L'Obiettivo - aprile 2015

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Pasqua 2015 Puntuale, come la pioggia nel mese di marzo, l’Obiettivo riappare fra i banchi del Liceo classico Giovanni Paolo II di Lecce. Come messaggeri di serenità e di freschezza di pensieri, i nostri studenti si uniscono ai professori del Liceo ed ai segretari, per augurare una felicissima Pasqua ai loro lettori e, in primis, all’Arcivescovo mons. Domenico D’Ambrosio, al quale si sentono legati da cordiale, spirituale amicizia. Auguri anche da parte mia!!! MAURICE DENIS, Les Muses , Parigi, Museo d'Orsay , 1893.

Gli studenti non credevano che il museo fosse la casa delle Muse. Non avrebbero mai pensato che quei luoghi che odorano d’antico potessero riportare alla memoria i deliziosi colli della Beozia, dalle cui muscose grotte le figlie di Mnemosine allietavano la vita degli dei dell’Olimpo. Che felice scoperta scoprire che le discretissime stanze che compongono i nostri musei richiamano alla memoria le flessuose movenze con le quali Tersicore insegnava la danza alle ancelle dei re dell’Attica e del Peloponneso, Melpomene la dolcezza del canto, e Calliope dalla bella voce cantava ad Omero l’ira d’Achille, prima di suggerire a Dante i versi d’avvio del Purgatorio. Ce ne erano nove di muse, ed erano tutte molto belle, del resto erano state generate per una delle tante infedeltà che il re degli dei usava portare a Giunone. A loro Auguste e Louis Lumière, alla fine del 1800, hanno aggiunto una fortunatissima sorella: la musa del cinema: la decima musa. Ma la violazione del talamo di Mnemosine, alla quale il destino aveva affidato la conservazione della memoria degli uomini, è stata l’impresa più generosa che Giove abbia potuto

compiere per il bene dell’umanità. Se le civiltà avessero perduto la memoria, di generazione in generazione gli uomini avrebbero dovuto ricominciare la faticosa via della conoscenza, partendo sempre da zero. Ora le muse non abitano più fra le fresche acque dell’Elicona e del Citerone, i bei due gioghi del Parnaso sulla cui nevosa cima è rimasto soltanto Apollo, il Musagete, a pensare alla sua antica gloria omerica. Lasciate le umide grotte del Parnaso, le dolci figlie di Mnemosine volteggiano nelle aule e assistono amorevolmente gli studenti delle scuole. Veramente molte di loro preferiscono le aule dei licei: Clio assiste l’insegnante di storia, Euterpe e Calliope e Talia, insieme con Tersicore, non vorrebbero separarsi dal fianco degli insegnanti di lettere. Più severamente, Urano, con tanto di matita, riga e compasso, si porta a braccetto i professori di matematica, fisica e scienze, sia quelli degli istituti tecnici, quanto quelle dei licei. A loro le nostre studentesse e gli studenti continuano ad essere abbarbicati, come le ostriche allo scoglio. Il Preside, Fabio Scrimitore

Musa o Muse Se in principio, nel primo scritto omerico, si parla di un’unica musa (θεά), come di colei che aveva reso possibile la narrazione di eventi passati e non noti ad Omero a causa del mancante uso della scrittura, nell’Iliade, secondo capolavoro dell’aedo prima citato, la Μοῦσα acquista una nuova valenza. Ella diviene ispiratrice del

poeta cantore, una sorta di vera e propria divinità delle arti. Si è discusso sulla veridicità delle nozioni impartite da questa Musa, ma perché non credere che le notizie che ella cantava al poeta fossero vere? Continua a pag. 9

Vanessa Pellegrino - III Liceo L’Obiettivo -


Alice e le Muses di F. Falconi

Il libro Muses di Francesco Falconi può sembrare, abbia trovato in essa un mezzo per esprimere se anche solo guardando la copertina, uno tra i tanti stesso. libri fantasy scritti per attirare un pubblico di giovaUn discorso simile si può fare anche per la Pittuni, un mercato oggi ritenuto, a torto, più semplice e ra, modo di espressione e di testimonianza presente al quale quindi prestare scarsa attenzione. sin dalle origini dell’uomo. Ma ancora più interesQuesto libro invece è diverso perché affronta sante è come viene descritto il “darwinismo artistitemi importanti e riesce con co” perché “con gli anni la sopoco sforzo a mostrare il camcietà si è evoluta, sarebbe imbiamento culturale avvenuto pensabile che il dono delle Munel tempo. La protagonista si se fosse rimasto immutato nel chiama Alice, una ragazza con tempo. Oggi non avrebbero più un oscuro passato, tormentata senso Muse ispiratrici che usano da tanti segreti e da un conticome mezzo le liriche epiche, la nuo senso di angoscia, costrettragedia o i sonetti”. Abbiamo ta a vivere per molti anni in un quindi una Musa della Musica riformatorio e dotata di una moderna, rock, pop e anche voce straordinaria. Vive una classica; una Musa della Scrittuvita difficile, tra droga e festini e ra per blog letterari e della Pittusarà proprio dopo uno di questi ra per body painting. Ora è nache subirà un grave incidente. ta la Musa della digital art o Una volta in ospedale scoprirà quella della Scultura e poi della di essere stata adottata e tale Danza in performance artistiche notizia la spingerà a cercare le di body reality. La Musa dell’Arsue origini, decidendo quindi, chitettura, quella della Scienza, dopo varie ricerche, di andare quella della Genetica e infine ALFONS MUCHA, Le arti, Museo Mucha, Praga. in Inghilterra. Dopo questa dequella della Net Art che ispira cisione, la storia si muoverà tutto ciò che riguarda i new memolto più velocemente: Alice troverà la sua unica dia. parente e con lei la verità sul suo passato. Tutto questo è normale, la società si evolve e Scoprirà, così, di essere l’incarnazione di una Mu- le discipline che riescono a far esprimere l’anima sa, precisamente quella della Musica, sulle cui spal- degli uomini eletti che riescono a vedere oltre la le pesa una terribile profezia: tutte le Muse reincar- semplice normalità evolvono con loro. Alcune nate muoiono a 40 anni, non prima però di aver arti sono simili, altre invece del tutto diverse e partorito un’altra discendente. La sua missione di- nuove. Ma non è questo l’importante. Quello viene, quindi, quella di ritrovare tutte le Muse per che conta è non essere indifferente alla realtà spezzare tale maledizione. Lasciando da parte il esterna, ma riuscire a vedere e sentire e succesresto della storia, densa di nuove amicizie, doppi sivamente esprimerla. Il libro, letto in quest’ottigiochi, amore, nuove scelte di vita e un’Alice sem- ca, può essere di insegnamento per tutti. Perché pre tormentata, ma che prova a rinascere, ciò che “riesci a è davvero interessante è il modo in cui vengono immaginaclassificate le nuove Muse. re un monLe tre Muse più importanti vengono individuate do senza in quelle della Musica, della Scrittura e della Pittura, Muse?” Un ed è interessante vedere come queste tre discipli- m o n d o ne, fin dall’antica Grecia ad oggi vengano consi- quindi senderate le più rappresentative di una società. Una za mezzi costante presente in ogni tempo è la presenza di espressivi? generazioni di scrittori che con la loro particolare Un mondo sensibilità, con il loro modo peculiare di sentire sulla v u o t o ? propria pelle le situazioni, e specialmente le con- S a r e b b e BERNARD PICARD, da Le Temple des Muses di La Barre De Beaumarchais. traddizioni di un determinato periodo storico, si fan- impossibino interpreti del loro tempo. Tali scrittori hanno mar- le, ma pochiato a fuoco per l’eternità, con i loro scritti, secoli trebbe esserci e sta a noi fare in modo che ciò di storia. La musica, poi, che è sempre presente fin non accada. dalla preistoria, come testimonia il ritrovamento di strumenti musicali rudimentali, ci fa comprendere Roberta Ferrari - II Liceo come fin dall’inizio della storia dell’Umanità l’uomo

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La musica del Cosmo Urania (dal greco antico Ούρανία) è una figura della mitologia greca, figlia di Zeus e di Mnemosine. Questa Musa, avendo il privilegio di rappresentare l’astronomia, trasmette a noi l’idea di infinito, ciò che un astro rappresenta; la scuola pitagorica intendeva l’astro (kosmos), come un mondo soprannaturale delimitato dalla sfera delle stelle fisse, e tra la volta sferica delle stelle e il centro si trovano i pianeti i cui raggi orbitali e le cui velocità formano una successione numerica identica a quella dei numeri corrispondenti alle note musicali. I pianeti, circolando, emettono un suono continuo: la musica del cosmo, espressione della sua armonia*. * Sitografia: http://planet.racine.ra.it/testi/greci.htm

Marco Tafuro - I Liceo

QUINO, Mafalda.

THALÌA: ecco a voi la Commedia Non può essere che una figlia di Zeus, la Musa di ogni momento. Può darsi che la tragedia abbia della Commedia: Thalìa la cui madre, Mnemosìne, offerto il suo primo schema alla commedia nascenl’ha creata davvero leggiadra, sorridente, allegra. te ma è assolutamente certo che essa non fu di Si orna il capo con una corona di edera, simbolo origine greca propriamente detta. Si sa che Thalìa della fecondità e della profrequentava le colonie greche sperità e reca, in una mano, di Siracusa ed Agrigento. Soluna maschera. Non si tratta di tanto nel 460 Atene instaurò il una maschera come quelle primo concorso comico, infatti. usate dai primitivi che servivaL’allegra Thalìa porta alla scena no soprattutto a rendere terril’uomo, che chiama senza albili ed evidenti i lineamenti cun rispetto le cose con il loro umani, no, la maschera di nome, che esprime opinioni Thalìa, al contrario, serve per comuni, che agisce bene o ingentilire le fattezze e rendermale a seconda delle circole, se possibile, più belle ed stanze. Lei segue con benevoumane. Anche lei, come le lenza e con comprensione la ALFONS MUCHA, Le arti, Museo Mucha, Praga. altre sue otto sorelle, è una vita degli uomini. Pieride ed è alle dipendenze di Apollo, che è il diÈ come una specie di scherzo drammatico, una rettore dei loro canti. tragedia mancata in cui ai grandi fatti si sostituiscoIl genere artistico di cui è ispiratrice prende for- no le piccole cose, all’apologia dell’eroismo quella ma dalla Tragedia, di cui è sovrana sua sorella Mel- dell’astuzia, al valore dell’intelligenza quella della pomène, seria, ornata con una corona di cipresso, furbizia. Tutto quanto, insomma, l’inglese Meredith ornata di coltello o di bastone, che predilige le im- chiamò spirito comico della terra. portanti colonne di austere strutture architettoniche nel cuore della polis. Angela Durante - II Liceo Lei, al contrario, si aggira nei villaggi agresti e tratta di tutto ciò che avviene nel cosmos, nella vita L’Obiettivo - 3


La tragedia: Musa della realtà? La tragedia è l’unica forma d’arte che riesce a far leva sul sentimento di un eventuale lettore o di un pubblico, procurando nella maggior parte dei casi una sorta di angoscia che dà vita a delle riflessioni personali. Infatti, secondo alcuni filosofi, questa particolare arte inscena la condizione umana nella quale l’uomo è spinto da una irrazionalità ceca causata dai sentimenti, arrivando così a compiere azioni che addirittura vanno contro il comune buon senso; questo può far pensare che il timore e lo sconforto causato dalla tragedia è dato dalla gravità delle azioni che l’uomo può arrivare a compiere, in realtà niente è più sbagliato di questo concetto. Ciò che genera paura nell’uomo non sono le azioni, ma le cause che stanno alla base di esse, e la causa che spesso si trova nelle tragedie è l’ amore; infatti, se viene inscenato l’odio tra due persone che alla fine della tragedia si uccidono, noi (attraverso un inconscio meccanismo psicologico di autodifesa) tendiamo a giustificare gli omicidi considerando l’autocontrollo di quei personaggi non attinente alla realtà; al contrario, se viene inscenato l’amore (che colpisce tutti, sin da giovani, in modo molto più profondo ed evidente di qualsiasi altro sentimento), mostrando i suoi aspetti negativi che portano alla follia, tra il pubblico si diffonde uno sconforto generato dalla confusione; infatti se fino a quel momento il sentimento amoroso era considerato del tutto positivo, la tragedia non fa altro che mettere in crisi le certezze che l’ uomo aveva assimilato nella sua vita. Da ciò deriva la domanda che il pubblico si pone tornando nelle proprie case dopo la visione di una tragedia: sarà vero ciò che ho visto? Dopo, il nostro ragionamento si traduce con il quesito: davvero la condizione umana non è altro che follia e irrazionalità causate anche dal sentimento migliore tra tutti, ovvero l’amore? Non esiste una risposta giusta o sbagliata a questa domanda, infatti sia che si rispon-

da in modo positivo sia in modo negativo non si ha torto; questo perché, a differenza di quanto si può pensare, l’amore non è un sentimento assoluto, ma varia da persona a persona e ognuno vive questo sentimento a modo proprio: possiamo trovare persone che si chiudono dentro loro stesse o che gridano al mondo il loro sentimento; inoltre, se è vero che l’ amore è volere (in quanto spesso si desidera possedere ciò che si ama), allora può capitare che un individuo si appropri forzatamente di una persona arrivando addirittura a uccidere colui o colei che ama, se quest’ultima cerchi di ottenere nuovamente la libertà. Stabilito quindi che la tragedia può essere realtà, è necessario decidere se e in che modo si può evitare; tuttavia neanche questo quesito ha una risposta facile e immediata: la mente degli uomini non è uguale per tutti gli individui e non si può analizzare costantemente la psicologia di tutto il genere umano. Ciò che però accomuna tutti gli uomini è la necessità di un’educazione, ogni essere umano crescendo inizia a distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Quindi se tutti noi educhiamo i più piccoli in base a dei concetti che sono ritenuti universalmente giusti, cioè che sono considerati corretti da tutti, allora potremmo cambiare la realtà e arrivare a parlare di tragedia solo come pura fantasia e non come realtà e condizione umana.

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Raffaele Putignano - III Liceo


Cantami, o Diva...

JOSEPH FAGNANI, Calliope, 1869.

La Musa lo amò molto, ma un bene e un male gli diede: degli occhi lo fece privo e gli donò il dolce canto (Odissea VII, 63-65). Così Omero, noto egli stesso come il cantore cieco, nell’Odissea descrisse la figura di Demòdoco e l’origine della sua cecità: il dono del dolce canto da parte della Musa Calliope. Nell’antichità la condizione di cecità di un aedo era considerata una grande qualità e, come è possibile constatare dalle numerose leggende pervenute, il valido cantore non aveva bisogno di vedere la realtà terrena, ma di vedere dentro di sé e ricongiungersi spiritualmente con la Musa Calliope, unica fonte di ispirazione della sua opera. Così il poeta, nei primi versi del suo componimento, sentiva il bisogno di invocare colei che concedeva l’ispirazione e la capacità di evocare eventi del passato. L’ispiratrice della poesia epica è per antonomasia la Musa Calliope, alla quale non facevano riferimento solo i Greci, ma anche autori non pagani che la citavano come la figura mitologica che meglio poteva rappresentare l’ispirazione poetica. E’ il caso di William Shakespeare, ma anche quello di Dante Alighieri il quale, nella Divina Commedia, fa un chiaro riferimento alle Eliconie e a Calliope nel II canto dell’Inferno e nel I canto del Purgatorio. In questo modo, colei che ha una bella voce non rimane soltanto un ricordo dell’antica mitologia greca, ma diviene quasi una figura moderna perché, anche se di impianto tradizionale, riesce a ingentilire l’opera poetica. M. Concetta De Matteis - III Liceo

CLIO: colei che celebra

MIGNARD PIERRE, La Musa Clio.

Il pensiero dell’esistenza di figure femminili, capaci come nel caso della Musa Clio, di celebrare e di trasmettere il sapere storico, ha accompagnato l’uomo fin dall’antichità nel suo processo conoscitivo. Nel mondo greco, Clio era la Musa che per eccellenza rendeva celebri e glorificava gli eventi storici e i suoi artefici. Nel mondo moderno, la figura di Clio può avere massima espressione e personificazione del suo essere celebrativa nell’idea di conoscenza, quella di tutto ciò che si manifesta ai nostri occhi, che ci

circonda, di cui noi diventiamo spettatori e di tutto ciò che alimenta la memoria di eventi storici, culturali e politici che rappresentano il punto di riferimento per l’uomo di ogni epoca. Oggi la conoscenza ha un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, grazie alla conoscenza, alla riscoperta del mondo passato in tutti i suoi aspetti culturali e sociali . L’uomo può scegliere chi essere, se divenire artefice o spettatore degli eventi, quali scelte fare nella vita di tutti i giorni per il bene comune e quindi favorire lo sviluppo di una società migliore, che generi ideali, eventi positivi sulla base del ricordo nitido di tutto ciò che ha caratterizzato e determinato il mondo passato.

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Silvia Caramuscio - II Liceo


Αρχαία έμπνευσης πηγή - Brevi cenni sull’antico culto delle Muse come fonte d’ispirazione -

Tutte le popolazioni antiche, sino all’avvento di Abramo, onoravano diversi dei, in particolare il popolo greco, che aveva nei confronti delle Muse un atteggiamento ossequioso per procurarsi la loro assistenza e benedizione. Nella tradizione mitologica greca le notizie inerenti l’origine dell’antico culto delle Muse sono molto incerte: per alcuni, erano figlie d’Armonia (figlia di Afrodite); per altri, erano le figlie di Urano (“il cielo”) e Gea (“la terra”); mentre nella ‘Teogonia’ di Esiodo erano figlie di Zeus e Mnemosyne, frutto di nove notti d’amore1. Inoltre, sul loro effettivo numero le tradizioni sono discordi: inizialmente si parla di una triade: Melete (“la pratica”), Mneme (“il ricordo”) e Aede (“il canto”); nella patria di Saffo, a Lesbo, ne erano venerate sette ed Esiodo, nella ‘Teogonia’, fissa il loro numero in nove: Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Terpsicore, Erato, Polimnia, Urania e Calliope, che è la più nobile di tutte, essa infatti accompagna i venerabili Signori1. La venerazione per le Muse, originariamente della Tracia e della Pieria, si diffuse ben presto anche nell’Attica e in tutta la Grecia; Esiodo, infatti, le colloca sull’eccelso monte Elicona, in Beozia, dove erano particolarmente venerate. Diversi erano i luoghi a loro sacri: la sorgente di Aganippe (“Aganippidi” dal nome della fonte), Ippocene, creata per loro dal cavallo Pegaso che batté lo zoccolo lunato2. Dal mondo greco le Muse entrarono anche a Roma e, secondo la tradizione, Numa Pompilio per primo avrebbe consacrato loro un’edicola sul Celio e un boschetto irrigato da fonti (specialmente dalla celebre fonte della ninfa Egeria3). Le Muse non possiedono un proprio ciclo leggendario; intervengono con il loro canto divino a tutti gli avvenimenti festosi della vita dell’Olimpo; sono presenti alle nozze di Peleo e Teti, di Cadmo ed Armonia. Ma non sono soltanto le cantatrici divine: presiedono, infatti, anche al Pensiero, sotto tutte le sue forme: eloquenza, persuasione, saggez-

za, storia, matematica, astronomia. Esiodo vanta i loro benefici: esse, oltre ad accompagnare i re e dettare loro parole persuasive, necessarie a placare le dispute e a ristabilire la pace tra gli uomini, conferiscono il dono della dolcezza, che li rende cari ai loro sudditi. Allo stesso modo - dice Esiodo - basta che un cantore, cioè un servitore delle Muse celebri le imprese degli uomini del passato, o gli dei, perché chi ha preoccupazioni o dolori li dimentichi all’istante. Il canto più antico delle Muse è quello che esse cantarono dopo la vittoria degli Olimpici sui Titani, per celebrare la nascita di un ordine nuovo4. Per propiziarsi il favore della musa invocata, i Greci bruciavano incensi, recitavano preghiere e compivano sacrifici usando acqua, latte e miele. L’atto rituale si svolgeva con una ripetizione regolare ed esatta, come se l’eterna immutabilità della loro potenza dovesse rispecchiarsi nella ripetizione incessante. Il culto non aveva il compito di educare alla civica moralità, ma di garantire, mediante coscienziosi atti rituali, quell’assistenza di cui ci offrono esempi i racconti del tempo passato. Le Muse, secondo il loro specifico ruolo, si avvicinavano a chi si rivolgeva loro inquieto e suggerivano il buon consiglio. Ciò cui l’uomo aspirava, senza raggiungerlo del tutto, era attuato dalla Musa, che recava opportunamente aiuto e compimento, quando l’uomo, nella sua debolezza, non sapeva andare più avanti. Agli inizi della letteratura greca non si trovano né un codice, né una raccolta di inni e preghiere, ma un’opera poetica, quella di Omero. Il grande autore dell’Iliade e dell’Odissea usa una tecnica poetica perfezionata e applicata secondo piani precisi: essa va dalla scelta delle parole, dalla metrica, dalla forma e composizione delle singole scene, alla composizione di grandi gruppi di episodi. Ogni lettore sa che nei primi versi di entrambi i poemi è invocata la musa. Il poeta che parla la esorta a narrare e, se ben guardiamo, è proprio la musa

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che narra e per questo c’è una ragione: si parla di uomini e fatti di un’età molto lontana. Il narratore, infatti, come potrebbe ricordarsene a tanta distanza di tempo? La sua memoria, umana, non arriva fino agli dei, né risale così indietro nel passato. Ma anche la musa è una dea: sa tutto e si ricorda di tutto. Quindi l’appello alla Musa, in Omero, presuppone che il poeta non si diletti a narrare ciò che gli viene in mente (in questo caso sarebbe superfluo l’aiuto di una musa), ma riferisca fatti che sono realmente accaduti nel passato. Poiché tale è il suo intento, il poeta ha bisogno di una garanzia, tanto che non si possa accusare di affermare cose di cui, in quanto uomo, ovviamente, egli non potrebbe sapere nulla. La sua garanzia è la dea, che egli fa parlare. Troviamo tale concetto espresso in modo chiaro da Esiodo, quando afferma che ad ispirargli la ‘Teogonia’ sono state proprio le Muse incontrate mentre pasceva gli agnelli alle falde del santissimo Elicona, con la raccomandazione di ricordarle sempre al principio e alla fine di ogni canto. Infatti, nell’invocazione leggiamo: “Salve, figlie di Zeus! Dettatemi un canto squisito! Celebrate la sacra progenie degli immortali [...] Tutte queste cose narratemi, o Muse abitatrici delle olimpie dimore, in bell’ordine, incominciando dal principio”5. Illustrazione a cura di VSEVOLODE NICOULINE da

Simone M. Politi - III Liceo

EUGENIO TREVES, Dei ed eroi-Mitologia greca e romana, Principato, Milano, 1960, p. 212.

1. cfr. Esiodo, Teogonia, vv. 1-115; traduzione italiana a cura di Francesco Gargiulo, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1959, pp. 25-26. 2. cfr. Omero, Iliade VI 160 e commento di Eustazio al medismo; Apollodoro, II 3 1; Antonino Liberale, 9; Omero, Iliade XVI 328 e sgg. 3. cfr. Maria Papachristos, Muse - Ninfe - Altri Dèi, Miti e Leggende dell’antica Grecia, vol. 3, R.E.I. Ed., Francia, 2014, p. 9. 4. cfr. Pierre Grimal, Enciclopedia dei Miti, traduzione italiana a cura di Carlo Cordié, Garzanti Ed., Brescia, 1990, p.430. 5. cfr. Esiodo, Teogonia, vv. 1-115; traduzione italiana a cura di Francesco Gargiulo, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1959, p. 27.

Le Muse protettrici dell’arte Polimnia, colei che ha molti inni, la Mimica; Urania, colei che è celeste, l'Astronomia; Calliope, colei che ha una bella voce, la Poesia epica. Il loro culto passò dalla Pieria, nella Beozia, a Delfi dove venne dedicato loro il primo santuario presso la fontana Castalia. In seguito si estese a Eleutere, nell’Attica, e in tutta la penisola Ellenica. Il più importante e splendido fra tutti i monumenti loro dedicati è sicuramente quello dell’Elicona, nel quale ogni cinque anni si celebravano grandi festeggiamenti che comprendevano concorsi musicali e poetici in seguito arricchiti dalla rappresentazione di commedie e tragedie. Attraverso la letteratura greca entrarono a far parte anche di quella latina assumendo il nome di Camene; secondo la tradizione Numa Pompilio, secondo re di Roma, per primo fece erigere in loro onore un santuario sul colle Celio. I sacrifici offertigli prevedevano l’uso di acqua, latte e miele e si narra che i primi ad adorarle furono i gemelli Efialte e Oto. La loro influenza sulle arti non è stata mai marginale Continua a pag. 8

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ALFONS MUCHA, Le arti - La Danza, Museo Mucha, Praga.

L’arte nel suo significato più profondo è l’espressione estetica dell’interiorità umana. Le prime forme risalgono all’ultimo periodo del Paleolitico superiore; esse non venivano realizzate a fini estetici o decorativi bensì il loro significato va trovato all’interno della magia, dei riti propiziatori e nella volontà dell’uomo di agire per modificare gli eventi e le leggi naturali a suo vantaggio. Successivamente però, con la nascita e lo sviluppo delle prime civiltà, Sumeri, Babilonesi, Egizi, Cretesi, Micenei, le finalità dell’arte cambiarono sino ad arrivare al mondo greco: all’ideale supremo dell’arte come eterna magnificenza del divino (Walter Friedrich Otto). Perciò si iniziò a sentire il bisogno di proteggere le varie forme d’arte che ormai si erano create e diffuse e da quest’esigenza nella religione greca nacquero le Muse. L’autore più dettagliato del mondo Greco a scrivere su di loro fu Esiodo che fissò il numero a nove attribuendo loro un nome; poi nel periodo postclassico, in base all’etimologia ripresa da Esiodo, ad ognuna venne affidata un’arte da proteggere e custodire, secondo il seguente ordine: Clio, colei che rende celebre la Storia; Euterpe, colei che rallegra, la Poesia lirica; Talia, colei che è festiva, la Commedia; Melpomene, colei che canta, la Tragedia; Tersicore, colei che si diletta nella Danza; Erato, colei che provoca desiderio, la Poesia amorosa;


Continua da pag. 7

specialmente nella letteratura, nella poesia e nella musica; basti pensare che dall’antica Grecia con Esiodo (700 a.C.) possiamo arrivare ai giorni nostri nel 2010 con la fondazione delle Nine Muses, una band k-pop Sudcoreana formata in origine da nove ragazze che prende il nome e trae ispirazione dalle Muse della mitologia greca. In tutto questo lasso di tempo, dappertutto troviamo dediche e citazioni per loro. Alcuni esempi molto importanti della letteratura Italiana sono: Ugo Foscolo che nei Sepolcri scrisse: Siedon custodi dei Sepolcri e vincono di mille secoli il silenzio; e in egual modo Dante Aligheri nella Divina Commedia più precisamente nel canto II dell’Inferno le invocò scrivendo: O Muse, alto ingegno, or m’aiutate; o mente che scrivesti ciò ch’io vidi, qui si parrà la tua nobilitate.

Luca Potì - I Liceo

La musica ieri e oggi Euterpe. La personificazione di qualcosa che accompagna il genere umano da sempre e a tutte le età: la Musica. Per qualche autore greco, la Musa Euterpe sarebbe stata colei che inventò quello che oggi chiamiamo flauto, l’αυλός, (aulòs): strumento a fiato formato da due corpi distinti nei quali veniva soffiata aria che, attraverso la combinazione dei vari fori che rimangono aperti o vengono chiusi dalle dita, producono diversi suoni. Altro esempio di evoluzione strumentale è la nostra più che conosciuta chitarra: etimologicamente il nome si fa risalire al greco χιθάρα (kitàra) che vuol dire cetra: questo strumento viene definito da Giuseppe Radole, in un suo trattato, come strumento piriforme a fondo piatto, caratteristica che la avvicina tantissimo alla struttura organologica dell’odierna chitarra. Ad ogni modo, l’antenata più prossima della chitarra è la vihuela, di struttura similare, ma più piccola rispetto alla chitarra di oggi. Tutto ciò per far comprendere l’antichissimo valore che la Musica aveva già dalla notte dei tempi. Lo scopo che essa ha avuto la Musica nel tempo è sempre stato molto simile. In effetti i Greci utilizzavano Euterpe come mezzo per dilettarsi o insegnare agli ascoltatori un messaggio che l’autore di qualche commedia o tragedia (generi nei quali erano presenti intermezzi musicali) voleva trasmettere. Se facciamo dei balzi nei secoli arriviamo dopo il 1000 d.C., in cui troviamo come tipologia principale la musica monodica liturgica: è il gregoriano che qui viene utilizzato più di tutti, utile nei monasteri e nelle chiese come canto di preghiera a Dio. Procedendo ancora, incontriamo una tra le figure più eminenti della Storia della Musica: Johann Sebastian Bach (1685-1750), uomo che ha contratto due matrimoni e ha dato vita a 20 figli alcuni dei quali, fino a un secolo dopo la morte del padre, erano più noti dello stesso. Perciò risulta una figura fortemente contrastante, che ha scritto una quantità immane di opere, per i più svariati strumenti, dall’organo, al clavicembalo, al

liuto. Ci soffermiamo su questo compositore, non solo perché è il faro per tanti musicisti – ma non ultimo -, ma anche perché gli scopi delle sue geniali composizioni sono i più variegati: egli scrisse per le chiese in cui era l’organista principale, per i signori che doveva dilettare nei loro salotti e per i suoi figli. Oggi invece quali sono gli scopi della Musica? Una domanda davvero difficile. Nell’era odierna, siamo invasi dalla troppa facilità nella funzione musicale: tra Youtube, poi iPod e lettori musicali di tutte le grandezze e tipi, il teatro ha perso attenzione, così i concerti di musica classica sono considerati troppo costosi o – peggio! – tediosi e senza senso. E ci si riduce troppo facilmente alla musica commerciale, ai nuovi cantanti dei concorsi televisivi. Ma la cosa più bella è vedere il coinvolgimento di non pochi giovani, anche in piccole realtà, organizzate da associazioni locali, che puntano alla divulgazione della Musica colta e fanno in modo che i giovani abbiano degli spazi anche principali.

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Stefano Rizzo - II Liceo

Statua di Euterpe, Giardini del Belvedere, Vienna.


Continua dalla prima di copertina

ALFONS MUCHA, Le arti - La Poesia, Museo Mucha, Praga.

D’altro canto codesta divinità altro non era, secondo l’illustre Esiodo, che figlia di Zeus e di Mnemosyne, divinità della memoria, perciò a detta degli antichi cantori, era l’unica a poter ispirare vicende realmente accadute. Ma di quante Muse è possibile parlare? Come prima citato, secondo il compositore dei più significativi poemi epici della letteratura greca e, oserei dire della letteratura mondiale, di Muse ve n’era una soltanto; con il tempo questa divinità è stata tripartita, assumendo i tre aspetti essenziali della funzione poetica. La prima delle tre fanciulle era Meléte, l’esercizio, la seconda sorella era Mnéme, la memoria, e infine la più piccola era Aoidé, il canto. Solo grazie all’investitura poetica, narrata da Esiodo nella sua Teogonia, le giovani e belle semidivinità sono divenute nove, note con i nomi di: Calliope, Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia e Urania. Ma queste artistiche fanciulle non ebbero vita facile, difatti durante l’avvento romano, vennero adorate con il nome di Camenae, e con la nascita del Cristianesimo a queste divinità pagane venne affisso l’aggettivo di meretriculae (donnicciole di strada) a causa della corruzio-

ne delle arti di cui erano la principale causa. Ebbero la loro rivincita nella letteratura italiana quando le “tre corone fiorentine”, Dante, Petrarca e Boccaccio, attinsero a loro e furono investiti da tali divinità illusorie e intangibili quali erano le Muse. Musa o Muse che siano queste divinità hanno fatto sognare i più grandi compositori di tutti i tempi, e grazie alla loro esistenza/invenzione hanno dato l’input ai più spettacolari proemi. Inchiniamoci dunque a queste tre magnifiche e artistiche divinità pagane, immaginando che un giorno possano bussare alla nostra immaginazione e raccontarle un’altra affascinante storia. Musa o Muse Vanessa Pellegrino - III Liceo

L’iconografia delle Muse Secondo gli storici, la più antica raffigurazione superstite delle Muse è quella del Cratere François (ca. 560-550 a. C; Firenze, Museo Archeologico) dove esse partecipano al corteo degli dei precedute da Calliope che suona il flauto. Numerose sulla ceramica del V sec. a. C. le figurazioni di Muse con lira o cetra, isolate o con Apollo. Tra i rilievi di età ellenistica, la baRAFFAELLO SANZIO, Le Muse sul Parnaso, affresco, Musei Vaticani, 1510-1511. se di Alicarnasso e il rilievo di Archelao (entrambi a Londra, British Museum) presentano le Muse avvolte in lunghi chitoni dai morbidi drappeggi, alcune con gli attributi propri, derivanti probabilmente da un gruppo dello scultore rodio Filisco, ritornano in sculture a tutto tondo (Polimnia, Roma, Museo dei Conservatori). All'età ellenistica risalgono anche le Muse del noto gruppo dei Musei Vaticani (Sala delle Muse). Numerosissime le raffigurazioni di età romana, sia sulla ceramica aretina sia su sarcofagi; qui le Muse, contraddistinte dai consueti attributi, sono spesso con Apollo, Atena, e talora con poeti e filosofi. Le Muse compaiono anche su mosaici (mosaico di Monnus a Treviri) e su dittici d’avorio tardo-antichi (dittico con letterati e Muse, sec. V, Parigi, Louvre). Il tema delle Muse raffigurate come fanciulle in vesti vaporose e veli, per lo più danzanti attorno ad Apollo, ma anche in altri atteggiamenti, fu ripreso dall'arte rinascimentale e manieristica (dipinti di A. Mantegna, Il Parnaso, Louvre; L. Costa, Il regno delle Muse, Louvre; Romanino, Le Muse, Londra, National Gallery; Raffaello, Le Muse sul Parnaso, affresco della Stanza della Segnatura in Vaticano), dal classicismo secentesco (Erato e Polimnia, dipinto di E. Le Sueur, Louvre; Apollo servito dalle Muse, gruppo scultoreo di F. Girardon, Versailles) e in epoca neoclassica (R. Mengs, Il Parnaso, affresco, Roma, Villa Albani; A. Appiani, Il Parnaso, affresco, Milano, Villa Reale).

Alessio Marenaci - V Ginnasio L’Obiettivo - 9


POLIMNIA: l’ispiratrice di molti inni FILISCO DI RODI, Polimnia, Roma, Musei dei Conservatori.

Quante volte da bambini ci siamo fermati a guardare un mimo meravigliati e stupefatti di come fosse lì fermo e immobile quasi senza respirare? E quante volte abbiamo visto l’imitazione di qualcuno magari restando a bocca aperta per quanto in realtà l’imitatore fosse simile al povero imitato? Ebbene, il mimo, l’imitazione, la pantomima sono tra le arti forse quelle meno considerate ma di sicuro quelle più divertenti e più stupefacenti. Pensiamo come Polimnia, una delle nove muse, figlie di Zeus e Mnemosine, fosse proprio designata a questo tipo di arti e si dice addirittura che fosse la madre dello stesso Orfeo. Ora la domanda sorge spontanea, i Greci che erano così originali e creativi tanto da fondare addirittura alcune arti e scienze, perché si dovevano accontentare di una pseudo-arte che in qualche modo imitava le altre? E che cosa avrebbe detto Platone che già considerava l’arte di per sé un’imitazione delle idee che stavano nell’iperuranio, della pantomima? Ecco la risposta in realtà è più immediata della domanda, il mimo altro non è che divertimento, satira, quasi giambo nei confronti dei nobili e degli aristocratici; il poeta, l’attore mette la maschera per uscire dalla sua condizione, per essere un’altra persona, quello che non è mai stato e che magari non potrà mai essere ma nella finzione lo diventa e immagina come potrebbe essere una vita totalmente diversa dalla sua. Ne è un esempio la persona loquens adottata da molti poeti lirici giambografi ed elegiaci. Prendiamo ad esempio il giambografo Ipponatte il quale, nonostante provenisse da una famiglia nobile, si fingeva povero e piangeva la fame. Il poeta in quel modo fingeva di essere qualcuno che effettivamente non era e che non sarebbe mai stato, solo per provare effettivamente come ci si sentiva nello stare nei panni di qualcun altro. E’ un po’ come capita ai nostri giorni, a volte vogliamo solo vedere le cose da un’altra angolazione che non ci appartiene per provare nuove emozioni e nuovi sentimenti. Il plagio è un atto di omaggio! Chi copia ammira (Roberto Gervaso).

Marco Morciano - I Liceo

TERSICORE: la danzatrice

PAUL BAUDRY, Terpsichore.

Fin dai tempi antichissimi la danza è stata quella forma di arte che riusciva con la sua dinamicità e vivacità a trascinare meglio le genti e che a differenza della musica e della letteratura riusciva a coinvolgere anche fisicamente i diversi soggetti. Non a caso infatti Tersicore, musa della danza e della lirica corale, era sempre raffigurata come gli aedi, considerati importantissimi nelle civiltà classiche. La danza dunque per i Greci era un modo per esprimere i propri sentimenti a trecentosessanta gradi nel tempo e nello spazio e quel mezzo per cui si potevano letteralmente perdere anche i lumi della ragione essendo trasportati da una sorta di enthusiasmos che trascinava gli animi. Ne è un esempio visibile nella scultura di Skopas di Paro la Menade danzante che raffigura una baccante che presa dalla foga della danza perde il velo mentre ruota su se stessa. Nel corso dei tempi ancora il ballo è rimasto la forma forse più coinvolgente tra le arti: nel medioevo venivano fatti fastosi balletti in occasioni importanti alla corte del signore feudale, con menestrelli che rallegravano la compagnia. Nel Rinascimento era ancora un modo per intrattenersi nei palazzi delle casate aristocratiche, nel Barocco e nell’Illuminismo era solo simbolo della grandezza delle potenze emergenti. Basti solo pensare al ballet de court alla corte di Versailles dove Luigi XIV raffigurato come re Sole faceva vedere, anche attraverso uno spettacolo informale, che lui era lo Stato. Nell’Ottocento divenne una forma di divertimento per i borghesi, basti pensare ai valzer viennesi di Strauss, o al Moulin Rouge, un modo per evadere dalla vita confusa e regolata da movimenti che si limitavano a passi semplici e ordinati. Fino ad arrivare ai nostri giorni dove la danza è divertimento, svago, a volte anche erotismo, ma i pochi che si dedicano e conoscono pienamente quest’arte, a volte anche ridicolizzata, sanno che dietro ai tutù e alle sbarre in realtà c’è di più. Nella danza c’è anima, c’è vita, c’è spirito vitale e vivacità, la danza rappresenta l’essenza dei ballerini e quei movimenti, che noi profani a volte consideriamo quasi ridicoli e che a tutti fanno scappare un sorriso, altro non sono che i dolci passi di Tersicore che ci ricorda che siamo vivi proprio perché balliamo. Come diceva Sant’Agostino: Lodo la danza perché libera l’uomo dalla pesantezza delle cose e lega l’individuo alla comunità.

Luigi Lazzari - I Liceo

L’Obiettivo - 10


Le Donne - Muse d’ ispirazione:

PAOLO VALDEZOCCO, Laura e il Poeta

L’Obiettivo - 11


ISPIRATRICE D’AMOR

QUANDO LE MUSE ISPIRANO ANCHE NOI

! LICEO GINNASIO “GIOVANNI PAOLO II” Via Umbria, snc - 73100 Lecce Tel-Fax 0832-1810102 Email: liceoclassicogp2@libero.it Sito: www.liceoclassicogp2.it **************

Una è la bandiera Ma i cuori sono molti

DIRETTORE Dott. Fabio Scrimitore - Preside

Al fare gli infami Preferiamo esser morti!

VICE DIRETTORE Vanessa Pellegrino - III Liceo

Siam leoni contro iene Il nostro grido è uno e forte

GRAFICA E IMPAGINAZIONE Simone M. Politi - III Liceo

Radicati nella nostra fede "boia chi molla" fino alla morte! Amore mio stai bene attenta

REDAZIONE Per il V Ginnasio: Alessio Marenaci Per il I Liceo: Luca Potì

Il nostro amore è disperato A primo impatto forse spaventa Ma non immagini il suo significato! Amor di una patria che ormai ci disprezza Amore profondo in ogni nostra azione Amore per te ispiratrice della mia giovinezza Amore per la fede che abbiamo dentro al cuore!

Luigi Lazzari Marco Morciano Marco Tafuro Per il II Liceo: Angela Durante Roberta Ferrari Silvia Caramuscio Stefano Rizzo Per il III Liceo: M. Concetta De Matteis

Vieni con me in questo lungo cammino Fatto di ostacoli e sempre in salita

Raffaele Putignano Simone M. Politi

Ma con te al mio fianco e insieme ai miei fratelli

Riccardo Anglano

Sarà come giocare una partita!

Vanessa Pellegrino

Condividi con me questa fede e questo amore E insieme da questo seme faremo nascere un fiore Il fiore più bello di tutta la terra Fatto di amore ma anche di guerra!

Riccardo Anglano - III Liceo

L’Obiettivo - 12


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