L'Obiettivo - giugno 2011

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PERIODICO DEL GINNASIO-LICEO “GIOVANNI PAOLO II” SUPPLEMENTO DE “L’ORA DEL SALENTO” Liceo-Ginnasio “Giovanni Paolo II” Lecce

ANNO VII- NUMERO 2 LECCE, 1 GIUGNO 2011

Rubando qualche ora agli esercizi di algebra, alle traduzioni ed alle analisi del testo, le studentesse e gli studenti si sono riaffacciati in redazione ed hanno creato immagini di vita, scolastica e non. Sperano, così di lasciare nella piccola storia del Liceo qualche traccia apprezzabile dell’impegno e della passione, con cui hanno potuto studiare per un anno, grazie alla generosità dell’Arcivescovo, alla guida sapiente e cordiale dei loro insegnanti ed al sostegno dei loro genitori. Cordialmente Si sente parlare spesso in tv, sui giornali o semplicemente girovagando in rete, riguardo la scarsa curiosità e capacità creativa nei giovani del XXI secolo. Numerosissimi studi e attività promosse da università di tutto il mondo riempiono ormai con le loro statistiche le menti di tutti noi, riportando alla luce un quadro quanto mai raccapricciante e preoccupante. Per comprendere ciò che sta accadendo non possiamo prescindere dal menzionare l’educazione scolastica, primo trampolino di lancio dei giovani nella società, delegata, come agenzia del sociale, a formare il futuro cittadino. È nella scuola, infatti, che la mente del giovane si forma ma più che altro qui si ferma! A volte sono proprio i metodi di insegnamento ad indurre l’allievo a reprimere la propria curiosità e innescano in lui un meccanismo di automatica rinuncia alla ricerca del “perché” qualcosa accada o esista.

L’insegnamento per induzione, ad esempio, considerato tipico della scienza (Bacone, Galilei), che fu definito “a posteriori”, sperimentale, analitico è il risultato di una nozionistica passiva che avviene tra l’insegnante e il gruppo di discenti. Tramite il metodo induttivo si cercano le leggi partendo dal particolare e, come è tipico delle scienze applicate, si giunge al generale. Secondo questo metodo di insegnamento – apprendimento, il docente rischia di risultare monotono, l’allievo rischia di rimanere ancorato alla pura conoscenza senza acquisire la capacità di spaziare tra una disciplina e l’altra o di contestualizzarla e farla propria come bagaglio culturale. Basti pensare che non tutti i paesi del mondo hanno lo stesso sistema scolastico, ma si tende improntarlo sempre più sul grado di istruzione presente in ogni singolo paese e di modellarlo sulle esigenze di apprendimento dello stu-

dente. Risulta pertanto evidente come l’insegnamento induttivo ormai fin troppo omologato, non si può certamente considerare esaustivo per una formazione globale. A tal proposito sarebbe auspicabile utilizzare in parallelo anche il metodo deduttivo legato al procedimento che passa dal generale al particolare, da una premessa a una conclusione. Con il metodo deduttivo si parte infatti, da un assioma, che si dà per certo e assoluto, o da una ipotesi di lavoro, e si deducono le leggi implicate, (come è tipico delle leggi filosofiche e matematiche). Certo è pur vero che entrambi i metodi limitano fortemente quella che è la caratteristica insita in ogni mente che possa definirsi giovane: la capacità di pensare unita ad una sana e giusta creatività. Elena Sozzo - III Liceo

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E così si sta spegnendo il giallo dei Girasoli. Il colore che caratterizza al meglio Van Gogh, col tempo sta diventando ocra a causa di un pigmento presente nei primi tubetti messi in commercio a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento. Dopo studi e accertamenti il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha trovato la causa di questa minaccia. Il killer era nascosto nei tubetti di colore che gli impressionisti e, come loro, molti fra gli artisti di fine Ottocento acquistavano in piccole botteghe, un segno di una esperienza quasi "di consumo" all'avanguardia che poi, visto sulla tela, risultava straordinariamente lucente, come qualcosa di nuovissimo, mai visto prima. Così accadde anche a Van Gogh, e a lui più che a chiunque altro: per il suo giallo, vera luce stesa sulla tela, si sono spesi oceani di parole senza mai definirne tutta la potenza. Anche sulla tavolozza dell'artista dei Girasoli c'era il colore di quei tubetti che contenevano, per la prima volta in tempi di rivoluzione industriale, il cromato di piombo che dava poi il giallo cromo, tonalità che ha reso tante opere d'arte definitivamente celebri. Questa sostanza oggi mette in pericolo i Girasoli di Van Gogh (e non solo) che rischiano di spegnersi, il loro giallo rischia di diventare gradualmente ocra e poi, nel volgere di pochi decenni, trasformarsi in un marrone opaco. L’obiettivo riproposto dal Cnr è proprio quello di salvare il “giallo di Van Gogh”, proteggerlo dal degrado dovuto al trascorrere del tempo e consegnarlo bello e così pieno di significato come un tempo. Naturalmente era

prelevati da tubetti pervenutici, invecchiati artificialmente grazie all'azione della luce, posti per 500 ore sotto una lampada a raggi ultravioletti; nelle tre settimane successive, il giallo brillante è diventato color cioccolata. Soltanto in una seconda fase la ricerca ha riguardato dei campioni di giallo prelevati già in passato da due dipinti di Van Gogh a rischio deterioramento, Le rive della Senna (1887) e Veduta di Arles con iris (1888), esposti al Museo Van Gogh di Amsterdam.

Costanza Miliani, ricercatrice del Cnr sfatua il mistero del giallo in via di deterioramento. La ricercatrice, infatti, afferma che il giallo a base di cromato di piombo e il giallo cromo sono caratterizzati da una certa instabilità chimica e fotochimica che si rivela dopo un lasso di tempo con un imbrunimento più che evidente. Inoltre i pigmenti hanno presentato una maggiore reattività rispetto agli agenti esterni quali la luce, la temperatura e l’umidità. Perciò si cerca quale sia la condizione migliore tale da rallentare il processo di imbrunimento. Ovviamente questo è soltanto uno dei commenti e delle riflessioni arrivate al Cnr: dal museo di Amsterdam, infatti, Ella Hendriks sostiene che i studi effettuati sui Girasoli sono importanti per aggiornare le proprie conoscenze riguardo l’invecchiamento delle pitture e su come meglio conservarle. È possibile che arrivino a renderne più complessa la circolazione in occasione di mostre". Ma i risultati delle ricerche sul giallo di Van Gogh sembrano indicare una soluzione che sa di contrappasso: per proteggere le pitture e salvarne il colore che celebrava la luce, è proprio dalla luce che bisognerà tenerle lontane. Matteo Longo - II liceo

indispensabile nelle ricerche preservare al massimo i dipinti: per questo, in una prima fase dello studio i ricercatori hanno utilizzato dei campioni di colore 2


Come molti già sanno Marie Curie è la donna a cui è attribuita la ricerca sul radio e la scoperta del polonio. Ella fu una chimica e fisica, di origini polacche ed ebbe l’onore di ricevere per ben due volte il premio Nobel: per la fisica nel 1903 e successivamente nel 1911 per la chimica. Fu la prima donna ad avere cattedra alla Sorbona. I suoi studi, oltre che nel campo chimico, hanno segnato una svolta nella medicina e nella patologia. Infatti ad esempio il radio è diffusissimo per l’individuazione e la cura di particolari forme patologiche come nel caso della radioterapia. Ma della famiglia Curie non sono solo famosi i due coniugi, ma anche le due figlie Irène ed Evette. Irène, figlia primogenita della coppia, sposò il fisico Joliot ed ebbe due figli i quali divennero anche loro

scienziati. Esordì nella sua carriera di chimica durante lo svolgimento del primo conflitto mondiale, girovagando con la madre per i vari ospedali da campo in cui eseguivano lastre a raggi x per i soldati feriti. Terminata la guerra Irène tornò a Parigi presso l’Istituto Curie dove conseguì un dottorato in scienze. Conseguirà anch’ella insieme al marito il premio Nobel per la chimica in base alla trasmutazione del boro, alluminio e magnesio in isotopi radioattivi sintetici. Ben poco si sa di Evette la quale preferì l’arte alla scienza e di lei sappiamo che scampò dalla terribile morte che colpì la madre e la sorella: leucemia fulminante a causa della continua esposizione a materiali radioattivi. Pierpaolo Petrelli - I Liceo

continua da pag.1 Allora, è evidente come il metodo euristico, della ricerca sia quello che più stimola la mente e la curiosità del giovane studente, così da poterlo indurre ad apprendere, apprendere con piacere, un sapere che non sia unitario, interessante e duraturo. Bisogna evitare però il rischio di cadere in facili conclusioni e riconoscere piuttosto che se da una parte la scuola non costituisce un buono

momento dappertutto, ma verso nulla di certo, che possa stimolare in essi la curiosità di guardare oltre il loro schermo. Cosa spinge molti ragazzi ad accettare questa vita senza stimoli culturali? È del tutto una loro decisione oppure sono solo in cerca di una tranquillità mentale data dalla lontananza degli stimoli? La scarsa curiosità determina a lungo andare una diminuzione della cultura personale, sfociando in una semi “ignoranza” che ricadrà automaticamente sui rapporti interpersonali, deturpandoli da ogni concretezza e voglia di dare e crescere dal confronto costruttivo con l’altro che dovrebbe essere basato sullo scambio intellettuale di idee si ritroveranno improntati sulla scia di commenti pseudo-culturali riguardanti argomenti banali e quanto mai ovvi. Ci si chiede allora: quanto effettivamente vogliamo che questo accada? Perché non sfruttare al meglio ciò che la tecnologia ci offre, ai fini di un sapere più all’avanguardia ma sempre impegnato? Facciamoci noi giovani promotori di un nuovo metodo di studio che possa servire nel presente ma che comunque ponga le basi alle generazioni, future affinché esse non vengano tacciate come generazioni vacue! 3 Elena Sozzo - III Liceo

stimolo per i giovani, anch‘essi d’altro canto a causa dei numerosi mezzi di ricerca potenti ed efficaci che hanno a disposizione, si lasciano facilmente fuorviare, spegnendo la loro capacità creativa e accendendo con un semplice clic la rete delle reti, che è capace di portarli in un


Seduta alla mia scrivania, con la penna fra le dita e un foglio bianco davanti, rifletto sul concetto di patria, al quale spesso ci capita di attribuire poca importanza. Facendoci caso, si può notare che difficilmente questa

parola ricorre nelle nostre menti o nei discorsi di ogni giorno, e qualcuno potrebbe addirittura giudicare anacronistico discorrere sullo spirito patriottico di una nazione o di un singolo individuo. Eppure quest’anno abbiamo festeggiato i 150 anni dell’unità d’Italia; appendendo fuori dalle case le bandiere tricolori e sfilando nelle piazze, abbiamo dimenticato, o tentato di dimenticare, questo periodo di difficoltà, quest’Italia divisa, frammentata, forse perché nemmeno l’acqua di una grande crisi può spegnere il fuoco patriottico che

Non si può di certo pretendere che il piccolo seme della democrazia possa crescere da un giorno all’altro in un territorio dove, ormai da millenni, è radicato l’immenso albero della dittatura. Non si può di certo pretendere che un popolo cambi tout court le proprie tradizioni, la propria cultura e la propria mentalità. Di certo, però, è necessario poter auspicare un miglioramento là dove la situazione diventa insostenibile, là dove la dittatura diventa un sopruso nei confronti della libertà del cittadino. È necessario, dunque, se proprio non si può abbattere “l’albero millenario”, estirpare il parassita che si nutre della linfa vitale dell’albero stesso, rallentando e impedendo, per la propria sopravvivenza e supremazia, la crescita e il miglioramento dell’intero sistema. Allo stesso modo, un uomo solo, imponendo se stesso, può rendere vana la libertà propria di ogni uomo. Mi chiedo così, se, per l’essere umano, vi sia vizio peggiore di quello che genera nell’animo il desiderio di imporre 4

da secoli arde nelle vene degli Italiani. Esso è stato alimentato dai grandi poeti e patrioti dell’Ottocento e ancora oggi sopravvive, nonostante il disinteresse apparente, la società cosmopolita in cui viviamo e la lontananza temporale dagli eventi storici che lo hanno determinato. All’epoca i grandi poeti narravano l’amore nei suoi tre nobili volti: l’Amore per una donna, l’Amore per Dio e l’Amore per la patria. Tra questi Foscolo con il suo “furor di patria” può essere considerato il poeta patriottico per antonomasia. Fin da quando, nella prima gioventù, forzava le porte dei ghetti per, come egli affermava, “rendere libertà agli Ebrei”, non abbandonò mai l’idea che tutti i popoli dovessero essere liberi. Lottò per il suo ideale e, mediante lo scritto che aveva come voce narrante il giovane Jacopo Ortis (dal greco “parla per un altro”), espresse la grande sofferenza per l’assoggettamento del suo Paese natio agli Austriaci. Quest’opera fu talmente sublime che il Foscolo fu riconosciuto da Pellico come “l’unico vero, sommo italiano”. In “Ultime lettere di Jacopo Ortis” egli è riuscito a rappresentare lo spirito migliore dell’indipendenza italiana e a risvegliare con la sua poesia anche i cuori più dormienti. Credo infine che anche noi, leggendo le sue pagine, potremmo destarci e imparare ad amare “la patria com’egli, -come diceva Mazzinianche quando la flagellava a sangue, l’amava”. Beatrice Tommasi - V Ginnasio

agli altri la propria volontà. Mi chiedo, in particolare, se Gheddafi avvertirà mai la sensazione di dubbio sulla correttezza del proprio comportamento che ogni persona, dotata di un minimo di coscienza dovrebbe avere. Mi chiedo quanto ancora vuol tarpare l’ali al suo popolo. Non è forse anch’egli un essere umano? Come può convivere con un tal peso, come può poggiare la notte il capo sul suo guanciale. Dispone forse del rimedio, così tanto discusso, della rimozione? Certo il suo popolo non potrà mai dimenticare! Lo so bene che la storia dell’umanità è piena zeppa di uomini di tal genere, che hanno fatto la propria fortuna, e qualche volta anche la propria sfortuna, imponendosi violentemente su altri uomini, sino a ridurli in schiavitù. Ma so pure che proprio la storia dell’umanità, con le sue violenze di uomini su uomini, avrebbe dovuto generare coscienze nuove, non più disposte a considerare tollerabile atteggiamenti di violenza e di prevaricazione dell’uomo sull’uomo.


Lo scorso 17 marzo, la nostra cara Italia ha spento la sua 150° candelina. In questo secolo e mezzo di storia tanti giovani come noi si sono lasciati coinvolgere dalle celebrazioni di quest’evento storico, che mantiene accesso per noi questo grande ideale, che noi sentiamo vicino, quando pronunciamo le parole unità della nostra nazione. Per l’unità delle popolazioni che abitano le valli, le pianure e le coste di questa nostra Italia hanno palpitato i cuori di intere generazioni del XIX secolo. Giovani, e non soltanto giovani, sono stati spinti ad impugnare le armi ed hanno combattuto, a volte, anzi, spesso, sacrificando anche la propria vita. In un mondo che pare non sappia apprezzare adeguatamente le grandi idealità spirituali, sembra un po’ difficile immaginare come possa essere accaduto che, dopo secoli in cui le popolazioni italiane hanno vissuto politicamente divise, si sia generato, quasi inavvertitamente, un grande movimento di anime grandi, dal quale è nata, quasi esplosivamente, l’unità della nazione. In questa ricerca, il pensiero corre ad uomini illustri. Fra i primi, a Giuseppe Mazzini, che aveva soltanto 16 anni quando avvertì per primo l’anelito verso l’unità, e lo ha posto all'incirca 10 anni più tardi, come obiettivo primario della sua Giovine Italia. Era il tempo in cui gli ideali che riguardano l’intera società non erano visti come traguardi molto lontani, tanto lontani, cioè, da poter essere quasi rimossi dall’animo, allo stesso modo in cui le persone, che hanno vissuto gran parte della loro esisten-

Mi sembra impossibile che, dopo aver appreso sui banchi di scuola e fra gli altri ambienti educativi dell’attuale mondo, il grande valore della dignità della persona, si possa ancora oggi pensare che, sotto i cieli di questo nuovo secolo, possano sopravvivere ancora coscienze che conservino antica libidine di quel potere, fondato esclusivamente sulla negazione dell’eguale dignità d’ogni persona umana. È forse realmente come dice il Vico: “corsi e ricorsi storici”? La storia non può forse essere diversa? Non può forse il mondo migliorare? No, se il primo a migliorare non è l’uomo stesso. Credo che è da noi, da noi tutti che bisogna partire per costruire le grandi cose attraverso le piccole azioni quotidiane così che il peggior vizio dell’umanità possa far spazio al migliore dei pregi: il rispetto della libertà altrui.

za, non considerano più realizzabili le loro aspirazioni giovanili e le depositano nel profondo dell’animo, limitandosi a contemplarle con nostalgia. Mazzini e, con lui, tanti altri spiriti grandi del nostro Risorgimento, ha avuto il merito di continuare a credere

all’unità d’Italia, come ad una meta che doveva essere perseguita ad ogni costo, nonostante le apparenze. Non fermò le sue aspirazioni l’enorme potenza degli eserciti dell’Imperatore d’Austria, stanziati nel Lombardo-Veneto, né la grande frammentazione in cui egli vedeva ridotta l’Italia del suo tempo, divisa, com’era, fra reami, granducati, repubbliche e domini imperiali. Né la grande illusione mazziniana venne meno davanti agli interessi al mantenimento della disgregazione politica dell’Italia, nutriti dalle grandi potenze europee, quali erano la Gran Bretagna e la Francia, che con le loro navi ed i loro eserciti continuavano a controllare le vicende dei Governi italiani. Poca favilla gran fiamma seconda, vien da dire, insieme con Dante, per spiegare a se stessi come sia potuto accadere che il pensiero ispirato di un grande Italiano possa aver tanto scosso gli animi di tante persone e possa averne mantenuto tanto forte la volontà di riscatto politico dell’Italia, da aver generato una volontà collettiva che ha permesso di coronare con successo un sogno che aveva attraversato tanti secoli di storia. Simone Pezzuto - V Ginnasio

Carlo Conversano - III Liceo 5


Il rumore dei tacchi delle modelle sulla passerella detta legge; le famose griffes rappresentano un’ostentata superiorità; l’occhio meccanico del “Grande Fratello” invita tutti ad entrare in quella che è una realtà utopica dei giovani, dove anche il cibo rappresenta un fattore da evitare per essere “in”. E’ proprio per non rischiare di restare fuori dal “coro” che noi adolescenti fatichiamo a bracciate a raggiungere la riva di un mare in tempesta, dove non si tocca il fondo e si rischia di annegare. Questo pericolo ormai è comune tra di noi: basta guardarsi intorno per rendersi conto dei numerosi specchi occupati a contenere la figura di migliaia di ragazze intente a giudicare il proprio addome, se abbastanza piatto tanto da assomigliare ai bellissimi manichini che sfilano sulle passerelle della gloria, ricoperte da tessuti pregiati, ricercate griffes il cui timbro segna come un marchio a fuoco centinaia di persone. Inoltre, il rapporto con il cibo è uno degli instabili pilastri del nostro mondo adolescenziale, perché la cattiva alimentazione non porta certo a vedere la bellissima modella o l’ammaliante conduttrice quando ci si specchia! E con questa disperata voglia che le ragazze cadono in storie di anoressia, bulimia e rifiutano categoricamente il cibo o improvvisano delle pericolosissime per la salute,

”diete fai da te“, pur di poter indossare quei jeans aderentissimi. L’eco gigantesca che i vestiti griffati lanciano tra noi giovani comporta spesse volte la scelta di inclusione o emarginazione di uno di noi nel gruppo, la sua discriminazione sociale e l’abbattimento della personalità del ragazzo che deve conformarsi alle lettere che siglano il logo di una tshirt o di un giubbotto. A chiudere a chiave questa gabbia di matti ci pensa bene la TV che bersaglia continuamente noi giovani cercando di plagiare la nostra indole svuotandoci dei veri sentimenti. Un esempio sono i numerosissimi reality-show che al tempo d’oggi rappresentano una “ scuola di cattive abitudini” e spingono i ragazzi ad inquinare il mare limpido della loro personalità. Non resta quindi che salire a bordo di scialuppe di salvataggio che vengono lanciate da chi veramente ha a cuore la vita dei giovani e sbarazzarsi dei falsi ideali, sbagliati miti, futili programmi e accettarsi, piacersi per come si è, riappropriandosi di ciò che è vero, bello, semplice e degli autentici valori della vita che Qualcuno lassù volentieri ci suggerisce … A noi la scelta migliore! Francesco Fazzi - IV Ginnasio

Gli appassionati di astronomia stanno assistendo, giorno dopo giorno, alla spettacolare impresa di Paolo Angelo Nespoli, l’astronauta italiano che da quasi cinque mesi lascia stupiti e meravigliati i giovani, non soltanto quelli d’Italia ma anche quelli delle altre Nazioni del mondo! L’uomo che appena lo scorso 6 Aprile ha festeggiato i suoi 54 anni in orbita ha iniziato la sua carriera di astronauta nel 2007, quando, in occasione della missione ‘’Esperia’’, è stato in orbita quindici giorni nello spazio portandola a termine con successo. Ma dopo quattro anni trascorsi a terra, Nespoli viene nuovamente incaricato di lanciarsi nello spazio e prendere parte alla missione “MagISStra’’, che prevede per il nostro astronauta ben sei mesi in orbita, a partire dallo scorso 15 Dicembre! Tuttavia, ciò che lascia davvero a bocca aperta i volti dei ragazzi dietro gli schermi dei PC sono le meravigliose immagini di aurore e altri fenomeni spettacolari, visti dallo spazio, che Nespoli fotografa, per poi diffondere non su strani e complicati sistemi della NASA , ma sul co6 munissimo social network “Twitter”!Queste immagini, alcune delle quali raffigurano anche la Terra vista

dall’alto sono accompagnate da brevi ‘’tweet”, cioè dei piccoli commenti. Infatti prima di partire, l’uomo che oggi viaggia alla velocità di 28mila Km orari ha scritto il primo tweet: “Volare oh oh, cantare oh ,oh, oh, oh. Inseguiamo assieme i sogni! A presto.” Da quel giorno non ha mai smesso di tenere aggiornato il mondo sulle sue avventure spaziali vissute con entusiasmo ma anche con la voglia di terminare al più presto la missione “MagISStra”. Mariachiara Potì - IV Ginnasio


Il mondo è bello perché vario. Naturalmente questo famoso detto, che attribuisce bellezza al concetto di varietà delle cose e delle situazioni, è riconducibile ed interpreta-

bile in qualsiasi ambito della nostra quotidianità. Nell’universo tanto apprezzato, ma anche criticato, dello sport, non si può proprio dire che la varietà venga molto apprezzata; anzi, lo è soltanto in in teoria (almeno in Italia). Ne è prova il fatto che in molti Paesi non esiste uno sport prevalente, che possa avere assunto una tale egemonia sugli altri sport da poter essere definito nazionale, poiché i cittadini sembra che apprezzino e seguano i diversi sport praticati nella nazione con pari interesse, ed altrettanto fanno i media, che riservano a tutte le attività sportive pari attenzione. L’esempio più lampante è certamente offerto dagli USA, che nei loro 50 Stati hanno sviluppato un concetto di cultura sportiva che abbraccia un ampio spettro degli sport praticati. Ed in Italia che accade? Sembra che vi sia uno ed un solo: il calcio, la cui egemonia non offre vie di scampo. Persino nelle categorie del calcio dilettantistico e giovanile, le squadre dei diversi club godono di ampia visibilità su quotidiani e TV, mentre tante altre discipline sportive, che sono non meno apprezzabili del calcio, sul piano della valore formativo, ed egualmente divertenti, per lo spettacolo che generano, vedono ben modeste percentuali di appassionati, e di tifosi. Vi sono sport ai quali i diversi mezzi di informazione di massa, pur essendo tali sport molto degni d’interesse per coloro che apprezzano lo sport, in generale, rivolgono mol-

ta scarsa attenzione, se non addirittura assenza di riguardo. Tale assenza di varietà nella pratica e nell’attenzione sociale verso le attività sportive può far affievolire il valore formativo dello sport, proprio come accade nel regno vegetale, oltre che in quello animale, nei quali la scienza ha ormai accertato che la diversità delle specie produce effetti positivi per loro. Lo spettacolo offerto dalle violenze negli stadi di calcio sono una prova di quest’ affermazione. Pallacanestro, rugby, pallavolo, sci, atletica, nuoto, e via dicendo, sono discipline che hanno un proprio autonomo e ben definito statuto disciplinare e, per tale ragione, può ben dirsi che insegnano a chi li pratica, oltre che a coloro che li seguono da spettatori, valori sociali molto utili per una convivenza civile degna d’ogni positiva considerazione. Sarebbe necessario che gli organi che governano lo sport agissero con maggior determinazione per raggiungere l’auspicata diversità sportiva. Il CONI, coadiuvato da stampa e TV potrebbero certamente riuscire a creare nel nostro Paese un sano concetto di cultura sportiva. Quel che accade nel periodo immediatamente successivo alle Olimpiadi è emblematico. Il numero di praticanti (piccoli e meno giovani) delle diverse discipline aumenta e si accresce la considerazione sociale che la popolazione riversa verso chi pratica sport. Ci sia consentito ricordare qualcuno degli sport diversi dal calcio: la scherma (numerose le vittorie italiane, sia maschili che femminili), la pallacanestro (argento nel 2004 ad Atene per gli azzurri della palla a spicchi), il canottaggio (la celebre Josefa Idem ha conquistato molti apprezzamenti anche dai poco pratici della sua disciplina) e l’emergente curling (sport invernale che alle Olimpiadi di Torino è stato assai apprezzato dal pubblico italiano). Sicuramente una campagna di sensibilizzazione gioverebbe non poco all’intero sport italiano, se essa, partendo dai più piccoli, riuscisse a generare ed a diffondere fra coloro che seguono le attività sportive l’amore per le virtù che, un tempo, davano agli atleti il carattere dell’uomo probo. Matteo Leo - I Liceo 


Piccolo e dalla copertina bianca, scorrendo velocemente lo sguardo sugli scaffali di una libreria, potrebbe sfuggire ai vostri occhi, ma, se per caso dovesse capitarvi di scorgere, tra i tanti titoli, “Neve” di Maxence Fermine, vi invito a prenderlo tra le mani e ad aprirlo. Di colpo potreste ritrovarvi lontano da quella stanza, lontano dalla vostra città, in terre sconosciute, avvolti solo da un manto di bianca poesia, la poesia che invade la vita di Yuko, con ella può narrare il candore smagliante della neve che osserva per ore sulle vette dei monti. “La poesia è pittura, coreografia, musica e calligrafia dell’animo”, Yuko non conosce tutte le arti eppure i suoi componimenti sono splendidi, anche se privi di colore. Nel viaggio, alla ricerca di quel colore, Yuko trova la bellezza, ascolta storie di funamboli in equilibrio sul filo della felicità e di dolci amori che le prime parole di un amante -Voi siete colei che cercavo- sigillano in eterno; si meraviglia di un vecchio cieco che, osservando i fiori del suo giardino, attinge l’intensità

Nell’autunno del 2003 il 19enne Mark Zuckerberg frequenta l’Università di Harvard e, ossessionato dall’ambizione verso i circoli studenteschi d’èlite, non ha fortuna con le ragazze. La sera in cui la fidanzata Erica lo lascia, Mark sfoga la sua ira sul suo Blog deridendola pesantemente. Non contento, viola illegalmente i sistemi informatici dell’Università per prelevare le foto della ragazza da pubblicare sul sito Facemash, che lui ha creato apposta per mettere a confronto le ragazze del campus e farne votare la bellezza. In quattro ore Facemash attira 22mila visite che fanno crollare il sistema e portano Mark davati al consiglio universitario con una serie di imputazioni, tra cui la violazione della privacy. La bravata però rende Mark subito popolare e attira l’attenzione di tre studenti, i gemelli Cameron e Tyler Winklevass, che assieme a Divya Naredra gli propongono di lavorare per loro come programmatore ad un nuovo sito HarvardConnection riservato agli studenti di Harvard. Nel 2004 Mark pubblica il sito “The Facebook” un nuovo social network basato sul libro delle Facce, l’album dove le Università americane raccolgono le foto degli iscritti per favorirne la conoscenza. Su “The Facebook” i ragazzi possono creare un account e portare sul web tutta la

dei loro colori e sogna Neve, la donna dei ghiacci che ha rapito il suo cuore, il cui aspetto non potrà essere scalfito né dal tempo, né dalla morte. E allora anche voi, nel silenzio della vostra stanza o nel vociare di una piazza, con il piccolo romanzo aperto e la mente imprigionata nella sua magia, siederete accanto ad un uomo che ritrova l’amore perduto, le accarezza i capelli d’oro e le palpebre blu e muore in pace nel posto che sa essere il suo da sempre. Terminata la lettura, confusi da tutto il candore e da tutto quel bianco, allontanandovi dai pergolati, dalla rugiada, dai ciliegi in fiore e dall’immagine di una fanciulla con la pelle diafana e i capelli neri, vi si poserà sul cuore un fiocco di neve, un frammento di purezza: avrete acquisito la consapevolezza che un poeta, in realtà, è anche un funambolo e che nel mondo ci sono persone che vivono, giocano e muoiono e ci sono persone che si tengono in equilibrio sul crinale della vita. Ci sono gli attori e ci sono i funamboli. E voi, cari lettori, cosa siete? Beatrice Tommasi - V Ginnasio

loro esperienza sociale, foto, amici, relazioni sentimentali, pensieri, video. Mark viene contattato da Sean Parker che gli consiglia di rinominare il network in Facebook. Parker è il creatore di Napster, un software che consentiva di condividere musica ma che era stato fatto oscurare per violazione dei Copyright. A Mark quel tipo così spregiudicato e sicuro di se piace, e crea una società con lui. Nel frattempo Facebook è diventato famoso, diffusosi nelle università Americane fino a sconfinare in Europa e nel resto del mondo. Ma non tutto va per il verso giusto: Mark deve fronteggiare ben due cause legali milionarie; nella prima, Winklevass e Narendra lo accusano di avergli rubato l’idea. Facebook infatti sembra una copia di quello che avrebbe dovuto essere Harvard Connection e per il quale Mark aveva promesso la sua collaborazione. Nella seconda invece è proprio Eduardo Sawerin, che una volta era il suo migliore amico, ad accusare Mark di averlo estromesso dalla società da lui inizialmente finanziata. Mark dovrà affrontare alcuni interrogativi, in cui spiegherà la sua versione dei fatti.

Fabiana Pierri, Gabriele Madaro - IV Ginnasio

Ginnasio Liceo “Giovanni Paolo II” Via Umbria 73100 Lecce Tel: 0832/1810102 Email: segreteria@liceogp2.org Sito: www.liceogp2.org DIRETTORE Dott. Fabio Scrimitore – Dirigente VICE DIRETTORE Elena Sozzo - III Liceo REDAZIONE Per il IV Ginnasio: Ilaria Consani Francesco Fazzi Gabriele Madaro Fabiana Pierri Mariachiara Potì Per il V Ginnasio: Simone Pezzuto Beatrice Tommasi Per il I Liceo: Laura Cammarota Francesca Cristallini Marco D’Agostino Biancamaria De Santis Gloria Giurgola Pierpaolo Petrelli Per il II Liceo : Matteo Longo Manuela Margiotta Per il III Liceo: Carlo Conversano Valeria Morciano GRAFICA E IMPAGINAZIONE Prof. Massimiliano Capozza Sac. Massimiliano Mazzotta STAMPA Seminario Arcivescovile Lecce


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