La Voce Repubblicana del 28 dicembre 2013

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QUOTIDIANO DEL PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO - ANNO XCII - N° 247 - SABATO 28 DICEMBRE 2013 Euro 1,00 NUOVA SERIE POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB (RM)

QUIRINALE SOTTO ATTACCO

Ad un solo passo dal collasso definitivo del Paese

P

iù che goffo, pare penoso il tentativo da parte di alcuni commentatori di scaricare sulle dinamiche parlamentari gli orrori del “Salva Roma” cui ha dovuto porre rimedio l’intervento del Capo dello Stato. Questi commentatori la notte di Natale sono caduti dal pero e si sono chiesti come fosse possibile che nonostante la de- berlusconizzazione della maggioranza, vi siano ancora dei deputatati che come minimo comune denominatore mostrino di voler solo tirare a campare. Andiamo allora a snidarli questi deputati uno per uno, e se non li troviamo facciamo come il senatore Zanda ci consiglia di fare: accusiamo le dinamiche parlamentari. Ad un dato momento queste prendono il sopravvento e si rivelano la causa degli sprechi. Ci aspettiamo ormai qualcuno che a questo punto chieda di chiudere il Parlamento! Purtroppo avevamo parlato del punto più basso della parabola del governo Letta ed è stato tale che persino il tentativo di risollevarlo fatto da Napolitano potrebbe rivelarsi vano. Un presidente del Consiglio che vanta alla stampa universale il cambio generazionale per poi ritrovarsi salvato da un ottuagenario, è cosa che si commenta da sé. Letta, davanti al “Salva Roma”, avrebbe dovuto minacciare le sue dimissioni e non pavoneggiare la sua giovane età incurante dell’affronto al Paese che si preparava imponendo la fiducia. Giorgio Napolitano nella sua vita politica ne ha passate tante, quello che era certo è che non aveva intenzione alla sua età di spendersi per un governo che farebbe orrore a Forlani, per cui ha smentito clamorosamente l’esecutivo chiedendo di revocare il decreto. Di buono c’è che Letta ed i

ministri della “svolta generazionale” obbediscono come soldatini, ma non perché hanno avuto una qualche resipiscenza sul loro operato, ma perché hanno solo più l’appoggio del Capo dello Stato. Perdono quello e cosa gli rimane? Il nuovo centrodestra deve dimostrare quanto vale sul piano elettorale e con buona pace dell’eccellente Alfano dubitiamo equivalga al peso del mignolo di Berlusconi, mentre il Pd si ritrova un segretario che è come stupefatto davanti a quello che succede. Ci sono persino ministri sconosciuti fino a ieri, che si permettono di discutere i piani, come Zanonato ha fatto con quello del lavoro. Ma per quale motivo Renzi dovrebbe sostenere per tutto il 2014 una tale compagine di governo? E’ già incredibile che lo faccia ancora per un solo giorno. Visto che siamo ad un passo dal collasso definitivo della vita nazionale, non poteva mancare Grillo che vorrebbe iniziare il nuovo anno, pensa tu, con l’impeachment del Capo dello Stato. Può essere anche che Napolitano avrebbe ragione di felicitarsi nel trascorrere finalmente le sue giornate sulle panchine del Pincio, certo è che molto più felice lo sarebbe Grillo, essendo riuscito ad espugnare l’unica carica Istituzionale rimasta capace di tenere botta. Perché, nel disastro generale, il Quirinale ha ancora una visione politica, che potrà non piacere, ma che resta funzionale ad un disegno di tenuta del Paese. Non è colpa di Napolitano se le forze politiche a cui si è rivolto in questa impresa sono così precipitate di livello e con personalità tanto scadenti. In compenso, una volta che pure Napolitano fosse estromesso, sapremmo bene che cosa resterebbe.

Decreto Milleproroghe

Nel 2014 la riforma del procedimento legislativo

Preso lo schiaffo, Letta rilancia D

opo che il ‘Salva-Roma’, nonostante la fiducia, è stato lasciato decadere su pressione del Colle, il Consiglio dei ministri si è riunito per deliberare il milleproroghe, nel dl anche la correzione della norma sugli affitti d’oro per i palazzi delle Camere. Attesa per la proroga per lo stop agli sfratti. E’ slittatto a gennaio il possibile aumento ‘Tasi’ al 3,5 per mille. Il governo ha stanziato poi 700 milioni per misure a sostegno del lavoro e dell’occupazione. 150 milioni andranno per le decontribuzione dell’occupazione giovanile, 200 per l’occupazione femminile e per i più anziani e 350 per interventi a sostegno della ricollocazione dei disoccupati. Le nuove risorse si aggiungono a quelle di giugno. Per Letta si tratta di “un ulteriore intervento a favore della lotta alla disoccupazione giovanile”. Gli interventi nel 2014 di contrasto alla povertà saranno di 800 milioni: 300 milioni in più dei 500 già stanziati. La vicenda del dl Salva Roma con le “difficoltà incontrate” ha reso evidente per il premier come “in questo paese sia essenziale una riforma complessiva del procedimento legislativo” che deve essere fatta “nel 2014”. Per Letta l’attuale “procedimento legislativo non è più quello di una democrazia moderna”. Accanto al milleproroghe il Cdm ha approvato “le norme essenziali” del decreto salva Roma.

BEIRUT, ATTENTATO

CONTRO

OPPOSIZIONE

In piazza Starco, nel pieno centro turisticofinanziario di Beirut un esplosione ha provocato otto morti per colpire l’ex ministro delle

Finanze Mohammed Shattah. Shattah, musulmano sunnita, era legato all’ex primo ministro Saad al-Hariri e oggi era un esponente di rilievo dell’opposizione. L’ex premier Hariri ha accusato immediatamente

Hezbollah dell’attentato. “I sospetti sono coloro che fuggono la giustizia e rifiutano di presentarsi davanti al tribunale internazionale” ha detto l’ex capo del governo alludendo ai cinque membri di Hezbollah accusati di aver ucciso il padre nel 2005. Il loro processo si aprirà all’Aia in gennaio ma tutti sono fuggiti. L’ultimo attentato che aveva colpito il Libano risaliva al 19 novembre scorso, quando in un doppio attacco suicida contro l’ambasciata dell’Iran a Beirut morirono 25 persone e 146 rimasero ferite. L’attentato fu rivendicato da un gruppo jihadista libanese legato ad Al Qaeda, le Brigate Abdullah Azzam.

ELENCO E INFORMAZIONI PER IL PRI 2013

PAGAMENTO DELLE TESSERE

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“La Costituente”,il Partito Repubblicano dopo il Congresso Nazionale

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l Congresso nazionale del Partito Repubblicano Italiano, che ha avuto luogo in Roma è stato un’imponente manifestazione di forza numerica e di seria preparazione. Non si debbono considerare per ammettere o per negare, le espressioni esterne più appariscenti: i chiassosi schieramenti delle centinaia di delegati intorno a questa o a quella improvvisazione, o a quel numero del programma; né gli applausi distribuiti con grande larghezza: tantomeno le votazioni e altre formalità. Per ammettere e riconoscere che v’è, oggi, in Italia un Partito Repubblicano forte e preparato a ispirare il movimento democratico tendente alla formazione della Repubblica, si debbono osservare e considerare le presentazioni, veramente altissime, delle idee DEL PARTITO al Paese; del Partito e non degli uomini, pur tanto autorevoli e stimati, che hanno parlato. Il fenomeno che è, oggi, e da più mesi, avanti agli occhi del Paese della ricerca e della “invenzione” delle idee, di dottrine e di programmi, dello stiracchiamento e dell’adattamento di teorie e di ideologie, non si riscontra e non si riscontrerà nel Partito Repubblicano. Non si vuole giungere a dire che in questo partito non manchino tipi “originali” in atteggiamento di revisori, di rinnovatori e di ispirati condottieri. Di questa razza di

uomini l’Italia è stata sempre ed è, purtroppo, ricca: e della loro opera i partiti e lo stesso Partito repubblicano, hanno, purtroppo, risentito più volte e continueranno a risentire l’influenza nefasta: ma qui si vuole affermare che ad onta dell’esistenza di questo male, sia pure in proporzioni minime il Partito ha potuto esporre facilmente, per sé e per i suoi uomini, un complesso di idee chiare, precise, concrete, armoniche, perché esse non sono improvvisazioni o invenzioni o escogitazioni di uomini provvidenziali, malanno e iattura di altri partiti, ma sono il grande patrimonio della “scuola” della quale il Partito è la forza organizzata e operante … L’indirizzo del Partito non è stato oggetto di discussione. Il Congresso ha approvato, ha applaudito, ha acclamato la relazione Pacciardi: la esaltazione del proposito di concentrazione indiscriminata del Partito Repubblicano con i partiti che si dichiarano repubblicani. La tesi di un indirizzo “indipendente”, senza compromessi o rapporti con i partiti e vòlto a promuovere l’adesione alla Repubblica di vasti strati della popolazione, di tutti i ceti, quella tesi non ha avuto, nel Congresso accoglienza e non ha avuto l’illustrazione che doveva avere. Il rifiuto del Congresso (e anche questo Congresso del PRI come altri recenti era stato

preparato a conclusione opportuna) non deve impressionare, poiché il Partito non era nel Congresso, e le idee diffuse nel Paese, seguite con tanta simpatia nel Paese non sono perdute e neppure smarrite. Il Partito, ad onta della votazione del congresso e di possibili atteggiamenti in contrasto con la sua intransigenza in confronto della politica collaborazionista dei partiti del CLN, il Partito è e sarà quello che gli Italiani hanno conosciuto nel passato; il Partito che non lotta per sé e per i suoi uomini, ma per l’Italia; che vuole liberare il Paese dalla dominazione della monarchia e edificare un regime di democrazia autentica; un regime di tutti gli Italiani, di tutte le classi, un regime nel quale tutte le classi, tutti gli uomini, tutte le fedi, possano convivere per risolvere tutti i contrasti a mezzo delle istituzioni e con il metodo democratico. Il Partito Repubblicano ha subìto il suo esame. Se si deve dire che esso non è immune dei difetti degli altri partiti, che anch’esso risente influenze estranee, che anch’esso non ha saputo liberarsi da superstizioni e da costumanze non democratiche, si deve riconoscere che la sua dottrina limpida e illuminante e la sua preparazione sono pari alla fedeltà ardente, mai smentita, all’Ideale, e adeguate alla necessità dell’ora.

Sfortune storiografiche Una tradizione liberale alla base della nostra democrazia

L’Amendola che si oppose al Leviatano C

on “Giovanni Amendola” - Salerno Editrice - in libreria dallo scorso autunno, Alfredo Capone ripercorre la biografia di una fra le personalità più complesse della politica italiana, ma anche meno conosciute, non certo a causa di una qualche “sfortuna storiografica”. La stessa scelta del figlio Giovanni di militare in un partito di massa quale il Pci, procurò uno strappo profondo nei confronti di chi, socialista, si fece liberale, rivendicando una tradizione risorgimentale che restò di minoranza. La rimozione della figura di Giovanni Amendola dall’attualità della vita nazionale non si può comunque spiegare alla luce del fallimento della strategia dell’Aventino. Amendola era convinto che disertando il Parlamento avrebbe indebolito il governo Mussolini e non fu così. Soprattutto l’Aventino si consumò “dopo” che parti cospicue della tradizione mazziniana e liberale avevano aderito al fascismo, tanto che già nel 1922, esponenti repubblicani di rilievo come Casalini, segretario del Pri, e il leader di Ravenna, Bazzi, sostennero Mussolini. Nel maggio del 1923, durante un comitato centrale repubblicano, Arcangelo Ghisleri disse a Salvemini che “in Romagna e nelle Marche tutte le vecchie organizzazioni sono rimaste intatte” ma che si erano “messe sotto un nuovo personale fascista”. Un eclettico come Amendola comprese meglio di tanti mazziniani come l’esaltazione di Mazzini da parte del fascismo fosse principalmente un artificio. Tuttavia non fu mero opportunismo quello di tanti esponenti mazziniani. Molti di loro confidavano davvero di poter far vivere l’anima politica del Risorgimento in un movimento di massa, capace di superare l’elitarismo in cui era stata relegata la loro tradizione. E lo stesso Giovanni Amendola nel 1919, nel momento nel quale denunciava la bancarotta della classe dirigente italiana simboleggiata da Cadorna, si incamminava su un percorso sdrucciolevole. “Noi vogliamo conservare le forme essenziali della nostra vita politica, ma vogliamo nel tempo stesso che la materia di essa sia profondamente rinnovata, anzi rivoluzionata”. Amendola aggiungeva anche che alla direzione dello Stato debbono essere chiamati “nuovi ceti ed uomini nuovi”. Un discorso pronunciato quale candidato nella lista nittiana, che pure sarebbe potuto benissimo stare in bocca a

qualsiasi repubblicano divenuto da lì a breve fascista, e poi, caduto il fascismo, essere il discorso di un comunista. Il tema della rivoluzione, come quello de “l’uomo nuovo”, fu declinato con più efficacia da Mussolini e da Lenin che dal buon Francesco Saverio Nitti. Nel 1920 il collasso morale della borghesia produttrice e il dilagare dell’agitazione massimalista fece precipitare la situazione. Prevalse un istinto conservatore nazionale nelle sue forme più estreme. Amendola comprende l’importanza della difesa dello Stato liberale il cui unico prototipo italiano si trovava nell’esperienza della Repubblica romana e nella sua Costituzione: “la manifestazione del pensiero è libera”, “l’insegnamento è libero” ed ovviamente “è libera l’associazione”. Il fascismo nega invece che Mazzini avesse una qualche teoria dello Stato, raffigurandolo, tutto sommato, alla Garibaldi, come “un dittatore”. Amendola con i mazziniani rimasti nel Pri sotto la guida di Schiavetti cerca di frenare la deriva verso il fascismo, quando Gramsci non distingue né i liberali né i socialisti dai fascisti, considerandoli tutte facce della stessa medaglia. Benedetto Croce, convinto che la libertà è solo una categoria dello spirito, darà il suo contributo al disastro. Mussolini il 3 gennaio del 1925 ha in mano il potere assoluto e gli intellettuali democratici, da Piero Gobetti a Salvatorelli, se la prendono con Amendola che aveva sbagliato mossa politica. Può anche essere che così sia stato. Amendola cercava comunque di difendere il valore prioritario della democrazia e dello stato di diritto. La chimera dell’esercizio della volontà generale era stata agitata dal giacobinismo due secoli prima. Attraverso il fascismo ed il bolscevismo tornò ad avvincere le masse, così come coloro che si illudevano di guidarle. La resistenza individuale a questo processo veniva tacciata come un residuo di particolarismi egoistici, antisociali, antirivoluzionari. Giona venne inghiottito dalla balena, Amendola verrà inghiottito dal Leviatano risorto. Non vediamo come avrebbe potuto scampare al mostro, Aventino o meno. E’ certo invece che mai gli si arrese e per questo non bisogna consentire lo si dimentichi tanto facilmente, Giovanni ovviamente. Il figlio Giorgio, lo ricorderanno altri, forse.

Fratellanza “terrorista”

Prendere un po’di tempo prima di pronunziarsi sull’Egitto

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entre il Medioriente è prossimo ad una nuova esplosione dopo l’attentato a Beirut in cui è morto un ex ministro del governo Hariri, in Egitto i Fratelli musulmani sono stati dichiarati “organizzazione terrorista”. Il regalo di Natale del nuovo governo militare al deposto presidente Morsi. La Fratellanza è stata accusata dell’attentato del 24 dicembre alla centrale di polizia di Mansoura. 14 morti e 130 feriti con cui si sono azzerate le residue possibilità di ricomposizione con il nuovo regime. A Natale sono continuati senza sosta gli arresti dei dissenzienti. I militari hanno però anche abbozzato una costituzione con molti tratti liberali. La nuova Carta definisce l’Egitto “un paese democratico e civile”, non indulge in tentazioni islamiste e diversi articoli garantiscono i diritti civili e personali. Non solo si vieta la tortura, ma anche la discriminazione, per religione, sesso, origini, razza o affiliazione politica. Si proibisce la censura e si assicura il diritto di manifestare previa autorizzazione a norma di legge. Si riconosce l’uguaglianza delle donne. Il problema resta il ruolo politico dell’esercito che quando ti definisce “organizzazione terrorista”, come ha fatto con la Fratellanza, ti esclude dalla vita politica. La Costituzione poi stabilisce che possono essere processati da tribunali militari i civili se attaccano “zone dichiarate sotto il controllo militare”. Un’espressione troppo vaga in cui potrebbe rientrare anche piazza Tahrir. In ogni caso la Costituzione deve ancora essere approvata, intanto sono in vigore leggi così rigide da consentire l’arresto di due icone della rivolta anti Mubarak, come Ahmed Douma e Ahmed Maher. La minaccia islamista giustifica ogni provvedimento repressivo e gli eccessi superano l’immaginazione. L’attaccante dell’Al-Ahly, Ahmed Abdel Zaher, simpatizzante di Morsi, è stato cacciato dalla nazionale egiziana e squalificato in campionato per tre mesi. Poi l’esercito ha fatto rilasciare 23 attivisti anti golpe, fra cui lo stesso Ahmed Maher, 84 sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi e le 21 sostenitrici dei Fratelli mussulmani che erano state condannate a 11 anni di carcere per le proteste del 31 ottobre. Tutto questo è servito ad aumentare il consenso per i militari fra la popolazione. Al generalissimo el Sisi sono stati dedicati profumi e cioccolatini con il suo nome. Lo stesso partito salafita egiziano el Nour, originario alleato con i Fratelli, è balzato sul carro del vincitore anche se i suoi dirigenti non hanno ingoiato l’abbandono dei princìpi della sharia. I partiti laici, nel loro complesso, sostengono la transizione in corso. Mohammed el Baradei, invece, accusato di tradimento per aver denunciato il golpe militare, se ne resta prudentemente all’estero. Meglio prendere un po’ di tempo prima di sbilanciarsi sul futuro dell’Egitto.


2 LA VOCE REPUBBLICANA

Sabato 28 dicembre 2013

economia

Giornalaio di Carter Manovra economica terrificante che ci ricorda da vicino le antiquate tecniche della Dc finalizzate alla sopravvivenza

Due Camere? Uguale sprechi

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ilanci pubblici, Ugo Magri de “La Stampa” vede un aumento delle spese, altro che risparmi vari. “A confronto con le grandi abbuffate della Prima Repubblica, quando i partiti non si curavano di aprire voragini nei conti dello Stato, le ultime manovre varate dal Parlamento potrebbero apparire uno snack, una cena di magro in stile francescano. Parliamo in fondo di ‘mance’ a questa o quella categoria che, nell’insieme, rappresentano una goccia nel mare del debito pubblico. Eppure, mai come stavolta la razzia è risultata offensiva al senso comune, in quanto l’avidità delle lobby viene di solito tollerata finché regna l’abbondanza; risulta viceversa imperdonabile quando sul tavolo restano poche briciole che dovrebbero bastare per un intero Paese”. Insomma, la briciola non aiuta a mascherare, questo è il succo. “A fronte di questo assalto condotto con la forza della disperazione, la classe di governo nel suo insieme è sembrata debole quando non complice. C’è voluto un intervento di Napolitano (nessuno lo accusi, please, di avere esorbitato dai propri poteri) per stoppare l’obbrobrio di una legge su Roma Capitale. Una legge dov’era stato infilato di tutto, comprese le norme sulle ‘slot machines’ bollate da Renzi come ‘una porcata’, al netto del tira-e-molla sugli affitti di Stato da disdettare, anzi no, anzi sì... Ma se si allarga lo sguardo all’intera

manovra finanziaria, quel tanto di buono che contiene viene sommerso dalla pioggia di mini-contributi erogati senza un filo di coerenza, scandalosi proprio in quanto premiano istanze capaci di farsi largo a discapito di altri interessi non meno degni”. Ma perché, come mai una figura(ccia) simile? “Troppo facile farne carico a Letta e ai suoi ministri. Molte di queste e altre generosità sono opera del Parlamento, dove le giovani reclute hanno fatto comunella con i vecchi marpioni per mettere al primo posto le ragioni della propria sopravvivenza. Certi onorevoli della vasta maggioranza, per quanto de-berlusconizzata, mostrano di avere come minimo Gli assalti alla comune denominatore soprattutto il diligenza sono tirare a campare, sembrano affratellati più facili quando dalla paura di tornare alle urne”. E il Paese non ha questo è un dato. Che però è reso posproblemi. Ma in sibile in verità “da un bicameralismo questi giorni non che moltiplica almeno per due, spesso sono possibili per tre o per quattro, gli assalti alla diligenza, secondo una dinamica bollata dal vice-ministro Fassina come ‘insostenibile’ per le casse dello Stato”. Insomma, riformiamo il bicameralismo, da subito. “A ogni passaggio parlamentare, i governi sono costretti a cedere qualcosa in Commissione (terreno ideale per le imboscate lobbistiche) e poi in Aula. I deputati non accetteranno mai di approvare le regalie distribuite dai senatori, senza prima averne elargite di proprie. E viceversa, naturalmente”. L’Italia in bolletta non ce la fa, insomma.

Intervista di Lanfranco Palazzolo Ignazio Messina, Italia dei Valori, considera assai incerte troppe mosse di questo governo. Ed ecco quali sono le cose traballanti

Ma è forse una legge “mancia”?

A

lle elezioni europee ci presenteremo con una nostra lista. Lo ha detto alla “Voce” il segretario dell’Italia dei Valori Ignazio Messina. Ignazio Messina, cosa pensa delle ultime disavventure del governo Letta che è stato costretto a ritirare il decreto salva Roma? “Esprimo profonda delusione per quello che ho visto in questi giorni. Si trattava di una sorta di marchetta, una “Quei contenuti legge mancia. E’ stato utilizzato un nascondevano una provvedimento improprio come il serie di cose a decreto salva-Roma. Questo provvedanno dei cittadini e dimento ha prodotto l’intervento del a vantaggio delle Presidente della Repubblica. E’ stato lobbies spesso un caso unico nella storia del nostro presenti in Aula” paese. E’ stato presentato un decreto che ha ottenuto la fiducia del Parlamento ed è stato bloccato dal Capo dello Stato. Quei contenuti nascondevano una serie di cose a danno dei cittadini e a vantaggio delle lobbies spesso presenti in Parlamento”. Ci può fare un esempio? “Certo, si è cercato di penalizzare quei sindaci e quei Presidenti di

Regione che contrastavano il gioco d’azzardo a vantaggio di quelle lobbies che, del gioco d’azzardo, fanno affari”. Perché criticate questo governo? “La nostra impressione è che questo governo provi a prender tempo, continui a sopravvivere nel tentativo di arrivare al semestre di Presidenza dell’Unione europea per guadagnare altri sei mesi di durata. Quello che questo governo non ha compreso è che gli italiani ormai non hanno più la capacità di poter aspettare perché ormai hanno finito le scorte e non riescono più a sopravvivere. Il problema è esattamente questo. Molte famiglie non arrivano più alla fine del mese. A questo governo manca una proposta economica di rilancio del paese. Ecco perché siamo molto delusi da questo esecutivo”. Pensa che le larghe intese non siano in grado di funzionare? “Noi eravamo contrari alle larghe intese con Mario Monti e lo eravamo anche quando c’era Silvio Berlusconi. Noi stiamo lavorando insieme alla dirigenza del Pd per assumere una nuova responsabilità di governo. Noi vogliamo una nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di avere la possibilità di scegliere. La legge elettorale dei Comuni potrebbe essere l’ideale. E poi si andrà a votare”. Come vi presenterete alle prossime elezioni europee e quale rapporto avete con l’Alde (I liberali europei)? Alle ultime elezioni europee voi avete fatto una scelta diversa da quella di altri liberali Ue. “L’alleanza di ‘Rivoluzione civile’ è stata una ‘non proposta’. Al di la della collocazione di estrema sinistra di “RC” è chiaro che si trattava di un comitato elettorale. Mancava la proposta politica per i cittadini. L’Idv fa parte dell’Alde. E’ ovvio che dobbiamo trovare una compatibilità elettorale rispetto a quella che è l’Idv. Noi ci presenteremo alle europee con la nostra lista e con una nostra idea di Europa”.

SUD: PERSI IN 6 ANNI

fatti e fattacci

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ibano in fiamme. La situazione di questo paese del Medio Oriente diventa ogni giorno più incandescente. Il 27 dicembre è stato un giorno particolarmente difficile per il futuro della nazione. L’organizzazione terroristica Hezbollah ha dato fuoco alle polveri uccidendo il suo più acerrimo nemico. Si tratta dell’ex ministro libanese delle Finanze, Mohammad Shatah, assassinato nel corso di un attacco sferrato ieri mattina a Beirut, che ha fatto anche molte altre vittime. Shatah, esponente del movimento al-Mustaqbal (“Il Futuro”), era molto vicino all’ex premier libanese Saad Hariri, figlio ed erede politico di Rafiq Hariri, assassinato in un attacco a Beirut il 14 febbraio del 2005. I mezzi di informazione di tutto il mondo hanno confermato che l’esplosione è stata causata da un’autobomba, mentre in precedenza “al-Jazeera” aveva riferito di un attacco sferrato da un kamikaze al volante di un’autobomba. Il governo in carica ha subito preso iniziative. Una riunione d’emergenza dell’Alta Commissione per i grandi rischi e i disastri è stata convocata al Gran Serraglio, sede del governo di Beirut, su decisione del premier dimissionario Najib Miqati. L’attentato contro l’ex ministro libanese Muhammad Shatah e braccio destro dell’ex premier Saad Hariri avviene a tre settimane dall’inizio all’Aja del processo internazionale per l’uccisione del padre di Hariri, Rafik Hariri,

anch’egli ex premier e morto in un attentato il 14 febbraio del 2005. Il processo Hariri comincerà in Olanda il 16 gennaio prossimo e alla sbarra ci sono, in contumacia, cinque membri del movimento sciita filoiraniano Hezbollah. L’ex ministro libanese delle Finanze Mohammad Shatah, ucciso nell’attacco di questa mattina a Beirut, era un esponente del blocco libanese che si oppone agli Hezbollah ed era molto vicino all’ex premier Saad Hariri, figlio ed erede politico di Rafiq Hariri, assassinato in un attacco a Beirut il 14 febbraio del 2005. Il 62enne sunnita Shatah, economista, di recente era stato nominato consigliere per le relazioni esterne di Saad Hariri, leader del movimento alMustaqbal (Il Futuro). Era evidente che Hezbollah avrebbe colpito quest’uomo politico troppo scomodo per la pressione che questo movimento sta esercitando nel paese. Nei giorni scorsi, Shatah aveva pubblicato un tweet molto eloquente contro Hezbollah: “Hezbollah sta facendo forti pressioni per ottenere in materia di sicurezza e politica estera poteri simili a quelli che la Siria ha esercitato in Libano per 15 anni”, si legge nel tweet con un chiaro riferimento alla tutela politico-militare esercitata per anni dalla Siria sul Libano”. Di fronte a queste e altre dichiarazioni di questo esponente politico, il cosiddetto “Partito di Dio” ha sferrato uno degli attacchi più assurdi e crudeli.

43 MLD PIL

Dai dati Confindustria - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno pubblicati nel volume “Check up Mezzogiorno” emerge che nei sei anni di crisi, dal 2007 al 2013, l’economia del Mezzogiorno ha perso 43,7 miliardi di euro di Pil e 600 mila posti di lavoro, tuttavia alcuni segnali indicano che la caduta inizia a rallentare. Fra gli indici di speranza, sottolinea la ricerca, l’aumento delle società di capitali (+3,2% nel 2013) e il raddoppio delle imprese aderenti a contratti di rete.

CODACONS: STANGATA SU CARBURANTI Il Codacons lancia l’allarme sui rincari per i carburanti in vista delle feste di fine anno. L’associazione dei consumatori ha chiesto al governo provvedimenti per evitare la stangata proprio quando “gli automobilisti italiani sono in movimento lungo strade e autostrade”. Benzina e gasolio hanno fatto registrare in questi giorni forti rincari, raggiungendo una media di 1,796 euro al litro, la verde, e 1,726 euro al litro, il diesel.

primo piano

C

irca 40 mila le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche che spesso aggirano i vincoli di finanza pubblica e servono a mantenere il consenso politico attraverso l’elargizione di posti di lavoro. Un costo complessivo di 23 mila miliardi, quasi l’1,4 % di un Pil che fatica a crescere dello 0,1. Più della metà di questi organismi non producono servizi di interesse generale, in sostanza non servono a niente. Oltre un terzo di quelli che producono servizi di interesse generale hanno registrato perdite nel 2012, procurando un onere per la Pubblica amministrazione stimabile in circa 4 miliardi. Sarebbe prioritario, per qualsiasi governo con un minimo di decenza, avviarne la dismissione. Invece non c’è mai stato un piano e nemmeno l’intenzione di approntarlo.

&

a n a l i s i

Erdogan oramai rischia fin troppo

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l Natale amaro di Erdogan. Anche se il premier turco non ha festeggiato, questi giorni sono stati particolarmente amari per l’Ataturk del XXI secolo. Lo scandalo di corruzione che ha visto protagonisti molti uomini vicini al premier continua a far saltare altre teste e trascina a fondo la borsa in Turchia. In tutta fretta il premier Recep Tayyip Erdogan ha proceduto a un rimpasto di governo con dieci nuovi ministri a lui vicini, mentre il pubblico ministero che ha seguito le indagini è stato esonerato dal caso. LA VOCE REPUBBLICANA Fondata nel 1921 Francesco Nucara Direttore Giancarlo Camerucci Vicedirettore responsabile Iscritta al numero 1202 del registro stampa del Tribunale di Roma - Registrata quale giornale murale al Tribunale di Roma con decreto 4107 del 10 novembre 1954/1981. Nuove Politiche Editoriali, Società cooperativa giornalistica - Sede Legale - Roma - Corso Vittorio Emanuele II, 326. Amministratore Unico: Dott. Giancarlo Camerucci Direzione e Redazione: Roma - Corso Vittorio Emanuele II, 326 Tel. 06/6865824-6893448 - fax. 06/68210234 - Amministrazione: 06/6833852 Progetto grafico e impaginazione: Sacco A. & Bernardini.

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Ufficialmente – stando a quanto spiega il procuratore capo di Istanbul – per averlo gestito male e per avere divulgato informazioni alla stampa senza avvertire i superiori. Con una dichiarazione diffusa sui media, Muammer Akkas aveva denunciato pressioni sul sistema giudiziario, anche in vista di una nuova fase dell’inchiesta, potenzialmente ancora più esplosiva di quella che ha portato all’arresto di decine di persone, tra cui figli dei tre ministri dimissionari all’origine del rimpasto. Nel mirino – secondo indiscrezioni – anche il figlio del premier. La peggiore crisi politica degli undici anni di governo di Erdogan ha trascinato la lira turca ai minimi storici e ha scatenato di nuovo la protesta nel Paese. Ma proviamo a fare i conti su quanto sta perdendo in termini economici e politici il premier turco. Il giorno di Natale la borsa di Istanbul ha perso il 4,2% (-13,4% dal momento in cui è iniziata l’inchiesta per corruzione), e la lira che è andata ai minimi storici sul dollaro a 2,0980. I ministri Muammer Guler (Interni), Zafer Caglayan (Economia) e Erdogan Bayraktar (Ambiente) hanno rassegnato le dimissioni e sono stati sostituiti rispettivamente da: Efkan Ala, ex sottosegretario del premier, e dai deputati Nihat Zeybekasi e Idris Gulluce. I tre ex ministri avevano avuto i rispettivi figli arrestati nel corso della maxiinchiesta per corruzione in corso da martedì scorso a Istanbul e Ankara. Rimpiazzati anche il ministro della Giustizia, della Famiglia, dei Trasporti e degli Affari europei. Quest’ultimo, Egemen Bagis, molto noto a livello internazionale, è stato citato dalla stampa locale tra le persone coinvolte nella “tangentopoli” che ha travolto l’esecutivo ma per il momento non è indagato dalla giustizia turca. In totale il rimpasto del governo guidato da Recep Tayyip Erdogan, al suo terzo mandato consecutivo, ha coinvolto dieci ministri. Per Erdogan tutto si sta mettendo al peggio. Lo scontro interno alla maggioranza tra lui e i sostenitori di Fethullah Gulen, leader di una forza politica anticomunista e

c o m m e n t i

moderata islamica, possono creare problemi all’Akp, il partito di maggioranza, in vista delle prossime elezioni amministrative previste a fine marzo. Se l’azione di disturbo, di Gulen, che si stima possa muovere circa il 5% dell’elettorato, dovesse rafforzare l’opposizione laica del CHP e permettere la vittoria della sinistra a Istanbul, allora per Erdogan sarebbero problemi seri. Non potrebbe nemmeno candidarsi come presidente della Repubblica al voto di agosto dopo aver dovuto abbandonare la riforma in senso presidenzialista della Costituzione in seguito alle proteste a giugno di Gezi Park.

Se pure Hollande ama la battutaccia

E

per François Hollande non c’è pace nemmeno a Natale. La notizia dello schianto di una macchina sul cancello dell’Eliseo è stato l’ultimo esempio di come i cittadini di quel paese siano esasperati. Questi ultimi giorni di festa devono essere stati particolarmente amari per il Capo dello Stato. A finire nel ciclone delle polemiche sono stati i rapporti bilaterali tra la Francia e l’Algeria. Non è la prima volta che il presidente francese François Hollande è costretto a tornare indietro con il capo cosparso di cenere. E pochi giorni prima di Natale il copione si è ripetuto con l’Algeria, paese amico che però l’inquilino dell’Eliseo ha forse senza volere, forse per sbaglio, offeso. Una gaffe degna di Louis de Funes. Il fattaccio risale allo scorso 16 dicembre quando, nel corso delle celebrazioni per i settant’anni del “Conseil representatif des Istitutions Juives de France” il presidente ha voluto fare una battuta dicendo che il ministro dell’Interno Manuel Valls era rientrato dall’Algeria “sano e salvo”. “Ed è già molto!” aveva quindi rincarato la dose. La boutade, che ha lasciato di

stucco i presenti, non ha giustamente suscitato ilarità ad Algeri. Infatti, all’indomani dell’infelice dichiarazione i media arabi “ElKhabar”, “Echorouk” ed “Ennahar” hanno titolato in prima pagina: “Hollande prende in giro l’Algeria davanti agli ebrei”. “Un deplorevole incidente” ha rincarato la dose il ministro degli Esteri algerino Ramtane Lamamra augurandosi un’opportuna conclusione alla vicenda. E la conclusione è arrivata ieri con una dichiarazione ufficiale dell’Eliseo che sottolinea “l’infondata controversia”. “Tutti sanno - si legge nel comunicato - che Hollande nutre sentimenti amichevoli nei confronti dell’Algeria e che ha grande rispetto per la sua gente”. “Le più sincere scuse del presidente” prosegue la nota che si conclude con la promessa che Hollande farà anche le sue scuse personali al presidente Abdelaziz Bouteflika. Certo è davvero deprimente ricorrere a certe battute per scegliere la strada dell’applauso facile. Ma il mondo ti guarda, ti spia, non v’è salvezza.

Chiesa, prelati e scandali vari

Q

uale pena per quell’alto prelato. La Chiesa cattolica americana vive in un mare di contraddizioni. La giustizia Usa non è da meno come testimonia uno dei casi più clamorosi nella varia casistica sessuale degli Stati Uniti. La Corte d’Appello della Pennsylvania ha annullato la condanna di monsignor William J. Lynn, uno dei responsabili dell’Arcidiocesi cattolica di Filadelfia, accusato di avere coperto alcuni casi di pedofilia. Monsignor Lynn ha già trascorso 18 mesi in carcere. Come ricorda la stampa Usa nel riferire la notizia, Lynn è stato il primo alto funzionario della Chiesa Cattolica Usa ad essere condannato non per gli abusi sessuali commessi personalmente,

ma per non avere controllato adeguatamente la condotta dei preti posti sotto la sua responsabilità e con alle spalle vicende di abusi. Lynn tra il 1992 e il 2004 fu segretario del clero dell’Arcidiocesi di Filadelfia. Nel giugno del 2012 fu giudicato colpevole di avere coperto dei casi di abusi, riassegnando i preti accusati ad altre parrocchie. La sua condanna faceva però riferimento ad un unico caso dimostrato, che vedeva coinvolto l’ex sacerdote Edward V. Avery, trasferito senza avvertire i responsabili della nuova parrocchia di assegnazione del suo passato di pedofilo. Poco dopo l’inizio del processo a monsignor Lynn, Avery ammise la sua colpevolezza in un caso di abusi su un bambino di 10 anni avvenuto nel 1999 e sta ora scontando una condanna fino a 5 anni. La Corte d’Appello, nell’annullare la condanna di Lynn ha stabilito l’accusa ha fornito prove “più che adeguate” del fatto che monsignor Lynn avesse “privilegiato la reputazione dell’Arcidiocesi rispetto alla sicurezza delle potenziali vittime di preti inclini a commettere abusi sessuali”. Ma ha respinto l’argomentazione, accettata dal giudice e dalla giuria del 2012, in base alla quale Lynn poteva essere ritenuto responsabile degli abusi commessi da altri. La pena nei confronti di mons. Lynn è stata fin troppo dura, ma testimonia l’atteggiamento della Chiesa cattolica statunitense che continua a fare di tutto per nascondere certi crimini. Lo stesso Lynn non è stato toccato da nessun procedimento disciplinare in seno alla Chiesa cattolica. Il Vaticano non ha mosso un dito contro questo alto prelato. In casi come questi la carcerazione e le condanne non servono. La pena dovrebbe colpire chi commette certi reati e non chi li permette con la propria complicità attiva, senza denunciare pubblicamente il fatto. Anzi, per questi esponenti cattolici dovrebbe esserci l’intervento dell’autorità della Chiesa che non dovrebbe mai premiare chi nasconde certi peccati. Altrimenti si potrebbe pensare che si può nascondere tutto e tutti...


Sabato 28 dicembre 2013

il Paese AUMENTI Dal primo gennaio sarà più caro anche spedire una lettera e una raccomandata. Perfino consumare un caffè o una bibita alla macchinetta. E anche su benzina e gasolio tira una brutta aria: in questi giorni di festa i distributori hanno fatto registrare forti rincari in mancanza come al solito di concorrenza ed efficienza di sistema. Poi ci sono i trasporti locali che in molte Regioni - come il Piemonte dal 15 dicembre hanno messo a segno aumenti medi del 20% colpendo soprattutto i pendolari. Senza contare che i pedaggi autostradali regionali dopo che in aprile scorso la rete nazionale ha portato a casa un adeguamento medio del 3% circa - stanno cercando di recuperare: dal primo di gennaio, per esempio, salirà del 12,91% il pedaggio delle Autovie venete. Ma la parte del leone in questa corsa ai rincari verrà ricoperta dalla nuova versione della Tares, l’imposta locale sui rifiuti che verrà pagata dagli inquilini, per la quale secondo i calcoli di Confesercenti aumenterà fino al 60% rispetto a quanto pagato l’anno scorso. Per non dire del nuovo calcolo sul consumo dell’acqua disposto in questi giorni dal Garante che partirà da gennaio e sapremo presto se sarà vantaggioso per il consumatore o no. Si accettano scommesse. L’aumento di lettere e raccomandate sarà salato anche se potrà non scattare subito ma entro due anni. A deciderlo saranno Le Poste. Il costo per spedire una lettera potrà salire dagli attuali 70 centesimi sino a 95 centesimi e le raccomandate da 3,60 a 5,40 euro. Il via libera a questi vistosi rincari è arrivato dall’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni (Agcom). Un complesso provvedimento su questo argomento è stato pubblicato sul sito dell’Agcom e stabilisce appunto che ‘Poste Italiane ha facoltà di incrementare il prezzo delle posta prioritaria relativa alla prima fascia di peso (0-20 grammi), fino a 0,95 euro/invio, entro il 2016’. Rincari in vista per caffè, bibite e snack acquistati nei distributori automatici anche nelle scuole e negli ospedali. Dal 1° gennaio sarà possibile aumentare il prezzo di circa il 6%, adeguandolo all’aumento Iva anche per le ‘macchinette’ collocate in edifici pubblici per i quali erano stati stipulati i contratti prima.

LA VOCE REPUBBLICANA

terza pagina

Animali fantastici, mostri e fantasie: una delle eredità più importanti e messe in ombra dell’antichità

A Roma grande retrospettiva e viaggio nelle pieghe del passato, senza dimenticare che la tradizione è stata in grado di raggiungere i giorni contemporanei

Tutto ci insegna qualcosa, anche la paura, così oscura e necessaria di Laura Gigliotti

“L’

argomento di quest’anno a Palazzo Massimo, è “un po’ bizzarro”, premette la soprintendente Mariarosaria Barbera a proposito di Mostri. Creature fantastiche della paura e del mito, la mostra aperta fino al 1° giugno 2014 a Roma. E’ inusuale e percorre strade diverse, affrontando l’arte classica in una dimensione non apollinea, ma sotto il profilo della mostruosità e del diverso. E’ il Minotauro, il mostro per eccellenza, la figura guida per un’esposizione che racconta storie e invita il visitatore a scoprirle, a lasciarsi trasportare da esse. A partire da quella di Tifone, padre della stirpe dei mostri, che appare in una piccola terracotta, mai esposta prima. “Se Tifone avesse vinto su Zeus ci sarebbe stato il caos, invece avendo vinto Zeus c’è l’armonia”, precisa Rita Paris, direttore del Museo di Palazzo Massimo, che con Elisabetta Setari ha curato la rassegna. Son più di cento! Promossa dalla Soprintendenza speciale archeologica di Roma, in collaborazione con Electa, presenta più di cento opere di creature fantastiche e mostruose, figlie della “fantasia” (con quello che sul termine si è storicamente depositato, evitando di conferire alla parola il senso comune e semplificatorio con la quale la si usa tutti i giorni) provenienti da una quarantina di musei italiani e stranieri, grandi e piccoli. Grifi, Chimere, Gorgoni, Centauri, Sirene, Satiri, Arpie, Sfinge, Minotauro, Tritone, Pegaso, Scilla e l’Idra di Lerna, tutto il catalogo delle creature fantastiche che popolano il mondo degli antichi (ma anche audacemente, quanto isolatamente, dei “moderni”, si pensi solo ai “manuali” di Borges) è presente in sculture, terracotte architettoniche, vasellame, armi, affreschi e mosaici di diversi ambiti culturali e cronologici, dall’Oriente alla Grecia, alla civiltà etrusca, al mondo italico e romano. Un patrimonio di immagini, alla Warburg, insomma, che ha continuato a vivere nell’arte, nella letteratura e nel cinema fino ad oggi, che gli architetti Stefano Cacciapaglia e Carlo Celia con Elisabetta Milano propongono in un percorso giocato sul blu notte che ritaglia un museo nel museo. Un itinerario tortuoso e angusto, in un gioco di ombre e di specchi che inducono il visitatore a tornare sui propri passi per scoprire altre prospettive, altri scorci. Una specie di labirinto che fa tornare alla mente il mito di Teseo che sconfigge il Minotauro ritrovando l’uscita grazie al filo rosso di Arianna. Ovvero, in certe interpretazioni, specie dei lirici greci contemporanei, la luce della ragione, o perlomeno il suo portato simbolico. Qui il filo rosso è dato da opere bellissime che si richiamano l’una con l’altra, che si possono ammirare a distanza ravvicinata e ad altezza d’uomo. Perfette e visibili le didascalie. Insomma, il lato tradizionalmente apollineo della visita è riccamente soddisfatto. Fascinazione e molto oltre... La mostra si rivolge a un vasto pubblico e, a riprova della fascinazione per il mostruoso nella cultura moderna, prolunga il proprio arco

cronologico fin quasi ai nostri giorni con tre dipinti di forte impatto visivo: una splendida Medusa (la Gorgone decapitata da Perseo nel sonno osservando l’immagine riflessa sullo scudo), della prima metà del XVII secolo proveniente dalla Galleria degli Uffizi di anonimo fiammingo che Vasari attribuiva a Leonardo, Perseo libera Andromeda della Pinacoteca nazionale di Bologna del Cavalier d’Arpino e di Alberto Savinio Creta della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, ospitata nella sezione dedicata al Minotauro. Ed ecco la statua in marmo del Minotauro del I sec. d. C. trovata nel 1895 a Roma nella zona dello Stadio di Domiziano (solitamente esposta al primo piano del museo). Accanto due splendidi fregi architettonici in terracotta lavorata a sbalzo della prima metà del IV sec. C. rinvenuti nella Regia del Foro Romano. Uno dei due viene dai magazzini del Museo Nazionale Romano, come molti altri pezzi in mostra. A fianco Anfora in ceramica attica a figure rosse delle collezioni granducali fiorentine e una brocca da vino in bucchero pesante decorato a stampo del VI sec. a.C. con Teseo che uccide il Minotauro, proveniente dal Museo di Basilea. E così via in un susseguirsi di meraviglie che è impossibile seguire analiticamente. Il culto del Grifo Ai Grifi è riservata la seconda sezione. E qui si va dal grandioso calderone con protomi di grifo scoperto all’Acqua Acetosa, al coperchio di specchio in bronzo con grifo dell’Altes Museum di Berlino, alla serie di protomi di Grifo in bronzo provenienti dal santuario di Olimpia in Grecia, all’elegantissimo Alabastron, vaso per unguenti, in ceramica dipinta di produzione micenea (1200-1000 a.C.), con Grifi che nutrono i loro piccoli, conservato nel Museo di Eretria. E basta tornare indietro di qualche passo per ammirare altri grifi in urne cinerarie in alabastro di Volterra, nell’affresco dalla Villa dei Misteri di Pompei in lotta con gli Arimaspe. In età imperiale l’immagine del Grifo diventa elemento ornamentale come nei due sostegni da tavolo del I sec. d. C., uno in marmo trovato a Lanuvio, l’altro in bronzo rinvenuto in mare fra Ponza e Terracina. Le sirene sono rappresentate come uccelli dal bellissimo volto femminile che ammaliano i naviganti con il loro canto. Simili a loro sono le orride Arpie, mostri alati con testa, busto e braccia di donna, il resto di uccello, creature maligne e personificazione del vento. Ed ecco in mostra, assieme a Tifone, una serie di Sirene/Arpie in terracotta che coronavano il frontone del tempio da Gabii, insieme a un piccolo altare con un sirena ad ali spiegate ritrovato all’Esquilino. Viene da Atene, dalla necropoli del Ceramico la Sirena che faceva parte del monumento funerario di Dexileos, mentre sono finite a Berlino cinque piccole Sirene in terracotta che vanno dal V al I sec. a. C. trovate in Grecia e Turchia. La rassegna, ordinata per temi, segue nel tempo l’evoluzione dell’iconografia di ogni creatura mostruosa. Così la Sfinge, fusione di uomo e leone in tutte le culture dell’antico Mediterraneo, simbolo del faraone posto a protezione dei sepolcri in Egitto è senza ali, mentre nel mondo greco ed etrusco è femminile e completa la propria immagine con le ali, derivate dalla cultura anatolica. La Sfinge è una delle sezio-

ni più spettacolari di tutta la rassegna. Spettacolo In splendido isolamento giganteggia la Sfinge della XXVI dinastia del faraone Amasi in basalto ritrovata a Roma nel 1883 in via Sant’Ignazio dei Musei Capitolini, a seguire una vetrina con due statuette in bronzo che i giochi di luce e ombra amplificano, come gli

specchi che moltiplicano le immagini di sfingi e rilievi marmorei. Mostruosa la Chimera, creatura ibrida con corpo e testa di leone, una seconda testa di capra sul dorso, che termina in coda di serpente. In mostra, trovato in una sepoltura della zona di Melfi, l’emblema in bronzo a sbalzo di uno scudo greco della metà del VI sec. a. C. con una lunga coda squamata, come un drago orientale. Su una coppa di produzione etrusco-corinzia trovata a Pontecagnano nel 1966 c’è una Gorgone, l’essere terribile con chioma di serpi e sguardo che pietrifica, in lotta con un lupo. Non si sa chi dei due ha più paura, sembra dipinta da un bambino. E poi antefisse da Taranto e Berlino di Gorgone in tipicissima funzione apotropaica (decoravano anche le navi di Caligola trovate nel lago di Nemi), e la monumentale testa di Gorgone dei Musei Vaticani del II sec. d. C. trovata nel tempio di Venere e Roma prima dell’Unità d’Italia, che ha tramutato l’originaria capigliatura con i serpenti in riccioli. Si passa quindi a Pegaso il mitico cavallo alato, rappresentato in piatti, crateri, lastre con Bellerofonte che uccide la Chimera e sconfigge le Amazzoni. Proseguendo si arriva ai centauri, uomini cavalli con qualità umane e pulsioni ferine, che vivono isolati alle pendici del Monte Pelio in Tessaglia. Fra le immagini più antiche spicca, sapientemente illuminato, il gruppo bronzeo dell’VIII sec. a. C. con Uomo e centauro, donato da J. PIerpoint Morgan nel 1917 al Metropolitan Museum. E ancora la statuetta di Leontocefalo da Tharros, una terracotta con inserti in oro e argento. E Sileni, Satiri in anfore e antefisse, mostri marini nei fregi di Bolsena, Archeloo, Scilla, le Nereidi. A chiusura l’Idra di Lerna, corpo di serpente, coda e molteplici teste, uccisa da Eracle, rappresentata in un’anfora di Tarquinia e nella grande Hydria (contenitore per acqua) a figure nere di produzione ceretana del Paul Getty Museum di Malibù. Insomma, una bella esposizione che vale una visita attenta. E magari più di una. Roma, Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo, Largo di Villa Peretti 1. Fino al 1° giugno 2014.

z i b a l d o n e

Una grande stella di cui non ci dicono quasi nulla...

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erto, all’annunzio di una puntata di un programma di Rai 2, dico Rai 2, dedicato a Roberto Bolle, star italo/internazionale delle nostra danza, ad un tale annunzio, si diceva, il cuore poteva anche rallegrarsi un poco, specie se le feste natalizie si erano rivelate la stessa noia di sempre, magari quest’anno resa ancora più scura da una crisi ben oltre l’economia virtuale, quella reale e anche oltre l’osso, diciamo l’atomo, dopo di che avremmo avuto il famoso big bang e nulla chiù. Cosa ci aspettavamo da un programma così? Certo, gli elogi di un ballerino di tale bravura e precisione. Magari la descrizione della sua tecnica, gli esercizi, i passi ove avvertiva di poter dare un contributo creativo, i coreografi più amati, l’ispirazione, i futuri desideri di eventuale coreografo e così via. Invece ci siamo sorbiti mezz’ora di: ma quanto è bravo, ma quanto è bello, ma quanto è bello ma quanto è bravo e via così, senza interruzione. Lo vediamo anche noi che è bravo e bello, ma si potrebbe avere qualche nozione di più? Oltre alle immagini delle ammiratrici quindicenni che vogliono l’autografo e il bacio, c’è qualche altra dimensione possibile? Bolle è per caso nato così come si dice a Roma, “imparato’? Non ci saranno stati momenti di difficoltà, di dubbio, di rielaborazione degli insegnamenti e via dicendo? Quale il suo approccio di fronte alle tecniche moderne se non contemporanee? Di tutto questo nello sfortunato programma non c’era nulla di nulla. E’ come se i fatti fossero visti da una ragazzina stordita e incapace di articolare qualche aggettivo diverso da bello oppure bravo. Avevamo l’occasione per approfondire un tale importante e sorprendente viaggio nel regno della danza, di cui si parla sempre meno e invece, nulla di nulla. Bravo, bello, bello, bravo, bravo, bravo, bello, bello. Poi l’abbraccio con la mamma, certo, di sicuro importante, ma che non spiega molto le fortune del nostro e la

sua spiccata vocazione tecnica. Avrebbe potuto indicarci il punto di equilibrio, ove raggiunto, fra tecnica pura ed espressività, ma invece nulla: bello e bravo, bravo e bello. Si sarebbe potuto fare un discorso di tipo storico, fondamentale, sul rapporto di Bolle con la tradizione, il modo in cui egli è in grado brillantemente di incarnarla, farla sua e magari contribuire a indicare qualche tendenza contemporanea, e invece nulla. Ecco un ballerino superuomo piovuto dal cielo, e tanto vi basti. Ci dispiace assai, ma ovviamente non ci basta, un programma simile non può bastare a chi nello spettacolo cerca anche un po’ di storia e di cultura, richieste, se permettete, basilari. Anzi, se permettete ancora, addirittura diritti veri e propri. E invece.., se ne riparlerà chissà fra quanto tempo. Pessima lezione da un programma che sulla carta aveva tutti i migliori auspici per riuscire. Non c’è nemmeno da dire peccato, poiché la risultante non è attribuibile alla sorte o al destino, ma ad una scelta precisa che considera lo spettatore come un soggetto lobotomizzato o, magari, se ancora non lo si è fatto, da lobotomizzare e via.

Willy Brandt, un leader che oggi sarebbe centenario

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ulla pagina digitale de “il Mulino”, G. Bernardini ricorda oggi Willy Brandt, cancelliere della Repubblica Federale Tedesca negli anni ‘70, che avrebbe compiuto cento anni il 18 dicembre. “Se n’è andato invece due decenni fa, in tempo per assistere al crollo del muro che aveva sfregiato per un ventennio la sua Berlino; e per festeggiare la riunificazione della Germania, per cui aveva lavorato in modo così diverso dai suoi predecessori. In quest’ultima occasione molti fotografi avevano carpito la viva commozione sul volto dell’ex Cancelliere. Più in generale, sembra che il destino ne abbia fatto un protagonista privilegiato per fotogrammi che hanno condensato la storia recente, e certo a simili occasioni celebrative egli non si è mai sottratto. Il più celebre è indubbiamente legato agli interminabili secondi durante i quali Brandt decise all’improvviso di rompere col rigido cerimoniale della visita a Varsavia nel 1970, e di inginocchiarsi in raccoglimento di fronte al monumento che commemorava gli eroi ebrei insorti contro gli occupanti tedeschi, e per questo massacrati. Spettava al nuovo Cancelliere del dialogo con l’est, presto universalmente definito Ostpolitik (politica orientale), fondare quel nuovo rapporto sull’assunzione di responsabilità collettiva per la barbarie del Reich hitleriano. Il senso di una missione storica e la coscienza dei doveri di un leader facevano sì che a chiedere perdono per un intero popolo fosse

proprio chi era libero da responsabilità dirette. Più di trent’anni prima, da giovane socialdemocratico Brandt aveva contrastato l’ascesa nazista in patria e in clandestinità, per poi seguire un destino comune a tanti verso la Spagna repubblicana in preda alla guerra civile. Braccato dalle fiamme che divoravano l’Europa, aveva riparato in Norvegia e da lì in Svezia, quando anche la sua nuova “patria” era caduta sotto l’occupazione nazista. Soltanto dopo la capitolazione Brandt era tornato in Germania, ridotta a un cumulo di macerie fisiche e morali, per offrire le proprie energie intellettuali alla rinascita del paese nella democrazia e in quella pace che, a suo dire, ‘non è tutto’, ma senza cui ‘tutto è niente’”. Brandt diviene così l’uomo della Guerra Fredda, che ben presto sembrò configurare un destino di divisione per il paese, per metà occupato dall’Unione Sovietica e presto sottoposto a un nuovo regime democratico popolare (termine d’uso svuotato di ogni riferimento immediato, visto che di democrazia ce n’era ben poca), e per l’altra libero di decidere “democraticamente” il proprio futuro, “pur nei limiti che gli occupanti-alleati occidentali gli imponevano”, sottolinea Bernardini, magari trascurando quale pressione la Germania dell’Est esercitasse ad ogni buona occasione verso quella dell’Ovest, e soprattutto contro quell’anello di civiltà occidentale che si chiamava Berlino, lungo il cui asse scorreva una storia d’Europa ancora profondamente ulcerata (e si noti come la ferita ultimamente si sia spostata sempre più Est, se non andiamo errando). Di Berlino Brandt divenne sindaco per quasi un decennio: “la sua parte occidentale, difesa come un’isola di libertà in territorio ostile, costituiva un approdo troppo appetibile per chi desiderava sfuggire ai rigori del regime comunista”. Si alza il muro. “Tante immagini ritraggono Brandt intento a frenare la rabbia di tanti giovani, a persuaderli che ‘il muro non sarebbe stato abbattuto a colpi di testa’, a rassicurare i cittadini sulle prospettive di sopravvivenza, o semplicemente ad assistere attonito all’edificazione inesorabile del simbolo stesso della divisione dell’Europa. Proprio in quei giorni egli maturò la convinzione che una perenne contrapposizione non avrebbe avvicinato la fine della divisione tedesca, quanto piuttosto la ricerca del dialogo, della collaborazione e dello scambio: soltanto così si sarebbero alleggerite le difficili condizioni di chi viveva oltre la cortina di ferro, e si sarebbe instillato il ‘germe’ del mutamento verso una società pluralista e democratica anche ove questa sembrava lontana da venire”. Divenuto Cancelliere nel 1969 (il primo socialdemocratico dai tempi precedenti l’ascesa di Hitler), Brandt avrebbe dato il via alla Ostpolitik con questo spirito: al di là delle immagini che lo ritraggono in atteggiamenti amichevoli con i leader comunisti dell’est, gli accordi che essi siglarono prevedevano per la prima volta scambi culturali e professionali, incontri tra studenti, storici, sportivi, nella convinzione che

la conoscenza reciproca e il confronto siano da sempre un eccellente antidoto allo scontro. “Nulla fu facile, vista l’opposizione delle forze conservatrici in patria e i sospetti all’estero di una possibile rinascita tedesca; eppure una vasta opinione pubblica internazionale riconobbe nella Ostpolitik una politica praticabile per uscire dalla Guerra Fredda”, al punto di giungere all’assegnazione a Brandt del Premio Nobel per la pace nel 1971. On un finale assai strano, drammatico, rovinoso. Come scrive Bernardini, “ironia della sorte, la fotografia più amara della sua carriera ritrae Brandt costretto alle dimissioni dopo che una spia tedesca orientale fu scoperta nel suo seguito soltanto pochi anni dopo. Ma la rinuncia agli incarichi governativi non significò l’abbandono delle ragioni perseguite fino a quel momento; fino a quando il crollo largamente pacifico e sorprendentemente rapido dei regimi dell’est sembrò a molti confermare la validità della sua Ostpolitik”. Insomma, ecco Brandt da ricordare, così poco, in fondo, ricordato, ora che Germania significa troppo spesso l’incubo rappresentato dall’”immortale” Angela, simbolo di una nazione aggressiva, prepotente, orgogliosa, magari anche giustamente, se non fosse anche terribilmente egoista per vocazione e votata all’austerità per memoria storica collettiva. Austerità sua, germanica, certo, ma anche austerità, cioè miseria, degli altri. Vicini che sarebbe meglio stessero al posto che loro compete, magari con la Germania al centro. Naturalmente oggi “i sospetti all’estero di una possibile rinascita tedesca” si sono tutti verificati, anche se concentrati negli ultimi tempi. Ma la storia collettiva qualche anno pur pretende per avverarsi. E certamente la caduta stile tasselli del domino dei paesi dell’Est ha mostrato a tutti una celerità che raramente si è vista. Ma attenti che il dispiegarsi del reale, del vero, come magari direbbe qualche storico e filosofo del sec. XIX., renda mutila la più bella memoria del passato. Se parliamo di sec. XX, allora “Brandt ha rappresentato per molte ragioni un protagonista a pieno titolo, e da cui ci giunge ancora la sua esortazione a ‘osare più democrazia’, al coinvolgimento e alla partecipazione, come antidoti contro ogni forma di crisi sociale e involuzione autoritaria”. Certo, ancora si cerca chi sappia interpretare queste istanze in maniera fruttuosa e non solo a chiacchiere, pratica nella quale è facile eccellere.


4 LA VOCE REPUBBLICANA

Sabato 28 dicembre 2013

Quale è il prezzo da pagare a causa della cattiva qualità dell’aria

La situazione è grave nelle aree urbane dove oggi risiede la maggioranza della popolazione

C’è un killer invisibile in questa nostra Europa

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l prezzo da pagare a causa della cattiva qualità dell’aria è superiore, in termini di vite umane, a quello imputabile agli incidenti stradali. Oltre ad essere la principale causa ambientale di decessi prematuri nell’UE, la cattiva qualità dell’aria ha un impatto anche sulla qualità della vita, in quanto causa asma e problemi respiratori. Per rispondere a questo problema la Commissione ha proposto nuove misure per ridurre l’inquinamento atmosferico, adottate il 18 dicembre 2013.

Il pacchetto di politiche in materia di aria pulita aggiorna la legislazione esistente e riduce ulteriormente le emissioni nocive provenienti dall’industria, dal traffico, dagli impianti energetici e dall’agricoltura, con l’intento di limitarne l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente. L’inquinamento atmosferico provoca anche la perdita di giorni lavorativi ed elevate spese sanitarie; chi ne risente in modo particolare sono i gruppi più vulnerabili: i bambini, le persone anziane e chi soffre di asma.

ELENCO PAGAMENTO TESSERE PRI 2013 Sez. Pri Massa Marittima; Sez. Pri “Terrana”, Roma;Sez. Pri Marina di Carrara; Sez Pri “Spadolini” Torino; Sez. Pri “Mameli” Genova; Consociazione Forlivese; Sez. Pri “Cattaneo” Milano; Sez. Pri “Arcamone” Foligno (PG); Unione Comunale Cervia (RA); Sez. Pri, Prato-Firenze-Pistoia; Sez. Pri “Mazzini”, Modigliana (FC); Sez. Pri “Mazzini”, Vecchiano (PI); Sez. Pri Albano Laziale, Roma; Sez. Pri “Mazzini” Ariccia, Roma; Sez. Pri Lanuvio, Roma; Sez. Pri Padova; Sez. Pri “Cattaneo”, Rovigo; Sez. Pri Cesenatico (FC); Sez. Pri Paola (CS); Sez. Pri “R. Pacciardi” Grosseto; Sez. Pri “Chiaravalle” Soverato (CZ); Sez. Pri Jesi e Chiaravalle (AN); Sez. Pri Catanzaro; Consociazione Pri Cesena; Federazione Provinciale Pri Ravenna; Sez. Pri “SilvagniMazzini-Valconca”, Rimini; Sez. Pri “Mazzini”, Rimini; Sez. Pri, Novi Ligure (AL); Sez. Pri, Lamezia Terme; Sez. Pri Vomero Arenella (NA); Sez. Pri “Ugo La Malfa”, Codigoro (FE); Sez. Pri “Pisacane”, Foggia; Sez. Pri “Sant’Andrea Borgo Mazzini” Rimini; Sez. “Ugo La Malfa”, Napoli; Sez. Pri “Celli” Cagli (PU); Sez. Pri “Centro”, Caserta; Sez. Pri “Garbarino”, Chiavari (GE); Sze. Pri Fano (AP); Sez. Pri “Mazzini”, Comacchio (FE); Sez. Pri “Giovine Europa”, Andora (SV); Sez. Pri Mantova; Sez. Pri Dro (TN); Gruppo Pri Lucchese, Lecco; Sez. Pri “G. Spadolini”, Viareggio; Sez. Pri “R. Sardiello”, Reggio Calabria; Sez. Pri Melicucco (RC); Sez. Pri Locri (RC); Sez. Pri Samo (RC); Sez. Pri Africo (RC); Sez. Pri Bovalino (RC); Sez. Pri Gioia Tauro (RC); Sez. Pri Pavona, Roma; Sez. Pri Cecchina, Roma; Sez. Pri Palombara Sabina, Roma; Sez. Pri Tuscolana, Roma; Sez. Pri "Pisacane", Foggia; Sez. Pri "G. Mazzini", Ferrara; Sez. Pri "L. Santini", Viterbo; Sez. Pri Trieste; Sez. Pri “Camangi” Roma; Sez. Pri “Bonfiglioli” Bologna; Sez. Pri Grottaglie (BA); Sez. Pri Spilimbergo (PN); Sez. Pri “Aurelio Saffi” Ravenna; Sez. Pri Varese; Sez. Pri Bottiroli” Voghera (PV); Sez. Pri “Mameli” Cologno Monzese (MI); Sez. Pri Cremona; Sez. Pri “Flaminio Prati (Roma); Sez. Pri “F.lli Bandiera” San Pietro in Campiano (RA). Sono pervenute all'Ufficio Amministrazione del PRI versamenti di pagamenti tessere di singoli iscritti. E' chiaro che ai fini congressuali l'iscrizione singola non consente la partecipazione ai lavori dell'Assise repubblicana. Chi non è nelle condizioni di avere una sezione dovrà iscriversi a quella territoriale più vicina. Per ogni ulteriore informazione o chiarimento si prega di rivolgersi all'Ufficio Organizzazione (Maurizio Sacco) ai seguenti numeri: 338/6234576 - 334/2832294 - oppure orgpri@yahoo.it

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Altrettanto estesi sono i danni agli ecosistemi: basti pensare a quelli dovuti all’eccesso di azoto (eutrofizzazione) e alle piogge acide. I costi diretti per la società derivanti dall’inquinamento atmosferico comprendono i danni alle colture e agli edifici e ammontano a circa 23 miliardi di euro all’anno. I benefici per la salute derivanti dall’attuazione del pacchetto “aria pulita” sono pari a circa 40 miliardi di euro all’anno, cioè oltre dodici volte i costi per la riduzione dell’inquinamento che si stima possano raggiungere 3,4 miliardi di euro all’anno nel 2030. Janez Potoènik, Commissario responsabile per l’Ambiente, ha dichiarato: “L’aria che respiriamo oggi è molto più pulita di quella dei decenni passati, ma l’inquinamento atmosferico continua a essere un killer invisibile che impedisce a molte persone di vivere appieno una vita attiva. Le azioni che proponiamo consentiranno di dimezzare il numero di decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico, tutelare di più i gruppi vulnerabili e migliorare la qualità di vita di tutti i cittadini europei. Queste azioni avranno ripercussioni positive anche sulla natura e sugli ecosistemi fragili e danno impulso all’industria delle tecnologie pulite, che è un importante motore di crescita per l’Europa.” Il Commissario europeo responsabile per la Salute, Tonio Borg, ha aggiunto: “Accolgo con estrema soddisfazione l’adozione del pacchetto “aria pulita”, che mette l’Europa sulla buona strada per ottenere – a lungo termine – aria pulita per tutti. La nuove politiche in materia di aria pulita permetteranno ai cittadini europei di vivere più a lungo e di avere una vita più sana: diminuiranno i bambini con problemi d’asma o altri problemi respiratori, così come i malati di cancro, malattie respiratorie croniche o cardiovascolari. Complessivamente diminuiranno i decessi dovuti all’inquinamento atmosferico.” I vantaggi per la salute, da soli, consentirebbero alla società di risparmiare dai 40 ai 140 miliardi di euro in esternalità e si otterrebbero benefici diretti

Recensione di Antonio Angeli del libro di Giancarlo Tartaglia "Francesco Perri, dall'antifascismo alla Repubblica" di prossima uscita. La recensione è apparsa su “Il Tempo" del 13 ottobre 2013

C

ome è possibile nascere repubblicani in una monarchia, quale era l’Italia alla fine dell’Ottocento? Significa anteporre il ragionamento e l’amor di patria a qualunque convenienza. Accadde a Francesco Perri, acutissimo osservatore e al tempo stesso protagonista della vita democratica del nostro paese. Perri nacque nel 1885 in un paesino in provincia di Reggio Calabria, dal quale si distaccò subito per vivere tra il nord d’Italia e il cuore dell’Europa, mantenendo sempre, però, l’occhio e la mente rivolti a quella che per decenni si è chiamata “Questione Meridionale”. Perri fu, nella sua vita di intellettuale, lunga e difficile, “schiavo” del pensiero. Il ragionamento lo fece essere repubblicano nell’Italia dei Savoia, antifascista quando marciavano le camicie nere e poi meridionalista, legato alle realtà locali al tempo dell’Impero... La storia di questo intellettuale, giornalista e politico, uno di quelli che hanno costruito dal basso, con lacrime e sangue (veri), l’Italia felix del boom economico, è scritta in un completissimo saggio biografico: “Francesco Perri. Dall’antifascismo alla Repubblica”, di Giancarlo Tartaglia, Gangemi Editore, 320 pagine, 25 euro. Tartaglia, storico, giornalista e docente universitario descrive, con una minuziosa opera documentale, da Giolitti alla Ricostruzione, l’evoluzione e la vita di quest’uomo che aveva come obiettivo l’affermazione di un principio modernissimo: la selezione dell’élite di governo deve essere realizzata per via meritocratica e non per mero diritto di successione. Individuò nella monarchia, con i suoi rituali e le sue clientele, un ostacolo insuperabile per la realizzazione di un paese moderno. Nel Ventennio visse un antifascismo appartato, di poco clamore, ma di costanti sofferenze. Si dedicò alla politica nel difficile periodo dell’occupazione nazista finché, dopo la liberazione, nel ’45, il partito lo volle alla guida del “Tribuno del Popolo”, foglio repubblicano genovese, e poi della stessa “Voce Repubblicana”. Fu protagonista delle battaglie per la Costituente e per la Repubblica fino ai giorni della vittoria referendaria. Roberto Balzani, nella sua introduzione, definisce il libro “un bel contributo alla storiografia sul repubblicanesimo, che sarebbe piaciuto a Giovanni Spadolini”. E a tutti quelli che costruiscono e vivono la democrazia “dal basso”. Antonio Angeli,“Il Tempo”, 13 ottobre 2013

nell’ordine di circa 3 miliardi di euro grazie all’incremento di produttività della manodopera, minori costi sanitari, aumento delle rese agricole e minori danni agli edifici. Molti Stati membri dell’UE non si sono ancora conformati alle norme UE sulla qualità dell’aria e,

in generale, gli orientamenti sull’inquinamento atmosferico dell’Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni Unite non vengono osservati. Sussistono problemi importanti, sebbene la politica in materia di qualità dell’aria dell’UE abbia portato a riduzioni significative delle concentrazioni di inquinanti nocivi come il particolato, il biossido di zolfo (o anidride solforosa, principale causa delle piogge acide), il piombo, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio e il benzene. Il particolato sottile e l’ozono, in particolare, continuano a presentare gravi rischi per la salute: i limiti di sicurezza relativi a queste sostanze vengono regolarmente superati. In molte regioni e città le norme e gli obiettivi dell’UE in materia di qualità dell’aria non sono rispettati; a farne le spese è la salute dei cittadini, con un aumento dei costi per l’assistenza sanitaria e per l’economia. Si stima che il totale delle esternalità sanitarie derivanti dall’inquinamento atmosferico per la società sia dell’ordine di 330 940 miliardi di euro all’anno. La situazione è particolarmente grave nelle aree urbane, dove oggi risiede la maggioranza dei cittadini europei.


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