L'Obiettivo - dicembre 2011

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PERIODICO DEL GINNASIO-LICEO “GIOVANNI PAOLO II” SUPPLEMENTO DE “L’ORA DEL SALENTO” Liceo-Ginnasio “Giovanni Paolo II” Lecce

ANNO VIII- NUMERO 1 LECCE, 21 DICEMBRE 2011 Con il sole che giunge all’ultimo solstizio, l’estro creativo delle studentesse e degli studenti si esprime al di fuori delle aule scolastiche e fa sentire le sue multiforme voci, proponendosi alle famiglie ed agli amici del Liceo con brevi riflessioni sulla famiglia, sui costumi, la scienza e l’arte. Insieme con un pensiero di gratitudine, rivolto all’Arcivescovo ed ai Suoi collaboratori che offrono quotidianamente il loro generoso servizio al Liceo, gli studenti, gli insegnanti ed i responsabili dell’ufficio di segreteria, insieme con il preside, esprimono alle famiglie ed agli amici del Liceo ed ai lettori tutti gli auguri per un sereno Natale ed un 2012 fecondo di benessere.

Fabio Scrimitore, preside

Nonostante l’attenzione che gli insegnamenti liceali sollecitano verso lo studio del significato delle parole, mi è difficile definire con un solo termine il fascino del Liceo classico. Questa scuola offre forse meno laboratori e stimolanti attività ricreative rispetto a quelle offerte da altri istituti, ma lascia nell'animo dello studente un’impronta indelebile, che noi definiamo "humanitas". Humanitas è l'amore per l'essere umano e per le sue capacità, è il rispetto per l'arte, la cultura e la raffinatezza; è tutto ciò che eleva l'animo. Al di là dei talenti che consentono ai giovani di acquisire fami-

liarità con il ragionamento logico e che consente di fare una buona traduzione di un testo letterario greco o latino, fra i muri dei licei si cela un mondo nuovo e ricco, in cui dalla profonda intimità dell'amore di Catullo al più maestoso ed epico episodio omerico si può esplorare la profondità delle sensazioni umane in tutta la loro forza e varietà. Il Liceo Classico insegna a comprendere non solo le altre persone, ma permette di conoscere anche e soprattutto noi stessi, regalando una solida base per percorrere efficacemente qualsiasi cammino si desideri intraprendere, perché lo stu-

dio dei classici avvicina alla comprensione del senso profondo dell’essere persona, dal momento che mette al centro dei suoi curricoli l’uomo. La formazione scolastica prima e la più profonda, infatti, dovrebbe rivolgersi alla scoperta dell’essenza di persona, della mente dell’uomo, e, in verità, gli studi umanistici possono condurre a fare acquisire alla persona consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità.

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Manuela Margiotta - III Liceo


Lo sapevate che il razzismo è uno degli atteggiamenti più antichi, nati da quando l’uomo ha scoperto popoli con caratteristiche diverse dalle proprie? Si parla tanto di razzismo, ma sapete cos’è? Non è così lontano da noi come sembra. Capita di assistere a situazioni di disprezzo verso persone che hanno un aspetto fisico o abitudini e tradizioni diverse dalle nostre. Il razzista pensa che la popolazione del mondo sia divisa in razze, tra superiori ed inferiori, ma ciò non ha basi scientifiche perché la forma del DNA di ogni uomo è uguale a differenza del caso animale. La paura verso lo straniero è definita xenofobia, ma la xenofobia si può trasformare in razzismo se oltre alla paura si aggiunge il disprezzo. Secondo lo scrittore Tahar Ben Jelloun, autore de “Il razzismo spiegato a mia figlia”, “un bambino non nasce razzista” ma se lo diventa o no dipende dall’educazione ricevuta e dalla sua volontà. Avete visto il film “Quando sei nato non puoi più nasconderti?” Parla di un ragazzino che cade in mare e viene salvato da un barcone di scafisti che trasportano gli immigrati verso l’Italia. Il protagonista Sandro vivrà un’esperienza a contatto con gli immigrati, anche in un centro di smistamento, che gli cambierà per sempre il modo di vederli. Secondo il regista Marco Tullio Giordana, l’elemento fondamentale per combattere il razzismo è la conoscenza,

condividere una difficile situazione con degli stranieri per capire che in realtà non siamo poi così diversi. Il razzismo ha raggiunto l’apice della crudeltà nella Germania di Hitler, le cui idee erano basate sull’anti-semitismo, cioè una forma di discriminazione verso i semiti, che secondo lui appartenevano ad una razza inferiore a quella ariana. Sapevate che nonostante la Shoa (lo sterminio degli ebrei) accaduta nella Seconda Guerra Mondiale, ci sono ancora delle persone che esaltano le idee di Hitler? Sono appunto i neonazisti o naziskin, ragazzi che o negano la Shoa o ne mettono in risalto gli ideali. Ma quindi siamo tutti razzisti? NO, tutti notiamo certamente delle differenze negli altri individui, ma se impariamo a conoscerci e ad apprezzare le differenze, senza provare disprezzo, possiamo dire che non siamo razzisti e ciò potrà arricchirci e migliorarci. Bellinfante Maria - IV Ginnasio

Indignados, Black block, Movimento 15-M, insomma, chiamateli come volete! Ci si è accorti di loro solo qualche mese fa quando il 15 Ottobre sono scesi per manifestare nelle diverse piazze di Roma, ma, prima di allora, molti erano all’oscuro di queste vicende. È giusto, quindi, che qualcuno chiarisca le idee.

che se la prende con qualcosa che rimarrà e deve rimanere al suo posto nei secoli dei secoli. E a tutto ciò si aggiunge il timbro della violenza. Purtroppo, come da sempre siamo stati abituati, ascoltando i telegiornali, informandoci tramite internet o comprando i giornali in edicola (per i più attempati), è come se nella mente si formasse solo ed esclusivamente una versione dei fatti. Ma io, visto che l’occasione me lo ha permesso, dopo una forte strattonata al braccio, ho chiesto a una donna madrilena chi fossero costoro e quali intenzioni avessero. Per tutta risposta mi è stato detto per quale motivo dovessero essere più indignati di noi. In fondo tutti condividiamo la stessa società, tutti ci alziamo al mattino chi per studiare, chi per andare a lavorare. C’è chi viene svegliato dal sole per intraprendere una giornata di disperata ricerca di un lavoro, c’è chi è talmente agiato che non ha bisogno di andare a lavorare. Ma tutti siamo preoccupati e indignati per la corruzione di coloro che devono decidere del nostro futuro. Questa situazione fa male a tutti noi, ogni giorno. In quel momento un “gracias” è stato più che sufficiente, ma da allora sapevo sono convinto che la risposta calata dall’alto è la non violenza, la pacifica dimostrazione, la legalità e il rispetto delle regole della democrazia.

Gli “Indignados” erano presenti già da qualche mese in Spagna, precisamente dal 15 Maggio 2011 (da cui, poi, la denominazione “Movimento 15-M”), ma hanno avuto la loro prima uscita ad Agosto durante la visita del Santo Padre a Madrid, dove anche molti leccesi, tra cui io stesso, ne sono diventati i testimoni oculari. Sono giovani senza futuro, senza prospettive, stritolati da quelle leggi del profitto che continuano senza soluzione di continuità a spostare denaro nelle tasche degli affaristi e dei politici, e a toglierlo a chi spesso viene a trovarsi sulla soglia della sopravvivenza. Ed ecco che l’indignato diventa una 2 minaccia per la società, un nemico o un utopista 2

Matteo Longo - III Liceo


I giovani non sono, come spesso si vuole far credere, persone insensibili alle tematiche sociali, interessate esclusivamente agli avvenimenti quotidiani del mondo circoscritto ai loro interessi; essi non sono affatto pervasi da quello spirito di atarassia a cui tanto aspirava Epicuro, ma fanno proprie le problematiche attuali. Se si sfatassero i pregiudizi diffusi dei “grandi”, degli adulti, si potrebbe verificare con quanta intensità di pensiero essi riflettono sulle tante e diverse questioni che rendono complesso il mondo d’oggi. Uno degli ambienti che riveste maggiore importanza per i giovani è indubbiamente la scuola. Forse nella memoria di tanti è ancora vivo il ricordo delle parole di Piero Calamandrei, il grande giurista che già nel 1950 richiamava l’attenzione dei suoi lettori sul “senso di sfiducia, di cinismo, che si va diffondendo nella scuola, specialmente fra i giovani” e richiamava la riflessione della società sul “tramonto di quelle idee: la serietà, la precisione, l’onestà, la puntualità, il fare il proprio dovere, il fare lezione”. È quindi necessario attribuire alla scuola la principale attivi-

E' sempre stato necessario che i giovani imparassero dai maiores: il cosa e il come ed il perché imparare sono stati sempre in un rapporto di relazione al contesto culturale e storico in cui la scuola operava. Per millenni, i genitori facevano apprendere ai figli il genere di lavoro che loro stessi svolgevano per trarne i mezzi necessari alle esigenze della famiglia (molto comuni erano il lavoro nei campi, l'allevamento e la pesca). Accadeva anche che le persone, sin da giovani, venivano mandati “a bottega” a imparare arti e mestieri. Queste due forme d'insegnamento, familiare ed artigianale, avevano, ed hanno ancora, una fondamentale caratteristica comune: colui che insegna è anche colui che pratica il mestiere corrispondente all’insegnamento; sicché, si poteva asserire che non vi era nessuna differenza fra la persona che insegnava una determinata attività e colui che la esercitava professionalmente. Mancava, in quei tempi, cioè, ogni distinzione fra la teoria e la pratica. L’evoluzione sociale ed economica dei popoli ha generato una graduale frattura fra la teoria e la pratica professionale. Da una parte c’era colui che esercitava professionalmente un’attività sociale, dall’altra colui che la insegnava. Le famiglie aristocratiche si servivano dei precettori, cioè di educatori dotati d’ conoscenze teoretiche estese a tutte le discipline dei curriculi del tempo, perché i loro figli ricevessero un'istruzione adeguata allo stile che distingueva la loro classe sociale; spesso erano i letterati a svolgere questo compito, fra i quali intellettuali si potrà ricordare, per esempio, Giuseppe Parini.

tà di formazione, non solo di uomini acculturati nelle lettere, nelle scienze matematiche e filosofiche, nella storia, ma anche di uomini con coscienza, di cui si cura e si privilegia lo stimolo ad una sana convivenza civile. Se i giovani, come spesso si dice, e come ci ha ricordato durante la scorsa Giornata Mondiale della Gioventù anche Benedetto XVI, hanno bisogno, e vorrebbero aver davanti, quali stelle polari, figure di riferimento per i loro stili di vita, sarebbe auspicabile che questa loro esigenza formativa venisse generosamente avvertita anche da coloro ai quali la buona stella o i loro talenti hanno affidato la formazione dei giovani, nuovi astri nascenti, o il governo dell’intera società. Così siano le loro azioni, di guida ed orientamento sociale, a dimostrare il valore morale della loro persona. L’esempio offerto dagli adulti e la forte rivalutazione di valori condivisi sono più di qualsiasi altro atteggiamento l’humus primordiale per una salda formazione dei giovani. Gianmarco Sperani, Matteo Totaro - III Liceo

Con la figura del precettore inizia a delinearsi la professione “insegnante”, con la conseguente definizione di specifiche metodologie didattiche. La realtà scolastica, comunque, è sempre stata ed è in continuo mutamento. Oggi la scuola italiana si è liberata dal modello di organizzazione centralizzata, che l’ha caratterizzata nei primi decenni del secolo scorso, perché con le recenti riforme sono stati introdotti nel curriculum metodi di insegnamento diversi rispetto a quelle “dell’ancien régime” scolastico. Le recenti riforme della scuola suggeriscono agli insegnanti di non tendere a fare acquisire agli studenti un'istruzione di genere enciclopedico, così come si proponevano i docenti nel Medioevo. La continua ripartizione del sapere in distinte e specialistiche discipline di studio impone che nella scuola secondaria si cerchi di fare apprendere agli studenti la struttura essenziale dei singoli saperi, in modo che il giovane, lasciata la scuola, possa continuare ad apprendere autonomamente. Le metodologie adottate dall'insegnante di oggi puntano a una partecipazione attiva dello studente, in modo che questo non si limiti ad ascoltare passivamente la lezione e sia portato a relazionarsi alla materia con mentalità aperta e giudizio critico. E’ così che la scuola può fornire gli strumenti per la decodifica della realtà e per un corretto inserimento nella società.

Laura Cammarota - II Liceo 


La donna che lavora ha sicuramente cambiato l’aspetto della famiglia moderna. Un tempo le madri erano libere dagli impegni di lavoro che, oggi, durante la giornata,

portano tante di loro al di là dei muri dome. Per questa ragione le madri potevano dedicare la totalità delle loro cure e delle loro energie fisiche e spirituali ai componenti della famiglia, in special modo ai più piccoli. Erano i tempi delle famigli numerose, vivaci per la presenza di un numero di figli tale che oggi sembrerebbe d’altri mondi; non era raro incontrar nuclei familiari con 9 ed anche dieci figli. Si aveva fiducia nella manzoniana Provvidenza allora, e tale fiducia prevaleva largamente sulle preoccupazioni d’indole economica che avranno dovuto pur sentire i genitori, pensando a quanti sacrifici avrebbero dovuto fare per allevare al meglio tanti figli e per dar loro

una formazione idonea a far loro affrontare serenamente la vita da adulti. Il relativamente basso tenere di vita della maggioranza della popolazione di quei tempi non generava neppure il senso di emulazione sociale, che

avrebbe contraddistinto le famiglie dei decenni conclusivi del secolo scorso e gli iniziali del terzo millennio. Il progresso generato dalle mutate condizioni economiche della nazioni ha destrutturato quel modello familiare. La crescente attenzione che la medicina ha rivolto verso le età dell’infanzia, i crescenti oneri economici che la cura quotidiana dei piccoli richiedono, insieme con le ansie che le imprevedibili possibilità di lavoro nel futuro fanno nascere nei genitori di oggi hanno affievolito, e non di poco, la fiducia che, un tempo, le persone avevano sulla Provvidenza, quale familiare collaboratrice dei genitori. Le continue esigenze di fonti di sostegno economico, unite alle giuste aspirazioni alla pariteticità fra l’uomo e la donna nel sostegno alla famiglia, hanno dato una nuova forma a questa cellula della società. La casa della famiglia non è più tanto capace di ospitalità e d’affetto quanto lo è stata in passato. Il sorriso amorevole della mamma, dei fratellini e delle sorelline vien sostituito dalla vivacità retribuita delle babysitter e degli asili-nido, Più fortunati i bambini ed i preadolescenti dei piccoli e quieti centri provinciali nei quali le brevi distanze permettono ai nonni di riprendere l’antica loro funzione, compensare con la loro semplicità di affetti l’assenza dei genitori. Più fortunati ancora saranno i bambini di quelle famiglie che potranno vivere il tempo auspicato in cui alle giuste aspirazioni dei genitori per il futuro dei figli si accompagnerà una legislazione sociale che, garantendo a

tutti coloro che sono al mondo un minimo di dignità di vita associata, restituisca alla famiglia il suo antico ruolo di nucleo sociale generatore di affettivi. Tanya Lupo - III Liceo

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Noi giovani oggi siamo proiettati verso il raggiungimento di una vita autonoma e indipendente, perché solo così riteniamo di poterci realizzare appieno. Tale “tensione” comunque è condizionata dal rapporto con la famiglia. Essa è la cellula della società: come non ha ragion d’essere un corpo che non sia formato da più cellule, così non può esistere una società che non sia composta da più famiglie. E come la salute del nostro organismo dipende da quella di ogni singola cellula, così il benessere della società è soggetto a quello delle singole famiglie. Durante le varie epoche storiche la famiglia si è evoluta subendo lente, ma continue e non omogenee trasformazioni. Tuttora, comunque, non si è giunti – oserei dire fortunatamente – ad un unico e globalizzato modello di tale nucleo, date le differenze anche rilevanti che caratterizzano le varie regioni del mondo. Sappiamo che in tempi antichi la famiglia era un sistema inizialmente matriarcale, poi fortemente patriarcale e che, per vari motivi, i genitori avevano numerosi figli. In alcuni casi più figli, specialmente se maschi, contribuivano a produrre ricchezza per la famiglia. Tale realtà oggi continua ad esistere solo nei Paesi più poveri, mentre in quelli cosiddetti “sviluppati” la famiglia tende ad avere non più di due figli (la media italiana nel 2009 è di 1,41 figli per donna). In questo periodo personaggi di rilievo come il Presidente della Repubblica Italiana e il Papa hanno parlato della famiglia e della crisi che sta vivendo.

Un anno fa, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano affermava: «La famiglia è fondamento insostituibile per lo sviluppo e il progresso di una società aperta e solidale ». Il 2 novembre di quest’anno lo ha ribadito nella sua lettera al direttore di Famiglia Cristiana, confidando, inoltre, nella

famiglia per il raggiungimento di un rinnovamento etico di cui il Paese ha urgente bisogno. Alla fine del 2006 papa Benedetto XVI esortava i genitori ad educare i figli con l’esempio e la testimonianza, seguendo così il modello di Maria e Giuseppe.

A mio parere la famiglia può essere paragonata al nido dell’aquila. Entrambi i genitori accudiscono alla nidiata e difendono i loro piccoli da altri predatori. Dalla “perfezione” che ci viene dalla natura anche noi dobbiamo guardare con quanta cura le aquile spronano i loro piccoli ad irrobustire le ali per poter affrontare le difficoltà del volo. Non trattengono gli aquilotti nel nido oltre il tempo indispensabile: morirebbero per la mancanza di autonomia. Così credo che la famiglia umana abbia il compito di crescere, accudire, formare e stimolare i figli per dar loro tutto ciò che occorre per una sana e indispensabile autonomia. Perciò ritengo che, al di là delle naturali controversie tra adolescenti e adulti, la famiglia – sebbene anche la scuola svolga un ruolo primario nella formazione dell’uomo – sia il basilare trampolino di lancio nella vita di ogni individuo. Samuele Rizzo - V Ginnasio 


Siamo alle solite. Come ogni anno è arrivato il Natale, la festa degli abeti, dei biscotti caldi e dei cenoni. Spesso, però, mi sono chiesto se quest’ultimo non sia, in realtà, nient’altro che un’occasione per far sentire solo chi non ha un tavolo festoso a cui unirsi; una scusa come un’altra per spendere follemente e citare l’amore a sproposito, abusando della parola ma non del suo significato. Mi chiedo se abbia un senso affollare le chiese per la Messa di mezzanotte e poi lasciarle semivuote durante il tempo ordinario. Si sta lentamente banalizzando il Natale a causa del nostro pazzo conformismo, della sbagliata acculturazione dei medium di massa e del nostro agire per tradizione. Credo sia mio dovere, però, fare tanti auguri a chi morirà di rabbia negli ingorghi autostradali, a chi farà a pugni per l’ultima Barbie, a chi festeggerà il Natale solo per vederlo

finire. Auguri anche a te, mio caro lettore, ma senza sarcasmo, perché tu possa dare un senso a questo giorno. Mirko Gentile – IV ginnasiale

Ogni anno la liturgia cattolica ci ripropone di celebrare la nascita del vero uomo e vero Dio che è venuto qui sulla terra per salvarci. Quale potrebbe essere allora un buon modo per vivere con pienezza il Natale? Natale è una parola che trova etimologia dalla parola natus, participio passato di nascor che significa “nato” e, come sappiamo bene, si riferisce alla nascita di Gesù, figlio di Dio Padre, che dopo più di duemila anni viene ancora una volta nelle nostre case per aprire il cuore ai nostri fratelli per mezzo della Parola di vita: il Vangelo. Il fascino del Natale è grande e magico con le sue luci, le decorazioni, i preparativi e dovrebbe trasmettere molta serenità. Un tempo si festeggiava il Natale in modo semplice. Prevaleva la festa religiosa e la celebrazione di mezzanotte riscaldava il cuore. Nelle famiglie c’era un presepe molto semplice e generalmente senza albero di Natale. I doni erano pochi ma regalavano tanta felicità. Il Natale era quindi il momento dell’anno in cui grandi e piccoli trovavano armonia e pace e costituiva anche un’ occasione per ritrovare i propri cari. In questi anni, però, la festa del Natale è considerata prevalentemente una festa commemorativa in cui ci si scambiano doni e in cui prevale un certo “buonismo”: questa de-

finizione può essere confermata dal fatto che molte persone, anche se non credono in Gesù festeggiano ugualmente il Natale; per queste ra gioni si può dire che il Natale è dentro ognuno d noi ma non sempre con il vero senso che dovreb be avere. Non possiamo dimenticare però, nell’interesse della formazione dei più piccoli, la tradizione della leggenda di Babbo Natale, una persona anziana che porta doni a tutti i bambini del mondo tramite una slitta trainata da renne volanti. Se si pensa al Natale dal punto di vista delle luci, si pensa subito alle luminarie che danno alle città un aspetto festoso e natalizio. Si possono trovare luci in tutte le città ma anche in ogni casa perché è usanza ad dobbare le case con luci, presepi e alberi di Nata le decorati con variegati addobbi pendenti. Tut tavia non conoscendo il vero senso di questa fe


e ù, adi b-

e date-

La stella di Natale è, secondo i Vangeli, l’astro del Messia che guidò i Magi fino a Betlemme. Nei secoli ci si è sempre chiesti se la stella fosse stata un miracolo o se Dio si fosse servito di qualche fenomeno riferibile al movimento degli astri o dei pianeti. In ambito astronomico sono state

formulate varie ipotesi, la più accreditata è quella che ipotizza che, i Magi furono attratti dagli effetti straordinariamente luminosi di una congiunzione planeta-

sta che è quello di evidenziare la vera luce che è venuta a riscaldare e illuminare la nostra vita. A proposito di suoni che ricordano il Natale, vi sono numerosi canti che rendono felice chi li ascolta. Al Natale è poi associato anche il colore bianco della neve. In generale però possiamo dire che il Natale, essendo un evento festoso e allegro, è caratterizzato da colori vivaci. In realtà la luce dovrebbe essere quella che risplende dentro ognuno di noi. Ma questa magia del Natale, purtroppo, non può essere condivisa da tutti: persone che soffrono, paesi in guerra, ecc... A loro, nel mio piccolo, ogni anno va il mio pensiero, con la speranza che prima o poi arrivino a loro tutte queste sensazioni ed emozioni che fortunatamente posso assaporare di anno in anno. Anche quest’anno molte persone andranno in giro per i negozi a scegliere i regali da fare.

ria fra Giove e Saturno. La congiunzione rimase visibile ad Ovest, ma, poiché la congiunzione, di norma, o produce una luce fissa nel cielo, non si riesce a spiegare come mai i Magi, che venivano da Oriente, dopo aver saputo che il Messia doveva nascere a Betlemme, abbiano cambiato direzione verso Sud seguendo la stella che “li precedeva fino alla grotta” (Mt. 2,9). Sono state formulate anche ipotesi per questo fatto, tra queste quella di una supernova che cambia direzione per effetto della rotazione terrestre. Ipotesi, questa, valida come altre, ma come tutte non del tutto esaustiva per rispondere alla nostra curiosità scientifica. In ogni caso è importante per noi, oltre il mero dato scientifico, imitare i Magi che riuscirono a leggere nella Creazione (in questo caso la volta celeste) la traccia di Dio per andare incontro al Re Messia che cercavano, ricerca che per un cristiano va al di là di una stella, fenomeno astronomico o miracolo. Ginomaria Rocca - IV Ginnasio

Prevarrà il Natale consumistico consigliatoci dalla pubblicità e dagli ipermercati che iniziano due mesi prima a esporre prodotti di ogni genere. La notte del 24 Dicembre si scambieranno auguri e proposte d’amore ma il giorno dopo tornerà tutto come prima e ci si dimenticherà delle promesse fatte. Tuttavia l’aspetto positivo del Natale è rappresentato dalla famiglia riunita tutta attorno ad un tavolo. Bisognerebbe riscoprire il senso religioso della festa pregando e ricordando che il Natale non è fatto solo da regali ma dovrebbe essere soprattutto un periodo di riflessione. Dovremmo mantenere le tradizioni e non lasciare che vengano sopraffatte dal consumismo infatti ho notato che le persone che costruiscono il presepe sono diminuite mentre il numero dei pacchetti e dei pacchettini che vengono messi sotto l’albero sono sempre in aumento. È necessario, quindi, che il Natale sia foriero di pace e tolleranza per tutti gli uomini di buona volontà. Simone Maria Politi – V ginnasio


Alla presentazione degli argomenti per scrivere un articolo da includere in questo giornalino, niente catturava la mia attenzione, niente era in grado di trascinare incondizionatamente la mia penna, se non l’argomento creatività di difficile elaborazione. Ero incapace infatti di intrufolarmi nei foschi labirinti della creatività, avevo paura di perdermi in strade a me sconosciute. Guardandomi attorno però ho notato che la creatività avvolge delicatamente ogni pensiero, oggetto, persona, colore. Ho notato che la creatività era dentro di me ed era lei stessa la chiave per scrivere quest’articolo e superare il funesto labirinto! Sì, perché la creatività è la giusta dose di follia che colora la nostra vita, che ce la fa vivere con autenticità. “La vera creatività comincia spesso dove termina il linguaggio”. Così recitava Arthur Koestler, e questo suo pensiero è per me incarnato in una delle massime espressioni artistiche quali la musica. Nei nostri I-pod, simbolo della creatività e genialità elettronica, è possibile gustare la musica “senza impo-

sizioni di tempo”. Da questo scaturisce un’ulteriore forma di creatività, quella di realizzare un proprio bagaglio di canzoni che spazi negli anni. E’ proprio quest’invenzione che mi fa sorgere una domanda: la creatività che ritroviamo nei brani odierni è uguale a quella presente nella musica del passato?

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Certamente la musica dei cantautori degli anni “60“70 si è evoluta e la schitarrata di De Andrè si è trasformata, per noi giovani, nella trascinante musica

house di David Guetta. Gli artisti odierni come Lady Gaga, fanno risplendere la loro creatività attraverso abiti, video musicali e modi di approcciarsi con il pubblico, a differenza dei testi di Cocciante e Venditti che riportano nei brani stralci della loro vita personale. Anche questo mio stesso testo è nel suo piccolo creatività, ognuno di noi quindi dovrebbe imparare a scoprire e a tener d’occhio quel barlume di luce che man mano si accende sempre più e guizza dentro la nostra mente. Certo che di esempi di barlume di luce nella storia della nostra cultura ne abbiamo avuti e ne abbiamo tutt’ora ma, “nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai..”.. Leggendo...a bocca aperta, è proprio il caso di dire!! Qui estro e creatività si infuocano dando origine ad uno dei capolavori della letteratura italiana e non solo, strumento di grandi studi e manuale di saggezza nella vita. E ancora, i nostri occhi e le nostre anime rimangono incantati davanti ad un’opera del Caravaggio, creatività soprannaturale, o estro geniale!? Tutto diventa eccezionale, unico, se non abbiamo paura di gridare al mondo la nostra creatività, il nostro barlume di luce, liberandoci da inibizioni e falsi pregiudizi, cogliendo quella scintilla di follia che si cela nel nostro “io”. Francesco Fazzi - V Ginnasio


Col termine “creatività” generalmente si fa riferimento alla capacità di dar vita a qualcosa del tutto nuovo rispetto a una tradizione condivisa.

Ma in tutte le civiltà umane, il concetto stesso di creazione è stato associato al superamento di un caos primordiale tramite l’intervento di un’entità superiore. Non a caso un ricorrente appellativo del Dio cristiano è proprio “Creatore”, mentre nelle prime forme della filosofia greca il termine caso riconduce all’idea di materie indistinte da cui tutto avrebbe avuto origine. Nelle attività umane la creatività è una dote in parte innata, in parte sollecitata dall’ambiente e dal contesto; non a caso nei regimi totalitari essa è spesso ostacolata perché può sovvertire e mettere in crisi l’ordine precostituito non solo artistico, ma anche politico e sociale. D’altra parte una creatività che si disinteressi della condivisione del prodotto creato o

non riesca a relazionarsi con la comunità, rischia di non essere riconosciuta né apprezzata. Ad esempio, nel campo dell’arte e più specificatamente in quello della musica, vi è la diffusa convinzione che il vero artista e creativo sia colui che si svincola da certi canoni e regole largamente condivise, come quelle dell’armonia così detta tonale. In realtà, la genialità di un compositore, si manifesta anche nell’utilizzare tali regole, relazionandole fra loro in modo innovativo ma prima o poi apprezzabile da tutti. Bach è emblema del rapporto che lega creatività e accettazione della stessa; egli infatti riorganizzando in modo geniale stili, forme e tecniche e del passato e del suo tempo, è stato inizialmente poco apprezzato, per essere oggi considerato uno dei più grandi compositori di ogni epoca. Anche molti artisti romantici sono stati in grado di cogliere nuovi aspetti nei canoni tradizionali in maniera così dirompente da essere spesso inizialmente incompresi. Resta evidente che il processo creativo è un fenomeno complesso e delicato che va rispettato e anzi andrebbe sollecitato per il bene dell’intera comunità. Gloria Giurgola - III Liceo

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Con Buskashì viaggio dentro la guerra (Edizione Feltrinelli 2002) Gino Strada fa immergere il lettore in una particolare realtà. Questo diario di guerra narra la storia di un “ viaggio dentro la guerra” che ebbe inizio il 9 settembre 2001, quando due giorni prima dell'attentato al World Trade Center, Gino Strada e la sua equipe stanno tentando di riaprire l'ospedale di Emergency a Kabul. E' un viaggio faticoso,insidioso e “clandestino” quello che Gino e altri volontari di Emergency intraprendono per cercare di raggiungere l'Afghanistan; un viaggio raccontato tra sirene di guerra, bambini che saltano su mine anti-uomo, famiglie dissestate e infinite operazioni chirurgiche di persone innocenti che lottano tra la vita e la morte. Buskashì è un libro doloroso e triste, di denuncia sociale, senza peli sulla lingua. E' una riflessione sulla guerra e sulle sofferenze che questa provoca, ma è anche una ri-

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Interpretare criticamente la realtà sempre nuova, costruirsi positivamente in ogni esperienza professionale e umana, comunicare in modo efficace e persuasivo, queste finalità sono il prezioso patrimonio che uno studente del Liceo classico porta in sé come tratto distintivo. In un mondo che cambia rapidamente è sempre più importante possedere conoscenze radicate e capacità analitiche e creative, percepire ciò che muta e conservare i valori immutabili. Sembrerà strano, ma è il liceo classico ad avermi insegnato che non conta la quantità, ma la qualità di ciò che si studia: è importante "velocizzare" una lettura troppo corposa, "evidenziare" le cose importanti e sorvolare sul resto. Questa scuola sta svolgendo un ruolo fondamentale nella mia maturazione: le discipline che si affrontano aiutano a trovare soluzioni a molti interrogativi. Inoltre, quelle scientifiche seppur non presenti in maniera predominante come nel liceo scientifico, assicurano le basi anche nel campo matematico e chimico.

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flessione sulla pessima informazione mediatica. E alla fine quello che rimane è una terra magica martoriata, contesa da più parti per interessi che non hanno niente a che vedere con la popolazione locale. Un bel libro toccante, che ha nella conclusione il suo messaggio : “Il giorno in cui si iniziasse a mettere in pratica la Dichiarazione universale dei diritti umani, ci ritroveremo in un mondo che finalmente può incominciare a progettare il proprio futuro, anziché, come sta succedendo, la propria distruzione. ” Chiara Cazzato - III Liceo

Questa scuola mi pare sia l’unica in grado di far acquisire un ricco e approfondito bagaglio culturale che consente agli allievi, conseguita la maturità, di frequentare con successo qualunque facoltà universitaria. Certo, bisogna impegnarsi, studiare ed essere costanti, ma come in ogni altra scuola superiore, se si vogliono avere buoni risultati. Tutto diventa impossibile solo qualora non vi sia una continuità nello studio: questo sì che può comportare difficoltà, ma con un po’ di buona volontà ed impegno tutti saranno in grado di farcela. Insomma è vero quello che dicono tutti: il liceo classico insegna un buon metodo di studio, ma io, frequentandolo, ho capito anche l’importanza di saper condividere con i compagni di scuola gli aspetti più interessanti della vita quotidiana. Il suggerimento dunque che posso dare a tutti è questo: qualunque facoltà sceglierete di frequentare (non è detto infatti che facoltà scientifiche siano sconsigliate a noi "liceali classici"), fatelo con determinazione e passione, senza il timore di fantasmi inesistenti, contando sulle vostre forze, con la consapevolezza di avere una buona "base" culturale alle spalle. Manuela Margiotta - III Liceo


In questo suo ultimo romanzo Le lettere segrete di Jo (Ed. Giunti 2011) Gabrielle Donnelly riesce a riprodurre in versione moderna il famoso ciclo della Alcott “ Piccole donne” e rappresenta una qualsiasi venticinquenne con i suoi problemi e i suoi perché irrisolti. Lulù, rispetto alle sorelle Emma che ha un lavoro e si sta per sposare e So-

phie, un’attrice votata alla carriera, è più inquieta e non riesce a trovare la sua strada. Per caso scoprirà in un

“Notti bianche - scrive Erri De Luca - trascina il lettore nell’azzardo di un amore notturno tra due creature piccole e grandiose”. Ebbene è proprio questo il potere che l’opera di Dostoevskij esercita sulle nostre anime, inermi e immobili, mentre silenziosa si insinua la sua storia, che vaga con passo leggero tra i meandri della mente e del cuore, disegnando percorsi sconosciuti e screziati di colori. Così in noi è nuova vita e nuova realtà, che sfugge oltre i limiti della logica, oltre ogni razionalità. Pietroburgo diviene luogo ove i sogni di un uomo, che da sempre si nutre di essi, prendono forma. Ed è tra le strade di questa città che il nostro sognatore, sconosciuto da tutti, e al contempo conoscitore di ogni cosa, o meglio scopritore dell’intima natura che tutti celano dietro inanimate fisionomie, cammina e si perde in sogni, dai quali lui stesso fatica a sottrarsi. “Un nuovo sogno, una nuova felicità, un nuovo sorso di raffinato e voluttuoso veleno”. Misera vita se priva dei semi fecondi di una fervida immaginazione che tutto crea, ma che un soffio di vento può distruggere. Eppure, solo per un giorno, un istante di questa vita, si potrebbero abbandonare tan-

baule delle lettere della trisnonna Jo March che le cambieranno la vita e le insegneranno a perdonare, a comprendere il senso dell’amore, ad apprezzare la famiglia ed amare le sorelle ma soprattutto ad accettare se stessa. E’ un libro fresco, semplice e divertente che chiunque può leggere, ma solo chi sa cosa significa avere una sorella o un’amica può comprenderlo appieno. E può rispondere alle domande di chi come Lulù non vive veramente la vita, perché la trisnonna Jo diventa, con questo libro, la trisnonna di tutti. Roberta Ferrari - IV Ginnasio

ti anni di fantasie... Strana creatura Notti bianche, si rivela soltanto a chi, tra le luci serali, rifugiatosi in un cantuccio come il protagonista, si abbandona ad un’infatuazione, soffice impronta di una realtà parallela. Poche parole, ed ecco i muri della stanza, gli oggetti, ogni cosa intorno a noi, dissolversi, svanire, inghiottita dalla “musica di questo terribile e magnifico poeta”, come lo definisce Hermann Hesse. Egli ci giudica maturi di comprendere i suoi scritti solo quando la nostra anima, con difficoltà, si destreggia nella “splendida e selvaggia crudeltà della vita”, quando essa, “morti di mille morti sconsolate, ci duole come una piaga bruciante e cocente”. Allora, nella tetra e radiosa Pietroburgo, potremo assistere ad un amore insolito, ad un dialogo sincero, ad un sentimento che due mani sconosciute scolpiscono lentamente nella notte, immutabile ed eterno. “E se alla fine verrà un giorno di pioggia a rompere l’incanto, nulla di ciò che è stato fatto o soltanto immaginato potrà più svanire.” Beatrice Tommasi - IV Ginnasio

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Ed è così che arriva sul grande schermo la prima parte del quarto capitolo della saga che negli ultimi anni ha fatto impazzire i teen-ager di tutto il mondo. Prodotti da Stephanie Mayer, i film di “The Twilight Saga” hanno riscosso grandissimo successo superando spesso i vecchi record di incassi. Dopo i primi tre capitoli, ora in “Breaking Dawn”, Bella e il vampiro Edward si ritroveranno davanti all'altare per pronunciare il fatidico “SI”. La sera della nozze Bella incontra Jacob, il licantropo follemente innamorato di lei, che esprimerà il suo disprezzo per le nozze e per la luna di miele che avrà luogo subito dopo. La discussione, però non condizionerà la scelta della coppia, che partirà poco dopo per l'isola Esme, al largo del Brasile. E' proprio qui che succede l'impensabile: Bella rimane incinta! La ragazza avvisa subito la famiglia del marito spiegando la situazione, e dice invece a suo padre di aver contratto una malattia durante il viaggio e quindi di doversi curare in un ospedale. In realtà alloggerà in casa Cullen per decidere sul da farsi. A questo punto Carlisle, il padre di Edward che è anche un medico cerca di persuadere Bella, insieme agli altri vampiri della famiglia ad abortire, in quanto il feto avendo da una parte DNA di vampiro distrugge la madre dall’interno, crescendo a una velocità inaudita e riducendola in un corpo pelle e ossa. La tribù dei licantropi (tranne Jacob, Leah e Seth che formeranno un altro branco) non rimane però a guardare e decide di non permettere la nascita di un “insolito mostro” che potrebbe nuocere all’incolumità del gruppo stesso, non sapendo che questa creatura sarà innocua. Infatti, appena saputo della gravidanza di Bella, circondano la casa di Edward per attaccarla e ucciderla, ma non ci riusciranno perché il momento del parto giungerà all’improvviso. La scena del parto sarà, come dalle previsioni, molto cruenta e sanguinosa, e si concluderà con la nascita di una splendida bambina di nome Renesmee, e le cattive condizioni di salute di Bella che sarà creduta morta. Edward farà di tutto per evitare la morte della sua consorte, provando anche a trasformarla in vampiro, e ci riuscirà: il film si conclude con il primo piano degli occhi di Bella che si aprono all’improvviso di un colore rosso sangue, come quelli di una vampira in cui è stata appena trasformata. Ma la storia non finisce qui e ci terrà con il fiato sospeso fino alla prossima uscita della seconda parte. Per ora possiamo solo immaginare cosa accadrà ai “mostri” più famosi e affascinanti del momento.

Mariachiara Potì -V Ginnasio

Ginnasio Liceo “Giovanni Paolo II” Via Umbria 73100 Lecce Tel: 0832/1810102 Email: segreteria@liceogp2.org Sito: www.liceogp2.org

DIRETTORE Dott. Fabio Scrimitore – Dirigente VICE DIRETTORE Manuela Margiotta - III Liceo REDAZIONE Per il IV Ginnasio: Maria Bellinfante Mirko Gentile Ginomaria Rocca Roberta Ferrari Per il V Ginnasio: Samuele Rizzo Francesco Fazzi Simone Maria Politi Mariachiara Potì Per il I Liceo:

Simone Pezzuto Beatrice Tommasi

Per il II Liceo:

Laura Cammarota Marco D’Agostino Gloria Giurgola

Per il III Liceo:

Gianmarco Sperani Tanya Lupo Matteo Totaro Chiara Cazzato Matteo Longo

GRAFICA E IMPAGINAZIONE Prof. Massimiliano Capozza D’Agostino Marco STAMPA Seminario Arcivescovile Lecce


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