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Dispesione scolastica, bandiera nera al Sud

IL PROBLEMA

Il Pnrr per la scuola cerca di ricucire il gap tra Nord e Sud. L’infografica di OpenPolis riprende i dati Istat

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Un ragazzo su sei in Italia ha lasciato la scuola, e il Sud non se la passa meglio. A dirlo sono i dati Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno relativi al 2022. Dopo anni di disuguaglianze formarsi al Sud è ancora diverso che farlo al Centro-Nord. Il fenomeno della dispersione scolastica, seppur in leggerissima diminuzione, è tendenzialmente alto rispetto agli altri Stati europei, fermandosi ad un tasso di abbandoni del 10,4% al Centro-Nord e il 16,6% al Meridione. Un valore, quest’ultimo, che è quasi il doppio della media europea, ferma al 9% e che a Napoli ha raggiunto la cifra del 23%.

Un campanello d’allarme che, a lungo andare, se non arginato potrebbe complicare ancora di più il tessuto sociale, già precario, delle Regioni del Sud, aggravato dalla pandemia, e di cui l’autonomia differenziata di cui si è parlato tanto non sarebbe altro che la pietra tombale. Tra le soluzioni, c’è chi parla di comunità educanti, alleanze tra territori per contrastare i vari fenomeni extrascolastici che portano le nuove generazioni ad allontanarsi dalla scuola dell’obbligo.

Resta ferma, infatti, la connessione tra i servizi offerti dalla scuola e l’abbandono, a partire dalle mense e quindi il tempo pieno, fino alle palestre.

In Puglia la situazione non è delle più rosee, stando ai dati dell’Ufficio Scolastico Regionale. Nell’ultimo anno scolastico preso in esame, quello 2020/2021, ci sono state 2379 interruzioni di frequenza, un tasso di dispersione pari al 17,9% di tutti gli alunni dei tre cicli, dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado. Tra i pilastri fondam inseriti nel programma di governo della Regione 2020-2025 c’è proprio l’accesso alla conoscenza, con il contrasto alla povertà educativa e l’aumento delle risorse per la formazione e la ricerca.

Il Pnrr, a livello nazionale, ha individuato il problema in due missioni: “Istruzione e ricerca” e “Inclusione e coesione”, con le quali si cercherà di colmare il gap scolastico tra Nord e Sud. Anzitutto tramite il contrasto all’abbandono scolastico e alla povertà educativa. Poi con i fondi per facilitare l’inserimento a scuola di ragazzi provenienti da territori e aree socioeconomiche più svantaggiate. Infine, il riconoscimento dello sport e della cultura come capisaldi per l’inclusione e l’integrazione sociale. Sul sito istituzionale www.pnrr.istruzione.it è possibile leggere la ripartizione, a livello nazionale e regionale, di tutti i fondi totali da dedicare alla scuola. Per la prima tranche sono in ballo mezzo miliardo di euro, di cui 43,1 milioni solo per la Puglia, da distribuire a 212 istituti (essenzialmente soltanto il 34% degli istituti pugliesi.) Soldi benedetti, si direbbe, ma c’è chi critica le modalità di distribuzione del denaro, come la Cgil scuola. Il sindacato ha puntato il dito contro le prove Invalsi, test nazionali utili a misurare alcune competenze fondamentali in italiano, matematica e inglese, usate dal ministero dell’Istruzione come fonte primaria per scegliere gli istituti a cui destinare più risorse. Dalle prove Invalsi (molto spesso criticate al Sud per i loro risultati non sempre veritieri o parziali) è stata definita una particolare tipologia di dispersione scolastica: non quella legata all’abbandono e ai servizi che mancano, ma quella implicita o nascosta, legata essenzialmente agli studenti che anche al conseguimento del titolo di studio non hanno raggiunto l’obiettivo minimo delle competenze fondamentali previste.

Fatto sta che, per il momento, sono state escluse dai fondi europei il 66% delle scuole pugliesi. Tra le secondarie di secondo grado, scelte al momento, ne sono state individuate 68 nella Città metropolitana di Bari, 49 nella provincia di Foggia, 36 in quella di Lecce, 35 a Taranto e 24 a Brindisi. Per fare qualche esempio, all’istituto “Majorana” di Bari sono stati destinati quasi 334mila euro, 342mila alla secondaria di secondo grado di Castellaneta “Mauro Perrone” mentre al tristemente noto professionale “Morvillo-Falcone” di Brindisi la cifra record di 345mila euro.

In ogni caso sono numeri che fotografano realtà scolastiche in cui si percepiscono con mano i disagi sociali e familiari. Adesso la patata bollente passerà ai dirigenti scolastici e i tempi per l’approvazione e la successiva realizzazione dei progetti ormai stringono. Se i progetti andranno in porto entro il 2026, secondo le stime, il tasso di abbandono scolastico nazionale dovrebbe scendere al 10,2%, avvicinandosi alla media dei 27 Stati europei. “Il Pnrr che dedica importanti risorse all’istruzione non raggiunge l’obiettivo di colmare i divari - ha però sottolineato il direttore di Svimez, Luca Bianchi - la priorità è rafforzare il sistema soprattutto nelle aree più marginali”. Insomma, servirebbero interventi strutturali urgenti in materia di welfare, servizi e infrastrutture, carenti da sempre al Mezzogiorno e in Puglia.

La probabilità per un ragazzo di vivere in una famiglia che non dispone di una connessione Internet a casa è del 30,45% in Puglia, rispetto al 24% nazionale. Un dato, estrapolato dal documento “Strategia regionale povertà educativa 2021”, che sottolinea ancora una volta come la cosiddetta didattica a distanza, ai tempi della pandemia, non è stata uno strumento democratico e soprattutto inclusivo. I dati peggiorano quando si prendono in considerazione la mensa e il tempo pieno. Sempre secondo i dati del documento, il 74,1% degli alunni pugliesi non ha una mensa, il 94% delle classi di scuola media non fa il tempo pieno a scuola e nella Regione ogni 100 alunni ci sono solo 5,5 pc e tablet.

A ciò si aggiungono anche i bisogni educativi speciali di alunni con disabilità, per i quali la carenza cronica di risorse e la malagestione degli istituti non ha consentito, soprattutto al Sud, di strutturare una rete di servizi integrata al sistema scolastico, che all’istruzione unisse il welfare. Nonostante le politiche di inclusione degli alunni disabili abbiano favorito un aumento sempre costante negli anni alla partecipazione scolastica, esistono ancora numerose barriere fisiche nelle scuole italiane, come ha fotografato il documento di studio e proposta dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza “La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale”. Soltanto una scuola su tre in Italia è accessibile per gli alunni con disabilità motoria e sono ancora poche le tecnologie educative per il sostegno. Altra questione è la carenza di insegnanti specializzati al sostegno, per cui si sta tentando maldestramente di arricchire le graduatorie di prima fascia per il ruolo anche di chi consegue il titolo di specializzazione in Paesi in cui esistono ancora le classi differenziate, come la Romania ad esempio.

Poi c’è la situazione degli alunni stranieri, che abbandonano la scuola tre volte di più rispetto ai loro coetanei italiani. Questo a dimostrazione del fatto che la scuola non è soltanto formazione, ma futuro per una una generazione di studenti a cui spetta, per Costituzione, il diritto allo studio, a prescindere dalla Regione in cui si è nati. (Silvio Detoma)

DISPERSI (E SALVATI?)

Non tutti gli alunni partono dallo stesso punto, soprattutto chi cresce al Sud (Fonte:Corriere del Mezzogiorno)

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