La Voce Repubblicana 12 dicembre 2013

Page 1

QUOTIDIANO DEL PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO - ANNO XCII - N° 238 - GIOVEDI 12 DICEMBRE 2013 Euro 1,00 NUOVA SERIE POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB (RM)

SCIOPERO GENERALE ADDIO

La rivoluzione copernicana di Susanna Camusso

I

l segretario della Cgil Susanna Camusso, intervenendo ad un convegno della fondazione Claudio Sabbatini di Bologna, ha detto che lo sciopero generale non può più essere considerato “l’unica modalità in cui si determina il conflitto sul tema del lavoro”. Camusso vuole “aprire una stagione di sperimentazione” che tenga conto delle nuove difficoltà dei lavoratori a causa anche delle forme di precarietà. In sostanza il leader del principale sindacato dei lavoratori ha riconosciuto che in una situazione di crisi come quella che siamo attraversando, lo strumento dello sciopero generale non è più sufficiente a esprimere la protesta. Bisogna incominciare a fare i conti con le difficoltà economiche di chi il posto ce l’ha, ma non può più contare su bonus e straordinari, e soprattutto, ha detto Camusso, bisogna considerare “una situazione di domanda ridotta al lumicino”, per cui “fare danno all’azienda vuol dire mettere a rischio i posti di lavoro più di quanto non lo siano già”. E’ una rivoluzione copernicana. Il segretario della Cgil si è accorta che arrestare il lavoro significa penalizzare l’azienda e che nel momento nel quale si penalizza l’azienda si penalizzano anche i lavoratori, un salto logico che il nostro sindacato, Cgil in particolare, aveva difficoltà a compiere, considerato che l’azienda era sempre vista come l’avversario, la controparte, desiderosa di colpire il lavoratore, nemmeno fosse destinata alla sua oppressione. Era ancora il 2004 quando un altro segretario della Cgil si riprometteva di fare uno sciopero generale per la competitività, nemmeno che la

competitività fosse un valore astratto rispetto alle dinamiche produttive e salariali. La competitività in Cina è altissima, perché non si fanno scioperi, non si fanno pause pranzo e soprattutto si lavora sabato e domenica senza nemmeno limiti d’orario. In Italia, per aumentare la competitività, c’era chi pensava di astenersi dal lavoro e tanti saluti. Rispetto ad allora, le dichiarazioni di Camusso hanno superato un’era. Siamo finalmente entrati, Cgil in testa, in quella contemporanea. Al punto che Susanna Camusso ha persino riconosciuto che poi c’è chi non può scioperare semplicemente perché il posto di lavoro non ce l’ha, in quanto è disoccupato. La Cgil si è accorta dei disoccupati, alleluia. E questo è il problema capitale che concerneva lo sciopero generale, proprio sotto il profilo del lavoro, ossia che riguarda inevitabilmente solo una parte di quel mondo dal momento che appunto la disoccupazione continua ad aumentare. Ce ne abbiamo messo di tempo per capirlo, ma alla fine ci siamo riusciti, sia lode a Susanna Camusso. Se poi questo è un primo effetto della segreteria Renzi sul sindacato, va bene lo stesso. Appena abbiamo ascoltato Renzi dire che anche il sindacato doveva cambiare, temevamo che questo si mettesse di traverso. Invece è arrivato un segnale positivo, su un tema delicatissimo, considerando anche i fronti di tensione che stanno per aprirsi. Conosciamo il giudizio di Susanna Camusso sulla Legge di stabilità e ci è difficile contraddirlo. speriamo comunque che la Cgil inizi a pensare davvero a forme alternative di protesta. Di scioperi generali ne hanno fatti molti negli anni, spesso inutili, sempre nocivi.

Bagarre sulla fiducia

Nessuno può permettersi di criticare i 5 stelle

Montecitorio nel Medioevo D

opo il discorso di Enrico Letta a Montecitorio, il deputato Riccardo Nuti del M5s è scaduto agli insulti: “Presidente Letta, lei è tornato a prenderci in giro, ha la faccia come il bronzo. E malgrado ciò si premette anche di offendere l’unica forza politica che nel bene e nel male quello che aveva detto poi lo ha fatto”. Nuti ha quindi attaccato l’onorevole Davide Faraone, da poco nominato nella segreteria del Pd da Matteo Renzi, che, afferma il deputato, “è stato visto andare in casa di un pregiudicato e durante le primarie prometteva posti di lavori in cambio di voti”. Letta si è detto “esterrefatto” che il Movimento 5 stelle abbia voluto rilanciare la gogna contro i giornalisti, e ha espresso solidarietà “al collega Faraone per le cose ingiuriose che sono state dette qui. La logica dell’ingiuria è inaccettabile”. Il premier non aveva risparmiato un riferimento a Beppe Grillo in uno dei passaggi del suo discorso. “Si tenta di immiserire questa Aula con parole e azioni illegittime, figlie di una cultura politica che mette all’indice i giornalisti, avalla la violenza e vuole fare maceria degli edifici stessi della democrazia rappresentativa”. Letta aveva chiesto alle Camere “la fiducia per un nuovo inizio” perché “senza Ue ripiombiamo nel Medioevo”. Con Grillo pure la bagarre.

CONVOCATA DN PRI

“NUCARA: ANCHE LA LOCRIDE VA COMPRESA NELLA CITTÀ METROPOLITANA”

(GAZZETTA DEL SUD) a pag. 4

ELENCO E INFORMAZIONI PER IL PRI 2013

Roma, con il seguente ordine del giorno: 1) Comunicazioni del Segretario; 2) Situazione "La Voce Repubblicana"; 3) Revoca dell'incarico all'Amministratore; 4) Nomina Amministratore; 5) Dimissioni del Segretario politico; 6) Nomina

La Direzione Nazionale del PRI è convocata per sabato 14 dicembre 2013, alle ore 10.00, presso la sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana in Corso Vittorio Emanuele II n.349 a

S

di un comitato per la fissazione del Congresso Nazionale e la gestione politico-amministrativa del PRI; 7) Varie ed eventuali. La Direzione Nazionale è riservata esclusivamente ai suoi componenti. Integrazione ordine del giorno Direzione Nazionale PRI del 14 dicembre 2013/Tutti gli adempimenti, quando necessario, saranno ratificati dal Consiglio Nazionale PRI che può essere convocato dalla Direzione Nazionale stessa o dal Presidente del Congresso.

PAGAMENTO DELLE TESSERE

a pag. 4

Ore sette punto trenta

e si pensa che Bettino Craxi non poteva convocare la segreteria del Psi prima di mezzogiorno perché Claudio Martelli si alzava solo dopo le undici, ecco che Matteo Renzi ha già superato in un solo giorno da segretario persino un leader decisionista come quello socialista. Per indire una segreteria alle 7 e trenta del mattino, occorre almeno alzarsi alle sei e trenta, che significa dormire soltanto un’ora in più dell’avvocato Agnelli. - A che ora si sveglia Pravettoni? - Alle cinque e trenta! – Come l’avvocato Agnelli! Celebre parodia di una trasmissione comica degli anni ’90 dove la figura di Pravettoni era

inventata da un concittadino di Renzi. Corsi e ricorsi. Il lato positivo di una segreteria di partito convocata alle sette del mattino è che c’è tutta una giornata per lavorare. Il lato negativo è che decisioni prese di mattino presto di sera possono già essere superate. Per esperienza ricordiamo una storica direzione del Pri dell’11 settembre del 2001 che iniziata alle nove si concludeva verso l’una del pomeriggio e si riaperse immediatamente, appena saputo dell’attentato alle Torri Gemelle. Sempre meglio convocare direzioni politiche e segreterie a cavallo della giornata, se non si vuole essere sicuri di finir scavalcati facilmente dagli

eventi. E comunque Renzi va compreso perché la sua segreteria vuol lasciare un segno e necessita anche di rivoluzionare gli orari, se non altro per fare impressione. C’è bisogno di una classe politica che lavori e che inizi presto a farlo. Anche per questa ragione Renzi avrà tempo per accorgersi che le segreterie di partito meglio tenerle la sera sul tardi, prepararsi con la dovuta calma e misurarsi sugli eventi della giornata. Giornata che prevedeva il discorso di Letta alla Camera. Una segreteria convocata alle sette e trenta sembrava voler dire: ho provato di tutto per ascoltarti, purtroppo non ci sono riuscito.

Il ricordo di Mandela e la guerra in Centrafrica Hollande ha raggiunto i suoi paracadutisti

Ballare a Johannesburg, combattere a Bangui

A

vevamo scritto subito, appena le condizioni di Mandela si aggravarono nel gennaio di quest’anno, che non avremmo avuto voglia di concorrere al ricordo della sua figura politica e umana. Intanto perché, fortunatamente, non c’è bisogno del ricordo della “Voce Repubblicana” per un leader che è riuscito ad impressionare l’universo mondo e poi per il dolore di perdere un uomo di una tempra ed un carattere raro. Già ce ne sono pochi nella storia che, con tutto il rispetto, si possono paragonare a Mandela, per cui era duro da ammettere che la sua stagione fosse finita. E’ vero che i suoi valori resteranno e che la sua opera altrettanto, ma i continuatori, gli interpreti sono difficili da trovare ovunque, e abbiamo visto come il suo stesso partito, tolto Mandela, abbia deluso, fra risse e scandali. Se l’eredità di Mandela era pesante e difficile da gestire per i suoi principali sostenitori, all’interno dei confini del SudAfrica, il suo esempio è quasi improponibile nel resto del continente. Basta spostarsi di qualche migliaio di chilometri e troviamo capi fazione che si combattono furiosamente nonostante lo stesso colore della pelle. L’odio tribale e la gestione del potere sono più forti di qualsiasi altro sentimento. Quanto sta avvenendo nella Repubblica Centraficana, proprio nelle ore in cui si piange Mandela, è eloquente. Mandela faceva uscire il Sudafrica dall’apartheid negli anni in cui Patassé compiva un’intensa epurazione negli apparati statali centrafricani. La politica di Patassé veniva condannata come razzista nei confronti della tribù degli Yakoma. La nuova Costituzione della Repubblica Centraficana, approvata il 28 dicembre 1994 e promulgata il 14 gennaio 1995, contemporaneamente alla presidenza Mandela in Sudafrica, non garantiva certo le libertà politiche e civili. Tre diverse rivolte popolari consumate tra il 1996 e il 1997 stanno lì a dimostrarlo, tra momenti di violenza e forti tensioni interetniche. Non bastasse, all’indomani del tentato colpo di Stato del ’99, le truppe fedeli a Patassé si resero responsabili di una feroce rappresaglia che finì con il devastare l’intero Paese, creando il terreno per la crisi attuale che ha portato alla guerra civile, tanto da far intervenire la

Francia. Questa è l’Africa al tempo di Mandela mentre a Johannesburg si canta e si balla. E’ chiaro che i capi di Stato preferiscano correre in massa ai suoi funerali; va apprezzato Hollande che si recherà con i suoi paracadutisti a Bangui. Mai vorremmo che coloro andati a onorare la memoria di Mandela nemmeno si accorgano di cosa succede negli stati africani. Mandela diventerebbe solo un feticcio per un continente irriformabile, dove l’odio ed il sangue continuano a scorrere. L’apartheid era un sistema odioso, ma le lotte tribali che si continuano a consumare fuori dal Sud Africa non sono molto meglio e sembrano persino più incontrollabili. Poi può darsi che nel resto del mondo il messaggio di Mandela venga colto e antichi odi si riassorbano. I media si sono soffermati sulla avvenuta stretta di mano fra Obama e Raul Castro, definendola storica. Era storica anche la stretta di mano fra Obama e Gheddafi eppure questo non impedì l’epilogo tragico del colonnello da quel gesto a pochi mesi. A Cuba si saranno detti di voler sperare che l’America la smetta con le sue aggressioni nei loro confronti, ma a dire il vero, noi non ne ricordiamo più dal tempo della Baia dei Porci. In compenso il regime cubano avrebbe da imparare qualcosa sul fronte dei diritti civili che Mandela seppe far rispettare, o anche solo sul fronte della libera informazione. Sarà un riflesso incondizionato, ma all’Avana i mass media fanno fatica a mostrare le immagini della rivolta filo europeista di Kiev. Preferiscono diffondere le immagini di Yanukovic ricevuto con tutti gli onori al Cremlino. Possiamo sperare in Abu Mazen, che ha voluto rendere onore ad un grande leader africano e questo fa piacere perché un tempo all’Anp si ammirava Idi Amin Dada. In Israele, che invece di simpatie per l’ultimo re ugandese non ne avevano, hanno risparmiato la loro presenza. Peres è malato e Netanyahu non aveva abbastanza soldi per permettersi il viaggio. Problemi che fortunatamente non ha l’Italia, presente con il premier e persino col presidente della Camera. La salute e le casse piene dello Stato ci assistono e possiamo essere anche noi sul prato verde dove si celebra Madiba.

Lezioni di storia

Grillo prende il treno in corsa della rivoluzione

S

ono più che comprensibili le ragioni di indignazione che abbiamo ascoltato provenire da esponenti dei partiti e delle istituzioni contro l’ultima sortita di Grillo rivolta agli agenti e alle forze dell’ordine. Dire di non proteggere chi si trova sotto una qualche minaccia, i politici, e dirlo a coloro che pure hanno il dovere di farlo, i poliziotti, è cosa disdicevole sotto ogni profilo, morale, costituzionale, considerando, en passant, anche soltanto il dovuto rispetto nei confronti dei diritti civili acquisiti. Solo che bisogna tener presente una variante: Grillo non è un uomo politico come gli altri. Grillo è un autentico leader rivoluzionario che ha già chiesto a tutti i suoi avversari, un intero mondo in pratica, la resa. E visto che quelli ostinati non si arrendono (sono ancora la maggioranza, a dire il vero) ecco che Grillo vede per loro una giusta nemesi, il popolo che si ribella, impugna i forconi e perché no agita pure le forche. Miseri noi: non è un delirio quello di Grillo, è la realtà. La protesta che si è dipanata in tutt’Italia, ha assunto tratti singolari e preoccupanti, tali da far ritenere che qualcosa di profondo si sia spezzato o per spezzare si stia, ben al di là dei gruppi che hanno promosso queste manifestazioni. C’è un disagio popolare nazionale che si agita indipendentemente dall’occasione offerta, tanto forte, che persino le forze dell’ordine ne sono colpite e si ritrovano in una terra di nessuno, quasi non sapessero più cosa dover fare, se il popolo in rivolta è loro fratello, piuttosto che loro avversario. E’ qui che si inserisce Grillo, capace di cogliere l’attimo nel quale gli equilibri si rovesciano, le forme delle cose mutano e la necessità di conseguire l’obiettivo vale qualsiasi mezzo usato. Serve la violenza? Benissimo. La discriminazione verso i giornalisti? Meglio. Un vero rivoluzionario vede passare il treno della storia e ci balza sopra senza preoccuparsi se le scarpe sono pulite. Certo, dal lato della storia, di personaggi come Grillo, anche migliori di lui, ne abbiamo visti e conosciuti tanti. Sui treni blindati che solcavano da un’estremità all’altra la Russia nel 1918, ma anche sulle carrozze impiegate dai commissari della Repubblica giacobina per i distretti della Francia del 1793. All’Italia sono mancati invece treni e carrozze. L’unico tentativo rivoluzionario vero e proprio si consumò nel 1849 a Roma e venne represso in fretta malamente. Da allora non ci sono mai state insubordinazioni tanto eclatanti, come quelle che vorrebbe Grillo e nemmeno bagni di sangue, che forse Grillo non vorrebbe, ma si trova costretto ad evocare. Gli converrebbe essere più cauto, perché lui ha già un piede dentro il sistema e tutti i rivoluzionari che avevano messo un piede dentro il sistema senza rendersene conto pienamente, appena puntarono a far crollare quel sistema, fecero una brutta fine.


2 LA VOCE REPUBBLICANA

Giovedì 12 dicembre 2013

economia

Giornalaio di Carter Protesta dei forconi: quali categorie si celano dietro chi va in piazza oggi? Intanto parte una feroce caccia all’elettore

E qui ogni ribelle vale un voto

F

orconi. Il movimento si ingrossa? Ne scrive Ruotolo su “La Stampa”: “Andrà in Parlamento, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, per riferire sugli scontri di Torino, le occupazioni dei binari dei treni, i presidii degli snodi di traffico, caselli, rotonde, piazze. E poi sulle saracinesche costrette a rimanere abbassate. E su una protesta che a macchia di leopardo si sta estendendo con il passare delle ore. Intere città assediate, come Andria, Trani, Barletta. Intanto, dopo aver convocato un vertice con le forze di polizia, il ministro Alfano ieri sera è andato al Tg3 per ribadire che ‘non sarà consentito che le città vengano messe a ferro e a fuoco’. Che ‘la legge va rispettata e la democrazia garantita’. Siamo al secondo giorno, anzi stiamo entrando nel terzo della protesta ed è come se invece di scemare per stanchezza la presenza dei cittadini sulle strade, questa presenza si alimenti con nuova linfa. Sempre di più una Babele di sigle, associazioni, forze politiche, ultras stanno riempiendo il catino della protesta”. E lasciamo pure stare quei supposti leader che cercano di catturare le simpatie di chi protesta... Il brutto, dicono dal Viminale, è che non sappiamo con chi parlare. Chi è un rappresentante che voglia presentarsi per una cosiddetto tavolo o come lo vogliamo chiamare? Su “La Stampa” un commento di Michele Brambilla che scrive che in piazza ci sono i figli della crisi. Leggiamo. “Nella protesta dei cosiddetti Forconi

c’è senz’altro un mix di elementi inaccettabili e inquietanti. Inaccettabili sono i disagi creati ai cittadini (non c’è causa che li giustifichi) e a maggior ragione le vetrine spaccate e le automobili rovesciate. Inquietanti sono le infiltrazioni estremiste e addirittura (pare) mafiose. Aggiungiamoci poi le strumentalizzazioni politiche, che vengono soprattutto da destra, e le istigazioni al linciaggio, che vengono dal solito Grillo. Basterebbe tutto questo per esprimere una netta condanna. Tuttavia, bisogna stare attenti a liquidare la questione solo come un problema di ordine pubblico. Vanno infatti colti, a mio parere, due fenomeni nuovi, e particolarmente preoccupanti. Innanzitutto. Le manifestazioni di questi Non è poi così giorni sono le prime, a memoria d’uofacile capire chi mo, che in Italia si tengono a pancia, se scenda in piazza non vuota, quasi vuota. Diciamo più per protestare. Si correttamente che si tengono con la testa tratta più che piena (di paura) per una pancia che altro di gente potrebbe essere presto vuota (di cibo). impaurita? Nel Sessantotto e nelle sue derivazioni, in piazza ci si andava un po’ per ideali e un po’ per conformismo, perché come diceva Longanesi in Italia siamo tutti estremisti per prudenza. Ma nessuno era mosso dalla fame”. “Oggi no. Oggi c’è la crisi. Oggi ci sono i suicidi, i debiti, il timore di non poter più dare da mangiare ai propri figli”. “La seconda novità è che per la prima volta (almeno in queste dimensioni) in piazza non vediamo studenti o lavoratori dipendenti, ma imprenditori. Diciamo pure piccoli imprenditori”. Un nuovo bacino di voti?

Intervista di Lanfranco Palazzolo Avv. Giovanni Pesce, che presenterà un ricorso inerente l’ordinanza dell’Ufficio Corte di Cassazione sulla giustizia

Quei tabulati un po’ misteriosi

P

resenteremo un ricorso al Tribunale amministrativo regionale sull’ordinanza dell’Ufficio centrale della Corte di Cassazione sui referendum sulla giustizia. Lo ha detto alla “Voce Repubblicana” l’avvocato Giovanni Pesce. Avvocato Pesce, lei ha annunciato un’iniziativa sull’ordinanza della Corte di Cassazione che ha bocciato i referendum sulla giustizia. Ci spiega quali sono le sue per“Nessuno sa chi plessità su questa ordinanza? ha compiuto “L’ordinanza con la quale l’Ufficio questa attività centrale della Corte di Cassazione ha e che criterio dichiarato non legittima la richiesta è stato assegnato dei referendum radicale dovrà essere al meccanismo integrata da un provvedimento che si per dare responsi” spera possa spiegare le motivazioni dell’integrali del rigetto. La prima ordinanza che abbiamo potuto visionare non fa che contenere un rinvio all’attività di un altro ufficio: il Centro elaborazione dati che ha esaminato i quesiti referendari”. Che cosa si evince da questi tabulati sull’esito relativo al controllo delle firme sui referendum?

“Da questi tabulati del CED si dovrebbe evincere che per tutti e sei i quesiti ci sono state circa 800mila sottoscrizioni irregolari. Di fronte ad un provvedimento di questo tipo non vi sarebbe nessun rimedio dell’ordinamento. L’attività dell’Ufficio centrale non potrebbe essere qualificata come attività giurisdizionale o come attività amministrativa. Non ci sarebbe la possibilità di sollecitare un esame o un giudizio di questa ordinanza”. Lei contesta che non vi sia la possibilità di un appello per questa ordinanza dell’Uff. Centrale della Cassazione? “Come avvocato mi sono chiesto come mai l’ordinamento possa accettare una simile incongruenza. L’articolo 75 della Costituzione non chiude la possibilità di una verifica sull’operato dell’ufficio centrale della Cassazione. La stessa legge 352 del 1970 sembra lasciare una porta aperta. L’indirizzo giurisprudenziale qualifica questa attività o procedura come si supporto alla Corte di Cassazione come organo legislativo, e quindi non censurabile. L’Ufficio centrale della Cassazione ha delegato un ufficio come il CED la verifica delle sottoscrizioni. L’attività che ha posto in atto questo ufficio dovrebbe essere considerata come amministrativa. E assurdo pensare che di fronte ad un possibile errore del CED non vi sia la possibilità di un rimedio o di un appello. Questo non dovrebbe essere consentito dall’articolo 75 della Costituzione. L’idea sarebbe quella di ricorrere al TAR del Lazio e sollecitare un’istruttoria sul CED che ha svolto questo controllo. La legge non contempla l’intervento del CED. Questo controllo deve essere svolto dalla Corte di Cassazione e non da un ufficio diverso”. Lei pensa che il CED abbia svolto un ruolo illegittimo? “Nessuno sa chi ha compiuto questa attività per il CED e che criterio è stato assegnato alla macchina del CED per dare un responso”.

NATALE, NO VACANZE PER 40% ITALIANI

fatti e fattacci

C

osa succede alla vigilia del congresso di Sinistra ecologia e libertà? Anche Sinistra Ecologia e Libertà ha il suo tesseramento anomalo. Questa anomalia non la denunciamo noi, ma gli stessi esponenti di Sel. Numerosi esponenti locali di questo partito, tra cui la consigliera Gemma Azuni ed il senatore Massimo Cervellini, chiedono il rinvio del congresso di Roma, in programma da giovedì a sabato, per alcune situazioni definite “anomale”, come quella di un tesseramento che “in un anno è quasi raddoppiato” e di circoli “cresciuti nelle ultime settimane”. “La situazione dell’Area Metropolitana di Sel - si legge in una nota richiede un’assunzione di responsabilità nazionale. Abbiamo il dato di un tesseramento anomalo che in un anno è quasi raddoppiato e di circoli cresciuti nelle ultime settimane. L’area Metropolitana di Roma e il resto del Lazio rappresentano il 25% di tutti gli iscritti nazionali di Sel”. “Andiamo al congresso continua il comunicato con una convocazione che ad oggi, per lettera, non ha raggiunto alcun iscritto, solo la metà, infatti, è stata raggiunta con convocazioni tramite e-mail. Una situazione gravemente anomala, dovuta come nel passato, ad una irrintracciabilità di parte consistente delle iscritte e degli iscritti che non hanno comunicato né telefono, né mail. Richiedere un chiarimento su tutto questo significa essere coerenti con la

buona politica, uno dei motivi originari e fondanti della nascita di Sel”. Alcuni congressi di Sel, in vista dell’appuntamento nazionale, si sono trasformati in rissa, come è accaduto per quello in provincia di Foggia, a Capitanata. Il Congresso locale aveva il compito (oltre che discutere del documento politico che è stato quello proposto nel corso dell’assemblea di Roma, “La Strada Giusta”. Nessun altro documento è stato presentato nel corso del congresso) di eleggere gli organismi dirigenti: il coordinamento provinciale ed il collegio di garanzia. Ed avrebbe dovuto provvedere anche ad indicare i delegati al congresso regionale e nazionale. Al momento dell’indicazione dei compagni delegati al congresso regionale e provinciale, però, i componenti degli altri circoli (Monte Sant’Angelo, Lucera, Zapponeta, Stornara, Ordona “Nilde Iotti” di San Severo tra gli altri) si rivolgevano alla presidenza invitando chi dovesse garantire l’imparzialità dei lavori a rigettare il metodo eccessivamente “inclusivo” che aveva caratterizzato la proposta di coordinamento e, purtroppo, la polemica degenerava in rissa perché il metodo da “manuale Cencelli” di spartizione delle deleghe non era più accettabile visto lo stillicidio di polemiche che dalla mattinata ininterrottamente aveva caratterizzato il congresso. E, purtroppo, lo scontro degenerava dalle parole fino al contatto fisico. Complimenti!

Quaranta italiani su cento a Natale non andranno in vacanza, secondo i risultati di un’indagine del Centro studi del Touring Club italiano. Nel nostro Paese le mete preferite dal 75% di chi parte, con le destinazioni che si concentrano prevalentemente fra Trentino, Lombardia e Veneto. Il restante 25% andrà all’estero, soprattutto in Francia (17%) e Spagna (11%). Il 72% di chi parte spenderà meno di mille euro e uno su tre meno di 500 euro. Per l’inverno 2013 la componente economica è molto rilevante nella scelta della destinazione e della tipologia di soggiorno. Vista la situazione di instabilità, un italiano su tre destinerà non più di 500 euro alle ferie e il 72% non più di 1.000 euro. In pochi (14%) supereranno i 1.500 euro. In confronto al budget a disposizione nel 2012, inoltre, per quest’anno il 64% dichiara di investire la stessa somma di denaro, il 21% riferisce una diminuzione e solo il 15% sostiene che sia aumentato.

primo piano

I

l fallimento di Lehman Brothers, 15 settembre 2008, è costato all’Italia la chiusura di ben 4.591 agenzie bancarie. Mediamente 2,4 agenzie sono chiuse ogni giorno, sabato, domenica e festivi compresi. La crisi ha imposto una profonda revisione dei costi fissi da sostenere per l’esercizio dell’attività bancaria. Per cui Unicredit, che cinque anni fa aveva 5.035 agenzie sulla Penisola, oggi ne ha solo più 4.235. Intesa Sanpaolo che nel 2008 aveva 6.399: è passata a 4.859 filiali. E’ questa la banca che ha chiuso in assoluto il maggior numero di agenzie: 2.093, di cui 1.540 in Italia. Se poi si considera che oramai c’è sempre un imprenditore che appena gli viene rifiutato il mutuo dà fuoco alla filiale, aver meno sportelli conviene davvero. Più possibilità che incendi un concorrente.

&

a n a l i s i

I vigili urbani non amano il sindaco?

I

gnazio Marino contro i vigili urbani. Lo scontro tra Ignazio Marino e il corpo della Polizia municipale potrebbe portare a nuove sorprese. “Esasperati”, “delusi” e “inascoltati”. Questi gli stati d’animo che pervadono il corpo di polizia locale di Roma dove, praticamente dalla scorsa estate, i caschi bianchi sono sul piede di guerra contro la nuova giunta. Oggi gli agenti si sono riuniti in affollatissime assemblee che in quasi tutti i Gruppi hanno raggiunto adesioni del 100% del personale. Le prime azioni sono già state programmate: il 29 gennaio sarà sciopero di 24 ore, ma non è esclusa la possibilità che i LA VOCE REPUBBLICANA Fondata nel 1921 Francesco Nucara Direttore Giancarlo Camerucci Vicedirettore responsabile Iscritta al numero 1202 del registro stampa del Tribunale di Roma - Registrata quale giornale murale al Tribunale di Roma con decreto 4107 del 10 novembre 1954/1981. Nuove Politiche Editoriali, Società cooperativa giornalistica - Sede Legale - Roma - Corso Vittorio Emanuele II, 326. Amministratore Unico: Dott. Giancarlo Camerucci Direzione e Redazione: Roma - Corso Vittorio Emanuele II, 326 Tel. 06/6865824-6893448 - fax. 06/68210234 - Amministrazione: 06/6833852 Progetto grafico e impaginazione: Sacco A. & Bernardini.

Indirizzo e-mail: vocerepubblicana@libero.it Abbonamenti Annuale: euro 100,00 - Sostenitore (con omaggio): euro 300,00 Utilizzare il conto corrente postale n° 43479724 - Intestato a: Nuove Politiche Editoriali s.c.a.r.l. - La Voce Repubblicana Specificando la causale del versamento. “Impresa beneficiaria, per questa testata, dei contributi di cui alla legge n. 250/90 e successive modifiche ed integrazioni”. Pubblicità Pubblicità diretta - Roma, Corso Vittorio Emanuele II, 326 00186 - Tel. 06/6833852

vigili possano incrociare le braccia anche in concomitanza delle feste natalizie, mandando la città nel caos. Così come accaduto, con la prima giornata di targhe alterne (era previsto lo stop delle dispari, domani si fermano le pari). L’effetto assemblea si è fatto sentire, con i vigili che hanno controllato appena 1.100 mezzi elevando 138 multe, pari a circa il 12%. Nell’ultima giornata di targhe alterne, che risale a gennaio di quest’anno, i controlli erano stati oltre 4.000 con più di 800 contravvenzioni elevate. Dati a parte, i vigili si preparano a scendere in piazza contro l’“immobilismo” da parte del Campidoglio. “Non si riesce ad aprire un tavolo di confronto. Non era mai successo prima. Sembra quasi che si voglia cercare uno scontro frontale - afferma Marco D’Emilia della Cgil -. I vigili sono esasperati. Non si esclude lo sciopero dopo Natale ma siamo pronti anche a fare altre assemblee durante le feste”. “La nostra protesta andrà avanti applicando pedissequamente tutte le norme - annuncia Francesco Croce della Uil -. Se il sindaco continuerà ad ignorarci dovremo intensificare le nostre iniziative. Ad esempio i vigili non prenderanno più servizio direttamente ai semafori ma andranno prima nelle sedi dei gruppi, nel rispetto della norma. Oppure le auto non verranno utilizzate se non in condizioni di efficienza meccanica o igienica dell’abitacolo. Fino ad arrivare a vedere in strada i vigili senza divisa ma solo con addosso la casacca rifrangente e paletta”. Oggi in Prefettura il comandante, Raffaele Clemente, ha incontrato, insieme con rappresentanti del Campidoglio, i dirigenti dell’Ospol-Csa, cercando di rassicurare i suoi agenti dell’interessamento da parte dell’amministrazione. Parole che non hanno soddisfatto i sindacati, saldamente ancorati a 18 punti, tra i quali organico, assicurazioni, parco auto e nuova organizzazione del lavoro. Per questo il 29 gennaio hanno indetto lo sciopero di 24 ore, “pronti a recedere se entro il 20 gennaio il sindaco di Roma Ignazio Marino ritenesse utile aprire un tavolo di confronto con segnali concreti nella risoluzione dei 18 punti di rivendicazione oggetto della vertenza”. Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha sottovalutando questa protesta perché è convinto di poter fare tutto senza l’aiuto dei vigili urbani. In fondo il sindaco di Roma è uscito da una grave crisi finanziaria grazie all’aiuto del governo

c o m m e n t i

che ha ripianato i suoi debiti. I vigili e le loro multe non servono al sindaco? Un sindaco che si mette contro il corpo della Polizia municipale è un sindaco dimezzato. Attenzione!

Ma i “renziani” sono tutti antiabortisti?

A

sorpresa, grazie a Matteo Renzi, il Parlamento europeo diventò anti- abortista. E’finita con una vittoria di 7 voti degli antiabortisti, con furiose polemiche in aula e con un Parlamento europeo spaccato in due la votazione sulla relazione “sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi” presentata dalla socialista portoghese Edite Estrela. E nelle file del centrosinistra la votazione ha provocato malumori anche nei confronti della pattuglia di sei deputati del Pd, di area cattolica e per lo più “renziana”, che si sono astenuti: il capogruppo David Sassoli, Silvia Costa, Mario Pirillo, Franco Frigo, Vittorio Prodi e Patrizia Toia. A scatenare la bagarre e la reazione della destra, un testo che aveva già scatenato polemiche a settembre, era stato rinviato in Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, ma che la Estrela aveva deciso di ripresentare praticamente senza modifiche di sostanza. Nella risoluzione, prescrizioni - non vincolanti dal punto di vista legislativo - per l’educazione sessuale, per la tutela della salute e del diritto di aborto, indicazioni per la “lotta contro la violenza in relazione ai diritti sessuali e riproduttivi”. Un testo fortemente progressista, con una serie di punti ad alta sensibilità per il fronte anti-abortista. L’apertura alla fecondazione in vitro per le coppie lesbiche. La richiesta di “servizi di qualità per l’aborto legali sicuri e accessibili a tutti” incluse le donne “non residenti” che vivessero in paesi Ue in cui l’aborto è ancora illegale. La proposta di “regolamentare e monitorare” l’obiezione di coscienza. La spinta a favore di una educazione sessuale “obbligatoria nelle scuole primarie e secondarie”, considerata “particolarmente necessaria” visto che grazie al web “i giovani hanno accesso precocemente contenuti pornografici e degradanti”. Un testo che “voleva introdurre surrettiziamente principi per noi inaccettabili” ha spiegato

Sergio Silvestri (Fi) parlando di una risoluzione che “rappresenta il manifesto ideologico dell’Europa laicista, abortista e portatrice di un modello sociale e culturale diverso da quello italiano”. Cosi’, i popolari del Ppe ed i conservatori dell’Ecr hanno presentato un emendamento che cancellava tutto, limitandosi a ricordare che in tutta la materia sono gli stati membri ad avere competenza. E’stato su questo emendamento che la sinistra ha perso (334 si’, 327 no, 35 astenuti) ed è scattata la bagarre in aula. Con la relatrice che ha “deplorato” la “ipocrisia e l’oscurantismo” dell’aula. Sommersa da “buu” e fischi dalla destra, applaudita dai banchi della sinistra, la portoghese ha ribattuto “urlate, ma non mi farete tacere” e dopo aver aggiunto di “deplorare i movimenti estremisti e fondamentalisti” ha chiesto che il suo nome fosse cancellato dal testo approvato concludendo di essere “certa che gli elettori ricorderanno questa vergognosa votazione”. I primi effetti dell’elezione di Matteo Renzi alla segreteria del Pd si sono fatti sentire. In Italia non se ne è accorto nessuno. E’un peccato che i mezzi di informazione abbiano messo in secondo piano questa notizia perché rivela la vera natura del Partito democratico. O, almeno, di Renzi.

Anche i poliziotti nel loro piccolo...

Q

uando la polizia di Buenos Aires si incazza. In questi giorni l’attenzione dei media italiani è concentrata sulle sorti del governo e sulle proteste dei forconi. La polizia italiana è finita nel mirino di fronte agli attacchi di coloro che hanno visto in un gesto della polizia il segno di un’apertura ai manifestanti che protestano sulla situazione economica del paese. Questi attacchi contro la polizia italiana sono ingiustificati se si pensa a quello che accade in altri paesi come l’Argentina, dove la polizia sta scioperando davvero e sta provocando il caos. “Queste cose non succedono per caso”: con queste parole la presidente dell’Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, si è riferita alla rivolta delle polizie locali, scoppiata una settimana fa a Cordoba per poi estendersi a 17 delle 23 province (entità federali) del paese, innescando una spi-

rale di violenza e saccheggi che ha lasciato un bilancio di 10 morti e centinaia di feriti. “Dobbiamo condannare il ricatto di coloro che portano armi per difendere la società, e non per aggredirla”, ha indicato Kirchner in un discorso ritrasmesso dalla Casa Rosada nel quadro delle celebrazioni per il 30 anniversario della fine della dittatura militare (1976-83), nel quale ha suggerito che la protesta delle polizie locali e’il risultato di una “pianificazione messa in atto con precisione chirurgica”. La presidente ha sottolineato che “oggi più che mai rivendichiamo la democrazia contro i violenti”, aggiungendo che “io non sono ingenua, non credo nelle coincidenze, e non credo nemmeno che le cose avvengono per contagio, perché il contagio spiega gli orecchioni o la varicella, ma non questo”. Con tono adirato, Kirchner ha accusato i poliziotti di “aver ‘liberato’zone per favorire i saccheggi”, indicando che nello stesso modo in cui le forze armate sono state riformate nei tre decenni seguenti alla dittatura “è arrivata l’ora di democratizzare le polizie provinciali d’una buona volta”. Il numero di vittime di una settimana di crisi si aggira ormai intorno ai 10 morti e centinaia di feriti: a Resistencia, capitale del Chaco - la provincia governata fino al mese scorso dall’attuale capo di gabinetto, Jorge Capitanich – è morto il primo poliziotto, un vicecommissario abbattuto da uno colpo di arma da fuoco mentre tentava di fermare un gruppo che attaccava un negozio locale. Il calcolo stesso del numero di vittime e’ difficile, a causa del caos che regna nelle strade di molte città: a Concordia, sulla frontiera con l’Uruguay, un giovane di 26 anni è morto fulminato, secondo le autorità mentre saccheggiava un negozio, e a Tucuman (nord) tre persone sono morte per ferite di arma da fuoco in condizioni ancora non chiarite. I media locali seguono l’agitazione delle forze dell’ordine e gli episodi di violenza e saccheggio quasi in tempo reale. Nel frattempo, i governatori di diverse province, condizionati dalla pressione della violenza, hanno ceduto rapidamente alle rivendicazioni della polizia, e gli aumenti decisi - in media del 50-60%, con punte che sfiorano il 100% - perturbano di fatto le trattative che si stanno aprendo per i contratti nazionali settoriali, nelle quali il governo nazionale cerca di limitare al di sotto del 25% (cioè del tasso di inflazione) le rivendicazioni dei sindacati. Molti temono che questa protesta possa ripetersi anche nel nostro paese. E forse non hanno tutti i torti.


Giovedì 12 dicembre 2013

il Paese PAROLE, PAROLE... Le parole famose del 2013. Oggi presentiamo Casaleggio intervistato dal Corrierone. La democrazia diretta sostituisce il Parlamento? “È più corretto dire che ne muta la natura, gli eletti devono comportarsi da portavoce, il loro compito è sviluppare il programma elettorale e mantenere gli impegni presi. Ogni collegio elettorale dovrebbe essere in grado di sfiduciare e quindi di far dimettere il parlamentare che si sottrae ai suoi obblighi”. Lei ha sostenuto che la politica del futuro sarà fatta dai cittadini senza intermediazione dei partiti. Un sistema di democrazia diretta implica modifiche ... “Le più immediate sono il referendum propositivo senza quorum, l’obbligatorietà della discussione parlamentare delle leggi di iniziativa popolare, l’elezione diretta del candidato che deve essere residente nel collegio dove si presenta, l’abolizione del voto segreto, l’introduzione del vincolo di mandato. È necessario rivedere l’architettura costituzionale nel suo complesso in funzione della democrazia diretta”. In Italia un terzo della popolazione non è connesso a Internet. Tra i 40milioni che si connettono almeno una volta al giorno, tanti ne fanno un utilizzo non funzionale alla partecipazione ... “Il digital divide in Italia è evidentemente voluto, visto che gran parte dei cittadini non può ancora connettersi alla Rete o non dispone della banda larga. Il MoVimento 5 Stelle ha ovviato a questo con incontri nelle piazze, attraverso banchetti presenti sul territorio e con il volantinaggio porta a porta. Si tratta in ogni caso di un periodo transitorio, nel tempo la maggioranza assoluta degli italiani sarà collegata in Rete. Internet diventerà come l’aria, come profetizzò N. Negroponte”. In un sistema di democrazia digitale come avviene la selezione della leadership e della classe dirigente? “La selezione deve essere fatta “dal basso”, dai cittadini, che propongono le persone più adatte e di cui conoscono la storia e le competenze. Va considerato che il concetto di leadership è estraneo alla democrazia diretta. I movimenti di democrazia diretta rifiutano il concetto di leader. Occupy Wall Street, per esempio, ha coniato per sé stesso il neologismo leaderless, senza leader”.

LA VOCE REPUBBLICANA

terza pagina

“Traviata”: è magari il racconto della vita più intima del grande compositore? Alcune strane affinità Ma se si scompagina più di tanto il copione originario, il loggione tradizionalista alla fine si ribella, come si è visto alla prima di Milano l’altra sera

Il segreto della felicità? E’ la pasta fatta in casa. Ma Verdi è d’accordo?

G

iuseppe Verdi e le donne: c’è poco da fantasticare e al contempo c’è molto da strologare sui rapporti fra il maestro e l’altro sesso. Nella vita, bando a stranezze. Nel melodramma allora la fantasia spicca voli più alti, sempre rimanendo incollata ad un robusto realismo. Se si parla di un’eroina incagliata nelle romanticherie medievaleggianti, come ad esempio la Leonora del “Trovatore”, allora è concesso un certo distacco dalla piatta terrestrità, in favore di un innamoramento universale, simbolico, generico ed eterno. Se si parla di Violetta e si parla dunque di “Traviata”, allora il realismo verdiano non può certo scendere a compromessi, giammai. Violetta sarà trattata come vera donna, come vera cortigiana e mantenuta. Scandalo, naturalmente, dato che vince e viene fatta volare sui binari dell’eterno una donna di malaffare o, comunque di malaffare d’altissimo livello, di lusso quasi inimmaginabile oggidì. Al posto della vergine che si getta dalla rupe o dal bastione o s’offre scoperto il sen all’acciar del boia, ecco che al posto del rito sovrano si propone la glorificazione della puttana. Signori, ma è possibile mai? Sì, lo è, è possibile e si badi che l’archetipo delle Violetta verdiana è lì a raccoglier il guato di sfida. Prima che la memoria decada, vogliamo ancora parlare dell’ultima “Traviata” delle polemiche, stando attenti a galleggiare fra le due sponde, senza premere con una insistenza maggiore e non pienamente motivata il piede su una delle due. Quali sponde: è lestamente detto. Una, quella della provocazione ricercata, come si costuma ad esempio a Salisburgo, noto macello mozartiano indirizzatosi ormai verso la poetica del dileggio e della rivisitazione scandalosa. Nel senso che se scandalo non c’è la messinscena è un fallimento. Ma questa è ormai una sorta di enclave a sé, per turisti e per austriaci, e chissà come finirà. Ora, se un regista, Dimitri Tcherniakov nel caso, pensa di venire a Milano, alla Scala, tanto per provocare, allora farebbe bene a nono scomodarsi affatto, poiché certe boiate in Italia non sono gradite. E infatti non crediamo affatto che Tcherniakov sia giunto fin qui per provocare, piuttosto per offrire una sua lettura di uno spartito noto ad ogni latitudine, e addirittura conosciuto nel dettaglio. Si dirà poi preliminarmente che all’opera non ha alcun senso l’idea di sbagliare o non sbagliare, che nel caso sono concetti assurdi. La validità del tutto si ottiene se, per dirla alla buona, il tutto tiene e non finisce

con lo sfilacciarsi per manchevolezza o per capriccio che alla fine in manchevolezza si traduce. Non fu il caso, ci pare, in questa prima. Il rumore della stessa viene però amplificato se si innensca una lotta fra le intenzioni del compositore padrone e quelle del regista. Ora, qui, con la sua Violetta, Verdi risulta quanto mai preciso ed esigente. Forse che Violetta è la sua amata Strepponi, com-

pagna e non ancora sposa in quel di Busseto, non benedetta da rito religioso, insomma, e dunque spiacevole e spiaciuto bersaglio di pesante censura sociale. Immaginate un po’ l’ambiente, i tempi, la grettezza del tutto, il bigottismo. Connubio non consacrato, scandalo che si protrae, e rumores infami su precedenti relazioni di lei... Violetta. E Barezzi, il suocere di lui, può sopportare che venga introdotta una tal traviata e senza la t maiuscola, questa volta. E la Memoria, di Margherita? Dov’è, si chiede il Barezzi, è stata forse dimenticata? Ma come mai sarebbe. E poi qui non siamo, che so io, a Parigi, nella metropoli tentacolare. Parigi va bene per Violetta, insomma. Ma Busseto... Insomma. “Povera donna, sola, / abbandonata in questo / popoloso deserto / che appellano Parigi, / che spero or più?”. Si tranquillizzino gli aridi paesani, Verdi lo scrive nero su bianco: “In casa mia vive una Signora libera, indipendente, amante come me della vita solitaria, con una fortuna che la mette al coperto di ogni bisogno”. Insomma, che lo lascino in pace, questi scemi ingrati, abitanti di un paese che “tempo fa non m’ha degnato d’avermi a suo organista, ed ora mormora...”. A ben vedere, allora, con spirito moderno e spregiudicato, forse che Violetta non è l’artistico riscatto di ogni povera donna di cui si mormori al mondo? Ora è la Strepponi, su cui la diceria vana si infrange, si spezza come sulla roccia, tanta è la sicurezza di lei e di lui, tanta la meschinità di quella rozza comunità di comari stupidamente timorate; ora è una traviata vera, con la t maiuscola, è Traviata, è La Traviata ed è finalmente violetta. Tcherniakov, regista teatrale dell’Est Europa, bada assai agli intrecci delle relazioni fra gli umani. Lo ha detto lo stesso in una interessante illuminante intervista che in televisione si è vista assai poco. Come traduce tutto questo in scena? E, soprattutto, ci riesce? Direi di sì, anche se non è facile in Traviata spostare il punto della percezione classica, quella voluta da Peppino Verdi in persona. Gli esseri che si amano sono travagliati, eternamente percorsi dai dubbi: farò bene ad investire la mia vista nelle mani di costui? Rischio qualcosa e non me ne sto accorgendo? Come poso essere sicuro dei miei sentimenti? Come posso essere certo dei sentimenti altrui? È l’eterno travaglio, il detto e non detto, la menzogna dove però pretenderemmo che l’altro vi leggesse il vero. La parola che salva, la parola che l’altro non ci dirà, la parola che all’altro non diremo. Chissà se la casa di campagna dell’atto secondo è quella di Busseto nell’immaginazione verdiana, la casa della quiete e della riservatezza tanto rincorsa. Per Tcherniakov è la appartata dimora dove Alfredo canta e tira la pasta col mattarello facendo infuriare il loggione oltre ogni dire. Altro che infuriare; diciamo pure imbestialire di brutto, e si è visto alla fine, coi soliti “buuu” di prammatica, come se in fondo dalla piccionaia ultratradizionalista non fosse lecito aspettarsi altro. Ma a noi che importa: se il sogno di Verdi era quello della quiete fra il verde, ben venga anche quella pasta tirata di fino, sottile sottile, con lei

che ogni tanto sparge una spruzzata di farina. E questa è l’istantanea della felicità, nessun dubbio. Alfredo un imbecillone? Lei una traviatona ora traviatina con la molletta fra i capelli scarmigliati e il grembiule che ne martirizza la sciatta figura? E sia, se incosciente ebete ebbrezza i due si voglion dare. Ma se l’amore fosse maschera e messinscena che l’uno allestisce per l’altro, e che allestisce per il terrore che quell’amore altro non sia che un buco, se questa è la risulatante, ebbene ecco che nel quadro secondo, atto secondo, lo strazio si fa palpabile, e i due, che fingon di detestar-

si, in realtà si sfiorano e squadrano e già vivono nel rimpianto di una situazione beata rovinata nell’inferno. E questo, Tcherniakov, il regista della pasta fatta in casa, lo mostra con intuizione brillante, magari genialoide. Questo guardare sotto, sotto le situazioni scontate, anche sotto le tradizioni che sembrano pietrificate, è cosa del teatro Est europeo, senza dubbio. Pensiamo un momento ad un grande come Eimuntas Nekrosius e al suo scoperchiare inesausto, risalendo la corrente all’indietro. quando ci ha dato un “Macbeth”, suo capolavoro massimo, ha dichiarato di voler scavare nel passato della coppia dei sovrani lordi di sangue. Non saranno sempre stati così feroci, si è chiesto,e dunque nella messinscena ci dava un ritratto dei due da giovani, all’epoca dell’amore e della felicità. Lettura inedita, mai osata da nessuno, in fondo. prova a trovare motivazioni d’altro tipo (sempre amorose) sollevando i lembi di ciò che bisogna essere cauti a smuovere. E poi c’è un’orchestra, un tempo musicale “duro” che non si può trascurare a piacere. E una vicenda vicina, vicinissima, quasi a noi attuale, per Peppinio Verdi attualissima. Tcherniakov ne ha fatto un test sull’amore e sulle sue possibilità. A suo modo ha osato, e molto. Ma non si è mosso con lo sberleffo annoiato di chi galleggia in superficie, questo no. Certo, per il loggione protestatario resterà sempre il regista della pasta fatta in casa. Meglio ricordarsi di questa Traviata almeno per un dettaglio che scordarsela per sempre. Come sovente purtroppo accade. (f. be.)

z i b a l d o n e

Arrivò Depero e fu subito design d’oggi

I

3

l Museo Archeologico Regionale di Aosta prosegue l’indagine sulle avanguardie storiche del ‘900 focalizzando l’attenzione su Fortunato Depero, una delle figure maggiormente significative del secolo scorso che ha saputo proporre una visione dell’”arte totale”. “Universo Depero”, a cura di Alberto Fiz e Nicoletta Boschiero, è organizzata dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con il Mart di Rovereto che ha assicurato il prestito di una serie particolarmente significativa di opere, alcune mai esposte prima d’ora, che spaziano dal 1910 alla fine degli anni Quaranta. La mostra fa parte di un progetto teso alla valorizzazione dell’artista, come confermano i tanti eventi internazionali che lo coinvolgono, tra cui “Depero y” la reconstruccion futurista del universo” proposta sino al 12 gennaio 2014 a La Pedrera di Barcellona, la grande rassegna sul futurismo in programma al Guggenheim di New York dal 21 febbraio al 1° settembre 2014 a cui farà seguito, in giugno, la personale “Depero futurista alla Fundacion Juan March” di Madrid. I prestiti del Mart sono arricchiti da testimonianze significative provenienti da altre realtà museali fondazioni, gallerie e musei aziendali come la Campari con cui si è sviluppato un

lungo sodalizio durato dal 1925 al 1939. Non manca, poi, un nucleo di testimonianze che fanno parte della collezione personale dell’artista Ugo Nespolo che ha sempre considerato Depero un suo fondamentale punto di riferimento. La mostra in programma ad Aosta affronta l’Universo Depero nelle sue differenti declinazioni: sono esposte oltre 100 opere tra dipinti, arazzi, tarsie, panciotti futuristi (il Panciotto di Tina Strumia proviene del museo dell’Aeronautica Gianni Caproni di Trento), mobili, sculture, bozzetti, progetti, libri (tra cui il celebre Libro imbullonato del 1927), disegni e schizzi in un’esposizione che ripercorre l’iter creativo dell’artista dai suoi esordi in ambito simbolista (la mostra si apre proprio con un’opera simbolista come Il taglialegna del 1912) alla sua adesione al futurismo giungendo sino alle realizzazioni degli anni Quaranta quando appare evidente il recupero della tradizione e dell’arte popolare. In una rassegna così concepita, non mancano le riflessioni sul teatro e la danza (appaiono di particolare significato i progetti per I Balli Plastici provenienti dal Mart, oltre a due storici dipinti come Tarantella e Al Teatro dei Piccoli. Balli Plastici), sulle tappe che hanno condotto nel 1919 alla nascita di Casa Depero, sull’esperienza americana (qui nascono i progetti per Vanity Fair e Vogue), così come sullo stretto legame con il mondo pubblicitario che per Depero ha lo stesso valore della ricerca artistica indipendente, tanto che nel 1926 espone alla Biennale di Venezia una sua pubblicità per Campari, Squisito al selz. La rassegna è divisa in sei sezioni che delineano le fasi salienti della sua esperienza artistica: 1) Esordi e Futurismo; 2) Clavel e il Teatro; 3) Casa del Mago; 4) Pubblicità; 5) Stile d’acciaio; 6) Rivisitazioni. Nell’ambito dell’allestimento verrà realizzato un tappetoinstallazione con 100 maxibottiglie di Campari Soda che riproducono in formato gigante la storica monodose disegnata da Depero nel 1932. Sarà proiettato, tra l’altro, Esplosioni di un artista del 2008, il video che il regista Luciano Emmer, un anno prima della sua scomparsa, ha voluto dedicare a Depero. Una mostra, dunque, che consente di ripensare, in termini nuovi, l’indagine di un artista che ha fatto dell’arte un’esperienza destinata a modificare la percezione dello spettatore che si trova coinvolto in spazi dove ogni dettaglio del proprio contesto ambientale e sociale viene ripensato in maniera radicale.

I sindacati posti di fronte ai forconi

F

orconi, c’è il disagio e chi lo sfrutta, scrive Di Vico sul “Corriere”. “Si apre il terzo giorno della protesta dei Forconi e il prefetto di Torino ha ottenuto rinforzi per contrastare manifestazioni - parole sue - ‘uniche nel loro genere perché basate su azioni sporadiche e presidii improvvisi in diversi punti’. Una città storicamente abituata a convivere con forme radicali di conflitto ieri è parsa alla mercé di manifestanti che potevano interrompere a loro piacimento qualsiasi servizio pubblico e intimidire i commercianti. Il tutto in un vuoto pneumatico, nel quale assenti la politica e le forze sociali, troppo lento nell’agire il ministro dell’Interno, il peso del confronto - persino psicologico - è stato caricato sui poliziotti. Nessuno sottovaluta ampiezza e profondità del malessere che attraversa la società e che mette in difficoltà le frange più deboli del lavoro autonomo, come i camionisti con un solo Tir o gli ambulanti, ma si ha l’impressione che le loro rivendicazioni servano come foglia di fico ai veri capi della rivolta. Sul campo è nato con il logo dei Forconi un attore sociale e politico trasversale, il cui retroterra non è chiaro e che ha aggregato di tutto, persino gli ultrà del calcio”. Insomma, l’affermazione è ragionevole: sociologicamente non è affatto chiaro come inquadrare questi signori - e signore. I sindacati? Non sanno anch’essi definire e quindi balbettano. Certo, il no alla violenza rimane, ma quello che invece sfugge è la

caratterizzazione della massa che protesta. O non `massa, per caso, ma tale appare? “Un mondo politico - si legge

più avanti - costantemente alla ricerca di un copione da recitare non aspettava altro che strumentalizzare la protesta. Beppe Grillo ha intravisto nella mobilitazione dei Forconi la possibilità di intestarsi ‘il disagio sociale’ per saldarlo alla collaudata retorica anti-politica. Ne è scaturito un incredibile invito alla polizia a farsi da parte, a non difendere più uomini/luoghi delle istituzioni. È la democrazia a 5 Stelle che prevede che l’avversario, se giornalista, debba essere messo alla gogna e se, politico, lasciato in balia della collera dei Forconi. Anche Silvio Berlusconi non ha resistito alla tentazione di far sentire la sua voce intimando al governo di convocare subito gli autotrasportatori ribelli, che lui comunque vedrà già oggi in parallelo al discorso che il premier Enrico Letta terrà in Parlamento. La vecchia tattica del Pci di contrapporre simbolicamente Paese legale e Paese reale deve aver conquistato il Cavaliere nella nuova modalità di politico extraparlamentare”. Ah, questa ci era sfuggita. Berlusca che incontra i Forconi? Prima non ci sembra l’abbia mai fatto. Ma, evidentemente come dice l’adagio antico e veritiero, di necessità si fa virtù. E ancora, proseguendo nell’acuto commento: “Blocchi stradali à la carte e proclami populisti lascerebbero il tempo che trovano se non fosse il contesto a renderli pericolosi. La sensazione di vuoto avvertita a Torino rappresenta una metafora della nostra attuale condizione. Siamo ‘tra color che son sospesi’, chiediamo immediate e incisive riforme della politica e la Corte costituzionale ha messo in scacco chi dovrebbe votarle. Vediamo che altri Paesi stanno uscendo dalla recessione e noi dobbiamo accontentarci che il Pil non viaggi più in negativo. Forse è troppo facile indirizzare tutto ciò verso Palazzo Chigi, ma è la coincidenza temporale a imporlo. Letta è atteso a Montecitorio per un passaggio politico che si presenta delicato. Non prometta la luna, come fece nel discorso di insediamento, affronti i nodi che gli si sono parati davanti e dia le risposte che l’opinione pubblica attende. Riempia il vuoto e avrà dato un contributo anche all’isolamento dei Forconi”. Letta è cronaca di oggi, da affrontare nel clima del giorno dopo. Rimangono in piedi alcune questioni, ovviamente trascuratissime: quando i forconi, col loro impasto di rivendicazioni e nette e ambigue si presentarono tempo fa sul proscenio, non perdemmo troppo tempo ad analizzarne nel dettaglio la struttura, la compagnie, le motivazioni, le appartenenze. Sperammo che prima o poi sarebbero scomparsi. E infatti è ciò che è accaduto. Solo che sono ritornati e noi siamo più impreparati di prima. Oggi poi trovano anche l’appoggio di certe forze mal definite e allora stai a vedere che bella frittata che si prepara. In quanto ai sindacati abbiamo già detto: non sanno che pesci pigliare e tutto il resto...


4 LA VOCE REPUBBLICANA

Giovedì 12 dicembre 2013

Nucara: anche la Locride va compresa nella Città Metropolitana Una zona che risalta per la sua vocazione turistica e per la specializzazione agricola

Ma è necessario superare ogni tipo di localismo

L’

inserimento della Locride, soprattutto per la sua vocazione turistica e per la specializzazione agricola, potrebbe essere fondamentale nell’ipotesi progettuale della città metropolitana. Ne è convinto l’on. Francesco Nucara, segretario nazionale del PRI e uno dei principali artefici della conquista della città metropolitana. “L’esperienza nelle grandi opere, che hanno interessato aree vaste in Italia – afferma - ha mostrato come il progetto di fattibilità vada costruito in un arco temporale di circa 1-2 anni con un coinvolgimento strutturato di tutti i principali attori del territorio: politici, istituzionali, sindacali, imprenditoriali e sociali.

Questo approccio consente, da una parte, di guidare in modo corretto il necessario consenso popolare che un’iniziativa di questo tipo deve ricevere; dall’altra parte consente di individuare un percorso di investimenti, di completamento e sviluppo di nuove opere, in grado di “leggere” il territorio in modo organico e coerente con le sue potenzialità complessive. Noi abbiamo pensato spiega il segretario del PRI - a una città metropolitana lineare, che vada da Melito a Gioia Tauro, e comprenda, soprattutto, la Locride con la sua vocazione turistica e di specializzazione agricola. Il tempo stringe, però, e dobbiamo giocare di anticipo attrezzandosi subito per il futu-

ELENCO PAGAMENTO TESSERE PRI 2013 Sez Pri “Spadolini” Torino; Sez. Pri “Mameli” Genova; Consociazione Forlivese; Sez. Pri “Cattaneo” Milano; Sez. Pri “Arcamone” Foligno (PG); Unione Comunale Cervia (RA); Sez. Pri, Prato-Firenze-Pistoia; Sez. Pri “Mazzini”, Modigliana (FC); Sez. Pri “Mazzini”, Vecchiano (PI); Sez. Pri Albano Laziale, Roma; Sez. Pri “Mazzini” Ariccia, Roma; Sez. Pri Lanuvio, Roma; Sez. Pri Padova; Sez. Pri “Cattaneo”, Rovigo; Sez. Pri Cesenatico (FC); Sez. Pri Paola (CS); Sez. Pri “R. Pacciardi” Grosseto; Sez. Pri “Chiaravalle” Soverato (CZ); Sez. Pri Jesi e Chiaravalle (AN); Sez. Pri Catanzaro; Consociazione Pri Cesena; Federazione Provinciale Pri Ravenna; Sez. Pri “Silvagni-Mazzini-Valconca”, Rimini; Sez. Pri “Mazzini”, Rimini; Sez. Pri, Novi Ligure (AL); Sez. Pri, Lamezia Terme; Sez. Pri Vomero Arenella (NA); Sez. Pri “Ugo La Malfa”, Codigoro (FE); Sez. Pri “Pisacane”, Foggia; Sez. Pri “Sant’Andrea Borgo Mazzini” Rimini; Sez. “Ugo La Malfa”, Napoli; Sez. Pri “Celli” Cagli (PU); Sez. Pri “Centro”, Caserta; Sez. Pri “Garbarino”, Chiavari (GE); Sze. Pri Fano (AP); Sez. Pri “Mazzini”, Comacchio (FE); Sez. Pri “Giovine Europa”,Andora (SV); Sez. Pri Mantova; Sez. Pri Dro (TN); Gruppo Pri Lucchese, Lecco; Sez. Pri “G. Spadolini”,Viareggio; Sez. Pri “R. Sardiello”, Reggio Calabria; Sez. Pri Melicucco (RC); Sez. Pri Locri (RC); Sez. Pri Samo (RC); Sez. Pri Africo (RC); Sez. Pri Bovalino (RC); Sez. Pri Gioia Tauro (RC); Sez. Pri Pavona, Roma; Sez. Pri Cecchina, Roma; Sez. Pri Palombara Sabina, Roma; Sez. Pri Tuscolana, Roma; Sez. Pri "Pisacane", Foggia; Sez. Pri "G. Mazzini", Ferrara; Sez. Pri "L. Santini",Viterbo; Sez. Pri Trieste; Sez. Pri “Camangi” Roma; Sez. Pri “Bonfiglioli” Bologna; Sez. Pri Grottaglie (BA); Sez. Pri Spilimbergo (PN); Sez. Pri “Aurelio Saffi” Ravenna; Sez. Pri Varese; Sez. Pri Bottiroli” Voghera (PV); Sez. Pri “Mameli” Cologno Monzese (MI); Sez. Pri Cremona; Sez. Pri “Flaminio Prati (Roma); Sez. Pri “F.lli Bandiera” San Pietro in Campiano (RA). Sono pervenute all'Ufficio Amministrazione del PRI versamenti di pagamenti tessere di singoli iscritti. E' chiaro che ai fini congressuali l'iscrizione singola non consente la partecipazione ai lavori dell'Assise repubblicana. Chi non è nelle condizioni di avere una sezione dovrà iscriversi a quella territoriale più vicina. Per ogni ulteriore informazione o chiarimento si prega di rivolgersi all'Ufficio Organizzazione (Maurizio Sacco) ai seguenti numeri: 338/6234576 - 334/2832294 - oppure orgpri@yahoo.it

MODALITÀ PAGAMENTO TESSERE PRI 2013 Conto Corrente Postale n. 33579004 intestato a Partito Repubblicano Italiano Bonifico IBAN IT03N0760103200000033579004 intestato a Partito Repubblicano Italiano

ro della città e del suo hinterland”. Ma molti si chiedono come definire i confini fisici di questa nuova realtà. “Non lo sappiamo. Bisogna studiare per inglobare realtà economiche, sociali e culturali in un unico disegno urbano, con la partecipazione di tutta la classe dirigente: politica, industriale, culturale, sociale ecc. Una cosa è certa: solo con una programmazione dal basso otterremo il consenso necessario a soluzioni rapide”. Sembra anacronistico parlare di soluzioni rapide; il riconoscimento di Reggio come città metropolitana da parte della Regione è del maggio 2006. Già si lamentano grossi ritardi, si fanno anche polemiche su primogeniture ed esistono le solite contrapposizioni. I punti interrogativi rimangono tanti. “Non nascondo che esiste una certa inerzia della classe dirigente locale, e in primis della classe politica; anche per questo non mi stanco di organizzare o partecipare a dibattiti su questo argomento. Ma penso che sia necessario lasciare da parte ogni tipo di polemica e semmai lavorare quanto più possibile per il futuro di questa città metropolitana. Dibattere significa accettare e discutere su idee, talvolta contrapposte e non su persone. Chi parla di persone e non di cose da fare evidentemente non sa cosa dire. D’altra parte è necessario evitare facili entusiasmi, precursori anche di facili illusioni e conseguenti delusioni. Lo Stato potrà realizzare il progetto delle città o aree metropolitane attraverso iniziative che riconoscano l’importanza di favorire una politica delle città attraverso un fondo di capitale pubblico specializzato. In particolare, per l’avvio dell’istituzione della città metropolitana di Reggio Calabria, dovrebbe essere redatto un piano d’azione che dia enfasi sia ai fattori di metropolizzazione immateriali che a quelli materiali e che, in divenire se si creeranno le condizioni, rappresenti un primo passo verso l’integrazione con l’area metropolitana dello Stretto”. Cioè? “Le azioni da intraprendere nel breve termine dovranno essere volte allo sviluppo di fattori di metropolizzazione immateriali, mentre in una fase successiva potranno essere messe in atto azioni più specifiche”. Vogliamo abbozzare le cose sulle quali si dovrebbero concentrare gli sforzi nel breve e medio periodo? “Intanto, anche dopo il riconoscimento a livello normativo della città metropolitana, permane la necessità di creare una coscienza culturale metropolitana nei fatti. Quindi

Recensione di Antonio Angeli del libro di Giancarlo Tartaglia "Francesco Perri, dall'antifascismo alla Repubblica" di prossima uscita. La recensione è apparsa su “Il Tempo" del 13 ottobre 2013

C

ome è possibile nascere repubblicani in una monarchia, quale era l’Italia alla fine dell’Ottocento? Significa anteporre il ragionamento e l’amor di patria a qualunque convenienza. Accadde a Francesco Perri, acutissimo osservatore e al tempo stesso protagonista della vita democratica del nostro paese. Perri nacque nel 1885 in un paesino in provincia di Reggio Calabria, dal quale si distaccò subito per vivere tra il nord d’Italia e il cuore dell’Europa, mantenendo sempre, però, l’occhio e la mente rivolti a quella che per decenni si è chiamata “Questione Meridionale”. Perri fu, nella sua vita di intellettuale, lunga e difficile, “schiavo” del pensiero. Il ragionamento lo fece essere repubblicano nell’Italia dei Savoia, antifascista quando marciavano le camicie nere e poi meridionalista, legato alle realtà locali al tempo dell’Impero... La storia di questo intellettuale, giornalista e politico, uno di quelli che hanno costruito dal basso, con lacrime e sangue (veri), l’Italia felix del boom economico, è scritta in un completissimo saggio biografico: “Francesco Perri. Dall’antifascismo alla Repubblica”, di Giancarlo Tartaglia, Gangemi Editore, 320 pagine, 25 euro. Tartaglia, storico, giornalista e docente universitario descrive, con una minuziosa opera documentale, da Giolitti alla Ricostruzione, l’evoluzione e la vita di quest’uomo che aveva come obiettivo l’affermazione di un principio modernissimo: la selezione dell’élite di governo deve essere realizzata per via meritocratica e non per mero diritto di successione. Individuò nella monarchia, con i suoi rituali e le sue clientele, un ostacolo insuperabile per la realizzazione di un paese moderno. Nel Ventennio visse un antifascismo appartato, di poco clamore, ma di costanti sofferenze. Si dedicò alla politica nel difficile periodo dell’occupazione nazista finché, dopo la liberazione, nel ’45, il partito lo volle alla guida del “Tribuno del Popolo”, foglio repubblicano genovese, e poi della stessa “Voce Repubblicana”. Fu protagonista delle battaglie per la Costituente e per la Repubblica fino ai giorni della vittoria referendaria. Roberto Balzani, nella sua introduzione, definisce il libro “un bel contributo alla storiografia sul repubblicanesimo, che sarebbe piaciuto a Giovanni Spadolini”. E a tutti quelli che costruiscono e vivono la democrazia “dal basso”. Antonio Angeli,“Il Tempo”, 13 ottobre 2013

la nuova città metropolitana deve avere come primo obiettivo la formazione del proprio capitale umano, con lo scopo di dotarsi di quadri amministrativi e dirigenti capaci di formulare una visione strategica e congiunta che permetta di superare i localismi. Poi, io penso alla necessità di un’adeguata organizzazione e coordinamento delle attività degli enti amministrativi della provincia

di Reggio e di questi con gli enti della provincia di Messina attraverso accordi fattivi delle amministrazioni delle due sponde. Questo punto assume particolare rilevanza in questo momento, in considerazione dell’attuale crisi finanziaria ed economica, che impone alle amministrazioni locali ed ai gestori dei servizi pubblici la ricerca di nuove sinergie, integrazioni e quindi maggiori efficienze. E ancora, una integrazione sinergica dei servizi strategici quali il sistema universitario, la ricerca, la sanità, la cultura oltre ovviamente ai servizi di trasporto. Nel breve termine è auspicabile dare precedenza all’organizzazione dei servizi per dare uno stimolo ai fattori di metropolizzazione con costi contenuti e tempi di gran lunga più brevi rispetto alla infrastrutturazione che evidentemente richiede tempi più lunghi e procedure più costose. Questi sono passi indispensabili. Fatto ciò, si dovrebbe andare ad accordi operativi con i privati e i fornitori di pubblica utilità per sviluppare nuovi servizi e per ricercare maggiore efficienza nei servizi già offerti. E soprattutto, è necessario realizzare un piano integrato congiunto dei trasporti realisticamente realizzabile”. Aristide Bava,“Gazzetta del Sud”, martedì 10 dicembre 2013


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.