ML Settembre 2016 – anno XXIII

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DOSSIER LAVORI CREATIVI

Estro, problem solving e creatività. Le skills delle nuove professionalità. p. 13

CLUB ECONOMIA E FINANZA

I nuovi scenari finanziari e la formazione manageriale della classe politica. p. 49

SPECIALE EDILIZIA

Il futuro dell’edilizia e le prospettive del settore immobiliare. p. 89

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Formazione Creativa Carlo Pernat

DALLA MOTOGP INTERVISTA A:


i villaggi italiani nel mondo

il viaggio su misura

la vacanza che conviene

la catena alberghiera


SOMMARIO 7

Settembre 2016 N.06 anno XXIII

EDITORIALE

Quale futuro ci attende? Ritengo bello di Flavio Guidi

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PRIMO PIANO

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DOSSIER LAVORI CREATIVI

19/ 31/

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Creatività: quell’intuizione che può cambiare il mondo Intervista ad Iginio Straffi Indagine sul rapporto tra creatività e nuove competenze L’orientamento per l’uomo giusto al posto giusto La MotoGp del manager Carlo Pernat

ECONOMIA E TERRITORIO L’industria marchigiana è ottimista: cresce la domanda interna

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FINANZIA E FUTURO

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UNIVERSITA’ E RICERCA

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INNOVATORI

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INTERNAZIONALIZZAZIONE

Tassi bassi ed alta volatilità: un nuovo paradigma di investimento

Il tecnologo alimentare: da figura professionale a professione

“L’intuizione vince la crisi”. L’estro di T-Lize nel comunicare la qualità

La Cina nel 2016

SEGUE

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SOMMARIO SEGUE

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CLUB ECONOMIA E FINANZA

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MARCHE DA ESPORTAZIONE

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PUNTO.PMI

70 89

FORMAZIONE & COACHING

90/ 92/ 94/

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06

L’economia e i nuovi assetti geopolitici

SPECIALE EDILIZIA Il mattone ferma la sua caduta Il nuovo volto dell’edilizia Ingegneri, architetti e geometri verso nuovi orizzonti

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CYB3RLIFE

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FOCUS TERZO SETTORE

116/ 122/

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Settembre 2016 N.06 anno XXIII

Cos’è il terzo settore: il suo ruolo nell’economia moderna Terzo settore, la riforma è legge: ecco cosa prevede

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CONTRIBUTI E INCENTIVI

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ACQUISIZIONI E CESSIONI

136 138

CLUB MOTORI

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CULTURA E TERRITORIO

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SPORT E TERRITORIO

OFFERTE DI LAVORO QUALIFICATE La Pinacoteca rilancia: c’è Caravaggio in mostra ad Ancona

Youth Games: il successo dello sport che unisce


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L’estro caratterizza sempre una buona performance. In ogni campo. A pensarci bene vengono in mente quelle produzioni cinematografiche americane di metà anni Ottanta. Il protagonista era quasi sempre un rampante Tom Cruise, ingenuo e arrogante, che si faceva notare a Wall Street per le sue intuizioni “geniali” e che finivano sempre per fargli conquistare posizioni di prim’ordine. Magari a discapito di colleghi ben più anziani ed esperti. Chiaro, è solo un film. Ma la realtà, a volte, vuole provare ad imitare la finzione. Fatto sta, che oggi le capacità creative del candidato sembrano essere molto apprezzate. Ovviamente non bastano. Ci vuole preparazione. Serve aver compiuto un buon ciclo di studi. Ma è vero che molti imprenditori scelgono lo staff anche sulla base di certe qualità che non si insegnano, e tanto meno si imparano, all’università. L’attitudine al problem solving, parente stretto del pensiero laterale, o ce l’hai, o sei fuori. L’estro creativo nel saper raggiungere un obiettivo prima degli altri, non può essere acquisito durante gli anni di studio, seppure matto e disperatissimo. Quindi, o ce l’hai, o sei fuori. Sono queste le figure che nel mercato odierno possono avere delle chances in più. E la ricerca di questi soggetti sembra essere piuttosto difficoltosa. Un rapporto tra domanda e offerta specifica che, a un certo punto, diventa squilibrata e penalizza chi deve selezionare figure di questo tipo. Un problema più italiano, che europeo. Dicono. Forse le nostre scuole, le nostre università, molto teoriche e meno pratiche, non stimolano abbastanza lo sviluppo di queste peculiarità? Un riflessione in questo senso è obbligatorio farla. Perché se il mercato va in un certo senso, noi non possiamo restare immobili a guardare. Mondo Lavoro Magazine

PARTECIPANO:


EDITORIALE

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er prevedere il futuro bisogna fare l’inventario dello stato delle conoscenze, interconnettere le innovazioni, le tendenze e i fattori che agiscono sui processi di crescita, ponderare gli ingredienti, identificare i vettori e vedere quali effetti producono la loro evoluzione. Per verificare se è in atto un processo di crescita basta misurare la consistenza del patrimonio materiale e immateriale, a livello di aree geografiche e a livello universale, e confrontarlo con quello di 20, 200, 2.000 anni fa.

Management Academy Sida Group srl - Area Macroeconomica -

QUALE FUTURO CI ATTENDE? RITENGO BELLO Riguardo il futuro, considerando che nei prossimi cento anni avremo un’evoluzione equivalente a 20.000 anni della nostra storia, non possiamo non concludere che la crescita e l’evoluzione caratterizzeranno il nostro futuro. Nonostante il quotidiano sia rappresentato, grazie alla stupidità dei media, da crisi, conflitti, tensioni, terrorismo, disorientamento, ansia, confusione e paura, basta allargare la prospettiva temporale e spaziale per comprendere che si tratta di situazioni contingenti di assestamento e di processi di maturazione che tendono

verso una fase di maggiore quiete. Pensate ad un periodo che ci ha attraversati tutti: l’adolescenza. Valutando il nostro patrimonio immateriale, ovvero la conoscenza, la salute fisica e mentale, la longevità e volendoli confrontare con il passato, non possiamo che osservare come la sua consistenza sia nel tempo cresciuta. A livello universale la conoscenza non solo è notevolmente cresciuta, ma in termini di accelerazione prospettica futura è quella che si è esponenzialmente più diffusa. La consapevolezza, grazie al ruolo

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EDITORIALE giocato nel tempo dai diversi iniziati, dalle culture, dalle religioni e dello sviluppo della scolarizzazione, oggi è diventata un fenomeno di massa. La salute è fortemente migliorata a altrettanto la longevità; le malattie mentali, grazie alle tecnologie, alla psicoterapia e all’ingegneria genetica, saranno prossimamente circoscritte, se non addirittura eliminate dalla nascita. Il benessere economico è cresciuto, anche se ancora la prosperità è mal distribuita. Non dimentichiamo, però, che proprietà è titolarità. E che per quanto una persona possa disporre, “più di un pollo al giorno non può mangiare” e chi ne gode è chi la possiede. Dunque il possesso è la chiave distributiva della ricchezza che cresce costantemente. Si osserva che la crescita mondiale del PIL è del 4/5% all’anno: ciò significa che in 20 anni la capacità di produrre reddito si è raddoppiata e ne consegue che anche il patrimonio è raddoppiato. Pensate agli effetti progressivi. I rapporti di potere, una piaga storica dell’evoluzione che è il nostro peccato originale, stanno volgendo verso una graduale, seppur lenta, decadenza. Il potere, che si basa sullo scambio e sulle relazioni, sta volgendo sempre più verso un sistema basato sulla funzionalità e sta diminuendo il suo ruolo. Internet, con i suoi strumenti di social media e di comunicazione di massa estremamente potenti, sta combattendo sempre più questo nostro peccato: il potere costituito. Il petrolio e le altre risorse energetiche, fino ad oggi strumento di ingordigia e di avidità, perderanno la loro importanza. Le scoperte, che iniziano a dare i loro frutti, concorreranno a diminuire il peso nei processi di competizione geo-politica. Presto l’energia sarà una

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risorsa di produzione economica e di distribuzione economica; se essa sarà di facile produzione e diffusione si ridurrà anche il problema dell’acqua e dell’alimentazione. Si va verso un’economia e un tenore di vita “smart”, dove la bolla dell’emulazione sta perdendo i suoi effetti. I giovani, in questo rapido processo di cambiamento, saranno i nostri mutanti evolutivi. Il mondo è fatto di bontà e di malvagità: questi gli opposti che hanno caratterizzato la nostra evoluzione per necessità di conservazione biologica; venendo però meno le paure dettate dalla conservazione, a loro volta prodotte dalle necessità economiche mentali e grazie alla crescita diffusa della consapevolezza, tenderanno sempre più a far prevalere all’opposto l’empatia e l’armonia. Alla giornata mondiale della gioventù di Cracovia erano presenti 1.500.000 giovani: un’enormità di anime! Ciò ci dice quanto l’acquisizione delle necessità di pace e bene sia diffusa e quanto forte sia il desiderio di combattere il male. Papa Bergoglio dice a musulmani e ai cristiani “Pregate insieme, l’importante non è il Dio che pregate, l’obiettivo della preghiera è la sua funzione come pratica”, un grande passo nell’evangelizzazione. Un grande progresso è in atto anche nelle scoperte scientifiche e tecnologiche. Pensiamo all’intelligenza artificiale, alla fisica con il bosone di Higgs, alla scienza dell’alimentazione, al ruolo del digitale: tutte innovazioni che stanno iniziando un processo di cambiamento esponenziale. L’effetto sarà ancora più accelerato dalle interconnessioni tra i livelli scientifici e tecnologici, in continua e progressiva evoluzione. La singolarità, così come definita in

campo scientifico, si sta rapidamente avvicinando. Anche se dovremo abituarci a vivere nel cambiamento, staremo sempre meglio ed avremo un contenimento ed un controllo sulle pulsioni negative e sui disturbi psicologici che agiscono sui nostri comportamenti, sui nostri pensieri, sui nostri processi decisionali, sulle nostre azioni: una mente e un comportamento più illuminato, più saggio e più maturo. La più rapida evoluzione è proprio in campo mentale. Tale processo non è più dominio di pochi e oggi lo sviluppo dei processi della conoscenza del funzionamento della mente è un fenomeno quanto mai diffuso. Il rapido sviluppo delle conoscenze neuro-scientifiche ci consentirà, insieme alle scoperte chimiche, genetiche e fisiche, di accrescere l’utilizzo delle mente, di controllarne le disfunzioni, di correggerne i comportamenti; questo accrescimento sostituirà le pratiche psicologiche o trascendentali di potenziamento della mente. Il digitale e l’intelligenza artificiale, attraverso un potenziamento sensoriale, incrementeranno la nostra capacità di recepire maggiori informazioni e di espandere la percezione della realtà, laddove il nostro agire non sarà più dettato solo da processi cognitivi, ma anche da comandi autonomi e intuitivi. Ciò che fino ad oggi è magia si trasformerà in poteri controllabili. La menta sta diventando sempre più sistemica, dove il tutto è regolato in modo olistico e la funzionalità sta sempre più avanzando.


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PRIMOPIANO

CREATIVITA’: QUELL’INTUIZIONE CHE PUO’ CAMBIARE IL MONDO Iginio Straffi, il papà delle Winx: “bisogna coniugare la creatività con l’organizzazione e la disciplina. Soltanto così si possono affrontare le difficoltà di un processo produttivo industriale”

E’

il fondatore e Presidente del Gruppo Rainbow, il più grande studio di animazione in Europa, con sede nelle Marche, a Loreto, conosciuto soprattutto per l’acclamatissimo “Winx Club“. Iginio Straffi è un creativo per eccellenza. Uno che ha saputo mettere in relazione il guizzo della genialità con la logica del marketing imprenditoriale. Il risultato? Un successo planetario. Straffi inizia la sua carriera in Italia come scrittore e disegnatore in diverse riviste e case editrici (è stato tra i disegnatori di Nick Raider, edito da Bonelli). Assunto immediatamente come direttore artistico proprio da Sergio Bonelli, gli viene subito data la grande responsabilità di seguire una delle loro storie di punta, Nick Raider, nonostante la sua giovane età. Ben presto la sua fama di fumettista di talento varca i confini nazionali e viene riconosciuta anche dall’industria della TV

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di Fabio Di Giulio e del cinema e così decide di seguire interessanti progetti per conto di diversi studi di animazione in giro per l’Europa Decide, infatti, di recarsi in Francia e in Lussemburgo dove lavora in diverse produzioni cinematografiche. Tornato in Italia, mette a frutto la sua esperienza e fonda nel 1995 la Rainbow con lo scopo di produrre opere multimediali per bambini. In poco più di dieci anni, sotto la guida visionaria di Straffi, Rainbow cresce rapidamente e diventa una vera e propria Industria dell’Intrattenimento alla quale fanno capo 10 aziende tra le quali, uno studio di animazione per le produzioni TV , uno studio che si dedica interamente alle produzioni cinematografiche, un’Accademia, per la formazione di nuovi talenti, una casa editrice, una digital house per lo sviluppo di giochi on line, Parchi tematici ed eventi. Ha diretto numerose serie televisive animate: Tommy & Oscar, Prezzemolo, fino al successo di Winx Club, diventato un

vero fenomeno mondiale fin dalla prima apparizione in TV nel 2004. Il programma ha ottenuto un grande successo televisivo, soprattutto tra il pubblico femminile (specialmente quello infantile e preadolescenziale), in Italia e in molti altri paesi nel mondo diventando un vero programma cult dall’Europa agli Stati Uniti fino alla lontana Asia. Le fatine del Winx Club rappresentano inoltre un vero e proprio caso di scuola di merchandising dei personaggi di fantasia: esistono prodotti di ogni genere con le immagini delle Winx. Un vero e proprio fenomeno di costume riconosciuto tra le ragazzine di tutta Europa con un indice di gradimento di oltre il 90% nella maggior parte dei Paesi. Ci sono oltre 6000 prodotti diversi presenti sul mercato, dai giocattoli all’ abbigliamento a marchio winxclub. Il suo enorme successo ha contribuito a posizionare Rainbow al 12esimo posto tra i 150 top licenziatari di tutto il mondo. Dopo Winx Club, Straffi ha ideato e


PRIMOPIANO finito>>. Creativo è comunque un concetto che può significare tutto e nulla. Quali sono, realmente, le professioni che hanno a che fare con la creatività utili alle imprese di oggi? <<A mio parere tutte, anche il più noioso dei processi industriali può essere migliorato grazie ad una intuizione. Le grandi scoperte non sono forse nate spesso per una capacità di leggere la realtà con un occhio diverso?>>.

diretto le serie di animazione Monster Allergy, Huntik - Secrets & Seekers e PopPixie. Dal 2012 Straffi è anche produttore della serie animata Mia and Me. Oggi, Straffi è occupato a fare film e ha appena realizzato il primo film in 3D stereoscopico prodotto interamente in Italia, ‘Gladiatori di Roma’, che ha incassato fino a questo momento oltre 50 milioni di dollari e che lo rende uno dei più animati 3D film di maggior successo provenienti dall’ Europa. <<Sono cresciuto in una terra meravigliosa in prossimità dei Monti Sibillini, dove un bambino ha spazi illimitati per liberare la sua immaginazione – dice Straffi - Se ripenso alla mia infanzia, posso ancora sentire l’emozione dell’avventura, il piacere di ascoltare storie e raccontare storie, il mio desiderio di fermare il tempo attraverso la scrittura e il disegno. Ho avuto la fortuna di vedere i miei sogni dell’infanzia realizzarsi e spero che la mia storia possa ispirare tutti i bambini a non smettere mai di sognare>>. Da fumettista ad imprenditore e produttore di successo. Quanto e in che modo

la creatività ha inciso nella sua crescita professionale? <<La creatività è stata la mia bussola già dai tempi del liceo quando ho iniziato a disegnare le prime tavole come fumettista. Nel corso degli anni ho poi imparato a coniugare la creatività con l’organizzazione, la disciplina. Soltanto così si possono affrontare le difficoltà di un processo produttivo industriale che non comprime la creatività che ha bisogno di essere concimata come una pianta>>. Nell’attuale mondo del lavoro si sente spesso dire che la creatività è una qualità apprezzata e valutata positivamente dalle aziende. Ma è, poi, così vero? Un tempo il creativo veniva quasi snobbato da molte società/industrie. Oggi si è, forse, ribaltato il punto di vista? <<La creatività non può essere qualcosa di estemporaneo, un prodotto artistico è il frutto di un lunghissimo lavoro di perfezionamento che deve portare alla qualità più alta. Per capire questo concetto basta andare a Casa Leopardi e vedere dopo quante riscritture e cancellature Giacomo è arrivato alla stesura definitiva dell’In-

In quale settore sono richieste maggiori doti creative? <<In Italia abbiamo dimostrato come un’attitudine al bello, una prossimità all’arte e alla cultura possono poi contagiare qualsiasi tipo di produzione industriale. Cosa è il design se non un rivestimento artistico che rende più bello anche il più banale degli oggetti?>>. La formazione scolastica e universitaria è in grado di sviluppare nell’individuo particolari doti creative tali da essere poi investite nell’attuale mercato del lavoro? <<Direi che questo sta accadendo sempre di più. Ci sono corsi sempre più aggiornati e nuove scuole, anche se io credo che l’esperienza acquisita sul campo sia la migliore>>. Lei, nella sua azienda, su quali skills punta maggiormente? <<Ricerca della qualità, amore per la perfezione, voglia di essere internazionali, capacità di sopportare i sacrifici>>. Che consiglio darebbe ai giovani neolaureati in procinto di abbracciare il mondo del lavoro? <<Debbono continuare a sognare>>.

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DOSSIER LAVORI CREATIVI

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DOSSIER LAVORI CREATIVI

L’IMPRENDITORIALITÀ È UNO STRUMENTO PER CRESCERE SULLA SCALA EVOLUTIVA, PER LIBERARSI DALLA CASUALITÀ, PER DETERMINARE IL NOSTRO FUTURO di Flavio Guidi Management Academy Sida Group - Area Macroeconomica

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upelius, monaco-filosofo d’azione, nel 1200 creò la scuola degli dei. Dal suo pensiero nacque l’ordine dei Benedettini, dei guerrieri che andarono a combattere nelle crociate, con tale filosofia nacquero i Rosacroce, i templari, i massonici, e tante altre correnti di pensiero e di azione. Al centro del pensiero: l’individuo quale centro di possibilità infinite, dove la volontà, l’azione, il senso di responsabilità, l’introspezione, l’integrità, la lotta contro la negatività e il sogno sono i valori portanti del comportamento. La realtà è la proiezione del nostro pensiero, ciò che si pensa si trasforma

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in fattualità “The dream is reality”. Al sogno, frutto di volontà, l’individuo deve associare l’azione. È nel realizzare e nel costruire che l’individuo ritrova sé stesso e il potere del suo essere. Il coraggio viene valorizzato all’estremo, soprattutto il coraggio di lottare contro il potere della mente che è frutto della rappresentazione del passato e che è generatrice della negatività, dei nostri tabù, della nostra casualità, delle nostre rinunce, dei nostri pregiudizi, del nostro abbandono. Dio non è al di fuori di noi, è dentro di noi. Con la volontà, in stato di purificazione, la nostra mente può ogni cosa. Lupelius esalta l’azione, l’intraprendenza è lo strumento per elevarsi. “L’imprenditore è già un uomo in

cammino verso il sogno, è un ribelle capace di mettere in gioco reputazione e mezzi per modificare la realtà, per rompere gli schemi ed equilibri preesistenti e crearne altri più vantaggiosi… Mettere insieme altri uomini, prendersene la responsabilità, trasmettergli entusiasmo, contagiarli con il proprio sogno, possono chiamarsi caratteristiche imprenditoriali, esse sono in realtà qualità dell’Essere… per accedere ai gradini più alti nella scala delle responsabilità umana”. Ai giovani va rivolto il messaggio: affrontate la vita con coraggio, lo sforzo contro l’abitudine vi premierà.


DOSSIER LAVORI CREATIVI

CREATIVI PER PROFESSIONE. CRESCE IL LAVORO DI CHI SI INVENTA UN’OCCUPAZIONE Imprese culturali, artigianato artistico, liberi professionisti senza ordine. È l’universo in espansione delle professioni creative, la Cna lo ha analizzato.

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rofessionisti senza professione, artigiani artisti, imprese della cultura. Sono l’universo sfaccettato e in espansione dei lavori creativi. Un sottobosco che spesso cresce senza tutele e senza leggi, in mancanza di ordini professionali ad hoc o di una vera categoria che possa rappresentarli, complice anche la lunga crisi che costringe a inventarsi o reinventarsi una occupazione. Per studiare meglio il fenomeno, la Cna ha avviato uno studio sul comparto della cultura e un Osservatorio permanente sul settore dei cosiddetti professionisti non ordinistici, ovvero tutti quei mestieri che non sono iscritti in albi, non vengono rappresentati da collegi o ordini professionali. E i numeri parlano di un fenomeno in aumento. Secondo i dati Cna aggiornati al 2015, nelle Marche il comparto della cultura, della creatività e dell’artigianato artistico conta 12.781 imprese che occupano 48.500 addetti. Il valore aggiunto prodotto da queste imprese lo scorso anno è stato di 2,2 miliardi di euro, pari al 6,6 % del Pil marchigiano. L’identikit delle imprese culturali tracciato dall’associazione di catego-

di Emanuele Garofalo ria descrive aziende in maggioranza individuali, che scelgono come sede le città universitarie, quindi Ancona, Camerino, Macerata e Urbino, oltre ad alcuni distretti culturali specifici come Castelfidardo per la sua produzione di fisarmoniche, Recanati per le aziende legate al nome di Leopardi, Loreto per la presenza della Basilica e Offida per il suo carnevale. Un settore che sembra non aver ancora raggiunto i suoi limiti di espansione, anzi, i margini restano ampi. Secondo il “Rapporto sulle imprese del sistema cultura delle Marche” presentato dal Centro Studi Cna, le Marche si sono piazzate al primo posto in Italia per la richiesta di professioni creative e culturali. Il 19 % delle assunzioni dell’ultimo anno è stato in questi settori. Seguono la Toscana e il Veneto con il 18 % di posti di lavoro creati nelle imprese culturali e creative. In termini assoluti, ad aver trovato un lavoro nelle professioni creative e culturali sono stati 3 mila giovani marchigiani, di cui il 48,7 % neolaureati. Ma quando si parla di lavori creativi non si possono dimenticare i professionisti non ordinistici. Artiterapeuta, chinesiologo, cuoco, educatore e

istruttore cinofilo, perito e liquidatore assicurativo, wedding planer, tributarista. Sono soltanto alcuni degli oltre trenta mestieri che si occupano di servizi per le imprese e per le persone, molti nati di recente seguendo le mode e le esigenze del mercato. Per loro non esistono ordini professionali a tutelarli. La Cna dal 2015 ha costituito un Osservatorio permanente che ogni anno realizza una indagine sul settore e presenta proposte a tutela di questi professionisti senza professione. Tra il 2009 e il 2015 i cosiddetti professionisti non ordinistici sono aumentati del 28 %. Nelle Marche, solo lo scorso anno, il loro numero è passato da 7.798 a 8.459, con una crescita di 661 unità pari all’ 8,5 % e contribuiscono al pil regionale per 123 milioni di redditi complessivi. Un trend regionale superiore alla media nazionale, che ha visto crescere le fila dei professionisti senza ordine del 7,5 %. Quanto paga la libera professione creativa? Nelle Marche questi professionisti denunciano un reddito medio di 14.547 euro, in crescita rispetto ai 13.330 euro dell’anno precedente ma comunque inferiore alla media nazionale di 17.086 euro.

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LE ARTI E L’ARTIGIANATO, UNA PROSPETTIVA DI GRANDE ATTUALITÀ La vera sfida in un simile contesto è di non sembrare retorici, di non dare troppa enfasi all’argomento, ma comunque di mantenere un doveroso realismo su un settore di cui sempre di più si sente la mancanza.

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di Michele Barchiesi - Management Academy Sida Group Sviluppo Organizzativo e Strategia d’Impresa

l contesto evolutivo sociale, economico e tecnologico sta proiettando la nostra civiltà verso nuove dimensioni, verso nuove concezioni, verso stili di vita sensibilmente differenti rispetto a quelli a cui siamo abituati. Il processo di cambiamento continuo c’è sempre stato, va da sé, ma negli ultimi anni è la sua accelerazione a giocare un ruolo di primaria importanza. Da una parte, perché questa progressione crescente genera motivo di sorpresa, ma anche di rincorsa all’aggiornamento, continuamente. Dall’altra, perché influisce notevolmente sul comportamento di acquisto delle persone, che a volte faticano ad abituarsi a continui mutamenti di standard e di tecnologie, e che, sempre più spesso, sentono la mancanza di alcuni prodotti e alcuni servizi che prima erano molto più diffusi. Tanto più che certe esigenze paiono proprio rimanere invariate nel tempo e attraverso il progresso. Se si vuole aggiungere un ulteriore tassello a queste riflessioni, lo scenario attuale, in particolar modo italiano, pare favorisca di più la possibilità di nascita e di sviluppo di micro e piccole imprese, mentre le prospettive a volte sono meno rosee per progetti imprenditoriali

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più ampi, e lo sono ben poco per l’impiego nel Pubblico, o in banca, o molte altre forme di lavoro dipendente su cui molte famiglie si erano abituate a puntare per assicurarsi un futuro di discreto benessere economico. Tutto questo porta inesorabilmente ad una conclusione, che non vuole essere poetica o romantica, ma che invece ha la pretesa di essere lucida ed oggettiva: l’artigianato è più che mai una scelta valida, poiché esistono professioni vecchie e nuove che al momento non godono di sufficiente diffusione sul territorio, malgrado un fabbisogno che, espresso o meno, c’è ed è forte. Calzolai, sarte, intagliatori, ma anche pasticceri, fornai, carpentieri, e così via, attraverso un intricato ed interessante intreccio di competenze, tradizioni, passioni: le arti di un tempo sono quanto mai attuali. Al limite, occorre aggiornare qualche strumento, qualche tecnica, qualche strategia, ma si tratta di mestieri che, praticati e gestiti nel giusto modo, possono dare numerose soddisfazioni. Certo, non basta volerlo per farlo, occorre comunque tener presente che, oggi più che mai, fare impresa e praticare un mestiere professionale non sono attività da prendere sotto gamba

o da intraprendere con superficialità o approssimazione (se mai è stato così): serve rigore, lungimiranza, disciplina, senso della prospettiva, un minimo di propensione al rischio, un mix di attitudini, peculiarità e competenze, non solo direttamente coinvolte nell’attività artigiana stessa, ma anche inerenti la sua gestione operativa e strategica. Esistono numerosi professionisti pronti ad assistere i nuovi imprenditori con ogni loro conoscenza specialistica, quindi non si deve mai correre il rischio di sentirsi soli o tanto meno agire come se tali si fosse. Il mercato vuole guardare avanti, ma questo non significa affatto che alcuni mestieri possano considerarsi estinti o sulla via di esserlo: è forse questo il momento buono per unire presente, passato e futuro, per fare una scelta professionale ed economica concreta, nonché per porsi a difesa di tradizioni che non possono e non devono sparire. Le Istituzioni seguono questo processo (attraverso bandi ed agevolazioni), così come fanno molti interlocutori del settore finanziario e dei servizi alle imprese: non si parlerà mai di assenza di rischi, di strade in discesa o di eccessive facilità, ma ad oggi esistono opportunità che forse vale la pena di cogliere.


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L’AZIENDA CAMBIA, IL MANAGER ANCHE: IL SOCIAL MEDIA MANAGER di Claudia Bartolini - Management Academy Sida Group Area Web Marketing

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econdo recenti studi nel 2016 un manager su tre ancora non utilizza i big data e i social media per operare, prendere decisioni, anticipare trend, o analizzare i rischi collegati ai propri progetti. Ciò accade perché non dispone delle competenze necessarie o non ha sufficiente conoscenza del digitale e dei nuovi strumenti di comunicazione per calare questa nuova tecnologia nei propri ambiti di lavoro. Tuttavia il business oggi richiede a gran voce questa tipologia di competenze ed in ogni strategia operativa commerciale dovrebbe essere inserita una digital strategy, eseguita da un manager o un professionista in grado di ottimizzare economicamente la strategia e generare un miglioramento del ROI. Il Social Media Manager è una figura professionale in grado di sopperire a questo gap e rendere più efficace l’operatività aziendale, migliorando nel contempo l’organizzazione. Gli obiettivi di un Social Media Manager possono essere diversi e spaziare dal miglioramento della brand

awareness e dell’immagine aziendale, fino all’aumento delle vendite dei prodotti/ servizi con ricadute positive sulla redditività ariendale. Tra i suoi compiti il principale è comunque quello di realizzare una strategia di comunicazione da attuare sfruttando i principali social network come ad esempio Facebook, YouTube, Instagram e Twitter. Egli quindi si occuperà di studiare un piano editoriale, individuare i social network più funzionali e sviluppare una strategia adeguata che tenga conto di tutti quei fattori fondamentali che spaziano dal budget disponibile alle strategie dei competitor. Dovrà poi, direttamente o attraverso eventuali collaboratori, occuparsi della gestione operativa dei social scelti. Al Social Media Manager appartengono competenze manageriali che rientrano in sei macrocategorie: e-communication (comunicazione digitale), e-teamworking (lavoro di squadra digitale), e-entrepreneurship (managerialità digitale), e-innovation (innovazione digitale), e-reputation (reputazione digitale) e e-lifelong-learning (apprendimento permanente

digitale). Naturalmente poi non possono mancare competenze tecniche specifiche: conoscenza delle piattaforme informatiche, compreso il monitoraggio e l’interpretazione dei dati, abilità nello studio del target, gestione dei codici per comunicare con il pubblico, buon uso dei tool per creare contenuti (ad esempio Canva, Photoshop, montaggio video) e per osservare il campo d’azione (Es. Hootsuite e Tweetdeck). A seconda della dimensione aziendale e della sua conformazione, il social media manager può essere a capo di un team composto da diverse specializzazioni (community manager, strategist, web analyst, esperto di content marketing) o può essere un ingranaggio di un meccanismo più complesso. La regola tuttavia è sempre la stessa: l’imprenditore deve affidarsi a manager e professionisti in grado di integrare le sue competenze per far evolvere l’impresa, e in quest’ottica, considerando l’esponenziale crescita dell’utilizzo dei social media, è fondamentale che l’impresa impari ad avvalersi di questi nuovi strumenti.

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AGRICOLTURA 2.0

LA DIGITALIZZAZIONE NELL’AGRICOLTURA ITALIANA di Rosaria Mestichelli - Management Academy Sida Group Area Agroalimentare

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’agricoltura italiana, che si classifica al terzo posto (dopo Francia e Germania) in Europa per produzione, si dimostra un’ “arte” ancora oggi ben radicata nel territorio nazionale. Per rimanere tale però, e, anzi, per crescere ulteriormente, serve un continuo aggiornamento di tecniche e tecnologie. Queste le nuove tendenze: agricoltura digitale affianco a valorizzazione della tradizione e della sicurezza alimentare e a maggiore cura della qualità produttiva. Tale tendenza viene seguita sempre più dagli agricoltori 2.0, che hanno un alto grado di scolarizzazione e sono sempre più giovani e donne con una buona propensione a innovare; la leva digitale, quindi, sta cambiando l’agribusiness. Si parla, ad esempio, di etichette

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smart e Qrcode, stalle hi-tech, applicazioni wireless per l’agricoltura, l’allevamento ed il florovivaismo, irrigazione da remoto. Il 75% degli agricoltori italiani si è interessa ai big data, ai droni, ai sensori e alla genomica – particolarmente indicati per il monitoraggio e gli interventi di precisione sulle coltivazioni -, il 30% ne ha a piano l’utilizzo e il 10% li ha già applicati. Molto apprezzate sono le tecniche di impiego dei sensori sul campo (52,2%) e della digital agronomist (50,1%) pur essendo il loro impiego ancora limitato a livello di singole aziende. Queste soluzioni tecnologiche innovative fungono da strumento per ridurre i costi, rendere efficienti produzione e distribuzione, tutelare l’ambiente, ottenere produzioni sostenibili destinate a valorizzare la

biodiversità, le specificità territoriali , la qualità e la sicurezza degli alimenti. L’innovazione, inoltre, si applica al processo produttivo, alla promozione del prodotto, alla scelta o alla rotazione delle culture e ai processi di distribuzione e stoccaggio. Risulta fondamentale, quindi, promuovere la crescita di questo settore portando l’Italia a giocare un ruolo di primo piano nel mondo dell’agricoltura digitale, valorizzando le nostre eccellenze. Tale processo va accompagnato da un’adeguata formazione su questi strumenti innovativi e sul processo di avanguardia tecnologica nel campo agroalimentare, oltre che sulle strategie aziendale per promuove lo sviluppo.


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L’ORIENTAMENTO PER L’UOMO GIUSTO AL POSTO GIUSTO di Monica Secci Mura - Management Academy Sida Group Area Orientamento e Risorse Umane

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’Europa è indiscutibilmente entrata nell’era della conoscenza, con tutte le conseguenze che tale evoluzione implica sulla vita culturale, economica e sociale. I modelli di apprendimento, di vita e di lavoro sono soggetti ad una rapida trasformazione [...] Il buon esito della transizione ad un’economia e una società basate sulla conoscenza deve essere accompagnato da un orientamento verso l’istruzione e la formazione permanente.” Consiglio Europeo Lisbona, 2000 Dove è finito il posto fisso? In questa nostra era della conoscenza e della crisi, reale o percepita che sia, cercare o mantenere un posto di lavoro è come destreggiarsi in un’area a zona sismica in azione.

Orientarsi in un mondo in continua trasformazione è quanto mai complesso, e spesso le persone inseguono un lavoro pur che sia, facendo spamming del proprio CV, adattandolo oltre ogni ragionevolezza agli annunci che appaiono. Questa nel tempo non si rivela una strategia vincente, bensì una perdita di focalizzazione e un accumulo di esperienze che possono essere più o meno frustranti e più o meno e dispersive. La costruzione di un’identità professionale da poter offrire sul mercato, che sia solida e al tempo stesso flessibile, in linea con le proprie aspirazioni, vocazione, conoscenze e le proprie attitudini, è un processo impegnativo, sicuramente non scontato o già tracciato. La mentalità che concepisce la scelta lavorativa come spontanea conseguenza degli studi o della formazione pro-

fessionale, in un mondo del lavoro stabile, conoscibile e prevedibile, si scontra con la realtà del mondo del lavoro attuale, dove impera un’assoluta complessificazione dei ruoli, dei bisogni e delle richieste del sistema economico e produttivo, che per di più è ciclicamente in contrazione. Oggi non ci sono risposte valide per tutti, o percorsi garantiti, e per orientare la propria carriera in linea con le proprie aspirazioni, è necessario saper gestire questo cambiamento invece di subirlo. La carriera sta diventando sempre più una questione di self management, basata sulla capacità di saper costruire la propria professionalità, proporre le proprie competenze e il proprio know how in modo efficace, e di mantenere o inventare nuovi rapporti con i datori di lavoro. Se da un lato abbiamo la persona e la

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sua identità professionale che evolve nel tempo, dall’altra abbiamo il mercato e le sue esigenze, e per realizzare i propri obiettivi, le aziende hanno la necessità primordiale di mettere la persona giusta al posto giusto. In un mercato che cambia, cambiano anche i ruoli, alcuni nascono, altri diventano obsoleti, e tutti incrementano la richiesta di nuove competenze. Non possiamo dunque pensare la persona giusta per un determinato ruolo come uno che ha uno specifico bagaglio di conoscenze e/o di esperienze, questa è sicuramente una condizione necessaria, ma non sufficiente. Sempre più le job description prevedono competenze trasversali, che riguardano la personalità e il modo di entrare in relazione, come “capacità di lavorare in team”, “problem solving”, “proattività”. Questa è una necessità data dal fatto che si tratta di una persona da inserire in un sistema di altre persone, che ha le sue regole, il suo modo di funzionare e financo il suo modo di incepparsi, i suoi valori, il suo modus vivendi et operandi. In secondo

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luogo, se le conoscenze tecniche sono trasferibili da un individuo all’altro, le caratteristiche delle persone, ovvero i modelli ricorrenti di pensiero, di sensazione e di comportamento, sono più lente da modificare, per cui risulta più ergonomico individuare i talenti nelle persone che possono essere utilizzati in modo produttivo in un determinato contesto. Ogni volta che le esigenze dell’azienda e del ruolo collimano con quelle della persona, si ha un circolo virtuoso, dove sia l’azienda sia il professionista evolveranno e cresceranno in modo dinamico. Invece, la persona giusta nel ruolo sbagliato o viceversa, comporterà disfunzionalità nel sistema di vario tipo, che si tradurranno in perdite di tempo, di soldi e in accumulo di frustrazioni per tutti gli attori del sistema. Questo sviluppo è un processo continuo che accompagna tutta la vita della persona e delle aziende, non solo il momento dell’introduzione nel mercato del lavoro. Ogni fase ha delle caratteristiche tipiche, per cui man mano si ha una riorganizzazione di tutti i soggetti coinvolti, che si trovano ad affrontare in modo più o meno spontaneo gli eventi critici relativi alla vita aziendale. Questo è possibile perché le persone sono adatte a svolgere una serie di occupazioni, non esiste un’unica professione “ideale”. Le preferenze, le competenze, il concetto di sé e i contesti in cui le persone vivono e lavorano, possono cambiare con il tempo e con l’esperienza, e le soddisfazioni personali e lavorative dipendono da quanto si considerano adeguati alle proprie capacità, bisogni, valori, interessi, i risultati che si conseguono con le attività che si svolgono. Allo stesso modo il datore di lavoro, valuterà la persona in base alla sua produttività, a quanto questa

sia adeguata alle proprie esigenze di business. In un approccio centrato sulla persona, si opera individuando specificatamente le aree in cui le persone hanno bisogno di essere orientate, e su queste intervenire. È molto diverso non avere chiare le proprie mete, aspirazioni, obiettivi, essere demotivati, non avere alcune competenze e conoscenze per un determinato ruolo, o non integrarsi con il sistema azienda da un punto di vista attitudinale, di personalità, o di valori. La somma di tutti questi fattori produrrà delle prestazioni, ottime o scarse rispetto al ruolo, e se uno solo di tali fattori è carente, si avranno dei problemi, disfunzioni ed inefficienze. Una volta individuata l’area (o le aree) della stagnazione, si può facilitare la consapevolezza e la responsabilità individuali, e abilitare la persona a prendere decisioni riguardo a scelte di carattere personale, che siano coerenti con le esigenze del mercato. In questo scenario, l’obiettivo dell’orientamento si centra sulla conoscenza del potenziale della persona, e si dilata alla conoscenza del mondo sociale, del lavoro, delle professioni, facilitando l’incontro proficuo per entrambi. L’orientamento è un’azione finalizzata a promuovere la persona nella costruzione della propria identità professionale, e a facilitare le scelte nei momenti di transizione. L’orientamento è orientamento alla scelta in un contesto sociale, economico e culturale è ricco di opportunità per chi le sa trovare, proprio perché complesso e veloce.


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LA DISOCCUPAZIONE SI COMBATTE SUBITO CON I MESTIERI CREATIVI NUOVI E TRADIZIONALI di Flavio Guidi - Management Academy Sida Group Area Macroeconomica

uando si fa orientamento scolastico professionale si deve osservare se il ragazzo è portato per gli studi tecnico/ scientifici, artistici, letterari o operativi/ gestionali. Tre classi di individui; ad ogni classe bisogna dare una formazione adeguata.

Stiamo attraversando un’epoca in forte trasformazione dove le scoperte scientifiche e tecnologiche stanno mutando la relazione tra le cose e le persone. In questo mondo che cambia bisogna prendere consapevolezza che sta emergendo una nuova disciplina cognitiva e da qui formativa: il management della conoscenza (knowledge

mangement). Il trinomio del suo fondamento è: tecnologia, processi, persone. Il cambiamento si rende imperativo! I giovani sono sempre stati i mutanti del processo di cambiamento. A loro si deve la quasi totalità delle scoperte in ogni campo della conoscenza. Essi rappresentano una risorsa inesti-

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DOSSIER LAVORI CREATIVI tendono a trovare nell’arte e vecchi mestieri un ampio spazio di espressione.

mabile. A noi meno giovani spetta il compito di orientarli e prepararli affinché possano cogliere le opportunità espressive che il processo di cambiamento sta producendo. Il campo tecnologico scientifico è quello che sta offrendo maggiori elementi di mutamento. Pensate al web e ai social, all’internet delle cose, al big data, all’intelligenza artificiale, ai droni, alla realtà potenziata,v al 3D, alla robotica, alle nanotecnologie, all’ingegneria genetica, alle nuove forme di energia, allo sviluppo delle neuroscienze, della psicanalisi, alle scoperte nel settore della biologia, all’accelerazione del trasferimento dei dati, ecc. Tutti settori che richiedono conoscenze su nuovi fenomeni e processi e su strumenti evoluti per poter esercitare un’attività di concentrazione e applicazione specializzate. Bisogna che il periodo di formazione sia completamente riformato e potenziato verso discipline tecnico-scientifiche. Il corpo docente deve essere arricchito con l’ingresso di giovani portatori delle nuove conoscenze. Le metodologie didattiche arricchite di nuovi strumenti di apprendimento,

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dove il lavoro di gruppo lasci spazio all’interazione e all’attività creatività. È certo che le nuove tecnologie offriranno ai giovani un’occasione di applicazione espressiva esclusiva e senza pari nel tempo. Il problema è prepararli a saper operare in questo nuovo contesto. Il mondo degli operativi sta offrendo nuove forme e occasioni di espressione. Anche in questo campo alla funzione operativa si va sempre più affiancando la funzione gestionale delle risorse. Anche qui sono emerse nuove tecnologie che consentono un maggior apprendimento delle interconnessioni funzionali dei sistemi. Una visione olistica, sincrona, di pianificazione e controllo, di accelerazione dei processi decisionali, di problem solving, di sintesi, di negoziazione, d’intraprendenza, ecc si rende sempre più necessaria. Oltre ai lavori operativi evoluti e gestionali continuano ad essere presenti quelli legati alle arti e ai mestieri, che con l’apporto di nuove tecnologie continuano a rappresentare un ampio bacino di espressione. Un campo in cui creatività, attitudine relazionale e amore per l’armonico

Pensate al settore artigianale, un settore dove esiste inoccupazione, con ampia ricerca di nuovi addetti e opportunità di sviluppo; un settore che appare umile ma che in effetti non lo è ed è peraltro capace di dare risposte alle nuove istanze motivazionali dell’individuo. Dove l’autorealizzazione professionale sta sempre più prendendo spazio rispetto alla sicurezza, al potere e al successo. Nell’autonomia, nell’intraprendenza, nel rischio, nella creatività va sempre più ricercato il potere e il successo individuale e di relazione con il contesto. L’artigiano è un artista che riversa sulla professione tutta l’espressione del suo talento. È il momento di rivalutare questa nobile professione. Esso si sposa fortemente con la cultura. Agevolare l’orientamento e l’introduzione del giovane verso questo tipo di attività non potrà che produrre benefici effetti sul matching tra nuove esigenze professionali individuali e esigenze prospettiche di mercato o contesto. Anche in questo settore di espressione si richiedono nuovi percorsi di formazione. In entrambi i casi i giovani dovranno essere avviati presto in contesti operativi affinché dalle esperienze applicative possano essere acquisite le abilità necessarie a favorire lo sviluppo della concentrazione dei giovani. Bisogna rendere libero l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, che, seppure disciplinato non deve sottostare a vincoli contrattuali né a gabelle contrattuali e fiscali.


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IL MANAGER DEGLI SCARTI:

LA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE CHE TUTTE LE AZIENDE VORRANNO

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di Filippo Ugolini - Management Academy Sida Group Area Waste End Management

artiamo da un momento storico rivoluzionario: la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici (Cop 21) di dicembre 2015. Con l’accordo della capitale francese, 196 paesi si sono impegnati a limitare a 2 gradi centigradi l’aumento globale della temperatura. Si è stimato che per restare entro questi parametri si debbano tagliare le emissioni di 26 miliardi di tonnella-

te di Co2 equivalente entro il 2030. L’UNEP (Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite) stima che se tutti gli stati che hanno partecipato alla Cop21 mantenessero i loro impegni, si riuscirebbe ad arrivare al massimo a metà strada. E l’altra metà come la copriamo? La risposta si chiama Economia Circolare. Spesso questo termine viene legato solamente al mondo del riciclaggio

dei rifiuti ma il significato assume un contorno nettamente più ampio ed è anche più antico di quanto si creda, se pensiamo che già nel 1931 l’economista Harold Hotelling parlava di “prodotti economici sfruttati egoisticamente ad un ritmo eccessivo, realizzati e consumati in modo tale da generare molti sprechi”. Oggi più che mai, il modello lineare (produrre, consumare, smaltire) non è più sostenibile alla luce dei risultati

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DOSSIER LAVORI CREATIVI ambientali ed economici, bisogna iniziare dunque a pensare ad un concetto circolare di economia dove prima di buttare un prodotto e considerarlo rifiuto dobbiamo analizzare se è possibile riutilizzarlo o prevenire il suo smaltimento, nonché renderlo disponibile per altri usi nella sua interezza o nella sua componentistica. Ogni giorno nel mondo si estraggono circa 22 chili di materie prime procapite e la metà di esse non può essere recuperata: pensiamo al cibo o ai combustibili fossili, agli inerti delle costruzioni, alla materia utilizzata per elettrodomestici, vestiti, automobili o detergenti. A questo dato aggiungiamone un altro ancora più inquietante: il 13 agosto del 2015 (un anno fa circa) abbiamo assistito all’ Overshoot day, siamo cioè, di fatto, entrati in riserva come pianeta andando ad iniziare a consumare più di quanto la terra possa produrre. A fronte di questo quadro oscuro dove le difficili sfide del futuro lanciate sul finire dello scorso anno da Parigi si sommano a urgenti situazioni di riconversione dell’economia, è chiaro che la grande responsabilità ricadrà nei governi di tutti i livelli, ma un ruolo fondamentale sarà recitato anche dai cittadini e soprattutto dalle imprese che potranno essere protagoniste di questo cambiamento diventandone il motore trainante

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aumentando il benessere collettivo e ancor prima il loro profitto. Ovvio che per far questo occorre formare una classe manageriale in grado di muoversi a proprio agio all’interno del mondo del waste end (rifiuti zero) e ancor più in generale dell’economia circolare. Una classe manageriale che secondo le stime di autorevoli riviste economiche, sia in grado di utilizzare in maniera responsabile ed efficiente le risorse, aumentando la produttività del 50% in pochi anni, a fronte di un aumento attuale del 2% utilizzando sempre e comunque risorse primarie. Per esempio, secondo Frans van Houten, Ceo di Philips “il passaggio all’economia circolare impone a chi lavora in Philips un cambiamento di mentalità. Non possiamo più pensare in termini di prodotti creati per essere scaricati sui clienti, dobbiamo concepirli in modo che siano riqualificabili, di facile manutenzione e diventino la fonte da cui estrarre materiali e componenti riutilizzabili. Piccoli segnali di cambiamento si stanno già intravedendo se si pensa che grandi aziende Europee e non, stanno già incorporando il carbon pricing nei costi dei progetti di nuovi investimenti, includendolo quindi tra i fattori che influenzano il processo decisionale. Nel tessuto italiano è bello pensare che nei prossimi anni sia il “Manager

degli scarti” ad assumere un ruolo rilevante per la crescita aziendale. Una figura che conosca bene innanzitutto cosa significhi pianificare un percorso all’interno di un quadro societario, una pianificazione complessiva di aspetti patrimoniali, finanziari ed economici sommata ad un’altra legata alla capacità per esempio, di intercettare fondi pubblici che nel caso della Circular Economy ammonteranno, dentro il programma Horizon 2020, nel biennio 2016-2017, a qualcosa come 650 milioni di Euro. Una figura inoltre, che sappia individuare strategie di prodotto e di Marketing all’interno di questa evoluzione concettuale dell’economia, anche perché diversi case histories italiani, dimostrano che le famiglie del belpaese hanno un’attenzione al mondo green molto più evoluto di quanto si possa pensare a prescindere dalla loro condizione economica. La rilevanza che assumerà questa nuova figura di manager avrà anche ripercussioni sul sistema collettivo se si pensa che Legambiente ha stimato che la circular economy nei prossimi anni farà crescere i posti di lavoro di circa 600.00 unità: 400.000 mila grazie ad una rigorosa applicazione dell’attuale legislazione sui rifiuti e quasi 200.000 mila per l’applicazione delle misure sull’economia circolare. La sfida dunque è aperta, i presupposti per fare bene ci sono tutti, adesso bisogna però formare la classe dirigente del futuro, una classe dirigente responsabile che sappia generare utili facendo leva sulla circolarità dell’economia, che rivoluzioni un modo ormai statico ed obsoleto di pensare perché quegli scarti che fino ad un po’ di tempo fa rappresentavano un costo, oggi, con le giuste competenze e know how, rappresentano invece un’ opportunità di crescita.


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L’IMPRENDITORE DIGITALE DEI SERVIZI Una risposta intelligente al cambiamento. “La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto” (A. Einstein)

di Laura Osmani GGF Group - Big Data Analytics

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econdo l’articolo 2082 del codice civile italiano l’imprenditore è colui il quale esercita professionalmente un’attività economica organizzata, finalizzata alla produzione di beni e servizi. Ad oggi questa definizione è certamente confermata e vera, ma probabilmente parziale, in quanto sottolinea di certo quella che è l’attività ordinaria in capo all’imprenditore stesso, ma non prende in considerazione quelle che potremmo definire le sue attività straordinarie, ponendo

al vertice di queste ultime il cambiamento. Un cambiamento da leggersi oggi come attività extra ordinaria, vestita però di un carattere di urgenza, impegnativa e complessa. Un cambiamento che è proattività, è coinvolgimento, è presa di coscienza delle criticità, ma è soprattutto opportunità, crescita, programma, progetto, sfida e nuova idea. L’imprenditore deve prendere, quindi, coscienza e consapevolezza dei repentini mutamenti che si verificano nell’ambiente esterno, ma anche nel

contesto interno alla realtà aziendale che si trova a dirigere e guidare e, al fine di agire in modo economico, ristrutturare le sua attività sia sotto il profilo dell’apparato legato alle infrastrutture tecnologiche, sia sotto il profilo funzionale, ponendo attenzione specifica all’aggiornamento delle competenze del proprio personale interno laddove possibile e all’inserimento di nuove figure formate, cresciute e quindi preparate per il lavoro in un ambiente sempre più “tecno-digital”. Può in alternativa decidere in ottica “make or buy” di fornirsi in per

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un periodo di transizione oppure stabilmente anche di società in outsourcing le quali possiedono al proprio interno la struttura, l’infrastruttura e le competenze per effetturare attività a più alto contenuto tecnologico che colmerebbero in breve tempo il gap che l’imprenditore si trova a dover fronteggiare. La stessa Agenda digitale Europea presentata dalla Commissione si propone di potenziare al meglio “le tecnologie dell’informazione e della comunicazione al fine di favorire, all’interno degli stati membri, processi di innovazione, crescita economica e progresso. Nel contempo sottolinea anche quelli che definisce gli ostacoli allo sviluppo del mercato unico digitale che possa favorire una crescita intelligente, sostenibile ed esclusiva dello stesso, e li identifica: nella frammentazione dei mercati digitali • nei gap di interoperabilità e di standardizzazione • nel deficit di investimenti nelle reti e in ricerca e innovazione • nella insufficiente alfabetizzazione digitale e informatica

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• nell’aumento della criminalità informatica e conseguente perdita di fiducia nelle reti” (http://eur-lex.europa.eu) Assinform nei suoi rapporti su trend e dinamiche del nostro mercato interno parla di “rivoluzione del digitale” e di industria 4.0 con l’importanza rivestita all’interno del panorama dai sistemi di connettività, dall’internet delle cose, dalla business intelligence e dal Big data analytics, dai sistemi clouding, dalle smart manufacturing, virtualizzazione, droni. (www.assinform.it). Per non parlare di tutte le aziende e delle nuove start up nate e legate al mondo del digital web, del content marketing, del social, della Knowledge sharing e management, dell’online marketing il quale parla al digital consumer, ai mobile device e wareable connected, agli early adopter! Il contemporaneo imprenditore dei servizi oltre ad offrirsi al mercato si trova a generare quella domanda creativa e professionalizzante che offre la possibilità di espandersi, creare occasioni di espressione e fornisce opportunità di azione ai più giovani, i quali vedono nell’auto realizzazione il proprio progetto professionale. Il rapporto Unioncamere 2015 indica che ad aprile ’15 in Italia si contavano 3.842 start up innovative, di cui 663 nuove imprese dall’inizio dell’anno. Il 78,2% di queste ha costruito il proprio modello di business nel settore dei servizi avanzati. Inoltre, il 23,7% delle nuove aziende presenta una compagine societaria a prevalenza giovanile e il 23% opera prevalentemente all’estero (Rapporto Unioncamere 2015). Ecco l’importanza della presenza di Incubatori in cui le idee prendono forma e sostegno per lo sviluppo, luoghi in cui dare vita a progetti e integra-

zioni tra differenti e parallele strutture di servizio. Progetti di promo-commercializzazione e di idee-prodotto che possano fare affidamento su fonti di sostentamento finanziario. E non da ultimo gli Acceleratori: sostegno alla crescita di attività imprenditoriali a supporto dell’apparato di incentivi finanziari e fiscali. Da qui la nascita e la richiesta da parte del tessuto imprenditoriale di figure quali social media manager, community manager, web analyst e SEO strategist, open data manager il diffondersi di laboratori e di luoghi di incontro e scambio di idee online e offline, e non da ultimo di imprese di servizi che del digitale, del world wilde web, della comunicazione a 360° hanno fatto un business e basato il loro futuro. Un information technology che non appartiene più solo ai tecnici informatici e agli esperti programmatori, ma che è parte integrante della vita di tutti noi, noi che a vario modo vestiamo nel mercato il ruolo di consumer e prosumer, di professionisti e di specialisti della knowledge networking, della virtual e viral communication, del digital awareness e creativity. Nell’era dell’identità digitale, nell’era dell’ “e”, e-Governemet, e-Commerce, e-Learning, dell’ e-Procurement, dell’ e-Health, nel panorama dell’industria e del consumo 4.0, in questo secondo decennio de XXI secolo decodificare le esigenze in algoritmi e codici, personalizzare e potenziare il business divengono azioni indispensabili e che sempre più rendono attuali le parole ed il pensiero Darwiniano del XIX secolo: “Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente ma la specie che risponde meglio al cambiamento”. (Charles Darwin)


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ECOGESTIONE D’IMPRESA: LA TUTELA DELL’AMBIENTE SOSTIENE LA COMPETITIVITÀ

IL MANAGER AMBIENTALE di Sara Urbano - Management Academy Sida Group Area Operations e Qualità

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a gestione della variabile ambientale è ormai unanimemente riconosciuta come fattore chiave dello sviluppo economico che, in una visione congiunta di sistema pubblico ed industriale, nella corretta valutazione degli assetti finanziari,

del posizionamento competitivo di impresa e dell’evoluzione Paese, costituisce opportunità strategica per sbocchi occupazionali innovativi se integrata in decisioni che coinvolgono tutti gli attori del sistema imprenditoriale. Il crescente utilizzo delle risorse di-

sponibili e i conseguenti rifiuti ed emissioni prodotti comportano un impoverimento costante del pianeta, costringendo la società intera ad utilizzarle in maniera intelligente, introducendo il concetto di spreco nell’ottica di prescindere da una visione esclusivamente corrente.

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DOSSIER LAVORI CREATIVI Il problema deve essere perciò analizzato secondo 3 dimensioni interdipendenti, economica, sociale ed ambientale, ricercando la soluzione che garantisca opportunità economiche complessive senza che ciò costituisca minaccia al sistema naturale, territoriale ed urbano; sviluppo sostenibile significa infatti agire oggi senza compromettere le possibilità di sfruttamento future, intendendo questa crescita non solo in senso economico ma anche intellettuale, morale e sociale (Dichiarazione Universale UNESCO, 2001). A livello nazionale il concetto di sviluppo sostenibile è contenuto nel DLgs n.152 in materia ambientale, secondo cui qualunque attività umana giuridicamente rilevante, privata o pubblica che sia, deve conformarsi ad esso, mentre l’approccio proposto dall’Unione Europea prevede l’adozione di misure economiche, giuridiche e regolamentari sia di tipo volontario che prescrittivo e lo sviluppo di metodologie e strumenti per l’analisi del ciclo di vita dei prodotti ( certificazione del Sistema di Gestione Ambientale e qualità ambientale dei prodotti) decisamente più stringenti, ma soprattutto un fortissimo orientamento alle sensibilizzazione ed informazione di tutti gli stakeholders coinvolti. Il rapporto Formazione-Competenze diventa quindi cruciale per gestire in maniera efficace ed efficiente l’evoluzione della gestione e pianificazione ambientale, legata all’aggiornamento delle normative, allo sviluppo delle conoscenze e all’avanzamento tecnologico. In generale, si definisce Gestione Ambientale di Impresa la gestione delle attività che comportano l’interazione della stessa con l’ambiente, e negli ultimi anni la centralità di una corretta

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gestione di tale rapporto è diventata tale sia in termini di sfruttamento delle risorse che in relazione alla produzione di rifiuti e di emissioni inquinanti, da aver comportato una serie crescente di investimenti privati ed Istituzionali, nonché il riconoscimento di un ruolo sociale partecipato. L’adozione di un Sistema di questo tipo in un’impresa comporta modifiche sostanziali alle competenze e ai contenuti della figura professionale del cosiddetto Responsabile Ambientale e rende perciò necessaria la corretta individuazione di tale figura, della sua mansione e dei suoi obblighi, nei confronti dell’azienda che

rappresenta e del sistema economico-sociale con cui si relaziona. Non a caso, dunque, si parla di Ecogestione o corretta gestione ambientale nel momento in cui oltre ad adottare un SGA che soddisfi i requisiti, ci si adoperi con un impegno concreto e costante al miglioramento delle prestazioni raggiunte attraverso momenti di Audit cioè valutazioni sistematiche e periodiche dell’efficacia del Sistema adottato, le cui conclusioni, adeguatamente formalizzate e docu-

mentate, costituiscano oltre che base pratica per qualsiasi attività di intervento di miglioramento, elemento di informazione e dialogo delle attività di impresa con la società civile attraverso la “Dichiarazione Ambientale”, e il Bilancio Sociale quale ulteriore strumento di comunicazione periodica delle Attività svolte. Le attività del Responsabile Ambientale che assume poi ruolo anche di Revisore, si concretizzano infatti senza dubbio nella corretta definizione della Politica Ambientale di impresa, nell’implementazione del sistema e nell’adeguamento dell’impatto dei processi produttivi e delle emissioni agli standard prescritti dalla legge, ma proprio in ottica di integrazione questa visione aziendalistica non può prescindere dalla corretta definizione dei rapporti e del coordinamento delle attività previste con gli Enti pubblici di controllo da un lato e con tutti i portatori di interesse dall’altro, innanzitutto il cliente ed il mercato che di tale logica costituiscono il focus in termini di soddisfazione reale e “collettiva”. Il professionista chiamato a gestire il Sistema Ambientale avrà quindi il dovere anche etico di tracciare tutta una serie di azioni riguardanti il miglioramento delle performances aziendali legato alla sensibilizzazione interna sulle tematiche e alla diffusione della politica ambientale concordata con la Direzione a tutti i livelli, non limitandosi alla sola conduzione di Audit e verifiche ispettive, predisposizione di azioni correttive e preventive, coordinamento delle attività di redazione e gestione della documentazione del Sistema, ma realizzando altresì comunicazione e marketing verso l’esterno che sappiano dare adeguatamente conto dell’interazione con i soggetti


DOSSIER LAVORI CREATIVI addetti ai controlli e con la Comunità in genere. Diventano dunque indispensabili competenze trasversali che, al di là degli aspetti tecnico scientifici legati all’individuazione di soluzioni tecnologiche e di capacità metodologiche nel conciliare la politica ambientale con le strategie aziendali di più alto livello, prevedano la conoscenza dei principali strumenti relativi agli adempimenti normativi, cogenti e volontari, e sulla base della conformità a tali normative individuino gli interventi utili a migliorarne le prestazioni e diminuire le “spese ambientali”, dando garanzia di affidabilità dei dati riportati nella dichiarazione ambientale e rappresentatività delle problematiche effettivamente riscontrate all’interno dell’organizzazione. Ecco perché le necessità parlano di una formazione che, integrando i diversi aspetti, valorizzi le skills tecniche ma parimenti quelle economico/ gestionali di cui i profili designati sono in possesso (Lauree in Economia e Giurisprudenza sono altrettanto ricercate), completandole in particolare con approfondimenti relativi alle Valutazione di Impatto Ambientale e all’implementazione dei relativi Sistemi di Gestione, ISO 14001 ed EMAS, e sviluppando formazione ed aggiornamento continui che varino anche a seconda del particolare contesto politico, economico ed aziendale. E’ perciò evidente che lo sviluppo di professionalità specialistiche debba essere raggiunto anche attraverso la collaborazione fra impresa ed istituzioni, sia nella diffusione dei principi di base che nella partecipazione diretta ai lavori, al fine di pervenire ad una stesura dei riferimenti normativi che il più possibile sia rispondente dell’effettivo quadro tecnico-operativo delle realtà aziendali cui gli Stan-

dards fissati dovranno riferirsi, così che anche la comunicazione verso l’esterno mirata a sensibilizzare l’opinione pubblica risultando aderente alle procedure non risulti tuttavia lontana dalle best practices interne effettivamente adottate. Chiaramente il settore delle PMI, che come noto costituisce la percentuale maggiore del tessuto imprenditoriale italiano, presenta bisogni, anche formativi, che si differenziano spesso dalle realtà più strutturate, essendo spesso un’unica figura con ruolo dunque ancora più decisivo a gestire tutti gli aspetti connessi alle valutazioni ambientali cosa che, in prospettiva differente per via della differente struttura organizzativa, avviene tuttavia similmente anche nel settore pubblico o in aziende concessionarie di pubblici servizi. La vera sfida sta nella capacità di creare e diffondere competenze nuove e verticali che rispondano in maniera veloce all’evoluzione dei parametri sempre più restrittivi previsti dalla Comunità Europea specie con Europa 2020; ma se è vero che la Norma ISO 14001 rappresenta il quadro normativo di riferimento per una gestione intelligente dei diversi aspetti è altresì certo che ciò che il mercato richiede è soprattutto una esperienza sul campo focalizzata sulla progettazione reale e sui potenziali effetti ambientali derivanti dagli impatti, che solo una conoscenza reale dei processi e dei prodotti può consentire allo scopo di sviluppo di professionalità ed efficienza operativa, soprattutto nel settore pubblico per evitare un carico eccessivamente amministrativo a discapito di una politica efficace di azione e controllo. E’ per questa ragione dunque che lo studio delle Normative, l’approfondimento tecnico ma soprattutto lo

scambio esperienziale con i già professionisti del Settore, possono fare la differenza nel formare figure esperte con competenze tali da diventare motore dell’innovazione da un lato e “intermediari” del cambiamento soprattutto culturale dall’altro. Scelte di politica ambientale consapevoli che derivino da una considerazione congiunta dei contesti istituzionali ed operativi, producono infatti circoli virtuosi che al di là della “semplice” tutela ambientale, diventano fondamentali nelle valutazioni energetiche, nello sfruttamento delle risorse e nella gestione del territorio e dell’intero contesto urbano, assumendo quindi valore strategico di ben più lungo periodo a livello comunitario e sociale quale indicatore dello Sviluppo Paese che necessariamente presupponga una logica collaborativa Impresa/PA, essendo di fatto l’obiettivo comune. L’evoluzione del “problema ambientale” richiede quindi, in conclusione, un intervento strutturale allo scopo di promuovere l’attuazione sì di normative più stringenti ma, soprattutto, diffondere la cultura che dietro le stesse risiede e che presuppone un successo sicuro solo se non esclusivamente legato ad applicazioni coercitive; in questa nuova ottica la professione del Revisore Ambientale sarà sempre più richiesta proprio perché dotata di quelle competenze trasversali in grado di considerare a 360 gradi il panorama in cui la Valutazione avviene, integrando i differenti aspetti in maniera obiettiva e diffondendoli ai diversi livelli aziendali, consistendo l’effettivo cambiamento nella capacità di trasmettere un nuovo sistema di valori piuttosto che un ulteriore impianto di regole.

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DOSSIER LAVORI CREATIVI

ESTRO, CREATIVITA’ E COMPETENZE:

LA MOTOGP DEL MANAGER CARLO PERNAT Non è un lavoro come un altro. Bisogna saper rischiare, scommettere, ed essere empatici con i piloti. Saperne di marketing e comunicazione. Gestire soldi, sponsor e contratti da capogiro. Il managare Carlo Pernat si racconta in esclusiva a Mondo Lavoro.

di Guido Guidi

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on è un lavoro come un altro. Bisogna saper rischiare, scommettere, ed essere empatici con i piloti. Saperne di marketing e comunicazione. Gestire soldi, sponsor e contratti da capogiro. Il managare Carlo Pernat si racconta in esclusiva a Mondo Lavoro. Classe 1948. Manager. La MotoGp è il suo pianeta. E la creatività è la benzina con cui ha nutrito sempre il motore della sua vita. Il suo motto: “Il tempo non passa, il tempo arriva”. Carlo Pernat è oggi una delle figure più rappresentative ed influenti nel mondo delle due ruote. I piloti sono le sue creature. Quasi dei figli. Lui ne è manager e psicologo. Perché quando un atleta, che ogni domenica cavalca il

suo destriero a oltre 300km orari, va in crisi, non c’è nessun altro che possa far sparire la nebbia se non il suo manager. E ogni pilota ha bisogno di un approccio diverso. C’è chi vuole scariche d’adrenalina ancora più forti, per tornare a vincere. E chi, invece, non aspetta altro che respirare una certa tranquillità. Tutto questo Pernat lo sa molto bene. Sotto la sua ala protettrice sono passati i più grandi campioni degli ultimi 20 anni: Valentino Rossi, Max Biagi, Marco Simoncelli, Loris Capirossi. E adesso sta puntando tutto su Andrea Iannone, che nonostante un campionato dagli inizi sfortunati, sta trovando solo adesso la chiave di volta. Un po’ tardi per questo giro. Ma la carriera di un giovane come Iannone è ancora tutta da scrivere. E la grande capacità di lettura di un

manager come Carlo Pernat sta proprio nel saper puntare e rischiare sul grande campione di domani. Il più delle volte ci ha visto bene. E questo lo deve anche a quella genialità creativa che solo uno del suo livello ha il dono di possedere. Quel guizzo che sa farti aggiustare il tiro anche all’ultimo momento, quando tutto sembra perduto. Quella capacità di trovare la

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DOSSIER LAVORI CREATIVI soluzione adeguata nel momento di maggior criticità. Quell’innata prontezza che nel saper gestire passaggi complessi e di altissimo rischio. Senza la creatività e il pensiero laterale, Pernat non sarebbe mai stato Pernat. <<Certo, alla base devono esserci sempre delle competenze – spiega il manager – il management dei piloti ricade comunque in una sfera lavorativa dove bisogna aver acquisito delle specificità. Ma ci sono anche tante altre sfumature e dettagli che possono essere acquisiti solo sul campo. Questo è il bello del mio mestiere>>. Si può dire che la sua è una vita che viaggia al massimo, come quella dei suoi piloti. Lei cominciò da ragazzo lavorando nell’ufficio marketing della Piaggio fino ad arrivare al Motomondiale. Quali caratteristiche deve avere una persona per arrivare a fare una scalata del genere? <<Tanta passione, prima di tutto. Ma anche tanta fortuna. Io cominciai alla Piaggio negli anni ’70. Era un’azienda molto forte, dove mi sono formato a livello di marketing, pubblicità e ufficio stampa. Poi sono passato alla Gilera dove ho seguito il mondiale di motocross. In quel momento ho capito che quello era il mio ambiente. La velocità, le gare. Le due ruote. Da lì è cominciato tutto. Un lavoro difficile, che si muove a 360 gradi. Spazia dal marketing alla capacità di formulare e far siglare contratti. C’è la psicologia, che serve a gestire le persone. Bisogna avere un carattere particolare per stare in questo mondo, perché le leggi non scritte sono molto feroci: o vinci, o sei fuori>>. Ai suoi tempi non esisteva una formazione che portasse a diventare dei manager di questo settore. Oggi, invece? <<Oggi ci sono tanti corsi di laurea che indirizzano generalmente al

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mondo manageriale, così come i vari master o corsi di formazione. Ma per stare in MotoGp non esiste una scuola. Posso solo dire che quando ho cominciato non c’era neanche tutta la tecnologia che oggi ha invaso il mondo della comunicazione. Oggi si comunica molto velocemente, ma non esiste più il contatto umano. Mentre io sono sempre stato legato alla dimensione interpersonale. Se faccio un contratto, non esiste che lo invio per email. Ma voglio vedermi al ristorante con la persona con cui sto siglando un accordo. Mi basta anche una stretta di mano, al limite. E’ cambiato tutto oggi, e i giovani affrontano questo mondo lavorativo in modo molto diverso da come lo abbiamo fatto noi che avevamo prima di tutto un’enorme passione per quello che stavamo facendo. Ma è cambiato anche il modo in cui si punta sui piloti. Ad esempio, quando ho preso valentino gli feci un contratto a tre anni. I primi tempi era sempre steso. Ma ho creduto in lui, proprio con quel tipo di contratto. E’ cresciuto. E la storia parla da sola. Oggi, purtroppo, se un pilota non sboccia dopo le prime quattro gare, è bruciato. La dice lunga questo su come siano mutate le cose>>. Chi sogna di poter lavorare in questo settore cosa dovrebbe fare per avvicinarsi? Non è un mondo dove si effettuano colloqui tradizionali, giusto? <<Esatto. Questo è un mondo, per fortuna, ancora molto lontano dalla Formula1 o dal calcio. Qui al 70% conta la passione che ha un individuo per questo ambiente e per questo lavoro. Qui bisogna sacrificare molte cose. Quando sei qua non si dorme, si lavora per tantissime ore. Spesso mi sono capitate persone che avrebbero fatto carte false per lavorare con me, poi sono crollate alle prime difficoltà.

La struttura organizzativa che ruota intorno ad un manager di questo settore può anche restare a casa, in certi casi. Perché il lavoro sporco si svolge a casa>>. Lei è un managaer dei più grandi piloti al mondo. Che livello di tensione c’è nel dover gestire l’immagine e l’aspetto economico di queste persone? <<Più che reggere la tensione, occorre essere degli ottimi psicologi. Quando avevo Max Biagi dovevo confrontarmi con lui in un determinato modo. Con Valentino in un altro. E con Capirossi e Simoncelli in un altro ancora. Per fare il mio mestiere bisogna essere bravi ad adattarsi al pilota che si ha di fronte e al suo “core business”, se così possiamo chiamare l’attitudine. Non c’è storia, o fai lo psicologo o fallisci la missione>>. Quali sono tutte le altre grosse responsabilità che sottintendono la sua figura? Molti non lo sanno neanche che cosa voglia dire essere il manager dei piloti del Motomondiale. <<Le competenze e le responsabilità sono molteplici. Come dicevo prima, un buon manager deve sicuramente vincere. Ma deve anche conoscere molto bene le tecniche di trattativa, di marketing e di comunicazione>>. E in questo la creatività che ruolo ha? <<La creatività è tutto>>. Un rimpianto, o un errore commesso nella sua carriera? <<Un grosso errore lo commisi con Niccolò Canepa. Pilota giovanissimo che nel 2009 portai in MotoGp. Ma in quel caso non ho avuto ragione nell’aver fatto quella scelta. A quel punto bisogna ammettere di aver sbagliato>>.


DOSSIER LAVORI CREATIVI

ADRIATIC CALLING.

ECAPITAL RILANCIA LA SUA SCUOLA INTERNAZIONALE DI IMPRESE CREATIVE. Giovani da mezza Europa a lezione alla Mole di Ancona per la seconda edizione della Adriatic Start-Up School

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l mare Adriatico come un incubatore di imprese culturali e creative che abbraccia otto Stati e trentacinque ragazzi di nazionalità diverse. È l’idea dietro la Adriatic Start-up School di Ecapital, la scuola di formazione promossa dalla Fondazione Marche e dedicata ai giovani under 40 che vogliono trasformare una idea in una nuova attività imprenditoriale. Ecapital, la competizione di businnes plan che da 15 anni va alla scoperta di giovani talenti imprenditoriali marchigiani, torna con la sua seconda edizione internazionale estesa ai ragazzi della Macroregione Adriatico Ionica. Da ottobre a dicembre, la Mole Vanvitelliana di Ancona sarà il quartier generale di questo think tank europeo, diventando lo spazio dove potranno prendere forma le prossime imprese innovative dei Paesi affacciati sul mare Adriatico. Fino al 15 settembre sono aperte le iscrizioni per i candidati alla StartUp School attraverso il sito www. ecapital.it , a disposizione ci sono 35

di Emanuele Garofalo posti per giovani under 40, di cui 15 marchigiani e 20 riservati ai cittadini di Albania, Bosnia, Croazia, Grecia, Slovenia, Montenegro e Serbia. In palio ci sono due mesi di corsi, dal 17 ottobre al 16 dicembre, comprensivi di vitto, alloggio e viaggio in traghetto per gli studenti non italiani dal valore di 5 mila euro e completamente gratuiti per i partecipanti. Le lezioni prevedono un mix di incontri con docenti dell’Istao e imprenditori di successo nel settore del turismo e della cultura, workshop e confronti tra gli stessi studenti, per arrivare alla fine alla stesura di un progetto di impresa che sia pronto per dare vita ad una nuova attività imprenditoriale, aiutando infine i partecipanti all’individuazione delle possibili azioni di fundraising, dei potenziali investitori interessati a finanziare l’idea e l’occasione di presentare la propria proposta al mondo istituzionale, imprenditoriale e finanziario dell’intera area Adriatica. L’obiettivo della ricerca di talenti? Il bando di concorso della Start-Up School è mirato per le idee di impresa che puntano alla valorizzazione del patrimonio culturale della Macroregione in

tutte le sue forme, dai siti archeologici all’architettura, dagli eventi al food, dalle performance live e di teatro al cinema, fino ai musei, alle produzioni musicali, all’editoria, ai parchi a tema e alle arti visive. Gli studenti delle Marche avranno in più la possibilità di attivare un corso di 3 mesi all’Istao di accelerazione dell’avvio della propria attività imprenditoriale. La Adriatic Start Up School arriva così alla sua seconda edizione, dopo aver coinvolto 25 ragazzi della Macroregione nel 2015. L’iniziativa nasce dalla Fondazione Marche, il motore della nota business plan competition Ecapital, in associazione con l’Università Politecnica delle Marche, la Camera di Commercio di Ancona, il Comune di Ancona e l’Istao, con il sostegno di Intesa San Paolo. La scuola internazionale di Ecapital ha ottenuto il patrocinio delle maggiori istituzioni della Mrai, a partire dall’Iniziativa Adriatico Ionica, il Forum delle Camere di Commercio dell’Adriatico e dello Ionio, UniAdrion e il Forum delle città dell’Adriatico.

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DOSSIER LAVORI CREATIVI

CARTA BIANCA ALLA CREATIVITÀ. L’ESEMPIO DI SANDRO TIBERI, ARTIGIANO DIGITALE

CHE PRODUCE I FOGLI FATTI A MANO, NELL’ERA DEL WEB. Tiberi: «I giovani sono interessati ai mestieri, ma servono investimenti e difesa delle aziende, altrimenti si perderà un patrimonio culturale enorme»

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guardo rivolto al futuro e radici piantate nelle tradizioni. Così nasce un’azienda creativa simbolo delle Marche come quella di Sandro Tiberi, mastro cartaio di Fabriano e presidente di Confartigianato per il settore dell’artigianato artistico. La sua carta è prodotta a mano, recuperando una storia antichissima che fanno dell’impresa di Tiberi una eccellenza riconosciuta del territorio, e allo stesso tempo un’attività estremamente innovativa e digitale che viene esportata in tutto il mondo. Possibile? Sì, al punto tale che Tiberi è stato di recente premiato con il Best Wwworkers 2016, il riconoscimento assegnato dalla community dei lavoratori italiani del web, per il suo impiego di nanotecnologie idrorepellenti che rendono i fogli resistenti all’olio e all’acqua. Il segreto di Tiberi? «Puntare ad un prodotto distintivo e di alta gamma, aprendo la mente alle contaminazioni dell’epoca moderna». Tiberi, le aziende creative possono essere una risposta alla crisi? “Senza dubbio, in un momento in cui l’occupazione manca o va inventata, bisogna diversificare e investire nelle piccole aziende ad alto contenuto di valore

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di Emanuele Garofalo aggiunto. La nostra storia del fabrianese purtroppo ce l’ha insegnato. Eravamo la Milano del Centro Italia, per fortuna dalla crisi si sono salvate le imprese eccellenti. Puntiamo su queste, la nostra regione dovrebbe darsi una strategia come una vera impresa, darsi obiettivi chiari da raggiungere da qui ai prossimi anni. Purtroppo questa strategia fatico a vederla.” Cosa rappresentano le aziende di artigianato artistico per le Marche? “Oltre alla produzione di oggetti di qualità, noi facciamo la promozione del nostro territorio, siamo l’industria del turismo. Pensate al valore per il turismo delle esperienze di workshop laboratoriali nelle botteghe, in un momento in cui i visitatori cercano sempre di più il fare. Inoltre, gli artigiani cambiano anche il volto delle nostre città. Come il progetto della Via Maestra della Confartigianato per Fabriano, che punta a recuperare e aprire laboratori e luoghi di rivalutazione dei saperi nel centro storico.” Di cosa hanno bisogno le aziende creative? “Le aziende di artigianato artistico di qualità dovrebbero essere tutelate come

un patrimonio culturale enorme. C’è una indifferenza drammatica verso il passaggio di competenze: basta un salto generazionale e certe competenze vengono perse per sempre. Ma sono proprio queste competenze che rendono l’Italia riconoscibile nel mondo.” Questo perché i giovani non si avvicinano ai mestieri? “No, tutt’altro. Le nuove generazioni hanno voglia di riscoprire professioni e saperi, sono entusiasti di lavorare nell’artigianato e hanno interesse. I problemi sono la sopravvivenza delle aziende, la loro tutela dal falso made in Italy, gli investimenti e i fondi necessari per aprire le nuove attività.” Cosa significa nell’era del web essere artigiani digitali? “Significa cambiare mente, saper utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione, usare un linguaggio consono all’epoca e rimodernare il prodotto per renderlo fruibile oggi. Una volta il mercato era locale, oggi grazie alla rete è mondiale, ma un prodotto eccellente trova il suo sostegno nel mondo. La creatività è questa: contaminarsi e aprire la mente al futuro. “


DOSSIER LAVORI CREATIVI INFORMAZIONI SUL SONDAGGIO Sondaggio realizzato da Mind X Up Srl. Sondaggio online, pubblicato all'interno delle newsletter, sulla pagina Facebook e sul sito di Mondo Lavoro ML Magazine. Indagine gestita attraverso piattaforma CAWI dal 29 Agosto al 13 Settembre 2016. Campione non probabilistico. Totale rispondenti: 120

www.mindxup.it info@ mindxup.it

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l sondaggio di questo mese è dedicato a creatività e nuovi mestieri. Steve Jobs e Mark Zuckerberg insegnano: le professioni che permettono di fare davvero successo non sono quelle che da sempre conosciamo, bensì quelle inventate di sana pianta. Oltre il mito del posto fisso esiste ormai una forte potenzialità innovativa nelle nuove generazioni: i giovani sanno,

Nel 2014 si prevedevano per professioni creative e culturali circa 90mila assunzioni, pari al 15% del totale. (Fonte Sistema Informativo Excelsior). Negli ultimi anni la creatività è stata spesso considerata l’arma vincente per sconfiggere la crisi. Questo, secondo i nostri lettori, il ruolo della creatività nell’attuale mercato del lavoro:

A CURA DI

con mentalità aperta e spirito d’avventura, andare oltre il proprio percorso formativo e immaginare sviluppi lavorativi creativi, sfidanti e mai negli schemi. Quale importanza attribuire alla creatività e al suo influsso sullo scenario professionale moderno? E’ un semplice valore aggiunto o sarà il vero motore per la ripartenza dell’economia? Scoprite che cosa ne pensano i nostri lettori.

Negli ultimi 5 anni, secondo uno studio realizzato dallo IED, i lavori creativi sono andati in controtendenza rispetto al contesto occupazionale, con nuove figure professionali molto ricercate e per le quali il posto di lavoro è assicurato. Andrea Sartori, in “L’inventalavoro”, ne elenca ben 31, tra le più svariate. Queste le prospettive future immaginate per le nuove figure:

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DOSSIER LAVORI CREATIVI Secondo un’indagine del Sole24Ore, più di due imprenditori su tre considerano creatività/innovazione e responsabilità come valori fondanti della cultura d’impresa. Dall’indagine emerge nettamente l’abbinamento tra creatività e innovazione, come se fossero due facce della stessa medaglia o forse, addirittura, due sinonimi. I nostri lettori sono d’accordo?

Qual è, secondo i partecipanti al nostro sondaggio, il settore in cui la creatività trova maggior applicazione?

La creatività è innanzitutto un fatto mentale e individuale, spesso incontrollabile. In base a quanto visto sinora e al ruolo che sta attualmente rivestendo sul piano occupazionale, sarebbe tuttavia necessario favorirne la diffusione, impostando processi che favoriscano lo sviluppo di menti e idee creative. Come i nostri lettori ritengono sia possibile raggiungere tale obiettivo?

Ed infine quale è, secondo i lettori di ML, il ruolo primario del web e della tecnologia all’interno del processo creativo?

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A CURA DI


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ECONOMIA&TERRITORIO

L’INDUSTRIA MARCHIGIANA È OTTIMISTA: cresce la domanda interna di Andrea Maccarone

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a domanda per i prodotti dell’industria marchigiana è tornata a crescere. Secondo le indagini trimestrali svolte da Unioncamere Marche, il 2015 ha tirato un sospiro di sollievo. Determinante il contributo positivo della componente interna. Gli ordinativi infatti sono saliti per tutte le classi dimensionali e soprattutto per le imprese più grandi. Le previsioni formulate dalle aziende agli inizi del 2016 sull’andamento degli ordini nel breve termine sono improntate a un prudente ottimismo. L’ampliamento della domanda ha determinato uno sviluppo dell’attività produttiva e delle vendite dell’industria regionale. In base a elaborazioni sui dati di Confindustria Marche, la produzione ha ripreso a crescere nel 2015, sebbene a un ritmo ancora modesto (meno dell’1 per cento), dopo la stagnazione osservata nell’anno pre-

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cedente. In base alla stessa indagine, per la prima volta dal 2011 le vendite interne sono tornate a espandersi e hanno riportato una dinamica superiore a quella delle vendite estere. Secondo i dati raccolti dalla Banca d’Italia, attraverso un’indagine che ha coinvolto circa 260 imprese industriali con almeno 20 addetti, nel 2015 il fatturato dell’industria marchigiana è cresciuto dell’1,7 per cento a prezzi costanti. La dinamica del fatturato è risultata differenziata a livello settoriale: il saldo tra le imprese che hanno incrementato le vendite e quelle che le hanno ridotte rimane elevato nel comparto della meccanica, mentre risulta ampiamente negativo e in ulteriore calo per le aziende calzaturiere; i casi di aumento sono tornati a prevalere su quelli di diminuzione nell’industria del legno e del mobile, la cui performance appare in lento miglioramento

dopo la brusca caduta del fatturato occorsa nella prima fase della crisi iniziata nel 2008. Le imprese industriali rimangono ottimiste sull’evoluzione economica di breve termine, pur con alcuni segnali di cautela dovuti specialmente alle prospettive del commercio internazionale, e si attendono un’accelerazione delle vendite per l’esercizio 2016. Per quanto riguarda le aziende manifatturiere con meno di 20 addetti, le stime dell’Osservatorio Trend Marche sull’artigianato e la piccola impresa segnalano una crescita del fatturato nel 2015, più accentuata nel secondo semestre, dopo la stazionarietà del 2014. IL COMPARTO DEL MOBILE NEGLI ANNI DI CRISI Il settore del mobile è uno dei principali della tradizione manifatturiera marchigiana ed è caratterizzato da


ECONOMIA&TERRITORIO Produzione dell’industria (1) (indici: media anno 2007=100)

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Fonte: elaborazioni su dati Confindustria Marche. (1) Dati trimestrali destagionalizzati.

un’organizzazione sul territorio di tipo distrettuale. In base ai dati dell’Istat, nel 2013 il comparto contava nelle Marche circa 1.130 imprese e impiegava 14.800 addetti, il 60 per cento dei quali concentrati nella provincia di Pesaro e Urbino. Gli addetti alla fabbricazione di mobili rappresentavano il 10 per cento del totale del settore a livello nazionale e una quota simile rispetto a quelli dell’intera industria manifatturiera della regione, pur senza comprendere nel conteggio le aziende dell’indotto (come ad esempio quelle che producono macchine per la lavorazione del legno). Tra le regioni italiane, solo in Friuli-Venezia Giulia si registrava una maggiore incidenza di addetti, mentre in termini assoluti il numero di occupati era superiore solo in Veneto e in Lombardia. Le imprese marchigiane del settore risultavano mediamente più grandi di una generica impresa manifatturiera regionale (13,1 addetti a fronte di 9,3) e il 30 per cento di esse aveva almeno 10 addetti (contro il 20 per cento delle imprese della manifattura). La dimensione media delle imprese mobiliere regionali era più elevata anche nel confronto con le aziende italiane del settore (7,6 addetti); considerando specificamente la classe dimensionale oltre i 250 addetti, la quota di occu-

pati nel comparto mobiliero era pari al 17,5 per cento nelle Marche e al 7,9 in Italia. Negli anni della crisi le vendite dell’industria marchigiana del mobile hanno subito una marcata flessione. In base alle stime dell’Istat, nel periodo 2008-2013 la variazione media annua del fatturato (valutato a prezzi correnti) è stata negativa per 6,4 punti percentuali, un calo più accentuato di quello dell’industria manifatturiera regionale. Nel 2013 il fatturato dell’industria del mobile era inferiore del 23 per cento rispetto al 2008. Nel biennio 2008-09 le esportazioni di mobili sono calate considerevolmente, nelle Marche ancor più che nell’intero Paese. Per l’industria del mobile il recupero dopo il 2009 è stato molto più lento che per la manifattura nel suo complesso. Nelle Marche, nonostante un significativo incremento nel 2015, il valore delle esportazioni di mobili resta inferiore di oltre 20 punti percentuali rispetto agli anni pre-crisi. Le difficoltà attraversate dal settore hanno determinato un ridimensionamento della base produttiva, con un netto calo degli addetti (un quarto in meno in regione tra il 2008 e il 2013, come in Italia). Una riduzione di pari entità rispetto a quella degli addetti ha interessato il numero di imprese attive del settore, anche per l’elevato numero di procedure fallimentari. L’incidenza di queste procedure in rapporto al numero di imprese su mercato (insolvency ratio) ha raggiunto la quota di 345 procedure per ogni 10.000 imprese nel 2014. Nel 2015 l’indicatore è sensibilmente diminuito, scendendo sotto la soglia delle 200 procedure, un valore che resta comunque più elevato rispetto a quello dell’industria manifatturiera. Nella media de periodo 2009-2015 l’insol-

vency ratio nell’industria del mobile marchigiana si è attestato su un valor medio di 227, superiore sia a quello dell’industria manifatturiera regionale sia a quello registrato da comparto mobiliero a livello nazionale. GLI INVESTIMENTI In base all’indagine della Banca d’Italia, nel 2015 gli investimenti nell’industria regionale sono aumentati di circa il 10 per cento, in misura superiore rispetto all’anno precedente. Il tasso di realizzo è risultato elevato: a consuntivo gli investimenti effettuati hanno superato di oltre il 15 per cento la spesa programmata all’inizio dell’anno. La dinamica degli investimenti è stata superiore per le imprese con almeno 50 addetti, per quelle con una maggiore propensione all’export e, tra i settori, per quelle della meccanica; nel calzaturiero hanno invece prevalso le imprese con investimenti in calo. Il riavvio del processo di accumulazione del capitale è riconducibile alla ripresa ciclica e a miglioramento delle condizioni finanziarie per investire per effetto del rafforzamento della redditività aziendale e di condizioni d’offerta di credito più distese. Il tasso di accumulazione nell’industria, espresso dal rapporto tra il flusso di nuovi investimenti e la consistenza delle immobilizzazioni nette, sebbene in crescita, rimane sensibilmente inferiore ai livelli pre-crisi e potrebbe tornare a flettere nel 2016. In base ai programmi formulati dalle imprese, infatti, il volume degli investimenti nell’anno in corso dovrebbe riassestarsi su livelli inferiori a quelli del 2015.

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FINANZA & FUTURO

TASSI BASSI ED ALTA VOLATILITÀ:

un nuovo paradigma di investimento

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li eventi degli ultimi mesi ci hanno ricordato che la storia non segue sempre i binari del consensus. Gli sviluppi politici, sociali o economici possono domandare (ed ottenere) cambiamenti anche importanti negli sviluppi storici. Proprio per questo, dobbiamo costantemente ricercare possibili futuri “punti di flessione” che potrebbero cambiare il contesto di investimento. Alcuni di questi possibili momenti critici sono identificabili a priori – come le elezioni presidenziali negli Stati Uniti a novembre – mentre altri potrebbero capitare senza particolari preavvisi. Che siano identificabili in anticipo o meno, gestire questi punti di flessione è un esercizio critico e fondamentale. Ma cosa fare, nel dettaglio? Esiste una tentazione ad interpretare questi punti di flessione come essenzialmente binari – una sorta di ostacolo in cui inciampiamo o che riusciamo a superare. Ma è veramente così? Consideriamo il recente referendum britannico sulla Brexit. Sulla carta, poteva essere il classico esempio di evento binario. Eppure, dopo un iniziale crollo dei mercati azionari, durato due giorni, la maggior parte dei mercati azionari si

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di Giancarlo Temperilli - Executive Advisor Gruppo Deutsche Bank Finanza & Futuro. è stabilizzata: un evento binario non ha generato un risultato binario. I punti di flessione futuri sono, a loro volta, più probabilmente dei passaggi da affrontare piuttosto che ostacoli in cui inciampare. Tutto ciò è qualcosa di nuovo, di cui dobbiamo tenere conto nelle scelte di investimento future. Per essere più precisi, questo nuovo contesto ci allontana notevolmente da considerazioni di avversione e propensione al rischio come potevano essere praticate in passato. Diventa, invece, molto più sensibile trovare un sistema di protezione di portafoglio strutturale, efficiente nei costi ed attiva. Per rendere più chiaro il motivo di questa necessità, basti pensare a come sta rapidamente evolvendo il rapporto di rischio/rendimento, ben inquadrato dal binomio di rendimento atteso

e volatilità di portafoglio. Gli investitori si trovano in un contesto dove la crescita globale resta insistentemente più bassa rispetto alle medie storiche, e dove l’interventismo senza precedenti delle banche centrali (con enormi immissioni di liquidità ormai dal 2008) distorce notevolmente i rendimenti dei titoli obbligazionari. Associato a questo contesto obbligazionario, gli indici azionari dei mercati statunitensi sono ai massimi di sempre, in totale asincronia rispetto al rallentamento della crescita globale. I rendimenti in calo, dal canto loro, sono accompagnati da alti livelli di volatilità, come si evince dal grafico

I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Fonte: Deutsche Bank S.p.A


FINANZA & FUTURO I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Fonte: Deutsche Bank S.p.A

Per maggiori informazioni: giancarlo.temperilli@finanzaefuturo.it oppure: 348/4200059

che segue. Nel 2004 era possibile ottenere un rendimento atteso del 4% con un portafoglio che avesse soltanto il 15% di azionario: oggi occorrerebbe almeno un investimento del 50% in azioni per poter ambire ad un risultato simile – ovviamente con il doppio della volatilità. La diversificazione di portafoglio è diventato un aspetto chiave in questo contesto di investimento così atipico. I diversificatori “naturali”, come i titoli di stato, hanno rendimenti attorno allo zero o negativi. Se consideriamo poi le correlazioni tra obbligazionario ed azionario, queste sono aumentate sensibilmente nel corso degli ultimi tempi, sottraendo forza alla possibilità di decorrelare il portafoglio grazie alla diversificazione in queste classi di attivo precedentemente ritenute “più sicure”. E purtroppo non basta: se negli ultimi dieci anni la pura e semplice alloca-

zione del portafoglio tra classi di attivo poteva restituire l’80% o più del risultato in termini di performance, ora rischia di essere importante per un magro 50%. Diventa, difatti, sempre più importante la gestione tattica del portafoglio, la selezione individuale degli investimenti e la gestione del rischio. In questo nuovo contesto attivo, il nostro approccio di investimento sta evol-

vendo a sua volta. Nell’ambito azionario, diventa per noi sempre più critica la gestione degli “stili” (ad esempio, la ricerca della qualità e salute negli utili oppure nella sostenibilità dei dividendi). Le obbligazioni che riescono ancora oggi a fornire maggiore rendimento, a loro volta, costituiscono nel breve termine una fonte potenziale di performance a nostro avviso molto importante.

I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Fonte: Deutsche Bank S.p.A

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MARCHE, FASE POST TERREMOTO, IN CAMPO CNA, FIDIMPRESA E EBAM Una postazione mobile dell’associazione artigiana è presente ad Arquata del Tronto per assistere le imprese e i cittadini per tutte le pratiche legate al terremoto e per le scadenze ordinarie. I finanziamenti accesi con Fidimpresa Marche nei territori colpiti dal sisma ammontano a 8,5 milioni di euro L’addetto Stampa: Sergio Giacchi

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ttivato il Fondo per le calamità naturali a disposizione delle imprese iscritte all’Ente Bilaterale Artigianato Marche. Le imprese che hanno subito danni potranno ottenere fino al 20 per cento delle spese effettuate per porre rimedio ai danni del terremoto, con un massimale di 8 mila euro. Una postazione mobile di Cna e Fidimpresa Marche è in funzione ad Arquata del Tronto per assistere le imprese colpite dal terremoto. Imprese che, passata la prima fase dell’emergenza, stanno contando i danni. Danni diretti ma anche danni indiretti. Una ricognizione sulla situazione delle attività produttive dell’area terremotata, è stata effettuata dalla presidenza della Cna Marche, che si è riunita ad Asco-

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li Piceno, nella sede dell’associazione artigiana. Alla postazione mobile della Cna possono rivolgersi sia gli imprenditori sia i cittadini che troveranno a loro disposizione personale del Caaf Cna e del Patronato Epasa Cna per tutte le pratiche legate al terremoto e per le scadenze ordinarie. La Cna ha incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario Claudio De Vincenti, il commissario alla ricostruzione Vasco Errani, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e i rappresentanti delle Regioni coinvolte nel sisma. Si è parlato dello stop alle tasse per le imprese coinvolte dal sisma, della ricostruzione, di legalità e di come sostenere la ripresa economica delle zone colpite. “E’ stata fissata la linea su come impostare tutta la ricostruzione e su come aiutare le imprese – spiega

la Cna - e quanto stabilito ci soddisfa”. Ci sarà il blocco immediato dei contributi e delle tasse per le imprese che sono state coinvolte, presto ci saranno gli atti formali per l’Inps, l’Agenzia delle Entrate e i Comuni. Abbiamo posto anche la questione che riguarda il cosiddetto Durc, che potrebbe danneggiare alcune imprese. Noi abbiamo proposto che per il Durc valga la data del 24 agosto come riferimento e non quelle successive.” Poco più di 3.700 imprese, 670 delle quali con sede ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, e oltre 5mila addetti. Queste le attività produttive, soprattutto di piccola dimensione e a carattere familiare, presenti nell’area colpita dal terremoto del 24 agosto scorso. “Sono più di cinquanta” afferma la


CNA

Cna “le attività commerciali, ricettive e manifatturiere che sono state costrette a chiudere ad Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Montegallo. Ma danni diretti ed indiretti li hanno subiti anche molte imprese dei comuni montani di Comunanza, Amandola, Mntefortino, Roccafluvione fino ad arrivare ad Ascoli e a San Benedetto. In queste zone numerose sono le aziende che hanno denunciato cali di commesse , problemi per farsi pagare lavori già effettuati, svuotamento delle proprie strutture ricettive e commerciali, disdetta delle prenotazioni.” Mentre proseguono il censimento e il monitoraggio delle aziende che hanno subito danni, attraverso il Confidi Fidimpresa Marche la Cna sta attivando azioni specifiche su moratorie,

sospensione dei tributi e richieste di finanziamenti per sopperire alla liquidità mancante da incassi non ricevuti. I finanziamenti accesi con Fidimpresa Marche nei territori colpiti dal sisma ammontano a 8,5 milioni di euro. Intanto è sceso in campo anche l’Ebam, che ha attivato il Fondo per le calamità naturali a disposizione delle imprese iscritte all’Ente Bilaterale Artigianato Marche. Le imprese che hanno subito danni potranno ottenere fino al 20 per cento delle spese effettuate per porre rimedio ai danni del terremoto, con un massimale di 8 mila euro. Dopo aver promosso la raccolta, nei giorni successivi al sisma, di sedici bancali con vestiario, alimenti e beni a lunga conservazione, la Cna ha coinvolto la categoria degli odontotecnici, che si sono resi disponibili a prestare

la loro attività nelle tendopoli per aiutare al rifacimento delle protesi che sono andate smarrite col terremoto e che per molti anziani, rappresenta un grave problema. Inoltre acconciatori e artigiani per fare corsi e dimostrazioni di artigianato artistico, per tenere impegnate le persone sistemate nelle tendopoli. Per le imprese disponibili ad effettuare lavori nelle zone colpite dal sisma, la sala operativa ha istituito una check list da cui attingere. “Una volta usciti dall’emergenza” dichiara la Cna “sarà prioritario predisporre un piano per la messa in scurezza delle strutture e del territorio, garantendo il pieno rispetto delle normative sulle modalità di lavoro e cercando di favorire e tutelare le imprese locali per una rapida e sicura ricostruzione”.

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CONFCOMMERCIO

MARCHE E TURISMO:

UNA STAGIONE TRA ALTI E BASSI I primi dati di Confcommercio Federalberghi Marche evidenziano i chiaroscuri del 2016

N

on finirà negli annali con il titolo di stagione da boom turistico. Il 2016 è iniziato malino, con un maggio e un giugno fiacchi anche per la variabilità metereologica. Mentre è proseguito meglio a luglio e soprattutto nel mese di agosto rafforzando una positività poi spentasi con le terribili e drammatiche scosse di terremoto nei nostri territori. Insomma, luci ed ombre nella stagione turistica appena archiviata, come spiega il segretario generale di Confcommercio Federalberghi Marche prof. Massimiliano Polacco: <<Stiamo verificando i dati in nostro possesso – spiega – che sembrano confermare le sensazioni susseguitesi nell’arco della stagione turistica partita molto lentamente, con i primi mesi non particolarmente brillanti, mentre a luglio e ad agosto c’è stata una ripresa con il segno “più” tra il 2 e l’8%. A settembre poteva essere confermata una tendenza più che positiva, ma il terremoto ha fermato l’attività che è ripresa a fatica dopo la prima decade di settembre>>. Una stagione

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turistica, dunque, che anche quest’anno ha avuto ad agosto il suo clou: <<I dati Federalberghi – continua Polacco – confermano che anche quest’anno il mese di agosto è stato quello più gettonato ed è in ulteriore consolidamento rispetto al passato. Il 67,7% degli italiani (rispetto al 60,9% del 2015) ha scelto questo mese per il proprio periodo di ferie estive poi c’è luglio col 14,4% (rispetto al 13,6% del 2015) mentre settembre si attesta normalmente attorno al 9-10% ma chiaramente quest’anno con la variabile terremoto i dati saranno differenti. In flessione giugno che ha raccolto il 6,4% della domanda (rispetto al 12,3% del 2015) con un calo in gran parte determinato dalle condizioni meteorologiche. E’ evidente che dobbiamo riflettere anche su questi dati per programmare, assieme alla Regione Marche, una serie di interventi con l’obiettivo di destagionalizzazione il nostro turismo ed ampliare le fasce temporali nelle quali fare arrivare flussi di visitatori. Questo studio va certamente affiancato a tutta una serie di interventi che devono essere

varati per riportare i turisti nelle zone che sono state toccate dal terremoto. Dobbiamo avviare una campagna promozionale importante per riportare le Marche al centro dell’attenzione turistica>>. La nostra regione ha un punto di forza nell’enogastronomia che sembra essere uno degli elementi più considerati nelle scelte di spesa dei turisti: <<La tendenza alla crescita e le sensazioni positive che sembrano comunque emergere da un quadro più generale ci spingono a investire in un settore nel quale sono fondamentali gli sforzi sull’efficienza e sulla qualità dei servizi. In questo senso i dati Fipe (la Federazione dei Pubblici Esercizi di Confcommercio ndr) confermano ciò che stiamo spingendo a fare alle imprese in una prospettiva qualitativa se si considera, come è ovvio che sia, che alloggio e ristorazione sono valutati servizi fondamentali con una quota di oltre il 50% sul totale della spesa turistica. Un dato come questo deve farci riflettere su come sviluppare il settore della ricettività territoriale”.


UNIVERSITÀ&RICERCA

IL TECNOLOGO ALIMENTARE: DA FIGURA PROFESSIONALE A PROFESSIONE La formazione superiore nelle scienze e tecnologie alimentari

L

di Massimo Mozzon, PhD Professore Associato di Scienze e Tecnologie Alimentari Presidente del Consiglio Unificato dei Corsi di studio in “Scienze e Tecnologie Alimentari” (L) e “Food and Beverage Innovation and management” (LM)

a capacità di svolgere compiti tecnici e gestionali nelle attività di produzione, trasformazione, conservazione e distribuzione di alimenti e bevande, richiede una preparazione spiccatamente multidisciplinare, che comprenda solide conoscenze degli aspetti tecnologici, chimici, biologici, microbiologici e legislativi coinvolti nelle filiere agro-alimentari. L’attitudine alla comunicazione costituisce un ulteriore requisito, irrinunciabile in contesti nei quali è richiesta una specifica capacità di relazionarsi con interlocutori, specialisti e non, rappresentativi delle diverse competenze coinvolte nelle filiere agro-alimentati (ingegnere, biologo, chimico, nutrizionista, amministratore, marketing). Le linee accademiche per la “costruzione” di un siffatto profilo professionale furono abbozzate nel 1963 presso l’Università Statale di Milano, con l’istituzione del primo corso di laurea in “Scienze delle Preparazioni Alimentari”, che trovò alveo naturale nella Facoltà di Agraria, collocazione che ancora oggi conservano i moderni ordinamenti didattici, anche se attraverso la gestione diretta dei corsi di

studio da parte delle strutture dipartimentali derivate dalle “Facoltà”. Il contesto storico nel quale prese forma la figura professionale del “tecnologo alimentare” appare tutt’altro che casuale: occorre infatti attendere la Legge 30 aprile 1962, n. 283 per veder varata una norma che regolamenti l’igiene della produzione e del commercio delle “sostanze destinate alla alimentazione”, responsabilizzando “chiunque produce, prepara, detiene, vende o pone in vendita sostanze destinate all’alimentazione” e creando di fatto la necessità, per gli operatori del settore, di dotarsi di professionalità adeguate. Per diversi anni l’esperienza milanese rimarrà unica nel panorama nazionale e fungerà da modello per i corsi che verranno successivamente istituti presso le altre Facoltà di Agraria. Alla fine degli Anni 70, nell’ambito dei provvedimenti economici e legislativi post terremoto (6 maggio 1976), il Friuli VG vede nascere l’Ateneo statale udinese, e con esso il corso di laurea in Scienze delle Preparazioni Alimentari. Di lì a breve (1982-83) anche la neonata Università degli Studi del Molise, con sede in Campobasso,

si unì a Milano e Udine a completare il panorama nazionale dell’offerta didattica accademica nel settore delle scienze degli alimenti, che tale rimarrà sino alla riforma degli ordinamenti didattici avviata a partire dal 2000 e ridefinita a partire dal 2007 con le classi di laurea attualmente in vigore. Nel 1989 il corso di laurea cambia denominazione, divenendo “Scienze e Tecnologie Alimentari”: per la prima volta compare il termine “tecnologia”, a sottolineare il definitivo passaggio dal sapere empirico proprio della “tecnica” (la “preparazione alimentare”) alla razionalizzazione teorica e sistematica che caratterizza il metodo di lavoro “scientifico”. Da ultimo, la riforma universitaria, avviata dal Decreto Ministeriale 509/1999, ha realizzato una serie di cambiamenti che hanno adeguato, almeno dal punto di vista formale, il sistema universitario italiano ad un modello concordato con gli altri paesi dell’Unione Europea, separando il percorso accademico unitario in “lauree” (triennio) e “lauree magistrali” (biennio). La Legge n. 59 del 18 gennaio 1994 e il suo decreto di attuazione (DPR

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UNIVERSITÀ&RICERCA 283/99) hanno definitivamente sancito il passaggio del tecnologo alimentare da figura professionale a professione regolamentata: il Tecnologo Alimentare (maiuscolo!) è un professionista al quale si richiede elevata capacità di integrare le proprie conoscenze multidisciplinari, sia in maniera trasversale (applicazione delle discipline matematiche, fisiche, chimiche e biologiche alla risoluzione di un “problema” di processo o di prodotto), sia in maniera longitudinale (impatto di un intervento tecnologico sulle operazioni successive). Il Tecnologo alimentare è una figura peculiare che, all’interno di un team, è in grado di dialogare a più livelli aziendali (gestione, marketing, R&D) e con più professionalità specifiche (ingegnere, chimico, biologo) per fornire supporto strategico nella progettazione, gestione e controllo delle filiere agro-alimentari. L’attività professionale dei Tecnologi Alimentari si svolge infatti nella libera professione, nelle aziende agro-alimentari e nelle imprese ad esse collegate (produzio-

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ne e commercializzazione di macchine, impianti e servizi per l’industria agro-alimentare), nei servizi per la ristorazione collettiva (mense, scuole, ospedali, catering), nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO), nelle Organizzazioni pubbliche, private e di categoria (Assessorati all’Agricoltura, Camere di commercio, Federalimentare), nelle istituzioni nazionali, comunitarie e internazionali (FAO, World Bank, OECD, Commissione UE). Secondo la più recente indagine nazionale sulla condizione occupazionale dei laureati (Almalaurea, 2016), già entro un anno dal conseguimento del titolo, un laureato su due in Tecnologie Alimentari trova occupazione, percentuale che sale al 74% a tre anni dal conseguimento del titolo. In tale contesto, il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali (D3A) di UNIVPM, unico nel panorama accademico regionale, offre il percorso formativo completo che consente l’accesso all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di

Tecnologo Alimentare, con i corsi di laurea triennale in “Scienze e Tecnologie Alimentari” e laurea magistrale in “Food and Beverage Innovation and Management”. Quest’ultimo in particolare, interamente erogato in lingua inglese per rispondere alla forte richiesta degli operatori del settore produttivo, si propone di arricchire i tradizionali campi di operatività del Tecnologo Alimentare con nuove funzioni e competenze in tema di approvvigionamento energetico sostenibile, riduzione del consumo di acqua e delle emissioni, prodotti sostenibili (Bio, Km0), green marketing, alimenti funzionali, tecnologie innovative per la stabilizzazione ed il risanamento dei prodotti alimentari, tecniche biomolecolari per la tracciabilità. Le attività di ricerca del Dipartimento, svolte anche all’interno di ampi progetti nazionali ed internazionali, consentono agli studenti di “vivere” il contatto tra ricerca e mondo produttivo e di apprenderne meccanismi e metodi di lavoro.


INNOVATORI

“L’INTUIZIONE VINCE LA CRISI”

L’ESTRO DI T-LIZE NEL COMUNICARE LA QUALITA’ di Chiara Bartolomei

I

nnovare è, oggi, una delle priorità di tutte quelle aziende che devono dribblare la crisi degli ultimi anni. Rivedere i prodotti, e affrontare i mercati, vuol dire partire da uno slancio creativo per farne un business. Nelle Marche è T-Lize una delle aziende più innovative nell’ambito della comunicazione. Nasce nel 2007 da un progetto di Roberto Telli per dare un’identità a semplici idee sapientemente trasformate in valori << in questo processo di trasformazione risiede la nostra capacità di essere innovativi e creativi>> Da dove arriva la trovata? “Dalla passione per il cinema, per l’organizzazione di eventi e per l’intrattenimento ludico prendono vita lcuni eventi importanti come Wind Tour - Sony Playstation vs Xbox Microsoft offrendo gli spunti necessari per iniziare a coinvolgere Sponsor e Partnership. La personale cultura cinematografica crea i presupposti per organizzare il primo festival del cinema. L’evento per Ancona diventa subito un successo e dopo circa un

anno gli appuntamenti si raddoppiano, coinvolgendo attori, musicisti, scrittori e registi che prendono parte alla kermesse. L’incontro con alcuni importanti editori del settore home video è stato strategico nell’avvio di nuovi business, come la produzione e distribuzione di prodotti in dvd video dedicati allo sport, ai documentari storici e ai corsi di cucina. L’approccio agli ambienti dell’accoglienza e ricettività sono lo spunto per creare il progetto editoriale La Guida del Gusto e dei Sapori, non un elenco di attività come tante già esistenti ma una guida che si propone di parlare dei sapori della nostra terra e offrire preziosi suggerimenti su dove al meglio gustarli; col succedersi dei volumi pubblicati emerge la necessità di ritrarre gli chef e i loro piatti con immagini distintive ed è così che la fotografia professionale fa il suo ingresso all’interno della Tlize e nel 2012 l’incontro con il fotografo Raffaella Abbate ne sigla il sodalizio”. Il virtual tour Google è stata un’intuizione che vi ha permesso di offrire alle

aziende un plus comunicativo rispetto ai vostri competitor. Come si arriva a produrre un virtual tour e qual è la sua finalità? “La fotografia immersiva a cui appartiene il servizio di virtual tour, si propone di rilevare gli ambienti interni ed esterni con caratteristiche di verosimiglianza e non interpretazione. Grazie alla concretezza delle immagini da alcuni anni sta conquistando l’interesse di un sempre maggiore pubblico. La curiosità e il desiderio di cognizioni chiare, ad esempio in occasione della scelta di un hotel o di un ristorante, spingono gli utenti on line a far lievitare l’indice di visualizzazioni presso le strutture che aprono la loro accoglienza sin dal web. Il virtual tour è molto più di un’azione promozionale, è un gesto di estrema autenticità che un’azienda decide di offrire ai propri visitatori. Ritengo che il virtual tour sia un esperienza visiva importante pertanto ho deciso di garantire ai miei clienti risultati eccellenti candidandomi tre anni fa a diventare un fotografo autorizzato Google e ottenendone la certi-

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INNOVATORI ficazione. questo investimento ha decisamente prodotto un potente passo avanti al genere di comunicazione che oggi possiamo offrire ai nostri clienti. la fotografia tradizionale completa sempre ogni progetto ma l’approccio del linguaggio virtuale offre una gamma di implementazioni interattive esclusive che hanno modificato il nostro modo di pensare ai nostri clienti”. In base alla sua lunga esperienza, che cosa chiedono oggi le aziende agli esperti di marketing e comunicazione per migliorare le proprie performance? “I clienti non sanno quasi mai dove è meglio investire per promuovere le loro identità, arrivano con idee spesso discordi o comunque non chiare. Ed è a questo punto che la Tlize interviene con le proprie iniziative, una rete vendita capace di raggiungere il cuore dei propri interlocutori”. La sua azienda, negli anni, ha differenziato molto la propria offerta: dal marketing all’editoria, alla produzione video ed eventi. Può affermare che questo approccio può aiutare le imprese a dribblare la crisi e i suoi devastanti effetti? “Penso che un’azienda e i manager che la gestiscono possano ampliare il business e creare divisioni alternative. La crisi non esiste per chi si rinnova, per chi guarda avanti e non si ferma al problema. E questo è il leitmotiv con cui “creiamo innovazione”. Ci vuole molta fantasia per superare l’impasse. E’ necessario liberarsi da schemi e abitudini perché inevitabilmente comportano una rigidità che in questo momento storico è assolutamente imperdonabile. In un certo senso per essere strategici è necessario non avere strategie, ma sapersi continuamente mettere in gioco di fronte a scenari che variano rapidamente”.

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Quanto conta, secondo lei, la capacità di innovare, oggi, nel mercato imprenditoriale? E la creatività può essere la svolta per approcciare nuove fasce di mercato? “Non esistono nuove fasce di mercato. Esiste un nuovo modo di raggiungerle. Oggi tutti sono informati o possono provvedere facilmente ad esserlo. Le notizie corrono rapide sul web e i social diffondono capillarmente le offerte più disparate fino a toccare, sempre in maggiore misura, gli ambienti professionali. Ma questo minestrone di input non sempre risulta efficace e le aziende a cui manca una figura di riferimento in ogni direzione, maturano profonde lacune in alcuni campi rimandando continuamente l’investimento per colmarle”. Tra i suoi prodotti spicca anche lo Sleep&Go, ovvero un porta-enfant. Questo prodotto fa parte di un altro ramo della

sua azienda che cura brevetti ed invenzioni. Come è nato lo Sleep&Go? “Sleep&Go nasce da una necessità personale. Alla vigilia di una partenza cercai sul web una culla da viaggio per mio figlio, ma mi resi conto che nulla tra i prodotti in vendita faceva al caso nostro. Allora lo inventai: presi carta e penna per disegnarlo, scelsi dei tessuti adatti e poi lo feci cucire. Compresi che anche quando credi sia già stato tutto inventato, esiste sempre un modo per farlo meglio. Abbiamo impiegato anni per finalizzare il prodotto, oggi brevettato e certificato e siamo estremamente orgogliosi dei risultati ottenuti, in un settore così delicato come quello della primissima infanzia. Il nostro Sleep&Go è un porte enfant innovativo, per il quale stiamo costruendo una rete vendita in partnership con aziende leader del settore baby”.


INTERNAZIONALIZZAZIONE

LA CINA NEL 2016

L

di Veronica Vincenzi - Management Academy Sida Group Area International Management

a Cina sta affrontando una intensa transizione, che la porterà ad essere un’economia avanzata e basata su consumi, servizi e innovazione, nel medio lungo termine. Una economia di grandissimo spessore derivante anche dalle aspettative che la Cina sta producendo in questo momento, sia in ambito sociale che nell’ambito dello sviluppo di nuove opportunità di lavoro. Con l’implementazione delle riforme stanno crescendo nuove opportunità di business. Mentre le opportunità crescono, ad un ritmo radicalmente rapido aumentano le sfide operative per le aziende straniere variando da settore a settore. Questo accade in quanto solo poche aziende sono preparate in modo adeguato a fronteggiare questo contesto in costante evoluzione. Risulta importante, quindi, per le aziende straniere, trarre profitto dal mercato cinese solo attraverso la focalizzazione sul mercato locale, piuttosto che su l’export, raggiungere l’efficienza operativa, adeguare il proprio modello di gestione ed infine espandersi rapidamente. L’industrializzazione legata alla ricerca e al relativo e conseguente sviluppo tecnologico, viene vista dai cinesi come una spinta verso la produzione e l’affermazione delle tecnologie di grande valore aggiunto, per rimuovere l’etichetta di low quality, low price dall’immaginario collettivo del mondo occidentale. Il paese si è dato l’obiettivo di diventare, entro il 2020, un “Paese innovativo” ed entro il 2050 “leader nella tecnologia”. Questo

spiegherebbe lo sforzo coordianto e integrato da parte delle istituzioni cinesi nel dedicare generosi contributi per sostenere la R&S in ambito aziendale, promuovendo le connessioni tra il mondo della ricerca e quello aziendale e stabilendo aree di sviluppo tecnologico. Per sostenere la crescita economica futura, le autorità cinesi hanno compreso l’importanza di agire sul fattore lavoro, favorendo la crescita ed il ringiovanimento della popolazione tramite la riforma della politica del figlio unico, sia sulla produttività del lavoro e degli altri fattori di produzione, terra (riforma dei terreni agricoli) e capitale (riforma bancaria e finanziaria). Le imprese appartenenti al settore industriale e terziario della Cina dovranno trovare modalità per adattarsi ad un’offerta di lavoro in cambiamento. Le aziende potrebbero rispondere allungando gli orari di lavoro dell’attuale forza di lavoro o assumendo lavoratori più anziani oppure, anche, investendo sulle scuole professionali. I ragazzi hanno l’opportunità di portare valore in Cina, grazie al processo di internazionalizzazione, e, se questo melting pot culturale accade il risultato sarà senza dubbio la ricchezza di tutto il sistema. L’internazionalizzazione del sistema formativo italiano è ormai universalmente riconosciuta non solo come indicatore di qualità, ma anche come mezzo per attrarre nel nostro Paese un flusso di immigrazione qualificata. Per poter far questo, la Cina, dovrà ancora una volta, ristrutturare il suo modello economico per dare più peso ai settori

con maggiore valore aggiunto tramite l’innovazione. A corollario di questo, per le aziende interessate ad avvicinarsi al mercato Cinese, risulta importante comprendere il come poter comunicare con questo Paese e il conseguente valore aggiunto ottenibile. Con poco meno di 1,4 miliardi di persone e 688 milioni di queste che accedono ad Internet, la Cina è il Paese con il più alto numero di utenti web al mondo, Quindi, un cinese su due naviga, utilizza chat, si informa e acquista soprattutto attraverso il proprio smartphone. Secondo i dati diffusi da Google consumer Barometer 2015, il 99% della popolazione cinese sopra i 18 anni possiede un cellulare (il 74% uno smartphone) e l’84% si collega quotidianamente a internet. Da questo si evince come i cinesi passano diverse ore su internet e in particolare sui social network. Assume spessore dire che per un’azienda italiana che voglia rafforzare o investire il proprio brand in Cina, è assolutamente fondamentale studiare un modello di comunicazione ad hoc per il mercato cinese caratterizzato da background culturale diverso. Emerge la necessità di una strategia mirata sia per i social network locali (Sina Weibo - Wechat- QQ- Qzone) sia per specifici motori di ricerca ( Baidu- Sogou- Douban), senza permettersi di dimenticare un sito web ottimizzato per dispositivi mobile con caratteristiche specifiche. La sfida sarà trovare la giusta nicchia, adattando il nostro modello di business alle nuove sfide di questo popolo imparando a “Farsi Cinesi”.

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OCCUPAZIONE

INVESTIRE SUI GIOVANI PER IL NOSTRO FUTURO: PREPARARLI PER ESSERE PRONTI A UN VELOCE CAMBIAMENTO

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di Anna Masturzo - Management Academy Sida Group Area Sanità e Farmacia

a creatività è giovane: Albert Einstein aveva 26 anni quando elaborò la teoria della relatività, Louis Braille solo 15 quando inventò il famosissimo alfabeto dedicato a ipovedenti e non vedenti; è dimostrato che la maggior potenzialità creativa della vita si sviluppa in giovane età. Con una borsa di studio di 50mila dollari Google premia quei giovanissimidai 13 ai 18 anni - con idee in grado di cambiare il mondo negli ambiti delle materie, flora e fauna, scienze degli alimenti, della Terra, elettronica, chimica, fisica, biologia … gli esempi sono tantissimi e potremmo continuare molto a lungo, ma diversi e molto importanti sono i contributi che le giovani generazioni possono dare al mondo del lavoro, e non solo. Oggigiorno l’informazione e la conoscenza sono il motore della storia economica dei nostri paesi, grazie al lavoro che utilizza sempre più information technology; in questo senso i giovani, che nascono e crescono “smart”, sono i più adatti a utilizzare le nuove tecnologie continuamente aggiornate e adattarle ad un tasso di creatività che alla loro età si dimostra spontaneo e naturale. Potenziare il processo di cambiamento

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e crescita della nostra società vuol dire fare leva su questo potenziale creativo giovanile e farne tesoro, orientandolo e accompagnandolo per sviluppare le opportunità future; è necessario che i giovani possiedano conoscenze e che siano in grado di utilizzarle correttamente. Per potersi inserire nell’economia della conoscenza, occorre saper fare molto di più che assimilare e riprodurre informazioni: occorre saper utilizzare ciò che si è appreso in situazioni nuove e in modo inusuale . La grande sfida che ha di fronte il sistema dell’istruzione è perciò quella di trovare i modi per sviluppare l’apprendimento in un’ampia gamma di contesti, nei quali gli studenti possano usare le proprie conoscenze e competenze in modo creativo, producendo risultati tangibili nella realtà in cui operano; questo perché in realtà il concetto di creatività è sicuramente legato alla possibilità di utilizzare le proprie conoscenze e competenze in modo “diverso” per raggiungere un obiettivo dato. Gli elementi principali che definiscono la creatività possono sintetizzarsi nella capacità di individuare i problemi nuovi, nella capacità di trasferire le proprie conoscenze in nuovi contesti

per risolvere i problemi, nell’attitudine a considerare l’apprendimento un processo che si incrementa e produce risultati dopo ripetuti tentativi e nella capacità di mantenere la concentrazione fino al raggiungimento della meta. La creatività nasce dalla capacità di elaborare connessioni non convenzionali, in modi spesso inafferrabili e difficili da determinare: a ben guardare, tutti questi processi si basano su un modo alternativo di elaborare un’informazione, su un salto, su un cambio brusco di prospettiva. Utilizzare questi talenti di inventiva, di pensiero laterale, di utilizzo smart e alternativo dell’ICT vuol dire dare una decisa direzione al cambiamento di cui la nostra società ha bisogno in maniera fondamentale. Se dovessimo chiederci in concreto “Che cosa stiamo trasmettendo alle generazioni future? E come custodire e coltivare in loro passione, fiducia e volontà di impegnarsi?” bisognerebbe rispondere che sono principalmente i ragazzi che trasmettono a noi qualcosa, soprattutto quella capacità di vivere e di toccare con mano l’attualità e quell’entusiasmo del presente, dell’esserci a tutti i costi che ha a che fare con la voglia di sapere, di vivere, di crescere.


CLUBECONOMIA&FINANZA

L’ECONOMIA E I NUOVI ASSETTI GEOPOLITICI L’instabilità dello scacchiere geopolitico mondiale, unita a molti altri fattori antropici, va a modificare continuamente quelle che sono le potenzialità e i rischi presenti sui vari mercati. Il compito di chi guida una qualsiasi attività imprenditoriale e di chi governa i Paesi è di saper individuare le minacce e trasformarle in opportunità.

L’

di Giuseppe Barchiesi Club Economia e Finanza Sida Group

economia è un ecosistema di vaste proporzioni, ampio come la stessa civiltà umana, e come tale è influenzata da una serie di fattori interni e, in qualche modo, esterni. Un ecosistema è conforme al clima che lo circonda e lo pervade: così, i mercati vengono costantemente modificati ed indirizzati, direttamente o indirettamente, da decisioni politiche, dai rapporti tra gli Stati, da fenomeni umani ed eventi naturali (che rappresentano tutti assieme il “clima”). E, ovviamente, qualsiasi settore e qualsiasi dimensione aziendale sono interessati da questi percorsi evolutivi: di conseguenza, anche il fatto più altisonante e chilometricamente più distante può generare fattori di rischio o di opportunità per un piccolo business locale, così come certamente tocca realtà più grandi e strutturate. Pensando a cosa può giocare direttamente un ruolo, in termini geopolitici, nell’interazione con le dinamiche economiche, e facendo riferimento anche solo agli ultimi mesi,

A CURA DI

non si può non tener presente la Brexit, la crisi siriana, il tentato golpe in Turchia, i fenomeni migratori nel Mediterraneo, il tragico terremoto che ha colpito Lazio, Marche, ma anche Umbria e Abruzzo. E ognuno di questi elementi, e molti altri ancora, saranno un cardine attorno a cui potrebbe andare a ruotare il nostro benessere economico, gli impulsi della nostra ripresa, o gli ostacoli per la ricrescita. Ma, prima di ogni altra cosa, ognuno di essi genera un clima emotivo e una base informativa sulla base delle quali famiglie e imprese decidono il loro comportamento riguardo a consumi, risparmio, investimenti. In effetti, secondo i più recenti rilevamenti dell’Istat, gli indicatori del clima di fiducia risultano globalmente in riduzione, arretrando verso valori registrati a luglio del 2015, dopo invece alcuni mesi di discreta crescita. Le ripercussioni nell’immediato possono riguardare, per i privati, la propensione all’acquisto di beni durevoli e, più banalmente ma non meno incisivamente, la volontà di

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CLUBECONOMIA&FINANZA “fare shopping”, ossia di acquistare beni al di fuori delle necessità impellenti, mentre per le aziende potrebbe implicare l’arrivo di un nuovo periodo interlocutorio in cui si cerca, nella migliore delle ipotesi, di pianificare accelerazioni future, con l’unica urgenza immediata di mantenere la rotta e, laddove fosse necessario, limitare i danni. La Brexit porterà probabilmente più problemi agli inglesi che al resto degli europei, ma ha sicuramente innescato delle ripercussioni economico finanziarie che, a distanza di due mesi dal referendum, la BCE sta ancora vagliando e verificando, preferendo aspettare maggiori certezze e rilevamenti diretti più concreti. Sicuramente, l’esito di questa scelta popolare è quanto meno controverso (scarso distacco tra il leave e il remain, forte eterogeneità nella partecipazione e nel tipo di risposta in base alle fasce di età dei votanti, per fare due esempi) e di certo non giova alle tensioni interne già presenti nel Regno Unito, ma ha generato anche timori e sfiducia in molti europei, oltre che fomentare i fronti anti-europeisti. Si tratta insomma di un ordigno esploso solo in parte e del quale ancora la portata dei danni non è del tutto chiara. Le ultime valutazioni parlano della possibilità per i britannici di evitare una recessione consistente e duratura, se non altro per la forza e l’appurata stabilità della domanda interna, ma tutto questo potrebbe non essere una spinta sufficiente. Di positivo per noi c’è sicuramente una serie di opportunità di carattere strategico, poiché l’uscita di Londra dalla UE ha lasciato l’Europa orfana di un importante riferimento per la finanza internazionale, un vuoto che dovrà essere rapidamente colmato (forse da Milano?). Altro effetto interessante consiste nella “doccia fredda” che ha spinto Germania, Francia e Italia a muoversi rapidamente per ristabilire l’equilibrio in una Comunità che deve uscire rafforzata e non indebolita dall’evento (per noi è un’ulteriore occasione per acquisire importanza e prestigio nello scacchiere). La questione turca è spinosa: un golpe dalle stranissime peculiarità (quasi sospette, ma nulla si può dire con certezza, specialmente da un punto di valutazione esterno), attentati, repressioni politiche, la partecipazione alle azioni militari in Siria, ma contemporaneamente l’inaugurazione, ad esempio, del terzo ponte sul Bosforo, una titanica opera pubblica, tecnologicamente all’avanguardia, che simbolicamente e fisicamente unisce ancora di più Europa e Asia; uno Stato laico e musulmano, un luogo fatto di tante contraddizioni, luci sfavillanti e ombre inquietanti, di

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cui, sopra ogni altra considerazione, rimane più che mai aperta e discussa l’ipotesi dell’ingresso in Europa. I vantaggi potrebbero essere enormi, visto proprio il suo ruolo di intermediario materiale e culturale tra il mondo occidentale e quello orientale, ma permangono dubbi su numerosi altri aspetti. La crisi siriana è molto distante dal vedersi risolta e sicuramente, se da una parte muove parti dell’economia internazionale (è una constatazione amara, ma reale), costituisce un dramma umano, ma anche un intreccio politico globale, la cui portata e le cui ripercussioni non sono ancora definibili in modo preciso. Crisi politiche, militari e umanitarie che muovono masse di profughi alla ricerca di un futuro migliore: i flussi migratori sono sicuramente una variabile complicatissima, quanto urgente, da gestire e vanno a costituire un’emergenza che abbraccia tanti diversi fronti (umanitario, logistico, economico, sanitario, ma anche inerente la sicurezza, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata). Un’adeguata politica (necessariamente comunitaria) può tramutare queste emergenze in un impulso positivo per le Istituzioni ed il tessuto economico, ma non si tratta di un sentiero privo di rischi e ad ogni sua asperità male affrontata, si possono innescare malcontenti nelle popolazioni locali, con ricadute sociali, economiche e politiche. Ultimo, ma non per importanza, il terremoto: finito il tempo del cordoglio, del lutto, dello sconforto e della paura (plausibili e doverosi), verrà il tempo della ricostruzione, dei controlli e degli adeguamenti (con la speranza e la fiducia che venga fatto tutto nel giusto modo), nonché del rilancio delle economie delle zone colpite. È indubbio che si tratti di un dramma probabilmente inenarrabile a parole, ma, anche e soprattutto perché non si debba più assistere nuovamente ad alcunché di simile, occorre fare in modo di far partire al più presto una politica di intervento che non deve avere il sapore della semplice cura o di una speranzosa prevenzione, ma deve essere vissuta in un’ottica di investimento e di crescita economica di lungo periodo. In sostanza, molti sono i fattori che possono influenzare i mercati, e alcuni di essi esulano dalla nostra capacità di prevederli in modo preciso o di evitarli integralmente, ma l’obiettivo di una politica sana e lungimirante è di essere consapevole tempestivamente di ogni minaccia e di saperla interpretare per tramutarla in una opportunità. Qui non si vuol parlare di cose semplici o difficili, ma piuttosto di necessità.


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NUOVI SCENARI FINANZIARI PER UNA SITUAZIONE GEOPOLITICA CHE CAMBIA

L’

di Massimo Sbrolla - Club Economia e Finanza Sida Group

Anno 2016 sta proseguendo non certo sotto i migliori auspici: da un lato gli inquietanti scenari geopolitici, dall’altro il rallentamento di alcune economie fin’ora trainanti e le sempre più forti turbolenze sui mercati finanziari. Per quanto riguarda gli scenari geopolitici, le principali aree su cui occorre porre la massima attenzione riguardano: le azioni terroristiche di IS e dei suoi epigoni; i nuovi venti di guerra in Medio Oriente con al centro il nuovo confronto strategico e religioso fra Iran e Arabia Saudita; la nuova proiezione mondiale della Russia di Putin, ancora da decifrare compiutamente,; la tensione in e con la Cina; l’avventurismo della Corea del Nord; le incertezze sul prossimo presidente Usa in vista delle elezioni del prossimo novembre; l’emergenza immigrazione in Europa e le crepe di Schengen ; la stessa tenuta dell’Europa, dopo l’uscita della Gran Bretagna, con le conseguenti nuove tensioni sull’Euro. Ciascuna di queste aree di incertezza o di crisi di per sé potrebbe non essere considerata come una difficoltà insormontabile, ma è la loro combinazione a poter essere suscettibile di sviluppi inquietanti e imprevedibili. La Brexit si colloca pertanto in uno scenario internazionale molto articolato, in piena evoluzione, che interseca le prossime elezioni americane e le relazioni con la Russia e che Inciderà inevitabilmente sugli sviluppi dell’Unione Europea . La Gran Bretagna è uscita da una impasse che durava ormai da troppo tempo. Se, infatti, gli interessi economici e finanziari indirizzavano tutti a favore della sua permanenza all’interno della Unione Europea, quelli geopolitici e strategici mostravano tutti un segno opposto. Un’Europa politica, costruita come Unione Economica e Monetaria attorno all’Euro e all’asse franco-tedesco, non era compatibile né con la partecipazione dell’Inghilterra all’Unione, né con le tradizionali alleanze transatlantiche, né con le prospettive dei rapporti con la Cina. La progressiva identificazione dell’Unione Europea con l’Unione Economica e Monetaria è stata dirompente, non solo perché prelude ad una rappresentanza unitaria verso l’esterno dal punto di vista commerciale, valutario, economico e finanziario, ma soprattutto perché implica una fisionomia più forte sotto il profilo sia politico che militare. E’ proprio sulla politica estera e soprattutto sulla prospettiva

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di creare un esercito comune che il disal-lineamento è diventato totale: riguarda il ruolo della Nato e l’intera struttura delle relazioni con gli Usa. Dal punto di vista americano infatti, le relazioni transatlantiche seguono una duplice polarità : da una parte c’è l’alleanza politico-militare fondata sul Trattato del Nord Atlantico, dall’altra ci sono le forti relazioni economiche, commerciali e finanziarie, che si rafforzerebbero con la stipula del TTIP . Quest’ultimo trattato legherebbe le due sponde dell’Atlantico in un sistema economico e finanziario pienamente interconnesso ed indissolubile. L’isolamento politico attuale della Russia, derivante dalle sanzioni adottate per via dell’annessione della Crimea in violazione del diritto internazionale, verrebbe raddoppiato e reso definitivo con l’esclusione della Russia dal TTIP. Di converso il TTIP transpacifico già esclude la Cina. Il quadro delle relazioni economiche e finanziarie americane con i suoi tradizionali alleati sarebbe consolidato su entrambi i versanti, Atlantico e Pacifico, emarginando da una parte la Russia e dall’altra la Cina. Questa strategia americana non è ovviamente compatibile con la prospettiva di una Europa dalla sovranità condivisa creata attorno all’Euro; così come un esercito europeo metterebbe in secondo piano la stessa Nato come strumento di coordinamento della alleanza transatlantica e la rappresentanza come Unione Economica e Monetaria darebbe all’Europa una voce unitaria in tutti i consessi internazionali ad iniziare dal FMI. La Gran Bretagna, rimanendo nell’Unione, si sarebbe pertanto trovata di fronte ad una serie di equivoci difficilmente ripianabili. Ma quali saranno gli effetti della Brexit? Innanzitutto diciamo che un piano ben definito per il post Brexit non lo aveva il governo del Regno Unito, ma non lo aveva e non lo ha nemmeno il resto d’Europa. Sul piano interno all’Unione Europea, l’obiettivo di tutti i governi è evitare che la Brexit diventi un modello di esaltazione per le forze anti UE che ci sono un po’ in tutti i paesi. Anche se al momento non si ritiene che ci siano altre Nazioni alla porta, sta prevalendo l’idea, soprattutto nel governo tedesco, che occorre mettere da parte i discorsi e le visioni sull’Unione politica e di bilancio e concentrarsi su cose concrete per i cittadini, con un rafforzamento degli Stati rispetto a quello della Commissione di Bruxelles. Una prima conseguenza di

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CLUBECONOMIA&FINANZA questo nuovo approccio sarà la fine delle speranze di firmare in tempi brevi la partnership commerciale e di investimento TTIP in discussione con gli Stati Uniti, che in sostanza né i cittadini tedeschi, né il governo francese, ma anche i due candidati alla presidenza americana Hillary Clinton e Donald Trump, intendono portare avanti. Berlino si rende conto che, in questa fase di crisi e di disorientamento, in alcuni Paesi le difficoltà sono maggiori che in altri e che quindi una certa flessibilità è necessaria, quanta però nessuno lo ha stabilito. Per ora, però, non è chiaro a quali compromessi siano risposti ad arrivare i tedeschi. Sul fronte delle banche, per esempio, non si vuole una crisi, in Italia o altrove, ma ci si oppone a soluzioni complessive che vadano contro o sospendano per un certo periodo, le nuove regole che l’Europa si è data, dopo il 2008 per separare le crisi bancarie da quelle del debito degli Stati, quali le norme sugli aiuti pubblici e quelle sul bail-in. In linea di principio non si è contrari a soluzioni caso per caso, mirate ad evitare che le difficoltà di una banca diventino un problema per tutto il sistema, ma non si vuole che l’Eurozona possa rinnegare alla prima occasione la normativa che ha costruito in questi anni proprio per rendere meno sistemiche le crisi. Questa impostazione tedesca, prudente e fondata sul pragmatismo, solleva dubbi ed opposizioni soprattutto in paesi come la Francia e l’Italia che hanno idee diverse sia sul ruolo della Commissione UE sia sul grado di flessibilità da usare oggi. Tutto ciò, soprattutto, tenendo conto che anche le banche tedesche, secondo il Fondo Monetario Internazionale, dietro una solida facciata, nascondono debolezze significative; non si tratta dei “non performing loans“ che appesantiscono gli Istituti bancari italiani, ma di bassa profittabilità ed esposizione ai possibili shock sui mercati emergenti. Nell’ultimo rapporto del FMI emerge un quadro non certo rassicurante che coinvolgerebbe ben sei istituzioni finanziarie tedesche sistemicamente più a rischio in caso di tensioni a livello globale. Tra queste il capitolo più spinoso è quello legato a Deutsche Bank, la principale banca tedesca, che ha relazioni così ramificate all’interno del sistema finanziario globale che, se dovesse finire a gambe all’aria, le ripercussioni sarebbero a livello planetario, per cui, si ritiene praticamente impossibile che un’istituzione cruciale come Deutsche Bank possa finire come Lehman Brothers. D’altra parte però è certo che la politica monetaria di tassi bassi o meglio prossimi allo zero, applicata dalla Bce sta danneggiando la profittabilità di Deutsche Bank e Commerzbank come quella di compagnie assicurative come Allianz. Secondo il FMI più a lungo restano bassi i tassi della Bce, più il sistema finanziario tedesco è sotto pressione, con il rischio concreto di un trauma generale, e non per i crediti in sofferenza che, a differenza dell’Italia, sono in declino, ma per la continua contra-

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zione del “return on equity“ (Roe), un po’ per via della politica monetaria della Bce, un po’ a causa dell’esposizione su settori con scarsa redditività come quello dello shopping e come quello degli emergenti, la cui contrazione minaccia gravemente le banche tedesche. Se guardiamo oltre l’Europa, ci si accorge che il post Brexit è solo uno (e nemmeno il più importante) dei tanti eventi da tenere in considerazione nella valutazione degli scenari economici futuri. Infatti le previsioni economiche per il 2016 vengono sostanzialmente confermate con gli USA che crescono marginalmente più della zona Euro (+ 1,8% e +1,5% rispettivamente), mentre i Bric continueranno come nei due anni precedenti ad essere un gruppo spezzato in due: da un lato ci sono Cina ed India che sono previste in crescita rispettivamente del 6,5% e del 7,5%, mentre Brasile e Russia vedranno il loro Pil in contrazione per il secondo anno consecutivo. A dividere gli emergenti è, come sempre, l’andamento del prezzo delle materie prime : India e Cina ne sono intense utilizzatrici per cui beneficiano degli attuali bassi prezzi, che invece penalizzano drammaticamente Brasile e Russia per i quali le commodity rappresentano il grosso delle loro entrate da esportazione (soprattutto olio di semi, petrolio, caffè e zucchero il Brasile; soprattutto gas naturale e petrolio la Russia). Una buona notizia è arrivata dal Giappone dove gli elettori hanno rinnovato la fiducia a Shunzo Abe e, indirettamente alla sua “Abenomics” fatta di deficit finanziato con acquisti di titoli da parte della Banca Centrale ; una garanzia del fatto che i sostegni del passato all’economia saranno probabilmente rinnovati anche nei prossimi anni. Sullo sfondo di un Giappone che rimane stabile e di un’Europa che, per ora, non si spezza dopo la Brexit, rimangono le Banche Centrali che influenzano cambi e mercati con le loro azioni e non azioni e con le loro parole dette e non dette. La discesa della sterlina potrebbe infatti proseguire nell’attesa che la Bank of England farà tutto ciò che serve (tassi più bassi e un nuovo giro di acquisti di titoli pubblici) per attenuare i costi per l’economia. Ma le tensioni sulla sterlina e sui mercati dei cambi saranno, tanto per cambiare, inevitabilmente influenzate dalle decisioni della Federal Reserve. Con un’economia americana che crea lavoro e vede i prezzi al consumo in aumento graduale, potrebbe riapparire lo spettro dell’aumento del livello di riferimento per il tasso interbancario USA . L’aumento dei tassi per un quarto di punto del dicembre 2015, è rimasto senza seguito e forse lo rimarrà per tutto il 2016. Certamente, come sempre è l’incertezza che spaventa i mercati, per cui se la signora Yellen spiegasse chiaramente le sue intenzioni per i prossimi mesi e anni, darebbe un grande contributo al mantenimento della stabilità dei mercati finanziari e dei cambi, sempreché l’obiettivo della stabilità sia un obiettivo ricercato e voluto.


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L’ECONOMIA ITALIANA FRA STAGNAZIONE E PROGRAMMI DI CRESCITA

L’

di Alessandro Stecconi - Club Economia e Finanza Sida Group

esito del referendum consultivo del 23 giugno nel Regno Unito, che ha visto la prevalenza dei voti a favore dell’uscita del paese dall’Unione europea, ha prodotto una situazione mai sperimentata nel processo di integrazione europea, di cui è difficile anticipare tutte le ripercussioni. Il Fondo monetario internazionale ha valutato che l’incertezza che ne scaturisce è un rischio per l’economia globale. L’impatto sui mercati valutari e finanziari è stato immediato; lo ha contrastato l’azione delle autorità monetarie, che ha favorito il suo parziale riassorbimento nei giorni successivi. La sterlina si è deprezzata; l’euro, pur apprezzandosi nei confronti della valuta britannica, si è indebolito rispetto alle altre principali valute, mantenendosi pressoché invariato in termini effettivi. Non ne hanno risentito i rendimenti dei titoli di Stato dell’area dell’euro, che hanno beneficiato del programma di acquisto dell’Eurosistema; è stata ampia la caduta delle quotazioni azionarie. Nel nostro paese la ripresa continua con gradualità, sospinta dalla domanda interna, nonostante le esportazioni risentano della debolezza dei mercati extra UE. I consumi delle famiglie beneficiano dell’incremento del reddito disponibile e del miglioramento delle condizioni occupazionali; è proseguita la crescita degli investimenti, sostenuti anche dagli incentivi introdotti dall’ultima legge di stabilità. Gli indicatori congiunturali suggeriscono tuttavia che nel secondo trimestre il PIL, come nel complesso dell’area dell’euro, sarebbe aumentato a un tasso inferiore rispetto a quello del periodo precedente. In una ricerca di Banca d’Italia, condotta prima dell’esito del referendum britannico, le imprese indicano di programmare nell’anno in corso un aumento degli investimenti (ancora storicamente bassi in rapporto al prodotto), favorito anche dal miglioramento delle condizioni di accesso al credito e dagli incentivi fiscali approvati lo scorso dicembre; il ritmo di accumulazione sarebbe maggiore tra le imprese prevalentemente orientate al mercato interno e tra quelle di maggiore dimensione. Circa il 60 per cento delle imprese industriali programma un aumento della capacità produttiva degli impianti, motivato principalmente dalla percezione di un’evoluzione più favorevole della domanda. Le indagini mostrano però che

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l’incertezza sul quadro internazionale resta un fattore rilevante nel trattenere le imprese italiane dal procedere con maggiore decisione all’accumulazione di capitale. In questa fase sarebbe davvero auspicabile un’azione concreta di supporto alla fiducia, ingrediente questo fondamentale per avviare un circolo virtuoso fra investimenti e crescita. Qualche buona notizia sembra arrivare dal programma annunciato a luglio dal Ministro dello Sviluppo Economico Calenda, ovvero il piano denominato Industria 4.0: una serie di incentivi mirati e di azioni profonde per orientare l’economia e le imprese italiane verso la rivoluzione tecnologica e digitale che sta attraversando il mondo dell’industria globale. L’industria 4.0 scaturisce dalla quarta rivoluzione industriale. Non esiste ancora una definizione esauriente del fenomeno, ma in estrema sintesi alcuni analisti tendono a descriverla come un processo che porterà alla produzione industriale del tutto automatizzata e interconnessa. Secondo un recente rapporto della multinazionale di consulenza McKinsey le nuove tecnologie digitali avranno un impatto profondo nell’ambito di quattro direttrici di sviluppo: la prima riguarda l’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, e si declina in big data, open data, Internetof Things, machine-to-machine e cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione. La seconda è quella degli analytics: una volta raccolti i dati, bisogna ricavarne valore. Oggi solo l’1% dei dati raccolti viene utilizzato dalle imprese, che potrebbero invece ottenere vantaggi a partire dal “machine learning”, dalle macchine cioè che perfezionano la loro resa “imparando” dai dati via via raccolti e analizzati. La terza direttrice di sviluppo è l’interazione tra uomo e macchina, che coinvolge le interfacce “touch”, sempre più diffuse, e la realtà aumentata: per fare un esempio la possibilità di migliorare le proprie prestazioni sul lavoro utilizzando strumenti come i Google Glass. Infine c’è tutto il settore che si occupa del passaggio dal digitale al “reale”, e che comprende la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, le interazioni machine-to-machine e le nuove tecnologie per immagazzinare e utilizzare l’energia in modo mirato, razionalizzando i costi e ottimizzando le prestazioni.

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IL SETTORE DEL CREDITO NUOVI SCENARI

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di Alessandro Scarlato - Club Economia e Finanza Sida Group

ormulare una previsione sugli scenari futuri del settore del credito comporta un esercizio di analisi che deve, necessariamente, tenere in considerazione molteplici componenti. Innanzitutto, occorre prendere atto che le politiche espansive finora adottate dalla Banca Centrale Europea non hanno prodotto alcun risultato apprezzabile nei volumi delle erogazioni di finanziamento sia verso le imprese che verso i privati. Due sono, a mio parere, le motivazioni principali: • La domanda di credito, specialmente da parte delle imprese, dal 2008 segna una stagnazione che perdura tuttora. • Le banche, alle prese con coefficienti patrimoniali inadeguati e sofferenze insostenibili, hanno ben poco spazio di manovra, al di là delle mere dichiarazioni di intenti, per riprendere la loro attività caratteristica. E prima di ritornare ad una qualche normalità, dovremo assistere alla profonda ristrutturazione del mondo bancario di casa nostra, ancora molto lontano da quello che dovrà essere il nuovo assetto sostenibile. Certamente, come ho già scritto in passato, non vedremo più gli istituti bancari che affiancano le imprese più come soci che come finanziatori. Chi vorrà “intraprendere” un’attività dovrà partecipare attivamente alla formazione del capitale necessario, sia che si tratti di una start up che di un’impresa già avviata. Si svilupperanno canali di finanziamento alternativi, certo, ma chiunque vorrà investire in una impresa vorrà vederci chiaro, non solo sui bilanci, ma soprattutto sull’andamento e sulle prospettive dell’azienda. Dati chiari e trasparenti per valutare adeguatamente rischi e ritorni economici. A questo riguardo si apre il dibattito sull’adeguatezza dell’imprenditore e dei manager che eventualmente lo affiancheranno. Buona volontà, grinta e determinazione non basteranno. Ad essi verrà richiesta una preparazione specifica e approfondita nei diversi settori che dovranno curare e, quindi, la formazione avrà un ruolo fondamentale. Già nel 1994, a proposito della crisi di un noto gruppo marchigiano, scrivevo che gli

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imprenditori locali avrebbero dovuto risparmiare qualcosa nella costruzione di faraonici capannoni e destinare il denaro a qualche master formativo per loro stessi e per i loro eredi. I risultati, al di là della evidente crisi planetaria, per quanto riguarda la nostra realtà, sono sotto gli occhi di tutti. Ma anche le banche, certo non tutte, hanno le loro responsabilità. Molte hanno speso poco o nulla per la formazione degli addetti e le massicce espulsioni di lavoratori in nome della salvezza del conto economico, hanno di fatto privato il settore degli elementi con maggiore esperienza. Di fatto, hanno buttato via il bambino con l’acqua sporca. Anche la gestione delle sofferenze, per le quali oggi i banchieri aspettano il miracolo della cessione a favore di qualche “miracolato”, meriterebbe forse qualche censura. Quante volte, ed in base a quali calcoli, si è preferito dichiarare il default di un’azienda piuttosto che trovare un accordo tra banche per cercare di salvare il salvabile e, forse, concedere delle chance assecondando un programma di ristrutturazione che poteva prevedere, magari, l’erogazione di un prestito ponte o l’organizzazione di un pool per la concessione di nuovi finanziamenti? Quanti manager bancari hanno una formazione adeguata per comprendere, o addirittura organizzare, un piano di salvataggio industriale? Gli istituti bancari più grandi hanno ben chiaro il problema e forniscono una adeguata formazione ai loro addetti, sia nel settore corporate, e nelle sue diverse specifiche specializzazioni, che nel comparto della gestione del risparmio. E gli altri? Assisteremo a massicce aggregazioni, a numerose chiusure di sportelli aperti con scarsa lungimiranza anche in piena crisi conclamata, ma il rating non salverà i rapporti tra banca e impresa e non può essere il parametro insindacabile. La necessaria e adeguata formazione di chi è chiamato a gestire questi rapporti, invece, sarà determinante per stabilire quale sarà il modello vincente. Di certo, non vinceranno più approssimazione e superficialità. Le banche devono tornare al più presto a svolgere la loro funzione originale ed i banchieri devono finalmente approcciare una visione di lungo periodo. Imparino a farlo. Velocemente.


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LA FORMAZIONE MANAGERIALE DEI POLITICI: IL CONFRONTO CON GLI ALTRI

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di Alessandro Massi - Management Academy Sida Group - Club Economia e Finanza Sida Group

ecentemente Sida Group ha aperto un focus sul significato della formazione per coloro che compongono la classe politica del nostro paese. Ciò che ha portato una società di consulenza e formazione come la Sida ad approfondire una tematica un tempo ad appannaggio totale dei partiti o delle categorie è una evidente necessità di preparazione che deve dimostrare chi si appresta ad entrare nel mondo della politica sia lato amministrativo, che organizzativo, che nelle pubbliche relazioni. Giovani Amministratori, funzionari, ma anche i laureati in Scienze Politiche e Scienze della Comunicazione possono trovare beneficio da una formazione completa dedicata al Management della Politica, fornendo loro le competenze per intraprendere o consolidare, per chi vorrà, il proprio percorso nel contesto politico (Comune, Provincia, Regione etc.) oppure essere una figura di supporto alla politica, ma al tempo stesso assolutamente strategico, come chi opera nell’organizzazione delle sedi del gruppo politico o negli eventi, oppure come chi ha l’ambizione di diventare uno spin doctor, vale a dire quella figura che come esperto di comunicazione lavora per conto di personaggi politici, elaborando precise strategie atte a rendere l’immagine del politico appetibile rispetto all’opinione pubblica. Detto ciò per avere una dimensione completa del contesto formativo del Management della Politica, è necessario fare un confronto rispetto alle esperienze che vediamo negli altri Paesi Europei ed anche negli USA, che per primi hanno visto crescere figure di esperti nell’ambito delle pubbliche relazioni e dell’organizzazione di campagne elettorali, come testimoniato sia dalle biografie dei personaggi politici, ma anche da Hollywood in diversi film. Ciò che deve essere approfondito è il percorso di crescita e di carriera che viene svolto da chi poi riesce a ricoprire ruoli di primo piano nella vita politica del Paese o da chi risulta essere una figura di riferimento per l’opinione pubblica. La Francia da questo punto di vista costituisce una isola felice ed una positiva testimonianza di eccellenza nella formazione del politico del futuro; mentre in Italia per anni hanno fun-

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zionato in maniera egregia le scuole di partito, che, però, presentavano la pecca di formalizzarsi solamente in una attività formativa dedicata al pensiero politico e nei valori del partito politico di appartenenza, Oltralpe è esistente da anni l’Institut d’Etudes politiques de Paris, meglio conosciuto come Sciences Po, e si tratta di una delle migliori università del mondo nel campo della scienza politica, ma soprattutto è l’istituzione storica per la formazione dell’èlite politica ed amministrativa francese ed europea, avendo formato quattro Presidenti della Repubblica Francese, undici primi ministri, numerosi capi di Stato esteri, personalità politiche e diplomatici. Ciò che è evidente è la completezza del programma formativo che propone e segna una grande differenza soprattutto con il nostro Paese, in quanto l’offerta didattica vede l’approfondimento di argomenti di economia e finanza, il management (gestione delle risorse umane, pianificazione strategica), la storia contemporanea, la geografia, il diritto costituzionale e le relazioni internazionali ed un ampio studio delle lingue. Una formazione volta a conferire una conoscenza e una competenza su argomenti che un politico deve saper maneggiare continuamente e con grande attenzione, inutile nascondere che certamente il concetto di èlite tende a tagliare fuori una larga fetta di potenziali attori della politica, cosa che ad esempio in Italia non avveniva e non avviene grazie al ruolo svolto da i partiti come intermediario e spazio di valorizzazione anche per chi non ha possibilità di accedere a percorsi di eccellenza come il sopra citato. Al tempo stesso, però, in Italia la formazione politica si è troppo settorializzata tendendo a valorizzare solo alcune componenti di conoscenza, chi sa di diritto tende a potenziarsi su tale argomento e su poco altro, facendo sì che la sua esperienza è rivolta sempre troppo a operare con un raggio d’azione limitato o su cose che si vivono quotidianamente, quando ad esempio sarebbe interessante vedere personaggi politici operare in settori diversi rispetto a quello di appartenenza, molto spesso si pensa che il Ministro della Giustizia debba essere, giocoforza, un avvocato o un ex giudice. Cosa avviene, invece, negli Stati Uniti? Abbiamo imparato a conoscere negli anni il concetto del So-

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CLUBECONOMIA&FINANZA gno Americano, unitamente ai valori della meritocrazia e della spinta a migliorarsi, perché “gli Stati Uniti sono il Paese dove ti viene data sempre una possibilità”, secondo un vecchio agio, ma sempre se ne hai i mezzi, possiamo tranquillamente aggiungere. Non da meno, guardando, l’esperienza dei personaggi politici vediamo come tale motivazione al raggiungimento dei propri obiettivi di vita attraverso la cosiddetta “gavetta”, unita ad una forte ambizione e ad una formazione specifica siano elementi fondamentali nella formazione della classe politica americana. Prendendo spunto dalla biografia del Presidente Bill Clinton, vediamo come egli sia un esempio di chi da una classe sociale bassa sia riuscito a scalare posizione ed ad accreditarsi quale uno dei migliori politici espressi dal Partito Democratico americano. Grazie anche al programma Fulbright egli riuscì a completare e potenziare la sua formazione in Giurisprudenza inizialmente intrapresa a Washington ad Oxford, ma ciò che lo fece conoscere ed apprezzare negli ambienti politici fu l’affiancamento quale stagista a personaggi politici ( Governatori di Stato e Senatori) per i quali egli seguì l’organizzazione delle campagne elettorali formandosi nell’analisi e risoluzione delle problematiche dei cittadini, dovendo preparare i discorsi per il suo “capo” ed avendo anche la possibilità di potenziare la sua capacità di public speaking sostituendo lo stesso in al-

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cuni comizi. Ora prendendo spunto dall’esperienza di Bill Clinton; che naturalmente ci racconta un contesto molto diverso da quello italiano, in quanto in realtà oltreoceano i partiti hanno una connotazione molto diversa essendo principalmente organizzazioni che si attivano in funzione dell’appuntamento elettorale, possiamo comprendere come unitamente al percorso di studi universitario, la principale fonte di formazione sia l’attività sul campo in affiancamento a personaggi politici oppure frequentando contesti di lobby, nella loro accezione positiva. Sono evidenti le competenze fornite in tali ambienti, nel quale si potenziano notevolmente le capacità organizzative oltre che specializzarsi nella relazione pubblica, permettendo di capire al meglio le proprie ambizioni. Anche in Italia oramai si va verso una tipologia di formazione della classe politica che guardi più alla competenza della persona, invece che alla sua attività all’interno del partito di riferimento. Ciò è dimostrato anche dalle recenti dichiarazioni del Presidente Renzi, che ha annunicato la volontà di creare delle scuole di formazione dedicate alla politica che costituiscano vere proprie Accademie d’eccellenza senza alcuna influenza partitica. Sarebbe un gran bel passo avanti ed una iniezione di fiducia nell’opinione pubblica nei confronti della classe politica.


MARCHE da ESPORTAZIONE

RUSSIA:

L’EMBARGO CHE COLPISCE IL MADE IN MARCHE

Il settore calzaturiero marchigiano è il segmento produttivo che più risente della situazione. Solamente il primo trimestre del 2015 ha subito un colpo da 77 milioni di euro. Cna: “le sanzioni vanno riviste”. Confindustria: “la Russia resta un Paese di grande interesse”. Unicredit: “Favorire l’internazionalizzazione”

di Loredana Pistonesi

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e sanzioni alla Russia colpiscono le imprese marchigiane. Soprattutto quelle dell’agroalimentare e del sistema moda. Un danno di 77 milioni di euro solo nel primo trimestre del 2015. Lo afferma il segretario CNA Marche Otello Gregorini, analizzando i dai Istat sull’export tra

Marche e Russia elaborati dal Centro Studi Sistema della Cna. “A risentire dell’embargo deciso in seguito alla crisi Ucraina - sostiene Otello Gregorini, presidente regionale Cna - è soprattutto distretto calzaturiero. Il calo delle esportazioni nel periodo I trimestre 2014 – primo trimestre 2015, verso la Russia è fortissimo

per le calzature (-38,4%) ma sono state colpite pesantemente anche le aziende meccaniche produttrici di macchinari e apparecchi (71,3%). Auspichiamo quindi che le sanzioni siano riviste, perché non è solo il Made in Italy tradizionale a risentirne, ma anche la parte più avanzata tecnologicamente della nostra manifattura regionale,

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MARCHE da ESPORTAZIONE quella che progetta e realizza macchi- attuarsi mediante un piano quinquenne utensili”. In generale, è tutta la pro- nale che entro il 2020 dovrebbe sensiduzione di meccanica delle Marche a bilmente ridurre il livello delle imporsoffrire per le sanzioni, comprese le tazioni. I settori chiave identificati dal aziende di elettrodomestici mentre è Governo sono quelli delle attrezzatucrollato l’export alimentare (-75,6). re per l’oil & gas, per il settore agricolo Sul territorio regionale, il colpo più e forestale, per l’industria leggera, per pesante lo hanno subito le imprese lavorazione metalli ed utensili, per della provincia di Ancona, che vedono l’industria alimentare e per l’attrezzal’export verso la Russia scendere da tura energetica ed elettrotecnica. 46,4 a 16,8 milioni di euro (-29,6 mln) Allo scopo di supportare le imprese Notevoli anche le conseguenze per le marchigiane ad intercettare le opporaziende del fermano (-19,3 mln). Le tunità di crescita verso la Russia, Uniattività manifatturiere della provin- Credit e Confindustria Marche hanno cia di Ascoli Piceno hanno ridotto le organizzato il Forum Russia a cui hanesportazioni in Russia di 10,7 milioni no preso parte rappresentanti di oltre di euro, quelle del pesarese pagano 50 aziende di tutta la regione. L’inall’embargo 9,6 milioni di euro e quel- contro ha avuto lo scopo di illustrare le di Macerata subiscono un agli imprenditori presenti come svicalo dell’export luppare la propria Bruno Bucciarelli, di 7,9 milioni di attività verso queConfindustria Marche: euro. sto mercato straMa nonostante il “La Russia rappresenta da sempre un tegico per dimenmomento deci- Paese di grande interesse per lo sbocco sioni, collocazione delle nostre produzioni” samente difficile, geografica e la previsione per predisposiziol’anno in corso risulta positiva per le ne verso i prodotti italiani. esportazioni totali delle Marche (+2% “Favorire l’internazionalizzazione rispetto al 2015), mentre le importazio- - ha detto Luigi Rigli, Area Manager ni dovrebbero contrarsi di pari passo. Unicredit - rappresenta uno degli Quindi la Russia resta un importante obiettivi strategici che il nostro Grupmercato, le cui potenzialità non hanno po propone alle imprese, nell’ambito paragone rispetto a quelle di altri pa- del proprio programma UniCredit esi. In che senso? Semplice. Le sanzio- International volto ad accompagnare ni verso la Russia e il programma del le aziende del territorio all’estero, per Governo di sostituzione dei prodotti estendere il proprio business verso d’importazione con la produzione lo- mercati dalle prospettive interessanti. cale obbligano gli operatori stranieri Il mercato russo offre ampi spazi per a guardare al mercato russo sotto una le aziende italiane ed evidentemente nuova ottica (produzione locale), con anche per quelle del nostro territorio. il vantaggio ulteriore di poter espor- Con questo Forum - ha concluso Ritare in Kazakistan e Bielorussia senza gli - abbiamo offerto agli imprendibarriere doganali. Dalla metà del 2014 tori locali un corredo di informazioni la Federazione Russa ha avviato un ampie, oggettive e qualificate, così da corposo programma di sostituzione arricchire il loro bagaglio di conoscendelle importazioni, finalizzato all’am- ze, con la finalità di promuovere la comodernamento dell’industria nazio- noscenza del “Made in Marche” all’enale in numerosi settori economici, da stero e di favorire il loro processo di

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internazionalizzazione”. Per il presidente di Confindustria Marche, Bruno Bucciarelli, “La Russia rappresenta da sempre un Paese di grande interesse per lo sbocco delle nostre produzioni anche se , dopo le criticità che hanno portato alle sanzioni verso questo grande Paese e le difficoltà economiche che hanno vissuto , in tutta l’Italia ed in particolare nel nostro territorio abbiamo visto drasticamente ridursi in poco tempo la capacità del mercato russo di assorbimento dei nostri prodotti. Nonostante questo, per le sue dimensioni e per l’attenzione che la Russia riserva alle produzioni italiane, questo paese può rappresentare sicuramente, per il sistema industriale marchigiano e per il nostro territorio una valida occasione, per allacciare interessanti relazioni economiche, in un momento in cui in Italia e nelle Marche si stanno vedendo finalmente i primi segnali di ripresa, seppur ancora troppo incerti e differenziati fra settori, territori e imprese, dopo la lunga crisi che ha prodotto effetti negativi molto pesanti sulla nostra economia”.


MARCHE da ESPORTAZIONE

OLTRE IL MEDITERRANEO, L’EXPORT GUARDA IN AFRICA

Fino ad oggi l’import dall’Africa ha fatto registrare valori superiori all’export. Ma per le imprese marchigiane è giunto il momento di invertire la rotta. Le Marche hanno più importato (606 milioni di euro) che esportato (506 milioni). Il 97% dello “sbilancio” (584 milioni) è stato accumulato nei sei paesi dell’Africa del Nord

di Letizia Ciaccafava

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untare sul Made in Italy, sulle necessità della classe media (destinata a crescere nel continente africano), sulle infrastrutture (specie quelle sanitarie, che gli Stati africani stanno implementando), sulla cooperazione allo sviluppo come strumento efficace per una reciproca

conoscenza e per arrivare a un mercato potenziale di oltre un miliardo di persone. È la ricetta suggerita alle imprese marchigiane che vogliono investire in Africa, proposta ai numerosi imprenditori che hanno partecipato al Forum (promosso dalla Regione, a Civitanova Marche) “Africa 2016/2020 – Rifles-

sioni e strategie per una politica di internazionalizzazione”. Il forum si è svolto a gennaio, ma i risvolti delle azioni e dei temi trattati comincia ora ad avere i primi effetti. I dati parlano chiaro: nel 2014 le esportazioni mondiali delle Marche hanno superato i 12,4 miliardi e le importazioni i 7 miliardi (rileva-

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MARCHE da ESPORTAZIONE zioni Sistema informativo statistico Regione Marche), con un sorprendente saldo negativo in Africa: le Marche hanno più importato (606 milioni di euro) che esportato (506 milioni). Il 97% dello “sbilancio” (584 milioni) è stato accumulato

Le Marche esportano soprattutto elettrodomestici (22%), meccanica (17%), prodotti metallurgici (11%), calzature e pelletterie (9%) nei sei paesi dell’Africa del Nord (Algeria, Egitto, Libia, Marocco, Mauritania, Tunisia), dove l’export marchigiano non ha superato i 355 milioni. La situazione registra una sostanziale stabilità di tendenza anche nei primi nove mesi del 2015: tra gennaio e settembre l’export mondiale marchigiano ha raggiunto i 9 miliardi di euro e l’import i 5,7 miliardi, con l’import africano (449,3 milioni) che scavalca i valori dell’export (330,1 milioni). La quota regionale delle Marche, sul totale delle esportazioni italiane in Africa, è pari al 3% (dodicesima regione), contro il 25% della Lombardia, il 12% dell’Emilia-Romagna e l’11% del Veneto. Le Marche esportano soprattutto elettrodomestici (22%), meccanica (17%), prodotti metallurgici (11%), calzature e pelletterie (9%). Nei primi nove mesi del 2015 un’impennata eccezionale si è avuta nel settore dei mezzi di trasporto (+239%), dovuta principalmente

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all’acquisto di navi e imbarcazioni da parte della Nigeria, per un valore superiore ai 13 milioni di euro. Un dato sicuramente non ripetibile nei prossimi anni, vista la durata media dell’ammortamento di un investimento navale, che evidenzia, però, le potenzialità del mercato africano e suggerisce la necessità di promuovere una strategia di internazionalizzazione coordinata e non episodica, in grado di cogliete tutte le opportunità di crescita che stanno emergendo. “L’Africa è un continente di grande interesse per il nostro Paese – ha evidenziato l’assessore all’Internazionalizzazione, Manuela Bora – il presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel 2014 e 2015, ha svolto due missioni in Africa, perché è considerata dal Go-

Bora: “L’Africa è un continente di grande interesse per il nostro Paese. Serve un’appropriata strategia di internazionalizzazione” verno una vera priorità. Invece per le Marche, regione dalla grande vocazione imprenditoriale, l’Africa denota una forte criticità rispetto al dato globale export che vede, al contrario, un saldo positivo. L’analisi dei dati di dettaglio ci ha portato a promuovere questa iniziativa, al fine di riflettere e condividere un’appropriata strategia di internazionalizzazione nel continente africano. Una criticità è indubbiamente rappresentata dalla scarsità di risorse. Tuttavia, per la pri-

ma volta il POR FESR Marche 20142010 ha riservato misure specifiche dedicate all’internazionalizzazione. A livello nazionale, infine, le Marche coordinano la Commissione Attività Produttive della Conferenza delle Regioni e questo ci spinge a dover essere guida e un esempio propositivo”. Al Forum hanno partecipato rappresentanti diplomataci della Guinea Equatoriale (con l’ambasciatore in Italia, Cecilia Obono Ndon), dell’Angola (primo segretario d’ambasciata, Luis Saraiva De Carvaio) e dell’ambasciata di Nigeria (ministro Margaret Bisi Meshioye). L’incontro si è svolto presso il polo internazionale del design “Living&More” della Fratelli Simonetti che ha già ospitato delegazioni provenienti da diversi Paesi europei ed extraeuropei, tra cui Russia, Cina, Birmania, Libano. “Già lo scorso anno, grazie alla Regione Marche che ci ha selezionato come presidio Expo 2015 per la sezione design contract e abitare - ha spiegato Daniele Simonetti della Fratelli Simonetti - avevamo avuto l’occasione di ospitare una delegazione di esponenti governativi e dell’imprenditoria di Mozambico e Sud Africa, mentre in precedenza avevamo ricevuto rappresentanti della stessa Guinea Equatoriale. Il nostro Polo si mette volentieri a disposizione del territorio e delle sue istituzioni per valorizzarne le eccellenze, per creare una vetrina che possa promuovere i nostri prodotti di assoluta qualità in tutto il mondo”.


MARCHE da ESPORTAZIONE

AZIENDE MARCHIGIANE ALL’ASSALTO DI NUOVI MERCATI La Repubblica Islamica nel 2006, prima delle sanzioni, vedeva le imprese marchigiane esportare merci per 35,5 milioni di euro. Con l’embargo l’export è diminuito di oltre un terzo, fino ai 21,7 milioni di euro del 2014 ed ai 10,7 milioni di euro dei primi nove mesi del 2015. Ora le imprese del territorio possono tornare a pianificare.

di Andrea Maccarone

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on la fine dell’embargo commerciale all’Iran, per le imprese marchigiane può partire la corsa al mercato della Repubblica Islamica. Un mercato che nel 2006, prima delle sanzioni, vedeva le nostre imprese esportare merci per 35,5 milioni di euro, che dopo le sanzioni sono diminuite di oltre un terzo, fino ai 21,7 milioni di euro del 2014 ed ai 10,7 milioni di euro dei primo nove mesi del 2015. “A subire in questo decennio le conseguenze più pesanti dell’embargo - afferma il segretario Cna Marche Otello Gregorini - sono state le imprese marchigiane di apparecchi elettrici ed elettrodomestici, che hanno visto l’export verso l’Iran crollare dagli 11,1 milioni di euro del 2006 ai 3,9 milioni di euro del 2014. Dimezzato anche l’export di mobili e ridotto di un terzo quello di prodotti meccanici mentre un po’ tutti i settori manifatturieri hanno perso quote di mercato. Uniche eccezioni la plastica e la farmaceutica

che però hanno sempre avuto quote marginali di export verso l’Iran”. Poi c’è la partita delle importazioni di materie prime che nel 2006 valeva 553,2 milioni di euro e che con le sanzioni si sono praticamente azzerate. Nel 2014 l’import marchigiano dall’Iran è stato di 463 mila euro e nei primi tre mesi del 2015 si è fermato a 75 mila euro. “La quasi totalità delle nostre importazioni dall’Iran - continua Gregorini - riguardava i prodotti petroliferi che nel 2006 erano 550,7 milioni di euro su un totale di 553,2 milioni di euro. Ora si riapriranno i rubinetti dei pozzi iraniani e il prezzo del petrolio dovrebbe scendere ancora.” Ma quali settori produttivi marchigiani potranno cogliere le nuove opportunità offerte dal mercato iraniano? “A causa delle sanzioni - commenta Giovanni Dini, direttore del Centro Studi Sistema Cna - l’Iran è rimasto indietro nell’adeguamento delle proprie attrezzature industriali, che sono in gran parte obsolete non solo per l’utilizzo

prolungato nel tempo e la difficoltà di reperire pezzi di ricambio originali, ma anche, e soprattutto, per l’obsolescenza tecnologica che è legata al rapido progredire delle tecnologie nel campo dei beni strumentali per l’industria e l’artigianato. Data la competitività delle produzioni regionali nel settore, sotto tale profilo si apre all’export marchigiano una stagione di buone prospettive, con l’obiettivo di triplicare l’export del 2014 nel giro di due o tre anni. Questo anche grazie al fatto che abbiamo sempre mantenuto buoni rapporti con la Repubblica Islamica dell’Iran, anche grazie ai tanti giovani iraniani che studiano e lavorano nelle Marche, soprattutto medici e ingegneri che possono fare da ambasciatori delle Marche verso il loro Paese”. Quindi grandi prospettive di crescita per la meccanica strumentale, a partire dalle imprese produttrici di macchine per il tessile e per le estrazioni di gas e petrolio. E poi le imprese dell’elettronica e dell’elettrotecnica

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MARCHE da ESPORTAZIONE in relazione allo sviluppo dell’alta velocità e all’ammodernamento delle reti e dei sistemi di sicurezza iraniani. Inoltre tessile, mobile e arredi, oreficeria, agroalimentare e moda. L’obiettivo è quello di triplicare il nostro export nei prossimi due o tre anni. “L’Iran - conclude Dini - è un Paese di 80 milioni di potenziali consumatori

con un’età media di 30 anni, che nel 2016, secondo la Banca Mondiale dovrebbe avere una crescita del Pil del 5,8 per cento, con un reddito medio procapite di 17 mila dollari. Si tratta quindi di un mercato con capacità di spesa medio alta, l’ideale per le produzioni marchigiane di qualità. Ora si tratta di non sprecare queste oppor-

tunità e di saper creare collegamenti e relazioni privilegiate con Teheran. La Regione, le Camere di Commercio e le associazioni di categoria devono fare squadra e predisporre azioni per accompagnare le piccole e medie imprese marchigiane sul mercato iraniano”.

Interscambio commerciale in valore Marche -Repubblica islamica dell’Iran

Interscambio commerciale in valore Marche -Repubblica islamica dell’Iran per dell’anno 2015

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SALUTE&BENESSERE

PREVENZIONE, DIAGNOSI E CURA. VENTI ANNI DI ESPERIENZA AL SERVIZIO DEL CITTADINO

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a salute psico-fisica è il più grande patrimonio di ogni essere umano. La buona salute è sicuramente un presupposto importante per tutte le nostre attività e prospettive esistenziali. Il concetto di salute sta evolvendo includendo in esso, oltre al buon funzionamento del nostro corpo e l’assenza di malattia, anche la ricerca del benessere, il valore aggiunto che determina la qualità della vita. In questo contesto la tutela della salute individuale e collettiva deve avvalersi di una buona prevenzione, di una precoce diagnosi in presenza di anomalia fisiologica ed infine di una eventuale adeguata terapia. L’individuo

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ne deve essere consapevole ed utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per raggiungere i suddetti obiettivi. La medicina privata, una volta poco influente in questo percorso virtuoso, nell’ultimo periodo ha assunto un ruolo sempre più rilevante e complementare del Servizio Pubblico. E’ una risorsa in più a disposizione della collettività per la sua costante ricerca delle migliori e più adeguate professionalità, tecnologie e per l’organizzazione del lavoro, che prevede tempi rapidi per ogni tipo di indagine e d’intervento. La medicina privata, quando è di ottima qualità, assume un ruolo sociale. Il nostro centro da 20 anni lavora con

questi principi e per raggiungere questi obiettivi. “Associati Fisiomed” è prevenzione con sollecito controllo del paziente, sempre adeguatamente informato e stimolato per ogni aspetto della sua salute; il centro inoltre fornisce i servizi essenziali della prevenzione rivolti ad una corretta alimentazione e ad una costante attività fisica. “Associati Fisiomed” è diagnosi della malattia, sicura e veloce con esami di laboratorio, diagnostica per immagini, ecografia, risonanza magnetica adeguatamente valutati da oltre 50 medici dalla garantita professionalità ed esperienza che coprono tutte le specialità mediche. “Associati Fisiomed” è consulenza


SALUTE&BENESSERE medica specialistica, garantita dai migliori professionisti, che una volta stabilita la necessità, sono in grado di consigliare al paziente la migliore terapia adeguata e seguirne l’esisto in fase di follow up. “Associati Fisiomed” è innovazione tecnologica in costante aggiornamento: risonanza magnetica aperta, con o senza mezzo di contrasto che viene eseguita con tempi di attesa di 1-2 giorni; tomosintesi, un’evoluzione della mammografia con precisione diagnostica prossima al 100% per la prevenzione del tumore mammario; fibroscan, un esame ecografico

particolare per la valutazione dello stato della cellula epatica in patologie evolutive gravi; OCT oculare, la TAC dell’occhio per la diagnosi precoce di patologie retiniche e corneali; doppler IMT per valutare un rischio cardiovascolare in soggetti apparentemente sani; bemer, campi elettromagnetici pulsati per il ripristino del microcircolo in patologie croniche ed acute, patologie del sistema linfatico, patologie muscolo-tendinee, fratture in fase di consolidazione, fibromialgie, ferite dermatologiche complesse. “Associati Fisiomed” è composta da persone che pongono il paziente al

centro della struttura, fornendogli indicazioni e consigli, cercando in ogni modo di risolvere i suoi problemi di salute, migliorandone la qualità di vita a stretta collaborazione con il medico di base. Queste persone con forte spirito di squadra che operano in una struttura moderna e proiettata al futuro, hanno come obiettivo principale di mettersi al servizio del paziente con accortezza, etica, trasparenza ed estrema professionalità.

I CENTO VOLTI DELL’ASSOCIATI FISIOMED

Informazione Pubbliciataria

Ecco gli eventi in programma dedicati ai venti anni. 23/09/2016 La Prevenzione senologica - in collaborazione con Acli Macerata – Coordinamento Donne presso il Circolo Santa Maria delle Vergini – via Da Carpi, 2 – Macerata – dalle 21.00 08/10/2016 Informazione e prevenzione con il patrocinio del Comune di Belforte del Chienti presso la sala Ex-Oratorio, via Leopardi, 2 – Belforte Alto, Belforte del Chienti 29/10/2016 Associati Fisiomed: Passato, presente e Futuro – Abbadia di Fiastra – con il patrocinio del comune di Tolentino Metà Novembre La Prevenzione è Donna – in collaborazione con il Centro Femminile Italiano (C.I.F) di Montecassiano

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PUNTO.PMI

MARCHE, TRA APRILE E GIUGNO AUMENTANO LE IMPRESE Ad Ancona l’aumento più consistente del numero delle imprese nel secondo trimestre del 2016, con 734 aperture e 472 chiusure per un saldo positivo di 262 unità

di Chiara Bartolomei

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el secondo trimestre 2016, secondo i dati elaborati dal Centro Studi di Unioncamere Marche, sono nate 2.649 nuove imprese mentre hanno cessato l’attività in 1.822. Alla fine della giostra i conti parlano di 827 aziende in più rispetto alla fine di marzo con la creazione di 2 mila posti di lavoro. Maschi e ultracinquantenni. Sono i titolari, i soci e gli amministratori delle imprese marchigiane. Una fotografia dei vertici delle 173.207 aziende regionali che è stata presentata dal presidente Unioncamere Graziano Di Battista: <<sono 301.054 i titolari di cariche nelle imprese della regione – afferma - per il 72,9 per cento si tratta di maschi e per il 53,9 per cento hanno più di 50 anni. Gli imprenditori, soci ed amministratori tra i 30 e i 50 anni sono il 42,3 per cento mentre ad avere meno di 30 anni è solo il 3,7 per cento dei titolari di cariche aziendali>>. Un sistema produttivo, quello marchigiano, comunque in evoluzione. Tra aprile e giugno, secondo i dati elaborati dal Centro Studi di Unioncamere Marche, sono nate 2.649 nuo-

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ve imprese mentre hanno cessato l’attività in 1.822. Alla fine della giostra i conti parlano di 827 aziende in più rispetto alla fine di marzo con la creazione di 2 mila posti di lavoro. Numeri che non compensano le 1.201 imprese perse nel primo trimestre del 2016, ma che riportano un po’ di ottimismo sul futuro dell’economia regionale. <<L’aumento più consistente - precisa Di Battista - ha riguardato le società di capitale. In tre mesi ne sono nate 656 rispetto a 230 cessazioni, per un saldo positivo di 426 aziende. Le imprese individuali alla fine di giugno erano 376 in più rispetto ad aprile mentre le società di persone sono rimaste al palo e vengono utilizzate sempre meno dai marchigiani per dare vita a nuove attività imprenditoriali. A preferire le società di capitale sono soprattutto i giovani che provano a mettersi in gioco facendo squadra, magari con un investimento iniziale limitato ma con grande passione e spirito d’iniziativa, puntando su start up e mercati esteri per crescere>>. L’analisi del Centro Studi Unionca-

mere Marche sui settori produttivi della regione, evidenzia una forte crescita delle aziende agricole (+199), del commercio (+133) e delle attività di alloggio e ristorazione (+96) ma sono aumentate anche tutte le attività dedicate ai servizi alla persona e alle imprese così come le imprese manifatturiere. A rimanere praticamente ferma (+8) è ancora una volta il settore delle costruzioni, che fatica a ripartire malgrado la spinta degli incentivi fiscali sulle ristrutturazioni. Segnali di una timida ripresa anche per il manifatturiero (+69 imprese) grazie soprattutto alle aziende alimentari (+11), della plastica (+16), dell’abbigliamento (+11) e della meccanica (+10). Ancora in calo il numero delle imprese del calzaturiero (-7) e della fabbricazione di prodotti in metallo (-4). Infine i territori. Ad Ancona si è registrato l’aumento più consistente del numero delle imprese nel secondo trimestre del 2016 con 734 aperture e 472 chiusure per un saldo positivo di 262 unità. Seguono Macerata (+247), Pesaro e Urbino (+194), Ascoli Piceno (+113) e Fermo (+11).


PUNTO.PMI

IL MANIFATTURIERO CHE TRAINA LA REGIONE

Secondo trimestre moderatamente positivo per l’industria manifatturiera regionale, con attività produttiva e commerciale in lieve crescita rispetto al secondo trimestre 2015

di Lucia Fava

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roduzione in aumento dell’1,1%. L’industria marchigiana del manifatturiero mette il segno “più” nel trimestre aprile-giugno 2016. Un incremento produttivo che allunga il passo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I risultati arrivano dall’Indagine Trimestrale condotta dal Centro Studi di Confindustria Marche, in collaborazione con Nuova Banca Marche. Dunque un risultato positivo, anche se inferiore a quello rilevato a livello nazionale nel bimestre aprile-maggio (+3,5%). A livello settoriale, variazioni negative dell’attività produttiva hanno interessato solo il Tessile abbigliamento, mentre l’attività è risultata pressoché stazionaria per Minerali non metalliferi, Calzature e Gomma e Plastica. Le dichiarazioni degli operatori intervistati segnalano l’intonazione non particolarmente brillante dell’attività produttiva: sale marginalmente la quota di operatori con produzione stazionaria o in calo (52% contro il 49% della rilevazione del primo trimestre 2016), mentre si riduce la quota di aziende interessate da aumenti della produzione (48% contro 53% della rilevazione pre-

cedente). In aumento l’attività commerciale complessiva nel secondo trimestre 2016: l’andamento delle vendite in termini reali ha registrato una crescita dell’1,2% (0,3% nel primo trimestre 2016) rispetto allo stesso trimestre del 2015, con un andamento positivo sul mercato interno e una stabilità su quello estero. Le vendite sul mercato interno hanno registrato una variazione pari al 2,2% rispetto al secondo trimestre 2015, con risultati positivi per tutti i settori ad eccezione della Meccanica e del Tessile Abbigliamento. Le vendite sull’estero hanno mostrato una modesta variazione positiva (0,3%) rispetto al secondo trimestre 2015. Risultati positivi sono stati rilevati in tutti i settori, ad eccezione della Meccanica e in parte del Tessile Abbigliamento che hanno invece registrato una flessione. Il debole andamento dei livelli produttivi e commerciali si è associato a una dinamica dei prezzi molto contenuta, con incrementi dello 0,2% sull’interno e dello 0,3% sull’estero. I costi di acquisto delle materie prime sono risultati

in aumento sia sull’interno (+0,4%) che sull’estero (+0,4%). Nella media del trimestre aprile-giugno 2016, i livelli occupazionali hanno registrato una sostanziale stazionarietà (0,1%). Nello stesso periodo le ore di cassa integrazione sono diminuite del 12,3% rispetto allo stesso periodo del 2015 passando da 10,6 milioni a 9,3 milioni. In diminuzione sono risultati sia gli interventi ordinari (-3,3%), passati da 3,2 milioni di ore del secondo trimestre 2015 a 3,1 milioni di ore del secondo trimestre 2016, sia gli interventi in deroga passati da 5,1 milioni di ore del secondo trimestre 2015 a 308 mila ore del secondo trimestre 2016 (-93,9%). In crescita invece gli interventi straordinari (+148,4%) passati da 2,4 milioni di ore del secondo trimestre 2015 a circa 6 milioni di ore del secondo trimestre 2016. Dall’analisi dei dati per ramo di attività emerge una diminuzione delle ore complessive autorizzate nell’edilizia (-18,9%), nell’artigianato (-95,6%), nel commercio (-72,7%) e nei settori vari (-91,9%) a fronte di una crescita nell’industria (+58,6%).

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FORMAZIONE & COACHING

QUALE FUTURO CI ATTENDE?

IL CERVELLO,

QUESTO PROTAGONISTA EVOLUTIVO di Silvia Cichella - Management Academy Sida group Area Risorse Umane

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hi avrebbe mai pensato che tutta l’esperienza della nostra vita sia dipesa e contenuta dai più piccoli dettagli del nostro cervello, ovvero dalle interconnessioni neuronali? L’ assunto di base che può spiegare il funzionamento del nostro cervello e come esso contiene la nostra storia personale è quello secondo cui quanto più l’esperienza vissuta dalla persona risulta essere determinante specie nei primi anni di vita, tanto più questa, andrà a rafforzare le nostre interconnes-

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sioni neuronali. L’ esperienza precoce è definibile come il catalizzatore dei nostri comportamenti, la base che da avvio alla costruzione degli SCRIPT MENTALI o COPIONI DI VITA. Alla nascita della persona, il cervello dell’individuo è costituito da neuroni “inadeguati” e “disconnessi”, caratteristiche che ci permettono di stabilire il concetto di plasticità del cervello: plasticità che va incontro negli anni ad una cristallizzazione neuronale. L’ iniziale plasticità neuronale , si va via via affievolendo nel tempo, attra-

verso il legame tra le sinapsi, le interconnessioni tra i singoli neuroni, le quali si formano in una rapporto di due milioni a secondo, per arrivare ai due anni di vita, in cui le connessioni sono multistrutturate: oltre cento mila miliardi ed anche più rigide, meno plastiche. Dalla vita adulta in poi, il meccanismo di funzionamento neuronale tende ad invertirsi: mano a mano che si cresce, si struttura un meccanismo diverso, un meccanismo di “potatura neuronale” per cui il 50% delle sinapsi si de-


FORMAZIONE & COACHING

strutturano. La domanda lecita è chiedersi dunque, quali sinapsi tendono a rafforzarsi e quali invece tendono a sopperire? Quando una sinapsi partecipa con successo ad un circuito si rafforza. Diversamente, se le sinapsi non sono utili, si indeboliscono e di conseguenza, vengono eliminate. Parlare di “partecipazione al successo” da parte di una sinapsi, non vuol dire necessariamente stabilire che l’ esperienza che la persona ha vissuto e che ha rafforzato l’interconnessione neuronale sia prettamente positiva: anzi, non poche volte, si tratta proprio di esperienza negativa, ciò spiega il concetto di trauma vissuto dalla persona. Spiegare ciò che siamo in chiave neuroscientifica vuol dire stabilire “IL BILANCIO” delle interconnessioni neuronali che abbiamo potenziato e quelle che abbiamo “potato” in virtù o meno dell’esperienza vissuta. Una volta stabilite le varie sinapsi, si può ufficialmente affermare il concetto di “Script Mentale”. Lo script mentale o copione di vita, possiamo assimilarlo come il risultato della somma delle esperienze di vita significative ed il funzionamento sinaptico in precoce età. Lo Script è dunque la rappresen-

A CURA DI

tazione degli eventi organizzati in termini spazio-temporali e causali e si costruisce sulla base dell’esperienza reale, attraverso una successione ordinata di azioni coerenti in un particolare contesto finalizzate a realizzare uno scopo, individuale o socio-culturale. La funzione principale dello script è di favorire la rappresentazione mentale delle azioni umane, ossia la comprensione di vissuti, episodi ed eventi. I bambini piccoli acquisiscono le prime conoscenze e raggiungono il mondo dei significati tramite l’esperienza diretta di situazioni contestualmente definite nell’interazione con l’adulto: ossia il bambino elabora un sistema semantico in base della propria esperienza per poi interpretare e assumere i significati culturali contenuti nei vari contesti alla luce della stessa. All’inizio lo script è un modello rappresentazionale di eventi routinari e convenzionali, tale per cui la ripetizione degli stessi, porterà il bambino a crearsi aspettative e generare inferenze sui comportamenti altrui. E’ dunque la strutturazione dei nostri script che ci porta ad effettuare costantemente il passaggio da un episodio personale e specifico ad un evento generalizzato e concettualizzato: ossia dalla memoria autobiografica, alla memoria seman-

tica: da ciò che io sono ed io faccio a ciò che gli altri sono e fanno. Nello script è contenuto sia lo schema d’azione (predicato), sia gli argomenti (i concetti di cose), persone e ruoli svolti dalle persone, sia le sequenze di azioni appropriate in uno specifico contesto. Esso include anche componenti sociali e culturali indispensabili per compiere una determinata attività. Gli script ed il sistema di interconnessione neuronale subiscono riaggiustamenti, più precisamente durante l’età adolescenziale, quando il ruolo della corteccia prefrontale ed orbitofrontale risultano essere decisivi nei processi di autovalutazione, decision making legati all’esperienza, alla capacità di prestare attenzione e programmazione dettagliata del proprio futuro. Una volta terminato il processo di aggiustamento neuronale e rivisitazione degli script mentali, avremo una finale esperienza scriptica finale, che sarà dunque quella che condizionerà il nostro modo di interpretare gli eventi in corso e di agire. L’esperienza scriptica rappresenta dunque il nostro copione sociale, dell’interazione sociale e della comunicazione, una totalità strutturata e sequenziale, una rappresentazione generale che si struttura sulla base del

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FORMAZIONE & COACHING rafforzamento precoce delle sinapsi neuronali e produce la nostra storia di vita, definendo ufficialmente chi noi siamo. Interpretare e comportarsi sulla base dei nostri script mentali, non solo è un’azione automatica, ma è anche un processo che influenza la percezione della realtà. La nostra percezione del mondo esterno ha poco a che fare con ciò che succede a conti fatti all’esterno; diversamente, ha molto a che fare con quello che succede dentro il nostro cervello. La percezione della realtà avviene attraverso i nostri sensi: i segnali ricevuti dai vari dati sensoriali vengono paragonati a determinati schemi ricorrenti che gli permettono di elaborare l’ipotesi migliore su ciò che è fuori e che ci circonda. Definire quindi, chi siamo, come pensiamo, come interpretiamo gli eventi e come agiamo sugli stessi, equivale ad affermare che io sono la “somma” dei miei ricordi e dei miei script. In questo processo, il circuito in gioco è il nostro circuito mnestico che raccoglie tutti i nostri giorni, tutti i nostri cambiamenti, percettibili ed impercettibili. La memoria, per tanto non è soltanto un complesso processo di immagazzinamento, ritenzione e recupero di informazioni, che richiede una attiva rielaborazione dei contenuti piuttosto che una passiva ricezione di essi. La memoria ha una funzione di estrema importanza per noi esseri umani, poiché rappresenta il contenitore di tutta la nostra vita e quindi è sede della nostra identità, strettamente interconnessa alla memoria, l’amigdala, è sede delle emozioni, circuito neuronale che ci permette di riflettere sugli eventi con i quali ci imbattiamo ogni giorno ma anche riflettere sulle nostre precedenti esperienze e permetterci di sperimentare quei sentimenti e quelle emozioni

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che noi comunemente chiamiamo “ nostalgia”, “tristezza”, “gioia” legate ed eventi o al ricordo di un evento. Capire concretamente questo funzionamento sinaptico è facile se pensiamo ad esempio ad un “evento convenzionale”, realmente avvenuto nella nostra vita quasi per ognuno. Forse non tutti, ma la maggior parte di noi, può ricordare la prima volta che siamo andati in bicicletta. Molto probabilmente è stato un nostro genitore o parente che ci ha insegnato a pedalare restando mano a mano in equilibrio su due ruote. Se proviamo ad elaborare questo ricordo, notiamo l’emergere in noi di una emozione, scaturita per l’appunto dal ricordo rievocato (positiva – negativa). Di qui, la stretta connessione sinaptica dei circuiti neuronali, che costituisce il ricordo, l’emozione legata al ricordo e dunque la nostra storia. Dal punto di vista psicologico, a rafforzare i nostri scritp, sono sicuramente i sistemi motivazionali, ed in particolare quello dell’attaccamento, non solo organizzano il comportamento interpersonale e l’esperienza emozionale, ma organizzano anche la rappresentazione mentale di sé e degli altri. Le memorie di precedenti attivazioni dei sistemi motivazionali e dei loro risultati influenzano le successive modalità di funzionamento dello stesso sistema motivazionale. Il bambino in fase di sviluppo costruisce nella propria mente modelli di se stesso e degli altri, basati sulla ripetizione delle esperienze vissute con la figura di riferimento più importante. Queste rappresentazioni delle interazioni, specialmente quelle emotive, una volta generalizzate, rese estese a tutte le relazioni, formano modelli mentali stabili su cui il bambino basa le sue previsioni relative al comportamento altrui e quindi il suo comporta-

mento sociale. La relazione di attaccamento costituisce perciò la matrice su cui si forma la rappresentazione mentale di se stesso e degli altri. Questi modelli rappresentazionali, definiti modelli operativi interni, diventano ben presto inconsapevoli - automatizzati e tendono ad essere stabili nel tempo, difficilmente modificabili. La capacità di anticipare gli eventi, propria dei modelli operativi interni originati sulla base dell’attaccamento strutturato con la propria figura di riferimento è tale da influenzare fortemente le successive relazioni affettive, che, in un modo o nell’altro tenderanno a ripetere la primitiva relazione tra il piccolo e la figura di attaccamento. Il soggetto si è costruito uno schema mentale (per lo più inconscio) di come è l’altro e di come lo tratterà e finisce facilmente per selezionare proprio le persone che hanno quelle caratteristiche; il suo comportamento sarà complementare e finirà per rinforzare quello dell’altro, in una totale coazione a ripetere il processo. In conclusione, nella nostra memoria è contenuta la nostra identità personale, della quale siamo largamente consapevoli grazie alla coscienza della nostra storia personale. Allo stesso tempo però, non è possibile porre freno alla attivazione automatica dei nostri script mentali e dei nostri modelli operativi interni, dei quali non sempre siamo consapevoli e coscienti; testimonianza questa, di una notevole componente neuronale che si plasma, si struttura e si consolida nel corso degli anni in risposta alle esperienze precoci vissute e che determinerà in modo massiccio le azioni ed i comportamenti dell’uomo.


FORMAZIONE & COACHING

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u sei un Campione!! Fai in modo di non dimenticare mai che sei nato per vincere. Dentro di te ci sono tutte le risorse di cui hai bisogno per poter vincere e quindi diventare un Campione in qualsiasi campo tu voglia. Bisogna tirarle fuori!! Non c’è motivo per cui non debba riuscire a motivarti come mai prima d’ora e a raggiungere dei risultati incredibili, straordinari, addirittura scandalosi!! Diventare motivati può implicare aspetti differenti per i diversi tipi di persone: ti descriverò che cosa significhi per me. Ma è meglio che cambi sin d’ora l’immagine che hai di te stesso. Non puoi più considerarti la stessa persona di prima: non te lo permetterò!! E non azzardarti a pensare che ti stia dicendo solo un cumulo di sciocchezze, solo perché sono “sopra le righe” e uso toni a cui certo non sei abituato. Come ho già detto, non sono una persona del tutto “normale”. La motivazione di cui ti sto parlando è quel tipo di fuoco che in modo lento e costante brucia per sempre. È il fuoco dentro di te che infiamma le tue passioni. Quando sei veramente motivato, le persone intorno a te possono solamente liquefarsi o

A CURA DI

infiammarsi!! E ricordati di una cosa: ciò che dai ti ritorna indietro. Quando ti metterai in azione con passione, trasmetterai un po’ del tuo fuoco a tutti quelli che incontrerai e a quelli che conosci e loro ti restituiranno questa energia, aumentata diecimila volte: te lo prometto!! Per imparare qualsiasi cosa, devi in primo luogo avere la volontà di apprendere. Perché? Perché la mente è come un paracadute: non si metterà in funzione, finché non sarà aperto! ! Le cose che ti racconterò per me hanno funzionato. Funzioneranno anche per te? Onestamente, non lo so. Ma so bene che il miglior modo di apprendere è essere bene aperti: cerca di fare delle prove come se avessi a che fare con un abito e, se risulterà idoneo, adottale. Se non puoi utilizzare ciò che impari qui, se non risulta a te conveniente, buttalo via e riutilizza ciò che sapevi da prima. Non ci sarà stato nulla di male. Siamo più simili che diversi, tu e io, e voglio condividere con te ciò che mi ha aiutato a migliorare la qualità della mia vita. Ho scoperto che la qualità della mia vita dipende dal mio modo di comunicare. Apprezzo molto poter stare con persone che hanno in comune la filosofia del

miglioramento costante e senza fine, che ho appreso da Anthony Robbins. Sono felice di ascoltare altri punti di vista, ma in realtà imparo da quelli che hanno sperimentato ciò che raccontano. Partiamo da questa domanda: che cosa ti rende felice? E’ il tempo, lo stipendio, il governo, la politica, il fatto che qualcuno ti ami oppure no, la tua relazione, la mamma, tuo padre, l’economia, i vicini di casa? Che cosa ti rende veramente felice? Ogni giorno sento gente che adduce qualsiasi tipo di scusa per spiegare perché le cose non vanno troppo bene, che non guadagnano abbastanza, che non sono capite dalle persone che frequentano. Ma per me non vale. Non mi metterò a giocare al gioco delle giustificazioni. Ci sono scuse che spiegano il motivo del tuo fallimento, e motivi che spiegano il tuo successo. Niente nella vita possiede un significato, a parte quello che dai tu stesso. Hai la responsabilità del tempo che trascorri in questo mondo, e... non è ciò che ti è accaduto in passato a fare la differenza, è ciò che farai da oggi in poi. Non puoi modificare quello che è successo cinque minuti fa. Puoi solo considerare il presente e iniziare a costruire un domani più luminoso, migliore e più grande.

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FORMAZIONE & COACHING Questa è la formula basilare del successo: conosci i tuoi risultati!! Stai cercando di portarli a termine? La maggior parte delle persone sa ciò che non vuole e si concentra su quello. Il punto è che, se ti concentri su quello che non vuoi, questo è precisamente ciò che otterrai. Inizia ad individuare quello che vuoi veramente. La vita sembra volerci mettere alla prova, ed ecco una parola che ti farà ottenere il massimo dei voti in tutte le prove della vita: la parola è Fede. Padroneggiati. Abbi fiducia in ciò che stai per compiere e controllati in modo da migliorare giorno per giorno. Perfezionati ogni giorno. Migliora. Migliora. Migliora. Non tantissimo solo un po’. Ci sono persone che guadagnano 10 mila euro all’anno e persone che fanno la stessa identica cosa, nello stesso momento, che ne guadagnano 100 mila. Qual è la differenza? Quello che guadagna dieci volte di più fa le cose dieci volte meglio veramente? Dieci volte più brillantemente? Dieci volte più appassionatamente… più abilmente… con più motivazione? In nessun modo!! Tutto ciò che devi fare è migliorare un pochino ogni giorno. Ci vuole solamente questo. Veramente!! Se riesci a perfezionarti solo di un terzo dell’ 1% ogni giorno, in un anno sarai migliore del 100% rispetto a quando hai incominciato. Pensaci è il doppio della bravura che hai ora. E cosa accadrà in cinque anni? Pensaci. Smetti di essere un dilettante. Non raggiungerai mai i tuoi obiettivi se sei un dilettante. Non porterai mai a termine nulla se sei un dilettante. E la maggior parte delle persone lo sono. La gente dice: “Forse riuscirò a farlo in sei mesi…”. E sai una cosa? Io li definisco “rumore senza suono”. Un’altra frase che la gente dice: ”Ci proverò”. Anche questo è un rumore senza suono. Devi trovare un sentimento di urgenza

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riguardo la tua vita e il tuo lavoro. Le persone che vincono non fanno tentativi. Le persone che vincono agiscono. Si mettono in moto!! E lo fanno!! Ora, leggimi con molta attenzione perché voglio spiegarti perché spesso la gran parte delle persone vive un’esistenza da dilettante e non da Campione. Ti è mai capitato, nonostante la grande crescita avuta grazie al lavoro su di te, di vivere momenti di profonda confusione e incertezza che ti hanno bloccato e non ti hanno permesso di proseguire il tuo cammino verso la vita che vuoi e che meriti? Oppure di ritornare a provare le stesse sensazioni ed emozioni che provavi una volta e che non ti permettevano di godere la vita e di godere il momento? Sensazioni ed emozioni... • di frustrazione, per i risultati che ancora non riesci ad ottenere come vorresti; • di preoccupazione per il tuo futuro e per quello delle persone che ami; • di insicurezza sulle tue capacità e sulle tue possibilità di farcela a realizzare ciò che vuoi; • di sentirti particolarmente stressato, distratto e di avere poca concentrazione sulle tue attività quotidiane; • di rabbia nei confronti di te stesso o di qualcuno che ti è vicino. Bene, premesso che è del tutto fisiologico cadere in questi stati, non lo è rimanerci e permettere loro di bloccarti completamente durante il tuo percorso di vita. Quando questo accade vuol dire che ti sei disconnesso dall’Amore e sei ritornato nella Paura. Il perdurare, nella tua vita, degli stati

negativi è solo conseguenza di un processo interiore avviato dalle tue Paure più profonde. La Paura agisce in silenzio iniziando a scoraggiarti su ciò che stai realizzando, attivando un dialogo interiore di conflitto con le tue parti migliori, puntandoti l’indice su ogni cosa che fai e su ogni cosa che non riesci a fare, consolidando, dentro di te, l’idea che Tu non sei, che Tu non puoi, che Tu non hai. Tutto questo inevitabilmente ti porta ad ottenere risultati negativi che a loro volta avallano e consolidano tutto il processo in atto e se non si interviene in tempo, arriva a modificare la percezione che hai di te. Qui, diventa un vero problema perché la tua vita inizia a prendere una direzione completamente differente da quella che tu vuoi e che tu meriti iniziando a colpire anche il tuo corpo con dolori e disagi che fino a qualche tempo prima non avevi e che andando avanti possono trasformarsi in malattie più gravi!! Ora, tu sai cosa vuol dire tutto questo? Io sono convinto che tu stia dando il tuo massimo a te stesso e al tuo progetto di vita, ed è per questo che voglio garantirti la possibilità di anticipare tutto ciò che potrebbe accaderti quando meno te lo aspetti. Ho studiato e realizzato per Te un appuntamento formativo esclusivo e straordinario di due giorni, dove con il primo ti prepari e diventi consapevole di ciò che vuoi veramente e su che cosa devi lavorare, e con il secondo intervieni profondamente dentro di te a tutti i livelli per permetterti di sganciarti dalle tue paure e ritornare ad essere connesso con l’Amore incondizionato che è presente in te. Questa strategia l’ho studiata e realizzata proprio per garantirti di non corre-


FORMAZIONE & COACHING re il rischio di cadere in questo processo del tutto inconsapevole. Voglio permetterti di consolidare la tua connessione all’Amore Incondizionato attraverso il tuo Cuore Munay (Munay è il cuore del cuore), la tua parte più autentica e più profonda, uscendo fuori completamente da tutte quelle paure che potrebbero, con il tempo, bloccarti, se non lo hanno fatto già adesso!! Questo è l’evento formativo che terrò nei prossimi mesi, e voglio che tu prenda seriamente in considerazione l’idea di poter essere tra i partecipanti. DAY FOR LIFE Ri-connessione all’Amore A chi si rivolge? A Te che stai affrontando un problema, una sfida importante, una fase di cambiamento o che ti senti bloccato e non riesci ad ottenere ciò che desideri!! Anche a te che vuoi accedere ad un livello di vita superiore!! Cosa percepisci che sta succedendo? Che stai perdendo energia vitale, fiducia, coraggio e determinazione, perché stai lottando con ciò che sta accadendo!! Come stai affrontando il problema? Molto probabilmente stai facendo finta di niente, oppure stai prendendo troppo superficialmente la cosa, magari aspettando che si risolva da sola, rendendo così più grave la situazione!! Che soluzione esclusiva ti offro? Diventare consapevole di ciò che realmente sta accadendo aumentando, di conseguenza, la tua concentrazione, il tuo focus, la tua energia, la tua forza vitale e sviluppare capacità e abilità specifiche che ti portano spontaneamente verso la soluzione immediata attraver-

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so l’utilizzo di strumenti efficaci!! In che modo specifico puoi farlo? Con un giorno di lavoro profondo attraverso un allenamento, affiancamento, supporto personale e professionale di gruppo e individuale che ti permette non solo di risolvere la tua situazione, ma soprattutto di riprendere in mano la tua vita!!!! Quali vantaggi avrai? Ritorni con effetto immediato in uno stato di potere, di fiducia, di azione massiccia, superando tutto ciò che ti sta ostacolando in questo momento ed iniziando ad ottenere risultati entusiasmanti sia nella vita privata che professionale!!! Lavorerai per… • prendere maggiore consapevolezza del processo attivato dalla paura; • acquisire strategie per riconoscerlo e strategie per disattivarlo; • imparare ad utilizzare l’energia dell’Amore; • scoprire il Cuore Munay per connettersi all’Amore Incondizionato; • esercitare il Potere di Scelta Consapevole; • conoscere e gestire il proprio stato d’animo; • consapevolizzare e utilizzare il ciclo energetico della vita; • sciogliere i blocchi emozionali; • rafforzare il tuo sistema immunitario; • portare te stesso in uno stato di picco emozionale, mentale e fisico che genera coraggio e determinazione; • aumentare la fiducia in te stesso, liberandoti di paure e credenze che ti hanno limitato fino ad oggi; • individuare cosa realmente desideri dalla tua vita e come vivere ogni giorno con passione;

• instaurare relazioni sociali ed affettive soddisfacenti e appaganti; • modellare su te stesso le strategie di coloro che hanno già raggiunto il successo per produrre un miglioramento istantaneo e sostanziale nella tua vita; • ridurre lo stress e tutte le emozioni negative che ti sottraggono energia vitale; • costruire una carriera brillante ed appagante, conciliando in modo ottimale lavoro e vita privata. Con il Day for Life lavori in aula con la metodologia full immersion dalle 8.30 alle 21.30 per consentirti di avere un coinvolgimento totale, indispensabile per creare cambiamenti efficaci nella tua vita e per ottenere il massimo risultato dalla giornata stessa. Essendo una giornata di formazione avanzata all’interno della quale interiorizzi concetti e strategie per evolverti profondamente e in tempi rapidi è indispensabile avere a supporto un lavoro di preparazione che avviene durante la prima mattinata della giornata attraverso una sessione di coaching di gruppo con i miei Munay Life Coaches. La vita è veramente troppo corta e non puoi permetterti di viverla a metà. Offri a te stesso quest’opportunità per rafforzare il tuo corpo e la tua mente, riequilibrare le tue emozioni e liberare una volta per tutte il tuo Spirito. Ricorda, è nel momento delle decisioni che plasmi il tuo destino. Io ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato e, qualsiasi cosa tu decida, ti auguro un successo duraturo, gioia, amore e serenità. Con amore infinito. Ti aspetto.

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FORMAZIONE & COACHING

COME SCEGLIERE

NEL MERCATO DELLA FORMAZIONE Il team di Evolution Forum

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l tema della formazione assume un peso sempre maggiore per professionisti ed imprese.

Più il mercato diventa compresso e competitivo più si amplia la gamma delle competenze necessarie per non essere tagliati fuori. Spesso non muta la tipologia di competenza richiesta, ma la sua forma di espressione o le capacità di adattamento. La qualità di quello che si conosce e la capacità di massimizzarne il valore per gli altri, fanno la differenza.

ficare titoli e certificazioni, ecco che il quadro è assai astratto e di difficile lettura. Scegliere, quindi, come orientare i propri investimenti formativi e cercare di prevederne il ritorno è un nodo che spesso blocca le iniziative e magari conduce a scelte di urgenza. Immobilismo e investimenti senza ritorno sono errori che presentano conti salti nel medio termine.

Il mantenimento dei rapporti lavorativi e della loro migliore qualità nel tempo è regolato dallo sviluppo di altre capacità: • marketing e personal brand • manutenzione delle relazioni • engagement

Proviamo quindi a fare chiarezza. Elementi per valutare un operatore sono: • storicità dell’operatore • quantità, qualità e verificabilità delle referenze (annoverare grandi brand sul sito non significa necessariamente ne essere stato realmente un fornitore ne tantomeno di aver soddisfatto le attese) • disponibilità ad investire in una analisi dei fabbisogni e alla presentazione di un piano formativo strutturato (necessità, obiettivi, strumenti, budget e risultati attesi) • optare per gli specialisti

Di conseguenza l’offerta formativa si è adeguata ai trend. Si è moltiplicata e diversificata in modo esponenziale. Se poi consideriamo la bassa barriere di ingresso a questo mercato da parte degli operatori e la difficoltà di veri-

Selezionati gli operatori, il miglior risultato si ottiene mixando gli strumenti proposti. La formazione non è una fede! Proprio per questo suggeriamo di valutare l’alternanza tra percorsi oriz-

Ecco perché la crescita professionale è sempre più sostenuta dallo sviluppo di capacità più personali: • capacità negoziali • team building • motivazione

zontali classici ed esperienza formative che periodicamente forzino gli schemi mentali e le abitudini. La partecipazione, ad esempio, a grandi eventi consente di spostare il proprio parametro di apprendimento. La presenza di personalità molto impattanti, l’ambiente coinvolgente, il confronto con pari provenienti da altre aziende ed esperienze, la concentrazione di molti stimoli in poco tempo (full immersion) e le sollecitazioni fisiche, migliorano la capacità di apprendimento e di valutazione al ritorno in percorsi più classici di formazione. La routine, infatti, consuma il valore del lavoro costante, sono sempre opportuni deli innalzamenti dei picchi di attenzione. Abramo Lincoln «Se avessi a disposizione otto ore per abbattere un albero, ne passerei sei ad affilare l’ascia». Per essere pronti ad intraprendere un percorso di evoluzione e miglioramento, la saggezza ci suggerisce di: • dedicarci ad una analisi dei fabbisogni evidenti e latenti formativi affiancati da un professionista • raccogliere una gamma di offerte personalizzate • selezionare almeno due prodotti che garantiscano continuità e stimoli apicali

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FORMAZIONE & COACHING

EVOLUTION FORUM:

DA TUTTO IL PAESE PER LA CULTURA DELLA FORMAZIONE

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ià da qualche tempo in un piccolo borgo della Romagna accade qualcosa di veramente particolare. Capita che un giorno all’anno arrivino persone un po’ da tutta Italia. Circa 1.600. Capita che tutte queste persona siano accomunate da una caratteristica: la voglia di migliorarsi.

un’enorme quantità di lavoro, di averlo fatto con costanza e soprattutto di averlo fatto con un senso di continua ispirazione e fiducia.

Cosa accade in quel giorno ed in quel luogo per attirare tutte queste persone?

Da dove scaturisce il senso di fiducia nei propri mezzi e nei propri progetti? E soprattutto come si mantiene un livello di ispirazione e quindi di motivazione sempre alto?

Facciamo un passo indietro, arriviamo ad una sera di qualche anno fa. Una sera in cui alcuni amici si fermano a ragionare sui loro percorsi lavorativi e personali fatti fino a quel momento. Sono tutti imprenditori di successo. Hanno creato dal nulla le loro imprese. Nessuna eredità familiare, nessun finanziatore e nessuna raccomandazione. Ognuno di loro ha fatto un percorso puntando sui valori più sentiti, sulle capacità con cui erano più confidenti. Si rendono conto di aver macinato

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Perché di brutte giornate ce ne sono state tante, notti insonni e ansie. Momenti in cui tutto sembrava perduto. L’ispirazione per andare vanti e crederci sempre non è mai diminuita.

La costante, in tutte le storie di questi imprenditori, è la formazione, su sè stessi e per tutti collaboratori. La formazione come asset aziendale al pari degli asset strutturali. La formazione come crescita personale e professionale, come miglioramento ed affinamento delle capacità, come continua esplorazione di possibilità. Soprattutto formazione alla motivazione. Un elemento di cui in Italia se ne parla senza una precisa cognizione

di causa. Una materia di cui si rubano frammenti dalla cultura made in USA e si traducono alla ‘meno peggio’ senza tener conto delle peculiarità che caratterizzano le persone delle nostre imprese. Questa è stata la prima consapevolezza, la seconda è di come sia difficile per il tessuto imprenditoriale italiano coglier l’importanza di un asset come quello formativo ed ancor di più per la cultura della motivazione. Il 90% delle aziende italiane è micro, piccola o media. In questa fascia di aziende immerse quotidianamente nelle problematiche più pratiche è difficile rendersi conto del fabbisogno formativo. Riuscire ad intravedere la ricaduta positiva sull’azienda della crescita delle persone non è sempre possibile. Accade, però, che la sicurezza della routine lavorativa erode l’impalcatura motivazionale nel tempo. Quando non si fa una continua manutenzione. Di fronte alle difficoltà il senso di smarrimento impedisce anche di fare appello al primordiale senso di fiducia che


FORMAZIONE & COACHING aveva ispirato aziende e professionisti all’inizio delle loro attività. E’ una questione forse culturale, ma ancor di più è un ambito che richiede attenzione e le aziende sono sempre in penuria di tempo che non sia dedicato a progettazione, produzione e vendita. Gli imprenditori della nostra storia, allora, concordano sul fatto che sia necessaria una importante azione di sensibilizzazione ai temi della formazione. Nasce Evolution Forum la cui mission è proprio di quella di fare cultura sulla formazione; “L’IMPRESA DI ESSERE UMANI” è la vision con la quale si ripromette di stimolare il focus sulle persone. Evolution guarda ai grandi nomi degli Stati Uniti, decide subito di diventare partner organizzativo per l’appuntamento italiano di Anthony Robbins, il migliore formatore al mondo e poi del Philip Kotler Marketing Forum il più importante evento sul marketing in Europa Da questa esperienza Evolution Forum, trae un insegnamento: per sensibilizzare alla formazione bisogna ispirare e coinvolgere. Viene creato un format che si chiamerà Networking Day. Una giornata di ispirazione, formazione e incontro. Più di preciso il progetto è quello di selezionare grandi personalità dagli ambiti più diversi. Sport, cultura, economia, spettacolo, impresa. I protagonisti con storie ispiranti. I parallelismi tra mondi differenti che si influenzano uno con l’altro alla ricerca informazione da riportate nel proprio campo.

Quello che si vuole portare sul palco sono le storie esemplari. Le imprese di quelli che “nonostante tutto ce l’hanno fatta” Lasciarsi raccontare il come e soprattutto cogliere gli aspetti della mentalità e degli schemi di pensiero che li hanno condotti ad essere un esempio. Durante la ricerca di un location, avviene un grande incontro. Quello con la comunità di San Patrigano, la più grande comunità di recupero dalle tossicodipendenze di Europa. Un luogo di continue rinascite, un laboratorio in continua evoluzione per permettere ad esseri annientati di risorgere a nuova vita. Una comunità che per necessità terapeutiche è poco permeabile agli innesti di realtà esterne. Il racconto del format Networking Day affascina subito i responsabili della comunità. L’idea è molto forte. Si trascorre una giornata di formazione ed ispirazione ascoltando gli interventi di grandi relatori e lo si fa in un luogo che di per sé induce riflessioni e adeguamenti di parametri nella lettura della propria di vita. Si incontrano altre 1.599 persone con la stesso obiettivo e con la voglia di confrontarsi. Si ascoltano le storie dei 1.200 ragazzi ospiti della comunità. I temi trattati sono quelli di grande riflessione: la gestione dell’errore e del fallimento nella vita, lo sviluppo della resilienza, i modi differenti per guardare ad un potenziale ostacolo. Il Networkig Day viene definito da chi partecipa: un laboratorio di forme di

pensiero. Ogni anno giungono imprenditori, manager e liberi professionisti da tutta Italia per prendere parte a quello che è divenuto un appuntamento imperdibile. Intere aziende, dalla prima receptionista all’amministratore delegato. Un accanto agli altri per condividere il momento di crescita ed essere in accordo sui valori guida. Molti riferiscono come al ritorno in azienda dopo la partecipazione al Networking Day ci sia un clima migliore, una maggiore focalizzazione e dinamiche lavorative più fluide. I “problemi” sono vissuti come in ottica di possibile superamento e non come blocchi insormontabili. Ascoltare uomini comuni che hanno fatto delle imprese straordinarie nei loro campi, impone una revisione dei propri parametri. Nelle ultime edizioni nomi come Alessandro Squarzi, Ernesto Preatoni, Pierlugi Collina, Enzo Iacchetti, Paolo Crepet e Julio Velasco. Il 12 novembre il protagonista sarà Alex Zanardi, un “super umano” come lo hanno definito. Una rarissima occasione di ascoltarlo dal vivo. Di poter apprendere direttamente da lui e dal suo affascinante racconto come è potuto riuscire a compire le sue imprese straordinarie partendo da una devastante tragedia. Quel giorno sarà l’opportunità per fissare nella mente tua e dei tuoi collaboratori un nuovo standard.

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IL VALORE DEL PATRIMONIO INTANGIBILE PERSONALE di Mario Becchetti - Management Academy Sida Group Area Marketing e Comunicazione

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i può definire per le persone un concetto di valore intangibile simile a quello delle imprese? Si, è possibile ma anche necessario: rappresenta l’autentico fattore distintivo delle persone nei contesti professionali ma anche personali. Per capire di cosa si parli bisogna riflettere su alcune tendenze evolutive delle strategie aziendali. La crescente turbolente complessità dello scenario competitivo è la variabile con cui le imprese devono convivere, adeguando i propri comportamenti strategici al fine di conservare una duratura capacità di creare valore. L’evoluzione dei modelli di strategic management si è concentrata anche sul concetto di valore da alimentare: accanto a quello tipico, tangibile, rappresentato e certificato nel bilancio formale di esercizio, sempre più ha acquisito importanza la definizione e misurazione del valore intangibile d’impresa. E’ il cosiddetto “capitale intellettuale”, alimentato da tre forme di capitali di cui l’impresa, dispone o dovrebbe disporre: capitale umano, organizzativo e relazionale.

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CAPITALE UMANO

favore di tutti, in ogni area funzionale aziendale, il saper fare contestuale sedimentato nel tempo nello svolgimento delle VALORE molteplici attività d’impresa INTANGIBILE (capitale organizzativo); D’IMPRESA • infine, l’offerta di valore aziendale trova il suo riCAPITALE CAPITALE scontro di mercato attraverso RELAZIONALE ORGANIZZATIVO la capacità di relazione, con i clienti e l’intero sistema degli Figura stakeholders, in ci la componente Il valore intangibile d’impresa. più importante è sicuramente rappresentato dal valore del brand Nei nuovi contesti competitivi questi (capitale relazionale). tre intangible assets contribuiscono In sintesi, per affrontare la complessità in misur sempre maggiore definire la dei nuovi contesti competitivi, nei filocapacità di sviluppare e consolidare ni di studio di strategic management, vantaggi competitivi distintivi di dif- così come nei comportamenti operaferenziazione. tivi delle imprese, da tempo si pone Analizziamo il perché: sempre più attenzione alle strategie • insieme all’offerta di prodotto è la di sviluppo e misurazione del valore qualità del patrimonio di compe- intangibile aziendale, accanto a quello tenze del dei dipendenti e collabo- ordinario e tangibile espresso nel biratori a costituire la base dei suc- lancio ordinario di esercizio. cessi aziendali (capitale umano); E le persone? Se ci pensiamo bene an• è sempre più importante svilup- che gli individui debbono affrontare pare anche un’organizzazione che un incremento di complessità e turapprende in modo diffuso (lear- bolenza del proprio ambiente di rifening organization) attraverso mo- rimento. delli operativi efficaci ed efficienti, La globalizzazione e la digital trasforcapaci di esplicitare e diffondere a mation offrono grandi opportunità,


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ma altrettante minacce. Un esempio per tutti: l’avanzata dell’intelligenza artificiale che rischia di sostituire entro breve milioni di posti di lavoro standardizzati, basati su competenze di routine e non specialistiche. Aumentano ovunque incertezza e variabilità, indeterminatezza e varietà. Questo avviene non solo nel campo professionale, ma anche in quello personale. Vengono meno, infatti, molte certezze del passato: la sicurezza del posto di lavoro, ma anche quelle, ad esempio, della pensione, dell’assistenza sanitaria, della possibilità di comprarsi la casa, delle ideologie che orientavano. Da qui nasce anche un grande vuoto, un senso di vertigine studiato anche da sociologi e filosofi. Non a caso Bauman parla di società liquida. Per tutto ciò nella società liquida, glo-

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bale e digitale diviene fondamentale sviluppare un progetto di orientamento e valore personale: è un modello di crescita e leadership personale che, a mio parere, può prendere spunto dai comportamenti strategici delle imprese. Perché di fatto le persone e le imprese, seppur con angolature differenti, debbono affrontare il medesimo fenomeno: l’incremento dei livelli di complessità del proprio ambiente di riferimento, spinto soprattutto dai processi di globalizzazione, digital trasformation liquidità sociale. Come le imprese, anche le persone debbono dare continuità alla propria capacità di creare valore, spesso basata su conoscenze che rischiano di divenire presto obsolete nei nuovi contesti competitivi e lavorativi. In questo orizzonte, la base delle co-

noscenza scolastiche tradizionali non bastano più: servono anche saperi comportamentali, di natura emotiva, creativa e relazionale. Come per le imprese, dunque, anche le persone, a partire dai più giovani, sono chiamati ad accrescere il valore del proprio capitale intangibile, definito da tre particolari forme di saperi emotivi e creativi: saper essere; saper fare; saper relazionarsi. E’ evidente la similitudine con il modello del valore intangibile aziendale: ogni individuo dovrebbe sviluppare questo patrimonio intangibile personale, che rappresenta l’autentico fattore distintivo per creare valore nella nuova società liquida, globale e digitale che tutti, soprattutto i più giovani, siamo chiamati ad affrontare.

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IL MANAGEMENT: LA FORMAZIONE COME CHIAVE STRATEGICA ALLO SVILUPPO di Luca Masieri - Management Academy Sida Group Area Formazione

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viluppare una nuova cultura manageriale e imprenditoriale capace di valorizzare quello che la nostra “genialità”, il nostro essere “italiani” rappresenta nel mondo” (Vladimir Nanut, presidente ASFOR) Aggiornare costantemente le competenze manageriali è oggi fondamentale nella gestione d’impresa: formazione continua per uno sviluppo del business continuo. Non dare l’adeguata importanza alla formazione di manager e collaboratori, pensando che sia sufficiente la pratica quotidiana per far acquisire tutte le competenze necessarie, è ancora oggi pratica diffusa. Uno dei motivi per cui non si da il giusto peso alla formazione in azienda è il costo che questa rappresenta sia in termini di investimento reali che in termini di tempo di “mancato lavoro”, in quanto destinato appunto alla formazione. Ulteriori ostacoli all’utilizzo della formazione manageriale per il rapido sviluppo dell’impresa sono, da un lato, la non conoscenza da parte dell’imprenditore della connessione diretta tra formazione e aumento della produttività e, dall’altro, la paura “inconscia” dell’imprenditore di perdere risorse sulle quali si è investito in formazione. Al di là degli ostacoli “culturali” sopracitati, è ormai appurato che la formazione è necessaria per generare nuovo

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valore economico e rafforzarsi in una dimensione più ampia e solida; per consolidare le competenze dei responsabili aziendali; per sviluppare le professionalità delle nuove generazioni; per operare con determinazione ed efficacia nei diversi ambiti organizzativi e produttivi in un mercato del lavoro sempre più competitivo ed esigente. Da un’indagine svolta dall’Isfol, per analizzare l’impatto della formazione sull’incremento della produttività aziendale è emerso che 2 ore addizionali di formazione nell’arco di un anno solare corrispondono ad un incremento del prodotto procapite dell’1%. Questo suggerirebbe un più intenso investimento nell’attività formativa, in quanto è evidente che il costo della formazione per lavoratore è nettamente inferiore al valore dell’incremento della produzione. Inoltre, a vantaggio della formazione aziendale, oggi troviamo diverse opportunità di finanziamento pubblico e tra le principali: FSE - Fondo Sociale Europeo, costituito da risorse comunitarie a cui attingono tutti i paesi membri dell’Unione Europea per finanziare le attività ritenute in grado di realizzare gli obiettivi tematici in base a priorità che le Regioni poi adeguano rispetto al contesto di riferimento FONDI INTERPROFESSIONALI, organismi di natura associativa promos-

si dalle organizzazioni di rappresentanza delle Parti Sociali attraverso specifici Accordi Interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale Sono molte le società che erogano master e corsi, quindi l’offerta formativa è molto ampia: dai corsi comportamentali, come quelli in tema di comunicazione o di problem solving strategico, di miglioramento della capacità decisionale, di rafforzamento delle capacità relazionali o di organizzazione efficace del tempo, a quelli più strettamente legati alle mansioni svolte quali ad esempio quelli di contabilità e bilancio, finanza, marketing, vendite ecc. Da non sottovalutare anche a quanto indicato dalle 50 migliori aziende al mondo (classifica del magazine Fortune) le quali dichiarano che oggi stanno già “formando” i propri manager del futuro, preparandoli al mercato del prossimo decennio. Infatti, secondo l’ 80% di queste importanti aziende, la prossima generazione di top manager arriverà dall’interno dell’azienda e non da inserimenti esterni. Questa visione presuppone la continuità delle persone attraverso strategie di “ritenzione” dei talenti (futuri leader) e costante aggiornamento “culturale” degli stessi affinché stiano al passo con un mondo del business in rapida evoluzione.


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IL FUTURO DELLA FORMAZIONE:

IL RUOLO DELLA FILIERA FORMATIVA EDUCATIVA E SUA CENTRALITA’ di Mario Becchetti - Management Academy Sida Group Area Marketing e Comunicazione

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iamo abituati ad imparare dal passato. Nella nuova società liquida globale e digitale dobbiamo invece imparare dal futuro e dalle sue trasformazioni. Solo in questo modo si potranno capire le reali esigenze da cui partire per progettare un’offerta formativa realmente utile ed efficace, perché capace di offrire i saperi e le conoscenze per governare il cambiamento del futuro. Per far ciò dobbiamo acquisire consapevolezza soprattutto di due fenomeni in corso, per comprenderne gli effetti in termini di esigenze di riorientamento dei sistemi educativi e formativi: • il salto di paradigma della 4° rivoluzione industriale; • il profondo skills-gap esistente. La profondità e la velocità delle innovazioni della 4° rivoluzione industriale non hanno precedenti nella storia. I loro effetti sono solo iniziati e, come si usa dire, sono e saranno sempre più “desruptive”, ossia capaci di sviluppare processi di distruzione creativa che ricalcano processi shumpeteriani ma con una intensità senza precedenti. Riflettiamoci: sono passati solo 25 anni dalla comparsa di internet. Ep-

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pure nulla è più come prima del suo avvento. La digitalizzazione si diffonde in ogni settore. Nell’economia, nelle istituzioni, nella società come nella nostra vita personale, ad esempio attraverso il mondo dei social networks. Ma la digital trasformation accelererà sempre di più, attraverso un salto di paradigma senza precedenti: niene sarà più come prima. Soprattutto perché se finora abbiamo assistito alla convivenza separata di un nuovo mondo digitale accanto a quello fisico, da ora in poi sperimenteremo con intensità crescente e pervasiva processi di crescente integrazione e compenetrazione tra le realtà on-line ed off-line. Lo sviluppo dell’Internet-of-Everything (IoE), dell’Intelligenza Artificiale (IA) e della Realtà Aumentata (AR) rappresentano alcuno degli esempi più significativi di questo processo. Diventano realtà nella vita quotidiana progetti e soluzioni che finora sembravano possibili solo in un futuro di fantascienza: case intelligenti, smart-city, auto che si guidano da sole, droni intelligenti, visori di realtà aumentata, robotica diffusa in ogni settore, riproduzione fedele di ogni oggetto in 3D e tanti altri.

La questione di fondo è che siamo solo all’inizio di questo salto di paradigma la cui profondità, velocità e pervasività cambia e stravolge i nostri modi tradizionali modi di pensare e relazionarsi, lavorare e formarsi. Si apre così anche una grandissima sfida, centrale per il futuro di ogni persona ma anche dell’intera comunità: il riorientamento dell’offerta tradizionale dei sistemi di educazione, istruzione e formazione per governare il cambiamento. Perché esistono saperi comportamentali, di natura emotiva, creativa e relazionale che i sistemi formativi tradizionali non insegnano, rimanendo ancorati a modelli curricultari del XX° Secolo mentre i giovani sono chiamati ad affrontare le nuove ed impegnative sfide economiche, tecnologiche e sociali del XXI° Secolo. Nel nuovo contesto della 4° rivoluzione industriale, ad esempio, i saperi tradizionali e professionali, di origine cartesiana e deterministica, non bastano più. Non sto dicendo che non servano più: semplicemente non sono più sufficienti. In un ambiente relativamente stabile, infatti, erano essenziali e prevalenti. Ma ora sempre più bisogna gestire la complessità, il cambiamento, l’inde-

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FORMAZIONE & COACHING terminatezza, la veloce obsolescenza delle conoscenze di routine, più facilmente sostituibili dai robot dell’intelligenza artificiale. Diventa fondamentale la capacità creativa di interpretazione e gestione di contesti mutevoli, relazionali e connessi tecnologicamente. E’ questo un primo skills-gap, di natura tecnologico, che i sistemi formativi sono chiamati ad affrontare. Ma ce n’è anche uno di base, sempre esistito, che ora rischia di amplificarsi a dismisura per gli effetti della 4° rivoluzione industriale: le competenze professionali, senza un corretto atteggiamento emotivo e comportamentale, sono solo un bel motore spento. Quante sono le persone brillanti nella carriere scolastica, anche all’Università, che poi naufragano nel mare della vita? Moltissime. Per quali motivi spesso avviene ciò, con grande sperpero di energie, risor-

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se e di opportunità di sviluppo a livello individuale ma anche di comunità? Perché le competenze tecnico-professionali, se non sono affiancate da un efficace atteggiamento basato su saperi comportamentali, non assicurano da sole il successo con la creazione di autentico valore nella vita lavorativa e personale degli individui. Infine, c’è un altro skills-gap, più profondo, originato dall’avvento di una società post-ideologica e liquida: nel passato i sistemi ideologici, pur con i loro difetti, assicuravano agli individui senso di appartenenza e di orientamento. Oggi e ancor più in futuro, ogni persona, a partire dai più giovani, è chiamata ad definire un proprio progetto di valore su cui basare l’organizzazione della propria esistenza. Siamo tutti più connessi, ma anche più soli perché più responsabili nel definire in autonomia un nostro percorso di valore. Non tutti ci riescono,

soprattutto perché un solido progetto di valore personale si basa proprio su quelle competenze emotiva e creative che spesso non vengono offerte dai sistemi di educazione e formazione. Queste brevi riflessioni fanno scaturire alcune semplici ed essenziali indicazioni normative. Da un lato l’education, la formazione, diviene sempre più strategica per ogni persona, a partire dai più giovani, per sviluppare, consolidare e preservare la propria capacità di creare valore nel nuovo contesto della società liquida, globale e digitale. Dall’altro, i sistemi di istruzione e formazione sono chiamati a progettare e gestire un radicale riorientamento della propria offerta formativa, per evitare di rimanere ancorati a modelli di conoscenze che rischiano di divenire obsoleti a seguito di cambiamenti in corso di natura economica, tecnologica e sociale.


FORMAZIONE & COACHING

PRODUCT E PROJECT MANAGER di Clara Camele - Management Academy Sida group Area Corporate Finance

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l Product Manager e il Project Manager sono due figure strategiche, che si differenziano per responsabilità e per obiettivi, ritenute fondamentali all’interno di ogni organizzazione aziendale. Oggi qualsiasi organizzazione, pubblica o privata, vive costantemente di progetti come linfa vitale per la sopravvivenza e la crescita. Il mondo aziendale è sempre più complesso ed estremamente dinamico, i cambiamenti dell’ambiente esterno sono rapidi e continui ed ogni azienda dev’essere in grado di adeguarsi o di anticipare i cambiamenti stessi per sopravvivere. Per essere più flessibili è necessario porre in essere un profondo cambiamento organizzativo che preveda il passaggio da un’organizzazione strutturata per funzioni, ormai obsoleta, ad una a matrice, organizzata per prodotti e progetti, che può garantire maggiore flessibilità e capacità di adattamento in risposta ai mutamenti ambientali. Il cambiamento è sinonimo di progetti in quanto abilitatori per trasformare le aspirazioni di business in azioni che producano risultati tangibili, si tratta di attività, definite straordinarie, di cambiamento e miglioramento. I progetti sono generalmente complessi per natura e necessitano di figure competenti, il cui bagaglio delle conoscenze spazi da quelle tecniche e strumentali a

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quelle comportamentali e manageriali. Attualmente queste figure, indispensabili per lo sviluppo aziendale, e quindi profondamente richieste, non sono sempre in grado di svolgere le funzioni stabilite in quanto carenti di conoscenze e competenze trasversali, necessaire al fine di supportare la proprietà nelle scelte e nelle attività da svolgere. Negli ultimi anni il Product Management si è affermato come parte nodale in azienda in rapporto ai rapidi cambiamenti del mercato che costringono le imprese a gestire un numero elevato di prodotti e di mercati di sbocco e ad operare in ambienti ipercompetitivi, caratterizzati da un’elevata variabilità e incertezza; si tratta di business complessi e, per assicurare il necessario coordinamento delle attività funzionali in rapporto agli obiettivi da raggiungere, le imprese hanno avvertito l’esigenza di introdurre nuove posizioni organizzative con ruoli di integrazione interfunzionale. Il Product management si inserisce in una struttura organizzativa a matrice in cui il manager svolge la maggior parte del suo lavoro presso le diverse unità operative e a stretto contatto con i team interfunzionali. La responsabilità principale del Product Manager è quella di integrare, secondo un unico obiettivo strategico, le diverse funzioni, massimizzando la redditività

aziendale e quindi il valore del prodotto, in sintonia con le esigenze del mercato. Nel dettaglio il Product Manager è un’importante figura di Marketing che si occupa della realizzazione e del controllo di tutte le attività inerenti il mktg in relazione ad un prodotto o una linea di prodotti, deve svolgere attività quali gestire il ciclo di vita del prodotto (Product Lyfecicle), che può avere una durata decisamente lunga, poiché coincidente con il modello di business dell’azienda stessa. Operativamente ha il compito di gestire un prodotto o un servizio, attraverso un ciclo di vita atto a migliorarlo continuamente e a restituire risultati, in termini di miglioramento della redditività, che rispondono agli obiettivi aziendali. Egli deve concentrarsi sulla definizione di tutte le attività inerenti al prodotto, è tenuto a seguire la gestione e la misurazione del prodotto, anche successivamente al suo sviluppo, al fine di garantire il rispetto degli obiettivi reddituali sopracitati. Ha una visione strategica della propria attività e il suo ruolo si basa su una approfondita conoscenza dei propri prodotti, del consumatore e del mercato, di cui è in grado di interpretarne le tendenze, attuali e di prospettiva. Il ruolo del Product manager si sviluppa sia in senso strategico sia in senso operativo: in particolare pianifica gli obiettivi, le strategie e le azioni

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necessarie a realizzare la produzione e la successiva commercializzazione di un prodotto o di una linea di prodotti, misura l’impatto delle soluzioni ideate (redditività, soddisfazione del cliente, ecc.) e apporta eventuali misure correttive. Egli ha anche il compito di pianificare il rilancio delle linee di prodotti o il lancio di nuovi, si occupa o collabora all’ideazione, alla pianificazione e all’esecuzione di campagne pubblicitarie e di promozione, si occupa della stesura di rapporti per la direzione. Il Project Manager parallelamente è il responsabile del coordinamento e dell’integrazione di tutte le attività di progetto, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi del progetto stesso. È il responsabile unico di un progetto ed ha il dovere di realizzarlo entro i tempi previsti, rispettando i costi preventivati, con il livello di prestazioni e/o di tecnologia desiderati, utilizzando le risorse assegnate in maniera efficace ed efficiente e con l’accettazione del risultato e la soddisfazione da parte dei clienti. È una figura promotrice di processi di cambiamento e miglioramento, attività quindi differenti dalle ordinarie attività aziendali. Le capacità del Project manager sono relative allo sviluppo di piani di progetto dettagliati, alla realizzazione di documentazione e alla consegna del progetto, nonché alla gestione delle risorse assegnate al progetto. Operativamente il Project Manager ha il compi-

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to di identificare i requisiti del progetto e delinearne gli obiettivi, in maniera chiara e specifica, di definire le risorse necessarie, di identificare e responsabilizzare enti e persone che concorrono alla realizzazione del progetto elaborare il piano operativo. Ha la funzione di rilevare lo stato di avanzamento, durante la esecuzione del progetto, valutare gli scostamenti e di intervenire per tempo con adeguate azioni correttive, deve garantire la comunicazione (interna ed esterna), assicurando il corretto report al committente e agli stakeholder. Per delineare al meglio il Project manager occorre definire l’oggetto della sua attività: il progetto. Un progetto è una impresa complessa, unica e di durata determinata, volta al raggiungimento di un obiettivo prefissato mediante un processo continuo di pianificazione, esecuzione e controllo di risorse differenziate e con vincoli interdipendenti di costi, tempi e qualità. Può durare poche settimane o svariati anni, ha un inizio ed una fine definiti, è organizzato per processi, produce risultati tangibili e misurabili, ha una sequenza di attività interconnesse, dei vincoli da rispettare e comporta inevitabilmente l’assunzione di rischi. Il progetto si conclude quando gli obiettivi dichiarati vengono raggiunti o quando raggiungerli diventa impossibile. In sintesi le skill che caratterizzano un Project Manager sono forti competenze di comunicazione, ottime

abilità nella gestione delle relazioni e dei rapporti interpersonali, buone doti di Leadership e di Team Building, capacità di Problem Solving, capacità di motivazione e gestione delle risorse umane, buona predisposizione alla negoziazione ed infine, certamente, buone conoscenze e abilità afferenti al General Management. In un momento come quello attuale, di profonda ridefinizione dei confini aziendali e dei mercati, le figure di Product Manager e di Project Manager sono considerate vitali per ogni organizzazione aziendale, sono indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi strategici e sono fondamentali per creare un valore e garantire un cambiamento/miglioramento che garantisca efficacia ed efficienza ai processi aziendali, rispondendo tempestivamente alle richieste della proprietà, ai fabbisogni del cliente e garantendo il costante miglioramento della redditività. Sono figure oltremodo richieste, sulle quali è però necessario investire in formazione al fine di plasmare professionisti con elevate competenze manageriali, tali da poter ricoprire ruoli apicali in azienda, in grado di supportare la direzione, di gestire le varie funzioni aziendali in autonomia, organizzando risorse umane ed economiche.

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LIKE TOURISM GUARDA ALLA MACROREGIONE. IN ARRIVO L’EDIZIONE 2016 di Letizia Ciaccafava

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er la prima volta all’Hotel Excelsior La Fonte di Portonovo la grande convention per la formazione turistica. Previsti circa 200 partecipanti tra chef, ristoratori, produttori tipici, albergatori, ristoratori, food designers e tutte quelle figure che a vario titolo circuitano nell’ambito del marketing e della comunicazione turistica.

di e strumenti tecnologici dell’attuale mercato del turismo. Alla fine di novembre, all’Hotel Excelsior La Fonte di Portonovo, si svolgerà Like Tourism, la convention tematica che affronta nuove sfide e temi differenti, in linea con l’evoluzione delle dinamiche turistiche

Torna ad Ancona la terza edizione del grande evento di formazione specializzato sull’accoglienza, per acquisire nuove competenze su processi, meto-

generali e dei bisogni legati al mondo della ricettività locale. Il tema di questa edizione: “Dalle Marche all’Europa: destinazione Macroregione”. Due

Per il 2016 si è scelto di ritornare al qui e ora, a una prospettiva ‘local’, da cui partire per ampliare poi gli orizzonti

giorni davvero intensi di formazione, informazione e confronto, workshop formativi. E ancora: key speakers prestigiosi e casi di best practices del settore. Il target di riferimento è sicuramente quella fascia interessata da operatori turistici, titolari, direttori, manager, responsabili marketing e professionisti operanti in tutto il segmento dell’ospitalità e della ricezione: chef, ristoratori, produttori tipici, albergatori, ristoratori, food designers. Ma non solo. La due giorni è di chiaro interesse anche per tutti coloro che circuitano nell’ambito del marketing e della comunicazione turistica. Insomma, un appuntamento

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FORMAZIONE & COACHING di spessore e di forte interesse per tutte quelle figure che a vario titolo orbitano nel settore. Una novità importante riguarda le tematiche affrontate, per rimanere in linea con l’evoluzione delle dinamiche turistiche generali e dei bisogni legati al mondo della ricettività locale. Così, se nel 2014 il focus era stato incentrato sull’accoglienza e nel 2015 sulle prospettive di internazionalizzazione del turismo, per il 2016 si è scelto di ritornare al qui e ora, a una prospettiva ‘local’, da cui partire per ampliare poi gli orizzonti: si ripartirà dalle Marche, dall’attenzione al territorio, per capire che direzione può e deve prendere il mercato turistico locale, quali nuove

ne. Così, i confini si dilateranno, per capire quali opportunità potranno essere offerte al turismo locale dai nuovi flussi internazionali provenienti dalle aree di cooperazione transfrontaliera; flussi in potenziale crescita, a cui fare attenzione, perché il futuro sarà sempre più

conoscenze possono essere sviluppate e come gli operatori marchigiani del settore possono guardare alle sfide del futuro. E poiché le Marche sono da sempre anima e corpo del grande progetto della Macroregione Adriatico-Ionica, verrà compiuto un importante passo proprio verso questa dimensio-

dedicata interamente alla formazione. Si aprirà con un’importante sessione plenaria sulle più attuali tematiche di approfondimento relative al mondo del turismo, a cui parteciperanno importanti relatori da tutta Italia. A seguire, durante tutto il giorno, lezioni e speech tenuti da professionisti del

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lLike Tourism strumento ideale per stimolare nuove visioni, e spingere verso la crescita di nuove forme di relazione tra le due sponde dell’Adriatico caratterizzato da connessioni profonde tra le due sponde dell’Adriatico. La prima giornata di convention sarà

settore suddivisi nelle tre grandi macroaree di riferimento: gestione e controllo, pianeta accoglienza, sales & web marketing. La seconda giornata, invece, si aprirà con una sessione plenaria mattutina, a cui seguirà il secondo ciclo di incontri e di speech di formazione. Il pomeriggio sarà interamente dedicato agli incontri b2b tra gli operatori turistici marchigiani e quelli della Macrore¬gione interessati a canalizzare nuovi flussi verso le Marche. Un approccio altamente operativo, oltre che formativo, in grado di favorire il confronto e il reciproco scambio di idee di business e di esperienze. Like Tourism quest’anno diverrà lo strumento ideale per stimolare nuove visioni, dunque, per far nascere spunti di riflessione diversi e spingere verso la crescita di nuove forme di relazione tra le due sponde dell’Adriatico. Senza dimenticare il grande successo ottenuto nei precedenti anni, con le 2.000 presenze registrate nel 2015 e con il patrocinio ottenuto da importanti istituzioni turistiche nazionali, come MIBACT, Expo Milano, Federalberghi e Touring Club, si guarda adesso al futuro, al turismo che verrà per le Marche, le cui politiche di sviluppo sono legate a doppio filo a quelle della Macroregione. Like Tourism nasce da un’idea di Marche Maraviglia, una Destination Management Company leader per l’incoming nella Regione Marche, che organizzata in forma di Consorzio, riunisce gli operatori dell’intera filiera turistica del territorio marchigiano. Infoweb: www.liketourism.it. Numero verde: 800 65 00 65

PH: Apollonia Benassi Like Tourism Edizione 2015


SPECIALE EDILIZIA

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SPECIALE EDILIZIA

IL MATTONE FERMA LA SUA CADUTA Dopo anni di crisi, l’edilizia registra i primi segnali positivi. Costanzo Perlini (Ance): «Anno stazionario, speriamo preluda ad una ripresa. Ora investimenti sulla prevenzione dei rischi sismici e idrogeologici per ridare economia e sicurezza ai territori» di Emanuele Garofalo

L

e banche che tornano a concedere i mutui per l’acquisto di case, il boom dei bonus fiscali per le ristrutturazioni e l’occupazione stabile non riescono ancora a far sorridere i costruttori. Ma bastano per far parlare di “timidi segnali positivi” all’associazione degli imprenditori edili. «La ripresa? Il 2016 sarà un anno stazionario, di sosta, dopo

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8 anni di crisi profonda, che speriamo preluda ad un 2017 in crescita. Senza illusioni: non saranno le nuove costruzioni a trainare il settore. Piuttosto, servono investimenti nella messa in sicurezza del territorio marchigiano dal rischio sismico e idrogeologico. Questa azione può far ripartire davvero l’edilizia ed evitare altre tragedie come quella di Amatrice». Costanzo Perlini, presidente Ance Mar-

Dal 2008 hanno chiuso 2.500 imprese e perso il lavoro 6 mila occupati. Il pesarese è il territorio più colpito, con 500 aziende perse e 1.700 lavoratori in meno.


SPECIALE EDILIZIA che, commenta amaro, con il tono di uno degli imprenditori scampati alla tempesta. Una tempesta perfetta che dal 2008 ad oggi ha spazzato via 2.500 aziende sulle quasi 24 mila imprese edili che erano attive nelle Marche, costando il posto a 6 mila lavoratori del settore, da 44 mila a 38 mila unità, con il territorio pesarese che ha pagato il tributo più alto alla crisi. Prezzi degli immobili a picco, fino al 40% in meno rispetto al 2008, nuovi cantieri fermi, con una diminuzione dei permessi di costruire ritirati dello 82%, lavori pubblici in stallo: tra il 2015 e il 2016 le opere pubbliche sono diminuite del 26,7%, con un crollo degli importi pari al 75,1%, complice anche la recente riforma del codice degli appalti che avrebbe dovuto semplificare le gare e invece stenta a far uscire il settore uscire dal guado della burocrazia, ostacolato dall’assenza di regolamenti attuativi e dalle necessarie interpretazioni.

«anche se non sappiamo quanti di questi prestiti servono per le nuove produzioni e l’acquisto di nuovi immobili» sottolinea Perlini, mentre non si arresta la corsa alle agevolazioni fiscali legate alle ristrutturazioni: nel

Messa in sicurezza del territorio e riqualificazioni sono le parole chiave per il rilancio dell’edilizia.

Mutui per l’acquisto di immobili in aumento, occupazione stabile nel 2015, boom delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni, sono questi i segnali positivi definiti “timidi” dall’Ance.

primo trimestre 2016 sono aumentati del 22% gli interventi di recupero abitativo, spinti dai bonus concessi all’edilizia. Dopo anni di caduta, resta stabile anche l’occupazione, secondo la tendenza fotografata dall’Ance Marche già dal secondo semestre 2015, mentre sono in riduzione anche tutte le forme di cassaintegrazione: le ore di Cig autorizzate sono il 70% in meno rispetto al 2014. «Tutti segnali positivi, per quanto timidi. Lo dice anche il Cresme, il Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia: comprate ora un immobile, perché difficilmente nei prossimi anni i prezzi saranno così bassi. Questo dovrebbe essere il preludio di una ripresa del settore» spiega il presidente dell’associazione di categoria.

Questo il conteggio dei danni, ma il peggio è alle spalle? Sì, stando a quello che si legge dai dati elaborati dal centro studi Confindustria. Conferma Bankitalia che sono ripartiti i mutui alle famiglie per l’acquisto di case,

Ripresa che non significa tornare al volume di costruzioni degli anni pre-crisi e al picco di produzioni del biennio 2003-2004. «Oggi si ragiona sul consumo zero di territorio e sulle riqualificazioni. L’azione necessaria all’edilizia? La messa in sicurezza del

territorio. Le disgrazie di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto ci ricordano ancora una volta che bisogna spendere risorse negli interventi di prevenzione, soprattutto in una regione come la nostra quasi interamente a rischio sismico e idrogeologico. Si potrebbe iniziare estendendo il recupero fiscale del 65% sugli interventi di adeguamento antisismico» risponde Perlini. Infine, c’è la battaglia senza sosta del mattone contro la selva di norme e leggi che frenano i cantieri. «Dai tempi della legge Bassanini ogni governo cerca di semplificare, ma i risultati spesso vanno nella direzione opposta. Alla politica chiediamo regole certe e semplici, facendo attenzione ai periodi transitori: il nuovo codice degli appalti ha ridotto gli articoli da 2000 a 200, sembrerebbe un bel passo avanti, ma stiamo ancora aspettando i regolamenti dell’Autorità anticorruzione e nell’attesa molte amministrazioni si sono bloccate chiedendo pareri e interpretazioni» conclude Perlini.

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SPECIALE EDILIZIA

IL NUOVO VOLTO DELL’EDILIZIA: IL VALORE DEL BENE È LEGATO ALLA SUA CAPACITÀ DI PRODURRE REDDITO di Mattia Bocchini Management Academy Sida Group - Area Real Estate

IL CAMBIO DI LOGICA NELLA VALUTAZIONE Le crisi del settore immobiliare che si sono manifestate nel nostro Paese a partire dagli anni `90 fino a quella più recente, l’arrivo di operatori internazionali e l’espandersi di processi di “globalizzazione”, con la conseguente diffusione di metodologie e pratiche internazionalmente condivise hanno generato una profonda riflessione riguardo le modalità e le problematiche connesse all’investimento in immobili. Ciò ha prodotto un nuovo modo di guardare agli edifici in Italia ovvero ai relativi investimenti spostando il focus sui flussi di cassa periodici (introiti ed esborsi) che un bene immobile è in grado di produrre. Il passaggio da una logica patrimoniale basata sulla plusvalenza realiz-

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zabile grazie alla “naturale” rivalutazione nel tempo del bene o come si dice usualmente “del mattone” ad una logica nuova di tipo reddituale, ha comportato una significativa rivalutazione dei criteri di investimento immobiliare. Così come avviene ormai da tempo nei Paesi anglosassoni, anche da noi, oggi il valore di un immobile viene posto in relazione al suo possibile utilizzo e soprattutto alla sua redditività; ciò che è cambiato e dunque il concetto stesso di “valore” immobiliare. Il fattore che influisce maggiormente nella determinazione del valore di un asset immobiliare è certamente la localizzazione (location) e la capacità di generare reddito al momento dell’analisi. Tuttavia le moderne prassi di stima tendono a valutare l’immobile

in considerazione delle sue potenzialità future (ovvero valutandone anche un uso alternativo) e soprattutto, in ragione della sua capacità di generare reddito. Alla base delle strategie sia degli investitori sia degli utilizzatori sta proprio il cosiddetto “valore di mercato” del bene immobile; quest’ultimo rappresenta il prezzo di trasferimento del bene in un’operazione di compravendita. Si tratta di un fattore «d’importanza capitale per il comparto immobiliare giacché su di esso, in concreto si basano le scelte e si mobilitano i capitali per acquisti, finanziamenti e crediti». UNA NUOVA PROFESSIONALITA’ Circa le attività professionali deputate alla valutazione degli asset, l’av-


SPECIALE EDILIZIA vento del nuovo mercato immobiliare ha fatto emergere una divergenza evidente tra le tradizionali prassi diffuse nel nostro Paese e le più avanzate metodiche di stampo internazionale. Ciò che richiede oggi il mercato del real estate è una valutazione di qualità intesa in termini “metodologici” e assieme inscindibilmente, in termini “deontologici”. L’affidabilità e la trasparenza divengono quindi tratti distintivi della professionalità dei cosiddetti “valulatori”. Quel che si delinea è una figura “nuova” di esperto della valutazione, capace di adottare le best practice del settore e selezionare gli opportuni “comparable”, beni immobiliari opportunamente confrontabili, conducendo la propria attività nell’ottica consapevole di una

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conoscenza approfondita dell’immobile e del mercato in cui lo stesso si situa (in termini temporali e di localizzazione geografica). LA VALUTAZIONE REDDITUALE La valutazione di mercato è imprescindibile e si interseca con quella reddituale dell’immobile che esprime le attuali potenzialità del bene e permette di stimare grazie ai valori di rendita attuale anche il potenziale valore futuro dello stesso. Detto ciò è evidente che la valutazione principale nel momento della scelta di investire in un bene immobiliare, a prescindere dal tipo di struttura residenziale, ricettiva, commerciale etc, deriva dalla sua capacità di produrre reddito nel breve-medio periodo.

In un contesto europeo ed internazionale l’acquisizione di una forma mentis reddituale, da parte degli operatori del mercato e degli investitori, rappresenta la chiave di volta per allinearsi alle logiche di investimento mondiali. Solo tramite questa consapevolezza (la consapevolezza di un volto nuovo per l’edilizia) avremmo un allineamento omogeneo sui valori di riferimento per gli immobili e si riuscirà ad attuare azioni e pianificazioni di sviluppo delle transazioni che porteranno ad un circolo virtuoso che permetterà di aprire, in maniera definitiva, le porte dei tantissimi investitori che oggi rappresentano i maggiori players del mercato.

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SPECIALE EDILIZIA

INGEGNERI, ARCHITETTI E GEOMETRI VERSO NUOVI ORIZZONTI UNA PROFESSIONE CHE UTILIZZANDO INFORMATIVA E SIMULAZIONE INTEGRA CONOSCENZE E COMPETENZE TRASVERSALI di Ambra Babini Management Academy Sida Group - Area Real Estate in collaborazione Avv. Ornella Pane

L’

Attuale situazione di crisi economica che ha investito tutti i settori ha provocato in particolare un ingente crollo immobiliare aggravando repentinamente le posizioni dei professionisti di settore esponendoli a gravi rischi ed incertezze. Ma se la chiave di volta per la tanto attesa rinascita in tutti i settori è l’ INNOVAZIONE, nel mondo delle costruzioni essa porta il nome di BIM- Building Information Modeling.

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Analizziamone gli aspetti. La redazione di un progetto, di natura pubblica o privata, si articola in più fasi: fase preliminare, fase definitiva e fase esecutiva; essa si basa, inoltre, sulla cooperazione di diversi attori coinvolti nella progettazione i quali interagiscono attraverso un fondamentale passaggio di informazioni, elaborati grafici e relazioni. Tale passaggio di informazione, nodale e necessario, che prima facie risulterebbe elementare, in realtà non lo è. Attualmente tutte le figure professio-

nali coinvolte nell’elaborazione di un progetto utilizzano diversi strumenti ed i relativi software che se da un lato sono indispensabili al proprio lavoro individuale dall’altro creano non pochi problemi all’interno del team. E’ fatto notorio che durante la progettazione, l’aggiornamento e le modifiche sono azioni tanto consuete quanto frequenti. Tale circostanza sussiste in quanto i cambiamenti apportati ad una fase lavorativa di un determinato attore comportano necessariamente aggiornamenti successivi strettamente dipendenti agli altri stadi tecni-


SPECIALE EDILIZIA co-lavorativi. D’altronde l’indispensabilità di dette variazioni dipende dalle simulazioni tecniche effettuate ipotizzando a priori determinate tecnologie costruttive, materiali e processi operativi; siffatti elementi devono necessariamente rispettare le norme previste dalle disposizioni legislative vigenti in materia, pena mutamento dell’ intero progetto ipotizzato. Pena completa modifica degli elaborati grafici dell’architetto. Pena completa modifica dei sistemi strutturali dell’ingegnere. Pena completa modifica degli schemi dell’impiantista. Pena completa modifica del piano di coordinamento del direttore dei lavori e così via. Date queste premesse, è altamente improbabile giungere ad una corretta progettazione esecutiva di cantiere! Se è vero come vero che le più grandi innovazioni nascono da reali problematiche è possibile affermare con certezza che l’unica soluzione nel settore edile, civile ed Infrastrutturale porta ad un’unica soluzione: BIM - Building Information Modeling. In molti, erroneamente, definiscono il BIM come una cosa o un tipo di software, in realtà è un’attività umana che comporta cambiamenti radicali nella gestione della progettazione, della costruzione e degli impianti. Per Building Information Modeling si intende una nuova procedura intelligente gestita da due tipologie di risorse quelle di tipo tecnologico ovvero i software e quelle umane; insieme segnano l’inizio di una nuova era. Come nel secolo scorso l’uso del computer ha fatto da protagonista innovando la vecchia progettazione del tecnigrafo e dei prontuari per il calcolo strutturale, oggi, con il BIM, entrano in scena nuovi programmi parametrici e nuove figure professionali.. Abbandonate carta e matita, passan-

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do per i comandi.. archi, linee e polilinee dei più noti software da disegno, si è giunti alla creazione di modelli intelligenti finalizzati alla pianificazione, alla progettazione, alla costruzione ed alla gestione di edifici e di infrastrutture. I software parametrici vanno oltre la creazione di semplici disegni 2d e 3d, utilizzano oggetti dotati di intelligenza, geometria e dati. Non stiamo più disegnando un modello, ma stiamo modellando un progetto! Infatti elaborando in pianta in un click ora è possibile ottenere tutte le informazioni indispensabili per la programmazione, pianificazione, realizzazione e gestione del modello. Se un elemento viene modificato, il software Bim implementa le modifiche in tutte le viste con le quali viene rappresentato ed in tempo reale, attraverso specifici procedimenti, tutti i professionisti del team ricevono gli aggiornamenti apportati. Va da sé che tutti gli attori coinvolti nel progetto possono collaborare senza predite di tempo, senza scambio di elaborati modificati più e più volte e soprattutto senza errori. Il BIM non solo rivoluziona il modus operandi della progettazione ma dirige tutti i professionisti del settore verso nuovi orizzonti lavorativi, nascono così nuove figure specializzate ovvero il Bim Specialist,il Bim coordinator ed il Bim Mananger. Analizziamole insieme. Il Bim Specialist: occupandosi della creazione e dello sviluppo del modello in 2d e 3d ed elaborando tavole architettoniche - strutturali ed impiantistiche, è il progettista che utilizza i software di competenza; Il Bim Coordinator: coordina i Bim Specialists coinvolti nel progetto. Garantisce l’applicazione degli standard

e dei processi, nonché il giusto passaggio di informazioni, sviluppando e aggiornando i contenuti del Bim. Il Bim Manager: assicura il coordinamento del progetto, gestendo i ruoli e le fasi previste, individua interferenze, riassegnando all’intero team di progetto la loro correzione. Chi può diventare BIM Specialist? I geometri, gli ingegneri (civili, edili, ambientali, meccanici impiantisti, strutturisti etc, ), architetti, disegnatori, ovvero chiunque voglia specializzarsi nell’uso di software previsti dalla procedura BIM. I BIM Coordinator non sono altro che BIM Specialist con esperienza e attitudini gestionale, i BIM Manager saranno figure professionali altamente qualificate con consolidata esperienza e formazione nel mondo BIM. Questa nuova procedura gestionale ha interessato e sta interessando i tecnici di tutto il mondo non solo per il grandioso progresso tecnologico che snellisce ed ottimizza i tempi di lavoro ma per il doveroso rispetto della recente novella legislativa prevista dall’introduzione del nuovo Codice Appalti.( Difatti l’ art. 23 comma 13 prevede che le stazioni appaltanti possono già richiedere per le nuove opere e per gli interventi di recupero in maniera prioritaria per gli interventi più complessi l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione di edilizia e le infrastrutture (BIM). I liberi professionisti che intendono consolidare le proprie competenze nel settore delle costruzioni non solo potranno cogliere al volo queste nuove ed innovative occasioni lavorative ma dovranno necessariamente aggiornarsi in ossequio al dettame legislativo vigente.

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IL FUTURO DELL’EDILIZA NEL PANORAMA ECONOMICO ITALIANO

Il problema dell’edilizia, più che mai riportato alla ribalta anche dalle drammatiche vicende legate al terremoto del 24 agosto scorso, è articolato, insidioso, consistente in diversi versanti di analisi e valutazione. Il futuro? Chiaro nelle dinamiche, un po’ meno negli sviluppi attesi, almeno in un’ottica di medio periodo. di Giuseppe Barchiesi Management Academy Sida Group - Senior Advisor Area Corporate Finance

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uando si parla di edilizia, si va a toccare un settore dai confini solo in parte intuibili, e comunque molto am-

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pio ed eterogeneo. Attraverso l’edilizia, inoltre, si getta uno sguardo su quelle che sono le prospettive di un Paese, in termini demoscopici, sociali, economi-

ci, culturali, fino agli orizzonti personali dei soggetti coinvolti. E così, case, capannoni e infrastrutture, sono lo specchio di una situazione re-

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SPECIALE EDILIZIA cessiva o di sviluppo economico, della consapevolezza o meno dei costi energetici e ambientali, dello stile di vita metropolitano, urbano e rurale, dello stato dell’arte delle tecnologie costruttive o a quelle dedicate all’allestimento degli interni, del grado evolutivo dell’apparato normativo e dei criteri fiscali, dal grado di fiducia che si nutre o meno per il futuro. Ma comprare un immobile non è solamente circoscrivibile, nell’atto e nelle motivazioni, all’acquisizione e all’uso strumentale di tale bene, poiché esso è anche una forma di investimento di medio e lungo termine, indipendentemente dalle contingenze dell’ultima crisi. Per capire un po’ meglio le prospettive di questo settore, dunque, occorre distinguere l’edilizia privata e business da quella pubblica e, nell’ambito delle prime, le logiche dell’acquisto rispetto a quelle dell’investimento. Un privato che cerca una casa per viverci, tenderà per lo meno a pianificare tale acquisto quando la sua vita quotidiana riesce a comunicargli un certo stato di normalità lavorativa ed economica; al pari, il sistema bancario giudicherà positivamente il richiedente un finanziamento laddove venga accertata la presenza di prospettive concrete e stabili nel tempo. L’età media di passaggio dal mondo dello studio al mondo del lavoro, le difficoltà economiche nel creare nuovi nuclei familiari, le esigenze economiche e logistiche dei centri urbani più sviluppati, le incertezze sulle prospettive di lavoro, sono solo alcuni dei fattori che rallentano la ripresa del mercato, già messo in ginocchio dalla crisi negli anni passati. Anche il privato che vuole fare del patrimonio immobiliare una forma di investimento incontra difficoltà e motivi di diffidenza di natura simile. L’ottica che deve adottare è sicuramente di lun-

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go periodo, e si va ad investire laddove ci si aspetta un guadagno monetario: l’attuale deflazione rende automaticamente non appetibile qualsiasi progetto in merito, anche perché costituisce la sentinella di una crisi persistente, che non può che penalizzare anche il fronte degli affitti. Quindi, sebbene oggi il denaro costi poco e sebbene è la stessa crisi a ribassare le politiche di prezzo del settore, la redditività dell’investimento rimane comunque negativa.

Lo scenario ideale è dato da un forte impulso allo sviluppo economico, con prospettive di inflazione, speculazione (entrambe, entro certi limiti, sono un fattore positivo per l’economia) e soprattutto fiducia e ottimismo da parte degli acquirenti. A complicare ulteriormente lo scenario, le recenti drammatiche vicende legate al fenomeno sismico del 24 agosto scorso, hanno ovviamente acceso l’attenzione della domanda sulle certificazioni di sicurezza, ma anche sulla localizzazione degli immobili. Discorsi simili a quelli che valgono per l’impresa che vuole dotarsi di uno stabile, con due importanti aggiunte da fare rispetto a quanto detto per i privati: da una parte, il fatto che quell’immo-

bile oggigiorno non può anche essere considerato un investimento, anzi è un cespite che si deteriora nel tempo e che perde sistematicamente valore per via della situazione del mercato complessivo; dall’altra, dato proprio il clima di incertezza e di estrema competizione che vige attualmente, la aziende tendono a dimensionarsi esattamente per quello che gli serve, in una prospettiva in cui ogni singolo metro quadro in più non è più un lusso o un valore, ma è superfluo, costoso, per certi versi dannoso. Quando poi si parla di edilizia pubblica, non si può non pensare alle grandi opere, che tra l’altro costituiscono normalmente un volano economico di estrema efficacia, anzi, dell’economia di un Paese in uscita da una crisi, ne sono un innesco fondamentale. La ripartenza di questi progetti dipende da numerosi fattori endogeni, di natura tecnica, economico-finanziaria e politica, ma anche dal supporto in tal senso della Comunità Europea. Il settore dell’edilizia si porta con sé un indotto vasto, fatto di molti altri settori e di tantissimi interlocutori, quindi è tuttora uno dei pilastri di una possibile ripresa economica, o più che altro ne è un acceleratore: se la crisi è stagnante, l’edilizia è la prima a soffrirne, ma non appena l’innesco di una ripresa imprime un minimo di nuovo impulso al mercato, allora essa può e deve giocare un ruolo fondamentale per lo sviluppo. Quindi, non si deve pensare all’Edilizia come la scintilla scatenante di una ripresa economica, ne è però certamente un sintomo, una conseguenza, ma soprattutto un potenziatore, un acceleratore e uno stabilizzatore. Occorre quindi partire dagli investimenti pubblici e dal fare in modo che l’Italia ritorni ad essere un mercato appetibile per gli investimenti delle imprese, locali e straniere.


SPECIALE EDILIZIA

LE PROSPETTIVE MANAGERIALI DEL SETTORE IMMOBILIARE di Alessandro Stecconi Management Academy Sida Group - Area Corporate Finance

I

l settore immobiliare sta assumendo rilevanza sempre più evidente nell’economia mondiale, anche alla luce del rapporto di causalità che lo lega alle recenti tendenze recessive riscontrate nel prodotto interno lordo dei maggiori paesi industrializzati. Il tema della gestione delle imprese immobiliari e degli altri player della filiera risulta, pertanto, particolarmente strategico non solo per la rilevanza finanziaria del settore in quanto tale, ma anche per gli effetti che esso è in grado di generare su altri settori

A CURA DI

correlati. Nella letteratura internazionale di taglio aziendalistico il management immobiliare è correntemente associato a quella specifica disciplina conosciuta come corporate real estate management (CREM). Quest’ultimo viene tipicamente concettualizzato come quella particolare area di ricerca che indaga circa le modalità ottimali, da parte delle imprese o di altre organizzazioni complesse, di gestione del proprio portafoglio immobiliare nell’ambito delle proprie finalità generali di produzione di beni e servizi. In Italia, in particolare, soltanto a par-

tire dalla fine degli anni ’90 cominciano ad emergere studi che riconoscono il management immobiliare come un efficace strumento di redditività e di valorizzazione del patrimonio d’impresa. L’evidenziata lacuna, peraltro, appare di particolare rilevanza se si considera che il settore immobiliare svolge, ormai da anni, un ruolo significativo nell’economia europea e che, almeno negli ultimi vent’anni, rilevanti trasformazioni sono intervenute nella filiera immobiliare continentale e nazionale. Tra i cambiamenti principali: a. la tendenziale finanziarizzazione ,

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SPECIALE EDILIZIA ossia la gestione dei patrimoni non più soltanto in base alle caratteristiche intrinseche, sia fisiche che architettoniche, degli immobili, ma anche e soprattutto in funzione di logiche economico–finanziarie che riflettono le potenzialità di generazione del reddito, a fronte dei necessari costi funzionali e di manutenzione; b. la terziarizzazione, con il progressivo sviluppo di soggetti specializzati in servizi alla filiera nel suo complesso; c. l’internazionalizzazione, che espone oggi tutti gli operatori della filiera alla concorrenza internazionale). A fronte di tali cambiamenti, si sono contestualmente registrate anche delle variazioni nelle logiche di funzionamento della filiera. Tutto ciò ha fatto sì che oggi risultino in essa attivamente coinvolti sia gli operatori tradizionali che nuovi soggetti, dalle cui interazioni scaturiscono importanti innovazioni nelle dinamiche relazionali e nella produzione immobiliare a livello sistemico. Secondo accreditati studi, si può dunque affermare che la filiera è oggi scomponibile in tre ambiti prevalenti: • Asset management, ossia la gestione strategico-finanziaria tipicamente focalizzata sulla creazione, valorizzazione e trading di portafogli immobiliari; • Property management, ossia l’insieme di quelle attività amministrative e tecniche necessarie alla corretta gestione di un patrimonio immobiliare (ad esempio: la gestione dei contratti di locazione, della contabilità e fiscalità immobiliare, delle coperture assicurative, etc.); • Facility management, ossia la gestione integrata dell’insieme dei servizi di supporto alla gestione degli immobili (ad esempio: la ma-

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nutenzione degli impianti elettrici, idro-sanitari, di riscaldamento e condizionamento; l’energy e il waste management, etc.). Tutto ciò premesso, i principi della sostenibilità stanno assumendo, in maniera sempre più rilevante, peso specifico in tutte le attività afferenti al management immobiliare, a partire proprio dall’attività edilizia di sviluppo e costruzione, che ne costituisce il pilastro.

Quest’attività, infatti, rappresenta, come noto, una di quelle a più alto impatto ambientale. I motivi sono molti e spaziano dal consumo di territorio, al fabbisogno energetico necessario allo sviluppo e alla realizzazione di un progetto immobiliare. In particolare, per edilizia sostenibile (o green building) si intendono comunemente quell’insieme di scelte ingegneristiche, architettoniche e gestionali volte alla progettazione, costruzione e management degli immobili in ottica d’integrazione ottimale tra fattori ambientali, sociali ed economici. Scelte, queste, che devono mirare a creare un attento bilanciamento tra “benessere delle generazioni attuali e benessere delle generazioni future”. Nella richiamata ottica, ad esempio,

risulta sempre più importante creare e usare sistemi di certificazione energetica ed ambientale per valutare la qualità degli edifici durante tutto il loro ciclo di vita. In questo senso, un particolare prestigio è oggi riconosciuto alle certificazioni dei sistemi LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) e CasaClima. Il LEED è un sistema di certificazione energetico-ambientale degli edifici di matrice statunitense. LEED oggi non solo è uno dei sistemi di certificazione più diffusi nel mercato delle costruzioni nordamericano, ma si sta affermando anche in Italia per iniziativa di GBC Italia, Green Building Council Italia. I parametri del LEED servono per valutare ed attestare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica degli edifici, dalla fase di progettazione fino alla gestione quotidiana, avvalendosi di un sistema fondato sull’attribuzione all’edificio di un punteggio, riconosciuto sulla base della verificata conformità dell’edificio stesso a diversi requisiti o “crediti”. Il certificato CasaClima promuove metodi di costruzione edile che soddisfano il principio del risparmio energetico e della tutela dell’ambiente. Questo sistema valuta l’efficienza globale degli edifici dal punto di vista dei fabbisogni energetici di climatizzazione e di produzione di acqua calda a uso sanitario. In sintesi, tra i principali player immobiliari internazionali, la sostenibilità dei progetti immobiliari sta diventando un motore primario per la valutazione dei nuovi piani di sviluppo, ivi comprese anche le possibili operazioni di riqualificazione delle città e del loro hinterland. Questo significa considerare gli edifici “verdi” come una nuova e specifica asset class,


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Cosa sta facendo lo stato Italiano per il settore edile ed affini? di Mattia Bocchini Management Academy Sida Group - Area Real Estate LA SITUAZIONE ATTUALE: LEGGE DI STABILITA’ E MINISTERO DELL’AMBIENTE La legge di Stabilità ha prorogato la detrazione al 50% sulle spese sostenute per le ristrutturazioni edilizie e al 65% sulle spese per gli interventi di riqualificazione energetica degli immobili, tali incentivi sostengono la propensione delle famiglie ad effettuare migliorie delle abitazioni. La strategia consiste nel rendere stabili e permanenti, nella misura indicata nella legge di Stabilità 2016, gli incentivi fiscali che consentono di raggiungere più obiettivi: riqualificazione del patrimonio immobiliare, risparmio ed efficentamento energetico e difesa dell’ambiente, rilancio delle imprese delle costruzioni, emersione di attività irregolari e sicurezza dei cittadini. Particolare attenzione oltre alla riqualificazione edilizia viene data a tutte le iniziative del Ministero dell’Ambiente per le imprese che creano occupazione, diventano sostenibili, puntano su energie rinnovabili ed efficienza, aprono un cantiere o un’attività, gestiscono il territorio e valorizzano i rifiuti. Tale organismo (Ministero dell’ambiente) ha recentemente sottoscritto una convenzione finalizzata a promuovere iniziative di formazione/informazione rivolte alle imprese e agli operatori pubblici per far conoscere le opportunità offerte dai provvedimenti e dalle misure adottate dal Governo e dal Parlamento in tema di sviluppo sostenibile (riduzione

A CURA DI

delle emissioni di anidride carbonica, certificazione dell’impronta ambientale di processi e prodotti, semplificazione delle procedure e delle normative in materia ambientale). Tali provvedimenti consentono di mettere a disposizione delle Amministrazioni pubbliche e delle imprese meccanismi innovativi di gestione ed incentivi, che potranno contribuire in modo significativo a migliorare la qualità del “governo locale” e la competitività delle imprese. QUALE SVOLTA CON TALI MISURE La svolta macro e microeconomica che tali manovre hanno e possono avere nell’impatto di sviluppo economico del paese riguardano direttamente ed indirettamente tutti i settori della filiera delle costruzioni e dell’energia, dando ampio respiro a interconnessioni stabili nel tempo che porteranno (già tali flussi stanno diventando prassi) al coinvolgimento di una pluralità di imprese e di players interessati. La stabilità di questo tipo di incentivazioni e di sgravi fiscali per molti tipi di interventi sugli immobili (ampliamento, energia, efficentamento, etc) porta necessariamente ad una crescita economica che si attesta e consolida nel medio-lungo periodo e non solo nel breve periodo. PIANIFICAZIONE DELL’INVESTIMENTO Il fatto di riuscire ad investire in un lasso di tempo medio-lungo, ad esempio il piano casa prevede un recupero

di parte dell’investimento spalmato in 10 anni, consente di attuare delle politiche di sviluppo più stabili e durature che coinvolgono anche i settori attigui a quello immobiliare e strettamente connessi; il comprato finanziario, quello della produzione (soprattutto nei settori connessi all’immobiliare quali produzione delle materie prime, arredamento, tecnologia, energia), quello del turismo e della creazione/riqualificazione di strutture ricettive sono i principali mercati che stanno beneficiando e beneficeranno nel corso del tempo di tali politiche. E’ indubbio che avere piani di incentivazione, sgravo fiscale e investimento agevolato duraturo nel tempo porterà l’Italia ad essere ancora più appetibile ai mercati internazionali con il conseguente afflusso di investimenti dall’estero e conseguente sviluppo economico connesso. E’ necessario saper cogliere tale opportunità nella sua interezza e leggere tra le interconnessioni dei settori per riuscire ad avere un vantaggio non puramente fiscale ma anche economico/pratico effettuando investimenti ed operazioni di valorizzazione del patrimonio immobiliare che siano strategiche e durature nel tempo.La sfida è aperta tocca al paese utilizzare al meglio tali opportunità creando una classe manageriale che sia pronta allo sviluppo non solo nel breve periodo ma che riesca a pianificare ed effettuare scelte vincenti durature nel tempo.

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IL PROJECT FINANCING, UN CAMBIAMENTO CULTURALE ALLO SVILUPPO di Michele Sasso Management Academy Sida Group - Area Corporate Finance

“N

on penso che il Governo possa decidere il sentiero futuro dell’evoluzione della nostra economia. Non credo, in realtà, che una rivoluzione industriale possa essere pianificata top down. Una rivoluzione, semplicemente: è un processo bottom up. […]Sulla scorta degli esempi seguiti in paesi come la Germania e altre nazioni […]se in Italia si vuole creare quella necessaria coesione di sistema su obiettivi e strumenti […] vi è la necessità di imbastire un’architettura di governance pubblico privata” . Questo un estratto del discorso presso la Camera dei Deputati del Ministro dello Sviluppo Economico On. Carlo Calenda, tenutosi il 15 Giugno 2016 sul tema della competitività e delle sfide tecnologiche di “industry 4.0”. Ho voluto introdurre l’articolo con la consapevolezza ormai diffusa che per grandi progetti di cambiamento, siano essi opere infrastrutturali, di pubblica utilità, di comunicazione e digitalizzazione è impensabile demandare alla sola spesa Pubblica la responsabilità della realizzazione

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progettuale, ne tantomeno l’impostazione ed il suo coordinamento. L’intervento congiunto tra Privata iniziativa e Pubblico diventa un paradigma essenziale per la “rivoluzione” di cui al citato intervento ministeriale. Termini come Finanza di Progetto, Partenariato Pubblico-Privato, dovrebbero essere ormai nel sentire collettivo di quegli attori che si faranno promotori di opere, strutture, realizzazioni inderogabili ed irrinunciabili per un Paese da troppo tempo fermo su dinamiche assistenzialistiche, dove la dimensione dell’economicità di un idea è stata sempre postergata alla necessità, talvolta negando sia l’una che l’altra. Il Project Financing (o finanza di progetto) diventa strumento e architettura di un’operazione volta a realizzare opere di pubblica utilità, mossa tuttavia non da politiche centrali, ma da volontà che nascono e promanano da un territorio; quella logica “dal basso” che parte sì dalle esigenze/necessità ma che -dacché promossa da privati- è maggiormente orientata alla sostenibilità, all’economicità ed alla

riuscita efficiente dell’investimento. L’Unione Europea definisce questo approccio di finanziamento di opere di pubblica utilità, come strumento con il quale uno o più soggetti privati (detti “promotori”) propongono ad una Pubblica Amministrazione di finanziare, quindi realizzare, eseguire e/o gestire un’opera pubblica facendosi carico (totalmente o parzialmente) dei costi, in cambio degli utili generati dai flussi di cassa (cash flow) risultanti da una efficiente gestione dell’opera stessa, ed al fine di ottenere dei rendimenti (sia privati che per la comunità) da un bene altrimenti non realizzato per carenza di fondi pubblici. Fulcro dell’operazione è pertanto il flusso di cassa futuro generato dalla gestione dell’opera e dall’altro il soggetto finanziatore che attiva i fondi necessari per l’avvio delle progettualità che verranno coordinate dal General contractor. Tale strumento, che esiste da circa vent’anni è stato utilizzato prevalen-


SPECIALE EDILIZIA temente su opere con tagli di spesa finanziabile tra i 60 e i 250 milioni di euro; ovvero caratterizzando investimenti definiti “jumbo-project” - (autostrade, metropolitane, complessi ospedalieri …) in cui molto spesso la dinamica di ritorno ed il c.d. closing dell’operazione sono dilatati nel tempo. Tale aspetto ha limitato il ricorso al Project Financing in passato, dacchè i cash flow generati non consentivano al nostro “debole” sistema bancario Finanziatore, di avere un collateral capiente per poter finanziare l’operazione. La svolta culturale a questo approccio deve essere rintracciata nel down-sizing (ridimensionamento), facendo funzionare il project financing per piccole opere. Ovvero se non si riesce a strutturare il finanziamento tutto con garanzie dal progetto, si adottano approcci ibridi dove il sistema bancario ricorre parzialmente a garanzie a carico delle imprese sponsor. Una sorta di “mini-project”, (come definito da CentroBanca) in cui far rientrare progetti fra 3 e 15 milioni di Euro. Questo target dimensionale che ad oggi rientra nelle politiche di finanziamento tradizionale di tipo Corporate, passa al di sotto dei radar delle banche operanti in contesti di Project Financing e ciò accade prevalentemente per un approccio a mio avviso ortodosso, cui si abbina la scarsa cultura degli operatori italiani sul tema. Esempi di Mini-project tuttavia esistono e specificatamente nei comparti di tradizionale applicazione della finanza di progetto: acqua, rifiuti, sanità e trasporti, ovvero ambiti dove i flussi di cassa vengono rintracciati con piu’ certezza, ma anche su ambiti come mini-impianti fotovoltaici, centrali biogas fino a strutture sanitarie ed assistenziali.

A CURA DI

[dati EPEC market update 2015]

Lo sviluppo di un Paese, le sue opere inderogabili e l’adeguamento ai piu’ alti standard europei e mondiali devono poter far riflettere sul ruolo degli attori che si fanno carico di tale cambiamento. In Europa nel 2015 il Valore aggregato dei progetti di Partenariato Pubblico-Privato che sono giunti a compimento (closing) sono dell’ordine di 15,6 miliardi di Euro, e ci si chiede se l’Italia possa far parte in maniera attiva e crescente di tali progettualità.

La Finanza e le sue organizzazioni devono poter ampliare la loro operatività, proporre, adeguarsi, ed informare l’imprenditoria ed il pubblico, della presenza di forme tecniche di Finanza Alternativa e idonea ad una crescita sostenibile.

[dati EPEC market update 2015]

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E- BUSINESS INTELLIGENCE L’Intelligenza in azienda e il Valore della informazione di Romano Mataloni Management Academy Sida Group - Area ICT Digitale

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er molti secoli il fattore propulsivo della attività economica umana si è basato sul lavoro dell’uomo, poi sulle fonti di energia da quella animale a quella eolica o idrica, quindi sulla energia basata sulle combustioni. Oggi l’ economia è basata sulle informazioni. All’ inizio c’era solo la materia intesa e misurata in termini di massa, ingombro, dimensioni, pesantezza, resistenza. Poi con l’età moderna si è aggiunta la invisibile forza della energia nelle sue diverse manifestazioni fisiche. Oggi la materia è sempre massa, c’è sempre l’energia, ma c’è sempre più informazione. Ma che cosa è la informazione?

A CURA DI

Non è necessariamente legata ad un sistema fisico, anzi il più delle volte è legata alla nostra mente. Il numero 3334852562 potrebbe rappresentare tante cose: un numero di telefono, un codice per aprire una cassaforte, il numero di una carta di credito oppure l’invidiabile saldo del conto corrente. Nel mondo di internet ormai siamo circondati da una quantità infinita di informazioni. Non sono più fornite in modalità “PUSH” secondo i mezzi di comunicazione tradizionali Radio, TV, giornali, libri,… ma sono invece fruibili in modalità “PULL” in quanto oggi le persone possono cercare e consultare l’enorme patrimonio informativo presente sulla rete tramite i “preziosissimi” motori di ricerca. L’ informazione ha caratteristiche pe-

culiari quasi distintive. Non si consuma, è facilmente riproducibile ad un costo estremamente trascurabile e può essere trasferita a una moltitudine di persone, oggigiorno in tempi rapidissimi. In qualsiasi contesto se l’informazione è condivisa da un numero crescente di persone, l’effetto che si ottiene è che queste persone si capiscono meglio, comunicano più facilmente, contribuiscono a prendere decisioni migliori. L’informazione ha un valore. Tutti i beni materiali, tranne alcune eccezioni come le opere d’arte, perdono valore nel tempo; infatti tendono ad usurarsi e richiedono continui costi per la manutenzione e investimenti per riacquistarli. Anche il valore della informazione tende a diminui-

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re, anzi precipita man mano che ci si allontana dal momento in cui è stata generata o se ne aveva bisogno. Per l’assunzione di importanti decisioni, il valore dell’informazione è capitalizzato quando l’informazione è disponibile quando serve, è rappresentata in modo idoneo, è scambiata con frequenza, è condivisa con molti utilizzatori. Misurare il valore della informazione non è un compito facile; è stato ritenuto si possa definire abbastanza accuratamente come una funzione del numero di utenti che possono accedere a quella informazione e analizzarla, e del numero delle aree a cui questi utenti appartengono. La formula è: Vi = User 2 x Business Relationship dove Vi è il valore dell’informazione, User2 indica il quadrato del numero di utenti che usufruiscono dell’informazione, moltiplicati per il numero

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di relazioni di business in cui ciascun utente è attivamente coinvolto. In sostanza, così come nella teoria delle reti, il numero delle interconnessioni aumenta seguendo il valore quadratico del numero dei nodi della rete, così pure il valore dell’informazione cresce tanto più è utilizzata e tanto più è scambiata. Il modello mostra che il valore della informazione cresce in modo esponenziale con il livello del suo utilizzo nell’impresa. Una volta acquisita all’interno di un dipartimento, l’informazione cresce drasticamente di valore, a mano a mano che gli altri dipartimenti scoprono sinergie tramite la condivisione trasversale dei dati. Il valore cresce con l’aumentare dei dipartimenti che si collegano in rete e delle informazioni che essi si scambiano. Quando tutti sono in grado di accedere all’informazione giusta al momento giusto, l’impresa raggiunge

l’agilità ottimale. Ad esempio se 10 agenti del Dipartimento Vendite accedono ai dati delle vendite il valore della informazione è: Vi = 102 x 1 = 100 Se ai 10 agenti del Dipartimento Vendite si aggiungono 5 utenti del Dipartimento Marketing il valore della informazione diventa: Vi = 152 x 2 = 450 Nel contesto economico attuale le imprese di qualsiasi dimensione, e quindi non solo le grandi, ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese, debbono costruirsi un proprio Knowledge informativo interno ovvero un patrimonio informativo proprietario che possa permettere loro di eccellere nella competizione, del quale debbono essere particolarmente gelose e al quale rivolgere la massima attenzione per la sua riservatezza. Grazie ad internet aziende appena nate strappano quote di mercato a enormi Corporation, i confini geografici si stanno dissolvendo, i clienti diventano sempre meno fedeli e sempre più esigenti. Quindi le imprese debbono essere più rapide, più agili e, cosa fondamentale, più intelligenti. Ma che cosa intendiamo per intelligenza? La capacità di conoscere o di capire, la prontezza di comprensione, la conoscenza impartita o acquisita con lo studio, la ricerca o l’esperienza. Quale è il grado di intelligenza di una azienda? Quanto si conoscono e si comprendono le forze che creano profitto e danno forma al futuro della azienda? In quale modo si acquisisce conoscenza e comprensione? Come si esercita la conoscenza e la comprensione acquisite al fine di realizzare miglioramenti? Possiamo definire una impresa “intelligente” quella che è in grado di prendere decisioni migliori e più rapide,


CYB3RLIFE controllare l’andamento della società, migliorare la comunicazione, mettere in discussione le opinioni diffuse, negoziare migliori contratti con fornitori e clienti, conoscere i propri clienti meglio della concorrenza, migliorare l’efficienza operativa, perfezionare le strategie con le migliori analisi di Marketing, adottare un’arma vincente per la forza vendita, stimolare la curiosità, battere in astuzia la concorrenza perché è in condizione di soddisfare l’istinto naturale di competere e vincere. Gli elementi ed i passaggi fondamentali affinchè una azienda possa diventare intelligente sono tre: 1. Trasformare i dati grezzi e disadorni in informazioni. I dati di cui dispone l’azienda possono provenire dall’ interno della società (tipicamente contenuti e gestiti dai sistemi ERP -Enterprise Resource Planning, ovvero le piattaforme applicative delegate e gestire i processi aziendali) e da fonti esterne (dati acquistati da information broker, indagini di settore o di mercato, o reperiti dal vastissimo campo di internet). Le informazioni sono dati accompagnati da un contesto e da un significato economico. Sono i dati che vengono filtrati, sintetizzati e aggregati. Gli operatori prendono il dato grezzo e utilizzando la propria conoscenza del business, lo filtrano, lo ordinano, gli attribuiscono una proprietà, lo manipolano affinchè possa essere navigato in varie dimensioni quali il tempo, il mercato, il prodotto, ecc. , lo presentano e lo trasformano appunto in informazione; 2. Trasformare le informazioni in conoscenza, ovvero la capacità di una organizzazione nel sapere leggere ed acquisire le informazioni. L’intel-

ligenza risulta da una valutazione esaustiva delle informazioni, delle azioni passate e delle opzioni. Una volta seminata, questa conoscenza tende a propagarsi all’interno della organizzazione. Una massa critica di individui che condividono le stesse conoscenze in un processo di business, diventa una forza dotata di una potenza eccezionale; 3. Tramutare la conoscenza in profitto. Questa massa critica di individui collegati direttamente o indirettamente alla impresa, costituisce una linfa vitale di costruzione di valore ovvero di profitto. Si pensi alla conoscenza del cliente, lo stakeholder generatore di profitto. Quante aziende conoscono effettivamente i propri clienti e sono in grado di rispondere in tempi rapidi a domande del tipo: A. Chi compra i nostri prodotti? B. A quanto ammonta il loro reddito? C. Dove vivono? D. Quali altri prodotti acquistano? E. Come possiamo fare del Cross Selling su questi clienti? F. Quale è il nostro margine di profitto per cliente o per prodotto o per mercato? G. Come sono le vendite rispetto allo stesso periodo dello scorso anno? H. Quali sono le nostre previsioni di vendita per i prossimi 12 mesi? Per regione? Per segmento demografico? Per tipologia di prodotto? I. Quale è il grado di insoddisfazione del cliente? J. Quanto hanno reclamato i clienti e su che cosa? K. ………………………………….

to da una competizione sempre più forte e da una crisi economica ormai perdurante, impone quindi a tutte le aziende di dotarsi di un sistema di E-BUSINESS INTELLIGENCE, in quanto offre loro eccezionali opportunità di porsi all’avanguardia nell’uso intelligente dei dati e di conquistare l’ambìto “vantaggio della prima mossa”. I ritardatari dell’E-Business Intelligence si troveranno a mangiare polvere, a tutto svantaggio dei propri clienti, azionisti, dipendenti e partner. Dotarsi di un sistema di Business Intelligence non significa solo adottare una o più tecnologie, ma significa creare le proprie informazioni e definire una strategia di formazione all’interno della propria organizzazione per l’accesso e la fruibilità della informazione, ovvero permettere ai propri utenti (Professional) la” navigazione” nelle informazioni attraverso tecniche di drill down, slice & dice, roll up nelle varie dimensioni di tempo, di canale, di mercato, di prodotto,…. Quindi per conseguire un vantaggio competitivo è inevitabile ed inderogabile che le aziende utilizzino, come arma vincente, le informazioni a supporto di decisioni o di azioni che possano permettere loro di contrastare i 5 fattori competitivi delineati dal Porter, ovvero la competitività del settore, il potere contrattuale dei clienti, il potere contrattuale dei fornitori, la minaccia di nuovi entranti e la minaccia di prodotti sostitutivi. Il digitale e l’ E-Business Intelligence le nuove frontiere della competitività.

L’attuale contesto economico, estremamente critico perché caratterizza-

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PERCHÉ LE PMI DOVREBBERO SAPERNE DI DIGITAL MARKETING E IMPARARE A INVESTIRE NEL MODO GIUSTO di Carlotta Carucci - CEO Vanilla Marketing

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t’s hard to find things that won’t sell online”, dice Jeff Bezos l’americano che nel 1994 ebbe l’idea, diciamolo pure geniale, di fondare amazon.com Jeff con queste nove parole ci ricorda un principio fondamentale che dovrebbe essere nel cuore e nella mente di ogni piccola o media o anche piccolissima impresa: internet, inteso come mezzo di marketing e comunicazione, è imprescindibile.

piuttosto un dato di fatto che il web sia in grado, se gestito con consapevolezza e, quindi, non subito, di generare valore e ricchezza. Internet rende flessibili i confini, raddoppia il possibile bacino d’utenza, insomma ci fa essere Glocal (il risultato di Global + Local) ovvero ci fa essere globali anche dalla sedia dell’ufficio.

Non è più una questione di “scelta”,

Lo scorso Luglio, durante una tavola

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Comunque è sempre bene non pensare al Digital Marketing come la panacea di tutti i mali.

rotonda al Web Marketing Festival che si è tenuto a Rimini (è uno degli eventi più significativi del settore nel panorama italiano), si parlava proprio di come, per poter lavorare nel mondo digitale, non sia ancora richiesta alcuna laurea o percorso formativo; questo fatto fa sì che alcune aziende, sopratutto nel panorama delle PMI, si siano imbattute in “professionisti poco professionali”. Che siano 500 o 5000 gli euro investiti, il problema non è la cifra, ma in alcuni casi la scarsa atten-dibilità di chi si propone e la quantità di obiettivi


CYB3RLIFE promessi e mancati che fanno tornare sui propri passi l’imprenditore che ha “provato” a vedere se internet poteva essere utile. A questo proposito è doveroso avere in mente due aspetti. Il primo è che per essere un professionista che opera nel mondo del Web Marketing di formazione ne serva molta, e ne serva in continuazione. Il secondo aspetto è che il web serve per fare business, ma per farlo, nella maniera corretta, bisogna sapere cos’è, come funziona e come definire strategie utili in base al budget di cui si dispone. E quindi, che cos’è il Digital Marketing? Comunemente si intende per Digital Marketing, o Web Marketing la promozione di un prodotto, di un servizio o di un brand attraverso una o più forme di media elettronico. Il Digital Marketing differisce dal marketing tradizionale perché è in grado di fornire statistiche e dati utili per capire se si sta procedendo nella giusta direzione. Sostanzialmente il Digital Marketing ci permette di minimizzare gli sprechi. Il Web Marketing non significa solo fare siti, ma racchiude figure professionali diverse che è utile imparare a conoscere. Esiste la figura del Web Designer che è la persona che sviluppa la grafica digitale di un sito, ovvero l’aspetto che avrà il sito internet della vostra impresa. Esiste poi il Copywriter che è la persona che scrive. Un buon copy, così come un sito facile da usare, è un aspetto fondamentale per convertire l’utente in cliente perché si sa che le persone comprano con il cuore e giu-

stificano con la ragione. Il Copywriter scrive testi per il sito, per il blog aziendale, per i canali social, per le campagne di e-Mail Marketing e risponde anche ai commenti su siti di reviews come Tripadvisor. Esiste poi il SEO (Search Engine Optimization) Manager ovvero la persona che studia e analizza le parole chiave più interessanti per la visibilità dell’azienda e, applicando una serie di tecniche specifiche, migliora il posizionamento del vostro sito sul motore di ricerca che, nel 99,9% dei casi è Google. C’è poi un PPC (Pay-Per-Clic) Manager colui che gestisce i soldi su piattaforme di pubblicità come Adwords. Questo può essere strumento davvero efficace se saputo gestire con intelligenza o molto costoso se si lascia gestire direttamente a Google (patron di Adwords) o a una persona poco esperta i meccanismi di questa piattaforma. Passiamo al Social Media Manager che è quella persona che gestisce gli account social, indica quali siano quelli più utili, suggerisce gli argomenti più coinvolgenti per il target di interesse e dice all’imprenditore quale sia il target di riferimento. Infine analizza come le persone si relazionano al brand e lo racconta. E anche se queste sono professioni moderne e tecnologiche richiedono l’amore e la dedizione di un artigiano che cuce insieme i pezzi e racconta, con il suo lavoro, storie. Il web è stata, ed è, una grandiosa rivoluzione che, come tutte le grandi innovazioni ha creato un’esplosione e, si sa, le esplosioni mescolano le carte in tavola, fanno caos, generano crisi. L’esplosione Word Wide Web ha cre-

ato crisi: ha messo in crisi il mondo dell’offline, ha messo in crisi il “vecchio” marketing, ha messo in crisi chi fatica a capirne il senso e il valore. Ma la crisi, di per sé e con sé, porta la possibilità, la creatività. Nel 1931 Einstein diceva che “La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le na-zioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.” La crisi va superata imparando a conoscerne le opportunità. Il Digital Marketing è utile, a volte addirittura vitale, per le aziende. Può esserlo per le imprese della nostra regione che lavorano nel calzaturiero? Certamente. E’ utile non solo a chi fa il prodotto scarpa “finito”, ma anche a chi lavora come terzista nel mondo del Business2Business. E’ utile a chi fa arredamenti, a chi si occupa di edilizia e di restauro, a chi ha ristoranti più o meno grandi, hotel, bed and breakfast, ma anche locali, pasticcerie e negozi. Il Web è utile alle aziende farmaceutiche, a chi vende servizi, a chi ha studi medici. Ogni impresa può trarre beneficio da questo nuovo modo di farsi conoscere e ogni impresa ha storie da raccontare per appassionare quelle persone dall’altra parte del monitor che si connettono, navigano e leggendo… scoprono. Internet è una grande opportunità che va saputa cogliere, nel modo giusto.

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CYB3RLIFE

IL WEB E’ MORTO Il 6 ottobre a Camerano Xplace e Antos propongono “Evo, digital evolution”

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l mondo è cambiato. Le dinamiche di approccio al marketing stanno variando a ritmi vertiginosi. Gli strumenti non bastano: devi avere a disposizione il giusto metodo per raggiungere gli obiettivi che l’azienda si è prefissata”. Ecco in sintesi la visione di Alessandro Cola, CEO di Xplace, digital agency di Osimo che, in collaborazione con Antos srl, ha proposto la realizzazione dell’evento: “Evo, digital evolution”. Il tema dell’evento è “dal Digital Marketing al Sales Management”: che significa? “Proponiamo per il 6 ottobre a Camerano una giornata di riflessione con numerosi esperti che parte dalla convinzione che le dinamiche che fanno riferimento al marketing efficace di questo nostro tempo mettono al centro il cliente e non il prodotto, il servizio o il marchio. Del resto oggi è il cliente che fa il mercato con i suoi “like” e, coloro che sono in grado di intercettare quei desideri e tramutarli in azioni di vendita, sono gli unici capaci di sopravvivere in questa giungla”. Il titolo dello speech è “L’era del Customer Marketing – Il WEB è morto”. Volutamente provocatorio? “Ovviamente è una provocazione. Il Web è morto da anni e nessuno se n’è accorto. I nuovi strumenti di comunicazione come lo Smartphone, i social network ed in generale Internet,

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hanno trasformato il web e il marketing così profondamente da invertire il flusso di informazioni e valori tra azienda e cliente. L’utente, mai come oggi, si trova al centro del business ed è lui a dettare le regole. Questo impone una continua ricerca e implementazione di nuove strategie comunicative, organizzative e sociali all’interno di ogni azienda, dalle più piccole alle multinazionali. Una grandissima sfida, questa, che passa inevitabilmente per la conoscenza dell’utente”. L’evento a chi si rivolge? “Principalmente a coloro che in azienda hanno capacità decisionale. Sono particolarmente affascinato dalle iniziative imprenditoriali nelle quali è in atto un cambio generazionale ed i paradigmi di questa dinamica, rispetto al passato, sono socialmente e strategicamente molto diversi. Oggi l’imprenditore (padre) pur avendo costrutito l’azienda, dato lavoro e fatto profitto, oggi, se non riconosce il cambiamento e non agevola il ricambio generazionale in favore di figli o di giovani manager spesso molto ben formati ma soprattutto più pronti ad intercettare il cambiamento, rischiano di divenire un ostacolo più che essere una risorsa. Nel mio speech all’evento farò alcuni esempi in questo senso”. Come è nato il binomio con Antos? “Semplicemente perché molto di frequente l’output di Xplace diventa l’input di Antos. Attraverso il customer

marketing, infatti, siamo in credo di studiare la strategia giusta per intercettare i potenziali clienti. E’ un lavoro tanto creativo quanto scientifico perché l’investimento è completamente misurabile. Una volta “ingaggiato” il pubblico poi, un buon CRM realizzato da esperti di business tools come gli amici di Antos, consente di finalizzare il business consegnandoti il valore di un metodo che fa la differenza. Perché i nostri lettori dovrebbe andare sul sito www.evodigitalevolution.com ed iscriversi? “Questo evento, il primo di un percorso formativo che stiamo mettendo a punto, è utile per tutti coloro che vogliono continuare a percorrere la strada del successo e non si accontentano di sopravvivere”.

Xplace Digital Agency è un’azienda con sede ad Osimo che ha festeggiato in questi giorni i 10 anni di attività. Lo staff è composto da 16 membri con clienti in tutta Italia ed ha un’Academy interna nella quale fa crescere nuovi talenti.


CARRIERE & POLTRONE Claudio D’Angelo

Muzio Papaveri

Vice Accountable Manager Aeroporto Raffaello Sanzio

Presidente Conerobus Ancona

Vice Sindaco Pd di Monte San Vito, è stato appena nominato a gestire le entrate e le uscite al varco colonne dell’aeroporto di Falconara.

Alla guida della partecipata del trasporto pubblico del capoluogo marchigiano, Muzio Papaveri è stato riconfermato nell’incarico. A lui si affiancano due nuove consigliere del CdA di Conerobus: la dott. ssa Valentina Scopa e la dott.ssa Maria Grazia Di Biagio.

Giovanni Fiorenzuolo direttore Area vasta 1 dell’Asur Marche

Nominato dalla giunta regionale, su proposta del direttore dell’Asur Alessandro Marini. Fiorenzuolo ha fino ad oggi ricoperto la carica di direttore di dipartimento del servizio di Prevenzione dell’Area vasta 2 e succede a Carmine Di Bernardo, dimissionario per motivi di salute.

Friederich Paolo Wendler Ad Aerdorica

Marco Di Eusanio Direttore Struttura Organizzativa Dipartimental e Cardiochirurgia Ospedali Riuniti

Torna alla guida di Aerdorica il manager italo-inglese di 56 anni che è stato amministratore delegato della società di gestione dell’Aeroporto delle Marche per otto mesi, dal 7 agosto 2006 al 20 aprile 2007, ma poi venne revocato per una serie di contrasti sul piano industriale. Nato a Portsmouth, da anni residente in Italia, il manager sostituirà l’ex Ad Andrea Delvecchio, decaduto dopo le dimissioni del presidente Lorenzo Catraro e della consigliera Federica Massei.

Classe 1973, il dott. Marco Di Eusanio è il nuovo Direttore Sod Cardiochirurgia di Ospedali Riuniti. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Bologna ha eseguito oltre 2000 interventi cardiochirurgici come primo operatore.

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FOCUS TERZO SETTORE

LA FUNZIONE SOCIALE ED ECONOMICA DELLE AZIENDE DEL TERZO SETTORE: Ruolo e prospettive di Vilma Mazzocco Management Academy Sida Group - Area Terzo Settore

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l Terzo settore come da Legge n. 106/2016 include il volontariato, l’associazionismo, gli enti morali, le fondazioni, la cooperazione sociale e finalmente a pieno titolo anche l’impresa sociale. Grazie alla Riforma il Terzo settore non è più un concetto sociologico, ma

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una vera e propria componente istituzionale della società, accanto alle imprese e alla pubblica amministrazione. Finisce quindi un percorso istituente durato più di tre decenni che ora si trova ad operare avendo una notevole leva imprenditoriale generatrice non solo di valore sociale, ma anche di economia e occupazione.

Nel corso degli ultimi anni in Italia si sono sviluppate nuove forme di imprenditorialità sociale, capaci di attrarre i capitali finanziari e di realizzare interventi maggiormente innovativi che gli attori sociali tradizionali hanno difficoltà a compiere. Il rapporto sull’impresa sociale realizzato da Iris Network del 2015 ha


FOCUS TERZO SETTORE evidenziato come la cooperazione sociale, negli anni della crisi economica e della contrazione delle risorse pubbliche destinate ai programmi di welfare, ha fatto registrare positive performance economiche ed occupazionali dimostrando di essere dotata di capacità imprenditoriale e di saper ridurre il livello di dipendenza dai finanziamenti pubblici. Questa tendenza trova conferma anche nel rapporto sulla cooperazione sociale elaborato dal Centro Studi Legacoop (2015). Nel 2013, le cooperative sociali attive erano 14.805 con un valore della produzione di 11,177 miliardi di euro, cresciuto del 32,4% nel periodo 2008-2013, avevano 359.980 addetti ed un patrimonio netto consolidato di 2,325 miliardi di euro. A prova di un rilevante dinamismo imprenditoriale, nel periodo 2009-2013 sono nate 3.778 cooperative, ad oggi attive, che a fine 2013 avevano una produzione complessiva di 842 milioni di euro e 29.546 addetti. Come è possibile che le cooperative sociali, incluse quelle di nuova costituzione, in un periodo in cui sono drasticamente diminuite le risorse pubbliche destinate ai servizi di welfare e in assenza di specifici provvedimenti legislativi, abbiano potuto conseguire simili risultati? La capacità di innovazione che tali imprese hanno mostrato nel corso del tempo è la sostanziale risposta a questi interrogativi. In particolare l’impresa sociale in termini di innovazione di prodotto, è in grado di progettare e di gestire nuovi servizi o di riorganizzare quelli preesistenti, in modo da soddisfare la domanda proveniente dalle comunità locali. Dall’altro lato, in termini di innovazione di processo, è stato rilevato come, oltre ad introdurre pratiche gestionali finalizzate all’aumento del livello di efficienza interna, mutuando dall’esperienza

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delle imprese for profit, le imprese sociali si caratterizzano per il loro specifico assetto di governance, ovvero per la capacità di coinvolgere nella loro gestione interna una pluralità di portatori di interesse, secondo un approccio multistakeholder. Inoltre, grazie alla loro capacità di stabilire accordi e di costruire reti con soggetti esterni, di natura sia pubblica che privata (altre imprese sociali o imprese for profit), queste realtà mostrano una marcata tendenza alla realizzazione di progetti e di iniziative complesse, attivando, attraverso la stipulazione di tali partnership, nuove dinamiche di sviluppo economico locale. Un ulteriore aspetto è costituto dall’elemento soggettivo, ossia dal fatto che l’impresa sociale possa rappresentare essa stessa un fattore di innovazione.

Secondo questa visione, l’innovazione è, pertanto, un fenomeno di institution building, di costruzione di un nuovo modello d’impresa, integrativo alle tradizionali soluzioni del pubblico e del mercato e capace di fornire in modo imprenditoriale, a differenza, quindi, delle altre organizzazioni del Terzo settore, soluzioni originali alle diverse problematiche sociali. Il futuro del Terzo settore ed in particolare delle imprese sociali si costruirà nella sperimentazione di nuove forme di mutualità (cross innovation) e nella promozione di sistemi territoriali di welfare comunitario, capaci di innovare le modalità di risposta alle problematiche sociali (social innovation) e di attivare la domanda privata pagante delle famiglie e delle imprese.

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FOCUS TERZO SETTORE

COS’È IL TERZO SETTORE: IL SUO RUOLO NELL’ECONOMIA MODERNA E NELL’OCCUPAZIONE, IL SUO FUTURO di Mario Iesari Management Academy Sida Group - Marketing Strategico e Impresa Sostenibile

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a prima definizione del terzo settore appare nel 1973 e lo descrive come un’aggregazione di organizzazioni economiche e sociali separate e di equilibrio fra lo stato ed il mercato; a differenza

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delle altre, le organizzazioni che ne fanno parte non vengono governate né dal sistema di incentivi e disincentivi economici tipica del mercato né dalla burocratica catena di comando delle istituzioni pubbliche. Una più recente defini-

zione del 2009 comprende nel terzo settore istituzioni promosse dalla società civile su base volontaria per perseguire obiettivi sociali e di comunità. Entrambe queste definizioni guardano alle differenze fra i diversi settori economici e sono


FOCUS TERZO SETTORE di matrice anglosassone. La visione europea del fenomeno è più sfumata e descrive il terzo settore come un ibrido con varie forme di organizzazioni che agiscono con modalità cangianti e che utilizzano un intreccio di risorse mettendo in relazione diverse aree piuttosto che definire chiare linee di demarcazione. Nella nuova normativa italiana votata nel 2016 per Terzo Settore si intende “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”. Una sintesi, inconsapevole o meno, del filone interpretativo anglosassone e di quello europeo. Possiamo anche leggere in termini evolutivi l’attuale espansione del Terzo Settore come la riconquista da parte della società civile del ruolo e della visibilità che per lunghi anni sono state sacrificate alla dominante visione statalista delle politiche sociali. Un passo ulteriore per comprendere l’articolazione del terzo settore, e per introdurre l’ analisi quantitativa si può compiere con la classificazione delle sue funzioni obiettivo, che sono tre: quella di produzione di beni e servizi che riguarda prevalentemente le cooperative e le imprese sociali, quella erogativa che è svolta soprattutto dalle fondazioni e quella di advocacy (patrocinio) che viene perseguita in particolare dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale. Passiamo quindi ora ad esaminare

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qualche numero che descrive le dimensioni e la rilevanza economica e sociale del terzo settore. Dal censimento italiano emerge come, al 31 dicembre 2011, le istituzioni non profit attive in Italia sono 301.191 (+28 per cento rispetto al 2001) e come l’incremento riguardi quasi tutte le regioni italiane, con punte sopra la media nazionale al Centro e nel Nordovest (rispettivamente 32,8 e 32,4 per cento in più rispetto al 2001). Rilevante è anche l’apporto di risorse umane impegnate nel settore. Le istituzioni non profit contano infatti sul contributo lavorativo di 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei. Sono quattro istituzioni su cinque a usufruire del lavoro volontario, mentre il 13,9 per cento delle istituzioni rilevate opera con personale dipendente e l’11,9 per cento si avvale di lavoratori esterni (lavoratori con contratto di collaborazione). Rispetto al 2001 è raddoppiato il numero di istituzioni con lavoratori esterni (35.977 istituzioni non profit nel 2011 contro 17.394 nel 2001) con un incremento del numero di collaboratori del 169,4 per cento. In Europa l’economia sociale offre un impiego retribuito ad oltre 14 mio di persone, il 6,5% della popolazione attiva della EU a 27; in alcuni paesi fra cui l’Italia si va dal 9% all’11,5% Il terzo settore contribuisce (secondo dati del 2010) al 4,3% del Pil nazionale con un volume di entrate pari a 63 miliardi. A queste cifre si dovrebbe aggiungere una stima del valore economico del lavoro volontario. Una ricerca del 2011 valorizza l’impegno dei volontari in unità di lavoro equivalenti (ULA) e le quantifica ad un valore pari 7.779 milioni di euro (lo 0,7%del PIL). Possiamo completare la valutazione dell’impatto positivo

del terzo settore sull’economia aggiungendo anche il risparmio per la Pubblica Amministrazione generato dalla gestione di problemi sociali di cui questa si sarebbe dovuta far carico (ad esempio l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati) ed infine il contributo all’accrescimento del capitale sociale. Le organizzazioni che operano nel no-profit possono essere suddivise sulla base della forma giuridica. I dati, non omogenei temporalmente, sono i seguenti: 11.808 cooperative sociali (rilevazione del 2011); 4.720 fondazioni (2005); 171 Associazioni di promozione sociale (2012); 21021 Organizzazioni di Volontariato (2003); 255 Organizzazioni non governative (2011). Negli ultimi anni, a seguito della tendenza della Pubblica Amministrazione di coinvolgere le organizzazioni del terzo settore nella produzione ed erogazione di servizi sociali, si è rafforzata la funzione produttiva a scapito di quelle più tradizionali, favorendo di conseguenza la diffusione di una maggiore vocazione imprenditoriale. Questo fenomeno riguarda in modo particolare due tipologie organizzative del terzo settore. Le imprese sociali costituite secondo la legge n.118/05 e soprattutto le cooperative sociali che sono le più numerose e che, a loro volta, si possono suddividere in cooperative di tipo A destinate alla gestione dei servizi socio/ sanitari ed educativi e quelle di tipo B che si prefiggono l’inserimento nella attività lavorativa e sociale di persone svantaggiate. Sono circa 5 milioni gli utenti che nel 2010 si sono avvalsi dei servizi prodotti e/o erogati dalle imprese e cooperative sociali, la maggior parte dei quali (oltre il 60%) riguardano i servizi socio-assistenziali e sanitari. Inoltre

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FOCUS TERZO SETTORE queste imprese hanno caratteristiche che le rendono particolarmente interessanti. Le donne impiegate sono il 29% contro il 19% medio dell’economia. Il 49,7% degli addetti sono part time contro il 26,7% medio. Gli impiegati sono il 20,8% contro il 14,9%, ed infine il 28% delle organizzazioni sociali prevedono l’assunzione di laureati contro il 14,5% della media dei settori economici italiani Le imprese sociali, una componente chiave del terzo settore, sono definite come organizzazioni o associazioni private che svolgono attività di impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Queste imprese si rivolgono ad una comunità più ampia rispetto alle tradizionali imprese business-oriented ed i profitti sono limitati allo scopo di reinvestire in ulteriori miglioramenti degli obiettivi sociali o di implementarne degli altri. Tuttavia la propensione all’assunzione di maggiori rischi imprenditoriali e allo sviluppo di soluzioni innovative differenzia le imprese sociali dalle altre forme di organizzative del terzo settore. Più in generale Il terzo settore negli ultimi anni è stato percepito come uno spazio economico in grado di attenuare gli effetti della perdurante crisi grazie alle caratteristiche che rendono le sue organizzazioni più resilienti ed adattive. Queste infatti non possono essere cedute, le attività di produzione non possono essere spostate (non si delocalizza), finanziariamente sono più flessibili e hanno l’appoggio della pubblica opinione. Non solo, le organizzazioni del terzo settore operano prevalentemente in settori che possono agevolare l’uscita dalla crisi come l’economia della conoscenza, dei servizi di relazione e l’economia circolare. Le imprese sociali aiutano anche a ridurre i tre squi-

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libri del mercato del lavoro: l’elevata disoccupazione, l’instabilità dell’occupazione e la marginalità. La Comunità Europea riconosce quindi un ruolo molto importante all’economia sociale per la realizzazione di un nuovo modello di sviluppo in grado di favorire la definitiva uscita della Comunità dalla crisi economica. In particolare i progetti europei vogliono focalizzare l’attenzione del terzo settore nei confronti della innovazione sociale. Nuovi prodotti, servizi e modelli con cui si fronteggiano crescenti bisogni sociali (più efficacemente delle alternative e creano nuove relazioni e nuove collaborazioni). La necessità di ridefinire gli interventi pubblici nell’ambito dei sistemi di protezione sociale è diventata un’emergenza di primaria importanza da diversi anni, in particolar modo all’interno di una crisi globale che ha intaccato sia il piano economico-finanziario che quello sociale dei nostri paesi. Tale situazione deriva dall’agi-

re combinato di due cause specifiche: da un lato, la difficoltà in aumento nel dare risposte attraverso erogazioni monetarie centralizzate, che ha fatto emergere in pochi anni l’inadeguatezza dei sistemi di welfare come quello italiano (e più in generale dell’Europa continentale), incentrati maggiormente su erogazioni monetarie (pensioni, sussidi vari, redditi di cittadinanza, ecc.) che sull’offerta di servizi; dall’altro, la crescente differenziazione dei bisogni (a tutti i livelli: per generi, ambiti territoriali, ecc.) che ha reso via via sempre più inefficaci le risposte standardizzate offerte dalle pubbliche amministrazioni. Inoltre, la differenziazione dei bisogni è particolarmente collegata all’evoluzione demografica: da una parte, l’aumento della speranza media di vita attesa ha causato un aumento della domanda di prestazioni previdenziali, sanitarie e sociali; dall’altra la diminuzione dei tassi di natalità, che riduce la popolazione attiva, ha


FOCUS TERZO SETTORE esercitato una forte pressione sulla sostenibilità economica dei sistemi di protezione sociale. Ciò che i cittadini chiedono oggi ai sistemi di offerta di prestazioni sociali è sostanzialmente quello che in letteratura economica rientra nell’approccio dello “sviluppo umano”, ovvero un superamento del mero welfare state come conosciuto fino ad oggi a fronte di un nuovo orientamento allo sviluppo delle cd. capabilities (o capacitazioni). Secondo tale prospettiva il benessere degli individui non deve essere misurato solo attraverso le variabili economiche di reddito, consumo e bisogni sociali, ma deve assumere una connotazione multidimensionale e più attenta agli aspetti qualitativi (well-being e non più welfare). In Italia, finalmente secondo gli operatori del terzo settore, la nuova legge dovrebbe permettere a questi ultimi di acquisire quello spazio e quelle opportunità di sviluppo che vengono auspicate da molti, a cominciare dalla Comunità Europea, per realizzare un nuovo modello di sviluppo più sostenibile economicamente, socialmente ed ambientalmente. La legge delega votata in via definitiva dalla Camera dei deputati a maggio 2016 dà mandato al governo di mettere ordine e semplificare l’intero settore. I temi principali oggetto della successiva azione del governo, che avrà tempo fino al giugno 2017, sono i seguenti. È prevista una drastica semplificazione cominciando da una definizione civilista uniforme fino a un disboscamento delle tante norme in materia fiscale che si sono moltiplicate nel corso degli anni. Con la scelta di prevedere vantaggi fiscali solamente per alcune realtà giudicate meritevoli. Alla logica della semplificazione viene iscritta anche la realiz-

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zazione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore. Fondamentale viene considerata La riforma del codice civile. Si dà mandato al governo di rivedere e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, definire le informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi, prevedere obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente. La riforma del Codice Civile viene considerata la madre di tutte le riforme, perché senza cambiare il Codice civile, resta solo spazio per leggi di settore. Invece è fondamentale che si possa dire con chiarezza che si può fare pienamente impresa pur senza porsi obiettivo di lucro. È uno sdoganamento del Terzo settore come componente economica strategica. È previsto il riordino e la revisione organica della disciplina in materia di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Parallelamente si prevede uno specifico riconoscimento e una valorizzazione per le organizzazioni di volontariato: in particolare nei decreti delegati andranno valorizzati i princìpi di gratuità, democraticità e partecipazione, e andrà favorita all’interno del Terzo settore “la specificità delle organizzazioni di soli volontari, comprese quelle operanti nella protezione civile, e le tutele dello status di volontario”. È prevista una revisione delle norme per facilitare e sostenere una nuova imprenditoria sociale che si accompagni a quella esistente, prevalentemente di natura cooperativa, in grado di affrontare, con una finalità sociale, soluzioni ai tanti bisogni che oggi non trovano una risposta appropriata. L’impresa sociale viene fatta rientrare a pieno titolo nel complesso degli enti

del terzo settore ed è definita come organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che destina i propri utili prioritariamente allo svolgimento delle attività statutarie adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorendo infine il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività. Sono previsti limiti più stringenti riguardo alla remunerazione del capitale, la cui soglia coincide con quella prevista per le cooperative a mutualità prevalente. Il ddl infine prevede la revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, legando tale definizione alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente. Si prospetta dunque l’introduzione di un regime tributario di vantaggio che tenga conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente, del divieto di ripartizione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e dell’impatto sociale delle attività svolte dall’ente. Il senso è dunque quello di superare la “giungla” di norme fiscali attualmente in vigore e di mettere in piedi un sistema che premi – con vantaggi fiscali – solamente quelle realtà che effettivamente svolgono attività di utilità sociale. Prevista anche la riforma strutturale del cinque per mille. Auspichiamo quindi che questa volta l’azione riformatrice nel nostro Paese sia giunta in tempo per favorire la definitiva affermazione di una realtà economica e sociale in grado di dare molte delle risposte alle domande di sicurezza, sviluppo e sostenibilità che sono state poste dalla crisi di un vecchio modello di sviluppo dominato dalle logiche del mercato e dello stato.

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TERZO SETTORE, LA RIFORMA È LEGGE: ECCO COSA PREVEDE di Vilma Mazzocco Management Academy Sida Group - Area Terzo Settore

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l 18 giugno 2016 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale numero 141 la legge 106 “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale” che dà mandato al Governo di mettere ordine e semplificare l’intero settore. Il governo ha un anno di tempo dalla data di entrata in vigore per dare attuazione effettiva a questi principi attraverso i decreti legislativi delegati. Ecco i punti principali della legge delega: TERZO SETTORE E’ previsto che con Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà, promuovono e realizzano attività di interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita, di mutualità o di produzione o scam-

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bio di beni o servizi. L’obiettivo dei decreti del governo sarà una drastica semplificazione, cominciando da una definizione civilista uniforme fino a un disboscamento delle tante norme in materia fiscale che si sono moltiplicate nel corso degli anni. RIFORMA CODICE CIVILE Viene dato mandato al governo di rivedere e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica, definire le informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi, prevedere obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente. CODICE DEL TERZO SETTORE Il governo è chiamato al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente sugli enti del Terzo settore con la redazione di un codice per la raccolta e il coordinamento delle disposizioni e con indicazione espressa delle norme abrogate. Andranno individuate poi quelle attività di interesse

generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, e il cui svolgimento costituisce requisito per l’accesso alle agevolazioni previste dalla normativa. Previsto anche che nella contabilità siano separate e distinte sulla base della loro finalizzazione alla realizzazione degli scopi istituzionali. REGISTRO UNICO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE Il governo dovrà riorganizzare il sistema di registrazione degli enti e di tutti gli atti di gestione rilevanti, secondo criteri di semplificazione e tenuto conto delle finalità e delle caratteristiche di specifici elenchi nazionali di settore, attraverso la previsione di un registro unico nazionale del Terzo settore, suddiviso in specifiche sezioni, da istituire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. VOLONTARIATO E’ previsto il riordino e la revisione organica della disciplina in materia di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Parallelamente si prevede uno specifico


FOCUS TERZO SETTORE riconoscimento e una valorizzazione per le organizzazioni di volontariato: in particolare nei decreti delegati andranno valorizzati i princìpi di gratuità, democraticità e partecipazione. IMPRESA SOCIALE E’ prevista una revisione delle norme per facilitare e sostenere una nuova imprenditoria sociale che sia in grado di affrontare, con una finalità sociale, risposte ai tanti bisogni che oggi non trovano una risposta appropriata. L’impresa sociale viene fatta rientrare a pieno titolo nel complesso degli enti del terzo settore ed è definita come organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che destina i propri utili prioritariamente allo svolgimento delle attività statutarie adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti, e favorendo il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività. CENTRI SERVIZI VOLONTARIATO Si prevede la revisione del sistema dei Csv con una ridefinizione dei compiti a loro attribuiti, anche in riferimento alla loro governance e al principio, che viene affermato, della cosiddetta “porta aperta“, che garantisce maggiore democraticità. I Csv (che forniscono supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore) vengono finanziati stabilmente con le risorse della legge 266/1991. TRASPARENZA E CONTROLLI Il sistema di verifica non prevede l’ istituzione di una nuova Authority ma affida i compiti più importanti in tal senso al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il ddl introduce anche per le associazioni e le fonda-

A CURA DI

zioni che svolgono attività di impresa con fatturati che andranno definiti, obblighi di trasparenza e di tenuta di bilancio e di informazione a terzi in base ai requisiti del libro V del codice civile. SERVIZIO CIVILE La Riforma istituisce il “servizio civile universale”, primo passo per arrivare all’obiettivo fissato dal governo di 100 mila volontari l’anno. Il servizio civile riguarderà giovani dai 18 ai 28 anni, italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, che saranno ammessi al servizio tramite bando pubblico. CONSIGLIO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE Si avrà il superamento del sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l’associazionismo di promozione sociale, con l’istituzione del Consiglio Nazionale del Terzo settore, presentato come “organismo unitario di consultazione degli enti del Terzo settore a livello nazionale”. La sua composizione dovrà valorizzare il ruolo delle reti associative di secondo livello. FISCO La Riforma prevede la revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, legando tale definizione alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente. Si prospetta dunque l’introduzione di un regime tributario di vantaggio che tenga conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente, del divieto di ripartizione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e dell’impatto sociale delle attività svolte dall’ente. Il senso è dunque quello di superare la scomposta stratificazione di norme fiscali attualmente in vigore e di defini-

re un sistema che premi – con vantaggi fiscali – solamente quelle realtà che effettivamente svolgono attività di utilità sociale. Prevista anche la riforma strutturale del cinque per mille. FONDI ROTATIVI Previsto un Fondo per sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale con il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni comprese tra gli enti del Terzo settore. Per l’anno 2016 la dotazione della sezione a carattere rotativo è di 10 milioni di euro mentre per la sezione a carattere non rotativo ci prevedono 7,3 milioni di euro. FONDAZIONE ITALIA SOCIALE La Riforma istituisce inoltre la Fondazione Italia sociale, con lo scopo di sostenere la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi ad elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti svantaggiati. La Fondazione parte con un contributo pubblico di un milione di euro e prevede anche la raccolta di donazioni private. RISORSE La Riforma prevede 17 milioni per il Fondo rotativo per organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale. Già attivo invece il Fondo per finanziamenti agevolati ad imprese e cooperative sociali grazie alla delibera CIPE che ha stanziato 200 milioni di euro. Nella legge di stabilità erano già stati approvati 140 milioni di euro per la piena applicazione della riforma nel 2016 e 190 milioni negli anni 2017 e 2018. Da ricordare anche che la riforma strutturale del cinque per mille può contare su 500 milioni annui.

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QUALI GLI AIUTI, GLI INCENTIVI E LE AGEVOLAZIONI FINANZIARIE A SOSTEGNO DEL TERZO SETTORE di Nicasio Riggio Management Academy Sida Group - Area Finanza Agevolata

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o scorso 25 maggio la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge del Governo Renzi per la riforma ultima del Terzo settore o, più completamente, del “Terzo settore dell’impresa sociale e del servizio civile universale”. Non è possibile dare una definizione univoca di terzo settore, ma in generale possiamo dire che ne fanno parte tutti quei soggetti, anche molto diversi tra loro (tra i quali ricordiamo le

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onlus, le organizzazioni non governative, le cooperative e le associazioni), che hanno come obiettivo quello di fornire una serie di servizi ai cittadini, senza avere come principale obiettivo lo scopo di lucro. Sono infatti imprese che hanno come fine ultimo quello di garantire servizi che né lo Stato, né i privati sono in grado di soddisfare ed erogare: senza entrare nel dettaglio si tratta di prestazioni che hanno a che fare principalmente con i campi dell’assistenza sociale, sanitaria e dell’istruzione. Occorre inoltre ricor-

dare un aspetto fondamentale: il terzo settore non è soltanto sinonimo di volontariato, ma è anche uno dei più grandi motori dell’occupazione. La normativa approvata ha la caratteristica di essere una legge delega: in sostanza individua i principi base a cui il governo dovrà attenersi per dare vista ai decreti legislativi nei prossimi dodici mesi, ossia il contenuto specifico della riforma. L’obiettivo dei decreti del governo sarà una drastica semplificazione, cominciando da una definizione civilista unifor-


FOCUS TERZO SETTORE me fino alla razionalizzazione delle numerose norme in materia fiscale che si sono moltiplicate nel corso degli anni. Il ddl, tra le altre cose, istituisce la Fondazione Italia sociale, con lo scopo di sostenere la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi, mediante l’apporto di adeguate risorse finanziarie. Lo Statuto della Fondazione prevedrà “strumenti e modalità che consentano alla Fondazione di finanziare le proprie attività attraverso la mobilitazione di risorse finanziarie pubbliche e private, anche mediante il ricorso a iniziative donative per fini sociali e campagne di crowdfunding, nel rispetto del principio di prevalenza dell’impiego di risorse provenienti da soggetti privati”. L’approvazione del disegno di legge è quindi l’ennesima conferma dell’importanza che questa tipologia di impresa sta assumendo a livello nazionale, nonché della strategicità circa le funzioni svolte all’interno del tessuto sociale italiano. A supporto quindi dell’operatività di queste imprese il governo sta studiando alcune misure finanziarie che possano dare un forte impulso allo sviluppo di questa nuova forma di imprenditorialità. Ad esempio è previsto un Fondo per sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale con il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni ricadenti nel Terzo settore. Il ddl approvato prevede inoltre 17 milioni per il Fondo rotativo per le organizzazioni di volontariato e di promozione sociale. È inoltre attivo il Fondo per finanziamenti agevolati (durata non superiore a 15 anni) ad imprese e cooperative sociali grazie alla delibera CIPE, che ha stanziato 200 milioni di euro: il regime di aiuto

A CURA DI

istituito con il decreto MISE del 3 luglio 2015 è destinato ad agevolare le imprese sociali di cui decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 ed i relativi consorzi e le società cooperative aventi qualifica di ONLUS. Sono ammessi alle agevolazioni programmi di investimento finalizzati alla creazione o allo sviluppo delle predette imprese che prevedano spese ammissibili superiori ad € 200.000 ed inferiori ad € 10.000.000 per l’acquisto di beni e servizi come suolo aziendale, fabbricati, macchinari, impianti, brevetti, licenze, formazione, consulenze specialistiche, studi di fattibilità economico-finanziaria. Un altro strumento è l’EaSI, che punta a promuovere un elevato livello di occupazione sostenibile e di qualità, garantire una protezione sociale adeguata e dignitosa, combattere l’emarginazione e la povertà e migliorare le condizioni di lavoro. Gli imprenditori sociali e i micro-imprenditori, per il periodo 2014-2020, avranno accesso a 500 milioni di euro di finanziamenti, grazie anche all’intervento della garanzia del Programma europeo per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI), che fornirà una garanzia di 96 milioni di euro. Le agevolazioni sono rivolte principalmente alle persone (in particolare quelle che hanno difficoltà ad accedere al mercato del lavoro o ai finanziamenti) che vogliono avviare o sviluppare un’impresa sociale o una microimopresa, proprio attraverso lo sviluppo e il potenziamento del microcredito. Questo sostegno consentirà alle banche e agli investitori in imprese sociali di supportare imprenditori caratterizzati da un profilo di rischio medio alto, e quindi con scarse possibilità di finanziamento. In ultimo, occorre ricordare come il

Fondo Sociale Europeo (FSE) sostenga attivamente la creazione di imprese sociali: il sostegno viene garantito in diverse forme, ad esempio con l’offerta di formazione manageriale a beneficio dei futuri imprenditori, nonché attraverso l’erogazione di formazione tecnica specifica in base alle esigenze di ogni impresa. L’FSE finanzia progetti locali, regionali e nazionali in materia di occupazione in tutta Europa, partendo dai piccoli progetti gestiti da associazioni benefiche locali per aiutare i disabili a trovare un posto di lavoro idoneo fino ad arrivare ai progetti di portata nazionale per promuovere la formazione professionale presso l’intera popolazione. In quest’ambito è importante sottolineare che i fondi vengono gestiti direttamente dagli Stati membri e dalle Regioni che, attraverso l’emanazione di bandi ad hoc, erogano i contributi previsti alle imprese beneficiarie. Importanti iniziative stanno prendendo il via anche nel settore culturale, dove le imprese sociali possono recitare un ruolo da protagoniste: dal 15 settembre prossimo partirà il nuovo programma di incentivi (finanziamento a tasso zero e contributo a fondo perduto) “Cultura Crea” promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, destinato a chi vuole creare o sviluppare iniziative imprenditoriali (anche no profit) nel settore dell’industria culturale-turistica nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Le risorse disponibili ammontano complessivamente a circa 107 milioni di euro, così suddivisi: 42 milioni per la nascita di nuove imprese; 38 milioni per il sostegno alle imprese già attive; 27 milioni per il terzo settore. E’ prevista una dotazione finanziaria aggiuntiva di 7 milioni di euro da ridistribuire proporzionalmente sui tre filoni.

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LE AGEVOLAZIONI FISCALI DEL TERZO SETTORE di Roberto Antonella Management Academy Sida Group - Area Fiscale Societaria

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l mondo del terzo settore è caratterizzato dal fatto che gli enti ad esso appartenenti non svolgono, almeno in maniera prevalente, attività commerciale, e che sono enti senza scopo di lucro. Ai fini della qualificazione dell’ente come non commerciale è necessario analizzare le previsioni contenute nello statuto e l’attività effettivamente svolta dall’ente. Nell’ambito delle attività delle associazioni, sono da considerarsi non commerciali, e quindi non soggetti a tassazione: • Tutte le attività svolte verso gli as-

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sociati, in conformità alle finalità dell’associazione, per cui non viene chiesto uno specifico corrispettivo economico; • Le quote associative dei soci e gli altri contributi versati dai soci all’associazione; • Le donazioni ricevute dall’associazione; • I contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento convenzionato, in regime di accreditamento, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità agli scopi dell’associazione; • I fondi pervenuti da raccolte pub-

bliche effettuate occasionalmente in occasione di determinate festività o ricorrenze; • I corrispettivi ricavati dalla cessione, anche a terzi, di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. Sono inoltre previste ulteriori agevolazioni fiscali per le associazioni politiche, sindacali, di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive, di promozione sociale e formazione extra-scolastica. Questi enti possono svolgere attività a pagamento verso i loro associati, in diretta attuazione degli scopi associativi, che sono con-


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siderate fiscalmente irrilevanti purchè vengano rispettati due requisiti fondamentali: • l’attività deve essere svolta a favore degli associati, essendo quella svolta a favore di terzi non soci normale attività commerciale; • l’attività deve essere svolta nell’ambito dell’attività istituzionale dell’ente. Gli statuti devono prevedere le seguenti clausole: • il divieto di distribuzione di utili, avanzi di gestione, fondi, riserve e capitali; • in caso di liquidazione dell’ente, l’obbligo di devolvere il proprio

A CURA DI

patrimonio ad altre associazioni od enti con le medesime finalità; • la disciplina uniforme del rapporto associativo; • l’obbligo di redigere un rendiconto economico finanziario annuale; • la libera eleggibilità dei soci e l’adesione ai principi di democrazia interna; • l’intrasmissibilità delle quote sociali. Inoltre, le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale riconosciute dal Ministero dell’interno e tutte le associazioni ad esse affiliate, godono di ulteriori agevolazioni: • non è considerata commerciale la

somministrazione di alimenti e bevande effettuata, a favore dei soci, presso la sede dell’associazione; • non è considerata commerciale l’attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici a favore dei soci. Una disciplina ad hoc è invece prevista per le ONLUS. Sono ONLUS di diritto le associazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, le Organizzazioni non governative, le cooperative sociali, i consorzi delle cooperative che hanno la base sociale formata al cento per cento da cooperative sociali, gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese. Sono infine Onlus le associazioni, le fondazioni, i comitati ed altri enti che operano in determinati settori (assistenza sociale e socio sanitaria, assistenza sanitaria, beneficienza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico di cui alla L. 1089/1939, tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni, ovvero ad esse affidata ad Università, enti di ricerca). Le Onlus godono di un regime tributario agevolato in materia di imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto e altre imposte indirette. Le attività istituzionali perseguite dalle ONLUS non sono soggette ad imposizione fiscale. Esse sono cioè completamente irrilevanti dal punto di vista tributario. Neppure i proventi derivanti da attività direttamente connesse concorrono a formare il reddito dell’ONLUS.

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Il terzo settore, la cooperativa (o organizzazioni non profit-onp) RIFLESSIONI di Flavio Guidi Management Academy Sida Group - Area Macroeconomica

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l terzo settore è stato definito tale in quanto raggruppa tutte quelle aziende che non appartengono al settore privato (aziende che pongono il profitto e il mercato alla base della loro attività) né al settore pubblico (quelle aziende – di Stato – o istituzioni create dalla volontà politica per svolgere le attività aventi carattere sociale). Si tratta di cooperative sociali di tipo A e B, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, fondazioni, organizzazioni non governative, onlus, banche etiche. Alla base della loro origine c’è, cosa che li distingue dagli altri settori, l’orientamento altruistico alla solidarietà e all’equità; tra le motivazioni vi sono la cultura, i valori e l’etica. La cooperativa ha trovato soprattutto in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Liguria) ampia espressione, dove la cultura e i valori della solidarietà, del vogliamoci bene e dell’aiutare trovano nella storia di quelle popolazioni una loro origine. Pensiamo alla struttura sociale del clan del casale emiliano romagnolo. È in questo contesto maturo che si è andata configurando la cooperativa: lavoriamo insieme, senza porre il nostro egoismo al centro dell’agire aziendale e che i frutti vadano ripar-

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titi in modo uguale fra tutti indipendentemente dal ruolo che ognuno ha apportato al prodotto dell’attività. Mentalità collettivistica. L’Italia è fatta per lo più di un popolo estroverso che trae dalla relazione il motivo della sua esistenza, questa interazione continua l’ha portato a trovare l’espressione personale più nel dare che nel prendere o ricevere. L’espressione del potere e del soggetto viene ricercata, più che nell’individualismo egocentrista, nella generosità di atteggiamento. Siamo considerati in tutto il mondo “brava gente”. Per dar origine ad una cooperativa bisogna quindi che chi intende farne parte disponga di maturità emotiva, dove l’egoismo, l’invidia, la gelosia e la rivalità sono pulsioni che vengono controllate. Senza maturità ed equilibrio psicologico si rischia di generare un’azienda amministrata da una falsa democrazia, un condominio dove trovano luogo i comportamenti più stupidi e infantili. Senza una governance evoluta l’organismo tende a decadere. Nella cooperativa, oltre a un’espressione funzionale e intelligente delle governance, si rende anche necessaria una conduzione che osservi i fonda-

mentali (economici, finanziari, organizzativi, commerciali) che guidano l’azienda privata e pubblica. Il momento patrimoniale, economico, finanziario e organizzativo devono trovare il loro equilibrio. Da ciò consegue che bisogna gestire con attenzione il momento strategico e riservare particolare cura alla strutturazione, dove nelle diverse funzioni dell’organismo “cooperativa” devono essere posti uomini in possesso di valori e managerialmente preparati. Importante è che nel processo di cooperazione non prevalgano lo scambio e la relazione politica. Esiste il fenomeno delle cooperative deviate: queste non sono cooperative ma espressione del mal governo e della deviazione di forme politiche che, nascondendosi dietro ai privilegi che gli sono stati conferiti, esprimono la loro esigenza di potere. La cooperativa è uno strumento di attività economica collettiva dove si ritrova sia il gruppo che l’individuo. Dove l’attività ludica umana ritrova se stessa, l’occasione di esprimere la sua carica empatica, il suo determinismo centrato sull’altruismo dove la creatività è espressa in senso sincrono, dove l’individuo è se stesso, una componente di un insieme armonico.


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CROWDFUNDING E TERZO SETTORE di Michele Barchiesi Management Academy Sida Group - Sviluppo Organizzativo e Strategia d’Impresa

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on-profit non significa che non si tratti di imprese. Sembra un assunto semplice e banale, ma non è affatto scontato nella pratica quotidiana, dove si misura facilmente ciò che è monetizzabile in via diretta, mentre i metodi di valutazione delle esternalità positive sociali ed ambientali non seguono ancora percorsi omogenei e standardizzati. Il Terzo Settore va gestito integralmente con tutti i crismi della gestione aziendale, a partire dai calcoli del

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fabbisogno finanziario e dalle strategie di ottenimento delle adeguate coperture. Il crowdfunding è uno strumento innovativo per ottenere copertura finanziaria per imprese, prodotti, progetti. Si tratta di un’evoluzione interessante del mercato dei capitali, poiché funziona attraverso la mediazione di piattaforme telematiche specializzate e attraverso la propensione del pubblico di donare, prestare o investire del denaro sulle attività che reputano più interessanti. Passando

per dei portali web appositamente creati, consultando le campagne create dai proponenti, il pubblico degli internauti ha quindi la possibilità di valutare e finanziare direttamente idee di business di ogni tipo. Questo permette alle startup il parziale bypass delle tradizionali procedure finanziarie (con relativi scogli, nodi, lentezze) e permette anche loro di ottenere consenso diffuso e visibilità perfino fin dalle fasi embrionali di un progetto di impresa. Si tratta di quello che potrebbe essere un enorme passo avanti verso una vera “democrazia


FOCUS TERZO SETTORE economica”. Si mescolano, in questo ambito, discipline, procedure, attitudini, tradizioni di diverso tipo: dalla neuroeconomia alla psicolinguistica, dalla pianificazione strategica alla valutazione d’azienda, dal web marketing alla psicologia degli investimenti e degli investitori, dalla finanza alle tecniche di vendita e così via. Uno dei tanti aspetti interessanti del crowdfunding è che esso può rappresentare un utile strumento al servizio delle imprese sociali, a tal punto da rappresentare un nuovo strumento di fundraising, complementare e compensativo rispetto ai mezzi tradizionali. Nonostante si parli ancora relativamente poco di crowdfunding (almeno in Italia) si tratta di un fenomeno già presente da diversi anni e questo implica che già possa esistere generalmente una consistente bibliografia composta di dati statistici, buone pratiche, casi specifici, utili a misurare le potenzialità di questo sistema di copertura finanziaria, in base al tipo di progetto, di impresa e di settore di riferimento. Tuttavia, per il Terzo Settore in particolare vi è tuttora una certa scarsità di evidenze empiriche che permettano di individuare le strategie più azzeccate per il successo di una campagna di crowdfunding. E per il mondo del Non-profit si tratta di una questione non da poco, visto che la finanza tradizionale si è mostrata spesso insufficiente od inefficiente per far fronte ai fabbisogni emergenti (non esiste un sistema di misurazione del valore della finalità sociale per cui è richiesto ed impiegato il danaro, rispetto alle normali logiche produttive e commerciali di un’azienda profit) e che il classico fundraising (“offline”) si sia mostrato poco efficace soprattutto nel sostenere la fase di avvio e

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di primo sviluppo. Ciò non toglie che il panorama, specialmente quello italiano, mostri una buona propensione alla donazione da parte del pubblico: si tratta di una nostra peculiarità culturale, tanto è vero che spesso molte campagne di raccolta vengano pubblicizzate, o perfino portate direttamente avanti, attraverso i social network, Facebook e Twitter in primis, con un considerevole consenso. Occorre tener presente che ai normali impulsi filantropici e mutualistici di chi normalmente effettua una donazione, tipiche basi della cooperazione sociale, nel crowdfunding si va ad aggiungere che i sostenitori di un progetto potrebbero decidere di investirvi del denaro non solo per ottenere ritorni esperienziali, emozionali, reputazionali, ma anche per ricevere

ricompense materiali (le cosiddette rewards) e benefici finanziari e fiscali. Quel che serve, dunque, è di permettere al progetto di esprimere completamente il suo valore intangibile, di comunicare a chiunque voglia approfondirlo quali siano le idee e i valori fondamentali che stanno dietro all’iniziativa, di poter essere compreso e legittimato, quindi condiviso. Un’impresa sociale ripaga i suoi sostenitori con il senso di appartenenza, con l’orgoglio della condivisione e della solidarietà, con la creazione di valore per la comunità e se questo aspetto è comunicato nel giusto modo, può in gran parte motivare la donazione. Quello che poi occorre è un adeguato apparato normativo a contorno, che permetta di dare un valore un pochino più materiale, ma comunque sentito, a chi dona.

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CONTRIBUTI E INCENTIVI

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A CURA DELLA DIVISIONE STRATEGIA E FINANZA D'IMPRESA SIDA GROUP SRL REGIONE MARCHE

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“Contributi per il settore commercio” Contributi per sostenere l’attività delle piccole e medie imprese commerciali e di somministrazione alimenti e bevande marchigiane. L’entità massima del contributo è pari al 15% delle spese ammissibili, fino ad un massimo di € 12.000,00. Sono ammissibili le spese effettuate dal 01/01/2015. SCADENZA: 04/10/2016

“Sostegno allo start up e allo sviluppo di impresa nelle aree d crisi produttiva” Il bando è finalizzato a promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, supportando gli investimenti, la crescita e la riqualificazione dei lavoratori nelle tre aree di crisi produttiva e occupazionale della Regione: l’area dell’Accordo di programma Merloni, quella del Piceno e infine gran parte della Provincia di Pesaro Urbino. L’iniziativa prevede la concessione di contributi a fondo perduto alle micro, piccole e medie imprese per progetti di start up, di sviluppo produttivo, di rilocalizzazione della produzione e per il trasferimento di impresa volto a favorirne la continuità. A PARTIRE DAL: 14/07/2016

REGIONE MARCHE “Contributi per l’avvio di nuove imprese” La Regione sostiene i soggetti disoccupati favorendo l’aumento dell’occupazione, della competitività e l’affermazione delle capacità imprenditoriali. Il sostegno è a favore anche di imprese nate da processi di workers buyout. I contributi sono erogabili fino ad un massimo di € 25.000. SCADENZA: 20/10/2016

REGIONE MARCHE “Contributi per l’avvio di nuove imprese artigiane” La Regione promuove le imprese artigiane, singole o associate, che alla data di presentazione della domanda risultino iscritte all’albo ed attive a partire dal 01/06/2015. Sono ammissibili progetti che prevedono la continuazione di ditte già esistenti. Le misure prevedono l’erogazione di contributi a fondo perduto, la cui intensità varia in funzione della misura scelta, finoa ad arrivare ad un massimo del 50% delle spese ammisibili. SCADENZA: 15/12/2016

REGIONE MARCHE “Contributi per le imprese artigiane” La Regione ha promosso alcune iniziative finalizzate a sostenere lo sviluppo delle imprese artigiane e delle produzioni artistiche. Le misure prevedono l’erogazione di contributi a fondo perduto, la cui intensità varia in funzione della misura scelta, finoa ad arrivare ad un massimo del 50% delle spese ammisibili. SCADENZA: 28/10/2016

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REGIONE MARCHE

“Voucher per l’internazionalizzazione” L’iniziativa è volta a sostenere le aziende e le reti di imprese nella loro strategia di accesso e consolidamento nei mercati internazionali. L’intervento consiste in un contributo a fondo perduto sotto forma di VOUCHER, ovvero un sostegno economico a copertura dei servizi erogati all’impresa finalizzati a studiare, progettare e gestire i processi e i programmi sui mercati esteri. SCADENZA: in fase di pubblicazione

MISE E CASSA DEPOSITI E PRESTITI “Sabatini Ter” Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico che istituisce un nuovo strumento per accrescere la competitività del sistema produttivo del Paese e migliorare l’accesso al credito delle micro, piccole e medie imprese.Alle imprese verrà riconosciuto dal Mise un contributo in conto interessi pari all’ammontare complessivo degli interessi calcolato su un tasso favorevole del 2,75%, ripartito in cinque anni in quote annuali costanti. SCADENZA: FINO AD ESAURIMENTO FONDI

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l comparto delle quattro ruote ha ripreso velocità: la ripresa del mercato generale è ormai diventata realtà. La metrica di tale crescita è stata dettata dagli indici di fiducia di privati e aziende, da un minor costo del denaro e un accesso al credito meno difficile, da bassi costi dei carburanti e anche dal grande impegno profuso dal settore. Nel semestre appena concluso, è eccezionale il bilancio del noleggio auto, che continua sorprendere immatricolando 240.000 unità, +13% sul semestre 2015, vale a dire 27.000 vetture in più rispetto al 2015 e ben 61.000 rispetto al 2014, con un livello di rappresentanza sempre posizionato sul 20% del mercato complessivo. Nei due classici comparti del noleggio gli andamenti sono stati pressoché analoghi, ma con aspetti ovviamente differenti. Tutte le

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aziende, ancor di più durante la crisi, hanno continuato a innovare i servizi, alla ricerca di clientela pronta a recepire nuove modalità di utilizzo del bene auto. E i risultati stanno dando

conferma della validità economica e sociale di un differente approccio alla mobilità individuale e collettiva. LUNGO E BREVE TERMINE Nuova clientela, specialmente nei segmenti delle pmi, dei professionisti e dei privati diffusione dell’auto aziendale nelle imprese per quanto

riguarda il noleggio a lungo termine ma anche aumento di immatricolazioni – e di flotta – per gli operatori del breve termine (+12,7%), dovuto specialmente ad una stagione turistica molto intensa. A fronte di questo crescente movimento del mercato del noleggio si stanno architettando nuove idee da mettere in campo per riuscire a offrire il miglior servizio possibile, come, ad esempio due nuove app, che promettono grandi cambiamenti, sia da parte dei clienti, sia dagli attori del campo. PROGRAM In questo ambito nasce Program con debutto previsto a Settembre, una nuova app per smartphone e iPhone firmata da una società tutta italiana. Punti di forza di questa app sono la semplicità di utilizzo, senza obbligo di iscrizione (basterà un QR code agganciato all’auto) per identificarsi e usufruire di tutti i servizi.


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Inoltre, l’utente potrà visualizzare il contratto della vettura aziendale che sta guidando, lo storico degli interventi di manutenzione, il chilometraggio effettuato, lo stato degli pneumatici e le scadenze di sostituzione degli stessi, le multe prese e tutta una serie di alert utili. La app del noleggio di Program è in grado di supportare il driver in caso di necessità di soccorso stradale. “Attraverso pochi click sul proprio smartphone o iPhone – osserva Pucci – il driver potrà chiamare il numero verde per allertare il carro attrezzi, oppure scoprire dove si trova l’officina convenzionata più vicina”. Il segreto che si cela dietro al bilancio di Program Autonoleggio, prosegue il responsabile marketing Gian Marco Pucci, è “la struttura snella, che punta sulla qualità del servizio. Abbiamo instaurato, a tal proposito, partnership con tutte le principali case automobilistiche e abbiamo creato un sistema di ordini molto efficiente. A tutto ciò, si aggiunge l’entrata di nuove risorse in azienda”. Il parco veicoli di Program,

inoltre, si sta spostando sempre più verso una dimensione premium. ALPHABET A poco più di un anno dal lancio sul mercato, Alphabet Mobility Services, applicazione dedicata alla gestione dell’auto aziendale, grazie agli ottimi riscontri ottenuti sia dai driver sia dai partner commerciali (in tutto i numeri parlano di oltre 150.000 user interaction) si candida a essere uno dei prodotti di maggior successo . Progettata e realizzata per consentire ai clienti di accedere senza difficoltà alcuna a tutti i servizi offerti, permette interventi e soluzioni tempestive in ogni fase dell’assistenza. Dall’attivazione del soccorso stradale – grazie alla geolocalizzazione della vettura, Alphabet è in grado di intervenire in brevissimo tempo e di fornire l’aiuto richiesto – alla

denuncia di sinistro o furto (attivabile on-line), dalla gestione dell’auto complessivamente intesa fino al costante aggiornamento e alla puntuale comunicazione delle informazioni utili (quali, per esempio, la disponibilità di un veicolo sostitutivo o la data di scadenza del contratto) e alla possibilità di personalizzare i parametri di configurazione. In più possono godere di un sistema interattivo e user friendly grazie al quale l’accesso alle informazioni è completo, sempre disponibile e fruibile in completa autonomia, una maggiore sostenibilità ambientale del business, permettendo un passaggio più fluido dei documenti e, non ultimo, garantendo una maggiore sicurezza dei processi e della conservazione del materiale, lo snellimento delle procedure e un deciso risparmio sui materiali (in primo luogo, naturalmente, la carta). All’orizzonte, infine, c’è una nuova sfida, quella rappresentata dal target dei professionisti. Abbiamo cominciato a rivolgerci anche a loro, sia perché i dati di mercato mostrano la crescita dell’interesse (verso il noleggio, ndr.) da parte di questa categoria, sia perché sono arrivate direttamente molte richieste ai nostri broker. Si tratta senza dubbio di un nuovo settore da aggredire.

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CULTURA&TERRITORIO

LA PINACOTECA RILANCIA: C’E’ CARAVAGGIO IN MOSTRA AD ANCONA

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rriva Caravaggio col suo “Ragazzo morso da un ramarro”. Alla Pinacoteca di Ancona, dal 28 settembre all’8 gennaio, resterà in mostra l’opera databile intorno alla fine del 1500. Il dipinto sarà accompagnato da un video e sarà dedicata un’intera sala didattica della Pinacoteca al rapporto tra Roberto Longhi, lo storico dell’arte che ha a lungo studiato Caravaggio, e il pittore stesso. L’organizzazione fa capo a Civitamostre. “Abbiamo accettato questa proposta perché permette alla Pinacoteca di essere conosciuta a livello nazionale – spiega l’assessore alla cultura del Comune di Ancona Paolo Marasca – dalla sua riapertura stiamo lavorando con grande impegno all’allestimento di importanti mostre. E questa di Caravaggio sarà sicuramente un punto d’inizio di grande spessore. Il quadro in questione, infatti, è uno dei più studiati di Caravaggio, in quanto considerato la prima fotografia della storia e intriso di un profondo simbolismo”. Non vi è dubbio che Caravaggio (Michelangelo Merisi, detto il

Caravaggio, Milano 1571 – Porto Ercole 1610) rappresenti la centralità delle ricerche di Roberto Longhi (Alba 1890 – Firenze 1970). Lo storico dell’arte, una delle personalità più affascinanti della storia dell’arte del XX secolo, vi si dedicò a partire dalla tesi discussa con Pietro Toesca, all’Università di Torino nel 1911. Si trattò, a quella data, di una scelta pioneristica, tanto all’epoca il pittore era, come il critico ricorderà un venticinquennio dopo, uno dei “meno conosciuti dell’arte italiana”. Scelta che tuttavia dimostra come il giovane Longhi seppe da subito riconoscere la portata rivoluzionaria della pittura del Merisi, così da intenderlo come il primo pittore dell’età moderna. A questi lo storico dell’arte dedicò una vita di studi, dal breve saggio Due opere del Caravaggio (1913), ai Quesiti caravaggeschi (1928), agli Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia (1943), alla monografia su Caravaggio (1952), anticipata l’anno precedente dalla “Mostra del Caravaggio e dei Caravaggeschi”, allestita a Milano in Palazzo Reale. Si trattò di una rassegna epocale che riscosse un immediato

successo di pubblico, con un consenso per il pittore lombardo destinato a aumentare nel tempo e che davvero oggi non ha confini. Longhi non fu solo il più importante storico dell’arte italiano del suo secolo, ma anche un importante collezionista. Nella sua dimora fiorentina – villa Il Tasso –, oggi sede della Fondazione che gli è intitolata, raccolse un numero notevole di opere dei maestri che furono per lui occasione di ricerca e di studio. Tra queste la più importante e significativa è senza dubbio il Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio, da lui acquistata intorno al 1928. Il dipinto, risalente all’inizio del soggiorno romano del Merisi e databile intorno al 1596-1597, colpisce innanzitutto per la resa del brusco scatto dovuto al dolore fisico e alla sorpresa, che si esprimono nella contrazione dei muscoli facciali del ragazzo e nella contorsione della sua spalla. Tale maestria nella resa dei “moti d’animo” fu da subito notata nella rappresentazione di questo soggetto, noto per essere ripreso in due esemplari ritenuti entrambi autografi. Ingresso 10€.

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CULTURA&TERRITORIO

L’ARTE DI BERTOZZI & CASONI AD ASCOLI PICENO

Mediterraneo (2016), ceramica policroma, cm. h. 17,5 x 58 x 47

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l prossimo 26 novembre sarà inaugurata al grande pubblico, presso le magnifiche sale della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, la mostra “Bertozzi & Casoni. Minimi Avanzi” a cura di Stefano Papetti, Elisa Mori,

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Giorgia Berardinelli e Silvia Bartolini; preview esclusiva venerdì 25 novembre con una cena gourmet che vede protagonisti gli chefs Enrico Mazzaroni (Ristorante il Tiglio, Montemonaco), Andrea Mosca (Ristorante Marili, Grottammare) e

Massimiliano Pierozzi (Gazzani Banqueting, Civitanova Marche). Nata da un’idea dell’Associazione Culturale Verticale d’Arte, promossa e organizzata da quest’ultima in collaborazione con i Musei Civici di Ascoli Piceno, è la prima grande per-


CULTURA&TERRITORIO

Melanconia (2012), ceramica policroma, cm. h. 50 x 106 x 50

sonale che ha luogo nelle Marche dedicata agli artisti Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni, romagnoli di provenienza ma internazionali di fama. L’esposizione ha come tema privilegiato il food in tutte le sue declinazioni: avanzi di cibo, rifiuti, lattine, rimasugli, pattumiere, ma anche fiori, farfalle, animali, giornali, ed elementi della vita quotidiana che, sapientemente smembrati e riassemblati, compongono le insolite nature morte realizzate in ceramica policroma che hanno reso celebri i due artisti. Il percorso espositivo, dunque, si compone di ben 25 opere dai diversi formati, cui si aggiunge un’installazione di grandi dimensioni creata site-specific, e si snoda attraverso le suggestive sale della Pinacoteca di Ascoli Piceno, dialogando con i suoi spazi sontuosi e ricchi di storia e con

le sue opere in un vero e proprio cortocircuito tra antico e moderno. Il capoluogo marchigiano, infatti, vanta una lunga e importante tradizione nell’arte ceramica (peraltro con un museo a essa dedicato), che Bertozzi & Casoni hanno saputo reinterpretare all’interno del panorama dell’arte contemporanea: la ceramica policroma, infatti, costituisce il loro medium privilegiato per garantire una mimesis che il più delle volte supera la realtà, mentre l’immaginario pesca nel quotidiano, tra oggetti che vengono recuperati giusto nel momento in cui diventano scarti, rifiuti, con evidente riferimento alla società dei consumi. Ne risultano opere costantemente in bilico tra surrealismo compositivo e iperrealismo formale, in cui la vanitas e la caducità del mondo organico si collegano a quei sentimenti di disgu-

sto e orrore che proiettano il pubblico nel mondo dell’usa e getta e della futilità del materialismo moderno; ma attraverso la ceramica Bertozzi & Casoni restituiscono agli oggetti nuova esistenza, donando loro una sorta di nuova vita “eterna”. Essi, infatti, grazie alla loro trasformazione artistica, sottratti alla deperibilità, acquisiscono una nuova valenza che è quella della godibilità estetica. Lo spettatore, dunque, di fronte ai rifiuti della società trasformati in mirabolanti sculture, che difficilmente è possibile cogliere per intero ad un primo sguardo, ne scopre l’orrore e la bellezza, ed è sollecitato a più riprese, tra lo stupore e il turbamento, a indugiare nell’osservazione dei minimi particolari lasciandosi sedurre da opere in cui si fondono passato e presente, artificio e realtà. Prima della sua apertura al pubblico, la mostra verrà presentata con un evento speciale: una cena gourmet esclusiva, su prenotazione, venerdì 25 novembre, durante la quale, tra le opere di Bertozzi & Casoni e all’interno delle splendide sale della Pinacoteca, si potranno degustare i piatti realizzati dai tre chefs Mazzaroni, Mosca e Pierozzi e, al contempo, godere in anteprima delle opere degli artisti; un’esperienza irripetibile e divertente, che coniuga perfettamente il gusto visivo dell’arte al gusto per il buon cibo.

Bertozzi&Casoni. Minimi Avanzi 26 novembre 2016 – 5 marzo 2017 Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica www.ascolimusei.it Info: info@ascolimusei.it verticaledarte@gmail.com Tel: 0736 298213 - 3471071873

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SPORT&TERRITORIO

YOUTH GAMES: IL SUCCESSO DELLO SPORT CHE UNISCE Le “mini-Olimpiadi” della Macroregione Adriatico Ionica chiudono la seconda edizione con numeri record di partecipazione. L’appuntamento è rinnovato per l’estate 2018. Ma in preparazione ci sarebbero anche i Giochi d’Inverno in Croazia o Slovenia. L’assessore Ida Simonella: “Per ora è solo un’idea”.

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opo il successo dell’edizione di giugno, gli Youth Games puntano alla “winter season”. I Giogchi d’Inverno della Macroregione Adriatico-Ionica potrebbero svolgersi in Croazia o in Slovenia. Almeno è questo il progetto messo in campo dagli assessori Ida Simonella e Andrea Guidotti del Comune di Ancona,

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in concertazione con le rispettive amministrazioni dei Paesi interessati. “Al momento è solo un’idea progettuale – precisa Simonella, assessore al Porto – ma ci stiamo impegnando a far sì che possa concretizzarsi al più presto”. Intanto si è archiviata la seconda edizione delle “mini-Olimpiadi” della Macroregione Adriatico-Ionica, svoltisi nel capoluogo marchigiano dal 15

al 18 giugno. I NUMERI Oltre mille i giovani atleti dai 15 ai 16 anni, provenienti da otto paesi appartenenti alla Macroregione, che hanno partecipato alle gare nelle varie discipline sportive. Oltre all’Italia hanno partecipato Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Grecia, Montenegro, Serbia e Slovenia. E circa 20 le città da


SPORT&TERRITORIO cui sono partite le delegazioni di atleti e accompagnatori, spinte dall’azione del Forum delle Città che ha individuato, tra quelle facenti parte del proprio comitato direttivo, alcune città capofila: tra esse Capodistria, Cattaro, Durazzo, Mostar, Patrasso, Sabac e Spalato. Tredici le discipline di confronto agonistico per i ragazzi: atletica, basket, beach-volley, calcio, pallamano, ginnastica ritmica, pallanuoto, pallavolo, rugby, scherma, taekwondo, tennis e vela. Inoltre sono stati circa una ventina gli impianti sportivi interessati all’evento nel territorio anconetano, tra i quali spicca in questa seconda edizione il campo della palla ovale alle Palombare inaugurato nel 2015. E ancora: oltre 50mila i contatti registrati nella pagina facebook della manifestazione durante il periodo di svolgimento dei giochi, 600 medaglie consegnate agli atleti premiati e 30 rappresentanti istituzionali, dei Paesi coinvolti, intervenuti alla manifestazione. In particolare la città di Olimpia, simbolo sportivo per eccellenza, ha partecipato con 3 squadre accompagnate da alcuni rappresentanti istituzionali. E proprio ad Olimpia, a fine ottobre, si terra l’incontro con i direttivi dei tre Fora della Macroregione. Così, grazie agli Youth Games, la città di Ancona ha vissuto giorni di festa, sport e condivisione culturale. Un grande successo in termini progettuali e di partecipazione che, dopo aver salutato i giovani atleti e le rispettive delegazioni, ha rinnovato l’appuntamento per l’estate 2018. La manifestazione ha potuto contare sull’aiuto di molti privati, dagli hotel alle tante realtà commerciali che in vari modi hanno sostenuto l’iniziativa. Ma il main sponsor è stato sicuramente Adriaferries che ha offerto trasporti per decine di atleti provenienti dai Balcani. E tra le aziende locali più

attive nel sostenere economicamente gli Youth Games si segnalano GGF Group e DPI (Diamond Private Investment). I VALORI Youth Games non è solamente la grande festa dello sport, ma anche un tributo ai valori di fratellanza, cooperazione e sostegno che hanno subito fatto breccia tra i tanti partecipanti. “Questo è il concetto principale che va sottolineato – spiega l’assessore allo sport Andrea Guidotti – innanzitutto con questa manifestazione abbiamo voluto rivolgerci ad un target giovane, composto principalmente da atleti adolescenti. E’ questa la generazione a cui va fatto capire quanto importante sia il valore della pace e dell’unione, soprattutto in questo momento. E devo dire che non è stato affatto difficile veicolare questo messaggio tra i ragazzi. I giovani sono molto sensibili a certe tematiche, e hanno subito assorbito e rigenerato lo spirito dell’iniziativa”. Tra le scelte che hanno fatto sì che i ragazzi provenienti dalle varie nazioni socializzassero il più possibile ha avuto un discreto successo il ribattezzato “villaggio Olimpico” di Piazza Pertini, ovvero una tensostruttura dove tutti i giorni i giovani atleti potevano incontrarsi, pranzare,

cenare e condividere emozioni, idee, esperienze. “Le commissioni europee considerano questo progetto una best practice – continua Ida Simonella – e ciò è strategicamente molto importante per noi, perché per far crescere una tale manifestazione c’è bisogno di molte più risorse, e se riuscissimo a vincere qualche bando europeo per il finanziamento degli Youth Games potremmo finalmente fare il grande salto che tanto auspichiamo”. Attraverso queste “mini-Olimpiadi” la città di Ancona afferma sempre più il suo ruolo di capoluogo. “Quante volte abbiamo sentito rivendicare solamente a parole questo ruolo poi, poche volte, esercitato concretamente – prosegue Guidotti – mentre gli Youth Games e le tante altre iniziative socio-culturali intraprese da questa amministrazione possono dimostrare una reale progettualità fattiva e in continuo sviluppo. Siamo davvero molto soddisfatti anche di come la città di Ancona abbia vissuto e abbracciato gli Youth Games. Abbiamo notato una forte ospitalità e partecipazione. Un entusiasmo latente da troppo tempo, e che ora ha trovato una giusta collocazione. Credo che stiamo andando tutti nella giusta direzione, amministrazione e città”.

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SPORT&TERRITORIO

BASKET E SOCIALE: L’US RECANATI FIRMA LO SPONSOR CON AMBALT. Il campionato ad Ancona

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o slogan è “Fai canestro con il cuore”. A sposarlo è l’US Basket Recanati che si unisce all’Ambalt Onlus per un rapporto etico e sociale. Un connubio reale che vuole coniugare il mondo dello sport, in particolare della pallacanestro, con quello dell’associazione marchigiana dedita al sostentamento e aiuto dei bambini affetti da patologie oncoematologiche. La presentazione ufficiale della joint venture si è tenuta venerdì 23 settembre al SeePort Hotel di Ancona. Le nuove maglie gialloblu saranno griffate quindi con la nomenclatura Ambalt e insieme si percorrerà una lunga strada mirata a traguardi vincenti per entrambi. Le due parti hanno ufficializzato la loro simbiosi nella sala regionale del Coni, di fronte alle autorità politiche e sportive locali. Presente al

gran completo anche la squadra con coach Marco Calvani in testa. A fare gli onori di casa il Presidente CONI Marche, Germano Peschini, che ha salutato la squadra che da quest’anno giocherà ad Ancona. Poi la parola è passata a Giuseppe Pierini, numero uno dell’Us Basket Recanati. “Finalmente abbiamo risolto un problema annoso – ha ammesso Pierini - erano anni che cercavamo uno sponsor di livello, e quando ci hanno presentato l’idea di affiancare il nostro nome a quello di Ambalt abbiamo risposto subito positivamente trovando subito l’accordo. Si potrebbe pensare come due organizzazioni come queste possano collaborare. Io dico che affiancando i nostri nomi si possono aprire per entrambi tanti orizzonti. Porteremo in giro per l’Italia il nome di Ambalt con orgoglio facendo conoscere a tutti chi è che cosa fa questa associazione che si

prende cura di quello che di più caro possiamo avere nelle nostre case, cioè i bambini. Tengo particolarmente a sottolineare che qualsiasi sponsorizzazione entrerà nella nostra Società, una parte dei proventi verrà donata all’Ambalt. Così come verrà data una percentuale sul ricavato della vendita di abbonamenti e biglietti. Come si fa a dire di no a un progetto del genere? Lo abbiamo sposato e ci crediamo fortemente”. “Questo è un momento molto importante per Ambalt – ha proseguito Maurizio Passarini, Presidente Ambalt - perchè lo sport aiuta chi è in difficoltà. Lo sport è confronto fra due realtà che si incontrano sul campo, ognuno di esse cerca di superare l’avversario ma non di prevaricarlo e schiacciarlo. Quindi già nel concetto di sport c’è un’idea di volontariato. Ambalt ha scelto questo tipo di messaggio perché ha necessità di essere

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SPORT&TERRITORIO

conosciuta nella maniera più diffusa possibile per tanti motivi, il primo dei quali è quello di essere subito pronti ad accogliere e aiutare un bambino e la sua famiglia che si trovano in gravi difficoltà. Siamo vicini a tutti da oltre 30 anni, bambini e famiglie che ospitiamo nelle nostre case accoglienza. Il nostro capitale sono i bambini. Il messaggio che vorremmo trasmettere da questa sponsorizzazione è che non basta essere forti nella vita, ma bisogna essere forti anche quando aumentano le difficoltà e diventano pressochè insuperabili. Dare la testimonianza che si può vivere bene non solo pensando a se stessi e al proprio divertimento, ma anche essere vicini a chi quel divertimento lo deve svolgere per difendere il proprio diritto alla vita. Gli aiuti e i compensi non hanno importanza per noi, non siamo una attività commerciale, non ci interessa il denaro. Ci interessa che la gente sappia quello che facciamo e vorrei che i giocatori che giocheranno da oggi con il nostro logo sul petto lo facciano con ancor più orgoglio e vi-

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gore sapendo che ogni canestro sarà anche per i bambini meno fortunati e potrà dare forza proprio a loro”. Il Presidente FIP Marche, Davide Paolini, ha sottolineato l’importanza del rapporto tra la Società recanatese e l’Ambalt, un matrimonio che coinvolge a 360 gradi tutta la Regione Marche, a testimonianza ulteriore della necessità di azzerare i campanilismi, sperando che questa iniziativa sia la prima di una lunga serie in tante parti d’Italia. A rappresentare la giunta comunale anconetana l’Assessore allo Sport Andrea Guidotti. Il suo saluto e un suggestivo quanto prestigioso accostamento sportivo: “Quello che fa oggi l’US Basket Recanati con Ambalt lo ha fatto il Barcellona con l’Unicef – ha affermato l’assessore - auguro al Presidente Pierini e alla sua Società di raggiungere magari gli stessi traguardi.” In chiusura l’intervento del DG di quella che da oggi è diventata Ambalt

Recanati, Michele Paoletti: “ringrazio l’anima dell’accordo Anna Favi, e anche chi ha lavorato a piene mani per la realizzazione di questo progetto come Paolo Cenci e Alvin Crescini – ha esordito paoletti - erano diversi anni che l’Us Basket Recanati non aveva un nome sulla maglia e questo era vissuto quasi come un cruccio. Questa vuole essere solo una prima risposta a chi era scettico sul nostro trasferimento ad Ancona. Ma questa sponsorizzazione è contenitore ancora vuoto, e noi faremo di tutto per riempirlo perché metteremo in campo un grosso sforzo organizzativo che vedrà in impegnati i nostri giocatori e tecnici. Siamo una sorta di megafono, vista la cassa di risonanza che una squadra di Serie A2 ha, nelle mani di Ambalt, e con questo megafono dovremmo urlarci dentro il più forte possibile per raggiungere gli obbiettivi prefissati“. Al termine della serie di interventi la stretta di mano tra Pierini e Passarini che poi hanno tolto il velo sulla nuova maglia gialloblu griffata Macron. Il camouflage dello scorso anno lascia spazio a un non meno aggressivo e accattivante stile “tigrato”. Maglia gialla per la versione home, blu per quella away. Su entrambe il logo Ambalt stampato sul petto. Il primo passo dell’Ambalt Recanati è mosso.


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