ML Novembre 2016 - anno XXIII

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DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING:

Le Marche social e la fenomenologia dei nuovi approcci p. 12

START UP:

Le Marche terra di nuove imprese. In Arrivo 8 milioni per sostenerle p. 29

SPECIALE FORMAZIONE POLITICA:

La nuova filosofia di governance politica p. 51

www.mlmagazine.it | NOV. ‘16 N.07 anno XXIII € 2,00

I D I P L A CO G N I T E K MAR OCCUPAZIONE: INTERVISTA AL MINISTRO

Giuliano Poletti

Carlo Pernat

DALLA MOTOGP INTERVISTA A:


Insieme a chi punta in alto

Strategia Consulenza Formazione STRATEGIA E SVILUPPO ORGANIZZATI VO • CONTROLLO DI GESTIONE CORPORATE FINANCE (agevolata, ordinaria e straordinaria) • MARKETING E WEB MARKETING RICERCA E SELEZIONE (talent scouting, head hunting) • OPERATIONS (produzione e logistica) RISTRUTTURAZIONI E RISANAMENTI AZIENDALI • MANAGER & ACQUISITION LEGALE E FISCALE CREAZIONE D’IMPRESA (start-up e spin-off) • EXPORT E INTERNAZIONALIZZAZIONE

Sida Group: via I Maggio, 156 - Ancona T. 071.28521 ANCONA • PARMA • BOLOGNA • PERUGIA • CHIETI • ROMA • NAPOLI • VERONA

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SOMMARIO 7

Novembre 2016 N.07 anno XXIII

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EDITORIALE Le Paralimpiadi in Brasile: il tempio degli eroi di Flavio Guidi

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PRIMO PIANO

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DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING

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Food stellare, il marketing vincente di Cedroni Intervista a Moreno Cedroni Indagine sui nuovi metodi di sviluppo creativo nel marketing d’impresa Le Marche social del turismo volano al primo posto Marketing quindi sono Serve uno sviluppo di mentalità

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OCCUPAZIONE

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FINANZA E FUTURO

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Giovani e occupazione, la svolta è nel digitale Intervista al Ministro Giuliano Poletti

Strategia Risk Return Engineering

FORMAZIONE E COACHING Networking day: oltre l’ostacolo

SPECIALE FORMAZIONE POLITICA La spinta gentile “Responsabilità e coraggio” Intervista al sottosegretario Gozi La passione strategica della Cina per il calcio

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POLITICA E TERRITORIO

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TENDENZE

Imprese 4.0, in arrivo la legge regionale La porta d’Oriente riparte dal waterfront Cervelli in fuga: i millenials marchigiani puntano la Germania SEGUE

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SOMMARIO SEGUE

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CYB3RLIFE

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CLUB ECONOMIA E FINANZA

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE

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Globalizzazione, marketing e PMI

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2016: i 10 grandi trend dell’industria delle scienze Economia e libero scambio nella globalizzazione Il cambio: come agisce nello sviluppo delle vendite verso l’estero

Globalizzazione, marketing e internazionalizzazione digitale

Il marketing digitale, nuovo strumento per la redditività aziendale

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OFFERTE DI LAVORO QUALIFICATE

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CULTURA E TERRITORIO

129/

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Novembre 2016 N.07 anno XXIII

La tavola rotonda dell’arte contemporanea Cultura moltiplicatore di ricchezza

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CONTRIBUTI E INCENTIVI

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ACQUISIZIONI E CESSIONI

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IMPRESE E TERRITORIO

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TURISMO & TERRITORIO

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PORTRAIT

Piccolo Atelier handmade Couture, sfila la moda Made in Marche

La “freulein” dagli occhi di ghiaccio che ha conquistato De Sica Intervista a Lucia Mascino



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Chiuso in redazione il 28/10/2016 Stampa: Bieffe Spa (MC) Poste italiane Spa d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB Ancona autorizzazione direzione provinciale pt Ancona

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PARTECIPANO:

La terra trema. Interi borghi sbriciolati. Attività commerciali andate completamente in frantumi, come i sogni di centinaia di imprenditori delle zone più colpite dal sisma che sta mettendo in ginocchio la dorsale appenninica tra Umbria e Marche. Nel dichiarare la nostra vicinanza ai tanti che oggi si trovano a dover ricominciare da quelle macerie, la redazione di Mondo Lavoro si è già messa in moto per produrre un approfondimento proprio sul tema dell’economia nelle aree devastate dal terremoto. Il nostro compito è quello di raccontare e studiare le imprese del nostro territorio. Cercarne i punti di forza e analizzarne le debolezze in relazione al contesto socio-economico dell’intero Paese. La parola “crisi” è da anni la più inflazionata dal giornalismo di settore. E ad essa, ora, dobbiamo associare anche l’espressione “cataclisma”. Un connubio che potrebbe lasciare poche speranze a chi è stato colpito dal dramma. Ma il nostro tessuto imprenditoriale è conosciuto nel resto d’Italia, e nel mondo, per genialità e caparbietà. In questa devastazione sono state minate le peculiarità che hanno fatto di queste zone alcune tra le più attrattive del centro Italia: i luoghi d’arte (cattedrali, monumenti, musei), le stesse opere d’arte (affreschi ormai irrecuperabili, statue, tele), le attività commerciali di vicinato (quelle antiche botteghe artigiane che rendevano così caratteristici i borghi sui Sibillini). Insomma, un intero patrimonio che non c’è più. Una risorsa per le regioni oggi investite dal terremoto, ma anche un orgoglio per tutto il Paese. Ed ancor più il sogno di intere famiglie che, di generazione in generazione, hanno mantenuto salde le tradizioni lavorative di mestieri che affondano le proprie radici in secoli di lavoro artigianale. Un’intera filiera che adesso sembra non esistere più. Ma che, in qualche modo, dovrà anche sapersi rialzare. Mondo Lavoro Magazine


EDITORIALE

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I

LE PARALIMPIADI IN BRASILE: IL TEMPIO DEGLI EROI

n diverse occasioni mi è giunta l’immagine della vittoria dei diversamente abili italiani nelle prove olimpiche in Brasile. Una vera emozione. Brividi frequenti mi hanno invaso, l’emozione è stata forte e un grosso sentimento di orgoglio e di solidarietà mi ha pervaso, lasciandomi un profondo senso di amore fraterno. Il loro grido di vittoria manifestava tutta la grazia del loro essere, la ricompensa infinita del loro sforzo e del loro coraggio. Penso a questa classe che ci appartiene, penso al loro vivere, alle emozioni che li attraversa, al dolore dei loro handicap, alla tristezza che solitamente li accompagnano, ai momenti di solitudine, di senso di abbandono e di insicurezza che vivono. Poi arrivano

gli eroi delle paralimpiadi che gridano: “Quanto è bello vivere!” Sapere che questi diversamente abili hanno fatto della loro esistenza uno stile di vita e di riscatto fa sì che essi siano un esempio e un riferimento per quanti vivono stati di delusione, di distacco, di depressione. Grande coraggio: sono eroi! Le paralimpiadi sono una occasione che andrebbe ripetuta frequentemente affinché tutti possano più spesso trarne ispirazione esistenziale ed insegnamento. La lezione è che bisogna ringraziare di ciò che abbiamo e accontentarci di ciò che ci viene dato. La negatività è solo frutto di un perverso vizio mentale. Questi grandi atleti ci dimostrano infatti che essere campioni si esprime non tanto nei trofei o nelle medaglie, ma

nel riuscire a trovare in se stessi la motivazione la forza di non arrendersi di fronte alle difficoltà che la vita ci pone davanti. Ci dimostrano come cambiando la prospettiva, considerando la disabilità non una fine ma un nuovo punto di partenza, non ci si sente più sconfitti o perdenti e si impara a reagire ed adattarsi sfruttando le capacità di cui disponiamo. Alex Zanardi, un tempo pilota di formula 1 e ora campione paralimpico, rappresenta un grande esempio in tal senso, egli infatti ha sempre saputo raccontare il suo percorso fatto di sofferenza e successi ritrovati, sempre con il sorriso sulle labbra e sprigionando una carica di positività e ottimismo rari e contagiosi.

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EDITORIALE

CARLO AZEGLIO CIAMPI: un esempio e un simbolo per la classe politico/amministrativa

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valori che hanno contraddistinto il suo pensare e il suo agire sono da evidenziare e prendere da riferimento: disponibilità, semplicità, senso di responsabilità, impegno sociale, dedizione allo studio e al lavoro, accrescimento conoscitivo, coraggio, propensione alla crescita, senso economico e visione strategica. Un vero politico, un vero amministratore pubblico, il cui plus non era l’orientamento politico, ma il bene pubblico, dotato di capacità di analisi, di sintesi, di problem solving e di presa di decisione. Un uomo di un livello superiore che ha coniugato con maturità ed equilibrio la sua vita personale con quella del contesto, il riferimento per lui più importante e tale da piegare la sua esistenza a quella sociale. Un politico che ha lavorato per l’ideale della pace, dell’integrazione europea e dell’identità del nostro paese e che ha saputo crearsi una competenza

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di Flavio Guidi

ed una abilità di alto livello: economica, monetaria e finanziaria. Un uomo cha si è messo al servizio del bene pubblico con maestria e vivo senso di responsabilità, con disinteresse personale nella gestione dei processi di unificazione europea e di introduzione della moneta unica, che ha concorso del superarmento della crisi finanziaria del 2008. Egli ha saputo dar vita al metodo della collegialità come strumento razionale per informare e orientare i processi decisionali. Un simbolo a cui si devono richiamarsi costantemente quanti fanno politica e quanti desiderano fare politica ed amministrazione del bene pubblico. Bisogna formarsi ed acquisire cultura, competenze ed abilità. I presupposti sono l’impegno e il sacrificio, sia giovanile che durante tutta la vita. La politica e la gestione del bene pubblico, più che una professione, rappresentano una missione!

Distaccato dal quotidiano, egli disponeva di una visione spazio-temporale particolarmente ampia con propensione alla concentrazione sul problema; un uomo capace di scansare, con abilità, eleganza ed intelligenza, le dinamiche politiche. Lo sforzo e l’impegno nel processo di crescita e nel lavoro, lo avevano portato ad una visione sistemica particolarmente ricca ed articolata. Un uomo empatico, con una visione positiva della vita, che credeva in essa e in quanti lo circondavano. Un uomo che sapeva coniugare passato e futuro e che ha dimostrato di sapere ben rappresentare il suo paese, sia in Italia che nelle relazioni internazionali, distinguendo l’Italia e i valori che la caratterizzano. A lui il recupero dell’identità nazionale nel mondo. Carlo Azeglio Ciampi è il nome da dedicare ad una scuola per una nuova classe dirigente pubblica.


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PRIMOPIANO

FOOD STELLARE, IL MARKETING VINCENTE DI CEDRONI Lo Chef e ristoratore marchigiano al top della visibilità anche grazie al talent Top Chef: “comunicare è diventato fondamentale nel mio settore, e bisogna farlo in tempo reale”.

di Andrea Maccarone

D

ue stelle Michelin. Tre forchette del Gambero Rosso. Il sole di Veronelli. Chef, imprenditore e ristoratore, autore di libri, e adesso giudice nel food talent Top Chef. Moreno Cedroni di marketing ne sa. A soli 20 anni ha aperto il suo primo ristorante: La Madonnina del Pescatore. Poi nel 2000 approda a Portonovo con Il Clandestino Susci Bar. E nel 2003 la sua estrosa creatività dà vita alla salumeria di pesce Anikò, a Senigallia. Seguono molti altri riconoscimenti e premi, tanto che nel 2012 il Wall Street Journal inserisce la Madonnina di cedroni tra i 10 migliori ristoranti di pesce d’Europa. <<Inaugurai il ristorante ben 32 anni fa – racconta lo chef - allora era sufficiente soddisfare le necessità del cliente per farsi conoscere. Sembrava tutto molto semplice anche perché al tempo era più la domanda che l’of-

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ferta. Anche l’impostazione di ristorante di pesce, e di conseguenza di una cucina più leggera e digeribile, sembrava posizionarsi molto bene in quelle che sarebbero state le esigenze future della clientela>>. Lei come ha interpretato il marketing, e come lo ha messo in pratica, nella sua carriera? <<Davo continuamente alla luce nuovi progetti, vedi il Clandestino Susci bar, lo Street food di Aniko’, quindi spesso la stampa si interessava a me. Un aneddoto curioso è che alcune persone leggendomi spesso mi chiesero chi fosse il mio ufficio stampa, e a malincuore dovetti dire che non lo avevo. Poi i tempi cambiarono, i mercati cambiarono, i clienti idem. Mi resi conto che non bastava più il tam tam dei clienti che raccontano i tuoi piatti. Da quel momento capii che dovevo essere io a raccontarlo attraverso i nuovi mezzi: i social. Mi sono

appassionato a questo nuovo modo di comunicare e di fare marketing. Comunicare quello che faccio, e come lo faccio, è diventato fondamentale nella mia attività>>. La partecipazione a Top Chef fa parte del suo percorso legato al marketing personale? <<La partecipazione a Top Chef rappresenta quella piccola spinta che avevo bisogno per essere conosciuto ad una più vasta gamma di persone. Solo attraverso la televisione vieni visto e sei conosciuto ad un mondo di persone che non sarebbero mai venute al ristorante. Inoltre ho trovato il format molto interessante e questo mi ha permesso di non dover recitare, ma di essere me stesso>>. Può elencare 5 mosse strategiche per avere successo nel suo campo? <<Innanzitutto è basilare garantire uno standard elevato di qualità, poi


PRIMOPIANO bisogna avere sempre nuove idee. Fondamentale, inoltre, la partecipazione al sociale e comunicare in tempo reale. Infine esaltare il proprio territorio>>. Ecco il successo, per molti un sogno, di che cosa ha bisogno per essere continuamente alimentato? <<Il successo è una brutta bestia! Deve essere un punto di arrivo, non un punto di partenza. Se lavori bene, prima o poi, arriva. E quindi per alimentarlo devi continuare a dare il meglio ed il massimo tutti i giorni>>. Chef e ristoratore stellato. Per quelli come lei l’immagine e il packaging ha una rilevanza fondamentale. Su che cosa punta maggiormente, e perché? <<Sicuramente chiunque deve curare la propria immagine. Certo che, al nostro livello, diventa obbligatorio. Il nostro cliente si aspetta ciò, e non possiamo deluderlo. Quindi il locale, il menù, il modo di porsi, tutto deve essere curatissimo. Nel mio caso riguardo l’immortalità del cibo, cioè dei prodotti che metto in scatola, il packaging diventa fondamentale>>. Ristorazione di livello equivale anche ad un indotto turistico per il territorio che ospita le attività di settore. Lei ha pensato mai di legare la sua figura ad un concetto di marketing territoriale per il turismo nelle zone dove sorgono le sue attività? Se sì, come ha impostato il discorso? <<Questa è una bella domanda. Sicuramente sono felice di essere nato in una regione così bella e ricca di prodotti. Però siamo poco più di un milione di abitanti, e dobbiamo con le nostre attività fare tanto per portare clienti. Ora sicuramente il comparto enogastronomico è diventato trainante per il turismo delle nostre zone,

quindi indirettamente il marketing che faccio per me lo diventa anche per il mio territorio, e questo penso sia molto interessante. Indirettamente, ma molto e ff i c a c e m e n t e , promuoviamo vini, prodotti, territori, ospitalità>>. Oggi le nuove rockstar sono gli Chef. E questo lo si vede anche da quanto successo abbiano le trasmissioni televisive (talent in primis) legate al mondo della ristorazione e del cibo, ma soprattutto dal numero sempre crescente di giovani che si appassionano al tema. Si potrebbe pensare che tutto questo faccia parte di una logica superiore di marketing legata al food, che voglia rafforzare l’immagine dell’Italia Paese del mangiare e bere bene? Oppure è soltanto una moda passeggera? <<Non sarà, per fortuna, una moda passeggera. Per tanti anni avete subìto tronisti e troniste. Cosa c’è ora di meglio di programmi che parlano di cucina? Da anni all’estero esistono queste trasmissioni, con grande soddisfazione di tutti. In Italia dobbiamo sempre criticare tutto, e non siamo mai contenti di nulla. Abbiamo preso finalmente coscienza del nostro potenziale, e molti giovani vogliono

fare i cuochi. Speriamo che ce ne siano altrettanti che vogliano fare i camerieri. Sicuramente c’è una logica di marketing legata al food che nessuno si sarebbe aspettato, e che avrà benefici solo se tutti noi addetti ai lavori dirotteremo il marketing sul concetto di sana e corretta alimentazione, e di qualità dei prodotti. Incentivando e stimolando i nostri contadini e i nostri agricoltori, ed i nostri pescatori, a resistere e non abbandonare le loro attività. Penso che questo concetto sia indispensabile in questo momento storico dove si parla tanto di cucina, ma si mangiano anche tante schifezze>>.

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Dossier


DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING

LE MARCHE SOCIAL DEL TURISMO VOLANO AL PRIMO POSTO Il report di una società certificata colloca l’attività del Social Media Team come la miglior performance nella classifica tra le regioni : in testa in tutti i parametri analizzati.

“L

a Regione più social d’Italia”, come sono state definite in più occasioni le Marche, continua a mantenere ben salde le sue posizioni di vetta nella classifica delle regioni italiane sui

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di Chiara Bartolomei principali social network. L’ultimo rapporto (settembre –ottobre 2016) su Facebook e Twitter dello studio Giaccardi & Associati (autorevolissima società certificata che analizza le performance delle P.A. sui social), infatti, conferma la costante e per certi versi impressionante crescita di Mar-

che Tourism, attività ufficiale della Regione Marche, curata e gestita dal Social Media Team della Fondazione Marche Cultura. In tutte le voci e le analisi prese in considerazione per valutare le prestazioni delle regioni, le Marche sono in testa: maggior percentuale in aumen-


DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING to del numero di fan, interazioni con gli utenti, engagement. L’elemento che più salta agli occhi è la capacità del Team, di ottimizzare la fortissima crescita in rapporti che si consolidano nel corso del tempo e dunque in grado di costruire una grandissima community che oramai da quattro anni (tanti quanti ne sono passati dalla nascita del Social Media Team) si riconosce nell’attività svolta su oltre 20 attività social. @marchetourism e #destinazionemarche nel corso del tempo sono divenuti dei veri e propri casi di studio ma soprattutto contenitori digitali solidi e posizionati in tutte le attività gestite. Un’attività di successo dunque che si traduce nel miglioramento costante della brand reputation , ma che soprattutto dimostra la capacità di saper convertire gli utenti in flussi turistici reali. Poche settimane fa erano stati pubblicati altri studi che vedevano “Marche Tourism” in testa tra le regioni europee su Twitter e Google+ a dimostrazione di una strategia vincente molto complessa. “Siamo molto soddisfatti di questi dati che confermano ancora una volta il bel traguardo di Marche Tourism – sottolinea l’assessore regionale al Turismo, Moreno Pieroni – e ci stimola a impegnarci sempre di più per la valorizzazione delle nostre eccellenze. La comunicazione social è, infatti, un segmento di un più ampio programma di promozione turistica e di valorizzazione a largo spettro che abbiamo avviato dallo scorso anno e che ci vede lavorare su molti fronti.” “Mondo Lavoro” è andato a trovare il Social Media Team per voi e per raccontarvi il lavoro svolto oltre i dati che vi abbiamo raccontato. Abbiamo incontrato Sandro Giorgetti che guida quattro persone (Andrea, Federica,

Giorgia e Ruth) all’interno della Fondazione Marche Cultura diretta da Stefania Benatti e di cui è Presidente l’Avvocato Paolo Tanoni. Abbiamo trovato una realtà fortemente organizzata, che gestisce milioni di contatti quotidianamente, attraverso una programmazione ed un piano editoriale dedicato molto sofisticato, rivolto ad ogni angolo del mondo e per tutti i cluster che rappresentano le eccellenze marchigiane ed i prodotti turistici. L’attività non si esplicita solo, nella seppur impressionante mole di dati on-line, ma anche in azioni off-line svolte sul territorio che vanno dai noti Photowalk, all’alfabetizzazione e digitalizzazione delle realtà locali. Giorgetti ci racconta come non è sufficiente contare su un Social Media Team con numeri importanti, ma il più importanti obiettivo è creare una community di primo livello in cui tutti i soggetti del sistema turistico regionale si possano riconoscere. Abbiamo visto il lavoro che svolge il Social Media Team anche fuori dalle mura degli uffici, sia in affiancamento a missioni, fiere di settore, iniziative ed eventi che la Regione Marche o i territori propongono e sostengono. Un impegno davvero fuori dal comune se consideriamo il numero di risorse umane impegnato e la copertura h24 che impone un’attività come questa. La nostra volontà era capire come un’eccellenza come questa potesse avere riflessi più complessi rispetto alla sola attività di social media marketing e ce ne siamo resi conto quando abbiamo capito che le attività social che vengono gestite non rimangono mai autoreferenziali ma sono parte di una strategia di conversione del grande ascolto acquisito a favore di tutto il sistema turistico di accoglienza.

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DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING

MARKETING, QUINDI SONO.

Quanto conta la comunicazione d’impresa ai tempi del web Intervista a Marco Pierpaoli (Cgia): «Oggi le aziende devono trasmettere emozioni, oltre che contenuti, per creare attorno al brand una comunità attiva e propositiva».

C

ampagne social per trasformare i propri clienti in testimonial affezionati e credibili dell’azienda, uno strumento accessibile con spese ridotte anche alle piccole e alle micro imprese, di cui una su tre usa i social network per farsi conoscere e per diventare un marchio riconosciuto dal pubblico. Il 15% delle Pmi investe nelle strategie di promozione e comunicazione, tanto quanto si in-

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di Emanuele Garofalo veste nell’innovazione dei prodotti. Ecco come cambia e quanto conta il marketing ai tempi del web. Ma se i mezzi si rinnovano, il motto antico “il cliente ha sempre ragione” resta comunque valido: il segreto continua ad essere lo studio del proprio pubblico di riferimento, per conoscere le sue abitudini ed intercettarlo prima degli altri con campagne di promozione mirate ad hoc. Trucchi e tecniche del settore spiegati da Marco Pierpaoli,

segretario Confartigianato Ancona e responsabile dell’area marketing dell’associazione di categoria, sfatando il mito secondo cui il “passaparola” resta sempre il migliore mezzo per farsi conoscere sul mercato. Pierpaoli, quanto vale oggi il marketing per un’impresa? <<Le imprese hanno capito che il mercato è cambiato e non ci si può più accontentare di proporre gli stes-


DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING si prodotti o servizi alla medesima clientela. Occorre pianificare una strategia di marketing partendo da una osservazione attenta del mercato e dalla consapevolezza – fondamentale - di quali siano i reali bisogni dei clienti. Intercettarli prima dei competitors, differenziarsi e proporre soluzioni uniche e peculiari. Questo le aziende lo stanno facendo, anche le microimprese che innovano, per le quali nel 15% dei casi l’innovazione consiste proprio nelle strategie di marketing, valore in linea con l’innovazione di prodotto (15%)>>. Come nasce un piano marketing per un’azienda e come si articola, quali sono i vari step? <<Intanto parliamo di aziende che devono sempre di più oggi essere marketing oriented, orientate al marketing: significa avere un approccio al mercato in funzione dei bisogni del consumatore, essere dotati di un CRM (Customer relationship managment) e di una funzione dedicata. Dopo una attenta pianificazione, che consiste nell’identificare un campo di attività, le linee guida nella determinazione degli obiettivi e nella ripartizione dei compiti e del budget tra i vari livelli aziendali, si arriva alla definizione del piano di marketing cioè un documento con una descrizione articolata delle attività dettagliate che si intendono realizzare in un determinato periodo temporale al fine di raggiungere un obiettivo di breve, medio o lungo periodo. Quindi tecnicamente si passa da una pianificazione dove si definiscono obiettivi ad una implementazione dove si analizza il percorso del piano, al controllo con le eventuali azioni correttive>>. Quale investimento richiede una buona strategia di marketing?

<<Una quota a priori non esiste, in quanto vanno analizzati differenti criteri tra cui la tipologia di impresa a cui ci rivolgiamo. In teoria, visto che con un buon piano di marketing si stabilisce il budget disponibile per i diversi componenti del marketing mix (prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione), l’efficacia per la vendita dei vari elementi del marketing mix dovrebbe essere il fattore che determina la quota del budget>>. Quali sono i punti chiave di una strategia di marketing vincente? <<Partendo da una organizzazione aziendale ben definita è necessario fare riferimento all’insieme delle leve di marketing che comunemente vengono definitive le quattro “P”: Product, Price, Promotion e Place, oltre ad aver eseguito una analisi situazionale del mercato e del contesto competitivo>>. Marketing e social media, che ruolo hanno i nuovi mezzi di comunicazione? <<Il virtual marketing ha di fatto modificato i parametri nella definizione di una completa campagna di comunicazione creando nuovi spazi e possibilità. Il 34,1% delle microimprese usa i social media, secondo una analisi dell’ufficio studi di Confartigianato, come leva di marketing, il 29,4% per migliorare la collaborazione con imprese ed organizzazioni e il 15,9% per interagire con la clientela. Il web è un mare di opportunità per il business se si hanno le giuste competenze e abilità. Social, sito aziendale e blog rappresentano infatti un canale importante anche per fare affari. L’impresa deve essere capace di trasmettere emozioni, oltre che contenuti, e creare attorno al proprio brand online una comunità attiva e propositiva di utenti che, prima ancora che clienti,

sono “fan” leali, entusiasti, desiderosi di dire la propria>>. Le aziende marchigiane sono ancora ferme al “passaparola” o stanno investendo nella comunicazione? <<Le imprese sono consapevoli che nel business saper comunicare con efficacia la propria mission, prodotti e servizi è una qualità sempre più indispensabile per conquistare nuovi clienti o fette di mercato. L’azienda in questo deve essere inoltre capace di trasmettere con efficacia le qualità per cui si distingue da tutte le altre - in una parola, il suo valore. La competizione di oggi richiede alle imprese per questo investimenti in capitale intellettuale e comunicazione, perché il valore deve essere conosciuto, e riconosciuto, per farsi brand>>.

Marco Pierpaoli Responsabile Sindacale Confartigianato Ancona

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DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING

SIMEST, SACE, ICE, CDP A SERVIZIO DELL’IMPRESA PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’

di Lorenzo Rafaiani Management Academy Sida Group - Area Corporate Finance

Italia è il paese europeo con il più alto numero di piccole e medie imprese che, nonostante contribuiscano per oltre la metà al volume complessivo delle esportazioni, presentano importanti difficoltà nei processo di espansione all’estero. Le dimensioni ridotte, la struttura organizzativa inadatta e la scarsa capacità di ottenere informazioni adeguate, rischiano di limitare il sistema produt-

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tivo italiano. L’export è da sempre il fattore trainante del reddito nazionale, ma per continuare a crescere è essenziale aprirsi al mondo: l’orizzonte degli investimenti deve essere ormai quello mondiale. L’obiettivo del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) è accrescere il grado di internazionalizzazione del nostro sistema, aiutando le PMI ad affrontare tale sfida. Per ottimizzare le risorse finanziarie, è necessario che tutti i soggetti

preposti a facilitare l’internazionalizzazione economica e produttiva facciano sistema, evitando sovrapposizioni e producendo sinergie positive. A tale scopo il MISE, attraverso Cassa Depositi e Prestiti (CDP), coordina i vari soggetti italiani attivi nel campo dell’internazionalizzazione: ICE, SIMEST e SACE. Il Gruppo CDP dal 1850 sostiene l’economia italiana, supportando attivamente le politiche di sviluppo del Pa-


DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING ese attraverso la gestione di strumenti finanziari. A partire da quest’anno ci sono state importanti novità, connesse con l’implementazione del Piano Industriale 2016-2020 del Gruppo. L’intervento punta a supportare la crescita del Paese mettendo a disposizione delle aziende italiane, tra il 2016 e il 2020, 63 miliardi di euro per attività di export e internazionalizzazione. In aggiunta, grazie allo status di “Istituto Nazionale di Promozione” attribuito da Governo italiano e UE, il Gruppo CDP sarà in grado di attrarre ulteriori fondi messi a disposizione da UE e BEI. La prima attività in questo senso è stata la creazione di “2i per l’Impresa – Innovazione & Internazionalizzazione”, il programma che permette alle PMI italiane di accedere alle risorse del Piano Junker per finanziare progetti di internazionalizzazione e di innovazione. 2i per l’Impresa prevede la controgaranzia dei prestiti erogati dalla banche alle imprese per un ammontare complessivo fino a 1 miliardo di euro nei prossimi 2 anni. Il Piano prevede inoltre la costituzione di un unico presidio integrato per il supporto al Made in Italy nel mondo presso SACE. Una “One-door” in cui saranno valorizzate le competenze e le sinergie all’interno del Gruppo CDP in materia di internazionalizzazione, ottimizzando i punti di contatto tra SACE e SIMEST e prevedendo un approccio e un’offerta integrata. In parallelo a queste attività dirette, Cassa Depositi e Prestiti agisce attraverso i tre istituti nazionali che supportano le imprese rispettivamente in ambito informativo e commerciale, economico e finanziario e assicurativo. L’ICE (Istituto nazionale per il commercio estero) ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rap-

A CURA DI

porti economici e commerciali italiani con l’estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese. Dispone di una rete composta da 79 unità operative distribuite in oltre 60 paesi del mondo, assicura assistenza e consulenza alle aziende italiane che intendono andare all’estero, tramite una gamma di servizi pensati per accompagnare l’operatore nelle diverse fasi del processo: • informazioni generali sui mercati, statistiche e vetrine virtuali; • indagini di mercato; • ricerca di clienti e partner esteri; • organizzazione di incontri d’affari; • tutela della proprietà intellettuale; • eventi promozionali e di comunicazione. L’Agenzia inoltre promuove la cooperazione nei settori industriale, agricolo e agro-alimentare, della distribuzione e del terziario. Nello svolgimento delle proprie attività, l’ICE opera in stretto raccordo con le regioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le organizzazioni imprenditoriali e gli altri soggetti pubblici e privati, assicurando un supporto coordinato ed efficiente. SIMEST (Società Italiana per le Imprese all’Estero) è una società per azioni controllata da Cassa depositi e prestiti (76%), con una presenza azionaria privata, banche e sistema imprenditoriale. Nasce nel 1991, per promuovere gli investimenti all’estero di imprese italiane e sostenerli sotto il profilo tecnico e finanziario, mediante una serie di strumenti mirati alla valorizzazione della capacità competitiva del sistema produttivo nazionale. Le attività sviluppate da Simest a tale scopo si possono dividere in due categorie di interventi: servizi di investimento e agevolazioni finanziarie. Per quanto riguarda i primi, Simest acquisisce partecipazioni di minoran-

za nelle società estere costituite dalle imprese italiane che intendono realizzare localizzazioni produttive in stati extra UE. Interviene allo stesso modo anche nelle società italiane con vocazione internazionale che vogliono potenziare il proprio sistema produttivo o innovarlo. Compongono la seconda categoria i finanziamenti agevolati concessi per programmi di scouting e studi di fattibilità, per progetti di inserimento nei mercati extra UE tramite l’apertura di uffici, show room e negozi, e per la prima partecipazione a fiere e mostre da parte delle PMI. Simest fornisce quindi assistenza in tutte le fasi relative alla progettazione e alla realizzazione di iniziative di investimento, con particolare riguardo agli aspetti finanziari, affiancando le aziende italiane anche nella ricerca di opportunità e di partner, sia industriali che finanziari. La SACE (Istituto per i Servizi Assicurativi del Commercio Estero) è una società per azioni a capitale pubblico detenuto interamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’istituto sostiene l’internazionalizzazione dell’economia italiana attraverso un’offerta ampia e articolata di servizi che comprendono, oltre alla tradizionale copertura assicurativa dei rischi commerciali e politici, anche il credito all’esportazione, la protezione degli investimenti, garanzie finanziarie, cauzioni e factoring. Opera in 189 paesi, garantendo flussi di cassa più stabili e trasformando i rischi in opportunità di sviluppo. Accanto ai prodotti tradizionali la SACE è inoltre in grado di fornire una serie di strumenti di sostegno focalizzati sulle esigenze delle PMI, favorendone l’accesso al credito e fornendo servizi di consulenza finalizzati alla penetrazione dei mercati esteri più difficili.

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DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING

SERVE UNO SVILUPPO DI MENTALITA’ PER SOSTENERE LA FORMAZIONE DEI GIOVANI Performarsi per formare

L

di Stefania Lastella Management Academy Sida group - Area Risorse Umane

a formazione dei giovani, non è un processo lineare come apparentemente può sembrare. Fare formazione significa entrare nella mentalità della persona e dunque del giovane. Sin dalla scelta delle scuole e dell’ università il giovane solo apparentemente mostra processi decisionali in linea al percorso formativo individuato, motivo per cui occorre ricercare uno strumento che possa orientare la persona alla scelta della sua formazione in quanto la stessa non si identifica solo con i processi professionali ma anche personologici. Scegliere di essere: ingegnere, amministratore delegato, manager generalist o specialist significa fare i conti con le proprie competenze: hard skills e soft skills. Infatti scegliere un percorso formativo e dunque una professione vuoi dire identificarsi nel ruolo e dunque aver approfondito la conoscenza del proprio “Io”: chi sono, quale è il mio background culturale ed esperienziale?, quali sono i punti

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di forza e di miglioramento sui quali devo implementare la mia professione. Lo strumento che ad oggi sembra essere il migliore elemento che incentiva la mentalità del giovane alla formazione è sicuramente orientamento professionale, gestito da specialist che si occupano di individuare le risorse migliori da trasformare in talenti. Inoltre è possibile citare i processi di “ learning by doing”: fare sperimentare ai giovani attraverso una serie di varie attività professionali che cadono sotto la voce “ stage”, momenti professionali brevi , in cui la persona non solo comprende una perfetta aderenza o meno al ruolo professionale che sta sperimentando ma apprende anche nuovi contenuti formativi che tendono ad aumentare il proprio livello esperienziale. Sicuramente non si può pensare al concetto di formazione se i formatori non si mettono in gioco: gli stessi formatori devono ogni volta ricercare delle strategie di apprendimento, di coinvolgimento delle classi, dello sviluppo dei livelli attentivi degli utenti

che si stanno formando. Questo assunto ci spinge oggi a confermare che: si può trasmettere la formazione solo se in primis i formatori effettuano su di loro una determinante formazione professionale. Nel campo della formazione è importante aggiornarsi in modo frequente per far fronte alle sfide del nostro tempo. Bisogna superare alcune antiquate e rigide metodologie ed espressioni che certamente non possono permettere la crescita degli ascoltatori. La formazione, universitaria o aziendale che sia, deve necessariamente fare i conti con i tempi mutevoli in cui viviamo. Le organizzazioni, e all’interno di esse le persone, si confrontano oggi con scenari economici in continua evoluzione che richiedono un grande sforzo adattivo. Allenare le persone a coltivare i propri talenti e a reagire con prontezza al cambiamento assume un’importanza cruciale. Si richiedono percorsi formativi non statici, ma dinamici, e si punta al ‘saper essere’, o `saper divenire’, piuttosto che al ‘saper fare’.

A CURA DI


DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING

VIDEO, OVVERO LA FORZA DEI BRAND DI DOMANI Il peso dei video in rete sta diventando sempre più importante e anche i padroni del web, dai più noti social network fino ai motori di ricerca come Google ne stanno spingendo l’uso come strumento di business. Ecco come si sta evolvendo il ruolo di un mezzo decisivo per l’evoluzione 2.0 del marketing aziendale

N

on è più solo una previsione astratta, un’idea futuribile, ma una realtà: la domanda di video online del

di Silvia Baldini pubblico della rete è arrivata a diventare un fattore sempre più decisivo per lo sviluppo della visibilità dei siti internet aziendali. Con il passaggio di YouTube a Google, peraltro, si dice da più parti che la tendenza del più

famoso motore di ricerca esistente a ‘premiare’ nella Serp i siti che utilizzano prodotti video ben fatti, sia cresciuta. E non è finita qui: anche i social network si sono presto accorti della potenza del mezzo video e vi

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DOSSIER STRATEGIE DI MARKETING stanno puntando molto, perché gli utenti hanno iniziato a utilizzarli con sempre maggiore frequenza. La domanda, dunque, negli ultimi tempi, non ha fatto altro che crescere e diventare sempre più potente: inoltre, come risulta da dati ufficiali di Google, sono 13 volte più inclini a vedere altro coloro che visualizzano su YouTube la cosiddetta unità di video masthead personalizzata, ovvero quello spazio sponsorizzato nella barra alta della home page YouTube personale. La rete, dunque, non può prescindere più da questo tipo di produzioni ed è Google stesso, oggi, a invitare imprese e utenti a investire nelle forme pubblicitarie proprio su YouTube: con l’opportunità di misurare sempre il cosiddetto ‘brand interest’, ovvero di capire quanti utenti fanno ricerche su un’impresa dopo avere visto gli annunci video della stessa. Le strategie realizzabili per la promozione tramite i video, poi, possono variare da situazione a situazione: si va dai video altamente targettizzati a quelli dedicati a un pubblico più generico. Tutte le azioni devono rientrare entro strategie di marketing mirate e ben definite, per creare viralità ed essere più visibili possibili al pubblico giusto. Oltre a questo, Google sta preparando anche la sfida da lanciare a Periscope di Twitter e a Facebook Live, come riportato da indiscrezioni del sito VentureBeat: la creazione di un’applicazione che permetterebbe agli utenti di trasmettere video in streaming diretto. Il nome di questa nuova app sarebbe YouTube Connect e con essa basterebbe avere un account Google per trasmettere in diretta i propri filmati con smartphone, oppure in differita, scegliendo la modalità di registrazione. La sfida è a due colossi, in realtà, che possono contare su basi di utenti molto ampie: Facebook, per esempio,

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arriva a sfiorare il miliardo di utenti su mobile, una cifra che definire considerevole è quasi riduttivo. Per Google, quindi, la sfida è tutta aperta. A ribadire l’importanza della rete e del mezzo video, evidenziando anche l’evoluzione tecnica del world wide web in relazione ai nuovi comportamenti degli utenti, è anche il rapporto di ITMedia Consulting e Luiss Dream, presentato recentemente. In esso viene approfondito il tema della domanda di video online attuale: si evidenzia anche il fatto che i cambiamenti del broadband video avvenuti proprio in tutta la grande industria dei contenuti online hanno portato il traffico di banda a crescere, diventando volano per lo sviluppo delle reti. Con buona pace del mezzo televisivo. Questo, infatti, non offre la stessa possibilità di fruizione dei contenuti dei mezzi online, come è facilmente intuibile. Non a caso, proprio la pubblicità

su YouTube a livello video è profittevole perché visibile ‘all time’, cioè non legata ai picchi di audience della Tv, per la quale sono consigliate alcune fasce orarie di investimento, piuttosto che altre. Peraltro, ben il 64% dei consumatori usa proprio i video presenti in rete per cercare prodotti da comprare, e guarda video prima degli acquisti. Al netto di tutto questo, la rete è diventata ormai un collettore incredibilmente importante di visualizzazioni strategiche per il proprio business aziendale, da presidiare con attenzione. Ancora di più se si pensa che la ‘reach’ di YouTube in Italia equivale al 75% della popolazione presente in rete: numeri molto ampi, che fanno riflettere sulla necessità di essere presenti con sempre maggiore forza tramite il mezzo video all’interno dello sterminato universo di Internet.


START UP/MIND’S UP

LE MARCHE TERRA DI NUOVE IMPRESE: IN ARRIVO 8 MILIONI PER SOSTENERLE Start up e innovazione, presentato il nuovo bando regionale di Loredana Pistonesi

C

on il Por Fesr arrivano i fondi a sostegno delle Pmi che innovano. E’ stato presentato lo scorso 24 ottobre a Civitanova il bando regionale “sostegno allo sviluppo e al consolidamento di start up ad alta intensità di applicazione e conoscenza” emanato a valere su risorse del programma operativo regionale Por Fesr 2014-2020 e promosso nell’ambito del progetto Hives. In arrivo 8 milioni di euro per chi desidera avviare nelle Marche un nuovo progetto imprenditoriale ad alto tasso di innovazione in settori ad elevato potenziale di sviluppo. Sono intervenuti l’assessora alle Attività Produttive della Regione Marche Manuela Bora, Enrico Martini del Ministero dello Sviluppo Economico (in videoconferenza), Stefania Bussoletti per la Regione che ha illustrato le linee guida del bando. A coordinare i lavori la dirigente regionale Patrizia Sopranzi. Il bando si suddivide in due linee di intervento. La prima a supporto alle attività necessarie per la definizione e realizzazione di un primo prototipo industriale e/o prima modellizzazione di un servizio, la seconda a supporto alle attività necessarie per l’industrializzazione e commercializzazione del nuovo prodotto, applica-

zione industriale o nuovo servizio, al fine del consolidamento ed espansione sul mercato della nuova impresa. Possono beneficiare delle agevolazioni le imprese singole operanti in ambiti ad alta intensità di conoscenza in grado di dimostrare di essere innovative, secondo i requisiti indicati nel bando. L’agevolazione consiste in un contributo in conto capitale, corrispondente al 50% della spesa ritenuta ammissibile per la realizzazione del progetto che non potrà superare gli importi di 100.000,00 per la linea di intervento A e 300.000,00 per la linea di intervento B. E’ inoltre prevista una maggiorazione del contributo pari al 20% per i progetti che prevedono un incremento di dipendenti assunti a tempo indeterminato (con contratti a tempo pieno) rispetto a quelle in organico al momento della presentazione della domanda.

Seguiranno nelle prossime settimane seminari di approfondimento sulle tematiche dell’innovazione tecnologica, dei mercati e degli aspetti finanziari al fine di diffondere una cultura imprenditoriale. Proprio le start up che nelle Marche sono le più numerose a livello nazionale in rapporto al numero di abitanti e particolarmente dinamiche, rappresentano un volano di sviluppo del sistema regionale dell’innovazione, sostenuto dal programma di capitalizzazione IPA Adriatico che mira a sviluppare la cooperazione sociale, economica e istituzionale tra i paesi di area Adriatico-Ionica. Le domande di partecipazione potranno essere presentate dal 01/12/2016 al 28/02/2017 sulla piattaforma informatizzata Sigef (https://sigef.regione.marche.it).

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MARKETING & GLOBALIZZAZIONE

INFORMAZIONI SUL SONDAGGIO Sondaggio realizzato da Mind X Up Srl. Sondaggio online, pubblicato all'interno delle newsletter, sulla pagina Facebook e sul sito di Mondo Lavoro ML Magazine. Indagine gestita attraverso piattaforma CAWI dal 10 al 19 Ottobre 2016. Campione non probabilistico. Totale rispondenti: 88

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uesto mese il nostro dossier è dedicato a marketing e globalizzazione. Come cambia il marketing in un mondo sempre più connesso? Quali i nuovi equilibri tra identità e globalizzazione? Le PMI italiane sono pronte ad affacciarsi verso i mercati internazionali? Se il cambiamento è all’ordine del giorno e il

nostro modo di pensare e vivere si evolve rapidamente, valori e identità sono continuamente messi in discussione. In un contesto così mutevole, anche il marketing e le strategie aziendali richiedono un adeguamento. Abbiamo chiesto ai nostri lettori che cosa ne pensano e quali equilibri prospettano.

L’avvento della globalizzazione ha portato una “crisi dell’identità” che ha investito ogni ambito della società. Proprio per tale motivo oggi il concetto di identità marketing è divenuto così importante ed è sempre più centrale in ambito strategico.

Come la PMI italiana dovrebbe affrontare tale sfida secondo i lettori?

Tecnologia, digitalizzazione, nuovi modi di comunicare, disintermediazione, one-to-one marketing, e-commerce rappresentano da un lato la maggior facilitazione all’avanzata della globalizzazione e sono allo stesso tempo i fautori della crisi di identità e valori che le imprese si trovano a dover fronteggiare.

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Nel confronto tra identità e globalizzazione, quale delle due dovrebbe quindi fungere da driver nell’orientamento delle strategie di marketing di un’impresa?

La diffusione di tali strumenti che cosa rappresenta, ad avviso dei lettori, per la PMI italiana?


E quanto tali nuovi strumenti quanto influenzano le strategie di marketing?

Il dibattito sulla globalizzazione delle piccole e medie imprese è stato a lungo caratterizzato da una sorta di sfiducia circa le possibilità effettive di sviluppo internazionale di queste ultime. Studi recenti, invece, dimostrano che la variabile dimensionale non rappresenta più un fattore discriminante per il successo su scala mondiale. Secondo i nostri lettori, la globalizzazione rappresenta una reale opportunità per la PMI italiana?

Quale sembra essere il maggior ostacolo che la PMI italiana si trova a dover fronteggiare per accedere al mercato globale? E quale invece il principale punto di forza?

A CURA DI

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NUOVI SCENARI

«IMPARARE DAL FUTURO» PER GESTIRE LO TSUNAMI DEL CAMBIAMENTO Dott. Mario Becchetti Club Economia e Finanza Sida Group

“E’ vecchio chi affronta problemi nuovi con pensieri vecchi”. Karl Popper

N

elle 4° rivoluzione industriale in corso le imprese, ma anche le persone, sono chiamate a gestire un processo di cambiamento la cui profondità e pervasività non hanno precedenti nel corso della storia. Per far questo sono chiamate ad adattare i comportamenti operativi e, soprattutto, i propri modelli di visione strategica del mercato e dell’ambiente generale in cui operano. Perché oggi, e ancora di più nel futuro, creare valore significa soprattutto comprendere rapidamente i trends di cambia-

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mento in atto e adattarsi con coerenti strategie competitive, per coglierne le opportunità e schivarne le relative minacce. Ciò vale per le imprese, ma anche per gli individui che debbono sviluppare un progetto di organizzazione della propria vita professionale, sociale e personale partendo da skills appropriate. E’ la strategia di “imparare dal futuro”: non si tratta di prevedere il futuro, ma di costruirlo in modo anticipatorio, partendo dall’analisi e dalla conoscenza di quelle che sono le principali “zolle tettoniche del cambiamento”, che muovendosi generano vere e proprie onde di tsunami nella vita delle imprese e delle persone.

Imprese e persone sono così chiamate a fare “market-target”, analizzando gli scenari di riferimento che più direttamente li riguardano nei settori di attività in cui operano In questo speciale si offrono alcuni spunti in questa direzione, ovviamente in modo non esaustivo: si cerca di far capire in modo stilizzato e sintetico cosa significhi il metodo di apprendimento di “imparare dal futuro”, indicando alcuni filoni di analisi scenario, sia di breve che di medio-lungo periodo. In questo modello di interpretazione del cambiamento sono particolarmente utili tre aree di analisi: • SCENARI MACROECONOMICI; • MEGATRENDS DEL CAMBIA-


NUOVI SCENARI MENTO; • “CHANCE OF THE TRENDS”. Scenari macroeconomici. In Italia, da molti anni siamo alle prese con un problema di “crescita”. Spesso si pensa che questa sia una criticità strutturale dell’intero pianeta. Ciò è vero solo in piccolissima parte. Perché se si compie un’osservazione più attenta e ampia si vede che mentre l’Italia stenta a riprendersi, il mondo cresce. Un esempio con i dati: mentre nel triennio 2014-2015-2016 l’Italia è in recessione o registra una crescita inferiore all’1%, il mondo cresce a tassi di sviluppo del Pil superiori al 3%. I principali centri di ricerca internazionali sembrano confermare che questi trends si confermino anche nel 2017. Se si compie un’analisi ancora più approfondita, si può vedere come la sostenuta crescita mondiale non sia stata uniforme: le economie avanzate (USA, UE, UK, Giappone in primis) si sono sviluppate sotto il 2%, mentre i mercati emergenti hanno registrato tassi di crescita del Pil superiori al 4%. All’interno di ognuna di questa macro-aree del globo, ogni paese presenta propri specifici trends di sviluppo; ad esempio, analizzando i dati la Cina, considerata in difficoltà, continua comunque a generare livelli di sviluppo del Pil di +6/7%, anche nel 2017. Qual è il ragionamento di fondo da compiere sotteso a questa analisi? E’ importante realizzare uno zoom approfondito e periodico degli scenari macroeconomici per cogliere opportunità di nicchia di singole aree regionali del pianeta così come di singoli Paesi, ovviamente partendo dai più interessanti per il settore di attività di ogni impresa. Questa analisi può essere svolta da

A CURA DI

un’impresa sul piano globale ma anche sul piano del mercato domestico nazionale o locale, secondo la sua dimensione. Ad esempio, di fronte ad un dato medio di crescita dell’Italia di +1% programmato dal DEF, ogni regione presenta tendenze differenti. L’analisi del fatturato realizzato o da realizzare, inoltre, andrebbe sempre messo a confronto e valutato con i dati macroeconomici dell’area regionale di riferimento, soprattuttoin relazione al reddito e alla popolazione. Perché sempre di più le performances delle imprese dipendono dalla “qualità” del fatturato” e non solo dalla sua quantità, anche per valutare la reale efficacia della funzione marketing di un’impresa. Questo tipo di analisi vengono effettuate nelle imprese più strutturate. Ma nelle PMI, che rappresentano oltre il 90% della struttura produttiva, troppo spesso queste valutazioni non poggiano su solide basi quantitative e vengono lasciate solo all’intuizione dell’imprenditore e dei suoi manager. Megatrends del cambiamento. Quest’ultima riflessione è ancora più vera per l’analisi dei grandi megatrends del cambiamento. Si tratta, in altri termini, dei processi di trasformazione profondi, operanti come zolle tettoniche in movimento, che stanno già trasformando il contesto competitivo delle imprese e la vita delle persone. Lo studio degli scenari macroeconomici e dei relativi outlook getta lo sguardo sul futuro con un approccio quantitativo, partendo dal passato, con un orizzonte che non ormai non va più oltre i tre anni, se non l’anno: questo perché i cambiamenti in corso e gli shocks rendono le stime econometriche oltre l’anno altamente irrea-

listiche e improbabili. L’analisi dei megatrends, invece, guarda ai processi di trasformazione di medio-lungo periodo, soprattutto sul piano qualitiativo, per interpretare in anticipo i loro cambiamenti, le opportunità che ne derivano e le relative minacce da schivare. Un esempio: il cambiamento nel settore bancario, che rischia di travolgere in tutto il mondo l’occupazione del settore. Questo tema si lega al processo di evoluzione dei servizi bancari, che sempre più si stano evolvendo verso un rapporto con il cliente intermediato non più dagli operatori ma direttamente dalle tecnologie digitali. Così come la digital trasformation sta cambiando i modelli di business di tutte le imprese, ad esempio per gli effetti dell’Internet of Things nei processi di produzione e consumo. Fino a poco tempo fa, sempre per fare esempi concreti, chi mai avrebbe pensato che Amazon sarebbe riuscita ad entrare nel settore dell’alimentazione, con consegne a domicilio di beni di consumo, o che si sarebbero potuti sviluppare robot per svolgere funzioni in quasi tutti i settori? E’ la digital trasformation, ossia uno dei principali megatrends in corso insieme alla globalizzazione e ad altri ancora indicati nel presente speciale: costituiscono drivers e fattori propulsivi e pervasivi del cambiamento che rischiano di stravolgete la vita delle imprese e delle persone, se queste non sapranno capirlo e interpretarlo con coerenti e adeguate strategie di riorientamento dei modelli di business e adattamento delle skills distintive, sul piano organizzativo e individuale. Chance of the trends. In questo scenario, il lavoro rischia di scomparire? E’ questo uno dei temi di fondo che sta animando il dibattito

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NUOVI SCENARI in tutto il mondo soprattutto per lo sviluppo esponenziale della digital trasformation e delle sue declinazioni operative, a partire dall’Artificial Intelligence (A.I.)? A mio parere la risposta è la seguente: il lavoro tradizionale e di routine del XX Secolo probabilmente si; quello più complesso, che incorpora più elevati contenuti di conoscenza, no. Anzi quest’ultima tipologia di funzioni si svilupperanno ad un ritmo crescente nel XXI Secolo proprio perché serviranno per gestire la complessità e il cambiamento. Un esempio per tutti: i big data e la data science. La crescita delle capacità computazionali di natura tecnologica e la rete su scala globale offrono

la disponibilità di una montagna di dati che aspetta solo di essere elaborati, al fine della loro trasformazione in informazioni utili nei modelli decisionali. Si pensi alla business&digital intelligence utilizzata nei processi di marketing, al geomarketing, al Customer Relationship Management (CRM). Questi e tutti gli altri processi di cambiamento richiedono competenze e professionalità adeguate, che debbono essere sviluppate in anticipo, sia dalle imprese che dalle persone, con coerenti strategie, rispettivamente, di learning organization e formazione permanente. In altri termini, il lavoro tradizionale, quello trasformabile in algoritmi di-

gitali, tenderà a scomparire; i lavori resteranno ma saranno differenti, incorporando più elevati contenuti di conoscenza. Per questo bisogna prepararsi a capire le trasformazioni in corso, per sfruttare quelle che ho chiamato le “chance of trends” del cambiamento di lungo periodo. La finalità, per le imprese ma anche per le persone, è soprattutto quella di sviluppare skills adeguate per creare valore da innovazione sia nei settori tradizionali che in nuovi e molteplici ambiti di attività. Perché ormai, come disse Tommaso Moro nella sua opera Utopia, “tutto ciò che è immaginabile esisterà”.

2014

2015

2016

2017

WORLD OUTPUT

3,4

3,2

3,1

3,4

ADVANCED ECONOMIES

1,9

2,1

1,6

1,8

UNITED STATES

2,4

2,6

1,6

2,2

EURO AREA

0,9

2,0

1,7

1,5

GERMANIA

1,6

1,5

1,7

1,4

FRANCIA

0,6

1,3

1,3

1,3

ITALIA

-0,3

0,8

0,8

0,9

SPAGNA

1,4

3,2

3,1

2,2

REGNO UNITO

3,1

2,2

1,8

1,1

MERCATI EMERGENTI

4,6

4,0

4,2

4,6

CINA

7,3

6,9

6,6

6,2

INDIA

7,2

7,6

7,6

7,6

RUSSIA

0,7

-3,7

-0,8

1,1

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NUOVI SCENARI

MEGATRENDS DEL CAMBIAMENTO QUALI SONO I PRINCIPALI MEGATRENDS DEL CAMBIAMENTO? • DIGITAL TRASFORMATION: «fusione» tra mondo fisico e digitale. • GLOBALIZZAZIONE: incremento di integrazione e velocità di circolazione di beni, persone, capitali e informazioni. • LIQUIDITA’ SOCIALE: crescita dell’empowerment individuale.

ALTRI MEGATRENDS DEL CAMBIAMENTO: • IL CAMBIAMENTO DEMOGRAFICO: i cittadini del mondo erano 1,6 miliardi all’inizio del 1.900, 7,3 miliardi nel 2015, saranno 9 miliardi nel 2030. • URBANIZZAZIONE: la popolazione cresce e si concentra in «città-megalopoli». • INVECCHIAMENTO: migliorano le condizioni di vita e benessere, aumenta la longevità. • CAMBIAMENTO CLIMATICO: la crescita del riscaldamento globale comporta lo sconvolgimento degli ecosistemi naturali. • MULTIPOLARITA’ GLOBALE: si sviluppa un nuovo ordine mondiale (o disordine?) basati su molteplici centri e aree di «governance».

A CURA DI

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NUOVI SCENARI

CHANCE OF THE TRENDS GLI EFFETTI MACRO DELLA DIGITAL TRASFORMATION RAPPORTO «FUTURE OF THE JOBS» DEL WORLD ECONOMIC FORUM (GENNAIO 2016): saranno 5.000.000 i posti di lavori sostituiti da robot di Artificial Intelligence entro il 2020 RAPPORTO FORREST (SETTEMBRE 2016): entro il 2016 il 6% degli occupati USA sarà sostituiti da macchine-robot di A.I. C’è chi sostiene che i lavori di routine digitalizzati saranno più che compensati dai nuovi lavori complessi di analisi, progettazione e innovazione e riorientamento digitale. Un esempio per tutti: data analyst.

OPPORTUNITA’ PER CREARE VALORE: • SMART MANIFACTURING/INDUSTRY 4.0: Internet of thing, robotica, realta’ aumentata, stampa 3d • MODELLI DI BUSINESS IMMATERIALI: «ricavi basati su servizi» • MODELLI DI BUSINESS IMMATERIALI: digitalbrand reputation digital marketing&communication, crm, csr • BIG DATA, DATA ANALYSIS, CLOUD, BUSINESS INTELLIGENCE • NETWORK ORGANIZATION E RETI D’IMPRESA • LEARNING ORGANIZATION E MANAGERIAL TRAINING • START-UP, SHARING ECONOMY, APP ECONOMY

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A CURA DI


OCCUPAZIONE

IL FUTURO E’ NEL DIGITALE. IL MINISTRO POLETTI: “COMPETENZE ED ENERGIA, I GIOVANI ADESSO HANNO UN RUOLO ESSENZIALE” di Andrea Maccarone

D

al Jobs Act al Fondo Garanzia Giovani. Il governo ha calato le scialuppe di salvataggio già due anni fa. Ma lo scenario resta comunque difficile per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. <<Abbiamo staccato un milione di giovani dal divano>> aveva affermato a giugno il ministro del lavoro, Giuliano Poletti. <<Ora cerchiamo imprese che diano loro spazio>>. Ecco, appunto. Altro tema caldo è quello della sostenibilità delle imprese. Una filiera fortemente indebolita da anni

di crisi sistemica e strutturale. Per non parlare, poi, della pressione fiscale che attanaglia lo sviluppo. Insomma, il panorama non è dei più rassicuranti. Ma le manovre messe in atto dal governo centrale lasciano ben sperare. Un passo alla volta, poco a poco, la luce in fondo al tunnel sembra avvicinarsi. Sebbene il cammino sia ancora molto lungo e tortuoso. C’è un processo di cambiamento economico in atto. E in tutto questo le nuove generazioni diventano un punto cardine per la rinascita. Mondo Lavoro ne ha parlato proprio con il mi-

nistro Poletti: <<Penso che i giovani possano svolgere un ruolo essenziale, mettendo a frutto la loro energia e le loro competenze – ha commentato il ministro - l’importante è sostenerli, chiedendo loro, al contempo, di non scoraggiarsi mai e di essere disponibili a cogliere tutte le opportunità>>. Quali sono le prossime disposizioni per il mondo dei giovani dirette a incentivare la nascita di nuove imprese e ridurre la disoccupazione? <<In realtà, nell’ambito del programma Garanzia Giovani, destinato ai

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OCCUPAZIONE NEET, abbiamo già attivato iniziative specifiche per sostenere i giovani che vogliono scegliere la strada di costruirsi un’opportunità in proprio.

PROGETTO CRESCERE IMPRENDITORI: PUNTA A SUPPORTARE L’AUTOIMPIEGO E L’AUTOIMPRENDITORIALITÀ ATTRAVERSO ATTIVITÀ DI FORMAZIONE ED ACCOMPAGNAMENTO ALL’AVVIO DI IMPRESA Si tratta del progetto Crescere Imprenditori, che punta a supportare l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità attraverso attività di formazione ed accompagnamento all’avvio di impresa. L’altra iniziativa è rappresentata da SELFIEmployment, un fondo che eroga finanziamenti agevolati a tasso zero da 5mila a 50mila euro, senza necessità di garanzie reali e con un piano di ammortamento di sette anni, per incentivare l’avvio di nuove piccole iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo. Dal 12 settembre abbiamo esteso la possibilità di richiedere il finanziamento anche agli iscritti a Garanzia Giovani che non hanno partecipato al percorso di accompagnamento all’autoimprenditorialità. Accanto a questo, confidiamo che il Parlamento approverà rapidamente, in via definitiva, il disegno di legge che contiene misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale, con l’obiettivo di costruire, per questi lavoratori, un sistema di diritti e di welfare moderno capace di sostenere il loro presente e di tutelare il loro futuro. Tutto questo testimonia la nostra convinzione che sostenere la propensione dei giovani a far nascere nuove imprese è un contributo alla riduzione della di-

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soccupazione giovanile>>. Il lavoro è diventato oggi insicuro: la vita media delle aziende si è accorciata, il posto fisso non esiste più, il paradigma del posto pubblico sta decadendo, il settore bancario non è più un rifermento, la prospettiva professionale diventa sempre più incerta. Tutto ciò sta favorendo la crescita di una paura esistenziale. Stante la suddetta situazione, cosa ne pensa? Quali provvedimenti ci possiamo attendere al riguardo? <<Ci troviamo di fronte a cambiamenti molto forti del sistema produttivo

e del lavoro che sono diretta conseguenza della pervasività delle nuove tecnologie e della loro evoluzione, che marcia ad una velocità molto maggiore rispetto a quella con la quale possono adeguarsi i modelli sociali e di organizzazione del lavoro. È un tema sul quale sarebbe opportuno che si avviasse una riflessione da parte di tutti i soggetti interessati -imprese, forze sociali, istituzioni- per delineare scenari plausibili e strategie per tenere il passo del cambiamento. Il ruolo dei soggetti istituzionali è quello, intanto, di delineare un quadro normativo che


OCCUPAZIONE laborare attivamente alle misure (ad esempio di formazione e di aggiornamento) che gli vengano proposte per trovare una nuova occupazione>>. Quali sono i sistemi verso cui i giovani dovrebbero orientare il loro progetto professionale? <<Credo che un dato di base sia di fare scelte che uniscano le proprie propensioni alle esigenze manifestate dalle imprese. Ad esempio, acquisire competenze nel campo del digitale è sicuramente importante. Per questo abbiamo promosso, sempre nell’ambito di Garanzia Giovani, il progetto “Crescere in digitale”, che ha registrato un forte successo. Più in generale, credo che ci sia l’esigenza di un più stretto legame tra mondo della scuola e impresa. Per questo abbiamo introdotto l’alternanza scuola-lavoro, che coinvolgerà oltre un milione e mezzo di studenti del triennio delle scuole superiori, e l’apprendistato duale per chi frequenta gli istituti di formazione professionale>>.

possa, ad esempio, agevolare modelli di organizzazione del lavoro più coerenti con questa evoluzione. A questo proposito, voglio ricordare le misure, inserite nel disegno di legge che citavo prima, per favorire il cosiddetto lavoro agile, ovvero l’articolazione flessibile, nei tempi e nei luoghi, del lavoro subordinato. C’è poi il tema di stare a fianco di chi può perdere il lavoro. Per questo puntiamo sulle politiche attive del lavoro, basate sul principio della presa in carico della persona che riceve un sostegno al reddito ma, al contempo, deve essere disponibile a col-

L’IMPRENDITORIA SOCIALE IN GRADO DI RESISTERE MEGLIO ALLA CRISI E DI FUNGERE DA “LEVA” PER UNA CRESCITA ECONOMICA SOSTENIBILE E INCLUSIVA Come può, la Riforma del terzo settore, generare nuove opportunità imprenditoriali e occupazionali per i giovani? <<L’imprenditoria sociale si sta affermando sempre più come uno dei settori maggiormente dinamici, in grado di resistere meglio alla crisi e di fungere da “leva” per favorire una crescita economica sostenibile e inclusiva. La

riforma mira, tra le altre cose, proprio a rilanciare l’impresa sociale con l’obiettivo di rendere questa forma di impresa attrattiva per gli investitori senza snaturarne la missione non lucrativa. L’obiettivo è di far sì che questo strumento possa divenire un catalizzatore di idee ad alto valore sociale, stimolando la nascita di soluzioni innovative che siano in grado di rispondere alle nuove sfide che il welfare si trova a dover fronteggiare. Per questo rappresenta una concreta opportunità anche per i giovani>>. Come pensa che possano incrociarsi le esperienze del sistema imprenditoriale profit con quelle non-profit? <<La Legge delega riconosce l’impatto economico derivante dall’attività dell’impresa sociale che si inserisce a pieno titolo nel mercato, contribuendo a superare la tradizionale dicotomia profit/non profit. La certezza infatti che lo sviluppo economico dipenda da un’unica forma di organizzazione delle attività c.d. economiche, basata su imprese che hanno come fine esclusivo la massimizzazione del profitto per gli azionisti e in cui la dimensione finanziaria risulta prevalente, è stata smentita dai fatti e in primo luogo dalla lunga crisi economica e finanziaria e dai crescenti squilibri sociali. E’ ormai evidenza comune, ribadita non solo da ricerche e studi ma anche da una ampia serie di documenti ufficiali dell’Unione europea, che per raggiungere gli obiettivi di progresso e di stabilità del mercato che i Paesi Europei si sono prefissati, l’azione congiunta e coordinata fra istituzioni pubbliche, mondo profit e Terzo settore diventa un perno fondamentale per favorire una crescita inclusiva e duratura>>.

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ECONOMIA&TERRITORIO

IMPRESE IN&OUT, CHI CRESCE E CHI ARRETRA di Fabio Di Giulio

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a top-ten delle imprese più performanti vede in prima linea il settore dei motocicli con +7,3% di produzione. Mentre il corrispettivo in negativo tocca alla produzione di energia elettrica che registra -5,9%. Motocicli, gestioni aeroporti e occhialeria. Questi i primi tre settori in crescita nel triennio 2015-2017 secondo la previsione fornita da Cerved, l’information provider che ha svolto un’analisi dettagliata su oltre 200 settori dell’economia italiana. IL CONTESTO Sull’economia mondiale pesa sicuramente il clima di incertezza scaturito dalla Brexit. Senza contare l’incognita delle elezioni presidenziali americane e lo scenario legato al terrorismo internazionale. Ma allo stesso tempo è da tenere d’occhio la politica mone-

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taria espansiva delle autorità europee e giapponese. Riguardo la domanda mondiale, invece, occorre considerare il rallentamento dei Paesi emergenti, con la conseguente possibile ripresa di consumi e investimenti da parte dei Paesi occidentali. Infine le materie prime: quotazioni molto basse in particolare per petrolio e materie prime agricole. Dunque, nel corso dell’anno i segnali di ripresa si sono progressivamente indeboliti a causa del clima di maggiore incertezza. Si abbassano anche le stime di crescita del Pil italiano: sotto l’1% la crescita attesa per il 2016 e il 2017, contro l’1,1%-1,2% stimato ad aprile. Rallenta anche la crescita delle esportazioni, che rimangono comunque la componente più dinamica della domanda. Mentre il tasso di inflazione, ancora basso, prosegue con un picco negativo previsto per il 2016.

VARIABILI CHIAVE L’indebolimento dell’Euro rispetto al dollaro ha comunque prodotto effetti positivi riguardo l’export: favorite sia le esportazioni dirette che indirette, in particolare nel sistema moda, nel largo consumo, nella meccanica e nei beni strumentali. Al contrario il rallentamento delle economie emergenti hanno toccato soprattutto l’export in ambito siderurgico (eccesso di offerta, parzialmente tutelato dalle azioni di antidumping europee) e in ambito infrastrutturale e alcuni segmenti della meccanica. Mentre i bassi corsi dei prezzi del petrolio hanno portato effetti positivi (trasporti e chimica, ovvero settori forti utilizzatori di petrolio che hanno registrato costi minori) ed effetti negativi (in particolare per impiantistica ed ingegneria, con ripercussioni soprattutto per i settori collegati all’esplorazione del greggio). Infine l’effetto Brexit: per il


ECONOMIA&TERRITORIO settore auto si può verificare la rilocalizzazione degli impianti produttivi delle case extraeuropee sul continente, di contro, però, c’è che i nuovi accordi potrebbero penalizzare le esportazioni soprattutto sul sistema moda e meccanica. PRIMI 10 SETTORI PER CRESCITA DEL FATTURATO Il podio vede al primo posto il settore dei motocicli (+7,3%), a seguire la gestione di aeroporti (+7,2%) e al terzo posto l’occhialeria (7,1%). I driver? Nel primo caso: l’aumento delle immatricolazioni. Per gli aeroporti, invece, si fa riferimento all’aumento del traffico internazionale. Mentre per il settore dell’occhialeria il driver principale è l’export. La classifica segue con il segmento delle piastrelle (+6,9%) dove il riferimento è nuovamente quello dell’export, così come per la cantieristica (+6,3%) che ha visto un buon andamento dei comparti navi da crociera, yacht e militari. Pre-

visione ottimale anche per il settore dei veicoli commerciali, industriali e autobus (+6,2%) che sta registrando un costante aumento delle immatricolazioni. Mentre la ripresa della produzione nazionale ha giocato a favore del compartimento della componentistica per autoveicoli e altri mezzi di trasporto (+5,8%). E registra una storica ripresa anche il settore immobiliare (+5,6%) grazie alla sostanziale ripresa delle compravendite. Buona anche la produzione nazionale di automobili (+5,4%) ed infine il settore dei mobili imbottiti (+5,3%). ULTIMI 10 SETTORI PER CRESCITA DEL FATTURATO Il risvolto della medaglia mostra altrettanti settori in forte crisi. La crescita media-annua (2015-2017) della produzione di energia elettrica si attesta con un -5,9% a causa del calo dei prezzi. Per non parlare dei prodotti chimici per l’agricoltura (-4,7%) che soffrono la concorrenza dei prodotti

di importazione. E poi il settore siderurgico (-3,2%) a causa di un eccesso di offerta sui mercati internazionali e conseguente pressione sui prezzi. In sofferenza anche le telecomunicazioni (-1,9%) per mano della diminuzione delle tariffe. Mentre l’espansione della digitalizzazione ha prodotto una sostanziale contrazione dell’utilizzo della carta, e infatti il settore della carta per usi grafici ha registrato un -1,6% di produzione. L’embargo russo e l’eccesso di offerta, invece, hanno giocato un ruolo decisivo per gli allevamenti suini che si attestano al -1,5%. Stesso indice per la calzetteria che ha visto una diminuzione strutturale dei consumi. Mentre la produzione dei tubi in acciaio (-1%) ha assistito ad una generale contrazione della domanda per il segmento oil&gas e una riduzione dei prezzi di vendita. E a -1% anche i trasporti pubblici locali a causa dell’aumento dei mezzi privati per minori costi del carburante. Infine l’elettronica per il consumo (-0,9%).

NUOVE ISCRIZIONI AL REGISTRO DELLE IMPRESE IN ITALIA E NELLE MARCHE ANNO 2014 Marche 1,06%

Italia 0,99%

Differenziale 7%

ANNO 2015 Marche 1,026%

Italia 0,992%

Differenziale 3,4%

ISCRIZIONI DI NUOVE IMPRESE NEL MANIFATTURIERO ANNO 2014 Marche 0,085%

Italia 0,045%

Differenziale 87,9%

ANNO 2015 Marche 0,090%

Italia 0,047%

Differenziale 93,9%

ISCRIZIONI DI NUOVE IMPRESE NEI SETTORI HI-TECH ANNO 2014 Marche 0,118%

Italia 0,103%

Differenziale 15%

ANNO 2015 Marche 0,112%

Italia 0,104%

Differenziale 7,6%

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ECONOMIA&TERRITORIO

FAMIGLIE: CRESCONO I CONSUMI in ripresa le risorse economiche dei Marchigiani di Letizia Ciaccafava

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n attesa dei nuovi dati forniti da Bankitalia, l’ultima analisi dell’andamento economico regionale mostra un generale miglioramento. Sebbene parlare di sostanziale crescita è ancora prematuro, si sono, però, avvertiti i primi vagiti di un periodo che tutti auspichiamo essere più florido degli anni passati. Nel 2015 il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, i trasferimenti pubblici e la stabilizzazione dei prezzi hanno influito positivamente sul potere di acquisto delle famiglie. I consumi hanno registrato una moderata crescita ed è migliorata la percezione delle famiglie riguardo la propria situazione economica.

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In base agli ultimi dati pubblicati dall’Istat, riferiti al 2014, il reddito disponibile pro capite in termini reali delle famiglie marchigiane era pari a circa 18.000 euro. Nel confronto con il 2011, il reddito disponibile era diminuito del 4,8 per cento (in Italia del 5,9 per cento), soprattutto per effetto del calo delle unità di lavoro occupate, solo in parte mitigato dalle maggiori prestazioni sociali. I consumi e la propensione al risparmio Secondo i conti territoriali dell’Istat, nel 2014 i consumi delle famiglie effettuati in regione sono lievemente cresciuti rispetto al 2013 (dello 0,6 per cento; 0,4 in Italia), dopo il calo del 7,3

per cento tra il 2011 e il 2013. In particolare, è tornato a crescere il consumo dei beni durevoli, che era sceso di oltre un quinto nel precedente triennio. In base all’Indagine Istat sulla spesa delle famiglie residenti, nel 2014 la spesa media mensile era pari a circa 2.400 euro. Dal 2011 la spesa è diminuita del 12,0 per cento in termini reali, più di quanto è avvenuto nel Centro e nell’intero Paese (rispettivamente -9,4 e -9,5 per cento). Riflettendo la debole variazione sia dei consumi sia del reddito disponibile, la propensione al risparmio si è stabilizzata nel 2014 dopo essere aumentata nel precedente biennio, quando la contrazione dei consumi aveva su-


ECONOMIA&TERRITORIO perato quella del reddito; vi avevano influito anche motivazioni precauzionali, stante l’incertezza delle famiglie sull’evoluzione della loro condizione economica. Nel 2014 e soprattutto nel 2015 sono invece emersi segnali di miglioramento di queste valutazioni: l’indicatore qualitativo, calcolato come saldo tra la quota di famiglie che ritengono le loro risorse economiche negli ultimi 12 mesi ottime o adeguate e la quota di quelle che le considerano scarse o insufficienti, è aumentato significativamente, anche se meno che nella media nazionale. Disuguaglianza, povertà ed esclusione sociale In base all’indagine Istat-Silc del 2014, che rileva i redditi dell’anno precedente, nelle Marche le persone che potevano essere definite povere o socialmente escluse secondo la definizione europea erano pari a poco meno di un quinto della popolazione, un’incidenza inferiore sia a quella italiana sia a quella dell’Unione europea a 15 paesi (28 e 23 per cento circa, rispettivamente). Come in Italia, la categoria più debole risulta quella dei cittadini stranieri. Nel 2014 il 32,5 per cento degli stranieri residenti nelle Marche risultava povero o escluso socialmente (37,0 per cento nella media nazionale); tale quota, sebbene in diminuzione rispetto al 2013, era ancora superiore di 11,2 punti percentuali nel confronto con il 2007. La ricchezza delle famiglie Al termine del 2014, in base a recenti stime, la ricchezza netta delle famiglie (consumatrici e produttrici) marchigiane, incluse anche le istituzioni sociali private, ammontava a 223,4 miliardi di euro, pari a 7,8 volte il reddito lordo disponibile.

Tra la fine del 2005 (primo anno dal quale i dati dell’Istat sulla ricchezza non finanziaria risultano disponibili con continuità) e quella del 2014 la ricchezza netta delle famiglie marchigiane, misurata a prezzi correnti, è aumentata del 12,9 per cento, meno che a livello nazionale (14,2 per cento). In termini pro capite essa era pari a circa 144.000 euro al termine del 2014 (circa 156.000 nella media del Paese), in aumento dell’8,4 per cento dalla fine del 2005, contro l’8,8 dell’Italia. Nel decennio considerato si è così lievemente ampliato il differenziale negativo della ricchezza netta regionale pro capite rispetto a quella nazionale. Se fino al 2012 la ricchezza netta nelle Marche è cresciuta in linea con quella italiana, la differenza è maturata nel biennio 2013-14 quando essa è diminuita dello 0,5 per cento all’anno in regione, mentre in Italia è rimasta sostanzialmente stabile. Tale scostamento rispetto al dato nazionale è dipeso soprattutto dalla minore crescita del valore delle attività finanziarie. Correggendo per la variazione dei prezzi al consumo registrata a livello nazionale, nell’intero decennio considerato la ricchezza netta risulterebbe in flessione dello 0,4 per cento all’anno. Le attività reali. – Le attività reali, che costituiscono tradizionalmente la parte più rilevante della ricchezza lorda, si attestavano nelle Marche a circa il 63 per cento dell’aggregato complessivo alla fine del 2014; in termini pro capite tali attività ammontavano a circa 101.000 euro (107.000 nel Paese). Oltre i quattro quinti della ricchezza reale erano costituiti da abitazioni, il cui valore, misurato a prezzi correnti, è salito complessivamente di oltre il

25 per cento nell’intero decennio considerato. L’aumento si è verificato nel periodo 2005-2011 ed è stato seguito da una flessione negli anni successivi, in connessione soprattutto con la dinamica delle quotazioni immobiliari. Le attività e le passività finanziarie Tra il 2005 e il 2014 il valore delle attività finanziarie (ricchezza finanziaria lorda) detenute dalle famiglie marchigiane è salito da 89,2 a 91,7 miliardi, con un aumento complessivo del 2,9 per cento (2,1 in Italia), concentratosi negli ultimi due anni del periodo. La ricchezza finanziaria lorda detenuta in media da ogni residente in regione alla fine del 2014 era di circa 59.000 euro, un valore inferiore all’analogo dato per l’Italia. Al netto delle passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.) la ricchezza ammontava a 2,3 volte il reddito disponibile, un dato inferiore a quanto rilevato nel Paese (2,8), ma in linea con le regioni del Centro. La ricchezza finanziaria lorda delle famiglie marchigiane si componeva per il 40 per cento di attività maggiormente liquide (circolante e depositi bancari e postali), in crescita di oltre 11 punti percentuali rispetto al 2005; poco più di un quarto dell’aggregato era riconducibile al risparmio gestito, in lieve crescita, mentre si era contratta complessivamente di 15 punti la quota degli altri strumenti finanziari (titoli pubblici, azioni e obbligazioni private), che costituivano poco più di un terzo della ricchezza finanziaria lorda. Nel portafoglio delle famiglie marchigiane, depositi e circolante evidenziano un maggior peso anche nel confronto con l’intero Paese, mentre tende a essere minore l’incidenza del risparmio gestito e di quello investito in azioni.

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ECONOMIA&TERRITORIO

VIA DALLA CRISI: LE MARCHE TRAINATE DA MANIFATTURIERO E HI-TECH Dallo studio di Univpm e Istao emerge una natalità d’impresa migliore della media nazionale di Chiara Bartolomei

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a vivacità imprenditoriale marchigiana è migliore della media nazionale. Lo rileva il rapporto stilato da Univpm e Istao, con uno sguardo attento alle start-up che si

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attivano nei settori a più alto contenuto di conoscenza. In sostanza l’Italia è un paese a bassa vivacità imprenditoriale. E la contrazione nel numero delle nuove imprese non ha risparmiato le Marche che, ciò cio-

nonostante, mantengono un tasso di vivacità imprenditoriale superiore alla media nazionale. La differenza positiva con la media nazionale è accentuata nel caso delle nuove imprese nel settore manifatturiero e nei


ECONOMIA&TERRITORIO settori a più alto contenuto di conoscenza (high-tech). La maggiore vivacità regionale nell’attivazione di imprese a più alto contenuto di conoscenza è testimoniata anche dai dati sulle start-up innovative (come definite ai sensi dei provvedimenti legislativi 221/2012 e 33/2015). Le Marche sono fra le regioni con i più alti tassi di attivazione di start-up innovative (in proporzione alla popolazione). Inoltre, rispetto alla media italiana la regione ha una maggiore quota di start-up manifatturiere, il cui avvio richiede, in generale, competenze superiori rispetto alle start-up nei servizi. La vivacità nell’attivazione di nuove imprese nei settori a maggior contenuto di conoscenza è il risultato di diversi fattori: la presenza di una diffusa e diversificata base manifatturiera; la presenza di atenei attivi nella ricerca applicata e nelle azioni di trasferimento tecnologico; le numerose iniziative di stimolo all’imprenditorialità giovanile messe in atto da soggetti pubblici e privati negli ultimi anni. La vivacità imprenditoriale nel manifatturiero e nelle start-up innovative è importante poiché l’evidenza empirica dimostra che è la qualità delle nuove iniziative piuttosto che la quantità a determinare la relazione positiva fra imprenditorialità e sviluppo (in termini di occupazione e reddito). Negli ultimi anni vi è stato un notevole incremento delle iniziative pubbliche e private, nazionali e locali, volte a stimolare l’attivazione di nuove imprese e a creare un ambiente favorevole al loro sviluppo. Le iniziative si sono concentrate soprattutto nell’anello centrale della filiera, quello cioè volto a promuovere lo start-up, mentre rimangono da potenziare quelli a monte (formazione all’imprenditorialità) e a valle

(servizi e finanza per lo sviluppo). Il Rapporto di quest’anno concentra l’attenzione sul tema della formazione all’imprenditorialità, intesa in senso ampio e non solo come preparazione allo start-up d’impresa. Sono discussi gli elementi che dovrebbero caratterizzare la formazione all’imprenditorialità e sono presentate alcune iniziative avviate di recente in ambito regionale. *dati file excel Le start-up innovative nelle Marche La maggiore vivacità delle Marche nell’avvio di nuove imprese nei settori a più alto contenuto di conoscenza è confermata dai dati riferiti alle start-up innovative, definite dal DL ottobre 2012 n. 179, e quello degli spin-off universitari. A metà settembre 2016 risultavano iscritte come start-up innovative nelle Marche 295 imprese, pari al 5% del totale nazionale (erano il 4,8% nel 2015). Si tratta di una percentuale superiore al peso della regione sul totale nazionale e che segnala una maggiore vivacità della regione nell’avvio di questa tipologia d’impresa. Tale maggiore vivacità è confermata se consideriamo il tasso di avvio di imprese innovative in relazione alla popolazione; tale tasso è superiore alla media nazionale per tutte le province marchigiane. Esso assume valori elevati in particolare nelle province di Ancona e Macerata. La maggiore vivacità di alcune province marchigiane si conferma anche quando si prende in considerazione le nuove iscrizioni relative solo al 2015. Trattandosi di società molto giovani (l’80% non ha superato i due anni di attività) la grande maggioranza ha un volume di ricavi molto contenuti. Delle società per le quali è disponibi-

le il valore della produzione (circa il 50% del totale) i due terzi si collocano nella classe da 0 a 100.000 euro e solo il 2,4% delle società (56) supera il milione di Euro di ricavi. Com’era da attendersi, il valore dei ricavi delle start-up innovative mostra una relazione positiva con l’età. La percentuale di imprese che superano 1 milione di euro di ricavi cresce dallo 0,6% di quelle con 1 anno di età al 7,6% di quello con 5 anni di attività. La formazione imprenditoriale e l’esperienza dei Contamination Lab Prescindendo dalle questioni regolamentari, uno dei problemi che caratterizza la formazione imprenditoriale nelle università italiane è l’eccessiva finalizzazione di questa iniziative verso l’avvio di nuove imprese. Nel 2003 c’era un solo centro universitario per l’imprenditorialità in Bocconi, mentre ad oggi sono presenti anche Bologna, Bergamo, Università Cattolica del Sacro Cuore e Università Politecnica delle Marche. All’interno del decreto Crescita 2.0, Il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca hanno elaborato una policy finalizzata a esporre gli studenti universitari a un ambiente stimolante per lo sviluppo di progetti di innovazione a vocazione imprenditoriale attraverso la creazione, nelle università italiane, di Contamination Lab: spazi fisici di “contaminazione”, atti alla fertilizzazione orizzontale di competenze tra studenti di discipline diverse in cui si promuovono la cultura dell’imprenditorialità. Nella regione Marche, il primo Contamination Lab nasce nel 2014 su iniziativa dell’Università Politecnica delle Marche.

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WATERFRONT

The project is co-funded by the European Union, Instrument for Pre-Accession Assistance

CARICA: RAFFORZARE CONNESSIONI E COMPETITIVITÀ DEL TERRITORIO MARCHIGIANO

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l Porto di Ancona è stato riconosciuto come terminale meridionale del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, uno dei 9 corridoi che formeranno le principali arterie dei trasporti nel mercato unico europeo (reti TEN-T). È essenziale quindi che gli investimenti nelle nuove infrastrutture portuali siano coerenti con le priorità espresse a livello comunitario e nazionale per lo sviluppo della competitività dei porti, oltre che con l’evoluzione dei traffici. In questo contesto il progetto CA-

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RICA è un ulteriore tassello della strategia dell’Autorità portuale di Ancona per cogliere le opportunità che derivano dal riconoscimento internazionale del ruolo del porto come snodo essenziale per la connessione tra l’Europa ed il Mediterraneo centro-orientale. Il progetto CARICA ha cofinanziato gli investimenti relativi ai lavori di dragaggio per consentire l’accesso in porto a navi di maggiore dimensione e per l’estensione dei binari ferroviari interni allo scalo, che aumenteranno le opportunità di av-

vio dell’intermodalità, rafforzando la competitività del porto di Ancona nel complesso scenario internazionale. Interventi in linea con le richieste del mercato, e che costituiscono anche degli esempi di concretizzazione delle priorità espresse dalla strategia di sviluppo della macro-regione Adriatico-Ionica per una migliore connessione del territorio marchigiano con le reti di trasporto terrestre e marittimo europee e mondiali. Il tutto destinato ad una auspicabile crescita economica ed occupazionale.


CNA

Sono state 2.031 le imprese che tra gennaio ed agosto hanno ottenuto finanziamenti da Fidimpresa Marche, per complessivi 122,2 milioni di euro. A rivolgersi a Fidimpresa nei primi otto mesi del 2016, sono state soprattutto le aziende del mobile (612), seguite dagli autoriparatori, (388) dagli edili (377) e da lavanderie e tintorie (123).

FIDIMPRESA MARCHE, CREDITO ALLE IMPRESE E BALUARDO CONTRO L’USURA Nei primi otto mesi del 2016 dieci imprese marchigiane si sono rivolte a Fidimpresa per uscire dalla morsa degli strozzini, ottenendo 152 mila euro grazie al fondo antiusura. di Sergio Giacchi

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Confidi baluardo contro l’usura. Secondo l’Eurispes il giro d’affari dell’usura nel nostro Paese per il 2015 vale 82 miliardi. Cittadini e imprese si sono fatti prestare 37,2 miliardi ai quali vanno aggiunti 44,7 miliardi di capitale restituito. Negli ultimi due anni un’impresa su

dieci ha bussato alla porta dei 40 mila usurai in attività in Italia, con tassi di interesse che vanno da 120 al 250 per cento, con una cifra media di 15 mila euro a testa per circa 5 miliardi di euro complessivi. Un aiuto all’usura arriva dalla crisi del sistema bancario: tra maggio 2015

e maggio 2016 gli impieghi alle imprese sono diminuiti di 13,8 miliardi di euro. L’usura c’è ma le vittime non denunciano i loro strozzini. In tutta Italia, secondo il ministero dell’Interno, nel 2014 le denunce per usura sono state solo 372 di cui 9 nella nostra regione.

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CNA

“Nelle Marche ” affermano il presidente di Fidimpresa Marche Sabina Cardinali e il direttore generale Giancarlo Gagliardini “ secondo le nostre stime su dati Sos Impresa, gli artigiani e commercianti vittime dell’usura sono più di 3 mila. Poca cosa rispetto ai 40 mila della Campania ma comunque un numero preoccupante. Si tratta di imprenditori che non

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possono rivolgersi alle banche ma che possono trovare una risposta alternativa agli usurai o al fallimento aziendale nei Confidi. Nei primi otto mesi del 2016 sono state dieci le imprese marchigiane che si sono rivolte a Fidimpresa per uscire dalla morsa degli strozzini, ottenendo 152 mila euro grazie al fondo antiusura. Lo scorso anno erano state 22 le imprese che hanno ottenuto dal nostro Confidi 455 mila euro dopo che la strada dei finanziamenti bancari era stata negata”. La provincia marchigiana considerata dall’Eurispes a maggior rischio di penetrazione dell’usura sul territorio, (sulla base di dieci indicatori socio economici) è quella di Macerata con un indice di 41,4 su 100. Macerata si posiziona al cinquantesimo posto nella classifica delle province a maggior rischio usura. Ai primi posti, secondo Eurispes, si piazzano Parma, Crotone e Siracusa. In fondo alla graduatoria, le province più refrattarie all’usura sono Sondrio, Trento e Bolzano. Tra le province marchigiane Macerata è seguita da Ancona con indice di rischio usura del 40,5 mentre Ascoli Piceno presenta un indice di 35,8 e precede Fermo

con il 33,5. Ultima nelle Marche e ottantottesima tra le province italiane si classifica Pesaro Urbino con un indice di penetrabilità all’usura di appena il 25,2 per cento. ”Di fronte ad un sistema bancario che nel 2015 ha ridotto i prestiti alle piccole imprese del 3,5 per cento, il ruolo dei Confidi” sostengono Cardinali e Gagliardini “è stato fondamentale per frenare il ricorso agli strozzini. Complessivamente nelle Marche lo scorso anno i prestiti alle imprese ammontavano a 30,6 miliardi di euro di cui il 5,3 per cento garantiti dai Confidi. Senza il nostro intervento i presiti bancari alle piccole imprese sarebbero ulteriormente crollati, esponendole ancora di più al rischio usura.” Sono state 2.031 le imprese che tra gennaio ed agosto hanno ottenuto finanziamenti da Fidimpresa Marche, per complessivi 122,2 milioni di euro. A rivolgersi a Fidimpresa nei primi otto mesi del 2016, sono state soprattutto le aziende del mobile (612), seguirete dagli autoriparatori, (388) dagli edili (377) e da lavanderie e tintorie (123). Con 24.316 soci, Fidimpresa Marche è il Confidi più grande della regione ed è anche il primo Confidi delle Marche ad aver ottenuto dalla Banca d’Italia l’iscrizione definitiva nell’albo degli intermediari finanziari vigilati in base all’articolo 106 del nuovo Testo unico bancario. “Con questo riconoscimento” precisano Cardinali e Gagliardini “ la Banca d’Italia ha autorizzato Fidimpresa Marche all’esercizio di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico. Si tratta di un risultato che ci consente di dare nuovo slancio all’attività di garanzia favorendo la crescita di tante medie, piccole e piccolissime imprese che costituiscono il nostro primario tessuto economico.”



MARCHE da ESPORTAZIONE

LE MARCHE TORNANO A VOLARE ALL’ESTERO Export in ripresa nel primo semestre 2016. Recupera il settore farmaceutico, continua a perdere l’abbigliamento. La Germania è il primo mercato, ma crescono Usa e Paesi emergenti. di Loredana Pistonesi

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a ripresa del settore farmaceutico fa tornare in positivo l’export marchigiano. Il mercato numero uno per i prodotti made in Marche resta la Germania, alla guida degli altri Paesi europei, mentre, a fronte del tonfo del mercato russo nell’ultimo biennio, continua a crescere la domanda dagli Stati Uniti, una delle nuove frontiere per le nostre imprese. È la fotografia scattata dal rapporto semestrale Unioncamere, elaborato sulla base dei dati Istat, circa l’andamento delle esportazioni marchigiane. La prima metà del 2016 ha fatto registrare un + 1,6% per l’export della regione rispetto allo stesso periodo del 2015, par un valore delle esportazioni pari a 5,9 miliardi di euro solo nel primo semestre. Numeri di nuovo in linea con il dato del 2014, che tra gennaio e giugno aveva superato i 6 miliardi di euro, sembra dunque archiviato l’anno negativo del 2015. A trainare l’export è soprattutto la ripresa del settore farmaceutico, mentre continuano a perdere terreno l’abbigliamento, il tessile e l’agricoltura. Tra le province, cresce l’export

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di Ascoli Piceno (+ 6,7%), Pesaro ( + 1 %) e Ancona (+ 0,5 %), vanno male invece Fermo ( - 2,8%) e Macerata ( 0,7%). A guidare le esportazioni delle Marche tornano quindi ad essere i prodotti farmaceutici di base ed i preparati farmaceutici, per un valore pari a 1,064 miliardi di euro, + 10,1% rispetto al primo semestre 2015. A seguire ci sono gli articoli in pelle, con 942 milioni di euro di valore, il 5,8% in meno rispetto allo stesso periodo del 2015, una caduta che prosegue dal primo semestre 2014 ( -7,2%). In ripresa anche il settore dei macchinari e delle apparecchiature con 939 milioni di euro, il 4% in più rispetto al 2015. Sostanzialmente stabile il settore delle apparecchiature elettriche e per uso domestico, con 619 milioni di euro di export. Tra i prodotti in maggiore crescita ci sono gli articoli di carta per 184 milioni di export e un aumento pari al 18,5%, oltre agli articoli in gomma e plastica con 285 milioni di esportazioni per una crescita del 9,2 %. Di pari passo con il rallentamento degli articoli in pelle invece va anche l’abbigliamento, che sconta una frenata del 3,2% rispetto al 2015,

registrando una esportazione di 255 milioni di euro. La mappa geografica dei mercati dove vanno forte i prodotti made in Marche continua a vedere la prevalenza dei Paesi europei, guidati dalla Germania: l’export verso Berlino è stato di 730 milioni di euro nel primo semestre 2016, cresciuto di un netto 16,9% rispetto al primo semestre 2015. Seguono Belgio (642 milioni) e Francia (541 milioni), mentre al quarto posto si confermano gli Stati Uniti, uno dei mercati in maggiore crescita per l’export marchigiano. Gli Usa valgono oggi 382 milioni di euro per le imprese regionali, un valore aumentato del 30,3% rispetto al primo semestre di due anni fa. Il Nord America ha perciò scalzato stabilmente un altro mercato di riferimento per le Marche, quello della Russia, crollato del 44,1% in soli due anni. Nei primi sei mesi del 2016, le esportazioni verso la Russia sono state pari a 169 milioni di euro, scivolando indietro fino alla undicesima posizione nella classifica dei Paesi esteri di destinazione dei prodotti marchigiani.


FINANZA & FUTURO

STRATEGIA RISK RETURN ENGINEERING: UN AGGIORNAMENTO SUI RISULTATI FIN QUI OTTENUTI di Giancarlo Temperilli Executive Advisor – Gruppo Deutsche Bank Finanza & Futuro

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partire dall’estate 2015, viviamo in un contesto finanziario in cui la volatilità ha cominciato ad emergere come fattore destabilizzante sui rendimenti di molti portafogli. In particolare, le strategie basate sulla diversificazione e sulla decorrelazione tra classi di attivo hanno dovuto affrontare con risultati non sempre brillanti un contesto di rotazione settoriale dovuta alla maturità di questo ciclo economico, ed un numero sempre più frequente di sbalzi di emotività sui corsi azio-

nari. A ciò, aggiungiamo il fatto che i rendimenti obbligazionari risultano estremamente compressi, con una larga fetta di rendimenti a scadenza ormai in territorio negativo: la tanto ricercata decorrelazione tra classi di attivo può essere inefficace almeno fintantoché i titoli governativi non torneranno a fornire un cuscinetto di rendimento sufficiente ad attutire la crescente volatilità azionaria. Infine, non possiamo ignorare il larghissimo impatto che le banche centrali stanno dando all’andamento dei mercati finanziari. I mercati azionari dovrebbe-

ro rimanere sostenuti da bassi tassi di interesse, da valutazioni interessanti in rapporto alle obbligazioni e dalle aspettative di un’accelerazione degli utili nel corso dei prossimi 12 mesi. Ma la volatilità potrebbe aumentare. Per affrontare questo contesto, il Gruppo Deutsche Bank ha creato un soluzione adeguata di investimento multi-asset che sia trasparente, semplice, liquida, e poco costosa per il cliente finale, e che unisca le nostre migliori capacità previsionali ad un’attenzione sistematica alla copertura dagli eventi estremi di volatilità.

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FINANZA & FUTURO

In particolare, a fronte della definizione di un budget di rischio esplicito, viene creato un portafoglio investito in azioni, obbligazioni, materie prime e strumenti di liquidità unendo la nostra migliore esperienza nella selezione e gestione di singoli titoli, fondi ed ETF all’acquisto di opzioni listate su mercati regolamentati. La gestione della strategia è sotto la responsabilità del team di gestione discrezionale di Milano, che è pienamente integrato nel processo di investimento globale del Gruppo. Per rendere sistematico ed integrato il lavoro di risk management e definizione delle strategie di volatilità, il team di Milano lavora a stretto contatto con il servizio di Risk-Return Engineering di Francoforte, il quale si occupa di suggerire il metodo più efficiente e meno costoso per coprire costantemente i rischi di portafoglio. Il concetto di “Risk-Re-

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turn Engineering”, che definisce la strategia, è stato scelto per sottolineare l’approccio olistico al rischio che il team di gestioni regionali (tra cui, per l’Italia, Milano) ed il team centralizzato di risk management di Francoforte danno alla gestione del portafoglio: è questa una delle caratteristiche distintive che rendono questo prodotto distintivo nel panorama degli investimenti europei. Il modo migliore per valutare l’efficacia delle strategie di Risk-Return Engineering è osservarne il loro comportamento in momenti di stress. Nell’arco del 2008, una strategia Risk-Return Engineering ha chiuso l’anno a -0,81%, a fronte dell’indice Fideuram Balanced che nel corso del 2008 ha registrato -18,42%, oppure durante la prima parte di quest’anno, quando una strategia Risk-Return Engineering ha registrato, da inizio

anno a fine febbraio 2016, una performance pari a -1,34% a fronte di un -4,27% dell’indice Fideuram Balanced. Quest’ultima strategia, presente in Italia con risk budget al 10%, ha chiuso il 2014 con un risultato pari a 10,71% ed il 2015 con un risultato pari al 3,83%. Da inizio anno a fine settembre, il risultato è pari a +1,68%, a cui la componente di protezione alla volatilità contribuisce da sola per quasi un terzo del risultato. Le metriche principali di rischiosità (da inizio 2014 a settembre 2016) sono le seguenti: Ø Var 99% giornaliero; 1,26% Ø Volatilità annualizzata; 7,74% Ø Sharpe Ratio; 0,70 Ø Max Drowdown con osservazioni mensili; -8,46% Ø Perdita max mensile; -2,91% (Agosto 2015).


FIERA DEL TARTUFO BIANCO NAZIONALE DI ACQUALAGNA COMUNE DI ACQUALAGNA

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30.31. OTT / 1.5.6.12.13. NOV 2016

Info: Ufficio Turistico Comune tel. 0721.796741 Provincia di Pesaro e Urbino MAIN SPONSOR

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STRUTTURE

GRAMAGLIA, DOVE L’ACQUA VIENE COCCOLATA

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a storia della Gramaglia è molto simile a quella di tanti imprenditori marchigiani, di giovani intraprendenti che iniziano la carriera lavorativa come dipendenti e poi decidono di mettersi in proprio e danno vita ad aziende che ancora oggi hanno molto da dire e da dare al territorio. Gramaglia festeggia oltre 35 anni di attività e si colloca sul mercato come specialista nel trattamento della acque. Accanto a questa attività, l’azienda realizza anche piscine con il proprio marchio BluPool Piscine. Gramaglia, in due parole, è specialista nel trattamento delle acque; scendendo più nel concreto, il lavoro consiste essenzialmente nella realizzazione di impianti di trattamento di acque pri-

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marie sia per la potabilizzazione sia per usi industriali dove l’acqua deve avere determinate caratteristiche, ed impianti per il trattamento di acque reflue sia civili che industriali. Gramaglia si considera un’azienda che esaudisce le richieste e soddisfa le esigenze di un mondo che sta cambiando; esigenze di benessere e sensibilità ecologica. L’acqua non è un bene infinito ed anche se sta aumentando la sensibilità delle persone in questo senso, c’è ancora molto da fare soprattutto a livello di istituzioni: tutti gli impianti di depurazione e non solo, richiedono manutenzione costante, aggiornamenti e ristrutturazioni, ma questo spesso non accade, a causa della crisi che ha drenato la liquidità.

Considerando che ogni impianto di depurazione è potenzialmente una bomba ecologica e che non esiste un controllo sugli impianti, diventa fondamentale la responsabilità sociale delle imprese che si occupano degli impianti di depurazione. I punti di forza della Gramaglia sono la consapevolezza di saper fare il proprio lavoro e di farlo sempre al meglio, nonché un’assodata serietà nel lavoro, dimostrato dalle numerose certificazioni che l’Azienda possiede. Gramaglia è anche sinonimo di qualità, di garanzia e di sicurezza, grazie ad oltre 1000 impianti costruiti nel tempo nelle varie tipologie, un servizio di post vendita preparato ed alla consulenza fornita alle aziende.


STRUTTURE

ALCUNI CASE HISTORY: TRATTAMENTO BIOLOGICO ACQUE REFLUE Impianto biologico per il trattamento di acque reflue industriali provenienti da un caseificio. La portata dell’impianto è di ca. 100 m3/h . Le unità di trattamento che compongono l’impianto sono: • grigliatura meccanica fine • equalizzazione • flottazione • denitrificazione • ossidazione • sedimentazione • ispessimento fanghi • disinfezione • scarico.

TRATTAMENTO CHIMICO-FISICO ACQUE REFLUE Impianto chimico-fisico per il trattamento di acque reflue provenienti da una lavanderia industriale (lavorazione prevalente: trattamento e lavaggio jeans). La portata dell’impianto è di ca. 50 m3/h. Le unità di trattamento che compongono l’impianto sono: • grigliatura fine • sollevamento • sedimentazione primaria • equalizzazione e regolazione della portata • flocculazione • sedimentazione finale • ispessimento fanghi • disidratazione fanghi.

TRATTAMENTO CHIMICO-FISICO ACQUE REFLUE Impianto chimico-fisico per il trattamento di acque reflue provenienti da una autofficina e lavaggio di autobus. La portata dell’impianto è di ca. 5 m3/h. Le unità di trattamento che compongono l’impianto sono: • sollevamento • disoleazione • alcalinizzazione • flocculazione • decantazione • rilancio • filtrazione su quarzite • adsorbimento su carbone attivo • ispessimento fanghi • riutilizzo acque scarico.

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FORMAZIONE & COACHING

OLTRE L’OSTACOLO, al via il Networking Day con Zanardi e Gnocchi

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na giornata di formazione ed ispirazione (12 Novembre, San Patrignao) per guardare oltre, imparare a considerare gli ostacoli come tappe verso il successo. Getta il cuore oltre l’ostacolo, tutto il resto lo seguirà Storie di coraggio, esempi di perseveranza, uomini e donne resilienti, imprenditori visionari. Questo è quello che aveva in mente Gianluca Spadoni, creatore del for-

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mat Networking Day – San Patrignano quando ispirato dalla storia di Alex Zanardi ha concepito l’ultima edizione. Spadoni è un imprenditore con una passione per la formazione alla crescita personale e professionale. Un credo così forte da portarlo a soli 18 a decidere di vendere l’agognato motorino per comprare il suo primo corso di formazione. I benefici che ne trae sono talmente

evidenti che si fa subito convinto della centralità dell’investimento formativo. Parallelamenete alla sue imprese contiuna ad approfondire i temi della crecita professionale frequentando i corsi dei migliori trainar in tutto il mondo. Formazione e successo aziednale vanno di pari passo fino a farlo diventare un caso esemplare di questo binomio. Gianluca Spadoni diventa uno dei


FORMAZIONE & COACHING trainer più richiesti dalle aziende Italiane per guidare i propri team al successo. Bologna Business School lo chiama come docente nel primo master in Sales e Markeitng per la sua vasta esperienza e per i risultai del suo metodo. Il Networking Day nasce proprio per portare l’attenzione dei colleghi imprenditori al valore della formazione. Insieme al suo team, Gianluca, ogni anno ricerca persone e personaggi che con la loro storia possano sostenere e dimostrare come l’attenzione alla crescita personale è la giusta chiave di lettura per ottenere risultati che vanno ben al di la della semplice somme dei fattori messi in campo. Il 12 novembre, Gianluca Spadoni intervisterà sul palco di San Patrignano: Alessandra Marzari Vulcanica donna costantemente impegnata su più fronti. Presidentessa di due squadre di Volley (maschile e femminile) nella massima serie. Medico del pronto soccorso. Mamma. Imprenditrice Temuta dai colleghi uomini, rispettata dalle donne. Una sua stretta di mano vale come contratto. Eccellere in condizioni estreme è il suo credo. Non conosce la stanchezza. Divora gli ostacoli.

per le risorse umane. Il suo approccio fa subito breccia nelle multinazionali più attente al capitale umano. Consulente per, Zurich Assicurazioni, Swatch Group e Gruppo Gucci. Abbattere gli ostacoli alla propria realizzazione. Stefano Mocellini Ha una naturale inclinazione per la velocità e la sua visione per il business si può definire illuminata. Questa propensione verso l’innovazione digitale l’ha portato ad affrontare la sua più importante sfida: la creazione di un’agenzia multiculturale, specializzata in e-commerce per il mondo della moda. “L’innovazione ha sempre una direzione biunivoca ed è strettamente legata all’usabilità e al servizio che viene dato all’uomo” Alex Zanardi Con la sua storia e le sue imprese sta smantellando la percezione del concetto di ostacolo. “Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa”.

Da quel momento inizia una nuova vita che ha del leggendario. La sua capacità di racconto coinvolge chi lo ascolta e impone importanti riflessioni. Una rarissima occasione per assistere ad un suo speech dal vivo subito dopo i trionfi di Rio. Un 50enne con lo sguardo da ragazzino e una incrollabile gioiosa voglia di sfide. Un uomo che ha fatto degli ostacoli la sua ragione di vita. Il suo personale motore. Possiamo dire che “Ci sono occasioni rare ed occasioni uniche Il 12 novembre sarà unico ed irripetibile” Ogni relatore condividerà visione e pensieri sulla idea di ostacolo. Per far si che il giorno dopo si guardi agli ostacoli con occhi diversi, con spirto sfidante, il cuore sarà già oltre e tutto sarà più relativo. Come abitualmente chiude i suoi apprezzati speech Gianluca Spadoni: “Se hai fiducia, il meglio per te deve ancora venire”.

Nicoletta Todesco Dopo la laurea in psicologia decide investire le sue energie in percorsi di formazione internazionali sulla crescita personale e professionale. La passione per il suo lavoro e il piglio da imprenditrice la portano a fondare la sua società di consulenza

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FORMAZIONE & COACHING

UN BUCO FORMATIVO : diventare venditori ha una genesi ben precisa

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uella del venditore è una “non professione”. Se ci riflettiamo un attimo, non esiste in Italia, nessun percorso formativo che formi alla vendita. In realtà il problema è ancora più a monte. E’ culturale. La professione del venditore non è nemmeno annoverata tra le opzioni di carriere proposte ad un qualsiasi giovane in cerca di orientamento al proprio futuro lavorativo. Si diventa commerciali per esclusione. Quando tutte le chance sono state provate e non hanno dato luogo a nulla di stabile e soddisfacente. Avviene dunque che spesso non sia una scelta di vita. A risentirne sono sicuramente le performance. A questo punto si innesca un vero e proprio circolo vizioso per cui la carriere che non ho scelto non porta risultati e la mancanza di soddisfazioni conduce a demotivazione che a sua volta influisce sulle vendite, Un disastro. Si rinforza l’idea che la vendita non sia un lavoro parimenti dignitosi a qualsiasi altro mestiere. Eppure, la vendita è il motore propulsore dell’economia e nella storia è stato il motivo che ha spinto l’uomo a viaggiare, ad aprire relazioni ad inventare e così via. Come sappiamo la maggior parte del-

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le imprese italiane ha dimensioni piccole e medie, quindi, spesso lo stesso imprenditore era ed è il commerciale della azienda. Chi meglio di lui conosce il prodotto e le dinamiche produttive? Lui il centro relazionale. Il brand della azienda è aderente alla reputazione dell’imprenditore. Questo schema aggrava la classica situazione a “collo di bottiglia”. L’imprenditore sovraintende a tutte le funzioni aziendali. Le situazioni di stress organizzativo si moltiplicano. Affidare la vendita a qualcuno, delegare completamente le strategie commerciali è un salto complesso. In genere si guarda a risorse interne confidando che conoscenza del prodotto e della azienda siano una garanzia. La formazione alla vendita e alla costruzione di relazioni commerciali durature è affidata alla esperienza all’auto apprendimento. Quando si decide di affidarsi ad una risorsa esterna, la diffidenza la fa da padrone. Si propongono condizioni economiche ed inquadramenti da “mercenario”, un breve periodo formativo sulla produzione ed una augurio di buona fortuna. Poi stranamente i budget non vengono raggiunti. Le aziende prendono sempre più coscienza della centralità della funzione commerciale e della necessaria atten-

zione che essa esige, selezione di figure ad alto potenziale, formazione continua tecnica e motivazionale alla vendita. Negli ultimi anni si sono sensibilizzati anche i liberi professionisti. Avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri. Infatti, in un mercato sempre più affollato ed indifferenziato ed in un regime di contrazione di spesa per l’ingaggio di professionisti è necessario padroneggiare le logiche del marketing ed essere capaci di essere commerciali per non rimanere tagliati fuori dalla competizione. Non è più possibile considerare il vendere un mestiere da improvvisare. Esiste una amplissima offerta formativa. La questione è: saper scegliere. Il team di Evolution Forum suggerisce: 1. Dotarsi di un piano strategico commerciale 2. Selezionare figure interne o esterne all’azienda cui affidare l’attuazione del piano ad alto potenziale 3. Predisporre un piano formativo per sviluppare competenze in vendita, negoziazione e fidelizzazione. 4. Pianificare un aggiornamento costante sia tecnico che motivazionale “il processi di vendita è una sequenza di sue momenti. Primo, devi educare te stesso. Poi, devi educare il cliente” Cit. Tom Hopkins.


SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA

speciale

Formazione

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SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA

“LA SPINTA GENTILE” Una nuova filosofia di governance politica

di Mario Becchetti Management Academy Sida Group - Area Marketing e Comunicazione

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a “spinta gentile“, in inglese “nudge”, è una nuova filosofia di intervento delle strategie e delle decisioni pubbliche che cerca di superare la fase post-ideologica che sta trasformando l’economia, la società ma anche la politica. E’ stata pensata da C. Sunstein, consulente della Casa Bianca Usa, e R.

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Thaler, professore dell’Università di Chicago. In poco tempo si sta diffondendo il suo approccio pragmatico e di buon senso. Si sta vivendo, infatti, una fase caratterizza da due fenomeni profondi e concatenati: la crisi della politica e la diffusione dei cosiddetti populismi. Brexit ne rappresenta un esempio

eloquente, così come l’emergere in tutta Europa di movimenti politici non ancorati ai tradizionali riferimenti ideologici del XX Secolo. Tuttavia, non si può fare a meno della buona politica, anche nella società moderna che è sempre più liquida, globale e digitale. Ce lo ricorda Aristotele quando scrive nella sua opera Politica che “la


SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA polis esiste per natura, e che l’uomo è per natura un animale della polis”. Il ruolo e la funzione della politica sono certificati anche dai nostri padri costituenti nell’art.49 della Costituzione: “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a terminare la politica nazionale”. Diventa così strategico promuovere i “fondamentali” della buona politica del XXI Secolo, anche secondo nuovi modelli di pensiero e orientamento. Questa esigenza è forte e presente non solo in Europa, ma anche nell’alta sponda dell’Atlantico, dove si assiste ad una campagna presidenziale fortemente ancorata a temi populisti. In questa solco si inserisce la “spinta gentile”, nata proprio negli USA, per sintetizzare i principi di un nuovo “paternalismo libertario” del XXI Secolo, che dovrebbe guidare politiche di intervento delle istituzioni pubbliche basate non tanto su obblighi e divieti, bensì su incentivi e pungoli a favore di cittadini, famiglie e imprese. La spinta gentile non è un orientamento politico di natura ideologica. E’ una forma di scienza delle scelte: per questo il Premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman, uno psicologo, ha osservato che la spinta gentile “migliorerà le nostre decisioni”. Nudge parte dall’assunto che operiamo in contesti di razionalità limitata. Nella teoria economica classica l’homo oeconomicus era un agente che compiva scelte perfettamente razionali, perché si riteneva che avesse la capacità di valutare esattamente informazioni, dati ed alternative decisionali per massimizzare la propria utilità. Così facendo massimizzava anche il benessere della comunità. Ma la realtà è un’altra: ognuno di

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noi opera in contesti di “razionalità limitata”, perché la complessità del cambiamento della società liquida, globale e digitale rende sempre più difficile riuscire a fare previsioni e adottare scelte comportamentali massimizzanti il benessere, sia personale che collettivo. Oggi, ad esempio, l’evoluzione digitale della società globale rende i rapporti tra cittadini, opinione pubblica e governanti molto più diretti e influenzabili dalle scelte concrete di governance. La spinta gentile si presenta così come filosofia di governo quanto mai efficace perché orientata al pragmatismo delle soluzioni in un’epoca post-ideologica. Per il paternalismo libertario, quindi, si apre lo spazio per un’azione di influenza del settore pubblico, che tuttavia non deve essere invadente e invasiva: deve solo sviluppare una “spinta gentile”, senza vincoli e obblighi eccessivi, offrendo soprattutto pungoli, incentivi e opportunità a cittadini, famiglie e imprese. E’ una forma di paternalismo perché non nega la necessità di un’azione di governo del settore pubblico volto ad influenzare le decisioni dei singoli. Ma è libertario, perché non si impone nulla e salvaguardia la libertà di scelta individuale, prevedendo solo pungoli e incentivi, non obblighi, a favore di comportamenti ritenuti virtuosi per la crescita, la coesione e la sostenibilità della comunità. Il fondamento teorico di partenza di questo orientamento è che il settore pubblico deve svolgere una funzione di “architetto delle scelte”, con la responsabilità di organizzare e promuove il miglior contesto possibile nel quale gli individui prendono le decisioni, incentivandoli su temi di virtuosità e best practices compor-

tamentali. Ma lasciando ai cittadini la libera valutazione e possibilità di scelta. Per questi motivi il paternalismo libertario è un modello di pensiero che si inserisce tra un approccio statalista, che ritiene che solo un pesante intervento statale possa migliore le condizioni di vita sociali, ed uno mercantile, che lascia alla libera ed autonoma relazionalità degli individui il compito di massimizzazione del benessere collettivo. In questa prospettiva la spinta gentile offre anche una risposta rispetto alle problematiche del ridimensionamento dell’apparato pubblico: con il paternalismo libertario il pubblico non viene smantellato, come chiedono i sostenitori più accesi del libero mercato, ma riorientato su funzioni di regolazione incentivante, richiedenti comunque un minore impegno in termini di risorse umane, strumentali e finanziarie. Se gli incentivi e i pungoli si sostituiscono ad obblighi e divieti in molti settori, infatti, la pubblica amministrazione potrà essere al tempo stesso più piccola e di qualità. La spinta gentile e il paternalismo libertario, dunque, mirano alla qualità dell’intervento pubblico, ossia ad un’attività di governo migliore e non a un’attività di governo più invadente. Richiede anche un’intensa azione formativa e di diffusione per il suo sviluppo. Il paternalismo libertario si presta così ad essere il fondamento teorico ed operativo per una politica bipartisan, non basata su rigide visioni e contrapposizioni ideologiche, fortemente orientata alla soluzione dei problemi concreti della comunità, con un approccio pragmatico e funzionale di “spinta gentile”.

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LA FORMAZIONE POLITICA IN CINA: ANALISI E CURIOSITA’ di Alessandro Massi Management Academy Sida Group - Area Finance e Risk Management

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uando si parla di Cina di norma ci assale sicuramente una certa curiosità circa un mondo che solamente negli ultimi tempi ha aperto le proprie porte raccontando il suo modo di pensare e i suoi valori. Maggiore è la curiosità se si ha l’ambizione di porre l’attenzione su un aspetto ai più sconosciuto o perlomeno poco indagato, vale a dire sul percorso formativo e di carriera degli uomini politici in Cina. Chiaramente slegando il discorso dalla forma di Governo Cinese, ben nota e sicuramente lontana dal nostro concetto di democrazia, presenta notevole interesse la modalità di scelta che viene operata nell’unico partito esistente ed in particolare la modalità di crescita degli stessi. E’ la Lega della Gioventù Comunista Cinese la principale organizzazione politica giovanile della Repubblica Popolare Cinese, la quale svolge il compito di formare le nuove generazioni indottrinandole su ciò che concerne i valori rivoluzionari e gli ideali comunisti. Per capire la portata dell’organizza-

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zione e dell’importanza che riveste nella società cinese basta dire che nel 2007 contava quali iscritti più di 73 milioni di giovani e molti degli attuali esponenti politici ne hanno fatto parte tra cui ad es. l’attuale Presidente, nonché segretario generale del partito Xi Jinping ed il suo predecessore Ju Hintao, il quale sotto la sua gestione della Lega giovanile diede avvio ad un processo che ha portato sempre più i giovani che si sono formati in questa organizzazione a ricoprire ruoli nel Comitato Centrale o come funzionari di partito nelle principali città. Chiaramente questa organizzazione giovanile oltre che svolgere il ruolo di centro educativo svolge anche un ruolo di selezione stessa dei potenziali futuri dirigenti, in quanto non tutti riescono poi ad accedere alle cariche del Partito Comunista Cinese. Ciò che risulta di notevole interesse è senza dubbio una similitudine che si riscontra tra i politici cinesi e quelli degli altri paesi, in particolare la vocazione per la politica fin dalla giovane età, segno che una componente fondamentale sono le cosidette “Soft Skills” che connotano la figura politica.

Leadership, capacità organizzative e di costruzione di un team, resilienza, senso di responsabilità sono elementi fondamentali che debbono completare il profilo di coloro che ambiscono a guidare qualsiasi organizzazione che sia aziendale o politica. Molti non riescono a metterle a frutto, sono proprio i centri educativi che hanno il compito di far crescere la personalità della figura, la quale poi deve sicuramente ed in maniera consigliabile fare il giusto percorso dal basso, la cd. “gavetta” per formarsi e consolidare la sua posizione. Nei politici cinesi, la crescita dal basso appare come una condizione imprescindibile per poter avere i gradi a dimostrazione di una capacità di crescita e di assunzione di nuove responsabilità. Il legame con il territorio diventa una palestra dove gli stessi si mettono in mostra nei confronti dei capi del partito, d’altronde non potrebbe essere il contrario vista la complessità delle problematiche circa lo sviluppo di zone interne della Cina dove la maggior parte della popolazione vive in condizioni di notevole difficoltà rispetto ai grandi centri produttivi.

A CURA DI


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“RESPONSABILITÀ E CORAGGIO: ECCO IL POLITICO DEL 2020” Il sottosegretario alle Politiche e agli Affari Europei Sandro Gozi delinea la figura e la mission della nuova classe dirigente politica. Dalla formazione scolastica a quella esperienziale acquisita sul campo. Il politico del futuro deve essere fortemente connesso nel presente e avere una visione d’insieme. di Andrea Maccarone

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a formazione per un politico è molto importante. Ma dal percorso scolastico a quello che normalmente avviene nella fase di rifinitura della propria predisposizione tematica, il politico deve compiere dei passi importanti. C’è chi comincia fin da giovanissimo nelle sezioni del partito. Chi invece, da indipendente, sceglie di seguire un iter amministrativo che parte dal consigliere comunale fino, man mano, a salire di livello. Il che, poi, non è neanche detto che avvenga. Altri, invece, scelgono di formarsi nelle scuole apposite, ma che il più delle volte sono gestite dagli stessi partiti. E quindi si finisce per riceve-

re un impronta parziale. Poi esistono anche dei master in formazione politica, che mettono in campo una grande competenza dei docenti e, di sicuro, mantengono un approccio super partes. Ma l’esperienza, quella fatta sul campo, nei grandi contenitori dove la politica non viene architettata nelle sue strategie, bensì vi gravita a più livelli, è il percorso che meglio può aiutare a tratteggiare le tante caratteristiche che dovrebbero andare a comporre la figura del politico competente e completo. Non basta, quindi, aver concluso il ciclo di studi fino al livello universitario. Per avere una visione d’insieme ampia e flessibile, occorre aver fatto esperienze all’este-

ro ad esempio. Oppure misurarsi con il mondo delle docenze, attraverso cui si impara a comunicare al meglio intenzioni e teoria. Ne sa qualcosa il Sottosegretario alle Politiche e agli Affari Europei, Sandro Gozi che dopo la laurea in legge conseguita a Bologna si è spostato a Parigi, dove ha studiato e poi insegnato alla Sorbona e a Sciences Po. Altre capitali europee dove si è trasferito: Londra, Berlino e naturalmente Bruxelles, dove ha vissuto a lungo. Nel 1995 ha vinto il concorso per la Carriera Diplomatica e ha lavorato al Ministero degli Affari Esteri. Nel 1996 ha iniziato a lavorare alla Commissione Europea a Bruxelles. Dal 2000 al 2004, invece, ha avuto

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Sandro Gozi Sottosegretario alle Politiche e agli Affari Europei

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SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA il prestigio e l’onore di lavorare con Romano Prodi quando era presidente della Commissione Europea, e poi con Josè Manuel Barroso. Infine nel 2006 è arrivata l’occasione di entrare in Parlamento. E nel governo Renzi la delega a Sottosegretario alle Politiche e gli Affari Europei. <<Chi immagina un percorso in ambito istituzionale deve sapere che non si smette mai di studiare, per essere aggiornati sui cambiamenti giuridici e politici, e naturalmente su quelli socio-economici – spiega il sottosegretario - di conseguenza, oltre al proprio bagaglio di studi, occorre costruirsene un altro nel momento stesso in cui si arriva ad avere un ruolo istituzionale>>. Formazione e preparazione sono i cardini fondamentali per la classe dirigente. Oggi lo scenario appare abbastanza frastagliato, ed in passato alcuni cattivi maestri hanno fatto sembrare lo “scranno” un luogo di arrivo dove rappresentare correnti e correntine, piuttosto che rappresentare i cittadini e gli elettori. Per riuscire a correggere, oggi, il tiro, come si dovrebbe realmente strutturare una nuova classe politica? <<Prima di tutto, i “cattivi maestri” ce li ricordiamo non solo perché hanno insegnato male ma perché hanno occupato lo scranno troppo a lungo. Non è un discorso populista o demagogico: la politica consuma tante risorse e tante energie, per cui il mio consiglio è di fare tante esperienze di vita pubblica di cui la politica in prima persona sia solo una delle tante. Dobbiamo incoraggiare i più giovani a cercare strade nuove e innovative – penso agli scambi con l’estero o al servizio civile -, perché arriveranno più preparati e motivati alla politica>>. Lei conosce molto bene il mondo della

formazione europea: in che cosa si differenzia dal nostro operare nella formazione politica? E quali sono, se ci sono, i punti di forza o le strategie giuste e vincenti che a noi italiani mancano per formare una classe dirigente politica di alto livello? <<Credo che un primo elemento fondamentale sia quello del ricambio. Tutti i più grandi leader politici europei si sono formati, hanno giocato la propria partita, hanno vinto o hanno perso, e a un certo punto si sono fermati e hanno fatto altro. Iniziamo a formare i nostri giovani con questa idea. Poi ci sono tanti aspetti su cui insistere: per il mio lavoro, non posso che citare l’esempio della formazione europea. Per chiunque voglia fare politica al giorno d’oggi, conoscere meccanismi e funzionamento dell’Unione Europea è fondamentale. Tanto per il consigliere comunale quanto per il parlamentare>>. Può delineare il ritratto del politico del 2020? Caratteristiche, vision, attitudine. Come dovrebbe essere il politico che condurrebbe l’Italia verso un futuro lontano dagli ultimi anni di crisi economica, dei valori e soprattutto della politica? <<Il politico del 2020 deve aver studiato, deve conoscere le lingue e possibilmente dovrebbe aver svolto nella sua vita programmi di studio o lavoro all’estero. Non ci si inventa politici dall’oggi al domani, per questo servono formazione e conoscenza del contesto in cui ci troviamo. Ci sono due parole chiave che spiegano tutto ciò: responsabilità e coraggio. Responsabilità vuol dire lavoro e trasparenza; coraggio significa non aspettare un’investitura dall’alto ma giocare la propria partita senza timori reverenziali e senza paura di prendere decisioni scomode>>.

La scuola, le Università, sono preparate a formare lo studente anche verso un percorso di inserimento nel mondo delle istituzioni politiche? <<A mio giudizio, non completamente. Basti pensare che in molte facoltà di Legge o Scienze Politiche il corso di diritto dell’Unione Europea è ancora facoltativo, a 25 anni dai Trattati di Maastricht! Aggiungo inoltre che la formazione per il mondo delle istituzioni non può non tenere conto della trasformazione della realtà: le connessioni pubblico/privato sono una caratteristica della nostra società, mentre chi esce anche dalle migliori università ne sa poco o nulla>>. Negli ultimi 20 anni si è assistito ad un progressivo allontanamento dei giovani dal mondo della politica. Non crede che le tante scuole di formazione politica dovrebbero prima di tutto tornare in mezzo alla gente per recuperare una o più generazioni lasciate in balia degli eventi e soprattutto poco informate? In questo, il marketing quanto è importante in politica? <<Sono convinto che la formazione politica abbia un futuro solo se riesce a stare alla frontiera, sia da un punto di vista ideale – quindi spingendo ragazze e ragazzi a interrogarsi sulle più recenti sfide della nostra società – che da un punto di vista pratico: andare a portare la formazione anche in quelle realtà meno note e più periferiche è un segno di attenzione verso i territori e dimostrazione che la politica vuole ricucire il rapporto coi propri cittadini dopo questi anni tormentati. Comunicazione e marketing sono strettamente intrecciate: per molto tempo sono state considerate a torto tematiche di serie B, ma io credo che un politico del terzo millennio non possa fare a meno di nessuna delle due>>.

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LA PASSIONE “STRATEGICA” DELLA CINA PER IL CALCIO Un esempio della governance cinese di pianificazione strategica di medio lungo periodo e del ruolo del calcio nel progetto di sviluppo economico. di Alessandro Stecconi Management Academy Sida Group - Divisione Corporate Finance

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elle ultime due sessioni di mercato le squadre della Chinese Super League e della China League One, rispettivamente la prima e la seconda divisione del campionato di calcio cinese, hanno speso complessivamente più di 250 milioni di euro solo per acquistare nuovi giocatori, molti dei quali dall’Europa e dal Sud America. L’anno scorso il totale dei soldi spesi dalle

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squadre cinesi nelle due sessioni di mercato non superava i 170 milioni di euro e l’anno prima ancora non era andato oltre i 100. Solo in quest’ultima sessione di mercato le squadre cinesi hanno acquistato diversi forti calciatori da squadre europee e sudamericane: molti di questi giocatori, inoltre, non sono considerati ancora a fine carriera (come era accaduto per esempio per i trasferimenti di Didier Drogba e Nicolas Anelka

qualche anno fa), e sono stati pagati per l’intero valore del loro cartellino. Le squadre cinesi hanno acquistato anche giocatori del campionato italiano: la Roma ha venduto all’Hebei China Fortune l’attaccante ivoriano Gervinho per circa 18 milioni di euro e l’Inter ha venduto allo Shanghai Shenhua il centrocampista Freddy Guarin per 13 milioni. Nell’ultimo mese si sono trasferiti in Cina anche Ramires del Chelsea (per 28 milio-


SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA ni), Renato Augusto del Corinthians e Stephane Mbia dal Trabzonspor. L’ultimo è stato Jackson Martinez, ex attaccante di Porto e Atletico Madrid, che si è trasferito al Guangzhou Evergrande per circa 40 milioni di euro. L’aumento significativo dei soldi spesi dalle squadre cinesi negli ultimi tre anni è dovuto principalmente a due cause: l’interesse delle aziende più ricche del paese nato dalla vittoria del Guangzhou nella Champions League asiatica e l’interesse ancora più forte del governo per il ruolo del calcio nella società cinese. Prima del 2013 il cal-

le stagioni precedenti non andavano oltre i cinque milioni di euro). Allo stesso tempo altre aziende cinesi hanno stretto accordi pluriennali con le squadre di calcio per le forniture e per gli sponsor secondari. I profitti delle due leghe principali hanno cominciato a essere regolarmente ridistribuiti ai club: nel 2014 le squadre di prima divisione hanno ricevuto tre volte la cifra incassata due anni prima. Oltre agli sponsor sono aumentati anche gli spettatori. Nell’ultima stagione della Super League il numero di spettatori è cresciuto del 16 per cento

cio cinese era sostenuto praticamente solo dai proprietari delle squadre. Mancava una solida organizzazione e accordi di sponsorizzazione redditizi e duraturi, sia per le squadre che per le leghe. Nel 2014, l’anno successivo alla vittoria dell’AFC Champions League da parte del Guangzhou, la Super League ha incassato circa 50 milioni di euro grazie a nuovi accordi di sponsorizzazione (gli accordi nel-

rispetto all’anno precedente. Le partite di campionato sono state viste in media da 22 mila spettatori e il Guangzhou Evergrande ha registrato più di 45 mila spettatori a partita. Nei primi mesi del 2015, il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato un piano decennale per potenziare le strutture calcistiche, per aumentare la popolarità del calcio tra i ragazzi e per far crescere circa diecimila calcia-

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tori in più ogni anno. Il calcio sarà incluso nei percorsi scolastici ed entro il 2017 il governo provvederà alla costruzione delle strutture d’allenamento per tutte le scuole che ne avranno bisogno, circa ventimila. Uno dei freni allo sviluppo del calcio in Cina è stato per anni l’atteggiamento delle famiglie cinesi verso questo sport, considerato una perdita di tempo per i ragazzi impegnati a studiare o a lavorare. Nei piani del governo l’integrazione del calcio fra le discipline scolastiche favorirà notevolmente la sua accessibilità ai ragazzi in tutto il paese. Il governo ha annunciato inoltre che presenterà la propria candidatura per l’organizzazione di un’edizione della Coppa del Mondo e che costruirà circa 50 mila campi sportivi in tutto il paese. I club sono stati incentivati ad investire e nei prossimi mesi diverse compagnie statali inizieranno a finanziare direttamente le società. Ma cosa c’entrano gli investimenti privati, Milan e Inter ad esempio, in tutto questo? C’entrano. Non è un caso infatti che i magnati cinesi siano penetrati in Inghilterra e Spagna, i principali campionati, e ora puntino all’Italia. Stanno studiando, infatti, le maggiori tradizioni calcistiche per farne tesoro in patria. Lo sviluppo del calcio sta seguendo lo stesso modello dei settori industriali cinesi. Stanno acquisendo aziende e lavoratori stranieri per migliorare le competenze dei loro. Il sogno di Xi Jinping e di tutta la nazione di conquistare un giorno la Coppa del Mondo non va infatti visto come una semplice velleità sportiva ma come una profonda opera psicologica e una fondamentale tappa per lo sviluppo della nazione.

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SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA

IL CASO “FLORICOLTURA CINESE” L’influenza del sistema politico cinese sul settore florovivaistico di Rosaria Mestichelli Management Academy Sida Group - Area Agroalimentare

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ra i paesi con le maggiori estensioni sia di fiori, sia di piante, alberi e arbusti, oltre agli Stati Uniti, al Canada e all’UE, già da diversi anni vi sono la Cina e l’India che presentano superfici estese per la coltivazione di fiori e, nel caso della Cina, anche di piante in vaso. La destinazione di queste produzioni tuttavia è in prevalenza rappresentata dal bacino interno di autoconsumo, anche se entrambi i paesi presentano flussi di esportazioni crescenti. Il valore della produzione mondiale dell’aggregato fiori e piante in vaso (escluso il vivaismo) era stimato, recentemente pari a 24 miliardi di euro di cui il 42% riguarda la UE (10 miliardi di euro). Solo alla Cina, nel 2012, le viene attribuito un valore per la produzione di fiori e piante pari a 5 miliardi di euro, il doppio di quella dei Paesi Bassi. Le stime recenti sulle superfici di alcuni player mondiali indicano per la Cina, nel 2012, 160 mila ettari coltivati a fiori e piante, in crescita rispetto ai 121 mila del 2008, per gli Usa quasi 19 mila ettari, in flessione rispetto ai quasi 23 mila del 2008, e circa 19 mila del Giappone. In Europa la superficie dedicata ai fiori e alle piante è pari a 90 mila ettari

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(2010), con una superficie media di 1,4 ettari. Per quanto riguarda il caso specifico della Cina, sono molte le attività di informazione e divulgazione promosse da produttori e commercianti per favorire l’esportazione e lo sviluppo a livello mondiale. Queste hanno visto coinvolta anche la nostra nazione con delegazioni di produttori italiani che hanno partecipato a riuscite missioni in Cina per discutere delle opportunità commerciali e di sviluppo di prodotti, come ad esempio il congresso internazionale della camelia e la fiera Agriflor China. La provincia dello Yunnan è la regione più importante per la produzione di fiori e fronde recise ed ha anche una fiorente produzione di piante in vaso ornamentali (specialmente orchidee), semi, bulbi e giovani piante. Sono molti gli enti che cooperano alla riuscita dei sistema florovivaistico cinese come il locale CCPIT (China Council for the Promotion of International Trade - Consiglio Cinese per la Promozione del Commercio Internazionale) ed il Kunming International Trade Centre ovviamente coordinate dalle autorità governative provinciali. Tali collaborazioni si estendono principalmente verso l’Olanda e

la Germania la quale sta registrando una notevole espansione del commercio ortoflorovivaistico con la Cina. Il Ministero dell’agricoltura tedesco e la ZVG (Associazione Centrale per l’Ortoflorovivaismo) puntano ai loro interessi commerciali focalizzando l’interesse specialmente a controllo climatico, serre, macchine seminatrici e invasatrici e tutte le misure di attrezzature per la produzione meccanizzata. E’ sorprendente come, per quanto sia basso il costo della manodopera in Cina, si vadano cercando attrezzature per la produzione automatizzata; questo, però, è in linea con l’obbiettivo di ottenere una produzione intensiva, utilizzando la minima quantità possibile di terra (solo il 14% della terra cinese è arabile). Tutta l’attenzione posta dal governo cinese al settore dimostra quanta attenzione viene riservata all’economia di un settore, quale visione strategica, quale azione di orientamento e di coordinamento di sostegno. La globalizzazione è a fondamento della loro attenzione alla competitività e alla costruzione diretta a livello mondiale, attività che costituiscono un esempio del ruolo politico di uno stato.

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SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA

QUANDO IL MARKETING LO FA IL PARTITO Comunicazione istituzionale ai tempi del web, parla il senatore e docente Verducci. «Il Fertility Day? Un boomerang, un esempio di cosa non fare. Comunicare male fa perdere credibilità al messaggio pubblico». di Emanuele Garofalo

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a politica spettacolo brevettata in Italia da Silvio Berlusconi e dalla sua Mediaset sembra roba di un’era geologica fa, in tempi in cui i talk show crollano nell’audience, gli elettori fuggono dalle urne e l’unico leader seguito dal pubblico pare il macchiavellico Kevin Spacey in House of Cards. È anche la fine della comunicazione pubblica? No, e a ricordare l’importanza di una corretta comunicazione della attività del Palazzo è stata la furiosa reazione del

popolo dei social alla campagna del Fertility Day del ministro Lorenzin. «È stato un boomerang enorme per il Ministero, un esempio da manuale su come non fare comunicazione istituzionale. Come per il marketing commerciale, anche per la politica e le istituzioni comunicare bene significa aumentare di credibilità, comunicare male è una perdita di credibilità» commenta Francesco Verducci, senatore Pd, docente e ricercatore di sociologia dei fenomeni politici all’Università di Macerata, già responsabile

comunicazione di Ds e Pd. Verducci, partiamo dal caso clamoroso del Ferility Day. Cosa è andato storto? Nella comunicazione è sempre fondamentale centrare il messaggio. In questo caso, un tema fondamentale come quello del rilancio demografico del Paese, un tema fondamentale in tutta Europa, è stato trattato con una campagna totalmente sbagliata perché non in sintonia con la società, utilizzando messaggi moralistici, un atteggiamento negativo nei confronti

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SPECIALE FORMAZIONEPOLITICA della donna, ripercorrendo stereotipi, con in più grossolani errori tecnici, come l’uso di immagini vecchie e già utilizzate. Davvero da dimenticare. È stata una mancanza di attenzione verso la comunicazione? Non credo, la campagna è stata fatta da professionisti, però è stata completamente sbagliata, supponente. Una buona regola da seguire per una efficace comunicazione pubblica? Per il messaggio politico e istituzionale vale la stessa regola del marketing commerciale: se il prodotto, quindi il messaggio, è valido, allora sarà avvantaggiato da una buona comunicazione. Viceversa, non basterà comunicare un prodotto o un contenuto che non funziona. La regola aurea resta comunque farsi comprendere, essere semplici. Il caso Fertility Day ha anche mostrato tutta l’aggressività e le difficoltà nell’usare i social. I social media fanno in modo che tutti noi siamo sempre connessi, viviamo in un grande talk permanente dove tutto viene amplificato e anche la capacità di critica è molto più forte del passato. Gli errori vengono evidenziati con maggiore nettezza e amplificati. I social media però sono fondamentali per tutto il marketing commerciale e per la comunicazione politica, perché permettono una cosa che in tempi precedenti non veniva utilizzata in modo così scientifico: la targettizzazione del pubblico, la capacità di profilare il proprio interlocutore, di sapere con chi si sta parlando, chi si vuole raggiungere e quindi raggiungerlo con il mezzo e con il messaggio più adatto. Qual è invece per lei un esempio di effi-

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cace comunicazione istituzionale? Il governo ha fatto un grande sforzo di trasparenza con il proprio sito. È un buon esempio di comunicazione istituzionale, molto innovativo, accessibile e con tante informazioni. Sono queste le cose principali da offrire al tempo del web: accessibilità, tag per riuscire a trovare presto i contenuti, e poi i servizi. In questi mesi il dibattito sarà occupato dalla campagna referendaria, Renzi ha già ammesso di aver fatto un errore personalizzandola. Quale campagna si aspetta? Penso che la campagna referendaria vada sdrammatizzata e depoliticizzata. Oggi viene vissuta come un appuntamento sulla classe politica, quando invece è un appuntamento che riguarda l’Italia. Renzi ha sbagliato mesi fa a personalizzare, dopo di che non ci stiamo liberando di questa

personalizzazione perché i suoi avversari continuano a proporla in maniera parossistica, il fronte del No è unito dalla avversità al presidente del Consiglio. Il modo migliore di comunicare questo referendum è far capire i contenuti della riforma, in modo semplice e nel merito. Semplificare troppo non è rischioso, per un tema complesso come una riforma costituzionale? Certo, è un rischio, ma la comunicazione vive di questo, la semplificazione è decisiva. Pensiamo alla forma più estrema di semplificazione, la televisione, un mezzo iconico, dove l’immagine conta più della parola. È un mezzo che è già di per sé messaggio, diceva il sociologo McLuhan. Nella televisione il rischio della semplificazione non può essere aggirato, va affrontato con un corretto comportamento deontologico.


POLITICA&TERRITORIO

IMPRESE 4.0, IN ARRIVO LA LEGGE REGIONALE Economia circolare, produzioni virtuose e tutela dell’ambiente. Così l’impresa del terzo millennio è stata presentata dall’assessora Bora e dal presidente del consiglio regionale Mastrovincenzo agli Open Days di Bruxelles.

di Alessandra Monticelli

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e Marche agli Open Days di Bruxelles si candidano a regione pilota per le strategie di Economia 4.0. L’assessora Manuela Bora e il presidente del consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo lanciano la legge sull’industria del futuro. <<Abbiamo tutte le potenzialità per candidarci in Italia a regione pilota – ha spiegato l’assessora regionale alle attività produttive – per lo sviluppo di una strategia di supporto alle imprese che, successivamente, può essere estesa a livello nazionale ed europeo>>. <<Inseriremo nella proposta di legge anche il tema dell’economia circolare – ha proseguito Mastrovincenzo – al fine di incentivare le imprese più virtuose>>. E proprio nella mattinata di oggi (giovedì 13 ottobre) l’assessora regionale alle attività produttive ha partecipato all’incontro sul tema della Circular Economy, organizzato

dal gruppo europeo Socialists and Democrats. <<L’economia circolare va oltre l’intenzione di salvaguardare l’ambiente – ha affermato Manuela Bora – ma si pone l’obiettivo di creare un approccio diffuso che abbandona il concetto lineare di produrre, consumare e scartare in virtù dell’applicazione di metodi circolari basati sul ridurre, ri-usare e riciclare>>. INDUSTRIA 4.0 Innovazione e internazionalizzazione. Questi gli asset principali su cui l’impresa del futuro dovrà fondare il proprio piano di sviluppo. E per raggiungere livelli di digitalizzazione tali da poter stare al passo dei mercati esteri, la Regione, tramite i fondi europei, metterà a disposizione 2 milioni di euro per il biennio 2017-2018 da distribuire tramite appositi bandi destinati alle Pmi che meglio concretizzeranno i processi di innovazione.

La proposta di legge sarà presentata entro fine anno, e potrebbe entrare in vigore già dall’anno prossimo. Quindi il messaggio è chiaro: riciclo e nuovi modelli di sviluppo grazie alle tecnologie più avanzate. Il digitale, in questo, è un patrimonio che le Pmi dovrebbero utilizzare in tutte le sue potenzialità. E poi l’internazionalizzazione, ovvero affrontare nuovi mercati con una marcia in più. <<Ma per far sì che tutto ciò si realizzi – continua Mastrovincenzo – abbiamo bisogno di una maggiore semplificazione dei sistemi. Le imprese non hanno bisogno soltanto di risorse economiche, ma anche di una maggiore semplificazione>>. Siamo ormai entrati nella quarta rivoluzione industriale, se ne parla da tempo. <<Ed è su questo importante principio che dobbiamo individuare quattro direttrici principali – segue Manuela Bora – ovvero: utilizzo dei Big Data, utilizzo dei dati

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POLITICA&TERRITORIO analitics, interazione uomo-macchina, trasformazione dal digitale al reale>>. Il settore su cui si potrebbe sperimentare maggiormente è il manifatturiero, proprio perché per stare al passo coni tempi deve utilizzare nuovi strumenti digitali, ma allo stesso tempo può usufruire di un’economia di riciclo. <<La Regione Marche ha inserito l’economia circolare come tema prioritario della propria agenda politica e dei nuovi indirizzi sul governo dei cambiamenti dei modelli di impresa e dell’organizzazione dei sistemi di gestione territoriale – aggiunge il presidente del consiglio regionale – perciò vogliamo orientare politiche di economia circolare perché le riteniamo strategiche per una crescita economica, occupazionale, degli investimenti e dell’equità sociale compatibile con l’equilibrio delle risorse naturali>>. I FONDI FESR Altro non sono che i fondi strutturali

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comunitari con lo scopo di contribuire al potenziamento della coesione economica e sociale. Alle Marche, secondo il Por-Fesr 2014-2020, sono stati stanziati 337 milioni di euro. La programmazione tiene in stretta considerazione gli obiettivi definiti dalla strategia Europa 2020 che sostengono una crescita intelligente e quindi lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione. Il traguardo: aumentare la competitività del territorio caratterizzato da piccole e medie imprese per le quali fare rete e avere più risorse è questione di vitale importanza. Sono sei i principali assi di intervento individuati dal Por Fesr per meglio distribuire le risorse. Innanzitutto rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione. I fondi sono destinati a promuovere gli investimenti in ricerca e innovazione, sollecitando collegamenti e sinergie tra imprese, centri di ricerca e sviluppo e il settore dell’istruzione superiore. Poi: migliorare l’accesso

alle tecnologie dell’informazione, promuovere le attività delle piccole – medie imprese, transazione verso un’economia a bassa emissione di carbonio, promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e gestione dei rischi, ed infine tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse. Sono dieci i bandi già usciti, alcuni dei quali giunti a conclusione, nell’ambito del Por Fesr 2014 – 2020, per un importo di oltre 60 milioni. Il quadro degli interventi si concentra, in particolare, sulla valorizzazione della ricerca e dell’innovazione, con particolare riferimento alla domotica, alla meccatronica, alla manifattura sostenibile e alla salute e benessere, ma anche sul sostegno al made in Italy, sugli incentivi alle aree in crisi e sulle azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Sul fronte dell’innovazione aziendale sono due le procedure già concluse. La prima, un’azione per promuovere la “specializzazione intelligente” e sostenere così la ricerca, lo sviluppo e la competitività del sistema manifatturiero marchigiano, ha consentito di finanziare con 19,5 milioni progetti finalizzati all’introduzione di nuove soluzioni tecnologiche; la seconda ha distribuito tra 150 imprese voucher per 4,6 milioni destinati alla ricerca e innovazione. Quanto alle risorse destinate alla valorizzazione e alla messa in rete del patrimonio culturale delle Marche, poi, sono stati assegnati 7 milioni e 700 mila euro riservati alla tutela delle aree di attrazione di rilevanza strategica. I contributi sono indirizzati all’elaborazione di un progetto organico che si articola su tutto il territorio regionale finalizzato a migliorare l’offerta turistico culturale e l’accoglienza attraverso una più efficace fruizione dei beni culturali.


POLITICA&TERRITORIO

LA PORTA D’ORIENTE RIPARTE DAL WATERFRONT Il sindaco Valeria Mancinelli illustra la città di domani. Un piano strategico che prende forma, dal porto al centro storico, fino alla periferia: in arrivo il nuovo arredo urbano e il progetto per il restauro di Piazza della Repubblica e le spine dei corsi.

di Alessandro Bracciatelli

«A

bbiamo rimesso in moto Ancona». Così il sindaco Valeria Mancinelli esordì dopo solo un anno di mandato, durante un incontro con la stampa. Ora, al giro di boa (le prossime amministrative nel 2018), il sindaco del capoluogo sente di dover tirare le somme di quanto fatto fino ad oggi. Ma soprattutto mettendo in evidenza le prospettive per il futuro della città. I progetti, la vision, le strategie. Mancinelli ha incontrato la stampa locale in un “uno contro tutti” lo scorso 19 ottobre a Palazzo degli Anziani. I

temi: waterfront, urbanistica, cultura. Insomma, i nodi centrali, e forse quelli più intricati, su cui i cittadini pongono maggiori attenzioni. Lei, come sempre decisa ed imperturbabile, ha risposto a tutte le domande, entrando nel merito di ogni questione con dettagli puntuali. Un bilancio positivo, finora, secondo il primo cittadino. «Abbiamo lavorato su due filoni principali – spiega Mancinelli – rigenerazione urbana, ed efficientamento della macchina pubblica, sia inteso come uffici strettamente comunali che come aziende partecipate. Poi abbiamo proseguito su due filoni tematici: cultura e turismo, attraverso

progetti di lungo e medio periodo e progetti più legati alla quotidianità». DAL DIRE AL FARE Il primo angolo di città a rifarsi il look è stato Piazza Cavour. Il luogo d’aggregazione più importante della città è stato riconsegnato ai cittadini, dopo un lungo lavoro di ristrutturazione, mantenendo il suggestivo impianto ottocentesco. Ora tocca al manto stradale del Viale della. Mentre la passeggiata fino al porto antico e la ritrovata Lanterna Rossa ha riscosso un enorme successo. Tutte attività di interconnessione tra il centro città e lo sbocco sul mare, così da rafforzare

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POLITICA&TERRITORIO quel rapporto che da secoli caratterizza il capoluogo da tutti conosciuto come Porta d’Oriente. Ma l’aspetto decisamente più corposo riguarda il Progetto Iti Waterfront 3.0. L’amministrazione comunale, di concertazione con l’Ap, ha vinto il bando regionale finalizzato a valorizzare il waterfront attraverso il recupero del patrimonio storico-archeologico. Per essere precisi: si tratta di 6,200 milioni di euro tra fondi Fers e Fse. Sulla cultura: teatro, Pinacoteca e Mole Vanvitelliana i due asset principali. Da una parte Marche Teatro, il nuovo organo che gestisce la prosa, e la Fondazione Muse per la lirica. Entrambe in pareggio di bilancio, «se non, addirittura leggermente in attivo» specifica il sindaco. E poi la Mole Vanvitelliana, con i lavori di restauro in corso e l’attivazione di una serie di attività volte ad ingigantirne il peso specifico sul tessuto culturale nel territorio. Ecce Homo, la mostra sugli scultori del ‘900, ne è una dimostrazione. La ritrovata Pinacoteca è stato un altro tassello messo a sistema nel puzzle figurativo delle progettualità culturali del capoluogo. IL FUTURO Dunque la città del futuro è in arrivo, potremmo dire. Come in arrivo è anche il nuovo arredo urbano di Corso Garibaldi. I lavori, infatti, sono configurati nell’insieme del progetto che riguarda il restauro di Piazza della Repubblica e le spine dei corsi. Via le fioriere e le vecchie panchine. Dentro, invece, due isole composte da più elementi che possono essere combinati per conseguire diverse configurazioni studiate in modo da essere asportabili e accessibili ai disabili. Le isole sono inoltre dotate di un apparato multimediale composto da un sistema di proiezione che utilizza la parete trasversale come schermo,

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da un sistema di diffusione musicale e da una tastiera sonora integrata sulla pedana attivabile a pressione. A rifinire il progetto un sistema di illuminazione integrato alla struttura che si attiva durante le ore notturne, così da far diventare lo spazio interessato un riferimento centrale del Corso. «Un’azione che va ad innestarsi in un più ampio progetto che riguarda il commercio e il turismo – spiega Mancinelli – rendere appetibile il centro città vuol dire mettere in moto un circuito virtuoso di interesse da parte degli imprenditori che decidono di investire in quest’area». Le grandi catene è da un po’ che hanno messo nel mirino il centro città. Tanto che all’ex Metropolitan sta per arrivare il noto brand H&M. Anche sul Mercato delle Erbe non mancano le idee. Sta per aprirsi un bando per la riqualifica dell’intero contenitore. E nella nuova veste è auspicabile che, oltre mantenere la vocazione commerciale, l’impianto veda l’aggiunta di un utilizzo culturale e d’aggregazione. Ma la fetta di interventi più sostanziosa, da avviare in questa seconda metà del mandato, è in assoluto il piano di riqualifica delle periferie. E in un’ot-

tica di visione organica di ridisegno dell’intero waterfront della città, l’amministrazione comunale ha incentrato il programma sul sistema di periferia Palombella-Stazione-Archi. Il noto rione frontemare sarà completamente restaurato e riqualificato. Inoltre la cosiddetta passeggiata “da mare a mare”, ovvero dal Passetto al Porto, oltre ad essere ridisegnata da un’urbanistica nuova, troverà realizzato anche il restauro dell’ascensore che da oltre 60 anni conduce i cittadini verso la spiaggia urbana ai piedi del rione Adriatico. E ancora: nuova viabilità e accessibilità urbana al porto antico, riqualificazione del mercato di Piazza d’Armi e ripensamento del sistema di trasporto pubblico cittadino. Per quanto riguarda il turismo? «Ancona sta per diventare un homeport – afferma il sindaco – e proprio alle spalle del porto antico stiamo individuando un’area per l’accesso di navi da crociera da oltre 300 metri di lunghezza. Abbiamo puntato molto sul turismo offerto dal polo crocieristico, e proseguiremo in questo senso, anche utilizzando iniziative collegate all’utilizzo dello stesso bacino d’utenza».


i villaggi italiani nel mondo

il viaggio su misura

la vacanza che conviene

la catena alberghiera


TENDENZE

CERVELLI IN FUGA: I “MILLENIALS” MARCHIGIANI PUNTANO LA GERMANIA La formazione in Italia, ma il futuro lontano dai confini nazionali. Meglio se in Germania, nuova meta dei giovani italiani, e marchigiani, in cerca di maggiori speranze e appagamento professionale.

di Letizia Ciaccafava

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a Germania è la meta preferita. E ad espatriare sono maggiormente giovani lombardi e veneti tra i 18 e i 34 anni. I cosiddetti Millennials, ovvero quei giovani

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nati tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90. Chiamati anche: generazione “Y”. E’ in crescita il numero di espatri da parte delle regioni del Nord Italia, mentre resta costante il flusso dall’area centrale della Penisola. Le Marche, al 1° gennaio 2016, contano

128.091 iscritti al Registro degli Italiani all’estero. E’ quanto emerge dal rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Il periodo d’interesse dello studio è compreso tra gennaio e dicembre 2015. In questo lasso di tempo hanno


TENDENZE trasferito la loro residenza all’estero ben 107.529 italiani. Mentre al 1° gennaio 2016 sono 4.811.163 i cittadini italiani residenti all’estero regolarmente iscritti all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero). Ad aver scelto di abbandonare l’amata patria sono stati soprattutto i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni (39.410, ovvero il 36,7%). L’approdo? La Germania, forse trainata dal fascino sempre attuale di una Berlino ormai capitale europea non solo dell’arte ma anche delle future prospettive lavorative. L’Inghilterra, con il mito di Londra, scende in settima posizione nella graduatoria delle mete scelte dagli italiani in “fuga”. Se guardiamo il flusso nazionale, troviamo la Lombardia in testa con 20.088 emigrati nel 2015. Segue il Veneto con 10.374. Sul terzo gradino del podio la Sicilia con 9.823 espatriati. Nel 2015 le iscrizioni all’Aire sono state in tutto 189.699. Più della metà, 107.529, per espatrio. Il 69,2% di coloro che hanno deciso di abbandonare l’Italia è comunque rimasto in Europa. Dunque si è potuto notare quanto siano calate le partenze per l’America Meridionale (-14,9%). Al contrario resta stabile l’America centro-settentrionale, in particolare gli Stati Uniti che si aggiudicano l’ottava posizione della graduatoria dei 25 Paesi scelti dagli italiani che cercano futuro altrove. Dal 2006 al 2016 la mobilità italiana è aumentata del 54,9% passando da poco più di 3 milioni di iscritti a oltre 4,8 milioni. Un dato significativo, questo, che attesta quanto l’Italia sviluppi scetticismo in molti connazionali che, quindi, scelgono di fare le valige e guardare fuori dai confini. Per quanto concerne il titolo di studio, il 25,7% ha un diploma di scuola superiore, con una leggera prevalenza degli uomini

(il 26,1% contro il 25,1% delle donne). In linea con il quadro nazionale, le donne si caratterizzano per uno svantaggio di genere maggiore in termini di livello di istruzione con il crescere dell’età, tanto che le ultrasessantacinquenni sono per oltre il 28% dei casi senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare (il 21,9% per gli uomini). Le regioni per le quali è più importante il flusso migratorio di cittadini italiani verso l’estero sono la Lombardia (17.690, pari al 19,9% del totale delle cancellazioni), la Sicilia (9.102 pari al 10,2%), il Veneto (7.903, pari al 8,9%), il Lazio (7.851 pari al 8,8%) e il Piemonte (6.237 pari al 7,0%). Gli italiani, giovani e meno giovani, guardano sempre più all’estero per soddisfare i propri desideri lavorativi, in particolare in Europa. Molti iniziano a conoscere le opportunità che il mercato del lavoro internazionale offre già durante gli anni della laurea mentre altri decidono di emigrare dopo essersi formati completamente in Italia sia perché non trovano offerte di lavoro che possano soddisfare le loro aspettative sia perché convinti che un periodo di studio e/o lavoro all’estero possa migliorare la loro situazione. In questo senso il programma Erasmus Plus è un valido progetto offerto dall’Unione Europea che finanzia vari tipi di mobilità per formazione e lavoro – quella degli insegnanti, dei professionisti di impresa, degli studenti e docenti universitari e dei formatori di corsi per adulti, oltre ovviamente dei giovani – a cui gli italiani partecipano ogni anno in misura crescente. LE MARCHE Al 1° gennaio 2016 si contano 128.091 marchigiani iscritti all’Aires su un totale della popolazione regionale che

si attesta ad 1.543.752. In sostanza parliamo dell’8,3% della popolazione. Di questi il 50% sono donne e il 23% del totale sono over 65. La fascia 18-34, in linea con il dato nazionale, rappresenta il dato più significativo: 22,4% di iscritti all’Aire. Molto solida anche la fascia di età compresa tra 35 e 49 anni (22,9%). La provincia maceratese guida la classifica di espatrio con ben 41.412 unità di cui il 51% composto da donne. Anche in questo caso la fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni risulta essere la più rappresentativa con il 23,8% di iscritti all’Aire. A seguire la forchetta compresa tra 35 e 49 anni che segna il 22,9% di iscritti all’Aire. Il dato si assottiglia maggiormente quando si parla di popolazione di età compresa tra i 50 e i 64 anni (17,8%). La provincia di Ancona segue la classifica regionale in seconda posizione con un totale di 34.391 cittadini iscritti, ad oggi, all’Anagrafe dei Residenti all’Estero. Le donne sono il 49,8% e i millennials il 22,5%. Immediatamente dietro la provincia di Pesaro-Urbino: 22.052 unità di cui 48,4% donne e 19,7% i giovani tra i 18 e i 34 anni. Chiudono la graduatoria la provincia di Ascoli (15.369 iscritti all’Aire) e Fermo con 14.867. Ma se guardiamo il dato sul territorio strettamente comunale, allora è la città di Ancona ad avere il maggior numero di iscritti all’Aire (5.980) seguita da Macerata (4.361) e poi Pesaro (3.776). Storicamente l’immigrazione marchigiana, come buona parte di quella italiana, ha visto l’America meridionale come la terra della speranza per molti concittadini espatriati nei primi decenni del secolo scorso. Infatti solo l’Argentina possiede il 49,9% dei marchigiani iscritti all’Aire. Segue la Svizzera (6,6%) e al terzo posto la Francia con il 5,7%.

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CYB3RLIFE

2016: I DIECI GRANDI TREND DELL’INDUSTRIA DELLE SCIENZE Il sito web Aifa.com lancia le tendenze 2016 che trasformeranno la medicina e l’industria delle scienze. Dalla medicina di precisione alla New Health Economy: tutti i passi in avanti della grande ricerca.

I

n un numero dedicato alle novità del 2016, la rivista PharmaVoice ha focalizzato la sua attenzione sulle 10 grandi tendenze che si prevede cambieranno l’industria delle scienze della vita nel corso di questo nuovo anno: la medicina di precisione, l’empowerment del paziente, lo studio dei meccanismi legati al cervello, gli interventi normativi per favorire i nuovi trattamenti, i big data

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di Lucia Fava e gli approcci di marketing guidati dall’analisi, l’ottimizzazione della fruibilità delle informazioni rispetto allo sviluppo crescente del mondo mobile e delle Smart Medical Technologies, il Reputation Management, gli Healthcare Disrupters e la New Health Economy. 1. La Medicina di precisione La medicina di precisione rappresenta un approccio per la prevenzione e

il trattamento delle malattie che tenie conto per ogni persona della variabilità genetica, dell’ambiente e dello stile di vita e che potrà ridisegnare il modo in cui verranno sviluppate le terapie. Con un investimento di 215 milioni di dollari nel bilancio 2016 del Presidente Obama, la Precision Medicine Initiative del National Institutes of Health (NIH) ha lo scopo di sviluppare un nuovo modello di ricerca incentrato sul paziente, che promette


CYB3RLIFE di accelerare le scoperte biomediche e fornire ai medici nuovi strumenti e conoscenze per individuare quali trattamenti funzionano meglio per i pazienti. Il ruolo delle agenzie regolatorie nell’incentivare i ricercatori clinici e le aziende farmaceutiche al superamento del modello dei farmaci “blockbuster”, garantendo tutto il supporto necessario allo sviluppo di solidi disegni di N-of-1 trials, è fondamentale. A tal proposito, una delle sfide regolatorie e scientifiche attuali consiste nel poter identificare biomarcatori in grado di stratificare la popolazione di pazienti secondo distinti sottotipi biologici. Si tratta di un impegno, che deve coinvolgere i regolatori, i payers, le imprese e l’accademia e rispetto al quale l’Agenzia Europea dei Medicinali e l’Agenzia Italiana del Farmaco sono attive da tempo. Riconoscendo, infatti, l’importanza dello sviluppo di trattamenti mirati e innovativi e consapevole che i dati genomici sono diventati sempre più importanti per la valutazione dei benefici e dei rischi di un medicinale, nonché nel controllo della sicurezza post-autorizzazione, l’EMA dedica particolare attenzione alla ricerca sull’uso dei biomarcatori nello sviluppo dei farmaci ed è impegnata nella definizione di linee guida scientifiche relative alla farmacogenomica che possano favorire l’utilizzo dei dati genomici nello sviluppo delle terapie personalizzate e la diagnosi precoce delle malattie. L’AIFA, dal canto suo, fornisce supporto e consulenza all’Agenzia Europea alle attività di Qualification Advice sulla stratificazione di strumenti e marcatori dei risultati. L’obiettivo è verificare con largo anticipo se tali strumenti potranno mai essere accettati nei trial clinici e supportare la qualificazione di metodi di sviluppo innovativi

nella ricerca in ambito farmaceutico perché, alla luce delle tendenze che si stanno già consolidando nella moderna ricerca farmacologica, è necessario saper valorizzare in modo obiettivo l’innovazione, per offrire ai cittadini farmaci realmente sempre più efficaci.

2. Il Cervello Il National Institutes of Health ha annunciato il suo secondo ciclo di borse di studio per sostenere gli obiettivi dell’Iniziativa BRAIN, portando gli investimenti a 85 milioni di dollari per l’anno fiscale 2015. Sessantasette nuovi premi, per un totale di più di 38 milioni di dollari, andranno a 131 ricercatori di 125 istituti negli Stati Uniti e in altri otto Paesi, ampliando così gli sforzi del NIH a supporto di nuovi strumenti e tecnologie per comprendere la funzione dei circuiti neurali e per catturare una visione dinamica del cervello in azione. Si prevede che il mercato globale per le malattie del Sistema Nervoso Centrale raggiunga i 58.6 miliardi di dollari nel 2017. L’anno scorso sono

stati investiti 3.3 miliardi di dollari in aziende che stavano sviluppando farmaci per le malattie psichiatriche, più che negli ultimi 10 anni. Diversi Governi hanno ormai acquisito consapevolezza del grande fardello portato da molte delle malattie croniche del cervello, come la malattia di Alzheimer, e per questo stiamo assistendo a una crescita costante dell’interesse, in ambito sia pubblico che privato, rispetto agli investimenti e alla conoscenza in questo settore. 3. Il Cures Act 344 membri della House of Representatives americana hanno votato nel mese di luglio per il Cures Act del XXI secolo. Se approvato, esso promuoverà lo sviluppo e accelererà l’approvazione di nuovi farmaci e dispositivi, in particolare dei trattamenti per il cancro e per le malattie rare. Il provvedimento mette al centro il punto di vista del paziente, nella scoperta, nello sviluppo e nella diffusione dei nuovi farmaci, tenendo conto dei vantaggi che possono scaturire dall’analisi dei dati e da un processo di approvazione più flessibile. Oltre ad aumentare il finanziamento per la ricerca e favorire lo sviluppo di terapie innovative a disposizione dei pazienti, se convertito, il disegno di legge supporterebbe gli sforzi nel campo della malattie rare e della medicina di precisione e imporrebbe significativi nuovi requisiti nella regolamentazione delle tecnologie di informazione sanitaria, della ricerca clinica, nonché diversi cambiamenti relativi alle attività della Food and Drug Administration (FDA). Vi è, ad esempio, una disposizione che permetterebbe di affrontare la comunicazione tra le aziende e i medici e secondo cui l’FDA dovrebbe rilasciare una guida sulla capacità delle aziende

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CYB3RLIFE farmaceutiche di fornire informazioni accurate, non ingannevoli e scientifiche sui farmaci approvati. 4. L’Empowerment del paziente Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), gli Stati Uniti nel 2011 hanno speso di più per l’assistenza sanitaria pro-capite (8.608 dollari) e di più per la sanità come percentuale del PIL (17,9%) rispetto a qualsiasi altra nazione. Nonostante questo investimento, il Commonwealth Fund ha classificato gli Stati Uniti ultimi per la qualità dell’assistenza sanitaria rispetto ai Paesi simili. L’empowerment del paziente corrisponde alla creazione di un cambiamento, anche in termini di strategie cliniche per l’industria perché, quando i pazienti assumono un maggiore controllo del-

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le loro decisioni ed esigenze sanitarie, inevitabilmente spingono il sistema sanitario a cambiare. Per questo motivo l’industria dovrà muoversi verso lo sviluppo di strategie che soddisfino le esigenze e le aspettative dei pazienti di oggi. L’Agenzia Italiana del Farmaco è consapevole della vera e propria rivoluzione paziente-centrica che è in corso e ormai da tempo lavora per favorire l’empowerment e l’educazione del paziente al fine di facilitarne la partecipazione nei percorsi di sperimentazione, sviluppo e monitoraggio dei farmaci. L’AIFA riconosce il loro importante ruolo in ambito regolatorio, sentendo il dovere morale di contribuire a renderli parte integrante del sistema, informati su tutti gli aspetti che possono contribuire a migliorare

le scelte in campo sanitario. In questa direzione si muove l’accordo di collaborazione tra AIFA ed EUPATI (European Patients’ Academy on Therapeutic Innovation) per potenziare la consapevolezza dell’opinione pubblica sull’inclusione dei pazienti nel processo regolatorio. 5. Approcci di marketing guidati dall’analisi Cresce sempre più velocemente il numero delle interazioni digitali con i medici, i fornitori, i payers e pazienti. Dal 2016 in poi le strategie guidate dall’analisi plasmeranno l’industria del marketing in modo ancora più efficiente e redditizio. Il mondo dei Big Data rappresenta il futuro del marketing farmaceutico: l’accessibilità dei dati dei consumatori, in com-


CYB3RLIFE binazione con gli strumenti che permettono di estrarre rapidamente le informazioni, aprirà la strada a strategie mirate ed efficaci. Utilizzando i Big Data, il metodo predittivo e le capacità di analisi, sarà possibile individuare le migliori combinazioni di messaggi per i medici e fornire loro le informazioni più utili per la guida del paziente verso risultati ottimali. Correlando grandi quantità di dati con i comportamenti reali delle persone, la cosiddetta “scienza dei dati” (data science) avrà un ruolo fondamentale. Essa ha il potere di fare ciò che gli individui non possono fare: raccogliere e collegare tutte le informazioni disponibili, suggerendo rapidamente il miglior canale e il miglior messaggio per ogni singola persona. 6. Mobile Optimization Nel 2016 il numero degli utenti di smartphone nel mondo supererà i 2 miliardi e raggiungerà i 2.56 miliardi entro il 2018. Molti di essi fanno parte dei millennials, una popolazione che non abbandona mai e poi mai il proprio cellulare. Questi oltre 2 miliardi di utenti sempre connessi sono potenziali ricercatori di informazioni sanitarie e pazienti, in un mondo che avrà il mobile al centro dei suoi piani di marketing e di vendite. Se l’utente finale è un paziente o un medico, l’informazione deve adattarsi facilmente al flusso del suo processo decisionale, nonché essere disponibile in tutti i formati e facilmente fruibile. Di fronte a pazienti sempre più informati, che seguono la ricerca e comunicano tra di loro, il modello di marketing del futuro avrà bisogno di evolversi, focalizzandosi non tanto sui brand quanto sugli outcome clinici e sulla maggiore soddisfazione del paziente, fornendo soluzioni attraverso il mobile marketing. Le app,

ad esempio, potranno essere utilizzate come tramite tra il prescrittore e il paziente per capire la sua esperienza rispetto all’utilizzo di un farmaco oppure per consentire al medico o al paziente di verificare i livelli di disponibilità dei medicinali nelle farmacie. 7. Smart Medical Technologies Stando ai risultati di una recente ricerca, nel corso dell’ultimo anno il 22% degli intervistati ha utilizzato mezzi tecnologici per visualizzare, memorizzare e trasmettere documentazione sanitaria, rispetto al dato del 2013 pari al 13%. L’utilizzo è stato maggiore per le persone con malattie croniche importanti: il 32% rispetto al 19% nel 2013. Si prevede che i progressi tecnologici, insieme a quelli scientifici, cambieranno in modo significativo il mondo della salute. Gli investimenti vanno, infatti, sempre più verso le tecnologie emergenti per fornire soluzioni sanitarie innovative, utilizzando i sensori, l’analisi dei dati, la bioinformatica e i software avanzati. Il risultato sarà un ambiente medico che si avvale delle tecnologie “intelligenti” per migliorare i processi decisionali in sanità e i risultati per i pazienti. 8. Reputation Management Non si può negare che esista un problema di reputazione per l’industria farmaceutica. In un sondaggio del 2015 il 61% degli intervistati ha dichiarato che sarebbe propenso a fidarsi di una società farmaceutica. Nonostante il dato riporti un miglioramento rispetto al passato (53% nel 2009), i pazienti americani valutano la reputazione aziendale dell’industria farmaceutica multinazionale come la seconda più bassa tra i settori dell’assistenza sanitaria, superiore solo a quella delle assicurazioni sanitarie a

scopo di lucro. L’industria farmaceutica è chiamata, dunque, a dimostrare che veramente si preoccupa dei pazienti, ad esempio creando vere e proprie partnership con i gruppi di difesa dei pazienti e dimostrando di essere disponibile al dialogo, piuttosto che di costituire solo un business concentrato sul profitto. 9. Healthcare Disrupters Di fronte allo sviluppo inesorabile dell’e-health, del mobile-health e delle nuove tecnologie mediche, decine di aziende come Apple, DuPont, General Electric, Google, IBM e Samsung stanno scuotendo il settore delle scienze della vita. L’ingresso delle aziende tecnologiche e ingegneristiche nel campo della ricerca medica costituisce una buona notizia per i pazienti, poiché esse possono offrire nuovi strumenti e intuizioni per giungere a migliori opzioni terapeutiche. 10. New Health Economy I progressi tecnologici, l’empowerment del paziente e l’aumento della domanda da parte della popolazione stanno inaugurando una nuova era nel settore della sanità. Nella New Health Economy i “pazienti” sono in primo luogo “consumatori”, che in libertà e con responsabilità prendono decisioni e spendono il proprio denaro. La mera raccolta di dati viene sostituita dall’analisi, tendendo ad anticipare i problemi prima che si verifichino. Gli individui sono “co-creatori” delle decisioni sulla salute, disposti a spendere di più per gli strumenti che li aiutano a vivere bene. Si stima, infatti, che le opportunità di guadagno nella New Health Economy, la più significativa reingegnerizzazione del sistema sanitario degli Stati Uniti che si sia mai avuta, superino i 2.8 bilioni di dollari.

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CYB3RLIFE

CON THE HIVE LA PRIMA START-UP INNOVATIVA SENZA NOTAIO: PER LA PARTENZA IMMEDIATA DI UNA IDEA IMPRENDITORIALE di Roberto Antonella Management Academy Sida Group - Area Fiscale/Societaria

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l 20 luglio 2016 potrebbe rappresentare una data significativa e sostanziale nel processo di semplificazione e digitalizzazione del sistema burocratico italiano. Da questa data è infatti possibile costituire una Società a responsabilità limitata start-up innovativa gratis e senza l’intervento del notaio. La misura è stata prevista dall’Investment compact del 2015 che ha introdotto la possibilità di costituire la start-up innovativa online, con le firme digitali dei soci mediante la compilazione di un modello standard di atto costitutivo e statuto. Le modalità operative sono state approvate con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico La piattaforma per procedere con la costituzione online è

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disponibile nella sezione del registro imprese dedicata alle startup (http:// startup.registroimprese.it/) mediante la funzione “Crea la tua startup”. Accedendo a questa parte della piattaforma si può iniziare ad inserire tutti i dati necessari alla costituzione della società: denominazione, sede legale, dati anagrafici dei soci, capitale sociale, organo amministrativo, oggetto sociale eccetera. Esiste poi un modello di standard che può essere in parte personalizzato perchè in alcuni punti consente di scegliere tra diverse alternative ed opzioni. Il sito è facilmente raggiungibile anche da smartphone e tablet. Una volta inseriti tutti i dati necessari ogni socio sottoscrive l’atto con la propria firma digitale e l’atto vie ne dapprima registrato presso

l’agenzia delle entrate, previo pagamento delle relative imposte pari ad Euro 328 (imposta di registro e bolli), e successivamente depositato presso il registro imprese. Se non ci sono intoppi la startup innovativa è riconosciuta e può operare. In caso di irregolarità formali, la pratica di iscrizione verrà sospesa assegnando un termine di 15 giorni per regolarizzare la pratica, il tutto notificato tramite PEC. La procedura, almeno in fase iniziale, deve essere adeguatamente compresa ed è per questo che è disponibile una guida dettagliata di 25 pagine e fino al 9 novembre 2016 sarà possibile usufruire dell’assistenza gratuita di tecnici ed amministrativi del registro delle imprese. È possibile quindi costituire una startup innovativa senza muo-


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versi dalla propria casa, vantaggio non indifferente per compagni sociali formate da soci che provengono da diverse parti d’Italia. Sebbene l’intervento di un professionista/incubatore non sia richiesto dalla normativa lo si ritiene comunque opportuno se non indispensabile nei casi in cui nella compagine sociale non sia presente un soggetto che ha dimestichezza con aspetti societari ed economici. In particolar modo può essere utile l’intervento di un professionista per redigere uno statuto scritto bene che non dia problemi nel momento di effettuare un aumento di capitale, far entrare nuovi soci, cambiare la governance. Quello che ci si aspetta è naturalmente uno stimolo importante agli investimenti che possa venire da queste startup innovative. Ad oggi in Italia le startup innovative sono circa 6.000 e questa semplificazione darà sicuramente nuova linfa al numero

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delle costituzioni. Al 30 settembre 2016 sono 57 le nuove imprese create online ovvero il 72% delle startup innovative costituite nel mese di settembre sono state create con la nuova procedura online. C’è un’unica ombra che accompagna questa misura di semplificazione ed è la resistenza opposta dalla categoria dei Notai. Il Consiglio Nazionale Notarile difatti aprirà a febbraio un procedimento in base al quale si deciderà sulla legittimità della procedura. Nel dubbio, non resta quindi che affrettarsi a costituire. Nel caso in cui l’opposizione della categoria notarile venga accolta le società che nel frattempo si sono costituite con la nuova procedura saranno pienamente operative e valide. The Hive, selezionato da UBI GLOBAL tra i 10 migliori incubatori al mondo nella “Top University Associated Business Incubator”, sulla base della consolidata expertise sviluppa-

ta, può trovare l’attuazione pratica e l’inizializzazione di una idea imprenditoriale in un solo giorno. Effettuata la verifica aziendale dell’idea progetto nella sua dimensione di mercato, tecnica, produttiva, economica, finanziaria, organizzativa e di governance, se l’idea è positiva si trasforma in progetto e può essere immediatamente vestita giuridicamente in una società. The Hive, grazie alla integrazione con Sida e GGF, immediatamente dispone di expertise di aree funzionali di settore e conoscenze delle dinamiche evolutive aziendali nelle specifiche realtà. Queste conoscenze, immediatamente disponibili, consentono una prima veloce diagnosi sulle possibilità che l’idea si trasformi in un successo aziendale. Delineato il progetto e costituita l’azienda, The Hive con il suo acceleratore sostiene in ogni momento l’azienda nel suo decollo.

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ARTIGIANATO&TERRITORIO

ARTIGIANATO E CRISI: IL 2016 SI APRE CON UN SALDO IN NEGATIVO di Lucia Fava

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dati relativi al III° trimestre 2016 non lasciano spazio a facili entusiasmi. L’anno si apre con il segno “meno”. Sono ben 118 le attività artigianali che hanno abbassato la serranda su territorio regionale. Questo è quanto emerge da Confartigianato Imprese Macerata, che ha rielaborato ed analizzato le rilevazioni diffuse da Movimprese/ Unioncamere. Se a livello nazionale e in ambito regionale si rileva, nel trimestre appena trascorso, una crescita del numero delle imprese totali (commercio, artigianato, industria, ecc.) pari a 9.976 (dato Italia, pari a + 0,16% sul trimestre precedente) e + 166 (dato Marche, crescita trimestrale di + 0,16%), continua a persistere il segno negativo sul fronte dell’artigianato (- 2.043, pari a – 0,15%, il dato nazionale, - 118 imprese, pari a – 0,25%, quello regionale). Nell’artigianato, in dettaglio, si rilevano nelle Marche, alla data del 30 settembre 2016, 46.681 imprese attive: nel trimestre si è avuto un saldo negativo pari a - 118 imprese (tasso di crescita – 0,25%), frutto di 512 nuove iscrizioni e di 630 cancellazioni; tale cifra è la risultante dei “saldi” relativi rispettivamente alla provincia di Pesaro Urbino (- 39), di Ancona (- 13), di

Fermo (- 18), di Ascoli Piceno (- 11) e di Macerata (- 37, corrispondente ad un tasso di crescita pari a - 0,34%). In provincia di Macerata, nello specifico, nel corso del III° trimestre 2016, si sono avute 108 nuove iscrizioni e 145 cessazioni (totale imprese artigiane registrate 10.767): tra i comparti più significativi, eccetto quello dei trasporti (+2) e quello del commercio e autoriparazione, invariato, tutti mostrano segno meno: registriamo un -15 imprese (-0,41%) nel settore delle costruzioni, -6 imprese (pari a -0,56%9 nel comparto dei servizi alla persona, -4 imprese (pari a -1,56%) nel settore della riparazione dei beni personali, -4 imprese nel settore delle pelli/calzature (-0,45%), -3 imprese nei servizi alla ristorazione (flessione del comparto pari a -0,81%), -2 imprese nel settore dell’alimentazione (-0,65%) ed in quello dell’abbigliamento (-0,98%), -1 impresa nei comparti del tessile (-1,40%), del legno (-0,43%) e del mobile (-0,63%).. Interessante infine rilevare l’andamento della nati/mortalità delle imprese artigiane registrato negli ultimi 12 mesi: a livello regionale si sono perse 906 imprese, risultante dei comportamenti delle 5 province (tutte con saldi di segno meno): Ascoli Piceno

-107, Fermo -143; Ancona -171; Macerata -192 (decrescita dell’ 1,75%) e Pesaro Urbino -293. << Dai dati sopra illustrati – dichiara il Presidente Provinciale della Confartigianato di Macerata Cav. Renzo Leonori – si evince chiaramente che le difficoltà che stanno attraversando le nostre imprese artigiane sono ancora tante e complesse. La nostra provincia, nello specifico, è tra quelle con risultati meno brillanti, soprattutto nell’arco temporale di un anno: se permangono le difficoltà per quelle aziende che vivono esclusivamente di mercato interno, il quale, purtroppo, ancora stenta a ripartire, registriamo che anche quelle aziende maggiormente votate all’export, che in qualche modo sono uscite meglio dalla crisi, stanno risentendo sempre più delle crisi politiche internazionali (su tutte quella russo/ucraina). Considerato poi che le difficoltà maggiori per il sistema imprenditoriale si registrano soprattutto nel manifatturiero e nelle costruzioni, settori nei quali è preponderante la presenza dell’artigianato, ben si comprende perché, mentre industria e commercio, seppur a piccoli passi, stanno migliorando i loro dati, siamo appunto noi artigiani a pagare ancora dazio alla crisi >>.

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CLUBECONOMIA&FINANZA

GLOBALIZZAZIONE DEI MERCATI: LA NOSTRA CAPACITÀ DI COGLIERE LE OPPORTUNITÀ (ED EVITARE LE MINACCE) Il cambiamento è insito in tutto ciò che ci circonda e che facciamo, quindi non dovrebbe destare preoccupazioni gravi, a meno che questo non acceleri così tanto da renderci molto complicato reggere il passo.

di Giuseppe Barchiesi Club Economia e Finanza Sida Group

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l termine “globalizzazione” è probabilmente caduto vittima di quel classico abuso giornalistico e colloquiale, attraverso cui una parola può perdere inesorabilmente il proprio normale valore tecnico, per lasciare spazio a considerazioni spesso non del tutto allineate con la realtà e soggette a facili distorsioni e strumentalizzazioni. La globalizzazione è un processo noto, longevo (“antico”, in un certo senso), automaticamente legato al normale progresso delle società e delle tecnologie, ma è più che mai evidente oggi

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per la sua velocità, che è tale da lasciare spesso e volentieri indietro tutti coloro che non sanno percepire al volo la direzione del cambiamento, e per il fatto che se ne è cominciato a parlare in modo più consistente simultaneamente all’incorrere delle grandi crisi, che hanno segnato il nostro recente passato e che stanno influenzando in modo marcato anche il presente e il vicino futuro. Crisi, tra l’altro, che sono l’essenza stessa del mutamento, ma che incarnano anche, nei sintomi e negli effetti collaterali, l’incapacità di molti di gestirlo al meglio.

Gli accordi politici ed economici internazionali hanno incentivato il movimento delle persone e delle merci, mentre gli avanzamenti nelle telecomunicazioni hanno reso più agevole e tempestivo quello delle idee e dei progetti: tutto questo, tra le altre cose, ha anche dato un consistente impulso all’internazionalizzazione delle strategie commerciali, all’apertura dei canali dell’e-commerce, all’estensione dell’orizzonte dell’offerta mediamente a disposizione del cliente, al rimescolamento delle quote di mercato e degli scenari competitivi, a tal punto


CLUBECONOMIA&FINANZA che oggi, grazie ad una semplice connessione ad internet, chiunque può virtualmente comprare qualunque cosa da qualsiasi interlocutore abbia accesso, diretto o indiretto, ad un sito di commercio elettronico. E così, diventa più importante la banda larga di un’autostrada fatta di asfalto e cemento, mentre le culture dialogano, si mescolano, producono nuove alchimie e situazioni prima non prevedibili. Le considerazioni che possono essere fatte sono innumerevoli, ma forse quella che deve emergere più delle altre, data l’urgenza dettata da 10 anni di decrescita e stagnazione, è che la globalizzazione cambia il nostro modo di fare impresa, anche a livello locale, che lo vogliamo o no, consapevoli o meno del fatto. Oggi, ad esempio, chiunque gestisca un’attività commerciale, o ne voglia aprire una, deve sapere che il suo diretto concorrente non è più il Signor Rossi che ha un negozio nella via accanto, ma potrebbe essere chiunque e dovunque, o anche chiamarsi Amazon. La differenza, ovvio ma non sempre scontato, è che il Signor Rossi segue logiche e vincoli simili ai nostri, Amazon no: questo non significa certamente che l’idea del commercio locale deve cedere il passo in via definitiva a quello elettronico, ma vuol dire che occorrono prodotti, strategie e modelli di business profondamente diversi rispetto al passato, grazie ai quali tramutare questa invincibile minaccia in una opportunità. Il mercato dei beni e dei servizi, il mercato finanziario e i quadri normativi nazionali ed internazionali sono oramai indirizzati verso la piazza mondiale e sono influenzati dai mutamenti di comportamento di acquisto delle persone, dal grado di fiducia che ripongono nel domani, dalla loro

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capacità di comprendere ed utilizzare le nuove tecnologie, dalla loro necessità di identificarsi e riunirsi mentre cambiano i valori (economici, ma anche umani e spirituali), gli scenari, le prospettive. Tutto ciò che appartiene al passato va abbandonato, in un certo senso, per lasciare posto a nuovi modi di concepire i mercati, le imprese, perfino le identità territoriali. È evidente, dunque, che il mercato globale richieda anche una forma nuova di imprenditoria: per essere imprenditori oggi, occorrono persone qualificate, professionali, dotate della giusta lungimiranza, che non si accontentino del “saper fare” e che imparino a “saper gestire”, che amplino sistematicamente i propri orizzonti informandosi non solo sulle

tecnologie del settore, ma anche sulle infrastrutture e le architetture dell’informazione, sulle opportunità finanziarie, sui cambiamenti della domanda, sulle politiche economiche, sulla compliance, sull’importanza del Capitale Umano, e così via. E dove tutto questo non può essere nelle corde di una sola persona, ecco che è fondamentale circondarsi con il giusto team di partner e collaboratori: il tempo dei solisti è finito, ora occorre più che mai lavoro di squadra, ricerca di sinergie, condivisione e organizzazione. Complesso? Certo, ma, trattandosi di strategia, non si deve mai perdere di vista che la questione non verterà mai su ciò che è semplice o complicato, palese o nascosto, ma su ciò che è necessario.

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CLUBECONOMIA&FINANZA

LA BILANCIA DEI PAGAMENTI: MOVIMENTI FINANZIARI, MOVIMENTI DI CAPITALE di Massimo Sbrolla Club Economia e Finanza Sida Group

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“movimenti di capitale” sono transazioni internazionali riguardanti attività finanziarie e reali, come azioni, obbligazioni, depositi bancari, terreni, fabbricati e merci. Queste operazioni sono poste in essere da autorità ufficiali, società commerciali, istituzioni creditizie, così come da persone fisiche. L’acquisto di attività

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estere da parte di operatori economici residenti nel Paese rappresenta una voce in uscita (negativa) nel conto dei movimenti di capitale della bilancia dei pagamenti; l’acquisto di attività nazionali da parte di operatori esteri viene registrata invece nel conto capitale con segno positivo. Se le entrate derivanti dalla vendita di attività finanziarie all’estero superano i paga-

menti relativi agli acquisti di attività estere da parte di residenti, si ha un avanzo nel conto dei movimenti di capitale e si genera un afflusso netto di capitale, viceversa si determina un disavanzo. Pertanto nella bilancia dei pagamenti di ogni Paese i movimenti di capitale, nella loro accezione più ampia, hanno una dimensione netta uguale a quella delle partite correnti,


CLUBECONOMIA&FINANZA definite come negoziazioni tra residenti di Paesi diversi, aventi per oggetto il trasferimento di beni e servizi. Così, se un Paese, nell’unità di tempo considerata, registra un avanzo delle partite correnti, la sua posizione debitorio-creditoria registrerà un miglioramento nella stessa misura; si avrà, cioè, un’importazione netta di averi finanziari. In questo ambito, una fondamentale differenza risiede nella distinzione tra movimenti autonomi e indotti o compensativi. I primi sono autonomamente determinati dall’iniziativa di operatori economici che agiscono sotto la spinta della convenienza individuale; i secondi invece sono promossi, o suggeriti, dalle autorità monetarie per motivi di politica economica, sovente per mantenere un certo livello del tasso di cambio, o per garantire un suo slittamento in condizioni ordinate. I movimenti di capitale autonomi si possono utilmente distinguere, tenendo conto particolarmente della legislazione italiana, in investimenti diretti, che permettono di esercitare una concreta influenza sulla gestione dell’impresa finanziata, e che comprendono anche investimenti in azioni, purché quotate sui mercati regolamentari; in investimenti di portafoglio, aventi per oggetto titoli prontamente negoziabili sul mercato mobiliare; in prestiti a medio e lungo termine e crediti commerciali, che stabiliscono un rapporto diretto tra mutuatario e mutuante, il quale, nel secondo caso, non è una banca ma un esportatore di beni che consegna la merce prima di ricevere il pagamento. Aspetti molto rilevanti nell’analisi dei movimenti di capitale sono il rischio, il grado di sviluppo e di integrazione dei mercati finanziari a livello internazionale e l’ampiezza dei vincoli e

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dei controlli sugli impieghi in valuta. Questi elementi determinano il grado di mobilità dei capitali, che a sua volta influenza la reattività dei flussi finanziari ai differenziali d’interesse. Nel confrontare il rendimento di attività denominate in valute diverse, l’investitore deve tener conto inoltre dei possibili guadagni in conto capitale provocati dalle variazioni del tasso di cambio: il rendimento di un’attività finanziaria estera per un investitore nazionale è dato dal tasso di interesse estero più il tasso di deprezzamento atteso del cambio. Se i cambi sono fissi l’eventualità ha scarsa rilevanza, in cambi flessibili invece, le aspettative sull’andamento futuro del cambio possono determinare una notevole instabilità e volatilità nei movimenti internazionali di capitale. Lo sviluppo delle telecomunicazioni e dell’informatica hanno contribuito significativamente alla globalizzazione dell’insieme delle attività e delle passività finanziarie detenute dai soggetti economici. Infatti i progressi tecnologici hanno ridotto i costi di transizione consentendo di operare con portafogli più ampi e maggiormente diversificati. Un elemento chiave dei pagamenti internazionali è che i conti esteri di un paese devono sempre essere complessivamente in pareggio. Se un paese ha un disavanzo nel conto corrente, ossia ha speso all’estero più di quanto abbia incassato dalle vendite al resto del mondo, deve finanziare in qualche modo il proprio debito attraverso la vendita di attività patrimoniali o con l’indebitamento nei confronti dell’estero. Ciò significa che ogni disavanzo di conto corrente deve essere necessariamente accompagnato da un flusso netto di capitale verso il paese di uguale ammontare. Pertanto, la parte della bilancia dei pagamenti che

riguarda le transazioni finanziarie deve risultare pari al saldo delle partite correnti, ma con segno opposto. E’ diffuso nel mondo occidentale un atteggiamento favorevole alla libertà dei movimenti di capitale, sulla base dell’ipotesi che i potenziali di investimento si dirigono là dove la produttività è più elevata, e garantiscono l’allocazione ottimale delle risorse reali. Si ritiene che i movimenti di capitale abbiano contribuito allo sviluppo dell’economia mondiale in modo considerevole, redistribuendo redditi e opportunità, generando sinergie, andando a compensare lacune competitive e capacità territoriali. Negli anni recenti, il sistema monetario internazionale basato sul dollaro, oltre che sull’oro, il processo d’integrazione economica nell’ambito della CEE e lo sviluppo del mercato dell’eurodollaro hanno dato un forte impulso all’espansione dei movimenti di capitale in Europa e nel mondo. Inoltre, una caratteristica ricorrente nel dopoguerra è stata l’esportazione netta di capitali dagli Stati Uniti e dai Paesi della CEE. Tuttavia, il sistema monetario internazionale reca in sé delle asimmetrie e degli elementi di squilibrio che hanno provocato una progressiva dissociazione dei movimenti di capitale dal loro contenuto reale. Infatti, da un lato gli Stati Uniti, proprio perché la loro moneta viene usata internazionalmente come mezzo di scambio e valuta ufficiale di riserva, hanno potuto esportare capitali finanziari senza perdere risorse reali. L’espansione incontrollata dell’eurodollaro, dall’altro, ha poi rappresentato un ulteriore elemento di squilibrio nel sistema, favorendo un’elevata mobilità di capitali utilizzabile anche per intenti speculativi. Gli altri paesi appartenenti all’OCSE, quindi, pur avendo concor-

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CLUBECONOMIA&FINANZA dato solenni impegni a liberalizzare i movimenti di capitale, fissandone le modalità in un apposito Codice, hanno percorso con molta prudenza la strada della liberalizzazione , tornando spesso sui loro passi- anche negli anni più recenti , in presenza di cambi flessibili – allo scopo di salvaguardare, almeno nel breve periodo, un certo grado di autonomia per la loro politica monetaria, e di proteggere le loro valute dai m. di c. di tipo speculativo e destabilizzante. Anche il FMI ha recentemente riconosciuto che la globalizzazione finanziaria, può essere distruttiva e indurre a crisi finanziarie e a movimenti valutari economicamente sfavorevoli, per cui da alcuni anni (2012) ha approvato il controllo sui capitali legittimando l’utilizzo delle imposte e di altre misure di restrizione sui flussi finanziari transnazionali. Non dobbiamo tuttavia esagerare sul significato del cambio di rotta del FMI, che continua comunque a considerare la mobilità del capitale libero come un ideale verso cui tutti i paesi dovrebbero convergere e che ha come unico requisito il raggiungimento da parte dei paesi di uno sviluppo istituzionale finanziario adeguato. Il FMI considera il controllo del capitale come l’ultima risorsa da implementare in circostanze molto ristrette, ovvero quando altre misure macro, non siano in grado di contenere gli afflussi di capitale, nel caso di una sovra valutazione del tasso di cambio o di una economia surriscaldata. Pertanto, mentre il Fondo delinea un “approccio integrato alla liberalizzazione del capitale” e individua in dettaglio una serie di riforme da implementare , non ci sono

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misure lontanamente comparabili sul controllo dei capitali e su come renderlo più efficace. Emblematico, sotto questo punto di vista, è il surplus delle partite correnti della Germania che ormai supera i 300 miliardi di euro l’anno e vale quasi il 9% del reddito nazionale. Per alcuni è la misura di una virtù, per altri una prova di colpevolezza. Ogni anno la Germania registra un attivo crescente nei suoi scambi di beni o servizi e interessi o dividendi con il resto del mondo. Ormai è così vasto,

in proporzione all’economia, da superare quelli di produttori di petrolio come la Norvegia; La differenza è che la Germania non estrae niente dal sottosuolo, ma produce beni per i quali il resto del mondo è disposto a pagare circa mille miliardi di euro l’anno.. Si tratta di una somma così grande che le imprese, lo Stato e i cittadini tedeschi non riescono a trasformarla in

consumi e investimenti produttivi. Preferiscono la liquidità , per cui il risparmio inerte continua ad accumularsi. Eppure anche in Germania le ragioni per spendere non mancherebbero; però dal 2008 gli investimenti sono calati di quasi 100 miliardi l’anno e l’incidenza della spesa delle famiglie in proporzione del reddito nazionale è precipitata di cinque punti. La Germania dipende così tanto dall’export che i suoi interessi finiranno per allinearsi di fatto a quelli dei suoi grandi paesi – clienti come la Cina o la Russia, anziché al resto d’Europa. Il surplus tedesco è stato per decenni relativamente più limitato, prima che la bilancia delle partite correnti iniziasse ad esplodere dal 2003 fino ai livelli parossistici di oggi. La spiegazione è molto semplice ed è che il tasso di cambio stabilito con l’introduzione dell’euro, è completamente sbagliato. Il FMI stima che la Germania dovrebbe operare con una moneta almeno del 15% più forte (Italia e Francia invece del 10% più debole) anche se lo squilibrio potrebbe essere anche più profondo. Questa diversità dimostra quanto fosse irrealistico pensare che sarebbe bastato fissare un vincolo macroeconomico - il tasso di cambio – perché i Paesi da esso accomunati attenuassero le loro differenze. Non crediamo che la soluzione possa essere la rottura dell’euro, come alcuni propongono. Si spera che, passata la stagione delle urne in Italia, Francia e Germania, fra un anno potrebbe aprirsi lo spazio per una fase di governo collettivo più illuminato per l’area euro. Potrebbe essere l’ultima occasione.


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IL CAMBIO: COME AGISCE NELLO SVILUPPO DELLE VENDITE VERSO L’ESTERO di Alessandro Scarlato Club Economia e Finanza Sida Group

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rima dell’avvento della moneta unica europea, in Italia si registravano ampie fluttuazioni della moneta nazionale e le svalutazioni dei corsi, rispetto alle altre divise internazionali, non era-

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no infrequenti. Apparentemente, la svalutazione della lira funzionava da stimolo alle esportazioni per quella che era una delle principali economie manifatturiere a livello mondiale. Nei fatti, la moneta debole, che era il risultato della sommatoria di più elemen-

ti, politici, economici e speculativi, produceva risultati nefasti di portata, è durata, ben più ampie dei benefici immediati. Il concetto che ho appena espresso in maniera estremamente essenziale, nella parte relativa ai presunti vantaggi, viene cavalcato da tempo

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CLUBECONOMIA&FINANZA dai detrattori dell’euro che auspicano l’uscita dell’Italia dalla moneta unica e oggi, addirittura, rincarano la dose esaltati dall’esito del recente referendum che sembrerebbe, e sottolineo sembrerebbe, aver sancito l’uscita della Gran Bretagna, che già non aveva aderito all’euro, dall’Unione Europea. Ovviamente nessuno è in grado di prevedere quali potrebbero essere gli effetti di una eventuale disgregazione dell’Europa qualora altri Paesi dovessero seguire l’esempio inglese e finora tutte le ipotesi formulate, specialmente quelle catastrofiste, non hanno trovato alcun riscontro effettivo. Ma torniamo al concetto di cambio e della leva esercitata dal rapporto di conversione sull’andamento delle vendite di un’azienda esportatrice. Nell’immediato, gli effetti del deprezzamento della moneta nazionale si traducono in una maggiore competitività dei prodotti che diventano più appetibili e, quindi, oggetto di un incremento della domanda estera. Per contro, il deprezzamento rende più oneroso importare merci e, specialmente nel caso del petrolio e di molte materie prime, ci si troverebbe di fronte alla difficoltà di sostituire le importazioni con la produzione interna. Ammettiamo, comunque, che un cambio debole favorisca le vendite all’estero ma la questione è certamente molto più complessa. Il cambio è una delle componenti del successo delle esportazioni e oggi, nell’era dell’economia globale e della moneta unica europea, la competitività va ricercata soprattutto nella qualità del prodotto e nella sue prerogative di unicità, affidabilità e innovazione. Per questo, le imprese italiane devo-

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no tornare ad investire nella ricerca e nella formazione, abbandonando le politiche miopi di breve periodo e lavorando sule prospettive a lungo termine. Oggi vi è chi propugna il ritorno alla lira, sottolineando la possibilità di un ritorno alla produzione e dell’incremento dell’occupazione grazie alla possibilità di manovrare i cambi e sottrarsi alle regole imposte dall’Unione Europea. E’ evidente che potrebbero esserci dei vantaggi ma la storia, finora, ci dice che la sovranità in materia monetaria ha avuto anche risvolti drammatici per l’economia del nostro Paese. Le conseguenze delle ripetute svalutazioni del passato, con gli attacchi speculativi sulla lira, hanno significato anche inflazione elevata e tassi insostenibili sui prestiti bancari, con il pesante epilogo della pesante crisi valutaria del 1992. E’ vero, le manovre sui corsi delle monete hanno consentito lo sviluppo di intere economie ma occorre tener presente che l’equilibrio che la svalutazione va ad intaccare è molto delicato ed attualmente gli Stati giocano una partita importante nel mantenere i corsi delle proprie monete entro parametri accettabili e, soprattutto, per periodi limitati, in una sorta di altalena che favorisce oggi un paese e domani un altro. Basti considerare l’attuale politica della Federal Reserve che prospetta un aumento dei tassi e, per contro, l’azione contraria della BCE, con il quantitative easing ed i tassi a zero. Certamente ci sono le eccezioni ed una è rappresentata dalla Cina che, nonostante le sollecitazioni delle altre potenze economiche, mantiene la propria moneta ed ha finora attuato soltanto timidi aggiustamenti.

Non possiamo negare che le esportazioni beneficiano di un cambio favorevole ma gli effetti sono fortemente limitati per quelle imprese che utilizzano l’import per approvvigionarsi delle materie prime necessarie a realizzare i propri prodotti. Forte è, invece, il vantaggio della svalutazione su quelle imprese con elevato know-how che producono utilizzando risorse disponibili all’interno, nel nostro caso, dell’area dell’euro. Nella situazione attuale, con l’Italia membro dell’Unione Europea e con l’euro come moneta nazionale, non abbiamo sovranità in materia valutaria. L’Unione Europea, sul cambio, ci offre una barriera contro aggressioni speculative da parte di nazioni più forti. E’ quindi auspicabile, in questo contesto, che le imprese medio-piccole, la cui struttura frammentaria è ormai da tempo inadatta ad affrontare le sfide internazionali, trovino la capacità di percorrere nuove strade in termini di collaborazione per costituire masse critiche adeguate alla necessità di investire, ripeto, nella ricerca e nella innovazione senza cercare di competere con i produttori di quei paesi che ancora sfruttano la manodopera a basso costo ed ignorano le più elementari regole in termini di sicurezza del lavoro e dell’ambiente. Pertanto, occorre orientarsi verso un altro tipo di impresa manifatturiera con un prodotto che viene scelto per caratteristiche peculiari e che rendono secondaria la questione del prezzo. In questo caso la debolezza della valuta nella quale il prezzo viene espresso diviene un fattore di ulteriore forza.


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IL LIBERO SCAMBIO, LE BARRIERE DOGANALI ED I LORO EFFETTI SULLO SVILUPPO DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE di Alessandro Scarlato Club Economia e Finanza Sida Group

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li accordi per il libero scambio prevedono un sistema di commercio internazionale in base al quale merci e servizi possono circolare tra i Paesi aderenti senza alcun ostacolo costituito da barriere doganali di qualsiasi genere, tariffarie e non tariffarie.

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E’ il caso, ovviamente, dell’Unione Europea ma esistono molte altre aree che hanno stipulato accordi per l’interscambio commerciale ispirandosi, tra l’altro, al modello europeo: tra i più importanti vi è il NAFTA (North American Free Trade Agreement) sottoscritto da Stati Uniti, Canada e Messico, ed il MERCOSUR (Mercado Comùn del Sur) che vede tra i propri

associati la quasi totalità dei Paesi dell’America Latina. Questi accordi favoriscono quindi i Paesi che ne fanno parte ma ciascun Paese è poi libero di adottare, nei confronti dei Paesi non aderenti, tutte quelle misure protezionistiche, di controllo, limitazione, pagamento, ecc. che vanno normalmente definite, appunto, “barriere doganali”.

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CLUBECONOMIA&FINANZA Le barriere costituiscono ostacoli a volte molto difficili da superare rendendo di fatto impossibile la conquista di determinati mercati da parte delle imprese esportatrici di altri paesi costringendole ad applicare processi di localizzazione produttiva, spesso dispendiosi, per sfruttare al meglio un determinato mercato. Questo, di fatto, altera i rapporti di competitività e impedisce le opportunità di vendita in quanto genera costi, oltre ai dazi, che incidono fortemente sui prezzi di vendita vanificando anche un’eventuale rapporto di cambio favorevole. Le normative che ciascun Paese applica, specialmente in materia di barriere non tariffarie, sono talmente articolate e complesse da costituire materia di difficile soluzione: le polemiche sul TTIP, ovvero il trattato economico di libero scambio tra USA e Europa, miseramente naufragato proprio di recente e rimandato ad una approfondita revisione, dimostrano quanto sia importante poter disporre di regole chiare e, soprattutto, comuni nel commercio internazionale. Nei processi di internazionalizzazione, l’Impresa che vuole espandersi all’estero dovrà dedicare parecchia attenzione allo studio dei Paesi obbiettivo e all’esistenza di barriere doganali protezionistiche. Soprattutto, si dovrà prestare attenzione all’esistenza di eventuali barriere non tariffarie, ben più insidiose di quelle tariffarie che prevedono generalmente il pagamento di un dazio definito. Le barriere non tariffarie, oggi molto più diffuse e alle quali il predetto TTIP cercava di porre rimedio, riguardano, invece, gli standard qualitativi in termini di sicurezza sanitaria e ambientale, di etichettatura, di imballaggio, o di qualsiasi genere, che un Paese impone ai prodotti prove-

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nienti dall’estero. Le barriere non tariffarie sono regole a volte di difficile interpretazione e molto differenti tra un Pese e l’altro. Decidere di esportare in un Paese che adotta queste misure protezionistiche potrebbe costringere l’Impresa che vuole esportare ad interventi pesanti sulle caratteristiche del prodotto, sui processi di produzione e conservazione, sui componenti utilizzati e la loro provenienza, insomma su quanto necessario a rendere il prodotto idoneo all’esportazione nel dato Pese. Ecco perché la pianificazione, nell’ambito delle strategie per l’internazionalizzazione, dovrà prevedere l’approfondita raccolta di informazioni da fonti qualificate al fine di accertare in anticipo l’esistenza di eventuali “barriere non tariffarie”. Molti sono i Paesi, soprattutto in specifiche aree geografiche, che hanno sviluppato accordi per superare queste problematiche e sulla materia opera il WTO, l’Organizzazione per il Commercio Mondiale, al quale aderisce la stragrande maggioranza delle nazioni. Dopo le elezioni presidenziali americane, assisteremo senz’altro ad una ripresa delle trattative sul già

citato TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, che prevede la riduzione dei dazi doganali tra USA e Europa e, soprattutto, la rimozione di numerose regole “non tariffarie” che oggi rendono praticamente impossibile lo scambio di prodotti di determinati settori. Il trattato, oltre ad agevolare la libera circolazione delle merci tra le due aree, rendere possibile accedere agevolmente nei rispettivi mercati dei servizi e degli appalti pubblici. Il TTIP ha estimatori e detrattori ed effettivamente, nella formulazione bocciata di recente, contiene diverse clausole potenzialmente pericolose dal punto di vista delle sanzioni, degli arbitrati e delle limitazioni all’adottabilità di leggi sul commercio da parte dei Paesi aderenti. E’ molto probabile che nel 2017, con le opportune modifiche, l’accordo venga sottoscritto. Nel frattempo, l’impresa che si accinge ad iniziare il processo di internazionalizzazione non trascuri alcun aspetto del Paese verso il quale intende espandersi, affidandosi a mani esperte per le necessarie valutazioni economiche, finanziarie e produttive.

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PUNTO.PMI

GIRO DI VITE DEL GOVERNO SUI VOUCHER. PIU’ CONTROLLO PER EVITARE VIOLAZIONI Nelle Marche il differenziale 2014-2015 segna un +61% di voucher staccati.

di Andrea Maccarone

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tretta del governo centrale verso l’utilizzo selvaggio dei voucher. Tra il 2014 e il 2015, solo nelle Marche, si è registrato un incremento del 61% di buoni lavoro staccati dalle imprese del territorio. L’obiettivo è quello di evitare che l’utilizzo deregolamentato dello strumento possa portare a favorire il lavoro sommerso. “Abbiamo deciso di stringere i bulloni intorno al sistema dei voucher per limitare o, se ce la facciamo, evitare in assoluto che si producano furbate”, ha detto il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, in un videomessaggio postato sul suo profilo Facebook. Quello annunciato dal governo è quindi il primo risultato di due filoni di attività. Il primo è rappresentato dall’attività ispettiva che conferma come le violazioni più ricorrenti in tema di voucher sono rappresentate dall’utilizzo del lavoratore per più ore o più giornate rispetto a quelle dichiarate oppure dal pagamento della retribuzione in parte attraverso buoni lavoro e in parte “in nero”. Il secondo è costituito da un lavoro di monitoraggio e di valutazione che il Ministero del

lavoro sviluppa su tutte le regole del lavoro e che, nello specifico dei voucher, è stato condotto in collaborazione con Inps. Le Regioni nelle quali si sono venduti più voucher nel 2015 – al pari di quanto accaduto nei due anni precedenti - sono la Lombardia (20.939.735), il Veneto (15.161.299) e l’Emilia-Romagna (14.322.944). La Regione, invece, che ha fatto registrare il trend maggiore di aumento nel 2015 è stata la Sicilia (+98.6 %) - nel 2014 era stata la Puglia (+124,2 %). Sono i dati forniti dal Ministero Lavoro che intende rendere tracciabili i voucher, i buoni per lavoro temporaneo, al fine di evitare gli usi illegali. Le imprese “dovranno comunicare preventivamente, in modalità telematica, il nominativo ed il codice fiscale del lavoratore per il quale verranno utilizzati, insieme con l’indicazione precisa della data e del luogo in cui svolgerà la prestazione lavorativa e della sua durata”. Per i buoni lavoro c’è stato un vero e proprio boom nel 2015 con quasi 115 milioni di voucher venduti (+66% sul 2014) e quasi 1,4 milioni di ‘percettori’ ma lo strumento è stato contestato dai sindacati e in particolare dalla Cgil che proprio ieri

ha annunciato l’avvio della raccolta delle firme per chiedere su questa norma un referendum abrogativo. Quindi il ministero del Lavoro ha pubblicato un Report sui voucher in collaborazione con l’Inps nel quale si segnala che circa il 10% di coloro che hanno percepito almeno un buono avevano avuto nei sei mesi precedenti un rapporto di lavoro subordinato o occasionale con il datore di lavoro che ha utilizzato il buono. I voucher sono utilizzati prevalentemente per il lavoro dei giovani (il 31% dei percettori ha meno di 25 anni) mentre quasi un quarto dei buoni venduti nel 2015 non è stato riscosso nell’anno. I settori nei quali l’uso del voucher risulta più significativo nel 2015 sono stati: il commercio (14,9%), il turismo (14,4%) e i servizi (11,4%).Nel 2015, il 7,9% dei lavoratori retribuiti con voucher avevano avuto nei tre mesi precedenti la prestazione un rapporto di lavoro con lo stesso datore; la percentuale sale al 10% se si prende a riferimento un periodo di sei mesi. I settori nei quali il fenomeno della provenienza da altri contratti è più significativo sono il turismo (in particolare), il commercio e i servizi.

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CARRIERE & POLTRONE Cesare Carnaroli Presidente Corecom Marche Matteo Marzotto Presidente Dondup

Carnaroli, ex sindaco di Fano, subentra a Pietro Colonnella, dimessosi a poche settimane dalla scadenza del mandato quinquennale. E’ entrato nel capitale sociale dell’azienda casualwear di Fossombrone, con il ruolo di Presidente. Dondup è nata nel 1999 da un’idea di Manuela Mariotti, attuale direttore creativo, e Massimo Berloni che lascia la poltrona di Presidente a Marzotto per diventare Presidente onorario.

Rodolfo Giampieri Presidente dell’Autorità Portuale dell’Adriatico Centrale

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio ha nominato Rodolfo Giampieri, già presidente dell’Autorità Portuale di Ancona, alla presidenza dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centrale (Ancona, Falconara, Pescara, Pesaro, San Benedetto del Tronto e Ortona).

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Simona Teoldi Dirigente Turismo, commercio e tutela dei consumatori Regione Marche

La Giunta regionale ha conferito nuovi incarichi dirigenziali, sulla base degli esiti del concorso indetto per ricoprire i 13 posti disponibili. Simona Teoldi, classe 1958, ha ricevuto la delega al Turismo, commercio e tutela dei consumatori.


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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE

GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E PMI di Mario Iesari Management Academy Sida Group - Marketing Strategico e Impresa Sostenibile

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a globalizzazione è un processo d’interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti tendono ad uniformare a livello planetario il commercio, le culture, i costumi ed il pensiero. Tra gli aspetti positivi della globalizzazione vanno annoverati la velocità delle comunicazioni e della circolazione di informazioni, l’opportunità di crescita economica per paesi a lungo rimasti ai margini dell’economia, la contrazione della distanza spazio-temporale, e la riduzione dei costi per l’utente finale grazie all’incremento della concorrenza su scala internazionale. Gli aspetti negativi sono il degrado ambientale, il rischio dell’aumento delle disparità sociali, la perdita delle identità locali, la riduzione della sovranità nazionale e dell’autonomia delle economie locali, la diminuzione della privacy. Questi ultimi hanno provocato recentemente alcuni cambiamenti di tipo politico, culturale e sociale che stanno influenzando i comportamenti delle aziende globali. Ci si riferisce a fenomeni come l’Antiglobalizzazione e il terrorismo, le tematiche ambientali (riscaldamento globale e Green Business) e lo stesso Commercio equo e solidale. Dal punto di vista delle strategie aziendali possiamo guardare alla globalizzazione come ad un fenomeno che porta alla gestione su scala globale della catena del valore, le cui fasi possono essere coordinate sia all’interno dei confini dell’impresa, sia al di fuori di essa. L’OCSE definisce la globalizzazione come “un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE movimento di capitale e tecnologia”. La globalizzazione della filiera produttiva è stata caratterizzata dalla prevalenza di aziende di grandi dimensioni, in grado di appropriarsi più rapidamente dei vantaggi dell’innovazione legata alle nuove tecnologie, e di operare su scala mondiale, affermando la propria presenza su più aree di produzione da cui aggredire diversi mercati di sbocco. Nuovi spazi si aprono però anche per le imprese di piccole dimensioni che possono essere in grado di presidiare specifici segmenti delle catene; per queste imprese l’integrazione nelle catene globali del valore può costituire una opportunità per provare a agganciare mercati distanti, che una volta erano impenetrabili. I fattori che stanno modificando le catene globali del valore sono peraltro di diversa natura, e hanno coinvolto i diversi settori in maniera differente. Negli anni duemila il trend dominante era quello della globalizzazione produttiva, legata all’aumento del commercio mondiale di manufatti e all’ascesa della Cina quale luogo di assemblaggio di un numero crescente di prodotti finali. Fra le tendenze più significative per le economie avanzate vi era quella alla delocalizzazione verso i paesi emergenti, caratterizzati da costi del lavoro più bassi. Le PMI italiane in alcuni casi hanno partecipato a questi processi di internazionalizzazione e delocalizzazione, ma molto spesso li hanno subiti, soprattutto in quei settori più tradizionali, nei quali la pressione competitiva sui costi si è rivelata insostenibile. Da alcuni anni la globalizzazione di tipo produttivo appare in decisa frenata. La crescita del commercio mondiale ha decelerato in misura marcata, e l’economia cinese è entrata

in una fase di rallentamento anche a seguito della perdita di competitività verificatasi negli ultimi anni. I processi di delocalizzazione hanno iniziato a fare posto addirittura a flussi di investimento in direzione opposta: è il cosiddetto re- shoring, ovvero il rimpatrio di alcune fasi della produzione che erano state spostate nei paesi emergenti. L’altro grande trend della trasformazione dei processi di produzione, l’affermarsi delle tecnologie dell’ICT, continua invece a guidare la trasformazione dell’economia mondiale. In questo caso, la dimensione settoriale è meno spiccata, visto che il cambiamento sta interessando anche diverse attività nei servizi, dai settori della finanza, a quelli della distribuzione commerciale. La forte presenza di global retailers ha storicamente indirizzato anche le caratteristiche della domanda, spingendo verso una crescente uniformità delle preferenze dei consumatori; questo può concorrere ad aumentare il peso delle economie di scala nei settori a monte, e sfavorire quindi i produttori più piccoli. In questi scenari caratterizzati dalla globalizzazione, l’internazionalizzazione risulta ormai un passo quasi obbligatorio per le imprese volte alla crescita, le quali non devono però tralasciare le significative possibilità di rischio che l’ambiente internazionale porta con sé e che potrebbero compromettere la sopravvivenza dell’impresa stessa. Tali considerazioni non valgono solamente per le imprese più grandi ma anche per quelle di piccole dimensioni che caratterizzano il sistema produttivo e di servizi del nostro paese. I vantaggi che le piccole dimensioni possono utilizzare nei processi di internazionalizzazione sono la specializzazione produttiva

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE che permette loro di ottenere un ottimo rapporto fra qualità e prezzo, e la flessibilità a livello organizzativo e produttivo che le rende molto rapide nei cambiamenti da adottare per soddisfare la richiesta di nuovi clienti. Esistono tuttavia anche punti di debolezza. Il successo delle piccole imprese è ancora strettamente legato alla figura imprenditoriale e alla sua esperienza perciò, se da un lato il basso livello di formalizzazione dei ruoli nelle PMI e la concentrazione delle responsabilità in capo alla figura dell’imprenditore aiutano il rapido adattamento ai cambiamenti, dall’altro creano scarse possibilità di crescita professionale Per una piccola impresa è inoltre molto difficile sostenere la crescita dimensionale e mantenere la competitività in modo adeguato a causa della limitatezza delle risorse finanziarie Il Marketing nell’epoca della Globalizzazione Nonostante tutto quello che si è detto riguardo gli effetti della globalizzazione questa va ancora intesa come un processo piuttosto che come uno stato già raggiunto per quanto riguarda i mercati di prodotti e servizi. In effetti in molti business esistono ancora delle differenze significative fra mercato e mercato nazionale che riguardano i gusti ed i comportamenti dei consumatori, le normative e così via. In questo processo evolutivo viene indicata una situazione intermedia che è quella della Regionalizzazione in cui si formano aree di mercato composte da più paesi che tendono ad assumere le stesse regole e comportamenti. Mercati regionali possono quindi essere intesi per molti prodotti i paesi della Comunità Europea oppure i paesi arabi o quelli Nordamericani.

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Il livello di globalizzazione di un mercato può essere valutato sulla base delle caratteristiche che riguardano sia i Consumatori che i Competitors. Per quanto riguarda i Consumatori il processo di globalizzazione restringe le differenze nei comportamenti e nelle attitudini, si formano reti di acquirenti professionali, le frontiere e le barriere geografiche non impediscono ai consumatori di muoversi per andare ad acquistare un bene a cui aspirano (vedi il caso del mercato del lusso), si formano accordi fra consumatori ed acquirenti fra i paesi. Per quanto riguarda invece la Competizione assistiamo ad un confronto fra gli stessi player nei vari paesi, ad una riduzione del numero dei competitors e al crescente utilizzo dei mercati nazionali. I driver che spingono le imprese verso i mercati internazionali riguardano quindi le caratteristiche dei mercati (bisogni comuni dei clienti, la esistenza di clienti e canali globali, la possibilità di utilizzare lo stesso marketing in numerosi paesi), quelle della competizione (la presenza di competitors globali) , i costi (l’esistenza di economie di scala), la tecnologia (internet e trasporti), i regolamenti governativi e di mercato (vedi ad esempio l’effetto della normativa riguardante la qualità ISO 9001). Gli obiettivi che vengono perseguiti dalle aziende che si muovono verso i mercati internazionali, oltre che la crescita di fatturato ed utili, sono la possibilità di ottenere vantaggi di scala e di scopo utilizzabili sui mercati nazionali; le opportunità di operare una pressione sui competitors, di diversificare i mercati (e quindi ridurre il rischio) e di imparare come si fa impresa all’estero specie nei mercati guida, operando nei quali si affinano le capacità aziendali Il processo di globalizzazione di una

impresa si articola sostanzialmente in tre fasi normalmente successive: l’introduzione su nuovi mercati nazionali, lo sviluppo di un marketing locale con la presenza stabile anche dal punto di vista organizzativo nel mercato nazionale ed infine la gestione globale del marketing a livello sovrannazionale. In effetti oggi grazie al ruolo della tecnologia digitale e delle comunicazioni abbiamo il caso di imprese che nascono immediatamente globali, anche se operano in segmenti di nicchia. Le differenti dimensioni culturali portano ad affrontare un dilemma classico delle strategie di internazionalizzazione: valutare se standardizzare


FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE e capacità di adattamento al mercato, ma molto spesso sono dotate di limitate risorse umane, finanziarie e tecnologiche: in questo scenario Internet può offrire benefici poiché permette all’impresa di affacciarsi sui mercati internazionali, a costi relativamente bassi; il web rimuove i vincoli geografici e permette l’entrata diretta nei mercati esteri. Non solo, grazie all’economia digitale esistono start up “born global”, che si distinguono da quelle che adottano il classico percorso sequenziale verso i mercati internazionali. Queste società tendono a realizzare nella rete gran parte dei loro processi: dalla progettazione alla commercializzazione, dal marketing alla ricerca di finanziamenti. Tuttavia anche le piccole imprese tradizionali, soprattutto nelle prime fasi di espansione internazionale, sono propense ad utilizzare il web come modalità di entrata nei paesi esteri, poiché attraverso la Rete esse possono sviluppare una conoscenza dei mercati nei quali espandersi senza il bisogno di recarsi in loco per analizzare i singoli elementi. la propria strategia di marketing mix oppure se adattarla alle differenti situazioni locali. La standardizzazione aiuta l’impresa a sviluppare un’immagine globale coerente e riduce i costi di progettazione, produzione e commercializzazione di un gran numero di prodotti. Essa però richiede una sostanziale uniformità per quanto riguarda i bisogni e le richieste dei consumatori; d’altro canto, però i consumatori dei diversi mercati possono avere un bagaglio culturale, esigenze e bisogni specifici differenti. Fra i due estremi esistono molte possibilità: la maggior parte delle imprese tende a “pensare globalmente e agire localmente”, cercando un equilibrio

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tra standardizzazione e adattamento alle singole realtà. La chiave del successo sta nel concentrare l’attenzione sugli aspetti comuni ai mercati, senza però tralasciare le differenze esistenti che li caratterizzano. Il marketing diventa globale quando le iniziative sono coordinate e integrate su più mercati nazionali. L’integrazione può coinvolgere la standardizzazione dei prodotti, imballaggi resi uniformi, l’impiego di marchi identici, la realizzazione di presentazioni coordinate dei nuovi prodotti e di simili messaggi pubblicitari. Le PMI, come abbiamo visto, sono caratterizzate da una grande flessibilità

Gli obiettivi e le metodologie dell’impresa possono essere differenti ma, sicuramente, in una prospettiva di espansione estera, il punto fondamentale consiste nella creazione di brand awareness. Il fattore “comunità” che caratterizza i social network e permette, appunto, l’individuazione di gruppi di individui con i medesimi interessi che interagiscono tra loro, è l’elemento chiave che porta il web ad assomigliare ad una sorta di mercato globale che può essere utilizzato dalle imprese per raggiungere utenti anche distanti tra loro ma appartenenti alla stessa nicchia, i quali non sarebbero raggiungibili in altro modo.

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’AZIENDA MARKETING ORIENTED NEI PROCESSI DI SVILUPPO INTERNAZIONALE di Alessandro Stecconi Management Academy Sida Group - Divisione Corporate Finance

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estire relazioni a distanza, progetti o trattative senza poter mai vedere l’interlocutore non è semplice e gli errori possono essere molteplici, tra i più comuni troviamo i fraintendimenti o le reazioni emotive come ansia quando non riceviamo una risposta. Tutto questo mi ha portato ad una riflessione: è possibile avere un beneficio o ricavare profitto migliorando la relazione on line? Il cosiddetto marketing dei servizi, che ingloba tutte le attività di after sales service, customer service e supporto, ha grandi potenzialità poiché il

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consumatore ha sempre più bisogno di sentirsi unico, coccolato e ascoltato; i suoi bisogni sono sempre più immateriali (quelli che Maslow poneva al vertice della famosa piramide) e si concentrano in particolare nel bisogno di sicurezza e di relazione. Pensiamo a quando dobbiamo acquistare un prodotto on line oppure abbiamo semplicemente bisogno di supporto procedurale per attivare un servizio, di sicuro utilizzeremo come criteri di selezione la convenienza (rapporto qualità/prezzo, costi/benefici) e l’affidabilità. Considerando che gli acquisti coinvolgono sempre più la sfera emozionale bisogna considerare l’affidabilità quindi la fiducia

che il consumatore ripone nell’azienda un fattore chiave nella scelta, non dimentichiamo inoltre che alla base di qualsiasi relazione stabile essa rappresenta uno dei fattori determinanti per mantenerla nel tempo. Quando un’azienda è customer oriented vende implicitamente anche l’affidabilità e una volta fidelizzato il cliente essa non potrà che trarne beneficio poiché egli tornerà di nuovo, parlerà bene dell’azienda e tramite il passaparola ci saranno nuovi clienti. Un cliente soddisfatto è più importante di una campagna pubblicitaria ben fatta poiché sarà egli stesso la pubblicità dell’azienda e a differenza di uno spot, che rimane nella nostra


FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE mente massimo per dei mesi, egli sarà un “portatore sano” di un brand per anni. Nei processi di sviluppo internazionale delle imprese questi elementi sono ancora più rafforzati. Le imprese che abbiano necessità di espandersi su mercati diversi da quello nazionale (“domestico”) possono adottare diverse strategie per farlo. Esse, infatti, possono decidere di attuare modalità di esportazione, sia essa diretta o indiretta, o anche semplicemente di stipulare accordi con imprese già situate nei mercati esteri in cui decidono di operare. Quando un’impresa adotta strategie di esportazione indiretta, la produzione delle merci resta nel paese d’origine dell’impresa stessa e la collocazione dei prodotti sui mercati esteri è affidata ad intermediari specializzati. Il mercato nazionale resta, comunque, lo sbocco prevalente per i prodotti dell’impresa ed il mercato estero accoglie solo le eventuali eccedenze dei prodotti. I vantaggi dell’esportazione diretta sono rinvenibili nei bassi costi e rischi commerciali e finanziari, nell’attuazione di economie di velocità nella penetrazione del mercato, nel rafforzamento del prodotto aziendale. Tuttavia vi sono anche degli inconvenienti nell’utilizzo di tale metodo di uscita dal mercato nazionale, quali: la scarsa conoscenza del mercato, poiché vi è un limitato ritorno di informazioni sulla domanda, sui canali di distribuzione e sulle azioni di marketing messe in atto dagli intermediari e dalla concorrenza. Per quanto riguarda l’importatore-distributore, esso è un operatore indipendente che acquista il prodotto, assumendo il rischio commerciale; ha il compito principale di importare il prodotto, ma può anche occuparsi della distribuzione presso grossisti o

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dettaglianti. Questi operatori sono un buon metodo per esportare il proprio prodotto all’estero, poiché hanno una buona conoscenza del mercato, una rete estesa di relazioni con i distributori locali, un’elevata capacità di gestire gli assortimenti e buona solidità patrimoniale e finanziaria. Gli inconvenienti dell’importatore-distributore sono che è restio ad effettuare investimenti per la distribuzione e per i servizi post-vendita, le politiche di vendita possono non essere in linea con quelle dell’impresa produttrice o possono anche generarsi conflitti sulla politica della marca. Per quanto riguarda, invece, l’esportazione diretta, attraverso di essa l’impresa di produzione mantiene la produzione nel paese di origine, ma realizza un maggior avvicinamento al mercato, assumendo in casa molte attività che con l’esportazione indiretta erano affidate a terzi. Dunque, l’impresa è dotata di un proprio ufficio esportazione, che si occupa di scegliere il personale addetto alla vendita, di gestire gli ordini e di definire le strategie e le politiche di marketing sul mercato estero. Solo in quest’ultima dinamica l’azienda aumenta la possibilità di controllare il mercato estero e di intervenire tempestivamente sulle politiche di vendita, orientando le policy complessive di marketing aziendali sulle specifiche richieste dei clienti internazionali. Le aziende customer-oriented hanno maggiore successo in termini di fatturato, reddito, quota di mercato, customer satisfaction e customer loyalty rispetto a quelle che tendono a focalizzarsi sulla delivery puramente “tecnica” del prodotto o servizio. Ma come ci si struttura affinchè l’orientamento aziendale sia effettivamente verso il cliente?

E’ necessario tornare a principi di base per poter ripartire, definendo obiettivi concreti e ben contestualizzati per la singola azienda, tenendo conto della realtà organizzativa. Il marketing strategico può infatti essere definito come l’insieme dei processi aziendali che consente a un’azienda di fare le promesse giuste (proporre ai suoi clienti attuali e potenziali un’offerta che genera valore per loro) e di mantenere le promesse fatte (organizzandosi per poter avere una delivery di prodotti e servizi che effettivamente generi per il cliente il valore promesso). Per fare le promesse giuste, occorre avere le informazioni giuste sul mercato. Queste possono provenire da fonti molto diverse tra di loro e con diversa facilità di accesso da parte dell’azienda: la propria rete commerciale, il comportamento “fisico” e “digitale” dei clienti, fornitori specializzati nel fornire informazioni settoriali di mercato, benchmarking dei concorrenti, social media. Per mantenere le promesse fatte, occorre innanzitutto che tutto il personale aziendale conosca quali sono queste promesse e l’importanza di mantenerle (affidabilità): serve una campagna di marketing interno. Il secondo step è quello di organizzarsi perché le attività necessarie al mantenimento delle promesse possano essere svolte al meglio: spesso il servizio al cliente è un’importante componente della promessa, e un customer service efficace, una logistica efficiente diventano quindi un indispensabile elemento del marketing mix aziendale. Per rendere concrete quindi le politiche di marketing, occorre spesso aggiustare l’organizzazione aziendale complessiva.

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE

IL MARKETING DIGITALE, NUOVO STRUMENTO PER LA REDDITIVITÀ AZIENDALE E PER LO SVILUPPO DEI SERVIZI DI MARKETING Verso l’internazionalizzazione digitale di Fabio Di Giulio GGF Group

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ino ad alcuni anni fa, le modalità di ingresso, attraverso le quali un’impresa poteva accedere a un nuovo mercato estero, erano normalmente ricondotte a tre possibili soluzioni: esportazione diretta

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o indiretta, vendita del licensing a un’impresa estera o delocalizzazione direttamente nel mercato-Paese estero obiettivo. Oggi, grazie all’internazionalizzazione digitale, possiamo operare su mercati lontani da quello di origine, ampliare la nostra offerta, contenere

i costi e bypassare i limiti infrastrutturali/logistici presenti sul territorio. L’internazionalizzazione digitale, grazie al supporto del marketing, è un fenomeno che si sta diffondendo soprattutto grazie all’utilizzo dell’e-commerce, il quale permette di


FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE vendere i prodotti on-line, senza nessun limite territoriale, raggiungendo qualsiasi parte del mondo a costi relativamente contenuti rispetto alle strategie tradizionali d’ingresso nei mercati esteri. Con il boom di portali di commercio elettronico specializzati come Amazon, Alibaba e eBay, si è avuto un passaggio al digitale sempre più forte, consentendo alle aziende di ampliare il proprio business on-line oltre lo stretto perimetro dell’e-commerce sviluppato dal proprio sito aziendale e raggiungendo una clientela sempre più ampia e internazionale. L’innovazione tecnologica ha contribuito ad avvicinare realtà tra loro fisicamente distanti offrendo nuove opportunità alle piccole e medie imprese attraverso una nuova prospettiva di crescita. Questo fenomeno è stato agevolato anche attraverso migliori condizioni di acquisto e/o approvvigionamento. Questa nuova forma d’internazionalizzazione rappresenta, quindi, una nuova ancora di salvataggio per tutte quelle PMI che rappresentano in Europa oltre il 90% delle imprese (23 milioni) e assorbono il 65% dell’occupazione; considerando anche che il 92% delle PMI contano meno di 9 dipendenti, configurandosi come micro imprese (percentuale che in Italia sale al 95% del totale). Eppure in Italia solo meno del 40% delle PMI sceglie di investire in soluzioni mobili. E soprattutto, ancora oggi, meno del 50% delle PMI è presente online con un proprio sito Internet. In molti casi si tratta di siti vetrina, spesso non aggiornati, in cui vengono riportati: catalogo prodotti, in alcuni casi il listino prezzi, l’informativa sulla privacy e i contatti con l’azienda. Non sempre questi siti sono tradotti in un’altra lingua (almeno in

inglese) e questo in molti casi va a pregiudicare di poter cogliere delle opportunità di business con l’estero. Il mercato digitale europeo è possibile dividerlo in tre parti: • Un mercato maturo: rappresenta dal Nord Europa, con una prevalenza in Germania e Regno Unito, • Un mercato in crescita: dove è presente l’Italia, la Spagna e la Francia, • Un mercato emergente: composto dai Paesi dell’Est Europa e dalla Russia, dove esiste una domanda potenziale elevata. Attraverso questa distinzione si può dire che l’Italia, insieme a Francia e Spagna, è considerata come un mercato con ampi margini di crescita, ma non ancora consolidato come quello del Regno Unito e dei paesi del nord Europa. Questa nuova forma di internazionalizzazione è favorita da numeri come i 3 miliardi di utenti presenti a livello mondiale e, soprattutto, dall’incremento degli utenti iscritti sui social network. Per capire l’incidenza di questi social network nell’indirizzare alcuni consumi rispetto ad altri, si rileva che Facebook ha raggiunto nel 2016 la cifra di 1,7 miliardi di utenti con un incremento del 20% rispetto il 2015. Altri social network come Twitter e Linkedin registrano rispettivamente 320 e 430 milioni di utenti attivi. Il marketing si evolve nel societing, dove la rete resta l’elemento cardine, le esperienze degli utenti generano tendenze e si raccontano direttamente, influenzando e venendo influenzate dalla rete nella quale sono immerse, in un groviglio ordinato di interazioni e conversazioni. La condivisione aumenta e si genera un’altra economia. I social network sono configurati in modo tale che gli utenti possano creare, condividere e commentare contenuti su presentazioni, documenti,

fotografie, libri, sport, musica, ecc.; sia a livello leisure che a livello business. Tali utenti, inoltre, possono interagire con altri individui con gli stessi interessi creando così delle comunità molto focalizzate. Vi è anche la possibilità di attivare delle campagne mirate sui social network con l’obiettivo di aumentare il traffico in altre pagine, ad esempio rinviando a landing page specifiche, sviluppate sui siti aziendali. Per realizzare un’internazionalizzazione digitale concreta, le aziende dovranno disporre non solo di un sito web aggiornato e eventualmente integrato con l’e-commerce, ma anche di tutti quei strumenti classificati come inbound marketing. Per inbound marketing intendiamo l’insieme di strategie di comunicazione marketing, le quali fanno sì che non sia più l’azienda a “catturare” i suoi consumatori con azioni che ne invadono gli spazi individuali (come accadeva in passato con gli spot televisivi che andavano a interrompere una trasmissione televisiva), ma siano invece i clienti stessi che, attratti dai contenuti di valore realizzati dall’azienda, si interessino di spontanea volontà alle sue offerte. Questi strumenti inbound possono essere, oltre alle azioni di Direct Marketing, i social media, i blog, le attività di SEO, video virali, gli e-books, ecc. Le attività di inbound marketing sono viste dalle aziende in maniera positiva, poiché attraverso degli investimenti minimi di budget, con un monitoraggio dei risultati, si possono avere dei ritorni economici elevati. Un altro elemento importante dell’internazionalizzazione digitale è la possibilità di creare delle relazioni con target di individui e aziende normalmente difficili da raggiungere, difatti i social network e i servizi di web marketing sono trasversali rispetto ai

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE confini nazionali. Come evidenziato in precedenza, oggi è sempre più probabile che anche le aziende, oltre che le persone, siano utenti di questi strumenti; entrare in questa “conversazione globale” e avere, ad esempio, una presenza su Facebook o Twitter o un canale Youtube consente, a costi ridotti, una visibilità potenzialmente molto elevata per il brand e i prodotti di un’azienda. Un altro vantaggio raggiungibile con l’utilizzo di tali social è la possibilità di interagire con le persone che fisicamente compongono i mercati obiettivo, questo consente di avere dei feedback o acquisire delle informazioni “di prima mano” altrimenti difficili e molto costose da ottenere. Tutte le scelte d’internazionalizzazione digitale devono essere ponderate attentamente con riferimento alle risorse disponibili per l’azienda, in quanto se è vero che i costi della tecnologia oggi sono trascurabili, l’impatto di queste sia sulle modalità d’interazione con il mercato sia sulla struttura organizzativa possono essere forti e mettere in discussione procedure e modalità di lavoro ormai consolidate nel tempo. L’Internazionalizzazione Digitale si basa, quindi, su servizi innovativi e strumenti della rete (internet, applicazioni) ed un massiccio utilizzo del mobile, nell’ottica del societing. I processi di Internazionalizzazione Digitale permettono alle imprese di fondare gli strumenti tradizionali di promozione economica all’estero, sulla costruzione dei propri specifici network sociali, coniugando le nuove possibilità di business connesse con l’utilizzo dei servizi di promozione internazionale tradizionale, con i valori condivisi di tutti i soggetti coinvolti. Ogni strategia di promozione economica internazionale e di smart marketing viene rivisitata nell’ottica del so-

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cieting e della innovazione, A partire dal check up e dal coaching aziendale, che tenga conto anche delle politiche digitali aziendali e del loro impatto sui mercati esteri, passando per le analisi di mercato e la individuazione dei paesi target, fino alle politiche di promozione aziendale e di posizionamento del brand anche on line; alla customer satisfaction ed alla fidelizzazione di clienti e partner internazionali. Utilizzare tali strumenti in maniera ponderata, integrandoli con le attività offline, rappresenta la soluzione migliore, poiché i social media e tutte le attività di inbound marketing

rappresentano un’arma importante per migliorare il successo di un’azienda nei mercati internazionali. E questo approccio funziona, secondo un’analisi sull’internazionalizzazione digitale commissionata da Google a Doxa Digital nel 2013, la percentuale di piccole imprese digitalizzate che intrattengono relazioni con l’estero è quattro volte superiore alla percentuale di quelle non digitalizzate. Per le medie imprese, tale rapporto è del 50%. Al crescere del livello di maturità digitale, cresce del 21% la percentuale delle piccole imprese che esportano e del 15% quello delle medie imprese.


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BIG DATA E INTERNET OF THINGS STRUMENTO PER ALLARGARE I MERCATI ESTERI di Laura Osmani Mind X Up

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o Smac “Social Mobile Analytics and Cloud” alla base dei contemporanei processi di business innovation consente la creazione reale e virtuale di ecosistemi micro e macro di sviluppo dei canali di comunicazione e di interazione sociale ed economica lungo le direttrici Consumer to Consumer, Consumer to Business, Business to Business, in contesti nazionali e in-

ternazionali, nelle strutture di import e di export, nel traffico di merci e in quello Big dei dati. I sistemi di analytics consentono di comprendere e sintetizzare informazioni, comportamenti e grado di soddisfazione in merito a servizi e prodotti offerti lungo le filiere commerciali e l’entrata in contatto con tali data warehouse è agevolato dai sistemi di cloud computing, i quali offrono condizioni di sicurezza e rapidità

nell’accesso ai dati, alle nuove tecnologie e ai moderni modelli di business in linea con i bisogni emergenti e le attuali risposte che il mercato dell’onoff line richiede. Gli oggetti intelligenti collegati alla rete mettono in contatto e relazione aziende, risorse e persone tramite la realizzazione di sistemi smart Home, smart City e smart Building, smart Mobile, smart Car, smart Grid, smart Manufacturing.

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE E lo sviluppo del business? La connettività e l’interoperabilità aprono nuovi e ampi scenari di mercato non solo alle aziende multinazionali, ma offrono anche alle piccole e medie imprese la possibilità di accedere a occasioni di contatto e di confronto precluse o quantomeno limitate nel secolo scorso. L’accessibilità all’informazione risulta a supporto dei processi di internazionalizzazione in tutto il processo di sviluppo e implementazione del business. Si parte dalla data collection in merito ai sistemi paese, ai dati macro e micro economici, alle informazioni legali e fiscali, si continua poi con i processi di ricerca fornitori e attori da inserire nella filiera, per poi passare ad informazioni in merito ai trend di mercato, alle tendenze dell’online, alla cross analysis di target clientela prospect. Si prosegue con analisi di dati di import/export e con i primi pilot test di penetrazione del mercato stesso. Il benchmarking, l’analisi degli indicatori di bilancio e di performance, la ricerca di partner trovano quindi una via alternativa, rapida ed economica di reperimento. In linea con quanto appena espresso il centro studi e ricerche di Unioncamere Emilia Romagna, in collaborazione con il sistema delle camere di commercio dell’Emilia Romagna ha dato vita all’Intelligence Export Report (IER) uno strumento a servizio delle PMI nei processi di internazionalizzazione. Il servizio può essere personalizzato in base alle caratteristiche dell’azienda richiedente restituendo le informazioni in base agli obiettivi e ai mercati target e consentendo un incrocio tra i dati economico/finanziari e di bilancio con i dati di esportazione e flussi commerciali. (fonte: http://www.ucer.camcom.it/ nuovi-servizi-unioncamere/intelligent-export-report-ier)

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Il futuro sembra parlare non più tramite sillabe, ma tramite bit, miliardi di dispositivi saranno connessi ad internet entro il 2020 secondo Cisco, per un valore trasversale a tutti i settori che secondo le stime di Gartner raggiungerà 1900 miliardi di dollari a livello worldwide (fonte: http://www. sas.com/it_it/insights/articles/ big-data/analytics-e-internet-of-things.html del 25092016). Secondo Idate le stime del mercato entro il 2020 porteranno ad una crescita non inferiore ai 7 trilioni di dollari, mentre

McKinsey & Company azzarda la cifra di 11 trilioni di dollari per il 2025. (fonte: https://www.key4biz.it/ internet-of-things-nuove-linee-guida-internazionali-per-sviluppo-e-sicurezza/149198. Entro il 2020 il mondo vedrà la presenza di 26 miliardi di dispositivi connessi - ognuno dei quali dovrà essere affidabile e sicuro. (fonte: http://www.gsma.com/connectedliving/iot-security-self-assessment/ - nostra traduzione). L’innovazione non è solo tecnologica, a cambiare sono i processi, gli approc-

ci, i sistemi di ricerca e di repository/ sicurezza, nonché le riserve di informazioni e conoscenza. A moltiplicarsi non sono solo i canali di contatto ed interscambio, ma le opportunità di business che aumentano in via quantitativa, ma soprattutto sotto il profilo qualitativo, perché quello che a monte era big data, nel passaggio interno ai meccanismi degli analytics diviene informazione nutrita e qualificata, pronta all’utilizzo, pronta ad individuare mercati, clienti ed opportunità. Il bisogno comunque risulta certamente quello di creare sistemi centralizzati di organizzazione del dato, che riducano gli errori di calcolo e di stima del sentiment, che ricodifichino tramite strumenti di text analysis perifrasi ed opinioni, che facciano dell’interpretazione dei concetti una disciplina condivisa, che incanalino i torrenti dell’informazione snowball in comparti di conoscenza condivisa e sistematizzata, che normalizzino e de-duplichino numeri, codici e identità per garantire univocità alle milioni di voci dell’online e dell’offline. Così, mentre da un lato i magazzini fisici delle aziende si contraggono e i livelli di inventory divengono sempre più legati a parametri legati al saving e al controllo degli stock, dall’altro i magazzini dell’e-commerce si automatizzano, aumentano i valori dei loro indici di rotazione in linea con le moderne tecniche legate alla Lean Manufacturing, al Kanban, e-Kanban e Just in Time. I repository online si evolvono e si preparano a contenere e preservare moli di informazioni sempre maggiori provenienti dai mercati local e glocal, nelle lingue di tutto il mondo e nei linguaggi dell’online e social marketing & sales, del remarketing e dei motori di ricerca e dei meta-search.



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WEB E SOCIAL PER VENDERE NEL MONDO di Claudia Bartolini Management Academy Sida Group - Area Web Marketing

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l web marketing è usato moltissimo dalle PMI come vetrina nel mondo ma, all’interno di una strategia di comunicazione verso il mercato estero occorre sempre considerare preventivamente gli aspetti macrosettoriali, cioè quelli politici, economici e reperire prima informazioni sui cosiddetti mercati obiettivo. Oggi sono reperibili online diversi studi per paese e per settore di interesse, ma è sempre consigliabile informarsi presso le associazioni di categoria, l’ICE, e le Camere di Commercio. Creare poi un archivio clienti è fondamentale, partendo dalle richieste dall’estero e prospect esteri in occasione di eventi di settore. Si possono anche trovare database online oppure è possibile richiederli alla Camera di Commercio. Eseguire un’analisi SWOT, formare ed organizzare le risorse umane, documentarsi e attrezzarsi per le procedure burocratiche sono i successivi passi obbliga-

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tori. Nel posizionamento pubblicitario teniamo sempre in considerazione il motore di riferimento del paese: nel caso della Russia per esempio Yandex è l’equivalente di Google mentre Analytics di Google o Facebook rimangono sempre universali e sono idonei ad entrambi i mercati. In questo paese il social network per eccellenza è Vkontakte ( vk.com) simile al nostro FB. Molto usati in Italia o negli Stati Uniti ma limitati in altri stati sono Google+ e Twitter e questo ne limita fortemente una strategia adeguata di comunicazione. Se parliamo dell’ambito B2B(business to business) è imprescindibile essere su LinkedIn. Considerate che questo è l’unico social network non oscurato in Cina e che addirittura dall’anno scorso si interfaccia con wechat, il principale microblogging cinese. Ma anche se pensiamo all’India, agli Stati Uniti o ad altri paesi asiatici, i

primi contatti con i prospect molte volte nascono su LinkedIn, che sta diventando sempre di più un marketplace. Se invece vogliamo comunicare con il pubblico, cioè avere un approccio da B2C (Business to Consumer), allora dobbiamo considerare quali sono le piazze virtuali di paesi target specifici. Per esempio, in Spagna gli utenti apprezzano molto seguire alcuni brand, mentre in Brasile amano poco “l’interruzione commerciale” all’interno dei canali digitali. Un attenzione particolare alla traduzione: il Pay off aziendale potrebbe essere frainteso in un’altra cultura. La comunicazione di prodotto deve sempre passare per la lingua del paese in cui vogliamo penetrare e solo in un secondo momento quando abbiamo già il potenziale contatto è possibile definire alcune questioni con il cliente anche in inglese.


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DATA SCIENTIST di Romano Mataloni Management Academy Sida Group - Area ICT Digitale

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on tutti sanno, o sono consapevoli, che ad oggi il 90% dei dati è stato creato negli ultimi anni. I dati crescono continuamente e lo tsunami dei dati ci sta travolgendo. D’altronde quella che stiamo vivendo è l’era della informazione per la quale i dati arrivano ormai da ogni dove

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sommergendoci anche individualmente. Un semplice esempio, facile da comprendere, è porsi la domanda di quanto è grande il proprio archivio fotografico digitale. Quante sono le fotografie che si è deciso di non stampare e che quindi giacciono negli hard disk del proprio Personal computer o nel supporto di memorizzazione esterno?

E quanto è grande lo spazio disco utilizzato rispetto a soli tre anni fa? Foto, filmati, immagini, documenti, presentazioni, fogli di calcolo, file audio, ecc. sono dati che sono stati immagazzinati. Se lo stesso ragionamento lo trasponiamo a livello globale e consideriamo i dati prodotti dalla nostra società, nel suo complesso, comprendiamo quanto grande sia effettivamente

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE questo fenomeno e quanto sempre più digitali e quanto Big rispetto al passato siano i dati che ci circondano: • sensori sempre più diffusi ed utilizzati, che aumenteranno i prossimi anni in maniera esponenziale con l’avvento di Internet Of Things, sono e saranno la fonte di una immane mole di dati sull’uso e sul funzionamento dei prodotti • social media che sono l’origine della esplosione dei contenuti che giornalmente condividiamo e creiamo • dati bancari che ogni giorno si accumulano • l’ enorme quantità di registrazioni di dati relativi agli acquisti on line • archivi di immagini, video, audio • dati telefonici • i segnali Gps che ci scambiamo • ecc. questi sono solo pochissimi esempi, che danno certamente l’idea della dimensione del fenomeno e che fanno riferimento ad archivi di dati definibili “grezzi”, ovvero non trattati, non fruibili, non utilizzabili, tipicamente conservati così come sono stati generati dalle rispettive sorgenti. Come già scritto in un precedente articolo sul tema “Il Valore della Informazione”, l’azienda oggi deve diventare intelligente. Ovvero i dati grezzi e disadorni di cui l’azienda potenzialmente dispone, debbono essere trasformati in informazioni, in modo da saperle interpretare e leggere desumendone un contenuto di conoscenza, da cui essere in grado di attuare tutte quelle azioni di business per il conseguimento e raggiungimento dell’ obiettivo della crescita del valore aziendale. L’esigenza di trattare i dati, non solo per acquisirli, conservarli e assolvere modesti compiti operativi, ma principalmente per analizzarli e interpretar-

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li opportunatamente, diventa sempre più una necessità condivisa che deve prevedere l’intervento di un professionista specifico, che molti chiamano Data Scientist, e che racchiude tra le sue competenze molte esperienze e specializzazioni. Il saper analizzare ed interpretare dati è un vecchio mestiere. L’analisi dei dati sperimentali, economici, di business, provenienti da indagini sociali o censuari è una disciplina che ha una storia di più di due secoli e che ha un nome: statistica. Fino ai primi anni ‘90, gli analisti di dati dovevano anzitutto porsi il problema di quali dati raccogliere e quindi registrare; quali interviste commissionare, come codificarle e renderle disponibili per un software che le analizzasse. Ognuna di queste

operazioni aveva un costo. Lo scopo era quello di trarre conoscenza/previsioni utilizzando il minor numero di dati possibili. Dagli anni ’90 in poi, con l’ avvento di Internet e del commercio elettronico, la situazione è cambiata significativamente: molte delle informazioni, per esempio riguardanti la relazione col cliente, sono nativamente disponibili in formati digitali. Talvolta è un dato strutturato, gestito e raccolto tramite le piattaforme di Customer Relationship Management, talvolta ancora da strutturare, come immagini, suoni, voce, testo libero, ecc., provenienti dalle piattaforme social ove il consumatore si trasforma in produttore di informazioni (Prosumer). Inoltre negli ultimi anni abbiamo as-


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sistito alla violenta accelerazione del processo di digitalizzazione (a mio avviso ancora non completata) che ha investito tutti i settori della industria. Sempre più le aziende sono consapevoli di potere acquisire vantaggi competitivi dai dati che per il momento sono solo memorizzati e giacciono passivamente nelle “pance” dei propri elaboratori (per esigenze di processo) potenziali fonte di informazioni ma che non sono realmente utilizzati e analizzati. Facciamo un esempio : tutti i dati che sono prodotti dalla sensoristica delle nostre automobili, sono in massima parte analizzati solo nel momento in cui si manifesta un guasto dalle apparecchiature di diagnostica della nostra officina meccanica autorizzata. In realtà invece la loro analisi base gior-

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naliera di routine, per tutte le auto dello stesso modello, potrebbe portare enormi benefici nell’aumentare la sicurezza, la diagnostica di guasti, la proattività del guasto, la affidabilità delle auto. Diverse case produttrici cominciano a muoversi in questa direzione con l’obiettivo di fornire un servizio di valore alla propria clientela, ma soprattutto per approvvigionarsi di dati utili per la progettazione di nuovi modelli al fine di individuare la difettosità prima ancora che si manifesti. Di fronte a questo scenario, la statistica tradizionale ha fatto fatica a ribaltare il suo paradigma di analisi. La Computer Science, molto più vicina al reale svolgimento dei fatti, ha pragmaticamente cercato di reagire, proponendo metodi e algoritmi adatti a indagare dati in quantità assolutamente inusuale per gli statistici, da qui la nascita di nuove discipline come il Data Mining, il Data Warehousing, lo Statistical Machine Learning e altre. Il Data Scientist, con le sue capacità di analizzare e interpretare dati, diviene così sempre più una figura professionale centrale e quindi richiesta nel mondo aziendale. Su una cosa tutti gli analisti concordano: uno dei problemi dei prossimi decenni sarà il gap tra la scarsa offerta e l’abbondante domanda di Data Scientist. Il Data Scientist è un professionista ed è il portatore di una serie di competenze che permettono alle aziende non solo di sfruttare i dati disponibili per generare vantaggio competitivo, ma anche di creare nuovi modelli di business: • Capacità di comprendere l’origine dei dati che analizza, e le possibili distorsioni insite in essa; • Capacità di analizzare il flusso in-

formatico di provenienza dei dati: conoscere le tecnologie, i loro limiti prestazionali e i vantaggi dell’una sull’altra; • Capacità di identificare problemi di business che possono essere meglio indirizzati grazie all’analisi dei dati; • Capacità di analizzare i dati con metodi scientificamente provati: Statistica, Data Mining, Ricerca Operativa; • Capacità di comunicare con chiarezza al top management i risultati e le raccomandazioni di business conseguenti, • Capacità di ideare applicazioni automatizzate, che analizzano e suggeriscono le decisioni in ambienti complessi. Tutti questi aspetti sono parte della professione del Data Scientist, combinati con una intrinseca attitudine di fondo fatta di curiosità, di creatività, di comunicazione, di problem solving, di integrazione e integrabilità delle fonti interne e esterne, di conoscenza dei processi aziendali. Fino a un recente passato, i Data Scientist si sono formati sostanzialmente in modo autonomo, empiricamente, risolvendo problemi sempre più complessi frutto della combinazione, talvolta casuale, tra le attitudini, gli studi individuali e le opportunità aziendali senza un percorso di formazione e di crescita ben preciso. L’ obiettivo che il mondo della formazione deve perseguire è sviluppare e creare queste nuove competenze professionali, ma deve anche porre l’attenzione per la creazione di una cultura diffusa che riconosca il valore strategico della gestione dei dati (e il processo decisionale ad esso legato) e che sostenga il mondo imprenditoriale soprattutto delle Piccole e Medie imprese.

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IL RUOLO DI STARTUP E ACCELERATORI NEL PROCESSO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL TESSUTO ECONOMICO LOCALE di Floriano Bonfigli Management Academy Sida Group - Area Startup

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e startup sono progetti d’impresa, ad uno stadio più o meno evoluto, accomunate da una serie di attributi . In primis, le startup fanno leva su una o più novità tecnologiche, opportunamente ricombinate. In secondo luogo,

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la compartecipazione al rischio finanziario d’impresa comprende soggetti che vanno oltre la sfera dei fondatori, si tratta degli angel investors e venture capitalist. La forza lavoro non deve necessariamente trovarsi nel luogo in cui avviene la transazione economica; è il tipico caso del ristorante che

per operare deve avere in loco cuochi e camerieri, in contrapposizione con chi vuole lanciare una catena di ristoranti in franchising, la cui gestione può essere concentrata in pochi uffici e lontano dai luoghi in cui i vari franchisee operano. Un altro aspetto è che le startup bruciano molte risorse,

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almeno rispetto a quelle che si possono permettere, prima di individuare il modello di business che renda il progetto stesso sostenibile e scalabile. Infine, esse hanno una naturale predisposizione al mercato globale, pur spesso partendo col testare le proprie assunzioni di business sul mercato locale. Ciò si rende necessario per garantire quei moltiplicatori sul ritorno dell’investimento che angel investor e venture capitalist richiedono, in cambio dell’alto rischio di puntare loro somme di denaro in progetti così embrionali. Infatti, ad onor del vero, nella stragrande maggioranza dei casi, la combinazione tra ricerca di un business model scalabile e l’attuarlo su scala globale, risulta fatale per la startup che, terminando anzitempo le risorse economiche a sua disposizione, deve chiudere in tutta fretta bottega. D’altra parte, gli acceleratori sono delle organizzazioni che possono essere interpretate come moltiplicatori di opportunità per le startup stesse, affinché vedano diminuire le probabi-

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lità del proprio fallimento. Ci sono diversi modelli d’accelerazione d’impresa nel mondo, ma comunque, le opportunità che tutti mettono sul piatto sono principalmente tre. Prima di tutto, forniscono capitale sufficiente da permettere ai fondatori di dedicarsi al 101% solo alla propria attività di startup per il periodo di accelerazione, in cambio di un’opzione su una quota di minoranza della società. Quindi, mettono sul campo una rete di mentor e advisor di caratura internazionale che entrano in contatto con i fondatori stessi e trasferiscono loro quel bagaglio di conoscenze ed esperienze, inerenti sia alla gestione di un progetto d’impresa dalle dinamiche così particolari, sia al mercato a cui vogliono puntare, che altrimenti sarebbe difficile se non impossibile ottenere in tempi così brevi. Infine, al termine del periodo di accelerazione, le startup vengono presentate ad un gruppo d’investitori fidelizzati, che di buon grado scommettono su di loro, consapevoli della bontà del percorso di accelerazione a cui i team dei progetti hanno avuto l’onore di partecipare. L’esperienza comune sembra dire che il connubio tra acceleratori e startup è tanto più vincente e profittevole per tutti, quanto più questi si trovino ad orbitare attorno allo stesso ecosistema, che in genere coincide con l’area metropolitana di una grande città. Ciò significa che non bisogna lavorare su scale enormi per attivare quel circolo vizioso per cui un gruppo di volenterosi innovatori, all’inizio senza esperienza alcuna, diventano con l’aiuto esterno di attori chiave, degli imprenditori navigati e di successo su

scala internazionale, che facciano da modello ad altri che, timidi, si stanno affacciando a questa scena. Dunque occorre focalizzare le proprie azioni su di un area geografica ristretta, e questa è sicuramente una buona notizia che deve spingere tutti nella stessa direzione, a partire dal policy maker regionale, cui spetta la stesura di un framework di norme e regole dedicate a questa particolare metodologia di fare impresa, che in realtà sono state già decodificate con discreto successo altrove qui in Italia. Non si tratta perciò di reinventare la ruota. Un altro attore centrale è il mondo accademico locale cui spetta l’onere e l’onore di valorizzare la proprietà intellettuale generata dalle attività dei propri studenti, ricercatori e professori. Inoltre non si possono dimenticare le imprese già mature del territorio, che devono avvicinarsi senza diffidenza alle startup, certamente nuove del mondo degli affari ma, senza timore reverenziale, al lavoro costante sulla frontiera tecnologica, come spesso un’organizzazione aziendale già strutturata non può fare. In conclusione, abbiamo visto che le startup hanno una naturale vocazione all’internazionalizzazione. Abbiamo poi compreso che non è plausibile che i loro fondatori riescano a fare tutto da soli, data la complessità organizzativa che si trovano ad affrontare e la relativa poca esperienza imprenditoriale che possono mettere sul campo. E’ prima di tutto compito degli acceleratori allenare le startup a queste dinamiche, poiché il modello di business dei primi è del tutto allineato alle prospettive di crescita ed espansione sui mercati delle seconde. A beneficiare del loro mutuo successo su scala globale sarà tutta la comunità locale, in un gioco che non deve essere pensato a somma zero.


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CAPITANI CORAGGIOSI ALL’ASSALTO DEL MONDO Internazionalizzazione, parla Di Battista (Unioncamere): «Le istituzioni fanno una buona lobbying per creare rapporti, gli imprenditori indomiti aggrediscono i nuovi mercati». Usa, Iran e Asia sono le ultime frontiere di Emanuele Garofalo

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l Made in Marche fa il giro del mondo, nonostante le crisi internazionali e le dimensioni delle Pmi che fanno sembrare l’ingresso nei mercati esteri una lotta tra Davide e Golia. Export

in ripresa nel primo semestre 2016 e un calendario serrato di missioni all’estero sono il segno che, mentre il mercato interno continua a ristagnare, le imprese marchigiane provano a vincere fuori casa. «Si stanno molti-

plicando gli sforzi, merito soprattutto dell’aggressività di imprenditori indomiti, che investono e cercano nuovi mercati spesso contro ogni previsione catastrofica» commenta Graziano Di Battista, presidente Unioncamere

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE dalla Russia, sperando di non essere nuovamente penalizzati dalle sanzioni internazionali. Tra i nuovi mercati, Stati Uniti, l’estremo oriente come Corea e Giappone, dove lavoriamo con l’altissima moda, il mercato immenso della Cina, l’Iran e l’Argentina. Ma sorpresa abbiamo scoperto al Micam di Milano che sono venuti con interesse anche compratori molto vicini a noi, come la Croazia e i Paesi della ex Iugoslavia.

Marche, in prima linea per sostenere le aziende nei processi di internazionalizzazione. Argentina e Sud America, Iran, Corea del Sud, sono solo alcune delle ultime missioni che si sono tenute tra settembre e ottobre coinvolgendo delegazioni di centinaia di aziende marchigiane, partite per firmare contratti con i possibili buyers di oltre confine. Non è solo export, cosa significa fare internazionalizzazione? Spesso semplifichiamo parlando di manifestazioni fieristiche come il Micam o l’Obuv, ma in realtà significa fare un’azione di buona lobbying che favorisce e crea il raccordo tra le imprese locali e i mercati esteri. Ad esempio a settembre abbiamo incontrato l’ambasciatore cinese nelle Marche, insieme con l’assessore Bora, il dirigente Orsetti e alcune imprese del

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territorio come Pieralisi e diversi calzaturieri. Così si stringono i rapporti a livello internazionale. Il mercato globale resta comunque difficile per le Pmi marchigiane. Senza dubbio, le nostre Pmi per le le loro dimensioni fanno difficoltà ad aggredire mercati molto ampi e difficili, penso ad esempio a quello cinese. Per questo bisogna dare valore alle filiere, alle reti di imprese, alle associazioni tra imprese. Come è altrettanto indubbio che la digitalizzazione e l’uso del web sono uno strumento potente di promozione internazionale, a costi accessibili. Dove funziona il Made in Marche e quale sono le nuove frontiere? Il primo mercato di riferimento resta quello tradizionale dei Paesi europei, ma ci sono segnali di ripresa anche

Non manca anche il fattore culturale per avere successo. Non a caso sappiamo che l’Iran non è un mercato facile, ma tradizionalmente ha una discreta attenzione alle abitudini occidentali e un maggiore dinamismo di altri Paesi del Medio Oriente. Il settore edile per esempio è un mercato di sbocco, dove si sta lavorando per aprire una strada alle nostre aziende, forse per la moda invece è prematuro. Lo stesso fattore culturale pesa per la Corea del Sud, che ha aperto i battenti alle nostre imprese dopo anni. Quali sono le azioni che favoriscono l’internazionalizzazione delle Marche? L’instancabile ricerca per proporre prodotti nuovi, la partecipazione a fiere e mercati, l’azione di governo che promuove il manifatturiero italiano, la possibilità di concorrere alla stessa maniera degli altri Paesi dove il costo del lavoro è minore, la sburocratizzazione e la semplificazione. Ma la verità è che stiamo ancora navigando in una situazione estremamente difficile, per le sanzioni alla Russia, per la Brexit che ha creato problemi a chi ci lavorava. Il merito è sopratutto degli imprenditori che hanno il dinamismo e l’aggressività che serve, sono loro a provarci contro ogni previsione.


FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE Croazia

MACROREGIONE, ADESSO SI FA SUL SERIO A febbraio la prima tranche dei cento milioni di euro del programma Adrion. Il sogno di un Adriatico pacificato nello sviluppo economico prende forma di Emanuele Garofalo

L

a Macroregione Adriatico Ionica diventa realtà. Entra nella fase operativa la strategia macroregionale, entro fine anno gli otto Paesi membri sono chiamati

a decidere i progetti capofila dei quattro “pilastri”: infrastrutture, turismo e cultura, cooperazione per lo sviluppo delle Pmi, ambiente. Tra febbraio e marzo ecco i primi finanziamenti per 33 milioni di euro, sarà la prima del-

le tre tranche del programma Adrion creato appositamente dalla Commissione europea, che prevede fondi per 100 milioni di euro. E la selezione dei progetti sarà direttamente sotto la responsabilità della Regione Marche, a

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FOCUS INTERNAZIONALIZZAZIONE cui è stata affidata la messa a punto la cosiddetta piattaforma degli stakeholders, il tavolo di confronto online e offline per tutti gli operatori e la società civile della Mrai. La road map è stata ribadita dalle delegazioni dei governi riunite ad Atene lo scorso 7 ottobre per l’ultimo summit della Iniziativa Adriatico Ionica, l’organo politico che oggi guida la strategia europea. Dal segretario generale Iai, l’ambasciatore Fabio Pigliapoco, la soddisfazione per un vertice definito “spartiacque”. «Dopo anni di preparazione, si iniziano a produrre i risultati concreti. È quello che serve per creare la Macroregione della società civile, che coinvolga la gente. È la realizzazione del disegno più nobile, quello della Carta di Ancona del 2000, che intendeva ricostruire un tessuto rotto dalle guerre fratricide grazie tramite lo sviluppo economico» ha commentato Pigliapoco. Altra tappa cruciale nella strategia della Mrai si è tenuta ad Olympia in Grecia il 18 e il 19 ottobre, dove si sono riuniti i tre Fora dell’Adriatico. Forum delle Città, Forum delle Camere di Commercio e Forum delle Università UniAdrion insieme in una seduta plenaria, primo passo verso l’aggregazione in un soggetto unico, riuniti per ripercorrere le attività messe in campo in questi anni per lo sviluppo e la cooperazione, ma anche per prepararsi ai futuri bandi e alla selezione di nuovi progetti. Di certo le idee non mancano, le necessità nemmeno. Lo confermano i numeri del programma Adrion, illustrati dalla Regione Marche e dalla Regione Emilia Romagna durante gli Open Days a Bruxelles, l’appuntamento annuale per promuovere le politiche di coesione europee che si è

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svolto dal 10 al 13 ottobre. In un anno, dall’ottobre 2015, sono stati presentati ben 376 progetti in risposta al bando Adrion, per un totale di circa 413 milioni di euro richiesti e quasi 3 mila istituzioni coinvolte. Le proposte sono incentrate sul supporto all’innovazione, sulla sostenibilità e la tutela dei beni naturali e culturali, ed infine sulla mobilità. Ad intuire le opportunità finanziamenti europei sono in particolare i partecipanti italiani (768), seguiti dalle proposte di progetto dalla Grecia (464) e dalla Croazia (324). Di tutte queste idee, il programma europeo inizierà a co-finanziare i primi progetti per un totale di 100 milioni di euro in tre tranche, a partire dal prossimo febbraio. È perciò un carico di aspettative pesante quello che si

troverà ad ereditare la presidenza italiana della Iniziativa Adriatico Ionica. Alla scadenza del semestre greco il prossimo maggio il testimone della Iai tornerà all’Italia ed in particolare ad Ancona, dove il segretariato dell’Iniziativa ha la sua sede permanente nella Rocca San Gallo della Cittadella. Un ritorno dove tutto è iniziato: nel 2010, l’ultima volta che la Iai è stata presieduta dal capoluogo marchigiano, la Dichiarazione di Ancona sottoscritta da Grecia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Albania, Serbia, Slovenia, Croazia e Italia ha dato il via al percorso che ha portato nel 2014 al riconoscimento da parte della Commissione europea della Macroregione Adriatico Ionica come una delle quattro macroregioni europee.



CLUBMOTORI

EDGE, TRA TECNOLOGIA E COMFORT

C

on il boom delle Suv compatte , Ford decide di portare in Europa la Edge, puntando a conquistare nuove frontiere del mercato europeo, grazie alla robusta affidabilità e per replicare il successo che la precedente generazione ha riscosso negli USA. Mettendo alla prova la Ford Edge 2016, che miete enormi successi oltreoceano sin dal 2006, è emerso il ritratto di un modello che punta alla fascia alta delle car policy. Ad un primo test la macchina risul-

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ta essere facilmente domabile : nonostante le dimensioni, in città Edge si guida letteralmente con un dito, muovendosi con agilità pur essendo un bisonte da due tonnellate. Da uno sguardo sommario si ricava subito l’idea di un look grintoso, con dettagli racing quali l’estrattore d’aria sotto il paraurti posteriore e i cerchi da 20 pollici bruniti, da cui si intravvedono i grandi dischi dei freni. Molto completo (e anche piuttosto complesso), il sistema di Infotainment Sync 2, così come la dotazione tecnologica di serie e optional. Il muso è alto, il cofano motore quasi

piatto, i fari si trovano a più di un metro dal terreno. Linee di Led collegano tra loro le luci posteriori determinando un effetto di continuità luminosa. Un occhio al quadro strumenti digitale diviso in quattro sezioni, che si richiama all’esperienza di Mondeo, e poi è tempo di far iniziare il “canto” del turbodiesel TDCI da 2 litri, offerto con due soluzioni di potenza: 180 CV e 210 CV, cambio manuale a 6 marce o automatico a doppia frizione Powershift con comandi replicati sul volante piccolo e maneggevole. Fra le tecnologie disponibili per la Ford Edge ci sono quelle che vanno in soccorso


CLUBMOTORI della persona al volante, aiutandola per esempio a tenere sotto controllo la velocità di crociera: una telecamera sul parabrezza legge i cartelli stradali e mette in evidenza la velocità da rispettare in quel preciso tratto, “smascherando” ad esempio le strade in cui i limiti cambiano di frequente. Importante anche il Front Wide-View Camera, utile per vedere se qualche pedone sta camminando in senso trasversale mentre stiamo uscendo con l’auto da una zona a scarsa visibilità. Aprendo il portellone, dotato o dotabile dell’apertura Hands Free (si passa il piede sotto al paraurti e il portellone si apre), il bagagliaio è davvero sconfinato, 602 litri ampliabili fino a 1.847, di cui colpiscono la profondità (1071cm) e la larghezza (1150 la minima). Tanto spazio la Edge lo offre anche ai suoi ospiti con le misure per spalle e gambe tra le più generose, seconde soltanto alle SUV taglia XL, quelle intorno ai cinque metri di lunghezza. In questo, la condivisione del telaio con Mondeo e, soprattutto, con S-Max la rende quasi una monovolume nello sfruttamento dello spazio. Nessun problema per il motore, che, sollecitato opportunamente, restituisce sempre la sensazione di una bella dose di coppia (450 Nm) e potenza, in città come sulle arterie a scorrimento veloce. Ai bassi giri, invece, si evidenzia la guidabilità di questo SUV di taglia grande (almeno per gli standard europei), che sfrutta le peculiarità del cambio Powershift. Ma le vere qualità si notano sulla lunga distanza, essendo un Suv pronto a macinare centinaia di chilometri garantendo il massimo confort a tutta la famiglia e portandosi dietro quintali di bagagli. Con la caratteristica aggiuntiva dell’estrema silenziosità: è infatti presente nell’abitacolo l’ Active Noise Control un sistema che migliora l’in-

sonorizzazione attraverso la presenza di alcuni microfoni che percepiscono determinate onde acustiche e generano frequenze opposte che annullano i rumori. Sicura anche alle alte velocità, consente il trasporto di cinque persone che possono viaggiare comodamente, perchè, come tutte le macchine made in America, è dotata di tanti optional minori ma fondamentali per le famiglie, quali bracioli, portabicchieri e organizer. Per quanto riguarda il listino prezzi: si parte da 46.250 per la 2.0 TDCi 180 CV Plus, mentre per la Titanium e la Sport si sale, rispettivamente a 49.250 e 51.750 euro. Per le versioni da 210

CV si parte da 51.750 euro per l’allestimento Titanium e da 53.750 euro per le versioni Sport, che includono i cerchi di lega da 20” e sterzo adattivo. La Ford Eusebi dispone di vari sistemi d’acquisto, sia per i privati che per le aziende: tra finanziamento, Idea Ford, leasing e noleggio a lungo termine, troverete la soluzione giusta alle vostre esigenze. Inoltre, per le Edge acquistate ed immatricolate entro l’anno, potrete sfruttare la doppia promozione 10%+10% con la supervalutazione dell’usato, il 140% di super ammortamento (solo aziende) ed un extra sconto Eusebi per tutti.

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CLUBMOTORI

Via Vai S.p.A. a supporto di imprese e professionisti del territorio per il rinnovo del parco veicoli con la Legge di stabilità 2016 super-ammortamento al 140%

I

l 31 dicembre è il termine ultimo per usufruire della Legge di stabilità 2016 super-ammortamento al 140%. Il meccanismo è pensato per consentire una maggiorazione della quota deducibile di un nuovo investimento, abbassando conseguentemente il peso fiscale. In pratica se il costo d’acquisto di un bene strumentale nuovo è pari a 100, il costo deducibile ai fini dell’ammortamento fiscale sarà pari a 140. Questo maggior ammortamento co-

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stituisce in definitiva un bonus fiscale per i contribuenti che può andare dal 10% al 17% circa del costo del bene, (il 40% applicato all’aliquota fiscale marginale). E’ evidente che tale vantaggio assume maggiore peso al salire dell’imposta, progressiva a sua volta al reddito imponibile dichiarato. Via Vai concessionaria Volkswagen e Volkswagen Veicoli Commerciali, da 35 anni è a supporto delle imprese per dare consulenza nella gestione del parco veicoli con un Team di consulenti dedicato alle Flotte Aziendali

che visita quotidianamente gli imprenditori e i fleet manager. Lo scopo è dare supporto direttamente presso l’azienda che ha necessità di valutare come gestire e rinnovare il suo parco auto, analizzando i costi e trovando la formula di acquisto, leasing o noleggio più vantaggiosa per l’utilizzatore al fine di ottimizzare i costi di gestione e fornire il servizio post vendita per la manutenzione dei mezzi con piani specifici e servizi dedicati anche il sabato per evitare il fermo macchina.


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Volkswagen con la sua gamma di vetture anche N1 sia TDI che alimentate a Metano copre il fabbisogno di ogni azienda dal top di gamma con Touareg, Passat e Nuova Tiguan alle vetture prettamente Business omologate autocarro. Inoltre con la gamma Veicoli Commerciali a partire dal Caddy nelle varie configurazioni e con alimentazione anche a Metano TGI passando per il Trasporter nei vari allestimenti fino al Crafter di cui è in uscita completamente rinnovato può davvero andare incontro alle esigen-

ze di ogni imprenditore. Tornando ad approfondire i benefici fiscali rinnovando il parco auto, il premio fiscale sulle quote di ammortamento è destinato ai soggetti titolari di reddito d’impresa ed ai soggetti esercenti arti e professioni e avrà validità esclusivamente per gli investimenti in beni materiali strumentali (autocarri, taxi, veicoli urbani per il trasporto disabili, ecc.) fino al 31 dicembre 2016. Va inoltre segnalato che tale bonus è applicabile ai soli

investimenti in carico all’azienda e quindi acquistati in proprietà (anche con finanziamento) o con leasing finanziario. E’ per tanto necessario che l’azienda valuti rapidamente per non perdere i benefici il mezzo giusto per le sue esigenze. Il team Flotte Via Vai è copre tutta la regione Marche tramite le sedi di Ancona in Natalucci 2 con gli Specialisti Fleet Mauro Toccaceli e Michele Mazzuferi e Civitanova Marche in Via De Amicis 86/88 con Marco Francucci.

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ENERGIA

OBIETTIVI DI SVILUPPO SOSTENIBILE “AGENDA 2030”: ITALIA LONTANA Focus: situazione energetica

di Michelangelo Barca Management Academy Sida Group - Area Risparmio Energetico/ Sostenibilità

È

passato un anno dagli accordi dell’assemblea generale dell’ONU che sono stati presi a Parigi per invertire la rotta della “crescita ad ogni costo”. Paesi come Francia, Germania e Finlandia hanno elaborato, in questo lasso di tempo, delle strategie per puntare al raggiungimento dei 169 Target dell’Agenda 2030. Al contrario l’Italia è in condizione di non sostenibilità: in particolare è in fase di stallo su efficienza energetica, rin-

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novabili e riduzioni delle emissioni. L’Italia ogni tanto si dà degli obiettivi, ma poi non li rispetta. Questo si evince dal primo rapporto sull’attuazione degli impegni in materia di sviluppo sostenibile. Il rapporto redatto dall’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, ASviS, organizzazione composta da oltre 130 organizzazioni, ambientaliste e della società civile, analizza in maniera interdisciplinare lo sviluppo sostenibile, abbandonando le visioni settoriali. Sono stati presi in esame, infatti, 17

obiettivi, 169 target e 240 indicatori, e si è arrivati a conclusioni rispetto all’Italia di una certa importanza. Il nostro Paese è ancora lontano dai target. Appurate le debolezze sul piano giuridico-istituzionale, c’è una vera e propria mancanza di attuazione di strategie e legislazioni già definite (necessita una volontà tecnica amministrativa), ci sono carenze sul piano strategico e, ultima ma forse la cosa più importante, c’è una assenza di visione sistemica che conduce a interventi contradditori e focalizzati sul


ENERGIA breve termine. E qui il mondo delle rinnovabili ha vissuto sulla propria pelle questa assenza di visione. Questo atteggiamento dell’Italia emerge con chiarezza circa la dinamica legata alle verifiche periodiche della road map da qui al 2030. L’Italia, infatti, ha mancato l’appuntamento annuale della prima sessione per la verifica degli obiettivi, nonostante abbiamo una “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”, approvata nell’agosto del 2002 , ma che non è mai stata dotata degli strumenti attuativi che erano stati previsti. Insomma, per quattordici anni la “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia” è stata un’etichetta che nel frattempo è diventata un fossile. Nel frattempo ventidue governi (tra cui quelli di Germania, Francia, Finlandia, Norvegia, Svizzera, per citare quelli europei) hanno sottoposto i loro piani. Del resto si tratta di paesi che hanno messo lo sviluppo sostenibile nella legislazione ai primi posti, con la Francia e Svizzera che lo hanno addirittura nella Costituzione. Per quanto riguarda l’efficienza energetica l’Italia è in buona posizione, ma con un incremento dei consumi nell’ultimo anno. Nel 2015, infatti, il consumo finale di energia in Italia è stato pari a 123 Mtep, con un aumento del 3% rispetto al 2014, ma il trend complessivo dal 2005 è positivo visto che, il calo dei consumi è avvenuto, oltre che per la discesa del Pil, per le politiche sull’efficienza energetica realizzate, che: «hanno permesso di sviluppare in Italia strumenti di eccellenza a livello europeo», dice il rapporto e tra questi ci sono gli standard sui nuovi edifici, sugli elettrodomestici e le detrazioni fiscali per la riqualificazione degli edifici. Questi strumenti, secondo il Piano

A CURA DI

Nazionale per l’Efficienza Energetica (PAEE – 2014), hanno permesso di risparmiare nel 2012 circa 6,4 Mtep/ anno in termini di energia finale, corrispondenti a circa 8,3 Mtep/anno in fonti primarie. Il meccanismo più utilizzato è quello dei certificati bianchi che, da solo, contribuisce al 45% del risparmio energetico annuale, seguito dagli strumenti di promozione del rendimento energetico in edilizia (D. Lgs. 192/05), che contribuiscono per il 35%, e dalle detrazioni fiscali per l’11%. Un trend che si è interrotto nel 2015 con un aumento non trascurabile dei consumi di energia (+3%) e dell’intensità energetica del PIL, nazionale e pro capite (+2%). Risultato: l’Italia dell’efficienza energetica è promossa, ma con riserva. Salti da gigante, in passato ma non oggi, invece per le rinnovabili che, utilizzando la metodologia di calcolo indicata dalla Direttiva europea sulle fonti rinnovabili (2009/28/ CE), nel decennio tra il 2005 e il 2015 sono passate, come contributo al consumo finale lordo di energia (CFL) dal 7,9% al 17,3% ed è praticamente raddoppiato in valore assoluto, passando da 10,8 a 21 Mtep. Ma si tratta di un fenomeno che, se analizzato nel dettaglio, ha luci e ombre. Ad una fase iniziale di crescita sostenuta, tra il 2005 e il 2010 è seguita una contrazione nel 2011, una ripida ripresa l’anno successivo e poi una stabilità nel triennio 2013-2015. La crescita delle rinnovabili termiche si è concentrata tra il 2005 e il 2008, passando da 5,6 a 10,2 Mtep, mentre le rinnovabili nei trasporti sono cresciute dal 2005 al 2010, passando da 0,3 a 1,4 Mtep. Entrambi i settori sono fermi. Nei trasporti le rinnovabili sono tornate indietro con 1,2 Mtep nel 2015. Nell’elettrico stiamo frenando in maniera vistosa, visto che la produzione aggiuntiva è passata

dai 1.000 ktep del 2011 e 2012 ai 365 ktep del 2014 e ai 122 ktep del 2015. Le rinnovabili elettriche in Italia sono al palo. Negli ultimi tre anni sono passate dal 16,7% al 17,3% del CFL: appena un +0,2% l’anno. Se a ciò aggiungiamo il calo della produzione elettrica delle rinnovabili del 2015 (perdita di 14 TWh) e la ripresa dei consumi, ecco che scendiamo dal 43 al 38% della produzione elettrica. In queste condizioni l’obiettivo del 2030 è lontano. Servirebbe uno sviluppo del 300% rispetto a quello degli ultimi anni. Stesso discorso per il clima. Dopo il calo delle emissioni che c’è stato dal 2004 al 2014, -164 MtCO2eq (-20% rispetto al 1990) il 2015 registra, in controtendenza rispetto al resto del mondo, un aumento del 3%, cosa che potrebbe portare il nostro Paese fuori dalla road map tracciata a Cop 21 a Parigi lo scorso anno. La roadmap climatica dei 2°C per l’Italia prevede al 2020 emissioni pari a 380 MtCO2eq (-30% rispetto al 1990), che scendono a circa 320 MtCO2eq nel 2030(meno 38%), come per l’Italia il nuovo Pacchetto EU, e a meno di 150 MtCO2eq nel 2050 (-70% rispetto al 1990). Chiaro quindi che l’aumento 2015 vada in netta controtendenza. Tutte le previsioni del settore energia, quindi, vanno in direzione di una non sostenibilità generale del paese con un aggravamento della situazione negli ultimi tre anni. Servirebbe un cambiamento netto di rotta, specialmente sul fronte delle politiche industriali, magari adeguandosi al resto del mondo. Un solo dato: gli investimenti in rinnovabili nel 2015, nonostante il basso prezzo del petrolio, sono stati di 329 miliardi di dollari. Più del doppio rispetto alle fonti fossili. Fonte dati: ASviS

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• gestire i rapporti con i fornitori connettività, telefonia, software, hardware, CTI, ecc. • svolgere attività di consulenza e progettazione I&CT • coordinare il team di sviluppatori interni e/o le aziende esterne per lo sviluppo di nuovi applicativi • garantire la cyber security Requisiti: • Laurea in Ingegneria gestionale, informatica o materie affini • Esperienza pluriennale nella gestione di sistemi informativi aziendali preferibilmente in gruppi aziendali Ottime capacità di problem solving, gestione dello stress, gestione della complessità, velocità operativa completano il profilo. Sede di lavoro: provincia di Ancona. I candidati interessati devono inviare una copia del curriculum, corredata dell’autorizzazione al trattamento dei dati (art.13 D.Lgs. 196/03) alla società SIDA GROUP Srl, all’indirizzo ricercaeselezione@ sidagroup.com indicando il riferimento dell’annuncio.

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• Gestione della contrattualistica relativa alle forniture • Coordinamento delle risorse e interfaccia con la proprietà Il candidato ideale ha preferibilmente un’età compresa tra i 35 ed i 45 anni, è in possesso del titolo di Laura magistrale in Economia o equipollenti ed ha maturato un’esperienza pluriennale nella medesima mansione possibilmente all’interno di una realtà dello stesso settore produttivo o affini. Completano il profilo capacità organizzative e di coordinamento, precisione, attenzione ai dettagli e orientamento agli obiettivi richiesti. Sede di lavoro: provincia di Fermo. I candidati interessati devono inviare una copia del curriculum, corredata dell’autorizzazione al trattamento dei dati (art.13 D.Lgs. 196/03) alla società SIDA GROUP Srl, all’indirizzo recruitment@sidagroup.com indicando il riferimento dell’annuncio.

Sida Group, per azienda calzaturiera licenziataria di brand di fascia alta, per ampliamento del proprio organico, ricerca un: COMMERCIALE ESTERO – LINGUA TEDESCA Rf: GN/02 Il quale si occuperà della gestione dell’ordine dall’inserimento alla consegna al cliente finale per i paesi di lingua inglese e tedesca e gestendo, laddove richiesto, anche il post-vendita. Il candidato, inoltre, si occuperà di supportare la Responsabile Commerciale nella gestione della filiale in Germania e dello show-room a Milano nei periodi di consegna vendite, curando i rapporti con il cliente nelle fasi di vendita e negoziazione. Sarà inoltre coinvolto in attività di monitoraggio delle vendite realizzando reportistiche sull’andamento delle stesse, mappando i clienti attuali e ricercandone di nuovi. I requisiti richiesti sono: • Età preferibilmente tra i 25 ed i 35 anni • Maturata esperienza nello stesso ruolo all’interno di aziende appartenenti al medesimo settore o affini • Possesso del titolo di laurea in Economia e Commercio o equipollenti • Figura dinamica, determinata, con un forte orientamento all’obiettivo e spiccate capacità comunicative e di vendita • Disponibilità a trasferte • Indispensabile conoscenza della lingua tedesca Sede di lavoro: provincia di Fermo I candidati interessati devono inviare una copia del curriculum, corredata dell’autorizzazione al trattamento dei dati (art.13 D.Lgs. 196/03) alla società SIDA GROUP Srl, all’indirizzo ricercaeselezione@sidagroup. com indicando il riferimento dell’annuncio.

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CULTURA&TERRITORIO

LA TAVOLA ROTONDA DELL’ARTE CONTEMPORANEA: ISTITUZIONI E OPERATORI DANNO VITA A “CONTEMPORANEAMARCHE” Parte da Pesaro la rete tra operatori culturali e istituzioni per il rilancio dell’arte contemporanea nelle Marche. Marcello Smarrelli, coordinatore dell’iniziativa: “dieci categorie per rappresentare il mondo dell’Arte contemporanea nelle Marche, a partire dagli Artisti per finire con i Galleristi in un ideale cerchio che si chiude“.

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n decalogo di proposte dal territorio e dagli operatori culturali su ciò che la Regione dovrebbe fare per diffondere e valorizzare l’Arte contemporanea nelle Marche. Ecco la formula operativa scelta per una giornata di incontro e confronto a Pesaro, al Centro Arti Visive “Pescheria”, promossa e organizzata dall’ assessorato alla Cultura della Regione Marche e dal Comune di Pesaro. Ne è scaturito un progetto denominato “ContemporaneaMarche – 10 proposte”. “Abbiamo chiesto di essere portavoce di istanze oltre che di proposte concrete ad alcune personalità radicate sul territorio e molto attive – ha spiegato il coordinatore

dell’iniziativa, Marcello Smarrelli - in sostanza 10 categorie a rappresentare il mondo dell’Arte contemporanea nelle Marche, a partire dagli Artisti per finire con i Galleristi in un ideale cerchio che si chiude“. “C’è una forte volontà della Regione – ha evidenziato l’assessore regionale al Turismo-Cultura, Moreno Pieroni - di includere nella più ampia valorizzazione del patrimonio culturale l’Arte contemporanea, in maniera più coordinata rispetto al passato, per farne percepire le potenzialità e il valore. Forti della vivacità e del fermento culturale che animano questo settore, vogliamo costruire insieme a tutte le realtà presenti un polo attrattivo a livello nazionale e internazionale. Ed oggi siamo qui per ascoltare le propo-

ste, i segnali , recepire i suggerimenti e trarre poi una sintesi che possa portare alla realizzazione di progetti di qualità, magari progetti strutturali a medio e lungo periodo, a cui destinare investimenti collegati ai fondi europei.” Ad iniziare la sequenza degli interventi un giovane artista, Davide Monaldi che ha esordito sottolineando come “tutta l’arte sia stata contemporanea. E non si dovrebbe più usare il termine “sostenere”, come se gli artisti fossero un organismo debole in estinzione, perché oggi più che mai gli artisti hanno una funzione rinnovata e cruciale nell’interpretare gli scenari futuri“. Monaldi ha quindi fatto presente l’esigenza di realizzare Modelli per uno spazio espositivo

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CULTURA&TERRITORIO permanente con funzione educativa, a cominciare dalle scuole. Ogni regione dovrebbe dotarsi di spazi dove presentare regolari programmi espositivi dedicati all’arte contemporanea. L’altra proposta riguarda l’istituzione di un Art Council sul modello inglese, un organismo leggero (max 3 componenti: curatori, critici, artisti) selezionati con criteri internazionali, che affianchi la Regione Marche negli investimenti legati al contemporaneo. Il decalogo passava anche dalle istituzionali statali. Peter Aufreiter, direttore del Polo Museale delle Marche e della Galleria Nazionale d’Arte delle Marche di Urbino ha posto l’accento sulla reale possibilità di dialogo tra Arte Classica e Arte Contemporanea e quest’ultima con altre forme d’arte moderna , come la Musica e la Danza. “Perché, non nascondiamocelo, l’Arte Contemporanea non richiama visitatori e turisti e c’è bisogno di risvegliare interesse. Ma lo sviluppo dell’Arte passa anche dal business: non bisogna vergognarsene, anzi, nessun limite alla valorizzazione anche economica dell’Arte: acquistando le opere se ne riconosce e si diffonde il vero valore. Come direttore della Galleria nazionale sono pienamente convinto che il Palazzo Ducale non debba essere un “tempio immutabile” dell’Arte classica , ma uno spazio aperto alle nuove forme d’Arte, facilitando l’ingresso di giovani artisti e, perché no, mettere a confronto Piero della Francesca con i nostri contemporanei”. “L’esigenza secondo Aufreiter – resta comunque quella di fare rete fra soggetti pubblici e privati”. Dello stesso avviso anche Umberto Palestini dell’Accademia di Belle Arti di Urbino: “E’ tempo di fare formazione e network tra istituzioni pubbliche, culturali e attori del territorio – ha detto - perchè si crei un vero distretto culturale marchigiano

incentrato sull’arte contemporanea.” Come? Favorendo borse di studio e assegni di ricerca per progetti che possano vantare profili di alta innovazione in ambito artistico, finanziare progetti nel Restauro dell’arte contemporanea, ambito innovativo che potrebbe prevedere anche la collaborazione tra Accademie e Università per lo sviluppo di ricerche in un settore in forte crescita occupazionale. Daniele Vimini, assessore alla bellezza del Comune di Pesaro era il portavoce degli assessori alla cultura dei capoluoghi marchigiani e, dopo una disamina dei punti di debolezza a cominciare da una mancanza di un riferimento normativo per l’eccellenza dell’arte contemporanea regionale, ha rappresentato la proposta di fare delle Marche un polo d’arte contemporanea di rilevanza nazionale (Marche Museo Diffuso Arte Contemporanea), ipotizzando la costruzione di un museo/contenitore sul modello snello del Centro di Arti Visive “Pescheria” di Pesaro che in vent’anni ha dimostrato che può funzionare molto bene ed essere facilmente riproducibile su scala allargata sul territorio. ”Si potrebbe dunque formare con altri centri simili – ha detto - un polo per il contemporaneo di assoluta rilevanza, strategico per la regione. Il vantaggio sarebbe quello di avere strutture singole molto leggere ma che nel loro interagire sinergicamente possano costituire le varie sezioni diffuse nel territorio, di un ideale grande museo diviso in dipartimenti.” Tra le altre proposte, Deborah CarèDirettrice Fondazione Ermanno Casoli che ha chiesto alla Regione Marche che faccia da ponte tra dimensione regionale e dimensione internazionale, agendo da collettore delle diverse realtà operanti sul territorio marchigiano (pubbliche

e private) e che interagisca con la rete degli Istituti Italiani di Cultura all’estero. Secondo Cristiana Colli, Presidente Associazione Demanio Marittimo Km 278 il contemporaneo a cui si guarda ancora oggi è il contemporaneo già “storicizzato” e metabolizzato, mentre il contemporaneo più “ostico” lo si lascia sperimentare a terzi – privati, no profit, associazionismo, eventi. La necessità è quella di un luogo come centro attrattore di elaborazione. In questo senso il dialogo tra arte e architettura contemporanea è un presupposto ineludibile. Giovanni Gaggia, Direttore artistico Sponge ArteContemporanea e artista ha proposto un circuito regionale, composto da spazi museali, non profit, Associazioni/Enti di carattere privatistico. Una piattaforma da allargare a festival e a progetti dedicati alla cultura contemporanea più fluidi, senza spazio fisico, ma che, come gli altri, corrispondano ad uno standard di qualità elevato. Sono intervenuti, inoltre, Roberto Cresti, ricercatore di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Macerata, Stefano Verri, critico e curatore che ha proposto l’istituzione di un Osservatorio marchigiano per l’arte contemporanea e Franca Mancini, Art Director della omonima galleria. Le conclusioni sono state tracciate da Raimondo Orsetti, dirigente del Servizio Cultura e Internazionalizzazione della Regione Marche che ha giudicato “ interessantissime “ le proposte ascoltate e ribadito la volontà della Regione di creare quanto prima un luogo di coordinamento regionale attraverso un apposito gruppo di lavoro per costruire insieme alle diverse realtà una programmazione specifica per l’arte contemporanea.

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CULTURA: MOLTIPLICATORE DI RICCHEZZA. LE MARCHE INVESTONO DI PIU’ La prima regione italiana per incidenza della spesa turistica culturale sul totale della spesa turistica attivata dal suo territorio. L’assessore regionale Moreno Pieroni: “restiamo sopra la media nazionale, anzi contiamo punti in più, per livelli occupazionali nel settore delle imprese creative e turistiche.” di Loredana Pistonesi

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a Regione assegna 7 milioni di euro a cultura e turismo, circa il 3% del bilancio. E le Marche salgono sul podio delle regioni che investono maggior-

mente in ambito culturale e turistico. “E’ motivo di grande soddisfazione constatare che oggi il Rapporto Symbola “ Io sono Cultura” conferma le Marche come prima regione per spesa turistico-culturale e le province

marchigiane in alto nella classifica di incidenza delle attività culturali nella ricchezza prodotta – commenta l’assessore r4egionale a cultura e turismo Moreno Pieroni - e che, inoltre, restiamo sopra la media nazionale,

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CULTURA&TERRITORIO anzi contiamo punti in più, per livelli occupazionali nel settore delle imprese creative e turistiche.” Il Rapporto Symbola, che annualmente quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale, è stato presentato a Roma. “I dati illustrati ci confortano nel proseguire un impegno che la giunta regionale si era presa dall’insediamento – aggiunge Pieroni - una scelta precisa di investimento economico e sociale considerare la cultura e il turismo culturale assi strategici attorno ai quali ruota e si rilancia lo sviluppo economico e l’incremento occupazionale. E ritenere la cultura, e con essa la qualità, la bellezza, la capacità di innovazione tutelando nel contempo la tradizione e il patrimonio storico-ambientale, effetti moltiplicatori della ricchezza, intesa in senso lato. Ricchezza cioè che significa non solo produzione di reddito, ma stile di vita e benessere. Abbiamo creduto fortemente su questo settore come terzo motore di sviluppo e oggi le Marche lo stanno “accendendo” e stanno soprattutto comprendendo che fare si-

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stema e reputare la Cultura elemento trasversale e coagulante di diverse energie sta già funzionando” Le Marche, infatti, secondo il Rapporto, sono la prima regione italiana per incidenza della spesa turistica culturale sul totale della spesa turistica attivata dal suo territorio. Hanno cioè puntato di più rispetto ad altre sulle industrie culturali e creative e più si sono specializzate per valore aggiunto e occupazione del Sistema Produttivo Culturale e Creativo: nel 2015 sia per valore aggiunto (2,2 miliardi di euro, 6,2% di incidenza sul totale dell’economia regionale contro una media nazionale del 6,1%), che per occupazione (42,2 mila unità, 6,6% di incidenza sul totale della locale economia contro il 6,1% italiano), la regione si colloca sempre al di sopra della media nazionale. Questa, inoltre, è una delle aree del Paese per le quali le industrie culturali e creative sono in maggiore ascesa. Le Marche sono al secondo posto in Italia, dietro alla piccola Valle d’Aosta, per crescita della quota del valore aggiunto legato alla cultura sul totale dell’e-

conomia regionale: rispetto al 2011 il peso del settore è infatti aumentato nel suo apporto al reddito prodotto di ben 0,45 punti percentuali. Nel caso dell’occupazione l’incidenza nel periodo è cresciuta di 0,26 punti. La crescita di peso del settore nel periodo 2011/2015 è dovuta soprattutto alla componente più direttamente legata alle attività culturali e creative. La crescita di incidenza del cuore del Sistema Produttivo Culturale e Creativo sul totale dell’economia regionale, infatti, conferma le Marche al secondo posto in Italia sia per il valore aggiunto (+0,34 punti percentuali) che nell’occupazione (+0,25 punti percentuali). E a beneficiare di queste dinamiche è soprattutto il turismo: con 974,1 milioni di euro di spesa attivata, le Marche si confermano la prima regione per incidenza della spesa turistica culturale sul totale della spesa turistica attivata dal questo territorio (51,3%). “L’effetto moltiplicatore della cultura sul resto dell’economia nelle Marche - sottolinea il Rapporto - è assolutamente allineato a quanto avviene a livello regionale: per ogni euro prodotto dal Sistema Produttivo Culturale e Creativo se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia. I 2,2 miliardi di valore aggiunto generati in regione dal SPCC, quindi, ne stimolano altri 3,9, per arrivare a 6,1 miliardi prodotti dall’intera filiera cultura, equivalenti al 17% del valore aggiunto regionale.” Inoltre, Macerata è terza per crescita di incidenza di queste attività sul totale del valore aggiunto provinciale e Ancona è l’ottava provincia italiana per valore aggiunto generato dal sistema produttivo culturale e creativo. Da segnalare anche la performance della provincia di Pesaro e Urbino, sedicesima per ricchezza e occupazione dovute al Sistema Produttivo Culturale e Creativo.


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Urbino

FINALMENTE CI SONO I FONDI VIA LIBERA AL RESTAURO DEL PATRIMONIO CULTURALE MARCHIGIANO di Fabio Di Giulio

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n programma di interventi da 7 milioni e 700 mila euro di risorse POR FESR 2014/2020 per la tutela, la valorizzazio-

ne e la messa in rete del patrimonio culturale delle Marche. Il via libera alla deliberazione, che interessa 23 comuni e 24 interventi, è stato dato ieri nella seduta della giunta regionale che ha anche deciso la disposizione di ulterio-

ri due milioni, sempre di fondi europei, ad integrazione dei progetti dei territori di Fermo e Macerata arrivando così ad una mole complessiva di risorse di 9 milioni e 700 mila euro. “Per la prima volta - ha spiegato

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CULTURA&TERRITORIO l’assessore al Turismo Cultura, Moreno Pieroni- è stato elaborato un progetto organico che si articola su tutto il territorio regionale, finalizzato a migliorare l’offerta turistico culturale e l’accoglienza attraverso una più efficace fruizione dei beni culturali. Si tratta – ha aggiunto- di un importante strumento di programmazione che riguarda misure di valorizzazione integrata tra cultura e turismo già previsto nel Piano annuale della Cultura relativamente alle cinque aree tematiche: Il Rinascimento nelle Marche , la Musica e lo spettacolo dal vivo, La Cultura e l’Arte nei luoghi della fede, Il Contemporaneo, Aree e siti archeologici . La Regione svolgerà anche un ruolo di coordinamento delle reti culturali che dovranno legarsi attorno a obiettivi congiunti: i Comuni dovranno quindi connettersi tra loro per la promozione unitaria della rete tematica. Ciò favorirà non solo la percezione di un’immagine culturale omogenea delle Marche, l’acquisizione di una più consapevole identità culturale, ma accrescerà anche la capacità di dialogo con gli operatori sociali ed economici”. L’individuazione dei temi e dei poli di attrazione di rilevanza strategica concorrono a disegnare sul territorio una geografia equilibrata che, in integrazione con quella dei progetti territoriali delle Aree interne e degli ITI Urbani, porterà alla creazione di un sistema culturale connesso anche agli ambiti di aggregazione del Distretto Culturale. Ecco più in dettaglio il programma approvato in base ai tematismi indivi-

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duati: Il Rinascimento nelle Marche – Comune capofila Urbino, ne fanno parte Urbania e Mondavio per una dotazione finanziaria complessiva di 1 milione e 820 mila euro. L’intervento prevede il recupero, la riqualificazione funzionale e la valorizzazione del patrimonio architettonico, artistico e documentale dell’età rinascimentale. La Musica e lo Spettacolo dal vivo- Comune capofila Macerata ne fanno parte Recanati, Castelfidardo, Camerano, Osimo. La dotazione complessiva è di 1 milione e 900 mila euro. L’intervento prevede la valorizzazione della tradizione musicale, lirica e dello spettacolo dal vivo delle Marche La Cultura e l’Arte nei luoghi della fede – Comune capofila Loreto ne fa parte anche il comune di Macerata. La dotazione complessiva è di 1 milione per realizzare interventi di potenziamento dell’offerta culturale e turistico-religiosa sia attraverso azioni di recupero funzionale di edifici, catalogazione di archivi storici e inoltre la valorizzazio-

ne della figura di Padre Matteo Ricci. Il Contemporaneo – Comune capofila Fermo, sarà in rete con Amandola, Grottazzolina, Spinetoli, Porto Recanati, Monteprandone per una dotazione finanziaria di 1 milione e 750 mila euro. L’intervento prevede il recupero e l’adeguamento funzionale di contenitori culturali, con particolare riferimento al contemporaneo, e valorizzazione della civiltà contadina e marinara intese come testimonianze contemporanee. Aree e siti archeologici - Comune capofila Ascoli Piceno e ne faranno parte San Benedetto del Tronto, Montefiore dell’Aso, Monsampolo del Tronto, Acquaviva Picena, Numana, Sirolo, Pergola. La dotazione complessiva è di 1 milione e 150 mila euro. L’intervento prevede il recupero, la conservazione e la valorizzazione di aree, siti e percorsi archeologici rappresentativi di tutte le Marche e di tutti i periodi storici – dalla preistoria all’alto medioevo - e lo sviluppo dei servizi a potenziamento dell’offerta turistico-culturale.


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FARFISA: IN MOSTRA LA STORIA DI UN TERRITORIO Nei locali dell’ex camiceria Imperia a Camerano, l’esposizione degli strumenti musicali Farfisa. La fabbrica ha segnato un’epoca di alto artigianato locale, venduto in tutto il mondo.

di Andrea Maccarone

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accontare un territorio e la sua gente attraverso i prodotti dell’ingegno dei suoi artigiani. Nasce da questa volontà il progetto di dare vita a Camerano, terra da sempre a vocazione produttiva, a un’Esposizione dedicata alla Farfisa, le Fabbriche Riunite Fisarmonica. Dalle prime fisarmoniche prodotte agli organi degli anni ‘60 del ‘900, con un pezzo unico utilizzato dai Pink Floyd, passando attraverso tutto il XX secolo e gli strumenti che lo hanno caratterizzato. Il tutto immerso in un’atmosfera che parla della storia, delle tradizioni e dei personaggi di un territorio che ha fatto dell’arte de-

gli strumenti musicali un punto di eccellenza. Questo e altro viene raccontato nell’esposizione “Farfisa – Storia e sviluppo di Camerano” inaugurata sabato 24 settembre, alle 17,30 in piazza Roma a Camerano, alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni comunali e regionali. “Mio nonno realizzava tastiere alla Scandalli, mio padre lavorava alla Farfisa - ha detto il sindaco di Camerano, Annalisa Del Bello - sono cresciuta con i racconti legati alla produzione degli strumenti musicali. Questa esposizione ripercorre una storia che parte da lontano, ma che dalle nostre radici ci proietta nel futuro. Un ringraziamento per questo evento va alla Pro Loco”. Più di 70 strumenti

sono esposti all’interno di “Farfisa – Storia e sviluppo di Camerano”. Tutti originali e frutto di ricerche meticolose di due grandi estimatori ed esperti della Farfisa: Sandro Strologo, storico della fisarmonica, e Claudio Capponi, ex dipendente Farfisa. Non solo strumenti musicali. In esposizione anche alcune produzioni storiche di Camerano e del suo territorio, come le camicie, i cappelli e gli strumenti originali che le hanno realizzate (ferri da stiro, macchine da cucire, ecc.). Non è un caso che l’ex sede della camiceria Imperia, oggi Smeralda, ospiti l’esposizione. In questo spazio, sorgerà anche un punto di accoglienza e un’area dedicata alla promozione del turismo del territorio. “Questa struttura

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CULTURA&TERRITORIO - ha spiegato l’assessore alla cultura Ilaria Fioretti - è diventata un luogo meraviglioso grazie al recupero. L’esposizione vuole essere solo la prima tappa dell’ampliamento dell’offerta culturale di Camerano e della sua valorizzazione in termini turistici”. La Farfisa ha sempre coniugato cultura e territorio. Per questo i promotori hanno deciso di raccontarne storia e produzione. Un evento che guarda dunque al passato, ma anche al futuro: l’esposizione si propone infatti anche l’obiettivo di offrire opportunità occupazionali a un territorio che sta trasformando la propria vocazione da industriale a turistica. Un’occasione che non si limita alla sola esposizione: il contenitore potrà infatti essere sede di eventi e festival per musicisti, luogo in cui gli artisti del luogo potranno esibirsi. “Un centro dove far nascere in futuro diverse iniziative culturali ed eventi - ha detto il presidente della Pro Loco, Granini - Camerano da territorio a vocazione produttiva si sta sempre più caratterizzando come attrattore di turismo. Stiamo già raggiungendo ottimi risultati in questo senso. Per di più, per l’organizzazione e la realizzazione dell’esposizione, la Pro Loco si è affidata a fornitori e professionisti tutti locali: un modo, anche questo, per investire sul territorio”. L’esposizione, hanno sottolineato i due curatori Strologo e Capponi, è rivolta sia ai fisarmonicisti che agli appassionati di musica e non. Qualificata la selezione degli strumenti in mostra, con veri e propri pezzi unici come l’organo Compact Duo utilizzato dai Pink Floyd nell’ormai mitico concerto a Pompei del 1971 e oggi appartenente a una collezione privata o il “pianoforte trasparente”, modello originale degli anni ‘80. Musiche di sottofondo, filmati ed oggetti d’epo-

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ca, documenti originali arricchiscono il percorso espositivo. UN PO’ DI STORIA Nel 1856 inaugura la sua bottega di strumenti musicali a Recanati Giovanni Chiusaroli, nel 1858 sarà la volta di Celeste Ribighini ad Ancona e nel 1863 di Paolo Soprani a Castelfidardo. Sono gli artigiani che faranno fiorire l’industria della fisarmonica marchigiana. In tempi più recenti, nell’immediato dopoguerra, le tre maggiori fabbriche di fisarmoniche marchigiane decidono di fondersi: la “Settimio Soprani” di Castelfidardo, la “Scandalli” di Camerano e la “N. Frontalini & F.” di Numana danno vita alla “Fabbriche Riunite Fisarmoniche” meglio conosciuta come Farfisa. Per lungo tempo leader mondiale nel settore, questa realtà ha esportato i suoi prodotti in tutto il mondo. Accanto alla produzione di fisarmoniche, dai primi anni ‘60 la Farfisa comincia a produrre anche or-

gani elettrici ed elettronici, ma anche televisori, giradischi e Cinebox, interessante evoluzione del juke-box. IL PERCORSO ESPOSITIVO Le stanze in cui si sviluppa l’esposizione seguono una “storia”. Oggetti dell’epoca, da banconi industriali a lampade, creano una scenografia che fa viaggiare il visitatore nel passato. A fare da sottofondo, e non poteva essere altrimenti, la musica. Gli strumenti sono collocati su “palcoscenici” che consentono di conoscere non solo gli oggetti in sé ma anche grandi musicisti e band. Il visitatore viene coinvolto in modo interattivo in tutti gli ambienti, grazie anche alla possibilità di sperimentare i diversi stumenti esposti. L’esposizione sarà visitabile tutti i giorni dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16,00 alle 19,30.


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“Sostegno allo start up e allo sviluppo di impresa nelle aree d crisi produttiva” Il bando è finalizzato a promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, supportando gli investimenti, la crescita e la riqualificazione dei lavoratori nelle tre aree di crisi produttiva e occupazionale della Regione: l’area dell’Accordo di programma Merloni, quella del Piceno e infine gran parte della Provincia di Pesaro Urbino. L’iniziativa prevede la concessione di contributi a fondo perduto alle micro, piccole e medie imprese per progetti di start up, di sviluppo produttivo, di rilocalizzazione della produzione e per il trasferimento di impresa volto a favorirne la continuità. A PARTIRE DAL: 14/07/2016

REGIONE MARCHE “Contributi per l’internazionalizzazione” Contributi favorire l’ampliamento dell’attività delle PMI marchigiane a livello internazionale. L’entità massima del contributo è pari al 50% delle spese ammissibili, fino ad un massimo di € 15.000,00. Sono ammissibili le spese effettuate dal 01/01/2015. SCADENZA: 19/12/2016

REGIONE MARCHE “Contributi per l’avvio di nuove imprese” La Regione sostiene i soggetti disoccupati favorendo l’aumento dell’occupazione, della competitività e l’affermazione delle capacità imprenditoriali. Il sostegno è a favore anche di imprese nate da processi di workers buyout. I contributi sono erogabili fino ad un massimo di € 25.000. SCADENZA: 14/11/2016

REGIONE MARCHE “Contributi per l’avvio di nuove imprese artigiane” La Regione promuove le imprese artigiane, singole o associate, che alla data di presentazione della domanda risultino iscritte all’albo ed attive a partire dal 01/06/2015. Sono ammissibili progetti che prevedono la continuazione di ditte già esistenti. Le misure prevedono l’erogazione di contributi a fondo perduto, la cui intensità varia in funzione della misura scelta, finoa ad arrivare ad un massimo del 50% delle spese ammisibili. SCADENZA: 15/12/2016

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MISE E CASSA DEPOSITI E PRESTITI “Sabatini Ter” Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico che istituisce un nuovo strumento per accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese e migliorare l’accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese.Alle imprese verrà riconosciuto dal Mise un contributo in conto interessi pari all’ammontare complessivo degli interessi calcolato su un tasso favorevole del 2,75%, ripartito in cinque anni in quote annuali costanti. SCADENZA: FINO AD ESAURIMENTO FONDI

MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO “Restart ValVibrata” Il Ministero dello sviluppo Economico, Regione Abruzzo e Regione Marche hanno riconosciuto l’area di crisi complessa Vibrata Piceno quale soggetto beneficario di importanti contributi. Nelle prossime settimane saranno pubblicati i bandi contenenti le linee guida per sfruttare le risorse disponibili. SCADENZA: in fase di pubblicazione

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IMPRESE&TERRITORIO

delle amiche clienti, a cui l’evento è dedicato come un dono strameritato. In questa insolita giornata di fine estate, il cielo è sembrato giocare di anticipo sulla stagione che verrà. Sullo show che seguirà. E sul processo creativo messo sempre in atto da Cristina per coniare collezioni. Caos nel cielo sopra Ancona. Sereno e rassicurante l’orizzonte. Variazioni in corso. Passaggi repentini di stagione e non solo. Un circo d’estate che se ne va. Con la sua scia, scompigliata e variopinta, che, a mano a mano si allontana, lasciando il posto a una ordinata Sinfonia d’autunno capace di rincuorare. Quando il cielo ha concluso il suo spettacolo, con raffinata e sussurrata eleganza, Cristina si è messa in regia e ha mandato in scena il suo foliage-à-porter. Ha sfogliato deliziose pagine inedite della nuova stagione. Per il debutto in passerella ha scelto la danza, quella sensibile in un progetto coreografico a cura di Arianna

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Archibugi e Simona Binci. Una pratica di movimento cosciente che allena corpo e mente all’ascolto profondo dei messaggi del corpo e a integrarsi, in una relazione di sentire sensibile, con l’altro. Sui passi di questa danza, si viene via dal caos di inizio e sereni si arriva a seguire una voce femminile quella di Micol Mancini che, intonando note musicali dolci e di carattere, ha aperto la via al dėfilė di modelle firmate Piccoloatelier Handmade Couture. Al ritmo di suoni mixati dalle sapienti mani del Dj Renzo Master Funk e sull’onda di volumi precisi e di rigore, Cristina ha saputo vestire le sue creazioni di quella leggera e decisa morbidezza che avvolge e stempera anche le giornate di autunno più rigide che ci saranno. In passerella, pare sfilare quella giovane generazione che, con coerenza e rispetto, vuole cambiare il mondo. Che crede che il progresso sia un cammino virtuoso. Che fa tesoro di

esempi del passato e si mette in ascolto. Che non si distrae, per non perdere pezzi di quello che accade. Per non restare indietro. Per capire e non restare fuori pur stando ancora dentro. In passerella, il guardaroba ha cambiato colore indossando l’autunno. Su lane morbide, confortevoli e composte, che rimandano al maschile, variazioni armoniche di grigio, nero, blu marino e verde bosco. Accompagnano il bianco e il celeste della seta in camicia, anche in versione lunga e maxi. Tra Cristina e le sue creazioni di Piccoloatelier Handmade Couture, molteplici sono le corrispondenze. Unica è la trama. Lei che ha fatto della sua moda un album di viaggio, ha scritto un altro importante passo. Ora giù dal palco. È il momento di ripartire. E di tornare alla sua rivoluzione dolce delle abitudini.


TURISMO&TERRITORIO

A TU-PER-TU CON GLI OPERATORI ESTERI

A Like Tourism 2016, oltre alla formazione, una finestra sulle opportunità di business grazie al workshop con i buyer esteri.

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on le basi radicate nel territorio e lo sguardo rivolto all’estero. Torna Like Tourism in una versione innovativa: tra “local” e interazionale. Novità dell’edizione 2016 gli incontri B2B con i maggiori Tour Operator europei. Il meeting si terrà il 5 e 6 dicembre all’Hotel Excelsior La Fonte di Portonovo”, con l’espressa volontà di rivolgersi ai soli addetti ai lavori. E sarà nella seconda giornata che i diretti interessati potranno partecipare al workshop tematico a cui prenderanno parte alcuni tra i maggiori operatori d’Europa. Le Marche al centro dell’attenzione, in un percorso relazionale con le realtà estere che più influiscono nel mondo del turismo. L’obiettivo è evidenziare nuove prospettive che possano far nascere opportunità per i nostri imprenditori, e permettere loro di confrontarsi con realtà internazionali di assoluto livello. Un modo per accrescere ulteriormente la propria conoscenza del settore, e soprattutto un’occasione per avere una visione a più ampio raggio sul mondo del turismo odierno. Tra gli operatori internazionali che hanno già confermato la loro presenza, spiccano: Greland (Polonia), Viaggi.PL (Polonia),

Retter Reisen (Austria), Enzian Reisen (Germania), Aschenbrenner (Germania), Tui France (Francia), Bohemia (Bulgaria), Sky Travel (Bulgaria). La filiera turistica contemporanea è un vero e proprio sistema di reti, un network che vede diversi attori competere a tutti i livelli. Diventa, quindi, fondamentale per gli operatori del settore sviluppare collaborazioni con direttrici importanti del turismo internazionale. Dunque, se da un lato non bisogna trascurare i rapporti già consolidati con player esteri del calibro della Germania, dall’altro occorre coltivare quelli con buyer provenienti dai nuovi mercati in via d’espansione. La presenza di agenzie e tour operator provenienti da diverse zone d’Europa a Like Tourism 2016 è volta proprio a favorire la conoscenza tra operatori locali e internazionali del territorio macroregionale, al fine di sostenere il concreto sviluppo di opportunità di partnership e di business. Non solo formazione, perciò, che sarà concentrata durante la prima giornata di lavori, ma soprattutto confronto diretto e incontro tra le realtà turistiche locali e quelle macroregionali, per favorire la crescita dei processi di incoming nelle Marche e costruire progetti di sviluppo del turismo nostrano guar-

dando proprio alle tante opportunità offerte dalle molteplici destinazioni. Intanto i docenti confermati sono tutte figure di spicco nel panorama della formazione, professionisti di assoluto spessore che contribuiranno ad elevare ulteriormente il livello di questa nuova edizione di Like Tourism. Sarà presente il dott. Domenico Basanisi, attualmente in forza a CBRE Hotels a partire dal 2015. E ancora: la dott. ssa Raffaella Peloso, anche lei della scuderia di CBRE Hotels, il dott. Flavio Guidi fondatore di Sida Group ed esperto di strategia e organizzazione aziendale, Antonio Maresca (dal 1997 supporto le aziende turistiche nel loro percorso su Internet), Emanuele Arosio Consulente SEO (Head of Seo in Bootique del gruppo Triboo), Mario Romanelli (Strategy Manager Travel Appeal), Serena Cappannini esperta in politiche e programmi comunitari, la dott.ssa Loredana Pistonesi specializzata da oltre 15 anni in gestione e controllo della finanza aziendale. La lista dei formatori e docenti continuerebbe a lungo, così come le attività che si svolgeranno in questa due giorni in cui il turismo e gli scenari internazionali saranno lo snodo principale dell’intero progetto.

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SPORT&TERRITORIO

LE MARCHE DELLO SPORT: PIU’ DI UN IMPIANTO OGNI MILLE ABITANTI Il miglior dato, assieme al Friuli Venezia Giulia. Nelle Marche il 24,1 per cento delle persone pratica un’attività sportiva, una quota maggiore della media nazionale.

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na fotografia leggibile da parte dei cittadini e una panoramica utile per la programmazione delle iniziative sportive nelle Marche. E’ quanto è emerso dall’esito del censimento degli impianti sportivi nella Regione Marche, presentato presso la sede del Coni delle Marche al PalaRossini di Ancona da Regione, Coni Marche e Anci

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Marche. Dal censimento emergono dati interessanti: sono 2.628 gli impianti sportivi nelle Marche, 1,7 ogni mille abitanti, il miglior dato, assieme al Friuli Venezia Giulia, tra le Regioni che hanno partecipato all’iniziativa. Nelle Marche il 24,1 per cento delle persone pratica un’attività sportiva, una quota maggiore della media nazionale, pari al 23 per cento, mentre le società sportive attualmente operanti sono in totale 5405. In base ai

dati 2014, gli atleti tesserati sono invece oltre 158mila. La Regione, con la collaborazione del Coni Marche, si è dotata di una banca dati che permette di avere una conoscenza dettagliata e capillare della dotazione impiantistica esistente, necessaria a conoscere le priorità di intervento in un dimensione intercomunale. All’incontro “Censimento degli impianti sportivi: uno strumento al servizio dello sport e non solo”, sono in-


SPORT&TERRITORIO tervenuti Fabio Sturani, responsabile della segreteria del presidente della Giunta regionale, Luca Ceriscioli – impossibilitato a partecipare a causa di un impegno a Roma con il ministro Del Rio - il presidente regionale Coni Marche Germano Peschini, in rappresentanza dell’Anci Marche l’assessore del Comune di Pesaro Mila Della Dora, Alberto Miglietta, amministratore delegato di Coni servizi spa – che ha relazionato sulle caratteristiche del progetto di censimento e sull’evoluzione della domanda di sport a cui l’offerta è necessario si adegui - Maurizio Zallocco – che ha approfondito l’Osservatorio degli impianti sportivi nelle Marche - Valentina Calvani, responsabile nazionale Coni per il progetto di censimento degli impianti - che ha approfondito casi di geomarkentig. Era presente all’incontro il consigliere regionale Enzo Giancarli. “Il censimento – ha detto Sturani - anche grazie al portale messo a punto nell’ambito del progetto, si propone come strumento utile per valutazioni e programmazioni future, basate sulla conoscenza della distribuzione degli impianti sul territorio. La Regione ha contribuito al finanziamento del progetto perché è utile avere dati aggiornati a disposizione di tutti gli operatori del settore, anche per cominciare a ragionare in termini di area vasta e ambiti territoriali ottimali in questo contesto”. LA NOVITÀ Intanto è cominciato il campionato di serie A2 di basket. E al Palarossini di Ancona è appena iniziata l’avventura dell’US Recanati Basket che, oltre allo sponsor etico Ambalt, abbraccia per la prima volta il supporto della società Diamond Private Investment, specializzata nella vendita di diamanti da investimento. Da anni mancava alla

Pallacanestro marchigiana un team a cui destinare le giuste attenzioni. E l’occasione è arrivata proprio grazie all’US Recanati che solo due stagioni fa ha addirittura sfiorato la promozione in A1. Dunque una squadra che da anni regala emozioni ai tantissimi tifosi, e su cui DPI ha deciso di investire per dare lustro soprattutto ad uno sport e ad un territorio con una lunga storia di successi. Il logo DPI, dunque, campeggia sulle pettorine della divisa ufficiale della squadra e sul campo da gioco. Con questa scelta Diamond Private Investment ha contribuito a dare valore al basket locale ed è intenta a sottolineare quanto lo sport regionale abbia bisogno di essere sostenuto da imprenditori che guardino al territorio come un valore da comunicare e diffondere. Tra l’altro l’attuale campionato di serie A2 vedrà giungere ad Ancona alcuni dei Club ultra blasonati del basket italiano come Virtus Bologna, Treviso Basket, Scaligera Verona e tante altre.

Dunque un salto di qualità in questo nobile sport a cui si affianca il brand più importante per l’investimento in diamanti. Le nuove maglie gialloblu della squadra saranno griffate quindi con la doppia nomenclatura Ambalt e DPI. L’intero progetto è stato presentato lo scorso 23 settembre al SeePort Hotel durante una serata conviviale organizzata sulla terrazza panoramica dell’hotel dorico, a cui hanno partecipato i vertici della società sportiva, gli sponsor e le autorità locali. <<Siamo orgogliosi di poter dare il nostro contributo ad un progetto sportivo così ambizioso e che ha deciso di abbracciare la dimensione della charity attraverso il connubio con Ambalt – ha detto Maurizio Sacchi, amministratore delegato della società, durante la presentazione lo scorso 23 settembre al Seeport Hotel di Ancona – il nostro intervento si sposa molto bene con lo sport, e soprattutto con il basket locale di cui siamo sempre stati attenti spettatori>>.

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PORTRAIT

LA FRAULEIN DAGLI OCCHI DI GHIACCIO CHE HA CONQUISTATO DE SICA L’attrice anconetana Lucia Mascino fa centro nel grande schermo al fianco di Christian De Sica. Già lanciatissima con “I delitti del BarLume” insieme a Filippo Timi, ha trovato la svolta professionale grazie alla serie tv “Una mamma imperfetta”. Adesso la vuole anche la regista Cristina Comencini.

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archigiana Doc. Anconetana al cento-per-cento, Lucia Mascino è l’attrice del momento. Lanciata nel mondo della tv al grande pubblico con la serie “Una mamma imperfetta”, ha riscosso un enorme successo al fianco di Christian De Sica nell’ultimo film di Caterina Carone.

“Fraulein”. Ma la sua storia artistica viene da lontano. Lucia Mascino ha studiato al Centro di Ricerca e Sperimentazione teatrale di Pontedera. Successivamente ha collaborato col gruppo del Teatro Settimo di Torino e ha fatto parte della compagnia giovani del Teatro Stabile delle Marche con Massimo Navone e Giampiero Solari. Nel 1999 e 2000 ha recitato a fianco di Piera degli Esposti nello

spettacolo La passione di Cristo per la regia di Antonio Calenda. Dal 2000 al 2005 ha fatto parte della compagnia di Giorgio Barberio Corsetti, andando in scena in spettacoli tratti da Kafka, Ovidio e Buchner in Italia e in tournee europee. Dal 2005 ha affiancato all’esperienza teatrale, quella nel cinema e nella televisione. Collabora in seguito con diversi registi italiani, tra cui Renato De Maria ne “La prima

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PORTRAIT linea” (2009), Nanni Moretti in “Habemus Papam” (2011), Giuseppe Piccioni ne “Il rosso e il blu” (2012), Roberto Andò in “Viva la libertà” (2013). Ma è con la televisione che ha trovato la sua personale rampa di lancio per il grande pubblico grazie al ruolo da protagonista in “Una mamma imperfetta” (2013) la fortunata serie scritta e diretta da Ivan Cotroneo e prodotta da Indigo Film con Corriere della Sera e Rai Fiction, cui è seguito poi il tv movie “Il Natale della mamma imperfetta”. Inoltre ha vestito i panni del commissario Vittoria Fusco a fianco di Filippo Timi nella serie “I delitti del BarLume”, diretta da Roan Johnson e prodotta da Palomar per Sky. Poi quest’anno è arrivato il grande salto: “Fraulein”, al fianco di uno dei più grandi mattatori del cinema italiano degli ultimi 30 anni. Ovvero Christian De Sica, nel ruolo di un misterioso turista sessantenne. Un uomo smarrito e infantile, che piomba improvvisamente in una vecchia pensione di montagna. Lei, Lucia Mascino, è una 45enne scontrosa e testarda, da tutti chiamata “Fräulein”, che vive, isolata nell’albergo di famiglia con Marilyn, una gallina bianca. “Fraulein” è il nuovo film della giovane regista 33enne Caterina Carone. E per l’attrice anconetana Lucia Mascino è il definitivo salto nel cinema d’autore con un ruolo principale, e al fianco di un gigante come Christian De Sica. Il film è uscito nelle sale lo scorso 26 maggio. <<Con Caterina abbiamo discusso a lungo sul raccontare o meno il perché questa donna sia diventata una specie di montagna immobile, ferma - racconta l’attrice - qualcosa si capisce, che prima in questo albergo c’erano i genitori e lo gestivano insieme. Ma abbiamo deciso di non spiegarlo troppo perché non penso ci sia bisogno di raccontare il

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perché ti si può fermare il cuore>>.

ventare comica>>.

Può spiegarci, invece, com’è stata questa prima esperienza da co-protagonista al fianco di un gigante come Christian De Sica? <<Lui è unico, davvero. Sul set, si è rivelato una persona adorabile. Generoso, umile, delicato. Ci tiene moltissimo a questo film. Ogni volta che gli fanno dei commenti positivi sulla mia recitazione, mi manda degli sms per dirmelo. O mi telefona per condividere il suo entusiasmo>>.

E invece Filippo Timi? Com’è nata la liaison artistica? <<La prima volta che ci siamo conosciuti era il 9 maggio del 1997 al Link di Bologna in via Fioravanti. Era un centro sociale bellissimo che ora non c’è più, lì facevamo le prove di un laboratorio di spettacolo Appunti per una mitologia contemporanea guidati da Giorgio Barberio Corsetti. Per me era il primo lavoro con lui, Filippo invece faceva parte della compagnia da tempo. Appena l’ho visto, così pieno d’energia, che ogni due minuti faceva una ruota senza mani, ho sentito una connessione con lui. Poi lo vedevo provare e mi piaceva tanto. Era già capace di creare personaggi e storie ed era già bravissimo ad improvvisare. Dopo quel primo incontro io ho lavorato fino al 2005 con quella compagnia e abbiamo girato molto in Francia e fatto diversi spettacoli insieme. Poi dal 2008 Filippo ha creato la sua compagnia al teatro Franco Parenti di Milano e da quell’anno abbiamo lavorato sempre insieme>>.

Si può dire che questo film le ha permesso di entrare definitivamente nel cinema che conta? <<In passato ho fatto altri film di spessore. Però “Fraulein” è un film profondo, e divertente allo stesso tempo. Questa cifra del film, da un lato fantastico e surreale, e dall’altro concreto e credibile, mi è piaciuta tantissimo. Non avevo dubbi, era la storia che volevo fare e Regina è un personaggio che mi si addice>>. Quindi è nata una nuova coppia del cinema? Si dice che Caterina Cantore abbia in serbo qualcosa per voi due. <<Caterina mi ha confessato di avere delle idee, ma non so assolutamente di cosa si tratti. Per quanto riguarda me e Christian, sul set andiamo molto d’accordo. Ci troviamo bene a recitare insieme. Penso sia stata per tutti e due una bella scoperta esserci incontrati>>. Intanto lei sta girando il nuovo film della Comencini. Può dirci qualcosa? <<Il titolo è ancora provvisorio, ma dovrebbe chiamarsi “Amori che non sanno stare al mondo. L’attore maschile è Thomas Trabacchi, e si tratta di una grande storia d’amore, raccontata con grande verità, tanto da di-

Un sogno nel cassetto? <<Recitare con Clint Eastwood. Perché no, una parte a cavallo. A parte gli scherzi, spero di poter proseguire il mio percorso con una continua crescita. Magari con nuove parti, nuovi personaggi che rappresentino per me una sfida. Mi auguro anche di poter affiancare altri grandi del cinema italiano, perché c’è sempre da imparare in questo mestiere. E ogni film è sempre un pezzo di vita che si aggiunge. Intanto, però, ci sono altri progetti in ballo da dover concretizzare, quindi è bene restare concentrati sugli obiettivi a breve termine>>.


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