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Braccia «rubate» all’agricoltura In Puglia -30mila

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Negli ultimi sei anni, i campi regionali

ANTONIO GAGLIARDI

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Il segretario regionale della Flai Cgil Puglia ha lanciato l’allarme sulla carenza di braccianti (Flai Cgil Brindisi)

Braccia tolte all’agricoltura. Il grido d’allarme della Flai Cgil risuona forte e chiaro in Puglia. Negli ultimi sei anni, nel tacco dello “stivale” ha perso quasi 30mila braccianti: la regione più colpita in tutta la penisola che conta un decremento complessivo di quasi 100mila unità.

“Nella nostra regione registriamo un costante calo di iscritti agli elenchi Inps – ha spiegato il segretario regionale della Flai Cgil Puglia, Antonio Gagliardi – se c’è un problema di reperibilità di manodopera nel settore, perché non si discute ai tavoli istituzionali preposti, a partire dalle sezioni territoriali della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità (ReLAQ), previste dalla legge 199/2016 e istituite in Puglia in tutte e sei le province”.

Negli ultimi 6 anni la nostra regione ha perso 28.750 braccianti, passando da 185.573 operai agricoli a 156.825, con un calo generalizzato e con punte di -2.000 unità in alcune province: a Foggia sono iscritti agli elenchi 39.855 operai (-2.055), a Bari 34.464 (-1.976), seguono Brindisi 21.018 (-1.178), Lecce 18.137 (-982), Bat 17.878 (-801) e Taranto 25.473 (-733). Il costante e corposo calo degli addetti degli ultimi anni ha diverse ragioni: un diffuso sottosalario, l’attività ispettiva mirata a scovare i lavoratori fittizi e un forte impiego nel 2022 di manodopera agricola prestata all’edilizia dovuto al bonus 110. Sono solo al- cune concause facilmente individuabili. Un calo, anche se contenuto, si registra rispetto al numero di giornate dichiarate complessivamente, pari a 15 milioni 320 mila circa (323 mila), delle quali 3 milioni 222 mila (circa il 21% del totale) sono quelle lavorate da manodopera straniera (+128.900). Gagliardi ha individuato due problemi scatenanti la carenza di manodopera: “La scarsa attrattività per un lavoro fortemente sottopagato e il trasporto. La stragrande maggioranza delle aziende agricole non hanno mai pensato di attrezzarsi autonomamente sul tema del trasporto. Spesso si sono affidate, nella migliore delle ipotesi, ad agenzie di ‘colletti bianchi’ che muovono per centinaia di chilometri la manodopera, anche fuori regione. Migliaia di braccianti che alle tre del mattino salgono sui pullman gran turismo, specie nel caso di lavoro femminile. Il costo? Dieci o quindici euro a seconda della distanza, ovviamente, decurtato dalla paga giornaliera. Sotto questo aspetto, si è sempre omesso un impegno che portasse alla definizione di una strategia di sistema tra trasporto, luogo di lavoro, retribuzione”. Proprio intorno alla manodopera straniera si è scatenata la discussione, a causa della mancata regolarizzazione degli extracomunitari presenti sul territorio da anni e costretti a nascondersi nei tanti ghetti dispersi nelle campagne pugliesi. Operai stranieri, ma non solo. I dati Inps del 2022, infatti, certificano che la manodopera agricola, ancora una volta, risulta in riduzione rispetto all’anno precedente: meno 7.725 unità. Questo è un dato estremamente significativo che merita una prima analisi più approfondita: si passa da 164.550 a 156.825 addetti. I lavoratori stranieri risultano addirittura in leggero aumento, passando da 34.264 a 34.500. Le etnie principali continuano ad essere, in valore assoluto, quella rumena (7.983), albanese (6.172), marocchina (3.413), bulgara (2.247), senegalese (2.023), nigeriana (1.718), e poi maliana, gambiana, indiana. “Questo dato, tuttavia, non deve trarre in inganno – evidenzia la Flai – l’attività repressiva che ha ripreso impulso con la legge 199/2016, la legge anticaporalato, per intenderci, funziona e non passano settimane senza che vi siano arresti. Infatti, un minimo di emersione dal grigio e dal nero di forza lavoro preesistente sembra essere garantita, sebbene si debba fare di più. Manca tutta la parte degli invisibili, manca il censimento di quelle braccia che sfuggono alla casistica legale. Manca insomma tutta quell’attività di prevenzione e proposizione di buone pratiche da sostanziare attraverso le sezioni della ReLAQ di cui parlavamo prima”. Un capitolo a parte meriterebbe il lavoro di genere nel settore: la manodopera femminile rappresenta il 38,6% del totale degli addetti (60.669 unità); il maggiore addensamento di questa tipologia di lavoro

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