Quaderno della ricerca #61

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I Quaderni della Ricerca

I saperi che orientano Paola Parente, Claudia Piccini


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ISBN 9788820138875 In alcune immagini di questo volume potrebbero essere visibili i nomi di prodotti commerciali e dei relativi marchi delle case produttrici. La presenza di tali illustrazioni risponde a un’esigenza didattica e non è, in nessun caso, da interpretarsi come una scelta di merito della Casa editrice né, tantomeno, come un invito al consumo di determinati prodotti. I marchi registrati in copertina sono segni distintivi registrati, anche quando non sono seguiti dal simbolo .

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Indice

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 Primo capitolo: l’approccio trasversale dell’orientamento . . . . . . . . 7

1.1. Il ruolo strategico dell’orientamento nei documenti ufficiali . . 7 1.2. Perché nei processi orientativi siamo arrivati a considerare importanti i differenti saperi della persona . . . . . 13 Secondo capitolo: l’aspetto umano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

2.1 Il percorso di consapevolezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 2.2 L’esperienza dei docenti riletta in un’ottica orientativa . . . . .56 Terzo capitolo: quello che possiamo fare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .65

3.1 La proposta QUIDD, tra complessità e compito educativo . . .65 3.1.1. L’espressività . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .66 3.1.2. La complessità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 3.1.3. La sintesi personale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

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Premessa

Il presente volume dei Quaderni della Ricerca prende spunto da un webinar promosso dalla casa editrice Loescher e realizzato da Paola Parente e Claudia Piccini dell’associazione per l’orientamento QUIDD1, dal titolo “Da un presente pandemico dis-orientante a un percorso che apre a un pensiero in grado di valorizzare gli aspetti umani”. Tutta l’esperienza di questa lunga pandemia non può non portarci a riflettere sulla fragilità e vulnerabilità dell’essere umano e sui limiti di una concezione riduttiva della persona che ne valorizza solo alcuni aspetti, parziali, della personalità. Nel tentativo di misurare le capacità (scolastiche e lavorative) delle persone e nel privilegiare l’analisi di certe caratteristiche ci siamo allontanati dalla visione stessa dell’essere umano nella sua completezza, rendendoci conto, a un tratto, che tutto questo non porta all’innovazione, perché questa si basa su caratteristiche, comportamenti, pratiche che spesso abbiamo visto come un limite, se non addirittura come un ostacolo al “successo”. La pandemia ci ha fatto comprendere che un’effettiva valorizzazione di alcune risorse ancora preziosamente umane fa la differenza, oggi, sul piano della qualità della prestazione lavorativa. Sono quelle che hanno permesso a medici, infermieri, insegnanti, operatori sociali, operatori e operatrici di interi servizi, dalla logistica alla distribuzione, dal commercio agli esercizi pubblici e privati e tanti altri, di agire la responsabilità, la comprensione dei problemi, la ricerca di soluzioni mai sperimentate, attraverso modalità di solidarietà e di scambio attivo della relazione, per ricercare proposte nuove e imprevedibili e salvare vite umane caso per caso. In momenti e contesti differenti la nostra memoria si appropria di dati,

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QUIDD è un’organizzazione costituita da sette professioniste che mettono al servizio delle persone trent’anni della loro esperienza comune nel settore dell’orientamento, della formazione e del benessere organizzativo, al fine di accompagnare lo sviluppo delle potenzialità personali e professionali degli individui. Le lettere che compongono il nome QUIDD richiamano la centralità delle Qualità Umane nei processi di Innovazione e il valore delle Differenti Direzioni che l’essere umano intraprende nel suo percorso di crescita. Il sito internet è www.quidd.eu.

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I saperi che orientano

contributi di esperienze, di nozioni e informazioni accantonate, e li sa trasformare in nuovi stimoli, in punti di vista inediti, messi a fuoco attraverso un “lavoro mediato” che rende viva la nostra sensibilità, la nostra apertura alla conoscenza e all’immaginazione. Questo ci porta all’insieme di modi di essere, oltre che alla razionale definizione di risposte tempestive e competenti. In questo modo la frammentazione di tentativi sperimentali trova la strada della consapevolezza, i singoli saperi si fondono in quella che definiamo l’interdisciplinarietà, rendendo viva l’esperienza e la complessa costruzione delle relazioni umane. Una corposa letteratura internazionale oggi parla di competenze soft, trasversali, e di competenze non cognitive: la negazione introduce l’importanza di quegli aspetti della personalità che emergono prepotentemente quando ci vengono chieste autonomia e responsabilità per agire consapevolmente. Gli aspetti razionali limitano il nostro agire operativo, e lo limitano soprattutto per quello che riguarda la capacità di intervenire per innovare, per spostare avanti la conoscenza in un mondo ad alta variabilità e ricco di opportunità. Non a caso tutte le più importanti ricerche internazionali che stanno definendo le competenze del futuro mettono al primo posto non solo le tanto ricercate competenze digitali, ma anche e soprattutto curiosità, creatività, immaginazione, intelligenza critica, capacità emotiva e intelligenza sociale. Daniela Lucangeli da anni ci dice che le emozioni sono fondamentali per l’apprendimento e, citando il neurofisiologo Eric Fisher, dice che «quando io apprendo, la direzione del flusso è “da fuori a dentro”, quando penso è “da dentro a fuori”: la direzione “da dentro a dentro” avviene attraverso la mia intelligenza con pensieri divergenti e creativi. In questa fase avviene la trasformazione di ciò che apprendo in qualcosa di personale»2. La parte interessante è, dunque, la direzione “da dentro a dentro”: è questo il lavoro della nostra memoria che trasforma l’informazione, permettendo una personale elaborazione che modifica le nostre reti neurali e consente l’incredibile varietà, specificità, differenziazione e differenze delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, futuri cittadini consapevoli e lavoratori responsabili. L’attenzione della scuola può far emergere queste competenze “invisibili” ma fondamentali per intervenire in un mondo in continua trasformazione, che richiede sempre più la molteplicità dei nostri saperi. La cura della complessità umana deve dar vita a percorsi trasversali che orientano le esperienze, permettendone una elaborazione continua, per fornire direzione e consapevolezza.

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D. Lucangeli, Intelligenza creativa a scuola, maggio 2017, consultabile all’indirizzo https://sportellautismo.altervista.org/intelligenza-creativa-e-scuola-dott-ssa-lucangeli/.


Primo capitolo: l’approccio trasversale dell’orientamento

Educare è avere tra le mani l’esistenza degli altri, quello che sono e quello che potrebbero essere. Uno per uno, singolare e plurale. Marina Garcés

1.1. Il ruolo strategico dell’orientamento nei documenti ufficiali La riflessione sull’orientamento non è sicuramente recente, già nel 1966 il D.P.R. n. 362 introduceva nella scuola secondaria di primo grado il consiglio orientativo, affermando che il consiglio di classe esprime, per gli ammessi all’esame, un consiglio di orientamento sulle scelte successive dei singoli candidati, motivandolo con un parere non vincolante.

I consigli di classe devono dare un’indicazione sulla scelta degli studi, indicazione che diventa fondamentale per il successo formativo dei ragazzi e delle ragazze. Nella scuola secondaria superiore la legge n. 107 del 2015 introduce il curriculum dello studente per «raccogliere tutti i dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro». Il curriculum viene confermato e introdotto dal Decreto del Ministro del 6 agosto 2020 n. 88, che ne prevede la sua applicazione a partire dall’anno scolastico 2020/2021 (art. 3). Né il consiglio orientativo né il curriculum dello studente sono mai stati inclusi in un percorso di orientamento più ampio, non rappresentano la sintesi di un percorso che include un’analisi che coinvolge gli studenti in prima persona e tantomeno i loro desideri, interessi, motivazioni o aspirazioni. Questi due strumenti potrebbero rappresentare l’espressione di un percorso lungo di orientamento, perché vengono compilati in due momenti fondamentali di passaggio dove la scelta dello studente, la sua azione, deve ba-

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I saperi che orientano

sarsi su una consapevolezza maturata tra esperienza e visione futura. In questi momenti deve essere visibile la persona nella sua naturale originalità, la persona che a poco a poco è sempre più in grado di determinare il proprio futuro. Il coinvolgimento dei ragazzi e delle ragazze nell’elaborazione del contenuto di questi strumenti è strettamente legato al percorso formativo e al tema dell’orientamento, che diventa azione strategica in alcune norme e regolamenti che si sono susseguiti negli anni. Nel 1997 la Direttiva n. 4873 all’articolo 1 afferma che l’orientamento – quale attività istituzionale delle scuole di ogni ordine e grado – costituisce parte integrante dei curricoli di studio e, più in generale, del processo educativo e formativo sin dalla scuola dell’infanzia.

Questo introduce l’idea che l’orientamento possa accompagnare tutto il percorso scolastico per «essere protagonisti di un personale progetto di vita, e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo, paritario e responsabile», dando allo studente un ruolo attivo e propositivo, per vivere in una società complessa. In particolare, «per tutta la durata della scuola secondaria devono essere realizzate attività di orientamento, integrate con gli insegnamenti disciplinari e specifiche azioni, in funzione del passaggio dalla scuola media alla scuola superiore» (art. 3) e «nell’ultimo ciclo della scuola secondaria superiore gli istituti realizzano specifiche attività per sostenere il processo di scelta degli studenti in funzione degli studi universitari, della qualificazione professionale o del lavoro» (art 4). Per realizzare questo la Direttiva del 1997 prevede piani di formazione e di ricerca destinati al personale scolastico; progetti pilota per la promozione di innovazioni riguardanti la funzione orientativa delle discipline; campagne informative per l’orientamento universitario; scambi di esperienze tra le scuole, anche in via telematica e in ambito comunitario. Il Regolamento sull’autonomia4 prevede che la scuola definisca il Piano dell’Offerta Formativa in cui i docenti hanno il compito e la responsabilità sì di progettare e attuare il processo di insegnamento e di apprendimento ma, allo stesso tempo, di determinare il curricolo che deve tener conto delle diverse esigenze formative degli alunni e della necessità di «garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento».

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4.

Cfr. Ministero Pubblica Istruzione, Direttiva sull’orientamento delle studentesse e degli studenti, Direttiva 487 del 6 agosto 1997, consultabile all’indirizzo https://www.edscuola.it/archivio/norme/direttive/dir487_97.html. Cfr. D.P.R. n. 275/1999.


Primo capitolo: l’approccio trasversale dell’orientamento

Il seminario nazionale «L’orientamento per il futuro» di Abano (marzo del 2009) segna la ripresa del dialogo tra il Ministero e le scuole in tema di orientamento scolastico e formativo. In tale occasione viene presentato il Piano Nazionale di Orientamento, Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita, che conferma l’importanza di un orientamento lungo tutto l’arco della vita scolastica, come previsto dalla Direttiva del 1997. In particolare, è auspicata l’individuazione di una strategia organizzativa ed operativa di un sistema integrato di orientamento nazionale, che sia in grado di dare risposte unitarie e coerenti ai bisogni espressi da ogni persona lungo tutto l’arco della vita.

Queste Linee guida riaffermano la necessità che l’orientamento diventi prassi consolidata nella didattica curriculare ed evidenziano l’importanza di sviluppare: a. la didattica orientativa, ovvero la funzione orientativa del processo orientativo; b. il tutorato orientativo svolto dal docente. Sono coinvolti tutti gli ordini e i gradi di scuola e tutte le discipline, così da accompagnare gli studenti durante tutto il percorso di crescita e di apprendimento. Questo accompagnamento prevede il coinvolgimento di tutti i soggetti educativi (enti, istituzioni, associazioni, scuole) presenti sul territorio e il contributo delle stesse famiglie per realizzare quella che viene definita una “alleanza educativa”. Il Piano nazionale di orientamento, inserito in una rete inter-istituzionale alla quale affianca azioni rivolte alle scuole, conferma l’importanza di una attività di formazione per gli insegnanti, per fornire loro le conoscenze e gli strumenti necessari per seguire gli studenti in un percorso di orientamento, e introduce, quale elemento di novità, la necessità di costituire un sistema integrato di orientamento nazionale. Un ruolo significativo viene affidato ai “team regionali”, designati dai rispettivi Uffici Scolastici Regionali, cui spetta il compito di realizzare la “rete territoriale” di soggetti e di rapporti, indispensabile presupposto per lo sviluppo di azioni coerenti, condivise e unitarie dal livello nazionale fino ad arrivare a quello locale. Il Piano sviluppa l’idea di un orientamento come “processo unitario”, parte integrante della scuola dell’infanzia fino all’università, quindi non finalizzato alla scelta, ma alla crescita degli studenti e al più ampio contrasto della stessa dispersione scolastica. Nonostante gli obiettivi alti e strategici, i documenti citati non fanno ancora chiarezza su cos’è l’orientamento e soprattutto sulla sostanziale differenza tra l’orientamento e una buona didattica, tra acquisire delle conoscenze e avere la consapevolezza delle proprie risorse, tra la capacità di ragionare con i numeri o di esprimersi in italiano e definire un’identità comprendendo sé stessi e il mondo che ci circonda.

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I saperi che orientano

Le Linee guida del MIUR del 20145, in linea con i documenti europei, confermano un’idea di orientamento che non è più solo lo strumento per gestire la transizione scuola, formazione, lavoro, ma assume un valore permanente nella vita di ogni persona, «garantendone lo sviluppo ed il sostegno nei processi di scelta e di decisione, con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale». Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) assume i principi definiti dalle Linee Guida Nazionali, rafforzando la visione di un orientamento lungo tutto l’arco della vita come «un diritto permanente di ogni persona, che si esercita in forme e modalità diverse e specifiche a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni»; l’orientamento si conferma un fattore notevole per la «funzione centrale e strategica nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo degli studenti», e in quest’ottica è «necessario definire un coerente sistema integrato, unitario e responsabile di orientamento centrato sulla persona e sui suoi bisogni». In una visione d’insieme, il CSPI definisce la scuola come «casa del futuro» in cui una società si prende cura delle nuove generazioni per aprire loro, e a sé stessa, nuove possibilità di crescita e progresso. Questa definizione pone in risalto l’orientamento come funzione principale negli anni della crescita e della prima socialità dei ragazzi e delle ragazze, anni in cui si formano le loro identità e si creano le loro storie e l’idea che essi si fanno delle proprie capacità e risorse e, al tempo stesso, dei percorsi per raggiungere i loro obiettivi. All’orientamento viene, quindi, riconosciuto un ruolo importante e strategico. Ma, dalle audizioni realizzate dalla Commissione Diritto allo Studio, integrata con i Presidenti delle altre Commissioni del CSPI6, emergono elementi importanti per la lettura della situazione, in tema di orientamento, nel sistema scolastico italiano. Rispetto a questa analisi «l’orientamento è frequentemente considerato solo in uscita da un ordine all’altro di scuola o al mondo del lavoro ed è predominante un orientamento informativo con un’accezione formativa che orienta sul contesto piuttosto che sulla persona intesa come protagonista del proprio orientamento». La questione relativa all’orientamento risulta molto complessa anche rispetto al ruolo delle famiglie, che influenzano le scelte dei ragazzi e delle ragazze anche in base al cosiddetto “capitale reputazionale” delle scuole secondarie di secondo grado, ovvero all’immagine che offrono di sé alcuni percorsi/indirizzi di studio. Il tema

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6.

Cfr. Linee guida nazionali per l’orientamento permanente, documento del 2014, disponibili sul sito del MIUR. Cfr. Parere autonomo espresso dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) in materia di orientamento scolastico - adunanza del 18 gennaio 2018, scaricabile all’indirizzo https://www.miur.gov.it/ archivio-pareri.


Primo capitolo: l’approccio trasversale dell’orientamento

dell’orientamento, da qualsiasi punto di vista lo si consideri, non può essere visto come un modello generalmente applicabile, poiché è fondamentale la relazione tra la persona, il contesto scolastico e il territorio di riferimento. Da tutti i documenti citati emerge l’importanza di un sistema scolastico che sviluppi la dimensione europea del lifelong learning, ovvero la dimensione verticale del curriculum (dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria superiore) e quella del lifewide learning, che sviluppa la dimensione orizzontale dell’apprendimento. In questa prospettiva si prevede il rafforzamento delle alleanze territoriali e delle attività di orientamento nelle scuole. Il CSPI attribuisce all’orientamento un’azione preventiva e ritiene che non si debbano aggiungere altre norme ma che si debbano valorizzare le esperienze territoriali. Gli elementi centrali del ruolo delle scuole sono il coinvolgimento dei ragazzi e delle ragazze, una formazione/confronto che coinvolge i docenti; il coinvolgimento dei genitori; la revisione dell’orario scolastico per consentire uno spazio all’orientamento; la possibilità di avere risorse certe; investimenti adeguati per poter perseguire l’obiettivo di un orientamento supportato da una rinnovata qualità della didattica, da efficaci azioni formative del personale, dal coinvolgimento di più soggetti. Su questa materia interviene oggi anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza 2021 (PNRR) che introduce moduli di orientamento obbligatori nelle scuole: sono previsti moduli di orientamento nelle scuole secondarie di I e II grado, in particolare moduli di almeno 30 ore per le studentesse e gli studenti delle quarte e quinte classi delle scuole secondarie di secondo grado. Verrà realizzata una piattaforma digitale di orientamento relativa all’offerta formativa terziaria degli Atenei e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS). L’orientamento è visto come un supporto a una fase “di passaggio” e non un accompagnamento alla crescita già negli anni delle scuole del primo ciclo, come definito dalle norme citate. Ma la complessità del “passaggio” deve poterci far superare l’accezione informativa dell’orientamento, per fargli assumere la sua valenza formativa all’interno della stessa didattica curriculare. I moduli di orientamento introdotti dal PNRR rischiano di sommarsi, per le classi quarte e quinte, alle ore dei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO) che, a loro volta, dovrebbero inserirsi in un «sistema organico di orientamento che, a partire dalle caratteristiche degli studenti, li accompagni gradualmente al pieno sviluppo delle proprie potenzialità». La progettazione dei PCTO deve contemperare: la dimensione curriculare; la dimensione esperienziale; la dimensione orientativa. Si legge nelle Linee guida PCTO7: «Le tre dimensioni sono integrate in un percorso unitario

7.

Consultabili sul sito del MIUR all’indirizzo https://www.miur.gov.it/documents/20182/1306025/

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I saperi che orientano

che miri allo sviluppo di competenze sia trasversali sia tecnico-professionali, utili allo studente negli studi e nelle scelte di vita, spendibili nel mondo del lavoro e dell’eventuale formazione superiore». Da queste righe si comprende tutta la complessità del “passaggio” e la necessità di strutturare un percorso lungo che dia valore a tutte le attività, moduli, progetti che le scuole realizzano in osservazione di tutti i documenti ministeriali, per consegnare all’orientamento il suo compito strategico. Per realizzare questo, le Linee guida per l’orientamento permanente già affidavano alla scuola il suo ruolo insostituibile, il luogo dove ogni giovane deve acquisire e potenziare le competenze di base e trasversali per l’orientamento. La scuola è il luogo dove sviluppare «identità, autonomia, decisione e progettualità» e, per questo, alla scuola è riconosciuto un ruolo centrale nei «processi di orientamento». Secondo le Linee guida, le competenze orientative si sviluppano attraverso l’orientamento formativo o didattica orientativa/orientante; l’attività di accompagnamento e di consulenza orientativa e le attività/azioni di accompagnamento. Affinché la scuola diventi luogo di orientamento, gli elementi fondamentali sono: il Piano di orientamento da inserire nel Piano di Offerta Formativa (POF) con l’indicazione degli standard minimi di orientamento; la predisposizione di un curriculum unitario e verticale; un insegnamento che si basa sul lavoro orientativo delle singole discipline; l’erogazione di servizi di orientamento e di attività di tutorato e di accompagnamento. L’Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 20228 riafferma questi temi sostenendo che «occorre ripensare il sistema dell’orientamento scolastico a partire dal primo ciclo, favorendo il raccordo tra istituzioni scolastiche e territorio, mondo del lavoro, Università e ricerca»9. Tutto questo diventa oggi fondamentale e urgente per far sì che la scuola riaffermi il suo compito strategico per il futuro del Paese. Gli interventi della scuola non sono direttamente finalizzati alla ricerca di posti di lavoro, poiché creano e sviluppano l’economia in una visione più ampia nello scambio tra economia e società. Più la scienza e la tecnologia mostrano la loro straordinaria potenza, più c’è bisogno di integrare tutto questo in un contesto sociale ampio, progettando e costruendo le condizioni affinché le nuove generazioni possano riconoscersi nel loro essere attivi, propositivi, responsabili. L’orientamento, così come definito in alcuni documenti citati, deve trovare la sua concretezza trasversalmente agli apprendimenti: deve essere chiaro quando e come realizziamo

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Linee+guida+PCTO+con+allegati.pdf. Consultabile sul sito del MIUR all’indirizzo https://www.miur.gov.it/documents/20182/5407202/ Atto+di+indirizzo+politico-istituzionale+MI_anno+2022.pdf/0eee30b9-22b8-0246-e227bf693be43719?t=1631802777742. Ministero dell’Istruzione, Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2021.


Primo capitolo: l’approccio trasversale dell’orientamento

percorsi di orientamento per preparare i ragazzi e le ragazze al riconoscimento delle loro risorse, delle loro qualità umane che ci permettono di fare la differenza in un mondo dove si impongono nuove intelligenze, un mondo dove l’orientamento diventa ambientale/culturale, prima che tecnico operativo.

1.2. Perché nei processi orientativi siamo arrivati a considerare importanti i differenti saperi della persona All’inizio era informazione La necessità di sviluppare delle forme e degli strumenti di orientamento professionale appare in Europa e in America del Nord fin da metà Ottocento di fronte alla domanda di mano d’opera qualificata per un’economia in rapida industrializzazione. Si cerca prima di tutto di informare meglio una popolazione, non formata professionalmente e poco scolarizzata, sulle possibilità di occupazione nei nuovi ambiti lavorativi creati dall’industrializzazione o sulle moderne forme di produzione e commercializzazione poco conosciute da una popolazione ancora essenzialmente agricola o abituata a forme di lavoro artigianali. L’obiettivo primario è dunque in questa fase rappresentato dalla diffusione delle informazioni per cercare di attrarre i giovani verso i settori dove manca manodopera qualificata10. Vedremo di lì a poco lo stesso movimento operaio richiedere il diritto a un’informazione professionale più ampia e ricca e impegnarsi per la creazione di strutture pubbliche che assicurino ai giovani dei ceti popolari la partecipazione allo sviluppo economico, al quale invece accedono più facilmente i giovani delle classi più abbienti. Successivamente, in tutta Europa, come nell’America del Nord, le due Guerre mondiali hanno incontestabilmente giocato un ruolo nell’espansione delle procedure psicometriche e psicotecniche di orientamento e di selezione della manodopera. Queste ultime in particolare sono servite, tanto tra il 19141918 che tra il 1939-1945, soprattutto per: - l’assegnazione degli individui ai posti da occupare rapidamente nelle unità di combattimento, oppure, per rimpiazzare con manodopera nuova (spesso femminile) i lavoratori spostati11;

10. Il primo Dizionario dei mestieri è edito in Francia da E. Charton nel 1832. 11. Cfr. Revue “Economie et Humanisme”, n. 250, Lyon 1979, traduzione delle autrici.

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