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65 | 56° KEY AWARD E

14 | CASA DI PRODUZIONE DEL MESE Fargo Film: quando i contenuti fanno la differenza.
18 | CASA DI PRODUZIONE MUSICALE DEL MESE quiet please!: all’avanguardia del suono, tra analogico e digitale.

È tempo di Award

Gentili lettori, il 25 novembre è un giorno importante: si terrà la 56ª edizione del Key Award e l’11ª del Radio Key Award. Un evento speciale, che coincide con un traguardo storico per la Tv, che quest’anno celebra i suoi 70 anni. Dal 3 gennaio 1954, quando iniziarono le prime trasmissioni, la Rai, e poi la Tv commerciale, hanno trasformato le case degli italiani in finestre aperte sul mondo, influenzando profondamente la cultura e i costumi del Paese. È stata la televisione a diffondere l’italiano ‘standard’, contribuendo a creare una comprensione comune tra i cittadini di diverse regioni.

Il 25 novembre ci attende un Galà dei vincitori straordinario, con progetti di altissima qualità, accuratamente selezionati dalla nostra giuria indipendente. Vogliamo congratularci fin d’ora con i vincitori per l’eccellenza dei loro lavori e ringraziare tutti i partecipanti, che hanno reso la scelta davvero difficile.

Per la nostra casa editrice, la televisione è da sempre una passione, affiancata da un amore altrettanto grande per la radio. Abbiamo visto e vissuto le profonde trasformazioni di questi media e oggi guardiamo con interesse al futuro, reso ancor più stimolante dalle infinite possibilità aperte dalle nuove tecnologie. Queste tendenze si sono confermate anche al recente MIA – Mercato Internazionale Audiovisivo, tenutosi a Roma e giunto ormai alla sua decima edizione. L’evento è un punto di riferimento per l’industria globale dell’audiovisivo, un’occasione d’incontro per i principali professionisti del settore e uno spazio di confronto che abbraccia animazione, doc & factual, drama e film a livello mondiale. In occasione del MIA, la nostra casa editrice ha presentato una novità: KEYVOICE, un progetto editoriale digitale che ci permette di seguire l’evoluzione del mondo media con un approccio integrato e dinamico. Se da un lato rimaniamo legati alla rivista cartacea – MEDIAKEY mantiene salda la sua anima tradizionale – dall’altro abbiamo deciso di affiancarla al digitale, creando un ecosistema in grado di offrire visibilità costante ai protagonisti della comunicazione. KEYVOICE è un innovativo servizio, disponibile su abbonamento, che permette alle aziende di aumentare la propria esposizione e condividere i propri progetti creativi in tempo reale. Il cuore di KEYVOICE è rappresentato dai Digital Form, profili strutturati in cui sono raccolti i servizi, i contatti, lo staff e la missione di ogni azienda. La redazione di MEDIAKEY raccoglie e aggiorna regolarmente notizie e contenuti multimediali, dando risalto alle campagne e ai progetti creativi più interessanti, arricchiti dai nostri podcast audio/video, un formato che ha già suscitato un notevole interesse tra i professionisti. Vi ricordiamo, inoltre, un altro appuntamento imperdibile che ci aspetta a Venezia: la seconda edizione del Media Key Venice Award. Invitiamo tutti a partecipare: in palio ci sono i magnifici Leoni della Serenissima.

L’editore

Denis Masetti

NOVEMBRE 2024 VOLUME 376 ANNO 42

Periodico registrato presso il Tribunale di Milano, n° 245/18.6.82 - Sped. in Abb. Postale - 45% art. 2 comma 20/b - Legge 662/96-Filiale di Milano. MEDIAKEY S.r.l. Unipersonale è iscritta nel Registro Nazionale della Stampa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Servizio dell’Editoria, Divisione X Legge 5/8/1981 n. 416, Art. 11 con il N° 01397 Vol. 14 - Foglio 769 in data 21/11/84. È inoltre iscritta al ROC n. 29902.

CASA EDITRICE – MEDIAKEY SRL UNIPERSONALE

Viale Cassala, 36 - 20143 Milano Tel. 02 52.20.37.1 – info@mediakey.it – www.mediakey.it

EDITORE & DIRETTORE RESPONSABILE

DENIS MASETTI

CONTRIBUTOR

RAUL ALVAREZ

ANNALISA BELLUCO

MAURIZIO ERMISINO

ELISABETTA FLAMINI

GIANNI MARTINELLI

MAURO MURERO

RICCARDO ROSSIELLO

BARBARA TOMASI

ALESSIA ZAMPANO

PROGETTO GRAFICO

FALCONE STUDIO

IMPAGINAZIONE

SARA BARILE

STAMPA

GALLI THIERRY STAMPA

S.R.L. - MILANO

DISTRIBUZIONE

G.M.A. SAS

ABBONAMENTI

Prezzo di copertina: 6 euro

Abbonamento cumulativo annuo: 120 euro

ARRETRATI

Prezzo di copertina arretrato: 9 euro

PUBBLICITÀ

Diretta

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VISIONARIA FILM: STRUTTURATI PER ESSERE ‘TAILOR MADE’

In quasi trent’anni di attività, la realtà milanese è cresciuta per rispondere a qualsiasi richiesta operativa in maniera efficiente e senza rinunciare a qualità e originalità.

SILENZIO, PER FAVORE…

È la frase che viene usata prima di iniziare a registrare. E da cui prende il nome quiet, please!, cdp musicale a tutto tondo, ideatrice di jingle storici e con uno studio di registrazione all’avanguardia.

CINEMA, L’ATTENZIONE È ALTA

Alessandro Maggioni, Managing Director di Digital Cinema Advertising, concessionaria di The Space Cinema e UCI, ci spiega perché al cinema l’attenzione sia più alta e perché sia il mezzo ideale su cui pianificare.

URBAN VISION CREA NUOVE

FORME DI INTERAZIONE NEL CUORE DELLE CITTÀ

L’azienda leader nel settore della comunicazione urbana, continua a innovare per coinvolgere le persone e generare community attraverso l’utilizzo integrato di tecnologia e creatività.

CONSUMO O NON CONSUMO: QUESTO È IL DILEMMA

Il trend dell’‘underconsumption core’ promuove l’idea di consumare meno e meglio, invitando a riconsiderare il valore delle cose in risposta alla frenesia dei consumi tipica dei social media.

I 70 ANNI DELLA TELEVISIONE

FARGO FILM: QUESTIONE DI CONTENUTO

Fargo Film si distingue per la capacità di costruire relazioni e la continua ricerca di linguaggi visivi nuovi, mantenendo come punto fermo l’elevata qualità del prodotto finale.

ZERO TABLE TOP, THE FACTORY SOUL

La casa di produzione fondata dal regista e fotografo Paolo Gandola accoglie un nuovo talento per raccontare il mondo food.

CITADEL: DIANA, QUI SI FA

LA STORIA

È la prima volta che una serie italiana prende vita da un progetto internazionale. Prodotta da Cattleya per Prime Video, non è un sequel né uno spin-off, ma un racconto che vive nel mondo della serie madre.

Penetrazione capillare presso i nuclei familiari, capacità espressiva e persuasiva, possibilità di fare da cassa di risonanza in ogni campo dello scibile umano: la televisione ha cambiato pelle, ma non è mai uscita dalle case degli italiani.

CONTENUTI

E PUBBLICITÀ: UN BINOMIO VINCENTE

Riduzione o azzeramento dei costi da un lato, aumento della redditività dall’altro: la continua ascesa dell’AVOD (Advertising Video on Demand) accontenta sia la domanda sia l’offerta.

CASA DI PRODUZIONE
RUBRICA SERIE TV

NEL LABIRINTO DELL’IBRIDAZIONE

Da UPA arriva la conferma di una maggior maturità organizzativa, da parte delle aziende, delle agenzie e delle concessionarie, nella gestione dell’Advanced Tv.

CONNECTED TV: I VANTAGGI E LE SFIDE

In ascesa negli Stati Uniti e in tutta Europa, anche in Italia la raccolta pubblicitaria sulla Tv connessa (+21% nel 2024 vs 2023) testimonia la crescente manifestazione d’interesse degli spender.

CHI VUOL ESSER GENERALISTA?

Lo scenario delle Tv cambia ancora: le OTT inseriscono la pubblicità, come le vecchie generaliste, mentre queste sono oggi più identitarie e targettizzate; le OTT scelgono di essere aggregatori, riunendo più servizi.

FESTA DEL CINEMA DI ROMA

ELIO GERMANO RE DI ROMA

La Festa del Cinema di Roma ha premiato l’attore italiano per il film Berlinguer. La grande ambizione, mentre il miglior film è Bound In Heaven di Huo Xin. Premi alla carriera per Johnny Depp e Viggo Mortensen.

BE: MEGLIO DELLO SPOT

Il BE funziona meglio dello spot perché genera delle reazioni più profonde nello spettatore. Vi raccontiamo i case study più interessanti di un mondo che sposa advertising e intrattenimento.

MIA – MERCATO INTERNAZIONALE

AUDIOVISIVO

MIA 2024: DOVE I SOGNI DIVENTANO REALTÀ

Il MIA – Mercato Internazionale

Audiovisivo si è tenuto a Roma dal 14 al 18 ottobre. È stato record di candidature: 600 i progetti iscritti al Co-Production Market, +20% rispetto al 2023, da 90 nazioni.

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TUTTI GLI ISCRITTI AL 56° KEY AWARD E ALL’11° RADIO KEY AWARD È il riconoscimento nazionale dedicato agli spot pubblicitari per la Tv, il web, il mobile e ai radio comunicati.

STORIE DI TUTTI I GIORNI

Primaria leva per la crescita del business e per i cambiamenti socio-culturali, lo storytelling sta influenzando la vita quotidiana di aziende e individui.

Visionaria Film: strutturati per essere ‘tailor made’

In quasi trent’anni di attività, la realtà milanese è cresciuta per rispondere a qualsiasi richiesta operativa in maniera efficiente e senza rinunciare a qualità e originalità.

di Alessia Zampano
DI ALESSIA ZAMPANO
COVER STORY

VISIONARIA FILM: STRUTTURATI PER ESSERE ‘TAILOR MADE’

In quasi trent’anni di attività, la realtà milanese è cresciuta per rispondere a qualsiasi richiesta operativa in maniera efficiente e senza rinunciare a qualità e originalità.

Nella pagina a fianco: backstage delle riprese in esterni per la campagna ‘Eurobet - Europei di Calcio’.

Nata come una factory di artisti e professionisti, Visionaria Film ha una storia di successi che dura da quasi trent’anni e che l’ha portata a diventare una casa di produzione altamente strutturata. Con un focus sulla produzione pubblicitaria – e una media di circa trecento spot all’anno – Visionaria Film tiene fede alla sua missione che è da sempre quella di realizzare produzioni video originali e di alta qualità. Abbiamo chiesto al CEO Daniele Cantalupo come è cambiato il modo di assolvere a questa mission in uno scenario competitivo frastagliato e polverizzato qual è quello attuale.

Come sta cambiando il mondo della produzione in risposta alle mutate esigenze del mercato?

Daniele Cantalupo: Il cambiamento per noi è essenziale perché è il mercato che cambia e, come si dice, il cambiamento porta sempre interessanti opportunità. C’è un primo nodo con cui ci misuriamo: la frenesia. Una volta i tempi operativi erano più dilatati, oggi è tutto immediato, tutto deve essere fatto subito e, ovviamente, con una pretesa non solo di efficienza ma anche di qualità. A questo si aggiunge il fatto che i budget si sono estremamente ridotti – quasi dimezzati – a fronte di costi che sono aumentati all’incirca del 40%. Una situazione complessa da gestire per chi fa il nostro mestiere e che si ritrova a esse-

re tra l’incudine e il martello, perché non possiamo aumentare in maniera proporzionale il costo di una produzione. Purtroppo a aumentare il divario tra bassi budget e alti costi di produzione, incidono anche scelte di alcune categorie del nostro settore che forse non si rendono conto che il mercato è cambiato radicalmente e che non siamo più negli anni ’80. Quello delle gare – che oggi sono quasi esclusivamente al ribasso – è un sistema che rende il nostro lavoro sempre più sfidante. Io penso che, se il mercato va in una direzione, dobbiamo noi essere pronti a rispondere in maniera efficiente, è inutile raccontarci la favoletta che si può avere la stessa qualità con budget così ridotti se non si trasformano radicalmente la mentalità e l’approccio produttivo. Noi siamo nati realizzando spot virali quando in Italia ancora gli spot virali non esistevano, quando non c’erano soldi nel digital, ma in compenso c’era la possibilità di sperimentare e di avere idee molto forti e oggi impensabili. Questa palestra ci ha aiutato a vivere, anzi a crescere; proprio nel momento in cui il mercato è andato verso una contrazione di risorse, abbiamo ricominciato a pensare a quando eravamo più giovani con tanta fantasia e pochi soldi e, devo dire, la scelta ci ha entusiasmato non poco.

E voi come avete trovato la quadra? (se l’avete trovata)

Daniele Cantalupo: Innanzitutto abbiamo fatto

squadra, selezionato le persone giuste nelle posizioni giuste, stanziato ingenti investimenti per avere a disposizione tutte le risorse per essere autonomi, dalle attrezzature cinematografiche, alle luci, ai facility e a tutto quello che può servire per una buona produzione. Altra fondamentale mossa è stata quella di creare delle joint venture con partner che avessero la nostra stessa visione, i nostri stessi occhi sognanti, e questo ci ha permesso di avere a disposizione 5 teatri di posa con più di 30 set preallestiti e 3.000 metri quadri a nostra disposizione, props, scenografie, costruttori, attrezzisti ecc. Ecco, questa è stata la nostra risposta, aver agito di fantasia; ci siamo armati e, così armati, siamo pronti ad affrontare progetti complessi da realizzare in poco tempo e con tutti i tipi di budget, rispondendo in maniera efficiente a qualsiasi richiesta operativa, dalla realizzazione di social content alle produzioni per grandi campagne ATL, fino a fiction e film. Inoltre, abbiamo molto rafforzato il reparto di post produzione; abbiamo quattro sale di post produzione audio video interne che lavorano tutto il giorno parallelamente. Tutte queste mosse ci consentono di esternalizzare pochissimo e ciò che ci differenzia in questo mercato frastagliato è proprio l’aver costruito una sorta di ‘cittadella delle produzioni video’: una struttura che offre servizi dalla A alla Z. Siamo, infatti, in grado di affiancare le agenzie dalla fase di pre produzione – con tutte le figure professionali specializzate ne-

cessarie – all’emissione degli spot. Questo vuol dire che abbiamo tutto sotto controllo, vuol dire velocità e abbattimento dei costi. Abbiamo appena concluso una settimana di shooting in cui il cliente e i direttori creativi dell’agenzia passavano rapidamente dal set alle sale di editing e potevano vedere dopo pochi minuti un premontato, in modo da apportare le modifiche in tempo reale.

Quanto incide su queste problematiche lo sviluppo tecnologico e, in particolare, la diffusione dell’AI?

Daniele Cantalupo: L’Intelligenza Artificiale, per lo meno allo stato attuale, deve essere uno strumento che ci possa aiutare a velocizzare il nostro lavoro ma credo non debba sostituirsi all’uomo, almeno in molti casi. Ora siamo relativamente all’inizio di questa nuova era ma già abbiamo imparato a usare questa tecnologia in maniera sbagliata. Faccio un esempio, ho chiesto ai miei collaboratori di non realizzare storyboard con l’AI per due motivi: il primo perché è molto bello avere a che fare con i disegnatori che spesso portano un mondo bellissimo da cui si può trarre ispirazione per il nostro lavoro e, in secondo luogo, perché quando si chiede all’AI di fare uno storyboard realistico, tende a fare sempre la stessa cosa, a utilizzare lo stesso immaginario. Non sopporto l’idea di seguire l’immaginario dell’AI e di trovarmi a parlare con un DoP chiedendogli di

Abbiamo fatto squadra, selezionato le persone giuste nelle posizioni giuste, stanziato ingenti investimenti così da avere a disposizione tutte le risorse per essere autonomi.

Sopra, Daniele Cantalupo, CEO di Visionaria Film.

replicare la fotografia che ha deciso l’AI. Per fortuna sono abbastanza ‘vecchio’ da non voler cedere a queste scorciatoie che trovo alla lunga controproducenti e che ci potrebbero portare a creare film tutti uguali. Io voglio vedere la mano dell’autore, del regista, dello scenografo, del montatore e di tutti quelli che lavorano in un progetto. È da questa alchimia che nasce la bellezza del nostro lavoro. Questo non vuol dire naturalmente che non siamo prontissimi a utilizzare l’AI e, infatti, la stiamo sfruttando per aiutarci soprattutto nella post produzione ma sempre al servizio della nostra creatività.

A questo proposito, ci parla di qualche lavoro che avete realizzato?

Daniele Cantalupo: Da dieci anni ci occupiamo delle campagne di Unieuro e, proprio qualche settimana fa, è andata in onda la nuova campagna per il Black Friday, molto divertente con Katia Follesa e Angelo Pisani. Con lo staff di Unieuro si è creata una sorta di magia, succede raramente di avere questo tipo di rapporto in cui ci sono una tale fiducia e condivisione della stessa visione che quasi non c’è bisogno di chiedere come si vuole comunicare. Insieme all’agenzia VML, ogni anno cerchiamo di creare una

comunicazione sempre migliore dal punto di vista qualitativo e originale. Un altro interlocutore molto piacevole per noi è Rai Pubblicità, di cui siamo fornitori, nonché molte altre agenzie delle quali alcune giovani e particolarmente dinamiche.

Oltre alla produzione pubblicitaria, state esplorando altri settori?

Daniele Cantalupo: Da qualche anno collaboriamo con Lux Vide e li supportiamo nella realizzazione delle scene in esterno a Milano della serie Rai DOC. Nelle tue mani e di altri progetti. Nell’ultimo anno e mezzo ci siamo avventurati di più nel mondo dei format e delle serie Tv. Abbiamo sviluppato sei format originali di cui abbiamo girato le puntate pilota, che ora sono in pitch presso vari interlocutori, network

Il progetto ‘Cuori Connessi’ contro il cyberbullismo realizzato per

A sinistra: un frame dello spot Carrefour ‘Sottocosto’. A destra: backstage della campagna Unieuro ‘Hypnotic’.
Unieuro.

e piattaforme. Questa apertura deriva da una forte sensibilità autorale che ho coltivato fin dal mio lavoro di attore, dall’università e nelle diverse esperienze teatrali internazionali.

La qualità per noi è sempre fondamentale; quando esce qualcosa da qui il minimo che ci aspettiamo è che sia perfetta, sia stilisticamente sia tecnicamente. La regia e il montaggio sono sempre molto accurati, è il nostro pallino, per questo lavoriamo con grandi registi e talentuosi DoP.

Quello delle fiction e delle serie Tv è un mercato molto interessante. Vedremo come andranno questi progetti per decidere se e quanto dedicare a questo settore, magari creando un team ad hoc. Ci auguriamo che abbiano un buon riscontro perché è un ambito che ci interessa esplorare.

La qualità per noi è sempre fondamentale; quando esce qualcosa da qui il minimo che ci aspettiamo è che sia perfetta.

Come si inserisce l’impegno sociale all’interno del vostro lavoro?

Daniele Cantalupo: È un ambito a cui teniamo e fornire sostegno a cause sociali è per noi molto importante. Dove possiamo diamo il nostro supporto pro bono: abbiamo realizzato la campagna AMREF contro la fame in Africa e abbiamo creato, dall’idea alla produzione, la campagna per MioMito, per la lotta alle malattie mitocondriali. In altri casi, invece, lavoriamo in maniera tradizionale a supporto di operazioni

progettate ad hoc. Anche quest’anno, per esempio, abbiamo affiancato Unieuro nella produzione di ‘Cuori Connessi’, il loro progetto per la lotta al cyberbullismo e siamo molto felici di essere fornitori della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Abbiamo, infatti, lavorato per ACN, l’autorità per la cybersicurezza nazionale, alla realizzazione di uno spot che racconta i pericoli che corrono le aziende da questo punto di vista e a una serie di contenuti per i social.

Che cosa vi aspettate in prospettiva?

Daniele Cantalupo: Ci aspettiamo di continuare il nostro percorso intrapreso per rispondere alle esigenze di mercato e, se il mercato dovesse cambiare di nuovo, ricominciare daccapo e inventarci altre strade. In fondo è proprio questo il nostro lavoro, creare scene, situazioni, immagini, sogni, per essere già pronti il giorno successivo, a ricominciare daccapo e ricreare nuove visioni.

Backstage dello spot ZOO di 105 ‘Troppo Grande’.

Lo spot ‘Black Friday-Passion’ con Katia Follesa e Angelo Pisani, realizzato per Unieuro.

Urban Stage – la musica scopre una nuova dimensione con Urban Vision.
Centinaia di fan acclamano Emma per il lancio live di ‘Femme Fatale’, il nuovo videoclip dell’artista, presente all’evento nel cuore di Roma.

CASA DI PRODUZIONE DEL MESE

Fargo Film: questione di contenuto

Fargo Film si distingue per la capacità di costruire relazioni e la continua ricerca di linguaggi visivi nuovi, mantenendo come punto fermo l’elevata qualità del prodotto finale.

Il team della content factory Fargo Film.

Fargo Film è una casa di produzione pubblicitaria, cinematografica e televisiva attiva sul mercato dal lontano 1977. Da allora ha firmato alcuni tra i commercial più significativi degli ultimi quarant’anni e prodotto film, fiction e documentari per cinema e Tv. Per saperne di più abbiamo intervistato Federico Mazzola (CEO & Executive Producer) e Ludovico de Maistre (Partner e Responsabile Branded Content & Entertainment).

Ci volete innanzitutto raccontare un po’ di storia di Fargo Film?

Federico Mazzola: La nostra società nasce nel 1977 e negli anni, con la guida di Valter Buccino, Massimo Ceratto, Roberto Stradella e Ladis Zanini, siamo diventati una delle case di produzione pubblicitarie di riferimento in Italia.

Abbiamo realizzato commercial per brand di alto profilo come Eni, FCA, Enel, adidas, Coca-Cola, CNH In-

dustries, Intesa Sanpaolo, Maserati, Wind, De Cecco, Tim ecc., l’elenco è lungo. Ma abbiamo anche prodotto opere cinematografiche e televisive e film ben accolti dalla critica e dal pubblico, come Dopo Mezzanotte, Un Chateau En Italie o A Bocelli Family Christmas Ci siamo distinti grazie alla capacità di costruire relazioni e alla continua ricerca di linguaggi visivi nuovi, mantenendo come punto fermo l’elevata qualità del prodotto finale. E poi, la versatilità e l’abilità nel passare dal piccolo schermo alla sala di un cinema, insieme a un approccio sartoriale alla produzione, hanno contribuito a costruire la nostra reputazione di casa di produzione ‘boutique’.

Ma questa, per l’appunto, è la storia. E a noi piace stare nel presente.

A proposito del presente, quali sono le novità che vi hanno visto protagonisti nel 2024? Federico Mazzola: La novità più importante quest’an-

no è la fusione con Travel Media House (TMH), una realtà specializzata nella produzione di documentari e contenuti digital. TMH è stata fondata nel 2013 dal nostro attuale socio, Ludovico de Maistre, produttore e regista di contenuti documentaristici per brand, enti e Tv. Ludovico è supportato da un team rodato di giovani professionisti, anch’essi entrati in Fargo Film: Massimiliano Manzo, editor senior, Emiliano Frediani, sound designer e Daniel Coffaro, autore e produttore creativo.

TMH ha operato come casa di produzione e redazione on demand in oltre 30 Paesi, creando più di 400 filmati per il programma Kilimangiaro e diversi progetti internazionali scelti in Italia da Sky, Amazon Video e Rai, come Everest with Three Fingers, A Friendship Between Giants, The World in Slow Motion e Romano Cagnoni – War Photographer. Forte di queste esperienze, è riuscita, inoltre, a intessere collaborazioni significative e di lunga durata con buyer, broadcaster e piattaforme internazionali.

L’integrazione di TMH rappresenta un passaggio strategico per Fargo Film, che si è, così, dotata di un know-how ulteriore nell’ambito del branded entertainment e ha ampliato la propria offerta: non solo servizi di produzione ma anche strategie di narrazione, di sviluppo e di distribuzione mirate.

Inoltre, la fusione è stata la scusa perfetta per riorganizzare la sede e per dare il bianco alle pareti, che ogni tanto… Scherzi a parte, abbiamo investito in un miglioramento degli uffici. Disponiamo ora di una content factory interna composta da sala montaggio, sala audio, cabina di registrazione e siamo totalmente attrezzati anche lato software per lavorare in full-remote su ogni progetto editoriale, in ogni angolo del mondo. E poi abbiamo aggiunto qualche scrivania: finalmente, nello stesso grande ambiente, ospitiamo il talento di alcuni partner storici e di nuovi collaboratori.

Sempre a proposito del presente, come sta andando il vostro mercato di riferimento?

Ludovico de Maistre: L’evoluzione della comunicazione audiovisiva ha ridefinito i confini tradizionali tra media e formati, creando un ecosistema fluido in cui lo spot pubblicitario, il contenuto virale, le narrazioni cinematografiche e il branded entertainment si intrecciano e si trasformano. Questo contesto rappresenta una sfida per i brand, che devono orientarsi tra una molteplicità di opzioni e formati. Tuttavia, è proprio in questa complessità che Fargo Film trova il suo terreno ideale. Le nostre competenze ci permettono di adottare un approccio aperto e flessibile, di identificare le migliori rotte nel mare magnum dei formati e dei linguaggi, di interpretare i trend emergenti, adattandoci alle nuove esigenze del pubblico e di affiancare i nostri clienti per esplorare strade inedite, mantenendo sempre l’attenzione su ciò che conta davvero: raccontare e mettere in scena storie capaci di creare connessioni reali. Qualcuno diceva

che ci sono decenni in cui non succede nulla e settimane in cui succedono decenni. Ecco, in un presente che cambia tanto rapidamente, che ogni mattina offre tecnologie e canoni nuovi, il caos non dev’essere per forza un avversario. Vogliamo, anzi, interpretarlo, prenderlo come un’opportunità per innovare, senza mai perdere di vista il bilanciamento tra ciò che è bello e ciò che porta risultato.

A quanto pare il branded entertainment giocherà un ruolo chiave nel vostro futuro. Ludovico de Maistre: Il mercato del branded content è in costante crescita e rappresenta una grande opportunità, sia per le case di produzione e le agenzie sia per i brand stessi. La domanda di contenuti originali e di qualità è aumentata e le aziende sono sempre più consapevoli dell’importanza di raccontare storie che sappiano creare una relazione autentica con il pubblico. Ma, a essere sinceri, il settore è ancora frammentato e la competizione è altissima. Il nostro dovere è accompagnare agenzie e clienti verso la definizione delle migliori strategie di distribuzione e di creare contenuti che siano innanzi tutto sostenibili. Noi siamo in una posizione privilegiata per affrontare queste sfide. La partnership con importanti distributori internazionali, così come la capacità di distribuire anche direttamente contenuti su piattaforme globali e di integrare strategie di branded

La comunicazione audiovisiva è un ecosistema fluido in cui lo spot, il contenuto virale, le narrazioni cinematografiche e il branded entertainment si intrecciano e si trasformano.

Da sinistra, Federico Mazzola (CEO & Executive Producer) e Ludovico de Maistre (Partner & Responsabile Branded Content & Entertainment).

entertainment, è un vantaggio competitivo. Tuttavia, il mercato italiano deve ancora sviluppare una cultura del branded content matura, che veda i brand come veri produttori di contenuti di valore e non solo come sponsor.

Per fare degli esempi, stiamo lavorando al pilota di un progetto di serie diretto dal sottoscritto con protagonista la nota zoologa Mia Canestrini. Vogliamo raccontare la coesistenza tra uomo e animali, immergendoci nelle tradizioni culturali e spirituali delle comunità coinvolte. Saranno storie di adattamento e conservazione, con un focus sulle sfide ambientali, economiche e sociali. È un progetto che ha in comune più di un valore con molti brand italiani e stranieri. Abbiamo, inoltre, da poco terminato lo sviluppo di un programma Tv a tema motori e di un format web legato alla musica; entrambi stanno ottenendo molto interesse da parte dei clienti a cui sono stati presentati fino a oggi.

Ci potete descrivere qualche progetto particolarmente interessante che avete realizzato di recente?

Ludovico de Maistre: Uno dei progetti più rilevanti che abbiamo realizzato di recente è sicuramente la docuserie Travel Filmmakers. Questo progetto incarna perfettamente la nostra mission di creare contenuti di qualità che offrono ai brand e ai broadcaster la possibilità di raccontare storie trascinanti su scala internazionale.

rienza emotiva e culturale. Un progetto che ha coinvolto brand come l’acqua Wami, Lumix e molti enti del turismo.

Grazie alla partnership con Off The Fence (agenzia di distribuzione parte del gruppo ZDF e Oscar al miglior documentario nel 2021), il progetto è oggi in distribuzione in tutto il mondo e viene presentato agli editori durante i principali mercati televisivi internazionali. Il rapporto che abbiamo con Off The Fence è ottimo, tant’è che ci ha scelti come coproduttori per un’opera internazionale ad alto budget che racconta l’Italia da un punto di vista unico. Anche in questo caso siamo in una fase di sviluppo e stiamo dialogando con brand che abbraccino i valori di sostenibilità, tutela dell’ambiente e promozione culturale, che possano contribuire alla realizzazione.

Abbiamo, inoltre, dato il via a una collaborazione con un gruppo editoriale leader in Italia nel campo digitale e puntiamo a espandere la nostra presenza nel mercato dei new media. Parallelamente, continuiamo a lavorare con quello che ancora oggi è il core della nostra attività: i commercial e i contenuti digital. Per esempio, abbiamo recentemente realizzato una produzione per Maserati, nostro cliente storico e, attraverso l’agenzia Independent Ideas, abbiamo prodotto il materiale di lancio di un’autovettura per Ferrari.

Il recente rinnovo aziendale ci ha resi ancora più strutturati per la ricerca regia, un’attività costante del nostro lavoro. Passiamo molto tempo osservando i migliori prodotti audiovisivi sul mercato, coltivando le relazioni con registi affermati e avendo sempre un occhio di riguardo per i nuovi talenti emergenti. Questo ci consente di rispondere con prontezza agli inviti alle gare: proporre la regia giusta, fornire una forte competenza produttiva senza rinunciare all’apporto qualitativo e creativo.

Quali saranno le principali sfide che vi vedranno protagonisti in futuro?

L’idea alla base della serie, che si compone di 50 episodi da 12 minuti (10 ore televisive, per intenderci), è quella di combinare un racconto personale con una dimensione documentaristica, rendendo il viaggio non solo una scoperta geografica ma anche un’espe-

Federico Mazzola: Il futuro di Fargo Film è caratterizzato da un approccio volto ad ampliare il nostro portfolio con progetti di branded content & entertainment capaci di valorizzare il legame tra i brand e il loro pubblico, conservando sempre una forte propensione alla qualità produttiva che ci contraddistingue. L’intento è crescere non solo in termini di quantità di progetti ma soprattutto in termini di impatto e rilevanza. A questo proposito, stiamo investendo in maniera significativa anche nell’avvio di un dipartimento interno per la creazione di original. Risponderemo sempre con massima cura ai progetti su commissione, ma stiamo lavorando di pari passo a contenuti proprietari che sappiano attrarre con narrazioni uniche e tematiche di valore. Certo, qui in Italia viviamo un momento delicato, ma crediamo che il domani appartenga a chi si muove oggi. È vero che, come dicevo prima, ci piace stare nel presente, ma lo sguardo punta al futuro.

Da sinistra a destra, Massimiliano Manzo, Daniel Coffaro ed Emiliano Frediani. Il cuore creativo della content factory.

Silenzio, per favore…

È la frase che viene usata prima di iniziare a registrare. E da cui prende il nome quiet, please!, cdp musicale a tutto tondo, ideatrice di jingle storici e con uno studio di registrazione all’avanguardia.

Un’immagine che spiega bene che cosa sono gli studi di quiet, please! in via Frua 12, a Milano. In un mondo digitale qui c’è ancora una grande parte hardware analogica, vintage: quella che veniva usata per registrare negli anni Sessanta e Settanta.

Q“uiet, please”. “Silenzio, per favore”. Se doveste entrare in uno studio di registrazione è probabile che sentiate queste parole. quiet, please! è anche l’evocativo nome della casa di produzione musicale a tutto tondo fondata da Ferdinando Arnò, storico compositore e produttore italiano. Quel quiet, please! è un curioso gioco di parole: riprende quel modo di chiedere silenzio prima di registrare, ma dall’altro lato suona ironico per una casa di produzione che fa musica, suoni e rumori. quiet, please! è nella storia della pubblicità con jingle e musiche che sono rimasti nella memoria: Grand Soleil il nettare degli dei per Grand Soleil Ferrero, Gà El Suv per Skoda Yeti e Piccolo anche dolce per Tic Tac Ferrero. Oggi in quiet, please! lavorano, Vittorio, Music Producer, Alessandra, CEO and Licensing manager, Adele (è sua la voce, della musica Back In Time di Q8 e della cover di Everyday per McCafé), Matteo, Sound Engineer, e non poteva man-

care Ferdinando, che attualmente si occupa della realizzazione di eventi musicali. Per capire di chi stiamo parlando basta entrare nel loro studio di registrazione: un mondo bianco e abbagliante, ‘una nave tra le nuvole’, dove convivono gli anni Sessanta dei Beatles e la scienza di 2001: Odissea nello spazio, film a cui è ispirato il concept di questo luogo. Mentre parliamo con Alessandra Teatini e Vittorio Arnò immaginiamo che cosa possa voler dire per un artista registrare qui.

Il vostro studio è stato progettato per la meditazione e allestito per esibirsi e sentire il suono come in nessun altro luogo. Come è nato?

Alessandra Teatini: L’atmosfera che si respira entrando è quella di 2001: Odissea nello spazio, uno dei film del cuore di Ferdinando, mentre la parte acustica, curatissima, è stata progettata da Andy Munro: chiunque venga qui nota la differenza rispetto ad altri studi.

CASA DI PRODUZIONE MUSICALE DEL MESE

Quali sono le caratteristiche di questo studio?

Vittorio Arnò: Abbiamo tre impianti diversi. Quello più grande ha i subwoofer incorporati, che danno all’ascolto un effetto simile a quello di un club. Ma allo stesso tempo ha la definizione di uno studio di registrazione. È molto ricercato dagli artisti perché ha una relazione di suono a cui sono abituati: quando vengono qua non sentono un suono troppo ‘pulito’, ma le vibrazioni sonore che sentirebbero a un concerto. Uno dei nostri vanti è il sistema di preamplificazione: pur essendo tutto al computer, in the box, lo studio ha una parte hardware analogica, vintage, che è quella che veniva usata per registrare negli anni ’70 e ’60.

Quanto si usa ancora la strumentazione analogica oggi che è tutto digitale?

Vittorio Arnò: Dipende dalla produzione e dai costi. Ma l’uso dell’analogico c’è sempre. Se c’è una chitarra, questa è già un segnale analogico, e viene alterato e lavorato tramite un altro hardware analogico. Una percentuale, anche minima, di analogico ci sarà sempre, anche se con gli anni è andato ad aumentare il digitale.

Da dove viene il nome quiet, please!?

Alessandra Teatini: Il nome è nato da una ricerca fatta con amici pubblicitari. È una cosa molto curiosa: facciamo musica, facciamo rumore, cose che possono anche infastidire. Ma questo luogo è speciale. Quando entri qui dentro capisci che il nome è quello giusto: è tutto bianco, tutto imbottito, tutto ovattato e ti dà una sensazione di accoglienza, di calma.

Vittorio Arnò: È un luogo minimale, tutto quello che è superfluo è stato eliminato. Ma “quiet, please” è anche la frase che viene detta negli studi di registrazione, come il “ciak si gira” nelle riprese dei film. “Quiet, please” è una frase che, per esempio, puoi sentire ad Abbey Road…

Quali servizi offre quiet, please!?

Alessandra Teatini: Siamo una casa di produzione musicale a tutto tondo. Ci occupiamo dei jingle per la pubblicità e delle trattative per i diritti di brani da discografia, della registrazione dei voice over e degli adattamenti in italiano di campagne straniere e vice-

versa, con talent sia italiani sia stranieri. Lavoriamo alla post produzione audio, al sound design e a qualsiasi tipo di consulenza per l’advertising. Lo studio viene utilizzato per produzioni discografiche da artisti emergenti e affermati, come Lazza, Anna Pepe, Rkomi ed Elodie, mentre artisti come Benjamin Clementine e Jack Savoretti hanno registrato qui delle pillole per Sky Arte. Lo studio è utilizzato anche come location per eventi, set fotografici e pubblicità. Forniamo service audio per eventi e realizziamo eventi veri e propri. Ferdinando che ha creato questa struttura, oggi si occupa soprattutto di eventi, tra i più recenti ‘The Gathering’ alla Triennale di Milano e la performance dello scorso aprile alla Cattedrale di Bari.

Ci parlate del lavoro che avete fatto per LIDL?

Vittorio Arnò: Di solito partiamo dall’idea di quello che potrebbe essere il mood musicale allo spot. C’è un ‘back and forth’ tra noi e l’agenzia, con un brief su cui lavoriamo: l’idea qui era di avere una base modulare che andasse bene con i vari tagli degli spot, sia radio sia Tv, e che potesse funzionare in sottofondo. Ci sono una serie di direttive a livello musicale. Quindi vengono fat-

Un particolare degli interni degli studi di quiet, please! Ferdinando Arnò, il fondatore, ha voluto che il design degli spazi fosse ispirato al film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick: bianchi, essenziali e retrofuturistici.

Facciamo musica, facciamo rumore, cose che possono anche infastidire. Ma questo luogo è speciale. Quando entri qui dentro capisci che il nome è quello giusto.

Uno degli studi di quiet, please! ha i subwoofer incorporati: danno all’ascolto un effetto che è simile a quello di un club con la definizione di uno studio di registrazione.

Una lunga collezione di ‘effetti’ analogici che troviamo nello studio di quiet, please!.

serie di direttive a livello musicale. Quindi vengono fatti dei provini e uno viene scelto. Ne realizziamo almeno due e su quello scelto a volte si fa qualche modifica.

Nello spot EON con Christoph Waltz è stato difficile dare voce a un attore così noto?

In cosa è consistito il lavoro sullo spot Q8?

Alessandra Teatini: Nostra è la colonna audio completa di sound design, le musiche diegetiche e il tema del film, tutto composto da Vittorio. È stato un lavoro complesso: le musiche diegetiche erano riferite alle diverse epoche e, quindi, è stato un excursus nelle musiche degli anni Ottanta, Novanta e Duemila. C’è un piccolo inserto dello spot storico, quello della vela. Per il tema musicale c’è stato lo stesso iter produttivo di quello di LIDL.

E per lo spot Birra Raffo?

Alessandra Teatini: Ferdinando è pugliese e per noi la Birra Raffo è sempre stata la birra del tarantino vero. Con la nuova campagna ideata da McCann –per accompagnare l’ampliamento della sua distribuzione a tutto il territorio italiano – è diventata “decisamente pugliese”, mantenendo, però, un aggettivo tutto locale: “croccante”, suggerito proprio da Ferdinando. La musica in questo caso doveva dare un tono epico a un film ironico e divertente e così è stato scelto il Requiem di Verdi.

Come si lavora alla sincronizzazione musicale e al licensing delle canzoni?

Lo studio di quiet, please! è utilizzato anche per eventi, set fotografici e pubblicità.

Alessandra Teatini: Si tratta di un adattamento dello spot tedesco fatto completamente da noi, dal sound design al doppiaggio. Il casting realizzato per ciascuno degli attori dello spot è stato fatto cercando tra i doppiatori e gli attori di teatro. La voce di Waltz è stata la più complessa. Il suo doppiatore abituale era inavvicinabile, per cui si è fatta una ricerca su un timbro di voce che potesse adattarsi bene all'attore. Dal casting per Waltz, cliente e agenzia hanno scelto Tommaso Banfi.

Alessandra Teatini: Si parte sempre con delle ricerche musicali. Abbiamo la possibilità di lavorare sia con le grandi case discografiche sia con le piccole etichette: il nostro spettro è molto più ampio rispetto a una major, possiamo fare proposte alternative, nuove uscite che arrivano all’estero. La nostra proposta è sempre più varia e personalizzata. Partiamo sempre dal brief e facciamo ricerche fino anche a 70 brani. Su quella proposta viene fatta una shortlist e si inizia a fare la verifica dei titolari dei diritti e non sempre è facile.

Quali sono le operazioni di sincronizzazione di cui andate più orgogliosi?

Alessandra Teatini: La più famosa e premiata è stata quella di Telecom Gandhi con Sacrifice di Lisa Gerrard. E poi la campagna ‘Campari Killer In Red’, con The Magnificent Seven dei Clash, gli spot BMW Serie 5, con The Köln Concert di Keith Jarrett, e BMW Serie 520, con Rolling In The Dee di Adele. E la campagna di TIM con il ballerino JSM.

Cosa vi aspetta nel futuro?

Vittorio Arnò: Stiamo lavorando con Ombra, il nome d’arte di Omar Lapo Diagne, per il bando SIAE ‘Per Chi Crea’.

Alessandra Teatini: Siamo anche consulenti per un brand di abbigliamento e uno di gioielli, Forte Forte e Fope 1929. Il nostro lavoro consiste nel creare o selezionare le musiche da diffondere nei negozi monomarca e accompagnare il cliente durante le sfilate e a ogni tipo di evento. Sono delle attività che ben si sposano con la realtà di quiet, please!

Cinema, l’attenzione è alta

Alessandro Maggioni, Managing Director di Digital Cinema Advertising, concessionaria di The Space Cinema e UCI, ci spiega perché al cinema l’attenzione sia più alta e perché sia il mezzo ideale su cui pianificare.

Un’immagine del The Space Cinema di Quartucciu, in provincia di Cagliari. DCA è la concessionaria dell’importante gruppo di sale cinematografiche.

Il cinema è il luogo dove l’attenzione è più alta. È un luogo dove andiamo appositamente, per goderci uno spettacolo, dove non abbiamo distrazioni, non possiamo cambiare canale e non c’è un sovraffollamento di spot. Il cinema è il mezzo perfetto su cui pianificare: lo sapevamo, ma ce lo conferma una ricerca commissionata da FCP – Associnema, l’Associazione delle concessionarie dei cinema, sull’attenzione in questo luogo unico. Ne abbiamo parlato con Alessandro Maggioni – Presidente dell’Associazione e Managing Director di DCA (Digital Cinema Advertising), concessionaria di The Space Cinema e UCI – che ci ha illustrato i grandi risultati del settore e ci ha parlato dei prossimi mesi, in cui al cinema usciranno film di grande richiamo. Una ragione in più per pianificare sul grande schermo.

Arrivati quasi a fine anno, che bilancio si può fare per l’intero settore e per DCA?

Alessandro Maggioni: È stato un anno positivo: i dati dichiarano che su gennaio-settembre il mercato segna un +41% rispetto all’anno scorso, un incremento importante. Settembre su settembre segna un +28%, ma non è una performance negativa: settembre quest’anno non aveva titoli forti, mentre l’anno scorso c’era la coda lunga di Oppenheimer, uscito a fine agosto. Come DCA siamo sopra questa performance a settembre: il nostro fatturato è stato superiore rispetto all’anno scorso del 120%. Anno su anno siamo, invece, a +41%. È una performance che, per quanto riguarda DCA, andrà migliorando su ottobre-novembre: prevediamo di chiudere con un fatturato più che doppio rispetto allo scorso anno su ciascuno dei due mesi.

A che fattori è dovuto questo trend positivo?

Alessandro Maggioni: È dovuto a tanti fattori. Il primo è che, in generale, quando un mezzo funziona, si autoalimenta. Questo fa sì che il cinema oggi, entri molto più

CINEMA
A cura di Maurizio Ermisino

spesso nelle pianificazioni pubblicitarie di tanti clienti. Si è allargata la base clienti e così le categorie merceologiche: abbiamo un’importante presenza del comparto Toiletry, Finanza/Assicurazioni e Industria/Edilizia nonché una folta rappresentanza di brand Automotive. Abbiamo finalmente clienti che investono al cinema con formati dal classico 30’’, fino ai cortometraggi long format, per agire sui valori di marca.

Natale un tempo era il periodo in cui si pianificava al cinema. Oggi che si pianifica tutto l’anno, che importanza ha il Natale?

Alessandro Maggioni: È ancora fondamentale nonostante gli operatori di settore si siano dati da fare in modo molto preciso e consistente per avere film attraenti in sala durante tutto l’anno. Ma il periodo natalizio, quello che va dal 7 dicembre al 7 gennaio, in Italia è ancora il periodo di punta per gli investimenti sul mezzo. Siamo convinti che anche le ultime settimane del 2024 e le prime settimane di gennaio 2025 rappresenteranno una enorme opportunità di comunicazione al cinema per i brand, grazie agli importanti titoli in uscita: Oceania (28 novembre), Kraven The Hunter (11 novembre), Me contro Te e l’avventura di Natale (12 dicembre), Mufasa (18 dicembre), Better Man (1° gennaio), Sonic: Il Film 3 (1° gennaio) e Lord of the Ring: the war of Rohirrim (1° gennaio).

Un tempo a Natale si andava a vedere un solo film, oggi ci sono più titoli. Cosa è cambiato? Alessandro Maggioni: Il concetto di cinepanettone è cambiato; oggi in sala nel periodo natalizio (come durante tutto l’anno) ci sono sempre più film per target molto vari. Quest’anno, tra questi, avremo in sala uno di quelli che una volta venivano definiti cinepanettoni, ovvero Cortina Express. Ma il 18 dicembre uscirà Mufasa – Il re leone. Nel 2019 Il re leone uscì ad agosto e raggiunse 45 milioni d’incasso. È difficile fare paragoni, ma le aspettative sono alte. E ci sono una serie di uscite precedenti che si distribuiscono in maniera diversa: novembre inizia con Il Gladiatore nella prima metà del mese, il 21 novembre esce Wicked – Part 1, film che attireranno sicuramente una enorme quantità di pubblico in sala. Possiamo affermare con certezza che da metà novembre 2024 inizierà una lunghissima stagione di cinema senza interruzioni fino almeno a giungo 2025.

FCP – Associnema ha condotto una ricerca per misurare il livello di attenzione. Cosa dicono i risultati?

Alessandro Maggioni: Emerge che la maggioranza degli spettatori entra in sala con larghissimo anticipo rispetto all’inizio del film. Abbiamo volutamente costruito dei palinsesti pre-show che duravano fino a 30’ e abbiamo visto che la gente entra in sala anche 25’ prima dell’inizio del film. Il cinema è un contesto capace di catturare l’attenzione dello spettatore, non solo per il film ma anche per trailer e adv: il livello medio di atten-

zione è del 91% per il film e dell’87% per la pubblicità commerciale, che è un livello altissimo. Non è corretto fare paragoni con altri mezzi ma sono convinto che si debba sostenere sempre di più la complementarità del cinema con molti di essi. I livelli di attenzione generati al cinema ne fanno il luogo ideale per trasmettere messaggi lunghi e storie più articolate. Il cinema fa brand awareness, crea un legame emozionale con il brand.

Quanto stanno diventando importanti formati come il cortometraggio o lo spot long form?

Alessandro Maggioni: Si sta facendo viva una tendenza che nel 2019 era già stata indicata dagli Stati Uniti, quella di utilizzare sempre più spot da 60”. Non vuol dire che ci siano solo quelli, ma ne stanno arrivando sempre di più. Abbiamo proiettato anche corti da 4’ o 5’ e short movie da tre minuti e mezzo. Il Branded Entertainment è qualcosa in cui personalmente credo molto: dà un valore enorme alla campagna e valorizza il mezzo cinema. Spero vivamente che il mercato creda sempre di più nell’accoppiata cinema-BE e che si possano sviluppare sempre più progetti valoriali nelle sale cinematografiche.

Che tipo di brand investono nel cinema?

Alessandro Maggioni: I brand scelgono il cinema perché lo ritengono il mezzo più adatto per parlare al cuore della gente. L’attenzione è concentrata su quello che viene proiettato. Lo scarso affollamento degli spot e l’impossibilità di fare zapping fanno sì che lo spettatore si concentri sul contenuto pubblicitario. Al cinema vai perché hai deciso di prendere del tempo per te stesso, è un’esperienza che ti piace. Quando strappi il biglietto, entri in un mondo quasi parallelo. Se è vero che la risorsa più importante che abbiamo è il tempo, il fatto che lo si dedichi al cinema vuol dire che ti appaga. E ti appaga e ti gratifica come totalità di esperienza, in tutte le componenti: dal pre-show, al film, al popcorn. Inoltre, da spettatore, sei in un mood totalmente positivo e ricettivo.

Alessandro Maggioni, Managing Director di DCA, Digital Cinema Advertising, la concessionaria di The Space Cinema e UCI, e Presidente di FCP – Associnema, l’associazione delle concessionarie dei cinema.

I brand scelgono il cinema perché lo ritengono il mezzo più adatto per parlare al cuore della gente.

DIGITAL OUT OF HOME

Urban Vision crea nuove forme di interazione nel cuore delle città

L’azienda leader nel settore della comunicazione urbana, continua a innovare per coinvolgere le persone e generare community attraverso l’utilizzo integrato di tecnologia e creatività.

Installazione 3D Urban Vision, in occasione della Green Week 2024.

Nata nel 2004, Urban Vision si è evoluta da pioniere nel restauro del patrimonio culturale a leader nell’innovazione urbana. Oggi la sua visione abbraccia una prospettiva più ampia – incentrata sulle nuove frontiere creative e tecnologiche – con la mission di reinventare gli spazi urbani, trasformandoli in ambienti vivaci dove arte, tecnologia e sostenibilità si fondono per creare un futuro più inclusivo e interattivo. Per saperne di più abbiamo intervistato Gianluca De Marchi, CEO & Co-founder di Urban Vision.

Ci potete innanzitutto presentare Urban Vision? Quali sono i vostri principali punti di forza?

Gianluca De Marchi: Urban Vision è da sempre impegnata ad accogliere il cambiamento e ad anticipare la trasformazione con una mission ambiziosa: trasformare le città in luoghi migliori per le persone. Un obiettivo che perseguiamo attraverso la combinazione di media, creatività, tecnologia e dati per rendere il contesto urbano un luogo vivo di scambio, dialogo, connessioni e interconnessioni. Il Digital Out of Home è senza dubbio il media che ci ha portati a essere tra i leader del settore e, attraverso il restauro sponsorizzato, abbiamo coniugato la visibilità dei brand e la tutela

del patrimonio culturale e storico delle città. Lavorare in questo settore oggi significa muoversi insieme all’evoluzione urbana con l’obiettivo di creare valore in un contesto sempre più digitalizzato e interattivo.

Quali risultati avete ottenuto in questo 2024 che sta per chiudersi? Come sono le prospettive per il futuro? Quali obiettivi vi ponete?

Gianluca De Marchi: Il 2024 è stato un anno di grande innovazione. Sicuramente la produzione delle nuove cabine digitali TIM rappresenta un passo emblematico nel coniugare innovazione tecnologica e inclusività. Si tratta di vere e proprie stazioni intelligenti in modalità touch screen con applicazioni sensoristiche che consentiranno anche alle persone con disabilità motorie, barriere linguistiche o visive, di accedere alle informazioni e ai servizi digitali in modo personalizzato, semplice e veloce. Abbiamo, poi, ampliato la nostra offerta nel settore del Transit, ottenendo concessioni autostradali e aeroportuali che ci permettono di raggiungere un pubblico in movimento, in ambienti di grande flusso. Questa espansione ha rafforzato la nostra posizione, consentendoci di offrire soluzioni di comunicazione all'avanguardia anche in contesti dinamici. Con la unit Urban Planning, poi, riusciamo a individuare player internazionali affini a Urban Vision e attuare il lancio di campagne adv su spazi DOOH mirati ed esclusivi. Guardando al futuro, il nostro obiettivo è espanderci ulteriormente in Europa, America e Asia entro il 2028, esportando il nostro modello Made in Italy. Vogliamo crescere anche dal punto di vista tecnologico: puntiamo sull'integrazione del programmatic, per offrire campagne ancora più personalizzate e adattive. L’obiettivo è generare connessioni, contenuti e community attraverso l’utilizzo integrato di tecnologia e creatività.

Come sta andando il vostro mercato di riferimento? Quali sono i suoi punti di forza e quali invece, le difficoltà maggiori che incontrate?

Gianluca De Marchi: Il mercato del DOOH sta vivendo una fase di evoluzione straordinaria. Siamo in grado di segmentare l’audience e di personalizzare i contenuti in tempo reale, rendendo le campagne non solo più efficaci ma anche rilevanti per chi le osserva. Uno dei nostri punti di forza è la capacità di interpretare e anticipare queste tendenze. Ma le sfide non mancano. Le procedure autorizzative nelle aree urbane spesso risultano complesse e articolate e talvolta rallentano l’implementazione di progetti innovativi. Inoltre, la regolamentazione dell’uso degli spazi pubblici varia da città a città, richiedendo un adattamento continuo alle normative locali. Nonostante queste difficoltà, siamo convinti che il nostro approccio orientato all'innovazione e la lunga esperienza nel settore ci permettano di superarle. In questo contesto anche l’Intelligenza Artificiale ci aprirà molte possibilità. La nostra è una visione di lungo termine.

Ci parlate di qualche progetto che avete rea-

lizzato ultimamente e che vi ha dato particolari soddisfazioni?

Gianluca De Marchi: Sicuramente un progetto ambizioso come URBAN REEL, un’app capace di connettere world wide web, i device personali e i nostri impianti DOOH, collegando persone, brand e istituzioni tra loro in un’istante; una community che rispecchierà i nostri stessi valori. E poi, Urban Stage, dove il DOOH si trasforma in un vero e proprio palcoscenico capace di ospitare eventi live: musica, performance, talk show e lanci, creando una nuova forma di intrattenimento e, dunque, di interazione e partecipazione dei cittadini. Inoltre, Urban Vision è Official Supporter del Giubileo 2025 e il primo progetto che abbiamo realizzato è l’innovativo impianto LED adiacente all’ingresso dell’Info Point del Pellegrino – a pochi passi dalla Basilica di San Pietro – che offrirà informazioni in tempo reale su percorsi, eventi e orari, migliorando l’esperienza dei pellegrini grazie a un’interfaccia accessibile e inclusiva.

Per concludere, quali sono le sfide più importanti che dovrete affrontare e vincere in futuro?

Gianluca De Marchi: Mantenere l’equilibrio tra innovazione e sostenibilità è per noi cruciale. Il settore dell’outdoor, in particolare il DOOH, sta evolvendo, ma è fondamentale che questa crescita avvenga in armonia con l'ambiente. Urban Vision sta investendo in soluzioni sostenibili, come schermi a basso consumo energetico e materiali eco-compatibili, che riducono l'impatto ambientale delle nostre installazioni. Un’altra sfida sarà l’integrazione sempre maggiore di dati e tecnologia per offrire contenuti in tempo reale, rispondendo in modo dinamico ai bisogni del pubblico. La collaborazione con partner internazionali e lo sviluppo di soluzioni adattive sono strategie chiave per costruire un modello di comunicazione che sia rispettoso delle persone e dell’ambiente. Guardiamo al futuro con l’obiettivo di contribuire a una trasformazione positiva delle città, creando spazi che non solo rispondano alle esigenze dei brand ma che siano al servizio delle comunità.

Lavorare in questo settore oggi significa muoversi insieme all’evoluzione urbana con l’obiettivo di creare valore in un contesto sempre più digitalizzato e interattivo.

Gianluca De Marchi, CEO & Co-founder di Urban Vision.

PRODUZIONE

Zero Table Top, the factory soul

La casa di produzione fondata dal regista e fotografo Paolo Gandola accoglie un nuovo talento per raccontare il mondo food.

Sopra, una serie di commercial prodotti da Zero Table Top con la regia di Matteo Bellesia. A destra, il regista Matteo Bellesia.

Zero Table Top, casa di produzione milanese, si è evoluta nel corso degli anni come una vera e propria factory, capace di riconoscere e far crescere attorno a sé nuovi talenti, mettendo a loro disposizione ogni tipo di risorsa e tecnologia per poter sperimentare nuovi stili e linguaggi. L’ultima new entry che presentiamo è Matteo Bellesia, regista bravissimo a raccontare il food in medley con scene di live action. Matteo ha da poco firmato un commercial per i nuovi ragù Barilla, con creatività dell’agenzia Connexia e direzione creativa di Adriano Aricò. Come regista ama partecipare al processo di sviluppo estetico dei progetti fin dalla genesi, lavorando a quattro a mani con il team creativo per trovare ogni volta visual originali e distintivi. Sfruttando la sua innata ‘anima nerd’, Matteo progetta le sue inquadrature utilizzando tool di AI generativa che influenzano il suo stile, infondendogli un’allure visionaria e attuale che strizza l’occhio al fashion.

Rubrica Serie Tv

Citadel: Diana, qui si fa la storia

Citadel: Diana è una serie che rimarrà nella storia della serialità. È la prima volta, infatti, che una serie italiana nasce da un progetto internazionale, Citadel dei Fratelli Russo, per intraprendere, poi, una strada indipendente. Prodotta da Cattleya e Amazon Studios per Prime Video, non è un sequel e non è uno spin-off: è una serie originale che vive nello stesso mondo della serie madre. E per questo deve essere ‘nuova’ e, allo stesso tempo, collegata a essa. Siamo a Milano nel 2030: otto anni

prima l’agenzia indipendente di spionaggio Citadel è stata distrutta da una potente organizzazione rivale, Manticore. Da allora, Diana Cavalieri (Matilda De Angelis), spia di Citadel sotto copertura, è rimasta sola, intrappolata tra le linee nemiche come infiltrata in Manticore. Quando finalmente le si presenta l’occasione di uscirne e sparire per sempre, l’unico modo per farlo è fidarsi del più inaspettato degli alleati, Edo Zani (Lorenzo Cervasio), l’erede di Manticore Italia e figlio del capo dell’organizzazione, Ettore Zani (Maurizio Lombardi).

DA ZERO ZERO ZERO A CITADEL:

DIANA

Citadel: Diana è una serie vincente già solo per l’idea che è alla base, un caso di studio.

È la prima volta che una serie italiana prende vita da un progetto internazionale. Prodotta da Cattleya per Prime Video, non è un sequel né uno spin-off, ma un racconto che vive nel mondo della serie madre.

DI MAURIZIO ERMISINO

Nasce, infatti, della serie principale – prodotta e girata in America – pensata per essere, a sua volta, la madre di altre storie, da girare in altri Paesi (Citadel: Honey Bunny, girata in India, è su Prime Video da novembre). Cattleya, cdp che ha girato la serie italiana, si è davvero superata. Ne abbiamo parlato con Riccardo Tozzi, Fondatore e Presidente.

“I Fratelli Russo sono dei grandi ammiratori di Zero Zero Zero, ne parlano come della miglior serie d’azione in assoluto”, ci ha svelato. “Hanno guardato anche le nostre altre produzioni, come Gomorra Zero Zero Zero non ha fatto sfracelli, ma ha una rete di ammiratori di altissimo livello, tra cui Stephen King. Così, i Fratelli Russo hanno deciso che la serie italiana la volevano fare con Cattleya.

Matilda De Angelis in una scena
di Citadel: Diana. Gli ambienti hanno un ruolo centrale nella serie (foto: Marco Ghidelli).

Abbiamo fatto una call e abbiamo cominciato a lavorare, con una presenza editoriale forte di Amazon USA e Amazon Italia”.

NON PIÙ BOND GIRL: BOND È LA GIRL

Le serie nate da Citadel sono storie che vivono in quel mondo, ma a loro volta vivono di vita propria, respirando la storia, il clima e le influenze dei Paesi in cui sono nate. Nell’adattamento italiano, così, appaiono le mafie, le stragi di Stato irrisolte e una deriva verso l’autoritarismo che a volte il nostro Paese ha preso. La produzione internazionale ha dato poche indicazioni a Cattleya. “I parametri fissi erano pochi”, ci spiega Tozzi. “La natura di Citadel, la natura di Manticore, i termini dello scontro tra i due mondi, le epoche. E basta. All’interno di questi paletti fissi potevamo muoverci come volevamo. Nella prima riunione sul soggetto italiano, io e Gina Gardini ragionavamo su che taglio dare. Ho pensato che l’Italia nei film di James Bond è stata sempre presente, ma con le Bond girl. Ci siamo detti: facciamo che questa volta la girl è Bond. Con le sue caratteristiche, ma una ragazza”.

MILANO, L’ARCHITETTURA E UNA VENATURA POLITICA

“Poi abbiamo sentito che il centro doveva essere Milano”, continua il Fondatore di Cattleya. “E, infine, la bellezza italiana, rappresentata

dall’architettura. Dovevamo portare una componente della nostra immagine, che è la nostra cifra”. “Abbiamo voluto dare anche una venatura politica”, continua. “I Manticore sono golpisti: sempre per il bene dell’umanità, ma sono di natura autoritaria; Citadel, invece, è più democratica. Abbiamo accentuato questa cosa e abbiamo reso quel pensiero conservatore razionalista attraverso le architetture. Il regista Arnaldo Catinari è architetto e direttore della fotografia. L’immagine è anche moda, abbigliamento: la nostra costumista è quella che ci segue dalla prima stagione di Gomorra”.

L’ACTION FANTASY: UNA TERRA SCONOSCIUTA PER IL CINEMA

La linea editoriale di Cattleya per le serie è

Maurizio Lombardi è Ettore

Zani, il capo di Manticore

Italia: l’attore, estremamente versatile, qui è un perfetto villain, anche migliore di quello della serie americana (foto: Marco Ghidelli).

sempre stata quella di riprendere la gloria del vecchio cinema italiano: Romanzo criminale, Gomorra e Suburra sono figli del poliziottesco anni Settanta. Questa volta, però, è stato diverso. “Ho sempre pensato che la nuova serialità non fosse figlia della televisione ma del cinema”, riflette Tozzi. “In questo caso non avevamo una tradizione alle spalle. È un action fantasy: questa cosa il nostro cinema non l’ha mai fatta e quando ci ha provato non è andata bene. Quindi ci siamo mossi in partibus infidelium. Quello che abbiamo cercato di fare è prendere gli schemi dell’azione, cercando di tirare di più sui personaggi, di fare più dramma. Però ci siamo mossi come se agissimo in una terra sconosciuta. Per serie come Romanzo Criminale e Gomorra, ma anche per i melò che abbiamo fatto al cinema, c’era una grande tradizione italiana. Qui non ce l’avevamo”.

UN INNALZAMENTO DELL’ASTICELLA

Anche per questo Citadel: Diana è stata un’ulteriore sfida. In cui Cattleya si è superata, andando oltre gli standard produttivi già altissimi. “Con questa dimensione ci siamo già cimentati: Zero Zero Zero va verso quel genere di produzione”, spiega Riccardo Tozzi. “Dove non ci eravamo mai cimentati è stato quel livello di effetti speciali e forse anche

Matilda De Angelis è una convincente Diana Cavalieri: i suoi capelli, più lunghi da un lato e più corti dall’altro, raccontano che esiste una Diana del passato e una Diana del presente e del futuro (foto: Marco Ghidelli).

quel tipo di action moderna. Effettivamente c’è stato un innalzamento dell’asticella. Soprattutto sugli effetti speciali: non avendo tutta l’attrezzatura necessaria abbiamo lavorato tra Italia, Canada e Inghilterra. Nessuna produzione italiana ha mai fatto così tanti vfx: è stato un apprendimento”.

L’ATTENTATO PROVOCATORIO STA NELLA NOSTRA STORIA

Gli effetti speciali sono stati fondamentali per una scena iconica, che resterà nella nostra testa a lungo. Il Duomo di Milano distrutto, raso al suolo per metà, arriva subito e crea un mood che mette a disagio e condiziona tutta la visione. È come se assistessimo a un 11 settembre italiano. “L’idea, nata in writers’ room, è di Alessandro Fabbri (l’head writer, ndr)”, spiega Tozzi. “Ci sono varie reminiscenze milanesi: il Duomo sta a cento metri da Piazza Fontana. E quindi c’è l’idea di un grande attentato provocatorio, che sta nella nostra storia: è un tipo di complotto che in Italia abbiamo avuto. Tra l’altro, quando abbiamo fatto il film Romanzo di

Una foto emblematica di quello che è Citadel: Diana, una serie in cui i personaggi si muovono in grandi scenari che fanno sentire piccolo l’uomo che è al centro. Qui Matilda De Angelis è davanti al Cretto di Gibellina, opera d’arte di Alberto Burri. (foto: Marco Ghidelli).

una strage, per finzione l’abbiamo fatta risaltare quella banca. L’attentato serve a lanciare un colpo autoritario, che allora non riuscì ma che è una minaccia che fa parte di noi. È stata una grandissima idea, un’idea paradossale. Ed è come se pesasse su tutta l’azione”.

NOI ITALIANI RACCONTIAMO

SEMPRE LA FAMIGLIA

L’Italia che vive nel mondo di Citadel non è mai scontata, non è mai una cartolina o un cliché. Fare una serie italiana vuol dire anche metterci dentro del calore umano, puntare sui personaggi. “Uno scrittore israeliano mi disse: ogni popolo ha il suo racconto, noi ebrei raccontiamo l’identità, i francesi raccontano l’amore; voi italiani qualsiasi cosa raccontiate, raccontate la famiglia”, ci dice Riccardo Tozzi. “Siamo rimasti fedeli a questo mandato. È una family story: la storia della famiglia Zani, il conflitto padre-figlio, il fratello perduto, che era il prediletto del padre. È un po’ Gomorra: due fratelli e quello che sopravvive è quello in cui il padre non ha fiducia. Il movente di Diana è tutto familiare. È quello che facciamo sempre: all’interno del genere mettiamo i personaggi e questi sono le relazioni familiari”.

I PERSONAGGI E LO SPAZIO: UN CANONE CATTLEYA

L’attenzione ai personaggi è una cosa tipica di Cattleya, così come il loro rapporto con lo spazio. Il ruolo delle location è centrale in Citadel:

Diana. Non sono mai semplici sfondi, ambientazioni, ma hanno un ruolo ben preciso nella serie. Sono spesso luoghi molto ampi, imponenti, minacciosi che fanno sentire piccolo l’uomo che sta al centro, pedina spostata a piacimento sulla scacchiera. “Anche lo spazio è qualcosa che fa parte del linguaggio delle nostre serie”, ci spiega il Fondatore di Cattleya. “È qualcosa che abbiamo perseguito dall’inizio e che abbiamo fondato già nei film. È una divergenza rispetto alla consuetudine del cinema italiano, quella che prevede la focale lunga, la mdp addosso all’attore, lo sfocato attorno che non ti fa vedere l’ambiente. A noi fare le cose in un altro modo piaceva già per i film, ma per le serie lo abbiamo adottato come canone: la serie è la creazione di un mondo. E devi sentire sempre il personaggio in relazione con il mondo che pesa su di lui. Come il Duomo di Milano su Diana che gli passa accanto. Come questo spazio enorme in Sicilia con il Cretto di Gibellina di Alberto Burri. È un canone. E Arnaldo è stato vicino a noi nel fondare questo canone. Dà molta forza: non perdi l’intensità drammatica del personaggio, che anzi è aumentata dal peso dell’ambiente su di lui”.

MATILDA DE ANGELIS, UNA GRANDE PROFESSIONISTA

Come nella scienza, in Citadel: Diana si va dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Ci sono i totali e i campi lunghi, ma anche i primi piani. Tanti sono sul volto di Diana, interpretata da una convincente Matilda De Angelis, pronti a coglierne la bellezza e l’aura di star ormai internazionale. E a scrutare l’enigma di un volto che, per doveri di missione, deve rimanere freddo e imperscrutabile, ma tale non è. Matilda De Angelis è in scena con un inedito caschetto a due lunghezze: i capelli sono più corti da un lato e più lunghi dall’altro, simbolo della Diana del passato che incontra la Diana del presente e del futuro. Ma Diana è stata subito Matilda De Angelis? “Ci serviva una superprofessionista e sappiamo che Matilda da questo punto di vista è eccezionale”, ci risponde Riccardo Tozzi. “È una grande professionista, ha iniziato con noi in Tutto può succedere. Sappiamo quanto è brava e anche quanto può essere tosta, ma mantenendo sempre un fondo umano. Non diventa mai una maschera di ghiaccio. Il reparto parrucco si è inventato quel taglio. Quando l’ho visto ho detto: il personaggio è pronto. Con quel taglio di capelli racconti un sacco di cose. Il cinema è davvero un’arte collettiva.Un parrucchiere che inventa quella cosa indirizza la recitazione, il personaggio. Matilda è monumentale”.

A cura di Maurizio Ermisino

Rubrica Storytelling

Consumo o non consumo: questo è il dilemma

Una delle narrazioni social che sta riscuotendo maggior seguito negli ultimi mesi – soprattutto su TikTok e Instagram –sembra contraddire la loro stessa natura. Sulla scorta, infatti, del trend ‘defluencing’, diffusosi qualche tempo fa, è ora il turno dell’‘underconsumption core’: il fenomeno, che si può tradurre come ‘sottoconsumo’ o con l’espressione ‘consumare meno’, nasce proprio come reazione al ritmo incessante con cui social media e influencer impongono nuove tendenze, alimentando un circolo vizioso di consumo rapido e impulsivo, e si fa portavoce di uno stile di vita più ‘quieto’ e minimalista. Se si tratti dell’ennesimo trend ‘fiammata’ – di come ne esplodono tanti sui social – o di un vero e proprio movimento di pensiero sarà il tempo a dirlo, fatto sta che questo atteggiamento nei confronti del consumo torna ciclicamente, soprattutto in periodi di crisi, auspicando un ritorno alle basi. Non è l’unica ma di sicuro è principalmente economica la ragione della diffusione di contenuti e video in cui i creator più disparati invitano le persone ad acquistare meno, a

possedere solo il necessario, a riutilizzare e riparare gli oggetti, a usare i prodotti fino all’ultima goccia anziché collezionare scarpe, vestiti, cosmetici, e chi più ne ha più ne metta, con l’ansia di avere sempre qualcosa di nuovo e scintillante. Una risposta che si direbbe quasi naturale in un periodo di difficoltà come quello che stiamo attraversando, con l’aumento dell’inflazione e del costo della vita che ha messo sotto pressione i redditi disponibili.

A queste preoccupazioni si aggiungono, poi, quelle legate ai temi dell’etica e della sostenibilità ambientale per cui consumare meno rappresenta un atto di valore sociale. Al centro dell’‘underconsumption core’, quindi, c’è anche l’idea che possedere meno oggetti, ma di qualità e duraturi, contribuisca a migliorare la qualità della vita e a trovare una soddisfazione più profonda e autentica, non legata alla novità o alla quantità, ma piuttosto alla consapevolezza e alla gratitudine per ciò che si ha. Non è un caso che questo movimento sia particolarmente popolare tra i giovani, specialmente tra gli appartenenti alla Gen Z e i Millennial, che spesso vedono il consumismo

Il trend dell’‘underconsumption core’ promuove l’idea di consumare meno e meglio, invitando a riconsiderare il valore delle cose in risposta alla frenesia dei consumi tipica dei social media.

Due frame tratti dal video ‘Too Many’ realizzato dall’agenzia olandese Wolfstreet per l'app Vinted.

Un esempio di contenuti social legati al trend ‘Undercomsumption core’.

Vendere prodotti usati è diventata una pratica molto diffusa tra le giovani generazioni.

sfrenato come un’eredità negativa delle generazioni precedenti. L’‘underconsumption core’ si configura, quindi, anche come una forma di critica allo stile di vita dominante nella società contemporanea. Ridurre i consumi significa, inoltre, avere un atteggiamento più consapevole verso la gestione delle proprie finanze, anche questo un tema che riscuote grande seguito sui social con gruppi sempre più nutriti di influencer che si schierano contro l’iperconsumo, promuovendo l’alfabetizzazione finanziaria e l’uso del denaro per creare stabilità futura anziché sprecarlo in beni usa e getta. Anche le didascalie dei post riflettono questa filosofia, con frasi che invitano a rallentare, a eliminare gli acquisti superflui e a trovare la gioia nelle piccole cose.

Se chiediamo aiuto ai dati, le risposte rischiano di essere contradditorie. Da una parte, infatti, in ap-

parente contrasto con queste esortazioni a comprare meno, una ricerca del 2024 condotta da TikTok e Retail Economics prevede che l’industria del social commerce nel Regno Unito aumenterà più del doppio nei prossimi quattro anni, passando da 9,7 miliardi di dollari a quasi 21 miliardi entro il 2028, con il 44% degli utenti di TikTok che ha effettuato acquisti direttamente sulla piattaforma. Dall’altra, se guardiamo al nostro Paese, il rapporto Coop 2024 sui consumi e gli stili di vita degli italiani sembra confermare questa tendenza alla contrazione dei consumi con il risparmio che guida le scelte di acquisto e la realizzazione che per l’85% delle persone passa da fattori legati a “valori e sfera personale” più che a “beni materiali e status”.

Quanto tutto ciò sia preoccupante per i brand è tutto da vedere, nel frattempo per alcuni settori, come quello del second hand, questo trend rappresenta già un’interessante opportunità di storytelling da incorporare all’interno delle strategie di marketing e comunicazione. A cogliere la palla al balzo è stata Vinted, la app che permette agli utenti di mettere in vendita abiti e oggetti inutilizzati. Ispirandosi con ironia a questo umore di distacco dall’iperconsumo, l’azienda ha ideato il commercial ‘Too Many’ (Troppi) per incoraggiare le persone a vendere vestiti e accessori in eccesso tramite il suo marketplace. Nel video, realizzato dall’agenzia olandese Wolfstreet e diretto da Fabio de Frel, i protagonisti indossano più versioni dello stesso capo – da un uomo che corre sul tapis roulant trascinandosi dietro decine di sneaker o una donna che entra in ascensore con una lunga fila di borse, a chi si specchia con una pila di cappelli in testa o esce con l’intera collezione di occhiali da sole – mettendo chi guarda di fronte agli effetti ‘visivi’

dell’eccesso di consumo ed esortando a riconsiderare il proprio rapporto con le merci e a diventare più responsabili. Emma Sullivan, Direttrice Creativa di Vinted, ha dichiarato che la pubblicità ha voluto dare una risposta paradossale alla domanda: “e se dovessi indossare davvero tutte le cose che possiedi?” (citando, forse, anche la famosa scena di Friends in cui Joey indossava l’intero guardaroba di Chandler).

Un’altra angolazione da cui si può guardare a questo fenomeno è probabilmente quella che lo rende più interessante. E cioè, che l’‘underconsumption core’ rappresenti una forma di resistenza contro la ‘dittatura’ degli algoritmi dei social media, progettati per promuovere la visibilità dei contenuti legati al consumo e alle novità. Gli influencer e gli utenti che lo abbracciano cercano, così, di sovvertire questa dinamica, pubblicando contenuti che non incentivano gli acquisti, ma, al contrario, promuovono un’estetica ‘trascurata’, autentica e non legata alle mode del momento. Celebrare la frugalità, il riuso e la normalità quotidiana è un modo per riaffermare il controllo individuale sulle proprie scelte di consumo, contro la pressione sociale e commerciale esercitata dai social.

Un aspetto che ci dice quanto l’’underconsumption core’ sia un tema legato anche al benessere psicologico. Il consumo consapevole e moderato viene, infatti, spesso associato a un senso di libertà e di serenità, in contrasto con il consumo compulsivo, che può portare a stress e ansia. Rinunciare al bisogno di acquistare continuamente può aiutare le persone a liberarsi

dalla sovrastimolazione e a trovare appagamento in esperienze e relazioni edificanti anziché nell’acquisto e nel possesso di beni materiali. Da questo punto di vista il movimento si interseca con il minimalismo e con la filosofia dello slow living, che incoraggia a vivere a un ritmo più lento, ad apprezzare i momenti quotidiani e a ridurre la dipendenza dal materialismo come strada per il raggiungimento della felicità. In questo senso, l’‘underconsumption core’ potrebbe essere letto non solo come un cambiamento nelle abitudini di acquisto ma come un’evoluzione dei valori stessi che guidano la vita delle persone. Siamo, quindi, di fronte a un fenomeno stratificato che si presta a differenti interpretazioni e che se da una parte offre più di uno spunto narrativo in chiave comunicativa dall’altra non è immune da critiche. Il rischio, infatti, è quello di trasformare una condizione di indigenza che affligge un gran numero di persone nel mondo in una tendenza estetica, una forma di ‘cosplay della povertà’. Ovvero, un tentativo performativo da parte di persone che, pur potendo permettersi un certo stile di vita, scelgono di ostentare uno stile semplice o frugale per ottenere consenso online. Se, come ha scritto il New York Times lo scorso luglio, “essere normali è ora di tendenza”, la sfida sarà capire quanto questo movimento possa mantenere una sua autenticità e avere un impatto reale sui comportamenti dei consumatori, senza rivelarsi solo una posa temporanea o l’ennesima strategia vuota e controproducente.

Un estratto del Rapporto Coop 2024 sui consumi e gli stili di vita degli italiani.

VIDEO

Quinto potere ‘2.0’

I 70 anni della televisione

A“vete cominciato a credere che la televisione sia la realtà e che le vostre vite siano irreali. Voi fate tutto quello che vi diciamo: vi vestite come in Tv, mangiate come in Tv, tirate su bambini come in Tv, pensate come in Tv! Questa è pazzia di massa: siete voi la realtà, noi siamo le illusioni!”.

Come distinguere, per l’appunto, la finzione dalla realtà, nell’accorato appello che l’anchorman Howard Beale (interpretato da uno straordinario Peter Finch, premiato con un Oscar postumo) rivolge ai telespettatori nella scena clou del capolavoro di Sidney Lumet Quinto potere?

Teorica sorella minore della radio, la televisione è stata presto capace di mettere sul campo una personalità da ‘capofamiglia’, al punto che viene per forza in mente un’altra citazione: Video killed the radio star, titolo del brano con cui la band britannica dei Buggles, all’inizio degli anni Ottanta, celebrava la definitiva consacrazione

del nuovo astro comunicazionale. La stessa definizione citata in precedenza è ovviamente mutuata da quel Quarto Potere che, molto tempo prima della diffusione dei teleschermi, chiamava in causa l’importanza della stampa, talmente elevata da collocare il mezzo immediatamente alle spalle dei tre canonici poteri istituzionali (legislativo, esecutivo e giudiziario).

Per inciso, dopo un iniziale periodo di popolarità, Howard Beale non fa una bella fine, visto che l’altrettanto straordinaria Faye Dunaway – che interpreta la cinica responsabile dei programmi di un generico ‘Network’ (titolo originale del film) – lo fa assassinare per un motivo ritenuto più che sufficiente: l’inaccettabile calo degli indici di ascolto!

Certo, almeno su questo fronte stiamo parlando di finzione allo stato puro: possiamo avere la ragionevole certezza che nella realtà non si arriverà mai fino a questo punto. Ma se la ‘licenza d’autore’ può portare a determinati ec-

Penetrazione capillare presso i nuclei familiari, capacità espressiva e persuasiva, possibilità di fare da cassa di risonanza in ogni campo dello scibile umano: la televisione ha cambiato pelle, ma non è mai uscita dalle case degli italiani.

cessi, l’espressione ‘Potere’ è, invece, concreta, giustificata e tutt’altro che esagerata: per ben sette decenni in Italia, e per un periodo ancora più lungo in altri grandi Paesi, la televisione ha dimostrato in innumerevoli occasioni cosa è in grado di fare.

La sua penetrazione capillare nella quasi totalità dei nuclei familiari, la capacità persuasiva, il ‘martellamento’ esplicito o addirittura subliminale, le potenzialità di trasmissione di pensieri e idee e, a volte, il condizionamento ad accettare quello che afferma come fosse una sorta di Vangelo testimoniano l’eccezionalità del ruolo svolto, con un’accezione in gran parte positiva ma a volte anche negativa, nella quotidianità degli individui.

Inoltre, è impossibile accusarla di essere ‘vecchia’, obsoleta e anacronistica: la Tv sa anche riciclarsi, cambiare pelle ed evolversi. E non è certo ‘stupida’: se, dopo aver portato il Quinto Potere a superare il Quarto, ci si trova davanti il Sesto (il digitale) e si vede quanto è coriaceo... la cosa migliore è allearsi con esso, stabilire una rete di convergenze e connessioni e compensare, con l’ascesa della ‘Tv 2.0’, il fisiologico ridimensionamento dell’emittenza lineare classica.

LA TELEVISIONE PUBBLICA

La sera del 3 gennaio 1954 era passato meno di un decennio dalla fine della Seconda Guerra mondiale: quella che, nelle poche regioni già ‘connesse’ (all’epoca, ovviamente, il termine utilizzato non era questo...), può sedersi in salotto davanti a uno dei costosissimi apparecchi televisivi già in vendita è un’Italia contraddittoria. Da un lato le fatiche della rinascita post-bellica,

L’annunciatrice Fulvia Colombo, cui fu affidato l’incarico di leggere il messaggio inaugurale delle trasmissioni televisive Rai.

il tasso di alfabetizzazione tutt’altro che eccelso o, ancora, l’arretratezza socio-economica del Mezzogiorno fanno vedere ‘mezzo vuoto’ il proverbiale bicchiere; dall’altro la conclusione del Piano Marshall sulla ricostruzione e i primi segnali – timidi ma, al contempo, inequivocabili – del clamoroso boom economico che si concretizzerà pochi anni dopo autorizzano a guardare avanti con fiducia. Sotto molti punti di vista, proprio il neonato medium diventa subito uno dei simboli ‘consumistici’ della crescita del Paese. Già al giro di boa di metà decennio il tubo catodico raggiunge quasi sei italiani su dieci:

Tribuna Politica, in onda per la prima volta nel 1961, è la capostipite delle trasmissioni televisive che hanno consentito ai partiti italiani di rivolgersi ai loro potenziali elettori. La popolarità del programma ha coinvolto anche la satira: a destra, un momento della parodia proposta dal Quartetto Cetra all’interno del celeberrimo varietà Studio Uno

anche se la copertura dell’intero territorio nazionale arriverà solo all’inizio degli anni Sessanta, il dato è eloquente e indica il gradimento riscontrato dal mezzo presso i nuclei familiari. Il capillare incremento diffusionale dei teleschermi – agevolato dal rapido e sensibile ritocco verso il basso del loro prezzo d’acquisto – e l’esponenziale sviluppo degli abbonamenti (dai 24.000 del primo anno si sale a oltre 6 milioni in poco più di un decennio) vanno di pari passo con la definizione di linee strategiche ben precise, la più importante delle quali va indicata nella volontà di assegnare al servizio pubblico compiti non solo di intrattenimento e di divertissement ma anche e soprattutto di educazione, informazione e divulgazione, a sostegno della crescita del Sistema Paese.

In questa sede torneremo solo parzialmente sugli innumerevoli personaggi, eventi e programmi cult che sono al centro della lunga e gloriosa storia della Rai e su cui ci siamo già ampiamente soffermati, all’inizio di quest’anno, sul n. 374 di TVKEY. È, però, d’obbligo ricordare

Peter Finch e Faye Dunaway nel bellissimo film Quinto potere, analisi apparentemente datata (risale alla seconda metà degli anni Settanta) ma sempre attuale del ruolo del mezzo televisivo nella vita economica, politica e sociale.

che la suddetta storia, nella sua fase embrionale, non la scrivono solo Lascia o Raddoppia, La Domenica Sportiva o Carosello, ma anche Non è mai troppo tardi, che contribuisce a creare un linguaggio comune (l’importanza del mezzo audiovisivo, sotto questo profilo, è stata recentemente ribadita nientemeno che dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella) e, grazie all’affidabilità e al garbo del maestro Alberto Manzi, porta centinaia di migliaia di persone a prendere la licenza elementare.

L’informazione, in senso lato, diventa subito un punto fermo: ai telegiornali si affiancano i programmi d’approfondimento e già negli anni Sessanta, trent’anni prima di Porta a Porta, Tribuna Politica permette ai rappresentanti dei partiti di rivolgersi ai potenziali elettori, sfruttando questo nuovo mezzo di comunicazione di massa, con grande riscontro di pubblico... e con la consacrazione della satira, visto che il Quartetto Cetra decide di proporne una parodia all’interno del mitico varietà Studio Uno! Le novità del decennio successivo (la riforma del 1975, l’introduzione del colore nel 1977, la nascita della terza rete pubblica nel 1979) sono rilevanti, ma è chiaro che a lasciare sul mercato un segno indelebile è soprattutto la grande rivoluzione dei primi anni Ottanta, su cui ci soffermeremo fra poco nel paragrafo dedicato all’emittenza privata.

Paradossalmente, proprio la fine del regime di monopolio e lo straordinario successo dell’alternativa messa a disposizione degli spender pubblicitari e dei telespettatori spingono ad attribuire alla Rai, in sede di retrospettiva storica, un merito davvero degno di nota.

Anche se su entrambi i fronti del duopolio, in quarant’anni di spietata concorrenza, la qualità è stata subordinata in più di un’occasione alle ferree leggi dell’audience, a livello generale il colosso pubblico non ha ritenuto di dover mettere da parte i suoi compiti istituzionali ‘solo’ perché un inatteso competitor gli aveva tolto l’enorme potere contrattuale che aveva in precedenza e che era esemplificato dal noto detto popolare “o mangi questa minestra o salti dalla finestra” (nel senso che l’investitore scontento delle condizioni proposte non poteva comunque andare da nessun’altra parte...). Al contrario, ha continuato a contribuire alla costruzione del background sociale e culturale del Paese, a seguire l’evoluzione dei linguaggi e dei gusti del pubblico e – autentica conditio sine qua non per restare sul treno della crescita – a percorrere la strada dell’innovazione. Si va al di là della mera volontà di destinare parte dei palinsesti a informazione, cultura e divulgazione. Il merito principale risiede nella capacità di rappresentare la memoria storica del Paese, visto che non c’è un solo grande avvenimento degli ultimi 70 anni che non sia entrato a far parte dell’archivio e delle teche aziendali: e questo vale per ogni genere di argomento e materia, dai grandi eventi nazionali e internazionali alle principali manifestazioni sportive, dalle vicende di cronaca allo scenario politico. Tornando all’inizio della scalata di Fininvest, per la Rai il fatto di dover affrontare una competizione fino ad allora sconosciuta non comporta battute d’arresto in termini di raccolta

pubblicitaria: i 300 miliardi di lire o poco meno fatturati nel 1982 sono già raddoppiati a metà decennio, mentre la soglia dei mille miliardi viene raggiunta all’arrivo degli anni Novanta. Inizialmente condizionato da una fase di contrazione della spesa, dovuta soprattutto alle tensioni internazionali legate alla Guerra del Golfo, l’ultimo decennio del XX° secolo si conclude nel migliore dei modi: il fatturato pubblicitario sale a 1.500 miliardi di lire nel 1995 e a circa 2.500 alla fine del millennio.

Si consolida sempre di più la ‘doppia supremazia’ che caratterizza il peculiare mercato italiano: gli anni Novanta si aprono con la conquista della maggioranza assoluta degli investimenti (nel 1991, infatti, la quota è del 51% per la Tv e del 49% per stampa, radio, esterna e cinema messi insieme!) e si chiudono, all’interno del medium dominante, con un record stabilito

Silvio Berlusconi, fondatore di Fininvest, e il figlio Pier Silvio, attuale Amministratore Delegato di MFEMediaForEurope.

congiuntamente da Rai/Sipra (lo storico nome dell’attuale Rai Pubblicità) e Mediaset/Publitalia, che nell’anno 2000 si dividono il 92% degli investimenti in televisione.

LA TELEVISIONE PRIVATA

TeleMilano, TAM-Tele Alto Milanese, TeleBiella e così via: già negli anni Settanta i telespettatori, almeno in alcune aree del Paese, hanno a disposizione qualche alternativa rispetto ai soli cinque canali visibili sul territorio nazionale (le due reti Rai e il tris ‘dall’estero’ composto dalla Tv della Svizzera italiana, da Tele Montecarlo e da Capodistria).

Parlare di concorrenza alla Rai è ancora prematuro, ma non per molto: l’inizio del decennio successivo è quello della svolta e del preludio a una scalata che porterà la televisione italiana a detenere una sorta di ‘maggioranza bulgara’ del mercato pubblicitario, nonché a meritarsi appellativi a volte lusinghieri (‘Regina dei Media’), a volte critici (‘avvoltoio’) e a volte accusatori (‘colpevole di abuso di posizione dominante’).

Fra le suddette alternative c’è Antenna Nord, in grado di fare il botto già nel 1979 con il telefilm Charlie’s Angels, uno dei primi esempi di programmi di successo acquistati sul mercato americano da un competitor estraneo a quello pubblico. Antenna Nord e altre emittenti locali, facenti capo al Gruppo Rusconi, danno vita al network Italia 1, più o meno nello stesso periodo in cui anche Rete 4 (la cui quota di maggioranza è in mano al Gruppo Mondadori) comincia a porsi ambiziosi obiettivi di sviluppo. Il significato dell’espressione ‘emittenza com-

Roberto Sergio, Presidente e Amministratore Delegato della Rai.

merciale’ appare subito chiarissimo: i conti devono tornare e, senza canone ma con costi di produzione e acquisto che cominciano a salire, è necessario rischiare e scommettere sulle potenzialità degli introiti pubblicitari. Alla fine del 1982 Italia 1 finisce già ‘sul mercato’ e l’acquirente non si fa attendere: è Silvio Berlusconi, artefice della nascita di Tele-Milano, diventata Canale 5 nel 1980. Quest’ultima ha già dimostrato di avere intenzioni serissime, affrontando a viso aperto la Rai in terreni come la fiction (allora nota con termini come serial, telefilm o addirittura sceneggiati) e lo sport. A titolo di esempio, nel 1981 – dopo poche puntate relegate dalla Tv pubblica in seconda serata – Canale 5 acquista e trasmette nel prime time tutte le stagioni di Dallas: le vicende del clan Ewing, ricca e litigiosa famiglia di petrolieri texani, registrano un successo di pubblico clamoroso (rispondere alla domanda “chi ha sparato a J.R?” interessa agli italiani più che sapere chi vincerà il campionato di Serie A...), con evidenti riscontri in termini di introiti pubblicitari. Nel giugno dello stesso anno la rete del Biscione organizza a Milano e trasmette in esclusiva (in diretta in un paio di regioni e in differita nelle altre) il torneo calcistico Mundialito SuperClubs: l’atto finale, ovvero il derby decisivo vinto dall’Inter contro il Milan, sancisce lo straordinario ritorno d’immagine dell’evento e, di fatto, toglie l’etichetta ‘monopolio Rai’ anche da una ‘religione’ nazionale qual è il gioco del calcio. Galvanizzato da questi e da altri grandi risultati, il Gruppo Fininvest è pronto a rilevare Italia 1: all’inizio del 1983 l’operazione è conclusa e i 75 miliardi di lire fatturati da quest’ultima vanno a sommarsi ai 160 già ‘in casa’ (il peso della pubblicità tabellare di Canale 5).

Per far quadrare il cerchio e conferire a Berlusconi il titolo di ‘Sua Emittenza’ non bisogna

aspettare molto: problematiche legate agli avvicendamenti di vertice e ad alcuni risultati deludenti anche in riferimento a prodotti su cui si era puntato molto (per esempio il kolossal bellico Venti di guerra) portano anche Rete 4, nell’estate del 1984, nell’orbita di Fininvest.

Indipendentemente dai successivi cambiamenti di denominazione (che comunque sono solo due: Mediaset nel 1995 e MFE-MediaForEurope nel 2021), il duopolio è ormai irreversibilmente operativo.

Premesso che già nel 1984 l’audience complessiva che preme i tasti 4, 5 e 6 dei telecomandi è di 11 milioni di individui, basterà citare alcuni dati indicativi della capacità di catalizzazione delle risorse pubblicitarie: mille miliardi tondi di tabellare (e quasi cento correlati alle sponsorizzazioni) nel 1985, 1.500 miliardi nel 1987, 2.000 miliardi prima della fine del decennio. E

Larry Hagman nei panni di J.R. Ewing, protagonista principale del seguitissimo serial Dallas

se la prima metà degli anni Novanta è segnata, per tutto il mercato, da una crisi non indifferente... per risollevarsi c’è sempre la seconda metà: dal 1995 Mediaset – ormai possiamo chiamarla così – cresce ogni anno, nel 1997 abbatte due muri (quello dei 3.000 miliardi sul fronte della tabellare e quello dei 500 sul versante delle sponsorizzazioni) e nel 1998/2000 archivia il secolo con incrementi annuali a due cifre o poco meno.

IL TERZO MILLENNIO

Veniamo alla storia più recente del mercato televisivo, ricordando innanzitutto che anche per la Rai la fase di passaggio da un secolo all’altro è quella della svolta tecnologica, del satellite e dell’avvento di internet. Il sito ufficiale www. rai.it debutta nel febbraio 1996 (quando, per inciso, mancano ancora due anni alla nascita di Google), mentre nel 1997 è la volta dei primi tre canali tematici satellitari; nel 2003 il Consiglio d’Amministrazione approva la nascita dell’Associazione italiana per lo sviluppo del Digitale Terrestre e all’inizio del 2004, esattamente nei giorni delle celebrazioni per il suo mezzo secolo di vita, l’azienda lancia la prima offerta sulla nuova piattaforma.

Alla conferma dei cavalli di battaglia dei decenni precedenti si affiancano l’esplorazione e la valorizzazione di nuove aree e, parallelamente all’evoluzione tecnologica, si intensifica anche quella editoriale: nell’era del Digitale Terrestre i tre canali Rai di fine anni Settanta diventano più di una dozzina e gli utenti finali non hanno difficoltà a scegliere quelli più sintonici con i loro gusti, visto che alle tre lettere del celeberrimo acronimo dell’azienda si associano nel tempo i nomi Sport, Movie, News, Premium, Scuola, Storia e via di questo ‘settoriale’ passo, che comprende anche le offerte editoriali regionali, internazionali e in alta definizione.

“La memoria, l’orgoglio e la responsabilità sono i tre fari che ci indicano la strada del futuro”, spiega Roberto Sergio, Presidente e Amministratore Delegato della Rai: “vogliamo continuare a contribuire alla costruzione dell’identità nazionale nonché consentire ai cittadini di riconoscersi in una storia che appartiene a tutti

Kelly (Jaclyn Smith), Jill (Farrah Fawcett) e Sabrina (Kate Jackson), protagoniste della prima stagione di Charlie’s Angels: bellissime nell’aspetto, spericolate sul set e vincenti nel gradimento dei telespettatori.

e mantenere, in un mercato molto più competitivo rispetto al passato, il ruolo di leader in termini di ascolti, di evoluzione tecnologica e di innovazione di prodotto”.

Anche per Mediaset, o MFE che dir si voglia, ‘fare televisione’ nel XXI° secolo significa sapere benissimo che lo sviluppo tecnologico, il satellite, internet, il Digitale Terrestre e la convergenza multimediale hanno progressivamente creato e modellato un mercato profondamente complesso, del tutto imparagonabile a quello degli albori dell’emittenza commerciale.

“Il nostro Gruppo”, sottolinea Pier Silvio Berlusconi, Amministratore Delegato di MFE-MediaForEurope, “opera con un approccio crossmediale che valorizza le diverse piattaforme, dalla televisione lineare al web, e si innesta sulla lunga e consolidata esperienza di Mediaset nel campo dei media e della comunicazione. La strategia prevede di porre un grande focus sui

Il cast de La famiglia Bradford (a sinistra) e di Hazzard (in basso), due dei numerosi telefilm di successo trasmessi dalle reti Fininvest negli anni Ottanta.

contenuti e sulla tecnologia, combinando mezzi tradizionali e digitali e assicurando una presenza efficace a livello nazionale e internazionale. MFE si distingue come azienda attiva nei maggiori scenari mediatici, non è oggetto di acquisizione da parte delle multinazionali ed è leader di un hub internazionale altamente specializzato. Senza dimenticare il continuo investimento sul capitale umano, in netta controtendenza rispetto alle riduzioni di personale effettuate dai colossi di tutto il mondo”.

La precisa volontà di MEDIAKEY e TVKEY di seguire da vicino l’evoluzione di tutti i mezzi ci porterà presto a tornare anche sullo stato dell’arte della ‘Tv 2.0’: è, però, d’obbligo ricordare già in questa sede che a scrivere la storia della televisione tricolore non è stato solo il duopolio. Siamo ancora nel 1990 quando Tele+, la prima pay Tv della storia della comunicazione italiana, inizia a trasmettere via etere e in chiaro, su iniziativa di alcuni imprenditori del settore (fra cui Silvio Berlusconi, Vittorio Cecchi Gori e Leo Kirch). Nel maggio 1991 comincia l’era del decoder, con le prime trasmissioni criptate di Tele+1, e pochi mesi dopo vede la luce Tele+2, dedicata ai palinsesti sportivi.

Nel biennio 1996/’97 inizia lo sfruttamento della tecnologia digitale, con la diffusione via satellite a pagamento di tutte le partite della Serie A calcistica, e successivamente si registrano la nascita di Stream e la fusione dei due competitor sotto l’egida di Sky che, dall’estate 2003, mette a disposizione del mercato una se-

rie di servizi accessibili mediante l’installazione di un’antenna parabolica, un set-top box e una smart card.

LA PUBBLICITÀ AUDIOVISIVA

“Potevamo stupirvi con effetti speciali... ma noi siamo scienza, non fantascienza”. Complimenti a Telefunken, che con questo efficace claim aveva chiarito, circa quarant’anni fa, che non sempre i suddetti effetti rappresentano la chiave ideale per raggiungere i consumatori. Farsi apprezzare per l’estetica, registrare elevati indici di memorizzazione, vincere premi

su premi è sicuramente meritevole, ma fino a prova contraria l’obiettivo primario di uno spot deve essere un altro: quello di sostenere e incrementare le vendite del prodotto pubblicizzato!

Il claim testé citato risale al 1985: ne deriva che l’azienda tedesca, sia pure scherzandoci sopra, aveva messo l’accento sul rischio di capovolgere il rapporto e di subordinare la concretezza al cosiddetto ‘effetto wow’.

Come abbiamo ampiamente ricordato nel corso di questa analisi, gli anni Ottanta sono quelli del boom dell’emittenza privata, fra le cui conseguenze spicca il lungo periodo di vocazione

La partita Lazio- Foggia 0-0, prima giornata della Serie A 1993/’94, non è sicuramente entrata nella storia del calcio, ma fa parte di quella della televisione: è il primo match in assoluto trasmesso in diretta dalla pay tv Tele+.

‘monocanale’ sia degli spender, che un riscontro agli investimenti lo avevano evidentemente trovato, sia dei creativi, talmente coinvolti dalla crescita della televisione da trascurare quasi totalmente l’originalità ad hoc da dedicare a qualsiasi altro medium.

Ridimensionato – ma non certo annullato – nel corso del tempo dall’evoluzione qualitativa delle opportunità messe a disposizione anche dagli altri comparti, il fenomeno ha avuto a sua volta una conseguenza primaria: ha regalato al mondo della comunicazione un’eccezionale serie di capolavori, frutto di una calibrata miscela fra la conoscenza delle effettive esigenze aziendali, la genialità dei reparti creativi e il contributo esecutivo delle case di produzione e post produzione.

Pur lasciando a ciascuno – ci mancherebbe altro – i più ampi margini di soggettività nel giudizio, una carrellata completa su slogan, claim e jingle entrati nella leggenda ci porterebbe via cento pagine. Si va da “Con quella bocca può dire ciò che vuole” (Chlorodont) e “Ava, come lava!” (Mira Lanza) a “Gigante, pensaci tu” (Ferrero) e “Il brandy che crea un’atmosfera” (Vecchia Romagna Etichetta Nera), da “Una camicia coi baffi” (Dino Erre) e “Cosa vuoi di più dalla vita?” (Amaro Lucano) a “Felice di piacervi” (Yomo) e “Una telefonata allunga la vita” (Sip), fino alle esplicite citazioni dei brand (“Silenzio, parla Agnesi”, “Dove c’è Barilla c’è casa”, “Che mondo sarebbe senza Nutella?”): impossibile non ricordarli e non associarli a immagini e momenti evocativi.

Che si parli di Carosello e dei suoi lunghissimi sketch o dei classici spot da 30 secondi, così come di quel largo consumo che ha presidiato il mercato per anni o degli altri settori – telecomunicazioni in primis – che lo hanno affiancato e superato nel corso del tempo, il denominatore comune è doppio e vincente: sostegno alle vendite o all’immagine aziendale e Creatività. E la C maiuscola non è un refuso...

Da sinistra: in alto Virna Lisi (Chlorodont) e Maurizio Costanzo (Dino Erre), in basso Megan Gale (Vodafone) e Fiorello (Wind). Quattro periodi storici diversi e altrettanti esempi di testimonial celebri a cui i brand hanno associato la loro immagine.

L’evoluzione dello streaming

Contenuti e pubblicità: un binomio vincente

Riduzione o azzeramento dei costi da un lato, aumento della redditività dall’altro: la continua ascesa dell’AVOD (Advertising Video on Demand) accontenta sia la domanda sia l’offerta.

DI MAURO MURERO

Pur essendo parzialmente abusata, vista la frequenza con cui la si utilizza, l’espressione ‘rivoluzione epocale’ appare spesso idonea a definire la portata dei cambiamenti che negli ultimi anni hanno modificato l’assetto dello scenario dei media in generale e di quello audiovisivo in particolare.

IL NUOVO MODELLO DI FRUIZIONE

È il caso del rapporto ‘Video on Demand in Europe 2024/2027: Lights and Shadows in Streamland’, realizzato da ITMedia Consulting e focalizzato sui trend continentali.

Tra i vantaggi dell’offerta in ambito streaming c’è anche quello di poter raggiungere un pubblico dotato di un alto potenziale di engagement.

Fra i principali fattori ‘rivoluzionari’ non si può non collocare lo streaming: nata negli anni Novanta in coincidenza con l’avvento di internet e cresciuta esponenzialmente insieme a essa, la modalità di fruizione ‘fluida e scorrevole’ ha ribaltato il concetto stesso di consumo mediatico. La velocità dei processi innovativi fa sì che anche termini come streaming, VOD (Video on Demand) e le numerose declinazioni di quest’ultimo siano a loro volta soggetti a fasi di sviluppo e di parziale cambiamento di pelle, tanto è vero che anche quest’anno sono stati oggetto di numerosi studi, indagini e valutazioni analitiche sulle loro connotazioni presenti e future.

La società di consulenza prevede che in Europa Occidentale il mercato VOD chiuderà il 2024 con un valore assoluto di 25,7 miliardi di euro e nel giro di un triennio arriverà ad abbattere la soglia dei 30 miliardi, in virtù di una variazione media annua del +6% nel periodo 2025/2027.

Ne deriva che nel Vecchio Continente lo streaming, reduce da una pluriennale crescita a doppia cifra, sta evidenziando i primi segnali di rallentamento, legati a una serie di concause presumibilmente destinate a incidere sull’assetto del mercato nell’immediato futuro.

La componente a pagamento (ovvero SVOD e TVOD, rispettivamente Subscriction Video on Demand e Transactional Video on Demand) ha ormai raggiunto la fase di piena maturità: dalla fine dell’anno in corso al 2027 il suo tasso d’incremento netto, rapportato all’inflazione, non supererà i tre punti percentuali.

A consentire al VOD a pagamento di mantenere un trend positivo è soprattutto lo sport, che nei prossimi anni aumenterà ulteriormente il proprio peso all’interno dell’offerta complessiva.

Detto questo, una delle connotazioni primarie che emergono dal rapporto di ITMedia Consulting è quella relativa al vero e proprio cambio di paradigma che sta caratterizzando lo scenario audiovisivo: a rendere possibili determinati tassi di crescita sarà, infatti, l’AVOD (Advertising Video on Demand), ovvero il modello che prevede, da parte del fornitore di contenuti, anche la veicolazione di messaggi comunicazionali.

Se in passato erano sulla cresta dell’onda le modalità a pagamento, allo stato attuale si stanno imponendo le forme ibride, che prevedono la disponibilità dell’utente finale ad accettare la pubblicità in cambio di una contrazione del costo dell’abbonamento: una sorta di via di mezzo tra l’offerta ‘solo Pay’ e quella completamente gratuita, supportata dalla pubblicità ma senza canoni e abbonamenti.

In questo scenario l’Intelligenza Artificiale generativa giocherà un ruolo preponderante e dirompente: il suo impatto avrà riflessi di rilievo sotto il profilo del business, del cambiamento dei modelli produttivi e distributivi, delle economie di scala e della riduzione dei costi. A livello generale, in un futuro in cui non mancheranno complicazioni e incertezze sarà necessario prestare attenzione ai suddetti segnali e a tutti gli altri che si manifesteranno. Da un lato le aziende dovranno evitare di trincerarsi in soluzioni consolidate e ‘di comodo’, dotate dei vantaggi della comfort zone ma sostanzialmente prive di sbocchi innovativi; dall’altro, al contempo, non potranno imboccare prematuramente, ovvero senza un’adeguata preparazione, strade troppo ‘rischiose’.

Nel caso specifico del Bel Paese, che il modello ‘advertising supported’ introdotto dalle grandi piattaforme streaming (nei mesi scorsi, a riguardo, anche Amazon e Prime Video si sono aggiunti a Netflix e Disney+, che già in precedenza avevano proposto abbonamenti con contenuti pubblicitari) sia destinato a rappresentare un’opzione vincente è testimoniato anche dal gradimento espresso, nei suoi confronti, dalla maggioranza assoluta degli italiani.

Uno studio realizzato da The Trade Desk e YouGov ha, infatti, evidenziato che oltre i tre quarti degli utenti finali (76%) approva la decisione dei big testé citati: ricevere contenuti pubblicitari e avere un servizio gratuito o, almeno, a costi molto limitati è considerato uno scambio vantaggioso e più che accettabile.

Dall’indagine, focalizzata non solo sui cambiamenti nelle abitudini di fruizione ma anche sulle opportunità che i nuovi trend di consumo mediatico metteranno a disposizione dei marketer e degli advertiser, è anche emerso che in ambito streaming è possibile raggiungere un pubblico a elevato potenziale di engagement, dichiaratamente disposto – nel 73% dei casi – a prestare la massima attenzione ai contenuti che sta visionando e a concentrarsi esclusivamente su di essi (messaggi pubblicitari compresi), senza distrazioni di sorta. Un atteggiamento molto meno banale di quanto possa sembrare: la volontà di ‘estraniarsi’ da tutto il resto è molto più bassa su YouTube (riguarda solo 59 utenti su 100) e sui social network in generale (52%) e cola a picco nel campo della tradizionale emittenza televisiva lineare (35%: in sostanza, quasi due persone su tre non sono realmente concentrate sullo schermo).

Anche un player del calibro di Samsung Electronics ha ribadito, all’interno della serie di insight ‘Behind The Screens’ pubblicati dalla divisione Samsung Ads, che la crescente diffusione degli annunci pubblicitari tramite le piattaforme streaming rappresenta uno dei cambiamenti più radicali che hanno recentemente interessato il settore. L’evoluzione ha precise connotazioni strategiche e, come già emerso dagli studi su cui ci siamo soffermati in precedenza, è finalizzata ad attirare anche gli spettatori più attenti alle spese: la soddisfazione appare reciproca,

visto che gli utenti risparmiano sui costi e i rappresentanti dell’offerta incrementano comunque, grazie al riscontro ottenuto, la loro redditività.

“La Tv resta sempre la Tv”, chiarisce Matt Bryan, Director of Analytics & Insights di Samsung Ads Europe: “gli spettatori continuano ad amare i grandi prodotti audiovisivi, ma è cambiato drasticamente il modo di cercarli e di trovarli. Ora che lo SVOD ha raggiunto la propria maturità e che AVOD e FAST vivono un momento di significativo sviluppo, è l’utilizzo delle app a determinare le modalità di scelta dei contenuti da guardare: per i servizi streaming via app la sfida verte sia sulla capacità di attrarre nuovi spettatori sia su quella di evitarne la dispersione. Fare leva sugli insight chiave permetterà di distinguersi, in un mercato competitivo e caratterizzato da un notevole affollamento”.

A consentire al VOD a pagamento di mantenere un trend positivo è soprattutto l’offerta di contenuti sportivi. Nell’immagine: Gianmarco Tamberi e Jannik Sinner, due simboli dello sport italiano.

Matt Bryan, Director of Analytics & Insights di Samsung Ads Europe.

Il mercato audiovisivo

Nel labirinto dell’ibridazione

Da UPA arriva la conferma di una maggior maturità organizzativa, da parte delle aziende, delle agenzie e delle concessionarie, nella gestione dell’Advanced Tv.

Qualche anno fa MEDIAKEY, in una delle sue puntuali analisi sul processo evolutivo dello scenario dei media e della comunicazione d’impresa, si era soffermata sulle varie indagini relative all’esposizione ai mezzi e sul ruolo che esse avrebbero potuto svolgere nell’immediato futuro, in un mercato in ‘constant change’. Per l’occasione, avevamo anche coniato una sorta di neologismo: l’eloquente titolo dell’articolo era La chiameremo Audimedia!, con chiaro riferimento all’ipotetica nascita di un’unica survey in grado di tenere sotto controllo l’andamento di tutti i comparti del media mix.

Presso i nuclei familiari italiani, la diffusione delle Smart Tv ha già superato quella dei televisori tradizionali.

A pochi anni di distanza tale traguardo, che allora sembrava ancora molto lontano, potrebbe diventare una realtà in tempi relativamente brevi: indipendentemente dal nome dell’indagine, che ovviamente potrà essere diverso da quello che avevamo suggerito in tempi non sospetti, la valutazione dell’efficacia dei progetti comunicazionali delle aziende (sempre più complessi, arti-

colati e crossmediali) sembra agevolare una progressiva integrazione anche su questo versante. Sull’argomento si è recentemente espresso anche Lorenzo Sassoli de Bianchi, Presidente di Auditel, che in occasione dell’evento ‘Advanced Tv, la video convergenza’ (organizzato da UPA-Utenti Pubblicità Associati in collaborazione con Engage e svoltosi all’inizio di ottobre presso il Teatro Lirico di Milano) ha annunciato “l’apertura di un tavolo di confronto periodico fra i Joint Industry Committee Auditel, Audicom, Audiradio, Audioutdoor e Audimovie, al fine di valutare le potenziali sinergie e di lavorare insieme nella prospettiva di offrire dati sempre più affidabili, precisi e utili, anche in relazione alle performance della pubblicità”.

LA STRADA DA SEGUIRE

Come detto, al centro della giornata di confronto voluta da UPA, c’era l’Advanced Tv, uno dei punti cardine della fase di cambiamento delle modalità di fruizione mediatica.

“I numeri”, spiega Lorenzo Sassoli de Bianchi, riprendendo anche alcuni dei temi trattati, durante l’estate, nella sua ultima relazione all’Assemblea UPA in qualità di Presidente uscente, “sanciscono già il sorpasso delle Smart Tv rispetto agli apparecchi televisivi tradizionali: la diffusione presso i nuclei familiari italiani parla, rispettivamente, di 22,4 milioni per le prime e 21,2 milioni per i secondi. Dal canto suo, la quota dell’advertising video sul totale mercato è stimata intorno al 54%.

In uno scenario mediatico nazionale in cui si è sempre assistito a processi di ibridazione, il settantenne mezzo televisivo è ancora al centro di un sistema pensante e cosciente: oggi come oggi, la Tv è una ‘saggia signora’ che sa innovare, in sintonia con la rivoluzione permanente del sistema. L’utente finale può vedere quello che vuole, all’ora che vuole e sull’apparecchio che preferisce, mentre le fasce pubblicitarie vengono ‘srotolate’ lungo un percorso che non ha più stazioni fisse. In questo labirinto digitale, con i suoi 120 milioni di screen complessivamente disponibili, gli investitori pubblicitari sono alla ricerca della miglior pianificazione possibile, obiettivo da raggiungere individuan-

do il giusto messaggio e veicolandolo tramite il mezzo più appropriato, nel momento più propizio. La strada da seguire è quella della crossmedialità: l’emittenza lineare, l’Advanced Tv e gli schermi dei cellulari e dei tablet rappresentano i cristalli liquidi in cui potenziare il valore delle marche”.

“Stiamo vivendo un momento molto particolare”, sostiene Marco Travaglia, Presidente di UPA e di Audicom: “allo stato attuale, il mercato pubblicitario ha la vitale necessità di dotarsi di nuovi strumenti di analisi, di nuove metriche e di nuove convenzioni, da affiancare a quelle preesistenti, che, comunque, fino ad ora hanno funzionato bene. Nel nuovo ecosistema mediatico in cui si muovono i consumatori non si può essere statici: bisogna crescere ed evolversi. Per le loro strategie di comunicazione, le aziende devono poter attingere a fonti di dati eterogenee, qualificate e interoperabili fra i diversi ambienti offline e online: l’obiettivo finale, da raggiungere anche coordinando l’evoluzione delle ricerche ufficiali oggi operative, è quello di spingere il suddetto ecosistema a dotarsi di uno strumento di misurazione della Total Campaign, da affiancare a quella della Total Audience”. In occasione dell’evento è stato affidato ad Assunta Timpone e ad Alberto Vivaldelli, rispettivamente Presidente e Coordinatore della Commissione Mezzi di UPA, il compito di illustrare i principali cambiamenti in atto nello scenario dell’Advanced Tv, visti dalla prospettiva degli spender pubblicitari.

Dall’analisi è emerso che la crescita degli investimenti appare sostenuta anche nel 2024; si sviluppa un’offerta più completa, con nuovi operatori e nuovi formati pubblicitari, si registra una maggior maturità organizzativa nella gestione dell’Advanced Tv da parte delle aziende, delle agenzie e delle concessionarie e ci sono passi avanti anche sul versante della misurazione, con il rilascio – previsto per il secondo semestre del 2025 – della ‘post-valutazione censuaria video’ da parte di Audicom.

Ancora, sul mercato si affacciano nuove metriche, come l’attention, ed emergono nuove opportunità, per esempio l’utilizzo dei dati dei retailer per le pianificazioni video.

Una survey interna svolta dalla stessa UPA ha evidenziato un consenso plebiscitario per l’Advanced Tv: le aziende aderenti all’Associazione ritengono, con

parere praticamente unanime, che le piattaforme

AVOD/SVOD rappresentino una sorta di emanazione sia dei broadcaster sia degli streamer televisivi.

La velocità del percorso evolutivo dei media rende, invece, parzialmente disomogenee le opinioni degli spender sul ruolo che deve essere attribuito a determinati strumenti, canali e piattaforme. Per esempio, secondo la netta maggioranza delle imprese un sito celebre e pluri-visitato come YouTube ‘è Advanced Tv’: la pensano così 78 strutture su 100, il che significa comunque che oltre un quinto degli utenti investitori è di parere diverso.

Al contrario, i video diffusi sui social (TikTok, Facebook, Instagram) sono considerati ‘Advanced Tv’, a tutti gli effetti, solo dal 19% delle aziende.

A livello strategico, è in fase di espansione il ricorso all’Advanced Tv nel più ampio contesto della video strategy, mentre appare in flessione – sia pure contenuta – il suo utilizzo correlato all’aumento di copertura rispetto al medium principale (emittenza lineare o video online).

In prospettiva futura, le aziende che investono nel mercato pubblicitario si augurano una serie di ulteriori migliorie, volte a rendere ancora più efficace il ritorno della loro spesa. Si va dall’aumento del perimetro della misurazione editoriale e pubblicitaria targata Auditel e Audicom alla profilazione dei dati e alla continuità nel ‘fare sistema’ nell’ambito della misurazione, con particolare riferimento all’implementazione del CUSV (Codice Univoco Spot Video) e alla definizione del contatto video crossmediale Tv/digital.

a sinistra, Marco Travaglia, Presidente di UPA e di Audicom, e, a destra, Lorenzo Sassoli de Bianchi, Presidente di Auditel.

Assunta Timpone e Alberto Vivaldelli, rispettivamente Presidente e Coordinatore della Commissione Mezzi di UPA.

Sopra,

La nuova televisione

Connected Tv: i vantaggi e le sfide

In ascesa negli Stati Uniti e in tutta Europa, anche in Italia la raccolta pubblicitaria sulla Tv connessa (+21% nel 2024 vs 2023) testimonia la crescente manifestazione d’interesse degli spender.

DI MAURO MURERO

Il fenomeno del progressivo affiancamento della Connected Tv all’emittenza lineare sta notoriamente diffondendosi anche in Italia, il che non significa certo che il Bel Paese stia percorrendo una strada del tutto ‘personale’.

Al contrario, l’accentuazione del trend ha una valenza globale e, a riguardo, un’interessante radiografia ‘senza confini’ del mercato è stata realizzata (tramite il VMR-Video Marketplace Report) da FreeWheel, piattaforma tecnologica che esplora i cambiamenti nelle dinamiche di monetizzazione del video digitale premium, aggregando i dati di diversi Paesi europei e degli Stati Uniti.

La capillare presenza internazionale di FreeWheel nelle principali aree locali rende il data set della ricerca uno dei più ampi al mondo: l’ultima edizione si è soffermata sull’andamento del mercato nella prima metà del 2024,

con una serie di approfondimenti sulle opportunità offerte dal video premium supportato da pubblicità.

La premessa di fondo è che l’esposizione pubblicitaria continua a crescere sia nel Vecchio Continente sia in USA, con un aumento complessivo delle visualizzazioni nell’ordine del +11%.

In Europa il confronto gennaio/giugno 2024 vs gennaio/giugno 2023 ha fatto registrare un incremento del +31% delle visualizzazioni stesse, delta che assegna alla CTV il ruolo di strumento principale (share del 46% sul totale mercato) attraverso il quale gli spettatori usufruiscono di contenuti supportati dalla pubblicità. Oltre oceano si può addirittura parlare di ‘dominio’, come ha esplicitamente fatto FreeWheel: dalla CTV, sempre nella prima metà dell’anno, è passato l’83% delle visualizzazioni pubblicitarie complessive.

Anche l’uso dell’‘audience targeting’ è in sensi-

bile sviluppo (Europa +23%, Stati Uniti +39%) e da questo si evince, secondo gli artefici del Video Marketplace Report, la crescente importanza dei dati di prima parte e delle più avanzate funzionalità di targettizzazione: la tendenza sembra destinata a non arrestarsi, anche nel non semplice contesto normativo che riguarda il tema della privacy.

Crescono notevolmente anche le visualizzazioni di annunci veicolati in modalità programmatic: +15% negli Stati Uniti e addirittura +41% in Europa, dove, nonostante la clamorosa entità dell’incremento, i potenziali margini per un’ulteriore fase di sviluppo sono ancora molto ampi.

Nello scenario descritto, anche i contenuti live rappresentano un’opportunità significativa per gli spender e per gli editori, che possono entrare in contatto con un pubblico quantitativamente molto rilevante.

I VALORI DIFFERENZIALI

Per quanto concerne il caso specifico del mercato italiano, secondo gli ultimi dati forniti dall’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano la raccolta pubblicitaria legata all’intero comparto televisivo vale il 39% degli investimenti complessivi in advertising, quota determinata da un incremento del +6% su base annua (2024 vs 2023) e da un valore assoluto di 4,3 miliardi di euro.

L’ammontare degli investimenti destinati alla sola Tv 2.0 ha abbondantemente superato l’asticella, simbolica ma anche molto concreta, del mezzo miliardo di euro: la stima è di una chiusura dell’anno poco al di sotto dei 570 mi-

In un apposito report, FreeWheel ha analizzato l’andamento della pubblicità video nella prima metà del 2024.

lioni, in virtù di una variazione positiva di ben 21 punti percentuali.

Per inciso, il report dell’Osservatorio Internet

Media consente anche di fare alcune puntualizzazioni a livello di ‘glossario’, particolarmente gradite in un periodo storico in cui le novità, anche lessicali, si susseguono quasi day by day.

Parlando di comunicazione, dunque, con il termine Tv 2.0 si fa riferimento alla raccolta pubblicitaria sulla Tv connessa, che comprende l’Addressable (emittenza lineare targettizzata e televisione digitale ibrida, più nota come HbbTv), la componente App su CTV e la parte, raccolta direttamente dalle aziende, inerente gli spazi pubblicitari inseriti nei menù di navigazione delle Smart Tv. A trainare questo mercato è soprattutto l’ampliamento dell’offerta pubblicitaria, sia dal lato dei broadcaster sia da quello delle applicazioni video.

“Gli advertiser approcciano questa tematica con un interesse elevatissimo”, afferma Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media: “di fatto, il 2024 può essere considerato come l’anno in cui la Tv 2.0 si è inserita nei piani di comunicazione come un mezzo mainstream e, quindi, non più in una logica di sola sperimentazione. Alla base dell’approccio orientato verso la Total Video Strategy c’è una ragione primaria: il formato video è percepito come più efficace e ingaggiante per le audience e non a caso è quello su cui il mercato, sia sul versante degli spender sia su quello delle strutture deputate alla pianificazione media, sta puntando maggiormente. In quest’ottica, le

L’Intelligenza Artificiale è destinata ad avere riflessi positivi anche sulla personalizzazione dei messaggi comunicazionali.

aziende attribuiscono alla Tv 2.0 due forti elementi di valore differenziale: consente, infatti, di aggiungere, lavorando in una logica di reach incrementale, nuovi segmenti di audience a quelli dell’emittenza lineare e di poter contare, puntando sull’addressability, su un targeting e retargeting più mirato”.

I trend e i numeri positivi, ovviamente, non possono autorizzare a dipingere uno scenario tutto ‘rose e fiori’, privo della presenza di ‘spine’. Antonio Filoni, Partner e Head of Innovation and Digital di BVA Doxa (che ha collaborato alla realizzazione dell’indagine), sottolinea che “dal feedback degli utenti emergono alcuni ‘chiaroscuri’ sul tema della pubblicità sulle Tv connesse. Il ricordo è sostanzialmente positivo, anche perché c’è la percezione di una

A destra, Nicola Spiller, Direttore dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano, e Antonio Filoni, Partner e Head of Innovation and Digital di BVA Doxa.

minor invasività rispetto ad altri device; al contempo, si nota una flessione della capacità di attirare attenzione e appare in calo, per la prima volta, anche il desiderio di ricevere messaggi comunicazionali personalizzati. Su quest’ultimo fronte è lecito attendersi significativi miglioramenti in proiezione futura, grazie all’innovazione tecnologica e, più specificamente, all’Intelligenza Artificiale”. Quanto alle sfide principali che attendono la Tv 2.0, la prima è quella relativa ai costi per contatto, che gli spender sembrano ritenere elevati, soprattutto in rapporto a quelli sostenuti per essere ‘on air’ in altri ambiti (Tv lineare e video online). I brand, inoltre, evidenziano la necessità di una maggior trasparenza e ritengono che la strada per ottenerla passi attraverso misurazioni affidate a terze parti accreditate, con particolare riferimento a elementi come la media quality, la brand safety, l’attention metrics e altri ancora. Emergono anche l’esigenza di misurare l’impatto incrementale delle campagne Tv 2.0 non solo in termini di KPI media, ma anche di performance di business (conversioni, ROI) nel breve e lungo periodo, e la difficoltà di integrare le metriche, oggi caratterizzate da una sensibile eterogeneità.

Chi vuol esser generalista?

Lo scenario delle Tv cambia ancora: le OTT inseriscono la pubblicità, come le vecchie generaliste, mentre queste sono oggi più identitarie e targettizzate; le OTT scelgono di essere aggregatori, riunendo più servizi.

DI MAURIZIO ERMISINO

Fino a due anni fa dicevamo tutti: viva le piattaforme, viva lo streaming. Che bello poter scegliere i programmi da vedere, senza orari, che bello vedere i film e le serie senza la pubblicità. Ma oggi tutto è cambiato. Le principali piattaforme OTT si sono spostate verso un modello con pubblicità, con le interruzioni pubblicitarie come su Italia 1 negli anni Novanta, e paradossalmente, offrendo prodotti di tutti i tipi, sono diventate generaliste. Le generaliste, nel frattempo, vedono l’ascesa di un nuovo concorrente, il canale Nove di Warner Bros. Discovery.

OK, IL PIANO (CON PUBBLICITÀ) È

GIUSTO!

Sotto, a sinistra, una scena di Star Wars: Skeleton Crew, la serie originale in live-action targata Lucasfilm dal 3 dicembre su Disney+. A destra, Federica Pala e Giulia Perulli sono Sarah Scazzi e Sabrina Misseri in Qui non è Hollywood

Le più importanti piattaforme di streaming hanno cambiato modello di business. La concorrenza è evidentemente aumentata e il calo degli abbonamenti ha reso necessaria una nuova strategia. Tutti hanno deciso di passare ai piani con pubblicità. Il pubblico ha reagito bene: accetta volentieri qualche inserzione, pur di avere un prezzo di abbonamento inferiore. Il piano Netflix Standard con pubblicità prevede, per ogni ora di contenuto, 4-5 minuti di pubblicità in totale, sia all’inizio del programma sia durante il video. Ogni

spot dura mediamente da 15 fino a 75 secondi. Così oggi Netflix, ai piani Standard, al costo di 12,99 euro al mese, e Premium, al costo di 19,99 euro al mese, propone il piano Standard con pubblicità al costo di 6,99 euro al mese.

Anche Disney+ ha il suo piano Standard con pubblicità – al costo (pagabile solo mensilmente) di 5,99 euro – che prevede 4 minuti di messaggi promozionali per ogni ora di contenuto e divieto di download. Oltre ai piani senza pubblicità, che consentono di scaricare serie e film per vederli anche offline. Il piano Premium, invece, prevede ciò che finora Disney+ dava incluso negli abbonamenti: qualità video 4K, audio Dolby Atmos e fino a 4 riproduzioni simultanee, per un prezzo che ora diventa di 11,99 euro al mese.

Prevede le inserzioni pubblicitarie anche Prime Video, che è un caso a parte. Il servizio di streaming è, infatti, compreso nell’abbonamento Amazon Prime, che garantisce le spedizioni gratuite degli acquisti (l’abbonamento è di 4,99 euro al mese). Mentre, però, Netflix e Disney+, pur consigliando il passaggio al piano con pubblicità, in assenza di questa scelta, mantengono i piani esistenti, Prime Video passa automaticamente l’utente al piano con pubblicità: se non la si vuole bisogna attivarsi e pagare un plus di 1,99 euro al mese.

CHI VUOL ESSERE AGGREGATORE?

Oltre alla pubblicità, chi è solito navigare sull’app Prime Video ha notato un’altra cosa: trovatosi a scegliere un contenuto, ha scoperto che è a pagamento. Questo è emblematico di un’altra tendenza. Le OTT si stanno posizionando sempre più da ‘aggregatori’: piattaforme in grado di offrire, oltre ai propri contenuti, quelli di servizi con cui hanno stretto delle partnership. Al Prime Video Presents dello scorso luglio, Amazon ha ribadito il posizionamento di Prime, che propone al suo interno i canali terzi: sono oltre 50, tra cui Paramount+ e MGM+, con abbonamento a parte. E, oltre a questo, ha anche lo store con il noleggio dei film appena finisce la finestra della loro presenza in sala. Anche Sky, nata come pay-tv satellitare, vuole essere un aggregatore e ha lanciato Sky Stream, un sistema che permette l’integrazione di più servizi e consente all’utente di trovare in un unico posto i contenuti di tutte le piattaforme a cui è abbonato. È un box con una nuova interfaccia grafica che dà l’accesso all’offerta Sky, via streaming, e sostituisce SkyQ via internet: la differenza è nel dispositivo impiegato e nella facilità di scelta e accesso ai contenuti. Il nuovo box ospita già diverse app di streaming a cui opzionalmente ci si può abbonare: Netflix, DAZN, Paramount+, Prime Video, Amazon Music, RTL 102.5 PLAY, Radioplayer, Disney+, Apple Tv+, RaiPlay, Spotify, YouTube, Mediaset Infinity e i giochi di Play.Works. Da tempo è un aggregatore anche TIMVISION, che punta a proporre abbonamenti in partnership con i servizi più richiesti. Così, oggi propone l’abbonamento Gold, con tutte le partite della Serie A insieme a DAZN, l’intrattenimento di TIMVISION, Netflix, Disney+ e Amazon Prime con la migliore partita del mercoledì della UEFA Champions League, al costo di 34,99 euro al mese per tre mesi e poi 42,99 al mese. Gli abbonamenti variano in base alla scelta di DAZN Standard o DAZN Plus e alla sottoscrizione su base mensile o base annuale. Quanto alla propria offerta, TIMVISION propone film e serie per tutta la famiglia, i canali Eurosport live e on demand, tutto l’intrattenimento di Discovery+, i canali live Mediaset e La7 con i programmi degli ultimi 7 giorni da rivedere on demand. Oltre al noleggio dei film a pochi mesi dall’uscita al cinema.

GENERALISTE CRESCONO: IL NOVE

Tornando alle Tv generaliste, anche in questo settore le cose si stanno muovendo. Accanto alle reti Rai e Mediaset, a La7 e a TV8, emanazione di Sky, c’è una generalista che cresce. È il Nove, il canale del gruppo Warner Bros. Discovery, che fino a qualche anno fa aveva puntato molto sulle Tv tematiche. L’ascesa del Nove, nato nel 2016, è diventata evidente dalla scorsa estate, quando – ai pezzi da novanta Maurizio Crozza (Fratelli di Crozza) e Fabio Fazio (Che tempo che fa) – si è aggiunto un nome importante come Amadeus, che ha lasciato la Rai, programmi seguitissimi e, soprattutto, il Festival di Sanremo di cui per cinque anni

è stato il direttore artistico. Lo sbarco di Amadeus è avvenuto in grande stile, con tre programmi in grado di segnare la storia della rete. Il primo, Chissà chi è (in precedenza in onda su Rai 1 col titolo I Soliti Ignoti), è in access prime time. Gli altri due in prima serata: Suzuki Music Party, andato in onda a settembre, e La Corrida, partito a novembre. Contenuti, quindi, da grande generalista. Che poi è quello a cui aspira anche Prime Video che a film e serie – tipici delle piattaforme – unisce show comici, come LOL – Chi ride è fuori, e le partite di Champions League in diretta.

E SE LE PIATTAFORME FOSSERO LE VERE GENERALISTE?

Alla fine del discorso restano da fare alcune riflessioni. La prima è che la grande resilienza del mercato Tv lineare in Italia è un unicum rispetto ai mercati mondiali. La seconda è che si sta ribaltando il paradigma. Detto che per le grandi Tv è meglio usare il termine lineare e non generalista, forse la Tv generalista, quella per tutti, del co-viewing familiare, non esiste più. Le OTT sono diventate generaliste, perché in sé propongono prodotti di tutti i tipi. Le Tv lineari, invece, hanno un pubblico più identitario e, proprio per questo, targettizzato.

Un’immagine della serie Squid Game: la stagione 2 è in arrivo su Netflix dal 26 dicembre.

Keira Knightley in Black Doves, la nuova serie in onda su Netflix dal 5 dicembre 2024.

Branded Entertainment

BE: meglio dello spot

Il Branded Entertainment è in grande crescita in Italia. I dati del 2023 ci parlano di un +9% rispetto al 2022, per un valore di 675 milioni di euro rispetto ai 619 milioni del 2022.

Circa il 47% delle aziende ha destinato oltre il 10% del proprio budget al BE, con investimenti sui social media e l’editoria online (41%) e sulle piattaforme televisive gratuite e a pagamento (38%). Ce lo dicono i dati della ricerca di OBE - Osservatorio Branded Entertainment, che per il 2024 prevedono un ulteriore +8%, che porterebbe il valore complessivo a 729 milioni di euro. “Il grande vantaggio del BE è l’efficacia”, ha spiegato Erik Rollini, Consigliere OBE. “Se è ben riuscito, a parità di testa contattata, funziona meglio dello spot perché genera delle reazioni più profonde nello spettatore. Per conquistare l’attenzione del pubblico, oggi più che mai è rilevante essere all’interno del mondo dell’intrattenimento”.

LA MUSICA: TIM, AUTAN E RING

E cosa intrattiene più della musica? TIM Summer Hits è lo show musicale andato in scena lo

scorso giugno a Piazza del Popolo a Roma e in onda in prima serata a luglio su Rai 1 e su Rai Radio 2, in quattro appuntamenti. TIM Summer Hits è un branded content di Rai Pubblicità e TIM, prodotto da Friends Tv, un progetto innovativo capace di valorizzare i partner dell’evento, TIM – title sponsor – e Suzuki, attraverso un percorso crossmediale studiato ad hoc che ha abbracciato tutti i mezzi: Tv, radio, digital, cinema, social e anche il territorio.

Ma si può fare BE in musica anche con una sola canzone. Così, La Notte Vola di Lorella Cuccarini è diventata Zanzara Vola con Autan e VML Italy, che hanno lanciato una cover della canzone per raccontare una vita senza zanzare. Con la partecipazione del comico Giacomo Poretti, dell’attore Andrea Dianetti e del creator e cantante Revee, in arte Sayreve, l’operazione è stata veicolata sulle piattaforme Meta e TikTok. FUSE, la divisione di Branded Entertainment di OMG, ha gestito la selezione dei volti.

Un’altra strada è quella della brand integration durante un concerto, per esempio. Ring, una società Amazon, ha lanciato una campagna di comunicazione per i suoi dispositivi di

Il BE funziona meglio dello spot perché genera delle reazioni più profonde nello spettatore. Vi raccontiamo i case study più interessanti di un mondo che sposa advertising e intrattenimento.

DI MAURIZIO ERMISINO

A sinistra, TIM Summer Hits il branded content di Rai Pubblicità e TIM, prodotto da Friends Tv. Sopra, dall’alto, altri esempi di BE: CoorDown, ‘ACE Formula Anti-Odio’ e Danone PizzAut.

sicurezza domestica. Qui Mahmood e Ornella Vanoni sono stati protagonisti di un branded content anch’esso a cura di FUSE: in occasione del concerto del cantante al Forum di Assago l’artista si è collegato attraverso i dispositivi Ring con la casa di Ornella Vanoni, per esortarla a raggiungerlo sul palco. L’iniziativa è stata supportata anche dai canali social di Mahmood.

IL SOCIALE: COORDOWN, ACE E DANONE

Il BE è perfetto anche quando c’è un purpose. Uno dei casi più emblematici è la campagna di CoorDown che, insieme all’agenzia Small di New York e Indiana Production, per la regia di Rich Lee, ha ideato la campagna ‘Assume That I Can’. La protagonista del film è una giovane donna con sindrome di Down che sfida le basse aspettative che gli altri hanno su di lei, proponendo un ribaltamento di prospettiva: all’inizio le persone credono che non possa bere un cocktail, praticare boxe, studiare Shakespeare o andare a vivere da sola. A metà film, la svolta. La protagonista invita con determinazione a pensare in modo nuovo: se credi in me, se mi dai fiducia, allora potrò raggiungere obiettivi, anche inaspettati. Il film è disponibile sul canale TikTok di CoorDown ed è stato diffuso su tutte le piattaforme dell’organizzazione e dei suoi partner.

‘ACE Formula Anti-Odio’, creato da BBDO Italy, è un progetto che racconta il purpose del brand, veicolando un messaggio di valore attraverso storie vere e una piattaforma multicanale. L’idea creativa si fonda sulla formula innovativa

del prodotto ACE – con elementi naturali per smacchiare – e si lega alla volontà di eliminare lo sporco più ostinato: l’odio. Ecco, allora, una limited-edition da dare ai volontari di Retake per rimuovere i graffiti offensivi che macchiano i muri delle nostre città: quattro storie di discriminazione e quattro graffiti da cancellare, con la collaborazione di Diversity Lab. PizzAut, la pizzeria che ha come mission garantire lavoro e dignità a ragazzi autistici, è stata aiutata da Danette con il suo asset più prezioso, lo storico jingle di Danette Danone, Troppo Buona, che dagli anni 80 è entrato nel cuore degli italiani: il jingle, riarrangiato e riscritto per raccontare il progetto di PizzAut, è diventato la colonna sonora di un video che è stato diffuso in tv, sul web e sui social (Instagram, Facebook e TikTok). I protagonisti del film sono i ragazzi di PizzAut con Elio e Germano Lanzoni.

LA TELEVISIONE: CAFFÈ BORBONE E GENERALI

Caffè Borbone crede nella televisione come mezzo per veicolare i propri valori a un pubblico allargato. Così, ha scelto la trasmissione Stasera c’è Cattelan per raccontare i valori della semplicità e dell’autenticità con l’obiettivo di avvicinare il brand a una platea di spettatori fan della

Il dietro le quinte di una nave da crociera, è il branded content realizzato da Ciaopeople –Geopop per Costa Crociere.

normalità. Alessandro Cattelan, grazie all’ironia e all’irriverenza che lo contraddistinguono, si è improvvisato autore a servizio dello sponsor e – attraverso 5 gag distribuite in diverse puntate – ha trovato la creatività perfetta per il brand. Sempre in Tv è appena partita la seconda edizione di Linea Verde Bike, il branded content dedicato a sostenibilità e ambiente di Rai Pubblicità, in onda su Rai 1 ogni sabato alle 12. Per il secondo anno consecutivo Generali è main partner del progetto con la sua Business Unit Cattolica, che in ogni puntata racconta la sua vicinanza al mondo dell’agricoltura, con Lombardo Bikes come partner tecnico.

IL WEB: COSTA CROCIERE

È vissuta sul web, invece, l’operazione Il dietro le quinte di una nave da crociera, realizzata da Ciaopeople – Geopop per Costa Crociere. L’originalità della campagna sta nelle riprese realizzate direttamente a bordo della nave Costa Toscana, attraverso cui il pubblico ha scoperto retroscena solitamente off limits. Con il suo inconfondibile stile accessibile, Geopop è riuscito a parlare della sostenibilità delle navi senza mai menzionare questa parola; una sfida vinta che ha ottenuto il consenso della community di oltre 9 milioni di appassionati di scienze.

I GIORNALI: HBO MAX

La storia più affascinante riguarda la carta stampata: per l’uscita su HBO Max della miniserie The Penguin, spin-off di Batman, la piattaforma streaming ha studiato un takeover del New York Times, trasformato per l’occasione nel tabloid Gotham Gazette. Il progetto è stato curato da T Brand Studio, la unit dedicata al branded content di NYT Advertising, che ha organizzato la distribuzione con degli strilloni, disegnando e scrivendo tutte le storie di cronaca contenute all’interno.

Caffè Borbone ha scelto la trasmissione Stasera c’è Cattelan
Per l’uscita su HBO Max della miniserie The Penguin, Warner Bros. Discovery ha studiato un takeover del New York Times, trasformato per l’occasione nel tabloid Gotham Gazette

CINEMA

@Courtesy of Fondazione Cinema per Roma, Ph. Luca Dammicco

Festa del Cinema di Roma

Elio Germano Re di Roma

La notizia più bella per il cinema italiano che arriva dalla Festa del Cinema di Roma dello scorso ottobre è il premio Vittorio Gassman come miglior attore a Elio Germano per Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre. È la storia del leader del PCI dal 1973 al 1979, gli anni in cui prende vita l’idea di una collaborazione tra le forze popolari comuniste e socialiste e quelle cattoliche, il famoso ‘compromesso storico’. L’attore è estremamente convincente nei panni di Enrico Berlinguer: riesce a creare una somiglianza grazie a pochissimo trucco, senza cercare l’aderenza fisica perfetta, ma

Elio Germano è il miglior attore per Berlinguer. La grande ambizione di Andrea Segre.

evocando alla perfezione il personaggio e la sua aura. Il volto spigoloso, la fisicità, i movimenti sono quelli; e anche la voce, con la lieve inflessione dialettale, in cui Germano è da sempre uno specialista. Il miglior film è Bound In Heaven di Huo Xin, che ha vinto anche come migliore opera prima, ex aequo con Ciao bambino di Edgardo Pistone. Il Gran Premio della Giuria è stato assegnato a La Nuit Se Traîne di Michiel Blanchart, la Miglior regia a Morrisa Maltz per Jazzy e la Miglior sceneggiatura a Christopher Andrews per Bring Them Down. La Miglior attrice, premio Monica Vitti, è Ángela Molina per Polvo serán e il Premio Speciale della Giuria è andato al cast femminile di Reading Lolita In Teheran, che ha vinto anche il Premio del Pubblico FS. La Festa di quest’anno è stata enorme, 160 film, davvero troppi da ve-

La Festa del Cinema di Roma ha premiato l’attore italiano per il film Berlinguer. La grande ambizione, mentre il miglior film è Bound In Heaven di Huo Xin. Premi alla carriera per Johnny Depp e Viggo Mortensen.

DI MAURIZIO ERMISINO

dere. Il fatto che non si punti a prime mondiali permette di presentare anche film provenienti da altri festival e, così, le sezioni Grand Public e Best of 2024 ne beneficiano. Roma è sempre stata una manifestazione da film di grande impatto ed è ancora così, con un concorso che inevitabilmente rimane un po’ schiacciato. Mettiamoci che la sezione autonoma e parallela Alice nella città è cresciuta ancora, con oltre 60 film (qualche polemica sullo spazio per due festival che avvengono contemporaneamente non è mancata) e capirete che cosa sia stato essere a Roma il mese scorso.

MEGALOPOLIS: UN COPPOLA NON RIUSCITO MA VITALE

Ma partiamo dall’inizio e dal più grande. La preapertura del Festival, in collaborazione con

RETURN

Alice nella città, è stata dedicata a Megalopolis, l’ultimo film di Francis Ford Coppola. Un film che, pur tra problemi di scrittura, di ritmo e di coesione, è abbagliante, visionario e carico di vitalità, energia e sensualità. È un’opera che ha una visione, un’idea forte: la caduta dell’Impero romano come quella dell’Impero americano di oggi. Coppola riesce a creare un mondo unico, fatto di luci dorate e bagliori di fuoco. È un’opera che parla di sostenibilità, futuro e progresso: che sia un ultraottantenne a parlarci di questo fa riflettere. Gli altri grandi ospiti di Roma sono stati i premi alla carriera: Viggo Mortensen e Johnny Depp, che hanno presentato i loro film da registi, The Dead Don’t Hurt e Modì – Tre giorni sulle ali della follia. Il primo, diretto da Viggo Mortensen, è un western con un punto di vista femminile: la storia di una coppia di immigrati tenta di costruirsi una nuova vita in una San Francisco corrotta. Modì, opera seconda di Depp, è il ritratto di un giovane Modigliani (Riccardo Scamarcio), non ancora famoso, e della sua vita bohémien a Parigi, tra alcol, amori ed eccessi. Un personaggio in cui Depp forse si ritrova, ma disegnato con superficialità e toni sopra le righe.

Uno dei protagonisti di Roma è stato Ralph Fiennes con due film. Nella sezione Grand Public c’era Conclave di Edward Berger, con un cast stellare (Stanley Tucci, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini). Ispirato al romanzo di Robert Harris, racconta un conclave per nominare un nuovo pontefice ed è un immaginario e affascinante viaggio dentro al Vaticano, ai suoi rituali e alla sua sacralità. Un thriller psicologico senza delitti, ma pieno di colpi di scena. Una macchina perfetta. Fiennes è stato anche il grande protagonista del film in concorso The Return – Il ritorno, di Uberto Pasolini, con Juliette Binoche. È una storia ispirata all’Odissea e al ritorno a casa di Ulisse da cui scompare completamente la presenza degli Dei per riportare tutto all’uomo: il peregrinare di Ulisse non è il frutto della loro vendetta ma una scelta personale. “Avresti amato l’uomo che sono diventato? Non potevo ritornare” risponde Odisseo alla domanda di Penelope sul perché sia stato assente per così tanto tempo. Un potente messaggio contro la guerra.

GLI HORROR: LONGLEGS E THE SUBSTANCE

Roma è stata anche una festa dell’orrore. Longlegs di Osgood Perkins è un horror che confina con il thriller, tra Il silenzio degli innocenti

Adam Driver e Nathalie Emmanuel sono i protagonisti di Megalopolis di Francis Ford Coppola.

e X-Files, sottile e inquietante. Inizia con uno strano signore che si presenta al compleanno di una bambina con un regalo. Diventata un’agente dell’FBI, lei si troverà a occuparsi di nuovo di quel tale. Il film vive sull’interpretazione di Nicolas Cage, istrionico e irriconoscibile: i capelli ricci biondi, slavati e lunghi sulle spalle, e il volto bianco, pallido, gonfio e imbolsito. E una voce, stridula e zoppicante, da brividi. È un body-horror altamente simbolico The Substance di Coralie Fargeat, con Demi Moore e Margaret Qualley, passato al Festival di Cannes e presentato nella sezione Best of 2024. Riprende la lezione di David Cronenberg e la reinventa in un film pop, patinato, ironico e tagliente. È la storia di un’attrice sessantenne che scopre una sostanza che darà vita a una nuova lei, più bella e più giovane. The Substance rilegge in chiave moderna il mito del Faust e del patto con il diavolo: è una metafora che coglie molte delle situazioni della nostra epoca, dall’ossessione per la giovinezza a quella per l’immagine.

L’AMORE: WE LIVE IN TIME E ABOUT LUIS

Nella sezione Grand Public è stata presentata la storia d’amore dell’anno, We Live In Time – Tutto il tempo che abbiamo di John Crowley, con Florence Pugh e Andrew Garfield. Sarebbe una delle tante commedie romantiche commoventi, e anche divertenti, se non fosse che sul racconto incide un elemento fondamentale: il tempo. Una chef stellata investe un uomo con

Ralph Fiennes e Stanley Tucci in Conclave. Il film, tratto dal romanzo di Robert Harris, immagina un conclave per l’elezione di un nuovo papa che si svolge tra complotti, intrighi e strategie.

RALPH FIENNES: CONCLAVE E THE
Johnny Depp, che ha ricevuto il premio alla carriera, sul set di Modì – Tre giorni sulle ali della follia

l’auto. Inizia, così, una storia d’amore che il film racconta saltando avanti e indietro nel tempo e montando gli avvenimenti in modo non lineare, un po’ come lo sguardo verso la vita di chi ricorda alcuni momenti e li rivive in modo sparso, seguendo le emozioni. Ma questo correre sfrenato del tempo vuole anche dirci che quello che abbiamo non è abbastanza, per cui la vita va vissuta in modo pieno.

About Luis, film tedesco ma di un’autrice italiana, Lucia Chiarla, non è proprio una storia d’amore. Ma al centro ha una coppia che si ama, lei architetto e lui tassista, alle prese con problemi di lavoro e con un figlio che viene bullizzato a scuola. Storia drammatica in cui c’è tutta la frenesia del mondo di oggi, con un’idea forte: come Locke, è girato all’interno di un taxi e immedia-

tamente fuori, nei luoghi dove l’auto passa. Tutto il resto avviene fuori campo.

In concorso c’era anche uno dei film più folli della Festa, The Trainer di Tony Kaye, a cui ha collaborato la cdp Blackball di Lorenzo Cefis, che rappresenta il regista in Italia. È la storia di un trainer di fitness che ha inventato un oggetto che cambierà il mondo degli allenamenti, un cappello pesantissimo. The Trainer è l’opposto di American History X, il film che ha reso famoso Tony Kaye: colori accesi e un montaggio frenetico. All’inizio sembra girato male, ma è fatto apposta. Ci racconta la storia di un ragazzo che vuole fare marketing e si muove nel mondo delle Tv commerciali; tutto il film ha le sembianze di una televendita e ci parla del sogno americano, dicendoci che oggi, un’era

Una scena d’insieme di Eterno visionario di Michele Placido. Fabrizio Bentivoglio, al centro, interpreta Luigi Pirandello.

in cui abbiamo tutto e non abbiamo realmente bisogno di niente, riesce a vendere chi riesce a evocare un’emozione.

GLI ITALIANI: MUCCINO, MANCINI, PLACIDO, VERONESI E PETRAGLIA

Quanto agli italiani, Gabriele Muccino ha presentato in Grand Public Fino alla fine, storia di una giovane americana in vacanza a Palermo e dell’incontro con un gruppo di ragazzi che le cambia la vita. A metà tra romanzo di formazione e thriller, ha un’energia potenziale pronta a esplodere da un momento all’altro. Sul modello del classico Fuori orario di Martin Scorsese, è uno di quei film che si svolgono durante una lunga nottata: adrenalinico, ansiogeno e tiene incollati alla poltrona.

È un film potente anche Mani nude di Mauro Mancini (Grand Public), la storia di un ragazzo che viene rapito e finisce prigioniero di una organizzazione che lo costringe a lottare in combattimenti clandestini. Alessandro Gassmann, Francesco Gheghi e Fotinì Peluso sono il cast di quello che è stato definito il ‘Fight Club italiano’. Un film con una sua personalità che parte da lì e poi prende un’altra strada, diventando un romanzo di formazione, sul rapporto padre/figlio, su delitto e castigo, colpa e redenzione.

Atmosfere totalmente diverse per Eterno visionario di Michele Placido (Grand Public) che mette in scena Luigi Pirandello, impersonato da Fabrizio Bentivoglio. Le sue opere sono immortali, ma la sua vita personale è rimasta in secondo piano. Eterno visionario prova a raccontarla, con un viaggio avanti e indietro nel tempo, per spiegare come la malattia mentale della moglie abbia dato vita a quei fantasmi raccontati nelle sue opere.

Era in concorso, invece, L’albero, opera prima di Sara Petraglia, figlia del noto sceneggiatore. Ambientata a Roma, al Pigneto – dove due ragazze affittano un appartamento dal quale si vede un albero, che guardano e forse non raggiungeranno mai – è una storia di amicizie e dipendenze dalla droga raccontata in modo poetico e personale. Con due attrici in ascesa,

Tecla Insolia è la rivelazione del film L’albero di Sara Petraglia. La cantante e attrice ha un volto fuori dal comune e ha fornito una prova molto convincente. Molto probabilmente è nata una stella.

A cura di Maurizio Ermisino

Una curiosa espressione di Carlo Verdone in Vita da Carlo 3, serie Paramount+: è il momento in cui cerca, tra mille difficoltà, di scrivere il monologo per la serata finale di Sanremo di cui (nella finzione) è diventato direttore artistico.

Carolina Gamba e Tecla Insolia.

Tra le proiezioni speciali, Giovanni Veronesi ha presentato un documentario – La valanga azzurra – che racconta gli anni Settanta, quelli in cui gli sciatori italiani erano la squadra più forte del mondo. È un documentario sportivo ma anche il viaggio nei sogni di un bambino e il ricordo di un’Italia in bianco e nero, dolce e ingenua, che non c’è più. Poetico e commovente, è il miglior film di Veronesi da molti anni a questa parte.

LA MUSICA: TALKING HEADS E BRUCE SPRINGSTEEN

Roma è sempre stata anche grande musica. Tra le proiezioni speciali, ci siamo goduti i Talking Heads e Stop Making Sense di Jonathan Demme. È la versione restaurata del loro film concerto del 1984. Un concerto ma anche un racconto: David Byrne entra in scena da solo, una chitarra e una radio, e canta Psycho Killer, con il palco ancora spoglio. E man mano tutto viene costruito intorno a lui. È un uno show unico. Come quello di Road Diary: Bruce Springsteen and The E Street Band, visto nella sezione Freestyle, il documentario che racconta il suo ultimo tour. In quel concerto c’è la voglia di tornare a suonare dopo una pausa lunghissima e di non smettere più. C’è il bisogno di tenere insieme quella vecchia band che è anche la sua famiglia e portare

nel cuore, e quindi su quel palco, anche chi non c’è più. In questo concerto c’è la vita, la morte e tutto quello che c’è in mezzo.

LE SERIE: QUI NON È HOLLYWOOD, VITA DA CARLO E MISS FALLACI

I festival di cinema ormai aprono sempre più spesso alle serie Tv e in questo la sezione Freestyle è perfetta. Qui non è Hollywood è stata la più discussa: dopo un’azione legale del sindaco del comune di Avetrana, il nome della città è stato tolto dal titolo della serie Disney+, che racconta l’omicidio di Sarah Scazzi. Sono 4 episodi da 60 minuti, da divorare tutti d’un fiato: ognuno con il punto di vista di uno dei protagonisti della storia: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima.

È un racconto doloroso ma anche grottesco, tagliente e velenoso, soprattutto verso i mezzi di comunicazione e quel teatrino mediatico al tempo messo in piedi dall’informazione. Di tutt’altro tenore è la serie Paramount+ Vita da Carlo 3, in cui Carlo Verdone mette in scena se stesso e la sua vita, un po’ reale e molto immaginaria. In questa nuova stagione gli viene chiesto di fare il direttore artistico di Sanremo, che è lo spunto per farlo interagire con Gianni Morandi, Zucchero, Gianna Nannini e molti altri. Vita da Carlo è un universo dove tornano anche i suoi personaggi e i suoi film, come Un sacco bello e Maledetto il giorno che ti ho incontrato. Con Maccio Capatonda che aggiunge un tocco surreale. Miss Fallaci, la serie con Miriam Leone che arriverà su Paramount+ e Rai1, vede una giovane Oriana Fallaci alla redazione de L’Europeo, dove si occupa della sezione spettacoli e fa una scommessa: andrà a New York per intervistare Marilyn Monroe e, se ci riuscirà, lascerà quel settore. Lo stile è un po’ quello di The Marvelous Mrs. Maisel ed è un prodotto a metà tra una fiction e la nuova serialità, pensata per essere trasmessa sia sulle reti generaliste sia in streaming. Una serie realizzata per i giovani, perché possa ispirarli e dare loro un messaggio di empowerment femminile molto forte, con la presenza di Miriam Leone dà al personaggio un che di eroico e di fiero.

Miriam Leone è una giovane Oriana Fallaci in Miss Fallaci, la serie che vede in scena la giornalista all’inizio della sua carriera: andrà in streaming su Paramount+ e in onda su Rai1.

MIA – Mercato Internazionale Audiovisivo

MIA 2024: dove i sogni diventano realtà

Il MIA – Mercato Internazionale

Audiovisivo si è tenuto a Roma dal 14 al 18 ottobre. È stato record di candidature: 600 i progetti iscritti al Co-Production Market, +20% rispetto al 2023, da 90 nazioni.

DI MAURIZIO ERMISINO

Il MIA – Mercato Internazionale

Audiovisivo, è giunto alla decima edizione. ‘10 Years Of Our Stories’ è stato il pay-off scelto per celebrare l’occasione.

La storia più bella per capire che cosa sia il MIA – Mercato Internazionale Audiovisivo – giunto alla decima edizione e tenutosi a Roma dal 14 al 18 ottobre – l’abbiamo ascoltata alla Festa del Cinema di Roma. C’era una volta una giovane regista, Alessandra Gonnella, che aveva girato un corto – A Cup Of Coffee With Marilyn, con Miriam Leone – sull’intervista che Oriana Fallaci aveva cercato di fare a Marilyn Monroe. Quel corto fu, poi, presentato al MIA e fu premiato da Paramount. Qualche anno dopo quel corto è diventato Miss Fallaci, una serie Tv molto ambiziosa prodotta proprio da Paramount+ e dalla Rai. Il MIA è proprio questo: è il posto dove i sogni diventano realtà, dove si creano connessioni, dove i progetti, finalmente, decollano. E sono fatti, non parole. Grazie al MIA in questi anni sono state prodotte 104 opere: 55 film, 14 serie, 29 documentari, 3 film d’a-

nimazione e un one-off di animazione. Il MIA 2024 ha segnato un record di candidature: sono stati 600 i progetti iscritti al Co-Production Market, cioè il 20% in più rispetto al 2023, da 90 nazioni di tutti i continenti. “Il MIA celebra l’industria che si è affidata a noi, trasformando un evento di mercato in un partner vero e proprio. Per noi era importante celebrare il successo di queste storie, quelle che i produttori hanno affidato alle nostre mani”, ha spiegato Gaia Tridente, Direttrice del MIA.

LE COPRODUZIONI POSSONO DIVENTARE CENTRALI

“ANICA è felice di rappresentare questa filiera ed è onorata di aver contribuito dall’inizio al MIA”, ha spiegato il Presidente Francesco Rutelli. “Quando partì, 10 anni fa, c’erano molti dubbi. Il fatto che ci siano rappresentanti di una sessantina di Paesi che

vengono a chiudere accordi e a preparare soluzioni è un segno che l’intuizione era giusta”. “I risultati sono anche sui rapporti coproduttivi”, ha spiegato Matteo Levi, vicepresidente di APA (Associazione Produttori Audiovisivi), puntando l’attenzione su quella che sarà una delle chiavi del successo delle produzioni. “Da poco tempo si sta consolidando una certa crisi dell’industria audiovisiva e pensiamo che le coproduzioni possano diventare centrali. Il MIA è servito in questi anni per raccontare la qualità e i talenti dell’audiovisivo nazionale e far vedere i nostri prodotti all’estero”.

REGIONE LAZIO: IL CINEMA È INDUSTRIA

Accanto al MIA c’è da sempre Regione Lazio, che sull’audiovisivo punta molto da anni. “Oggi il mercato è solido. Ed è solido se tutti noi stiamo insieme”, ha spiegato Lorenza Lei, Responsabile Cinema e Audiovisivo della Regione Lazio. “Le idee ci sono se i sostenitori delle idee diventano, poi, impresa. Ripetere sempre la parola industria per qualcuno è scomodo, per me è entusiasmante. La Regione Lazio è la prima regione italiana che si occupa di sostenere tutta la filiera, dalla scrittura alla promozione, avendo come cuore la produzione che viene finanziata attraverso tantissimi avvisi”.

APA: IL RAPPORTO SULLA PRODUZIONE

Un momento importante del MIA è la consueta presentazione del Rapporto sulla Produzione Audiovisiva Nazionale, realizzato da APA. Uno studio da cui emergono dati molto importanti. Prima di tutto che il valore della produzione audiovisiva è più che raddoppiato dal 2017 e oggi supera i 2 miliardi di euro. E l’occupazione continua a crescere, segnando un +3,5%. La televisione, inoltre, non è morta e rimane il mezzo più forte: il 71% dei ricavi del settore audiovisivo vengono da qui e le produzioni per la Tv sono in crescita dell’8%. Ma sono aumentate le produzioni per il cinema (+21%) e per le piattaforme video on demand (+16%). È netto lo sviluppo dell’industria audiovisiva italiana: con oltre 12 miliardi di euro nel 2023, i ricavi nell’ultimo anno registrano, infatti, una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. La televisione resta ancora oggi il primo mezzo audiovisivo con 8,2 mld di ricavi, mentre le piattaforme online (AVOD e Pay VOD) raggiungono i 2,8 mld (24% del totale mercato).

UNA NUOVA FASE: MAGGIORE SELEZIONE E MAGGIORE QUALITÀ

Siamo, però, di fronte a un cambiamento. “Nel quadro di un consolidamento del mercato il settore entra oggi in una nuova fase”, ha spiegato Chiara Sbarigia, Presidente di APA. “Quella in cui ci sarà una maggiore selezione sui progetti e un orientamento alla qualità del prodotto e alle sue potenzialità di cir-

colazione oltre i confini nazionali. È questa la grande sfida per i produttori”. Letto tra le righe: le piattaforme stanno finanziando meno di prima, nelle sale non c’è posto per tutti, per cui si dovrà scegliere: si produrrà meno, ma si produrrà meglio. I relatori del talk organizzato da APA sembrano essere concordi. “Ci sarà un focus sulla selettività, indipendentemente dal destinatario del contenuto. Si cercherà di investire sempre più su quel contenuto che fa la differenza”, ha spiegato Alessandro Araimo, Executive Vice President - Managing Director Italy & Iberia di Warner Bros. Discovery. “Siamo in una nuova fase, quella della qualità: sentiamo la competizione con il racconto che viene dagli altri Paesi”, fa eco Eleonora Andreatta, Vice Presidente per i contenuti italiani di Netflix. “La varietà è anche nei linguaggi: per esempio quello del documentario, del reality o della adult animation”. “È un pubblico sempre più esigente”, aggiunge Maria Pia Ammirati, Direttore di Rai Fiction. “C’è una grande domanda, ma noi andiamo ad alimentarla questa domanda. Tutti noi del comparto produciamo di più e in maniera qualitativamente alta. Se fossimo andati avanti in maniera solo quantitativa non saremmo andati avanti”.

GLI OSPITI

Il MIA è stato anche un momento per ascoltare gli ospiti internazionali. Tra i più importanti ci sono stati Owen Dennis, il creatore della serie CBS Among Us, tratta da un videogame e pensata per i più giovani, e Clayton Townsend, il produttore della serie Ripley e di 12 film di Oliver Stone. Katherine Pope, Presidente Sony per la parte Drama, ha parlato dei progetti seriali e Odessa Rae, produttrice canadese di Navalny, che ha vinto l’Oscar nel 2023, ha raccontato a suo modo il mondo dei documentari. L’area espo-

Il MIA è stata anche l’occasione per presentare il VI Rapporto sulla Produzione Audiovisiva Nazionale realizzato da APA: il settore occupa circa 120mila persone, tra lavoratori autonomi, dipendenti e imprenditori, e segna un +3,5% rispetto al 2022.

Paolo Ciccarelli e Steven Friedman, che ha vinto il MIA Development Award For Outstanding Drama Project per The Night Watch, storia di magia, amicizia e misteri sepolti sotto la città di Amsterdam.

sitiva MIA XR è stata dedicata all’Extended Reality, cioè alla Realtà Virtuale, alla Realtà Aumentata e alla Realtà Mista.

I MIA DEVELOPMENT AWARD

La novità di quest’anno sono stati i MIA Development Award, nati in occasione del decimo anniversario del Mercato e attribuiti a 4 progetti selezionati nelle 4 categorie del Co-Production Market and Pitching Forum. È tra questi progetti, forse, che vedremo i film e le serie di domani. Il MIA Development Award For Outstanding Animation Project è andato a Big Bang Parade di Hermien Verstraeten, Sine Özbilge, Nienke Deutz, Karolien Raeymaekers, Imge Özbilge, Britt Raes e Martyna Koleniec. Il film, caratterizzato da uno stile grafico unico, è la storia di due bambini che aprono un forziere segreto, che contiene solo un sacchetto di biglie. Ma ogni biglia racchiude un minuscolo mondo in crescita, abitato da creature sorprendenti e colorate.

Il MIA Development Award For Outstanding Doc Project è andato a Reborn - Perfect Love, con la regia di Giovanni Conte e Francesco Pascucci, prodotto da Nicola Maiello e Camilla Gazzola (Amartia Film), che prova a capire il fenomeno delle bambole reborn, riproduzioni iper-realistiche di neonati che vengono trattate come fossero veri bambini: il film segue con uno sguardo empatico diverse donne e il loro legame emotivo con queste bambole. Il MIA Development Award For Outstanding Drama Project è andato a The Night Watch, scritto da Steven Friedman e prodotto da Edvard van’t Wout per Continent Studios, un racconto di magia, amicizia e misteri sepolti sotto la città di Amsterdam, che risponde bene alle esigenze di un momento in cui c’è bisogno di evasione e umorismo, in un mondo che a volte può sembrare

opprimente. Il MIA Development Award For Outstanding Film Project è andato a Death In Your Eyes, per la regia di Guillermo de Oliveira, prodotto da Silvia Fuentes (Sétima) e Nuria Landete García (Sideral Cinema). Si tratta di un noir con un grande approfondimento psicologico, che parla di avidità, corruzione e violenza.

I PREMI DI PARAMOUNT, GEDI E SCREEN INTERNATIONAL

Il prestigioso Paramount New Stories Award è stato assegnato ad Aya In The Desert, per la regia di Julia Horrillo, prodotto da Norbert Llaràs per Alhena Production (Spagna), co-prodotto da Les Film du Lézard (Francia) e Rija Film (Lettonia); un film che, con un linguaggio unico, nuovo e internazionale, riesce a parlare di diversità, equità, inclusione e rappresentazione. È la storia di Aya, una ragazza ivoriana di 13 anni che arriva sulla costa di Cadice travestita da ragazzo insieme a Nadima, una donna senegalese incinta, e altri migranti. Aya comincia a immaginare le avventure di Akwa Boni, una leggendaria regina ivoriana, per affrontare i momenti più difficili e mantiene vivo il ricordo di sua madre, sperando di rivederla.

Il GEDI Visual Award è andato a La vita che mi diedi/ Pulling My Own Strings, prodotto da Atomic, Officina 38 e Cinema Key, per la regia di Alessandra Cataleta (Italia): racconta la storia di Anna Cuticchio, la più famosa pupara siciliana che, prima di essere celebrata come pioniera, è stata etichettata come eretica, buona a nulla, ribelle e pazza. È il simbolo di tutte le piccole e grandi battaglie delle donne italiane negli ultimi sessant’anni. Il titolo è stato selezionato in Italians Doc It Better, lo showcase della sezione Doc & Factual del MIA che nel corso degli anni si è imposta

come la principale vetrina internazionale del miglior prodotto documentario italiano.

Lo Screen International Award è stato assegnato a Father/Otec, diretto da Tereza Nvotová, prodotto da Veronika Paštéková e Anton Škreko (Danae Production), Karel Chvojka e Miloš Lochman (Moloko Film) e Marta Gmosińska e Mariusz Włodarski (Lava Films). È un film selezionato per C EU Soon, il programma di work in progress dedicato ai film europei in post produzione in cerca di venditori internazionali. È un film che affronta le oscurità del mondo con empatia, dimostrando una profonda comprensione della condizione umana.

WIFTMI AWARD, I PREMI CARLO BIXIO E SIAE

La terza edizione del WIFTMI Award è stata vinta da Uglycomics/Fumettibrutti – la serie tratta dalla trilogia di graphic novel di Josephine Yole Signorelli, nota con lo pseudonimo che dà il titolo alla serie – prodotta da Riccardo Russo per Bim Produzione, da Wild Bunch Company e scritta da Teresa Ciabatti, Laura Luchetti e Michele Pellegrini. È un progetto italiano scripted selezionato all’interno della divisione Animation, Drama e Film del Co-Production Market & Pitching Forum. Il progetto è risultato quello con il maggior potenziale di realizzazione sulla base di criteri correlati ai temi dell’eliminazione della diseguaglianza di genere, della rappresentazione positiva, della rappresentanza equilibrata, della diversità e dell’inclusione. La serie segue il percorso di Yole, una giovane donna transgender che naviga nel suo cammino di scoperta di sé ed ha un forte potenziale commerciale grazie alla notorietà del brand e al suo innovativo mix di live-action e animazione.

La 12a edizione del Premio Carlo Bixio per il Miglior

Concept di Serie è andato a Giovanni Mauriello per il progetto Chukar, per il racconto contemporaneo della periferia romana che qui mostra un volto autentico nella complessità e per la delicatezza dei personaggi che affrontano la crudezza del mondo con la grazia dei piccoli chukar – le pernici del Pakistan che danno il nome alla storia – restituendo uno sguardo vibrante e originale sulle tematiche dei diritti e dell’inclusione e sul tema più universale che c’è: l’amore. Il premio per la Migliore Sceneggiatura è stato assegnato ex aequo a due progetti. Il primo è Doppio Fallo di Annalisa De Filippis e Eleonora Ghezzi, un racconto originale e nuovo, con due personaggi che non si dimenticano: Bruno, quarantenne, promessa mancata del tennis, e Asia, atleta adolescente AMAB, impegnata ad affermare sé stessa, sul campo e fuori. Il secondo è La Nube di Gianluca Tria e Lorenzo Garofalo, un racconto coraggioso che affronta un argomento drammatico e spinoso della storia del nostro Paese, il disastro di Seveso, visto attraverso lo sguardo e la vita di persone comuni.

Il Premio SIAE per la migliore sceneggiatura originale è andato a Il gioco dell’oca di Diego Pelizza, per la calibrata suspense e la ben orchestrata tensione narrativa con cui viene declinato uno spunto a metà tra

Black Mirror e Squid Game: una crudele challenge mutuata dal classico gioco da bambini, ma stavolta dalla posta in gioco mortale, a cui vengono sottoposte incolpevoli vittime impossibilitate a sfuggirne.

Il Premio Fideuram per i giovani va al concept Gli Incerti di Marco Pozzato e Matteo Calzolaio, per l’impianto narrativo ricco e variegato con cui esplora la vita di una casa-famiglia per ragazzi ‘borderline’, gestita dalla famiglia Incerti, dal punto di vista del figlio adolescente Andrea.

Giovanni Mauriello, che ha vinto il Premio Carlo Bixio per il Miglior Concept di Serie per Chukar, racconto contemporaneo della periferia romana in cui i personaggi affrontano la crudezza del mondo con la grazia dei piccoli chukar, le pernici del Pakistan.

TVKEY
A cura di Maurizio Ermisino

Marketing e comunicazione

Storie di tutti i giorni

Con 280 caratteri a disposizione, Chapt GPT (il modello di Intelligenza Artificiale generativa e apprendimento automatico sviluppato da Open AI) non ha avuto problemi né nel rispettare gli spazi né nell’elaborare la risposta: “è l’arte di creare e condividere storie che ispirano, connettono e trasmettono valori. Non è solo un mezzo per comunicare ma uno strumento potente, che dà significato alle esperienze, influenzando il modo in cui vediamo il mondo e generiamo cambiamento”.

Dalla risposta, probabilmente, molti lettori avranno già dedotto qual era la domanda:

Oltre 450 persone hanno partecipato allo Storytelling Festival: due giorni di speech, workshop e momenti di networking in cui discutere e diffondere la cultura della narrazione.

“cos’è lo storytelling?”. Fra tutte le espressioni che, negli ultimi anni, sono entrate di prepotenza nel lessico del marketing e della comunicazione, questa è una delle più suggestive. La sua traduzione letterale (‘affabulazione’) è eloquente: a essere chiamati direttamente in causa non sono solo l’innovazione tecnologica e quel processo di trasformazione digitale che sta contaminando la quotidianità di tutti noi ma anche una delle principali doti insite nell’essere umano, ovvero la capacità di narrare, illustrare, spiegare, esporre e diffondere. Potremmo continuare a lungo con i verbi: è lunghissimo, del resto, l’elenco dei pareri, delle esperienze e dei punti di vista espressi da professionisti di varia età, provenienza e formazione culturale (con tutto il rispetto per Chat GPT, non è ancora l’unico ‘addetto ai lavori’ cui è stata chiesta un’opinione...) saliti sul palcoscenico del polo multifunzionale AncheCinema di Bari, che alla fine di ottobre ha ospitato l’ultima

Primaria leva per la crescita del business e per i cambiamenti socio-culturali, lo storytelling sta influenzando la vita quotidiana di aziende e individui.

DI MAURO MURERO

edizione dello Storytelling Festival. Promosso da La Content, la strategy, creativity & content communication boutique fondata da Cristiano Carraro per mettere le aziende e le Istituzioni in condizione di interagire con i loro target di riferimento nel modo più efficace possibile, l’evento ha sempre avuto l’obiettivo primario di diffondere la cultura dello storytelling: sarebbe, quindi, riduttivo definirlo come un teatro in cui raccontare storie, visto che intende essere anche e soprattutto un punto d’incontro e di confronto tra discipline diverse e visioni del mondo differenti.

“Lo Storytelling Festival compie sei anni”, afferma Cristiano Carriero, co-Founder de La Content e ideatore della manifestazione: “è nato nel 2018 sulla base di una precisa convinzione, ovvero che le storie non sono solo narrazioni, ma anche azioni. Lo storytelling, infatti, è un ecosistema che comprende cultura, innovazione, business, scienza, antropologia e umanesimo: ogni singolo progetto destinato a durare nel tempo si fonda su una storia capace di connettere, emozionare e muovere. Nell’epoca del marketing ‘a tutti i costi’, vogliamo costruire un nuovo umanesimo digitale e non a caso abbiamo scelto Bari, capitale del ‘pensiero meridiano e mediterraneo’: scrittori, manager, imprenditori, creativi, filosofi ed esperti di Artificial Intelligence, uniti da una causa comune, hanno contribuito alla diffusione di una nuova cultura dello storytelling”.

Oltre 450 persone hanno partecipato alla due giorni di speech, workshop e momenti di networking, con ospiti di rilievo nazionale e internazionale e aziende che stanno facendo evolvere il loro modo di dialogare e comunicare: dal know-how di ciascuno di essi è emersa la conferma che lo storytelling può influenzare la vita di tutti i giorni, diventando una leva strategica per il business e uno strumento potente per il cambiamento sociale e culturale.

Nelle immagini di questa pagina, alcuni dei numerosi relatori che hanno portato le loro idee ed esperienze allo Storytelling Festival di Bari. Da sinistra, in senso orario: Riccardo Scandellari, Fabio Bin, Fulvio Julita e Federica D’Armento.

IL FUTURO DELLA NARRAZIONE

Le sfaccettature e le nicchie esplorate sono state numerosissime. Per esempio, Riccardo Scandellari, Autore e Divulgatore, si è soffermato sul tema del ‘significato della narrazione’: l’obiettivo dei grandi marketer non è tanto ‘vendere qualcosa’ quanto creare, per l’appunto, un significato che ruoti intorno al concetto di prodotto. Anche se sembriamo ragionare in modo razionale e farci guidare solo dal prezzo, da caratteristiche oggettive o da fredde cifre, al momento dell’atto d’acquisto finiamo con il privilegiare chi ci ha fatto sentire bene, ci ha trasportati in un mondo diverso, ci ha stimolati e ci è sembrato simile a noi.

Fabio Bin, co-Founder e CMO di WeRoad, ha spiegato la strategia adottata dalla società per crescere proprio tramite lo storytelling. In un mondo sostanzialmente saturo di contenuti di viaggio, l’innovativo brand travel ha fatto dell’arte della narrazione una vera e propria ‘ossessione’: ne è derivata una ridefinizione del marketing dei viaggi, con lo spostamento del focus dalle destinazioni alle connessioni umane e alle esperienze condivise.

Nel suo intervento Federica D’Armento, Talent Booster e Facilitator, ha preso in esame quello che può celarsi dietro alle storie che ci raccontiamo per dare senso alle esperienze, superare gli ostacoli e definire la nostra identità: una riflessione per aiutare a riconoscere le nar-

razioni limitanti e a riscrivere le storie stesse, contribuendo a creare un futuro più positivo e autentico. Lo Storyteller Fulvio Julita ha, invece, spiegato che cosa c’è di speciale nelle storie d’impresa, che non sono tutte uguali, tanto è vero che alcune catturano l’attenzione e rimangono impresse nella memoria più di altre: la ricetta vincente può essere individuata in un mix di empatia, esperienza e creatività.

Come spesso accade (per non dire sempre), l’affermazione sul mercato di nuovi fenomeni e tendenze è seguita da una serie di fasi di sviluppo successive, variabili da ‘2.0’ a ‘infinito.zero’, che apportano sia novità concrete sia nuovi spunti di riflessione.

A tal proposito, a fine settembre si è svolto l’evento ‘Da Brand building a Worldbuilding – L’evoluzione dello storytelling’, rivolto a manager, autori e creativi interessati a comprendere la rivoluzione in atto e a diventare attori protagonisti dello scenario futuro. Organizzato da OBE (Osservatorio Branded Entertainment) e da Brandstories in partnership con

Asseprim, l’appuntamento di due giorni si è suddiviso fra teoria e pratica, con il coinvolgimento di story designer, scrittori e sceneggiatori legati a diverse realtà.

Il presupposto di fondo su cui si è innestato l’interscambio di esperienze è che il panorama della comunicazione e quello dell’entertainment hanno vissuto una trasformazione radicale, caratterizzata dalla frammentazione dei media, dalla scomposizione dei modelli culturali e dal sovrapporsi di linguaggi e registri. Tutto questo ha contribuito a cambiare le modalità di recepimento dei messaggi, gettando le basi per la nascita e il consolidamento di uno scenario in cui i brand devono cambiare la propria ‘natura’ e le loro strategie di comunicazione per diventare oggetto della cultura popolare, ovvero piattaforme per messaggi basati su un purpose centrale e dotati di un sistema valoriale ben definito.

Per riuscire a mettere ‘a sistema’ la pluralità dei messaggi e degli strumenti che formano l’universo di una marca c’è una soluzione precisa: il Worldbuilding, un mondo narrativo da costruire, da raccontare e destinato a rappresentare il futuro stesso della comunicazione.

Cristiano Carriero, co-Founder de La Content.

EVENTS

56° KEY AWARD

56° KEY AWARD

ArredissimA il Sogno SKY UCL

SOGGETTO: UCL

CLIENTE: SKY ITALIA

AGENZIA: SKY CREATIVE ITALIA

CASA DI PRODUZIONE: AKITA FILM

56° KEY AWARD

Tech is Woman

SOGGETTO: ARREDISSIMA IL SOGNO

CLIENTE: ARREDISSIMA

AGENZIA: ALTERNATIVE GROUP

CASA DI PRODUZIONE: ALTERNATIVE GROUP

56° KEY AWARD

Tech is Woman

SOGGETTO: TECH IS WOMAN

CLIENTE: MEDIAMARKET

AGENZIA: ARMANDO TESTA

CASA DI PRODUZIONE: ARMANDO TESTA STUDIOS

SOGGETTO: TECH IS WOMAN

CLIENTE: MEDIAMARKET

AGENZIA: ARMANDO TESTA

CASA DI PRODUZIONE: ARMANDO TESTA STUDIOS

56° KEY AWARD

Essere un lavoratore autonomo non dovrebbe essere un rischio

SOGGETTO: ESSERE UN LAVORATORE AUTONOMO NON DOVREBBE ESSERE UN RISCHIO

CLIENTE: AXA ITALIA SERVIZI

AGENZIA: PUBLICIS CONSEIL

CASA DI PRODUZIONE: PRODIGIOUS FRANCE

56° KEY AWARD

Intimissimi Uomo - La scienza dell’intimo

SOGGETTO: LA SCIENZA DELL’INTIMO

CLIENTE: CALZEDONIA

AGENZIA: SEDICI:9

CASA DI PRODUZIONE: SEDICI:9

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: CANDLE STUDIO

56° KEY AWARD

Spesa difesa Selex

SOGGETTO: CON SELEX SIAMO TUTTI SUPEREROI

CLIENTE: SELEX

AGENZIA: +EMME

CASA DI PRODUZIONE: BEDESCHI FILM

56° KEY AWARD

La vita di un uomo è una fantastica storia

SOGGETTO: BALDASSARRE MONGE

CLIENTE: MONGE

AGENZIA: CDA-ADV

CASA DI PRODUZIONE: FILMGOOD

CASA DI POST PRODUZIONE: FREE U

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: CANDLE STUDIO

Mercedes Benz AMG SO GT63

SOGGETTO: MERCEDES BENZ AMG SO GT63

CLIENTE: MERCEDES-BENZ GROUP AG

AGENZIA: DLVBBDO

CASA DI PRODUZIONE: TEMPOMEDIA FILMPRODUKTION

CASA DI POST PRODUZIONE: CAT SOUND INTERNATIONAL

56° KEY AWARD

SOGGETTO: TELEPASS

CLIENTE: TELEPASS

AGENZIA: CRAFTED

CASA DI PRODUZIONE: GROENLANDIA

CoopVoce - Fare Storie

SOGGETTO: COOPVOCE - FARE STORIE

CLIENTE: COOP ITALIA

AGENZIA: CONVERSION E3

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA

56° KEY AWARD

SOGGETTO: TELEPASS

CLIENTE: TELEPASS

AGENZIA: CRAFTED CASA DI PRODUZIONE: GROENLANDIA

56° KEY AWARD 56° KEY AWARD

100 YEARS

SOGGETTO: REBEL OF GOODNESS

CLIENTE: A. LOACKER

AGENZIA: DILEMMA

CASA DI PRODUZIONE: DIAVIVA

56° KEY AWARD

Le coinquiLines

SOGGETTO: LE COINQUILINES - LA SCELTA È

FACILE CON LINES È!

CLIENTE: FATER

AGENZIA: DLVBBDO

CASA DI PRODUZIONE: MERCURIO

CINEMATOGRAFICA

CASA DI POST PRODUZIONE: 22DOGS

CASA DI POST PRODUZIONE AUDIO: DISC TO DISC

La rivoluzione è iniziata

SOGGETTO: LA RIVOLUZIONE È INIZIATA

CLIENTE: DOMINO INFISSI

AGENZIA: FALCONE STUDIO

56° KEY AWARD

Ferretti Group Private Preview: Rock DJ

SOGGETTO: FERRETTI GROUP PRIVATE

PREVIEW: ROCK DJ

CLIENTE: FERRETTI

AGENZIA: ARS MEDIA

CASA DI PRODUZIONE: STARNEWS

Riva El-Iseo:

a new way to feel the water

SOGGETTO: ITAMA 45RS: THE POWER CIRCLE

CLIENTE: FERRETTI

AGENZIA: BOAT SHOW TELEVISION

CASA DI PRODUZIONE E POST PRODUZIONE: BOAT SHOW TELEVISION

Itama 45RS: The Power Circle Monge

56° KEY AWARD

SOGGETTO: RIVA EL-ISEO: A NEW WAY TO FEEL THE WATER

CLIENTE: FERRETTI

AGENZIA: TBWA

CASA DI PRODUZIONE E POST PRODUZIONE: PAGLIAI FILM GROUP

56° KEY AWARD

Cybersecurity True Crime per Volksbank

SOGGETTO: MONGE

CLIENTE: MONGE

CASA DI PRODUZIONE: FILMGOOD

POST PRODUZIONE VIDEO: FREEU

POST PRODUZIONE AUDIO: TOP DIGITAL

SOGGETTO: PROGETTO BILINGUE ITALIANO & TEDESCO

CLIENTE: BANCA POPOLARE DELL'ALTO ADIGE

AGENZIA: FLATMATES

CASA DI PRODUZIONE: FLATMATES

56° KEY AWARD 56° KEY AWARD

La fonte della tua natura

SOGGETTO: CERBIATTO

CLIENTE: PONTEVECCHIO

AGENZIA: ARMANDO TESTA

CASA DI PRODUZIONE: ARMANDO TESTA STUDIOS

CASA DI POST PRODUZIONE: H7-25 STUDIO

56° KEY AWARD

Sofficini più mozzarella

SOGGETTO: VIA LATTEA

CLIENTE: CSI- COMPAGNIA SURGELATI ITALIANA

AGENZIA: MCCANN WORLDGROUP ITALY

CASA DI PRODUZIONE: INNOVATIVE AMERICAN

TECHNOLOGY ITALIA

CASA DI POST PRODUZIONE: UBIK

Athora - Un giorno ti ringrazierai

SOGGETTO: UN GIORNO TI RINGRAZIERAI

CLIENTE: ATHORA ITALIA

AGENZIA: HAVAS CX ITALY

CASA DI PRODUZIONE E POST PRODUZIONE: HRCLS MILAN

56° KEY AWARD

Jannik Sinner for isybank

SOGGETTO: THE DOUBLE

CLIENTE: INTESA SAN PAOLO

AGENZIA: ACCENTURE SONG

CASA DI PRODUZIONE: MOVIE MAGIC INTERNATIONAL

POST PRODUZIONE VIDEO: EXCHANGES

POST PRODUZIONE AUDIO: ECCETERA

56° KEY AWARD

Jannik Sinner for isybank

SOGGETTO: THE CHAIR

CLIENTE: INTESA SAN PAOLO

AGENZIA: ACCENTURE SONG

CASA DI PRODUZIONE: MOVIE MAGIC INTERNATIONAL

POST PRODUZIONE VIDEO: EXCHANGES

POST PRODUZIONE AUDIO: ECCETERA

56° KEY AWARD

Una Sfida per 4

SOGGETTO: UNA SFIDA PER 4

CLIENTE: GESCO

AGENZIA: ISLA

CASA DI PRODUZIONE: BLACKBALL

56° KEY AWARD

Una Sfida per 4

SOGGETTO: UNA SFIDA PER 4

CLIENTE: GESCO

AGENZIA: ISLA CASA DI PRODUZIONE: BLACKBALL

56° KEY AWARD

Una Sfida per 4

SOGGETTO: UNA SFIDA PER 4

CLIENTE: GESCO

AGENZIA: ISLA

CASA DI PRODUZIONE: BLACKBALL

Cosa fai dopo la vita?

SOGGETTO: COSA FAI DOPO LA VITA?

CLIENTE: AIL - ASSOCIAZIONE ITALIANA

CONTRO LEUCEMIE LINFOMI E MIELOMA

AGENZIA: LATERAL CREATIVE HUB

CASA DI PRODUZIONE: SEDICI:9

56° KEY AWARD

Tecnocasa

SOGGETTO: TECNOCASA

CLIENTE: TECNOCASA GROUP

AGENZIA: LORENZO MARINI GROUP

CASA DI PRODUZIONE: FILMGOOD

Amica Chips

SOGGETTO: LA SUORA

CLIENTE: AMICA CHIPS

AGENZIA: LORENZO MARINI GROUP

CASA DI PRODUZIONE: FILMGOOD

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: FILMGOOD

56° KEY AWARD

Space

SOGGETTO: PROPOSTA VINI - SPACE

CLIENTE: PROPOSTA VINI

AGENZIA: MATTEO SCOTTON

CASA DI PRODUZIONE: MATTEO SCOTTON

56° KEY AWARD

56° KEY AWARD

Decisamente Pugliese Decisamente Pugliese

SOGGETTO: CREATIVE EFFECTIVENESS

CLIENTE: BIRRA PERONI

AGENZIA: MCCANN WORLDGROUP

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

56° KEY AWARD

SOGGETTO: INTEGRATED CAMPAIGN

CLIENTE: BIRRA PERONI

AGENZIA: MCCANN WORLDGROUP

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

56° KEY AWARD

SOGGETTO: NON CI CREDI? È TUTTO VERO

CLIENTE: OPTIMA ITALIA

AGENZIA: RTI

CASA DI PRODUZIONE: RTI

SOGGETTO: NON CI CREDI? È TUTTO VERO

CLIENTE: OPTIMA ITALIA

AGENZIA: RTI

CASA DI PRODUZIONE: RTI

Cerchiamo te. Nessun’altra esperienza richiesta

SOGGETTO: HELLO COLOR, HELLO SMARTPHONE

CLIENTE: LENOVO ITALY - BRAND MOTOROLA

AGENZIA: EY ADVISORY - EY YELLO

CASA DI PRODUZIONE: ORANGE PICTURES

Hello Color, Hello smARTphone WanderoverRome

SOGGETTO: NINJA

CLIENTE: VORWERK ITALIA

AGENZIA: PROPOSTE

CASA DI PRODUZIONE: SUPERHUMANS

New Abarth Range Augmented Performance

SOGGETTO: WANDEROVERROME

CLIENTE: AEROPORTI DI ROMA

AGENZIA: RAGÙ COMMUNICATION

CASA DI PRODUZIONE: AZIMUTH FILM COMPANY

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: AZIMUTH FILM COMPANY

SOGGETTO: NEW ABARTH RANGE AUGMENTED PERFORMANCE

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: INDIPENDENT IDEAS

CASA DI PRODUZIONE: AKITA FILM

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

56° KEY AWARD

56° KEY AWARD

Alfa Romeo Junior Abarth confession

SOGGETTO: ABARTH CONFESSION

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: MIGRANTE LOS ANGELES

CASA DI PRODUZIONE: BUDDY FILM

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

56° KEY AWARD

Conad Natale

SOGGETTO: CONAD NATALE

CLIENTE: CONAD

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

SOGGETTO: ALFA ROMEO JUNIOR

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: MIGRANTE LOS ANGELES

CASA DI PRODUZIONE: AKITA FILM

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

56° KEY AWARD

DS Automobiles Collection Antoine De Saint Exupéry

SOGGETTO: DS AUTOMOBILES COLLECTION

ANTOINE DE SAINT EXUPÉRY

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: MARCEL PARIS

CASA DI PRODUZIONE: MOVIE MAGIC

INTERNATIONAL

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

Fiat 600 LDC upgrade Fiat 500e buon compleanno

SOGGETTO: FIAT 500E BUON COMPLEANNO

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: LEO BURNETT

CASA DI PRODUZIONE: TWISTER FILM

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

Jeep Avenger

SOGGETTO: JEEP AVENGER

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: LEO BURNETT

CASA DI PRODUZIONE: MOVIE MAGIC

INTERNATIONAL

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

SOGGETTO: FIAT 600 LDC UPGRADE

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: MIGRANTE LOS ANGELES

CASA DI PRODUZIONE: MOVIE MAGIC

INTERNATIONAL

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

L’art du voyage à la française par DS Automobiles, trait d’union entre passé, présent et futur

SOGGETTO: L’ART DU VOYAGE À LA FRANÇAISE

PAR DS AUTOMOBILES, TRAIT D’UNION ENTRE

PASSÉ, PRÉSENT ET FUTUR

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: MARCEL PARIS

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

Nuova Lancia - Lancia CASSINA LANCIA masterpiece

SOGGETTO: LANCIA MASTERPIECE

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: 777

CASA DI PRODUZIONE: BUDDY FILM

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

Nuova Peugeot E208

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: 777

CASA DI PRODUZIONE: MOVIE MAGIC INTERNATIONAL

56° KEY AWARD 56° KEY AWARD 56° KEY AWARD

SOGGETTO: NUOVA LANCIA - LANCIA CASSINA

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

Upgrade to French class DS 4

SOGGETTO: NUOVA PEUGEOT E208

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: BECT PARIS

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

SOGGETTO: UPGRADE TO FRENCH CLASS DS 4

CLIENTE: STELLANTIS

AGENZIA: MARCEL PARIS

CASA DI PRODUZIONE: VERY CONTENT

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: RED ROSE PRODUCTIONS

Jennifer Lopez x Intimissimi

SOGGETTO: A DAY IN POSITANO

CLIENTE: CALZEDONIA

AGENZIA: RICCARDO RUINI STUDIO

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

CASA DI POST PRODUZIONE: ARTIFICIO

Jennifer Lopez x Intimissimi

SOGGETTO: THIS IS ME...NOW

CLIENTE: CALZEDONIA

AGENZIA: RICCARDO RUINI STUDIO

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

CASA DI POST PRODUZIONE: ARTIFICIO

Jennifer Lopez x Intimissimi

SOGGETTO: THE NEW SILKY INTIMATES

CLIENTE: CALZEDONIA

AGENZIA: RICCARDO RUINI STUDIO

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

CASA DI POST PRODUZIONE: ARTIFICIO

Se li conosci, li scegli

SOGGETTO: GAMMA RISPARMIO POSTALE

BUONI E LIBRETTI

CLIENTE: POSTE ITALIANE

AGENZIA: SAATCHI & SAATCHI

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

CASA DI POST PRODUZIONE: PRODIGIOUS

56° KEY AWARD

A che lavoro giochiamo?

SOGGETTO: A CHE LAVORO GIOCHIAMO?

CLIENTE: HUMANA ITALIA

AGENZIA: SERVICEPLAN ITALIA

CASA DI PRODUZIONE: MAKE E CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA

56° KEY AWARD

Linea etichette prodotti Costa d’Oro

SOGGETTO: ETICHETTE COSTA D’ORO

CLIENTE: COSTA D’ORO

AGENZIA: T2Ó ITALIA

56° KEY AWARD

Perchè un oggetto non è solo materia. È molto di più

SOGGETTO: PERCHÈ UN OGGETTO NON È SOLO

MATERIA. È MOLTO DI PIÙ

CLIENTE: TOGNANA PORCELLANE

AGENZIA: SEVENTYSEVEN COMMUNICATION CASA DI PRODUZIONE: FONX EMOTION

56° KEY AWARD

Fuffa che Uffa

SOGGETTO: FUFFA CHE UFFA

CLIENTE: GIORDANO VINI

AGENZIA: T2Ó ITALIA

ProUp - Vivi da PRO La raccolta gira l’Italia

SOGGETTO: LA RACCOLTA GIRA L’ITALIA

CLIENTE: CENTRO DI COORDINAMENTO

RAEE E CENTRO DI COORDINAMENTO PILE E ACCUMULATORI

AGENZIA: TEND GLOBAL COMMUNICATION

CASA DI PRODUZIONE: HERITAGE GLOBAL

56° KEY AWARD

Il Villaggio Co-Housing

SOGGETTO: PROUP - VIVI DA PRO

CLIENTE: EUROVO

AGENZIA: TEND GLOBAL COMMUNICATION

CASA DI PRODUZIONE: TEND GLOBAL COMMUNICATION

La

parità non può aspettare

SOGGETTO: IL VILLAGGIO CO-HOUSING

CLIENTE: FONDAZIONE PROGETTOAUTISMO

ONLUS

AGENZIA: TEND GLOBAL COMMUNICATION

CASA DI PRODUZIONE: TEND GLOBAL COMMUNICATION

SOGGETTO: IL LABIRINTO

CLIENTE: TIM

AGENZIA: HAVAS MILAN

CASA DI PRODUZIONE: ARMOSIA ITALIA

CASA DI POST PRODUZIONE: FRAME BY FRAME

56° KEY AWARD

Doniamo emozioni al grande spettacolo della vita

SOGGETTO: DONIAMO EMOZIONI AL GRANDE

SPETTACOLO DELLA VITA

CLIENTE: GIOCHERIA

AGENZIA: TUNNEL STUDIOS

CASA DI PRODUZIONE: ADRAMA

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: TUNNEL STUDIOS

56° KEY AWARD

A ognuno la sua specialità

SOGGETTO: SALMONE MOWI

CLIENTE: MOWI ITALIA

AGENZIA: TWENTYTWENTY (NOESIS GROUP)

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

56° KEY AWARD

L’estinzione dei brufoli e dei punti neri con... New Topexan!

SOGGETTO: NEW TOPEXAN

CLIENTE: SOCO

AGENZIA: TUNNEL STUDIOS

CASA DI PRODUZIONE: TUNNEL STUDIOS

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: TUNNEL STUDIOS

56° KEY AWARD

Luce 12

SOGGETTO: OTTOBRE - LUCE 12

CLIENTE: DOLOMITI ENERGIA

AGENZIA: VIDEONARIA

CASA DI PRODUZIONE: VIDEONARIA

56° KEY AWARD

Lo ZOO di 105 - Troppo Grande Euorobet.live Europei 2024

SOGGETTO: TIRA FUORI L’ESPERTO CHE È IN TE

CLIENTE: ENTAIN ITALIA

AGENZIA: H48

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: ROCKET AREA

56° KEY AWARD 56° KEY AWARD

MioMito

SOGGETTO: LO ZOO DI 105 - TROPPO GRANDE

CLIENTE: MEDIASET RADIO

AGENZIA: VISIONARIA FILM

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: ROCKET AREA

56° KEY AWARD

SOGGETTO: MIOMITO - UNITI CONTRO LE MALATTIE MITOCONDRIALI

CLIENTE: MIOMITO ONLUS

AGENZIA: VISIONARIA FILM

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

SOGGETTO: ACCENDIAMO LA CYBERSICUREZZA

CLIENTE: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI

MINISTRI - ACN

AGENZIA: JELLYFISH

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: ROCKET AREA

56° KEY AWARD

Unieuro Cuoriconnessi

SOGGETTO: CUORICONNESSI

CLIENTE: UNIEURO

AGENZIA: VML

CASA DI PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: VISIONARIA FILM

56° KEY AWARD

Tutta l’energia di una pausa

SOGGETTO: IP - CAMPAGNA REBRANDING

CLIENTE: ITALIANA PETROLI

AGENZIA: VML

CASA DI PRODUZIONE: BUDDY FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: HOGARTH

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: HOGARTH

56° KEY AWARD

Tutta l’energia di una pausa

SOGGETTO: IP - CAMPAGNA REBRANDING

CLIENTE: ITALIANA PETROLI

AGENZIA: VML

CASA DI PRODUZIONE: BUDDY FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: HOGARTH

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: HOGARTH

56° KEY AWARD

Rexer: Opera

SOGGETTO: REXER

CLIENTE: REXER

AGENZIA: REXER

CASA DI PRODUZIONE: WITHSTAND

56° KEY AWARD

Campagne iscritte

Non ci sono scuse

SOGGETTO: NON CI SONO SCUSE

CLIENTE: FONDAZIONE UMBERTO VERONESI ETS

AGENZIA: LOOKAROUND

CASA DI PRODUZIONE: ANG FILMS

CASA DI POST PRODUZIONE: ANG FILMS

56° KEY AWARD

Rolling Together

SOGGETTO: ROLLING TOGETHER

CLIENTE: PROMETEON TYRE GROUP

AGENZIA: YELLOW

CASA DI PRODUZIONE: YELLOW

56° KEY AWARD

Very Mobile

SOGGETTO: TURTLE PERFORMER

CLIENTE: VERY MOBILE

AGENZIA: FCB PARTNERS

CASA DI PRODUZIONE: XLR8

CASA DI POST PRODUZIONE: XLR8

11° RADIO KEY AWARD

Gli Stancanovisti - Lavorare stanca

SOGGETTO: GLI STANCANOVISTI - LAVORARE

STANCA

CLIENTE: ALFASIGMA

AGENZIA: INITIATIVE MEDIA ITALIA

CASA DI PRODUZIONE: PODCASTORY

Passa a segnoVerde Ahia! Ho mal di pancia

SOGGETTO: AHIA! HO MAL DI PANCIA

CLIENTE: ALFASIGMA

AGENZIA: PKE

SOGGETTO: LUCE&GAS

CLIENTE: SEGNOVERDE

AGENZIA: ARMANDO TESTA

CASA DI PRODUZIONE: ARMANDO TESTA STUDIOS

11° RADIO KEY AWARD 11° RADIO KEY AWARD

Cos’è la salute per te?

Consegna gratuita

SOGGETTO: SOLUZIONI SALUTE

CLIENTE: AXA ITALIA SERVIZI

AGENZIA: PUBLICIS

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: ECCETERA

PRODUZIONI AUDIO

SOGGETTO: PORTIERE

CLIENTE: DEGHI

AGENZIA: CASIRAGHI GRECO

11° RADIO KEY AWARD
RADIO KEY AWARD

Speck Alto Adige

SOGGETTO: SPECK

CLIENTE: CONSORZIO TUTELA SPECK ALTO ADIGE

CASA DI PRODUZIONE: FILMGOOD

11° RADIO KEY AWARD

SOGGETTO: POTREMMO MA NON SERVE

CLIENTE: SGAMBARO

AGENZIA: GINEVRA COMMUNICATIONS

CASA DI PRODUZIONE: ATORN

Sempre Libera - Ragazze all’Opera

SOGGETTO: UN PODCAST SULL’EMPOWERMENT FEMMINILE DI FONDAZIONE ARENA

CLIENTE: FONDAZIONE ARENA DI VERONA

CASA DI PRODUZIONE: ONEPODCAST - GEDI

DIGITAL

RADIO KEY AWARD

SOGGETTO: TAVERNELLO

CLIENTE: CAVIRO

AGENZIA: LORENZO MARINI GROUP

CASA DI PRODUZIONE: FILMGOOD

RADIO KEY AWARD

PostePay Everyday Decisamente Pugliese

SOGGETTO: SPOT SPOTIFY

CLIENTE: BIRRA PERONI

AGENZIA: MCCANN WORLDGROUP

CASA DI PRODUZIONE: THINK CATTLEYA

RADIO KEY AWARD 11° RADIO KEY AWARD 11° RADIO KEY AWARD

SOGGETTO: POSTEPAY EVERYDAY

CLIENTE: POSTE ITALIANE

AGENZIA: SAATCHI & SAATCHI

SOGGETTO: POSTEPAY PRIMA CONDIVIDI

POI DIVIDI

CLIENTE: POSTE ITALIANE

AGENZIA: SAATCHI & SAATCHI

SOGGETTO: POSSESSION

CLIENTE: PERFETTI VAN MELLE

AGENZIA: SELECTION COMMUNICATION & DESIGN

CASA DI PRODUZIONE: SELECTION

COMMUNICATION & DESIGN

Radio TIM Business Armonia

SOGGETTO: ARMONIA – CONTO BANCOPOSTA

CLIENTE: POSTE ITALIANE

AGENZIA: SUPERHUMANS

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: SING SING MUSIC

11° RADIO KEY AWARD

TIM Fisso Rottamazione

SOGGETTO: TIM UFFICIO OVUNQUE SEI

CLIENTE: TIM AGENZIA: HAVAS MILAN

Doniamo

RADIO KEY AWARD

SOGGETTO: STRADA

CLIENTE: TIM

AGENZIA: HAVAS MILAN

SOGGETTO: DONIAMO EMOZIONI AL GRANDE

SPETTACOLO DELLA VITA

CLIENTE: GIOCHERIA

AGENZIA: TUNNEL STUDIOS

CASA DI PRODUZIONE: ADRAMA

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: TUNNEL STUDIOS

L’estinzione dei brufoli e dei punti neri con... New Topexan!

SOGGETTO: NEW TOPEXAN

CLIENTE: SOCO

AGENZIA: TUNNEL STUDIOS

CASA DI PRODUZIONE: TUNNEL STUDIOS

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: TUNNEL STUDIOS

Luce 12

RADIO KEY AWARD 11° RADIO KEY AWARD

Tutta l’energia di una pausa

SOGGETTO: OTTOBRE - LUCE 12 RADIO

CLIENTE: DOLOMITI ENERGIA

AGENZIA: VIDEONARIA

CASA DI PRODUZIONE: VIDEONARIA

RADIO KEY AWARD

Non ci sono scuse

SOGGETTO: IP - CAMPAGNA REBRANDING

CLIENTE: ITALIANA PETROLI

AGENZIA: VML

CASA DI PRODUZIONE: BUDDY FILM

CASA DI POST PRODUZIONE: HOGARTH

CASA DI PRODUZIONE AUDIO: HOGARTH

SOGGETTO: NON CI SONO SCUSE

CLIENTE: FONDAZIONE UMBERTO VERONESI ETS

AGENZIA: LOOKAROUND

CASA DI PRODUZIONE: ANG FILMS

CASA DI POST PRODUZIONE: ANG FILMS

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