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Ripensare a fondo il modo di essere della scuola

Rivista dell’istruzione 6 - 2021

DALL’INFANZIA ALLE sUPERIoRI

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di Franco Lorenzoni

Cerini ci ha insegnato che una legge va accompagnata all’interno della scuola con grande attenzione e cura

Il lavoro di accompagnamento alle Indicazioni nazionali del 2012

Ho conosciuto Giancarlo Cerini nel 2013 e ho avuto la fortuna di lavorare con lui per sei anni nel Comitato scientifico nazionale che aveva il compito di accompagnare le Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, voluto da Marco Rossi Doria, allora sottosegretario al Miur. Le amicizie e le collaborazioni fruttuose ci aprono a nuovi modi di guardare la realtà. Talvolta ampliano e approfondiscono il significato di alcune parole saldandole con scelte concrete, con pratiche capaci di inverarle.

L’accompagnamento nelle innovazioni

Il primo concetto-azione a cui Giancarlo mi ha insegnato a dare centralità e ampio respiro è quello di accompagnamento. Cerini era profondamente convinto che una nuova legge, perché non rimanga confinata sulla carta, vada accompagnata con grande cura e attenzione nel suo viaggio dentro la scuola di tutti i giorni. Scrivere una buona legge è operazione complessa che richiede chiarezza, concretezza e lungimiranza, ma accompagnarla è assai più difficile, perché si tratta di affrontare e arginare una grave malattia italiana, che consiste nel lasciare spesso le riforme a metà, non avendo poi la possibilità di vederle compiutamente applicate e verificarne l’efficacia. Fu così per le due riforme più significative nella storia del nostro paese: l’introduzione della Media unica e l’apertura delle nostre scuole a bambine e bambini con disabilità. L’introduzione della Scuola media unica nel 1962 non fu accompagnata da una diffusione generalizzata del tempo pieno, pur previsto, né, soprattutto, da un’adeguata formazione delle e degli insegnanti che si sono trovati ad affrontare i grandi e complessi problemi che quell’estensione della democrazia nell’istruzione comportava. A quella nuova scuola di massa, per la prima volta aperta a tutti i ceti popolari, i docenti non erano preparati, e a farne le spese furono i figli delle classi subalterne, come testimoniò in modo nitido e irrevocabile Lettera a una professoressa, appena cinque anni dopo.

La legge 517/1977 per il diritto di istruzione

Anche riguardo alla necessaria estensione del diritto di istruzione a tutte e tutti, resa possibile dalla legge 517/1977, ci furono problemi che in parte ancora persistono, perché aprire le porte delle nostre scuole a bambine e bambini, ragazze e ragazzi con disabilità, necessitava e necessita di una formazione continua e adeguata di tutto il corpo docente, non solo delle e degli insegnanti di sostegno. Ho fatto questi due esempi perché un aspetto che l’ispettore Cerini aveva

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sempre presente, riguardava la complessità dei processi di trasformazione di un’istituzione articolata e varia come la scuola. E poiché Giancarlo era un riformista lucido e conseguente, che ha sempre creduto nel progresso umano fondato su una crescita culturale collettiva che permettesse il pieno dispiegarsi dell’autonomia e libertà individuale, nel solco della tradizione laica e progressista a cui apparteneva, non poteva accettare che il compito dello stato si riducesse a emanare buone leggi e provvedimenti, senza che fossero messe in atto tutte la misure perché quelle leggi portassero nella realtà e nella società i cambiamenti che erano stati individuati come necessari. Giancarlo avrebbe certo fatta sua l’affermazione icastica di Adriano Olivetti secondo cui “il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”.

L’ottimismo della volontà

L’intera vita di Giancarlo è stata sempre colma di quell’ottimismo della volontà, che lo portava a vedere e a sottolineare sempre gli aspetti positivi di ciò che accadeva nelle scuole. Le sue due ultime fatiche – la redazione e l’accompagnamento delle Indicazioni nazionali del 2012 e la messa a punto delle linee pedagogiche per il sistema integrato Zerosei – le ha portate a termine con dedizione e rigore perché in lui ogni ideale doveva incarnarsi in un proposito a cui lavorare. Per mettere in rilievo alcuni passaggi chiave del suo pensare e agire da riformista radicale qual era, propongo di rileggere la lettera con cui il Ministro Profumo presentò alle scuole il senso delle Indicazioni per il curricolo, divenute legge dello stato nel novembre del 2012. Quella lettera, che introduce il testo delle Indicazioni, la scrisse per intero Giancarlo Cerini e illustra bene la sua idea di come sia necessario e proficuo lavorare per innovare davvero la scuola. Era scritta in modo così nitido ed efficace che il Ministro Profumo la lesse e la firmò, senza apporre alcuna modifica. Leggiamola insieme.

La lettera del ministro Profumo per le Nuove Indicazioni, scritta da Cerini, è una sintesi del suo pensiero

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L’insegnante professionista riflessivo, radicato nel territorio ma capace di confrontarsi con i nodi culturali del nostro tempo

La lettera scritta da Cerini per le Indicazioni

Il primo passo per trasformare il fare scuola lo si deve sempre compiere avvalendosi dei suggerimenti più vari. “È stato avviato un fitto scambio di idee, rilievi, commenti, puntualizzazioni, avvalendosi della collaborazione di numerosi insegnanti, di esperti di diversa estrazione provenienza, di rappresentanti delle comunità scientifiche e disciplinari e dei sindacati”. Il secondo passaggio è necessario compierlo consultando chi nella scuola ci lavora, sperimenta e ricerca. “In parallelo è stato chiesto al mondo della scuola di esprimersi su una bozza che stata oggetto di lettura in molte migliaia di istituzioni scolastiche”. “Questo processo corale è un segno positivo dell’impegno degli insegnanti nel volersi confrontare con le questioni culturali, sociali, educative, che riguardano il futuro della nostra scuola e della nostra società”. Qui si delinea il profilo dell’insegnante che ha sempre auspicato il nostro ispettore: una o un professionista riflessivo, ‘intellettuale sociale’ saldamente radicato alla realtà del proprio territorio, ma desideroso e capace di confrontarsi con i nodi culturali del nostro tempo, capace di individuare e insieme contribuire ad aprire nuove strade e allargare gli orizzonti del futuro per le giovani generazioni. Conclude infatti questa parte prendendo “positivamente atto di una comunità professionale consapevole del proprio ruolo, capace di far fronte con dignità a compiti sempre più impegnativi”, aggiungendo che “i segnali di partecipazione sono certamente di buon auspicio per lo sviluppo, in ogni istituzione scolastica, del necessario lavoro di elaborazione del curricolo, a partire da uno studio più analitico e disteso nel tempo delle nuove Indicazioni nazionali”.

Un elemento dinamico: il curricolo

Ecco che si apre un altro capitolo. Quello che affida alle scuole un ruolo

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attivo di costruzione culturale. Il curricolo non è solo opera di adattamento, ma richiede immaginazione, inventività e sperimentazioni accompagnate da continue verifiche da compiere durante il cammino. Il curricolo, per Cerini, è un elemento dinamico, in continua trasformazione. È davvero il cammino che si fa camminando, come canta il poeta Antonio Machado. E infatti: “Non ci aspettiamo un atteggiamento di mera ‘applicazione’ di queste Indicazioni, certamente non coerente con il principio dell’autonomia responsabile, ma un dialogo aperto sul senso del fare scuola, sull’esigenza di rinnovare le pratiche didattiche, sulla gestione più efficace dei nuovi ambienti di apprendimento”. Ecco che una legge, nella concezione di Giancarlo, ha valore in quanto invita ad agire per cambiare la didattica e i tempi e gli spazi dell’apprendere. Ma non si ricomincia ogni volta da capo e la grande conoscenza che l’Ispettore Cerini aveva della storia della nostra scuola gli permetteva di ragionare sulla base di continui confronti utili e generativi. Avendo vissuto da vicino, talvolta da protagonista, molti passaggi e riforme più o meno monche o mancate, era andato affinando sempre più le idee riguardo a cosa bambine e bambini, ragazze e ragazzi, avessero bisogno di trovare dentro alla scuola. Così, inserendo le nuove Indicazioni in un solco che viene da lontano, afferma quanto confermino “la validità dell’impianto educativo e culturale della scuola di base italiana che si è venuto consolidando nel corso di tanti anni, con le sue vocazioni di accoglienza e di inclusione”.

Sempre nuove sfide

Ma poiché Giancarlo non si accontentava mai, ecco che individua e propone subito la sfida più audace: l’essere “consapevoli che occorre ripensare a fondo il modo di essere della scuola”. Frase quanto mai impegnativa, evidentemente, perché questo è stato sempre il cuore e il cruccio di Giancarlo. Chi si assume la responsabilità di ripensare a fondo il modo di essere della scuola? Chi ha il coraggio, l’energia e idee in grado di scalzare troppe abitudini che fanno assumere al corpaccione della scuola le sembianze di un bradipo che si muove, sì, ma troppe volte troppo lentamente. E allora eccolo incitare all’azione con decisione, affermando che “è necessario fare di più per i nostri ragazzi; che dobbiamo garantire in uno scenario mutato, anche dal punto di vista demografico, più solide competenze ai nostri giovani, a partire dalla padronanza della lingua italiana, dalle capacità di argomentare e di risolvere i problemi, dall’incontro con il nostro patrimonio storico artistico e ambientale, dalle sempre più indispensabili competenze digitali”. In poche righe le questioni chiave per delineare un “core curriculum che deve sapere riscoprire le cose essenziali, quelle che contano nella formazione dei ragazzi di oggi, che sono già proiettati in un mondo per larga parte ancora sconosciuto, da affrontare come dotazione di competenze appropriate. Le Indicazioni 2012 vanno in questa direzione, ma molte questioni restano aperte”.

Questioni sempre aperte

Ecco, questa è un’eredità che ci lascia Giancarlo Cerini, che dovremmo stare molto attenti a non disperdere. L’idea che le questioni quasi sempre restino aperte, che il fare scuola e il fare la scuola, come recita il titolo di un bel libro di Philippe Merieu, dovrebbero sempre riuscire a intrecciarsi. Nell’idea di Giancarlo non ci dovrebbe mai essere chi pensa da sopra e da lontano e chi applica ricette precostituite nel quotidiano scolastico. No, la scuola funziona se è organo vivo in cui

Il curricolo è un elemento dinamico, in continua trasformazione, un cammino che si fa camminando, come canta il poeta Antonio Machado

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Cerini sarebbe stato il miglior ministro dell’Istruzione: così non è stato, purtroppo, ma il suo viaggiare ininterrotto nelle scuole ha seminato tanto

tutte le componenti, compresi coloro che lavorano al centro, al ministero, si debbono mettere continuamente e costantemente in gioco, in ricerca, perché nulla può essere dato per assodato una volta per sempre. Da qui nasce l’ultima più radicale proposta, condivisa con Marco Rossi Doria. L’idea di considerare le Indicazioni, divenute finalmente leggi dello stato dopo che, con grande fatica, erano state definitivamente messe in forma dopo gli sbandamenti e i passi indietro imposti dal passaggio di Letizia Moratti al Miur, fossero da considerare un documento in divenire, sempre migliorabile. E che questa opera di continua verifica e revisione dovesse essere il più possibile partecipata perché “ognuno deve sentire di poter portare il proprio contributo attivo all’evoluzione della scuola italiana, mettendosi personalmente in gioco”.

Un programma politico

Frase questa che, fatta scaturire dalla penna di un Ministro, acquista il valore di programma politico. Programma che, per Giancarlo avrebbe dovuto essere “l’occasione affinché il ruolo della scuola sia utilmente apprezzato e il lavoro degli insegnanti rispettato e valorizzato, come negli auspici di tutti”. Siamo in molti a credere che Giancarlo Cerini avrebbe potuto essere il migliore Ministro dell’Istruzione per la nostra Repubblica, ma purtroppo così non è stato, anche se è certo che il suo ininterrotto viaggiare per le scuole abbia seminato tanto.

La luna di miele tra scuole e Indicazioni nazionali

Giancarlo infine era molto attento al linguaggio. Amava le parole come strumento concreto e fattivo di propagazione delle idee, le parole portatrici di cambiamento. Ma era troppo intelligente per fidarsi delle sole parole. Sapeva che una parola genera trasformazione se è accompagnata dal corpo, dall’azione, dal gesto quotidiano e dunque dall’esempio. Per questo non si fermava mai alle parole. Quando si trattò di passare dalle parole ai fatti e cominciammo a lavorare nel Comitato Nazionale annunciato dal Ministro Profumo in quella lettera, Giancarlo ha più volte sintetizzato il senso del nostro lavoro di indirizzo e sostegno alla formazione e alla sperimentazione nelle scuole, sostenendo che bisognava tenere viva “la luna di miele tra scuole e Indicazioni nazionali”. In quell’espressione c’era tutto Cerini. Pensare al rapporto tra una legge e un’istituzione come la scuola come a un tempo di amore è inusuale. E se entriamo dentro la metafora, scopriamo che Giancarlo evocava quella particolare forma di amore che si vive subito dopo il matrimonio. Non l’innamoramento cieco e appassionato, dunque, ma il tempo in cui lo slancio reciproco si fa promessa, durata, patto, costruzione quotidiana. E siccome il passaggio è periglioso, nella sapienza dei riti e della tradizione lo si inaugurava in viaggio, partendo per poi poter tornare alla fatica e alla bellezza della costruzione quotidiana. È sempre stato quel viaggio ciò che maggiormente stava a cuore a Giancarlo. Il mettersi in viaggio insieme come promessa di una costruzione comune a cui dare durata nel tempo. E insieme, per lui che era stato maestro elementare, è una parola che gli è sempre stata particolarmente a cuore, che ha ricercato e promosso tutta la vita.

Franco Lorenzoni

Già maestro elementare e fondatore della Casa-laboratorio di Cenci ad Amelia (TR), ha scritto, tra gli altri, “I bambini pensano grande” (Sellerio)