia di fare impresa. Oggi per aprire un’azienda bisogna attendere anche quattro o cinque anni per le autorizzazioni. Se l’imprenditore vende beni deteriorabili o vuole immettere sul mercato un prodotto innovativo, quando finalmente riesce a lavorare non è più nelle condizioni iniziali. I ritardi dovuti alla burocrazia producono tanti aspetti negativi: più tardi cominci a lavorare e più tardi crei occupazione, aumenti il fatturato e quindi il gettito fiscale per lo stato. E più tardi produci indotto per le altre aziende che lavorano per te, nel caso della mia azienda ad esempio nella componentistica” Quali sono le misure più urgenti di intervento chieste dagli imprenditori? “Gli imprenditori non chiedono più i soldi a pioggia come avveniva in

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passato, hanno capito che non è questo che li può sollevare ma un diverso sistema di politica per le aziende. Chiedono regole chiare e valide per tutti, l’abbattimento della burocrazia e delle lungaggini che essa produce, chiedono soprattutto l’abbattimento del costo del lavoro, che è diventato insostenibile” Tutte questioni sul tavolo del nuovo governo Renzi… “Il governo facciamolo lavorare, diamogli tempo qualche mese per capire cosa riuscirà a fare. Il programma che ha presentato è certamente condivisibile, specie quando parla di favorire i pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, di riduzione dell’Irap e degli aumenti degli stipendi” Tornando al locale, in provincia di Frosinone la situazione è davvero difficile, per non dire drammatica “In provincia di Frosinone, rispetto al resto d’Italia, la crisi è senza dubbio più forte. Vacillano i tre pilastri su cui si è sempre fondata l’economia locale, ovvero il trasporto, l’automotive e l’edilizia, per tanti versi collegati uno con l’altro. Nonostante tutto i nostri imprenditori stanno tenendo duro,

sono forti e capaci e sapranno risollevarsi” Cosa state studiando per risollevare l’economia provinciale? “Gli interventi devono essere mirati nelle quattro macro aree provinciali, le zone di Frosinone, Anagni, Sora e Cassino, ognuna con le proprie peculiarità. Le linee guida per Frosinone – Anagni sono state stabilite nell’Accordo di Programma sottoscritto il 2 agosto 2013 in cui personalmente rappresentavo Unindustria e grazie al quale abbiamo raggiunto importanti risultati. Il successo maggiore è stato quello di riuscire a chiedere lo stato di crisi, dopo il fallimento dell’ex Videocon, e di accedere ai fondi stanziati dalla Regione e dal Ministero. Solo altre due richieste, oltre la nostra, sono state accettate e questo è un grande risultato: significa che ci siamo mossi in tempo e abbiamo fatto sistema. Dobbiamo saperci muovere considerando i settori portanti nelle varie zone, come ad esempio il settore tessile e della carta di Sora e quello del marmo di Cassino. Per rilanciare questi comparti sono necessari interventi mirati, tra cui quello del potenziamento delle


infrastrutture, a cominciare dal collegamento stradale tra Cassino e Gaeta e tra Frosinone e Latina e a quello ferroviario nella tratta Cassino-Roma. Tutti interventi che favorirebbero, tra l’altro, anche il turismo” Come presidente del Gruppo Eco Liri, quali sono le previsioni per il settore auto? “Il 2013 è stato veramente brutto, il settore auto è stato uno di quelli più colpiti dalla crisi ed è ora più bisognoso di rilancio, soprattutto per l’indotto che sviluppa. Stiamo parlando di un comparto che rappresenta il 16,6 dell’introito statale e il 13% del Pil e che avrebbe bisogno di misure d’intervento immediate su tutti i fronti. Personalmente auspico interventi che consentano alle aziende di potersi scaricare interamente il costo dell’acquisto dell’auto. Di fronte all’obiezione che ciò comporterebbe una riduzione della tassazione, rispondo che l’aumento del fatturato delle concessionarie restituirebbe allo Stato ciò che ha perso in precedenza. Se si vendono più auto pagano più tasse le concessionarie, l’indotto della Fiat e gli stabilimenti della Fiat ” Anche prezzo benzina e costo delle assicurazioni non favoriscono gli indici di ripresa… “La benzina ora è scesa e non è più ai livelli di qualche mese fa. Per le assicurazioni è auspicabile una manovra per far abbassare il costo delle polizze. Secondo calcoli recenti, circa quattro milioni di auto in Italia viaggiano senza assicurazione, questo non può essere consentito. Così come, sempre in tema di sicurezza, auto troppo usurate diventano un rischio per la circolazione e anche in questo caso possono diventare una spesa per lo stato” Finiamo con la Fiat, cosa pensa delle critiche rivolte a Marchionne sui movimenti all’estero? “Sono critiche ingiuste. Marchionne ha portato avanti e concluderà investimenti per circa 10 miliardi di euro in Italia, in zone come Pomigliano d’Arco, Val di Sangro, Grugliasco e Mirafiori. E speriamo presto anche a Cassino. Questo per chiarire che la produzione estera della Fiat non produrrà effetti negativi sul mercato italiano, anzi sarà grazie a questi interventi che ci saranno effetti positivi in Italia. Solo grazie all’accordo con

“Gli imprenditori non chiedono soldi a pioggia ma una diversa politica per le aziende Regole chiare, lo snellimento della burocrazia e l’abbattimento dell’oneroso costo del lavoro”

Chrysler, ad esempio, è stato possibile evitare i licenziamenti e la cassa integrazione alla quale si è fatto ricorso è una soluzione momentanea. Presto tutti rientreranno a lavoro” Come sta affrontando questo periodo negativo il Gruppo Ecoliri? “Noi siamo andati in controtendenza rispetto alla situazione nazionale ed abbiamo affrontato la crisi senza

timori, investendo proprio nel momento di maggiore difficoltà. Diciamo che ci siamo mossi in anticipo, per non farci travolgere dalla negatività generale. Ci sono dei progetti importanti per questa area, per rilanciare un mercato che qui ha sempre prodotto risultati eccellenti, e certamente le capacità e l’intraprendenza daranno risposte significative”.

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L’approccio con gli acquisti rivela personalità, manie e necessità è al supermercato che si colgono le sfumature e le caricature dei consumatori sempre più alle prese con l’esigenza di risparmiare

TIPI da spesa di maria chiara bisci

I

n tempo di crisi non si parla d’altro: la spesa è l’ago della bilancia del vivere sociale. Tutto ruota attorno a quanto si spende, come e dove, a quello che gli italiani mettono nel carrello, a come e quando lo consumano. Non c’è giorno in cui il vocabolo spesa non compaia sulle pagine dei quotidiani o venga pronunciato dal mezzobusto di turno. L’ultima notizia in fatto di acquisti alimentari è che, sempre a causa della crisi, ora gli italiani sono tornati a spendere come trent’anni fa: quindi, in nome della celebre spending review, dalla tavola spariscono sempre più frequentemente cibi pronti, notoriamente più costosi, e rifanno la loro comparsa le materie prime di base, come uova, farina, miele e preparati per dolci, nel segno di un ritrovato fai da te che, a quanto pare, giova al portafogli di molte famiglie. D’altra parte la spesa al supermercato è, sicuramente, un indicatore sociale molto significativo. E non solo perché ci aiuta a capire cosa viene

comprato e quanto si spende ma, soprattutto, perché ci racconta chi siamo, quali sono le nostre preferenze, le nostre manie, quasi come fossimo nella sala degli specchi di un luna park in cui debolezze e difetti vengono ingigantiti e deformati, lasciando venire a galla i più diversi tipi umani, celati dietro le mentite spoglie di “insospettabili”. Al banco del pane, tra gli scaffali, alla cassa: ogni momento può essere quello giusto per imbattersi in un classico “tipo da spesa”: ovvero colui (o colei) che, armato di carrello o cestino, si aggira per il supermercato tra le mille insidie dei cartellini col prezzo sbagliato o illeggibile, tra i cartelli delle offerte, pronto a dar sfoggio delle proprie doti o, peggio, a sfoderare un repertorio di gag da far invidia al migliore dei comici. E non ce ne vogliano i maschi se parliamo soprattutto di loro, ma più delle donne hanno la capacità di incarnare certe umane debolezze. Comunque, per restare in tema, non si fanno sconti a nessuno, neanche al gentil sesso.



il biologico Da quando si è diffusa una maggiore percezione dei tanti rischi nei quali ci si può imbattere comprando una scatola di pelati o una zucchina, è cresciuto in maniera esponenziale l’esercito dei consumatori che acquistano solo prodotti che riportano la dicitura “biologico”. Li si incontra davanti agli scaffali mentre spulciano meticolosamente ogni confezione su ciascun lato, senza tralasciare neanche la più piccola scritta. Vogliono essere sicuri di quello che portano in tavola, spesso a scapito del portafogli, ma sono i più lungimiranti: meglio un euro in più oggi che una scintigrafia domani... Accanto a loro si schierano poi coloro che, meno intransigenti di vegetariani e vegani, stanno comunque attenti a fare acquisti mirati. Uova da allevamento a terra, prodotti della filiera corta o a km zero: spesa sì, insomma, ma intelligente e rispettosa dell’ambiente.

L’ansioso A questa tipologia appartengono soprattutto avventori di sesso maschile. Sono in genere quelli che si recano di rado a fare la spesa e, quando lo fanno, vengono prima ben istruiti dalle mogli ed inviati in missione equipaggiati di tutto punto, con lista delle cose da prendere, carrellino pieghevole e portamonete. Li si può notare mentre si aggirano tra gli scaffali quasi con timore, come se fossero precipitati di botto sulla terra da un pianeta alieno: ogni cosa intorno a loro è sconosciuta e, neanche a dirlo, insidiosa. La loro sosta davanti a ogni singolo ripiano si protrae all’infinito. Nonostante le consorti si premurino di scrivere per benino quello che bisogna comprare, gli ansiosi sono continuamente devastati dal dubbio amletico. Anche perché lo sanno che se tornano a casa con un prodotto che non è quello descritto nella lista la furia omicida delle mogli potrebbe scagliarsi contro di loro senza pietà. All’ansioso si affianca anche una sottocategoria, quella dell’ansioso tecnologico: ovvero, quando il dubbio si

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Gli avventori di sesso maschile più impacciati pur attenendosi scrupolosamente alla lista compilata nel dettaglio dalla moglie non resistono alla tentazione di fugare ogni dubbio con una telefonata


fa lacerante, c’è soltanto una soluzione: chiamare il mandante della spedizione e chiedere lumi. “Ma la passata di pomodoro è questa o quella?”. A volte basta guardare l’espressione di queste persone dopo che hanno rivolto la domanda all’interlocutrice telefonica per capire con quanta gentilezza è stata data la risposta, che probabilmente è “Ma te l’ho scritto, pezzo di imbecille!”. Non si può non provare, in questi casi, un po’ di compassione.

L’indeciso Anche a questa tipologia di avventore si può dire che appartengano più gli uomini che le donne. La natura dell’indeciso si può cogliere già dal suo ingresso in negozio: sceglie un carrellino o un cestino ma poi torna indietro e lo cambia, perché non lo convince. Il suo viaggio nell’incertezza si snoda nelle corsie del supermercato. Prende in mano i prodotti, li esamina, li mette nel car-

rello, fa qualche passo e torna indietro, rimette la merce nello scaffale e prende un’altra cosa. Al bancone è in genere l’incubo delle inservienti: dopo aver cambiato idea ogni dieci secondi sul prosciutto (meglio a macchina o a mano?), sul formaggio (pecorino o reggiano?), sulle olive (verdi o nere?), spesso l’epilogo della sua gita al supermercato si conclude con il poggiare tutto sulla cassa salvo poi togliere gran parte dei prodotti e dire alla cassiera: “Questi no, scusi...”.

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il metodico Va sempre nello stesso supermercato, se può alla stessa ora. Fa il giro del negozio secondo un ordine prestabilito, il suo è un vero percorso a tappe. Si irrita se al reparto ortofrutta trova la fila alla bilancia, e indirizza occhiate piene di livore agli avventori che sostano davanti agli scaffali che gli interessano. Al banco vuole essere servito sempre dalla stessa persona e se questa è occupata, fa finta di non accorgersi che è scattato il suo numeretto sul display per aspettare che si liberi la “sua” inserviente: si fida solo delle sue mani. Vuol pagare sempre alla medesima cassa e se per caso la trova chiusa si sente vittima di una congiura, arriva anche a chiedere che venga aperta, e spesso riesce nel suo intento. Una volta giunto alla cassa dispone la merce con ordine e la imbusta seguendo rigidi criteri: niente deve essere lasciato al caso, a cominciare dalla disposizione dei prodotti nel carrello.

L’estatico E’ uno che al supermercato ci va più per passare il tempo che per comprare qualcosa che gli serve. Gira tra i vari reparti osservandosi intorno con l’aria di chi vede tutto per la prima volta. E quando si sofferma davanti a uno scaffale, chi gli passa accanto ha l’impressione che stia contemplando un’opera d’arte: con la bocca semiaperta si guarda intorno estasiato: più che al supermercato sembra che si trovi in una sala del Louvre...

il super esperto del risparmio Per lui la spesa non ha segreti. Così come non ne hanno i supermercati. A casa possiede sfilze di depliant sulle offerte, in cui sottolinea meticolosamente tutti i prodotti che può prendere con lo sconto. Quando esce di casa per andare a fare compre è come se si preparasse ad andare in guerra:

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pronto a fare sosta in tutti i negozi in cui sa di poter fare dei veri affari. E’ orgoglioso di poter fare sfoggio del suo sapere con amici, parenti e conoscenti, ai quali consiglia quando e dove andare a fare acquisti. Ma se non trova sullo scaffale il prodotto pubblicizzato sul volantino, allora c’è da aver paura: vestendo i panni del paladino del risparmio intercetta il responsabile del reparto e, se questi non è in grado di dargli una spiegazione esaustiva, chiede di parlare con il superiore e poi con il superiore del superiore, pur di arrivare ad appurare la verità. “Il depliant parla chiaro, fino alla fine di marzo ci sono i ravanelli a un euro al mazzetto. E qui i ravanelli non ci sono!”. Come dargli torto?

sono, vi assicuriamo, se alla categoria è stato dedicato persino il programma televisivo statunitense “Pazzi per la spesa”, ora anche su Realtime, in cui al grido di “minima spesa, massima resa” si consuma una gara senza esclusione di colpi tra i concorrenti, ovvero 12 risparmiatori perfetti che riescono a raccogliere buoni sconto

mettendo da parte cifre da capogiro. E a Frosinone i loro emuli non mancano di certo. Un gentile ringraziamento al Discount Todis di via De Matthaeis a Frosinone che ha reso possibile il servizio fotografico

il signor buono spesa e la signora buono sconto Una menzione speciale va ai possessori di buoni pasto e ai patiti dei buoni spesa: non parliamo di quelli che li usano saltuariamente, ma di coloro che dello sconto a tutti i costi fanno la propria ragione di vita. E ce ne

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Le strutture sportive di Frosinone dedicate al nuoto Molteplici le attività tra percorsi terapeutici, formazione agonistica e benessere corporeo Particolare attenzione alle gestanti, ai bambini e agli anziani

Un tuffo nella salute

di CRISTINA DELLE FRATTE

Negli anni ‘80 la grande Jane Fonda lanciava l’aerobica, una disciplina che ha letteralmente spopolato per decenni, rivoluzionando il modo di tenersi in forma con l’introduzione della musica a dettare il ritmo degli esercizi. Ovunque in Italia, e il capoluogo ciociaro non è stato da meno, si è registrato un boom di vendite di pantacollant, scaldamuscoli e body

colorati. Nelle palestre ragazze e signore, ma anche uomini, si scatenavano con l’obiettivo di sudare e perdere peso e pancia. Da moda, l’aerobica è ben presto diventata quasi uno stile di vita, per molti da affiancare obbligatoriamente ad un progresso economico che ha cambiato radicalmente il modo di alimentarsi, portando sulle tavole degli italiani

cibi ricchi di grassi e con essi chili in più e nuove malattie da combattere con un’attività fisica costante. Dall’esercizio a corpo libero, arrivare allo step, simulazione della salita delle scale grazie ad una pedana rialzata, o allo spinning, che ha ripreso la vecchia cyclette riproponendola in chiave moderna, dotata di marce e capace di “regalare” faticosi percorsi


di montagna, il passo è stato breve. Tutto, ovviamente, sempre a ritmo di musica. Sono poi arrivati gli anni ‘90-2000 e sulla scena sportiva nazionale si sono imposte prepotentemente le bracciate di personaggi come Massimiliano Rosolino, Filippo Magnini e Federica Pellegrini, solo per citarne alcuni di casa nostra, che hanno reso il nuoto, fino ad allora una cenerentola, tra le attività sportive più seguite e praticate. Occhialetti, ciabatte, costume e cuffia hanno fatto nascere in molti la speranza di poter arrivare ad avere quel fisico scolpito, quegli addominali, pettorali e glutei marmorei. E così tutti in acqua a dar prova di potenza e resistenza a suon di vasche a stile libero, dorso, rana e delfino. E in città, pian piano, si è assistito ad un proliferare di impianti sportivi dotati di piscina. A dare una mano a divulgare la cultura del nuoto ci hanno pensato appositi studi scientifici. Essendo tra le discipline più complete nel panora-

Lezione di acquagym allo Stadio del Nuoto. Nel riquadro, la piscina di Aqua Life

ma delle attività fisiche, infatti, è uno degli sport più salubri e in grado di aumentare la longevità e il benessere in generale. Oggi è consigliato a tutte le età, addirittura fin dai primi anni di vita. Non solo nuoto, però. Perché, resi noti i benefici dell’acqua sul corpo, tutte le strutture esistenti hanno cercato di ampliare la loro offerta di servizi, arrivando ad eguagliare le palestre.

Ricordate l’aerobica? In acqua è diventata acquagym, con tanto di step per i più temerari, ottima per rimodellare il fisico e far sparire gli odiati inestetismi della cellulite. E lo spinning? E’ bastato mettere una bici in vasca e creare l’hydrobike. Sono cinque gli impianti presenti in città. Ci siamo recati in ognuno per conoscere i corsi, i loro punti di forza e quale la tipologia di clientela più assidua.


Stadio del Nuoto Espressione diretta della Fin (Federazione italiana nuoto) l’impianto nasce nel 2009, in occasione dei mondiali di nuoto, per volontà del senatore Paolo Barelli, presidente nazionale Fin, e del suo desiderio di promuovere questo sport sul territorio. Di proprietà del Comune, è gestito dalla Fin, ed è uno dei sei centri federali presenti in Italia, coordinati da Paolo Borroni. Ad accoglierci c’è il professor Luigi Catalano, direttore, nome di spicco del nuoto e dello sport in generale nel capoluogo. “In questa struttura – ci spiega – si praticano tutte le discipline Fin: nuoto, nuoto sincronizzato, pallanuoto e salvamento, tranne i tuffi che richiedono piscine con specifiche caratteristiche. Proponiamo corsi di nuoto, per tutte le fasce di età, e di acquafitness, seguitissimi, tant’è che vantiamo ben 1.400 iscritti, di tutte le generazioni. Nonostante sia un centro federale, infatti, abbiamo prezzi concorrenziali che di anno in anno attirano sempre più persone. Dodici gli istruttori che lavorano in

Lo Stadio del Nuoto in località Casaleno. Nel riquadro l’istruttrice di acquagym Manuela Massari con due corsisti allo Stadio del Nuoto

L’impianto in località Casaleno nasce nel 2009 in occasione dei mondiali Il centro federale conta 1.400 iscritti e ospita le squadre nazionali questo impianto. Abbiamo anche una palestra di supporto agli atleti che vengono qui ad allenarsi e dove si svolgono lezioni di fitness e posturale”. Ma c’è di più. Proprio perché impianto federale, lo Stadio del nuoto ospita nei fine settimana le nazionali delle discipline della Federazione, richiamando da tutto il Lazio e da tutta l’Italia migliaia di spettatori.

Aqua Life

Marco Valeriani (Aqua Life) con un collaboratore

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E’ l’ultima arrivata in città. Aqua Life, intuizione del giovane Marco Valeriani, appena 29enne, laureato in Scienze motorie e Fisioterapia, nasce a gennaio dello scorso anno con un preciso obiettivo: essere completamente diversa da tutte le altre strut-


ture. Marco, infatti, decide di puntare sulla riabilitazione in acqua, la cosiddetta idrochinesi terapia, di fondamentale importanza nel percorso di recupero post operatorio. “Ma io e il mio staff – ci dice – ci occupiamo anche delle disabilità più gravi, come la paraplegia, la tetraplegia e delle persone che hanno avuto a che fare con ictus, aneurismi e che hanno riportato danni neurologici. Il fattore determinante che differenzia l’attività motoria in vasche idroterapiche, rispetto a quella praticata nelle normali piscine, è la temperatura dell’acqua – ci spiega - Con valori di temperatura compresi tra i 31° e i 35°, infatti, migliora la vascolarizzazione dei tessuti. Grazie all’azione combinata di calore e pressione idrostatica il flusso di sangue al muscolo arriva ad aumentare del 225%, riducendo gli edemi e i gonfiori, migliorando la mobilità articolare e favorendo il rilassamento”. Marco ha inoltre deciso di scommettere su attività che negli altri impianti non vengono praticate, come l’acqua step, il pilates e i circuiti con biciclette, tapis roulant e camminata contro corrente. “Prima della lezione e dopo – ci svela – facciamo rilassare i nostri clienti con l’idromassaggio e la cromoterapia. I corsi che organizzia-

mo sono per 6 persone al massimo, un numero che ci consente di seguire al meglio i movimenti effettuati”. Un occhio di riguardo, infine, anche alle donne in gravidanza e ai futuri nascituri: il sabato Aqua Life propone corsi pre-parto, rivolti a tutte le gestanti a partire dal quarto mese di gravidanza, e per neonati, entrambi con l’assistenza di un’ostetrica.

Polivalente Da settembre 2013 il Polivalente lavora alla sua rinascita. Dopo un iniziale boom di iscrizioni, la precedente gestione ha iniziato ad avere grosse difficoltà che, inevitabilmente, hanno avuto ripercussioni sul buon andamento e sull’attrattività dell’impianto. Attualmente gestito da due società, Centro nuoto Roma e Centro nuoto Fiuggi, dirette rispettivamente dal professor Carlo Cuccioletta e da Mirko Spaziani (che gestisce anche la piscina di Fiuggi), l’impianto è tornato ai suoi antichi splendori, migliorando decisamente la propria offerta. Per la prima volta, infatti, è stata concessa alla struttura la licenza di Scuola nuoto federale grazie alla presenza di figure altamente qualificate, con titoli specifici, come il direttore

Forma fisica e psicologica Considerato uno sport completo e salutare, che distribuisce il movimento omogeneamente su tutto il corpo, il nuoto favorisce la salute, la longevità e il benessere fisico e psicologico. Comporta benefici estetici e fisici: solitamente si ottiene un aumento della massa magra ed una riduzione di quella grassa, lo sviluppo dell’impalcatura ossea e l’espansione della gabbia toracica, la correzione delle eventuali deviazioni della colonna vertebrale, il miglioramento della coordinazione motoria e respiratoria e la riduzione della spasticità. Poiché la densità del corpo umano è all’incirca simile a quella dell’acqua, il corpo viene sostenuto da questa e quindi su giunture e ossa viene caricato meno stress. Inoltre, la resistenza al movimento dipende dalla sua velocità, permettendo una calibrazione degli esercizi in base alle capacità di ciascuno. Per questo, il nuoto viene frequentemente usato come esercizio nella riabilitazione a seguito di incidenti o per i disabili, ma anche per scaricare lo stress fisico e mentale. Nelle donne il nuoto permette di ottenere una silhouette armoniosa e ben proporzionata favorendo il dimagrimento e il rassodamento muscolare, combattendo così in modo efficace gli inestetismi della cellulite. Contro la cellulite, infatti, il nuoto è lo sport ottimale per eccellenza perché coinvolge tutti i muscoli, aiuta la circolazione ed evita il sovraccarico allo scheletro. Oltre al corpo, il nuoto migliora la forma psicologica, liberando da stress, ansie e depressioni (stimola, infatti, la produzione di endorfine). Inoltre, richiede una grande capacità di attenzione e concentrazione e migliora, quindi, le proprie attitudini e possibilità di apprendere. Tutto questo dà una certa fiducia in se stessi, aumenta l’autostima e rende più sicuri nei rapporti con gli altri, con conseguente effetto positivo sulla sfera interiore e relazionale.

Hidrobike in uso al Polivalente

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La piscina del Park Club (Studio Pigliacelli) - Sotto: L’ingresso del Park Club

sportivo o il maestro di salvamento, che consentono la formazione di assistenti bagnanti e istruttori di nuoto. Ovviamente, non manca la tradizionale scuola nuoto sia per bimbi sia per adulti, sebbene il punto di forza siano le attività agonistiche, con la partecipazione a competizioni di rilievo regionale e nazionale di nuoto sincronizzato e pallanuoto. Sono tesserati circa 150 atleti, a cui va aggiunto un cospicuo numero di bambini nei settori di propaganda delle stesse discipline. Una sguardo anche al sociale, però, e un’attenzione particolare rivolta agli anziani e alle famiglie in difficoltà, che tradotto vuol dire corsi di nuoto per ragazzi disabili, l’utilizzo gratuito dell’impianto per gli over 65, che pagano solo l’iscrizione, e diverse formule di pagamento per andare incontro a chi maggiormente risente della crisi, ma non vuole rinunciare allo sport per sé e per i propri figli. Immancabili infine l’acquagym e l’hydrobike indirizzate principalmente alle signore, che sembrano sempre più preferire la ginnastica in acqua alle tradizionali palestre.

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Park Club Il punto di forza del Park club, sulla piazza dal 1974 con i campi da tennis (2 in terra, due in erba che d’inverno vengono coperti), e dal 1976 con la piscina, è la scuola nuoto per ragazzi e bambini, che oggi vede impegnati 10 istruttori. Tutte le altre attività, ci dicono dalla Direzione, sono sì importanti, ma comunque accessorie rispetto a quella che negli anni è diventata quasi una missione: insegnare a nuotare. Un’esagerazione? “Affatto – spiegano i responsabili – visto che garantiamo anche il servizio trasporto, arrivando a coprire diversi comuni, come Boville Ernica, Veroli e Ferentino per soli 18 euro al mese”. E di soddisfazioni il Park Club, nel coltivare la passione per l’insegnamento, ne ha avute parecchie, soprattutto quando l’anno scorso Giorgia Malandrucco, cresciuta nell’agonismo, si è ben piazzata al Sette Colli. Nuoto al primo posto, dunque, senza per questo tralasciare tutte quelle altre attività che con gli anni si sono imposte, a partire dall’acquagym.

Spazio anche al nuoto libero e poi al corso per gestanti e a quello neonatale, che si avvalgono della collaborazione di una cooperativa del capoluogo, “Nove mesi e un giorno”, che mette a disposizione un’ostetrica. E per gli affezionati, ovvero per chi da anni frequenta assiduamente la struttura, il Park Club propone prezzi ridotti, delle quote fidelity, “perché in un momento in cui la concorrenza è più agguerrita che mai – spiegano i responsabili – ci sembra giusto avere un occhio di riguardo per chi anno dopo anno continua a sceglierci”.



Euroclub “E’ stato il primo impianto natatorio aperto al pubblico nel comune di Frosinone, motivo per cui può vantare di rappresentare la storia di questo sport”. Fiorella Zangrilli, la responsabile della struttura, di cose da raccontare ne ha tante, ma è su questo punto che insiste particolarmente. “Non a caso - tiene a precisare - visto che Brenda Spaziani, Ambra Migliori, Alessandro Vona e altri campioni sono passati per questo centro sportivo, portando il nuoto agonistico della provincia alla ribalta nazionale e internazionale. Grazie all’intraprendenza e alle capacità tecniche dei nostri preparatori, altri atleti si stanno distinguendo in questa disciplina, con la consapevolezza di poter raggiungere ottimi risultati”. Quando però deve individuare il cavallo di battaglia dell’Euroclub, la signora Zangrilli non ha dubbi: “E’ e rimarrà sempre l’eccellente scuola di nuoto rivolta ai bimbi dai 3 ai 5 anni, ai ragazzi e agli adulti. Poi, come già detto, si pratica il nuoto preagonistico, agonistico e master. Ma non

Lezioni di Acquagym all’Euroclub

trascuriamo il nuoto libero, al quale è riservato un ampio orario, e le attività per le signore alle quali offriamo corsi di acquagym e l’acqua zumba”. L’Euroclub ha inoltre attivato delle convenzioni con la Asl e con alcune cooperative per la riabilitazioni in acqua, la psicomotricità e il trattamento di persone affette da disabilità psichica. “Gli iscritti – fa presente Fiorella Zangrilli - possono scegliere

il tipo di abbonamento più conveniente e rispondente alle loro esigenze, anche in base alla freque nza e al numero dei componenti familiari. Dato il momento critico che le famiglie stanno attraversando, sono stati previsti pacchetti speciali e i pagamenti possono essere rateizzati. I nostri corsisti, inoltre, sono seguiti anche da esperti nutrizionisti che li aiutano a migliorare le prestazioni”.

Immersione nella storia Il nuoto è un movimento naturale che anche le popolazioni più antiche avevano sviluppato, come testimoniano pitture murali, incisioni o graffiti che mostrano uomini nell’atto di eseguire movimenti simili a quelli degli attuali stili. Risalgono all’età della pietra. Disegni di 8 mila anni fa sono stati trovati nella “Caverna dei Nuotatori”, sull’altopiano del Gilf Kebir, nella parte occidentale del deserto libico al confine fra Egitto e Sudan. Presso gli antichi greci e romani il nuoto aveva un posto importante nell’educazione dei giovani e nell’addestramento militare. Durante il Medioevo fu abbandonato per paura delle malattie e delle epidemie, anche se nel 1315 a Venezia venivano ancora disputate delle gare.

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Sport acquatico dalla storia millenaria, venne inserito nel programma delle prime Olimpiadi moderne, quelle di Atene del 1896. Allora quasi tutti gli atleti nuotavano a rana, stile risalente al 1500. Nei primi anni del Novecento si diffusero lo stile libero e il dorso, mentre lo stile a farfalla farà la sua comparsa solo negli anni Trenta. Fu merito del tedesco Guts Muths l’aver organizzato le prime gare di nuoto e tuffi. Ai primi dell’Ottocento, il soldato italiano Gianni Salati compì l’impresa attraversando a nuoto la Manica. Il primo italiano a scendere sotto la barriera del minuto nei 100 metri stile libero fu Carlo Pedersoli, meglio noto come Bud Spencer, più precisamente con il tempo 59 secondi e 50 centesimi nel lontano 1950, a Salsomaggiore in vasca da 25 metri.

1 - pitture rupestri; 2 - gara di nuoto alle olimpiadi di Atene; 3 - Carlo Pedersoli in arteBud Spencer


Le campionesse Tra le stelle del nuoto italiano, anche due atlete di casa nostra: le frusinati Ambra Migliori e Brenda Spaziani. Brenda Spaziani, classe 1984, è un’atleta delle Fiamme Azzurre e del Circolo Aniene. Agli Europei di Madrid 2004 ha vinto il bronzo dalla piattaforma nei tuffi sincronizzati insieme alla bolzanina Valentina Marocchi, in coppia con la quale era giunta terza anche alla European Champions Cup dell’anno precedente. Agli Europei di Budapest 2006 si è piazzata al 4º posto nella finale del sincro dalla piattaforma, sempre in coppia con la Marocchi. Nel 2009 agli assoluti invernali di tuffi a Trieste, Brenda ha conquistato il primo posto con il punteggio di 284.30 dalla piattaforma di 10 metri. Oltre al singolo da 10 metri la tuffatrice frusinate si è imposta anche nella piattaforma sincro da 10 metri in coppia con Valentina Marocchi.

Brenda Spaziani, classe 1984, la sua specialità sono i tuffi sincronizzati

La piscina dello Stadio del Nuoto di Frosinone Nel riquadro Ambra Migliori specialista nella farfalla

Ambra Migliori, classe 1984, è una nuotatrice. E’ specializzata nella farfalla, in particolare nelle distanze più brevi dei 50 m e dei 100 m. A livello individuale ha conquistato la medaglia d’oro nei 100 farfalla ai Giochi del Mediterraneo 2005 di Almeria e il quarto posto alle Universiadi di Smirne. A lungo componente della 4 × 100 mista italiana, ha ottenuto con essa la medaglia di bronzo ai Giochi del Mediterraneo 2005 di Almeria, il quinto alle Universiadi 2005 di Smirne e il quinto ai Mondiali 2005 di Montreal.

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ZERO cUlt

Cultura e attualità

Con la sigaretta tra le dita Il segretario del Comune di Frosinone racconta un inedito Sciascia

di maria Chiara bisCi

La statua di Leonardo Sciascia è lì, sul marciapiede, a Racalmuto, a grandezza naturale: riproduce perfettamente quel fare dinoccolato che era proprio dello scrittore siciliano che ha indagato i rapporti tra Stato e mafia. La sigaretta è tra le dita, come lo era sempre, praticamente sempre, nella realtà. E agli abitanti del paese sembra di averlo ancora lì tra loro, come quando andava al circolo culturale o si intratteneva a scambiare due, ma proprio due chiacchiere con qualcuno. Se lo ricorda bene anche Angelo Scimè, che a Racalmuto è nato e ha trascorso buona parte della giovinezza. E che a novembre 2013 è approdato al Comune di Frosinone, in qualità di segretario generale, dopo aver lavorato in giro per l’Italia, portando sempre la sua Sicilia nel cuore e nei ricordi. Proprio sui ricordi si impernia la chiacchierata con il dottor Scimè. In particolare sui tanti aneddoti legati alla figura dello schivo narratore siciliano con cui condivide le comuni origini in quel di Racalmuto, anticamente detta Recalpetra. Gli occhi che guardano lontano, come per ripescare più in là possibile nel tempo qualche scampolo di memoria, il segretario generale racconta con un’espressione intrisa di nostalgia il suo periodo racalmutese e il rapporto suo e dei suoi concittadini con l’autore de “Il giorno della civetta” e di “Todo modo”. “Sciascia trascorreva tanto tempo nella sua casa fuori dal paese, in contrada La noce – esordisce – appena poteva si rifugiava lì, soprattutto da maggio 78 | NUMERO ZERO | 04.2014

a ottobre. D’altra parte quelle campagne erano e sono tuttora molto amate per la loro bellezza e la loro quiete”. “Sciascia lo conobbi tramite i miei zii, che erano insegnanti, come lui. Il mio ruolo era quello di autista: li scorrazzavo per i paesi quando c’era la presentazione di qualche libro, perché Sciascia non guidava e mio zio non vedeva bene. Qualche volta avevo il compito di fare delle fotografie. E mi ricordo che una volta, ad una presentazione, Sciascia era seduto ad un tavolo vicino a un sindaco e ad un arciprete: ma lui era piuttosto anticlericale e ogni volta che li inquadravo lui si scostava e mi faceva cenno perché non voleva che li fotografassi insieme”. Scimé sorride compiaciuto ricordando questo aneddoto. E ancora ne ha da raccontare. “Sciascia era introverso, non era facile comunicare con lui. Ma era molto alla mano, lo consideravamo uno di noi. Veniva al circolo culturale, si fermava al bar a bere un caffè e a fumare. Fumava sempre, aveva sempre tra le dita una sigaretta. Noi ragazzi ogni tanto gli facevamo delle improvvisate, perché lui non era certo tipo da inviti. Ma una volta lì ci accoglieva, con i

suoi modi apparentemente bruschi. Era fatto così”. Proprio da una di queste improvvisate ebbe origine quella che per molti giovani di Racalmuto fu un’avventura entusiasmante, destinata a durare per molto molto tempo. “Un giorno io e altri amici decidemmo di dare vita ad un gruppo folcloristico. Andammo da Sciascia e gli intonammo qualche canzone popolare. Lui accennò appena qualche motivo, ma ci fece capire che erano canzoni che conosceva – racconta Angelo Scimè – Gli chiedemmo qualche spunto per mettere su un repertorio e lui ci consigliò di andare a ricercare i vecchi che lavoravano nei campi o nelle miniere di zolfo. Tramite loro saremmo forse riusciti a risalire a qualche antico motivo della tradizione popolare. Allora, con chitarra e registratore, andammo nei bar e nei luoghi in cui si riunivano gli anziani. Bastò strimpellare un po’ ed ecco che pian piano vennero fuori antichi ritornelli, canzoni che accompagnavano il lavoro dei contadini e degli “zolfatai”. D’altra parte – dice per inciso Scimè – la maggior parte della gente di quelle zone questo aveva fatto nella vita: lavorare la terra o spezzarsi la schiena nelle miniere di

Leonardo Sciascia. In alto Angelo Scimè


Angelo Scimè (quarto da sinistra con la barba) con Sciascia

salgemma o di zolfo. E quelle canzoni erano un patrimonio ancestrale, da riportare alla luce. Ripescammo proprio la canzone dello zolfataio, il minatore di zolfo”. “Tornammo da Sciascia per fargli sentire quello che eravamo riusciti a trovare. Siete come ‘a virrinedda – ci disse – tenendo così a battesimo con questo nome il gruppo, che ben presto contò una quarantina di componenti e iniziò a fare concerti per tutta Italia, oltre che in Sicilia”. La virrina, come spiega il segretario generale, in dialetto siciliano indica un utensile con forma a spirale, per praticare fori. “Con questo nome Sciascia volle sottolineare che eravamo caparbi, e che a forza di scavare eravamo arrivati dove volevamo. Il nome del gruppo rimase questo e solo in anni più recente è diventato “Città di Racalmuto”. Nel frattempo c’è stato un ricambio generazionale. Ma quell’esperienza fu per noi esaltante. Addirittura fummo chiamati ad esibirci alla festa dell’Unità a Firenze e Berlinguer ci chiese di ballare per lui sotto il palco: tornati in patria fummo acclamati e ci chiamarono a tutte le feste dell’Unità. Vennero ad esibirsi con noi il poeta Ignazio Buttitta e la cantante Rosa Balistreri. E tutto questo, forse proprio grazie a

Sciascia”. “La presenza di Sciascia è stata molto importante per Racalmuto – continua Scimè – a casa sua si recavano eminenti personalità, politici, magistrati. Tutti sono passati a La noce. Grazie a Sciascia venne organizzato proprio a Racalmuto il primo convegno su mafia e letteratura, negli anni ‘70. In prima fila c’erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”. La chiacchierata con il dottor Scimè si chiude con questi ultimi ricordi. E’ comprensibile come la figura di que-

sto intellettuale abbia lasciato un segno profondo nei luoghi in cui ha vissuto e nelle persone che l’hanno conosciuto. “Ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo, come scrive Sciascia in “Le parrocchie di Regalpetra” - si congeda il dottor Scimè – Io anche ho tentato di raccontare qualcosa di un paese che amo e, soprattutto, di un personaggio che è nella memoria di tutti”. E che adesso anche i frusinati possono sentire un po’ più vicino. Il gruppo ‘A Virrinedda

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Cultura e attualità

Al mattino del primo giugno Frosinone venne liberata 70 anni fa. Eventi e pubblicazioni

di sAntA pAzienzA

“Al mattino del primo giugno, mentre ancora tuonava il cannone e le truppe liberatrici erano giunte nei pressi delle collinette della Santissima Trinità, l’amministrazione prendeva possesso delle baracche abbandonate dagli amministratori fascisti e dagli stessi impiegati e si recava a rendere il benvenuto alle truppe liberatrici”. Così scriveva Domenico Marzi nominato dal Comitato di liberazione nazionale primo sindaco di Frosinone. Si insediò proprio nella baracca di fronte al piccolo santuario, che fungeva da mesi da sede municipale. Era il 1 giugno del 1944. Una data storica per la città, ma soprattutto per i cittadini. Si chiudeva un periodo di odio, terrore, violenze. Cominciato tre giorni dopo l’armistizio, l’11 settembre del 1943. Ovvero nove mesi prima. Era in corso la seconda guerra mondiale. L’Italia aveva sciolto l’amicizia con la Germania e si era alleata con i nemici dei tedeschi, l’impero britannico e gli Stati Uniti d’America. E fu il caos. Ciò che accadde in quei nove mesi è nella mente di chi li ha vissuti, impressi come su una lastra fotografica. E’ dai loro racconti che è sgorgata la storia, quella vera. Quella dell’occupazione tedesca, quella dei rastrellamenti, delle fucilazioni, delle sevizie, dalle fame. Quella della paura di essere chiamati disertori, di essere arrestati perché non allineati al regime, di essere uccisi anche per una sciocchezza, come è accaduto ad una contadina che aveva sfamato dei soldati. Dopo aver mangiato ciliege e latte, ebbero 80 | NUMERO ZERO | 04.2014

un malore e accusarono la donna di averli avvelenati. Angela Maria Rossi venne impiccata. E poi le armi rubate e la fuga dal carcere di Ottavio Volpe e Salvatore Iazzetta che fissarono le grate del carcere con lo stucco invece che col cemento che non resse all’urto delle bombe. I partigiani, come Vincenzo Ferrarelli e Gino Sellari fucilati dai nazifascisti in provincia di Cuneo, e i perseguitati politici, come Giuseppe Bartoli costretto a bere olio di ricino e rinchiuso in carcere perché aveva detto in tono canzonatorio che era giunta l’ora di purgare i fascisti. I martiri, come i tre giovani toscani uccisi in viale Mazzini perché si erano rifiutati di aiutare i tedeschi nella costruzione della linea Gustav sul fronte di Cassino. Dall’11 settembre la vita di Frosinone cambiò nel profondo. Caddero le prime bombe e così fu fino al maggio successivo. Era un bersaglio da colpire per gli alleati americani e britannici perché era un luogo strategico per le truppe tedesche che avevano trasformato la città in un presidio militare a tutti gli effetti, un posto di comando dove gli ufficiali dimoravano e piani-

ficavano le azioni. Ma anche dove il coraggio non mancò, come quello che animò Don Luigi Minotti nel soccorrere le persone che erano rimaste tra le mura cittadine durante i bombardamenti. Come lui anche tanti uomini e donne di valore. La luce tornò il 31 di maggio quando le truppe canadesi lambirono Frosinone, facendo il loro ingresso il giorno successivo ma in maniera non indolore. Un cecchino colpì e uccise un soldato in Corso della Repubblica. In suo ricordo è stata posta una lapide. Ma la storia è anche di chi venne deportato e non rivide più la sua famiglia, come il tipografo Vincenzo Paniccia. Di chi perse la sua famiglia, come Gino Bragaglia, il bambino di sei anni trovato alle porte di Torrice dai soldati canadesi e adottato a Ravenna. Ritrovò i suoi parenti quasi settanta anni dopo a seguito di una ricerca congiunta. Mentre lui cercava Torrice tramite delle fotografie, il giornalista e storico Maurizio Federico e lo studioso di guerra Paolo Sbarbada erano sulle sue tracce attraverso registri anagrafici e conoscenze. Gino ha potuto riabbracciare i suoi cari soltanto due anni fa.

Il libro sulla guerra in distribuzione nelle edicole In alto Frosinone devastata dalle bombe


L’ingresso delle truppe canadesi a Frosinone

“La città è vuota e in rovina! - La guerra a Frosinone 1943-44 ” racconta tutto ciò in una edizione rinnovata che raccoglie notizie e immagine inedite, inserita come la precedente nella collana di studi storici “L’archivio della memoria” a cura della Biblioteca comunale “Norberto Turriziani” di Frosinone. Il libro documento porta la firma di Maurizio Federico e Costantino Jadecola. A distanza di 70 anni dalla liberazione della città, un comitato composto da Comune di Frosinone, Provincia, Prefettura e 72esimo Stormo, ha organizzato una serie di eventi che si susseguiranno tra il 31 maggio e il 2 giugno. Una mostra nella sala di Piazza Vittorio Veneto, Palazzo della Prefettura. Un laboratorio per gli studenti. E molteplici iniziative nei giorni dell’anniversario che prevedono cerimonie commemorative con le autorità locali e canadesi, concerti e sfilate della banda Romagnoli insieme ad una Bagpipe’s Band, composta da cornamuse e tamburi scozzesi in costume tipico, esibizioni del Conservatorio e testimonianze. Chiuderà gli eventi una serata danzante per festeggiare la proclamazione della Repubblica e la Liberazione della città, accompagnata da un’orchestra che proporrà un repertorio di musica d’epoca.

Il piccolo Gino adottato dai militari canadesi

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Dietologia & Salute A cura del DR. EMILIANO IACOVISSI Biologo Nutrizionista

L’aiuto dell’alimentazione per il “fegato grasso” Il termine medico che descrive il “fegato grasso” è steatosi epatica, una condizione medica estremamente seria da non sottovalutare dal momento che può evolvere addirittura fino alla cirrosi epatica, patologia cronico-degenerativa del fegato che porta spesso a morte il paziente. La steatosi, che si manifesta con accumulo di trigliceridi nelle cellule del fegato, affligge circa il 25% della popolazione generale, con percentuali che tuttavia triplicano in pazienti colpiti da obesità e/o diabete. Il trattamento dietetico della patologia prevede sia indicazioni generali che specifiche: le indicazioni generali sono di evitare i cibi fritti, i cibi estremamente grassi o pasti elaborati per la presenza di salse e cibi di difficile digestione, di ridurre drasticamente

il consumo di alcolici, di assumere con regolarità e tranquillità 5 pasti equilibrati nella giornata, mentre le indicazioni specifiche riguardano la prescrizione di attività fisica e la prescrizione di una dieta ipocalorica bilanciata (non iper-proteica!!!) per la riduzione del peso che si deve perdere in modo progressivo, equilibrato e lento, sempre facendosi seguire ovviamente dal proprio Nutrizionista di fiducia. Come suggerisco sempre ai miei pazienti, per attività fisica si intende anche semplicemente una camminata a passo sostenuto per almeno 40 minuti due-tre volte a settimana. La natura ci mette a disposizione infine una serie di molecole che esercitano a vario titolo una attività epatoprotettrice e disintossicante per il

fegato, tra esse abbiamo: • la silimarina contenuta nel cardo mariano, che esercita attività antiinfiammatoria e stimolante la produzione delle proteine del fegato • la cinarina contenuta nel carciofo, che stimola l’attività della cistifellea • flavonoidi contenuti nel succo di bergamotto, ad azione anti-infiammatoria e spiccatamente protettiva per il fegato. Sono inoltre capaci di abbassare i livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) e regolare la glicemia (tasso di zucchero nel sangue) Per quanto sopra esposto è fondamentale sia la prevenzione che il trattamento della steatosi epatica, che spesso viene sottovalutata nonostante i rischi seri a cui esponga nel tempo (tumore del fegato, cirrosi epatica etc): in caso di diagnosi positiva per “fegato grasso” è bene quindi affidarsi alle cure del Nutrizionista, oltre che del Gastro-enterologo, allo scopo di attuare un trattamento integrato che preveda la terapia farmacologica e dietetica assieme.




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