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THE PRIDE ISSUE
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Girls support girls Di cosa avete paura?
SOMMARIO N.3 GIUGNO 2021 Direttore responsabile ROSSELLA PAPA Editore ALESSIA SPENSIERATO
Metropolita 6
INTERVISTA Imma Battaglia: il corpo stesso è politica
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BRAVE Confessioni di una lesbica privilegiata
di ROSSELLA PAPA
di GIORGIA BONAMONETA
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MONDO In 72 Paesi l'omosessualità è ancora un reato di MARIO MONOPOLI
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CULTURA Omosessualità: etimologia e origini di una parola importante di STELLA GRILLO
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STORIA Omosessualità e pederastia
MODA Moda & Queer Culture: tra storia e inclusività
di STELLA GRILLO
di DONATELLA GAZZÉ
anmagazine 28
LIBRI Cinque libri per spiegare ai bambini che l'amore è sempre amore di STELLA GRILLO
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ARTE Arte & bisessualità: Frida Kahlo e Tamara de Lempicka di MARIANNA SORU
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NERD Arcobaleni tra le nuvolette dei fumetti di DARIO BETTATI
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CINEMA Disclosure: oltre gli stereotipi per una migliore inclusione LGBTQ+ di GIULIANA AGLIO
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SERIE TV L'invisibilità delle vite invisibili
NERD Capitan America diventa supereroe LGBTQ
di GIULIA MORETTI
di DARIO BETTATI
editoriale
Di cosa avete paura? D I R O S S E L L A PA PA
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bbiamo bisogno di una giornata internazionale contro l’omofobia per provare a naturalizzare un preconcetto che è unicamente culturale. Una condizione strutturata dai processi storici, ma un retaggio che non si adatta alle evoluzioni. La radice è che siamo sommersi di sovrastrutture che ci direzionano verso una performance di genere che sia adeguata al sesso assegnatoci alla nascita: l’una o l’altra. Mai una e l’altra. Eppure, quello che ci rende vivi è la scoperta della propria natura. Non la passiva accettazione di un paradigma ma assecondare la necessità di performarci secondo ciò che sentiamo, non ciò che seguiamo. È piuttosto impossibile sradicare la natura, eppure sembra che sia più ostile decostruire una convinzione sociale e culturale. Forse, con la legge Ddl Zan, siamo già in ritardo ma anche in anticipo, verso un’evoluzione del pensiero dominante che tende ancora al passo fermo. Abbiamo ancora bisogno di una giornata internazionale contro l’omofobia perché il rapporto critico con i generi sessuali è ancora un problema sociale. Ma se alla radice c’è la fobia, mi chiedo di cosa abbiate paura. Se il vulnerabile oggi è ancora il diverso, la paura è ancora violenza. Mm
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I N T E R V I S TA A I M M A BAT TA G L I A
Il corpo stesso è politica D I R O S S E L L A PA PA
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A
costo di annoiare, che si parli ancora di temi LGBTQ+ non soltanto nel mese di giugno perché ogni logo si è fatto arcobaleno. O perchè le piazze si sono riempite, c’è più euforia anche a postare una foto. Piuttosto se ne parli ancora, perché quel che gli stolti confondono con esercizio di ripetizione e fanatismo, la civiltà lo riconosce come normalizzazione. Quello che è “argomento di discussione” dovrà pur diventare, prima o poi, regolarità. E se per entrare nel costume e nella cultura di un popolo, la sensibilizzazione deve passare per l’informazione: parliamone anche oggi, parliamone di più. Ma parliamone con tutti: che la scuola diventi educazione, non solo formazione, su un senso civile che è, prima di ogni cosa, coscienza di sé e dell’altro. Nel processo di accettazione, per condividere, bisogna concepire il proprio corpo – e quindi la propria azione – un fatto politico. Ce lo ha suggerito Imma Battaglia, la paladina delle battaglie per i diritti delle persone Lgbtq+, in questa intervista. Già consigliera comunale di Sel nella sindacatura romana di Ignazio Marino, Imma Battaglia si candida alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Roma, appoggiata dalla lista civica Liberare Roma. Artefice del World Pride del 2000, Imma – dichiaratamente lesbica – è anche presidente dello storico Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli di Roma. In prima linea per le battaglie politiche e civili, l’attivista si proietta in uno scenario
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I N T E R V I S TA
civile e politico complesso che, prima di promesse ha bisogno di verità, e quindi di libertà. Together: Resisting, Supporting, Healing! Una visione equa, inclusiva e sostenibile, in cui la protezione diventa in prima battuta esercizio dei diritti umani e rispetto della diversità. L’atto politico è parte di un processo di critica contro un potere che non guarda alle esigenze e alle istanze dei cittadini. Questo per Imma Battaglia, in uno scontato gioco di parole, è combattere. Una battaglia che è costante ma soprattutto concreta lotta: un’azione che non ha mai paura della sfida. Con un programma audace, Imma Battaglia lavora anche per una “Città aperta e solidale – Questione sociale, generazionale e di genere oltre la pandemia”. L’impresa di innovare il sistema sociale con il paradigma della cura, valorizzare cooperazione, concentrarsi sulla realizzazione di politiche di genere e per i diritti lgbtq+. In una civiltà che cambia, quello che conta non è tanto la posizione di un movimento quanto il valore di quello per cui ci si batte. Oggi anche il femminismo è già diventato altro, ma la coscienza dell’identità resta un principio di verità che non conosce regressione. MM: L’inclusione ultimamente passa dai social e soprattutto dai giovani, visto che moltissim* ragazz* stanno facendo i conti con la propria identità di genere e il proprio orientamento sessuale sui propri spazi personali, educandosi, facendo coming out e trovando supporto nei coetanei. Quanto, tuttavia, è problematico il fatto che altre grandi piattaforme, come la televisione e soprattutto la
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scuola, non affrontino ancora di petto l’argomento? Può comunque esserci il preludio per un cambiamento civile? I.B: Ogni volta che c’è un coming out c’è un atto politico che si consuma di fronte agli occhi della società. Il corpo stesso è politica. Il fatto che le nuove generazioni stiano sempre più prendendo coscienza della propria identità di genere o del proprio orientamento sessuale, in modo sempre più naturale come può essere veicolare una foto sui social, non fa che condurre questo nostro Paese in quel processo evolutivo che ci porterà tutti ad una maggiore libertà. Tuttavia, i media più importanti, così come molti personaggi del jet set, continuano a veicolare messaggi intermittenti, scegliendo di non rivelarsi oppure di non parlare con dovuta profondità di temi così importanti. Quando anche questi “mondi sommersi” affioreranno in superficie, vorrà dire che saremo pronti per vivere quel cambiamento civile di cui tutti abbiamo bisogno. MM: In merito ai diritti civili si sente spesso dire che “l’Italia non è pronta”, nonostante la storia del nostro paese smentisca questa affermazione (pensiamo per esempio ai cosiddetti “femminielli” napoletani, che ebbero un ruolo importantissimo nella seconda guerra mondiale). Pensi che l’omotransfobia sia davvero un problema storico-culturale? I.B: Nel nostro Paese lo è più che mai. L’Italia è cresciuta con il mito del macho italiano – siamo noti nel mondo per la nostra virilità –, ma le cose stanno cambiando. Anche il nostro Paese sta guardando verso nuovi modelli. Penso a Fedez che non è propriamente Luise Rainer e Paul Muni in La buona terra ©Wikimedia.org
l’emblema del machismo ma che con i suoi gesti, è molto più uomo di chiunque altro. MM: Siamo nel pieno del fermento di discussione per la legge Zan, da poco passata la giornata internazionale contro l’omotransfobia. In queste circostanze, in un’intervista hai dichiarato di aver sposato Eva sicuramente per amore, ma anche come un gesto politico. Credi che questi piccoli passi personali siano davvero l’anticamera per sdoganare i preconcetti sociali?
L’Italia è cresciuta con il mito del macho italiano, ma le cose stanno cambiando. Anche il nostro Paese sta guardando verso nuovi modelli.
I.B: Lo credo fermamente. Ho sposato Eva per profondo amore ma anche per lanciare un messaggio forte come quello di una unione tra due donne riconosciute e mature. Siamo state le prime ma speriamo di non essere le ultime. MM: Tu sei davvero al fianco dei gay da quando “non era moda”: parliamo della degenerazione dell’attivismo nell’era del vizio di forma. Si dice che il femminismo 3.0 sia come un trend. Come ti contrapponi a queste visioni? I.B: Io sono una femminista convinta ma le mie vedute sono sempre molto ampie e guardano al futuro ed alla comprensione di una società che cambia e muta nel tempo. Il concetto del femminismo più radicale, oggi si è evoluto ed è diventato altro. Passa anche per momenti di regressione in cui le donne ritornano ad essere sottomesse a uomini violenti che decidono per loro, ma un provvedimento come il DDL Zan può intervenire anche in casi come questi. Mm Le immagini sono a cura di © Cosimo Sinforini
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In 72 Paesi
l’omosessualità è ancora un reato DI MARIO MONOPOLI
LEGGI SULL'ORIENTAMENTO SESSUALE NEL MONDO Dalla criminalizzazione di atti sessuali omosessuali consensuali tra adulti alla protezione contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale
Groenlandia (DN)
Islanda
Isole Faroe
Finlandia
(DN)
Isola di Man (RU)
Estonia Lettonia Lituania
Danimarca
Irlanda RU
Bielorussia
Paesi Bassi
Germania Belgio
Francia
Polonia
Cechia
Lux.
Guernsey (RU) Jersey (RU)
Andorra
Slovenia
Spagna
Portogallo
Stati Uniti d'America
Tunisia
Serbia Bulgaria M K MdN A Grecia
Vaticano
Gibiliterra (RU)
Mongolia
Romania
Croazia BE
Kazakistan
Mol.
Ungheria
Italia
Monaco
Ucraina
Slovacchia
Liecht. Austria Svizzera
S. Marino
Saint Pierre e Miquelon (FR)
Federazione Russa
Norvegia Svezia
Canada
Libano
Israele Palestina
Bermuda (RU)
Libia
(RU)
Belize
Isole Vergini Britanniche (RU) Isole Vergini statunitensi (SUA)
Anguilla (RU)
Saba (PB)
San Martino (FR) Sint Maarten (PB) Saint-Barthélemy (FR)
Haiti
Guinea Bissau
Trinidad e Tobago
Costa Rica Panama
Antigua e Barbuda
Colombia
Nigeria
Togo
Gana
francese (FR)
Guam (SUA)
Isole Marshall
Stati Federati di Micronesia
Kiribati
Somalia
Sri Lanka (P)
Uganda
Guinea Equatoriale São Tomé e Príncipe
Gabon
Maldive
Malesia
Kenia
Palau
Brunei
Nauru
Singapore
Repubblica Democratica Ruanda del Congo
Perù
Territorio Britannico dell'Oceano Indiano (RU)
Papua Nuova Guinea
Angola
Samoa Americane
Tuvalu
Timor Est Malawi
Samoa
Seicelle Comore
Brasile
Tokelau (NZ)
Isole Solomon
Indonesia
Burundi
Tanzania
St. Lucia
(SUA)
Mayotte (FR)
Niue (NZ)
Zambia
Barbados
Bolivia
Vanuatu
Sant'Elena, Ascensione e Tristan da Cunha
Grenada
Polinesia Francese (FR)
Etiopia
Sud Sudan
Repubblica Centrafricana
Camerun
Dominica
St. Vincent e Grenadine
Filippine
Vietnam
Cambogia
Congo
Martinica (FR)
Tailandia
Sur. Guyana
Ecuador
Guadalupa (FR)
Hong Kong Macao (Cina) (Cina)
Laos
Gibuti Benin
Costa d'Avorio
Liberia
Taiwan (Cina)
Myanmar
Yemen
Eritrea
Burkina Faso
Guinea
Sierra Leone Guyana
Bhutan Bangladesh
India
Oman
Isole Marianne Settentrionali (SUA)
Ciad
Senegal
Gambia
Bonaire (PB)
Venezuela
Montserrat (RU)
UAE (P)
Sudan
Niger
Curacao (PB) Aruba (PB)
Nepal
Qatar (P)
Mali
Portorico (SUA)
Capo Verde
Sint Eustatius (PB)
St. Kitts e Nevis
Bahrain
Arabia Saudita
Mauritania
Repubblica Dominicana
Giamaica
Guatemala Honduras El Salvador Nicaragua
(P)
Turks e Caicos (RU)
Isole Cayman
Caraibi orientali
Egitto
Giappone
Pakistan
Kuwait
Sahara Occidentale
Corea del Sud
Cina
(P)
Giord.
Le Bahamas
Corea del Nord
Tagikistan
Afghanistan
Iran
Iraq
Algeria
Cuba
Kirghizistan
Turkmenistan
Siria
Cipro
Malta
Marocco
Messico
Uzbekistan
Georgia Armenia Azerbaijan
Turchia
Zimbabwe
(RU )
Cili
Maurizio
Mozambico
Cook Islands (NZ)
Namibia
Madagascar
Botswana
Paraguay
Wallis e Futuna (FR)
Fiji
Isola della Riunione (FR)
Australia
Tonga
Eswatini Isole Pitcairn (RU)
Nuova Caledonia
Lesoto
(FR)
Sud Africa
Uruguay
Argentina Nuova Zelanda
Isole Falkland / Malvine (RU/AR)
Georgia del Sud e Isole Sandwich Australi
Criminalizzazione di atti sessuali omosessuali consensuali tra adulti
Protezione contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale Protezione costituzionale
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Protezione ampia
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Tutele sul luogo di lavoro
81
Protezione limitata/irregolare
7
Nessuna Prot. / Nessuna Crim.
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Criminalizzazione de facto
2
Fino a 8 anni di reclusione
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Da 10 anni all'ergastolo
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Pena di morte
6 Effettiva 5 (P) Possibile
DICEMBRE 2020
(RU/AR)
Riconoscimento legale delle famiglie I dati presentati in questa mappa sono basati sul rapporto di ILGA World Omofobia di stato, scritto da Lucas Ramón Mendos, Kellyn Botha, Rafael Carrano Lelis, Enrique López de la Peña, R.I. e Daron Tan. Questa mappa può essere riprodotta e stampata senza autorizzazione purché ILGA World sia correttamente accreditata e il contenuto non venga modificato. ilga.org
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Matrimonio o altre forme di unione legale per coppie dello stesso sesso
Adozione aperta a coppie dello stesso sesso (in comune o attraverso l'adozione del figlio del partner)
Ostacoli legali all'esercizio dei diritti Ostacoli legali alla libertà di espressione su questioni relative a OSIEGCS
Ostacoli legali alla registrazione o al funzionamento di organizzazioni che lavorano su questioni relative a OSIEGCS
T
ra molte battaglie e difficoltà dell’omosessualità, il tema dei diritti LGBTQ+ nel mondo sta ottenendo sempre più attenzione, ma ci sono alcuni stati in cui però le cose non sono cambiate molto e l’omosessualità è ancora considerata un reato, a volte punti addirittura con la pena di morte. In particolare ci sono 72 Stati in cui l’omosessualità è punibile dalla legge. In 7 paesi asiatici e 5 africani la “punizione” per l’omosessualità è la morte: Afghanistan, Iran, Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Emirati arabi e Yemen in Asia, mentre in Africa rimane in Mauritania, Nigeria, Somalia e Sudan. In circa una decina di stati gli atti di omosessualità sono puniti con la reclusione da un minimo di 14 anni fino all’ergastolo. Ci sono poi 55 paesi, di cui 27 in Africa, in cui le pene arrivano a un massimo di 14 anni. In diversi stati dell’Africa è punita l’omosessualità anche come reato di opinione. In molti paesi l’omosessualità maschile è quella che viene punita di più, come ad esempio Singapore, che ha pene fino ai due anni di carcere ma solo se la coppia è formata da due uomini. In America Latina il problema maggiore è la violenza, dato che la maggioranza dei paesi non possiede una normativa che proibisce l’omofobia, per cui i crimini rimangono per lo più impuniti. La metà dei paesi Asiatici ancora criminalizza l’omosessualità, e quelli che non lo fanno, compromettono la libertà di espressione e le manifestazioni pubbliche della collettività. Infine, si rileva che in Africa “l’omofobia patrocinata dallo Stato si è incrementata nell’ultimo decennio”. Mm
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STORIA
Omosessualità e pederastia Un modello pedagogico tra mito e storia D I ST E L L A G R I L LO
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O
mosessualità e pederastia, concetti presenti nel mondo greco che, tuttavia, non hanno la stessa valenza semantica nel mondo di oggi. Un’analisi sul modello pedagogico pederastico, retaggio di un’antica paidéia greca.
DIFFERENZE FRA PEDERASTIA E OMOSESSUALITÀ
Quando si parla di Omosessualità nel mondo antico, spesso, si accosta il termine Pederastia. Tuttavia, nella visione greca, tutto ciò che concerne la sessualità ha una connotazione profondamente differente rispetto a quella odierna. La pederastia greca si riferisce a tutt’altra concezione semantica: la sua etimologia deriva dal termine greco “paiderastia”-παιδεραστία, sostantivo astratto di genere grammaticale femminile. Paiderastês è un termine composto da παῖς – pàis – “ragazzo” o “fanciullo”, ed εραστής – erastès – “amante”. Si noti come da pais derivi anche paidéia, il cui significato del termine è educazione: nella Grecia antica, infatti, denotava il modello pedagogico in vigore ad Atene nel V secolo a.C. La pederastia differisce dall’omosessualità nella sua semantica in quanto, la prima, si riferisce al rapporto fra un uomo adulto, ovvero l‘erastès, e un adolescente: l’eròmenos, ovvero l’amato di sesso maschile, per legge doveva avere più di 12 anni. La pederastia greca non aveva alcun legame con l’omosessualità; era il simbolo della crescita etica e culturale che un giovane
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adolescente percorreva sotto la guida di un adulto. Il rapporto pederastico fra amante e amato era un rito di iniziazione vero e proprio: il giovane, infatti, si formava su ogni fronte; educazione, formazione ed istruzione compresa quella sessuale ed erotica.
STORIA
IL MITO DELL’ANDROGINO NEL SIMPOSIO DI PLATONE: I FIGLI DEL SOLE, DELLA TERRA E DELLA LUNA
La figura dell’androgino appare nella cultura europea grazie al Simposio di Platone. Nel discorso di Aristofane si afferma come questo genere, non fosse figlio del Sole come tutti gli uomini e nemmeno figlio della Terra come le donne, ma figlio della Luna che partecipa alla natura di entrambi. Durante il dialogo con gli altri commensali, Aristofane, cita uno dei passi discorsivi più celebri del Simposio, il celebre Mito dell’androgino. In principio gli esseri umani erano mostruosi e potenti. Ogni individuo era formato, a sua volta, da due individui uniti per la schiena, con la testa in comune avente due volti. I sessi erano tre: femminile, formato da due donne; maschile, da due uomini; androgino, costituito da un uomo e una donna. Questi ultimi sfidarono Zeus: per diminuire la loro potenza li fece tagliare in due. Da allora ognuno di loro è destinato alla ricerca della propria metà in modo tale da ricomporre l’unità originaria. Quelli che derivano dagli androgini sono eterosessuali, in quanto l’uomo
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cerca la donna e viceversa; coloro i quali derivano dagli altri sessi sono omosessuali.
LA CRITICA DI PLATONE AGLI ASPETTI MERAMENTE CARNALI
Tuttavia, nella Grecia antica, l’unico rapporto omosessuale accettato era proprio quello pederastico fra un allievo e il proprio educatore. Platone, infatti, criticava il mero aspetto carnale rispettandone invece il risvolto educativo. Nel Fedro, uno dei dialoghi più noti del filosofo, Platone afferma come la pederastia fra i Greci fosse da considerare un legame emotivo che poteva essere sia sessuale sia vissuto in castità tra un ragazzo e un uomo adulto esterno al proprio nucleo familiare d’origine. Nonostante l’ammissione di questo aspetto, Platone criticherà aspramente i rapporti sessuali all’interno di una relazione pederastica, considerandoli brutali e vergognosi. La proposta educativa del filosofo ateniese prevedeva invece che, l’amore degli amanti per i giovani, fosse scevro da eventuali intimità; in questo modo si promuoveva la reciproca ammirazione delle virtù interiori, passaggio obbligatorio poiché, tale atto, faceva giungere all’amore della virtù stessa intesa nella sua più ampia accezione astratta e generale.
RELAZIONI PEDERASTICHE, UN RETAGGIO PEDAGOGICO
La relazioni pederastiche erano tutt’altro che facili. L’allievo doveva accertarsi
che le intenzioni dell’eventuale maestro fossero serie; mentre l’erastès, a sua volta, doveva provare di non essere attratto esclusivamente dalla bellezza fisica dell’amato. Una volta raggiunta la maggiore età l’eròmenos cambiava il proprio ruolo: lo scopo era proprio fornire un’educazione in modo tale che, il giovane, potesse avere un proprio ruolo nella società. La pederastia era una vera e propria forma di pedagogia: i greci, infatti, non possedevano un termine che indicasse un concetto ampio come la sessualità; ciò che esisteva era il concetto di virilità, quindi combattere nelle battaglie, partecipare alla vita politica e avere un’attività sessuale. L’erastès attua un processo educativo verso l’eròmenos educando il giovane in tutti gli ambiti salienti della società. Un vero e proprio retaggio assolutamente distante dalla pedofilia, termine spesso confuso con le relazioni pederastiche. La pederastia si estinse tramite un decreto dell’imperatore Giustiniano I; successivamente, chiuse anche altre istituzione come i Giochi
olimpici antichi e l’Accademia di Atene, istituita proprio da Platone.
OMOSESSUALITÀ NELL’ANTICA ROMA, DIFFERENZE CON LA GRECIA
Le relazioni fra un uomo adulto e un fanciullo nell’Antica Roma risultano invece differenti. Un uomo poteva approfittare della sua posizione sociale, chiedendo favori sessuali a giovani inferiori nello status sociale d’appartenenza. I partner sessuali del cittadino romano erano gli schiavi e i liberti, la cui relazione poteva esistere solo con i loro padroni o ex-padroni. Per un patrizio, cittadino romano abbiente, era immorale avere rapporti sessuali con un adolescente di buona famiglia. Dunque i cittadini romani potevano avere rapporti omosessuali ma non pederasti. Tacito, fra i più grandi storiografi della letteratura latina, attaccava la pederastia e i mores greci costituiti da “gymnasia et otia et turpes amores” (“palestre, ozi e amori inconfessabili”). Mm
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B R AV E
Confessioni di una lesbica privilegiata D I G I O R G I A B O N A M O N E TA
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S
ono lesbica e non ho mai fatto coming out. Non ne avevo bisogno, sapevo che la mia famiglia mi avrebbe accettato. Lo sapevo dai discorsi a tavola, dall’amore per la musica di Freddy Mercury di mia madre, dall’indifferenza di mio padre su qualsiasi questione che non fosse economica - costa essere lesbiche? No? Allora fai come ti pare -, dalla forza rivoluzionaria di mia nonna. Non l’ho detto perché non sarebbe cambiato nulla presentarmi con un ragazzo o con una ragazza e così ho fatto. Una sera del 2015 ho presentato la mia ragazza alla famiglia e non è successo proprio nulla. Sono una lesbica privilegiata, perché nessuno mi ha odiato e quando è capitato, per strada, di ricevere strani commenti ho sempre avuto la faccia di chi non si doveva far arrabbiare e la voce ferma per poter gridare. Sono una privilegiata perché non ho conosciuto l’odio quando ero più fragile (pensiamo al caso di Malika), quando ero ancora al liceo, in quella delicata fase dell’adolescenza dove tutti gli altri apparivano più belli, più interessanti, più bravi, più pronti al sesso di me, più maturi.
LESBISMO E ALTRI MODI PER DIRE CHE ODIO L’ “UOMO”
Sono lesbica perché il mio rapporto con gli uomini è sempre stato particolarmente difficile. Non tutti gli uomini, ma quell’ “uomo”, quel soggetto che commenta sotto le foto quanto sei bella, che scrive in chat se sei libera quella sera anche se non lo conosci, quell’uomo che tocca sui mezzi pubblici, quello che si masturba sul sedile del treno, quello che solleva il vestito per strada, quello che commenta ogni ragazza che gli passa davanti con epiteti poco lusinghieri, quello che se ti vede con una donna per mano ti dice che sei lesbica solo perché non hai incontrato il giusto arnese con il quale divertirti. Quell’uomo, proprio quello, è un esemplare specifico e molto diffuso. Non odio gli uomini in quanto tali, odio quando si comportano da “maschio tossico” senza capire che danneggia anche loro. Se sono lesbica è merito di mio padre e del difficile rapporto che avevo con lui. Qualche psicolog* della domenica potrebbe dire che allora basta risolvere i conflitti con mio padre per tornare “normale”, ma non è così. Capire di
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B R AV E
odiare il maschio tossico, di odiare mio padre, è servito per comprendere una cosa: amo le persone. Essere lesbica per me vuol dire amare, lasciarsi attrarre sessualmente e sentimentalmente dall’altr*, dalla persona. Non amo le donne in quanto “portatrici di vagina”, non amo le donne perché più gentili, meno rozze, perché con loro posso parlare o condividere i dolori del ciclo. Non è quello che una lesbica cerca in una relazione se ve lo state chiedendo.
Al soggetto che propone sesso etero e vanilla per scoprire la propria sessualità non si dovrebbero dedicare più parole di quelle che ho già scritto, mentre alla psicologa (si tratta di una donna nel mio caso) posso tentare di rispondere dopo anni di felice lesbianza.
TEORIE DI RICONVERSIONE PER LESBICA RETICENTE
Avete presente la tecnica oroscopo? Ogni sentenza delle stelle e dei pianeti è assolutamente vera, ogni frase è azzeccata e descrive proprio noi e la nostra vita. Ecco, certe affermazioni di pseudo psicolog* specializzati nelle terapie di conversione funzionano allo stesso modo. Ti piacciono le donne? Allora, sicuramente eh, durante l’adolescenza hai avuto un conflitto o un attaccamento morboso con tua madre. Oppure hai subito abusi o hai avuto un pessimo rapporto con tuo padre. Sei stata depressa durante gli anni del liceo? Se rispondi di sì tranquilla non ti aiutiamo con la depressione, se solo da riconvertire. Ma davvero è così? No.
Da manuale io sono il perfetto caso della lesbica che “si può ancora aiutare”. Non indosso “maglie da uomo” (come se gli abiti avessero un sesso), non ho rasato i capelli (idem per l’aspetto) e mi capita ancora di innamorarmi di uomini (non è così raro). Gli altri casi sono persi secondo queste “teorie di riconversione”. Due sono le teorie che ci si sente proporre dagli etero (e da qualche omosessuale particolarmente scontento del fatto che a qualcun* non possa piacere lo stesso organo sessuale che lui ama, ma quello del pregiudizio gay verso le lesbiche è un altro discorso). Dicevamo due sono le teorie proposte alle lesbiche per tornare “normali”: provare l’esperienza sessuale con un uomo, solitamente lo stesso che propone questa tecnica miracolosa di cura al lesbismo o andare da un* specialista in materia.
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TERAPIA PER LESBICHE: PROBLEMATICHE, SOLITARIE, MASCHIACCE. DAVVERO?
Eppure ci sentiamo dire che siamo lesbiche perché abbiamo un’intelligenza superiore alla media. Siamo lesbiche perché i coetanei maschi maturano dopo; perché siamo più sensibili contro le ingiustizie; siamo, infine, lesbiche perché ci piacciono lo sport,
i vestiti e i comportamenti maschili, perché la dicotomia tra odio e amore è più marcata. Ognuna di queste affermazioni è più o meno vera, dipende dalla persona, ma non sono davvero determinanti dell’orientamento sessuale. Per tornare a essere una “vera donna” avrei dovuto abbandonare il mio gusto personale per inseguire qualche modello preconfezionato di donna. No grazie, preferiscono essere lesbica, preferisco essere me stessa.
LESBISMO, FEMMINISMO E PERCHÉ ODIARE LE PERSONE TRANS NON SERVE A NULLA
Qualche anno fa a Latina, mentre ero seduta con la mia ragazza alla fermata dell’autobus, mi sono sentita gridare dietro “ah lesbica!, ah femminista!” come se fossero degli insulti. Non ho riso, come propongono i carissimi Pio & Amedeo, ma ho ringraziato con un sorriso l’anziana signora. Era esattamente quello che volevo essere: una lesbica femminista.
Essere lesbica oggi, per me, vuol dire rifiutare l’immagine di donna legata alla famiglia, alla riproduzione dei figli, allo sfruttamento del corpo che le donne stesse, convinte che il “patriarcato” sia solo una parola inventata dalle femministe, propongono come modello di vita. Essere lesbica è una scelta politica, prima di tutto.
Voglio chiudere questa mia confessione di privilegiata lesbica-bianca-magra con un invito a non odiare. Si legge sempre più spesso online di lesbiche odiatrici di persone trans: secondo queste “lesbiche” non avere il ciclo equivale a non essere donne. Lascio rispondere Margherita Cavallaro, che ha espresso perfettamente la stupidità di tale affermazione sulle pagine del Fatto Quotidiano: «Voglio anche sottolineare quanto sia terribilmente diminutivo e sessista ridurre l’essere donna a un’emorragia mensile e agli sbalzi d’umore. Un uomo che dice “oh ma quanto stai nervosa! Hai il ciclo?” non è più sessista e imbecille di una donna che dice “se non sai cosa vuol dire essere intrattabile perché hai il ciclo, allora non sei donna». E poi c’è l’esempio opposto, quello F to M, del quale prenderò come esempio l’attacco a Elliot Page. La vita di Elliot Page è stata usata per propagandare il presunto tradimento delle donne che “vogliono” diventare uomini. Perché, scrivono quelle di Arcilesbica, si fa di “tutto pur di non essere donne”. Un discorso simile porta solo acqua al mulino del patriarcato, del mantenimento dello status quo. Non c’è nessun tradimento, nessun complotto. Prima le odiatrici lo capiranno, prima riusciremo a liberarci dal dominio maschile. Mm
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C U LT U R A
Omosessualità
MUSICA
Etimologia e origini di una parola importante D I ST E L L A G R I L LO
L'
omosessualità è un termine nato nel 1869. I rapporti amorosi fra esponenti dello stesso sesso sono sempre esistiti, basti pensare al modello pedagogico vigente nell’Antica Grecia; tuttavia, erano altre le espressioni, spesso dispregiative, usate per riferirsi all’attrazione fra individui dello stesso sesso.
DEFINIZIONI LACUNOSE E LIMITATE NEL TEMPO
Il termine Omosessualità è oggi consuetudine ma, fino a quasi la metà dell’800, si utilizzavano altre parole
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per indicare l’attrazione fra persone dello stesso sesso. Evidenze tangibili fra relazioni di individui appartenenti al medesimo genere, si hanno già a partire dall’antica Grecia. Due esempi lampanti sono Saffo e Alceo: massimi esponenti della Grecia arcaica di lirica eolica le cui poesie nascono, rispettivamente, nel tiaso: struttura presieduta dalla poetessa per l’educazione delle giovani donne della società di Lesbo, legata al culto di Afrodite; le ragazze accompagnavano il loro viaggio formativo attraverso amicizie ma anche amori omoerotici. Corrispettivo del tiaso saffico, era l‘eteria di Alceo: dove avvenivano simposi e incontri culturali, alternati a rapporti pederastici, ai fini formativi. La sua
semantica si rifletteva in termini come pederastia, omogenia o uranismo. Definizioni limitate, parziali, lacunose e dispregiative, a volte: ∙ Pederastia: il rapporto sessuale di un adulto con un fanciullo. Nell’antica Grecia era quasi un rito di iniziazione approvato dalla società del tempo. La pratica, successivamente, divenne discutibile col passare del tempo. Ne conviene che, chiunque abbia una relazione, uomo o donna che sia, con un minore configuri reato. Di conseguenza, etichettare l’omosessualità similare alla pederastia è un’espressione di giudizio morale contro la persona omosessuale;
∙ Omogenia: qualcosa appartenente alla stessa specie, derivante dalla stessa natura, elementi distribuiti in modo uniforme. Ne consegue una vaghezza e nebulosità semantica; ∙ Uranismo: forma passiva dell’omosessualità maschile, caratterizzata da una sessualità psichica orientata in senso femminile. Il termine deriva dal dio Urano che, secondo varie ipotesi, avrebbe assunto questo comportamento dopo aver perso i genitali per mutilazione. Karl Heinrich Ulrichs coniò il termine nel 1864, cinque anni prima del’espressione Omosessualità.
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C U LT U R A
GENESI E STORIA DI UN TERMINE NORMALE
Karl Heinrich Ulrichs fu un pioniere del primo movimento omosessuale. Il concetto di Uranismo da lui divulgato non veicola ciò che il termine Omosessualità, invece, racchiude; tuttavia, le intuizione di Ulrichs furono profetiche. Urano, nel greco antico, era il cielo: Ulrichs riprende tale significato nel senso di “celestiale” in quanto, nel Simposio di Platone, Afrodite era definita Urania protettrice degli amori omosessuali. Fu anche inventore del concetto di ”Terzo sesso”, ovvero ”anima femminile imprigionata in un corpo maschile”. Il suo scopo era ricercare le condizioni biologiche di tale condizione. Karl-Maria Kertbeny fu, invece, colui che coniò nel 1869 il termine Omosessualità: probabilmente, suo obiettivo, fu quello di creare un neologismo che non limitasse la condizione di omosessualità alla semplificata espressione di donne imprigionate in un corpo maschile.
Quello che Kertbeny volle evidenziare e rivendicare era la piena virilità della condizione omosessuale, senza svilirla o sminuirla. Il termine Omosessualità deriva dalla parola tedesca Homosexualität, a sua volta derivante da una fusione fra il greco omoios, ”simile”, e il latino sexus, ”sesso”. Kertbeny usò il termine in una pubblicazione anonima
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contro il Ministero della Giustizia prussiano, il quale, introdusse una legge per punire gli atti sessuali compiuti fra due persone di sesso maschile. Inventò anche i termini Normalsexualität (“normosessualità”) e Doppelsexualität (“bisessualità”).
KERTBENY E L’AUSPICIO DI CREARE UN TERMINE MORALMENTE NEUTRO
L’inventore del termine Omosessualità non era un medico, bensì, un letterato. La creazione della parola non fu quindi un tentativo di etichettare, ghettizzare o medicalizzare la pratica omosessuale: l’auspicio di Kertbeny fu quello di contribuire alla creazione di un termine moralmente neutro che sostituisse quelli in uso all’epoca, troppo limitanti e, spesso, dispregiativi. In Italia il termine comparì nel 1894; tuttavia, si diffuse solo a partire dagli anni ’30. Fra gli anni ’50 e ’60, il Movimento di Liberazione Omosessuale, cercò di far svanire l’attenzione del pubblico sul solo aspetto della sessualità del termine: sostituì Omosessualità con Omofilia – da omoios e filia, ”amore fraterno”, in greco – che, tuttavia, cadde in disuso. Negli ultimi anni, proprio per non far concentrare l’attenzione esclusivamente alla sessualità, si è introdotta l’espressione di Omoaffettività.
GERGO MODERNO E SINONIMI
Nel tempo si utilizzarono nel linguaggio comune espressioni rientranti come veri e propri sinonimi di omosessuale. Primo fra tutti, nato da gergo statunitense, il termine gay, presente nello slang omosessuale già negli anni ’20 del XX secolo e riferito, principalmente, per indicare due uomini omosessuali. Nel caso di omosessualità fra donne si parla, invece, di lesbismo; termine derivante dall’isola di Lesbo in cui viveva la poetessa Saffo che, appunto,
presiedeva il tiaso. Altra parola riferita all’omosessualità è Queer che, però, si traduce con gli aggettivi ”eccentrico, insolito, poco usuale”. Nasce per alludere in modo indiretto all’orientamento sessuale di un soggetto senza però entrar troppo nel dettaglio. Probabilmente la parola deriva dal tedesco, anche se risultano delle evidenze in lingua inglese già a partire dall’800. Fino al 1970 la semantica del termine aveva valenza dispregiativa: in seguito, si utilizzò internazionalmente assumendo un valore neutro. Mm
Il termine Omosessualità fu coniato nel 1869 da Karl-Maria Kertbeny Metropolitanmagazine n. 3
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SERIE TV
M O DA
Moda & Queer Culture Tra storia e inclusività
D I D O N AT E L L A G A Z Z È
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l mondo della moda e quello del mondo Queer e LGBTQ+ sono da sempre molto legati. Gli abiti da sempre aiutano a formare una propria identità, a farci sentire più a nostro agio e riesco anche a trasformarci in chi davvero vogliamo essere. Femmine e maschi, rosa e azzurri, gonna e pantaloni sono da sempre gli opporti stampati nella nostra mente come fossero dei mantra. Solo dopo anni di lotte, prima femminili, poi della comunità LGBTQ+ e poi di tutte quelle persone che non vogliono identificarsi in un genere definitivo, la moda fa un passo avanti con il Gender Fluidity. La differenza di genere è sempre stata il perno della moda, basti pensare alla moda Uomo e moda Donna, alle sfilate divise in genere maschile e femminile. Il passo avanti avviene quando il confine tra il guardaroba maschile e quello femminile è sempre più sottile, a tratti indistinguibile. O quando anche le modelle transgender sfilano nell’Alta Moda.
TEDDY QUINLIVAN, QUANDO LA MODA NON HA CONFINI
“Sono arrivata al punto di non piangere più per delle cose tristi, piuttosto, preferisco versare lacrime nei momenti di tronfo. E questo è stato uno di quei momenti trionfali di pianto per me. Tutta la mia vita è
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stata una lotta. Sono stata costantemente vittima di bullismo a scuola, dove i bambini minacciavano di uccidermi descrivendo dettagliatamente come avrebbero fatto, mio padre mi picchiava e mi chiamava “frocio”, fino a ricevere una serie di porte in faccia nell’industria dopo aver parlato pubblicamente di essere stato aggredito sessualmente sul posto di lavoro…Questa è una vittoria che riscatta tutto quello schifo” ha scritto la modella trans sul suo profilo instagram dopo essere stata scelta come testimonial per il Marchio Chanel Beauty. La bellezza può avere divieti di accesso? Assolutamente no ed ecco quindi che l’esempio di Teddy Quinlivan apre le porte verso l’inclusività, se poi si ha il sostegno di grandi brand come Chanel possiamo davvero parlare di rivoluzione. Ma come siamo arrivati a tutto questo?
ALL’INIZIO FU MUGLER
Già nel 1992 l’estetica impertinente e dal mood camp di Mugler ha dato vita a diversi momenti iconici in passerella che possono avvicinarsi al mondo queer. Come quello in cui durante la presentazione della sua collezione primavera estate, invitò a sfilare in passerella la Drag Queen Lypsinka.
NEL 1998 ARRIVA JEAN PAUL GAULTIER
L’enfant terrible Jean Paul Gaultier è noto anche per aver da sempre adottato
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e celebrato l’estetica queer, mettendo ad esempio le gonne agli uomini già nel 1985. Negli anni, collaborò anche con l’amico e musa Tanel Bedrossiantz con risultati a dir poco strepitosi dal punto di vista dell’estetica. Nella sfilata couture primavera estate del 1998 a tema illuminismo, Bedrossiantz ha indossato un abito composto da corsetto aderente e ampia gonna di ruche, abbinato ad una camicia bianca con cravatta nera; un’immagine che è entrata a far parte del catalogo del Met 2019 Camp: Notes on Fashion. La storia della moda che si accosta a quella queer non è fatta solo di lustrini, trasformismo e paillettes. A questo si affianca il desiderio di uguaglianza specialmente considerata la segretezza che accompagna le vite private di tante figure queer. La moda è espressione, è comunicazione e molti stilisti sanno che possono lanciare un messaggio con le loro creazioni.
KARL LAGERFELD PER UN CONCETTO DI AMORE UNIVERSALE
Nel 2013 lo stilista Karl Lagerfeld conclude la sfilata Chanel con 2 modelle spose che si tengono per mano insieme al loro bambini. Un messaggio di uguaglianza a favore dei matrimoni gay in Francia, approvati poi successivamente. Un segno forte,
di grande impatto che porta con se non solo la bellezza degli abiti presentati, ma anche del messaggio che si vuole lanciare. Perchè la moda può parlare al mondo. Ecco come negli ultimi anni, la moda ha visto una straordinaria crescita di stilisti proporre un nuovo approccio
alla sessualità e alla questione di genere. Questo incremento ha coinciso col doveroso dialogo sulla visibilità queer nella moda, dai casting per le sfilate ai consumatori a cui si rivolgono i brand. Una moda per tutti, una moda senza confini, una moda che parla e arriva oltre i confini. Mm
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LIBRI
Cinque libri
per spiegare ai bambini che
l'amore è sempre amore D I ST E L L A G R I L LO
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GBTQ+ e i libri per bambini: come spiegare ai più piccoli un argomento così delicato, se non attraverso le letture? Il filone letterario che tratta questi argomenti, in Italia, non è molto vasto. Tuttavia, nel 2011, due mamme che volevano dare un apporto differente al mondo infantile, colmando una mancanza, fondano la casa editrice Lo Stampatello. Intanto, negli anni, qualcosa fortunatamente si è mosso. Come parlare ai bambini di Lgbtq+ e uguaglianza di genere se non attraverso i libri? Uno dei modi sicuramente più funzionali è leggere insieme dei testi appositi. Fiabe illustrate, racconti, novelle che raccontano la famiglia, l’identità di genere, la libertà e l’uguaglianza; i libri sono uno strumento capace di lottare contro ogni pregiudizio, utili allo sviluppo del pensiero critico e fondamentali per la
scoperta di temi importanti come la propria sessualità. Ecco cinque titoli utili per spiegare ai piccoli lettori che l’amore è sempre amore, in tutte le sue forme. Impossibile non iniziare citando la piccola casa editrice milanese Lo Stampatello che, nel 2011, pubblicò Queer Heroes. 53 eroi arcobaleno di tutti i tempi di Arabelle Sicardi con le illustrazioni di Sarah Tanat-Jones. Cinquantatré personaggi appartenenti alla storia, alla letteratura, alla pittura, alla musica: storie di coraggio, successo e determinazione tutte da scoprire. Un libro che insegna ai bambini a essere sé stessi, senza rimanere prigionieri dei pregiudizi. Il testo è consigliato ai bambini da 9 anni in su. Un altro libro interessante per spiegare ai bambini la tematica Lgbtq+, è Extraterrestre alla pari di Bianca Pitzorno una delle scrittrici più note nel panorama della letteratura per ragazzi.
Queer Heroes ARABELLE SICARDI
Extraterrestre alla Pari BIANCA PITZORNO
2020, Lo Stampatello 53 pagine 14,60€
2019, Einaudi 270 pagine 15,90€
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LIBRI
Il testo è un racconto di ospitalità ma, soprattutto, sull’esigua rilevanza che ha il sesso nella vita di un bambino. Nel libro della Pitzorno, infatti, non è possibile stabilirne il sesso fino alla maggiore età. Una famiglia accoglie un danebiano, un bambino proveniente da un pianeta il cui nome è Daned. L’educazione denebiana non fa differenze tra maschi e femmine; l’autrice sottolinea come non sia naturale l’associazione di alcune caratteristiche a tipici comportamenti di genere verso un sesso specifico. Un bambino può giocare con le bambole, una bambina con utensili da meccanico senza che le azioni mettano in crisi alcun stato di natura. Il libro è consigliato dai 10 anni in su. Altro testo imprescindibile quando si parla di letture a tema Lgtb per bambini e famiglie arcobaleno, è Fiabe straordinarie per famiglie non ordinarie di Elisa Binda e Mattia Perego con le illustrazioni di Leandra La Rosa. Edito Einaudi il libro contiene dieci fiabe illustrate che parlano di famiglia; due mamme piratesse, una
Fiabe straordinarie per famiglie non ordinarie ELISA BINDA E MATTIA PEREGO 2019, Einaudi 175 pagine 14,90€
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coppia di orchi che adotta un elfo e un giovane mago che si sente una strega. Le dieci fiabe hanno un messaggio ben preciso: tutte le famiglie sono speciali e hanno una propria magia insita. Il testo veicola un’idea inclusiva di famiglia dove esiste uno spazio per tutti. Un libro che abbatte gli stereotipi, i cliché ed esalta la famiglia, in ogni sua forma. Adatto ai bambini dai 5 anni in su. Un altro libro edito dalla casa editrice Lo Stampatello, Piccolo Uovo di Francesca Pardi. Piccolo uovo non sa dove nascere, così decide di fare un lungo viaggio che lo porterà a conoscere tutti i diversi tipi di famiglia esistenti nel mondo. Attraverso la penna dell’autrice e le illustrazioni di Altan, racconta come ogni famiglia possa essere un luogo meraviglioso in cui crescere. Una fiaba moderna, quindi, che sgretola e scardina gli stereotipi dell’unione tradizionale, spiegando l’importanza dell’amore e bandendo i pregiudizi. Il testo è consigliato dai 3 anni in su.
Piccolo Uovo FRANCESCA PARDI 2011, Lo Stampatello 28 pagine 11,90€
Ultimo libro da citare per la sezione Lgbtq+ dedicata alle letture per bambini è Colori ribelli, pubblicato nel 2018 edito Milena Edizioni. Di Antonella Milardi con le illustrazioni di Alessandro Coppola, è la storia dei colori rosa e celeste che, stanchi della vita tediosa a cui li condanna la distinzione di genere tipicamente umana, decidono di scambiarsi i ruoli. Improvvisamente, tutto ciò che è rosa diventa azzurro e viceversa. I bambini non sembrano sorpresi, a differenza degli adulti che rimangano molto turbati dal repentino cambiamento. I grandi inizieranno ad elaborare strategie per far tornare i colori al loro posto, mobilitando persino capi di stato ed eserciti: l’importante è attutire la ribellione del rosa e dell’azzurro, e farli tornare al posto giusto. Un fiaba che demolisce ogni differenza di genere con un messaggio importante: i colori non identificano le persone. Mm
Colori ribelli ANTONELLA MILARDI ALESSANDRO COPPOLA 2018, MIlena 32 pagine 14,90€
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ARTE
Arte & Bisessualità
Frida Kahlo e Tamara de Lempicka DI MARIANNA SORU
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n occasione del mese di Giugno, in cui si celebra l’orgoglio LGBTQ+, non mancano gli spunti di riflessione per parlare di arte e orientamenti sessuali. Infatti, contrariamente a quanto si possa pensare, nel mondo dell’arte contemporanea non è raro vedere delle figure dall’erotismo fluido. A tal proposito, sono esistite tre artiste contemporanee che, attraverso la loro arte, sono riuscite a esprimere una sessualità libera da pregiudizi. Moltissimi artisti si sono dichiarati apertamente omosessuali, di altri si è capito solo recentemente, ma in pochi hanno parlato di bisessualità. Una, in particolare, è stata dichiaratamente bisessuale: Tamara de Lempicka. Nata Maria Gurwik-Górska, diceva di essere nata nel 1902, ma nasce in realtà nel 1898, a Varsavia, ma in realtà nasce a Mosca. Andava molto fiera delle sue origini polacche, per questo mentiva sul luogo di nascita. Si avvicina all’arte nel 1907, durante un viaggio in Italia, e, arrivata poi in Francia, impara le basi della pittura da un mentore francese. Il suo stile era quello dell’art decò, una delle correnti base del primo Novecento, e l’espressione dei corpi e soprattutto delle figure femminili è diventata la sua firma. Per esempio, nel quadro “Gruppo
di Quattro Donne Nude” (1925), si evince l’amore per il corpo femminile. Le quattro figure sono unite tra di loro in una maniera quasi soffocante, si strusciano e si toccano ma senza scadere nella volgarità. C’è anche un senso di irrequietezza, tratto della personalità dell’artista ricorrente nella produzione artistica della pittrice. Tamara era dichiaratamente bisessuale, lasciò il primo marito, Tadeusz Łempicki, nel 1928. Si risposa nel 1933, ma non mancano le esperienze: infatti, durante i suoi viaggi (è stata infatti anche ospite del Vittoriale di D’Annunzio), ha avuto modo di esplorare la sua sessualità. L’irrequietezza di Tamara e il suo stile influenzato dal cubismo, sottolineano una fluidità di linee e sinergie, in apparente contrasto con la sua fierezza e la sua sfacciataggine con cui si approcciava alle persone. Non è mancata sicuramente l’esperienza, che le ha dato il soprannome di “cattiva ragazza dell’art decò”. La disastrosa esperienza con D’Annunzio, al quale non si piegò mai, le diede forza, ma anche grande tormento. Conquistava tutti, compreso Marinetti, ma riusciva a concedersi a pochi, aumentando così le leggende e le dicerie legate alla sua misteriosa figura. Purtroppo, la depressione si impossessò di lei, e cercò di trasporre la sua inquietudine in ritratti e figure di iconografia religiosa.
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ARTE
Un’altra figura molto nota nella comunità, che si è scoperta bisessuale solo grazie alla sua biografia del 1982, è Frida Kahlo. La pittrice messicana, nota per il suo tormentato rapporto amoroso con l’artista Diego Rivera, è da sempre esempio di figura queer. Infatti, di Frida conosciamo non solo le due canoniche relazioni (eterosessuali) che ha avuto con Diego, e con il rivoluzionario russo Lev Trockij. Sappiamo che ha intrattenuto svariate relazioni con alcune tra le artiste più importanti del suo periodo, come l’italiana Tina Modotti, o la pittrice Georgia O’Keefe. Nonostante fosse conosciuta la sua fluidità, almeno per quanto riguardava l’orientamento sessuale, in alcune sue opere si capisce il suo tormento interiore. Per esempio, nel quadro “Le due Frida” (1939), due figure apparentemente uguali, ma che mostrano una spiccata dualità: la parte femminile e la parte maschile dell’artista. Infatti, Frida utilizzava un soprannome, Guillermo, per entrare in contatto con la sua parte mascolina. Frida ha avuto una vita tormentata e segnata dal dolore. Non solo fisico, a causa della poliomielite e dell’incidente che le rovinò la vita, ma anche
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interiore. Il tradimento del marito con la sorella, oltre alle svariate relazioni extraconiugali di Diego, furono una scusa per poter approcciarsi in maniera libera anche alle donne. Infatti, non si poneva e non si è mai posta problemi nel conquistare ragazze e artiste, sfruttando anche Guillermo. Tra alcune delle sue conquiste ricordiamo anche Dolores del Rio, Paulette Goddard e Maria Felix. Ma, nonostante le svariate relazioni, non ha mai abbandonato quello che, secondo lei, era l’amore della sua vita. Ciò che accomuna queste due straordinarie e sottovalutate artiste, è la voglia di indipendenza. Entrambe con un carattere molto forte, deciso, che non si sono fatte sottomettere dagli schemi patriarcali dell’epoca. Per entrambe, le relazioni omosessuali erano un’affermazione della libertà, dell’autodeterminazione. Soprattutto, della diversità che queste due pittrici cercavano di esternare con fierezza. La forza creativa ha generato un grande caos, del quale abbiamo la fortuna, tutt’oggi, splendide testimonianze artistiche. Ma che cos’è l’arte se non questo, l’espressione di follia e coraggio? Mm
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SERIE TV
La visibilità delle vite invisibili DI GIULIA MORETTI
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verette Lynn Harris ha dato vita a una delle saghe editoriali più famose d’America a tema LGBTQ+: Invisible life, che ora diventerà una serie tv per volere di HBO. Invisible esplora le terre desolate
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della consapevolezza collettiva su cosa significhi essere black e omosessuali. Invisible Life è il primo libro di una trilogia, poi proseguita con Just as I Am e This Too Shall Pass. Tutti e tre i libri verranno ora portati sul piccolo schermo da HBO.
INVISIBLE LIFE, LA TRAMA E LA SERIE TV
La trama ruota attorno alla vita di un giovane e talentuoso uomo gay afroamericano nel pieno degli anni ’90. Los Angeles Times ha menzionato il primo libro della saga tra i 20 classici gay della storia della letteratura americana. Il libro ha, infatti, raccontato i temi caldi del razzismo, dell’HIV e dell’AIDS, della bisessualità, della repressione del proprio orientamento sessuale. E. Lynn Harris, autore dei romanzi, è deceduto nel 2009, con i diritti dei suoi lavori acquistati dalla Proteus E2 Productions di Proteus Spann, che ha dichiarato a Deadline: “ È stata la passione della mia vita adulta
portare la magistrale narrazione di E. Lynn a un pubblico più ampio. Per molti uomini, i suoi libri erano un rifugio sicuro; un luogo in cui potevano vedersi molto prima che la televisione e il cinema tentassero di ritrarre accuratamente l’argomento. Tuttavia, sono le donne a costituire la maggioranza dei fan di Harris. Per molte donne, i suoi libri sono diventati il primo riferimento a cui poter accedere in privato, iniziando ad esplorare la possibilità che i loro fratelli, amici, amanti e persino mariti potessero essere gay, bisessuali, conducendo anche una doppia vita”. La trasposizione televisiva del libro è stata affidata a Harrison David Rivers, che sarà anche produttore esecutivo della serie. Mm
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NERD
Arcobaleni
tra le nuvolette
dei fumetti D I DA R I O B E T TAT I
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quindi un fumetto non può essere un luogo dove, o attraverso il quale, dibattere di questioni inerenti al genere, l’orientamento sessuale o sulle discriminazioni verso le minoranze? Assolutamente no! Anzi, Assolutamente si… Certo che può esserlo. Chi dice che un fumetto sia soltanto un modo per passare il tempo, ahimè, ne dà una ricostruzione estremamente riduttiva. Partiamo da un presupposto: un fumetto è indubbiamente un’opera d’arte, e cos’è l’arte stessa se non un profondo e intenso luogo di riflessione sulle molteplici complessità del mondo “reale”?
FUMETTO COME LUOGO DI RIFLESSIONE
Cosa ci fa pensare anche soltanto uno sguardo fugace a un Caravaggio? Cosa ci innesca dentro il Guernica di Picasso? Qualcun altro ha provato certamente cose simili leggendo un fumetto: si è disperato per l’olocausto leggendo Maus di Art Spielgman o ha riflettuto profondamente sull’antropocene leggendo L'Attacco dei Giganti di Hajime Isayama. In un fumetto la grande riflessività tipica della letteratura si incontra con la potenza rappresentativa ed espressiva delle arti figurative, in un cocktail che può stordire quanto illuminare, proprio come potrebbe farlo una bella sbronza.
Fatta questa premessa possiamo pertanto affermare la non leggerezza di un fumetto e quindi abilitarlo come terreno fertile di riflessività, sensibilizzazione e crescita personale. Proprio su questi due ultimi concetti è opportuno soffermarsi per un istante: i fumetti, comics o manga essi siano, ragionevolmente passano tra le mani di un’utenza molto giovane, menti che spesso ancora non hanno avuto modo di formarsi pienamente e farsi un’idea sulla vita, propria e altrui, pertanto risulta fondamentale proporre proprio a questo range di pubblico dei contenuti capaci di sensibilizzare e stimolanti per crescere. Il fumetto, pertanto, potrà assumere anche una funzione pedagogica, diventando poi, perché no, uno stimolo ad un movimento reazionario di autocoscienza per un lettore adulto. Ma torniamo al titolo, alla comunità LGBTQ+, certamente in prima linea se si pensa ad un riconoscimento tardivo di determinati diritti fondamentali, soprattutto se ci riferiamo al nostro mondo contemporaneo, un mondo che ormai almeno sulla carta dovrebbe essere preparato e aperto a tutto, ma che in realtà si dimostra, in moltissimi contesti e luoghi, ancora troppo inadeguato e probabilmente civilmente immaturo. Fortunatamente la letteratura fumettistica si è dimostrata subito capace di cogliere le sfumature e di farsi capace di un sostegno simbolico e ideologico alle istanze perpetrate.
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L’IMPEGNO DI MARVEL E NON SOLO PER LA COMUNITÀ LGBTQ+
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Due esempi recentissimi ci vengono proprio dal mondo dei comics, da una delle etichette più famose della storia, ossia dalla Marvel, con i suoi due progetti in uscita nel mese di giugno del 2021: The United States Of Captain America e Marvel’s Voices: Pride, due progetti accomunati dalla presenza di due protagonisti che vorranno essere degni rappresentati della community LGBTQ+. La prima serie vedrà l’introduzione di Aaron Fisher, il cosiddetto “Capitan America delle ferrovie”, il quale stando agli annunci della Marvel incarnerà molti dei valori cari al sentiment LGBTQ+, spingendo il personaggio del Cap fuori dallo stereotipo legato alla mascolinità del “vero uomo” e
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restituendogli l’aura del difensore di tutti, a prescindere da classe sociale, provenienza e orientamento sessuale; la seconda serie, invece, sarà un diretto omaggio al Pride Month e introdurrà Somnus (alias Carl Valentino), il nuovo personaggio queer creato dalla Marvel, nato, secondo le parole del creatore Steve Orlando, proprio dalle esperienze di vita personali di quest’ultimo. Aaron Fischer e Carl Valentino non sono di certo i primi (e non saranno gli ultimi) personaggi rappresentativi della comunità LGBTQ+, come del resto molte altre sono le opere che hanno riflettuto al riguardo. Possiamo citare, ad esempio, l’ormai “classico” capolavoro del 1979 di Keiko Takemiya, Il poema del vento e degli alberi, oppure il più attuale Il blu è un colore caldo, opera di Jul' Maroh del 2010 e riadattato
cinematograficamente nel 2013 attraverso La vita di Adele. Ma non solo, degni di nota sono poi l’italiano In Italia sono tutti maschi, di Luca de Santis e Sara Colaone, una graphic novel che tratta il poco discusso tema del confino degli omosessuali tra il 1938 e il 1942 (tema, anche se non nello specifico italiano, ripreso ad esempio anche in V for Vendetta di Alan Moore) e Oltre le onde di Yuhki Kamatani, la storia di un adolescente costretto a nascondere il proprio orientamento sessuale che un giorno, pensando di essere stato scoperto, addirittura tenterà il suicidio, ma che grazie ad un intervento fortuito capirà di non essere solo. Accanto a queste storie c’è poi chi riesce anche ad offrire una riflessione più leggera, a tratti tagliente, ma altrettanto
efficace, come ad esempio Leo Ortolani, il quale attraverso Cinzia (2018), raffina alcune tematiche legate alla transessualità, forse in passato affrontate con troppa superficialità dallo stesso autore. La società certamente nel tempo cambia, ineluttabilmente, la gente poi, come cantava Mia Martini «è strana… cambia idea improvvisamente», tuttavia l’amore non muore mai e probabilmente non cambia mai, sia esso provato da un uomo e una donna, due uomini, due donne, due o più persone che ancora non sanno cosa essere. L’amore, appunto, appartiene alle persone, ma è anche un qualcosa così incredibile da non poter quasi essere racchiuso in un’idea, figuriamoci in un “genere”. Pensate, questo molti autori e lettori di “robetta” come i fumetti lo hanno capito. Mm
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CINEMA
Disclosure
Oltre gli stereotipi per una maggiore inclusione LGBTQ+ D I G I U L I A N A AG L I O
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CINEMA
uando i film fanno la loro magia, lo schermo diventa uno specchio, che riflette le dimensioni delle nostre identità in modi profondi ed emotivi. È qui che entra in gioco il coinvolgente documentario Netflix di Sam Feder, Disclosure, che ripercorre il modo in cui i personaggi non conformi al genere, dell’attuale comunità LGBTQ+, sono stati rappresentati negli anni sullo schermo. Un toccante tributo all’esistenza delle persone trans e un’amara riflessione sui pregiudizi alimentati da Hollywood.
I DANNOSI CLICHÉ ALIMENTATI DA HOLLYWOOD
Stereotipi di genere, narrazioni disfunzionali, cisgender-centrismo. Per decenni, con la rappresentazione delle persone trans in tv e al cinema ci si è posti il problema di essere compiacenti esclusivamente verso il pubblico mainstream bianco, eterosessuale e conforme al proprio genere. Nella storia di Hollywood i personaggi transgender non sono pochi, ripercorriamo allora il racconto in Disclosure delle persone che negli ultimi vent’anni hanno fatto coming out. Il regista Sam Feder, ce lo racconta dall’inizio alla fine: partendo dai film muti, passando per Psycho, Nip/Tuck, Sex and the City e Ace Ventura, arrivando alla serie TV del 2018 Pose. Insieme a Laverne Cox, protagonista della serie Netflix, Orange is the New Black, nonchè produttrice del docufilm, compaiono: Lilly Wachowski, una delle due sorelle transgender che hanno creato la saga di Matrix, Mj Rodriguez, la protagonista transgender della serie TV Pose, Jamie Clayton, attrice
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transgender della serie TV Sense8, e Chaz Bono, attore, scrittore e attivista dei diritti LGBTQ+, figlio di Sonny Bono e Cher. Come detto da Laverne Cox al Guardian: innumerevoli storie di persone trans da lei incontrate che, ispirate dalla potenza suo personaggio in Orange, la detenuta Sophie Burset, hanno deciso di fare coming out e smettere di vivere di nascosto la loro condizione.
DIRITTI LGBTQ+ PER UN MONDO PIÙ EQUO ANCHE NEI FILM
Il docufilm fa riflettere su come i film datati riflettano tempi più conservatori, eppure molti dei tropi dannosi che hanno introdotto persistono. Disclosure ci insegna che è proprio a causa della carenza di rappresentazioni credibili che ciò che resta del mondo transgender, abbandonato spesso in narrazioni inadeguate e grottesche, assume un significato decisamente offensivo. Per un equa libertà ci ha pensato l’enorme protesta, avvenuta il 19 giugno scorso, del movimento “Black Trans Lives Matter” a New York. Manifestazione spinta da una solidarietà senza precedenti contro la violenza, sistemica e reiterata, nei confronti delle persone transgender di colore. Dovuta soprattutto a causa delle due donne nere uccise l’anno scorso: Dominique Fells a Filadelfia e Riah Milton in Ohio, che spingono anche la Corte Suprema degli Stati Uniti a proteggere i diritti civili, impedendo a 26 stati di consentire ai datori di lavoro di licenziare dipendenti trans. Una boccata d’ossigeno dopo anni di muri, fisici ed ideologici, a cui dovrà inevitabilmente seguire un’ancora maggiore revisione di inclusione dei diritti LGBTQ+. Mm
La mia vita è un esempio così profondo di ciò che la rappresentazione può fare. Le persone trans hanno subito livelli di violenza senza precedenti, anche per colpa della politica. L AV E R N E C OX
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NERD
Capitan America diventa supereroe LGBTQ+ D I DA R I O B E T TAT I
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apitan America ha raggiunto le 80 candeline (sarà forse anche questo, in un certo senso un Easter Egg presente in Endgame?) e la Marvel Comics celebrerà l’ottantesimo anniversario del “primo vendicatore” con una nuovissima serie limitata (di 5 uscite) The United States Of Captain America, scritta da Christopher Cantwell e disegnata da Dale Eaglesham, affiancati da Joshua Trujillo e Jan Bazaldua.
Viene descritto come il Captain America “delle ferrovie” ed è un adolescente che ha fatto della difesa dei suoi compagni scappati di casa e dei senza tetto la sua vocazione.
NERD
In questa nuova avventura Steve Rogers farà squadra con i “Cap” del passato, alla
ricerca del suo scudo rubato e durante questo viaggio in lungo in largo per gli Stati Uniti il gruppo scoprirà che tantissime persone “comuni” hanno ereditato la volontà del Capitano (simbolicamente il suo scudo) per difendere le loro comunità, piccole o grandi, a cominciare proprio da un nuovo eroe: Aaron Fischer.
Aaron è ispirato dagli eroi della comunità queer: attivisti, leader e gente comune che spinge per una vita migliore. Si batte per gli oppressi e i dimenticati.
J O S H UA T R U J I L LO
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Mentre lo disegnavo, ho pensato: beh, Cap combatte contro esseri superpotenti e salva il mondo quasi sempre, ma Aaron aiuta coloro che camminano da soli per strada con i problemi che affrontano ogni giorno. Spero che alla gente piaccia il risultato finale!
J A N BA Z A L D U A
CAPTAIN AMERICA NUOVO SIMBOLO LGBTQ+ DEL MONDO NERD
Marvel Comics onorerà il Pride Day proprio con questo nuovo personaggio, il quale incarnerà tutti i valori LGBTQ+. Effettivamente si tratta di una vera e propria svolta, considerando che per decenni Capitan America ha in qualche modo sempre simboleggiato soprattutto la mascolinità, l’essere un “vero uomo” e tutta una serie di valori che potremmo definire “cattolici”, realtà che ancora fatica ad associarsi alla comunità LGBTQ+. Ma è giusto ricordare che Cap è soprattutto il difensore di tutti, di tutte, di tutte le classi sociali, etnie e ovviamente orientamenti sessuali o di genere.
Jan Bazaldua ha dichiarato che il personaggio è stato creato proprio su richiesta degli editori Alanna Smith e lo stesso Joshua Trujillo. Oggi la questione dei diritti civili non è solo un qualcosa di tendenza, ma ancora in molti luoghi, anche negli Stati Uniti, una vera e propria problematica e Capitan America, da buon difensore, da eroe quale è, deve porsi al centro anche di queste questioni perché il male, l’intolleranza e la violenza sono avversari pericolosi tanto quanto i vari Thanos o Teschio Rosso, a cui non voltare le spalle ma contro i quali ergersi in difesa degli oppressi e dei deboli. The United States Of Captain America # 1 è disponibile dal 2 giugno. Mm
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