La Voce Repubblicana del 14 dicembre 2013

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QUOTIDIANO DEL PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO - ANNO XCII - N° 240 - SABATO 14 DICEMBRE 2013 Euro 1,00 NUOVA SERIE POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB (RM)

IL RISCHIO ELETTORALE

Un’Assemblea Costituente per ripartire

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n modo sicuro per provocare la crisi di governo è una maggioranza sulla legge elettorale che prescinda dal nuovo centrodestra. L’accordo in Commissione Affari costituzionali tra Pd, 5 stelle, Sel, con il benestare dei presidenti dei due rami del Parlamento, che ha trasferito alla Camera le competenze in merito, non comporta necessariamente anche l’intesa fra quelle stesse forze politiche, ma consente al Pd di essere autosufficiente nell’elaborazione del testo. Nel caso in cui, poi, il nuovo centrodestra non lo approvasse, se ne dovrebbe assumere la responsabilità. In pratica Alfano e compagni si trovano con la pistola puntata alla testa. Figuratevi poi se per caso si realizzassero delle convergenze tra il Pd, Forza Italia o i 5 stelle, una volta che il testo passasse al Senato, contro il parere del nuovo centrodestra. I rischi sulla riforma delle legge elettorale sono in realtà molto più estesi del semplice spostamento da una Camera all’altra. Il governo per non esserne turbato avrebbe dovuto farsi promotore di una Assemblea costituente e avrebbe avuto ragione in questa iniziativa per via della recente sentenza della Corte costituzionale. Sfugge alle forze politiche, intente in quest’opera di riscrittura della legge elettorale, il fatto che il parlamento sia delegittimato. Capiamo che non lo si voglia annullare, ma non è il caso di mettergli in mano di nuovo una riforma tanto significativa per il destino politico del Paese. Disgraziatamente, Renzi vuole dimostrare di non farsi dettare l’agenda da nessuno e nello stesso di tempo di spazzar via esitazioni e ritardi che gravano sullo scenario politico. Il segretario

del Pd non ha tempo da perdere con una Costituente, che pure avrebbe potuto presiedere. Renzi vuole una legge elettorale che preveda un sindaco d’Italia e persino l’abolizione del Senato. Per procedere in questa direzione, serve una modifica della Costituzione, altrimenti, se non ci si pone il problema, avremo nuovamente una bocciatura da parte della Corte costituzionale della prossima legge, esattamente come è avvenuto con l’attuale, e probabilmente anche in modo più rapido perché oramai c’è un precedente. Renzi, nel suo desiderio di cambiare le cose, rischia di provocare una paralisi drammatica della vita politica istituzionale se sottovaluta una riflessione sulla trama costituzionale della Repubblica. Se il segretario del Pd vuole che dal voto si esprima un vincitore, e ritiene improduttivo il bicameralismo perfetto, deve però fare i conti con una Carta che ha altri principi ispirativi, per cui il voto popolare si rimette al Parlamento e al Capo dello Stato. Il nostro sistema democratico è stato concepito diversamente da come lo pensa Renzi, e non è certo colpa di Renzi se gli stessi che parlavano della Costituzione “più bella del mondo” tentassero anche di modificarla surrettiziamente. A distanza di più di sessant’anni, la Costituzione può benissimo essere modificata, la sua concezione del modello istituzionale rivista completamente. Serve, però, prima, una riflessione profonda, e poi rifuggire da posizioni strumentali. In tutti questi anni si è evitato di fare entrambe le cose, Renzi non dimostri la stessa noncurante superficialità. La pagherebbe cara.

Forconi e debito pubblico

Raggiunta quota 2 miliardi e 85.321 milioni

Italia, destinazione abisso

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a Banca d’Italia nel supplemento al Bollettino statistico ha reso noto che a ottobre 2013 si è raggiunta quota 2.085.321 milioni di euro di debito pubblico, rispetto ai 2.068.722 milioni del mese precedente e ai 2.016.042 milioni di ottobre 2012. Nei primi dieci mesi, il fisco ha incassato 1,442 miliardi, secondo quanto emerge dalle entrate tributarie calcolate dalla Banca d’Italia. Il gettito gennaio-ottobre 2013 si è attestato a 307,8 miliardi contro i 309,3 miliardi dello stesso periodo del 2012. Il Governo ha approvato il piano destinazione Italia. Il pacchetto contiene, tra le altre cose, una riduzione del costo delle bollette energetiche (taglio da 850 milioni) e un intervento sul credito di imposta per la ricerca. Ci sono anche misure su Rc Auto, con un calo del costo per consumatori e diminuzione delle frodi. La protesta dei forconi “va avanti a oltranza”. Alla mezzanotte di giovedì avrebbero dovuto sbaraccare i presidi visto che l’agitazione era prevista dal 9 al 13 dicembre, invece hanno deciso di continuare. La prossima settimana si punta a svolgere una manifestazione nazionale a Roma che riunirà tutti i presidi del movimento. Sempre nella capitale prosegue il presidio di piazzale dei Partigiani davanti alla stazione Ostiense dove è stato installato un gazebo e alcune tende.

CONVOCATA DN PRI La Direzione Nazionale del PRI è convocata per sabato 14 dicembre 2013, alle ore 10.00, presso la sede della Federazione

Nazionale della Stampa Italiana in Corso Vittorio Emanuele II n.349 a Roma, con il seguente ordine del giorno: 1) Comunicazioni del Segretario; 2)

Situazione "La Voce Repubblicana"; 3) Revoca dell'incarico all'Amministratore; 4) Nomina Amministratore; 5) Dimissioni del Segretario politico; 6) Nomina di un comitato per la fissazione del Congresso Nazionale e la gestione politico-amministrativa del PRI; 7) Varie ed eventuali. La Direzione Nazionale è riservata esclusivamente ai suoi componenti. Integrazione ordine del giorno Direzione Nazionale PRI del 14 dicembre 2013/Tutti gli adempimenti, quando necessario, saranno ratificati dal Consiglio Nazionale PRI che può essere convocato dalla Direzione Nazionale stessa o dal Presidente del Congresso.

ELENCO E INFORMAZIONI PER IL PRI 2013

PAGAMENTO DELLE TESSERE

a pag. 4

Gaetano Salvemini sulla democrazia

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Il diritto di criticare senza andare in galera

na sera dello scorso febbraio assistevo a Lowell House a una bella conferenza sulle dittature europee. Durante il contraddittorio l'oratore, benché liberale, ammise onestamente che per il momento la maggioranza del popolo tedesco aveva fiducia in Hitler. Una voce tra il pubblico commentò: "Allora il nazismo è una democrazia". Alla base di questo commento c'era l'idea che governare con il consenso della maggioranza sia democrazia. E' un errore. Il più assoluto dei tiranni sosterrà sempre di governare per conto della maggioranza del popolo - di più, per conto di tutto il popolo e con il suo consenso. Non diversamente, in un regime democratico tutti i partiti che sono al governo sostengono che la maggioranza del popolo sta dalla loro parte. La differenza sostanziale tra dittatura e democrazia sta nel fatto che in un regime dispotico coloro che mettono in dubbio quell'affermazione vanno in galera, mentre in un regime democratico chiunque ha il diritto di mettere in dubbio quell'affermazione e di fare in modo di dimostrare che non è vera.

Democrazia non è solo il diritto di governare di cui è investita la maggioranza, ma anche il diritto di criticare il governo della maggioranza di cui è investita la minoranza. Ho parlato dei diritti di cui sono investite "la maggioranza" e la "minoranza". Ma questa terminologia non corrisponde alla realtà e dovrebbe essere abbandonata. Il governo della maggioranza non è mai esistito ed è probabile che non esisterà mai. E' sempre una minoranza a governare. Anche nel regime più radicalmente democratico il partito al potere include solo una minoranza della popolazione; e il partito o i partiti di opposizione sono parimenti composti di minoranze. In un regime democratico il governo spetta a quella minoranza organizzata, cioè a quel partito che per il momento è sostenuto dai voti della maggioranza non della popolazione, ma della parte di essa che si interessa di politica tanto da votare alle elezioni. Possiamo procedere oltre nell'analisi delle minoranze che competono per il governo negli stati democratici. La minoranza vincitrice è composta di due parti: 1) una macchina

organizzata in modo stabile e tenuta in pugno dagli uomini dell'apparato, che vota imperturbabilmente per il partito in ogni circostanza; 2) una massa fluttuante di elettori indipendenti che non appartengono ad alcun partito, le cui azioni sono imprevedibile che determinano la vittoria votando ora da una parte ora dall'altra. Quando non c'è una grande differenza di forze fra l'elettorato stabile di ciascuno dei partiti in lizza, la vittoria della minoranza organizzata del partito vincente sulla minoranza organizzata del partito perdente è dovuta a una terza minoranza che non è irreggimentata in nessun partito e che può essere anche estremamente esigua in termini numerici. La democrazia perciò, non meno della dittatura, è il governo di una minoranza. Ma in una dittatura la minoranza al potere difende con la forza il suo monopolio del potere. Mentre una democrazia è un regime di libera competizione tra tutte le minoranze organizzate (partiti) che aspirano al governo della nazione. Perciò sarebbe corretto non parlare mai, neppure a proposito delle democrazie, di "maggioranza" e di "minoranza", quanto piuttosto di "partito al potere" e di "opposizione".

Calma piatta L’Italia che proprio non ce la fa a tornare a crescere al giusto ritmo

Due ministri persi nel tunnel della crisi L’

Ocse ha certificato che dopo nove mesi di cali congiunturali il Pil italiano nel terzo trimestre è piatto: non si sale e non si scende. Questo quando per l’area del G20 nel terzo trimestre vi è stato un aumento tendenziale del 2,9% e un incremento congiunturale dello 0,9%, contro rispettivamente un +2,5% e un +0,8% nei precedenti tre mesi. Insomma, se nell’area del G20 è ripresa la crescita, l’Italia l’ha mancata in pieno e ristagna. Eurostat ritiene che il prodotto interno lordo pro capite italiano sia calato nuovamente nel 2012 e questo porrebbe l’Italia ben al di sotto della media della zona euro. Nel 2012, il Pil italiano procapite espresso in termini di potere di acquisto, è stato pari a 101 punti, cioè un solo punto percentuale sopra la media Ue (che è uguale a 100), mentre la media dell’Eurozona è 108. Dal 2010 l’Italia ha perso un punto ogni anno. Il Lussemburgo guida nettamente la lista del 2012 con ben 263 punti, pari quindi a oltre 2,5 volte il Pil procapite medio Ue. La Germania segna 123 punti, oltre il 20% in più rispetto alla media Ue. La Spagna, invece, resta sotto l’Italia, con 96 punti nel 2012, ma è stabile rispetto al 2011. Tanto è bastato perché il ministro dell’Economia Saccomanni tornasse ad intonare la solita solfa: “Abbiamo invertito una recessione che durava da molto tempo”. Beato lui: Saccomanni è convinto che ci siano i segnali che stiamo uscendo da otto trimestri negativi, anche se poi ammette che i risultati sono bel lontani dal riassorbire la disoccupazione. In Italia siamo arrivati a 3 milioni di disoccupati, che non sono solo quelli che non hanno lavoro ma anche quelli che lo hanno perso, insieme ad almeno 7 milioni di persone con disagio occupazionale; ed oltre 2 milioni di giovani che non studiano, non lavorano e soprattutto non cercano lavoro. Una tragedia? Non per il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato che fa eco a Saccomanni: “Dopo due anni abbiamo visto che i dati del Pil non hanno più il segno negativo e questo vuol dire che si è avviata l’uscita dal lungo tunnel”. Espressione divenuta di moda grazie al premier Monti, il primo convinto che l’Italia iniziasse a vedere la luce in fondo al tunnel. Negli anni trenta del secolo scorso, studiando quella crisi drammatica del capitalismo, anche

Luigi Einaudi diceva che fosse giocoforza per l’economia più depressa ripartire. Non è però una mera questione meccanica, tant’è che Zanonato parla di assecondare i segnali di ripresa e fare in modo che una rondine. per una volta faccia “veramente primavera”. Se ora abbiamo davvero la possibilità di lasciarci definitivamente alle spalle la più grave crisi della storia repubblicana, per Zanonato vi sono enormi potenzialità, ma il governo deve fare la sua parte. Ecco allora il piano ‘Destinazione Italia’ annunciato dal presidente Letta. Siamo nelle sue mani. Vediamo allora almeno cinque degli obiettivi di politica economica nazionale fissati dal governo. Cominciando dalla riforma del mercato del lavoro e dal salario di produttività, troviamo nell’agenda del governo la semplificazione dei “codici del lavoro”. Per quanto la Commissione europea, la Bce e persino la Corte dei Conti con il nuovo presidente Squitieri chiedano di puntare sulla spending review, il piano Letta si limita a sostenere che bisogna sì far scendere il debito, le spese correnti e le imposte, ma dimentica di spiegarci come farlo. Il governo ci dice anche che bisogna avere la crescita del Pil dell’1 per cento nel 2014 e del 2 nel 2015. Anche qui sarebbe interessante capire come. Il governo ci dice che vanno rilanciati gli investimenti, omettendo una pur minima indicazione operativa. Poi afferma che bisogna accrescere la competitività, e qui abbiamo il conforto di Susanna Camusso che mette in discussione persino lo sciopero generale, ma di quali strumenti il governo intenda disporre, occorre chiederlo alla Pizia o all’oracolo di Delfi. Infine ci sono le fantomatiche privatizzazioni, un cavallo di battaglia di Saccomanni che aveva persino minacciato la Rai. Il governo comunque intende limitarsi a studiare quella delle Poste con l’azienda e i sindacati, con apertura all’azionariato operaio tramite gli organismi sindacali di categoria (e c’è persino chi già ironizza un modello da mettere nel museo del corporativismo). Ignoriamo pure il fatto che il credito all’economia stia diminuendo: Letta ha chiesto l’unione bancaria, Draghi ha risposto che non sarebbe sufficiente. Poi ci si lamenta dello scetticismo di Rehn, ma in queste condizioni, giusto un miracolo potrebbe salvare l’Italia.

Esecuzione a Pyongyang

Un dittatore completamente incontrollabile

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ang Song-thaek, zio di Kim Jong Un, numero due, fino alla settimana scorsa, del regime della Corea del Nord, era stato arrestato con l’accusa di essere “dissoluto, depravato, corrotto, tossicodipendente”. Gli si imputava anche di avere relazioni illecite con moltissime donne e di spendere i soldi pubblici ai casinò “mentre doveva curarsi all’estero a spese dello Stato”. Ma tutto questo, che pure potrebbe apparire sconcertante, è lo stile di vita di tutta la famiglia Kim, che regna dispoticamente di padre in figlio sulla penisola nord coreana dalla fine della seconda guerra mondiale senza soluzioni di continuità e senza preoccuparsi minimamente di un qualche standard morale di vita. I bolscevichi, scriveva il poeta Majakovskji, erano uomini di “ferro ed acciaio”, ma i comunisti nord coreani, per la verità, erano fatti per i piaceri più molli. E’ vero che gli studenti li vedi addestrarsi a torso nudo nella neve, ma escludete che la progenie di Kim il sung sia mai stata impegnata in tali esercizi, altrettanto il suo circolo parentale. Quanto a Kim Jong - un, fu subito definito come “il dittatore libertino”. Sono altri i motivi per cui suo zio è apparso spacciato. Infatti l’accusa più grave è che Jang avesse cercato di costituire “una sua base di potere controrivoluzionario” e che nutrisse “sogni diversi” da quelli del “Brillante Compagno”, come viene definito Kim. Tradotto, lo zio si sentiva autorizzato a far le scarpe al nipote, ed il nipote lo ha messo a posto per sempre. Vatti a fidare dei parenti, anche se Jang aveva aiutato il nipote trentenne ad imporsi alla gerontocrazia dei generali e dei gerarchi dell’esercito fedeli a Kim Jong il, che vedevano il suo erede come fumo negli occhi. Salvo poi che Jang contava di avere un’influenza sul nipote che, al contrario, lo considerava un vecchio catorcio, un po’ come da noi Renzi vede D’Alema. Quello che colpisce della tragedia politica familiare, è la confessione di Jang che ha ammesso di aver progettato un colpo di Stato con queste parole: “volevo diventare premier per cambiare l’economia per evitare la bancarotta, volevo presentarmi come un riformista per essere riconosciuto dalla comunità internazionale”. Qualunque cosa potesse aver tramato, la confessione nuoce più di tutto al regime vigente, in quanto lo avverte di essere sull’orlo della bancarotta, incapace di riformarsi e privo di credito internazionale. Se Jang fosse stato fucilato senza confessione, sarebbe stato molto meglio. Morale: dei sette gerarchi che il 28 dicembre di due anni fa accompagnarono solennemente il feretro di Kim Jong-il, Kim Jon-un ne ha fatto fuori il quarto, in ordine di età praticamente. Il prossimo, 77enne, incrocia le dita, sperando che il giovanotto lo reputi troppo vecchio. Sotto il profilo politico, Jang era anche l’uomo più vicino a Pechino ed i cinesi sono più disperati della vedova del generale. Iniziano a sospettare che il nipote del loro pupillo sia completamente incontrollabile.


2 LA VOCE REPUBBLICANA

Sabato 14 dicembre 2013

economia

Avviso ai naviganti di Erberto Bitcoin: ma dove vai se una banca alle spalle tu non hai? E non è l’unica valuta virtuale: ce ne sono almeno cento

Tu ci credi, dunque lei esiste...

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itcoin, nuova valuta che c’è e non c’è. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa. Ecco cosa ne scriveva “Repubblica” ieri. “Doccia fredda in arrivo sul bitcoin in Europa. L’Autorità bancaria europea che regolamenta il settore, l’Eba, mette in guardia gli utilizzatori della valuta virtuale, e avverte che, in caso di perdite, non saranno tutelati. In precedenza anche la Banca di Francia e quella centrale cinese aveva lanciato warning simili. ‘Attualmente - si legge in un comunicato dell’Eba - non esiste nell’Unione europea nessuna protezione specifica per salvaguardare i consumatori da perdite finanziarie nel caso in cui una piattaforma che scambia o detiene valute virtuali fallisca o chiuda’. I bitcoin non vengono emessi da banche centrali e il loro valore dipende dalla fiducia che i consumatori hanno in questo strumento. ‘Ci sono stati riportati casi - prosegue la nota dell’Eba - di consumatori che hanno perso significativi quantitativi di monete virtuali , con poche prospettive di venire rimborsati. Inoltre, usando valute virtuali per le transazioni commerciali, i consumatori non sono protetti da nessuna legge Ue sui rimborsi’. L’Eba ha studiato per tre mesi le monete virtuali e sta valutando la possibilità di regolarle. L’Autorità ha il potere di vietarne la circolazione, anche se non è ancora chiaro come il divieto possa essere messo in pratica. Ci sono almeno 100

valute virtuali in circolazione e tra queste il bitcoin è la più conosciuta. Oggi l’Eba pubblicherà un documento in cui mette in guardia dai rischi di ‘violente fluttuazioni delle valute elettroniche’, così come dal pericolo che ‘i portafogli digitali’ in cui si registra la proprietà questi titoli possano esser preda di hacker e pirati informatici. Poco evidenti stamattina le reazioni sul mercati digitali della pseudo valuta: sulla piattaforma giapponese Mt Gox il bitcoin si attesta a 962,87 dollari, non distante dai valori di ieri, posto che continua a mostrare quella spiccata tendenza alle oscillazioni (solo stamattina ha spaziato da 990 a 839 dollari) che adesso preoccupa Bitcon? Moneta anche la European Banking Authority. che si trova nei E il monito dell’Eba segue quello lancomputer e basta. ciato nei giorni scorsi dalla banca cenTuttavia se la trale della Cina, che è stata anche più gente ci crede, drastica nel mettere in guardia il pubtale valuta è blico dal bitcoin, affermando chiaro e come se ci fosse tondo che ‘non si tratta di una moneta’ e che deve essere consentito di usarla come tale, ma relegata nella categoria di semplice prodotto finanziario digitale. Meno ostili erano invece apparse in precedenza le posizioni dalle autorità Usa, in particolare della Federal reserve che avevano parlato di una possibile utilità di queste pseudo valute. E proprio la linea di apertura degli Usa aveva innescato una impennata delle quotazioni del bitcoin nelle scorse settimane”. Finché la gente ci crede... Che è come dire: finché credono a Facebook... O no?

Intervista di Lanfranco Palazzolo Ph. Cordaro, studioso degli Stati Uniti, ci parla del difficile lavoro di far comprendere l'America a chi non vive in Usa

La verità, solamente la verità

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li americani si sono ispirati anche al nostro paese quando scrissero la loro Costituzione nella seconda metà del ‘700. Lo ha detto alla “Voce Repubblicana” Philip Cordaro, autore di “America, amore mio” (Mauro Pagliai editore), saggio che ripercorre la vita di Cordaro negli Stati Uniti come giornalista e docente universitario. Philip Cordaro, lei ha vissuto gran parte della sua vita negli “Gli immigrati Stati Uniti e ha difeso gli interessi italiani si sono della comunità italiana in quel sempre ispirati, paese contribuendo alle vittorie con successo politiche di John Fitzgerald alterno, all'idea Kennedy al Congresso e al di integrarsi in Senato. Il nostro paese ha condiun sistema” zionato la crescita istituzionale americana? “Sì. Duecento e più anni fa gli americani colti desideravano ardentemente conoscere la lingua e la cultura italiana. Ai tempi della redazione della Costituzione degli Stati Uniti, alla fine del ‘700, i padri costituenti consultarono i testi dei nostri filosofi e ne fecero tesoro. Questa bella corrispondenza culturale procedeva, però, soltan-

to in una direzione: gli americani attingevano al pensiero ‘classico’ degli italiani”. Con questo libro pensa di aver scritto un saggio sull’integrazione italiana negli Usa? “No, non penso di aver svolto un lavoro del genere. Gli immigrati italiani si sono sempre ispirati, con maggiore o minore successo, all’idea di integrarsi, nel modo di vivere e di intendere la vita del paese che li aveva ospitati. Negli Stati Uniti, a questo riguardo, il processo di integrazione è stato più veloce che altrove, anche se non si può affermare che esso sia del tutto completato. La storia vera e completa degli immigrati italiani nessuno l’ha ancora scritta e scriverla non è per niente facile, ammesso che sia possibile. Ci sono stati, è vero, dei tentativi lodevoli, ma settoriali”. Lei come scriverebbe la storia degli italiani negli Stati Uniti? “Senza retorica. Il mio auspicio è che presto o tardi possa venire alla luce un’ampia e veritiera storia della Comunità italiana negli Stati Uniti. Mi auguro che sia una storia priva di distorsioni, di sciovinismo, di volute omissioni, di sciocche ed inutili iperboli”. Il suo libro è privo di mitizzazioni? “In ogni mia pubblicazione mi sono sempre sforzato non solo di descrivere fatti veri, ma anche di presentarli nel contesto della mentalità e delle tradizioni locali che li hanno generati. L’autorevole critico di un grande quotidiano romano termino la recensione della mia biografia di Kennedy asserendo che ‘il libro di Cordaro ci ha fatto capire tante cose’. Credo soltanto, in verità, di essere riuscito a chiarire il complesso, pittoresco, minuziosissimo lavoro delle campagne elettorali. Il mio compito è quello di raccontare ciò che ho vissuto e sentito. Credo di averlo fatto nel miglior modo possibile in ‘America, amore mio’”.

UN PENSIONATO SU DUE NON ARRIVA A FINE MESE

fatti e fattacci

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ietato fare regali. La vita delle istituzioni diventa ogni giorno più complessa e difficile. In tempi di austerità anche il gesto più gentile viene considerato come il tentativo di corruzione o di cambiare il futuro di una determinata pratica. Nella pubblica amministrazione e negli enti locali, soprattutto negli ultimi anni, i dirigenti sono corsi ai ripari vietando la tradizione dei regali ai dipendenti pubblici. Questo è anche quello che è accaduto all’Azienda speciale multiservizi di Pandino (Cremona). Il regalo finirà in beneficenza o verrà restituito. Questa scelta è stata messa in atto per prevenire la corruzione e garantire la trasparenza della pubblica amministrazione: con queste finalità. A deciderlo è stato il Comune di Cremona che ha messo a punto un codice di comportamento per i dipendenti comunali e per quelli dell’Asm, nell’ambito delle recenti disposizioni di legge in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione. La bozza del regolamento è già pronta, entro il 9 gennaio i sindacati avranno tempo per presentare le loro osservazioni. Intanto, i dipendenti aspettano gli ultimi regali. Al centro dell’attenzione, in particolare, precise indicazioni in materia di prevenzione della corruzione, a cominciare dalla disposizione che impone al dipendente di non chiedere, o sollecitare, per sé o per altri, regali o altre utilità. Non può nemme-

no accettarli, con l’eccezione di quelli “di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. I regali e le altre utilità, comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo sono immediatamente messi a disposizione dell’amministrazione, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, per la restituzione, o per essere devoluti a fini istituzionali o ad associazioni caritative”. Per regali o altre utilità di modico valore il regolamento intende quelli di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro. “In presenza di più regali nel corso dell’anno solare il limite complessivo non potrà comunque eccedere i 150 euro”. Inoltre il dipendente “non deve accettare incarichi di collaborazione o di consulenza con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo”. Il regolamento riguarderà anche i dirigenti comunali. La tradizione di vietare i regali per i dipendenti della pubblica amministrazione è una stupidaggine. Nulla vieterà mai di fare un regalo ad una persona fuori dall’orario di lavoro o in un’altra circostanza senza lasciare traccia. I regali non sono tracciabili se vengono acquistati in contanti e poi la circolare potrebbe funzionare solo se venissero tracciati gli acquisti sopra i 150 euro. E allora a che serve la circolare se potrà essere facilmente aggirata?

Quasi un pensionato su due fatica ad arrivare alla fine del mese: un problema per il 46,2% che si ritrova così costretto a rimandare pagamenti, ad intaccare i risparmi, a chiedere prestiti e aiuti ad altri. E’ quanto emerge da una analisi realizzata dallo Spi-Cgil in collaborazione con Ipsos su consumi e potere d’acquisto dei pensionati. Al contrario il 24,3% ce la fa “senza troppi problemi” ma spendendo quasi tutta la pensione, mentre il 29,5% ci arriva “senza alcun problema” e riesce anche a risparmiare qualcosa. In particolare, del 46,2% che stenta, il 29,9% arriva alla fine del mese “con qualche problema” stando molto attento e qualche volta rimandando dei pagamenti; il 12% ci arriva “con molti problemi”, usando i risparmi accumulati o chiedendo dei prestiti; il 4,3% non riesce proprio ad arrivare alla fine del mese senza aiuti di parenti o amici. Di conseguenza tagli e rinunce sono all’ordine del giorno.

primo piano

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l sindacato è morto, se non cambia”, lo ha detto Renzi ma era la citazione di un’intervista di Landini. I due si sono incontrati ad un convegno Fiom. Renzi ha fatto un po’ di confusione tra la legge trenta ed il 1997 (sigh!), ma sembravano d’accordo sulla legge della rappresentanza sindacale, senza toccare l’argomento dell’articolo 18, lo Statuto dei lavoratori. Landini si è preoccupato di ricordare che “i diritti non sono mai stati regalati, ma sempre conquistati”. Renzi si è limitato a dire che lui i diritti vuole estenderli a tutti e non limitarli. Dovranno presto tornare a parlarsi del “jobs act”, la grande proposta del segretario del Pd. Scettico un vecchio operaio: “da quando parlate in inglese io so solo che ho meno diritti”.

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I democratici e la classe media Usa

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envenuti nell’America di Barack Obama. Quando un democratico arriva alla Casa Bianca, come per incanto, le condizioni della classe media peggiorano e cambia anche la geografia della ricchezza, in peggio. Nonostante un’economia in ripresa e la disoccupazione in calo, aumentano nelle grandi e medie città Usa i senzatetto, gli affamati che non hanno i soldi per pagarsi da mangiare: a denunciarlo è la Conferenza dei sindaci americani in un sondaggio che ha coinvolto 25 aree metropolitane, da New York a Los Angeles, a Chicago a LA VOCE REPUBBLICANA Fondata nel 1921 Francesco Nucara Direttore Giancarlo Camerucci Vicedirettore responsabile Iscritta al numero 1202 del registro stampa del Tribunale di Roma - Registrata quale giornale murale al Tribunale di Roma con decreto 4107 del 10 novembre 1954/1981. Nuove Politiche Editoriali, Società cooperativa giornalistica - Sede Legale - Roma - Corso Vittorio Emanuele II, 326. Amministratore Unico: Dott. Giancarlo Camerucci Direzione e Redazione: Roma - Corso Vittorio Emanuele II, 326 Tel. 06/6865824-6893448 - fax. 06/68210234 - Amministrazione: 06/6833852 Progetto grafico e impaginazione: Sacco A. & Bernardini.

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Washington. Si tratta della “povertà urbana”. A Los Angeles ad esempio, lo scorso anno gli “homeless” sono cresciuti di un drammatico 26%, ed al 16% di costoro è stato negato alcun aiuto finanziario pubblico per un alloggio. A Chicago l’incremento dei senzatetto e’ stato dell’11,4% negli ultimi 12 mesi, e dei ‘senza cibo’ del 6%. Ogni notte nelle strade di Los Angeles dormono almeno 20.000 persone, di queste 2.000 sono bambini. Nei dormitori, le pubbliche amministrazioni permettono l’ingresso di sempre più cittadini. Con un tasso di povertà a livello nazionale al 15%, vicinissimo al peggiore (pari al 15.1%) registrato nella storia recente dell’Unione della Grande Depressione, i sindaci temono un peggioramento della situazione per il 2014 : gli esperti sono preoccupati in particolare per i recenti tagli ai buoni pasto e per la legge di bilancio approvata, che non rinnova i benefici per i disoccupati da lungo tempo. Dopo Natale non riceveranno più gli assegni di sostegno. A livello globale, negli Stati Uniti, il numero dei senzatetto è salito del 3% nelle città analizzate, ma per il 2014 l’indagine prevede un ulteriore incremento. Ad influenzare il trend e’ in particolare il costo delle case in affitto, salito del 12% negli ultimi 5 anni. Meno grave la situazione dell’occupazione: A San Francisco, ad esempio, infatti il 22% degli ‘homeless’ ha un lavoro. Brutte anche le statistiche sulla mancanza di cibo: il 21% degli americani che ha fatto richiesta per i buoni alimentari per povertà non li ha ricevuti, e 21 città hanno riportato un aumento delle domande, salite in media del 7%. “Gli affamati ed i senza casa continuano ad essere qui, con noi, siamo preoccupati che il governo di Washington non capisca cosa succede nei quartieri delle nostre città”, ha dichiarato Tom Cochran, direttore della Conferenza dei sindaci. Non c’è male per chi aveva promesso di salvare gli Stati Uniti dalla crisi economica e finanziaria. E invece, allo start della seconda amministrazione democratica, il Paese si trova a fare i conti con una situazione particolarmente drammatica e con i senza casa che aumentano. Il Presidente degli Stati Uniti non è riuscito a portare a termine nes-

c o m m e n t i

suna delle riforme che si era proposto di realizzare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. E adesso gli americani aspettano la (vana) riscossa del Partito Repubblicano.

E Marino portò una statua in aereo

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a capitale affonda nel traffico, ma il sindaco è a Washington. La capitale di Roma ha tanti problemi. Nell’articolo di ieri sulla situazione del traffico nella Capitale abbiamo dimostrato la faciloneria con la quale l’attuale amministrazione capitolina ha autorizzato numerose manifestazioni, lo stesso giorno, con risultati disastrosi per il traffico e la condizione della città. Ma dove si trovava il sindaco ieri? Era negli Stati Uniti per un accordo di gemellaggio. Il sindaco di Roma Ignazio Marino e quello di Washington Dc Vincent Gray hanno rinnovato l’accordo di gemellaggio tra le due capitali per i prossimi cinque anni. L’alleanza punterà in particolare allo scambio nel campo dell’educazione e dei giovani. Inoltre verranno incentivati il settore del turismo, lo sviluppo economico e gli scambi culturali. Dopo essersi detto “soddisfatto” dell’alleanza, Gray ha aggiunto che “questi accordi sono importanti nella costruzione dei legami internazionali che rafforzano la società civile e la buona volontà tra le nazioni”. Anche Marino, arrivato a Washington mercoledì sera, ha espresso la sua soddisfazione per la stretta di mano. “Sono molto lieto di rinnovare questo accordo che è parte di una campagna per rilanciare l’immagine di Roma nel mondo”, ha detto. Tra e le ragioni della missione di Marino negli Stati Uniti è infatti il prestito del “Galata Morente”, che per la prima volta è uscito dai Musei Capitolini per essere esposto alla National Gallery of Art della capitale americana. “Roma ospita un patrimonio mondiale: è stata e continua ad essere una fonte di ispira-

zione per gli artisti di tutto il mondo, il set di molti capolavori del cinema italiano e straniero. E’ per questo che vogliamo proteggere e migliorare la sua bellezza, la ricchezza, le tradizioni e l’eredità”, ha aggiunto. La scelta di Ignazio Marino di portare alla National Gallery “Galata morente” è pura utile propaganda, apprezzata dagli americani, senza dubbio.. Ci sono tanti modi per realizzare un gemellagio, e immediato è il risultato in questo caso. Il “Galata morente” era una scultura bronzea attribuita a Epigono, databile al 230-220 a.C. circa e oggi nota da una copia marmorea dell’epoca romana (lunghezza 185 cm) conservata nei Musei Capitolini di Roma. Con il Galata suicida e con altre opere di identificazione più complessa doveva fare parte del Donario di Attalo nella città di Pergamo. Si tratta di un’opera di inestimabile valore artistico. Forse un così lungo viaggio è un rischio, ma quando la propaganda impone...

Ncd? Speriamo non scompaia...

A

ngelino Alfano senza sede. Il Nuovo centrodestra cerca ancora casa, e la scelta di una sede potrebbe arrivare a breve. Angelino Alfano sta valutando con i suoi la location più idonea, possibilmente in posizione centrale, vicino ai palazzi della politica, e non tanto cara. In tempo di crisi e di tagli al finanziamento pubblico dei partiti, riferiscono ambienti di Ncd, non sono ammessi sprechi. Nelle ultime settimane gli uomini del vicepremier hanno fatto vari sopralluoghi. Si era parlato in un primo momento di palazzo Toniolo, poi di un immobile in piazza di Pietra e, da ultimo, in via della Stamperia. Secondo le ultime indiscrezioni raccolte in Transatlantico, a Montecitorio, Ncd potrebbe trovare una sistemazione definitiva in alcuni locali della centralissima via del

Tritone, ma si attende il via libera definitivo di Alfano. Questo partito politico non ha sedi in Italia e non ha ancora un assetto organizzativo chiaro. Nelle scorse settimane è stato presentato il simbolo del partito, ma su quali risorse potrà contare questo soggetto e come conta di andare avanti in futuro? Le strategie non sono molto chiare. Prima di tutto occorre ricordare che gli esponenti di peso di questo partito sono occupati con le iniziative che riguardano il governo e gli incarichi da sottosegretario. Per loro sarà molto difficile trovare tempo per occuparsi del partito. Se tutti hanno a cuore la sorte del paese dovrebbero prima pensare al bene comune della nazione. Se così non è allora dovrebbero farsi in quattro per occuparsi anche delle prossime strategie politiche in vista delle elezioni politiche del 2015, data che è stata considerata da Alfano come la deadline del governo. Ma la prova più importante saranno le prossime elezioni europee. Sarà molto difficile pensare a qualche forma di accordo tra Fi e il Ncd in vista di questa competizione. Anche perché Forza Italia ha tutto l’interesse ad andare da sola e a dimostrare che Alfano non dispone di quella che viene chiama la soglia minima, il 4 per cento, per fare il suo ingresso trionfale al Parlamento europeo. Ma vediamo come viene calcolato il Ncd di Alfano. Il nuovo partito di Forza Italia è al 19,5% mentre Nuovo Centrodestra fa registrare l’8 per cento: la somma dei due movimenti è di circa 4 punti superiore rispetto all’ultimo valore del Pdl. Sull’altra sponda della politica, contrariamente a quanto accaduto negli anni scorsi, le primarie non generano consenso al Pd. Anzi, nelle ultime settimane il consenso al partito è diminuito di 1,5 punti, arrivando al 28 per cento. Cosa vuol dire questo? Il consenso di Alfano è destinato a cadere sempre più in basso. Anche Futuro e libertà aveva una consenso simile a questo all’indomani della scissione antiberlusconiana, ma ha perso progressivamente smalto. Sono paragoni da farsi? Non è ancora chiaro.


Sabato 14 dicembre 2013

il Paese RIZZO

LIBERO

Fine dell’incubo per Marcello Rizzo, il tecnico italiano rapito nei giorni scorsi in Nigeria. La notizia della sua liberazione trova conferma alla Farnesina. Rizzo, originario di Randazzo (Catania) era stato rapito il 6 dicembre. Per ora le uniche indicazioni è che sta bene, che è in buone condizioni di salute. Rizzo, 55 anni, è un geometra di una ditta edile messinese che collabora con la Gitto Costruzioni, impegnata nella costruzione di un ponte sul Niger tra Onistsha e Asaba. Era stato sequestrato da una banda criminale verso il delta del Niger, in un’area petrolifera generalmente estranea al terrorismo islamico di Boko Haram, che è invece operativo nel nord-est e agli scontri tra diverse confessioni religiose, tipici di altre province. Una zona dove comunque si sono registrati sequestri di stranieri a scopo d’estorsione negli ultimi anni. “Mio padre è libero e sta bene”. Salvatore Rizzo conferma all’Ansa la liberazione del padre. “Ma vogliamo ringraziare il ministro Emma Bonino, la Farnesina e l’unità di crisi aggiunge - perche’ in questi giorni così difficili sono stati parte integrante della nostra famiglia, notte e giorno. Non sono stati soltanto dei grandi professionisti, ma ci hanno messo anche il cuore. Sono stati la nostra ancora di salvezza - rivela Rizzo - e noi eravamo sicuri che grazie a loro tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi, come è accaduto. La mia famiglia vuole ringraziare anche tutta la nostra comunità, dal sindaco ai carabinieri e tutti nostri concittadini. Adesso siamo felici ma provati - conclude il figlio del geometra - e chiediamo ai giornalisti di lasciarci riprendere...”. “Grandioso, è una notizia bellissima, non lo sapevamo: adesso lo comunico agli altri” dice il sindaco di Randazzo, Michele Mangione, dopo aver appreso la notizia dall’Ansa. “Adesso - aggiunge - voglio chiamare la famiglia per avere altri particolari”. Rizzo era stato catturato insieme con l’autista, poi rilasciato, nel sud del paese. Poche le informazioni arrivate sulla dinamica del rapimento e della liberazione anche alla luce del più stretto riserbo che da sempre la Farnesina chiede in questi casi per agevolare una soluzione positiva. Un bel Natale per i Rizzo.

LA VOCE REPUBBLICANA

terza pagina

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Le cose più brillanti di questo 2013 che in fondo non è stato tanto brillante, anzi. Opera, cinema, libri

Ci ricorderemo di Verdi, gloria nazionale. Grazie ad Alfredo che stende la pasta, mentre un grande regista usa il Requiem in una bella scena di notte

Muore l’anno e anche l’ambiente rischia molto. Parola di Zanzotto

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atale nelle vicinanze di un pessimo 2013 sotto tutti i punti di vista. Crisi, grigiume, nubi basse. E fredda fine d’anno, con qualche cosa di memorabile da trattenere in mente e magari tirare fuori nei momenti di depressione media. Non parliamo di depressioni massime, contro le quali non è poi così facile agire. Dunque per stati d’animo mediamente cupi, ci si accontenti di qualche divertente particella. Ad esempio mettiamo in scena il gioco tipico che suona così: qual è la migliore dell’anno. Migliore cosa? La scena vista in teatro e alla televisione, per esempio. Per Sant’Ambroeus, rito milanese teatrale e fortunatamente televisivo, così da dare alla Scala una platea immensa, mondiale, ecco lui, Alfredo, quello dell’Amami Alfredo quanto io t’amo, tutto intento a fare la pasta tirandola per davvero col mattarello nel tinello della gran villa fuori Parigi dove si trascina d’ozio in ozio con l’amata Violetta che, è il caso di dire, lo mantiene da capo a piedi. E si sa ch’ella ha venduto beni, gioielli, cose varie, tutto per dare a lei e al suo uomo, uomo che ama, una vita da nido d’amore felice. Ma ci fu, in questa Traviata diretta da un russo, Tcherniakov, fra l’altro specializzato nell’opera, anche un loggione prevenuto di mezzo. E se il loggione prevenuto non fosse, mi spiegate cosa ci starebbe a che fare? Nulla. Il loggione ha in mente una sola messinscena, quella che crede sia di rito. Come fa il loggione a sapere quale debba essere la messinscena giusta? Non è ben chiaro, ma lo sa. Se l’armamentario non corrisponde all’archetipo immutabile e platonicissimo che il loggione ha stampigliato in mente, ecco che il loggione fischia e strepita e fa “buu’” e poi ancora “baa”. Se invece non gradisce la conduzione d’orchestra, allora dice le seguenti parole: “Non è Verdi, non è Verdi”, il che vuol pur dire che quello non è il modo in cui si dirige un’opera di Verdi. Come si dirige un’opera di Verdi per il loggione (e come si dirige per il loggione è come si deve dirigere in assoluto)? Non si sa. Eppure a occhio e croce è nella maniera più preistorica possibile, decrepita. zun zun, perepè, piripì. La banda. E così sia. Basta distaccarsi un attimo dalle sacre coordinate e.. scatta la reprimenda. Col Gatti di questa Traviata è scattata? No, ma eravamo lì lì per... Nulla avvenne, però. Gatti diresse con un distacco che pareva un Serafin, pulito e stellato e non stellare, però. D’accompagnamento giusto ed equilibrato. E ricco insieme. Niente male veramente. Per fortuna il loggione non ebbe a ribellarsi, meno male. Ma quando venne il russo in iscena a cercare di prendersi gli applausi, ecco che ti piovve una serie di urli dall’alto del paradiso che fa paura. Il ruso non si scompone, ma ride, beato lui, o almeno cerca di farlo. Mica è morto nessuno, in fondo. Sì, qualcuno sì, se n’è andato. Violetta, poveraccia, tutta rigida su una sedia, sullo sfondo di quel cielo che non cambia. Grigio, pesto, abbuiato, spaventoso, il cielo dei senza speranza. Magari dalle cime del loggione neanche lo vedevano lo sfondo dietro la finestra, e si sono messi subito a urlare, a buare, a dire che lo sanno anche i cagnacci che Violetta muore nel letto e non seduta. E invece il russo, niente. Violetta moribonda, in carne e seduta sibbene mangiata dalla tisi. Alfredo che, come fosse un personaggio minore alla Bergman, si mette a fare Scene da un matrimonio e spiana la pasta sul tavolaccio, una roba da pazzi, da cani. Del resto il regista russo l’aveva detto in un’intervista che era passata non troppo in televisione: voglio mostrare il lato sentimentale, dei rapporti umani fra i due, ciò che c’è sotto. Del resto, basta sollevare solo una piega della pagina, della foto patinata, e si spalanca un abisso

intero, chissà cosa si spalanca. Il teatro, in fondo, l’opera, servono anche a questo, a mostrare ciò a cui non pensavamo affatto. Altrimenti basta il disco, il libretto, lo stereo di casa o la partitura, se uno ha studiato musica, beato lui, e a nulla serve andare a teatro. Anzi, tante volte le messinscene rovinano le opere, si dice. Peccato che ai tempi di Verdi e tanti altri l’opera si andava in teatro a vederla e non si sentiva solo al cd. Comunque, ogni tanto un loggione che si scatena fa sempre bene e così un Alfredo che stende la pasta, miglior scena (Bergman o Casa Vianello, fate voi) del 2013, che ne dite? Opera e cinema Rimanendo con un piedi in Verdi e l’altro nel grande schermo cinematografico, non ci sfuggirà una delle migliori scene di questo 2013, cioè una cavalcata razzista col Requiem verdiano che si può maledettamente amare in “”Django” di Q. Tarantino, miglior grande film popolare sanguigno che risolve ogni minima discriminazione in modi spicci (i bianchi si prendono giustamente a frustate) e ci regala, appunto, un uso di un momento verdiano che mai avremmo pensato potesse godere di una simile risoluzione. È il Dies Irae che mai e mai e mai e poi mai avremmo pensato di.. etc.. etc.. Miglior scena, miglior colonna sonora e miglior film, che ci è tornato in mente grazie alla distribuzione in dvd da avere assolutamente e gustare su un bello schermo piatto e un impianto sonoro di quelli rivelatori per un godimento completo. Viva Verdi. Traviata, Requiem. Viva Verdi e Tarantino. Colpa nostra Passiamo ora all’angolo della colpa nera. Angolo letterario. Della colpa poiché colpevolmente non abbiamo ancora presentato una delle migliori uscite letterarie italiane dell’anno, vale a dire una stupefacente raccolta di prose di Andrea Zanzotto per Bompiani, “Luoghi e paesaggi”, tesoro unico che tanto ci ammaliò da toglierci le forze per parlarne. L’Oscar mattone di pagine mille circa (e più) con tutto il corpus poetico zanzottiano è lì che guarda, ormai stufo e indifferente. “Luoghi e paesaggi” lo tenemmo con noi a lungo, continuiamo a tenerlo e colpevolmente la nostra povera mente non ne ha ancora scritto un rigo. Riverenza verso l’ultimo massimo fucinatore fabbro supremo del verso contemporaneo, in grado di sfidare a duello, se il duello e il momento ancora ci fossero, lo stesso, poniamo, Pascoli? Architetto, Zanzotto, di maestose arcate, spesso di ardua definizione, e , nel caso nostro, prosatore infallibilmente cristallino e lontano dal vizio che può essere terrificante della prosa d’arte (cui lo stesso Gadda s’accostò e fuggi saggiamente alla sua maniera). Curatore di questo gran libro è Matteo Giancotti, che scrive: “Gli archivi, le bibliografie, le emeroteche e i microfilm con le annate di vecchi giornali hanno permesso di rintracciare i diciotto testi zanzottiani che compongono questo volume (...) L’idea che si trattasse soltanto di materiali dispersi, collocati in sedi editoriali d’occasione, risultava sempre meno sostenibile dal momento che le prose” parevano unirsi in una costruzione ad “arcipelago”, con motivi caratterizzanti e ritornanti. Teoria, riflessione estetica, luoghi, viaggi, deprecazione per lo scempio ecologico. Questi, all’incirca, i temi. E poi c’è tutto il resto, c’è Zanzotto in punta di penna e di pensiero, e il viaggio affascinan-

te è assicurato. O almeno, come si legge ad esempio nel testo d’inizio, che poi è del 2006, a noi vicino, il tentativo di scambio immediato, da subito, dalla nascita, dunque totalizzante, tra io e paesaggio, ma anche viceversa. E gioco all’infinito, poiché dote costitutiva del paesaggio è quella di essere sempre più in là, più avanti dell’io, della psiche, dell’anima. In fondo uno Zanzotto anche, perché no, kantiano, se paesaggio, ovvero incrocio spazio/tempo è il fondo minimale quanto assoluto della conoscenza. Il curatore azzarda anche Heidegger, ma siamo qui già nel tempo dello sradicamento, della mancanza, volendo leggere l’opera di Georg Trakl con orizzonte heideggeriano. E questo solo per dare indicazione vaga di quale godimento possa offrire il volume, sulla somma della pila del 2013, volume sempre costantemente più in avanti, come il paesaggio. E chiudiamo, per il momento, ricor-

dando due segnalazioni che abbiamo presentato a tempo debito. Trattasi di differenti prodotti Adelphi. Importante una silloge dell’opera della poetessa romena Nina Cassian, poco nota in Italia, ma altrove ben conosciuta, grande esule e grande narratrice in versi di una porzione di Novecento mai vissuto con saccenteria. Si attendono altre traduzioni che seguano questo volume al momento indispensabile. Titolo: “C’e modo e modo di sparire”. Da non perdere il nuovo tassello adelphiano di Gadda, l’ingegnere inventore espressionista sperimentalissimo quanto audace, “Un gomitolo di concause”. Ovvero lo scambio epistolare con Pietro Citati, momento che si prolunga negli anni, in pratica fino alla morte dell’ing., carico in maniera infallibile soprattutto di una ossessione del corpo, questa macchina che Gadda si fa scandagliare dai medici ma che resta per lui una sorta di tragica inspiegabile feroce defatigante maledizione. Un volumetto che può anche direttamente uccidere, una sorta di lastra del sé portata alle estreme conclusioni. Il tutto cosa mai sarebbe? Vita, letteratura, scandaglio a trecentosessanta gradi dello spirito e dei tessuti vivi di una delle grandi tragiche figure del Novecento internazionale, al livello di un Musil, di un Joyce, non di meno certamente. Un plauso va ad Adelphi che ci sta facendo riscoprire con sottile arte da levatrice esperta e severa un gigante della scrittura d’oggi e di sempre. (f. be.)

z i b a l d o n e

Diritto d’autore in rete: un po’ di chiarezza?

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iritto d’autore online: Agcom ha adottato con voto unanime il regolamento per la tutela del medesimo. Il percorso che ha portato a questo testo regolamentare, che entrerà in vigore

il prossimo 31 marzo, parte idealmente dall’articolo 11 della legge 18 del 2000 che modifica la legge sul diritto d’autore attribuendo al Garante poteri di vigilanza e e di ispezione: nel frattempo gli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo n. 70 del 2003 hanno affidato ad un’autorità amministrativa il compito di porre fine alle violazioni. Del regolamento - spiegano i siti specializzati, tra cui il noto Punto Informatico - si era discusso prima della sua approvazione, soprattutto perché si tratta di affidare alla stessa autorità amministrativa il potere di tagliare fuori dalla rete italiana i siti ritenuti responsabili di violazione del diritto d’autore senza l’intervento dell’autorità giudiziaria: una procedura che non piace ai “netizen” e forse neanche a Bruxelles, preoccupata dei bilanciamenti dell’intervento e di misure che rischiano di intaccare la libertà di espressione online. I maggiori problemi di un intervento su iniziativa dell’autorità amministrativa di vigilanza privo del vaglio giudiziario, infatti, sono legati ai possibili abusi e conseguenze per i diritti umani e, in particolare, per la libertà di espressione: con una procedura priva delle certezze assicurate nel procedimento legale diventa, in pratica, molto più facile controllare i contenuti pubblicati online. A tal proposito Agcom spiega che il regolamento “non incide in alcun modo sulla libertà della Rete” perché “si concentra sulla lotta contro le violazioni massive e non riguarda gli utenti

finali” e che essi sono esclusi dalle misure anche se scaricano o vedono in streaming contenuti in violazione: tuttavia esso riguarda anche le singole violazioni (tanto che per quelle più gravi è prevista una procedura ad hoc) e con il termine uploader viene definita “ogni persona fisica o giuridica che carica opere digitali su reti di comunicazione elettronica rendendole disponibili al pubblico anche attraverso appositi link o Torrent ovvero altre forme di collegamento”: quindi anche i singoli utenti che partecipano, per esempio, alla condivisione di un file Torrent. Agcom, inoltre, afferma che “il procedimento è caratterizzato dal pieno rispetto del principio del contraddittorio: per avviarlo è richiesta la presentazione di un’istanza da parte del titolare del diritto”, e sia colui il quale ha caricato il contenuto accusato di violazione di proprietà intellettuale, sia i gestori della pagina o del sito che lo ospitano, possono concludere la procedura adeguandosi alla richiesta o presentando controdeduzioni (entro 5 giorni, prorogabili se la situazione è particolarmente complessa). Questo, certo, vuol dire che gli Isp non saranno chiamati a svolgere un’attività di monitoraggio sulla Rete: d’altra parte, vista la normativa europea in materia, non poteva essere altrimenti. Inoltre questo tipo di procedura, pur considerando sulla carta la possibilità di controbattere alle accuse, non rassicura molto i fornitori di servizi e gli uploader accusati: da un lato, a differenza che negli Stati Uniti, non sono previste misure sanzionatorie per chi fa richieste di rimozione infondate, dall’altro, chi volesse impugnare gli ordini eventualmente adottati da Agcom dovrebbe passare per il giudizio ordinario, un percorso enormemente più lento e costo-

so. Così gli uploader o i prestatori di servizio si trovano in caso di accusa davanti a due opzioni: devono decidere di adeguarsi spontaneamente entro 3 giorni, con la conseguente archiviazione in via amministrativa, oppure devono tentare velocemente di difendersi davanti all’autorità portando controprove. In ogni caso, vista la materia, più che abbondante, converrà leggere nel dettaglio il regolamento, visto che le sintesi giornalistiche spesso non sono in grado di fornire spiegazioni esaurienti al cento per cento. In ogni caso, per gli esperti, so tratta di dettato equilibrato e non futile. Si vedrà.

Giovani in politica oggi tocca all’Italia

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hissà se il termine avrà successo: intanto per Cazzullo siamo finiti nell’era “bravi ragazzi”. In politica - scrive - è l’ora dei quarantenni. Ma, a ben vedere, è un ricambio più profondo quello che si annuncia, è un’altra generazione ancora quella che si

affaccia alla vita pubblica. La generazione che si potrebbe definire dei bravi ragazzi. Letta non è nuovo. Nel 1998 era già ministro. Angelino Alfano ha quattro anni di meno, ma non si direbbe: le grisaglie, l’eloquio che ricorda i principi del foro siciliani, l’ormai lunga militanza politica ne fanno un veterano. Vecchio stile? Ma alle loro spalle avanzano “i veri giovani”, volti più freschi di quelli - da tempo entrati nella sfera mediatica - di Matteo Renzi o di Giorgia Meloni. Ma essere giovani non basta; “la preparazione e l’esperienza saranno sempre requisiti fondamentali. Però sarebbe ingeneroso ridurre le novità che avanzano al solo dato anagrafico. I volti che andiamo

scoprendo in questi giorni non sono semplicemente di bell’aspetto; dietro ci sono persone normali, di modi garbati, di buoni studi, insomma ragazze e ragazzi come quelli che vediamo festeggiare le lauree nelle città universitarie, cercare tra grandi difficoltà un lavoro, tentare di costruirsi una famiglia e un futuro. Non figli d’arte né del Partito. Volti in cui i nonni possono riconoscere i propri nipoti, i padri i propri figli”. Insomma, l’Italia di un tempo, senza scossoni, l’Italia come dovrebbe andare. L’Italia del mulino bianco, della semplicità, della pubblicità. E’ importante che si avverta, a sinistra come a destra, la necessità di cambiare, “di avviare un rinnovamento che non sia solo di facciata ma coinvolga i comportamenti, i profili, le storie, il linguaggio. Mai il discredito della politica è stato così alto, mai il suo fascino così basso. I talenti migliori non se ne sentono attratti. Molti cittadini non ne vogliono più sapere: non a caso tutti i talk show perdono audience. I parlamentari sono visti come alieni che vivono un’altra vita e discutono di altre cose rispetto alla gente normale. In queste circostanze, investire di responsabilità giovani che hanno appena compiuto trent’anni, che hanno figli piccoli o in arrivo, significa finalmente distogliere lo sguardo dalle contrapposizioni ideologiche, e rivolgerlo a un avvenire che non sia l’eterno ritorno di cose già viste e già sentite”. Ah, ecco a cosa servono le giovani marmotte, a dare un’immagine meno trucida del solito. Un bello sforzo, invero, considerata la decadenza paurosa e palpabile del parterre delle mummie, o tali o sul punto d’esserlo. È come nelle mitiche start up, dove comanderebbero, secondo vulgata, i giovani. “E per un ragazzo che ancora non vota, ed è tentato di non farlo mai, un trentenne al potere non è un esperimento azzardato ma un fratello maggiore che finalmente si assume le proprie responsabilità. Abituati come siamo a classi dirigenti inamovibili, distanti, talora disoneste, avvezze a cooptare figli e famigli tagliando fuori tutti gli altri, sbaglieremmo a liquidare come inadeguati i compagni di strada di Renzi - compresi quelli che non appartenevano alla sua corrente - e coloro che emergeranno dallo scouting in corso a destra. L’importante è che, oltre a sembrare e - si spera - essere ‘bravi ragazzi’, sappiano coltivare la profondità. Il ricambio generazionale, di cui ogni Paese ha bisogno, non è mai un fatto soltanto anagrafico, non consiste nel mettere semplicemente un giovane al posto di un anziano; significa fare cose nuove o fare le cose di ieri in modo diverso”. Significa anche, spesso e volentieri, commettere cesaricidio, visto che i babbi hanno il sedere incollato alla poltrona e solo il pugnal può far lor cambiare idea. O no?


4 LA VOCE REPUBBLICANA

Sabato 14 dicembre 2013

Imprese di costruzioni: un grave calo intorno al 5% Prosegue la dinamica negativa degli ordini. Le previsioni per il futuro

Edilizia: incentivi contro questa crisi

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el terzo trimestre 2013, sulla base dell’indagine VenetoCongiuntura, il fatturato delle imprese di costruzioni ha registrato una diminuzione del -5% rispetto allo stesso periodo del 2012 (era -4,6% nel trimestre precedente). L’analisi congiunturale sul settore delle costruzioni, promossa congiuntamente da CEAV (Cassa Edile Artigiana Veneta) e Unioncamere del Veneto, è stata effettuata su un campione di 600 imprese con almeno un dipendente. Il mercato delle costruzioni è tornato a far segnare valori negativi con una dina-

mica simile a quella di fine 2011. Alla base del rallentamento il lento avvio del rinnovo degli incentivi per le ristrutturazioni e l’efficientamento energetico, ma anche la lunghezza ormai “fuori norma” della crisi, che ha investito pesantemente l’ampio tessuto di micro e piccole imprese che costituiscono l’ossatura del sistema, con una riduzione molto rilevante dell’occupazione. Mentre i settori industriali, grazie alle esportazioni, in Veneto iniziano a far vedere timidi segnali di ripresa, nell’edilizia la domanda interna ancora non è in grado di invertire la tendenza. Il calo del fattu-

rato ha registrato una variazione più consistente per le imprese non artigiane (-7,8%) rispetto a quelle artigiane (4,6%). Sotto il profilo dimensionale la performance peggiore riguarda le medie imprese (-7%), seguite dalle grandi (6,6%) e dalle piccole (-3,3%). Dal punto di vista territoriale, il volume d’affari ha dimostrato dinamiche negative in tutte le province con un calo più marcato a Rovigo (-10,5%) e Belluno (-7,5%). Negativi, ma meno pesanti, gli indicatori per Vicenza (-5%), Treviso (-4,8%) e Padova (-3,9%). I dati del terzo trimestre dell’anno mostrano che il cammino per la ripresa nel settore delle costruzioni è ancora in salita. Nel periodo luglio-settembre 2013 il rallentamento del fatturato nelle costruzioni, addirittura più marcato rispetto a quello registrato nei tre mesi precedenti 2013, è stato

ELENCO PAGAMENTO TESSERE PRI 2013 Sez. Pri Marina di Carrara; Sez Pri “Spadolini” Torino; Sez. Pri “Mameli” Genova; Consociazione Forlivese; Sez. Pri “Cattaneo” Milano; Sez. Pri “Arcamone” Foligno (PG); Unione Comunale Cervia (RA); Sez. Pri, Prato-Firenze-Pistoia; Sez. Pri “Mazzini”, Modigliana (FC); Sez. Pri “Mazzini”, Vecchiano (PI); Sez. Pri Albano Laziale, Roma; Sez. Pri “Mazzini” Ariccia, Roma; Sez. Pri Lanuvio, Roma; Sez. Pri Padova; Sez. Pri “Cattaneo”, Rovigo; Sez. Pri Cesenatico (FC); Sez. Pri Paola (CS); Sez. Pri “R. Pacciardi” Grosseto; Sez. Pri “Chiaravalle” Soverato (CZ); Sez. Pri Jesi e Chiaravalle (AN); Sez. Pri Catanzaro; Consociazione Pri Cesena; Federazione Provinciale Pri Ravenna; Sez. Pri “Silvagni-Mazzini-Valconca”, Rimini; Sez. Pri “Mazzini”, Rimini; Sez. Pri, Novi Ligure (AL); Sez. Pri, Lamezia Terme; Sez. Pri Vomero Arenella (NA); Sez. Pri “Ugo La Malfa”, Codigoro (FE); Sez. Pri “Pisacane”, Foggia; Sez. Pri “Sant’Andrea Borgo Mazzini” Rimini; Sez.“Ugo La Malfa”, Napoli; Sez. Pri “Celli” Cagli (PU); Sez. Pri “Centro”, Caserta; Sez. Pri “Garbarino”, Chiavari (GE); Sze. Pri Fano (AP); Sez. Pri “Mazzini”, Comacchio (FE); Sez. Pri “Giovine Europa”, Andora (SV); Sez. Pri Mantova; Sez. Pri Dro (TN); Gruppo Pri Lucchese, Lecco; Sez. Pri “G. Spadolini”, Viareggio; Sez. Pri “R. Sardiello”, Reggio Calabria; Sez. Pri Melicucco (RC); Sez. Pri Locri (RC); Sez. Pri Samo (RC); Sez. Pri Africo (RC); Sez. Pri Bovalino (RC); Sez. Pri Gioia Tauro (RC); Sez. Pri Pavona, Roma; Sez. Pri Cecchina, Roma; Sez. Pri Palombara Sabina, Roma; Sez. Pri Tuscolana, Roma; Sez. Pri "Pisacane", Foggia; Sez. Pri "G. Mazzini", Ferrara; Sez. Pri "L. Santini", Viterbo; Sez. Pri Trieste; Sez. Pri “Camangi” Roma; Sez. Pri “Bonfiglioli” Bologna; Sez. Pri Grottaglie (BA); Sez. Pri Spilimbergo (PN); Sez. Pri “Aurelio Saffi” Ravenna; Sez. Pri Varese; Sez. Pri Bottiroli” Voghera (PV); Sez. Pri “Mameli” Cologno Monzese (MI); Sez. Pri Cremona; Sez. Pri “Flaminio Prati (Roma); Sez. Pri “F.lli Bandiera” San Pietro in Campiano (RA). Sono pervenute all'Ufficio Amministrazione del PRI versamenti di pagamenti tessere di singoli iscritti. E' chiaro che ai fini congressuali l'iscrizione singola non consente la partecipazione ai lavori dell'Assise repubblicana. Chi non è nelle condizioni di avere una sezione dovrà iscriversi a quella territoriale più vicina. Per ogni ulteriore informazione o chiarimento si prega di rivolgersi all'Ufficio Organizzazione (Maurizio Sacco) ai seguenti numeri: 338/6234576 - 334/2832294 - oppure orgpri@yahoo.it

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determinato soprattutto dalla flessione del comparto non artigiano. Notizie ancora negative giungono invece dalle aspettative degli imprenditori, che mostrano più pessimismo rispetto agli operatori del settore industriale. I segnali di ripresa attesi da tempo non sembrano ancora all’orizzonte. L’auspicio è che il rinnovo delle agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni edilizie possano innescare nel 2014 un vero recupero per il settore, in modo da far ripartire tutte le filiere del sistema. L’edilizia ha difficoltà a superare questa crisi senza un adeguato sistema di incentivi associato ad un sistema finanziario che supporti le attività di mercato. Il nuovo piano casa, la proroga per tutto il 2014 degli incentivi per l’efficienza energetica e le direttive europee sulla sostenibilità nelle costruzioni aiutano il nostro settore, ma un altro aiuto deve venire dal sistema finanziario e bancario, al quale chiediamo uno sforzo reale per aiutare le nostre imprese. Ordini che segnano un -4,3% in linea col trimestre precedente. Il settore artigiano ha evidenziato una performance peggiore (-4,5%) rispetto a quello non artigiano (-3,7%). Le medie imprese sono quelle più penalizzate (-7,9%), seguite dalle piccole (-3,8%) e dalle grandi (-3,2%). A livello territoriale solo Rovigo ha registrato una crescita del +1,4%, mentre tutte le altre province hanno variazioni negative coi picchi di Venezia (6,5%), Belluno (-5,8%) e Vicenza (-4,8%) Prezzi Rispetto al +2,5% del trimestre precedente, il livello dei prezzi ha registrato un aumento di +0,6 punti percentuali raggiungendo una variazione del +3,1%. L’aumento è sentito soprattutto dalle imprese non artigiane (+5,4%) rispetto quelle artigiane (+2,4%). Spicca la variazione delle grandi imprese (+4,6%), seguita dalle medie (+2,8%) e dalle piccole (+2,1%). A livello territoriale i prezzi hanno evidenziato una maggiore variabilità passando dal +9,6% di Rovigo al +1,4% di Belluno.

Recensione di Antonio Angeli del libro di Giancarlo Tartaglia "Francesco Perri, dall'antifascismo alla Repubblica" di prossima uscita. La recensione è apparsa su “Il Tempo" del 13 ottobre 2013

C

ome è possibile nascere repubblicani in una monarchia, quale era l’Italia alla fine dell’Ottocento? Significa anteporre il ragionamento e l’amor di patria a qualunque convenienza. Accadde a Francesco Perri, acutissimo osservatore e al tempo stesso protagonista della vita democratica del nostro paese. Perri nacque nel 1885 in un paesino in provincia di Reggio Calabria, dal quale si distaccò subito per vivere tra il nord d’Italia e il cuore dell’Europa, mantenendo sempre, però, l’occhio e la mente rivolti a quella che per decenni si è chiamata “Questione Meridionale”. Perri fu, nella sua vita di intellettuale, lunga e difficile, “schiavo” del pensiero. Il ragionamento lo fece essere repubblicano nell’Italia dei Savoia, antifascista quando marciavano le camicie nere e poi meridionalista, legato alle realtà locali al tempo dell’Impero... La storia di questo intellettuale, giornalista e politico, uno di quelli che hanno costruito dal basso, con lacrime e sangue (veri), l’Italia felix del boom economico, è scritta in un completissimo saggio biografico: “Francesco Perri. Dall’antifascismo alla Repubblica”, di Giancarlo Tartaglia, Gangemi Editore, 320 pagine, 25 euro. Tartaglia, storico, giornalista e docente universitario descrive, con una minuziosa opera documentale, da Giolitti alla Ricostruzione, l’evoluzione e la vita di quest’uomo che aveva come obiettivo l’affermazione di un principio modernissimo: la selezione dell’élite di governo deve essere realizzata per via meritocratica e non per mero diritto di successione. Individuò nella monarchia, con i suoi rituali e le sue clientele, un ostacolo insuperabile per la realizzazione di un paese moderno. Nel Ventennio visse un antifascismo appartato, di poco clamore, ma di costanti sofferenze. Si dedicò alla politica nel difficile periodo dell’occupazione nazista finché, dopo la liberazione, nel ’45, il partito lo volle alla guida del “Tribuno del Popolo”, foglio repubblicano genovese, e poi della stessa “Voce Repubblicana”. Fu protagonista delle battaglie per la Costituente e per la Repubblica fino ai giorni della vittoria referendaria. Roberto Balzani, nella sua introduzione, definisce il libro “un bel contributo alla storiografia sul repubblicanesimo, che sarebbe piaciuto a Giovanni Spadolini”. E a tutti quelli che costruiscono e vivono la democrazia “dal basso”. Antonio Angeli,“Il Tempo”, 13 ottobre 2013

Le europee in internet

Sito aggiornato per conoscere da subito l’esito delle elezioni

L’

Europarlamento ha messo a disposizione dei cittadini un sito internet per seguire da vicino le elezioni europee che si svolgeranno dal 22 al 25 maggio 2014. Il sito comprende una sezione costantemente aggiornata dedicata alle notizie riguardanti il Parlamento europeo, il suo ruolo e il lavoro svolto negli ultimi cinque anni.

Si possono reperire inoltre informazioni utili sugli Stati Membri, i partiti politici europei, il bilancio dell’UE, ecc. Una sezione é dedicata ai giornalisti. Le informazioni si presentano sotto forma di comunicati stampa, news, foto gallery, infografiche e approfondimenti. I cittadini potranno consultare in maniera interattiva i dati dei vari Stati Membri riguardanti l’economia e le tecnologie, il lavoro e l’istruzione, l’ambiente e l’energia, la società ecc. Data l’importanza dei partiti politici europei per l’integrazione in Europa e l’ovvia rilevanza data dall’occasione in questione, sarà possibile consultare l’elenco dei partiti in competizione per le elezioni e comprendere le loro differenze, grazie ad una sezione dedicata alla descrizione di ognuno.


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