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Materiali

Materiali dal sito “Welfare generativo” della Fondazione “Zancan”

Le idee guida che hanno ispirato il welfare redistributivo sono state innovative nei contesti storici e sociali in cui sono nate e in cui sono state implementate. In una realtà complessa come quella attuale sono inadeguate e superate. Come cambiare strategia, passando da un welfare redistributivo a un welfare generativo?

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Condizione necessaria è muovere «dalla logica del costo a quella del rendimento», passare dall’enfasi sul valore consumato a quella sul valore generato. Significa superare “l’amministrazione senza rendimento”, con soluzioni capaci di trasformare le risorse a disposizione, puntando sull’innovazione delle risposte e non solo sul loro efficientamento.

Si tratta di passare dal welfare attuale che raccoglie e ridistribuisce a un welfare che, oltre a raccogliere e a ridistribuire, rigenera le risorse, facendole rendere, grazie alla responsabilizzazione legata a un nuovo modo di intendere i diritti e doveri sociali.

“Da troppi anni – sottolinea Tiziano Vecchiato, direttore della fondazione Zancan – le politiche pubbliche hanno trasformato la lotta alla povertà in pratiche assistenzialistiche fatte di sussidi e trasferimenti monetari, senza chiedersi se questo potesse bastare, se dopo l’aiuto (necessario nell’emergenza) non fosse ancora più necessario l’aiuto che valorizza le potenzialità di ogni persona.”

«La grande sfida – spiega ancora Vecchiato – non è fare qualcosa “per” i poveri ma “con i poveri”. È chi li vive quotidianamente, senza rinunciare alla propria dignità, che può davvero indicarci come affrontare i problemi. Insieme, ciascuno con le sue competenze, ma sempre partendo dal presupposto che il povero non è un bisognoso da assistere ma una persona. Dico di più: se vogliamo uscire dall’equivoco degli aiuti che non aiutano, dobbiamo smetterla anche col materialismo del “dare senza chiedere”».

«A quanti incontreremo dobbiamo dire “io non posso aiutarti senza di te”, senza che ti rimetti in gioco e scommetti sulle tue capacità. È un’opzione etica, una scelta di fede, un modo per accompagnare ai diritti la riscoperta dei doveri e per questa via dare senso profondo all’incontro tra persone. A quel punto il “non posso aiutarti senza di te” potrà anche trasformarsi in proposta: “quello che ricevi non è soltanto per te, ma per aiutarti e per aiutare”, per facilitare soluzioni condivise a vantaggio dell’intera città, perché nessuno è così debole o così povero da non avere nulla da offrire».

La lotta alla povertà è possibile non solo chiedendosi cosa serve e a chi, ma cosa aiuta e come.

Non è un problema di quantità di risorse ma di combinazione di capacità, professionali e non professionali, per meglio finalizzare gli aiuti a disposizione.

La dignità di ogni persona, anche se povera, è valore umano fondamentale da riconoscere e valorizzare. Aver bisogno non significa essere più deboli e meno capaci. Significa essere chiamati ad affrontare situazioni molto difficili, al limite della sopravvivenza, e poterne uscire. È un messaggio del titolo «Io non mi arrendo».

http://www.welfaregenerativo.it/

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