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Comunicare l’Europa questo il problema
Il Parlamento Ue
L’ingresso del Parlamento europeo di Bruxelles, Belgio, durante la seduta plenaria
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Foto:Rosanna Luise
Gli italiani non sanno niente dell’Unione europea e il problema è della comunicazione. È quanto riportato da uno studio condotto da Perceive, un progetto di ricerca europeo del 2020, che ha indagato quanto i cittadini si sentano europei e quanto siano a conoscenza delle agevolazioni e fondi dell’Ue. In Italia solo uno su dieci sa di essere stato aiutato dall’Unione europea e lo stesso si può dire per altri Paesi come Austria, Germania, Francia e Paesi Bassi. L’Europa c’è, ma siamo noi a nonsaperlo.
Sostiene scuole, rende più accessibile il servizio sanitario, restaura biblioteche che cadono a pezzi, recupera musei abbandonati e chiese diroccate. Non solo, riempie le buche nelle strade e investe in ecosostenibilità e trasporti. Allora perché nessuno sa nulla? Il problema è dell’inadeguata competenza comunicativa dell’Istituzione: i cittadini e l’Europa non parlano la stessa lingua e tra di loro non sanno comunicare, troppo “tecnica” la prima e non abbastanza competente la seconda.
Lorenzo
Robustelli
Il direttore di Eunews sul giornalismo
Il direttore e fondatore di Eunews, iniziativa editoriale d’informazione sull’Europa, fondata nel 2012, in occasione del laboratorio “ Il corrispondente italiano a Bruxelles” tenutosi il 12 aprile in Aula Vincenzo Starace del Palazzo del Prete di Bari ha affrontato i temi del giornalismo e del corrispondente italiano a Bruxelles. In merito alla comunicazione istituzionale e al ruolo del giornalista si è espresso così: “Quello che può fare il giornalista è arrivare ad un punto d’equilibrio tra ciò che vogliono i lettori e quello che richiede l’editore. il primo passo è quello di conoscere per capire, per cercare di fornire un’informazione il più possibile veritiera e per evitare che vengano pubblicate notizie inesatte, incomplete e poco approfondite”. L’obiettivo di Eunews è proprio quello di supportare la costruzione in Italia di un’opinione pubblica consapevole sull’Europa e di fornire una competenza adeguata ai giornalisti e comunicatori.
Sempre secondo Percieve, un cittadino europeo su due non sa o non ha mai sentito parlare della politica di coesione (45%), e il dato diventa allarmante se parliamo di politica regionale Ue, con una percentuale che sale al 53%.
Dati confermati anche dall’Eurobarometro che già dagli anni ‘70 aveva evidenziato un crescente livello di distacco dall’Unione a cui si aggiunge la mancata formazione di un identità europea riconosciuta e condivisa. Eppure i 27 Paesi, dopo la firma dei Trattati di Roma nel 1957 che sancivano la nascita della CEE, hanno provato ad aumentare le politiche di informazione e comunicazione. In una prima fase, dal 1992 al 2000, in concomitanza con il Trattato di Maastricht (1992) l’Ue ha spostato la comunicazione dall’interno dei palazzi della capitale belga alle sedi di rappresentanza dei nuovi Paesi.aderenti all’Ue.
A partire dagli anni ‘90 con la rivoluzione tecnologica e lo sviluppo di Internet, l’Ue ha puntato sulla trasparenza dell’accesso ai documenti da parte dei cittadini con una prima forma di “accountability”. Questo ha consentito, per la prima volta, ai cittadini di consultare i portali istituzionali ed essere aggiornati sulle politiche e sui testi approvati a Bruxelles.
In aggiunta, nel 1995 il Parlamento europeo ha introdotto il programma Prince (Programma d’informazione per il cittadino europeo) rivolto al grande pubblico e suddiviso in tre campagne diverse: “Cittadini d’Europa”, “Costruiamo insieme l’Europa” e “L’euro – Una moneta unica per l’Europa”, fino ad arrivare ai progetti, dedicati ai giovani, in corso tutt’ora e consultabili su un portale specifico: L’European Youth Portal. I passi di un’ apertura al pubblico sono stati fatti, ma ancora oggi le informazioni fondamentali per gli interessi dei singoli Paesi e dei cittadini non trovano spazio sulle prime pagine dei giornali nazionali.
Il problema, ma anche soluzione, sta in un’adeguata formazione dei giornalisti che si traduce in competenze linguistiche, una maggiore presenza dei media nelle sedi istituzionali e la corretta informazione affinché i cittadini siano più vicini al mondo europero e più consapevoli delle opportunità date dall’Unione Europea.
Rosanna Luise
Problemi e soluzioni della comunicazione
Chiara Maria Gemma è europarlamentare del Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, ex docente universitaria di pedagogia, formazione e disabilità dell’Università Aldo Moro di Bari. Eletta nella circoscrizione sud d’Italia, ora membro della Commissione per l’Occupazione e gli Affari sociali del Parlamento europeo e sostituta nella Commissione Cultura e Istruzione e nella Commissione Speciale sulla Lotta contro il Cancro, ha risposto alle nostre domande durante un incontro tenutosi il 30 marzo nel Parlamento europeo di Bruxelles. La comunicazione istituzionale, per molti, è difficile. Quali sono le competenze necessarie per superare questo gap?
“Indubbiamente la formazione come sempre è il primo passo per poter accedere alla conoscenza e questo è un problema alquanto assodato e anche ovvio. Se vogliamo quindi ci sono tantissimi strumenti per poter capire cosa fa l'Europa passo dopo passo”. Come viene vista l’Ue all’estero?
“Nella rappresentazione dell'Europa all'estero, siamo dei bravi ragazzi, ma timidi e questo significa che l'Europa non ha quelle intraprendenza che occorrerebbe per essere veramente conosciuta”.
Sei stata eletta nella circoscrizione sud dell’Italia. Com’è la situazione del Mezzogiorno sulla conoscenza europea? C’è o è lacunosa?
“Quando io giro nel mio territorio che è la circoscrizione sud e mi confronto con i cittadini, in particolare con i giovani, è veramente disarmante la non conoscenza dell'Europa.La prima domanda che rivolgo a partire dai bambini è: ma voi siete Italiani o siete europei? Noi viviamo in Europa o in Unione Europea? Cioè proprio l’abc. Di fronte a queste due domande estremamente banali, però, si schiude un mondo di ignoranza che non ti consente di di capire fino in fondo le ragioni. A questo si aggiunge poi il nostro ruolo che è del tutto sconosciuto”. Come comunicare l’Ue ai giovani?
“L'Europa offre tante opportunità per i ragazzi. Il problema è che noi non siamo capaci di spendere i soldi dell’Ue che quindi ritornano all’ente e per questo l’Ue viene vista come cattiva”. (R.L.)