Opposizioni

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LetteraVentidue Edizioni

Architettura tra Nomos e Téchne

Davide Rubbini, Xavier Costa, Alberto Polacco, Maria Chiara Romano

Prologo

Davide Rubbini

Introduzione

Davide Rubbini

Parte prima - Davide Rubbini TRA NOMOS E TÉCHNE

Dall’atto creativo a Téchne

Anelito di libertà

Tra Nomos e Architettura

Il piano, ovvero la città sotto tutela

Opposizione alla città che incombe

Ancora anelito, soffocamento ... derive

Spazio, Téchne ... e Nomos

Parte seconda - Xavier Costa DA NOMOS A DÉTOURNEMENT

Prefazione

La città di Nomos

Urbanismo emergente

Deviazione, détournement, derive

Psicogeografie

In girum imus nocte et consimimur igni

From Nomos to Détournement

Parte terza - Alberto Polacco

IL SOGNO DI “FARE ARCHITETTURA”

Il sogno di poter “fare architettura”

Parte quarta - Davide Rubbini

NECESSITÀ DI TÉCHNE

Tra immaginario e necessità

Architettura e città contemporanea

Parte quinta - Maria Chiara Romano

NECESSITÀ DI NOMOS

L’architettura in quanto arte è svincolata dalle norme tecniche o giuridiche?

Origine etimologica del termine “architettura” e “mediazioni concettuali”

La dimensione storica dell’architettura. La precedenza logica dell’intuizione artistica

Modelli culturali ed effetto conformativo

sulle forme architettoniche

Architettura e diritto

Città pubblica e poteri privati

Biografie

� PROLOGO

Questo lavoro è frutto di riflessioni di autori che hanno condiviso un senso di appartenenza a quell’arte che è l’Architettura, pur nelle diverse esperienze di vita.

In un lavoro precedente ho cercato di riferirmi alla scuola di Venezia, IUAV, e al contributo che ad essa diede anche la scuola di Barcellona di Ignasi de Solà-Morales, oltre alle coincidenti tendenze americane di riviste come «Opposition» ed «Any».

Oggi quella stagione è lontana, forse troppo, ma comunque vive, eppure un passo avanti apparirebbe necessario. Il mondo prosegue la sua corsa, il sapere critico si arricchisce, noi passiamo, e dunque sembra indispensabile riordinare e replicare anche scolasticamente quel momento, senza nostalgie o rimpianti, ma accettando il tempo in cui quell’opera si è fatta, cioè la sua datazione storica, dunque le sue aporie viste oggi, ma anche le nuove certezze, le identità nuovissime che per essa sono apparse sul versante della storia dell’Architettura. Un certo riepilogo di quei ragionamenti ci aiuta a criticarli, ma pure a fare quel passo avanti.

E qui, proprio il contributo di Maria Chiara Romano ci aiuta ad “abbassare la cresta” di voli troppo astratti, pur sempre necessari.

Ai giovani architetti, come hanno scritto A. Polacco1 e G. Fabbri2 in altre occasioni, dedichiamo questo volume, questo lavoro, perché siano consapevoli delle responsabilità che li aspettano.

Note

1. A. Polacco, in “Tra il dire e il fare”, notiziario dell’Archivio O. Piacentini, Reggio Emilia n. 11/12, Dicembre 2023.

2. G. Fabbri, commentando il mio precedente volume Architettura. Saggio su storia, avanguardie e critica della ragion tecnica: «[...] E ciò lo rende ancor più utile e interessante non solo per chi ha attraversato e assistito alle vicende di cui tratti, ma anche, e di più, per tutti i giovani che non lo conoscono e vivono immersi nel presente, vuoto di memoria e di storia [...]»

Introduzione

In altra occasione avevo sfiorato con cautela i contrasti, cui assistiamo da sempre nella storia, tra Arte e Norma, in particolare tra Architettura e regolamentazione o normazione della stessa nelle sue performances creative. L’Architettura infatti viene considerata da molto tempo non un’Arte, un luogo della creatività, ma una Tecnica, cioè un modo tra gli altri per rispondere a bisogni determinati, spaziali e sociali. In questo senso l’Architettura è sempre stata “regolata”, cioè ha dovuto ottemperare a norme, dettami, imposizioni che diremmo non erano e non le sono proprie1. A ciò si aggiunge Téchne, il ruolo linguistico della tecnica che traduce il pensiero di architettura nella fabbrica che si fa.

L’Architettura infatti non è Legge. Arte è fuori delle regole per sua stessa natura.

E tuttavia Il divario tra una libera formulazione della risposta alla domanda di progetto e la “camicia di forza” che il contesto istituzionale, (cioè il riconoscimento del ruolo pubblico dell’Architettura) impone per la realizzazione di qualsiasi oggetto fisico prodotto dalla sua creatività, apparivano una insopportabile contraddizione, che portava continuamente a disperate convulsioni, a definitivi esiti esistenziali dell’Artista e per esso dell’Architetto. La “prigionia del pensiero critico” veniva esaltata dalla imposizione di ogni regola e norma che pretendevano di ordinarne il corso, il senso, il significato. In quel testo avevo accennato quindi alla diffusa esperienza storica dell’Architettura di farsi “mondana”, di “secolarizzarsi”, ovvero più semplicemente di abiurare la propria

Parte prima

� TRA NOMOS E TÉCHNE

� Dall’atto creativo a Téchne

Nella sua esperienza storica, l’Architettura è vissuta come Ars, atto creativo che può solo immaginare le grandi fabbriche (Partenone, Brunelleschi, Ronchamps), ma essa è anche intesa come Téchne, modo e regola che rappresentano al mondo quell’atto creativo. Téchne è dunque l’Architettura che si fa. Ma Essa nel corso dei tempi si è resa vieppiù complessa e obbligandosi anche alle esigenze della domanda di progetto, fino a distinguersi e separarsi in e da Nomos, ovvero da regole non tecniche propriamente dette, ma giuridiche, cioè ancora che rispondessero non più solo alla domanda propria di progetto, ma piuttosto alla domanda politica cui il progetto dovrà storicamente rispondere. In questo passaggio di “separazione”, Nomos assume la configurazione propria di sistema regolatore che dall’ordine tecnico, (poi anche nelle sue civetterie artistiche, stile e stilemi, linguaggio ed ideologie) dà legittimità di proposizione pubblica e ruolo sociale all’Architettura e dunque al suo atto originario.

Assistiamo perciò a un sistema, consolidato storicamente, che “regge” il “fare Architettura”, sia in termini storici, sia pure per sé stesso (!). In tal senso la verità storica della fabbrica si manifesta non più solamente in Téchne, ma anche in Nomos, alla pari (!). In altri termini, è in quel binomio che l’Atto Creativo si compie nel suo essere storico.

Architettura perciò è, esiste, in quanto è tradotta, ovvero l’Atto Creativo è Fabbrica, volume fisico-spaziale, se trans-formato da un linguaggio epifenomenico, tecnico e giuridico. Di converso potremmo affermare

che il pensiero critico, meglio la creazione di un pensiero creativo originario di Architettura si mostra in funzione di una legge, ovvero di un sistema di regole sia giuridiche sia tecniche, che ne sanzionano la verità, l’essere storico.

Possiamo affermare che Architettura esiste se e in quanto regge il tempo, la sua storicità; ma ciò non sembra avvenire per la sua congruità giuridica con esso, in quanto corrisponde al Progetto, alla domanda di luce per un futuro ignoto. Qui il vulnus di ogni atto creativo, di ogni pensiero critico. Sono cioè le sue necessità e fattezze storiche a legittimarne la verità, piuttosto che il suo astratto concepimento.

Non siamo in grado di sapere quale sia la verità di Architettura, se cioè il suo atto critico originario, ovvero la sua manifestazione storica, come cioè oggi esso è riconosciuto.

È la contraddizione del nostro agire rispetto al nostro pensare, tra la fabbrica e l’idea si essa.

È in questa antinomia (?) che si è sempre più affermata la necessità di regole e di tecniche, di norma e di disciplina, affinché il fare Architettura assumesse ragioni storiche di altrettanta necessità.

In questo senso l’Architettura è l’Arte che più ha dovuto costituirsi storicamente in Disciplina, vero e proprio corpus dottrinale. Regole tecniche, cioè riferite al “de re aedificatoria”1, poi regole di corrispondenza a modelli sociali, economici, giuridici, cioè a norme in quanto tali (precetti, doveri, obblighi, sanzioni, ...). Tutto ciò per affermare l’interesse pubblico di Architettura, la sua socialità. Qui dunque Disciplina dell’Architettura non è solo corpus di precetti per il fare (costruire la fabbrica per dare forma fisica al pensiero), ma contemporaneamente sottomissione all’ordine gerarchico dell’assetto giuridico (politico) del tempo.

Se assumiamo brevemente quanto esposto, diviene necessario comprendere come “si compie” il complesso sistema che fa capo da un verso all’Atto Creativo, libero, intuitivo, detentore di quella più volte celebrata “aura” che gli è propria2, e per altro verso dal binomio Nomos-Téchne, che appare il fattore che lo storicizza, lo rende manifesto e ne autorizza il ruolo pubblico e sociale. La Disciplina dunque si compone, con una semplificazione utile ai nostri commenti, di questi tre fattori, che appaiono necessari l’un l’altro, ma che in Essa restano autonomi nel loro evolversi, soprattutto rispetto all’Atto originario, proprio in quanto soggetti al tempo in cui la fabbrica si fa. L’Atto Creativo, artistico, concepente Architettura, mantiene la sua originalità e si conforma nel disegno

� Biografie

DAVIDE RUBBINI

Nato a Ferrara nel 1952, Architetto, laureato a pieni voti con lode allo IUAV nel 1976, ha svolto attività didattica fino al 1981. Ha frequentato il Master in Storia dell’Architettura presso l’Università di Parma nel 1979, il Master Metropolis all’Università Politecnica di Barcellona nel 2000-2001, il Master in Gestione dei Beni Culturali presso l’Università di Ferrara nel 2006. Ha diretto dal 1989 la società di progettazione Uteco fino al 2018. Attualmente è consulente della società Incico di Ferrara, ove si occupa di progettazione di grandi interventi di Architettura.

XAVIER COSTA

Architetto, studioso e curatore, attualmente professore presso la School of Architecture della Northeastern University di Boston (Massachusetts), dove è stato recentemente decano fondatore del College of Arts, Media and Design. Tra il 1992 e il 2012 assieme a Ignasi de Solà-Morales e Miquel Molins, ha co-fondato e diretto il Metropolis Graduate Program presso l’Universitat Politècnica de Catalunya (UPC). È stato anche Preside della Elisava School of Design dell’Università Pompeu Fabra, e ha insegnato alla GSD dell’Università di Harvard, alla Cornell

University, alla Columbia University e alla Architectural Association; è stato curatore della Fondazione Mies van der Rohe, della Biennale di Venezia, del Museum of Modern Art di New York e del Museu d’Art Contemporani de Barcelona. Ha conseguito un Dottorato di ricerca e un Master in Architettura e Storia dell’arte presso l’Università della Pennsylvania e l’UPC. Xavier Costa è membro dell’Academia Europaea e consulente della Fondazione Aga Khan e del Premio Pritzker. Le sue pubblicazioni sono apparse su AA Files, Daidalos, Quaderns, Lotus International e European Review, con un focus interdisciplinare sull’architettura moderna, l’urbanistica e il design, così come sulla conservazione critica e la curatela, in particolare nel contesto europeo.

ALBERTO POLACCO

Nato a Venezia nel 1949, architetto, laureato con lode allo IUAV nel 1973 relatore il prof. C. Aymonino, ha svolto attività di libero professionista come progettista e ricercatore nei settori dell’architettura, dell’urbanistica, dei sistemi di trasporto territoriale e urbano, nonché della portualità. È stato Dirigente ai Servizi urbanistici del Comune di Ravenna e del Comune di Venezia, indi primo

Segretario Generale della Autorità Portuale di Ravenna negli anni della sua fondazione dal 1996 al 2000. Ha frequentato il Master in Storia dell’arte presso l’Università di Padova negli anni 1975-1978. Attualmente svolge attività di divulgazione nei settori della storia dell’arte e dell’architettura. Vive e svolge i suoi studi tra Ferrara, Ravenna e Venezia.

MARIA CHIARA ROMANO

Professore Ordinario di Diritto amministrativo e direttore del Dipartimento di Pianificazione Design Tecnologia dell’Architettura dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Diritto amministrativo ed è stata ricercatore e professore associato nel Dipartimento di Scienze Giuridiche del medesimo ateneo, dove ha insegnato Diritto amministrativo e Diritto amministrativo europeo ed è tuttora membro del Collegio di Dottorato in Diritto pubblico. La sua produzione scientifica spazia dalla disciplina delle autonomie locali al sistema delle fonti, in particolare dei regolamenti delle amministrazioni, e a tematiche relative al diritto urbanistico, ai beni culturali, al diritto processuale amministrativo, sia nazionale che europeo. È co-autrice di pubblicazioni con colleghi stranieri nonché

di numerose traduzioni di lavori giuridici dal tedesco all’italiano pubblicate su importanti riviste scientifiche. È componente del Colloquio Italo-Tedesco, che unisce autorevoli studiosi di diritto pubblico italiani e tedeschi. Coltiva proficui contatti scientifici con numerosi accademici stranieri, frutto di lunghi periodi di ricerca presso il Max Planck Institut di Diritto pubblico, internazionale e comparato di Heidelberg. È membro di numerose Associazioni accademiche nazionali e internazionali (AIPDA, AIDU, AIDA, ICONS).

Architettura è Arte e Tecnica, ma anche luogo del Diritto.

Poiché Architettura svolge un ruolo pubblico, anche Nomos rappresenta un “materiale” di lavoro fra queste tre “figure”.

Arte, Tecnica, Diritto si oppongono, ma convivono, sono cioè tra loro fattori di contralto in una sintesi espressiva.

In quella contraddizione Architettura si fa opera nella storia della Civitas.

ISBN 979-12-5644-080-1 € 16,50 www.letteraventidue.com

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