L'Obiettivo - marzo 2010

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PERIODICO DEL GINNASIO-LICEO “GIOVANNI PAOLO II” SUPPLEMENTO DE “L’ORA DEL SALENTO” Liceo-Ginnasio “Giovanni Paolo II” Lecce

ANNO VI- NUMERO 2 LECCE, 30 MARZO 2010 Mentre sta per riproporsi alla riflessione delle persone di buona volontà il messaggio di pace, portato per la prima volta all’uomo dell’Arca dalla colomba con un ramoscello nel becco, e rinnovato dal sacrificio del Golgota, rivolgo all’Arcivescovo, al Rettore, ai Sacerdoti del Seminario ed alle famiglie dei nostri alunni, i più affettuosi auguri di buona Pasqua, anche a nome del corpo docente, delle studentesse e degli studenti e dei segretari del Ginnasio Liceo. Il Preside

SE PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE… ALLORA DI “PREVENTIVO” DEVE ESSERCI LA PACE “Siamo tutti figli delle stelle”; lo sottolineava il dott. Aldo Morrone, direttore generale INMP, alla conferenza dell’AIFO sulle dinamiche dei flussi migratori, tenutasi a Lecce lo scorso 8 febbraio. L’Universo in cui viviamo si è originato con il big bang; siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatte le stelle, tutti con un’origine comune; nessuno è clandestino dell’Universo, tutti apparteniamo alla stessa, grande famiglia dell’umanità. Nonostante questo, immagini sempre nuove di drammi, di guerre e di lutti vanno ad appesantire l’orizzonte delle nostre giornate, sempre più cariche d’ansia di pace. Immagini più eloquenti delle parole, che attirano l’ attenzione su realtà drammatiche che ci turbano, anche se a noi giunge solo l’eco vaga di richieste di aiuto. Da un lato, le cronache parlano di equivoche guerre preventive, dall’altro riportano i cruenti effetti d’un terrorismo che non si fa scrupolo di usare il nome di Dio per radicarsi nelle coscienze e per trovare appoggi e consensi emotivi. Sullo sfondo, si consumano le tragedie delle vittime, atterrite dalla paura e avvi-

lite dalla miseria. La coscienza impone di liberarsi in fretta e bene dall’indifferenza, dall’ipocrisia, dalla paura e dall’angoscia per tentare di capire, per tentare di rispondere alle voci che chiedono aiuto. È necessario pensare se si possa tentar la via d’una pace preventiva e d’una giustizia preventiva, che sostituiscano le teorie della guerra preventiva e la prassi del terrorismo di massa, perché è difficile restare indifferenti di fronte alle ingiustizie, ovunque si presentino, spesso sotto le antiche forme della ragion di Stato. Non possiamo accettare 30 mila morti per fame e per malnutrizione! Non possiamo accettare che una buona metà dell’umanità sia confinata, senza speranza, al di sotto della soglia minima di povertà. Come si può restare inerti di fronte alla realtà degli alti tassi di mortalità infantile, dovuta all’Aids, e alle prese di posizione delle case farmaceutiche che non forniscono, per motivi economici, il giusto apporto di medicinali! Una casa farmaceutica non ha fornito i medicinali necessari in Africa per curare la diarrea ( per cui muoiono 2 milioni di

bambini), perché i costi di vendita di quei medicinali specifici sono troppo bassi. Forse, dovremo imparare a provare compassione, ad agire per realizzare un mondo giusto, ad attuare l’etica del “prendersi cura”, più che del “curare”. La cura si oppone all’incuria. Non saremmo esseri umani se ci limitassimo a curare. Se abbiamo avuto un’origine comune, avremo anche un futuro comune. Eravamo tutti un’unica sfera di energia; il nostro scopo ora è quello di mettere a frutto quel residuo di energia latente in ciascuno di noi per dichiarare guerra alla guerra. Basterà alzare gli occhi verso la volta celeste per renderci conto che questa meraviglia costituisce il nostro spazio di condivisione. Rosangela Giurgola - III Liceo


Oggi come oggi, la Puglia produce da tutte le fonti di energia, rinnovabili e non, l’86% di energia in più, rispetto al suo consumo; nelle energie rinnovabili è leader assoluta in Italia, con la produzione del 25,32% dell’energia eolica nazionale e del 13,44% dell’energia fotovoltaica. Un forte dinamismo, ampie e variegate opportunità produttive, la presenza articolata di operatori a monte e a valle della filiera produttiva, insieme con una chiara strategia di intervento a favore della diffusione delle fonti rinnovabili da parte del governo regionale, rendono il settore dell’energia pugliese uno fra i più vitali ed economicamente attrattivi in Italia. La Regione Puglia ha poi aderito agli orientamenti nazionali ed europei sulla riduzione delle emissioni inquinanti ed ha approvato nel 2007 il “Piano energetico ambientale regionale” (PEAR) con l’obiettivo di dimezzare entro il 2006 il trend di crescita dei consumi energetici regionali e di aumentare l’utilizzo delle energie rinnovabili sul totale della produzione elettrica. Per facilitare gli insediamenti produttivi, si son dovuti regolamentare alcuni dei settori di produzione energetica da fonti rinnovabili, come l’eolico e le biomasse, o settori strettamente correlati, quali l’edilizia sostenibile e si è snellito l’iter amministrativo per l’implementazione dei relativi progetti al riguardo. A conferma dell’interesse in questo settore, nel dicembre del 2008 la Regione Puglia ha poi riconosciuto il cd. Distretto Produttivo Pugliese delle Energie Rinnovabili e dell’Efficienza energetica “La Nuova Energia”. Il distretto si avvale della presenza di centinaia di imprese, per innovare e sviluppare ancor più le filiere nel settore delle energie rinnovabili Da sottolineare che soltanto con l'eolico la Puglia produce il 10% del totale nazionale, pesando quindi più di un quarto sul business dell'energia elettrica da fonti rinnovabili. Per la nostra Regione si affaccia ora però lo spettro del Nucleare.

In particolare proprio la Puglia pare che sia stata interessata da questo programma con la costruzione di un impianto e questo ha riportato all’attenzione il tema della compatibilità degli impianti nucleari con l’ambiente. La discussione sul nucleare risente di impostazioni di pensiero ideologiche che hanno portato a dire “no” a programmi di sviluppo correlati, in maniera preventiva e apodittica. E’ pur vero che per alcuni il nucleare è una scelta perdente e conservatrice rispetto le cd. “Energie Rinnovabili”, ma è vero che quest’ultime, da sole, non sono in grado di sostenere e mantenere un sistema industriale e civile di una grande nazione qual è l’Italia. Sta di fatto che se è vero che nei prossimi 5 anni si apriranno i cantieri per la costruzione di nuove centrali nucleari, una serie di indiscrezioni giornalistiche sui possibili siti scelti per questo tipo di impianti indica la Puglia, ed in particolare il territorio di Nardò e di Manduria, quali possibili aree di insediamento. Inutile ricordare come il fronte politico e non si sia spaccato sull’argomento: da un lato bisogna tener conto del fatto che la Puglia è in credito verso l’Italia per una produzione energetica così elevata che le consente di trasferirne l’82% al resto del Paese, dall’altro non bisogna assolutamente scordare la i n d u b b i a “vocazione agricola e turistica” del nostro Salento, fonte oggi di una consistente ed insostituibile fonte di profitto per la nostra area geografica. Giorgio De Maria - III Liceo

E’ successo a Roma, nel liceo scientifico Keplero, nei cui bagni sono stati installati sei distributori di profilattici. Spiega un professore del Keplero, che il consiglio d’istituto ha voluto “che i ragazzi al sesso ci arrivino con consapevolezza, nel rispetto di se stessi e dell’altro”. Chi è a favore dell’iniziativa, la giudica “un passo incoraggiante nella lotta contro l’AIDS”, e la considera un mezzo che potrà evitare tante, più o meno gravi, malattie veneree. L’iniziativa, si dice ancora, potrebbe essere utile, come una forma di aiuto complementare all’educazione sessuale, che, per il modo con cui viene impartita oggi nelle scuole, non farebbe ben maturare negli studenti la piena consapevolezza del sano e corretto rapporto che le persone possono avere con la propria struttura psico-somatica. Aggiungono altri, che l’iniziativa si è già diffusa nelle scuole d’altre Nazioni europee, quali Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, Norvegia, Svezia, come pure negli USA. Tale argomento farebbe dire ai progressisti, che, non ci dovrebbe essere motivo per non estendere la stessa iniziativa del Keplero a tutte le scuole italiane. Molti preferiscono, però, porre il problema nella prospettiva del diritto alla vita nascente, sostenendo la bontà dell’iniziativa del Keplero, perché sarebbe un mezzo per prevenire il più grave male dell’aborto. Si può sostenere che, con la sua scelta, il Consiglio di Istituto del Keplero si sia fatto sovrastare dall’ansia di contenere gli inaccettabili effetti della dilagante tendenza alla libertà sessuale, più che dalla volontà di far prevalere le finalità educativa della scuola. 2 Certo, l’educazione che lo Stato vuol che si dia ai giovanetti deve prevenire l’insorgere di comportamenti che incidono negativamente sul benessere sociale, quali le malattie auto-immuni o il delitto sul nascituro. Ma è anche vero che il fine


‹‹Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo.›› Sono queste la parole su cui si erige il preambolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo. La Dichiarazione è stata promulgata dall’ O.N.U. nel 1948, dopo una epoca di grandi guerre e di tragiche persecuzioni. Tutto nacque al termine della II guerra mondiale quando, volgendosi dietro, gli occhi potevano scorgere solo orrore e vergogna per tutto ciò che la violenza contro i diritti dell’ uomo aveva causato. Ai milioni di morti delle rivoluzioni e delle guerre, si è aggiunto il triste spettacolo offerto dalle conseguenze dell’ intolleranza che opponeva Governi a Popoli. Eppure, la nostra storia dice che siamo figli della civiltà del diritto. Basterà tornare indietro nei secoli lontani, per constatare come i Romani, nostri avi nella scienza giuridica e dello Stato, siano stati, ab origine, un popolo multi-etnico., nato dalla fusione fra Etruschi, Sabini e Latini. Sin dall’ inizio della civiltà latina, quei popoli non ebbero molte difficoltà a riconoscere d’essere portatori del valore della diversità, valore alla cui percezione erano giunti grazie a loro spirito di elegante razionalità che ha permesso a quei popoli di vedere nella tolleranza lo strumento che permette di vivere pacificamente, anche intrattenendo stabili relazioni tra gruppi etnici di origini diverse. Fu proprio lo spirito di tolleranza che divenne la base dello Jus gentium, di quel modo di regolare i complessi rapporti che sarebbero sorti fra i cives romani e gli stranieri, nella difficile fase storia in cui Roma, sconfitta Cartagine, era diventata la maggiore potenza mediterranea e si avviava a divenire impero.

Poi il mondo si è avviato lungo altri percorsi. Ha ricomposto il tessuto dei suoi popoli in una Società universale, posta sotto l’egida del trono e dall’ altare; poi ha attraversato la lunga stagione dello Stato-nazione, fondato sulla reale, o pretesa, omogeneità etnica dei popoli, il cui spirito originario ha generato la non troppo felice epoca dei nazionalismi e della loro degenerazioni: i fascismi. Da questi ultimi, imposti, aggregati sociali la persona umana ne è uscita ferita nella dignità morale e, spesso anche in quella fisica, non meno drammaticamente coinvolta di quanto non lo sia stata a cagione dell’onnipotente morsa del partito-stato-collettivizzato. E’ passato, per fortuna, anche il tempo del razzismo. Domina, ancora, nella società, il tarlo del particolarismo, che affievolisce ogni tensione verso i valori della solidarietà sociale. Così è nata la Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo del ’48. Sembra che le sue proposizioni possano essere sintetizzate in due parole: “MAI PIÙ!”. Un “MAI PIÙ!”, gridato contro un ordine mondiale fondato sull’uso di armi e sul principio della prevalenza della forza nei rapporti reciproci. Un “MAI PIÙ” espresso verso la guerra, ancora attuata come una forma di avversione contro i diversi. Un “MAI PIÙ!” rivolto alla distruzione dell’ambiente naturale. Dalle pagine della Dichiarazione si può leggere anche un “si!”. Un “sì” alla sopravvivenza della specie umana ed al riconoscimento dei diritti che ogni singolo membro della famiglia umana avverte come propri, in quanto espressione della sua natura di persona. Il reciproco rispetto dei diritti inviolabili della persona diventa il criterio guida per il progresso dell’umanità. Forse, è questa l’ottica più chiara, nella quale va letta la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Il fascino del testo della Dichiarazione forse nasce dalla sensazione che essa produce, d’essere stata concepita e scritta per soddisfare il primordiale anelito dell’uomo verso la Pace, come suggerisce il fatto che la Dichiarazione è stata redatta subito dopo il grande conflitto della Seconda guerra mondiale. Elena Sozzo - II Liceo

preventivo la scuola è bene che lo realizzi con gli strumenti tipici della scuola, cioè con l’istruzione e, soprattutto, con l’educazione a comportamenti eticamente corretti. Oggi, come accadeva ieri nelle aule, i nostri insegnanti prevengono i ricordati mali sociali cercando di non far spegnere nell’animo dello studente l’antica idea che la sessualità umana si è sempre fondata su relazioni di affetto fra le persone, legate da una stabilità di rapporti. Perciò, se la finalità sociale, che la scuola fa propria, è quella del prevenire, sarebbe stato molto più giusto che il Consiglio di Istituto del Keplero avesse finanziato un corso di educazione all’affettività e alla responsabilità, per tentar di liberare i propri studenti dalla banale percezione, secondo la quale la sessualità è l’espressione di un insopprimibile istinto fisico e, come tale, del tutto insuscettibile d’essere temperato dalle convinzioni morali della persona. Invece, offrendo agli studenti il più che deresponsabilizzante strumento del “sesso sicuro”, il Keplero ha affievolito il senso dell’auto-crontollo e di responsabilità dei suoi studenti. Credo, poi, al disagio di quei genitori che avranno dovuto assistere impotenti all’iniziativa d’una scuola che rinuncia alla sua antica missione di educare ai valori morali, preferendo la scorciatoia d’una generosa libertà di comportamento. Laura Camarota - V Ginnasio

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Goethe, più di 150 anni, fa scriveva “MOZART emanava una forza creativa sempre vitale, di generazione in generazione, che non si sarebbe esaurita e consumata tanto presto”. La storia, infatti, o il destino, hanno voluto, che né Mozart né le sue opere subissero gli effetti che il tempo è solito portare sulle opere dell’uomo e sulle sue azioni, affievolendone gli interessi delle generazioni successive. Il grande compositore nasce a Salisburgo il 27 gennaio del 1756, ma ad appena 35 anni dalla nascita, si spegne improvvisamente; era il 5 dicembre in una Vienna imperiale, lasciando in eredità pagine indimenticabili di musica classica. Il padre Leonard, grande musicista del tempo, intuisce sin dai primi anni di vita il grandioso talento che il figlio avrebbe espresso progressivamente nella musica. A soli 6 anni, il piccolo genio non solo è in grado di suonare con estrema perizia il pianoforte, ma compone musica con rara facilità. Ben presto inizia a viaggiare per le vivide corti europee ed ovunque ottiene successi sempre più strepitosi. La frequenza dei suoi viaggi consente a Mozart di familiarizzare con gli eleganti ambienti della mittel-Europa, nei quali viene a contatto con i personaggi che costituivano il vertice della produzione musicale del secolo, affinando, in tal modo, le sue già grandi potenzialità espressive ed il suo stile musicale, grazie soprattutto, ai continui stimoli che gli potevano venire dalla conoscenza diretta delle diverse e variegate realtà musicali del tempo. Durante il soggiorno a Londra, incontra Johan Christian Bach, forse il genio che gli era pari per creatività e per talento nell’esecuzione musicale e che, più degli altri, avrà contribuito a elevare l’intuizione musicale di Mozart. In Italia ha modo di conoscere e approfondire l’ ouverture italiana e l’opera buffa, e questa esperienza sarà di fondamentale importanza nello sviluppo della sua musica. Mozart si dedica alla stesura di sinfonie, concerti, musica da camera e sonate per pianoforte. Ma è anche grande autore di opere, nelle quali dimostra di saper con-

ciliare, con straordinaria naturalezza, la scrittura strumentale con quella vocale. Le sue opere appartengono ai tre generi in voga alla fine del 700’. Il primo genere è l’opera buffa, di cui sono esempi: Le nozze di Figaro, Il don Giovanni e Così fan tutte. Vi è, poi, l’opera seria, nella quale Mozart si è espresso con Idomeneo e La clemenza di Tito. Infine, il singspiel, (genere di opera lirica che mette insieme il canto e le frasi parlate, discorsive; differisce dallo stile dell’opera italiana, che univa il canto al recitativo), nel quale rientrano Il ratto del serraglio e Il flauto magico. In tutte le sue grandi opere Mozart adatta la scrittura strumentale allo stato psicologico dei personaggi. La scrittura operistica e quella strumentale, infatti, si influenzano a vicenda: l’orchestrazione, sempre più sofisticata che viene adottata per le composizioni strumentali, viene scelta anche per le opere, mentre l’uso che Mozart fa del colore strumentale per evidenziare gli stati d’animo, ritorna anche nelle ultime composizioni musicali non operistiche. Mozart viene ricordato anche per il Requiem la cui composizione si è conclusa poco tempo prima della morte. Degna d’esser nominata è anche La Messa in do minore, definita da Witold “miracolo non spontaneo ma intensamente sentito”. Può essere considerata una delle opere più affascinanti per le schizofreniche contraddizioni che la caratterizzano sin dal principio della sua ideazione. In realtà questa non è una vera e propria Messa, non soltanto perché é rimasta incompiuta, ma perché non segue i canoni dell’apparato religioso ufficiale. Il ventisettenne Mozart, infatti, non riusciva a contenere la sua ansia di sperimentazione entro i limiti di una struttura predefinita, qual era il rito della Messa, anche quando scriveva per sciogliere un voto fatto affinché Costanze Weber, guarisse e potesse sposarlo. Ma la caratteristica principale della Messa, che la differenzia da tutta la sua precedente produzione sacra, è la tendenza al monumentale. Il compositore riesce, però, a conciliare questa propensione alla grandezza usando una dolcezza particolare che quasi arriva a far sfiorare a chi ascolta la magnificenza e la bellezza di Dio stesso. In conclusione è significativo sottolineare come la naturalezza del comporre ha reso Mozart un sacerdote della musica, unico ed eterno per genialità. Valeria Morciano - II Liceo

Praga, città magica, il cui nome in ebraico significa papavero, fiore dalle proprietà allucinogene, che ha il potere di trasportare la fantasia da una realtà ad un’altra. Città dove follia e fantasia si mescolano in un aria incantata fra palazzi barocchi e chiese gotiche. Questa città è stata l’ attesissima meta del viaggio d’istruzione di quest'anno. Noi, ragazzi del IV ginnasio, abbiamo atteso la partenza con eccitazione, curiosità e con mille aspettative. Il 6 marzo, zaini in spalla, e sguardi guizzanti di gioia, eravamo pronti a partire, pronti a tutto, anche alle venti ore di viaggio in pullman che ci attendevano. Dopo una prima tappa nell’innevata Innsbruck, dove l’inverno sembrava d’essere appena arrivato e per nulla propenso d’andar via, siamo arrivati nella città, scelta come destinazione del viaggio. Entrando nella metropoli ceca era come se avessimo varcato un confine: si avvertiva come un sottile velo di cristallo che separa le vie e le costruzioni cittadine dal resto del mondo, conservando alla città tutta la mistica atmosfera e la magia proprie del luogo. Camminando, ben vicini l’uno all’altro, per le strette vie e per le piazze gremite di gente, i nostri volti stupiti osser4 vavano la spettacolare convivenza di stili architettonici differenti. Ad ammirare la splendida capitale ceca vi erano anche centinaia di persone di ogni nazionalità e cultura. Per tutti noi, matricole del Giovanni Paolo II, questo è stato il primo viaggio


È il dolce più consumato nel mondo e il più temuto, ingiustamente, da chi è a dieta. Eppure le sue virtù sono tante, a patto che sia di qualità e non se ne abusi. Passata la festa, gabbato il cioccolato. Specie a Natale, quando barrette fondenti, gianduiotti, praline, cremini o profiterol che siano, tutti si sciolgono letteralmente in bocca. Uno dietro l’altro, come le ciliegie. Per non parlare di panettoni ricoperti, di pandori farciti, di torte sacher, di snack-che-più-cacao-non-si-può. Perché il cioccolato è buono, buonissimo; anzi, di più. Noi ne siamo molto golosi. Perché dopo tanti anatemi, (s)consigli della nonna per evitare i brufoli, sgridate della mamma che ci ha beccato con le dita nella Nutella, oggi è la scienza medica a dire che il cioccolato fa bene, non ingrassa, non fa venire le pustole, neppure la carie, anzi influisce positivamente sull’umore. Insomma non è un caso se per i Maya “cacahualt” voleva dire “cibo degli dei”. Anche se noi italiani ne consumiamo 4,3 chili a testa l’anno, ben lontani dal record austriaco di 12,6 Kg. Eppure ne è passato di cioccolato sotto i ponti da quando, nel 1527, Hernàn Cortès depose ai piedi dell’imperatore Carlo V il primo sacco di chicchi di cacao. Certo, il primo a scoprire q u e l l e “mandorle” che mandavano in visibilio Maya e Aztechi, è stato il nostro Colombo, nel 1502, ma lui non ne ha capito l’importanza o più probabilmente non ne ha apprezzato il gusto. In Europa, all’inizio la cioccolata è considerata quasi un medicinale e soltanto quando si aggiunge lo zucchero, allora sconosciuto in America, diventa bevanda.

Non mancano però gli scrupoli dei confessori: subito definiscono la cioccolata “cibo del diavolo”, perché induce a peccati di golosità, e dopo sono indecisi se considerarla alimento, e quindi da evitare in quaresima e nei periodi di digiuno, o se bevanda. La cioccolata resta a lungo uno status symbol che soltanto nobili e ricchi borghesi possono permettersi. Si deve arrivare all’Ottocento perché la cioccolata si diffonda in Italia, dove trionfano i Piemontesi con Emanuele Filiberto di Savoia che grazie ai contatti con la corte di Madrid, già nel 1559 ha fatto importare la cioccolata nei suoi domini. Ben tre secoli dopo, precisamente nel 1922, a Perugia, nello stabilimento Perugina, che mescolando cioccolato e granella di nocciola rimasta da altre lavorazioni, nascono le praline che per la loro forma all’inizio sono chiamate “cazzotto” e poi, con un’intuizione di Giovanni Buitoni, un fondatore dell’azienda, “Bacio”: il prodotto, avvolto in bigliettini con frasi d’amore, è ormai sinonimo di Italia in tutto il mondo. Insomma, italiani che con il cacao ci sanno fare e che tutti ci invidiano. Una cosa, però, va detta. Come per il caffè, la sua bontà dipende dalla qualità dei chicchi, dalla loro tostatura e lavorazione. I migliori tipi ne contengono attorno al 70%, ma quando si supera l’80%, il gusto diventa amaro e quindi, non è apprezzato da tutti. Ciò nonostante il cioccolato è uno tra gli alimenti più venduti al mondo. Concludo con un messaggio di Fidel Castro che, perenne sigaro in bocca, avrebbe detto: “Il tabacco può uccidere, la cioccolata no”, dichiarando così il suo pentimento come fumatore di sigari e ancora: “Fanno male alla salute, molto meglio un pezzo di cioccolato”. Aveva proprio ragione il nostro presidente cubano, il cioccolato è come una droga: dopo averlo mangiato sembra che il mondo ti sorrida. Longo Matteo, I Liceo

d'istruzione all'estero. Per la prima volta abbiamo dovuto affrontare i problemi generati da usi e costumi molto differenti dai nostri, come ad esempio le diversità di lingua o di abitudini alimentari. Queste situazioni non ci hanno di certo scoraggiato, anzi sono state un importante stimolo per la nostra crescita. Il viaggio, infatti, non ha portato esclusivamente ad un arricchimento del nostro bagaglio culturale, ma è stato un'esperienza indimenticabile anche solo per il fatto di essere stata vissuta insieme, in un clima di amicizia ed allegria. Naturalmente non sono mancati momenti di svago e divertimento, come il giro con il battello sulle acque della Moldava, illuminata dalle luci della notte praghese, o la divertentissima serata al bowling di Salisburgo. Penso che difficilmente dimenticheremo i momenti vissuti in quella settimana, trascorsa fra neve e sorrisi sinceri.  Beatrice Tommasi & Simone Pezzuto - IV Ginnasio


Ancora una volta la Walt Disney ha colto nel segno: se non l’avessi visto con i miei occhi, in sala, non avrei creduto che anche i “giovani nello spirito”, cioè gli anziani, sono stati attratti dall’ultima creazione 3d… “Alice in Wonderland”! Oltre ai numerosi bambini e adolescenti amanti delle fiabe, anche i più scettici e “seriosi” hanno visto la fantastica vicenda della piccola Alice. Questa non è la bambina della prima o della seconda fiaba di cui è sempre la protagonista: oggi è una bella diciannovenne piena di domande, che ricorda ancora i sogni infantili. Tutto ha inizio quando le viene fatta, a sorpresa, la fatidica proposta di matrimonio dal suo compagno di ballo; Alice però non sembra tanto entusiasta di ciò e guardandosi intorno per trovare qualche parola da dire al suo pretendente, si accorge del coniglio bianco che la incitava a seguirlo. Senza esitazione la ragazza lo rincorre e, così com’era avvenuto la prima volta, cade nel Paese delle Meraviglie! Questa volta non è solo una visita, perché la ragazza avrà una vera e propria missione: salvare il regno dalla malvagia Regina Rossa, sorella della buona Regina Bianca. Prima di farlo però, dovrà credere in quel mondo così bizzarro e capire che

non si trova in un sogno ma nella realtà! I suoi compagni d’avventura saranno il Cappellaio Matto, interpretato dal famoso Johnny Depp, voluto espressamente dal regista Tim Burton e gli altri personaggi che popolano il meraviglioso mondo: lo Stregatto, Pinco Panco e Panco Pinco, Toperchio, il Brucaliffo ecc… Burton, il mago della fantasia, come sempre ha saputo unire il tema filosofico della ricerca di se stessi, rappresentato dal dubbio della ragazza e degli altri personaggi di aver trovato la vera Alice, alla fantasia travolgente di una fiaba strana e intricata, fatta di parole nuove e personaggi curiosi. Ovviamente non svelerò il finale, ma mi limiterò a dire che, così come questa favola mi stupì da bambina, l’ha fatto nuovamente oggi per la sua straordinaria visione del mondo. E comunque continuo anch’io a pormi la frequente domanda del Cappellaio Matto: “cos'hanno in comune un corvo e una scrivania?”. Beh, se volete scoprire il senso di questo bizzarro dubbio… guardate il film! Anna Serena Bianco - III Liceo

Negli ultimi dieci anni le microimprese cinesi sparse su tutto il territorio italiano si sono moltiplicate. Gli esercizi commerciali cinesi in Italia sono ormai migliaia. In alcuni settori merceologici si arriva persino a verificare che, in Italia, un terzo delle presenze imprenditoriali sono di origine cinese; penso, in particolare, al tessile, all'abbigliamento, alle pelli e ai mobili. Negli anni più critici dell’attuale congiuntura economica, la massiccia presenza di lavoratori cinesi è rimasta stabile, là dove si registrava, invece, una forte contrazione dell'occupazione italiana negli stessi settori economici. E sono all'ordine del giorno le operazioni condotte dalla Guardia di finanza italiana, che quasi giornalmente sequestra milioni di articoli fabbricati in Cina e portati illegalmente sul territorio italiano. Tra questi la maggior parte risulta essere merce contraffatta, nel senso che sono prodotti fabbricati in Cina, che portano impressi marchi di ditte famose non cinesi, che non rispondono alle norme di sicurezza, a garanzia della salute di chi li compra, e, spesso, risultato, nei

Ginnasio Liceo “Giovanni Paolo II” Via Umbria 73100 Lecce Tel-fax: 0832/230497 Email: segreteria@liceogp2.org Sito: www.liceogp2.org DIRETTORE Dott. Fabio Scrimitore – Dirigente VICE DIRETTORE Rosangela Giurgola - III Liceo REDAZIONE Per il IV Ginnasio: Diego Guglielmi Simone Pezzuto Beatrice Tommasi Per il V Ginnasio: Laura Cammarota Francesca Cristallini Marco D’Agostino Biancamaria De Santis Gloria Giurgola Matteo Leo Pierpaolo Petrelli Lorenzo Remiddi Per il I Liceo: Matteo Longo Manuela Margiotta Per il II Liceo : Carlo Conversano Valeria Morciano Elena Sozzo Per il III Liceo: Anna Serena Bianco Giorgio De Maria GRAFICA E IMPAGINAZIONE Sac. Massimiliano Mazzotta Prof. Massimiliano Capozza

loro componenti vi sono prodotti chimici utilizzati a livelli superiori rispetto a quelli preascritti dalle normativa europea. Il fenomeno sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Ormai non c'è più da stupirsi se, magari utilizzando i diversi siti internet, si scopre che sono in commercio prodotti alimentari simbolo della nostra Italia, ma confezionati su suolo cinese. Tutti Made in China. Il danno, purtroppo, è destinato e crescere, visto che la legislazione che protegge la correttezza nel commercio mondiale, ancora non contiene un sistema normativo che sia sufficientemente efficace a garantire una vera difesa dei nostri prodotti a denominazione origine protetta (DOP), quali possono essere formaggi, olio d'olivo, salumi e ortofrutticoli. Una buona difesa della correttezza commerciale internazionale non sarebbe necessaria per la tutela della genialità creativa dei singoli Stati, compresa l’Italia, ma proteggerebbe anche il patrimonio culturale nazionale, la qualità dei vari settori economici e, in definitiva, l’immagine stessa dell’italianità. Senza contare che la correttezza dei mercati internazionali, garantita da buone leggi valide per tutti gli Stati, potrebbe procurare tante opportunità di lavoro nell'ambito dei diversi settori a migliaia di persone, le cui versatilità creative e riproduttive rappresentano una risorsa insostituibile per l'economia italiana.

Manuela Margiotta, I liceo


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