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Per vincere è necessario togliere

Dall’architettura alla manifattura passando per il marketing, alcuni esempi per fare di più con meno

Less is more disse l’architetto Ludwig Mies Van Der Rohe, uno dei maestri insieme a Le Corbusier e Frank Lloyd Wright del movimento moderno che caratterizzò la prima metà del ‘900 e che rivoluzionò architettura, urbanistica e design. Mentre nei tempi passati l’opulenza e la complessità erano sinonimi di bellezza, maestosità e ricchezza, nel ventesimo secolo si è superata questa concezione e la semplicità ha (almeno apparentemente) pervaso ogni ambito della nostra quotidianità, dall’abbigliamento ai prodotti tecnologici oltre che il visual e l’industrial design. Less is more significa togliere il “non necessario”, il troppo che causa complessità e non è funzionale. Pensiamo al principio di Pareto, il famoso 80/20 riscontrato in molti sistemi complessi dotati di struttura causa-effetto, il 20% delle cause provoca l'80% degli effetti. L’esempio più conosciuto è quello che vede circa l’80% della ricchezza mondiale in mano al 20% della popolazione, le applicazioni sono però numerose: il 20% dei prodotti in un magazzino genera l’80% delle vendite, il 20% delle società quotate genera l’80% del valore di borsa e così via. Ovviamente si tratta di osservazioni empiriche e sono dati solo indicativi, è però interessante comprenderlo per cercare di capire cosa, all’interno della propria azienda (come nella vita) è in più e spesso non necessario e cosa invece genera del valore e sul quale dovremmo concentrare maggiormente i nostri sforzi e la nostra attenzione. Un imprenditore è tale perché ha una visione che è fuori dal comune, trova opportunità dove gli altri non vedono nulla, è importante però capire quali, tra le mille opportunità e idee che possono venirci in mente, è la più significante e sulla quale vale la pena focalizzarsi per realizzarla meglio di chiunque altro. Comprendere quali sono le priorità . La prima cosa che fece Steve Jobs quando tornò in Apple alla fine degli anni ‘90 fu quella di eliminare i tanti prodotti nel loro listino non strategici per concentrarsi su pochi, pochissimi prodotti ma realizzati alla perfezione. Il suo obiettivo era quello di fare ordine e chiarezza ai loro occhi e a quelli del consumatore e questo è uno dei motivi dell'enorme successo di Apple negli ultimi 20 anni. Un buon ristorante spesso lo si riconosce dal menù che propone, quelli con troppi piatti confondono il cliente e la percezione della qualità ne risente, anche qui, less is more. Esistono ovviamente delle eccezioni soprattutto nelle grandi corporate nate negli ultimi anni in Asia, si pensi a Xiaomi che produce elettrodomestici, monopattini e anche telefoni, tutte però sotto brand diversi, con diversi canali distributivi e promozionali. Anche Ferrero ha moltissimi prodotti nella sua gamma, però sotto il brand Nutella c’è quella e basta. Ovviamente molto dipende dalla strategia su cui si fonda la propria azienda, quanto detto vale sicuramente in un contesto di differenziazione di prodotto rispetto ai competitors dove il prezzo non rappresenta il principale driver di acquisto del consumatore. Il principio del togliere piuttosto che aggiungere può essere applicato a diversi ambiti aziendali, si pensi alla comunicazione, Apple dopo la rivoluzione di Jobs alla fine degli anni ‘90 lanciò la nuova linea di Mac con la campagna Think Different, qui il computer non era neanche citato, non si parlava di ram o di scheda grafica ma un unico, semplice messaggio ispirazionale con le figure storiche che avevano cambiato il novecento, da Muhammad Ali a Gandhi. Alcune aziende vengono ancora oggi ricordate per una singola pubblicità particolarmente efficace, semplice e di impatto fatta diversi anni addietro rispetto alle centinaia fatte successivamente. Inoltre non è necessario essere presenti in ogni canale comunicativo per poter essere di impatto (soprattutto se si è un’azienda piccola con risorse limitate), spesso è meglio concentrarsi al 100% su un singolo canale (social, TV ecc.) dove è realmente presente il proprio pubblico target e ottenere il massimo da questo. A riprova di quanto detto negli ultimi anni è tornato di moda il minimalismo, in un’epoca di abbondanza di prodotti (basta un click per comprare ciò che ci piace), di notizie e informazioni, di social network, immagini, video e contenuti più o meno utili, l’essenziale è diventato un’esigenza del consumatore e con esso la voglia di fare chiarezza, per riuscire a limitare al minimo le distrazioni e focalizzarsi solo su ciò che aggiunge valore alle nostre vite. Soprattutto per un piccolo imprenditore è difficile riuscire presidiare troppe attività, prodotti, servizi. Controllare diversi terreni può essere gratificante però significa anche più confini da proteggere e quindi maggiore vulnerabilità, una complessità eccessiva non necessaria rischia davvero di compromettere il proprio 20%. Oggi, nel mezzo di una pandemia dove l’incertezza regna sovrana ed essere imprenditore sembra davvero una missione per pochi, è necessario filtrare il superfluo e investire in modo molto mirato. Eric Ries nel libro Lean Startup parte dal concetto di lean manufacturing applicato negli anni ‘70 da Toyota volto a minimizzare gli sprechi per introdurre il concetto di startup agile, cioè mettere in discussione sistemi, processi e strutture per riuscire a ottenere il massimo con lo stesso numero di persone e ore lavoro. Che si tratti di una grande azienda, una startup o una PMI l’importante è partire da un obiettivo sostenibile nel lungo periodo e procedere a step incrementando soluzioni volte a migliorare il proprio business ma senza stravolgerlo e con un occhio di riguardo ai costi fissi che possono ingessare la struttura aziendale. Le startup innovative di successo in questo fanno scuola, con la capacità di scalare il proprio fatturato passando da 0 a 100 molto rapidamente senza necessariamente appesantirsi.

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