Metropolitan Magazine - N.1/2022 - Speciale Coco Chanel

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S PECIA L ISSUE

Di Chanel ce n'è una sola


Metropolita SOMMARIO N.1 GENNAIO 2022

Direttore responsabile ROSSELLA PAPA Editore ALESSIA SPENSIERATO

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CINEMA Coco Chanel e il cinema una storia d'amore rivoluzionaria senza fine di DEBORA TROIANI

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MODA La vera storia di Coco Chanel

CINEMA Coco Avant Chanel: la donna dietro al mito

di ALESSIA SPENSIERATO

di ANDREA AVVENENGO


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AMORE L'amore folle e dannato di Coco Chanel e Boy Chapel di ALESSIA SPENSIERATO

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BRAVE Il femminismo e Virginia Woolf alla Maison Chanel di FRANCESCA MAZZINI

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LETTERATURA La moda attraverso le influenze della letteratura classica e i simbolisti francesi

ARTE Coco Chanel L'invenzione della semplicità

di STELLA GRILLO

di MARIANNA SORU


editoriale

Di Chanel ce n'è una sola D I R O S S E L L A PA PA

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«E

cco, così si muore»: più che tragica, spietata e combattiva, l'ultima parola di Coco Chanel mentre moriva, all'età di 87 anni, in una camera dell’Hôtel Ritz di Parigi. Anche quando tutto sfiorisce, nell'ultimo atto macabro e silenzioso, lo charm appare naturale per chi come Coco Chanel ha fatto anche della morte, un elegante momento di sacra dignità. Si distese sul letto e pronunciò la sua fatidica ultima frase. Eppure quella morte non decretò mai la fine di un mito senza tempo, che ancora oggi fa eco in concezioni sofisticate di pensiero che superano anche la moda. In Coco Chanel, l'anarchia del momento estetico ha poi determinato l'autenticità di una lotta femminista, della rivoluzione del costume sociale che fa del personaggio ancora oggi un simbolo, quello che ieri era un mito, domani pur sempre la Storia. Mm

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M O DA

La vera storia di Coco Chanel La genialità della moda eterna D I A L E S S I A S P E N S E R I AT O

È

il 19 agosto del 1833 quando Jeanne DeVolle dà alla luce, in un ospizio, Gabrielle Bonheur Chanel che, un giorno, il mondo chiamerà col nome di Coco Chanel. Un’infanzia sfortunata, la sua: la prematura morte della madre, l’abbandono da parte del padre HenriAlbert Chasnel, che di mestiere faceva il venditore ambulante, gli anni in affidamento alle suore del Sacro Cuore, a Aubazine. Circondata da donne vestite solo di abiti austeri, rigorosamente bianchi e neri, e dall’architettura rigorosa dell’abbazia, è proprio qui che

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Gabrielle inizia a diventare Chanel: l’antitesi dei colori opposti e la severità delle linee saranno, un domani, la carattestica distintiva della sua moda. Compiuti i 18 anni, Gabrielle è libera di andarsene da Aubazine e di cominciare, all’alba dei diciotto anni, a vivere la propria vita. Impiegata come commessa nella bottega Maison Grampayre a Moulins, allo stesso tempo è cantante in un caffè: qui intona la canzone Qui qu’a vu Coco? e, secondo la leggenda, è proprio da questo momento che tutti iniziano a soprannominarla Coco. Ed


è proprio in un caffè di Moulins che fa il primo dei tanti incontri importanti che hanno costellato la sua esistenza: si lega a Étienne de Balsan, figlio di imprenditori tessili, che la invita a trasferirsi nel suo castello a Royallieu. Una relazione lunga sei anni, la loro, che si rivela un incontro più che fortunato per la stilista: Étienne non è solo un amante, ma soprattutto il suo primo finanziatore: Coco è bravissima a creare cappelli e, ben presto, le donne che gravitano nella compagnia di Balsan se ne innamorano. Le sue creazioni, richiestissime, spingono la sua natura mobile a muoversi a Parigi nel 1908 e, poi, a Deauville dove, nel ‘14, apre i suoi primi negozi, seguiti nel ‘16 da un salone di alta moda a Biarritz. La moda di allora

era ancora strettamente legata a concetti retrogradi: il corsetto, la crinolina, gabbie in cui le donne si rinchiudevano al grido di un equilibrio estetico tanto sponsorizzato quanto malsano. Così, Chanel, sempre controcorrente, sempre rivoluzionaria, inizia a proporre modelli sportivi, dalle linee semplici e morbide, al di là di ogni costrizione e in linea con la nuova tendenza salutista d’inizio secolo. È il 1916 quando Rodier, industriale tessile francese, le dà in esclusiva il jersey, tessuto che si rivela essere il miglior interprete delle creazioni Chanel vista la sua morbidezza sul corpo e la sua capacità, innata, di liberare la fisicità della donna. Il trittico gonna, pullover e cardigan diventa, così, il primo modello

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La vera eleganza non può prescindere dalla piena possibilità del libero movimento COCO CHANEL

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distintivo della moda Chanel, realizzato soprattutto in non colori come il grigio, il beige e il blu scuro oltre a, ovviamente, il binomio bianco e nero, carissimo al suo stile. Ma è nel 1920 che avviene la consacrazione: in quest’anno, apre la sua prima boutique a Parigi al n.31 di Rue de Cambon. E, da questo momento, la strada è in discesa perché il successo è definitivamente arrivato, anche se Coco Chanel non è persona da fermarsi e, soprattutto, da accontentarsi. Crea il suo primo e celebre profumo, lo Chanel N.5, una fragranza senza tempo che, ancora oggi, è considerata una delle migliori mai concepite. Successivamente, nascono altri profumi, come il N.22, il Gardenia, ispirato al fiore preferito dalla stilista che riproporrà anche nella bigiotteria, e il N.19. Coco Chanel chiama a sé il conte Etienne de Beaumont e il duca Fulco di Verdura per dare il via a un atelier dedicato alle creazioni di bigiotteria in cui le gemme non preziose si accostano a quelle purissime. Creazioni ricchissime, quasi opulente, perché se Coco amava l’essenzialità dell’abito, altrettanto desiderava abbinarla ad accessori estrosi. Ed è da attribuire a questo periodo, gli anni ‘30, la nascita della Chanel 2.55,

ovvero la borsa più copiata al mondo dal giorno in cui è stata creata. Ma a Coco, questo, non dispiaceva affatto perché, come lei stessa diceva, essere plagiati è il più grande complimento che si possa ricevere: succede solo ai grandi. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Chanel è costretta a ritirarsi dalle scene della moda, ma solo per un po’. Perché il suo ritorno, nel ‘54, la vede vincente ancora una volta. Gabrielle, ora, è una donna di 71 anni e i critici dell’epoca la danno per spacciata: aspettano tutti, con grande gioia, il suo declino imminente. Ma, come dicevamo, non stiamo parlando di una donna disposta a fermarsi e, così, nella sua nuova collezione N.5 fa sfilare il tailleur in maglia, quello che verrà indossato moltissime donne al mondo, dalle più famose alle meno note. Tra loro anche Jackie Kennedy che, nel giorno dell’assasinio del marito JFK, indossava proprio un tailleur Chanel in maglia di un acceso punto di rosa: così, l’alta moda si è intrecciata con uno degli avvenimenti più drammatici del Novecento. Il 10 gennaio 1971 muore, nella sua suite all’Hôtel Ritz di Parigi, Gabrielle Coco Chanel Mm

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CINEMA

Coco Chanel e il cinema

una storia d'amore rivoluzionaria senza fine DI DEBORA TROIANI

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CINEMA

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e storie di Coco Chanel e del cinema si intrecciano sin dagli albori. Solo una decina d’anni separa la nascita della madre della casa di moda francese e quella dell’invenzione dei fratelli Lumières. Chanel trova nel cinema un luogo per i suoi abiti, delle ambasciatrici delle sue creazioni, un mondo affine e uno spazio in cui essere pigmalione anticipando, come nella moda, grandi tendenze.

LA RIVOLUZIONE NEL MOVIMENTO “La vera eleganza non può prescindere dalla piena possibilità del libero movimento” Il connubio che si stringe tra Coco e cinema ha a che fare con un aspetto radicato nell’identità di entrambi. Stilista e nuovo medium si fanno entrambi forti del movimento e della sua forza rivoluzionaria. I Fratelli Lumière compiono la loro rivoluzione mettendo in moto le immagini e proponendole al pubblico che rimane scioccato. Chanel rivoluziona un’immagine stantia di donna. L’aspetto più sconvolgente dell’innovazione dei Lumière è infatti molto vicino all’ideale estetico di Chanel. La fashion designer vuole

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valorizzare la femminilità, liberando i corpi femminili dalla stasi a cui sono condannati, attraverso creazioni che restituiscano loro il movimento, la linearità dinamica della silhouette.

COCO CHANEL TRA CINEMA HOLLYWOODIANO E FRANCESE “È attraverso il cinema che la moda oggi può essere imposta” È nel 1931 che il sodalizio tra Chanel e Hollywood si fa realtà. Grazie alla relazione della stilista con il Duca di Westminster, Samuel Goldwyn, produttore dell’MGM, le propone un contratto da costumista per le sue attrici. Coco si trova a vestire dive immortali come Gloria Swanson ( in “Tonight or never”), inserendo nel film anche un flacone di Chanel n°5 nell’arredamento. Altre icone come Greta Garbo e Marlene Dietrich si mostrano in Chanel, segnando il successo della stilista, ma davanti ai capricci della diva Swanson, Coco decide di “dare un taglio” alla carriera hollywoodiana e torna in Francia. Anche qui infatti i cineasti subiscono il suo ascendente e comincia a collaborare con registi francesi. Veste Michelle Morgan con l’impermeabile e il basco ne “Il porto


delle nebbie” di Carné e disegna abiti innovativi per film alcuni film di Jean Renoir (“La Marsigliese”, “L’Angelo del male” e “La regola del gioco”), a cui presenterà un Visconti ancora da scoprire.

COCO E IL CINEMA, ANCORA OGGI “Chanel mi ha insegnato tutto senza mai darmi consigli. Chanel non è una stilista come le altre … È un’eleganza che piace alla mente ancor più che agli occhi.” Romy Schneider

Nel pieno degli anni ’50, dopo una chiusura di 15 anni dovuta alla Seconda Guerra Mondiale, Coco riapre la sua casa di moda. “Stavo morendo di noia“, dirà all’attrice Marlene Dietrich. Riprende a pieno ritmo l’attività e si lancia in un sodalizio con un’innovativa corrente cinematografica in cui si muovono registi giovani e talenti emergenti.

Così parlava l’attrice della collaborazione con la stilista in “Boccaccio ’70” di Luchino Visconti. Schneider è una delle altre donne come Elizabeth Taylor, Jane Fonda e Jackie Kennedy, che hanno vestito Chanel amplificandone la fama e il prestigio. Le relazioni tra la casa di moda Chanel e il cinema non sono, tuttavia, una cosa relegata nel passato. Penelope Cruz, sin dalla sua prima sfilata nel 1999, ha coltivato uno stretto rapporto con la casa francese. Ambasciatrice Chanel dal 2018, è stata accompagnata da abiti targati Chanel anche alla 78a edizione del Festival di Venezia.

È durante la Nouvelle Vague che Coco affascina Jeanne Moreau per poi diventarne intima amica. Moreau sceglie Chanel per due film del 1958, “Gli Amanti” e “Ascensore per il patibolo”, e per “Le relazioni pericolose” del 1960. Tra le altre attrici che vestono Chanel negli anni della Nouvelle Vague si distinguono Anna Karina e Delphine Seyrig. In particolare quest’ultima vestirà i leggendari chiffon neri ne “L’anno scorso a Marienbad”.

La casa non intercetta solo attrici dal mondo del cinema. Roman e Sofia Coppola sono stati ingaggiati per un cortometraggio con Margaret Qualley per la collezione Chanel Haute Couture 2021/2022. Lungi dall’essersi esaurito, il rapporto tra Chanel e cinema, inaugurato da Coco con la sua modernità e lungimiranza, continua a vivere nelle collaborazioni, nelle innovazioni e nelle invenzioni di una casa di moda che segue ancora la scia del genio di Coco. Mm

LA NOUVELLE VAGUE “Stavo morendo di noia”

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MAURSTI C EA 14 Metropolitanmagazine n. 7


CINEMA

Coco Avant Chanel

la donna dietro al mito D I A N D R E A AV V E N E N G O

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coraggiosa l’idea alla base della pellicola di Anne Fontaine (“Marvin ou la belle education”), adattamento della stessa regista della biografia di Edmonde Charles-Roux “L’irréguiliére: ou mon itinéraire Chanel”. Prendere una delle figure più iconiche del secolo scorso e scegliere la via del romanzo di formazione del mito, nell’idea di delineare la maturazione umana ed emotiva prima che quella professionale, che la porterà a rivoluzionare il mondo della moda internazionale.

COCO AVANT CHANEL: LA FORMAZIONE DEL MITO IN 4 STEP

Dall’infanzia in orfanotrofio con la sorella ad aspettare un padre che non tornerà mai alle prime esperienze lavorative come sartina di provincia. E

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poi le esibizioni nei cafè chantant, dove Gabrielle inizierà ad identificarsi con il soprannome di Coco e la conseguente frequentazione con il ricco borghese Etienne Balsam (Benoit Poelvordee). Figura figlia del proprio tempo che, se da una parte la vorrebbe vicino a sé in qualità di semplice amante e cortigiana, dall’altra la ospiterà nella sua enorme tenuta nei dintorni di Parigi e con i suoi contatti sarà fondamentale per le basi della carriera di Coco. Fino a Boy Capel (Alessandro Nivola) l’uomo che più si avvicinerà alla possibilità concreta di diventare compagno di vita della futura stilista, ma che le differenze sociali e la forte autonomia della stessa non renderanno possibile. E’ anche un film sulla solitudine dei numeri primi “Coco Avant Chanel”. Non a caso il film si apre e si chiude sulle stesse note: che fosse la piccola Gabrielle in compagnia della sorella durante il trasferimento su un carretto verso l’orfanotrofio, o


Coco Chanel istituzione della moda che vede i suoi capi sfilare seduta su una scalinata, è il senso di solitudine intrinseca ed isolamento a bucare lo schermo.

COCO AVANT CHANEL: IL PREZZO DELL’UNICITÀ

Una condizione di mai totale integrazione permanente ma anche di consapevole unicità che permise a Coco di sfidare convenzioni prima sociali e poi espressive, nel suo costante tentativo di stare a galla in un mondo per soli uomini dove una donna, oltretutto autonoma e anticonvenzionale, avrebbe potuto al massimo ottenere un trattamento da curioso e sconosciuto animale da intrattenimento. Nei panni di Coco, Audrey Tautou: definitivamente liberatasi dai panni astringenti di Amelie, la Tautou mette in scena

una Coco complessa, delicatissima e “normalizzata” nella sua peculiare umanità e impegnata in una continua ricerca di equilibrio tra aspirazioni, naturale sfida alle convenzioni e difficoltà in un mondo che di lei, donna e povera, non può mai essere davvero amico. Attorno a lei la Fontaine cuce una messa in scena tutt’altro che didascalica, che si prende il suo tempo per costruire figure credibili e scandagliare gli animi in un gioco di macchina che spesso da l’idea di partire dalla protagonista e misurarne intese e idiosincrasie con un mondo tanto difficile e diverso. Viva Gabrielle quindi, ancora prima che Viva Chanel, donna rivoluzionaria nella vita prima che nella moda, capace agli albori del secolo scorso di confidare alla sorella in un momento di gioiosa confidenza: “La sola cosa interessante dell’amore è fare l’amore, peccato sia necessario un uomo”. Mm

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AMORE

L'amore folle e dannato di Coco Chanel e Boy Chapel D I A L E S S I A S P E N S I E R AT O

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oco Chanel è stata una rivoluzionaria del suo tempo. Con le sue creazioni, dai primi cappellini in paglia ai tailleur in jersey, ha decisamente modificato il concetto di moda femminile, affermando uno stile più semplice, all’avanguardia e deciso che ha del tutto sostituito le pomposità della sua epoca. Oggi, nell’immaginario comune, mademoiselle Chanel è considerata una femminista, e in un certo senso lo è. Le sue creazioni erano pensate per donne attive che non passavano le loro giornate alla pratica dell’ozio nei loro appartamenti lussuosi, i suoi abiti erano ricchi di contrasti in quanto contenevano elementi appartenenti sia allo stile femminile che a quello maschile (da qui la nascita dello stile androgino per le donne) e soprattutto lei era una gran lavoratrice, titolare di se stessa, che aveva iniziato da una piccola bottega arrivando a costruire un grande impero. Tutto questo, però, non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di un uomo, Arthur Capel, meglio conosciuto come Boy, il grande amore di Coco Arthur Boy Capel era un ex giocatore di polo e un ricco e facoltoso industriale inglese impegnato nell’esportazione del carbone. I due si conobbero nei primi anni del ‘900 nella residenza di Etienne

de Balsan, primo amante della stilista e amico di Capel. A differenza di Balsan, Boy (così chiamato amorevolmente da Coco) era affascinato dai progetti di Chanel nel campo della sartoria e assecondò il suo desiderio di aprire una modisteria finanziandola. Grazie al suo aiuto economico, nel 1910 Coco Chanel si spostò dal suo modesto appartamento in cui aveva iniziato a lavorare e aprì il suo primo atelier a 31 Rue Cambon, ancora oggi il quartier generale della maison. Boy non era solo il suo finanziatore, colui che le aveva permesso di avviare la sua attività, ma era principalmente il suo amante nonché il suo più grande amore. I due iniziarono una storia d’amore ricca di passione e ammirazione reciproca. Insieme frequentavano i saloni più mondani della città, andavano ai balli e partivano per lunghe vacanze nel mare della Normandia, dove Coco traeva spunto per i suoi completi alla marinara. Proprio durante una delle loro vacanze a Deauville nel 1913, Boy capì che quella cittadina della Normandia, frequentata da ricchi signori provenienti da grandi città come Parigi e Londra, poteva essere il luogo ideale per avviare una vera e propria attività di moda. Così decise di finanziare nuovamente Coco, e proprio a Deauville nacque la prima boutique Chanel. L’ispirazione dovuta a quell’atmosfera

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AMORE

rilassata della Normandia, portò Coco a staccarsi del tutto dalla moda complessa e scomoda della città. Bustini stretti e impalcature vennero sostituiti, al loro posto emersero abiti leggeri dallo stile balneare in lino e con ricami in pizzo, semplici cappelli privi di fronzoli, maglioni a righe e pantaloni comodi. Ad attrarre soprattutto Chanel era lo stile degli uomini vacanzieri, e affascinata dal guardaroba di Boy- che conteneva indumenti sportivi e per le occasioni non formali- trasportò alcuni elementi maschili all’interno del mondo femminile. Lo scoppio della prima guerra mondiale fece decollare l’attività di Chanel. Sotto suggerimento di Capel, che nel frattempo era stato arruolato come ufficiale ed emissario diretto tra il primo ministro inglese e i vertici militari francesi, la stilista non chiuse la sua boutique di Deauville, che rimase l’unica aperta in tutta la cittadina nonché punto di riferimento per le signore di un certo rango che amavano distrarsi con gli acquisti. A causa della sua alta carica, Boy passava gran parte del suo tempo a Londra. Proprio nella capitale inglese conobbe Diana Lister, una ricca ragazza proveniente da una famiglia aristocratica.

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Alla fine della guerra Capel venne nominato segretario politico e per confermare ulteriormente la sua posizione aveva bisogno di un matrimonio facoltoso. Per quanto amasse Coco, ella era considerata inadatta ad un uomo del suo rango a causa del divario sociale. Nel 1918, Boy sposò Diana ma, non riuscendo a staccarsi da lei, non interruppe mai la sua relazione con Coco. I due infatti passavano molto tempo insieme e Capel tornava a Parigi tutte le volte che poteva. Il suo matrimonio non durò a lungo e presto divorziò dalla moglie. Trasferitosi di nuovo in Francia sembrava deciso a voler andare a vivere insieme a Coco, la donna della sua vita. Quello che sembrava il coronamento di un amore passionale, e doloroso allo stesso tempo, finì invece con una tragedia. Il 22 dicembre del 1919, mentre si stava recando a Monaco con la sua Rolls Royce, Boy ebbe un incidente d’auto dove perse la vita. L’automobile, infatti, slittò sulla strada ghiacciata e finì contro un albero. Nonostante le varie relazioni avute nel corso della sua vita dopo la morte di Boy, il dolore per la perdita dell’uomo che ha amato più di ogni altro hanno portato Coco Chanel a non voler convolare a nozze con nessuno, rimanendo così una madeimoselle. Mm


L E T T E R AT U R A

Coco Chanel

La moda attraverso le influenze della letteratura classica e i simbolisti francesi D I ST E L L A G R I L LO

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o stile di Coco Chanel, maestra del gusto e icona della moda, si sviluppa primariamente attraverso la letteratura; non solo stoffe e tessuti hanno contribuito all’enorme successo della stilista francese. Il gusto e l’eleganza di Coco Chanel traggono spunto dai grandi classici latini e greci e dall’intuizione particolareggiante del simbolismo francese.

COCO CHANEL, LA LETTERATURA E LA MODA: UN CONFLUIRE DI ARTE

Celebre icona della moda e maestra del gusto, Coco Chanel fin dall’infanzia ha un legame profondo con la letteratura. La giovane Gabrielle è un’avida lettrice, una consumatrice famelica di letture idilliache, fantastiche o di evasione che, pian piano, si trasformano in una vera e propria volontà di conoscenza; la letteratura, per Coco Chanel, diventa in seguito uno strumento imprescindibile di analisi: attraverso i libri, la stilista francese, non solo affina la sua visione del mondo ma acquisisce consapevolezza del contesto che la circonda e della propria identità. Circa il suo amore per i libri, Chanel confesserà all’autore della sua biografia, L’allure de Chanel, Paul Morand:

leggendo Pierre Decourcelle, René Maizeroy, Eugène Sue, Adolphe D’Ennery. Queste prime letture nutrono la sua creatività e la sua fervida immaginazione; i libri e la vita vissuta in un ambiente monacale influenzano il futuro stile di Gabrielle. La piccola, già da bambina, cuce degli abiti per le sue bambole con delle stoffe monacali che raccatta all’interno dell’orfanotrofio. Moda e letteratura iniziano a intersecarsi in quello che, negli anni successivi, sarà l’esplosione del genio creativo. Gli anni dell’adolescenza, invece, sono disseminati dal linguaggio poetico. Coco Chanel si avvicina ai poeti simbolisti da cui trae tutta la filosofia del movimento letterario, trasmettendo attivamente, in seguito, sui suoi modelli. La poesia simbolista ha infatti come riferimento l’imitazione dei modelli antichi e, quindi, il neoclassicismo. Il poeta simbolista non è un realista è un cantore di emozioni incontaminate dalla fredda e asettica realtà; è purezza, metafora, sinestesia. L’adesione al simbolismo da parte di Coco Chanel è maggiormente avvalorata dalla sua propensione, nell’età della prima giovinezza, verso la letteratura classica latina e greca, fonte di ispirazione per Madamoiselle Chanel il cui obiettivo, nelle sue creazioni, era proprio preservare il mondo classico.

«I libri sono stati i miei migliori amici». Durante gli anni della prima infanzia, trascorsi nell’orfanotrofio di Aubazine, Chanel popola la sua solitudine

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L’IMPORTANZA DEL LIRISMO ANTICO: LA LETTERATURA GRECA


E LATINA NEI MODELLI DI CHANEL

Gli anni dei sentimenti e dell’amore avvicinano Coco Chanel alla letteratura greca e latina. Nella biblioteca della famosa stilista francese, rifulgono importanti nomi della letteratura classica; i poemi di Omero e Virgilio ma, anche, uno dei maggiori poeti tragici della poesia greca, Sofocle. Lo stile di Chanel si ispira al concetto di armonia greca: i suoi abiti sono lineari, proporzionati, simmetrici. I tagli dei primi anni ‘20 si focalizzano su drappeggi dai tessuti impalpabili; ecco aleggiare una leggerezza quasi eterea e somigliante ai pepli greci indossati da Saffo e dalle sue ancelle nel Tiaso. Il linguista e critico letterario francese, Roland Barthes, scriveva nel 1967: «Se apriste oggi una storia della nostra letteratura dovreste trovarvi il nome di un nuovo autore classico: Coco Chanel. Chanel non scrive con carta e inchiostro (salvo nel suo tempo libero) ma con tessuti, forme e colori; ciò non toglie che le si attribuisce comunemente l’autorità e lo stile di uno scrittore del Grand Siècle, elegante come Racine, giansenista come Pascal (da lei citato), filosofo come La Rochefoucauld (che lei imita inventando le proprie massime), sensibile come Madame de Sévigné...». Dalle Bucoliche di Virgilio e dall’epica di Omero, Chanel trae non solo la propensione verso un equilibrio armonico ma, anche, predilezione verso la morbidezza delle stoffe; il mito classico si impone nella moda del tempo come

una novella concezione di modernità. Gli abiti sono eterei, avvolgenti, sinuosi. L’amico e poeta Jean Cocteau, nel 1922, le chiede di occuparsi dei costumi di tre tragedie: Antigone, Orfeo e Oedipus Rex. La donna che Coco Chanel veste è sofisticata, elegante, intellettualmente impegnata nell’apprezzare quella cultura classica intramontabile. I suo modelli mirano a creare un abbigliamento culturale più che meramente estetico. L’ellenismo e la mitologia si riflettono nelle sete trasparenti, nei colori chiari, nelle frange e negli scolli sulla schiena; e ancora, nello chiffon i cui dettagli si evincono dall’opalescenza di minuscole perline. Le donne di Chanel sono moderne eroine che rappresentano archetipi femminili come Didone, Medea, Atena: emblema di forza ed eleganza.

LA POESIA SIMBOLISTA FRANCESE E LA PROPENSIONE AL DETTAGLIO ALL’INTERNO DELLE CREAZIONI

Uno dei fondamenti principali della poetica simbolista francese è che dietro la realtà apparente, percepita dai sensi, ne esista un’altra misteriosa e celata a cui si giunge solo attraverso l’intuizione poetica. Gli ideali dell’antichità classica e la propensione al dettaglio si cristallizzano nei pensieri di Coco Chanel; ancora una volta la letteratura è foriera di intuizioni geniali per la stilista francese. Gabrielle è affascinata dalla poesia simbolista dell’800

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francese; Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé e Guillaume Apollinaire. Nomi che interrompono la tradizione letteraria della Francia dell’epoca portando un nuovo tipo di ebbrezza in letteratura, così come Chanel spezza ogni legame con una moda fatta di trine, pizzi e gonne troppo lunghe, prediligendo il dettaglio. Adesso il protagonista è il particolare. Come i poeti simbolisti si allontanano dell’Académie française, Chanel si distacca totalmente da un abbondare di decori ed eccessi che sfregia quella che dovrebbe essere l’eleganza. Adesso è il dettaglio a rifulgere.

COCO CHANEL, LA LETTERATURA RUSSA E LA COLLEZIONE PARISRUSSE DELLA MAISON

Amica del compositore Igor Stravinsky, Coco Chanel rimane affascinata dalla letteratura russa e dai suoi grandi autori. La Russia degli zar la suggestiona; legge Tolstoj, Puškin e Turgenev ma Gabrielle non legge e basta. Le sue letture preannunciano creatività, un estro inimmaginabile che si riflette nella scelta dei tessuti, delle collezioni, dei ricami. Nel 1917, in piena Rivoluzione Bolscevica, Parigi accoglie un innumerevole stuolo di nobili in fuga. Lo sfarzo degli ori, delle porcellane, o il lusso degli oggetti simbolo della ricchezza russa come le Uova Fabergé, realizzazioni di gioielleria composte per gli zar, sono elementi che si fanno spazio nella Francia dell’epoca.

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Il critico d’arte Serge Diaghilev introduce Coco Chanel nei meandri della cultura russa portandola, dapprima, ai Ballet Russes; la storica compagnia di danza classica le cui esibizioni si tenevano proprio a Parigi e che, successivamente, è fondata ufficialmente nel 1911 dallo stesso Sergej Djagilev. Chanel si ispira alla preziosità e alla ricercatezza dei ricami d’oro e argento, propri della nobiltà alla corte dello Zar. Nel 1922 crea una collezione dedicata ai maglioni rubachka e ai tipici foulard babuchka: il termine russo con cui si definiscono le donne anziane che, da tempo immemore, indossano un fazzoletto annodato sotto il mento. Chanel rivoluziona il capo, decorandolo con ricami folkloristici. La sua amicizia con il Granduca Dmitri Pavlovich e con la sorella, la Granduchessa Maria Pavlovna, le permette di assorbire la cultura russa che tanto la affascinava e tutti i suoi elementi: i colori vivaci, le pietre preziose e i suoi motivi barocchi. Chanel trasferisce il fascino di questo universo nella sontuosa linea Paris-Russe; la collezione di alta gioielleria che celebra il suo amore per la Russia. Le creazioni evocano i colori sgargianti dei Balletti Russi e riverberano i ricami multicolore dei roubachkas, tipiche camicie da uomo indossate dai contadini. Zaffiri, granati, ori: la collezione Paris-Russe è una tela brillante creata da una malinconia per un mondo ormai svanito, lo stesso universo sfavillante che i nobili decaduti, incontrati da Gabrielle, erano soliti raccontare. Mm


B R AV E

Il femminismo e Virginia Woolf alla Maison Chanel DI FRANCESCA MAZZINI

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a Maison d’alta moda Chanel da qualche anno organizza degli incontri intellettuali per affrontare tematiche culturali di attualità. Quest’anno si è svolta la quarta edizione dei Literary Rendezvous at rue Cambon, presso la Somerset House, uno dei più famosi centri artistici di Londra. Il tema principale è stato il femminismo e l’autrice prescelta Virginia Woolf.

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I RENDEZ-VOUS LETTERARI ALLA MAISON CHANEL: VIRGINIA WOOLF

B R AV E

L’Ambasciatrice e portavoce della Maison, Charlotte Casiraghi, ha invitato la scrittrice Jeanette Winterson a rendere omaggio a Virginia Woolf. L’attrice e Ambasciatrice Chanel, Keira Knightley, ha aperto l’incontro con un estratto di Professions for Women, un discorso tenuto da Virginia Woolf alla National Society for Women’s Service nel 1931. I rendez-vous nascono dall’idea di immaginare una conversazione tra una scrittrice, in questo caso la Woolf, e la fondatrice della Maison, Gabrielle Chanel. Il risultato è la creazione di una sorta di club del libro, estremamente elegante e raffinato. Il fil rouge tra letteratura e moda è il femminismo. La Woolf nei suoi scritti e in particolare in Professions for Womenparlava della lotta per l’occupazione femminile, cercando di abbattere gli stereotipi che nella sua epoca affliggevano le donne: mogli, madri e figlie sottomesse interamente agli uomini. Le donne erano destinate a una vita priva di controllo e di autodeterminazione, senza mai avere la possibilità di pensare e agire con la propria testa. Scagliandosi contro la figura dell’angelo del focolare, Virginia Woolf sosteneva il diritto al lavoro delle donne, raccontando la sua esperienza in prima persona. La scrittura è un mestiere a tutti gli effetti,

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un’occupazione che le donne possono intraprendere senza problemi e limiti, non essendo destinate esclusivamente alla lettura/scrittura di romanzi rosa.

COCO CHANEL: L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE NELL’ALTA MODA

Dello stesso avviso era Gabrielle Chanel, che affermava sempre: «I libri sono stati i miei migliori amici». La stilista riconosceva il ruolo rivoluzionario della moda: gli abiti per Coco Chanel, infatti, non sono mai stati semplici ornamenti ma molto di più, erano mezzi attraverso i quali le donne potevano esprimere le proprie idee, la propria personalità e quindi la propria libertà. L’utilizzo dei pantaloni da parte delle donne come abbigliamento pratico da tutti i giorni si deve proprio alla fondatrice della Maison, che voleva che le sue clienti potessero sentirsi libere e comode allo stesso tempo. L’idea di immaginare Gabrielle Chanel e Virginia Woolf conversare sedute in un caffè, come era usanza delle personalità più in vista del Settecento e dell’Ottocento, è incredibilmente romantica. Di quali argomenti avrebbero parlato due donne così moderne e rivoluzionarie? Sicuramente sarebbe stato un incontro intellettuale estremamente interessante, all’insegna del progresso, dell’arte e dell’emancipazione femminile. Mm


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Coco Chanel

L'invenzione della semplicità D I R O S S E L L A PA PA

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e c’è la donna oltre il mito, era Gabrielle Bonheur Chanel, per chiunche altro semplicemente Coco. Come può però il mito spogliare la donna, e viceversa? La spinta che a diciotto anni la spinse ad andarsene dall’orfanotrofio e di vivere la propria vita, fu la stessa – autentica e viva – che la condusse per tutta la vita ad attraversare le crisi del tempo, le rivoluzioni della società. Sempre controcorrente, ma con l’eleganza della consapevolezza, Coco era per prima una donna testarda, ribelle alla moda del tempo. La sua rivoluzione nella moda era prima un sovvertimento a quello che era il costume stesso della società, un abito stretto e ingessato, impolverato e scomodo. Abitare quel tempo, come indossare un corsetto e crinolina, a cui Coco contrappose quel modello morbido e semplice, senza costrizioni e stringhe. Era tutta lì, la metafora: il simbolo di una moda che rispecchiava la società stessa, l’eleganza all’imposizione, la disinvoltura alla restrizione. L’antitesi dei colori opposti, l’introduzione della comodità del jersey e della tracolla: in Coco c’era l’avanguardia di uno stravolgimento di stile che ritrovava nella praticità la stessa eleganza della moda. Non ricordiamo Coco Chanel per bellezza, o almeno non solo: è l’invenzione di uno stile che ha

significato una presa di posizione nella moda per riflettere sul costume proprio del tempo che viveva. Nella moda si condensava l’interpretazione di una generazione, un cambiamento strutturale e necessario di uno sguardo nuovo. Ben oltre la musa, Coco oggi la riconosceremmo come un’audace imprenditrice in tailleur bicolore, per fare della semplicità la più grande firma di stile. D’altronde l’invenzione della tracolla, nel febbraio 1955, non è soltanto un’ottima idea ma un simbolo inconscio e sottile di una libertà sottintesa e urgente. Una borsa che lasci le mani libere, di potersi muovere: di prendere, di fare. In quella femminilità raffinata, nella praticità di un accessorio quasi di design c’è tutto il nuovo approccio degli anni Sessanta, verso quelli che erano i nuovi bisogni e che diventeranno poi i diritti di un’epoca. Cosa rimane oggi di Coco Chanel? Se prima il nero era il lutto, dopo Coco era l’eleganza. Dopo Coco sono le leggi della moda a cambiare, in un inno attuale e futuristico che vede ancora nell’essenzialità la più grande forma di stile. Nel tentativo di distruggere lo stereotipo della costrizione dell’abito, della rigidità della moda, la stilista ci concede il monito eterno al diritto di espressione, nella sua più naturale libertà. Che gli abiti non ci vadano stretti, mai più. Mm

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