Rivista dell’istruzione
Sommario
dell’istruzione
RitRatti
Il Ricordo di Giancarlo Cerini .................................................................................... 4 Patrizio Bianchi
Una bella persona, colta e pacata, innamorata della scuola 5 Emanuele Barbieri
Una forza competente, accogliente, calma, su cui puoi contare 8 Andrea Canevaro
Scripta manent ......................................................................................................... 12 Maurizio Muraglia
Un rabdomante talentuoso ..................................................................................... 16 Cinzia Mion
Dall’infanzia alle supeRioRi
Zerosei: verso un ecosistema formativo 20 Paola Cagliari
Innovazione e attenzione al mondo dell’infanzia 24 Mario Maviglia
Il Tempo Pieno .......................................................................................................... 28 Fiorella Farinelli
Ripensare a fondo il modo di essere della scuola
................................................ 32 Franco Lorenzoni
Io, Giancarlo e le scuole superiori 37 Stefano Stefanel
foRmazione e pRofessione
Formazione e sviluppo professionale negli scritti di Giancarlo Cerini 40 Giorgio Cavadi
La risorsa più forte che ho per migliorare la scuola ............................................. 44 Maria Chiara Pettenati
La formazione che cura la professionalità ............................................................ 48 Giovanna Zunino
il lavoRo con le istituzioni
Una passione grande per la scuola ........................................................................ 51 Anna Maria Ajello
I ricordi degli amici di lavoro di Indire 54 a cura di Maria Chiara Pettenati
la collaboRazione con le associazioni
Il nostro Giancarlo e il Forum Veneto 56 Antonio Giacobbi
Giancarlo e Andis ..................................................................................................... 60 Gregorio Jannaccone
I seminari di Camaldoli ............................................................................................ 64 Maurizio Monti
Rivista
dell’istruzione
dell’istruzione
Il ruolo di Giancarlo Cerini nel Cidi
66 Ermanno Testa
Al Maestro 69 Daniela de Scisciolo
Hanno collaborato: Aicq Education
Ricostruire il pensiero di Giancarlo Cerini
70 Aicq Education
la cultuRa Delle scuole
Tra competenze di cittadinanza ed educazione civica
74 Andrea Porcarelli
Per un’inclusione scolastica di qualità .................................................................. 77 Luciano Rondanini
Un confronto ‘formativo’ sulla valutazione degli apprendimenti 81 Maria Lucia Giovannini
Valutare le competenze ........................................................................................... 85 Mario Castoldi
Negli ingranaggi della valutazione
89 Ornella Campo
Una bibliografia senza fine 92 Maria Teresa Bertani
Anna Maria Ajello Emanuele Barbieri Maria Teresa Bertani Patrizio Bianchi Paola Cagliari Ornella Campo Andrea Canevaro Mario Castoldi Giorgio Cavadi Daniela de Scisciolo Fiorella Farinelli Antonio Giacobbi Maria Lucia Giovannini Gregorio Jannaccone
Rivista dell’istruzione prosegue le pubblicazioni nel 2022 come trimestrale (4 numeri)
Franco Lorenzoni Mario Maviglia Cinzia Mion
Maurizio Monti Maurizio Muraglia Maria Chiara Pettenati Andrea Porcarelli Luciano Rondanini Stefano Stefanel
Ermanno Testa Giovanna Zunino
Il Ricordo di Giancarlo Cerini
di Patrizio BianchiRicordo Giancarlo Cerini con grande emozione. Nel ricordo di una persona che ha lasciato un segno ogni volta che si incontrava, nel ricordo di condivisio ni, speranze, capacità che colpiscono l’intelletto e il cuore.
Di Giancarlo voglio ricordare la straor dinaria passione intelligente che ha sempre posto nel suo lavoro. Ricco di costanti nuove idee, le ha motivate e ha sostenute con una passione unica. Aveva la capacità di partecipare alla passione collettiva, di animarla. Aveva la capacità, non soltanto di non porre problemi, ma soprattutto quella di pro filare risposte al di là di noi, al di là di questo momento, al di là di qualsiasi emergenza che la Scuola ha attraver sato in questi anni.
Di Giancarlo voglio ricordare lo straor dinario lavoro svolto per lo Zerosei. Ha dimostrato che lo Zerosei lega tutte le famiglie, è una parte dell’educazione, un percorso educativo dove diventa fonda mentale poter scambiare l’idea che si insegnano ai ragazzi da una parte con siderazioni e competenze, ma dall’altra si insegna a vivere insieme. L’idea dello Zerosei come parte fondante del per corso di crescita di una persona, indice delle disuguaglianze nel Nostro Paese, ma opportunità che bisogna estendere a disposizione di tutti i cittadini. Ringrazio Giancarlo per questo inse gnamento, perché ha guidato un gran de impegno che desidero portare avan ti con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, riconoscendo l’importanza e le difficoltà nello Zerosei. Ringrazio Giancarlo per le capacità descrittive e le capacità di analisi che hanno per messo il supporto intellettuale per in trodurre ingenti risorse per una scuola dell’infanzia e della prima infanzia. Vo
glio dedicare questo lavoro a Giancar lo Cerini.
Di Giancarlo voglio ricordare come mi ha cambiato, come ha cambiato ognu no di noi. Spesso si dimenticano i vol ti, le persone, le parole, ma non pos siamo dimenticare il nostro mutamen to che dobbiamo alle persone. Noi sia mo cambiati grazie a queste presen ze, presenze come Giancarlo Cerini, e ne dobbiamo ricordare e custodire i regali. Ogni volta che vedrete un asilo nido costruito nel Nostro Paese, ogni volta che vedrete una scuola che riu sciremo ad aprire, ricordatevi che quella scuola porta il nome di Giancar lo Cerini.
Patrizio Bianchi Ministro dell’istruzioneUna bella persona, colta e pacata, innamorata della scuola
di Emanuele Barbieri Le numerose collaborazioniNon ricordo esattamente quando ho conosciuto Giancarlo Cerini, ma cre do che ormai siano trascorsi più di 30 anni. Negli anni Novanta ci siamo in contrati in moltissime occasioni: con vegni del Cidi, iniziative della Cgil scuola e occasioni analoghe. Da subi to mi ha sempre colpito la sua natura le cordialità e la serietà con cui affron tava i problemi o avanzava le sue os servazioni.
Quando sono arrivato a Bologna, co me Direttore dell’Ufficio scolastico re gionale, Cerini insieme ad altri due suoi colleghi coordinava il gruppo degli Ispettori, ancora un bel gruppo di cir ca 20 dirigenti tecnici. Anche in ragio ne dei nostri ruoli, Il 2001 e il 2002, so no stai due anni di intensa collabora zione e di fitta frequentazione. Ha cu rato, tra l’altro, per conto dell’Ufficio scolastico regionale, oltre all’esercizio diligente dei compiti inerenti alla sua funzione, diverse iniziative e pubblica zioni, tra le quali il primo rapporto an nuale del sistema scolastico dell’Emi lia-Romagna, pubblicato nell’aprile del 2003, di cui ha seguito direttamente il capitolo relativo alle tendenze di svilup po coordinando il lavoro di colleghi e collaboratori.
Nelle attività che coinvolgevano più soggetti emergeva una naturale leader ship professionale. Oltre alle attività d’ufficio, rimane forte il ricordo della partecipazione alle affollate riunioni delle insegnanti e degli insegnanti del la sua associazione provinciale del Ci di. Non sono mancate le occasioni in
cui i ruoli e i punti di vista diversi han no determinato contrasti. Ma la stima e il rispetto reciproco non sono mai ve nuti meno. È capitato così che le ripe tute occasioni di incontro si siano tra sformate in un’amicizia, che è prose guita anche dopo che ho lasciato l’in carico nell’Ufficio scolastico. Negli anni successivi ho avuto più oc casioni di incontro e di ricevere le sue sollecitazioni direttamente o per il tra mite della sua stretta collaboratrice, Maria Teresa Bertani, per un contribu to per i suoi molteplici impegni nel campo delle riviste rivolte al mondo della scuola. Ci siamo frequentati an che a prescindere dagli impegni e da gli interessi legati al mondo della scuo la che aveva rappresentato il terreno di impegno comune.
I momenti difficili
La vita gli ha inferto colpi tremendi, co me la morte della figlia Beatrice. Gian carlo, sostenuto e sostenendo la mo glie Loretta, discreta e forte compagna di una vita, ha saputo reagire senza deflettere dal suo impegno nella scuo la e per la scuola. Neppure la malattia che lo ha portato via è riuscita a fiac care la sua passione.
Ora sono passati molti mesi da quan do Giancarlo Cerini ci ha lasciato; la scuola, in questi momenti difficili, sen te ancora di più la sua mancanza. Sia mo tutti più soli. Giancarlo era un pun to di riferimento certo: per qualsiasi problema che riguardasse la scuola ci si poteva contare. Un esempio per tut ti, un maestro per molti, un amico per
La vita ha inferto a Giancarlo colpi tremendi, come la morte della figlia Beatrice, ma egli ha saputo reagire senza deflettere dal suo impegno per la scuola
Tre settimane prima della sua scomparsa, affaticato ma lucido, ha esposto presso il Miur le “Linee pedagogiche” con proposte e prospettive per il sistema integrato Zerosei
quelli che hanno avuto il privilegio di in contrarlo e di lavorarci insieme. L’ultima occasione in cui ho avuto l’occasione di seguirlo, a seguito di un suo messaggio che mi segnalava l’ini ziativa e il link , risale a mercoledì 31 marzo 2021, tre settimane prima del la sua scomparsa, quando ha presen tato per conto del Ministero dell’istru
zione le linee pedagogiche per il siste ma integrato Zerosei. Affaticato ma lu cido, ha esposto proposte e prospet tive; ancora una volta è emersa la sua capacità di affrontare questioni com plesse con ragionamenti chiari, appa rentemente semplici, ma sostenuti da una robusta cultura pedagogica. O forse sarebbe più esatto dire cultura
senza aggettivi. Perché Giancarlo, co me pochi, possedeva il sapere e la saggezza necessaria per metterlo a di sposizione degli altri. Le sue citazioni non erano mai esibizioni libresche ma sembravano quasi reminiscenze di di scussioni con maestri e amici a lungo frequentati.
Un segno forte
Un segno forte della sua attenzione per i diversi aspetti della vita scolastica si trova nel suo libro postumo Le riforme (im)possibili, da cui emerge l’universo di riflessioni, di analisi, di studi che han no caratterizzato l’impegno di Giancar lo nella scuola. I temi proposti e le so luzioni prospettate non discendono da premesse astratte o da deduzioni di ca rattere ideologico. Il punto di partenza è rappresentato sempre da una sinte tica ed efficace analisi delle diverse si tuazioni. I dati esposti sono talmente evidenti che le conseguenze dedotte credo siano difficilmente contestabili e sicuramente sono largamente condivi se da coloro che operano nella scuola o che sono interessati a essa. Gli obiet tivi proposti derivano dall’esigenza di ridurre gli scarti registrati, sulla base delle evidenze, tra la realtà esaminata e il dover essere della scuola. Un me todo che potrebbe apparire semplice
mente logico, ma sicuramente origina le per il modo meticoloso con cui vie ne applicato ai diversi aspetti della vi ta della scuola e per la conoscenza dei problemi e il rigore delle soluzioni pro poste.
Tutte le tematiche, importanti per la qualità della scuola e in definitiva per un futuro migliore della società, sia quelle calde, sia quelle dimenticate o rimosse, sono affrontate con lo stesso rigore, con lo stesso ‘metodo Cerini’ –potrei dire – ricordando il periodo di la voro insieme e le tante occasioni di confronto. La conclusione esprime tut ta la sapienza di Giancarlo: gli effetti delle buone riforme si vedono dopo de cenni e per realizzarle occorre suscita re una partecipazione corale e ‘stare vi cini ai docenti’. Una vicinanza, la sua, che alla scuola manca e mancherà se non sapremo porvi rimedio facendoci guidare dal suo esempio e dai suoi scritti.
Giancarlo Cerini, come pochi, possedeva il sapere e la saggezza necessari per mettere a disposizione degli altri la sua robusta cultura pedagogica
Emanuele Barbieri Già capo dipartimento Miur, vice presidente Cnpi e direttore dell’Usr E-R; in precedenza docente, preside, segretario nazionale Cgil-scuolaGiancarlo utilizza una logica reticolare, tipica del paradigma culturale della complessità, non semplicemente una logica binaria tipica del paradigma della linearità
Una forza competente, accogliente, calma, su cui puoi contare
di Andrea CanevaroLa vita insegna che la morte di qualcuno segna un passaggio, fra altri: non potrai più chie dere a chi ci ha lasciato e dovrai cercare di ricordarti quello che lui sapeva. Così è anche per Giancarlo Cerini. Quelle che seguono sono le note, gli appunti, per ricordarsi almeno un po’ quello che lui sapeva così bene. Sono intrecciate ai riferimenti che ci hanno ac compagnato negli anni.
Un’accoglienza che orienta e distribuisce
Potremmo chiamarla una capacità di accogliere come una spugna: capace di assorbire per trattenere e riversare dove è utile. Parlare di una spugna a proposito di Giancarlo Cerini può sor prendere. Pensiamoci e spieghiamo. Una spugna è nello stesso tempo strut turata in maniera permanente (nel no stro gergo: è una struttura istituita), e flessibile per essere accogliente (poter essere istituente). Una spugna non agi sce da sola. In solitudine sarebbe una spugna inerte, e potrebbe anche esse re una spugna fuori uso. Una spugna, utilizzata, è parte – appartenenza – di un sistema agente, costituito da una mano collegata a un braccio, e capa ce di coadiuvare un’altra mano, ecce tera.
Da questa immagine estraiamo e ag giungiamo alcune parole: struttura isti tuita, capacità istituente, appartenen za a un sistema agente. In queste pa role troviamo uno dei modi per illustra re la statura scientifica, professionale, umana, di Giancarlo Cerini. Favorito da un carattere calmo e riflessivo, ha ascoltato molti, ha assorbito ciò che ascoltava, ha fatto in modo che ciò che aveva assorbito potesse essere ri collocato là dove avrebbe potuto svi
lupparsi. E tutto questo senza appro priarsi dei contributi, ma riconoscen doli e valorizzandoli. Ma evitiamo l’a giografia e dedichiamo la nostra atten zione al modo di operare. Si basa su una visione ampia eco sistemica, fat ta di pieni e di vuoti. Proprio per que sto capace di accogliere e collocare attivamente e attivando. Capace di leggere le potenzialità in ciò che acco glie.
Una logica plurale e non binaria
Sceglie una logica plurale e non bina ria. La logica binaria si basa su conca tenazioni e combinazioni che procedo no linearmente. In questa logica, ogni ostacolo, come ogni intoppo, interrom perebbe l’intero processo. La logica plurale si basa su un proces so reticolare sempre in divenire. Ogni segmento può avere più combinazio ni. Il nostro sistema neuro cerebrale è un esempio di logica plurale. La rete neurale comprende le sinapsi, che hanno una funzione determinante. Una sinapsi è uno spazio di propor zioni infinitesimali e permette a un vettore neurale di procedere collegan dosi a un altro vettore senza l’esigen za che questo sia disposto con un ‘in castro’ su misura per connettersi. Questo dovrebbe farci capire che nel
le organizzazioni complesse, sono in dispensabili gli spazi-sinapsi. A volte, una malintesa ottimizzazione organiz zativa comprime e sopprime gli spa zi-sinapsi. I risultati sono poco inco raggianti, ma sovente vengono adde bitati al fattore umano individuale piuttosto che al deficit dell’organizza zione della logica plurale. Ribadiamo che questa è un continuo divenire. Ir rigidendosi in una presunta perfezio ne, crede di dare stabilità ma è auto referenzialità e chiusura. La logica plurale è un sistema aperto. Se appli chiamo queste indicazioni al gruppo di formazione (un gruppo classe) ci accorgiamo che la cattiva organizza zione della logica plurale, con l’assen za di spazi-sinapsi, porta ad abban donare questa logica e a ritenere che, nella pratica, la logica lineare, secon do un processo top-down , sia l’unica che funziona davvero, anche se com porta, proprio per funzionare, l’esclu sione di coloro che, portando proble mi, costituiscono ostacolo al proces so lineare.
Il rispetto e la buona conoscenza del le norme e delle esigenze istituzionali permettono tanto l’innovazione che l’e voluzione del sistema agente. Istituito e istituente interagiscono come mu scoli flessori ed estensori. Le norme non sono vincoli che sconsigliano ogni novità obbligando alla replica del già fatto secondo appunto le norme. Que ste sono riferimenti di cui tener conto per agire evolvendo e non ripetendo. Colleghiamo questo aspetto all’agen tività cara a Bandura ( 1 ). Gli esseri umani possono esercitare un’influen za su ciò che fanno. La maggior parte dei comportamenti sono determinati da una molteplicità di fattori che inte ragiscono fra loro e gli esseri umani contribuiscono a causare ciò che ac cade loro più che determinarlo com pletamente. Basandosi sulla loro con cezione dei limiti delle possibilità uma
1) Cfr. A. Bandura, Autoefficacia. Teoria e applicazioni, Erickson, Trento, 2000 (1997).
ne e sulle loro convinzioni circa le pro prie capacità, gli esseri umani cercano di far nascere sequenze di azioni adat te al raggiungimento di particolari sco pi senza avere la più pallida idea del modo in cui le loro scelte organizzano gli eventi neurofisiologici necessari al compimento dell’azione. Ci vuole un Giancarlo Cerini che veda un orizzon te vario e un paesaggio fatto di punti fermi e spazi per il possibile.
Iniziativa democratica
Giancarlo Cerini, guidando il Cidi, ha interpretato l’iniziativa democratica come possibilità che l’ascolto di chi porta un problema diventi possibilità, per chi lo ha portato, di partecipare alla realizzazione della risposta a quello stesso problema. Perché que sto avvenga, occorre che chi guida, o presiede, non si installi in un ruolo di comando. Occorre che, per guidare, si sposti e incontri, ascolti, chi sta, se condo certi paradigmi, in basso. Chi guida assume la condizione che per mette di trasformare un caso perso nale in una possibilità per molti, ri spettando i limiti di appartenenza. E scoprendo che le norme non sono una barriera rigida né un tornello, cioè un sistema di controllo rigido che sele ziona, in una sola direzione e uno al la volta, chi ha il ticket e chi non l’ha. Non procede con il botta e risposta della sentenza giusto/sbagliato. Pro cede con ‘giusto se...’ ‘sbagliato se...’.
Con le norme bisogna fare i conti, non unicamente chiedendo ma anche of frendo il seguito al ‘se’: il proprio im pegno, le proprie capacità e renden dole adatte per la dinamica evolutiva istituzionale. L’ascolto è tale perché parte dal presupposto che chi ascol ta non sa quello per cui l’altro gli par la. Chi porta un problema, porta una conoscenza.
I contadini analfabeti che Paulo Frei re incontrava non avevano coscienza delle loro conoscenze. Freire non in
Giancarlo Cerini presiedendo il Cidi non si è installato in un ruolo di comando
L’adattamento, risultato dei due processi di assimilazione e accomodamento (Piaget), è la capacità di mantenere un certo grado di benessere personale nel processo di crescita
segnava. Coscientizzava, rifiutando la concezione bancaria dell’educazio ne: “ quella visione […] per la quale il processo educativo è un atto di con tinuo deposito di contenuti” ( 2 ). La concezione bancaria enfatizza la con traddizione tra educatore che depo sita ed educando che riceve i depo siti. È una falsa educazione, disuma nizzante e che rende passivi. È necro fila mentre dovrebbe essere biofila. L’educazione umanizzante, democra tica, propone sorprese, stupore, inat teso, e impegna a non chiedere pas sivamente, ma a collaborare per cer care risposte.
Sembra utile richiamare la possibilità di fare un percorso di coscientizzazione, da una terminologia propria di Freire, estendendone il significato ai percorsi di alfabetizzazione a una ‘alfabetizza zione istituzionale’. Mucchielli (3) parla di intelligenza della situazione che si basa su quattro punti: individuazione dell’essenziale; comprensione della struttura; semplificazione autentica; di stacco rispetto alle implicazioni affetti ve che possono essere fonte di sogget tività.
La dimensione coinemica
Occorre evitare di essere troppo atten ti a degli elementi affettivi che posso no essere contenuti in quella dimensio ne che a suo tempo Franco Fornari ha più volte richiamato come coinemica, fatta più degli elementi emotivi che de gli elementi sostanziali.
Franco Fornari ( 4) ha utilizzato questa espressione analizzando le trascrizio ni delle discussioni dei consigli di classe e ha visto come qualche volta – e anche sovente – la dimensione coinemica possa prendere il soprav
2) P. Freire, Le virtù dell’educatore, Bologna, Edb, Bologna, 2017.
3) R. Mucchielli, La méthode des cas, Esf, Paris, 1992.
4) F. Fornari, Il minotauro. Psicoanalisi dell’ideologia, Rizzoli, Milano, 1977.
vento. È importante che un operatore sappia trovare il modo di far presente al soggetto che non è l’unica dimen sione di una struttura di relazioni e vi sono anche degli elementi sostanzia li. Quante volte i soggetti e le perso ne che li accompagnano, che posso no essere anche i familiari, sono più impressionati dei modi che delle so stanze! Molte volte gli esseri umani, e chi insegna è un essere umano, la sciano a desiderare in quanto a di mensione coinemica.
Non che dobbiamo espellere dalla no stra attenzione proprio questa dimen sione più emotiva. ma dobbiamo cer care di farla evolvere verso la valoriz zazione dei ruoli sociali, che non sono l’ordine costituito e stop; sono l’ordine costituito su cui può appoggiarsi l’or dine costituente.
Wolfensberger (5) ha lavorato per lungo tempo su questa valorizzazione che im plica la distinzione proprio tra gli ele menti di fatto e le modalità con cui que sti elementi emergono. La valorizzazio ne dei ruoli sociali diventa interessan te soprattutto dal momento che le di mensioni di percorso per arrivare a una realizzazione, ad esempio una colloca zione stabile in un posto di lavoro (pro blema molto presente nel mondo della scuola e non solo), sono procedure an che lunghe e avere un riconoscimento sociale solo il giorno e al momento in cui vi sarà una collocazione definitiva sembra immiserire tutta la parte di per corso che invece deve essere valoriz zante.
Ed è estremamente importante riflet tere e soprattutto praticare un’atten zione ai mediatori, perché da questa attenzione nascono i suggerimenti di evoluzione di una situazione e di cam biamenti possibili, e questi, a volte, sono tali cambiando mediatori o utiliz zando delle strategie di mediatori più
5) W. WolFensBerger, The principle of Normalization in Human Services, Nimr, Toronto, 1972; La valorisation des rôles sociaux, Deux Continents, Genève, 1992.
attente alla comprensione dell’altro e alla sua padronanza della situazione: il nostro modo di procedere deve ave re come linea di tendenza quella di avere nell’altro, nell’interlocutore degli operatori sociali, un soggetto attivo e quindi che abbia il più possibile di pa dronanza.
L’adattamento
È la capacità di mantenere un certo grado di benessere personale in rap porto alle diverse richieste avanzate dai contesti in cui si vive e dalle situazioni che ogni giorno si devono affrontare. Anche Piaget, come biologo, si era po sto il problema di come gli organismi viventi si adattino all’ambiente. Piaget spiega lo sviluppo mentale umano adottando il principio base della biolo gia, grazie al quale le strutture interne di un organismo si modificano, adat tandosi, per risolvere i problemi posti dall’ambiente. L’adattamento implica modificazioni che sono il risultato di due processi fondamentali di interazio ne individuo-ambiente: assimilazione e accomodamento. Il primo comporta l’interpretazione dell’esperienza attua le che il soggetto sperimenta nei termi ni delle strutture di conoscenza di cui già dispone, l’interpretazione dell’espe rienza cioè, si avvale di una conoscen za già posseduta, mentre l’accomoda mento rende necessario modificare le strutture in funzione di ciò che si pre senta come nuovo. L’intelligenza è la forma più alta di adattamento quella in cui i processi di assimilazione e acco modamento hanno equilibrio migliore... ma quanta intelligenza c’è nello scate nare una lite e nell’adattarsi alla litigio sità?
Non crediamo che sia ambizioso far ar rivare i nostri ragionamenti fino all’idea che tutti, ognuno con le proprie diver sità, siamo chiamati alla cittadinanza attiva. Intendiamo per cittadinanza at tiva la capacità di alzare gli occhi dalla propria situazione personale, per pren dersi a propria volta cura degli altri e
avere il desiderio di partecipare della vita sociale. È prendendosi cura degli altri che si impara a prendersi cura di se stessi e a investire sul proprio pro getto ed è un discorso che non vale so lo per chi ha fatto una scelta chiara in questo senso: riguarda tutti. In questa prospettiva la persona che ha bisogno dell’aiuto perché ha un problema è ‘corresponsabile’ nel processo di cam biamento.
Tenere conto dei sette principi di Lou bat significa avere chiaro il compito di una struttura ‘meta’ – chiamiamo così il Cidi guidato da Giancarlo Cerini –che permetta un rapporto implicita mente tutoriale improntato alla reci procità, servizio per il percorso di vi ta professionale. Una struttura legge ra di accompagnamento che si serva delle diverse forme di tutorato e che permetta quindi l’individuazione delle necessità, leggere o più marcate, che permettono di individuare per tempo i periodi critici, le situazioni che ac cendono il pericolo di crisi e di radi calizzazione delle difficoltà. Bisogna che chi si occupa di questa funzione così importante che è l’accompagna mento nel percorso di vita professio nale abbia sempre presenti gli indica tori di rischio e permetta quindi di se gnalare per tempo il presentarsi all’o rizzonte di pericoli che accumulando si potrebbero radicalizzare i danni e renderli più difficili da affrontare e an che più costosi, ricordando che l’eco nomia sociale è importante. Gli aspet ti di economia di un percorso di vita professionale devono essere assolu tamente tenuti nella realtà economica di un soggetto, che vive in un conte sto sociale e in un paese, con la sua storia, le sue istituzioni, le sue scelte politiche ( segue nel n. 1-2022 ).
I sette principi di Loubat Vogliamo ricordare sette principi che Loubat (*) indi ca come utili per compren dere la dinamica istituzio nale:
1. concentrazione: un’isti tuzione è la delimitazione di un luogo, di un campo e di una problematica; pro duce una concentrazione nello spazio di risorse, atti e persone;
2. centralizzazione: un’isti tuzione tende a generare un nodo denso, un centro, dif ferenziato da una periferia;
3. controllo: un’istituzione tende ad assicurarsi il con trollo dell’informazione, dell’imprevisto e dell’incer tezza;
4. immobilizzazione: un’i stituzione fissa e stabili sce, gestisce le entrate e le uscite, programma gli spo stamenti; determina i dirit ti alla mobilità e i doveri di immobilità;
5. separazione: un’istitu zione instaura una differen ziazione tra diversi spazi, in termini sensoriali, socia li, culturali e simbolici;
6. territorializzazione: gli at tori di un’istituzione utilizza no diverse marcature nella loro lotta implicita ed espli cita per l’appropriazione territoriale, concreta o sim bolica, dell’istituzione;
7. demarcazione: una linea di demarcazione si installa in tutte le istituzioni fra for ze di cambiamento e di conservazione.
(*) J.-R. Loubat, Résoudre le conflits dans les établis sements sanitaires et so ciaux, Dunod, Paris, 1999.
Andrea Canevaro Professore emerito dell’Alma Mater, Università degli studi di BolognaTutti gli insegnanti devono essere ‘esempio di scrittura’, come suggerisce il magistero di Cerini. Per questo devono essere riflessivi e non smettere di studiare
Scripta manent
di Maurizio Muraglia
L’incredibile prolificità scrittoria di Gian carlo Cerini era ben nota. Tutti poteva no beneficiare dei suoi articoli, dei suoi saggi e dei suoi frequenti interventi leg gibili sia su cartaceo che su digitale. Generazioni di docenti e dirigenti han no preparato il loro concorso sui suoi testi. Chi qui scrive, dalle pubblicazio ni di Giancarlo Cerini ha tratto due ge neri di profitto, come lettore e come scrittore. Sul primo, c’è poco da dire che non si sappia: la sua visione siste mica della scuola e la sua sensibilità pedagogica erano nutrimento indiscu tibile. Ma è l’altro genere di beneficio tratto dall’instancabile attività scrittoria di Cerini che vorrei qui approfondire, e riguarda appunto il virus stesso della scrittura, l’attitudine a rendere organi che e trasferibili le idee e le esperienze in modo da poterle fare esistere e va lorizzare al di là delle turbolenze politi che e delle mode linguistiche.
Davvero il detto verba volant scripta manent torna utile per avvicinare il te ma, ma nel nostro tempo è possibile rivisitare anche il detto, trasformando lo in un scripta volant che giustifica la necessità di una scrittura capace di dare forma al pensiero in modo da af frontare la sfida dell’impermanenza in sita nel chiacchiericcio digitale social. Questo genere di scrittura è quel che occorre a mio parere indagare e incen tivare nel percorso professionale de gli insegnanti.
Gli esperti del rapporto tra scrittura e processi cognitivi hanno da sempre considerato l’atto dello scrivere uno dei più potenti mezzi di chiarificazione del proprio pensiero. La curiosità sta nel fatto che mai come nel nostro tempo tutti scriviamo. È uno scrivere inces sante su supporti digitali che farebbe pensare a un approfondimento delle capacità di codificazione del pensiero, ma l’esperienza dei docenti a contatto con gli studenti rivela con chiarezza
che la scrittura dei nostri allievi è una forma di ‘scrittoralità’ in cui molto spes so, come giustamente accade con l’o ralità pura, sono assenti criteri organiz zativi o di sistematizzazione del pen siero. Si può ben parlare di volatilità della scrittura digitale e social Sottraendo le prove di scrittura agli Esami di Stato del 2020 e del 2021, la pandemia, a giudizio unanime, ha sot tratto l’effetto retroattivo che tali pro ve esercitavano sull’attività didattica svolta con i ragazzi, e mentre scrivo non è neppure certo che a questa sot trazione sia posta fine negli esami del 2022. Gli insegnanti, quindi, sono mol to sensibili alla necessità dello scrive re, ma è giusto anche osservare che agli insegnanti non compete soltanto monitorare e valutare la scrittura degli allievi, bensì anche essere essi stessi esempio di scrittura , e qui torna pre zioso proprio il magistero di Giancar lo Cerini.
Parto dal presupposto che gli inse gnanti per esercitare il loro lavoro non possono smettere di studiare. La loro dimensione intellettuale è permanente, e si nutre di quella lettura e scrittura continue che vanno a disegnare il pro filo professionale dell’insegnante rifles sivo. La riflessività professionale è un tratto che si costruisce nel tempo pro prio attraverso l’esposizione continua alla letto-scrittura, ma occorre consta tare che tra le due attività la maggior parte degli insegnanti preferisce la let tura, e così è stato anche per chi qui scrive fino a quando, alla metà degli anni Novanta, la grafomania di Gian carlo Cerini lo ha contagiato. Non si può negare che organizzare le proprie idee in scrittura comporti una certa fatica, che definirei fatica conver gente proprio perché costringe a radu nare i pensieri e dar loro coerenza e co esione. Ma è una fatica che ha un cor rispettivo enorme proprio nella consa
pevolezza, che si acquisisce nel tem po, di poter disporre di un filo condut tore professionale cui è possibile nuo vamente attingere e far attingere. In fondo Cerini ha insegnato che la car riera di un insegnante e di un dirigente possono anche configurarsi come una narrazione che si innesta nella storia della scuola in un determinato segmen to temporale. Scrivere su quanto acca de significa prendere parte a questa storia, porre un segno, consentire una memoria, una stratificazione, finanche un’eredità che le generazioni succes sive di docenti possono raccogliere. E scrivere costringe a fare i conti con l’importanza di quel che si pensa e si fa. La prospettiva della scrittura rende terribilmente più seria l’autoanalisi pro fessionale, alla ricerca di ciò che si ri tiene degno di condividere con chi non conosciamo. È una responsabilità eti ca quella della scrittura. Quando ci si accinge a scrivere in modo strutturato e destinato a platee sconosciute di fi gure professionali, non ci si può abban donare all’estemporaneo o all’umora le, ma bisogna scavare a fondo nelle proprie idee scartando quel che ha il sapore dell’effimero e privilegiando quel che può comunque ambire alla permanenza.
Perché quest’insistenza, in cui crede va tanto Cerini, sulla permanenza? Per ché il nostro sistema scolastico soffre da anni di una certa turbolenza ordina mentale e direi anche terminologica, che rende necessari interventi capaci di riandare ai costitutivi fondamentali, e per questo permanenti, del fare scuo la, senza ignorare ovviamente la natu rale evoluzione delle cose. La scrittura in questo contesto liquido ha il potere di costringere chi scrive a fare chiarez za tra le proprie idee e a scegliere quanto merita di essere fissato e pub blicato.
Ma Cerini aveva l’arte di intrattenersi anche con l’impermanenza. Era ben cosciente che determinate misure ave vano il carattere del contingente, se non del demagogico. Ma con pazien
za non si faceva scrupolo di costruirvi attorno un articolo, un volume, un sag gio oppure di invitare amici e colleghi a pronunciarsi. Lo faceva proprio per ché riteneva necessaria una scrittura razionale e competente che chiosasse anche quanto di razionale e competen te aveva ben poco, come si è potuto constatare in questi ultimi due decen ni di normativa sulla scuola. La scrittura per lui finiva per essere co munque fattore di stabilità. Chi da lui
Intrattenersi con l’impermanenza, con pazienza
RITRATTI
La scrittura professionale dovrebbe percorrere un duplice binario: disseminare esperienze didattiche e sostenere l’approfondimento pedagogicoistituzionale
era invitato a scrivere si assumeva la responsabilità di confrontarsi anche con quanto poteva apparire frutto di umoralità politiche destinate a essere superate dalla storia, e di porre di fron te a esse una parola di commento e quindi, implicitamente, un invito rivolto al lettore a ritornare sui suoi alfabeti professionali di base per saper valuta re la portata di quanto emanato dal centro.
Pertanto, la scrittura professionale da lui incentivata percorreva un duplice bi nario: quello chiamato comunemente delle buone pratiche, che permetteva a esperienze didattiche significative di essere disseminate ed eventualmente riproposte mutatis mutandis; e quello dell’approfondimento pedagogico-isti tuzionale su questioni sollevate dalle misure di politica scolastica. Questo secondo aspetto, meno frequentato dai docenti, ha consentito di affiancare al turbinio politico di questi anni un formi dabile database fatto di volumi, di rivi
ste e di articoli, capaci di tenere ferma la rotta di una riflessione competente e pedagogicamente sostenibile. Naturalmente la formazione e l’aggior namento dei docenti ha potuto avva lersi di questa imponente mole di scrit ture, prodotte da lui e dall’esercito di collaboratori, colleghi e amici che ha chiamato a scrivere in questi anni su tutte le più disparate questioni educa tive e didattiche. Oggi disponiamo di un apparato straordinario di pubblica zioni, da lui curate, che permette a chiunque debba elaborare una relazio ne su un dato argomento di potere at tingere a idee e fonti bibliografiche uti li. Se Giancarlo non avesse avuto e contagiato tale passione per la scrittu ra, tutta la scuola italiana sarebbe più povera. È opportuno adesso, come ultima par te di questo contributo, dedicare atten zione alle qualità di una scrittura pro fessionale che sappia tenersi equidi stante tanto dall’estemporaneità social
quanto dalla scrittura accademica, nel la consapevolezza che tanto l’una quanto l’altra corrispondono a bisogni ed esigenze che non vanno affatto sot tovalutati per le ragioni che mi accingo a esporre.
Anche Giancarlo Cerini scriveva sui so cial, senza snobismo. Era consapevo le che occorre anche una scrittura im mediata, nello spirito della chat pubbli ca, che possa consentire di far venire fuori gli umori collettivi, cui è giusto an che attingere per scritture più medita te e strutturate. Questo gli permetteva, e permette a tutti coloro che scrivono in modo intelligente sui social, di tener si vicino alla base militante, a quella platea di insegnanti che magari non scriverebbero mai un articolo ma che hanno voglia di far sentire la propria vo ce. È ovvio che la scrittura social pote va costituire per lui una fonte di umori con cui aveva voglia di interagire con l’eleganza e la cordialità di cui era ca pace.
Anche la scrittura accademica ha il suo valore insostituibile, perché nasce dal la ricerca sperimentale della pedago gia e della didattica e fornisce le basi scientifiche per la scrittura professio nale. Guai se la scrittura professionale perdesse del tutto di vista l’avanza mento della ricerca sulle questioni cru ciali del fare scuola, sia sul piano edu cativo che didattico.
La scrittura professionale invece ha ca ratteri suoi propri, sia dal punto di vista tematico che stilistico. A livello temati co resta una scrittura che non perde di vista l’agire professionale e a esso for nisce linee guida, principi di fondo, an core, riferimenti a ulteriori letture, bi bliografie ragionate. È una scrittura di mediazione, che da un lato attinge alla ricerca accademica dall’altro guarda ai contesti reali in cui si esercita l’agire professionale. Le riviste di didattica o le riviste attente ad aspetti sistemici, come questa che ospita il mio contri buto, riflettono sulle prassi e le orien tano tenendo d’occhio la qualità com plessiva del sistema.
Dal punto di vista stilistico o linguistico che dir si voglia, occorre che la scrittu ra professionale, pur non avendo il ta glio occasionale dei blog o dei social, sappia intercettare l’interesse dei letto ri evitando contorsioni concettuali che non incoraggiano gli insegnanti e i di rigenti alla lettura. Il tempo da dedica re alla lettura purtroppo è sempre più esiguo perché le incombenze profes sionali aumentano sempre di più, e si ha bisogno di interventi che abbiano il connotato della chiarezza e della tra ducibilità in pratiche virtuose. La scrit tura di Giancarlo Cerini in tal senso è stato un ottimo esempio. Leggendolo ci si imbatteva in dati informativi utili, anche di carattere quantitativo, ma non mancavano mai stimoli e spunti per buone prassi, esposti peraltro con un linguaggio colorito, non privo del giu sto pathos (ricordiamo tutti l’immagine della ballata popolare), che consentiva al lettore di trarne arricchimento pro fessionale e incoraggiamento a ben fa re soprattutto in contesti difficili. Le riviste e la pubblicistica in genere oggi vivono una fase difficile, perché il mercato si assottiglia e la lettura pro fessionale si orienta sempre di più su fonti digitali e di agile lettura. Anche la scrittura pertanto preferisce il tempo più corto di pubblicazione delle testa te digitali, che per ovvi motivi stanno più sul pezzo. Quale che sia il futuro che ci aspetta, la lezione di Giancarlo resta preziosa. Scrivere è un po’ conti nuare a vivere, resistere al logoramen to delle mode e delle politiche transito rie. Saremo novecenteschi ma ci piace tanto tutto il cartaceo dove rivive nel la voro quotidiano Giancarlo Cerini. Sfo gliare un suo libro o una rivista da lui diretta significa ancora risentirlo parla re con quell’inflessione romagnola che disegnava futuro.
Per Giancarlo la scrittura professionale
è una scrittura di mediazione che attinge alla ricerca accademica guardando ai contesti reali in cui si esercita l’agire didattico
Maurizio Muraglia Docente presso il Liceo classico europeo “M. Adelaide” di PalermoGiancarlo possedeva una competenza straordinaria: sapeva farsi spiazzare, stupire, incuriosire, attirare da qualsiasi spunto considerato interessante, degno di essere catturato
Un rabdomante talentuoso
di Cinzia MionAccingendomi a scrivere un ricordo di Giancarlo Cerini devo resistere al de siderio di indugiare a troppi risvolti af fettivi e nostalgici. La nostra collabo razione professionale è di lunga data e così la nostra amicizia (chissà per ché mi è scaturita di getto una forma verbale al presente, forma che non cambierò…).
Giancarlo – al di là di altre doti già am piamente riconosciute sempre da tut ti, esplicitate recentemente e pubbli camente anche dal Ministro Bianchi, nonché da altre personalità e profes sionisti, anche nel presente numero della Rivista – ne possedeva una di molto particolare. Mai riscontrata in nessun altro che io almeno abbia co nosciuto. Mi riferisco alla competenza – perché di competenza si tratta – di farsi spiazzare, stupire, incuriosire da qualsiasi spunto che lui riconosceva subito essere interessante. Ed essere velocissimo nel rappresentarsi come avrebbe potuto utilizzare quello spun to, una particolare ricerca, un pensie ro nuovo e originale, ai fini di un arric chimento, approfondimento o espan sione delle tematiche che stava trat tando o avrebbe potuto inaugurare. Dapprima si trattava di vedere come poter utilizzare il contributo nel suo territorio (quando era ancora in servi zio come Dirigente tecnico in Emi lia-Romagna), poi nelle Riviste con cui collaborava o dirigeva, alla fine come coinvolgere nuove risorse, o persone precedentemente affermate, nelle sue collaborazioni già avviate al Ministero dell’Istruzione.
In altri termini era un rabdomante talen tuoso e impareggiabile nell’individuare e poi attivare collaborazioni, proporre formazioni, richiedere articoli o contri buti più corposi, scovare e contattare
tutti i soggetti che considerava degni di attenzione.
L’aggettivo talentuoso è riferito a lui, naturalmente, ma anche alla tipologia della ricerca che non possiamo ascri vere alle persone in sé, ricche di talen to – che pur ci sono state – ma talen tuose nell’individuare determinate te matiche che lui considerava preziose ai fini sempre del miglioramento della Scuola. Soprattutto la Scuola dei ‘pic coli’.
Il mio ricordo di proposito manterrà un registro leggero, quasi confidenziale. E inevitabilmente riguarderà i suoi ingag gi nei miei confronti.
La prima volta
Non ricordo la prima volta che ho in contrato Cerini ma rammento la prima volta che mi ha ingaggiato per una for mazione. Da tempo mi ero lasciata se durre dall’analisi psicosociale, frequen tando corsi di formazione presso lo studio Aps di Milano perché, per com pletare la formazione in psicomotricità relazionale, avevo sentito il bisogno di affrontare la tematica della gestione del ‘gruppo come strumento di lavoro’. Da questa formazione, a impostazione psi coanalitica che si rifà al pensiero di Me lanie Klein, erano scaturite delle inte ressanti ricerche sulla sfumatura tran sferale e controtransferale della relazio ne educativa che avevo trattato in al cuni articoli sulla rivista “L’Educatore”, per Sergio Neri. Da qui deduco l’atten zione alla tematica nuova, insieme al mio nome, per una formazione su tale tema a Bologna.
Giancarlo infatti leggeva tutto, dai quo tidiani alla stampa specialistica, soprat tutto della concorrenza… Più recente mente abbiamo riso insieme di questo.
I suoi appunti
Aveva l’abitudine di prendere sempre appunti. Usava dei fogli grandi che ri empiva in modo fitto fitto ma usando evidenziatori di colori diversi con frecce ed ellissi che soltanto lui decodificava. Anche quando teneva le relazioni, pri ma di cominciare a usare le slide. No nostante però questa nuova competen za digitale, avevo però l’impressione che non avesse mai abbandonato an che questa modalità, una specie di sot totraccia che non lo abbandonava mai.
In qualcuno di questi fogli, cerchiato da una ellissi che lo metteva in evidenza, secondo me scriveva il nome delle per sone da contattare, che magari aveva appena ascoltato intravvedendo un’op portunità, oppure perché improvvisa mente gli veniva in mente una correla zione che non voleva lasciarsi scappa re. Per non dimenticarsi il nome o l’ar gomento, insieme a quelli abituali che non aveva bisogno di annotarsi. E così la lista dei suoi contatti cresceva in mo do reticolare e continuo.
Per poter essere attento a cogliere spunti interessanti o nuovi di zecca Giancarlo possedeva una curiosità epi stemica sempre allerta, coniugata con una competenza all’ascolto non comu ne. Ti fissava con lo sguardo intenso e con un lampo di complicità e direi an che di furbizia, seguito da un sorriso accattivante e poi: “Potresti scrivermi qualcosa sull’apprendistato cognitivo, oppure qualcosa sullo Zerosei per un manualetto cui sto pensando, magari un articolo sulla psicologia dell’appren dimento (una cosetta!!!) con una picco la casa editrice romagnola”. Non ricordo mai di avere avuto tituban ze o tentennamenti. Lui chiedeva ciò che ognuno era in grado di dargli. Era in questo proprio talentuoso. Rispetto allo stile di scrittura un giorno mi apostrofò dicendomi che usavo un periodare un po’ troppo complesso e a volte tortuoso e che invece dovevo scrivere in modo nazional-popolare. Gli chiesi spiegazioni e lui serafico: “Sog
getto, verbo, complemento”. Da allora butto giù come mi viene, poi rileggo e di un periodo ne faccio tre.
Interviste
Un’altra prerogativa tipica di Giancarlo era quella di sguinzagliare il collabora tore adatto a intervistare il personaggio di turno che fosse diventato noto per qualche ricerca nuova, per qualche aspetto che lui poteva rilanciare in Ri
Giancarlo sguinzagliava collaboratori per le intervisteLa scoperta dei neuroni specchio e la conseguente ‘intersoggettività’ costituisce la spiegazione scientifica dell’intuizione formidabile di Vygotskij: l’apprendimento è sempre interattivo
vista dell’istruzione, cui teneva moltis simo e che definiva una pubblicazione ‘di nicchia’, come a darle una patente di ‘nobiltà’.
In genere queste interviste dovevano essere realizzate in breve tempo, altri menti l’effetto novità poteva svanire.
Fu così che un bel giorno nel 2010 mi trovai nello studio del neuroscienziato Vittorio Gallese a Parma per intervistar lo sui neuroni specchio e i suoi riverbe ri sulla conoscenza a scuola. Avevo partecipato a un convegno a Milano su un tema che mi aveva attirato per i col legamenti con corpo e movimento, te matiche molto correlate alla psicomo tricità. Si tratta della pratica disciplina re di grande interesse formativo per la professionalità docente, cui da moltis simi anni mi stavo dedicando.
I neuroni specchio
I neuroni specchio si attivano sia quan do si compie un’azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri.
Il neurone dell’osservatore ‘rispecchia’ quindi il comportamento dell’osserva to, come se stesse compiendo l’azio ne egli stesso attraverso quella che Gallese chiama simulazione incarnata.
A Gallese stesso, nell’intervista (1) – do po avergli dato modo di spiegare dal punto di vista scientifico i dati più sa lienti della scoperta di questi neuroni, da cui si desumeva che siamo tutti pro grammati fin dalla nascita all’intersog gettività – ho chiesto di chiarire gli eventuali collegamenti utilizzabili nel mondo della scuola. La scoperta dei neuroni specchio infatti fornisce la spiegazione scientifica della formidabi le intuizione di Vygotskij, negli anni Trenta del secolo scorso, che la dina mica dell’apprendimento è sempre in terattiva
Sono stati convalidati anche i riferimen ti fatti da Bruner a una ricerca di Daniel Stern che, a proposito di precocità del le interazioni madre e neonato, parla di
1) In “Rivista dell’istruzione”, n. 6-2010.
attenzione condivisa, sguardo congiun to e azione reciproca, sottolineando così come la base della comunicazio ne sia squisitamente preverbale, anche negli aspetti dialogici. Mi piace ogni tanto rileggere questa in tervista molto stimolante.
La sparizione degli Istituti d’arte
Per un’intervista allo psicoanalista
Massimo Ammaniti sono partita per Roma in treno, andata e ritorno in gior nata; le domande vertevano soprattut to sul problema scottante degli adole scenti, collegato alla dispersione sco lastica. Avevo conosciuto Ammaniti a Mestre a un convegno in cui eravamo relatori, organizzato dall’Istituto italia no della relazione su tematiche teori che riguardanti la psicomotricità rela zionale. Giancarlo lo ha saputo: ecco l’incarico al volo!
Ricordo che il giorno dopo, ritornata a casa con il mio registratore nuovo di zecca, ebbi la sgradita sorpresa di tro vare cancellato tutto. Non ho mai capi to cosa possa essere successo. Forse avevo toccato un tasto sbagliato incau tamente. Per fortuna la mia consuetu dine con carta e penna è tale da non fi darmi fino in fondo delle tecnologie per cui, quasi per un riflesso condizionato, avevo preso appunti sulle risposte di Ammaniti. Ho ricostruito tutto. Non l’ho mai raccontato a Giancarlo ma quan do l’autore ha preso visione del testo lo ha approvato.
Nella sua intervista Ammaniti ha tocca to parecchi punti che sono validi anco ra adesso, per esempio di fronte all’ab bandono precoce della scuola da par te dei ragazzi ricordo che si è ramma ricato che le competenze dell’artigia nato e quelle artistiche non vengano più coltivate e che siano stati aboliti, nel silenzio assordante, gli istituti d’ar te. Tutto questo in favore di una liceiz zazione generalizzata che ha annullato il saper fare, misconoscendo così i ta lenti potenziali dei ragazzi, investendo solo sul merito.
Rav per la scuola dell’infanzia
Un altro aspetto stava molto a cuore a Giancarlo, che sappiamo quanto amas se la scuola dell’infanzia e tutto il per corso Zerosei. Mi riferisco al Rav-Infan zia e al rischio che a un certo momen to l’Invalsi, soprattutto per la pressio ne all’interno di una sua ricercatrice, sottoponesse tutte le scuole italiane (statali, comunali, parificate, ecc.) a una batteria di strumenti per misurare gli esiti dell’apprendimento dei bambini e delle bambine. Questo intento si ac compagnava a un’affermazione un po’ dogmatica sull’oggettività scientifica delle prove. Sappiamo però come sia difficile ‘congelare’ in un istante, attra verso l’osservazione dei risultati, la ra pida e mutevole evoluzione di un bam bino nell’età della frequenza della scuo la dell’infanzia.
Naturalmente Giancarlo si è allarmato e mi ha coinvolto. Ci siamo attivati su bito scrivendo articoli e un post su Fa cebook, in forma di lettera aperta all’In valsi, raccomandando di non procede re in tal senso. Per fortuna ciò che era stato paventato non è accaduto e ab biamo potuto tranquillizzarci tutti. Infat ti, tutto il mondo gravitante con passio ne intorno a questo segmento di scuo
la si era nel frattempo allarmato e si era attivato un tamtam. Il Rav infanzia è stato varato ma in una modalità mite, come Cerini amava chiamare la valutazione alla scuola dell’infanzia dando molto rilievo, tra le altre variabili adeguate al tipo di scuo la, al processo di incoraggiamento. In coraggiare al posto di misurare è stata la scelta da lui molto caldeggiata. Si è vista allora scomparire la voce della prontezza nelle ipotetiche risposte alle poco probabili domande.
Autori noti e meno noti
Andando a scorrere i nomi dei collabo ratori durante le diverse annate sco priamo, a partire dal 2007, anno in cui Cerini ha assunto la direzione della Ri vista, nomi prestigiosi insieme a nomi non ancora molto noti ma che lo diven teranno nell’arco degli anni successivi, a testimonianza del fatto di quanto fos se efficace la sua competenza rabdo mantica.
Il Rav infanzia ha focalizzato la difficoltà di ‘fotografare’ con una semplice osservazione di un istante la rapida e mutevole evoluzione di un bambino in età di scuola dell’infanzia
Cinzia Mion Già dirigente scolastica, psicologa, formatriceCerini
diceva sempre che una comunità dovrebbe percepirsi migliore se ha una rete di nidi.
Avere un nido è infatti un vanto per un quartiere. E non solo...
Zerosei: verso un ecosistema formativo
di Paola CagliariIl lavoro delle maestre
Pur non essendo stata una sua stretta collaboratrice, ho accolto con piacere la richiesta di scrivere un contributo per ricordare Giancarlo Cerini. Credo infatti sia importante offri re una visione del professionista, dell’intellettuale e della persona anche da parte di chi ha avuto una storia professionale che si è solo a volte (poche volte!) incrociata con la sua, e molto più spesso l’ha solo toccata di sfuggita.
Ho lavorato per oltre 40 anni nei nidi e nelle scuole comunali dell’infanzia di Reggio Emi lia, in molti ruoli differenti (insegnante, pedagogista, direttore), vivendo direttamente le contrapposizioni e poi gli avvicinamenti che nel corso della storia di questi decenni si so no progressivamente realizzati fra esperienze a diversa gestione: scuole comunali, stata li, Fism, servizi educativi comunali e del privato sociale.
Questo percorso ha portato oggi alla legge nazionale che ha istituito il Sistema integrato Zerosei e alla nomina della commissione di cui Giancarlo è stato, fino all’ultimo giorno della sua vita, il presidente, profondendo energie, intelligenze e saperi nella stesura di do cumenti pedagogici fondamentali perché il sistema possa svilupparsi non solo quantita tivamente, raggiungendo i parametri europei, ma anche sul piano della qualità.
Una scuola di qualità per tutti
Una scuola di qualità per tutti era sicu ramente uno degli scopi del lavoro in cessante di Giancarlo. “La presenza di una scuola o di un nido, è un vanto per un quartiere ” diceva. “ Una comunità dovrebbe percepirsi migliore se ha una rete di nidi”.
Ripensandoci sono state più di una le occasioni, a Reggio Emilia, a Bologna, a Forlì, a Roma, a Terni, in cui ho potu to incontrarlo in presenza (come si di ce oggi). Seminari, incontri pubblici, la commissione promossa dall’Invalsi per la elaborazione del Rav infanzia. Ma gli incontri per me più incisivi e continua tivi sono stati quelli con i suoi articoli. Nelle alterne vicende che hanno attra versato il sistema scolastico italiano, tra circolari, decreti e leggi, non solo quelli emanati dal Ministero dell’Istru zione, per me rimane indelebile, infatti, la certezza che avevo di poter trovare su riviste, soprattutto online, un suo in tervento. Articoli che “stavano sul pez zo”, in cui si poteva godere della sua ampia e profonda conoscenza della struttura, della storia, dell’apparato le
gislativo del sistema scolastico italia no, proposta con parole chiare, ma mi surate, che prendevano posizione, of frivano connessioni e interpretazioni e insieme erano capaci di comprendere le altre posizioni.
Sicuramente si sentiva nelle sue parole la grande dedizione verso la scuola, in tutte le sue articolazioni, compreso il ni do che aveva scoperto, incontrato e co ordinato in una delle rare, ma penso frut tuose, esperienze di prestito di direttori didattici statali alle scuole dell’infanzia e nidi comunali sprovvisti di figure dirigen ziali con competenze pedagogiche, av venute tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta in alcuni territori.
Era il 1978 e a lui, giovane direttore di dattico, viene affidato, con un comando presso il Comune di Forlì, il compito “di occuparsi di avviare il passaggio a una leadership pedagogica diffusa e non più accentrata su un singola persona” (1). Un’esperienza durata pochi anni, ma che aveva già la cifra dello Zerosei. Ce rini dette infatti un impulso forte alla
1) L. caMpioni, F. Marchesi (a cura di), La strada maestra, Zeroseiup, Bergamo, 2018.
formazione tenendo insieme tutte le fi gure professionali (educatori, inse gnanti, ausiliari, cuochi) che lavorava no sia negli asili nido che nelle scuole dell’infanzia. Un sistema integrato an te litteram, mentre in quasi tutti i comu ni della Emilia-Romagna, per fortuna non a Reggio Emilia, si stavano co struendo e/o consolidando esperienze distinte tra lo zero-tre e il tre-sei.
La Commissione per il sistema integrato Zerosei
La vera esperienza di incontro e colla borazione con lui è stata per me la par tecipazione alla Commissione per il si stema integrato Zerosei. Penso possa essere utile al lettore, e forse una scel ta che anche Giancarlo avrebbe mag giormente apprezzato, provare a trac ciare alcuni temi comuni tra il suo pen siero e l’esperienza di Reggio Emilia, te mi che trovano una trattazione che può essere in parte differente e in parte vi cina. Un attraversamento che non ha la presunzione o la pretesa della esausti vità o della verità, ma che prova a offri re un esempio di come potrebbe esse re il dialogo tra esperienze diverse, ma che si stimano e si rispettano. Il dialogo su cui solo può darsi forma il sistema integrato e che è necessario costruire su basi solide in questa fase in cui lo Zerosei è oggetto di grande at tenzione da parte di amministratori, pe dagogisti, educatori, insegnanti e cit tadini. Perché non può essere una fu sione a freddo, cito sempre parole di Giancarlo, ma la ricerca di coerenza nella costruzione di un quadro evoluti vo che si proponga come bussola per tradizioni pedagogiche diverse, tutte, nelle loro differenze, risorsa per il siste ma integrato, con storie e identità da conoscere e rispettare.
Il lessico nelle Linee pedagogiche
Oggi sembra che il lessico sia diventa to più comune, ma a parole apparen
temente uguali, la cui collocazione nel discorso mette già in luce sfumature differenti, corrispondono pratiche a vol te anche molto distanti.
Ecosistema formativo
La prima parola che propongo, pren dendola dal documento delle Linee pe dagogich e, è Ecosistema formativo, che propone una idea di educazione che mette al centro il bambino non co me entità astratta, ma il bambino reale
La partecipazione alla Commissione per lo Zerosei: un’esperienza di vero incontro
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRIDALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
L’ecosistema formativo mette al centro il bambino reale con i suoi vissuti, i tempi, le attese, le risorse, le relazioni e le possibilità del contesto in cui vive
con i suoi vissuti, le sue relazioni, i tem pi, le attese, i desideri, le risorse, le possibilità consentite o impedite dal contesto in cui vive. Un bambino che ha il diritto (e la speranza) che venga no ricomposte in reti di dialogo e col laborazione le frammentazioni: tra il ni do/la scuola e la famiglia; tra i diversi segmenti del percorso educativo e scolastico; tra le differenti istituzioni educative, sanitarie, sociali, del tempo libero, che si occupano dell’infanzia. Questo ecosistema è una prospettiva teorica condivisa, ma spesso disatte sa. Per la mia esperienza richiama una idea di partecipazione non formale, non ingabbiata nelle strutture codificate o nei protocolli che spesso non hanno vi ta e vitalità, ma è un atteggiamento di apertura, di uscita dai confini stretti di una professione e di una istituzione con le sue regole e rigidità, per essere pra ticata, prima di tutto, come esercizio di cittadinanza.
Su questo io credo che Cerini, consa pevole delle ampie differenze con cui sul territorio nazionale viene vissuto il
ruolo della scuola, avesse una interpre tazione più cauta e realista. Per questo già dalla impostazione da lui data alla consultazione per la stesura definitiva delle Linee Pedagogiche, aveva propo sto una prima azione concreta: il coin volgimento di tutti gli uffici scolastici re gionali che, a fianco della presentazio ne del documento, proponessero espe rienze realizzate in quel territorio. Un esempio e una metafora di coinvolgi mento e partecipazione diffusi, inclusi vi, che utilizzano le possibilità date dal le istituzioni per aprire strade nuove.
L’anticipo scolastico
Il tema dell’anticipo scolastico è un al tro tema sensibile, a cui il Sistema In tegrato Zerosei potrebbe dare una ri sposta rispettosa dei diritti dei bambi ni. Il mio primo incontro di persona con Giancarlo fu alla metà degli anni Ottan ta, quando a Reggio Emilia fu organiz zato un incontro pubblico sul tema dell’anticipo a cinque anni dell’ingres so dei bambini alla scuola elementare. Una delle tante proposte di legge che
negli anni si sono succedute e mai, per fortuna, sono arrivate ad approvazio ne, tranne il pasticciaccio voluto dal Mi nistro Moratti con la legge delega del 28 marzo 2003, n. 53.
Il tema dell’anticipo, le criticità che questa possibilità propone, sia nella scuola dell’infanzia che nella scuola primaria, la disattesa dei diritti dei bam bini, accolti in ambienti non adeguati, con personale senza competenze spe cifiche, in progettualità già più rigide, è una preoccupazione che ha attraversa to sempre il pensiero di Giancarlo Ce rini e anche delle scuole di Reggio. Anche in questo caso Cerini aveva una posizione di grande saggezza e media zione. Considerava le sezioni Primave ra una soluzione attuabile che poteva mettere un argine, nella scuola dell’in fanzia, a questo fenomeno, soprattut to nelle regioni del Sud Italia. È un di battito aperto, complesso, su cui il PN RR potrebbe intervenire virtuosamen te. A mio parere c’è il rischio, infatti, che la apertura di sezioni primavera, laddove non esiste un sistema di ser vizi educativi, e soprattutto di nidi, fre ni lo sviluppo della domanda e della of ferta, ma anche della ricerca sulle pos sibilità che la vita di comunità costitui sce per il bambino fin dalla nascita.
Il curricolo come tema unificante
La terza e ultima questione che propon go per lo sviluppo futuro del sistema Ze rosei che accomuna, a mio parere, l’e sperienza di Reggio Children e il pensie ro e l’opera di Cerini è la convinzione che il curricolo sia un tema che debba essere unificante per l’intero sistema scolastico a partire dal nido. Il curricolo verticale, di cui Giancarlo è stato un so stenitore, si fonda sull’idea che i siste mi simbolico culturali sono inevitabil mente parte dell’esperienza del bambi no fin dalla nascita e sono l’asse por tante del percorso di educazione e istru zione. Il problema è come gli adulti so no capaci e pronti a qualificare e a far
crescere con azioni intenzionali questi incontri. E su questo io penso si aprano i distinguo e le differenze. Sono infatti molteplici gli strumenti su cui gli adulti, nelle scuole e nei nidi, dan no ordine, continuità e significato alla lo ro progettualità educativa e didattica: campi di esperienza, linguaggi, proget ti tematici, competenze. Strumenti ope rativi e concettuali che solo nel dialogo possono darsi contributi reciproci, per ché è dallo scambio e dal confronto sui fatti veri e documentati che si può capi re meglio la propria professione e i mo di di conoscere dei bambini. Penso che la sfida oggi sia passare, come credo l’esperienza di Reggio fa da decenni, dalla dichiarazione di principio condivi sa al dare visibilità a come i bambini an che sotto i tre anni costruiscono, nel dialogo tra loro e con gli adulti, una sempre maggiore consapevolezza e in tenzionalità nell’esplorazione degli og getti culturali.
Perché è sulla concretezza delle azioni che si misura la vicinanza o la estraneità di idee e concetti. Ma credo che anche su che cosa è la documentazione sia ne cessario aprire un dibattito, che forse Ce rini avrebbe aperto se non fosse manca to così troppo prematuramente.
In sintesi: credo che Giancarlo Cerini sia stato un esempio di apertura verso il molteplice, capace di essere inclusi vo e accogliente, e insieme consape vole delle molte differenze e del molto lavoro che era e sarà necessario per costruire davvero un sistema Zerosei e oltre di qualità.
Il suo invito a tenere insieme tutti, per ché tutti si riconoscano nelle traiettorie di questo progetto, è una strada da lui iniziata e che è importante continuare a percorrere.
A reggere l’opera di Cerini
è la convinzione che il curricolo verticale è un tema unificante l’intero sistema scolastico, a partire proprio dal nido
DALL’INFANZIA ALLE Paola Cagliari Pedagogista, già direttore dell’Istituzione scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia, collaboratrice di Reggio Children per progetti formativiCerini ha sempre cercato di difendere la scuola dell’infanzia come luogo di vita, di relazioni, di apprendimento, lontana da precocismi trasmissivi
Innovazione e attenzione al mondo dell’infanzia
di Mario MavigliaLe riforme e le innovazioni promosse da Giancarlo
L’interesse di Giancarlo Cerini verso la scuola dell’infanzia è stato un leitmotiv costante della sua vita: basta dare uno sguardo ai volumi che ha scritto, agli articoli dedicati a que sto settore, ai gruppi di studio e di lavoro che lo hanno visto protagonista, come compo nente o più spesso come coordinatore, per rendersi conto che la sua era un’attenzione non momentanea o dettata dalle contingenze del momento, ma strutturale e ben radica ta nella sua biografia professionale. Difficile dire da cosa nascesse questa passione di Giancarlo, anche se nei tanti anni che abbiamo lavorato assieme credo di aver capito che le ragioni erano molteplici e intrecciate tra di loro. Innanzitutto, egli è sempre stato mol to attento a cogliere gli aspetti innovativi dei fenomeni educativi e pedagogici e a farse ne sostenitore e promotore.
Si è visto questo in riferimento sia al settore 0-3, sia alla scuola dell’infanzia, sia a quella primaria. Non vi è stato intervento riformatore o innovativo in questi tre settori in cui Ce rini non abbia dato un suo contribuito con la sagacia e la competenza che lo contraddi stinguevano. Ma credo che Giancarlo fosse anche convinto che le innovazioni educative potevano trovare terreno fertile per essere sperimentate e implementate soprattutto nei gradi scolastici iniziali, forse perché più flessibili nella loro impostazione organizzativa e più reattivi nel cogliere i bisogni di crescita dei bambini e le esigenze del territorio. In que sto senso, innovazione e mondo dell’infanzia si coniugavano fortemente nel pensiero e nell’azione di Cerini, alimentandosi l’un l’altro reciprocamente. Ho avuto il privilegio di ap prezzare direttamente tutto ciò nel corso degli anni Novanta, quando la scuola dell’infan zia fu interessata a un processo innovativo di grande portata che rimarrà forse unico nel la sua storia. Riporto, a tal proposito, tre ambiti che hanno visto Giancarlo direttamente impegnato nella fase iniziale della sua attività di ispettore.
Gli Orientamenti del 1991
Gli Orientamenti del 1991 (d.m. 3 giu gno 1991) hanno segnato uno spartiac que nella storia della scuola dell’infan zia statale (e non solo), in quanto per la prima volta questo settore viene dota to di un documento programmatico di alto profilo culturale e pedagogico, sganciandolo definitivamente da quel limbo assistenziale che aveva caratte rizzato la sua nascita. Con questo do cumento la scuola dell’infanzia viene ri conosciuta come vera scuola, anche se con peculiarità sue specifiche. So
no proprio queste peculiarità che Ceri ni ha sempre cercato di difendere e di far rispettare nel corso di tutta la sua attività professionale. Peculiarità che possono essere sintetizzate nell’iden tificare la scuola dell’infanzia come luo go di vita, di relazione e di apprendi menti, lontana da ogni impostazione precocemente disciplinaristica e tra smissiva, e nel riconoscimento del bambino come soggetto attivo e com petente, impegnato in un processo di continua interazione con i pari, gli adul ti, l’ambiente e la cultura. Un altro aspetto peculiare di questa scuola è
costituito dal suo impianto curricolare, basato su una stretta interrelazione tra finalità educative, dimensioni di svilup po e sistemi simbolico-culturali. Da quest’intreccio derivano i campi di esperienza educativa, ossia i diversi ambiti del fare e dell’agire del bambino e quindi i settori specifici e individuabi li di competenze nei quali il bambino conferisce significato alle sue moltepli ci attività e sviluppa il suo apprendi mento.
Il campo di esperienza
Proprio il concetto di campo di espe rienza educativa ha costituito per Gian carlo un continuo motivo di interesse e, per molti versi, di preoccupazione. Infatti, una lettura disciplinaristica de gli Orientamenti 1991 avrebbe potuto portare a concepire i campi di espe rienza come ambiti disciplinari, se non addirittura come delle discipline auto nome, con il fondato rischio di uno sna turamento dell’identità della scuola dell’infanzia. Il ‘campo di esperienza’ veniva concepito da Giancarlo come il luogo del fare, dell’agire, dell’esperien za diretta del bambino, ma allo stesso tempo come un contesto in cui le azio ni dei bambini (giocare, parlare, produr re, ecc.) vengono accompagnate dall’adulto verso la riflessività, la rievo cazione, la rielaborazione. In questo senso il campo di esperienza rappre senta l’incontro del bambino con i sa peri adulti. Per questo Cerini ripeteva spesso che il campo sta nella ‘testa’ dell’insegnante più che nell’elenco del le ‘cose’ da far fare ai bambini. Il cam po è una sorta di lente che consente di vedere la realtà sotto angoli visuali di versi.
I sei campi di esperienza costituiscono allora, nell’interpretazione di Cerini, sei modi diversi di conoscere il mondo e di arricchire la propria esperienza. In questo modo si può da una parte con trastare la tendenza al precocismo, sempre in agguato anche nella scuola dell’infanzia, e dall’altra guardare alla scuola primaria in un’ottica di continu
ità evolutiva. “ Al centro del curricolo stanno i bambini nel loro rapporto con i sistemi simbolici, con gli alfabeti, i se gni della cultura, i gesti, i linguaggi, i sa peri che si trovano sparsi nella società e che devono essere ‘scoperti’ con la mediazione degli insegnanti” (1).
Il progetto Ascanio
Dopo l’emanazione degli Orientamen ti del 1991 nacque l’esigenza di avvia re un progetto per sperimentare l’ado zione di nuovi modelli organizzativi per rendere più incisiva l’applicazione de
1) https://www.edscuola.it/archivio/ riformeonline/scuola_infanzia.pdf
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRII sistemi simbolico-culturali devono essere ‘scoperti’ con la mediazione degli insegnanti
Il progetto Ascanio ha aiutato a realizzare nelle scuola dell’infanzia spazi pensati, partecipati, organizzati, vissuti in cui respirare ben-essere
ALLE sUPERIoRI
gli Orientamenti stessi. Il progetto na zionale Ascanio (2) intendeva mettere a fuoco gli elementi essenziali del nuovo modo di essere della scuola dell’infan zia e di orientare verso di esso le mi gliori energie disponibili al cambiamen to. L’obiettivo, alquanto ambizioso in verità, era quello di produrre più quali ficati e intenzionali risultati formativi e determinare una sedimentazione diffu sa di percorsi sperimentali.
Il progetto adottava una prospettiva ti picamente sperimentale, almeno nelle intenzioni dell’Amministrazione, anche se la compianta Egle Becchi ebbe a pre cisare che su un piano strettamente tec nico andava considerato come una esperienza controllata (3). In ogni caso la proposta prevedeva l’introduzione di al cuni cambiamenti (variabili indipenden ti) al fine di ottenere la trasformazione del sistema organizzativo della scuola dell’infanzia nei vari elementi che la componevano (variabili dipendenti). Le variabili indipendenti venivano indivi duate in: a) un ‘gruppo docente’ ope rante su gruppi di bambini di più sezio ni; b) una ridefinizione degli orari delle scuole dell’infanzia. All’interno del grup
2) Attività sperimentale Coordinata Avvio Nuovi Indirizzi organizzativi (c.m. 70/1994).
3) E. Becchi, Disegni sperimentali ed esperienze controllate, in M. Maviglia (a cura di), La sperimentazione nella scuola dell’infanzia. Il progetto Ascanio e dintorni, Junior, Bergamo, 1995.
po docente ogni insegnante agiva se condo i principi di contitolarità, corre sponsabilità, collegialità e flessibilità de gli interventi. Quest’ultima caratteristica doveva assicurare sia la polivalenza dei compiti, sia la specificità degli interven ti (ma rifuggendo da ogni ‘elementariz zazione’ o, peggio, ‘secondarizzazione’ della scuola dell’infanzia), secondo am biti di competenze da assegnare all’in terno del ‘gruppo docente’. L’introdu zione di questi cambiamenti avrebbe dovuto agire sul sistema organizzativo della scuola dell’infanzia, ossia (variabi li dipendenti): a) l’utilizzazione delle ri sorse (spazi, tempi, materiali), b) le for me di raggruppamento dei bambini, c) le modalità di organizzazione dei docen ti, d) le tipologie didattiche, e) la proget tazione.
Gli aspetti organizzativi
Cerini ha sempre dedicato un’attenzio ne particolare agli aspetti organizzativi della scuola dell’infanzia (e non solo dell’infanzia), considerati al servizio dei bambini e dei loro bisogni di apprendi mento, socializzazione e benessere. Il progetto Ascanio costituiva, sotto que sto profilo, un banco di prova per la scuola dell’infanzia per rendere coeren te la concreta realizzazione dell’offerta formativa con il disegno pedagogico de lineato dagli Orientamenti 1991. Cerini intendeva l’organizzazione come un di spositivo professionalmente predispo sto per favorire l’apprendimento dei bambini, ma nello stesso tempo profon damente ‘umano’ e lontano da ogni ten tazione efficientistica e tecnocratica.
“Parlare di scuola dell’infanzia significa parlare di spazi pensati, partecipati, or ganizzati, vissuti, in cui le pareti piene di cartelloni, pitture, disegni, manifesti, parlano di viaggi, di esplorazioni, di scoperte, di curiosità, di stupore, di sensi, di relazioni sociali, di desiderio di conoscere, di amare e farsi amare. So no ambienti in cui si respira un’aria di ben-essere che sfugge a chi non vi ha mai messo piede: in cui si possono pro vare grandi emozioni, una sensazione
di accoglienza, il sentirsi abitanti di una comunità che pure non è la propria; al lora ci capita di riflettere sul ‘senso di appartenenza a un luogo’, e quindi sul valore educativo e formativo dell’alle stimento e dell’organizzazione del luo go in cui si entra, si vive, si lavora e ci si incontra” (4).
Il progetto Alice
Il progetto Alice (5) nasce come itinera rio di formazione in servizio per i docen ti della scuola dell’infanzia impegnati nell’affrontare le sfide dell’autonomia scolastica. Giancarlo fu uno dei promo tori del progetto, sia a livello nazionale che locale. Insieme abbiamo seguito l’e laborazione e implementazione di Alice (come componenti del gruppo di lavoro nazionale) in Sardegna e nei nostri ri spettivi territori di servizio. L’intuizione di Giancarlo, condivisa dal gruppo, fu quella di caratterizzare le istituzioni sco lastiche come ‘laboratori’ di sviluppo professionale, assegnando un ruolo sempre più attivo e consapevole ai do centi e ai dirigenti nel processo della lo ro formazione in servizio. Questo prota gonismo degli operatori scolastici era ben presente nel progetto Alice che ne rimarcava la necessità anche in riferi mento agli ambiti tematici attraverso cui si articolava il progetto stesso:
Curricolo: “La definizione del curricolo della scuola nel quadro dell’autonomia implica da parte delle singole istituzio ni scolastiche la capacità di interpreta re, contestualizzare e sviluppare gli in dirizzi curricolari definiti a livello nazio nale… Si richiede agli insegnanti di uti lizzare i nuovi spazi di autonomia curri colare, di ricerca e di sviluppo nella prospettiva di una coerente interpreta zione degli Orientamenti”;
4) http://m.flcgil.it/rassegna-stampa/ nazionale/edscuola-scuola-dell-infanzianon-solo-anticipo.flc.
5) Autonomia: un Laboratorio per l’Innovazione dei Contesti Educativi (c.m. 112/1999).
Organizzazione: “Il passaggio all’auto nomia scolastica richiede l’intervento di retto degli operatori scolastici per la co struzione di una solida identità culturale e progettuale dell’istituzione scolastica. La scuola dell’autonomia, infatti, è chia mata a esplicitare non solo gli indirizzi curricolari ed extracurricolari, ma anche le scelte didattiche e organizzative, adottando responsabilmente ogni forma di flessibilità per progettare, regolare, modulare attività, tempi, ambienti, didat tiche nei modi ritenuti idonei alla miglio re esplicazione dell’offerta formativa”; Infanzia e contesti di vita: “Occorre ri flettere sulle conseguenze dell’azione educativa e didattica e sui rapporti che la scuola è chiamata a intessere con i contesti di vita dei bambini. In tale am bito l’evoluzione del quadro normativo e l’attribuzione di nuove competenze e responsabilità agli Enti locali (…) offre alle istituzioni scolastiche ulteriori pos sibilità di collaborazione e di integrazio ne degli interventi, sulla base del prin cipio della concertazione e dello svilup po di una cultura della convivenza e della cittadinanza attiva”; Professionalità: “Il tema della professio nalità consente di approfondire le com petenze necessarie ai docenti nella scuola dell’autonomia, sia in ordine al la dimensione progettuale e organizza tiva, sia in riferimento alle funzioni di re gia educativa (clima, contesto, meto dologia)”.
Nell’insieme di questi riferimenti si ve de uno dei cavalli di battaglia di Gian carlo: il ruolo attivo che deve essere giocato dai docenti nell’assunzione di quelle responsabilità e decisionalità che il processo dell’autonomia richie de. E, di conseguenza, la necessità di una formazione in servizio continua e all’altezza delle sfide poste.
Il progetto Alice
nasce come itinerario di formazione in servizio per i docenti della scuola dell’infanzia, impegnati nella sfida dell’Autonomia
Mario Maviglia Già Coordinatore regionale ispettori USR per la Lombardia e Dirigente UST Brescia700 milioni del PNRR sono destinati a costruire o ristrutturare mense e palestre per la valorizzazione del Tempo Pieno nella scuola primaria
Il Tempo Pieno
di Fiorella Farinelli
Tempo Pieno e PNNRTra le misure del PNRR ci sono 700 mi lioni per costruire o ristrutturare mense scolastiche e palestre, un investimento dedicato “al potenziamento e alla valo rizzazione” del tempo pieno nella scuo la primaria (e molto urgente, quanto a palestre, per la recente decisione di in trodurre finalmente anche nella prima ria l’educazione motoria). Ma in questo approccio programmatico, in cui al cen tro ci sono il riequilibrio territoriale dell’offerta educativa e lo sviluppo dell’occupabilità femminile, c’è troppo di non detto e di non considerato. Il tempo pieno nella scuola di base non dovrebbe essere solo potenziato e va lorizzato, ma anche rivisitato rispetto a un modello pedagogico nato più di cin quant’anni fa, e dovrebbe essere rilan ciato come connotato essenziale di tut to il ciclo di base. Se non lo si farà, se non si ricomincia fin da ora a discuter ne, sarà difficilissimo anche solo svilup parlo nelle regioni meridionali o dove è finora mancato il ruolo decisivo degli en ti locali e dell’impegno professionale di insegnanti e dirigenti. È già successo, e recentemente, che l’offerta di viale Tra stevere di nuovi posti in organico sia stata utilizzata ben più nelle aree già me glio dotate di classi a tempo pieno che nelle altre, più nel Centro-Nord che nel Sud, più nelle città che nei piccoli cen tri, un esito non rassicurante.
Il tempo prolungato
A conferma dell’assenza di un disegno strategico, c’è, in questa fase, il signi ficativo silenzio sul fratello minore, il tempo prolungato della scuola media, che, figlio anch’esso, ancorché tardi vo, della stagione in cui si riteneva che un tempo scolastico più lungo fosse di per sé un fattore determinante per
l’equità sociale e l’efficacia educativa della scuola di base, ha avuto però storia e sviluppi molto diversi. Vi è una presenza molto meno consistente di quella del fratello maggiore (il dato na zionale è 12,9% contro 34,0%) anche se più omogenea nel territorio nazio nale, e più diffusa nelle aree meridio nali.
Si tratta di un andamento connotato negli ultimi tempi da un insistente calo della domanda e, curiosamente, da una maggiore debolezza proprio dove il tempo pieno è più forte e continua a rafforzarsi (è in Emilia-Romagna, dove le classi a tempo pieno sono il 46% che c’è il tasso più basso, solo il 3,4%, di tempo prolungato). Succede comun que spesso che molti ragazzini, che pure hanno frequentato il tempo pieno, non ne vogliano sapere di proseguire nel tempo prolungato. E che le famiglie rinuncino a chiederlo.
Le differenze tra tempo pieno e prolungato
È utile chiedersi le ragioni di questa dif ferenza, rivelatrice non solo di diversi profili educativi e professionali tra pri maria e secondaria (a cui non sembra no aver portato gran rimedio gli istituti comprensivi, pure finalizzati alla ‘con tinuità’ del ciclo di base), ma anche di altro: del diversificarsi della domanda sociale in relazione all’età dei bambini, della loro maggiore autonomia dai die ci anni in su che rende meno pressan te il bisogno di tempi scolastici molto lunghi per le famiglie in cui tutti gli adul ti lavorano. E probabilmente – elemen to che sarebbe pericoloso rimuovere –anche di un tempo pieno che può di ventare, col crescere dell’età, un con testo che perde attrattiva perché non lascia abbastanza spazio ad altri inte ressi e ad altre relazioni.
Dipende, ovviamente, da cosa c’è dentro il tempo pieno e da come si è evoluto, o involuto, quando da speri mentale è diventato un modello ordi namentale, quando non ha più avuto come insegnanti quelli che ne faceva no una scelta professionale identita ria, quando l’improvvida richiesta sin dacale di ridurre l’orario settimanale dei maestri ha tagliato i tempi della di dattica e della programmazione con divisa, quando il contagio della logica del ‘modulo’ e la specializzazione per aree didattiche l’ha in qualche modo ‘secondarizzata’. Ma la nostalgia del modello organizzativo e dello straor dinario impegno pedagogico delle ori gini non serve.
È importante piuttosto chiedersi per ché alle otto ore giornaliere di scuola debba sempre più diffusamente ag giungersi tanto altro tempo di compiti ‘a casa’, e di che cosa è pieno, forse troppo pieno, il tempo pieno, la ficcan te domanda che già diversi anni fa fa ceva Elogio del tempo vuoto di Pietro Citati ( 1) e, molto prima di lui, Bruno Ciari (2). Qual è, insomma, il ‘modello pedagogico’ più appropriato ai biso gni, ai desideri, alle condizioni di vita dei bambini di oggi, e se è pensabile, e a quali condizioni, che le scuole e gli insegnanti recuperino lo slancio e le capacità di progettazione pedagogica oggi diffusamente appannate dalla routine.
Pro e contro il tempo pieno
È da molto tempo, del resto, che si di scute di questi temi, anche tra chi il tem po pieno l’ha sempre difeso dai ricor renti tentativi di ridimensionarlo. Nel suo libro postumo, Atlante delle riforme (im) possibili (3), Giancarlo Cerini ricorda che
1) P. citati, Elogio del tempo vuoto, in “La Repubblica”, 2004.
2) B. ciari, Tempo pieno, pieno di che?, in “Riforma della scuola”, 1966.
3) G. cerini, Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid, Napoli, 2021.
se ne discuteva anche tra i fondatori del tempo pieno, cui non sfuggiva “la sotti le contraddizione che si apriva nel dibat tito pedagogico, tra i sostenitori dell’in tervento compensativo di una scuola a tempo pieno e i rischi di una scolarizza zione totale ”. Come non ricordare la brusca e imperiosa sollecitazione dei ra gazzi di Barbiana, “A quelli che sembra no cretini dargli la scuola a tempo pie no, agli svogliati basta dargli uno sco po”. Già, ma come? Con quale equili brio tra i compiti di apprendimento e i bisogni di libertà, autonomia, gioco?
Occorre un modello pedagogico per un buon Tempo Pieno
DALL’INFANZIADALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
Bisognerebbe
riflettere su un calendario scolastico con lo svantaggio di vacanze estive troppo lunghe e con il vantaggio di un’attività intervallata da pause
Oggi che il tempo pieno è in un terzo delle classi della primaria e tende an cora a crescere, ma continua a non af fermarsi come modello nazionale, è im portante confermare le grandi poten zialità compensative di una scuola a tempo lungo in tutto il ciclo di base.
I ‘cretini’ di Barbiana sono i tanti in po vertà educativa, i figli dell’immigrazio ne con pressanti bisogni di formazione linguistica e di relazioni interculturali, i bambini con disabilità e disturbi rela zionali e di apprendimento, l’esercito dei resi svogliati da linguaggi, pratiche, consumi più attraenti e seduttivi di quelli offerti dalla scuola. I tempi ‘diste si’ sono una risorsa fondamentale per inventare opportunità ritagliate su cia scuno, e importanti e generative per tutti. Ma come viene utilizzata?
Una riflessione
È necessario, come suggerito da Ma rio Dutto (4) guardare dentro la black box del tempo scolastico, riflettere sul la sostenibilità di un tempo troppo de terminato dai tempi degli adulti (quelli delle famiglie, delle città, degli orari de gli insegnanti e dell’altro personale scolastico), connettere questa riflessio ne a quella su un calendario scolastico ritenuto intoccabile (anche, lo si è ap pena visto, in tempi di pandemia e di lunghi periodi di forzata chiusura delle scuole) sebbene siano noti gli svantag gi di vacanze estive troppo lunghe e i vantaggi di un’attività scolastica inter vallata da pause.
Il ministro dell’istruzione Bianchi parla spesso, a proposito del tempo pieno e non solo, di una scuola aperta tutto il giorno, con le “porte sempre aperte e con le luci accese fino a tardi”, aperta alla città, ricca di scambi con le comu nità di riferimento, sede di educazione permanente e di formazione civica per giovani e per adulti.
Il tempo è una variabile fondamentale, non solo quello ‘didattico’. Il tempo
4) www.mariogiacomodutto.it.
pieno è un punto di partenza, ma solo se la scuola non è schiacciata solo sull’apprendimento scolastico, magari anche interattivo, laboratoriale, vivaciz zato dalle nuove tecnologie, ma sem pre apprendimento scolastico. Solo se la scuola non produce stress, noia, fa tica, estraneità. Solo se aiuta a scopri re e sviluppare curiosità, interessi e, nella scuola media, anche vocazioni e orientamento. Solo se apprendimento è anche libertà.
Un valido modello pedagogico
Quale potrebbe essere insomma il mo dello pedagogico? È ancora Giancarlo Cerini che, respingendo le artificiose distinzioni che sempre si ripropongono tra un tempo dell’apprendimento in classe e un tempo trasgressivo nei la boratori (“non c’è maggior laboratorio nella scuola che trasformare la propria classe in laboratorio ”), torna a dire nell’Atlante le cose fondamentali che ha discusso, scritto, insegnato in tutta la sua vita professionale. Il suo invito alle scuole, e alla politica, è che occor re tornare a preoccuparsi della qualità del tempo scolastico, per evitare che sia troppo densamente ‘produttivo’ di apprendimento scolastico.
Tempi lunghi, tempi distesi
I tempi lunghi devono prevedere tempi distesi in cui trovino posto spazi di au tonomia e di libero incontro e relazione tra i bambini e con gli adulti, la dimen sione dell’ascolto o della narrazione, la gratuità del gioco sia libero che guida to, la possibilità di leggere o di ascol tare musica o di studiare anche da so li, o in contesti e con supporti ugual mente disponibili a tutti e diversi, quin di, dallo studio casalingo in cui torna no a pesare e a condizionare le varia bili disponibilità, capacità, risorse del le famiglie, e in cui tanto spesso si raf forzano diseguaglianze, pigrizie e di pendenze. Di questo tempo disteso “ri scopriamone il profondo valore educa
tivo”, ma con un occhio più attento al le curiosità, agli interessi, alle vocazio ni. Un suggerimento che vale anche per la scuola media, nell’età in cui gli inte ressi individuali non solo si diversifica no e di sviluppano ma devono essere anche vissuti e verificati perché i ragaz zi possano più facilmente e autonoma mente orientarsi alla scelta dei percor si scolastici successivi. Solo così, con una nuova progettazione educativa, ‘il ritorno di fiamma’ del tempo pieno nel la primaria potrà contribuire a una nuo va stagione di politiche scolastiche, ri generando e attualizzando il ‘blasone’ di cui gode, la credibilità sociale dovu ta alla sua storia originaria. Non basta, insomma, ‘allargare il tem po pieno’.
Quattro requisiti fondamentali
Nella “ideale piattaforma pedagogica e per una buona qualità del tempo scuo la” proposta nell’Atlante, sono conte nuti quattro requisiti fondamentali su cui discutere:
una didattica che pone l’alunno nel le condizioni di operare concreta mente, di pensare, di ricercare, di
individuare delle strategie e delle soluzioni creative; un apprendimento di stile coopera tivo (lavoro in gruppi omogenei o eterogenei) per lo sviluppo delle ca pacità cognitive, emotive, sociali; tempi distesi per l’apprendimento: conversazione, ascolto, partecipa zione, riflessione, alternanza tra le attività e i differenti tipi di impegno, valorizzazione dei momenti di ricre azione; un gruppo docente coeso, collabo rativo, corresponsabile.
Un lascito prezioso, per il mondo della scuola e per i decisori politici, che sol lecita anche a riflettere su altri temi, dalle condizioni di attuazione dell’au tonomia scolastica allo sviluppo di un profilo professionale elevato per i do centi. Ne faremo tesoro?
Non basta allargare il Tempo Pieno, bisogna avere un occhio più attento alla motivazione della curiosità, agli interessi, alle vocazioni di bambini e ragazzi
DALL’INFANZIA ALLE Fiorella Farinelli Esperta di sistemi scolastici e formativi, componente Osservatorio nazionale Miur per l’integrazione degli alunni stranieriCerini ci ha insegnato che una legge va accompagnata all’interno della scuola con grande attenzione e cura
Ripensare a fondo il modo di essere della scuola
di Franco LorenzoniIl lavoro di accompagnamento alle Indicazioni nazionali del 2012
Ho conosciuto Giancarlo Cerini nel 2013 e ho avuto la fortuna di lavorare con lui per sei anni nel Comitato scientifico nazionale che aveva il compito di accompagnare le Indica zioni nazionali per il curricolo del 2012, voluto da Marco Rossi Doria, allora sottosegreta rio al Miur.
Le amicizie e le collaborazioni fruttuose ci aprono a nuovi modi di guardare la realtà. Tal volta ampliano e approfondiscono il significato di alcune parole saldandole con scelte concrete, con pratiche capaci di inverarle.
L’accompagnamento nelle innovazioni
Il primo concetto-azione a cui Giancar lo mi ha insegnato a dare centralità e ampio respiro è quello di accompagna mento
Cerini era profondamente convinto che una nuova legge, perché non rimanga confinata sulla carta, vada accompa gnata con grande cura e attenzione nel suo viaggio dentro la scuola di tutti i giorni.
Scrivere una buona legge è operazio ne complessa che richiede chiarezza, concretezza e lungimiranza, ma ac compagnarla è assai più difficile, per ché si tratta di affrontare e arginare una grave malattia italiana, che consiste nel lasciare spesso le riforme a metà, non avendo poi la possibilità di vederle compiutamente applicate e verificarne l’efficacia.
Fu così per le due riforme più significa tive nella storia del nostro paese: l’in troduzione della Media unica e l’aper tura delle nostre scuole a bambine e bambini con disabilità.
L’introduzione della Scuola media uni ca nel 1962 non fu accompagnata da una diffusione generalizzata del tem
po pieno, pur previsto, né, soprattut to, da un’adeguata formazione delle e degli insegnanti che si sono trovati ad affrontare i grandi e complessi proble mi che quell’estensione della demo crazia nell’istruzione comportava. A quella nuova scuola di massa, per la prima volta aperta a tutti i ceti popo lari, i docenti non erano preparati, e a farne le spese furono i figli delle clas si subalterne, come testimoniò in mo do nitido e irrevocabile Lettera a una professoressa , appena cinque anni dopo.
La legge 517/1977 per il diritto di istruzione
Anche riguardo alla necessaria esten sione del diritto di istruzione a tutte e tutti, resa possibile dalla legge 517/1977, ci furono problemi che in parte ancora persistono, perché aprire le porte delle nostre scuole a bambine e bambini, ra gazze e ragazzi con disabilità, necessi tava e necessita di una formazione con tinua e adeguata di tutto il corpo docen te, non solo delle e degli insegnanti di sostegno.
Ho fatto questi due esempi perché un aspetto che l’ispettore Cerini aveva
sempre presente, riguardava la com plessità dei processi di trasformazione di un’istituzione articolata e varia come la scuola.
E poiché Giancarlo era un riformista lu cido e conseguente, che ha sempre creduto nel progresso umano fondato su una crescita culturale collettiva che permettesse il pieno dispiegarsi dell’autonomia e libertà individuale, nel solco della tradizione laica e progres sista a cui apparteneva, non poteva ac cettare che il compito dello stato si ri ducesse a emanare buone leggi e prov vedimenti, senza che fossero messe in atto tutte la misure perché quelle leggi portassero nella realtà e nella società i cambiamenti che erano stati individua ti come necessari.
Giancarlo avrebbe certo fatta sua l’af fermazione icastica di Adriano Olivetti secondo cui “il termine utopia è la ma niera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o corag gio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qual che parte, solo allora diventa un propo sito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”.
L’ottimismo della volontà
L’intera vita di Giancarlo è stata sem pre colma di quell’ottimismo della vo lontà, che lo portava a vedere e a sot tolineare sempre gli aspetti positivi di ciò che accadeva nelle scuole. Le sue due ultime fatiche – la redazio ne e l’accompagnamento delle Indica zioni nazionali del 2012 e la messa a punto delle linee pedagogiche per il si stema integrato Zerosei – le ha porta te a termine con dedizione e rigore per ché in lui ogni ideale doveva incarnar si in un proposito a cui lavorare. Per mettere in rilievo alcuni passaggi chiave del suo pensare e agire da rifor mista radicale qual era, propongo di ri leggere la lettera con cui il Ministro Pro fumo presentò alle scuole il senso del le Indicazioni per il curricolo, divenute
legge dello stato nel novembre del 2012. Quella lettera, che introduce il testo del le Indicazioni, la scrisse per intero Gian carlo Cerini e illustra bene la sua idea di come sia necessario e proficuo lavora re per innovare davvero la scuola. Era scritta in modo così nitido ed efficace che il Ministro Profumo la lesse e la fir mò, senza apporre alcuna modifica. Leggiamola insieme.
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRILa lettera del ministro Profumo per le Nuove Indicazioni, scritta da Cerini, è una sintesi del suo pensiero
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
L’insegnante professionista riflessivo, radicato nel territorio ma capace di confrontarsi con i nodi culturali del nostro tempo
La lettera scritta da Cerini per le Indicazioni
Il primo passo per trasformare il fare scuola lo si deve sempre compiere av valendosi dei suggerimenti più vari. “È stato avviato un fitto scambio di idee, rilievi, commenti, puntualizzazioni, av valendosi della collaborazione di nume rosi insegnanti, di esperti di diversa estrazione provenienza, di rappresen tanti delle comunità scientifiche e disci plinari e dei sindacati”.
Il secondo passaggio è necessario compierlo consultando chi nella scuo la ci lavora, sperimenta e ricerca. “ In parallelo è stato chiesto al mondo del la scuola di esprimersi su una bozza che stata oggetto di lettura in molte mi gliaia di istituzioni scolastiche”.
“
Questo processo corale è un segno positivo dell’impegno degli insegnanti nel volersi confrontare con le questio ni culturali, sociali, educative, che ri guardano il futuro della nostra scuola e della nostra società”.
Qui si delinea il profilo dell’insegnante che ha sempre auspicato il nostro
ispettore: una o un professionista rifles sivo, ‘intellettuale sociale’ saldamente radicato alla realtà del proprio territo rio, ma desideroso e capace di con frontarsi con i nodi culturali del nostro tempo, capace di individuare e insieme contribuire ad aprire nuove strade e al largare gli orizzonti del futuro per le gio vani generazioni.
Conclude infatti questa parte prenden do “positivamente atto di una comuni tà professionale consapevole del pro prio ruolo, capace di far fronte con di gnità a compiti sempre più impegnati vi”, aggiungendo che “i segnali di par tecipazione sono certamente di buon auspicio per lo sviluppo, in ogni istitu zione scolastica, del necessario lavoro di elaborazione del curricolo, a partire da uno studio più analitico e disteso nel tempo delle nuove Indicazioni na zionali”.
Un elemento dinamico: il curricolo
Ecco che si apre un altro capitolo. Quello che affida alle scuole un ruolo
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
attivo di costruzione culturale. Il curri colo non è solo opera di adattamento, ma richiede immaginazione, inventivi tà e sperimentazioni accompagnate da continue verifiche da compiere duran te il cammino.
Il curricolo, per Cerini, è un elemento dinamico, in continua trasformazione. È davvero il cammino che si fa cam minando, come canta il poeta Antonio Machado. E infatti: “ Non ci aspettia mo un atteggiamento di mera ‘appli cazione’ di queste Indicazioni, certa mente non coerente con il principio dell’autonomia responsabile, ma un dialogo aperto sul senso del fare scuo la, sull’esigenza di rinnovare le prati che didattiche, sulla gestione più effi cace dei nuovi ambienti di apprendi mento”.
Ecco che una legge, nella concezione di Giancarlo, ha valore in quanto invita ad agire per cambiare la didattica e i tempi e gli spazi dell’apprendere. Ma non si ricomincia ogni volta da capo e la grande conoscenza che l’Ispettore Cerini aveva della storia della nostra scuola gli permetteva di ragionare sul la base di continui confronti utili e ge nerativi.
Avendo vissuto da vicino, talvolta da protagonista, molti passaggi e riforme più o meno monche o mancate, era an dato affinando sempre più le idee ri guardo a cosa bambine e bambini, ra gazze e ragazzi, avessero bisogno di trovare dentro alla scuola.
Così, inserendo le nuove Indicazioni in un solco che viene da lontano, afferma quanto confermino “la validità dell’im pianto educativo e culturale della scuo la di base italiana che si è venuto con solidando nel corso di tanti anni, con le sue vocazioni di accoglienza e di inclu sione”.
Sempre nuove sfide
Ma poiché Giancarlo non si acconten tava mai, ecco che individua e propo ne subito la sfida più audace: l’essere “consapevoli che occorre ripensare a
fondo il modo di essere della scuola”. Frase quanto mai impegnativa, eviden temente, perché questo è stato sem pre il cuore e il cruccio di Giancarlo. Chi si assume la responsabilità di ripensa re a fondo il modo di essere della scuo la? Chi ha il coraggio, l’energia e idee in grado di scalzare troppe abitudini che fanno assumere al corpaccione della scuola le sembianze di un bradi po che si muove, sì, ma troppe volte troppo lentamente.
E allora eccolo incitare all’azione con decisione, affermando che “è neces sario fare di più per i nostri ragazzi; che dobbiamo garantire in uno scenario mutato, anche dal punto di vista de mografico, più solide competenze ai nostri giovani, a partire dalla padro nanza della lingua italiana, dalle capa cità di argomentare e di risolvere i pro blemi, dall’incontro con il nostro patri monio storico artistico e ambientale, dalle sempre più indispensabili com petenze digitali”.
In poche righe le questioni chiave per delineare un “core curriculum che de ve sapere riscoprire le cose essenziali, quelle che contano nella formazione dei ragazzi di oggi, che sono già proiettati in un mondo per larga parte ancora sconosciuto, da affrontare come dota zione di competenze appropriate.
Le Indicazioni 2012 vanno in questa di rezione, ma molte questioni restano aperte”.
Questioni sempre aperte
Ecco, questa è un’eredità che ci lascia Giancarlo Cerini, che dovremmo stare molto attenti a non disperdere. L’idea che le questioni quasi sempre restino aperte, che il fare scuola e il fare la scuola, come recita il titolo di un bel li bro di Philippe Merieu, dovrebbero sempre riuscire a intrecciarsi.
Nell’idea di Giancarlo non ci dovrebbe mai essere chi pensa da sopra e da lontano e chi applica ricette precosti tuite nel quotidiano scolastico. No, la scuola funziona se è organo vivo in cui
Il curricolo
è un elemento dinamico, in continua trasformazione, un cammino che si fa camminando, come canta il poeta Antonio Machado
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
Cerini
sarebbe stato il miglior ministro dell’Istruzione: così non è stato, purtroppo, ma il suo viaggiare ininterrotto nelle scuole ha seminato tanto
tutte le componenti, compresi coloro che lavorano al centro, al ministero, si debbono mettere continuamente e co stantemente in gioco, in ricerca, per ché nulla può essere dato per assoda to una volta per sempre.
Da qui nasce l’ultima più radicale pro posta, condivisa con Marco Rossi Do ria. L’idea di considerare le Indicazioni, divenute finalmente leggi dello stato dopo che, con grande fatica, erano sta te definitivamente messe in forma do po gli sbandamenti e i passi indietro imposti dal passaggio di Letizia Morat ti al Miur, fossero da considerare un do cumento in divenire, sempre migliora bile. E che questa opera di continua ve rifica e revisione dovesse essere il più possibile partecipata perché “ognuno deve sentire di poter portare il proprio contributo attivo all’evoluzione della scuola italiana, mettendosi personal mente in gioco”.
Un programma politico
Frase questa che, fatta scaturire dalla penna di un Ministro, acquista il valore di programma politico. Programma che, per Giancarlo avrebbe dovuto es sere “l’occasione affinché il ruolo della scuola sia utilmente apprezzato e il la voro degli insegnanti rispettato e valo rizzato, come negli auspici di tutti”. Siamo in molti a credere che Giancar lo Cerini avrebbe potuto essere il mi gliore Ministro dell’Istruzione per la no stra Repubblica, ma purtroppo così non è stato, anche se è certo che il suo ininterrotto viaggiare per le scuole ab bia seminato tanto.
La luna di miele tra scuole e Indicazioni nazionali
Giancarlo infine era molto attento al lin guaggio. Amava le parole come stru mento concreto e fattivo di propaga zione delle idee, le parole portatrici di cambiamento. Ma era troppo intelligen te per fidarsi delle sole parole. Sapeva che una parola genera trasformazione
se è accompagnata dal corpo, dall’a zione, dal gesto quotidiano e dunque dall’esempio. Per questo non si ferma va mai alle parole.
Quando si trattò di passare dalle paro le ai fatti e cominciammo a lavorare nel Comitato Nazionale annunciato dal Mi nistro Profumo in quella lettera, Gian carlo ha più volte sintetizzato il senso del nostro lavoro di indirizzo e soste gno alla formazione e alla sperimenta zione nelle scuole, sostenendo che bi sognava tenere viva “la luna di miele tra scuole e Indicazioni nazionali”. In quell’espressione c’era tutto Cerini. Pensare al rapporto tra una legge e un’istituzione come la scuola come a un tempo di amore è inusuale. E se en triamo dentro la metafora, scopriamo che Giancarlo evocava quella partico lare forma di amore che si vive subito dopo il matrimonio. Non l’innamora mento cieco e appassionato, dunque, ma il tempo in cui lo slancio reciproco si fa promessa, durata, patto, costru zione quotidiana. E siccome il passag gio è periglioso, nella sapienza dei riti e della tradizione lo si inaugurava in viaggio, partendo per poi poter torna re alla fatica e alla bellezza della costru zione quotidiana. È sempre stato quel viaggio ciò che maggiormente stava a cuore a Gian carlo. Il mettersi in viaggio insieme co me promessa di una costruzione co mune a cui dare durata nel tempo. E insieme, per lui che era stato maestro elementare, è una parola che gli è sempre stata particolarmente a cuore, che ha ricercato e promosso tutta la vita.
Franco Lorenzoni Già maestro elementare e fondatore della Casa-laboratorio di Cenci ad Amelia (TR), ha scritto, tra gli altri, “I bambini pensano grande” (Sellerio)Io, Giancarlo e le scuole superiori
di Stefano StefanelUn rapporto con poche parole
Il rapporto tra me e Giancarlo si è cementato negli anni e in maniera costante. I nostri scambi diretti erano molto pochi e anche le sue richieste molto nette (“mi faresti 40.000 battute sugli studenti del Nord-Est”, “mi faresti un articolo sulla valutazione nella scuola superiore”, “collaboreresti alla stesura di un documento sulla valutazione dei dirigenti sco lastici”, ecc.). Ci intendevamo subito perché la sua sinteticità era collegata alla sua gran de competenza sul mondo della scuola. L’ultima richiesta che ho ricevuto è stata poi se guita dal silenzio che ci sta colpendo ancora oggi. Dei nostri scambi è possibile trovare le tracce sulla Rivista dell’istruzione dove sono ap parsi i miei articoli sempre nati da sue sollecitazioni, ma anche su Scuola 7, dove ho scrit to su sua richiesta.
I gradi della scuola
Anch’io vengo dal primo ciclo dell’istru zione e la dirigenza nel secondo ciclo nasce dall’idea di esplorare spazi diver si. Giancarlo ha sempre apprezzato (di vertito) questo mio essere a cavallo tra i cicli (dal 2012 sono dirigente di un Li ceo, ma ho sempre avuto la reggenza in uno o due Istituti comprensivi) e ha con cordato con me che l’apprendimento lo si deve analizzare dalle radici (la scuola dell’infanzia), non dalla pianta ormai svi luppata (la scuola superiore).
Per lui, come per me, la secondariz zazione in atto della scuola primaria è proprio sbagliata sia nella sua impo stazione didattica, sia in quella cultu rale, visto che anticipare la divisione dei saperi e il loro confluire in discipli ne rigide richiede un supporto che so lo la scuola primaria, intesa come scuola che intercetta lo sviluppo co gnitivo del bambino in un ciclo quin quennale, può dare. Il rapporto tra ra dice del sapere e sviluppo dell’appren dimento è sempre stato alla base del la sua ricerca didattica e della sua in terpretazione del ruolo ispettivo come ruolo di accompagnamento, di sup porto, di aiuto.
La rendicontazione sociale
Con lui ho affrontato anche il problema della rendicontazione sociale, fonda mentale e sottovalutato nel secondo ci clo dell’istruzione, dove un maldestro marketing spesso contribuisce a pro durre dispersione.
Il rapporto tra quello che si fa a scuola e quello che si dichiara è sempre stato alla base del suo interesse, che si al lontanava dalla puntuale messa in atto di singole strategie didattiche, per oc cuparsi di problemi complessi che, col suo incedere dolce e profondo, faceva apparire in tutta la loro centralità, sen za mai addentrarsi in inutili complica zioni. Spesso mi ha segnalato per con ferenze o incontri formativi in giro per l’Italia, dandomi la possibilità di con frontarmi con altre realtà, ma anche di approfondire alcuni temi che ci acco munavano. Perché dentro il concetto di rendicontazione lui vedeva la possi bilità per la scuola di aprirsi al mondo, di dare conto, di farsi capire.
La formazione
Insieme a Giancarlo abbiamo affronta to, poi, più volte il problema della for
La rendicontazione sociale
è una possibilità per la scuola di aprirsi al mondo, di dare conto, di farsi capire
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI
mazione e i suoi moltissimi interventi in Friuli hanno permesso di mettere l’ac cento sulla centralità della formazione nella funzione docente.
Il problema per Giancarlo non era mai disciplinare, ma sempre metodologico/ educativo, dentro un’idea di sapere che sapeva anche autovalutarsi nella sua efficacia senza condizionamenti pre ventivi. Tutto il meccanismo delle 50 ore formative per i docenti neoassunti è una costruzione che vede ovunque la sua mano, con l’ottimistica fiducia che lo vedeva credere in una scuola che sa formarsi e migliorare.
La sua idea (che è anche la mia) è che quello schema dovrebbe diventare lo schema base formativo per tutti i do
centi di tutti gli ordini di scuola e non li mitarsi al momento dell’ingresso nel si stema dell’istruzione. Negli scambi che abbiamo avuto in questi anni ho nota to che aveva comunque percepito chiaramente lo scoglio didattico dato dal disciplinarismo spinto della scuola superiore, che spesso scambia nozio ni e conoscenze per competenze ac quisite. Una lettura attenta dei suoi molti e puntuali scritti permettono di costruire quel perimetro educativo-for mativo che per lui costituiva la struttu ra portante dell’azione didattica dentro cui inserire esperienze e metodologie. Ricordo un pomeriggio formativo a Udine per docenti neoassunti, forma tori e tutor in cui si erano tenute due sedute consecutive di due ore di lezio ne l’una. Nelle prime due ore c’erano insegnanti delle scuole dell’infanzia e primaria, nelle seconde due ore c’era no insegnanti di scuola secondaria. Giancarlo fece lo stesso intervento, ma gli diede una tonalità diversa, compren dendo immediatamente le diverse sen sibilità dei due uditori.
I docenti delle superiori
Gli esiti di questo duplice intervento fu rono molto interessanti e gli fecero mol to piacere, perché nei giorni successi vi all’incontro si era alimentato, e non poco, l’interesse dei docenti di scuola secondaria per la sua impostazione, che andava al cuore dell’apprendimen to senza per forza andare al cuore di una o dell’altra disciplina. Anche il suo costante richiamo alla seminarialità e all’operatività travalicava gli ordini sco lastici, perché cercava di raggiungere lo ‘scopo formativo’ della scuola. Alcuni insegnanti di scuola secondaria erano stati molto colpiti dal suo ragio namento sul supporto agli studenti ‘de boli’. Giancarlo aveva precisato con chiarezza che nessuna persona e quin di nessuno studente può valere ‘zero’ e che quindi compito primario della scuola era recuperare da tutti il massi mo possibile. Ma quel recupero non
poteva somigliare allo stantio metodo delle lezioni private o delle lezioni di supporto, ma proprio al recupero di te sori nascosti in zone disagiate.
L’idea che noi dobbiamo riuscire a rag giungere tutti fa sì che l’attenzione non possa rimanere concentrata sull’inse gnamento, quasi fosse una variabile in dipendente, ma sull’apprendimento, cioè su quello spazio aperto che per mette alla scuola di condurre le perso ne verso saperi di comunità, compor tamenti collaborativi, azioni di suppor to attivo ai diversi e spesso distanti bi sogni educativi.
C’era in lui una speranza e una disillu sione, quasi che il percorso didattico non riuscisse mai a venir fuori dai vari incidenti di percorso. La scuola supe riore non ha bisogno di altre riforme, ma di una maggiore attenzione ai pro cessi di apprendimento, all’orienta mento, alla rendicontazione, alle com petenze, alla cura dei più deboli e al re cupero di tutto quello che gli studenti possono dare.
La strada della formazione era per lui l’unica percorribile, perché solo dentro quella strada poteva trovare posto quell’innovazione che sta più nelle co se che nelle teorie. Costruire pratiche formative coerenti era la sua scommes sa anche divulgativa: davanti a un te sto normativo ministeriale lui cercava di indicare la strada da percorrere per riuscire a cogliere qualunque apertura positiva si trovasse anche nascosta in testi spesso scritti in forma troppo bu rocratica. Giancarlo aveva il dono di scoprire le parole dentro i testi e, attra verso quelle parole, di raggiungere l’u ditorio e colpirne la sensibilità.
La didattica a distanza
Ricordo che gli era piaciuto molto, du rante il periodo della Didattica a distan za, quel mio concetto di ‘colloquio col to’ con cui sostituire l’interrogazione, perché gli dava l’impressione che un colloquio colto permettesse di liberare le forze della comunicazione, chiuse
dentro interrogazioni che non hanno mai dato informazioni diverse da quel le contenute nelle domande. Attraverso l’idea di colloquio, che si al za all’interno della cultura dei soggetti coinvolti, la scuola superiore poteva tentare l’uscita dalla sua autoreferen zialità. Che tutto il suo pensiero fosse estremamente corretto è apparso chia ro negli ultimi tre anni, con lo sconcer to della scuola superiore davanti alla ri chiesta ministeriale di predisporre un esame di stato finale che puntasse sul la multidisciplinarietà e sulla interdisci plinarietà e non sul nozionismo spinto che purtroppo tanto piace a molti do centi di scuola superiore. Quello sconcerto era lo sconcerto che lui trovava quando aveva davanti un uditorio fatto di professori e non di ma estri. Ma era uno sconcerto che lui tra sformava in accudimento culturale e formativo, con una carica innovativa mai aggressiva, con un’idea di scuola che ti aiutava ad avvolgere i tuoi pen sieri dentro un progetto, ponendoti il dubbio che per migliorare spesso è ne cessario cambiare.
La strada della formazione dei docenti era per Cerini l’unica percorribile, perché solo in quella strada poteva trovare posto quell’innovazione che sta più nelle cose che nelle teorie
DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI stefano stefanel Dirigente scolastico del Liceo “Marinelli” di Udine, presidente di Andris Friuli-Venezia Giulia, formatoreFormazione e sviluppo professionale negli scritti di Giancarlo Cerini
di Giorgio CavadiSu ogni tema vale il metodo Cerini: valorizzare spunti, indicazioni e connessioni dalle più disparate fonti
“Siamo così tornati all’interrogativo di fondo: la formazione in servizio, forse oggi è scar samente tutelata dalle norme, ma è del tutto inerente allo status professionale del docen te. Chi non si prende cura della propria formazione si pone al di fuori di questo status” Rileggere Giancarlo Cerini, riflettere, riportare e scrivere del suo lavoro, dei suoi innume revoli scritti, anche dopo aver superato l’inevitabile contraccolpo affettivo ed emotivo, si rivela un’impresa complessa. Riportare in un testo lineare la matrice di un pensiero pe rennemente creativo, reticolare (come i suoi indimenticabili variopinti schemi/mappe, con i quali riempiva il suo tempo mai vuoto), costringere in un breve testo una quantità di scrit ti, suggestioni, idee e progetti che si incrociano in una serie di rimandi continui, è impre sa ardua.
Una piccola avvertenza: in questo testo Giancarlo Cerini è citato con le iniziali GC con le quali chiudeva le sue mail; ci è sembrato il modo più affettuoso e meno accademico, per ricordare il nostro maestro gentile. Ogni articolo di GC si nutre di connessioni, valorizza contributi di associazioni professionali, vive di continui rimandi bibliografici a riviste e pub blicazioni di varia natura, un reticolo di suggestioni sempre stimolante e attuale, che si fa fatica a credere sia stato scritto anche oltre un decennio fa.
Dieci tesi sulla formazione in servizio
Il tema della formazione in servizio dei docenti costituisce il filo rosso di tanta parte del lavoro, delle riflessioni e dell’impegno istituzionale di GC. Un ar ticolo del 2016 appare esemplare del modo di affrontare le questioni a lui ca re; già dal titolo Aspettando la forma zione in servizio ‘obbligatoria’. Cosa mettiamo nel Ptof? (1), il tema della for mazione si apre e intercetta una serie di sottotemi cari alla sua ricerca: for mazione in servizio, legge 107/2015, sviluppo professionale, rimandi al CCNL, questioni giuridiche (diritto-do vere), spunti tratti dalla letteratura in ternazionale (Talis). La ricca bibliogra
1) Edscuola Press, 26/12/2015.
fia, ancora attualissima è, come sem pre, la bussola del suo sguardo che in clude i contributi di associazioni, do centi, enti di ricerca nazionali e interna zionali, suggestioni che provengono anche da dibattiti su gruppi Facebook accreditati e autorevoli.
L’articolo si conclude con un decalogo che ci piace riportare, non solo perché esemplare di una lucidità di pensiero e una capacità di sintesi senza pari, ma perché tipico di un metodo che punta va a valorizzare spunti, indicazioni e connessioni delle più disparate fonti, per offrire al lettore (e non di rado al le gislatore), le tappe di un percorso ar gomentato, scientificamente solido e concreto:
“Possiamo immaginare un decalogo di punti di attenzione da considerare nell’imminenza della elaborazione del
Piano Nazionale di Formazione, raccol ti anche ascoltando docenti e operato ri della scuola in incontri, seminari e sui social network:
1. Non basta un aggiornamento ‘pur chessia’ per accumulare attestati di corsi di aggiornamento: la formazio ne va ripensata a fondo.
2. È condivisa l’idea di legare maggior mente la formazione alla vita delle classi, alla qualità dell’insegnamen to, alle buone imprese di squadra.
3. Il bonus (la card di 500 euro) ha un forte impatto simbolico… bisogna usarla bene, orientarla verso una ef fettiva crescita culturale e professio nale… il tablet (di per sé) non fa pri mavera.
4. A fronte della card dovrebbe esse re naturale la disponibilità a mette re la formazione al centro della vita di istituto (con una seria analisi di bi sogni, risorse, talenti, che ci sono… in una prospettiva di crescita dell’i stituto, attraverso un investimento triennale non marginale da inserire nel Ptof.
5. Occorre mettere ordine nel ‘ricono scimento’ della buona formazione… non basta il tempo, la quantità, il pezzo di carta (attestato)… bisogna profilare un percorso formativo di qualità, fatto di momenti diversi, do cumentabile, visibile, riconoscibile.
6. Deve crescere un sistema della for mazione, che risponda ad alcune essenziali domande: chi fa cosa? cosa pensano, fanno, decidono gli insegnanti? cosa pensa, fa, decide il dirigente? cosa pensa, fa, decide, l’amministrazione (dal Miur agli Usr ai Provveditorati). Quali altri alleati si possono trovare?
7. Ci sono strumenti che possono age volare un percorso vero di formazio ne: bilancio di competenze, patto per lo sviluppo professionale, por tfolio, protocolli per l’osservazione in classe, ricerca-azione-formazio ne, outdoor learning, gli scambi tra scuole e piccole delegazioni di do centi ‘curiosi’, rendicontazione: oc
corre far crescere la formazione, an che con idee originali dal basso.
8. Contrattualmente parlando, una buona formazione (dentro la scuo la, nella rete, con scelte personali, percorsi intensi, ecc.) va considera ta come elemento di pregio di una buona professionalità (assieme al la voro in classe e alle responsabilità che si assumono a scuola). Bisogna trovare le forme giuste per ricono scerla. Una politica per il ‘merito’ (e ogni scuola nei prossimi tre anni è chiamata a sperimentare una pro pria politica per il merito, avendo an che un piccolo gruzzolo da utilizza
Una buona formazione
è legata strettamente alla vita delle classi, alla qualità dell’insegnamento, alle buone imprese di squadra
FoRMAZIoNE E PRoFEssIoNEFoRMAZIoNE
Il portfolio
è uno strumento per lo sviluppo professionale, per decidere sulla propria formazione futura, a partire dall’autoanalisi dei propri punti di forza e di debolezza
re) deve stimolare tutti e non solo al cuni a dare il meglio di sé.
9. Un buon contratto di lavoro si farà solo se ci sono idee forti sul lavoro del docente: e queste idee devono tradursi in standard professionali (cosa si aspetta e cosa chiede un Paese ai suoi insegnanti).
10. Pensare alla formazione in servizio è pensare a un rapporto con la cultu ra, i saperi, con l’idea di insegnamen to e apprendimento, con la costru zione di un lavoro a scuola creativo, ma preciso, professionalmente strut turato, con sistemi di supporto”.
Formazione e professionalità docente
Una seconda traiettoria del pensiero di GC sulla formazione incrocia un altro tema ricorrente, quello dello sviluppo della professionalità docente. Nel 2018 la Direzione generale per il personale scolastico pubblica il report dei gruppi di lavoro “Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio. Do cumenti di lavoro”. GC ha coordinato il gruppo sugli Standard professionali. Riportiamo un passaggio che illustra le scelte e gli obiettivi del suo coordina mento: “Il gruppo ha avuto il compito di procedere a una ricognizione delle fonti e delle esperienze internazionali e nazionali relative alla descrizione del profilo del docente e dei relativi stan dard professionali. In particolare, sono stati forniti elementi conoscitivi in rela zione alle possibili ricadute sui tratta menti contrattuali della formazione in servizio, alla configurazione dei crediti formativi e professionali” (2).
Non solo idee, ma strumenti: il portfolio del docente
In tema di formazione in servizio ci pia ce qui riprendere un libro esemplare del
2) Miur - Dgper, Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio, Documenti di lavoro, 2018.
modo di lavorare di GC, La strategia del portfolio docente (3), perché oltre a con tributi di esperti del settore riporta e sintetizza gli apporti delle associazioni professionali, voce e testimonianza dei diretti interessati. Un testo ‘politico’, quindi, ma operativo di visione (siamo nel 2011!), che pur partendo dallo stru mento portfolio, intercetta alcune aree della professione docente centrando il discorso sulla formazione come azione di auto posizionamento riflessivo in fa se iniziale (mediante quello che diven terà il portfolio del docente neoassun to) e di prospettiva di sviluppo profes sionale: “Il portfolio può avere funzioni diverse. Potrebbe diventare un ottimo strumento per lo sviluppo professiona le, per decidere sulla propria forma zione futura, a partire dall’autoanalisi dei propri punti di forza e di debolezza. Potrebbe servire, inoltre, per assegna re responsabilità o ruoli all’interno del la scuola, per esempio la funzione di ca po-dipartimento di una disciplina o area disciplinare. Si tratta di una funzione di coordinamento didattico che potrebbe essere meglio svolta da un collega in grado di rispondere ad alcune doman de, portfolio alla mano. ‘Come ti sei for mato? Come hai lavorato? Che succes si hai ottenuto coi ragazzi? Che tipo di didattica hai fatto? Come riesci a docu mentarla e a confrontarla con altri?’… La parte iniziale è dedicata all’identità professionale, cioè alla documentazio ne degli studi fatti, della formazione professionalizzante, delle esperienze la vorative. In definitiva è la ricostruzione della propria biografia di insegnante… Il portfolio è la filigrana di un curriculum virtuoso. Ogni docente dovrebbe ave re di fronte a sé una traiettoria professionale ideale, che si evolve attraverso formazione in servizio, ricerca didattica, partecipazione alla vita della scuola, riflessione sulla didattica, rap porto ‘colto’ con i saperi e le discipli
3) G. cerini (a cura di), La strategia del portfolio docente, Ufficio scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna, 2011.
ne… In definitiva, quello che proponia mo è un portfolio che parte da una sor ta di auto valutazione, da un bilancio di competenze, che si proietta verso la formazione e che ha anche dei possibi li sviluppi verso incentivi di carriera e re tributivi. Il portfolio può consentire, in una stagione difficile per la scuola, di tenere aperta l’idea di una crescita con tinua della professionalità e di un suo miglioramento” (4).
Nel quinquennio che intercorre fra il pri mo di questi interventi e il d.m. 850/2015, GC tornerà più volte sullo snodo professionalità-funzione docen te-formazione, come nel caso di que sto testo, denso di indicazioni operati ve e di scenario: “Si percepisce nell’a ria il desiderio che la partecipazione a attività di formazione torni a essere considerata parte integrante della pro fessione. Si tratta però di evitare la semplice raccolta di attestazioni di cor
si di aggiornamento generici, per met tere a fuoco le diverse tipologie di for mazione (in presenza, a distanza, auto gestite, affidate a enti o università), i contenuti (con un giusto dosaggio tra gli approfondimenti disciplinari e le ine vitabili connessioni didattiche), le cur vature (sempre più orientate alla gestio ne della classe, alle innovazioni meto dologiche, alla riflessione sulle prati che). L’aggiornamento non è partecipa re a un corso, ma vivificare la propria esperienza professionale con studio, ri cerca, confronto, con l’aiuto di ‘esper ti sul campo’” (5)
Il portfolio può consentire, in una stagione difficile per la scuola, di tenere aperta l’idea di miglioramento continuo della professionalità, con possibili sviluppi verso incentivi di carriera e retributivi
FoRMAZIoNE 5) G. cerini, Professionalità: la ‘mossa’ del cavallo, in “scuola formazione”, n. 3-4, 2014. Giorgio Cavadi Dirigente tecnico presso l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, esperto in processi formativiLa formazione dei docenti in anno di prova dovrebbe iniziare ogni anno a settembre: i docenti e la scuola lo meritano
La risorsa più forte che ho per migliorare la scuola
di Maria Chiara Pettenati“Il fattore umano. È questa la risorsa più forte che ho per migliorare la scuola”
Non solo lo diceva così, proprio con queste parole, ma me l’ha insegnato direttamente con il suo esempio Giancarlo in tutti i sette anni in cui l’ho ascoltato, seguito, ammirato, cercato come anima e guida del piano nazionale per la formazione dei docenti neoassun ti e in generale sui temi della formazione degli insegnanti. È l’umano. Ecco cosa ancora oggi e forse per molto tempo ancora mi muoverà l’emozio ne al suo ricordo: l’avere incontrato una persona capace di dare vita una politica educa tiva ‘umanistica’. Una politica messa a terra – per dirla con parole attuali – in un piano di formazione da decine di migliaia di persone ogni anno, con una governance complessa e multilivello, dispiegata in modo originale su ogni regione del nostro Paese.
Il piano nazionale per la formazione dei neoassunti
Il piano nazionale della formazione dei docenti neoassunti è stato profonda mente riformato col d.m. 850/2015 gra zie a un contributo sostanziale di Gian carlo Cerini che ha sostenuto l’adozio ne nazionale di un modello di cui ave va già fatto esperienza nella sua regio ne e che aveva visto all’opera in altri territori italiani. Nel mio ricordo di Giancarlo non voglio descrivere il modello formativo del d.m. 850/2015, ma voglio ritrovare le sue sot tolineature per il fattore umano che lui stesso ha identificato e promosso in ogni fase e momento di quel percorso formativo. Questo ricordo di Giancarlo è costruito con le sue parole, pronun ciate a Roma nella sala della Comuni cazione del Ministero dell’istruzione il 18 febbraio del 2016 in occasione dell’av vio dell’anno di formazione e prova 2015-16 (1).
1) https://www.youtube.com/ watch?v=Tw7HiH5EBXg.
Grandi numeri, grande accelerazione
Quando si hanno di fronte 90 mila docen ti ci sono tutti i rischi, organizzativi, am ministrativi, culturali dei grandi numeri ma anche dell’accelerazione che abbiamo vi sto. Si riferiva al numero eccezionale di docenti che entravano quell’anno in for mazione e alla necessità impellente che i lavori di preparazione per i nuovi docen ti iniziassero ogni anno ‘a ritmo’ con l’an no scolastico, cioè a settembre. Ricordo bene lo sguardo amichevole ma severo quando diceva che la circolare sarebbe dovuta uscire ad agosto di ogni anno. Grazie alle sue spinte gentili e al suo sup porto concreto, l’Ufficio VI del Ministero in collaborazione con Indire, ha progres sivamente anticipato ogni anno i lavori per avvicinarsi a quel ritmo che lui auspi cava. Perché era giusto, perché doveva essere così, perché gli insegnanti e le scuole meritavano ogni nostro sforzo in tal senso.
Siete voi sul territorio che gestite l’impatto e la sostenibilità
Questo cambiamento [del modello di formazione definito nel d.m. 850/15] è nato in tante esperienze negli anni pre cedenti che si sono realizzate in molte regioni e molti territori, tra cui Trento, l’Emilia-Romagna, l’Abruzzo ma anche altre province…Questo cambiamento credo si debba molto anche all’impe gno di tanti soggetti ai vari livelli (molti sono presenti in questa sala), siete an che voi che poi sul territorio gestite l’impatto e la sostenibilità di questa ipo tesi di progetto. Dentro queste sue pa role ritrovo lo sguardo curioso e antici pante, capace di cogliere le innovazio ni realizzate sul territorio grazie al ta lento e alle condizioni favorevoli di un determinato contesto, seguirle, capirle e studiarle e di affiancare a esse la ca pacità di muovere una macchina com plessa a livello di Paese per mettere a sistema quest’innovazione a beneficio della collettività (2).
Non ore ma metodo di studio, di ricerca, di scambio, di confronto
“Le quattro fasi [del modello del d.m. 850/2015] cioè momenti d’incontro, momenti di laboratorio, momenti a scuola, quindi il peer to peer l’osserva zione, l’incrocio e il lavoro sulla piatta forma centrata molto sul portfolio […] sembra un modello bonsai nel bene o nel male … bonsai nel senso che all’in terno di questo percorso noi troviamo le cose più significative: cioè docenti che si incontrano in laboratorio, lavoro in classe, osservazione, rielaborazione piattaforma… è una sorta di microco smo… ecco mi sembra di capire, di fronte anche alla domanda che spesso mi sento fare ‘quante ore saranno le ore
2) sulla formazione in ingresso per i docenti neoassunti, a.s. 2014-15, vedi la nota UsR E-R, prot. 466 15/01/2015, Primi orientamenti e indicazioni operative
di formazione obbligatorie?’. Una pos sibile risposta: non sono solo delle ore, sono delle attività. Sono una struttura di metodo di studio, di ricerca, di scam bio, di confronto.”
Con questa narrazione con cui raccon tava le quattro fasi del modello di for mazione, Giancarlo consentiva, da una parte di immaginare i docenti impegna ti in attività di studio e di collaborazio ne, ma al contempo sottendeva il mes
Per la formazione sono determinanti il tipo di attività, il metodo, la ricerca, lo scambio, il confronto
FoRMAZIoNE E PRoFEssIoNEIl patto per lo sviluppo professionale definisce la presenza dell’insegnante nella comunità e il suo impegno permanente allo sviluppo formativo
saggio culturale che è rimasto a lungo un refrain nei suoi discorsi e ha sanci to il successo di questo modello: l’in vito ad abbandonare la logica del con teggio delle ore, nella formazione do centi e a pensare in termini di attività significative e di crescita professiona le e umana.
In questo percorso formativo c’è un po’ di futuro
“Il percorso formativo ha dei momenti di check up iniziale, ha dei momenti in cui tu rilanci, ricostruisci, ti proietti in avanti […]. Non è una formazione una tantum: devo fare questa attività ma vo glio far capire come potrà costruirsi in futuro anche il percorso permanente di formazione”.
Due aspetti mi colpiscono di queste sue parole: il rivolgersi direttamente al protagonista della formazione dan dogli del tu, e la tensione verso il fu turo e il progresso dell’amico che, mentre ti incoraggia, ti fa già diventa re migliore.
Una novità da registrare meglio “Un’ulteriore novità è il patto per lo svi luppo professionale. Ecco questo cre do che lo dovremmo ‘registrare’ me glio. L’abbiamo al momento collocato come un patto di servizio cioè un pat to di ingresso. Nel senso che stabili sce alcune prime minime regole con cui un insegnante definisce la sua pre senza in una comunità professionale. Forse lo dovremmo via via calibrare
come patto per lo sviluppo formativo, cioè qualcosa che mi dà l’idea di un impegno permanente alla crescita pro fessionale”.
Innovare-osservare-mettere a punto e via così, in un circolo virtuoso di pro gresso anche per il più piccolo elemen to del modello. Sono queste parole che Giancarlo ha dedicato a un momento del percorso di formazione che tutto sommato mi pareva insignificante, bu rocratico e quindi fuori dal mio orizzon te. Anche quel momento, pur piccolo, diventava un ingranaggio di quella ruo ta di mulino che raccoglie progresso e genera energia.
È bello il lavoro dell’insegnante
“Attenzione a organizzare incontri pro pedeutici, non possono essere… [Gian carlo si ferma un attimo per cercare la parola adatta] … mi stava per scappa re un aggettivo… Bisogna ridurli al mi nimo, bisogna renderli funzionali. Per me un incontro di apertura deve avere almeno tre cose: 1) l’informazione sul senso del percorso di formazione: co me è fatto, quali sono i passaggi (un’o ra). 2) poi ci vuole qualcuno… un testi monial… ma alto. O uno scrittore, un giornalista, un uomo di cultura. Qual cuno che abbia dato un po’ la vita a fa re la formazione, che si sia impegnato nell’educazione e che porta una testi monianza alta (un’ora). Per dire che è bello il lavoro dell’insegnante, che è im pegnativo, che ti può dare delle soddi sfazioni. E poi ci vuole un’altra ora in cui si ricostruisce un po’ il profilo atteso: cosa si aspetta il Paese dagli insegnan ti (però non si possono leggere il Testo Unico con i diritti e doveri dell’inse gnante come ho sentito fare da qual che parte)”.
Un testimonial alto, qualcuno che è credibile perché ha dato la vita, e se ha dato la vita significa che ci credeva e se ci credeva fortemente, nonostante quello che probabilmente ha attraver sato, allora trasuda passione nono stante tutto. Ecco, passione, ispirazio
ne, bellezza. È bello il lavoro dell’inse gnante.
Un po’ di pepe nella vicenda
“Il peer to peer [...]. Il tutor entra nella classe del neoassunto: è abbastanza scontato e i neoassunti se lo aspetta no. Noi lo facevamo già alcuni anni fa. Qual è l’elemento che mette un po’ di pepe nella vicenda? Secondo me è che il neoassunto entra a osservare nella classe del senior. Lui magari era già tranquillo, era a posto. Sono il senior, sono arrivato… e si vede osservato! Ce l’ha più lui la strizza che non il neo! Al lora questo mi sembra un elemento si gnificativo perché dà l’idea proprio del la peer review cioè dello scambio dell’arricchimento, del passaggio sim bolico di consegne, ma anche della vi cinanza”.
Dunque, si genera progresso quando si rompono un po’ gli schemi, quando si esce dalla zona di confort e si va in uno spazio dove possono accadere co se che sorprendono perché sono uma ne. E la ricaduta è empatia, sostegno, progresso di ciascun individuo.
Queste e molte altre frasi ricordo e non smetterei mai di ascoltare. Ho impara to questo da Giancarlo: a leggere l’u manesimo dentro un decreto ministe riale, a farlo vivere e rivivere anno do po anno con la visione ben chiara di quel valore in mente, senza smettere di cercare e spingere il progresso conti nuo, la ricerca, l’innovazione sociale, tanto dirompente quanto tranquilla. L’innovazione sociale che parte dalla risorsa più forte che ho: l’umano.
Il neoassunto osserva il suo tutor in attività nella classe e viene osservato: è la peer review, cioè lo scambio di arricchimento, il passaggio simbolico di consegne, la vicinanza
FoRMAZIoNE E PRoFEssIoNE Maria Chiara Pettenati Dirigente di ricerca Indire, coordinatrice scientifica del progetto di accompagnamento all’anno di formazione (neoassunti.indire.it) e del progetto di monitoraggio del Piano nazionale di formazione 2016-2019Giancarlo era convinto che fosse sempre necessario ascoltare gli insegnanti e raccogliere le loro osservazioni, anche per l’elaborazione di Indicazioni nazionali
La formazione che cura la professionalità
di Giovanna ZuninoFocalizzo la mia testimonianza (*) sull’idea che Giancarlo aveva di formazione. Ho, per questo, pensato di fare riferimento alla mia esperienza, ai lavori e alle riflessioni che ho avuto la fortuna di condividere con lui, segnando una linea di demarcazione: un prima dell’Autonomia scolastica e un dopo.
L’ho conosciuto di persona nella mia città – Savona – nel 1985, durante il convegno na zionale “Scuole materne sperimentali a confronto”. Io ero tra gli organizzatori e lui era di rettore didattico in un Circolo della Romagna e già allora si occupava con passione e competenza di scuola dell’infanzia. A seguito di questo Convegno, le parole chiave sul le quali ci eravamo concentrati erano il lavoro nella scuola dell’infanzia, la ricerca educa tiva, la sperimentazione di nuovi percorsi molto pensati. Giancarlo è uno che la Speri mentazione (quella con la S maiuscola, dicevamo tra noi) l’ha sempre molto sostenuta, la riconosceva come elemento importante per la ricerca didattica e per questo doveva essere rispettata e monitorata.
Gli Orientamenti del 1991
A partire dal 1989 Giancarlo entra nella Commissione per la scrittura del Rap porto a medio-termine per lo sviluppo della scuola materna, che venne man dato nelle scuole affinché gli operatori esprimessero un giudizio, inviassero lo ro idee e opinioni. Quel Rapporto era la bozza degli Orientamenti emanati nel giugno del 1991: gli operatori vi trova rono traccia di molte considerazioni e contributi che avevano inviato e si sen tirono in qualche modo partecipi. Certamente tutti i componenti la Com missione lavorarono alla lettura delle 15.000 schede giunte, ma il promoto re di questa azione di diffusione nelle scuole e di raccolta di ciò che le scuo le avevano risposto, in modo tale che gli Orientamenti del ’91 fossero infor mati da quello che nelle scuole stava succedendo e si stava elaborando, era stato lui.
A seguito dell’emanazione degli Orien tamenti diceva: non è che possiamo
dare in pasto un elaborato così struttu rato culturalmente, senza fare in modo che gli insegnanti siano accompagna ti in un percorso di confronto e di pa droneggiamento dei contenuti, perché è un testo impegnativo. Lavorò così con Sergio Neri, Anna Maria Conterno, Clotilde Pontecorvo, Cesare Scurati –presidente della Commissione – e altri all’estensione del Piano nazionale di aggiornamento che dal 1992 al 1994 arrivò in tutte le scuole d’Italia. Partiva con un’organizzazione molto centraliz zata, ma si poneva il problema di rag giungere tutte le scuole del Paese, an che attraverso la costituzione di reti tra circoli didattici.
Questo lavoro di aggiornamento diffu so e il conseguente ascolto degli inse gnanti portò a evidenziare che, per onorare le finalità educative assegnate alla scuola materna, era fondamentale mettere in pratica didattiche e struttu re di professionalità che per essere co erentemente messe in essere, neces sitavano di una presa in carico tale da
*) Estratto da un intervento dell’autrice in Proteo Lombardia, Verso la Conferenza di programma, 7 giugno 2021.modificare l’organizzazione della scuo la materna e del lavoro educativo in es sa svolto, sia da un punto di vista strut turale, sia da quello formativo. Nasce allora il progetto Ascanio (Attività Spe rimentale Coordinata di Nuovi Indirizzi Organizzativi) che segnò un passaggio significativo sull’importanza dell’orga nizzazione della giornata a scuola co me elemento qualificante il progetto educativo.
Gli anni delle riforme
Nel ’96 – Ministro all’istruzione Luigi Berlinguer – incomincia a tirare l’aria delle riforme, quindi anche dell’autono mia scolastica, della riforma dei cicli. Molti di noi erano consapevoli che nel percorso dell’autonomia scolastica la scuola dell’infanzia non doveva sentir si chiamata fuori. Ricordo grandi di scussioni. Ma come tenere dentro la scuola dell’infanzia in modo tale che si sentisse a casa e non in gabbia? Giancarlo, facendo anche riferimento all’allora Sottosegretario Nadia Masini, diceva che se volevamo che la scuola dell’infanzia entrasse a pieno titolo all’interno dell’autonomia scolastica, era necessario fare un lavoro dal bas so, era necessario che gli insegnanti si sentissero parte di questo percorso. Ecco che nasce il progetto Alice (1). La Sperimentazione consisteva nell’attiva re confronto e riflessione tra reti di scuole, a carattere sia regionale che nazionale, su come interpretavano e agivano il curricolo, l’organizzazione del lavoro e l’ambiente educativo, la professionalità, i rapporti con le fami glie e il territorio.
Nasce l’autonomia scolastica
Siamo negli anni 1998-99, l’autonomia scolastica prende corpo. L’idea di for mazione e di autonomia scolastica per Giancarlo sono interconnesse. Pro
1) Autonomia: Laboratorio per L’Innovazione di Contesti Educativi.
muoveva cultura scrivendo e docu mentando, ma poi andando in giro nel le scuole, nelle più lontane periferie. Di ceva e scriveva che “l’autonomia sco lastica rappresenta lo sforzo di riscrive re le regole, di stringere un nuovo pat to tra la scuola e la sua società, tra i professionisti che vi lavorano e i ragaz zi che vi studiano, in una ricerca etica, prima ancora che giuridica e pedago gica. L’autonomia non è solo un discor so o un regolamento, ci si deve misu rare con la progettualità, con l’ipotesi concreta di innovazione nel campo di dattico, organizzativo e gestionale, an zi si deve partire da ciò che di signifi cativo già viene realizzato nelle miglio ri realtà scolastiche per diffondere idee,
L’autonomia si deve misurare con la progettualità a partire dalle migliori esperienze scolastiche
FoRMAZIoNE E PRoFEssIoNE
La buona formazione deve costruire reti, confronto, sviluppo; deve fondarsi sulla partecipazione e sulla riflessione su ciò che si fa allo scopo di migliorare
realtà, esempi in un processo di parte cipazione e regolazione dal basso del cambiamento. Senza fornire ricette però, perché per queste è più che suf ficiente una buona fotocopiatrice; oc corre invece formulare ipotesi su cui ri flettere e ragionare, idee su cui avviare una autonoma attività di ricerca e di svi luppo. Questo, in fondo, è il succo dell’autonomia un nuovo modo di fare educazione nelle istituzioni. […] Per la vorare nella scuola dell’autonomia c’è assolutamente l’esigenza di padroneg giare un codice condiviso che consen ta di essere sempre informati e aggior nati. Insomma, bisogna formarsi” (2).
I docenti al centro della formazione
Ma quali sono essenzialmente le paro le che Giancarlo, nell’elaborare l’idea di formazione, usa di più? Diceva “ la formazione è la linfa vitale per sostene re il cambiamento proteso al migliora mento, ma se un’insegnante non con divide, non riflette, non si confronta, non studia, non documenta, non ela bora e se queste azioni non le fa all’in terno di un processo formativo insieme agli altri, allora la formazione la subisce, non ne è partecipe. La formazione de ve essere partecipata perché così ser ve anche per creare un’idea di squadra, di persone che condividono una re sponsabilità, un progetto” (3). Giancarlo non era mai giudicante, dif ficilmente perdeva la pazienza e trova va sempre, con una grande cortesia del dialogo, il modo di precisare la sua po sizione, che non sempre era in linea con quella del suo interlocutore.
Pur essendo un grande mediatore, pro prio sulle idee di formazione lui aveva una sua asticella di posizionamento: mai una mediazione al ribasso. Era
2) G. cerini, d cristanini (a cura di), A scuola di Autonomia, Tecnodid, Napoli, 1999.
3) G. cerini (a cura di), Conoscere Sperimentare l’Autonomia, Tecnodid, Napoli, 1998.
molto convinto di una formazione in re te, ha sostenuto moltissimo i Centri di Risorse Territoriali (4) per la formazione. Diceva che non solo la formazione è linfa vitale, ma è un diritto degli inse gnanti e ogni progetto educativo ema nato, se non partecipato convintamen te, non potrà essere efficace per atti vare processi di cambiamento e di mi glioramento.
Questa sua convinzione di rendere partecipi gli insegnanti nei processi di cambiamento proposti lo ha accom pagnato anche durante il lavoro delle Indicazioni nazionali 2012 , del docu mento Legami educativi a distanza in tempo di pandemia e delle Linee pe dagogiche per lo sviluppo del sistema integrato Zerosei. In ciascuno di que sti documenti che sono segnati dalla profonda cultura di Giancarlo, viene assegnato un ruolo strategico alla for mazione in servizio quale chiave di volta della realizzazione dello sviluppo auspicato.
La sua è un’idea di formazione per co struire reti, confronto e sviluppo, che non guarda tanto e solo al contenuto, pur importante, ma che si fonda forte mente sul metodo partecipativo e di riflessione su ciò che si fa al fine di mi gliorare. Anche per questo amava di re che per rendere vivi i contenuti del le Linee pedagogiche per lo sviluppo del sistema integrato Zerosei era ne cessario promuovere una ballata po polare!
A noi restano da raccogliere gli esem pi e insegnamenti che Giancarlo con grande generosità ci ha regalato.
4) Cit. Giovanna Zunino Consigliera del CNPI presso il Ministero dell’istruzione dal 1990 al 2011; componente del Comitato tecnicoscientifico Proteo fare sapere, esperta di scuola dell’infanziaUna passione grande per la scuola
di Anna Maria AjelloHo avuto diverse occasioni di incontrare Giancarlo Cerini prima del mio insediamento all’Invalsi come Presidente. In quanto professoressa di Psicologia dello Sviluppo e dell’E ducazione, infatti, mi è capitato di essere invitata a convegni e seminari che riguardava no la scuola, come per esempio, a Ischia per i seminari periodici che si tenevano in quel la sede organizzati dalla Tecnodid.
Una passione costante per la scuola
Ciò che mi stupiva era di incontrarlo su temi diversi in cui interveniva sempre con una conoscenza diretta e ‘a tutto tondo’, di chi le cose che diceva le ave va vissute e/o le conosceva davvero, insomma aveva sulle scuole (al plura le!) un sapere sostanziale e non solo frutto di letture, che pure trapelavano dalle sue parole.
Ricordo tuttavia in particolare un semi nario, a Cesena, molti anni fa, in cui Giancarlo intervenne con la solita foca lizzazione precisa sul tema proposto; gli organizzatori erano stati in dubbio sino all’ultimo sulla sua presenza per ché in quei giorni aveva avuto un gra vissimo lutto famigliare: mi colpì il mo do asciutto e preciso del suo interven to, al termine del quale andò subito via. Mi è rimasto impresso quell’episodio come esempio di serietà professiona le, perché in quel frangente sarebbe stata ampiamente giustificata una sua deroga, ma Giancarlo non se l’era con sentita. Questo suo impegno, costan te e intenso per la scuola, frutto di una vera passione, è stata, a mio avviso, la caratteristica pervasiva della sua pre senza.
Quando nel 2014 sono diventata Pre sidente Invalsi, gli incontri con Giancar lo sono stati più frequenti e sistemati ci; ancora una volta, malgrado la diffe
renza dei temi in discussione, era con vocato come dirigente tecnico, o sem plicemente come esperto, perché i suoi contributi si rivelavano comunque un aiuto a calibrare le diverse azioni che si intraprendevano o a fare bilanci di quel le in corso. Era, in altre parole, ‘un in terlocutore’, una persona cioè che po teva piacerti o meno, ma di cui non si potevano ignorare le parole quando in terveniva.
Il lavoro per il Rav
Più specificamente sono state diver se le attività con Invalsi in cui Giancar lo è stato coinvolto. La prima si riferi sce al Gruppo interistituzionale che la Ministra Stefania Giannini costituì per la messa a punto finale del format del Rapporto di Autovalutazione delle scuole e consentirne il varo. Giancar lo in quella sede contribuì spesso a in dicare i punti in cui le scuole poteva no essere in difficoltà, o percepire in modo distorto alcuni aspetti presenti in quel documento; metteva in guar dia cioè dai rischi del rifiuto, che po teva tradursi in adempimento tout court vanificando così l’intera opera zione che ha rappresentato invece, una grande novità per il sistema sco lastico italiano.
Quel Gruppo ha costituito una risorsa insostituibile perché i componenti ap partenevano ad ambiti diversi – Dire
Nella messa a punto del Rav Cerini sottolineava gli aspetti in cui le scuole potevano essere in difficoltà e vivere il Rav come un adempimento anziché come uno strumento di miglioramento
IL LAVoRo CoN LE IsTITUZIoNIRivista
IL
CoN LE IsTITUZIoNI
Lo Zerosei
è stato il terreno di elezione degli interessi di Cerini, anche per le sue esperienze emilianoromagnole
zioni del Ministero, funzionari e con siglieri del Gabinetto della Ministra, rappresentanti Invalsi e Indire, esper ti reclutati di volta in volta sui temi presenti nelle parti che componevano il Format, ad esempio, l’orientamen to, dati sull’inserimento lavorativo e così via. La funzione di Giancarlo, quindi, era particolarmente utile per ché riconduceva alla quotidianità del le scuole alcuni aspetti che rischiava no di sfuggire nelle discussioni su sin goli aspetti.
Un apporto fondamentale per la valutazione di scuole e dirigenti
Un successivo ruolo assunto da Gian carlo è stato quello di rappresentante dei Dirigenti tecnici nella Conferenza per il coordinamento funzionale del Si stema nazionale di valutazione.
Come si sa, Invalsi ha coordinato la Conferenza composta anche da Indire e dal rappresentante dei dirigenti tec nici e in quella sede sono stati messi a punto i modi in cui si potessero realiz zare effettivamente le visite da parte dei team appositamente formati da Inval si. Giancarlo è stato un supporto im portante per realizzare quelle visite, stante il numero progressivamente sempre più ridotto di dirigenti tecnici, che aggiungevano alle abituali attività anche queste visite che, per quanto molto gratificanti professionalmente, costituivano di fatto un sostanziale ag gravio di lavoro.
Un contributo ulteriore è stato quello offerto nella realizzazione del proget to Prodis, che mirava a proporre un si stema di valutazione dei dirigenti sco lastici; come si può immaginare si trat ta di un tema spinoso che affidava a Invalsi la responsabilità della proposta e della sua sperimentazione, ma che era pervaso da correnti sotterranee di forti conflittualità che avevano a che fare tanto con le relazioni sindacali, quanto con le consuetudini consolida te che avrebbero resistito a innovazio ni nel campo della valutazione della
performance professionale dei dirigen ti scolastici. In realtà, la sperimenta zione del progetto si è centrata su una modalità che mettesse in luce la fun zione della valutazione come informa zioni di ritorno per promuovere il mi glioramento di quelle prestazioni e nel realizzare le visite al dirigente scolasti co, consultando il suo portfolio e dia logando con lui, i team riuscivano dav vero a impostare il processo in modo non ispettivo.
I dirigenti tecnici che coordinavano i te am hanno spesso affermato che que sti incontri erano tra le migliori espe rienze professionali che avevano con dotto. Giancarlo, in questa occasione, pur partecipando attivamente alla for mazione e agli incontri successivi, si è tenuto piuttosto ‘in disparte’, appariva quasi defilato, nel senso che nutriva speranze più ridotte rispetto all’esten sione del processo a tutto il sistema; per quanto questo atteggiamento non risultasse incoraggiante per chi aveva la responsabilità dell’intera operazione, di fatto denotava ‘un pessimismo del la ragione’ che le vicende successive non hanno smentito…
Il Rav per la scuola dell’infanzia
Un contributo molto più rilevante e po sitivo è stato quello che Giancarlo ha fornito nelle vicende annose che han no prodotto il Rav per la scuola dell’In fanzia.
Lo Zerosei, come sinteticamente si di ce, è stato il terreno di elezione degli interessi di Giancarlo che, anche per le sedimentate esperienze emiliano-ro magnole, era portatore di interessi di diverso tipo: questa è stata la caratte ristica fondamentale del suo ruolo all’interno del gruppo che ha messo a punto la versione del Rav per quel gra do di scuola.
La scuola dell’infanzia, infatti, è un settore in cui si sono da sempre scon trate visioni ideologiche differenti, che in diverse occasioni hanno dato luogo anche ad aspri conflitti; riuscire a far
convergere su un prodotto comune e condiviso gruppi con diverse ideolo gie e accademici con prospettive teo riche e applicative diverse, ha rappre sentato una sfida davvero ardua, tan to da far durare i lavori per più di due anni.
Tutti i componenti del gruppo hanno dovuto mediare e, soprattutto, c’è sta to bisogno della competente pazien za del direttore generale dell’Invalsi Paolo Mazzoli; il ruolo di Giancarlo in vece è stato quello di una sorta di Gia no Bifronte che da un lato con la sua presenza rassicurava chi vedeva con sospetto tutta l’operazione e dall’altro contribuiva comunque in modo pro duttivo all’andamento dei lavori. Non è stato facile, perché ognuno ha avu to richiami dalle Sirene delle proprie ideologie, ma ciononostante alla fine si è riusciti a venire a capo del Rav che è stato accettato dai componenti del gruppo e, successivamente, dalle mi gliaia di scuole che l’hanno sperimen tato.
Il suo attaccamento a quei temi è sta to tale che una delle sue ultime appa rizioni online, in cui tutti riconoscemmo la sua sofferenza nei tratti quasi ierati ci del suo viso – lui che era stato l’im magine vivente dell’emiliano ironico e buongustaio – è stata proprio quella re lativa a una presentazione e discussio ne del documento conclusivo predi sposto dalla Commissione nazionale 0-6.
Ancora una volta la sua professionali tà e la sua passione per la scuola sta vano prevalendo.
Un volume interessante
La segnalazione finale che voglio fare riguarda il volume Atlante delle riforme (im)possibili, pubblicato postumo. Se qualcuno non conoscesse la solidità e la profondità del sapere di Giancarlo sulla scuola, sarebbe proprio questo testo che meglio di qualunque altra pubblicazione dovrebbe leggere. Già il titolo fa capire quanti e quanto larghi
siano i territori a cui Giancarlo ha rivol to attenzione, che vanno dall’edilizia scolastica, al tempo pieno, alla valuta zione, alla formazione e al reclutamen to dei docenti per citarne solo alcuni tra i venti.
Vorrei segnalare un tema, quello della valutazione; vorrei indirizzare l’atten zione alla definizione di valutazione proposta in quella sede e molte volte definita anche a voce: una valutazio ne mite. Nelle argomentazioni che Giancarlo sviluppa si snodano temi di versi quali la varietà degli strumenti di misura che vanno adoperati, l’esigen za di integrare saperi informali e sape ri formali, la relazione educativa e la connessione con la valutazione ed al tri ancora.
Mi sono sempre chiesta come mai usasse quell’aggettivo ‘mite’ che po co aveva a che fare con la riflessione professionale, che comunque poi ve niva proposta, e ho capito che anco ra una volta quella definizione rispon deva a una prospettiva, quella delle scuole, che avvertivano in modo ag gressivo le proposte di valutazione che venivano avanzate da chi la scuo la non la viveva quotidianamente. In altri termini, quella definizione era la chiave di ingresso nei territori delle scuole, per avviare quel dialogo che è alla base di qualsiasi cambiamento re almente efficace.
La caratteristica fondamentale di que sto volume è quello di presentare sin teticamente i temi e di motivarli, ma poi di ancorare quelle considerazioni a da ti e a costi di realizzazione, insomma con un pragmatismo competente, in tenso e lungimirante. Credo che po trebbe essere un buon viatico per qual siasi ministro approdi e si insedi a via le Trastevere.
Il suo Atlante delle riforme (im)possibili, pubblicato postumo, potrebbe essere un buon viatico per qualsiasi ministro approdi in viale Trastevere
Anna Maria Ajello Ordinario di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione, Università “La Sapienza” di Roma (già Presidente Invalsi)I ricordi degli amici di lavoro di Indire
a cura di Maria Chiara Pettenati
Molti tra i membri della comunità di Indire hanno avuto occasione di co noscere e frequentare Giancarlo Ce rini nel corso degli anni e grazie ai suoi interventi e collaborazioni diret te e indirette nelle varie attività dell’i stituto.
Su richiesta precisa e attenta dello stesso Giancarlo, questa rivista ha
ospitato nel tempo molti contributi che hanno valorizzato il contributo che la ri cerca di Indire da sempre vuole porta re alla scuola del nostro Paese.
Questi sono messaggi di ricordo affet tuoso e riconoscente che sono arriva ti da alcuni tra coloro che, grazie al la voro in Indire, hanno stretto con Gian carlo un legame di amicizia e stima.
Noi del gruppo di Piccole scuole di Indire vorremmo ringraziare Giancarlo Cerini perché in uno dei tanti incontri di supporto al nostro lavoro di ricerca ci ha sostenuto nel percor so che stavamo facendo definendo il percorso di formazione e di ricerca “un’opera me ritoria per la scuola”. Ci ha fatto scoprire una prospettiva nuova con cui guardare alla ri cerca sulle piccole scuole non solo come accompagnamento ai processi di innovazione ma anche come “opera meritoria”.
Il gruppo di ricerca di Piccole Scuole di Indire”
Su tutto, Giancarlo Cerini mi ha insegnato a guardare alla scuola con occhi nuovi, con uno sguardo appassionato e lucido: per valorizzare la scuola che c’è, puntando a quello che ancora non c’è e potrebbe essere; per mirare all’eccellenza ma partendo dall’espe rienza; cogliendo il valore del singolo per agire sulla comunità.
Sara MartinelliUna volta a Bologna eravamo a riflettere su un progetto di portfolio visuale per il Dirigen ti. Mentre parlavamo animatamente, un certo punto cercando un documento Giancarlo tirò fuori un’infinità di chiavette Usb unite tutte insieme, sembrava San Pietro! Scoppiam mo a ridere.
Grazie per il tuo buonumore, per la tua umanità, per la tua conoscenza approfondita del la scuola, grazie per la tua amicizia”.
Isabel de MaurissensUna mattina di lockdown a parlare della valutazione degli apprendimenti come osserva zione documentata e complessa, atto di cura, continuo e non sempre consapevole; a parlare di un’idea di scuola. Porto nel cuore la mattina del 20 maggio 2020: grazie Gian carlo!
Margherita Di StasioUn ringraziamento a Giancarlo Cerini, uomo generoso e gentile, grande studioso del mon do della scuola. Di lui, tra le altre cose, mi hanno sempre colpito lo sguardo sensibile, la grande profondità d’animo e di visione.
Elena MosaIL LAVoRo CoN LE IsTITUZIoNI
Ho incontrato, come molti credo, l’Ispettore Cerini diverse volte e per vari temi: ricordo quando diversi anni fa ci confrontammo con lui sulla documentazione educativa, poi suc cessivamente sull’innovazione, poi sulla Riforma Gelmini, poi recentemente ho avuto la fortuna di pubblicare un contributo su uno dei volumi curati da lui per la preparazione de gli insegnanti al Concorso... Tante occasioni, nelle quali mi ha sempre colpito la sua luci dità e la sua profonda conoscenza del sistema scolastico italiano, della sua storia, delle sue debolezze e dei punti di forza... È stata una fortuna incontrarlo, parlare con lui porta va sempre a un qualche insegnamento.
Silvia PanzavoltaQuando ti lascia un grande maestro non ti lascia così nel mezzo di niente: ti lascia le sue parole amichevoli, sapienti e sagge scritte dappertutto, ti lascia legato ad altre persone di valore, ti lascia le istruzioni per andare avanti, ti lascia amici nuovi che non pensavi. Ti lascia anche un progetto incompiuto e ti lascia la responsabilità di portarlo avanti. Ti la scia legato alla promessa di diventare migliore. Ti lascia migliore. Quando ti lascia un grande maestro accade così: non ti lascia.
Maria Chiara PettenatiIspettore e uomo di scuola Giancarlo Cerini era una voce autorevole di cui sentiamo for temente la mancanza. Personalmente ho il ricordo di un uomo affabile e gentile, aperto al dialogo e al confronto.
Francesca StoraiUomo di Cultura che ha saputo raccontare la scuola “dalle luci accese”, condividendo la sua grande passione. Uomo che ha lavorato per costruire una scuola aperta e democra tica. Figura di grande ispirazione, grazie per le opportunità e la tua guida. Ci impegnere mo a fare tesoro dei tuoi insegnamenti e a portare avanti le tue idee per costruire insie me la scuola di tutti e di ciascuno.
Serena GrecoUn punto di riferimento importantissimo per la scuola italiana, capace di leggere le cose in modo chiaro e approfondito. Un professionista instancabile sempre pronto a dare un suo contributo con passione e grande competenza.
Paola NencioniIl mio ricordo è quello di un professionista appassionato eppure sempre misurato, capace di ascolto e di proposta, ostinato fautore di utopie possibili per la scuola che è e che sarà.
Elettra Morini
L’ho conosciuto 30 anni fa, mi colpì subito la sua competenza e il suo entusiasmo. Mi dis se: “La formazione non si ferma mai! Ricordalo! Nel lavoro e nella vita”. Ed è così che vo glio pensarlo: impegnato tramite ciò che ci ha lasciato nel proporci nuove strategie didat tiche e riforme (im)possibili, come suggerisce il titolo del suo splendido testo postumo
Antonella Turchi
Quando ti lascia un grande maestro accade così. Non ti lascia
Maria Chiara Pettenati Dirigente di ricerca Indire, coordinatrice scientifica del progetto di accompagnamento all’anno di formazione (neoassunti.indire.it) e del progetto di monitoraggio del Piano nazionale di formazione 2016-2019Giancarlo
aveva la capacità, intellettualmente seduttiva, di spostare l’attenzione più in là, non solo più avanti ma di lato. Insomma, non limitarti a fare un passo in più
Il nostro Giancarlo e il Forum Veneto
di Antonio GiacobbiPartiamo con un convegno sulle Indicazioni nazionali
Fu lui a proporcelo, a Cinzia e a me, non ricordo in quale occasione. Le In dicazioni nazionali per il primo ciclo , che lo avevano impegnato nel nucleo redazionale, erano state pubblicate l’anno prima, nel novembre 2012. “Per ché non organizzate un convegno inte rassociativo sulle Indicazioni?”. A ripensarci ora, Giancarlo aveva an che questa capacità, direi intellettual mente seduttiva: spostare l’attenzio ne più in là, non solo più avanti ma di lato. Insomma, non ti fermare ma non limitarti a fare un passo in più. Cerca un pensiero altro, anche diverso. Da una figura che, anche dopo essere an dato in pensione aveva mantenuto una sorta di profilo ‘istituzionale’, non te lo aspettavi subito. L’idea nuova era quella di mettere insieme più as sociazioni, riconoscendo esplicita mente il loro ruolo e invitandole a la vorare insieme. E così con Mce, Aimc, Andis, Cidi e Proteo Fare Sapere di cui ero presidente Veneto, ci mettem mo al lavoro. Ottobre 2013, a Mestre, aula magna del Pacinotti, oltre 250 persone: relazioni di Giancarlo, di Si monetta Fasoli, Cinzia Mion, Patrizia Magnoler. Scrivevamo nell’introduzione che per noi le Indicazioni erano un passo im portante verso il rinnovamento della scuola che parte “dal lavoro quotidia no, spesso faticoso ma ricco di chi nelle nostre scuole, nel territorio, con gli alunni si misura ogni giorno, dai do centi ai dirigenti”. Anche questo pen siero nasceva dalle conversazioni con Giancarlo, sempre attento a ciò che si
muoveva nelle scuole, dentro le scuo le, tra i docenti. Non si era mai nasco sto i problemi, lo vedemmo anche ne gli anni successivi. Sapeva che anche molta scuola primaria era lontana dal le Indicazioni nazionali ma sapeva rac cogliere e rilanciare, perché era atten to alle opportunità e sapeva vedere nel lavoro quotidiano degli insegnanti sempre qualcosa di didatticamente buono. Alcuni di noi erano più critici, lo ammetto.
e… poi nasce il Forum Veneto delle Associazioni Professionali della Scuola
Anche dopo quel convegno fu Giancar lo a rilanciare: “Perché non provate a creare qualcosa di permanente in Ve neto come associazioni professionali? Per fare ricerca, formazione, riflessioni, offrire opportunità alle scuole della re gione”. Cinzia colse subito l’invito e ci mettemmo al lavoro. Oltre alle cinque che avevano organizzato il convegno, invitammo anche Disal, Legambiente scuola e formazione, l’Anfis e l’Adi di cui avevamo incontrato in una riunione all’Usr per il Veneto il vicepresidente nazionale. Non volevamo escludere, la vorammo sui contatti che alcuni di noi avevano.
Ci mettemmo al lavoro. Eravamo per sone con culture ed esperienze e, per ché non dirlo, appartenenze diverse. E differenze, storiche, c’erano anche tra le nostre rispettive associazioni. Ci era chiaro che, per evitare difficoltà successive, dovevamo elaborare un documento in cui tutti ci si potesse ri conoscere e darci una struttura orga nizzativa.
Cercammo di ‘copiare’ da un’esperien za di associazioni del Piemonte, l’uni ca in Italia ci risultava, con una organiz zazione forte e tanto di statuto. Ma al la fine decidemmo per una struttura più semplice e libera: un Forum, niente sta tuto, un coordinatore. Dopo un anno di lavoro con incontri mensili avevamo un Documento costitutivo in cui ci ricono scevamo tutti. L’impegno comune era quello di non eludere le differenze di opinione, di confrontarci fino a trovare ciò che condividevamo. Coordinavo il lavoro, e ogni tanto sentivo Giancarlo per un suo parere. Dal 2014 il Forum ogni anno organizza un paio di conve gni per le scuole, molto frequentati, e per ogni iniziativa elabora un documen to, risultato di una ricerca e del con fronto.
Giancarlo era spesso ospite delle no stre iniziative, molto apprezzato, ‘gli amici del Forum Veneto’ ci chiamava. Lo sentivamo vicino. I suoi contribu ti, le sue relazioni, offrivano punti di vista non solo teorici ma sempre at tenti alla realtà della scuola: erano proposte, ipotesi di lavoro, tracce su cui lavorare, percorsi da intraprende re. Ricordo come definiva la legge 107/2015, quella della Buona scuola di Renzi, che aveva analizzato a fon do e sulla quale con Mariella Spinosi aveva curato e pubblicato con la Tec nodid, già dopo due mesi dalla sua approvazione, un volume che si è di mostrato uno strumento di lettura particolarmente utile, Una mappa per la riforma , che raccoglie diversi con tributi.
Riferendosi ai 212 commi della legge, che fu approvata con la fiducia e quin di composta di un solo articolo, dice va ‘i 212 vagoncini’. Io chiosavo che alcuni potevano davvero rimanere in cantiere, altri erano grigi, ma qualcu no era colorato, come quelli che da ranno origine al sistema integrato Ze rosei.
Da uomo delle istituzioni e da uomo di scuola sapeva cogliere della norma
le criticità ma anche ciò che avrebbe potuto introdurre elementi di innova zione. Lo scriveva bene nell’introdu zione al volume: “Per fare buone rifor me c’è bisogno di serenità, di intelli genza politica, di visione culturale, di tecnicalità giuridico-amministrative appropriate, soprattutto di uno sguar do amichevole verso la scuola. Se sbrogliamo questa matassa con qual che strumento critico, potremo met tere in evidenza evidenti punti di for za del provvedimento, le opportunità che comunque si aprono per la scuo la, gli aspetti critici che certamente non mancano ”. Nello stesso testo suggeriva per l’a nalisi un “ approccio comparativo: co sa c’era prima della legge, cosa c’è oggi ”. Ecco il punto che faceva di Giancarlo anche un ‘politico’ di quel li capaci: ti puoi opporre alla logica con la quale si forma un provvedimen to, come fecero le principali organiz zazioni sindacali della scuola, ma quando hai la legge devi cercare di aver presente e modificare ciò che non va (e anche da chi scrive alcune norme non erano condivise) ma devi saper leggere accanto alle criticità an che le opportunità.
e… la valutazione
Su un altro terreno propose al Forum Veneto di lavorare, la valutazione. Ela borammo un corposo documento, de vo ammettere con qualche difficoltà, perché partivamo da opinioni diverse tra chi riteneva decisamente necessa rio superare il voto e chi ne apprezza va ancora l’utilizzo. Arrivammo a una sintesi condivisa che presentammo in un affollato convegno a Treviso nel marzo del 2016, presenti circa 400 do centi, articolato nelle relazioni del mat tino (Zanchin, Cerini, Iosa, Losito, Mion) e in gruppi di lavoro del pomeriggio centrati su esperienze di alternative al voto.
Per fare buone riforme c’è bisogno di serenità, di intelligenza politica, di visione culturale, di tecniche giuridicoamministrative appropriate, soprattutto di uno sguardo amichevole verso la scuola
Rivista
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNIGiancarlo faceva centinaia di chilometri per un gruppo di venti persone che partecipavano al Forum Veneto
Il documento fu da alcuni criticato per ché, pur risultando chiaro che manife stava le criticità del voto e presentava ipotesi di superamento, non era così netto come qualcuno si aspettava. Ma avevamo deciso di rivolgerci a tutte le scuole del Veneto, cui fu inviato, dall’infanzia alle superiori, con l’obiet tivo di proporre una riflessione, di evi denziare che il voto era incompatibile con la valutazione formativa, concet to che sapevamo non essere nel ba gaglio culturale di tutti i docenti.
Per sostenere la nostra tesi, segna lammo che una circolare ministeriale del 2009 già consentiva di non utiliz zare il voto nel corso dell’anno. E, a questo ci tenevamo, avevamo mante nuto l’unità del Forum. Fu ancora Giancarlo a rilanciare e proporci di continuare a lavorare sul tema. La leg ge 107/2015 aveva delegato il gover no a emanare un decreto legislativo sulla valutazione nel primo ciclo. Il Movimento di cooperazione educati va aveva intanto lanciato una raccol ta di firme per l’abolizione del voto con un manifesto dal bel titolo Voti a perdere Il Forum organizzò un focus group di una ventina di persone in una scuola del padovano, Cadoneghe. Giancar lo, sempre attento da riformista con vinto alla cultura politica del paese, sottolineò un dato che avrebbe rap presentato una difficoltà: i parlamen tari delle commissioni che dovevano dare il parere sul decreto sarebbero stati probabilmente sensibili non alle elaborazioni pedagogiche, ma ai tito li dei giornali e alla famosa ‘casalinga di Voghera’, insomma ai genitori che non certo per loro colpa avrebbero comunque preferito i voti perché in grado di dare loro una informazione immediata e chiara sugli apprendi menti dei figli.
Il Forum aveva intanto prodotto nell’a gosto 2016 un primo documento, sul la base di notizie che dicevano che il gruppo che stava lavorando sul de creto sembrava orientato ad abolire i voti per sostituirli con le lettere A, B, C, D, E. Nel documento si dava un giudizio positivo ma si segnalava che l’utilizzo delle lettere non affrontava bene il tema della valutazione forma tiva, che era il vero problema della va lutazione. Il governo inviò invece alle commissioni parlamentari uno sche ma di decreto che manteneva il voto decimale.
Il Forum scrisse allora anche alle commissioni, ma inutilmente: il d.lgs. 62/2017 uscì nella stesura prevista
dal governo. Ancora con Giancarlo, il Forum riprese l’iniziativa con un altro focus nell’inverno del 2020, sempre a Cadoneghe. Il tentativo era quello di cercare il modo di provare a eludere la norma, naturalmente laddove ci fossero dirigenti e collegi docenti di sponibili. Concludemmo la mattinata con l’ipotesi di verificare la praticabi lità giuridica, anche in via sperimen tale, di una delibera per qualche col legio docenti, per l’anno scolastico successivo. Eravamo consapevoli che non sarebbe stato sufficiente abolire il voto, si doveva avviare una diversa cultura della valutazione. L’i dea era di lavorarci, con l’aiuto di Giancarlo. Nella primavera, il parla mento abolì il voto nella scuola pri maria.
… e la scuola dei piccoli
L’altro grande tema su cui il Forum Ve neto lavorò con Giancarlo fu la scuo la dell’infanzia e il percorso integrato Zerosei. La ‘scuola dei piccoli’, per ri prendere una espressione con cui lo ha ricordato Giancarlo Cavinato del Mce, era al centro del cuore e della te sta di Giancarlo. Il Forum lo chiamò come relatore a un convegno organiz zato a Vicenza in collaborazione con il comune, mentre era in elaborazione quello che sarebbe diventato il d.lgs. 65/2017. Lo avevamo intitolato I gio chi sono fatti! I giochi sono fatti? con riferimento rispettivamente all’impor tanza dei primi anni delle bambine e dei bambini per il loro sviluppo e alla possibilità che in Parlamento ci fosse ancora la possibilità di intervenire. Giancarlo fu come sempre preciso e ‘caldo’ nel dirci a che punto era il provvedimento con una relazione ric ca di dati e suggestioni culturali e pe dagogiche.
Sulla valutazione tornò ancora per un convegno del Forum nel 2018. Alcu ne docenti di scuola dell’infanzia ci avevano segnalato il loro disagio per proposte di schede da ‘crocettare’,
così ci dissero, che giravano nelle scuole per la valutazione delle bam bine e dei bambini delle scuole dell’infanzia. Seguendo il metodo che ci eravamo dati all’inizio dell’espe rienza, ne discutemmo tra di noi. In tanto era uscita dal Forum Disal ed era entrata Amdz, l’Associazione Ma estro Dino Zanella. Scrivemmo un do cumento dal titolo La valutazione mi te nella scuola dell’infanzia , organiz zammo una giornata di studio e chia mammo, tra gli altri, Giancarlo; ci pro pose come titolo della relazione: La sperimentazione del Rav infanzia: le condizioni per farne strumento per la qualità
Tra i diversi momenti di incontro, an che in occasione di altri convegni (Proteo Veneto, Amdz) ho deciso di raccontare la nostra esperienza del Forum perché Giancarlo ha lasciato a tutti noi, oltre alle riflessioni sui singo li temi, questa idea: che sul terreno della scuola tu puoi avere idee diver se da altri, ed è bene che tu le abbia, che tu le sostenga fino a farle diven tare norme, in campo legislativo, o prassi in campo educativo, ma lo sfor zo che devi fare è sempre quello di metterti dalle parte delle bambine e dei bambini, “ con sincerità, andando oltre chi dice no senza aver nemme no letto i documenti, chi non vuole mai mettersi in gioco, chi ‘va bene così’, chi sventola ideologismi d’an nata, ecc. ma anche chi pensa solo a utili politici immediati, a interpretare una parte già assegnata, alla visibilità personale (1).
Occorre
“andare oltre chi dice no senza aver nemmeno letto i documenti, chi non vuole mai mettersi in gioco, chi sventola ideologismi d’annata, ma anche chi pensa solo a utili politici immediati”
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNI 1) G. Cerini, cit., 2015. Antonio Giacobbi Già dirigente scolasticoGiancarlo e Andis
di Gregorio Jannaccone
Trovavi Giancarlo dappertutto, ma non nei posti del potere: era nei posti veri, reali, quelli dove c’era da scrivere una riforma importante, dove erano in attesa insegnanti resilienti con la voglia di diventare ancora più bravi
Dappertutto, tranne che nei posti del potere
Ci sono persone che vivono una vita molto lunga, accumulano ricchezze, ostentano ville, fanno fortuna sulla stu pidità degli altri, poi se ne vanno sen za lasciare traccia, se non la ruggine sulle ringhiere delle case di montagna, che edere pietose avviluppano per non rovinare il paesaggio.
E poi ci sono quei personaggi che t’in seguono da ogni canale televisivo, ogni network in circolazione, ogni gruppo o sottogruppo sui social… Ti chiedi quando mai faranno gli scien ziati che dicono di essere, governare città, gestire ristoranti, insomma come trovano il tempo per le più misere, mo deste faccende che i comuni mortali affannosamente e quotidianamente rincorrono…
Mi imbattevo in questi strani protago nisti del nostro tempo e consideravo che la macchina mediatica è sempre accattivante, lascia pochi fuori dal pro prio circuito, probabilmente quelli che in qualche modo, pur richiesti riescono a scappare…
Credo che Giancarlo Cerini letteral mente scappasse. Non erano posti per lui! Come non lo erano le ovattate pol trone ministeriali, la guida degli uffici scolastici regionali, che quasi ogni ispettore ambisce a occupare…
Giancarlo lo trovavi dappertutto. Tranne nei posti del potere. Lui era nei posti veri, reali, quelli dove c’era da scrivere una riforma importante, dove erano in attesa insegnanti resi lienti con la voglia mai sopita di di ventare ancora più bravi, dirigenti eternamente in lotta con la soffocan te burocrazia, attenti sempre e prima di tutto ai destini culturali dei ragaz zi…
Giancarlo era con noi dell’Andis nei bungalow di Nova Siri, in un villaggio affollato fuori stagione di appassiona ta gente di scuola, ci parlava di Valoriz zazione del merito e valutazione dei do centi. Sempre di corsa, senza nemme no riuscire a sentire il profumo del ma re d’ottobre in Basilicata.
L’insegnante secondo GiancarloE considerava come fosse vecchio e fuori dal tempo l’arcaico profilo giuri dico e professionale dei docenti del nostro Paese, condensato sull’orario di lezione (ancora tutto frontale e sen za Dad), incapace di cogliere tutto il nuovo che negli anni è maturato. Ve niva fuori l’assenza di risorse adegua te, la necessità di un organico funzio nale per davvero tale, la ridefinizione non procrastinabile di un nuovo patto ideale tra i docenti e la società del no stro tempo.
Era nella spartana struttura sull’alto piano del Laceno in Irpinia per discu tere di Professionalità, impegno, for mazione in servizio. Una bella sgrop pata in auto, come ogni anno da For lì a Camaldoli, dove Giancarlo non è mancato mai.
Ed era a Berlino, al Municipio Rosso per il tradizionale convegno internazio nale, accolto con inaspettato calore dagli amici tedeschi, attenti al suo in tervento su Autonomia scolastica, au tonomie regionali, sistemi di valutazio ne, il ruolo del dirigente scolastico nel modello italiano.
Dovevamo essere insieme anche a Co penaghen nel 2020, coi biglietti già pre notati, l’albergo, i bus, le scuole da vi sitare, poi la pandemia ci rinchiuse. Pensavamo a un breve rinvio che è di ventato sine die.
Tanta gente di scuola si è chiesta do po la sua inaspettata scomparsa da quanto tempo conosceva Giancarlo. Una domanda che non può trovare ri sposte, perché il ricordo non può fer marsi a un luogo, un convegno, un seminario, una stanza del Ministero, una scuola… La sua fiducia senza ri serve nella scuola militante, negli in segnanti così diversi che magicamen te si incantavano ad ascoltarlo, a se guire i suoi voli di ottimismo, le sue certezze nel progresso. Un’onda d’ur to possente e delicata al tempo stes so, un rivoluzionario che la rivoluzio ne non l’ha predicata, l’ha attuata con l’intelligenza, il garbo, il calore della sua terra.
Un rivoluzionario con l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al merito della Re pubblica Italiana: un riconoscimento al la persona e alla sua scuola, quella che ha fatto grande e che fa grande l’Italia, la scuola dei bravi insegnanti, degli ot timi dirigenti…
La scuola dei maestri esemplari, edu cata, inclusiva, in eterno composto
subbuglio, pensosa e ottimista, fiducio sa nel cambiamento positivo.
La scuola delle associazioni professio nali dialoganti, che lasciano ai margi ni i protagonisti solitari, i narcisisti coi loro fugaci, banali momenti di gloria.
La scuola di Giancarlo, quella della crescita collettiva, dell’impegno con diviso, del garbo e dell’ingresso ordi nato, senza spintoni, senza bulletti in giacca e cravatta.
La scuola dei cento e più libri che ha scritto, spesso in ottima compagnia, senza il complesso del primo della classe, ma del compagno più bravo che tutti vorremmo avere vicino, non solo nel banco, ma nel tortuoso per corso della vita. La scuola di cui non si può che parlarne bene, dove l’inse gnamento è una professione alta, che richiede fatica, impegno, ricerca con tinua, dedizione, ma che ha un valore fondamentale, insostituibile nella so cietà.
Un esempio per tutti di serietà serena, Lui sorridente, anche nei momenti più difficili, che non voleva scaricare ad
La scuola di Giancarlo era quella della crescita collettiva, dell’impegno condiviso, del garbo e dell’ingresso ordinato senza spintoni
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNIRivista
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNIÈ stata straordinaria la capacità di Giancarlo di cogliere con immediatezza i mutamenti, grazie alla lettura del futuro attraverso il presente con alcune preferenze consolidate nel corso degli anni, come la cura della valutazione
dosso a nessuno e si portava dentro, lasciando appena trasparire un sorriso più malinconico e amaro.
Giancarlo l’innovatoreÈ stata straordinaria la capacità di Giancarlo di cogliere sempre con im mediatezza i mutamenti grazie alle sue letture del futuro attraverso il presente. Dove qualcosa timidamente si muove va, dove un barlume di innovazione fa ceva capolino, l’attenzione del grande maestro era assicurata.
Alcune preferenze si sono consolida te nel corso degli anni, come la cura della valutazione: per anni ha orga nizzato insieme all’Andis dell’Emilia convegni di alto spessore, con la sa la “Enzo Biagi” sempre coi posti esauriti. Valutare, valutarsi… e poi? un circolo virtuoso per apprendere, oppure Il valore aggiunto per capire: eccellenza, inclusione, equit à , e an cora Il ‘senso’ della Valutazione: una risorsa per il miglioramento , o il nuo vo Regolamento sul Sistema nazio nale di valutazione. Giusto per ricor dare qualche titolo. La valutazione sempre formativa, che accompagna e descrive i processi di insegnamen to-apprendimento, regola la proget tazione didattica, consente a ogni scuola di promuovere processi di mi glioramento e di rendicontazione so ciale.
Con Tullio De Mauro I saperi che non dovremmo perdere: vecchi e nuovi al fabeti, con David Istance, responsabi le Ocse del progetto “Ambienti Innova tivi di Apprendimento”: “Cosa sappia mo (e non sappiamo) dell’apprendi mento?
Ogni anno un incontro a primavera, a due passi dalla casa di Lucio Dalla (an che Giancarlo è autore della famosa Ballata popolare), col busto che gli ispi rava una fotografia e un sorriso. Quel sorriso aperto e sincero che illuminava le pause veloci nelle antiche tipiche sa lumerie del centro. Un tagliere di spe cialità emiliane che bene si sposava
con i meeting di elevato spessore cul turale e professionale.
Una scuola viva, che può essere ovunque a misura di bambino, soprat tutto se ha Contesti di apprendimen to e progettazione degli spazi archi tettonici dedicati. È questo il titolo della tavola rotonda che Giancarlo co ordinò a Parma, al 73° Convegno Na zionale dell’Andis, nel settembre 2019 (l’ultimo convegno nazionale a cui partecipò) su Scuola dell’infanzia e contesti educativi: tradizione, innova zione, sviluppo. Un convegno dedica to alla scuola dell’infanzia che taglia va il traguardo dei primi 50 anni di scuola statale e che ci mescolava coi bambini sorridenti a Montechiarugo lo, con l’acquario-pavimento e gli ul timi fiori di campo dell’estate che an dava. Piacque tanto a Giancarlo la scelta dell’Andis di dedicare un con vegno alla scuola dei piccoli . “ Non si tratta di una fuga romantica: capire la delicatezza dei problemi che si affron tano nella prima infanzia fa bene alla leadership”
La leadership educativa, culturale e pedagogica che caratterizza l’idea di dirigenza dell’Andis, di cui Giancarlo è socio onorario. E ci teneva ogni vol ta a ricordarlo, perché era un ricono scimento che apprezzava, perché ve niva dal basso, veniva dal cuore delle scuole, dal ricordo dell’applauso di Bologna, che una platea entusiasta e commossa gli tributò mentre riceveva la targa.
Giancarlo e il comprensivo
Giancarlo Cerini ha apprezzato da sempre l’impegno dell’Andis sugli isti tuti comprensivi “ la via italiana alla scuola di base”, come amava definirli. Spaziava a tutto campo a Riccione, a Torino, a Bari, promuovendo e incorag giando una riflessione seria, profonda, non convenzionale su questo nuovo modello organizzativo, nato come ac cidente estivo, e diventato progressi vamente l’idea forte della scuola di ba
se. Un modello che ci avvicina all’Eu ropa, che rimarca una originalità tutta italiana, un accompagnamento lungo nella prima fase della formazione dei ragazzi. Il comprensivo come grande occasione per rimettere la scuola di ba se al centro di un dibattito forte, appas sionato sulla scuola dei nostri tempi, per superare la frammentarietà e il fai da te che l’autonomia ha a volte deter minato.
Un laboratorio permanente di sviluppo e integrazione professionale, dove i do centi dell’infanzia sanno praticare l’ac coglienza e la cura degli spazi e dei tempi, quelli della primaria l’organizza zione del lavoro e il metodo, quelli del la secondaria di I grado la sapienza per le discipline.
Ricordo qualche titolo dei tanti conve gni: La sfida del ‘Comprensivo ’, Le condizioni per un rilancio dell’innova zione, Autonomia, organico funziona le, istituti comprensivi: un’idea di scuola , Istituti comprensivi: istruzioni per l’uso . Un comprensivo a tempo pieno per tutti, con percorsi opzionali e integrativi, con dimensione operati va e ricchezza di laboratori, per per sonalizzare i curricoli e renderli essen ziali. Da qui l’idea di un monografico della Rivista dell’istruzione sui com prensivi: un numero che ha accompa gnato dibattiti, riflessioni, approfondi menti.
La voce di Giancarlo
Uomo di presenza, di rapporti umani veri, profondi, eppure capace di coglie re le nuove opportunità che siamo sta ti costretti a utilizzare in tempo di pan demia, i webinar, gli incontri a distan za, quelli per presentare le Linee peda gogiche per il sistema educativo 0-6 anni, sulle nuove opportunità del Re covery Fund, il sogno che ci ha lascia to dei mille nidi in 5 anni. Una dignitosa stanchezza era eviden te sotto la barba inusuale, ma lo spiri to era quello dei tempi migliori, dei tem pi di sempre, dell’impronta negli Orien
tamenti del 1991, delle idee progettua li di Ascanio e di Alice per la scuola dell’infanzia, delle Indicazioni naziona li del 2012 e del 2018.
La narrazione dei suoi impegni è senza fine
Una narrazione senza fine delle impre se realizzate, dei progetti da costruire, con la accattivante sicurezza delle sue parole misurate, condivise, del suo sguardo sincero che spaziava nel mon do e ti entrava nel cuore.
Un missionario laico che sapeva farsi ascoltare da tutti, senza mai alzare la voce, senza mai perdere la calma, cre dibile e autorevole, anche quando fa ceva letteralmente l’ispettore col mo do tutto suo che aveva inventato e che si fa fatica a generalizzare sui sacri te sti ministeriali.
Col suo pulmino giallo che continua a girare ricco di libri, di scritte fantasio se, di idee, di speranza… Nessuno più di lui è riuscito a promuovere la cultu ra nel nostro Paese.
Se le nostre scuole stanno resistendo alla pandemia, con uno sforzo straor dinario, sostitutivo, come e più di sem pre, se sono ancora un punto di riferi mento, di speranza, diciamolo che è anche grazie a Giancarlo, che continua a esserci, ci sarà sempre dove anche la più tenue fiammella riuscirà a fare lu ce a una umanità smarrita ogni giorno di più.
Ci sarà la sua scuola cantata, raccon tata, soprattutto vissuta che è la scuo la senza luogo e senza tempo, che riu scirà ancora a dire le parole giuste, sussurrate, convincenti senza bisogno di alzare la voce. La voce di Giancarlo, la voce della scuola italiana.
Giancarlo Cerini ha apprezzato da sempre l’impegno dell’Andis per gli istituti comprensivi “la via italiana alla scuola di base”, come amava definirli
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNI Gregorio Jannaccone Tra i fondatori di AndisAssociazione nazionale dirigenti scolastici, già Presidente nazionaleCamaldoli
è diventato, per molti versi grazie a Giancarlo Cerini, un appuntamento che, seppur organizzato a livello regionale, ha assunto rilevanza nazionale
I seminari di Camaldoli
di Maurizio MontiUn cenacolo per riflettere sulla scuola
I seminari Andis Toscana di Camaldo li, un cenacolo per riflettere, approfon dire e discutere sui temi della scuola, sono nati grazie a un’intuizione della nostra sezione regionale, sostenuta e concretamente supportata dal nostro grande amico e maestro Giancarlo Ce rini. L’inizio di questa esperienza che, di anno in anno, è cresciuta dal punto di vista della qualità della proposta ‘for mativa’ e del dibattito pedagogico-di dattico, è stato il 2004.
Ogni anno sono state individuate, in sieme a Giancarlo, le tematiche che ve nivano ritenute di maggiore attualità, più pregnanti, di maggiore rilevanza per la scuola e per i suoi operatori (per la ‘comunità professionale’ come lui ama va definirla) e, su di esse, veniva elabo rato un percorso organico fatto di ar gomenti, collegati l’uno all’altro, di esperienze sul campo e di nomi di re latori, di persone esperte che avrebbe ro potuto trattarle nel migliore dei mo di.
Negli ultimi anni sempre di più sono sta te inserite, per suo suggerimento, ac canto a contenuti teorici, a lezioni vere e proprie, come dicevamo sopra, espe rienze provenienti dalla Toscana e dal Paese più in generale. l’impegno in au la è stato accompagnato da intermezzi musicali, lavori di gruppo ‘a ruota libe ra’, escursioni notturne, visite a monu menti di rilievo del Casentino (AR), mo menti di scambio socializzante.
Camaldoli è diventato, per molti versi grazie a Giancarlo Cerini, un appunta mento che, seppur organizzato a livel lo regionale, ha assunto rilevanza na zionale per quanto riguarda la propo sta seminariale o formativa, la parteci pazione di esponenti del mondo della
pedagogia e della didattica, e la pre senza di componenti degli organi na zionali dell’Andis.
Uno spazio di resistenza civile pensante
Giancarlo aveva felicemente definito questo appuntamento annuale di Ca maldoli spazio di resistenza civile pen sante; quest’anno abbiamo abbraccia to questo come tema centrale del Se minario.
L’Andis Toscana intende continuare a percorrere questa strada, ormai trac ciata con solchi indelebili; lo dobbiamo fare anche per Giancarlo che ci ha ac compagnato per XVII edizioni (anche se nell’ottobre dello scorso anno non poté essere personalmente presente causa la sua salute) e che ci accompa gna anche oggi con il suo indimentica bile sguardo e con la sua parola sem pre misurata e ponderata. Ogni anno che rivivremo questa esperienza non potrà che esserci Giancarlo al nostro fianco, la sua profonda riflessione sul fare scuola, la sua idea di scuola mili tante; riflessione la sua sempre sobria ed efficace, profonda e attenta, rivolta al futuro per la costruzione di una scuo la migliore nell’interesse di bambini e ragazzi, nell’interesse delle nuove ge nerazioni.
Giancarlo è venuto anche a Pistoia, nella mia città, in più di un’occasione, invitato dal collegio dei docenti della mia scuola a parlare del ruolo degli isti tuti comprensivi e dal Cidi per tenere incontri aperti sui tempi più pregnanti o di attualità, l’ultimo, se ben ricordo, proprio sull’insegnamento dell’educa zione civica. Ogni volta che avevo un dubbio su un argomento dicevo che ne avrei parlato con Giancarlo Cerini, per avere il suo parere.
Il XVIII seminario regionale dell’Andis Toscana
Il XVIII Seminario regionale dell’Andis Toscana, in collaborazione con l’Andis nazionale venerdì si è svolto nei giorni 8 e 9 ottobre 2021 al Monastero di Camaldoli (Ar); aveva per titolo Camaldoli spazio di resistenza civile pensante ed era dedicato al nostro Maestro Giancarlo Cerini e ai temi a lui più cari.
Ha aperto i lavori il presidente regionale Fiorenzo Li Volti che ha ricordato brevemente la figura di Cerini, la sua costante presenza a Camaldoli e il vuoto che lascia. Maurizio Mon ti, componente del direttivo regionale dell’Andis Toscana, ha ringraziato tutti per la pre senza. Il Programma delle due giornate di lavoro, ha detto, è stato scritto senza Giancar lo ma grazie a lui che è sempre stato presente sui temi di attualità scolastica e ha porta to la sua parola, le sue riflessioni da Nord a Sud del nostro Paese.
Ha preso poi la parola il presidente del Consiglio Nazionale dell’Andis Nicola Puttilli, ri cordando Cerini come colui che, nel dibattito fra preside manager e leader educativo op tava per il dirigente scolastico ‘mite’, sempre attento alla comunità professionale degli in segnanti. È intervenuta anche Loretta Lega, moglie di Giancarlo, che ha ringraziato per l’iniziativa e che ha parlato dei rapporti di suo marito con l’Andis e di una sua pubblica zione postuma dal titolo Atlante delle riforme (im)possibili, che era stata lasciata a una sua collaboratrice.
L’intervento di Cinzia Mion ha sottolineato quanto Giancarlo curasse e quanto tenesse al segmento scolastico 0-6 e alla scuola dell’infanzia in particolare; così come Nadia Blar done. L’ispettore Mario Maviglia lo ha ricordato come presidente della Commissione mi nisteriale Zerosei nella prospettiva della costruzione dei poli per l’infanzia.
La mattina del secondo giorno si è aperta con un toccante filmato presentato come omag gio a Giancarlo Cerini e realizzato da Angela Desideri del direttivo di Andis Toscana. Gli interventi degli ispettori Mariella Spinosi e Dino Cristanini e quello del professore Andrea Porcarelli sulla valutazione non hanno potuto non fare riferimento al ruolo che, in tale am bito, ha svolto Giancarlo Cerini. Paola Bortoletto, vicepresidente nazionale dell’Andis ha, infine, ricordato il nostro Maestro e amico Giancarlo, socio onorario dell’Andis.
Sono stati messi a disposizione dei partecipanti al Seminario vari numeri di “Rivista dell’istruzione” (Maggioli Editore) di cui Giancarlo era direttore da quindici anni, con la collaborazione di Maria Teresa Bertani come coordinamento redazionale, presente in sala.
Cerini, saggiamente, ma senza interferire troppo, ci suggeriva contenuti, percorsi e persone da contattare
I ricordi di Camaldoli
Giancarlo Cerini ci ha guidato in que sto prezioso percorso, in questo ‘cena colo’ di idee sulla scuola di Camaldoli per ben 18 anni. Io lo incontravo ogni anno per preparare questo appunta mento e, successivamente, ci scam biavamo messaggi e lettere. Lui, sag giamente, ma senza interferire troppo, ci suggeriva contenuti, percorsi e per sone da contattare. Io gli proponevo il ruolo in cui ritenevo potesse esprime re al meglio le sue competenze ed esperienze.
Giancarlo è stato presente a Camaldo li per 16 edizioni consecutive. Apprez zava la nostra comune iniziativa e ci di ceva che le persone di scuola avrebbe ro dovuto mettersi in lista di attesa per partecipare. Lui arrivava sempre con qualche affanno, attraverso il passo dei Mandrioli, portava con sé Rivista dell’i
struzione, di cui era direttore, e le sue innumerevoli pubblicazioni sui temi scolastici emergenti.
Lo aspettavo sempre con ansia ma non mancava mai all’appuntamento. Veni va sempre all’ultimo momento e, poi, voleva rientrare a casa. I suoi studi e i suoi approfondimenti lo aspettavano. Se non erro solo una volta ha dormito al Monastero. Ma solo la sua salute gli ha impedito di essere con noi alla XVII edizione, quella sull’Educazione alla cit tadinanza democratica e formazione del cittadino e, purtroppo, quella del 2021, anno in cui ci ha lasciato.
Giancarlo resta per noi uomini e donne di scuola un punto di riferimento a cui non rinunceremo, una grande persona ricca di saggezza e di umanità.
Maurizio Monti Già dirigente scolastico LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNILo accompagnavano sempre alcune maestre: uno dei tratti caratteristici del modo di lavorare di Giancarlo era coinvolgere gli altri, sostenerli, favorire il dialogo, far sì che le idee migliori divenissero patrimonio condiviso
Il ruolo di Giancarlo Cerini nel Cidi
di Ermanno Testa
Coinvolgere le maestre
Giancarlo Cerini, giovane direttore di dattico di Forlì, si avvicinò al CidiCentro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti verso la fine degli anni Set tanta. Incominciò partecipando ai Co ordinamenti nazionali dell’associazio ne, incontri tra docenti provenienti a proprie spese da diverse città, che al lora si svolgevano almeno due volte l’anno nei fine settimana presso la se de romana, in piazza Sonnino 13. Giancarlo non veniva mai da solo a rappresentare il Cidi di Forlì che ave va nel frattempo fondato e di cui era presidente.
Si faceva accompagnare sempre da al cune maestre, tra cui la moglie Loret ta, poiché riteneva importante che an che altri colleghi, specie se alle prime esperienze di lavoro, potessero parte cipare ai dibattiti sulle riforme scolasti che e sul ruolo dei docenti che si tene vano nella sede nazionale dell’associa zione. In questo comportamento c’era uno dei tratti caratteristici del modo di lavorare di Giancarlo: coinvolgere gli al tri, sostenerli, favorire il dialogo, far sì che le idee migliori divenissero patri monio condiviso. Non poche di quelle maestre, oltre che insegnanti di valore, divennero in seguito anche ottime diri genti scolastiche.
Subito apprezzato per i suoi interventi, Giancarlo Cerini entrò presto a far par te della Segreteria nazionale del Cidi; in seguito, verrà eletto vicepresidente nazionale dell’associazione.
Riforme della scuola
Particolarmente significativo fu il ruo lo di Giancarlo in un importante pas
saggio della storia del Cidi e, più in generale, della storia della scuola ita liana. Alla fine degli anni Settanta i Cidi, ancora pochi, erano impegnati soprattutto sui ‘nuovi programmi’ della scuola media (1979): una scuo la che era stata riformata nel decen nio precedente con l’estensione dell’obbligo scolastico a 14 anni (1963) ma già in gran parte fallimen tare, come ben descritto dai ragazzi di Barbiana in Lettera a una profes soressa
Il fallimento era dovuto alla profonda contraddizione di una scuola divenuta dell’obbligo, cioè uguale per tutti, che tuttavia, con l’opzione del latino nella terza classe, contraddiceva tale carat tere, assumendo una funzione seletti va assai grave poiché condizionava precocemente e in modo definitivo il destino educativo e sociale dei propri alunni.
Non a caso nel Cidi gli insegnanti più numerosi e attivi erano quelli della scuola media, che più vivevano con di sagio la difficoltà educativa derivante da tale contraddizione. Meno numero si al Cidi erano gli insegnanti delle su periori, pochissimi i maestri.
Superata nella scuola media quella contraddizione con la riforma dei pro grammi del 1979, apparve subito chia ro al Cidi quanto fosse necessario por re mano anche a un rinnovamento del la scuola elementare, per la verità an cora ritenuta generalmente il segmen to scolastico meglio funzionante. In re altà contrastava con tale valutazione il rilevante tasso di insuccesso scola stico, nell’ordine dell’11-12%, dei ra gazzi frequentanti il primo anno della scuola media, testé riformata.
Una legge di riforma di iniziativa popolare
Di fronte alla sordità del mondo poli tico il Cidi ritenne opportuno lanciare nel 1981 una proposta di legge di ini ziativa popolare di riforma della ele mentare, di pochi articoli, che si limi tava ad affermare il carattere costitu zionale anche di questa scuola sot traendo l’insegnamento elementare a quella formula del “fondamento e co ronamento alla religione cattolica” contenuta nei programmi Ermini, in li nea con il regio decreto del 1928.
Tale iniziativa mirava soprattutto a coinvolgere l’opinione pubblica sulla necessità di quella riforma. La propo sta di legge raccolse oltre 130 mila firme legali e riscosse un grande con senso.
Giancarlo fu molto attivo in questa fa se, incontrando e discutendo con molti insegnanti, ascoltando le loro obiezioni, rispondendo alle loro do mande. Ma il suo contributo più im portante, se non decisivo, lo diede
nella fase immediatamente successi va. Aperta la ‘questione elementare’, il Cidi, molto ‘proiettato’ sulla scuola media, non disponeva ancora di suf ficienti competenze tali da permette re all’associazione di contribuire in modo significativo alla elaborazione di un compiuto progetto di riforma della elementare.
Il giovane direttore didattico di Forlì ven ne subito coinvolto in tale compito; e decisivo fu il suo contributo nel riempi re e completare sul piano delle idee e delle proposte quell’importante tassel lo della riforma elementare, in un qua dro finalmente unitario dell’intera scuo la dell’obbligo: un fatto fino ad allora in consueto per ‘segmenti’ scolastici, me dia ed elementare, istituiti in circostan ze storiche e con finalità educative tra loro estranee. Tale impegno rese più agevole la stesura di nuovi programmi coerenti con i principi seguiti anche per la scuola media, primo fra tutti l’esplici to richiamo alla Costituzione.
Il contributo di Giancarlo, oltre che per il Cidi, risultò importante anche in se
Il contributo di Giancarlo Cerini fu decisivo nel completare sul piano delle idee e delle proposte la riforma elementare, in un quadro finalmente unitario dell’intera scuola dell’obbligo
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNIRivista
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNICerini
è stato un ispettore molto poco ‘ministeriale’, disposto com’era ad andare nelle scuole, ascoltare e parlare con gli insegnanti, dare il proprio contributo, senza mai sottrarsi alle richieste provenienti da ogni parte del Paese
de istituzionale, influendo sull’esito dei lavori della commissione ministeriale istituita a tale scopo. Mai supponen te, semmai timido ma concreto, me diatore per la forza e il realismo del ra gionamento: nacquero da lì, con con tenuti rinnovati, gli ambiti disciplinari e la pluralità dei maestri. Nel giro di qualche anno di fatto si azzerò quel tasso di insuccesso scolastico che fi no ad allora aveva colpito i bambini nel passaggio dalla elementare alla me dia!
I complimenti del ministro
Un merito che gli venne riconosciuto da tutto il Cidi e in particolare da Lu ciana Pecchioli, fondatrice e presiden te nazionale del Cidi, quando gli affi dò, alla vigilia dell’applicazione dei nuovi programmi (1985), la relazione di apertura in un affollatissimo conve gno nazionale a Roma, al Teatro Ar gentina, alla presenza del ministro Franca Falcucci. Quel giovane diretto re didattico venuto da Forlì, scono sciuto ai più, conquistò in quella oc casione anche i complimenti del mini stro, deciso a sua volta a procedere alla riforma della elementare per via amministrativa, data la lentezza del Parlamento nel legiferare a causa dei veti incrociati delle forze politiche di governo (la legge di riforma fu appro vata dal Parlamento solo nel 1990).
Un ruolo analogo, non meno importan te, Giancarlo lo ebbe anche nella ri scrittura degli Orientamenti per la scuo la dell’infanzia, andati in vigore nel ’91.
Con i nuovi programmi il Cidi avviò in tutta Italia una capillare iniziativa di in formazione e orientamento fra i mae stri e le maestre che vide Giancarlo tra i più attivi e i più convincenti, spesso in viaggio da una città all’altra nei fine set timana.
Il più giovane ispettore in Italia
L’esperienza, lo studio, le riflessioni ac cumulati in quella intensa stagione di
riforme portarono Giancarlo di lì a po co a tentare il concorso a ispettore sco lastico, con un esito di grande soddi sfazione per il Cidi: poter annoverare tra i propri associati il più giovane ispet tore scolastico d’Italia. Fu un ispettore molto poco ‘ministeriale’ disposto com’era, ovunque ce ne fosse bisogno, ad andare nelle scuole, ascoltare e par lare con gli insegnanti, dare il proprio contributo, senza mai sottrarsi alle ri chieste di ‘aiuto’ provenienti da ogni parte del Paese.
Il suo impegno è continuato fino all’ul timo anche nel Cidi, dove spiccavano puntuali i suoi interventi pacati, concre ti, sempre costruttivi, mai ideologici o preconcetti. Nella storia del Cidi c’è molto di suo.
Giancarlo Cerini lascia oggi un gran de vuoto: di esperienza, di elaborazio ne, di cultura pedagogica e scolasti ca, di metodologia professionale (ag giustare, recuperare, adattare, miglio rare), di pensiero.
I suoi scritti, i suoi appunti, e gli ap punti raccolti in questi decenni da tan ti colleghi e colleghe che lo hanno ascoltato e seguito, ci saranno utili per comprenderlo ancora meglio. Per comprendere il valore di un vero ma estro.
Purtroppo, solo la memoria potrà resti tuirci, con infinita malinconia, l’imma gine, costante in tutta la sua vita – an che dopo la prova più lacerante per un padre: la scomparsa prematura della propria unica figlia – di quel timido, quasi titubante, gentile, misurato, sor ridente giovane direttore didattico, ve nuto da Forlì.
Ermanno Testa Socio fondatore del CidiAl Maestro
di Daniela de Scisciolo
Mi piace pensare, Giancarlo caro, che ovunque ti trovi in questo momento tu sia come al solito al lavoro, con le ma niche della camicia arrotolate e il nodo della cravatta allentato come ti vedo adesso, e ti ho sempre visto a Roma nella sede nazionale del Cidi, sul fondo della sala e con il tuo trolley appena aperto e traboccante di libri, fogli, fasci coli e appunti, i tuoi appunti così colo rati e davvero fuori dal comune! Loret ta, compagna di una vita, ti toccherà raccogliere prima o poi queste pagine perché parlano tanto, raccontano di co me Giancarlo costruiva le sue relazioni, gli interventi tenuti in tante occasioni e che non sempre hanno trovato una suc cessiva forma scritta strutturata.
E sarai come al solito con i tuoi occhia letti poggiati sul naso, quasi in punta, così che i tuoi occhi possano immedia tamente guardare chi si trova dinanzi a te, pronto a dialogare e a costruire ini ziative, a fare rete, a includere, a crea re alleanze: questa è stata la tua mis sion, Giancarlo!
Passi, chilometri, treni, aerei
Quanti passi, quanti chilometri, quanti aerei e quanti treni hanno segnato il tuo cammino; ne hai fatta di strada e non solo in senso metaforico! Quante storie ci sarebbero da raccontare, quanti aneddoti, curiosità, storielle o dettagli poco noti e divertenti legati a ciascuna delle iniziative a cui hai partecipato, che si trattasse del/dei Cidi, del Ministero, di tutte le altre associazioni che ti hanno visto infaticabile e presente sempre. Ti ricordi di quella volta che arrivasti a Potenza non so più da dove per un in contro con i docenti di scuola dell’in fanzia ed elementare con il tuo imman cabile trolley, che fu lasciato nel porta bagagli della macchina di chi era venu
to a prenderti alla stazione e che ri schiasti di lasciare a Potenza perché la collega, dimentica del prezioso baga glio che ospitava e della tua partenza quasi notturna, era andata via un po’ prima della fine dell’iniziativa per non perdere la sua lezione di yoga?
Cosa dovemmo fare per rintracciare il luogo in cui si teneva il corso (a casa del maestro, scoprimmo infine) e quan te risate ci accompagnarono durante la ricerca! All’epoca i telefoni cellulari non erano molto diffusi ma il tamtam che ri uscimmo a mettere in moto fu davvero efficace.
Dovremmo raccontarci queste storielle e metterle insieme per costruire il back stage della tua pluridecennale attività: ne verrebbe fuori il Giancarlo uomo di pace, ironico, curioso e ben disposto verso gli altri pur se discreto, grande af fabulatore e amante del buon cibo.
La tristezza e il vuoto che sentiamo in noi da aprile, Giancarlo, sono di certo legati al fatto di sentirci più soli, non tanto e non solo per l’assenza fisica, ma soprattutto per la solitudine intellettuale in cui venia mo a trovarci, una solitudine che perva de ormai il nostro tempo. Abbiamo sem pre meno persone con cui poter discu tere liberamente, confrontarci pacata mente, elaborare pensiero, sperimenta re, e con te Giancarlo tutto ciò era pos sibile: sei stato, e sei, un Maestro che ha lasciato tracce da seguire, che ha semi nato tanto e altrettanto ha raccolto. Per come saremo in grado di fare, con tinueremo a seguire il tuo esempio e i tuoi insegnamenti espliciti e impliciti! Butta un occhio quaggiù ogni tanto e guidaci da lassù, amico caro!
Quanti passi, quanti chilometri, quanti aerei e quanti treni hanno segnato il tuo cammino: ne hai fatta di strada (e non solo metaforicamente)!
CoLLABoRAZIoNE CoN AssoCIAZIoNI Dal ricordo di Giancarlo Cerini in occasione del Coordinamento nazionale Cidi Daniela de scisciolo Presidente Cidi Potenza, componente Segreteria nazionale CidiMoltissimi
sono stati gli stimoli e gli insegnamenti ricevuti da AicqEducation in numerosi convegni a cui Cerini ha partecipato
Ricostruire il pensiero di Giancarlo Cerini
di Aicq Education
Le testimonianze dei soci Aicq
Al termine degli anni Novanta e nei primi anni 2000 abbiamo vissuto la stagione dell’ini zio e del consolidamento dell’autonomia scolastica; in quel periodo per le Tue compe tenze sei via via decollato a livello nazionale, costruendo una rete di relazioni veramente significativa con persone della scuola all’interno di riviste specializzate nell’ambito della educazione, della istruzione e del territorio. Ti chiamavano dovunque e Tu eri sempre di sponibile e continuavi a scrivere su testi e riviste e il Ministero fruiva delle Tue competen ze e Tu Ti rendevi disponibile, come hai fatto fino all’ultima responsabilità nella ‘Commis sione 0-6’. Che bravo!
Nerino ArcangeliSono state moltissime le letture e gli stimoli e gli insegnamenti ricevuti seguendolo dal 2003 (con riflessioni sempre importanti per i miei vari lavori), sono stati purtroppo pochi i momenti di dialogo diretto. Cerini era grande, era alto e volava alto, ‘curvandosi’ a stu diare le piccole cose, cogliendo in ognuna un concetto, una parola, che lui sapeva tra sformare in progetto, in visione, in dieci punti, in metafore. Cerini aveva la capacità di far ti sentire parte della trasformazione per una scuola migliore.
Sheila BombardiIn occasione dei numerosi Convegni ho apprezzato la sua capacità di affrontare temi an che divisivi, di porre in evidenza le dicotomie, le opposte posizioni ma con l’intento di co gliere sempre le possibilità di tenerle insieme, di mediare, di aprire varchi senza demolire.
Caterina PasqualinL’ispettore fa un segno di assenso, chiede di fissare una data e si congeda augurando buon lavoro. Oreste, mentre l’ispettore esce, ricorda i dieci anni in cui entrambi lavorava no all’Irrsae E-R, ma in uffici diversi. Ricorda che era un formidabile lettore e un ancora più formidabile utilizzatore delle letture e, soprattutto, sapeva collegare letture e fatti, orientare le soluzioni, collegare gli opposti.
Paolo Senni Guidotti MagnaniMi piace ricordare quando su Facebook, dopo vari tentennamenti, mi sono azzardata a chiedere la sua amicizia e lui mi ha risposto quasi immediatamente: “Ma ci conosciamo?” e io ho ribattuto: “Io sicuramente la conosco bene, in quanto l’ho seguita e la seguo in tanti corsi di formazione, lei no”. La sua risposta è stata: “Bene, le darò l’amicizia sulla fi ducia”. Ecco, la fiducia: un uomo che viveva la vita con fiducia e che dava fiducia.
Un partenariato di reciproca garanzia
Il partenariato Cerini-Aicq è contrad distinto da una stretta collaborazione
professionale, scientifica, metodologi ca e istituzionale che si evidenzia in varie occasioni di lavoro, sviluppatesi nel tempo dal 2010 a oggi e 41 saggi richiesti da Cerini a membri di Aicq
70 Rivista dell’istruzione 6 - 2021 LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNI Mercedes TonelliEducation per “Rivista dell’istruzione” o per volumi da lui curati, dal 2004 a oggi.
Appaiono chiari i fili rossi e la trama di tale partenariato. Gli interventi di Ce rini agli eventi da noi a lui proposti o con lui pensati riguardano l’organiz zazione e la metodologia Tqm appli cata alla scuola e all’Education, agite con una parte teorica e una parte nar
rativa. Gli articoli su “Rivista dell’Istru zione” costituiscono una raccolta si stematica di esempi, di buone prati che di Tqm applicata al dirigente sco lastico, al miglioramento continuo, all’autovalutazione, all’uso degli indi catori, a problemi e soluzioni, al mid dle management, a tutti gli aspetti del processo di gestione dell’istituto e della classe.
Cerini ha chiesto ai soci di Aicq-Education numerosi contributi per “Rivista dell’istruzione”
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNIGli eventi Aicq a cui Cerini ha partecipato sono una testimonianza del suo pensiero globale e della sua metafora della ballata popolare, che narra come le leggi e le pratiche crescano nel tempo
Gli eventi Aicq cui Cerini ha partecipa to o a cui ha invitato membri di Aicq e gli articoli o capitoli di volumi che ha suggerito e richiesto, di cui sotto dia mo conto, sono una testimonianza del suo pensiero globale e della sua me tafora della ballata popolare, che cre scendo nel tempo con l’apporto di tut ti, nel Cerini-pensiero, narra come le leggi e le pratiche crescono e matura no. Ciò contrassegna il partenariato, oltreché un’amicizia e una stima reci proca durature, come ruolo reciproco di garanti: garanti noi del metodo scientifico che Cerini ha sempre utiliz zato (a noi vicino) e garante Cerini del la sostenibilità e utilità per la scuola della metodologia Tqm tradotta in buone pratiche. È come se Giancarlo con la partecipazione agli eventi di cesse: sono qui con voi, mi fido della vostra metodologia sistemica, vedia mo insieme come si applica e come si può utilizzare nella scuola (e nelle in novazioni normative), ma con gli arti coli fate vedere a me e ai professioni
sti della scuola degli esempi concreti di come la metodologia della qualità (il Tqm) si possa applicare per miglio rare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento nella vita quotidia na di istituto e d’aula.
Ricostruire il pensiero di Cerini
Il presente tentativo di ricostruire la tra ma del Cerini-pensiero non può che es sere un primo passo e desidera met tersi in rete con altri in un comune pro getto per il quale Aicq Education si ren de disponibile. Desideriamo condensa re il Cerini-pensiero in ‘principi fondan ti’, competenze necessarie, procedure per l’innovazione e strumenti per la for mazione.
Principi fondanti
Nella legislazione non bisogna iniziare sempre da capo, ma valorizzare-utiliz zare ciò che è già stato prodotto (es. il d.lgs. 65/2017, Istituzione del sistema
integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, aveva re gistrato tanti arresti; Cerini ha dato una forte spinta per il suo completamento e la sua ricaduta nella scuola reale). Le innovazioni e i cambiamenti si raggiun gono un poco alla volta. È importante lasciare traccia dei pensieri, delle rifles sioni, delle esperienze.
Le imprese per aver successo devono essere collettive. Le imprese collettive e le reti devono essere sostenute. Il la voro formativo fa leva sull’individuo, sul gruppo, sulla rete e sulla comunità di pratiche e li cambia. La comunità di pratiche nella scuola deve allargarsi (importanza degli istituti comprensivi).
Zerosei è un percorso educativo in cui si insegna a vivere insieme.
Il cambiamento e le innovazioni si co struiscono dal basso (metafora della ballata popolare). Lo scambio di idee fa crescere e circolando le idee miglio rano. Tutti insegnano a tutti e tutti im parano da tutti.
Una teoria senza una pratica coerente non è una teoria e non serve, né la pra tica senza la consapevolezza della te oria e dei bisogni dai quali proviene.
Competenze necessarie
Per la gestione dell’istituto e dell’aula ai dirigenti, allo staff, ai docenti nel te am, nel dipartimento, in classe sono necessarie le seguenti competenze: problematizzare; condurre analisi; ascoltare; indicare soluzioni anche mi nime ai problemi; vedere anche nel pic colo e nel particolare un elemento stra tegico; scoprire e valorizzare talenti e potenzialità di ognuno (dei docenti, de gli studenti: ognuno è una risorsa); as sistere e accompagnare la transizione, il passaggio verso il cambiamento e l’innovazione; sviluppare radici per la tenuta nel tempo; negoziare, mediare, creare ponti fra posizioni diverse, non tradire, aprire varchi senza produrre fe rite; motivare, essere di esempio, offri re esempi, predisporre e diffondere buone pratiche per le diverse profes
sionalità e situazioni; trasmettere pas sione e professionalità; essere consa pevoli dell’importanza del nostro lavo ro; esercitare lo sguardo lungo col ter zo occhio.
Procedura Cerini
È una via partecipata, che tiene presen ti i principi della qualità e la metodolo gia Tqm, per il miglioramento della scuola. La criticità come sfondo: la fra gilità delle soluzioni normative adotta te, una storia tormentata dal 1977 a og gi fra voto numerico e valutazione nar rativa; un esempio della metodologia Cerini per l’innovazione (1).
Lo sguardo al panorama europeo da cui emerge il concetto e la metodo logia della certificazione delle com petenze;
Un processo trasparente e parteci pato deve precedere l’adozione di nuove modalità di valutazione: aper tura di un cantiere, coordinato da un comitato scientifico, con 100 istitu ti comprensivi al lavoro di prova; sperimentazione, verifica della so stenibilità-fattibilità; confronto con scienziati e docimologi e sensibiliz zazione-facilitazione; condivisione dei principi ispiratori di una moder na cultura della valutazione: rubri che con livelli di valore vs rubriche descrittive del processo in progres sione verso la competenza.
1) Cfr. G. cerini, La ‘nuova’ valutazione: mi passi quella pagella?, in “Rivista dell’istruzione”, 4-2020, in cui riprende le riflessioni espresse nel n. 2-2009
LA CoLLABoRAZIoNE CoN LE AssoCIAZIoNI“Il cambiamento e le innovazioni si costruiscono dal basso. Circolando le idee migliorano. Tutti insegnano a tutti e tutti imparano da tutti”Caterina Pasqualin, Nerino Arcangeli, Matteo Berardi, Monia Berghella, sheila Bombardi, Giacomo Dalseno, Paolo senni Guidotti Magnani, Mercedes Tonelli Soci Aicq Education
Non si tratta solo di collegare insieme due temi che stanno entrambi a cuore alle autorità europee (competenze chiave e cittadinanza democratica), ma di coglierne il legame strutturale
Tra competenze di cittadinanza ed educazione civica
di Andrea PorcarelliAccogliere l’invito a scrivere in un numero di una rivista che intende riprendere e rilancia re alcuni aspetti della grande eredità di pensiero lasciata da Giancarlo Cerini è a un tem po una gioia e una responsabilità. Una gioia perché consente di riaprire, seppure ‘a di stanza’, un dialogo che evoca cari ricordi in tutti coloro che hanno conosciuto Giancar lo, ma anche una responsabilità, perché ogni dialogo autentico chiede di ‘prendere sul serio’ le ragioni dell’interlocutore e metterle a confronto con le proprie, con schiettezza e autenticità, specialmente su un tema come quello dell’educazione civica, che si collega alle grandi questioni della pedagogia sociale (Porcarelli 2021) ed è al centro degli interes si di ricerca di chi scrive (Corradini e Porcarelli 2020).
Competenze chiave e competenze di cittadinanza
In un testo recente (Cerini 2019) Gian carlo Cerini analizza la questione dell’insegnamento dell’educazione ci vica proponendo un’interessante chia ve di lettura che ripensa le Competen ze chiave per l’apprendimento perma nente, proposte dal Consiglio dell’U nione europea nel 2006 e ‘rinfrescate’ nel 2018, nell’ottica di Competenze di cittadinanza. Non si tratta solo di col legare insieme due temi che stanno en trambi a cuore alle autorità europee (competenze chiave e cittadinanza de mocratica), ma di coglierne il legame strutturale, che risulta con maggiore evidenza nella Raccomandazione del 2018 (1), in cui il primo punto dei ‘con siderata’ precisa che “Il pilastro euro peo dei diritti sociali sancisce come suo primo principio che ogni persona ha di ritto a un’istruzione, a una formazione
1) Consiglio dell’Unione Europea, Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente del 22 maggio 2018, 2018.
e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consento no di partecipare pienamente alla so cietà e di gestire con successo le tran sizioni nel mercato del lavoro”.
L’idea di fondo è quella che già anima va il pensiero di don Milani, per cui la liberazione del popolo dalla condizio ne di oppressione passa attraverso la cultura (lui si riferiva in modo particola re alla padronanza della lingua e la ca pacità di elaborare le informazioni), che oggi come oggi si configura in modo complesso e articolato: non basta più la semplice alfabetizzazione (saper leg gere, scrivere e far di conto), ma è ne cessario un ventaglio di competenze che abbraccino anche la dimensione digitale, quella culturale ad ampio spet tro, la comunicazione nelle lingue stra niere, la capacità di imparare ad ap prendere per tutta la vita e la dimensio ne sociale e civica, su cui maggiormen te ci soffermiamo in questa sede. Il concetto viene ribadito con grande energia nell’allegato tecnico contenen te il quadro di riferimento: “In un mon do in rapido cambiamento ed estrema
mente interconnesso ogni persona avrà la necessità di possedere un ampio spettro di abilità e competenze e dovrà svilupparle ininterrottamente nel corso della vita. Le competenze chiave, co me definite nel presente quadro di rife rimento, intendono porre le basi per creare società più uguali e più demo cratiche. Soddisfano la necessità di una crescita inclusiva e sostenibile, di coe sione sociale e di ulteriore sviluppo del la cultura democratica” (2).
La dimensione sociale e civica
La Raccomandazione UE del 2006 (3) aveva compattato in un’unica compe
2) Ibidem.
3) Consiglio dell’Unione Europea e Parlamento europeo, Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente del 18 dicembre 2006, 2006.
tenza (la sesta) le competenze sociali e civiche, mentre la quinta delle com petenze chiave era dedicata alla capa cità di imparare a imparare. Nel 2018 questa parte della Raccomandazione è stata ampiamente rivisitata, tanto che ha preso forma una quinta competen za di grandissimo respiro, denominata Competenza personale, sociale e ca pacità di imparare a imparare, a cui se gue una più specifica Competenza in materia di cittadinanza
L’atteggiamento profondo che fa da base a questa area di competenza tie ne conto della consapevolezza del fat to che “la competenza personale, so ciale e la capacità di imparare a impa rare consiste nella capacità di riflettere su sé stessi, di gestire efficacemente il tempo e le informazioni, di lavorare con gli altri in maniera costruttiva, di man tenersi resilienti e di gestire il proprio apprendimento e la propria carriera” (4).
4) Consiglio UE 2018, cit.
Nella Raccomandazione del 2018 ha preso forma una quinta competenza di grandissimo respiro, la competenza personale, sociale e di imparare a imparare.
LA CULTURA DELLE sCUoLERivista dell’istruzione
LA CULTURA DELLE sCUoLE
Riferimenti bibliografici
G. Cerini (a cura di), Com petenza è cittadinanza. Idee, fonti, proposte ope rative , Maggioli, Rimini, 2019.
G. Cerini, S. Loiero et al ., Competenze chiave per la cittadinanza , Tecnodid, Napoli, 2018.
L. Corradini, G. Mari (a cu ra di), Educazione alla cit tadinanza e insegnamento della costituzione , Vita e Pensiero, Milano, 2019.
L. Corradini, a. PorCareLLi, Una convivenza civile. Iti nerari di educazione civica, SEI, Torino, 2020.
A. PorCareLLi, Educazione e politica. Paradigmi peda gogici a confronto , Fran coAngeli, Milano, 2012.
A. P or C are LL i , Progettare per competenze. Basi pe dagogiche e strumenti operativi , Diogene Multi media, Bologna, 2020.
A. PorCareLLi, Istituzioni di pedagogia sociale e dei servizi alla persona , Stu dium, Roma, 2021.
È auspicabile un approccio olistico alle competenze
Si tratta dunque di lavorare, sul piano educativo, mettendo al centro la per sona dell’allievo, in tutta la sua ricchez za e complessità, con la rete delle re lazioni che la caratterizza e la sua ca pacità di crescere in modo attivo e pro attivo.
Ciò comporta un approccio olistico an che alle stesse competenze, intese non tanto come strumenti al servizio dell’in serimento nel mondo del lavoro (visio ne funzionalista), ma come strumenti culturali per la crescita della persona (visione personalista), che sarà così in grado anche di giocare un ruolo attivo nella società della conoscenza. È su una competenza personale e sociale di così alto profilo che può – pedagogica mente parlando – fondarsi la Compe tenza in materia di cittadinanza, che “si riferisce alla capacità di agire da citta dini responsabili e di partecipare pie namente alla vita civica e sociale, in ba se alla comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici, giuridi ci e politici oltre che dell’evoluzione a livello globale e della sostenibilità” ( 5) (ibidem)
Educazione civica e paideia costituzionale
Che l’educazione civica si fondi sull’i dea che la nostra Repubblica possa di sporre di una vera e propria Paideia co stituzionale, ovvero di un giacimento di valori con grandi potenzialità educati ve, contenuto nella nostra stessa Co stituzione è un’intuizione già esplicita mente presente nelle discussioni che si svolsero in Assemblea costituente ed è una delle cifre della riflessione peda gogica di un altro caro amico, Luciano Corradini (Corradini e Mari 2019, Cor radini e Porcarelli 2020).
Più complessa è l’argomentazione per cui il fatto di dare un baricentro disci plinare all’educazione civica le garan tirebbe una maggiore consistenza, specialmente in un contesto scolasti
5) Ibidem.
co in cui tutto ciò che non ha un bari centro disciplinare (e una valutazione specifica) rischia di essere affidato al buon cuore degli insegnanti più volen terosi o all’iniziativa estemporanea di quanti si faranno sollecitare dalle mo de del momento. Nel migliore dei mondi possibili questo potrebbe non accadere, ma una certa dose di reali smo ci può orientare verso la prospet tiva di consolidare ulteriormente la consistenza disciplinare dell’educa zione civica, attribuendole finalmente un orario dedicato (non solo un mon te ore che rischia di essere ‘figurativo’) e un insegnante specificamente for mato.
Arriviamo così all’ultima delle tre que stioni che abbiamo posto, perché il fat to di prevedere un insegnamento di educazione civica specificamente in serito in una classe di concorso (e non semplicemente attribuito all’uno o all’altro dei docenti già in forza alle scuole), di fatto, ‘costringerebbe’ le isti tuzioni accademiche che si occupano di formazione iniziale degli insegnanti a inserire alcuni Cfu che – a nostro av viso – dovrebbero coprire le tre aree di competenza necessarie per presidiare la Paideia costituzionale di cui si è det to sopra: l’area storica, quella giuridica e quella pedagogico-sociale. Nessuna di queste tre aree di competenza può essere ‘autosufficiente’ per onorare le esigenze culturali di un’educazione ci vica che finalmente si sottragga (come auspicava Giancarlo) al duplice rischio di un insegnamento di tipo nozionisti co (magari legato alla sola dimensione giuridica) o di un approccio occasiona le ed evanescente che non lascerebbe traccia nella mente e nei cuori dei no stri allievi.
Andrea Porcarelli Università di PadovaPer un’inclusione scolastica di qualità
di Luciano RondaniniL’imprinting del maestro
Chi ha cominciato a fare il maestro tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo ha conosciuto di rettamente sul campo la grande svolta dell’educazione dei bambini con disa bilità.
Com’è noto, la scuola elementare è sta ta il primo grado a essere interessato all’inserimento degli alunni con deficit, in qualche caso ancora prima della leg ge 517/1977. Infatti, in alcune aree dell’Emilia-Romagna, dopo l’afferma zione del principio di coeducazione di bambini normodotati e disabili (legge 118/1971), sono state avviate, in forma sperimentale, esperienze di integrazio ne di alunni ‘portatori di handicap’ sia in classi ordinarie che a tempo pieno. Così il giovane Giancarlo, come molti maestri di quel periodo, ha potuto co noscere in anteprima tutte le problema tiche che i docenti italiani avrebbero dovuto affrontare negli anni e decenni successivi.
Di fatto, quelle primissime esperienze di integrazione scolastica degli alunni con disabilità si sono impresse in mo do indelebile nella sensibilità di nume rosi insegnanti, tanto da rappresenta re per un buon numero di loro un impe gno costante anche negli sviluppi pro fessionali successivi: direttori didattici, ispettori, dirigenti tecnici e dirigenti am ministrativi.
L’attenzione per gli alunni fragili e con background socio-familiari caratteriz zati da povertà educativa ha costituito
lo sfondo politico su cui si sono forma ti in quel periodo molti operatori della scuola. A questi elementi di cornice si deve aggiungere che la scuola elemen tare è stata l’unica scuola ‘di popolo’, presente anche nei più sperduti territo ri del Paese. I maestri, dunque, erano quotidianamente a contatto con i pro blemi delle classi meno abbienti e co noscevano molto bene le difficoltà dei figli di operai, contadini, braccianti, … Era inevitabile che anche sul piano pe dagogico-educativo prendessero le lo ro difese. Non è un caso che molti in segnanti elementari siano diventati sin daci o abbiano ricoperto incarichi am ministrativi.
L’utopia di Barbiana
Così, per molti di noi, Lettera a una pro fessoressa dei ragazzi di Barbiana si è trasformata nel manifesto di una edu cazione popolare alle cui idee hanno attinto generazioni di docenti. Le paro le di don Lorenzo Milani “Chi era sen za basi, lento o svogliato si sentiva il preferito ” risuonano ancora nella co scienza dei protagonisti del grande cambio educativo di quel periodo.
La sensibilità politica e culturale di Giancarlo non poteva non essere atti rata da questo clima che ha forgiato, qualsiasi cosa dicano i detrattori di tur no dell’utopia di Barbiana, il suo carat tere professionale per l’intero arco del la sua vita.
Nella prefazione del mio libro, Don Lo renzo Milani, la lezione continua , egli
La sensibilità politica e culturale di Cerini non poteva non essere attirata dal clima degli anni Settanta che ha forgiato il suo carattere professionale
Rivista
LA CULTURA DELLE sCUoLE
Ci sono studenti, pur diplomati, che non raggiungono a 19 anni gli obiettivi formativi per la terza media: è la dispersione implicita
scriveva: “le analisi sui condizionamen ti sociali che segnano il destino scola stico di molti ragazzi sono ancora del tutto attuali e segnalano le persistenti difficoltà del nostro sistema educativo a vincere la sfida ‘costituzionale’ della uguaglianza delle opportunità e del di ritto all’educazione”. In questa sinteti ca riflessione egli sottolinea che, nono stante si assista a un deciso migliora mento delle condizioni di accesso al si stema scolastico, permangono barrie
re e ostacoli per i ceti svantaggiati, che limitano pesantemente le effettive con dizioni del successo formativo dei loro figli.
L’esclusione di secondo livello
Accanto all’insuccesso scolastico pa lese (ripetenze, abbandoni, frequenze irregolari...) esiste un’esclusione più subdola che mette a nudo le gravi in sufficienze di preparazione che una quota ragguardevole di studenti mani festa al termine della scuola seconda ria di primo, ma soprattutto di secon do grado. Questo fenomeno, più car sico e sfuggente, è riconducibile al fe nomeno della cosiddetta dispersione scolastica implicita
Una fascia cospicua di studenti, che ottiene il diploma a 19 anni, non arriva al livello 3 nelle prove di Italiano e Ma tematica nelle rilevazioni dell’Invalsi e non raggiunge nemmeno il livello B1 nella lettura e nell’ascolto in Inglese. In certi casi i giovani diciannovenni han no livelli di competenze che corrispon dono agli obiettivi formativi previsti per gli allievi di terza media.
Nella stessa prefazione, Giancarlo Ce rini così commentava la ricorrenza dei cinquant’anni di Lettera a una profes soressa: “la selezione forse non è così ruvida come ai tempi del Priore, anche se i dati degli istituti professionali rap presentano ancora una società assai stratificata. Oggi sono soprattutto i li velli di apprendimento dei ragazzi a es sere molto fragili. C’è un insuccesso più sottile: la scarsa motivazione verso la scintilla dello studio, la sfiducia che quell’impegno possa lasciare un segno profondo nella biografia di ciascuno, il senso da attribuire all’esperienza di ap prendimento che si consuma tra le pa reti delle aule scolastiche”. L’attenzione che egli rivolge al fenome no della disaffezione scolastica e al mancato raggiungimento di traguardi di apprendimento soddisfacenti da parte dei ragazzi più vulnerabili ha rap presentato un riferimento costante del
suo impegno educativo. Nel Rapporto dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna del 2006, da lui for temente voluto, Giancarlo afferma: “la nostra è una Regione che dispiega im portanti interventi finanziari. Come riflu isce tutto ciò in qualità della scuola, in risultati scolastici positivi, in migliori li velli di apprendimento per gli allievi? Un indice più raffinato – scriveva Cerini –ci dice che esiste un problema di qua lità culturale degli allievi dell’Emilia-Ro magna che, per essere affrontato, ri chiederebbe un efficace sistema nazio nale e regionale di rilevazione degli ap prendimenti” (Cerini, 2006).
Il Sistema nazionale di valutazione
Dopo sette anni dalla pubblicazione di quel Rapporto regionale, è stato istitu ito il Sistema nazionale di valutazione (d.P.R. 80/2013) che è andato nella di rezione da lui auspicata. I dati desumi bili dalle rilevazioni delle prove Invalsi (Italiano, Matematica e Inglese) per mettono di far emergere dalla parte sommersa dell’iceberg quegli elemen ti più raffinati che Giancarlo indicava. In particolare, le analisi dell’Invalsi
esplicitano che rilevanti fattori di disu guaglianza sono costituiti dalla varian za tra le scuole e fra le classi. Dunque, a seconda delle scuole e del le classi frequentate emergono note voli disparità nei risultati ottenuti dagli studenti. Tali ineguaglianze tendono ad aumentare sensibilmente a secon da delle aree geografiche considera te: più evidenti al Sud e nelle Isole ri spetto al Nord (in parte anche al Cen tro). Parliamo di disparità molto eleva te. Sottolinea Angela Martini che “ nell’ultima edizione dell’indagine Pi sa (2018) il Nord-Est si collocava in let tura al livello della Danimarca e il Sud e Isole a quello della Serbia” (Martini, 2022). Ma significative differenze si re gistrano, nella stessa regione, anche tra aree urbane e aree interne e peri feriche.
Giancarlo Cerini è sempre stato un ‘cul tore’ dei numeri, senza i quali gli risul tava difficile avventurarsi in analisi più apprezzabili sul piano qualitativo. Per lui l’acquisizione di dati quantitativi ha sempre rappresentato il presupposto per poter addentrarsi in analisi più ar ticolate e a più ampio raggio. Per quan to concerne, ad esempio, gli alunni cer tificati, egli ha ripreso più volte i dati
I dati delle rilevazioni Invalsi fanno emergere notevoli disparità nei risultati, ad esempio nelle zone geografiche, anche all’interno della stessa zona
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Riferimenti bibliografici
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Cerini sostiene che “l’inclusione deve essere inserita tra gli elementi della qualità di una scuola”
pubblicati dall’Ufficio Statistico del Mi nistero dell’Istruzione. Nei Rapporti an nuali dell’ultimo decennio si evidenzia che, a fronte di un generale calo demo grafico, la popolazione scolastica de gli allievi con disabilità è andata co stantemente aumentando.
Nel 2009-10 gli studenti certificati rap presentavano il 2,3% (181.117) del to tale, nel 2020-21 l’indice è salito al 3,6% (268.671).
L’inclusione degli alunni con disabilità
Nel libro postumo Atlante delle rifor me (im)possibili Giancarlo Cerini, co erentemente con quanto sin qui affer mato, sostiene che, a cinquant’anni dalla legge 118/1971, si avverte il bi sogno di un’indagine approfondita (at traverso monitoraggi quantitativi e qualitativi) sullo stato di integrazione nel nostro Paese. E aggiunge che “l’in clusione deve essere inserita tra gli elementi della qualità di una scuola ”. Sulla stessa lunghezza d’onda con l’insegnamento di Andrea Canevaro, che possiamo considerare il ‘maestro’ dell’integrazione, anche Cerini avver te la necessità di promuovere un radi cale processo di innovazione del no stro modello inclusivo. In particolare, la qualità dell’educazione degli alunni con disabilità non può coincidere con la copertura oraria del sostegno uni co, che può “trasformarsi in una sorta di protesi”.
Sette problemi da risolvere
In un intervento molto articolato conte nuto nell’Atlante egli prende in esame l’attuale situazione degli studenti in si tuazione di handicap sia sul piano dell’aumento degli allievi certificati (re gione per regione) e della conseguen te crescita degli insegnanti di sostegno, sia svolgendo una disanima qualitativa su una serie di nodi critici. Nell’Atlante esamina sette ordini di pro blemi che, se portati a soluzione, po
trebbero costituire un significativo rilan cio del nostro modello di inclusione.
I. Aumentare i posti di sostegno nell’or ganico di diritto per evitare la volatilità degli insegnanti assegnati alle classi con alunni disabili.
II. Accelerare le procedure di immissio ne in ruolo sui posti di sostegno vacan ti, con l’indizione tempestiva dei con corsi.
III. Stabilizzare la presenza dei docen ti specializzati sui posti di sostegno. At tualmente, dopo cinque anni di perma nenza nel ruolo, è possibile chiedere la cattedra su posti comuni.
IV. Anticipare l’attribuzione delle cosid dette ‘deroghe’ per evitare che la no mina di una quota significativa dei do centi di sostegno avvenga ad anno scolastico abbondantemente avviato.
V. Rendere più trasparenti le procedu re relative all’attivazione nei Tfa univer sitari per l’acquisizione del titolo di spe cializzazione. È imbarazzante, sottoli nea Cerini, scoprire enormi differenze tra le Università.
VI
. Rafforzare i compiti del personale educativo (assistenti all’autonomia e al la comunicazione, tutor e altre figure di mediazione) e, allo stesso tempo, attri buire ulteriori compiti ai collaboratori scolastici nell’area dell’assistenza di base.
VII. Rivedere l’attività di formazione di tutto il personale docente con la pro posta di “corsi specifici sulla didattica inclusiva da valorizzare come credito formativo”.
Le problematicità collegate alla non so luzione delle questioni sopra richiama te costituiscono una pesante zavorra che limita, di fatto, il diritto all’istruzio ne delle fasce più fragili della popola zione scolastica italiana.
Luciano Rondanini Già dirigente tecnico e amministrativo presso l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-RomagnaUn confronto ‘formativo’ sulla valutazione degli apprendimenti
di Maria Lucia GiovanniniGli incontri di lavoro
Sono state molte le occasioni in cui ho incontrato Giancarlo Cerini, ma quelle più frequen ti e incisive sono associate al treno. Provenendo lui da Forlì e salendo io a Imola, mi ca pitava di trovarlo immerso nel suo quaderno di appunti per cui, non volendo disturbarlo, solo qualche volta mi fermavo a parlare con lui. Una volta arrivati a Bologna però, quan do non doveva proseguire per Roma o per qualche altra sede, facevamo insieme il trat to di strada comune verso le nostre rispettive sedi di lavoro. È stata un’esperienza dura ta vari decenni ed è con rimpianto che col pensiero lo rivedo in quel tragitto col suo bor sone nero pesante a tracolla, da cui tirava fuori qualche sua pubblicazione (riusciva a scri vere davvero tanto!) che costituiva tra noi oggetto di confronto. Cerini la scuola reale la conosceva bene, non solo perché vi aveva operato prima come maestro e successivamente come dirigente, ma perché ne è rimasto in diretto contatto anche come ‘ispettore’. Lui stesso, sorridendo, diceva a metà tra l’ironico e lo scherzo so: “Sono entrato a scuola con i calzoni corti e dalla scuola non sono più uscito”.
La valutazione come oggetto di confronto
Le nostre conversazioni sulle proble matiche scolastiche, fatte lungo il tra gitto di strada percorso insieme, di so lito si focalizzavano sulla valutazione degli apprendimenti che costituiva un ambito privilegiato delle mie ricerche. I discorsi che facevamo senza troppi gi ri di parole da parte di entrambi erano per me confronti sempre molto stimo lanti e si caratterizzavano come mo menti in cui affrontavamo un determi nato problema cercando di confronta re i nostri punti di vista in proposito. Mentre proseguivo da sola verso l’uni versità dopo esserci salutati, era inevi tabile ripensare non solo a quello che ci eravamo detti, ma anche alle moda lità del nostro confronto rispettoso e ar gomentato. Tenuto conto che, come pedagogista sperimentale ho sempre cercato di tenere i contatti con chi ope ra tutti i giorni a scuola, quelle conver sazioni ‘itineranti’ sono state fonte di stimolo per poter fornire a mia volta un
contributo utile alla realizzazione di una scuola equa e solidale nella direzione di una società più democratica. Pur non appartenendo al mondo acca demico, Giancarlo era ben ‘ancorato’ al mondo della ricerca scientifica e ave va grande spessore culturale. Tra l’al tro, conosceva benissimo le leggi e tut te le circolari (che lui stesso ha contri buito spesso a redigere) e aveva una frequentazione col mondo della scuo la nei suoi diversi livelli, che gli consen tiva analisi puntuali e proposte concre te, coerenti con una ben delineata e or ganica visione che cercava di realizza re con tenacia.
Interventi di pace
Nei suoi interventi, caratterizzati da in dubbia competenza, professionalità e passione, poneva grande attenzione all’ascolto e aveva un modo di confron tarsi sempre estremamente pacato e convincente. Aveva la capacità di raffor zare in me la convinzione che si può ri uscire concretamente a superare le tra
Molte conversazioni itineranti con Cerini si focalizzavano sulla valutazione; egli era ancorato al mondo della ricerca scientifica, in una visione che cercava di realizzare con tenacia
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Giancarlo
riusciva ad alimentare la motivazione all’impegno
dizionali pratiche valutative scolastiche classificatorie e penalizzanti, ancora troppo diffuse e spesso purtroppo ri chieste a gran voce dai non addetti: in una cornice di scuola che assicuri a tut te e a tutti una cittadinanza attiva (art. 3 della Costituzione), da realizzare passo dopo passo con determinazione pazien te e partecipazione collettiva, la funzio ne della valutazione non può che esse re a sostegno dei processi di apprendi mento e dei progressi degli alunni per un pieno sviluppo di ciascuno.
Un’idea di scuola che sicuramente ci accomunava, rispetto alla quale il ri scontro dei problemi presenti nella so cietà e nella realtà scolastica può però indurre a volte a considerarla un’uto pia, con un conseguente senso di sconforto. Tuttavia, il confronto con chi conosce bene le problematiche e si adopera quotidianamente in modo in stancabile e con ‘passione intelligente’ in quella direzione coinvolgendo e sa pendo fare gioco di squadra, come fa ceva Giancarlo, dà un indubbio soste gno. Riusciva infatti ad alimentare la motivazione a impegnarsi fattivamente ancora di più per contribuire a portare avanti concretamente – ben oltre i fa cili slogan – una battaglia collettiva ir rinunciabile al fine di rendere la scuola, per usare parole sue, “più a misura di ragazze e ragazzi (senza però indulge re nel giovanilismo!), che possa essere vissuta anche dagli insegnanti come occasione di crescita, di riscatto e di rinnovata credibilità” (Cerini, 2012).
L’importanza della capacità di ascolto e del sostegno all’agire
Le mie conversazioni con Cerini e la lettura dei suoi scritti mi hanno solleci tata a riflettere sullo scaffolding e sull’a rea di sviluppo prossimale vigoskjiana e, per certi aspetti, pure sull’arte della cortesia del dialogo di Bruner. Mi han no spinto soprattutto a considerare e ad approfondire il ruolo ispiratore dell’agire, a tutti i livelli, del sapere pra tico, cui ha fatto riferimento anche Ma rio Giacomo Dutto nel giorno del ricor do, nonché l’importanza di una media zione competente sia dentro sia fuori la scuola.
Cerini è stato capace non solo di con tribuire a stimolare e a costruire impor tanti progetti e interventi innovativi mi nisteriali, ma anche di favorire concre tamente al meglio la loro realizzazione, considerando tutti i destinatari e riser vando un’attenzione particolare a chi doveva attuarli. Ho sempre percepito
in lui la consapevolezza dell’impegno e dello sforzo che veniva loro richiesto, come pure l’ho sentito rispettoso delle problematiche degli insegnanti nella quotidianità del ‘fare scuola’ anche se desideroso di una loro progressiva cre scita.
L’atteggiamento che ho colto in Gian carlo nei confronti degli insegnanti lo definirei di ascolto e di accompagna mento pedagogico. Ho sempre consi derato che il suo modo di porsi costi tuisse, per così dire, la costruzione di un ponte tra loro e l’innovazione stes sa. Laddove ha potuto incidere, ha sempre cercato con tenacia e passio ne pedagogica di tener conto salda mente della sua visione di scuola co me cornice delle innovazioni da intro durre, innovazioni però mai troppo di stanti dal mondo della scuola reale per ché avrebbero finito col risultare falli mentari.
Anche i suoi interventi contrari a un uso ‘pubblico’ dei dati valutativi dell’Inval si relativi a singole unità scolastiche li ho sempre avvertiti come consapevo lezza dei rischi e delle difficoltà che avrebbero comportato e dei conse guenti rifiuti e steccati che avrebbero prodotto nei destinatari.
La costruzione di un ponte e di una me diazione emerge anche a proposito della programmazione operata dagli in segnanti alla quale Cerini ha associato il termine da lui coniato ‘mite’. Come lui stesso afferma, essa si pone infatti l’obiettivo di “costruire un ponte, una mediazione [il grassetto è suo] tra il soggetto dell’apprendimento e gli og getti della conoscenza, tra bambino e discipline, in cui è il soggetto a dare ‘senso’ alle conoscenze, a mano a ma no che entra nei campi conoscitivi di sciplinari (formali, simbolici)” (Cerini e Toschi, 1995).
Verso una programmazione e una valutazione ‘mite’
Il titolo di questo paragrafo riprende l’e spressione richiamata sopra ed è sta
to utilizzato da Giancarlo Cerini nella Guida all’uso ‘ragionevole’ del nuovo documento di valutazione nella Scuola elementare ( Versione c.m. 288/1995 ) (ivi). L’ho qui riproposto non solo per sottolineare il rapporto tra valutazione e programmazione, ma soprattutto per ché i due termini ‘verso’ e ‘mite’ riflet tono il suo coerente modo di procede re in ascolto e con dialogo pacato al fi ne di sostenere, accompagnare e rag giungere la realizzazione di pratiche in novative in modo ‘ragionevole’. Nel caso specifico dell’innovazione del 1995, era richiesto un superamento della rigidità delle programmazioni e delle valutazioni. L’analisi di Cerini sui limiti presenti nelle prassi (formalismi, eccessiva razionalità, scarso collega mento tra intenzionalità del progetto educativo e concretezza delle situazio ni di insegnamento/apprendimento e un’incidenza assai scarsa sulle scelte didattiche quotidiane) non presenta elementi di colpevolizzazione o sanzio ne nei confronti degli insegnanti. Piut tosto, i limiti vengono ricondotti in mo do argomentato alla banalizzazione del dibattito sulla programmazione e a una impostazione pragmatica e tecnologi ca dell’insegnamento in cui l’educazio ne non riesce a rispettare l’imprevedi bilità dello sviluppo, come apertura all’altro, come capacità di ascolto, co me attenzione alla soggettualità (termi ne utilizzato da Cerini). Prendendo in considerazione questi aspetti, “ inse gnare vuol dire anche apprendere dal discente, comprendere chi si ha di fronte, per adattare a esso il proprio sti le di insegnamento” (ivi). Pertanto, da una programmazione “in tesa come controllo o modellamento ci si sposta verso una programmazio ne ‘adattiva’ cioè capace di adeguar si alle diverse situazioni ” ( ivi ). E ag giunge: “ Possiamo coniare il termine di programmazione (e valutazione) ‘mi te’ per accentuare l’attenzione al sog getto del processo educativo e la cri tica alla certezza delle prescrizioni di dattiche” (ivi).
Il termine di valutazione ‘mite’
è stato coniato per accentuare l’attenzione al soggetto del processo educativo e la critica alla certezza delle prescrizioni didattiche
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Riferimenti bibliografici
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G. Cerini, G. toSChi, Valu tare come... Valutare co sa... , Tecnodid, Napoli, 1995.
Cerini già da anni scriveva che nei processi di insegnamento/ apprendimento la valutazione non può che essere formativa, cioè informativa e promozionale, per migliorare tali processi
E a proposito del termine mite associa to alla valutazione, dagli scritti di Ceri ni si ricava che deve essere frequente ma non ossessiva, rigorosa ma inco raggiante, sincera ma non ansiogena, comunque mai intrusiva, selettiva o sanzionatoria.
La funzione formativa della valutazione
Cerini già nel secolo scorso affermava e scriveva che nei processi di insegna mento/apprendimento la valutazione non può che essere formativa, cioè in formativa, promozionale, volta a miglio rare tali processi, e in tale direzione ha fornito un importante apporto alle scuole.
Nelle Indicazioni nazionali/2012, alla cui stesura egli ha dato un grosso contri buto, è contenuta la definizione che ri specchia le sue posizioni. Nel testo del le Indicazioni del primo ciclo si afferma che: “la valutazione precede, accom pagna e segue i percorsi curricolari […] assume una preminente funzione for mativa, di accompagnamento dei pro cessi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo”. Così pure, e in modo più articolato, nella parte rela tiva alla scuola dell’infanzia si asseri sce che la valutazione assume una fun zione formativa in quanto “riconosce, accompagna, descrive e documenta i processi di crescita, evita di classifica re e giudicare le prestazioni dei bambi ni, perché è orientata a esplorare e in coraggiare lo sviluppo di tutte le loro potenzialità”.
Con tali citazioni intendo sottolineare come Cerini fosse in grado di ispirare, sollecitare e accompagnare ‘l’agire’ a tutti i livelli; il vuoto che ha lasciato an che da questo punto di vista si avver te. Penso all’abolizione del voto nella scuola primaria che lui sosteneva, re alizzato con un provvedimento legisla tivo di emergenza. Grande conoscito re dei processi innovatori e tenace so stenitore di un organico progetto di scuola, nel settembre del 2020 Gian
carlo così scriveva: “ Siamo dell’avvi so che si potrà arrivare a una vera ri forma della valutazione solo se i do centi degli istituti comprensivi saran no impegnati in una attività di ricerca e formazione, che coinvolga assieme maestri elementari e professori della secondaria di I grado, con la scuola dell’infanzia a stimolare una valutazio ne non intrusiva, non classificatoria, non sanzionatoria ” (Cerini, 2020a). Proprio perché molto competente nei processi scolastici innovativi, cono sceva i possibili fallimenti nella fase di realizzazione. Pertanto, ribadiva l’im portanza che l’adozione di nuove mo dalità di valutazione avvenisse “attra verso un processo trasparente e par tecipato, con un confronto aperto nel mondo delle scienze dell’educazione e con la possibilità per la scuola di ‘fal sificare’ (popperianamente…) le nuo ve proposte prima della loro adozione” (Cerini, 2020b). Riteneva cioè neces sario saggiare la fattibilità e la soste nibilità dei nuovi strumenti e prepara re il terreno per l’adozione generaliz zata, durante l’anno scolastico suc cessivo, delle possibili innovazioni. Purtroppo, l’auspicio, che Cerini ha ri badito anche con me quando era in ospedale, non è riuscito a trovare le ri sposte adeguate.
La sua mancanza si è sentita e si sen te tuttora in modo profondo. Ci resta no i suoi numerosi scritti, il suo esem pio propositivo su innovazioni e rifor me, nonché il frutto del suo incessan te impegno profuso sino all’ultimo.
Non era mia intenzione ricostruire in questo contributo il suo pensiero sulla valutazione degli apprendimenti espresso nei suoi numerosi articoli e volumi, bensì testimoniare quanto su tale tematica siano stati stimolanti per me i nostri confronti.
Maria Lucia Giovannini Già Professore ordinario di Pedagogia sperimentale, Università di BolognaValutare le competenze
di Mario CastoldiIl significato del processo di apprendimento
“ Nelle istituzioni scolastiche general mente […] insegnanti e studenti non sono disposti ad assumere i rischi del comprendere e si accontentano dei più sicuri ‘compromessi delle risposte corrette’” (Gardner, 1991): con queste parole Howard Gardner sottolinea la stretta relazione che si viene a deter minare tra un certo modo di pensare e agire la valutazione scolastica e la gestione dei processi didattici e for mativi.
Il punto fondamentale sta proprio nel significato dato al processo di ap prendimento: cosa significa appren dere? Lo stesso Gardner intende la comprensione come “un’adeguata padronanza di concetti, principi e abi lità […] che consenta al soggetto di affrontare problemi e situazioni nuo ve” (Gardner, 1991); nella stessa di rezione si muove un suo collega dell’Università di Harvard: “ in una fra se, comprendere è l’abilità di pensa re e di agire con flessibilità usando ciò che si conosce” (Perkins, 1998). Que sta prospettiva sull’apprendimento si sovrappone al significato che Wiggins e Mc Tighe, ideatori della progetta zione a ritroso, danno al concetto di comprensione profonda, intesa come “ capacità di comprendere il senso e trasferire i propri apprendimenti nei contesti di vita” (Wiggins-Mc Tighe, 2004).
Comprensione profonda e competenze
Si tratta di un’idea di apprendimento che emerge dagli indirizzi di ricerca più recenti su questo tema, progressiva mente affermatisi nella letteratura psi co-pedagogica degli ultimi decenni come evoluzione della prospettiva co
gnitivista, riconducibili a un approccio generalmente designato con il termi ne socio-costruttivista. L’attributo che più di altri lo contraddistingue è quel lo di “costruttivo”, a denotare un pro cesso di apprendimento inteso come ristrutturazione attiva di quanto il sog getto già conosce, rielaborazione de gli schemi mentali e delle conoscenze pregresse.
Con il costruttivismo si afferma defi nitivamente la natura relazionale del la conoscenza, come interazione dia lettica tra il soggetto che conosce e l’oggetto della conoscenza, e il suo carattere dinamico, di progressiva evoluzione generata dalla dialettica indicata. Sviluppando intuizioni già presenti in Piaget, Ausubel e nel co gnitivismo più recente, la dinamica di apprendimento viene vista come una relazione dialettica tra i modelli men tali del soggetto e i contenuti della co noscenza, tra la struttura psicologica del soggetto e la struttura logica del la conoscenza: l’apprendimento è un dare senso al mondo, integrando e sintetizzando le nuove esperienze (cfr. Gardner, 1999).
Un secondo attributo che connota l’e voluzione dell’approccio socio-co struttivista all’apprendimento è “ so cio-culturale”, a denotare il ruolo fon damentale che il contesto relazionale e culturale gioca nel processo di co struzione della conoscenza del sog getto. A partire dai contributi pionieri stici di Vygotskij sul pensiero come dialogo interiorizzato, e il conseguen te valore dei processi interpersonali e intrapersonali nello sviluppo del sog getto, si è progressivamente messo a fuoco il ruolo cruciale dell’interazione sociale e dei modelli culturali entro cui si sviluppa la costruzione dell’appren dimento. Nella stessa direzione si orienta il contributo della psicologia culturale bruneriana, attento a mette
Con il costruttivismo si afferma la natura relazionale della conoscenza, come interazione dialettica tra il soggetto che conosce e l’oggetto della conoscenza, e il suo carattere dinamico
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Il costrutto di competenza, riflette una visione dell’apprendimento che riconosce come suo tratto distintivo la capacità di utilizzare i propri saperi nelle situazioni di vita che occorre affrontare
re in evidenza il ruolo che i sistemi simbolico-culturali giocano nello svi luppo della conoscenza individuale, sulla base di una dinamica evolutiva tra pensiero individuale e contesto so cio-culturale.
Il ruolo del contesto non è inteso solo come cornice socio-culturale entro cui si sviluppa il processo individuale di costruzione della conoscenza, ma an che come contesto d’azione entro cui si genera la conoscenza. Da qui un terzo attributo del processo di appren dimento, relativo al suo carattere “si tuato”, ovvero al suo ancoramento al contesto e al contenuto specifico dell’attività che lo genera. All’origine di tale sviluppo troviamo il contributo di un altro studioso russo, Leont’ev, in riferimento al ruolo giocato dall’azio ne – oltre che dal linguaggio – nello sviluppo di abilità complesse; la stes sa prospettiva lewiniana della ricerca/ azione rafforza la natura situata della conoscenza nell’evidenziare come la dinamica dei processi sociali derivi sempre dalle relazioni che si stabili scono tra il soggetto e il contesto so ciale entro cui agisce.
Il costrutto di competenza, che si è progressivamente affermato in ambi to formativo negli ultimi anni, riflette pienamente questa visione dell’ap prendimento riconoscendo come suo tratto distintivo la capacità di utilizza
re i propri saperi nelle situazioni di vi ta che occorre affrontare. Il Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli, ad esempio, definisce la competenza come “ comprovata capacità di utiliz zare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale ”. Essenzialmente la competenza si ca ratterizza come la capacità del sog getto di “saper agire in un dato conte sto”.
Valutare, ovvero triangolare
Come apprezzare la competenza di un soggetto? Come poter valutare la natura processuale, situata e com plessa dell’apprendimento vista se condo la prospettiva della competen za? La metafora dell’iceberg come rappresentazione della competenza ben evidenzia il senso di questa sfida: innanzi tutto si compone di una parte emersa e di una sommersa, di gran lunga preponderante, che mal si pre sta a essere osservata e misurata; in secondo luogo, è in continuo movi mento sulla superficie del mare, per localizzarlo occorre seguirne i movi menti e le trasformazioni; infine è un oggetto enorme, di cui si vedono so lo alcune parti ed è difficoltoso co glierne la globalità.
Una storia di Tiziano Terzani
Ritorna alla mente una vecchia storia indiana richiamata da Tiziano Terzani per evidenzia re la difficoltà di recuperare un’immagine d’insieme di un evento, capace di riconnettere le diverse parti di cui si compone: Mi domandavo se la scienza alla quale mi ero affidato non fosse in fondo cieca come lo sono in una vecchia storia indiana i cinque protagonisti cui viene chiesto di descrivere un elefante. Il primo cieco si avvicina all’animale e gli toc ca le gambe: “L’elefante è come un tempio e queste sono le colonne”, dice. Il secondo tocca la proboscide e dice che l’elefante è come un serpente. Il terzo cieco tocca la pan cia del pachiderma e sostiene che l’elefante è come una montagna. Il quarto tocca un orecchio e dice che l’elefante è come un ventaglio. L’ultimo cieco, annaspando, prende in mano la coda e dice: “L’elefante è come una frusta!” Ogni definizione ha qualcosa di giu sto, ma l’elefante non viene mai fuori per quel che è davvero.
T. terzani, L’ultimo giro di giostra, Longanesi, Milano, 2004.
Una solida base su cui impostare la sfida della valutazione delle compe tenze è il principio di triangolazione, tipico delle metodologie qualitative, per il quale la rilevazione di una realtà complessa richiede l’attivazione e il confronto di più livelli di osservazione per consentire una ricostruzione arti colata e pluriprospettica dell’oggetto di analisi. Non è sufficiente un unico punto di vista per comprendere il no stro oggetto di analisi, occorre osser varlo da molteplici prospettive e ten tare di comprenderne l’essenza attra verso il confronto tra i diversi sguardi che esercitiamo, la ricerca delle ana logie e delle discordanze che li con traddistinguono.
Il riconoscimento delle interazioni tra soggetto e oggetto di osservazione, proprio della ricerca qualitativa, com porta l’accettazione di una pluralità di prospettive di analisi di un fenomeno; ciò non viene assunto come limite del la ricerca, bensì come punto di forza, a partire da un processo di confronto sistematico tra le diverse prospettive e di ricerca di somiglianze e differen ze su cui strutturare il processo inter pretativo.
Prospettive di analisi
A partire dal principio di triangolazio ne si propone un approccio trifocale da cui osservare lo sviluppo della competenza nel soggetto, un ideale triangolo di osservazione che assuma come baricentro l’idea stessa di com petenza su cui si basano i differenti punti di vista. Sulla scorta di una pro posta avanzata da Pellerey (2004), le tre prospettive di osservazione della competenza sono riferibili a una di mensione soggettiva, intersoggettiva e oggettiva.
La prospettiva soggettiva richiama i si gnificati personali attribuiti dal sogget to alla sua esperienza di apprendimen to: il senso assegnato al compito ope rativo su cui manifestare la propria competenza e la percezione della pro
pria adeguatezza nell’affrontarlo, delle risorse da mettere in campo e degli schemi di pensiero da attivare. Le do mande intorno a cui si struttura la di mensione soggettiva possono essere così formulate: come mi vedo in rap porto alla competenza che mi viene ri chiesta? Mi ritengo adeguato ad affron tare i compiti proposti? Riesco a impie gare al meglio le mie risorse interne e quelle esterne?
Il principio di triangolazione: la rilevazione di una realtà complessa richiede l’attivazione di più livelli di osservazione
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La rubrica valutativa
è un dispositivo per portare a sintesi le informazioni e i dati raccolti e interpretarli attraverso un profilo di competenza
Riferimenti bibliografici
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H
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G. WiGGinS-MC tiGhe, Understanding by design, Association for Curriculum Development, Alexandria (VA), 1998.
La prospettiva intersoggettiva richiama il sistema di attese, implicito od espli cito, che il contesto sociale esprime in rapporto alla capacità del soggetto di rispondere adeguatamente al compito richiesto; riguarda quindi le persone a vario titolo coinvolte nella situazione in cui si manifesta la competenza e l’in sieme delle loro aspettative e delle va lutazioni espresse.
Le domande intorno a cui si struttura la dimensione intersoggettiva possono essere così formulate: quali aspettati ve sociali vi sono in rapporto alla com petenza richiesta? In che misura tali aspettative vengono soddisfatte dai comportamenti e dalle prestazioni mes si in atto? Le percezioni dei diversi sog getti sono congruenti tra loro?
La prospettiva oggettiva richiama le evi denze osservabili che attestano la pre stazione del soggetto e i suoi risultati, in rapporto al compito affidato e, in parti colare, alle conoscenze e alle abilità che la manifestazione della competenza ri chiede. Le domande intorno a cui si struttura la dimensione oggettiva pos sono essere così formulate: quali pre stazioni vengono fornite in rapporto ai compiti assegnati? Di quali evidenze os servabili si dispone per documentare l’e sperienza di apprendimento e i suoi ri sultati? In quale misura le evidenze rac colte segnalano una padronanza nel ri spondere alle esigenze individuali e so ciali poste dal contesto sociale?
La rubrica valutativa come strumento di sintesi
L’individuazione dei criteri di valutazione ci sposta al centro delle tre dimensioni, all’idea di competenza intorno a cui ruo tano i diversi strumenti e punti di vista,
che si struttura nella rubrica valutativa, come dispositivo attraverso il quale vie ne esplicitato il significato attribuito alla competenza oggetto di osservazione e precisati i livelli di padronanza attesi in rapporto a quel particolare soggetto o insieme di soggetti. Tale strumentazione costituisce il punto di riferimento comu ne ai diversi materiali a cui si è fatto cen no in rapporto alle tre dimensioni di ana lisi e assicura unitarietà e coerenza all’in tero impianto di valutazione.
Ciascuno degli strumenti richiamati in precedenza rappresenta idealmente una declinazione operativa, pensata in rapporto a uno specifico soggetto e a un determinato punto di osservazione, dell’idea di competenza condensata nella rubrica valutativa; come abbiamo già ricordato solo questa condizione giustifica e legittima l’impianto plurale di valutazione proposto.
La stessa espressione del giudizio fa ri ferimento alla rubrica valutativa, come dispositivo attraverso cui portare a sin tesi i dati e le informazioni raccolte e in terpretarle attraverso un profilo di com petenza riferito alle dimensioni su cui si struttura la rubrica stessa. Si tratta di un momento interpretativo che presuppo ne un apprezzamento complessivo del la competenza, senza possibilità di scor ciatoie semi-automatiche basate su al goritmi procedurali o calcoli più o meno raffinati; occorre assumersi la responsa bilità del valutare, ovvero di formulare un giudizio sulla base di un insieme di ele menti documentali e a partire da un qua dro di criteri chiaro e condiviso.
Mario Castoldi Amico di Giancarlo CeriniNegli ingranaggi della valutazione
di Ornella CampoAppunti di viaggio dentro la valutazione
Prendiamo spunto dal titolo dell’intervento di Giancarlo Cerini in Sicilia al convegno re gionale conclusivo del progetto Migliorare per valutare (*), per riannodare le fila – nel suo ricordo – di quello che è stato certamente il tema a lui più caro, la valutazione formativa, un argomento che ha sempre trattato con slancio, passione e motivazione.
Quella occasione coordinato dall’Istituto comprensivo “E. Berlinguer” di Ragusa, in qua lità di scuola polo regionale per l’attuazione delle azioni previste dall’art. 33 del d.m. 851/2017 – aveva nella sua presenza la testimonianza di un impegno costante a suppor to sia dei processi valutativi in atto nelle scuole, sia della formazione del personale sco lastico.
L’iter progettuale, incardinato in una rete di scopo alla quale avevano aderito 22 scuole del I ciclo della Sicilia, aveva attivato un sistema di formazione a cascata che coinvolge va formatori, docenti e dirigenti, proponendo percorsi di ricerca/ azione all’interno delle singole istituzioni scolastiche. Il risultato atteso era stato raggiunto con la modificazione del paradigma valutativo che, superando la valenza sanzionatoria puntava a una prospet tiva di miglioramento e di lettura in filigrana dei processi educativi e formativi.
Nello specifico, il percorso di lavoro realizzato risultava incentrato sulla ricerca di una cor relazione possibile tra le tre diverse tipologie di valutazione in uso nelle scuole del I ciclo:
• la valutazione degli apprendimenti rilasciata dalla scheda di valutazione con il voto espresso in decimi;
• la certificazione delle competenze di cui ai d.m. 741 e 742/2018 descritta con livelli di competenza;
• l’attestazione dei risultati nelle prove Invalsi a conclusione del I ciclo di istruzione ri lasciata dall’Invalsi con l’utilizzo di descrittori sintetici e analitici.
*) Il video dell’intervento del 15 gennaio 2020 è in: www.migliorarepervalutare.it.
In un convegno regionale in Sicilia a conclusione di un progetto Cerini interviene sul tema a lui caro della valutazione formativa
Cerini mantenne la promessa di esser ci nel momento conclusivo di restitu zione del lavoro svolto dalle scuole, in sieme a Italo Fiorin, con cui aveva condiviso il lungo percorso di stesura e aggiornamento delle Indicazioni na zionali del I ciclo, e a Roberto Ricci, dirigente di ricerca Invalsi, con il qua le aveva già da tempo avviato un di battito costruttivo sui temi della valu tazione esterna. Aveva esordito All’i nizio del suo intervento, reso all’inse gna di una sottile ironia, ipotizzando di essere stato chiamato in quanto “persona informata dei fatti” . E in ef fetti, nel divertito assenso della platea, chi meglio di lui avrebbe potuto rega lare a tutti noi, in quello che non sape vamo sarebbe stato il suo ultimo con
vegno in Sicilia, la testimonianza viva del significato più autentico della va lutazione, recitata con le parole sem plici di chi padroneggia un’idea, una convinzione al punto di riuscire a tra smetterla senza lasciare possibili spa zi a posizioni divergenti.
Riflessioni sulla valutazione formativa
Nel rivedere il contributo di Giancarlo Cerini, non può non risaltare la lunga sto ria del suo legame mai interrotto con il mondo della scuola, dal passato di stu dente ai suoi inizi come maestro elemen tare proseguiti senza interruzioni come ispettore del MIUR e componente di commissioni ministeriali: e il racconto si
Rivista dell’istruzione
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LA CULTURA DELLE sCUoLE
“Migliorare per valutare non basta!”
“Migliorare per valutare bene” diceva Cerini
intreccia con il rapporto sempre vivo con la valutazione, dai tempi della scuola ele mentare ai dubbi mai dissolti sul perché nella pagella il sei diventava sex!
E subito dopo un azzeccato appunto al titolo del progetto, che oggi come al lora recepiamo e condividiamo, perché effettuato da chi, come lui, meritava a pieno titolo l’appellativo di titolista. “Mi gliorare per valutare” diceva non basta!
Bisognava aggiungere “Migliorare per valutare bene”, perché richiamava un altro dei suoi titoli migliori “Valutare be ne conviene” (Cerini, 2020) e perché nel processo di insegnamento-apprendi mento alla valutazione è affidato un ruolo fondamentale che non può e non deve tradursi in un mero adempimen to giuridico, ma deve orientarsi al recu pero del suo valore pedagogico all’in terno dell’ecosistema formativo recu perando la modalità dialogica, indaga tiva ed euristica che la caratterizza (1)
In questa ottica – continuava Cerini –l’esito della valutazione, intesa come una delle situazioni pedagogicamente più importanti e didatticamente essen ziali nel percorso formativo, rappresen ta l’elemento regolatore del processo di insegnamento-apprendimento.
Attraverso la valutazione, infatti, si pos sono confermare, correggere, modifi care comportamenti da parte di en trambi i soggetti, docente e discente, tenendo però presenti alcuni requisiti irrinunciabili:
• deve essere basata su elementi mi surabili e verificabili;
• deve fare riferimento alle prestazio ni e mai ai soggetti che le fornisco no;
• deve essere attribuita alle prestazio ni di uno studente, confrontando i risultati (apprendimenti, conoscen ze, capacità e comportamento) at tesi, dichiarati all’inizio di un percor so formativo e i risultati ottenuti;
1) G. cerini, Valutare bene conviene: verso gli standard. (non sono un iceberg), https:// www.edscuola.it/archivio/riformeonline/ valutare.html.
• deve avere lo scopo di orientare il processo di apprendimento. A questo punto Cerini osservava come già nelle Indicazioni nazionali del 2012, sia nella parte relativa alla scuola dell’infanzia che in quella generale si affermava ampiamente che la valuta zione assumeva una funzione formati va, perché “serve per acquisire infor mazioni sul processo e per registrare il livello di progressi degli studenti, per organizzare strategie di recupero in iti nere; riconosce, accompagna, descri ve e documenta i processi di crescita, evita di classificare e giudicare le pre stazioni dei bambini, perché è orienta ta a esplorare e incoraggiare lo svilup po di tutte le loro potenzialità”; “la va lutazione precede, accompagna e se gue i percorsi curricolari... assume una preminente funzione formativa, di ac compagnamento dei processi di ap prendimento e di stimolo al migliora mento continuo”
Questa definizione viene espressa co me fonte pedagogica per la scuola dell’infanzia ma che andrebbe pensa ta e recepita anche in tutti gli altri ordi ni di scuola in cui, in maniera ancor più pregnante, la valutazione dovrebbe svolgere il suo compito di descrizione e documentazione del processo di in segnamento-apprendimento, ponen dosi come orientante e incoraggiante, mai giudicante.
E, pur riconoscendo che il d.lgs. 62/2017 confermava il miglioramento quale fine ultimo e univoco nel paradig ma del processo di insegnamento-ap prendimento e affidava un ruolo centra le fondante alla dimensione formativa, Cerini ne denunciava il fallimento, defi nendolo “tentativo non riuscito” nella misura in cui quanto espressamente di chiarato all’art. 1, co. 1: “La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, docu menta lo sviluppo dell’identità persona le e promuove l’autovalutazione di cia scuno in relazione alle acquisizioni di
conoscenze, abilità e competenze”, de potenzia i suoi effetti, affidando al voto in decimi l’espressione dei differenti li velli di apprendimento (2).
In questa vision invitava a non confon dere una “valutazione buona” con una “buona valutazione” che deve posse dere quali requisiti essenziali:
• il valutarsi, nella duplice prospetti va autovalutativa che interessa sia il docente che il discente;
• il non interrompere la continuità nel la relazione educativa;
• l’essere rigorosa e incoraggiante al tempo stesso.
Questi requisiti rimandano a una valu tazione ‘mite’, che genera benessere perché fa bene, non inficia la relazione educativa, ti fa crescere perché registra i progressi e non gli insuccessi e i cui effetti andrebbero estesi a tutti gli ordi ni di scuola superando i limiti di una va lutazione sommatoria e classificatoria che affida alla mera media aritmetica il compito di descrivere i progressi negli apprendimenti e il raggiungimento dei livelli di competenza dei soggetti in ap prendimento: e con la battuta ironica del “vince Milly Carlucci” (Cerini 2020) sintetizzava la metafora del voto in de cimi che si traduce in un mero strumen to nazional popolare.
Verso un’unica matrice valutativa
Cerini insisteva sulla necessità di tro vare soluzioni adeguate per evitare nel le famiglie il disorientamento interpre tativo dovuto alle diverse modalità di restituzione dei risultati per le tre diver se tipologie di valutazione previste dal d.lgs. 62/2017, già sopra richiamate. Alla prospettiva sincronica della valu tazione esterna (consente una compa razione tra le scuole tramite le prove standardizzate Invalsi), contrappone va quella diacronica della valutazione formativa che consente di registrare i progressi, evidenziando i miglioramen
2) D.lgs. 62/2017, art. 2, co. 1.
DELLE sCUoLE
ti ed esaltandone la dimensione rego lativa. La sua idea di un modello di va lutazione integrata unitaria sintetizza bile in:
• valutare con lo stesso codice a 5 li velli 3 oggetti diversi (gli apprendi menti nelle discipline, le competen ze chiave, i risultati in alcune prove, rispetto a standard di riferimento);
• andare oltre il voto-etichetta e i di versi codici in uso nella certificazio ne;
• adottare una scala a 5 livelli (ogni li vello viene descritto da una presta zione in termini positivi e crescenti).
Nella sua proposta su come contras segnare e identificare un livello, pone una riflessione sulla necessità di evi tare di proporre ai genitori complessi quadri di riferimento che possano ri sultare di difficile comprensione.
Una deriva da cui guardarsi tenendo sempre come riferimento orientativo la mitica “casalinga di Voghera” e le infor mazioni che le daremo quando le par leremo di suo figlio: valorizzare i suoi talenti; aiutarlo se è in difficoltà (chiarendo con serenità quali sono le criticità); far conoscere la progressione reali stica dei suoi apprendimenti (e del le competenze); incentivare la capacità di autovalu tarsi;
favorire la collaborazione tra i ragaz zi, non la competizione (semmai quella con se stessi).
Da educatori che comprendono il par ticolare peso attribuito alla valutazione nel processo di insegnamento/appren dimento non dimenticheremo la gran de lezione che Giancarlo Cerini ci ha lasciato: la valutazione non si fermi so lo al voto (all’aggettivo… alla lettera), perché c’è molto altro da capire…
Una valutazione
è ‘mite’, perché genera benessere, registra i progressi e non gli insuccessi: non inficia la relazione educativa e fa crescere
ornella Campo Dirigente scolastico, Esperto formatoreUna bibliografia senza fine
di Maria Teresa BertaniUn lavoro inventato
Ho condiviso per molti anni con Giancarlo l’azione creativa che precedeva l’uscita di un libro scritto da lui o, più spesso, da lui curato. Ho riportato migliaia di sue correzioni a centinaia di bozze. Le corregge va spesso in treno e – in un’ora concordata del gior no, ma anche della notte – me le consegnava dal fi nestrino del vagone, al suo passaggio dalla stazio ne di Bologna. Nei casi più fortunati era possibile una sosta fulminea tra un treno e l’altro.
Quei plichi di fogli i primi anni erano pieni di innume revoli segni rossi; il mio compito era di decifrare e ri portare nei vari file le correzioni. Considerando il li vello culturale degli autori, non riguardavano veri e propri errori, ma miglioramenti di cose che non era no sbagliate, ma non erano state scritte come le avrebbe scritte lui. Era solo un aspetto del suo amo re per il suo lavoro, per la sua funzione, che svolge va al massimo livello della responsabilità, ma anche della creatività, del rigore, della dedizione che lo ca ratterizzavano sul piano umano prima ancora che su quello professionale.
Negli ultimi anni le correzioni erano più semplici, io ero diventata esperta (sul campo) in questo lavoro che lui aveva inventato per me e che continua tuttora. Si presenta nei paragrafi seguenti una bibliografia commentata dei volumi scritti o curati da Cerini, bi bliografia che non ha la pretesa di essere completa, pur elencando 83 libri. I libri di Cerini documentano le sue attività; scorrendo l’elenco si confermano tan ti interessi e tanti tratti della personalità e del modo di lavorare di Cerini che sono stati illustrati negli ar ticoli precedenti. Ad esempio, molti libri sono stati spesso realizzati con il concorso di numerosissimi autori.
Non sempre nei libri è citato come curatore o auto re G. Cerini; nel suo lavoro istituzionale preferiva che i libri non avessero un autore. Ma posso testimonia re che i libri che documentano le sue attività nell’U sr E-R nascono da progetti di cui era il motore e so
no stati realizzati da lui. in genere aveva il coordina mento scientifico, sempre affiancato da un comita to tecnico-scientifico numeroso.
Cinque Rapporti e un Annuario sul sistema scolastico regionale dell’Emilia-Romagna
Considero i Rapporti quasi come figli, molti mesi di lavoro per riempire, cercando i dati dalle varie fon ti, oltre cento tabelle e grafici originali, contenuti in ogni edizione; indicatori sempre più precisi, man mano che si diventava più esperti. Non si pubbli cavano i ritagli di altre pubblicazioni, messi insie me più o meno ordinatamente; tutto doveva esse re di fonte ufficiale e i dati paragonabili negli anni. Non era facile.
A me toccava la parte dei dati, visti i miei prece denti statistici; Cerini in quei volumi ha delineato la storia della scuola emiliano-romagnola (e italiana) dei primi anni Duemila, poiché oltre ai dati, suddi visi in quasi 50 schede tematiche ciascuna con due tabelle, un grafico e un commento sintetico, vi era no due parti, la prima con il quadro di riferimento generale, la terza con evidenziati i temi ‘forti’ di quell’anno. Per intenderci, nel 2008 la valutazione di sistema; precedentemente vi erano le aree di ap profondimento.
Una caratteristica di questi Rapporti (e di molti li bri scritti o curati da Cerini) è stata sempre la co ralità: si è passati da 31 autori del rapporto 2003 ai 44 dell’anno successivo e al coinvolgimento an che di tutti gli Uffici scolastici provinciali e delle no ve province emiliano-romagnole nel rapporto 2008. Il tutto era fatto senza curarsi delle velate proteste della redattrice che doveva estorcere i contributi in tempi rapidi da tantissimi autori. Cerini è autore dei commenti ai dati, sebbene non figuri come ta le.
Ripercorrere questi 20 anni di lavoro comune è sta to molto duro; ma forse questo dolore era neces sario.
LA CULTURA DELLE sCUoLE
I Rapporti regionali hanno raccolto ed esposto gli esiti di vari suoi progetti, di cui cito il primo: “Verso un sistema re gionale di valutazione”, per segnalare la sua capacità di anticipare i tempi. Il sistema regionale di valutazione nasce da un’idea di Emanuele Barbieri, allora direttore dell’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna: ricordo anco ra la prima riunione indetta da Barbieri a cui partecipammo, vista l’importanza che per me hanno sempre avuto i dati per chiarire e sintetizzare i fenomeni. Stupisce che il Ministero dell’istruzione non abbia ripreso queste suggestioni in un analogo Rapporto annuale nazio nale, almeno online, corredato di un vero database a cui politici e studiosi potessero attingere. Senza storia e senza dati attuali come si imposta il PNRR per la scuola, un sistema complesso e costoso in cui non si devono sprecare ri sorse? Forse i ministri hanno questi dati, ma per trasparenza dovrebbero essere un patrimonio comune.
Proprio per questa ‘cecità’ verso i dati, ma anche perché gli interessi di Cerini erano tanti, questo lavoro si è fermato; pro seguono però in Emilia-Romagna le pubblicazioni di tabelle online. Cerini per la verità nel suo Atlante ha ripreso l’imposta zione dei Rapporti, un insieme di tabelle e di commenti ai dati; è mancata la sua supervisione nella terza parte del libro. L’autrice di questo articolo considera i Rapporti il suo lavoro, per l’intensità e le ore di progettazione, ricerca dati, cre azione di tabelle: i dati non erano raccolti qua e là, ritagliati e ripubblicati, ma erano frutto di elaborazioni apposite, an che con la collaborazione dell’ufficio statistico dell’Usr E-R (due persone con altri mille compiti).
La serie dei Rapporti
Una scuola allo specchio. Rapporto regionale 2003 sul sistema scolastico, Usr E-R e Irre E-R, Tecnodid, Napoli, 2003. Una scuola in attesa. Rapporto regionale 2003 sul sistema scolastico e formativo, Usr E-R e Irre E-R, Tecnodid, 2004.
Una scuola alla prova, Rapporto regionale 2003 sul sistema di istruzione e formazione, Usr E-R, Irre E-R e Regione E-R, Tecnodid, 2005.
Una scuola tra autonomia ed equità. Rapporto regionale 2003 sul sistema di istruzione e formazione, Usr E-R, Irre E-R e Regione E-R, Tecnodid, 2006.
Essere studenti. Annuario 2007 sul sistema educativo, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2007 (con M.T. Bertani e M. Lacchini).
La scuola e i suoi territori (2 voll.), Rapporto regionale 2008 sul sistema educativo, Usr E-R, Irre E-R e Regione E-R, Tecnodid, Napoli, 2008.
Dalle Indicazioni alla pratica didattica
Due serie di Quaderni, in collaborazione tre Irre E-R e Usr E-R, al termine di progetti di ricerca ideati e avviati con la supervisione di Cerini; la prima dopo l’emanazione delle Indicazioni del 2004 per le scuo le del primo ciclo di istruzione (16 volumi, risultati dell’intensa attività svolta, con contributi di oltre cento insegnanti ricercatori); la seconda sui nuovi curricoli disciplinari della sperimentazione 20072009 (10 volumi). Cerini non si occupava solo di pe
dagogia, queste due serie danno una misura dell’in teresse da lui posto verso la ricerca didattica disci plinare svolta dagli insegnanti delle varie materie e non solo dalle università, con cui peraltro ha sem pre collaborato.
Non è possibile citare tutti gli autori universitari, gli studiosi, i docenti che hanno partecipato ai proget ti: quelli che hanno scritto nella prima serie sono 208, nella seconda (solo!) 140. Ciascuno da contattare, correggere, uniformare da me, che ero incaricata di editing e coordinamento redazionale.
serie I - 16 Quaderni dei gruppi di ricerca Usr e Irre Emilia-Romagna
Arte, Attività motoria, Geografia, Lingua italiana, Lingue straniere, Matematica, Musica, Scienze, Storia, Tecnologia; Funzioni tutoriali, Idea di persona, Laboratori, Personalizzazione, Unità di apprendimento, Valutazione formativa e port folio.
serie II - 10 Quaderni dei gruppi di ricerca Usr e Irre Emilia-Romagna
Arte; Corpo movimento sport; Geografia; Italiano; Lingue comunitarie; Matematica; Musica; Scienze; Storia; Tecnolo gia e Lim.
Un undicesimo volume di questa serie, curato in prima persona da G. Cerini, è Dalle indicazioni al curricolo. Il contri buto della ricerca nel primo ciclo, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2011.
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
LA CULTURA DELLE sCUoLE
Le Guide informative per docenti neoassunti
A dimostrazione dell’importanza, per Cerini, della fa se iniziale di formazione dei docenti resta una serie di libri destinati ai neoassunti, che è proseguita negli an ni anche dopo il suo pensionamento. Un volume nuo vo ogni anno, costanti i titoli delle tre parti: Novità e sfide per il sistema scolastico, Orientamenti operativi per l’anno di formazione, Guardarsi attorno: le risorse del territorio, realizzate anche qui in modo corale, con la partecipazione attiva degli Uffici scolastici provin
ciali. Ogni docente neoassunto ne ha avuto una co pia, allo scopo di essere informato da una parte del le procedure per superare l’anno di formazione (spes so inventate e innovate radicalmente a livello nazio nale proprio da Cerini), dall’altra dei progetti principa li attivi nei vari Uffici scolastici provinciali e in quello regionale. Questo lavoro corale potrebbe anche essere molto utile a ricostruire la storia della scuola emiliano-ro magnola: ogni singolo volume è differente dagli al tri.
Guide informative per neoassunti Essere insegnanti in Emilia-Romagna, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2007 (con L. Gianferrari e G. Grossi); Essere docenti in Emilia-Romagna 2008-09, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2009 (con L. Gianferrari e G. Grossi); Essere docenti in Emilia-Romagna 2009-10, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2010; Essere docenti in Emilia-Romagna 2010-11, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2011; Essere docenti in Emilia-Romagna 2011-12, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2012; Essere docenti in Emilia-Romagna 2012-13, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2013; Essere docenti in Emilia-Romagna 2013-14, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2014; Essere docenti in Emilia-Romagna 2014-15, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2015; Essere docenti in Emilia-Romagna 2015-16, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2016.
Altri libri come ispettore dell’Usr E-R
Cerini documentava i risultati dei progetti e le riforme succedutesi negli anni attraverso libri importanti, rife
riti all’Emilia-Romagna ma utili a tutti, nella convinzio ne che fosse necessario avere memoria storica delle riforme e delle migliori esperienze della scuola. I libri sono disponibili online
Alcuni altri libri come ispettore
La formazione in servizio del personale, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2002. Il portfolio degli insegnanti. Per documentare il curricolo professionale dei docenti, a cura delle associazioni professio nali Adi, Aimc, Aps, Cidi, Diesse, Fnism, Uciim, Usr e Irre E-R, Tecnodid, Napoli, 2004. Idee di scuola. Idee di tempo, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2005. Autonomia, docenti, professionalità, Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2006 (con M. Falzoni e A. Melucci).
La strategia del portfolio docente (con le associazioni professionali Adi, Aimc, Aps, Cidi, Diesse, Fnism, Uciim), Usr E-R, Tecnodid, Napoli, 2011. Infanzia e oltre, a cura di CSN Indicazioni-Miur, Tecnodid, Napoli, 2017.
La Collana dei Quaderni di Rivista dell’istruzione
Questa collana, ideata da G. Cerini e pubblicata dal la casa editrice Maggioli, presenta libri di autori di Rivista dell’istruzione e altri curati da Cerini, conte
nenti articoli pubblicati nella rivista, aggiornati e commentati da lui.
Si tratta di una Collana nuova: in ogni casa editrice per cui ha lavorato, G. Cerini ha lasciato i suoi scrit ti, ma ha anche proposto di scrivere ad altri, in mo do sempre generoso.
LA CULTURA DELLE sCUoLE
La Collana comprende, tra gli altri, i volumi che seguono:
A cura di G. Cerini:
- Il nuovo dirigente scolastico, Maggioli, Rimini, 2010.
- Le nuove Indicazioni per il curricolo verticale, Maggioli, Rimini, 2013.
- Dirigenti scolastici di nuova generazione, Maggioli, Rimini, 2015.
- Competenza è cittadinanza, Maggioli, Rimini, 2019; Di altri autori, in particolare:
- M.G. aCCorSi, Insegnare le competenze, Maggioli, Rimini, 2012.
- L. rondanini, L’ora di lezione non basta, Maggioli, Rimini, 2015.
- P. Senni et al., Rapporto di autovalutazione e miglioramento, Maggioli, Rimini, 2015.
- M. orSi, Uno zaino troppo pesante. Le strade per una scuola ecologica e leggera, Maggioli, Rimini, 2021.
La collana “best practices” di Homeless Book
La collana “best practices” della casa editrice Home less Book di Faenza (Ra) è formata da libri di piccolo
formato. G. Cerini ha fondato la collana e affidato a questa casa editrice i temi a cui teneva maggiormen te, era la sua oasi di libertà, in un certo senso; racco glie, oltre ad altri, i testi indicati nel riquadro. Piccola nota: Passa... parole è stato scritto da oltre 60 autori.
Capire la riforma, Homeless Book, Faenza (Ra),1990. Se la riforma fosse una ballata popolare, Homeless Book, Faenza (Ra), 2006. Inseguendo le riforme, Homeless Book, Faenza (Ra), 2006. Scuola dell’infanzia. Dentro i nuovi Orientamenti, Homeless Book, Faenza (Ra), 2007. Passa... parole. Chiavi di lettura delle Indicazioni 2012, Homeless Book, Faenza (Ra), 2012. Una certa idea di valutazione, Homeless Book, Faenza (Ra), 2012.
Gli altri libri, per decenni
Ultimi, ma certo non per importanza, sono i libri di G. Cerini al di fuori dell’attività istituzionale di ispet tore, pubblicati quasi sempre dalla casa editrice Tec nodid di Napoli. Non si può fare una recensione di ognuno: sono troppi... Scorrere i titoli nel corso del
1980 - 1989
Guida del genitore, Editori Riuniti, Roma, 1983.
Lavorare in team, Nicola Milano, Bologna, 1988.
tempo dà un’idea degli interessi di G. Cerini. Oltre a quelli indicati, vi sono dieci volumi della serie Voci della scuola editi da Tecnodid, Napoli, alcuni dei qua li in collaborazione con M. Spinosi. Questi libri raccolgono le tematiche più importanti dell’anno a cui si riferiscono e del periodo immedia tamente precedente.
Primi approcci alla conoscenza scientifica, Nicola Milano, Bologna, 1984.
1990 - 1999
Cominciare da tre, Franco Angeli, Milano, 1990.
C’era una volta la scuola materna, Eit, Teramo, 1991 (con F. Frabboni).
Conoscere la scuola elementare, Argo, Bologna, 1991.
Gli strumenti di valutazione nella scuola dell’obbligo, Tecnodid, Napoli, 1994.
Sui sentieri della riforma, La Nuova Italia, Firenze, 1994 (con F. Frabboni).
Scegli una carta. Dalla Carta dei servizi al PEI, Provveditorato agli studi Forlì, Forlì, 1995.
Valutare cosa... valutare come, Tecnodid, Napoli, 1996.
Rivista dell’istruzione 6 - 2021
LA CULTURA DELLE sCUoLE
Progetto Scuolinfanzia, Petrini, Milano, 1999 (con P. Calidoni). Conoscere e sperimentare l’autonomia, Tecnodid, Napoli, 1999.
2000 - 2009
A scuola di autonomia, Tecnodid, Napoli, 2000 (con D. Cristanini).
Dalla scuola primaria alla scuola di base, Tecnodid, Napoli, 2000. La scuola in verticale, Tecnodid, Napoli, 2000 (con M. Spinosi). Il curricolo di base, Tecnodid, Napoli, 2001 (con F. Frabboni). Miur, I servizi territoriali per i docenti, Tecnodid, Napoli, 2001. Come cambia la scuola primaria, Tecnodid, Napoli, 2002 (con F. Frabboni e altri). Enti locali e scuola, Tecnodid, Napoli, 2003 (con M. Spinosi e M. Silla). Indicazioni per il curricolo: analisi, proposte, percorsi possibili, Ciid, Roma, 2007.
2010 - 2021
Profili della dirigenza scolastica, (con M. Spinosi), Tecnodid, Napoli, 2012 Una mappa per la riforma, (con M. Spinosi), Tecnodid, Napoli, 2015. Un’ancora per la valutazione, (con M. Spinosi), Tecnodid, Napoli, 2017. Una bussola per le deleghe, (con M. Spinosi), Tecnodid, Napoli, 2017. Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid, Napoli, 2021 (pubblicato postumo).
Le attività in campo editoriale, oltre ai libri
Giancarlo Cerini è stato direttore dal 2007 al 2021 di questa “Rivista dell’istruzione” (casa editrice Maggioli di Rimini). Oltre 8.000 pagine della Rivista sono state pubblicate in questi 15 anni, ciascuna pensata, affidata, letta e riletta con cura da Gian carlo, nel tempo prevalentemente notturno (e cor retti ed editati da me...). Questo lavoro è sotto gli occhi di tutti i lettori abbonati, che possono trova re nell’archivio online tutti gli articoli pubblicati, compresi quelli di Cerini e le sue interviste a mini stri e personalità del mondo della scuola e dell’u niversità.
Ha diretto anche il mensile “Scuolinfanzia”, pubbli cato a Forlì.
Centinaia, inoltre, sono gli articoli e i saggi pubblica ti in riviste specializzate (Insegnare, L’Educatore, In novazione educativa, La vita scolastica, Scuola dell’infanzia, Bambini, Infanzia, Periplo, Proiezioni, Scuola Democratica, ecc.). Ha curato numerosi in serti di Notizie della scuola. Ha pubblicato articoli online, ad esempio, in www.edscuola.it, www.scuo laoggi.org, www.educationduepuntozero.it. Non è possibile creare un repertorio completo di questi ar ticoli, che sarebbe monumentale.
Dedicato a Giancarlo Cerini
Questo numero della Rivista ricorda solo parzial mente l’impegno profuso da Giancarlo Cerini per la scuola.
I libri e gli scritti sono la parte più facilmente docu mentabile del suo lavoro: le centinaia, se non miglia ia, di interventi nei collegi dei docenti di tutta Italia, nei convegni, nelle commissioni ministeriali, nelle as sociazioni professionali e dovunque era chiamato re stano indelebili nella memoria di chi ha avuto la for tuna di incontrarlo.
Maria Teresa Bertani Collaboratrice di G. Cerini per vent’anni in moltissime di queste pubblicazioni e in “Rivista dell’istruzione” mariateresa.bertani@maggioli.itUNO ZAINO TROPPO PESANTE Le strade per una scuola ecologica e leggera
Marzo 2021 - Codice 88.916.4531.9
F.to 17x24 - Pag. 310 - € 29.00
“Non so come saranno le cose quando uscirà questo libro. Quello che posso di re è che tutto non potrà essere come prima. Il Terzo Millennio, ricordo, si è aper to con la tragedia delle Torri Gemelle dell’11 settembre del 2001, nel 2008 ab biamo avuto una crisi economico-finanziaria paragonabile solo alla Grande Depressione del 1928. Ora, nel 2020, la pandemia globale e tutte le questioni ancora sul tappeto poste dalla Carta della Terra e dalla Agenda 2030 dell’ONU. Siamo nel bel mezzo di una transizione, lo si voglia o meno.
Un momento di incertezza, di vuoto, di insicurezza. Mai come prima la società iper-tecnologica, la modernità liquida, sta facendo i conti con l’incapacità di rispondere ai bisogni essenziali del cittadino globale, mai come oggi ci siamo sentiti tanto esposti come esseri umani. Non ci eravamo più abituati, almeno noi della civiltà del benessere. Ma nell’incertezza, nella insicurezza c’è però la possibilità di capire quali sono le cose che contano davvero, quelle essenziali. Le cose più semplici che ci rendono gioiosi. È necessario tornare lì, senza no stalgie. Utilizzando le ricchezze di scienza, conoscenza e tecnologia, ma sta volta orientate in modo diverso. Ecco: il confluire di tanti approcci verso que sto tema della leggerezza mi dice qualcosa di positivo. Forse è un paradigma che vale la pena di esplorare. Proviamo allora a scommettere su una leader ship educativa leggera”.
MARCO ORSI
è ideatore del modello “Senza Zaino per una scuola comunità” che è presente at tualmente in 645 scuole (plessi) di 296 istituti in Italia. Laureato in Pedagogia e Scienze Politiche, è dottore di ricerca in Sociologia. È stato maestro e dirigente scolastico, e ha pubblicato numerosi libri in campo educativo. È responsabile di un progetto nazionale per contrastare la po vertà educativa dal titolo: L’Ora di Lezio ne Non Basta, finanziato dall’Impresa So ciale Con i Bambini.
Presentazione di Pier Cesare Rivoltella