La Voce Repubblicana del 21 dicembre 2013

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QUOTIDIANO DEL PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO - ANNO XCII - N° 245 - SABATO 21 DICEMBRE 2013 Euro 1,00 NUOVA SERIE POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB (RM)

LEZIONI DIMENTICATE

Ampliare lo scontro istituzionale senza potenziare il governo iproponiamo la pubblicazione della Relazione che il vice presidente dell’Assemblea Costituente, Giovanni Conti, tenne il 4 settembre del 1946 sul tema del potere legislativo. La rilettura ci è venuta spontanea visti i toni del dibattito politico di attualità, dove alcune delle proposte che abbiamo ascoltato, ci paiono come approssimative e male, o poco, meditate. Seguire l’esposizione di Conti durante il lavoro dei costituenti, consente di avere una comprensione più ampia delle questioni concernenti l’ordinamento e il funzionamento repubblicano. I costituenti dovevano compiere una valutazione ponderata ed attenta sui guasti del fascismo e le pecche della monarchia. Il fatto che oggi l’Italia sia lontana e dal fascismo e ancor più dalla monarchia, non consente comunque una maggior leggerezza nelle proposta di riforma: bisogna comunque affrontare, con la necessaria disposizione critica, la ragione degli errori e delle imperfezioni maturate in settant’anni di storia repubblicana. Oltretutto, preoccupa questa convinzione che proviene da più parti, per cui la revisione costituzionale sia succedanea alla riforma della legge elettorale. In questo modo la classe politica di oggi non sembra volersi rendere conto di come la bocciatura della Consulta dell’attuale legge elettorale non significhi solo la necessità di una repentina modifica della legge stessa, ma anche l’urgenza di valutare la compatibilità della nuova legge elettorale con il modello costituzionale. Gli entusiasti sostenitori del bipolarismo maggioritario sembrano ignari del fatto che il presupposto costituzionale tutt’ora vigente non fosse necessariamente la stabilità di governo, quanto un criterio di

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rappresentanza popolare per svolgere un esercizio di controllo sullo stesso. Era questo il principale sentimento emergente nelle forze che si erano opposte alla dittatura. Lo illustra perfettamente il testo di Giovanni Conti che riproduciamo, quando egli raccomanda il sistema bicamerale come “il più adatto esercizio di controllo politico” che si deve prefiggere il Parlamento. Non escludendo ovviamente la ricaduta sulle gestioni finanziarie e le questioni internazionali dell’azione distinta di Camera e Senato. Conti sosteneva l’istituzione delle stesse e raccomandava anche un diverso criterio di elezione per consentire che la differenziazione della società nazionale non venisse soffocata. Organizzazioni sindacali e università, ma anche altri enti, avrebbero dovuto concorre alla formazione del Senato. Oggi non ci si rende minimamente conto che, nel momento nel quale si vuole una sola Camera, eletta uniformemente con un premio di maggioranza, il processo di omologazione della classe dirigente del paese viene irrigidito, e se, a questo si accompagna una forma di premierato, un Parlamento già omologato si ritrova sottomesso al capo del governo, e di converso si depotenzia il ruolo di garanzia del Capo dello Stato. Non vogliamo ancora esprimerci su un progetto che intende disarticolare il sistema parlamentare in modo così radicale e profondo. Ci limitiamo a sollevare un problema di compatibilità costituzionale, quello che proprio le principali forze politiche non sono in grado di ravvisare, senza rendersi conto che rischiano solo di ampliare lo scontro istituzionale e non di potenziare il governo, come è in fondo successo in tutto questo ventennio.

Un profilo deteriorato Standard & Poor's ha abbassato il rating di Bruxelles

Unione europea declassata tandard & Poor’s ha abbassato il rating di lungo termine dell’Unione europea che da AAA è passato a AA+. L’agenzia di rating spiega che il downgrade riflette la visione di una debolezza generalizzata del credito dell’Europa a 28. La tripla A è stata dunque tolta nella convinzione che la credibilità complessiva dei Paesi membri della Ue, in materia di credito, “si sia indebolita” e che il loro profilo finanziario risulti “deteriorato”, così come la “coesione allentata”. Standard & Poor’s ha puntato il dito soprattutto sulle tensioni nella formazione del bilancio comunitario, ma anche sulla crisi del debito di diversi Paesi membri e sulle progressive richieste di calo dei contributi da versare all’Unione. Furiosa la replica della Commissione di Bruxelles che però è avvenuta nei corridoi: “Il rating Ue dovrebbe essere valutato in base ai meriti, alla luce dello status speciale basato su Trattati del bilancio Ue”. E anche “non è d’accordo con S&P che considera incerti gli obblighi degli Stati membri verso il bilancio dell’Ue, in uno scenario di stress”. Per questo Il declassamento “suona come un giudizio politico, più che fattuale”. Dalla Commissione sottolineano che “il bilancio dell’Unione è solido” e “non c’è dubbio che gli stati membri rispettino i loro obblighi legali come hanno sempre fatto in sessant’anni”.

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JUBA, OBAMA SCHIERA LE T RU P P E , C I T TA D I N I I TA L I A N I R I E N T R A N O DA L S U D S U DA N Gli Stati Uniti hanno schierato una compagnia di marines nel Sud Sudan,

a fronte dell’inasprirsi degli scontri che si sono consumati tra diverse fazioni dell’esercito, per garantire la sicurezza ai propri cittadini residenti nel Paese.

DOCUMENTO COMITATO SEGRETERIA PRI

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Il Comitato di Segreteria del PRI riunitosi in data odierna a Roma in Corso Vittorio Emanuele II n.184, ha nominato un comitato per la gestione tecnico-politica di tutte le attività del partito che possano rivestire carattere d’urgenza. Il comitato è composto dagli amici Collura, De Rinaldis Saponaro, Ossorio, Torchia. E’ stato dato mandato a Torchia di convocare il comitato ogni qual volta si rendesse necessario. Il Comitato di Segreteria ha fissato la data del Consiglio Nazionale per il 18 gennaio 2014 con il seguente ordine del giorno: 1) Surroga Consiglieri Nazionali; 2) Ratifica nomina Amministratore; 3) Presa d’atto dimissioni Segretario Nazionale; 4) Adempimenti statutari; 5) Varie ed eventuali. La Direzione Nazionale del PRI

“I Repubblicani all’Assemblea Costituente” Il Parlamento. Relazione del presidente della sottocommissione Giovanni Conti, seduta del 4 settembre 1946 l criterio direttivo, al quale deve ispirarsi la Costituzione nel determinare gli organi ai quali sarà attribuito, come competenza principale, l’esercizio della funzione legislativa, è quello di dare ad essi una conformazione tale da essere per se stessa una garanzia che il procedimento attraverso il quale si forma la legge, cioè l’atto che crea le norme giuridiche regolatrici della società nazionale, abbia ad assicurare un’adeguata considerazione dei diversi interessi, dei quali la legge deve regolare il contemperamento. L’utilità generale che le leggi risultino ponderatamente elaborate e perciò più stabili e più spontaneamente osservate, ha manifestamente un valore più alto che non la velocità del meccanismo che le produce.

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Sistema bicamerale Questo criterio direttivo per la costruzione degli organi legislativi porta a due conseguenze, fra loro connesse. In primo luogo, esse rende preferibile

sistema bicamerale, lasciando vedere come sia viziato da un evidente semplicismo il noto ragionamento col quale si pretendeva di condannare tale sistema. D’altra parte quello stesso criterio indica la necessità che i modi di formazione delle due Camere parlamentari siano differenti, perché esso sarebbe fondamentalmente disconosciuto se una Camera non fosse che una seconda edizione dell’altra. Ciascuna di esse per il modo della sua costituzione, deve dare affidamento di apportare al processo di formazione della legge un concorso ispirato alla considerazione di interessi e esigenze e punti di vista che meritano di essere tenuti in conto per essere composti nell’interesse generale della Nazione. Il sistema bicamerale, avuto riguardo anche all’esperienza dei diversi Paesi, si raccomanda inoltre come più adatto ad assicurare un conveniente esercizio di quelle funzioni di controllo politico (e specialmente di quelle relative alla gestione finanziaria ed alle relazioni

internazionali) che costituiscono l’altro compito, non meno politicamente importante, del Parlamento. Secondo tali criteri la Costituzione dovrebbe istituire una Camera dei Deputati ed un Senato. La Camera dei Deputati La Camera dei Deputati avrebbe il carattere di un organo rappresentativo della Nazione nella sua unità, cioè come collettività dei cittadini. Essa sarebbe eletta, a suffragio universale, diretto e segreto, da collegi elettorali nei quali si distribuiscono territorialmente cittadini aventi diritto al voto. Sarebbe composta di 400 membri e nominata per quattro anni. Il sistema di elezione dei Deputati e la formazione delle liste elettorali e dei collegi elettorali sarebbero regolati dalla legge elettorale, essendo opportuno che i particolari di questa materia non siano pregiudicati da disposizioni aventi la rigidità delle norme costituzionali.

Articolo 18 ultimo tabù Escludete di modificare il sacro Statuto dei lavoratori

I Tony Blair non nascono a Firenze ia chiaro che se l’opinione di Matteo Renzi fosse quella di rendere liberi i licenziamenti per far crescere l’occupazione, cancellando l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, “si tratta di un’idea vecchia di 10 anni e che non può funzionare”. Cesare Damiano, il presidente della Commissione lavoro della Camera del Pd è stato l’apripista di una valanga che ha subito travolto il neo segretario, appena toccata una pietra dello scandalo come l’articolo 18. Il ragionamento di Damiano è inoppugnabile. “L’occupazione cresce se il Paese si sviluppa in modo robusto: la previsione per il 2014 è addirittura quella di un Pil in leggero incremento con una disoccupazione che passa dall’11 al 12%. Questo dovrebbe far riflettere”. Allora riflettiamo pure, perché, se la crescita del Pil come quella prevista appare irrisoria rispetto alle quote di mercato perse in otto anni di crisi, e l’aumento della disoccupazione comunque è destinato a sovrastarla, qualcosa bisognerà pur fare. Damiano è bravissimo invece a ricordarci che cosa non abbiamo fatto. Il suo partito, allora Ds, affiancato dalla Cgil, contrastò la proposta di modifica dell’articolo 18 al tempo del Governo Berlusconi, tanto che la maggioranza di centrodestra si convinse di doverla ritirare per non incrementare lo scontro sociale. All’epoca di Mario Monti il partito democratico e la Cgil combatterono la stessa battaglia rendendo monca la riforma Fornero. Si giunse ad un compromesso che adottò la soluzione “tedesca”, ovvero la possibilità, da parte del giudice, di reintegrare o risarcire il lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa. Ovviamente la “giusta causa” non c’è mai. Fiat licenziò quattro operai a Pomigliano perché avevano sabotato la produzione e il giudice li ha fatti reintegrare. Se non si può cacciare chi si mette palesemente di traverso all’orario di lavoro, figurarsi se riesci a cacciare chi si assenta adducendo motivi di salute quando si giocano i mondiali di calcio. Morale, Fiat e non solo Fiat, chiudono gli impianti e li trasferiscono altrove. E meno male che serve uno sviluppo robusto! Siamo arrivati ad un passo dalla deindustrializ-

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zazione. Damiano rivendica anche di avere “in tempi non sospetti” messo in risalto la contraddizione esistente nella proposta di Ichino, che è consigliere di Renzi sulla materia, ma nel Pd è stato talmente osteggiato da preferire il cambiar partito, tanto che oggi è in Scelta Civica. Ichino proponeva di introdurre per i neo assunti un contratto a tempo indeterminato con possibilità di licenziamento. Non fosse mai, “Come può definirsi a tempo indeterminato un contratto che non prevede il reintegro nel posto di lavoro?” E’ chiaro che si tratta di un contratto a termine. E riservare ai giovani questo trattamento, quando si mantiene “giustamente” per i lavoratori già assunti la tutela dello Statuto dei Lavoratori, comporta la creazione di “quell’apartheid a svantaggio delle giovani generazioni che, soltanto a parole, si vorrebbe combattere”. Invece impedire che le aziende assumano un giovane che si rivela inadeguato perché non potrebbero licenziarlo, è cosa lecita e sensata. Non possiamo mica avere “due mercati del lavoro paralleli”, ci spiega Damiano. Questi “consoliderebbero in modo strutturale la differenza che tutti deprecano tra garantiti e non garantiti”. Meglio un solo mercato che perde colpi e la disoccupazione che infatti aumenta di anno in anno. Tornando a Renzi, se vuole essere apprezzato deve rimettersi dell’incontro avuto con Landini tempo fa. E farne tesoro. Il neo segretario del Pd aveva dichiarato che “si tratta di pensare anche ai non garantiti, senza eliminare diritti ma dandoli a chi non li ha”. Renzi che aveva proposto l’abolizione dell’articolo 18 non aveva cambiato idea, semplicemente ne aveva una diversa da quella di Damiano, Landini e compagnia cantante, e cioè che il diritto al lavoro deve essere funzionale e non penalizzante per l’azienda che assume. Dio ce ne scampi, ma davvero questo Renzi assomiglia a Berlusconi. Che si uniformi alla vulgata comune e abbassi la testa. Di Tony Blair ne nasce una solo e non è nato nella dolce Firenze, ma a Edimburgo, nella perfida Albione.

Santoro contro Santoro

Spettacolarizzazione e successo mediatico della disinformazione ossiamo escludere con la massima serenità che un esperto dei media come Michele Santoro sia insensibile ad un fenomeno quale la spettacolarizzazione del prodotto. Già ai tempi lontani della sua leggendaria trasmissione “Samarcanda”, ed era la fine degli anni ’80 del secolo scorso, lo studio televisivo sembrava il tendone di un circo, gli ospiti fiere o pagliacci, lui il domatore - presentatore. Il pubblico sugli spalti era trascinato a partecipare alla rappresentazione con risate, fischi e applausi. Da casa ci si divertiva sicuro. L’informazione è importante, per carità, ma mai rinunciare alle tecniche di intrattenimento con cui questa deve diffondersi. Se il pubblico si annoia, e l’audience sa cosa vuole dire un pubblico annoiato, anche la possibilità di diffondere l’informazione si riduce. Per cui Michele Santoro è l’eccezionale protagonista di un’avventura televisiva compiuta a cavallo del secolo per cui informazione e spettacolo si tengono insieme come se fossero le facce della stessa moneta. Se mai ne scomparisse una, proprio quella suonerebbe falsa. Poi si sa che, quando si tratta di monete, ci può essere una politica restrittiva o una espansiva, a seconda delle condizioni politiche e sociali da affrontare, questioni a cui Santoro è ancora più attento di un banchiere centrale. Cosa c’è di meglio allora che riuscire a dar voce alla protesta diretta che monta nel paese e di prospettarne gli spaventosi confini che può raggiungere? Santoro assume una comparsa gli mette un cappuccio in testa, lo annuncia come un forsennato agitatore e lo sbatte contro un cancello a farneticare. E visto che Santoro è dotato di fantasia immaginifica e pervasiva, guarda caso il disadattato è preoccupato della principale conseguenza dello spettacolo, il successo. Santoro intervistava se stesso. Se un qualunque poveraccio che non sa più come sbarcare il lunario e che senza speranza ha solo più un colpo di pistola, non deve scaricarlo nella sua testa, ma in quella di qualche politico d’occasione, magari ospite in una trasmissione di Santoro. Lo faccia e si troverà più fan di Madonna. Magari gli spara proprio mentre sta in diretta da Santoro e sai che trionfo – questo non è stato detto, lo suggeriamo noi, magari Santoro ci volesse prendere a contratto. Solo che Santoro non è mica un imbonitore televisivo privo di scrupoli che strumentalizza l’informazione per istigare alla violenza. Per cui, toltosi svelto la tuta da no global, sfilatosi il cappuccio, eccolo correre in camerino per scrivere messaggi indignati in studio: - Come è possibile che diate spazio a tesi che incitano alla violenza, diffondendo oltretutto il messaggio di chi non ha il coraggio di mostrare il suo volto? Santoro contro Santoro, questo in fondo resta l’unico match televisivo davvero appassionante per il suo affezionato pubblico.

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2 LA VOCE REPUBBLICANA

Giornalaio di Carter

Sabato 21 dicembre 2013

economia

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Storia e cronistoria del nuovo mostro che turba l’opinione pubblica. Scappato dalla licenza. Era tutto secondo legge

Una pallottola in pieno volto ul Gagliano, il mostro scappato, se ne sono dette molte, e il quadro è complesso. Il permesso che egli ha violato, sarebbe stato un antipasto di un più lungo permesso, tutto qui. Nessun pericolo, ordunque? Chi mai lo sa. Il Corriere ci proponeva un suo curriculum. La storia giudiziaria è lunga 32 anni e riempie centinaia di pagine di verbali e di sentenze. Nato a Nicosia, in Sicilia, nel 1958, si trasferì da bambino a Savona, in Liguria. Si contano almeno 3 omicidi e un tentato omicidio. E poi: evasioni, rapine etc. Serial killer? Forse no. Il primo delitto risale al 15 gennaio 1981. In un autogrill dell’autostrada Genova-Savona, all’altezza del casello di Celle Ligure, Gagliano uccise la prostituta genovese Paolina Fedi, 26 anni, con la quale aveva una relazione. Le sfondò il cranio con una grossa pietra e abbandonò il corpo lungo la strada. Arrestato, confessò. Venne sottoposto a perizia psichiatrica e dichiarato quindi “soggetto psicopatico, totalmente incapace di intendere”. Otto anni nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Restò dentro due anni. Poi, nel 1983, il primo permesso, e la prima evasione. Ne approfittò per sequestrare a Massa Marittima una famiglia, perché lo portassero in auto a Savona. Finì in una sparatoria con la polizia. Ferito a una gamba, fu riportato dentro. E trasferito nell’Opg di Montelupo Fiorentino, da dove evase nel 1989, dopo un permesso. Durante la latitanza, colpì ancora. Il 6 febbraio 1989 uccise

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a Cantalupa, nei pressi di Milano, una transessuale uruguaiana, Nahir Fernandez Rodriguez. Pochi giorni dopo, 14 febbraio, a Genova, nell’elegante quartiere di Carignano, uccise a colpi di pistola un travestito che si trovava in auto con un cliente (anche lui ferito). Il giorno dopo, nella stessa zona, sparò al volto di un prostituta, 29enne. L’arma era sempre la stessa: una Beretta 7,65. Il proiettile le trapassò la gola fratturandole la mascella. L’intenzione era quella di uccidere, ma la donna, incredibilmente, sopravvisse. Per questi delitti - portati a termine insieme al genovese Francesco Sedda, conosciuto nell’Opg di Montelupo - Gagliano fu soprannominato “il mostro di San Valentino”. La Il mostro fuggito sua “firma” sugli omicidi, ricordano gli ha una storia inquirenti, era sempre la stessa: un colpo complessa. Ma in di pistola alla bocca. I due vennero arregenere lo hanno stati pochi giorni dopo, dichiarati infersempre definito mi di mente e internati nell’Opg di come un malato Reggio Emilia. Nel 1990 un’altra evagrave di mente sione dall’Opg di Reggio, durante un altro permesso. Sparò in faccia a una ragazza. Poi, a fine 2002 venne liberato, in quanto considerato “guarito”. Tornò a vivere a casa dei genitori. Ma, agli inizi della primavera del 2005, iniziarono le rapine. Almeno quattro, ai danni di supermercati e sportelli postali. In carcere le violenze non si fermarono. Il 10 maggio 2005, nella casa circondariale di Savona, interrogato dal pm Alberto Landolfi, l’uomo perse la testa e distrusse la saletta colloqui. Sarebbe tornato libero nell’aprile 2015. Ma perché?

Intervista di Lanfranco Palazzolo D. Carretta, corrispondente di Radio Radicale a Bruxelles, ci parla del recente accordo sull’Unione bancaria europea

Per rompere il circolo vizioso l Parlamento europeo e la Bce non sono soddisfatti per l’accordo sull’Unione bancaria europea. Lo ha detto alla “Voce Repubblicana” il corrispondente di Radio Radicale a Bruxelles David Carretta. David Carretta, come è stato raggiunto l’accordo sull’Unione bancaria nel corso della riunione dell’Ecofin? “I ministri delle Finanze dell’Ecofin “I ministri Ecofin hanno raggiunto un accordo nella hanno raggiunto notte tra il 18 e il 19 dicembre su un accordo nella questo secondo pilastro dell’Unione notte tra il 18 e il bancaria. Si tratta di un progetto che 19 dicembre mira ad evitare future crisi della zona su questo pilastro euro e rompere il circolo vizioso tra dell’Unione bancaria” crisi del sistema bancario e crisi del debito sovrano e conti pubblici”. Qual è l’obiettivo di questo accordo? “E’ che i paesi europei non debbano più pagare e mettere le mani al portafoglio per salvare le banche. L’accordo prevede un meccanismo unico di risoluzione che potrebbe fare un passo in avanti verso questa direzione. Questo meccanismo prevede l’istituzione di

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un’autorità unica che avrà il potere di ristrutturare o chiudere le banche”. Cosa prevede il ruolo di questa autorità? “Questa autorità dovrebbe coprire circa 300 grandi banche della zona euro. E sarà affiancata da un fondo di risoluzione alimentato da tasse sul sistema bancario. E che avrà il compito di intervenire e di ricapitalizzare le banche che sono considerate sane. L’obiettivo del fondo è quello di mutualizzare i rischi bancari senza che questi pesino sul contribuente. Il meccanismo di questo organo è abbastanza complesso. La mutualizzazione dei rischi bancari avverrà in 10 anni, in modo molto progressivo. Il fondo potrebbe essere sostenuto ad una sorte di paracadute finanziario comune. Si chiama back-stop. E’ una sorta di fondo-salvafondo finanziato da tutti i paesi dell’Unione europea. Una mutualizzazione vera e propria”. Sappiamo che ci sono stati dei problemi in questo lungo negoziato. Quali sono i punti che appaiono ancora irrisolti? “Ci sono alcuni punti ancora poco chiari, vaghi e incerti. Ora si aprirà anche un negoziato con il Parlamento europeo che ha giudicato questo accordo troppo complicato. Lo stesso discorso vale anche per la Banca centrale europea che ha manifestato alcune perplessità. La Bce ha fatto sapere che il fondo non sarà immediatamente dotato del paracadute finanziario. Mentre i ministri delle Finanze europee sono tutti rimasti molto soddisfatti dell’accordo, come ha anche detto il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni. Il commissario ai servizi Finanziario Michel Barnier ha detto che questo è un ‘giorno memorabile’ per l’Unione europea. Molti hanno fatto un paragone tra questo accordo e il trattato di Maastricht. Ma il vero test di questo accordo lo avremo solo nel caso di una vera e propria crisi”.

COMMERCIO AL DETTAGLIO: -2,2% IN 10 MESI

fatti e fattacci erché mi avete fatto entrare in quel negozio? Il tempo di Natale porta con se tanti bei regali, ma anche molti inganni. Basta leggere un volantino qualsiasi per trovare in un determinato posto un’offerta imperdibile che, una volta giunti nel negozio, magari è inesistente. Si tratta di uno dei tanti stratagemmi per indurre determinati clienti a recarsi in un posto. Una volta giunti capiterà anche di fare un regalo alternativo per colmare la delusione della mancata offerta. Su questo particolare argomento si sono espressi i massimi giudici europei. Una pratica commerciale “ingannevole” è tutto ciò che possa ingannare il consumatore medio e che lo induca a prendere decisioni commerciali che non avrebbe preso, incluso il semplice entrare in un negozio. E’ il principio che ha riaffermato la Corte di giustizia Ue. Un consumatore si era recato in un supermercato della catena Coop a Trento dopo aver ricevuto un volantino pubblicitario in cui venivano indicati una serie di prodotti in offerta tra cui un computer portatile, ma una volta giunto al supermercato ha scoperto che il prodotto non era disponibile. Per i giudici della Corte che opera in Lussemburgo, a cui è stato chiesto dai giudici italiani di precisare il concetto di pratica commerciale ingannevole, ha sottolineato che “le pratiche commerciali ingannevoli costituiscono una categoria specifica

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delle pratiche commerciali sleali” e “devono necessariamente comportare l’elemento relativo all’idoneità della pratica a falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore, inducendolo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”. A sua volta, “la nozione di ‘decisione di natura commerciale’ è definita in termini ampi e comprende quindi non soltanto la decisione di acquistare o meno un prodotto, ma anche quella che presenta un nesso diretto con quest’ultima, ossia la decisione di entrare nel negozio”. Di conseguenza, per la Corte una pratica commerciale è ingannevole “qualora contenga informazioni false o possa ingannare il consumatore medio e sia idonea ad indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso ossia qualsiasi decisione che sia direttamente connessa con quella di acquistare o meno un prodotto”. A cosa porterà questa denuncia? Probabilmente a nulla perché gran parte dell’opinione pubblica europea non cercherà certo di interpellare i giudici civili nella circostanza in caso di raggiro commerciale. L’entità dell’acquisto non vale il prezzo di una causa. E nemmeno la notizia del pronunciamento della Corte raggiungerà un pubblico vastissimo. L’unico metodo perseguibile per evitare certi raggiri è quello di aprire gli occhi.

Secondo l’Istat, il 2013 del commercio al dettaglio è destinato a chiudersi con un saldo negativo. Nei primi dieci mesi dell’anno, infatti, si è registrato un calo del 2,2%, con ribassi sia per l’alimentare (-1,3%) sia, in maniera ancora più decisa, per il resto (-2,8%). Il 2012, uno dei più depressi sul fronte delle vendite, si era chiuso con un -1,7%. Dati negativi anche per il mese di ottobre, quando le vendite al dettaglio sono scese dell’1,6% su base annua; su base mensile il calo si ferma allo 0,1%. Una contrazione che non risparmia neanche il settore degli alimentari, con un -0,2% nel confronto con settembre e un -0,6% rispetto a un anno fa. Considerando le diverse voci, l’Istat fa notare che le contrazioni maggiori riguardano cartoleria, libri e giornali (-3,6%), i mobili (-3%) e le calzature (2,6%). Riduzione sopra la media perfino per i prodotti farmaceutici (-2,5%).

primo piano e competenze sui giochi pubblici sono riservate allo Stato, e con la legislazione attuale se Regioni e Comuni mettono in atto limitazioni a questi giochi, questo comporta come conseguenza l’obbligo per lo Stato di risarcire le aziende che hanno in gestione questi giochi del danno subito da queste limitazioni”. Il senatore del Pd Lo Giudice, ha spiegato il senso della norma che impone il taglio dei trasferimenti pubblici a chi pone vincoli a sale giochi e slot machines. A poco serve l’ordine del giorno che impegna il governo e i Comuni a concordare delle politiche di contenimento del gioco d’azzardo e di salvaguardia delle fasce più deboli e sensibili della popolazione. La nuova maggioranza comandata da Renzi, Forza Italia, M5S, Lega e Sel, è contraria all’emendamento.

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I soliti auguri, come si usa che servono quegli auguri? La vita politica italiana vive di cerimonie e di convenevoli. Il periodo di Natale è pieno di queste cose. Si parte con gli auguri del Presidente della Repubblica alle alte cariche dello Stato, si passa agli auguri al corpo diplomatico per poi arrivare alle conferenze stampa di fine anno e così via. A questa liturgia si aggiunge anche la cerimonia estiva del ventaglio, che la stampa parlamentare consegna al Presidente della Camera a quello della

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Repubblica e a quello del Senato. E poi non possono nemmeno mancare le cerimonie di auguri tra i presidenti delle Camere e la Stampa parlamentare. Anche questo è un appuntamento che potrebbe essere evitato perché il ruolo della stampa non è e non deve essere quello di organizzare queste cerimonie, ma di informare correttamente su quello che succede nei palazzi della politica. La cerimonia di quest’anno ha ribadito l’inutilità dell’incontro con la Presidente della Camera. L’appuntamento degli auguri è stato solo l’occasione per parlare di come si comporta istituzionalmente Laura Boldrini. “Non sono un presidente usuale, non venendo dalla politica. Se sono stata scelta come Presidente vuol dire che c’è bisogno di un approccio diverso, e io lo interpreto come farmi interprete delle grandi questioni che interessano gli italiani”, ha detto la presidente della Camera. Boldrini ha anche denunciato il “cortocircuito” in atto: “La politica parla a se stessa, la stampa la racconta utilizzando un linguaggio spesso incomprensibile. Un circuito autoreferenziale, pagine e pagine di quotidiani sull’attività di ‘Palazzo’. Ma la politica non è solo questo: non è solo alleanze, conteggi, nuovi partiti. Vuol dire dare risposte ai problemi delle persone, di coloro che ci eleggono”. E invece “disamora questa modalità di autoreferenzialità che esiste”. Secondo Boldrini “bisogna ridare anima a questa politica, ultimamente un po’ disorientata, ma la politica è troppo importante e non possiamo permettere che l’antipolitica abbia la meglio. Per riuscirci dobbiamo dare risposte alla gente comune”. Ecco quali sono queste risposte? Nemmeno la Boldrini potrebbe dirlo. Ma su quanto ha detto la Presidente della Camera occorre fare una precisazione. La sua elezione non è stata determinata perché si è visto in lei qualcosa di nuovo, ma per un preciso calcolo politico di Pierluigi Bersani. Non per altro. Così la pensano i suoi detrattori, ovviamente.

Antimafia: storia giunta da lontano l teorema Bindi e il futuro dell’Antimafia. La Commissione Antimafia ha un futuro? Questa è la domanda che si pongono in molti dopo anni di delusioni da parte di questa Commissione. La storia di questo istituto parlamentare è sempre stata particolarmente difficile e non ha mai portato a risultati concreti. Solo in qualche caso è stata la fotografia di quello che è il fenomeno antimafia. Ma questo non può bastare. Anzi, l’Antimafia è stata purtroppo una conferma del malaffare politico e dell’incapacità politica di tutte le forze politiche del vecchio arco costituzionale. Lo confermano le difficoltà nella costituzione di questa commissione e la sostituzione frequentissima dei suoi membri. E il fatto stesso che oggi presieda quella Commissione una parlamentare che non si è mai occupata di questo argomento è la conferma del livello a cui sia giunta la considerazione verso questa Commissione bicamerale poco amata, ma in compenso molto disertata. Giovedì scorso, nella sala Aldo Moro di palazzo Montecitorio, si è svolto il convegno “50 anni di antimafia in Parlamento”. “Vogliamo conoscere i legami del passato tra mafia e politica, ma soprattutto sconfiggere i legami e le zone d’ombra che ancora ci sono nel nostro Paese”, ha affermato Rosy Bindi (Pd), presidente della Commissione antimafia. “L’istituzione della Commissione d’inchiesta sulla mafia fu - ha aggiunto - difficile e contrastata, dalla prima proposta del 1948, al tentativo non riuscito nel 1958, fino alla decisione tutt’altro che pacificamente concorde di istituirla nel 1962”, ma nonostante ciò, “la Commissione, svolgendo i suoi compiti istituzionali d’inchiesta, si è configurata anche come una sorta di “foro parlamentare” nel quale il tema della mafia è stato esaminato come questione di rilevanza non solo criminale ma anche politica, sociale e culturale”. La Commissione, ha ricordato Bindi, “nacque su spinta del parlamento siciliano, ma in seguito non poté

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ignorare l’estensione del fenomeno mafioso. Nel 1972 la bicamerale, “nata per studiare un fenomeno che si riteneva relativamente circoscritto nella sua dimensione territoriale e nelle articolazioni operative, si è trovata di fronte a un oggetto di indagine che presenta contorni sfuggenti e spesso nuovi”. Col passare del tempo la Commissione è diventata uno strumento necessario: “Ciò - osserva Bindi - dimostra da un lato la preoccupante persistenza dell’interesse a occuparsi politicamente del fenomeno mafioso, e dall’altro l’acquisita persuasione, ampiamente condivisa, dell’utilità dello strumento parlamentare in tale ambito”. Compito della bicamerale è “denunciare la connivenza della mafia con i poteri pubblici: è il modo in cui - sottolinea - il fenomeno resta in vita. Oggi le mafie non hanno bisogno di usare la violenza per penetrare nel potere economico, sono capaci di creare convenienze. Ma oggi, per fortuna, si può parlare di reazione culturale, economica, civile: una reazione che permette alla magistratura di avere più successo. Dove invece questa reazione è assente cresce la connivenza”. Bene, giusto.

Missili puntati ma forse no... nostri missili sono puntati contro di voi, anzi ci abbiamo ripensato. Nei giorni scorsi le autorità russe avevano confermato una notizia che era apparsa sulla stampa tedesca. La Russia avrebbe ben presto puntato dei missili sul resto d’Europa. Le autorità militari di Mosca avevano spiegato che l’installazione di missili Iskander nell’enclave russa di Kaliningrad, tra Polonia e Lituania, e lungo il confine baltico “non è in contraddizione agli accordi internazionali”, ha specificato il ministero della Difesa russo, citato da Itar-Tass, dopo la rivelazione del quotidiano tedesco “Bild” della mossa del Cremlino contro lo scudo Nato in Europa. I primi ad essere preoccupati sono stati i paesi dell’Est Europa. La Polonia e i tre paesi Baltici

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(Lettonia, Estonia e Lituania) hanno espresso preoccupazione per il dispiegamento di batterie di missili russi Iskander nell’enclave di Kaliningrad, situata tra la Polonia e la Lituania, territorio che un tempo apparteneva alla Germania. “I progetti di dispiegamento di missili Iskander-M nella regione di Kaliningrad preoccupano. La Polonia lo ha detto più volte”, si legge in una nota del ministero degli Esteri di Varsavia. Anche gli Stati Uniti hanno espresso alla Russia la loro “inquietudine” per il rischio di “destabilizzazione” della regione di Kaliningrad a seguito del dispiegamento di batterie di missili russi a corto raggio. “Abbiamo chiesto alla Russia di evitare misure che destabilizzano la regione”, ha detto il portavoce aggiunto del dipartimento di Stato Usa, Marie Harf, precisando che Washington ha parlato direttamente con Mosca, riferendo delle preoccupazioni espresse dai paesi vicini. “Sappiamo che i paesi vicini hanno espresso preoccupazione per questo, e continueremo a discuterne”, ha aggiunto Harf. A questo punto, nella disputa è intervenuto anche il presidente Russo Vladimir Putin. La Russia “non ha ancora preso una decisione” sul dispiegamento di missili tattici Iskander a Kaliningrad, ha precisato il presidente russo Vladimir Putin invocando la “calma” da parte di tutti su questo argomento. Nei giorni scorsi, il tabloid tedesco “Bild” aveva denunciato il dispiegamento delle batterie di Iskander nell’enclave russa emesso dall’analisi di fotografie satellitari. “Abbiamo detto molte volte che lo scudo missilistico (degli Stati Uniti in Europa, ndr) minaccia le nostra capacità nucleari, e che quindi dovremo rispondere. Una delle possibili risposte è quella di dislocare gli Iskander a Kaliningrad”, ha precisato Putin. Su questo punto ci vorrebbe tanto buon senso. La mossa di Putin di dislocare quei missili potrebbe avere un intento tattico, quello di portare gli Stati Uniti e il suo progetto di scudo missilistico. Per questa ragione, la notizia diffusa da Bild ha svelato una delle opzioni della politica estera russa che vuole portare al più presto gli Usa sul tavolo del negoziato per arrivare ad un piano di disarmo bilaterale.


Sabato 21 dicembre 2013

il Paese L’ORDINANZA L’ex direttore dell’Avanti! Valter Lavitola è stato raggiunto in carcere, da una nuova ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di tentata estorsione ai danni della società Impregilo. L’inchiesta è condotta dal procuratore aggiunto di Napoli Francesco Greco e dai pm Henry John Woodcock . Le accuse si riferiscono alla promessa da parte della società Impregilo di realizzare un ospedale a Panama in cambio dell’attribuzione da parte delle autorità panamensi dell’appalto per la realizzazione della metropolitana di Panama City, appalto poi attribuito a altra società non italiana.Vi sarebbero state minacce di ritorsioni di vario genere nei confronti dei responsabili dell’Impregilo per indurli a realizzare comunque l’ospedale. I pm contestavano anche l’ipotesi di corruzione internazionale , non condivisa dal gip, che ha ritenuto invece sussistente l’ipotesi di istigazione alla corruzione. Il nuovo filone d’indagine nasce da una telefonata dell’aprile 2011 tra l’allora vertice di Impregilo, Massimo Ponzellini e Silvio Berlusconi. Un colloquio che ha al centro proprio la realizzazione di un ospedale a Panama. Una telefonata sulla quale il top manager è stato anche ascoltato dai pm napoletani. Berlusconi, nell’aprile 2011, disse a Ponzellini di essere stato chiamato da Lavitola per conto del presidente panamense Ricardo Martinelli che spinge perché Impregilo mantenga l’impegno di costruire un ospedale nello Stato Sudamericano. Un colloquio che per gli inquirenti partenopei deve essere chiarito. Dunque negli atti dell’indagine si fa riferimento anche all’ex premier Silvio Berlusconi. Il ruolo di Berlusconi nella vicenda sarebbe comunque quello di ‘vettore inconsapevole’ del tentativo di corruzione attuato da Lavitola, già detenuto nell’ambito dell’indagine su finanziamenti pubblici alla testata e per corruzione internazionale, e coinvolto in una vicenda di corruzione insieme all’ex premier, Silvio Berlusconi. Dopo gli appalti per le carceri modulari di Panama, nuova accusa, questa volta di tentata estorsione, sempre per appalti a Panama, ai danni di Impregilo. Fino a quando continueranno ad emergere brandelli di supposizioni, novità, etc.? Una vicenda senza fine. Quasi tremenda.

LA VOCE REPUBBLICANA

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Bicentenario verdiano che va concludendosi. Il musicista del nostro Risorgimento. Le idee di Mazzini Per il ligure le mode nordiche dovevano fondersi con il Mezzogiorno europeo. Un discorso che poi non andava tanto a genio al grande compositore

Tornare all’antico, lì si trova il nostro domani più fulgido e melodioso utto sommato il bicentenario della nascita di Verdi che sta quasi svanendo, con la sua coda e speriamo anche una continuazione della medesima, è stato una buona cosa, nel senso che, dopo le rabberciate rimembranze delle opere più note (ma per molti italiani non affatto note o del tutto sconosciute) ecco che si profila il tempo di cose meno note, che il bravo ascoltatore si ripromette di frequentare quando l’occasione sorgerà, e magari tale occasione viene giocata di rimando in rimando. Certo il bicenternario impone di comportarsi come persone serie, che dimostrino almeno di non avere tanti buchi nelle loro conoscenze. Persone che sappiano cosa sia il “Simone Boccanegra” (non solo un nome fluttuante ma una robusta opera, fra l’altro proposta da una rete Rai dall’Opera di Roma giovedì scorso con la bacchetta di Muti, mai provatosi con tal titolo prima, a differenza di Abbado - e uscitone, il Muti, assai levigato) o non ignorino che, sempre all’Opera di Roma, evitato uno sciopero in curva all’ultimo momento il macchinone sindacalizzato ha concesso la grazia di non fare annullare, quest’anno, un “Ernani”, sempre mutiano, opera che nella carriera di Peppino rappresenta il punto di svolta, una corona di intuizioni con le quali il maestro, ormai libratosi in aria grazie all’ali del genio tutto suo, mostra al mondo cosa sia il teatro d’opera nella sua forma dinamica, puramente e naturalmente teatrale, priva di fronzoli paralizzanti e via di seguito (e in seguito vedremo cosa egli vedesse come elementi di paralisi). Di Verdi, pozzo senza fondo, vorremmo anche succintamente trattare a proposito di un suo punto di vista sulla musica e sull’arte, nonché sul modo di porle, questa musica e quest’arte, così cariche di significati e di messaggi. Ma a questo punto risulta persino difficile ignorare come un altro grande mito del secolo decimonono, l’altro famoso Giuseppe, il Mazzini, avesse le sue idee intorno alla musica, e anche ben precise, e non per forza coincidenti con la visione verdiana.

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co si perde, rimane ora perplesso, ora privo di punti riconoscibili, smarrito. L’io italico, insomma, è caratterizzato dal canto, è per sua natura vocale. Questo schematismo, altro non era, e finanche dogmatico, si ritrova nel Mazzini della “Filosofia della musica”, 1836. Al patriota e filosofo ligure una tale alleanza, nord armonico, mezzogiorno vocale, non sarebbe dispiaciuta affatto, è il caso di dire. Una sorta di rivolgimento dagli esiti positivi per il futuro della musica. Ma, del resto, aveva forse il Mazzini delle opere musicali sue da difendere, un corpus di spartiti da proporre a testa alta, con orgoglio? Ovviamente no. Non così tranquillo sull’immeticciamento si mostrava il Verdi. Come scrive Orazio Mula (“Giuseppe Mazzini”, Bologna, 1999), a “Verdi codesta alleanza fra le due musiche appare non solo d’incerta realizzazione, ma soprattutto d’indesiderabile effetto, poiché corromperebbe soltanto i rispettivi caratteri nazionali”. Quale bene, insomma, potrebbe mai derivarne? Chi mai alla fine si gioverebbe di tale processo. Per altro già in istato avanzato, almeno secondo Verdi, che vede l’influsso “goto” proporsi senza che opportuna barriera venga innalzata. Scorrendo l’epistolario verdiano, nutrito e bellissimo, fra l’altro riedito in versione degna solo qualche mese fa da Einaudi, si nota come l’insofferenza non sia solo occasione sfuggente di lagnanza o polemica, ma filone di viva preoccupazione. Prendendo spunto ancora da Mula, si può ben dire che “Verdi si guarda bene dal teorizzare il progresso in musica, assumendo al contrario un atteggiamento di norma conservatore, tanto più accentuato col passare degli anni. Questa posizione può in larga misura intendersi come auto-apologetica, da parte del massimo depositario della tradizione melodrammatica, di fronte al dilagante prestigio in Italia (...) della musica d’oltralpe, specialmente germanica e di marcata impronta strumentale”. Ora, per un Mazzini che invoca la venuta al mondo d’un Michelangiolo dello spartito, e che allo stesso modo guarda con occhio speranzoso alla mescitanza degli stili, ecco il maestro che nel dicembre 1881 scrive al conte mantovano Arrivabene che in pratica tutto è perduto, tutto. “Tutto è forestiero e siamo già a due terzi non più italiani nemmeno politicamente. È una vera desolazione che provo quando penso alle cose nostre: ed un sintomo della nostra decadenza è l’indifferenza con cui si sopportano gl’insulti di tutti!”. Nel febbraio 1883, il giurista Piroli leggerà una epistola verdiana dove il “germanismo” è visto come morbo che “faccia il suo corso”. Non siamo nemmeno agli inizi, dato che il male è già bello che penetrato, altro che preannunzi di venticello nordico. Tutto è goto, tutto è moda nefasta, tutto è irriconoscibile ma in maniera straziata. Serve un messia. Un giovane. Puro e scevro da influenze. “Un uomo nuovo, giovine, di genio, senz’influenza di scuole”. Anche perché le scuole già ci han fatto del male abbastanza, visto che noi “affascinati dalle bellezze forestiere, abbiamo rinnegato le nostre e ne è sorto il caos!”.

Romanticamente Innanzi tutto sarà bene precisare come, per quanto in Italia la tradizione musicale fosse fortissima e ricca, e per quanto l’italiano dei libretti fosse diffuso per ogni dove e per ogni corte (in alternativa c’era la lingua dell’Illuminismo, il francese), una poderosa avanzata dell’opera romantica tedesca fosse da mettere in conto e non è detto non preoccupasse Verdi, ben orgoglioso del corpus suo, in fondo da proteggere contro troppo barbari assalti dalla direzione non così precisata. Verdi in simil caso segue una sorta di schema più diffuso di quanto si potesse ritenere all’epoca, ovvero una particolare analogia fra melodia e “io”, individuo, individualità, con tutto ciò di personale, almeno in teoria, che la cosa implica: e d’altro canto fra armonia e pensiero “sociale”. Sarà dunque società, civiltà, comunità, senso diffuso. Per fare uno spiccio Opera di E. Pasquini paragone: nella musica italiana predomina la melodia, in quella tedesca l’armonia. Ora, Reazione come può la sensiblérie italiana riconoscersi nel vento del Nord, A seguire il Peppino fino alle conseguenze estreme, c’è da farsi l’iove regna a tutto campo, ed è innegabile, l’armonia come motore dea di un reazionario di prima categoria, chiuso all’esterno, chiucentrale, come guida? Tant’è che nella moda alla tedesca l’io itali- so al nuovo, tutto ripiegato su se stesso, restio financo a suggerire

modelli da seguire. Si raccomanda sì la Fuga e lo studio del Palestrina (richiamato in misura polemica nel “Requiem”), non si raccomanda affatto l’opera moderna, non si dà alcun benestare a sistema o scuola particolare. Anzi, si dice: “Torniamo all’antico: sarà un progresso”. Nota ancora il Mula: “Con la sua chiusura totale alla musica di qualsiasi compositore vivente e di gran parte dei

morti, Verdi non spicca certo per serenità di giudizio nei confronti dei colleghi. E seppure sia poco tenero anche con se stesso le opinioni sull’opera altrui lasciano invano desiderare quell’imparzialità che rende umanamente ammirevoli Rossini e Donizetti”. Ebbene, nel caso verdiano non si deve esitare a parlare di cieco spirito competitivo che azzera ogni apertura verso l’esterno, quasi, è strano, come se lo stesso operista di successo, in pratica il più famoso, temesse che qualsiasi debolezza fosse lo spiraglio d’ingresso per nefaste influenze miranti a inquinare lo stesso suo proprio lavoro. Dunque l’antico resta come possibilità, non altro. Il nuovo: è ovviamente Verdi, l’unico a possedere l’autentica vera genuina ricetta per tramandare lo spirito nazionale. E per riempire i teatri anche dopo la terza rappresentazione, arte in cui il Maestro eccelle, al di là dei filosofeggiamenti di chi vede le cose assai dall’esterno. E fa confusione. Ancora lui, Peppino: “L’Opera è l’Opera”. Nel senso che non è affatto la Sinfonia. E ancora: “L’istoria dice più tardi qual è l’epoca buona e quale la cattiva”. E molte volte il Maestro ce l’ha chiaramente mostrato. (francesco bernardini)

z i b a l d o n e

Tassa sul web: ma qui c’è chi ha detto di no nterpellata dalla testata web “Corriere delle Comunicazioni”, la Commissione Ue si esprime per la prima volta pubblicamente sulla web tax. Affermando che, anche nella nuova e più alleggerita formulazione, “sembrerebbe contraria alle libertà fondamentali e i principi di non-discriminazione stabiliti dai trattati”. A dichiararlo è Emer Traynor, portavoce del commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale Algirdas Šemeta. “Trattandosi per il momento di una semplice proposta – spiega il rappresentante Ue – dovremo analizzare il testo finale prima di dare un’opinione definitiva. Tuttavia, abbiamo seri dubbi sull’emendamento per come si presenta attualmente”. In parole povere, Bruxelles condivide appieno la bocciatura

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L’ultima versione del testo, ammorbidito anche sulla cresta delle critiche espresse da Matteo Renzi, il secondo premier, obbligherà chi vorrà acquistare servizi di pubblicità, link sponsorizzati online e spazi pubblicitari a farlo solo da soggetti titolari di partita Iva italiana. Pur essendo stati accantonati gli obblighi della partita Iva italiana per le operazioni di commercio elettronico, come ribadito da Francesco Boccia, l’impianto della norma è tuttavia rimasto invariato. Esponendola all’ormai probabile mannaia della Commissione Ue. A meno che non si tenti la via di una difficile mediazione con l’Ue, trasferendo la discussione in sede europea.

Fra licenze premio e sbarre dei manicomi

ha ritenuto di concedere i due permessi (il primo a settembre, il secondo a dicembre), “proprio al fine di preparare il detenuto all’uscita definitiva dal carcere (prevista nell’aprile del 2015) determinando la presa in carico da parte del locale dipartimento di salute mentale”. La Cancellieri, illustrando la ratio dei permessi concessi all’omicida, ha ricordato che la relazione sanitaria su Gagliano, datata 11 giugno 2013, riferiva che l’uomo era “nel corso delle ultime visite psichiatriche effettuate, sempre vigile, lucido ed orientato nei parametri di realtà, tranquillo, disponibile ai colloqui, collaborativo e sufficientemente adeguato nelle modalità relazionali. Risultava a tratti vagamente rivendicativo, senza tuttavia evidenziare spunti deliranti. Non si sono manifestate nel corso delle visite alterazioni del tono dell’umore né

L’inedita convivenza fra i due Premier

dello spettro ansioso tali da necessitare l’avvio di trattamento farmacologico continuativo. Non si sono riscontrati segni né sintomi psicotici produttivi in stato di acuzie. Allo stato attuale non assume psicofarmaci, che in base al quadro psichico riscontrato non risultano strettamente necessari”. La condotta penitenziaria, ha aggiunto il Guardasigilli, “risultava priva di rilievi disciplinari e, in alcune occasioni, addirittura oggetto di elogio da parte della polizia penitenziaria. Su queste basi, la magistratura di sorveglianza sollecitava la presa in carico da parte del Servizio di salute mentale, nel corso degli eventuali permessi che veniva assicurata con appuntamenti fissati preventivamente dagli operatori”. “A seguito di tale istruttoria e sulla base delle risultanze acquisite con provvedimento in data 17 agosto 2013 – ha proseguito la Cancellieri - veniva concesso un primo permesso premio accompagnato da prescrizioni cautelari prevedendo l’accompagnamento del cappellano. All’esito del primo permesso, si aveva un riscontro positivo circa la condotta del detenuto, sia da parte del cappellano, sia da parte della madre e del Servizio di salute mentale”. Il secondo permesso viene poi concesso con provvedimento del 21 novembre con la previsione dell’accompagnamento, negli spostamenti, del fratello, con il divieto di allontanamento dal domicilio, salvo che per recarsi all’appuntamento con il Dipartimento

uante cose può fare Renzi, il quale è onnipotente. Duce del Pd, sindaco di Firenze, dello stesso partito di Letta, se ben ricordiamo. È lui il secondo premier oppure il vero premier. Letta popone e Renzi, se la cosa non gli quadra come dovrebbe, ecco che interviene e corregge, e Letta lo segue, perché no? Così un Pd in assetto da guerra alza il tono del pressing sul governo Letta. Mentre si arriva allo snodo conclusivo sulla legge di stabilità, i grossi calibri del partito incalzano il governo, dando voce al disagio che serpeggia nel paese. Poiché, evidentemente Letta sta troppo in alto e non avverte il disagio, mentre Renzi ben lo conosce e dunque avverte Letta che, informato del disagio medesimo, agisce di conseguenza. Il terreno per combattere la guerriglia è ampio: i numerosi decreti di qui a fine anno sono all’esame delle Camere e si prestano, in ogni momento, a far scoppiare il caso, da quello sull’Imu a quello sulle Province. La bagarre è dietro l’angolo: così è avvenuto ieri sul Salva -Roma, dove il governo è stato battuto su un emendamento che rincarava l’addizionale Irpef nella Capitale e dove la presenza di una norma, sponsorizzata dall’esecutivo, che di fatto impedisce la lotta al gioco d’azzardo elettronico da parte dei sindaci, ha scatenato la reazione infuriata del segretario del Pd Matteo Renzi, appena reduce dell’aut aut sulla web tax. questo sì, questo no, glielo dico io al governo cosa deve fare, dice Renzi, ed ha immediatamente ragione. A rafforzare l’assedio sul governo anche il presidente del Pd, Gianni Cuperlo, che ha raccolto il malumore dei sindaci i quali da giorni reclamano un miliardo e mezzo per il mancato gettito provocato dalla riforma dell’Imu. “Il governo non ignori il disagio dei sindaci e agisca prima che la corda si spezzi”, ha dettato in una nota il presidente dell’Assemblea dei democratici. Capirai, ora Letta si trova anche il tandem Renzi - Cùperlo, accento sulla u: ma come farà a governare senza il coro continuo di questi due, che magari, da un giorno all’altro, diventano quattro, venti, cento? Che casino!

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formalizzata dall’ufficio studi della Camera secondo cui il comma bis della proposta targata Francesco Boccia (PD) risulta “non (…) compatibile con la normativa comunitaria in materia di libertà di circolazione di beni e servizi”. E questo tralasciando il fatto che alcuni vincoli sono stati ignorati, con il rischio – normativa europea alla mano – di far scattare subito la nullità dell’emendamento. Non si vuole sbilanciare per ora il vice-presidente della Commissione europea e commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes. “Non possiamo esprimere un parere su una normativa che è ancora in fase di discussione dalle autorità italiane”, dichiara la Kroes. E aggiunge: “Solo una volta che la normativa sarà formalmente adottata, la Commissione verificherà se è compatibile con i Trattati”. L’auspicio è che possa saltare all’ultimo minuto, evitando la rissa con Bruxelles. “Invitiamo il governo italiano ad assicurare che ogni nuova misura legislativa sia appieno compatibile con il diritto europeo”, dichiara diplomaticamente Emer Traynor, proprio mentre in queste ore Montecitorio si appresta a dare il via libera definitivo alla legge di stabilità, con la web tax blindata dalla fiducia.

lamoroso, roba da ultim’ora: “Tutti erano a conoscenza del percorso di Gagliano”, ha detto il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri riferendo in Parlamento sul caso di Bartolomeo Gagliano, il serial killer di cui si sono perse le tracce dopo un permesso premio dal carcere di Marassi. “Ho disposto – ha aggiunto la Cancellieri - che venga predisposta un’indagine completa conoscitiva”. “Una circostanza che intendo chiarire subito è che sia il magistrato di sorveglianza che il carcere di Genova erano a conoscenza dell’intero percorso giudiziario del detenuto”, ha ribadito la Cancellieri nel corso dell’informativa nell’aula della Camera. “Il giudice di sorveglianza ha concesso il permesso sulla base di tutte le informazioni”, ha aggiunto il ministro, smentendo dunque di fatto quanto sin qui sostenuto dal direttore del carcere genovese. “Voglio sgombrare il campo dall’equivoco generato dalle prime dichiarazioni del direttore del carcere di Genova Marassi – ha spiegato il Guardasigilli - che sembrava sostenere che il carcere non avesse avuto conoscenza dell’intera storia criminale del detenuto, cosa che è smentita dalla corrispondenza intercorsa tra la direzione del carcere e la magistratura di sorveglianza”. L’indagine disposta dalla ministra dovrà ora “approfondire” tutti i dettagli non solo dell’evasione di Gagliano, ma anche della fuga, sempre dopo un permesso premio, di un altro detenuto, questa volta del carcere di Pescara, Pietro Esposito che, come ha riferito la Cancellieri, “sarebbe uscito nel giugno del 2014”. Mentre in una prima fase le istanze di permesso per Bartolomeo Gagliano, il serial killer non rientrato nel carcere di Geova, sono state tutte rigettate, con l’approssimarsi della data di liberazione, il giudice, sulla base dei pareri e delle relazioni richiamate,

di Salute Mentale”. Il 15 dicembre scorso fruisce del permesso e, ha aggiunto il ministro, “in questa occasione, come noto, non ha fatto rientro in istituto”. Ma, in fondo, perché agitarsi tanto? Detenuto modello, calmo, riflessivo e presente, pronto addirittura per uscirsene. Il premio concesso era solo l’antipasto all’uscita definitiva. Oppure c’è qualcosa che non va?


4 LA VOCE REPUBBLICANA

Sabato 21 dicembre 2013

Nessuna attenzione per una economia a tutela dei soggetti deboli La manovra ostenta ancora riguardi esclusivi per le guarentigie dei vitalizi degli stessi nomi

Ma siamo alle solite del “vorrei ma non posso” embra proprio che tutti intendano perseguire le stesse cose; che tutti i partiti, i movimenti e i politici si impegnino pure a voler conseguire quindi gli stessi obiettivi, specie riguardo alle riforme - ovviamente non quelle semplici dell’uomo qualunque, bensì quelle strutturali (sic!). L’osservazione intorno alla complessiva e complessa manovra si potrebbe restringere sostanzialmente alle solite promesse, emergenti da un immobilismo di tale entità da fare ipotizzare, o un’ulteriore incomprensibilità degli inesorabili indicatori economico-sociali, o una deliberata presa in giro del cittadino – comunque oggi sempre più disincantato sulle artificiose analisi della situazione e sugli obiettivi raggiungibili con le misure dell’economia -. Ma soprattutto nella esasperazione derivante dalla grave crisi che si manifesta crescen-

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te in ogni dove. Di certo, innanzitutto, l’impostazione di politica economica non ha avuto nemmeno attenzione per una basilare economia sociale di mercato a tutela dei soggetti deboli - nel mirino inesorabile di manovre di cassa, restano i pensionati -. Mentre di converso, la manovra de qua ostenta ancora tutele eclatanti per le guarentigie dei vitalizi dei parlamentari; quasi ostenta la mancata riduzione del numero dei parlamentari e il mancato stop al finanziamento pubblico dei partiti [e non a rate come decretato] – con un anche provocatorio effetto sui disoccupati e gli esodati. Ma ancora, la mancata riforma del titolo V della Costituzione, la inerzia sulla nuova legge elettorale, la fine del bicameralismo perfetto; nonché l’abolizione delle Province, delle Comunità Montane, dei Consorzi ancora di bonifica, degli enti inutili soppressi da decenni

ELENCO PAGAMENTO TESSERE PRI 2013 Sez. Pri “Terrana”, Roma;Sez. Pri Marina di Carrara; Sez Pri “Spadolini” Torino; Sez. Pri “Mameli” Genova; Consociazione Forlivese; Sez. Pri “Cattaneo” Milano; Sez. Pri “Arcamone” Foligno (PG); Unione Comunale Cervia (RA); Sez. Pri, Prato-Firenze-Pistoia; Sez. Pri “Mazzini”, Modigliana (FC); Sez. Pri “Mazzini”, Vecchiano (PI); Sez. Pri Albano Laziale, Roma; Sez. Pri “Mazzini” Ariccia, Roma; Sez. Pri Lanuvio, Roma; Sez. Pri Padova; Sez. Pri “Cattaneo”, Rovigo; Sez. Pri Cesenatico (FC); Sez. Pri Paola (CS); Sez. Pri “R. Pacciardi” Grosseto; Sez. Pri “Chiaravalle” Soverato (CZ); Sez. Pri Jesi e Chiaravalle (AN); Sez. Pri Catanzaro; Consociazione Pri Cesena; Federazione Provinciale Pri Ravenna; Sez. Pri “Silvagni-Mazzini-Valconca”, Rimini; Sez. Pri “Mazzini”, Rimini; Sez. Pri, Novi Ligure (AL); Sez. Pri, Lamezia Terme; Sez. Pri Vomero Arenella (NA); Sez. Pri “Ugo La Malfa”, Codigoro (FE); Sez. Pri “Pisacane”, Foggia; Sez. Pri “Sant’Andrea Borgo Mazzini” Rimini; Sez. “Ugo La Malfa”, Napoli; Sez. Pri “Celli” Cagli (PU); Sez. Pri “Centro”, Caserta; Sez. Pri “Garbarino”, Chiavari (GE); Sze. Pri Fano (AP); Sez. Pri “Mazzini”, Comacchio (FE); Sez. Pri “Giovine Europa”, Andora (SV); Sez. Pri Mantova; Sez. Pri Dro (TN); Gruppo Pri Lucchese, Lecco; Sez. Pri “G. Spadolini”, Viareggio; Sez. Pri “R. Sardiello”, Reggio Calabria; Sez. Pri Melicucco (RC); Sez. Pri Locri (RC); Sez. Pri Samo (RC); Sez. Pri Africo (RC); Sez. Pri Bovalino (RC); Sez. Pri Gioia Tauro (RC); Sez. Pri Pavona, Roma; Sez. Pri Cecchina, Roma; Sez. Pri Palombara Sabina, Roma; Sez. Pri Tuscolana, Roma; Sez. Pri "Pisacane", Foggia; Sez. Pri "G. Mazzini", Ferrara; Sez. Pri "L. Santini", Viterbo; Sez. Pri Trieste; Sez. Pri “Camangi” Roma; Sez. Pri “Bonfiglioli” Bologna; Sez. Pri Grottaglie (BA); Sez. Pri Spilimbergo (PN); Sez. Pri “Aurelio Saffi” Ravenna; Sez. Pri Varese; Sez. Pri Bottiroli” Voghera (PV); Sez. Pri “Mameli” Cologno Monzese (MI); Sez. Pri Cremona; Sez. Pri “Flaminio Prati (Roma); Sez. Pri “F.lli Bandiera” San Pietro in Campiano (RA). Sono pervenute all'Ufficio Amministrazione del PRI versamenti di pagamenti tessere di singoli iscritti. E' chiaro che ai fini congressuali l'iscrizione singola non consente la partecipazione ai lavori dell'Assise repubblicana. Chi non è nelle condizioni di avere una sezione dovrà iscriversi a quella territoriale più vicina. Per ogni ulteriore informazione o chiarimento si prega di rivolgersi all'Ufficio Organizzazione (Maurizio Sacco) ai seguenti numeri: 338/6234576 - 334/2832294 - oppure orgpri@yahoo.it

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e pur sempre in vita - senza dimenticare il gioiello della nullità assoluta, quale è il Cnel! -. Riduzione? L’agenda del Premier: conforta soltanto che si sia realmente trattato, per la prima volta in termini concreti, ancorché insufficienti, della riduzione del costo del lavoro, il noto cuneo fiscale e soprattutto previdenziale, della riforma del titolo V della Costituzione (in relazione al ripristino della funzione del controllo preventivo di legittimità e di merito): obiettivi questi paradossalmente divenuti esclusivi della scrivente Commissione, con l’eclatanza delle patologiche gestioni delle Regioni, Province, Comuni e Partecipate , visto appunto l’abolizione dei Co.Re.Co. per aggirare fino ad annullare la funzione dei controlli con l’accertato “buco nero dei rimborsi d’oro!” di quasi tutte le Regioni! Ora la tanta deprecata magistratura, soprattutto quella contabile, non potrà che recuperare e restituire “ il mal tolto “ finanziario pubblico alle casse statali e contribuire alla cessazione delle assurde lamentele di certe forze politiche a continui attacchi all’impazzata agli Organi competenti. Lascia perplessi comunque la dicitura che “vanno verso l’estinzione” le sole Province e le Comunità montane! E allora, siamo alle solite del “vorrei ma non posso” e comunque troppo tempo è trascorso dagli intenti e proposte sin da quelle anticipatorie del Pri del 1970! Il premier li pone tutti come prioritari e non solo questi con l’operazione della revisione della spesa con tagli, purché ”non lineari“come da tutti i politici (“economisti”) raccomandato, come se l’Italia potesse ancora giocare con le zavorre del deficit pubblico in crescita continua, ora a 2.085,00 milioni di euro e della pressione fiscale record passata dal 42,5 al 44 per cento (Bankitalia) sul Pil e del rapporto deficit/Pil al oltre il 134%! I moti studenteschi, forconi, no Tav Tutto quanto, mentre la classe politica continua in questa liturgia e non si attiva per un seria autocritica, seppure solo riconoscendo con il silenzio, responsabilità obliate convenientemente nelle molte fasi di esercizio politico-amministrativo. Percorso peraltro compiutamente tracciabile nei nomi e nei cognomi di un ventennio che ha gravato sulle condizioni del Paese portando allo stremo il popolo dei cittadini comuni, sempre i più indifesi! Senza voler scomodare Sallustio più di tanto, il quale, indagando sulla realtà di fatti e persone nella storia della morte di Giulio Cesare e della relativa crisi di tutto un sistema economico e sociale, intuì le ragioni profonde del “malessere collettivo” che ebbe a portare poi alla fine della repubblica, ci si chiede però come sia mai possibile che si sminuiscano le intenzioni rabbiose dell’antipolitica nella rassegna degli eventi, quali il disprezzo generalizzato della politica e del mancato ritiro dalla vita pubblica dei responsabili del disastro? Le frasi “arriveremo a Roma ” e “banche ed ebrei” non inducono se non a ricordare le cause che condussero al secondo conflitto mondiale e un coerente allarme per le ragioni dei movimenti che manifestano nel Paese

che protestano per il profondo malessere sociale? Assistendo all’ingorgo fiscale da oggi a febbraio 2014, è legittimo chiedersi se sia mai possibile come possa trovare una decente, plausibile giustificazione tecnico-politicagovernativa? Non sono episodi di antipolitica, populismo, ecc., ma di sola palese incapacità di governo di una collettività! E allora appare non privo di superficialità e incoscienza, ridurre tali moti studenteschi, di pensionati, di disoccupati, di esodati e di gente comune, considerandoli alla stregua di sentimenti banali di populismo, qualunquismo e dell’antipolitica. Sentimenti di indignazione, perlomeno, alimentati invece ed inequivocabilmente dalla disperazione di dover assistere ad una classe politica responsabile del disastro, restia quanto meno a decenti, spontanee dimissioni. Eclatanti sono le lamentele della classe dirigente di quest’ultimo “ italico ventennio” e del suo leader che ha gestito male - senza discussione con “ i conti in ordine “ del Ministro Tremonti (ministro di chi se non suo!) - le leve di governo, lasciando a tutti noi, ai nostri figli e nipoti, una dannosa eredità! Similitudini e parallelismi Il messaggio che il Governo avrebbe invece dovuto lanciare con la manovra di stabilità, che se “qualche cosa ha mosso, ma solo nelle intenzioni e show televisivi “, interventi immediati di reali, concreti provvedimenti sociali quali quelli della riduzione del carico fiscale ai cittadini e alle imprese compensato dai risparmi dal riordino della spesa pubblica - sì con i tagli, ma soprattutto con la funzione ordinaria dei controlli sugli atti posti in essere dalla amministrazione pubblica, del rispetto del mercato, della concorrenza, della reale efficacia delle Authority, di un minore interventismo pubblico e di eliminazione delle aziende pubbliche inefficienti, di un sostegno dei soggetti più deboli e, in definitiva, con una adeguata razionalizzazione nel rafforzare l’efficienza, l’efficacia, la trasparenza, l’economicità di gestione di tutti gli organi della democrazia partecipativa. Ci chiediamo, come non condividere la teoria sul parallelismo - accertata inequivocabilmente la similitudine fra sprechi/assistenzialismi/evasione/elusione/corruzione e debito pubblico - degli eventi patologici della società, come elencati da tempo immemorabile, e quelli che hanno messo a terra la società italiana? C’è forse ancora il tempo di qualche provvedimento tra quelli elencati che potrebbe risultare adeguato allo stato delle cose, sicuramente non attraverso quelli adottati con i soliti “pannicelli caldi”! Gli auspici espressi, pur sempre tiepidi, non hanno trovato alcun riscontro nella legge di stabilità portata in Aula, che va chiaramente detto, rimane ancorata a provvedimenti tuttora inidonei a garantire un’organica politica di crescita e di sviluppo! La Commissione Lavoro Previdenza e Sicurezza: A. Arpaia (Lidu), E. Esposito (Unitre Sorrentina), F. Mileto e G. Serrelli


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