Quaderni Anno VIII - N 3/2008

Page 1


QUADERNI

Sommario

RIVISTA QUADRIMESTRALE DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI • EDITORIALE DI BRINDISI di Augusto Conte

Anno VIII - N. 3-2008

Autorizzazione Tribunale di • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Brindisi n. 10 del 16 maggio 2001 - Effettività della difesa di ufficio Testata associata all' A.STA.F. adempimenti e compiti degli Avvocati - Circolare su "Criteri di valutazione per l'inserimento degli avvocati... Direttore Responsabile

Augusto CONTE

• EVENTI - Relazione per la inaugurazione Pasquale ANNICCHIARICO, Giacomo dell'anno giudiziario 2009 COFANO, Claudio CONSALES, Giustina di Mario Buffa GIORDANO, Mario LAVENEZIANA, Dario LOLLI, Mauro MASIELLO, Antonio • ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE MAURINO, Emanuele MILONE, Elisa - Codice di deontologia e di buona condotta MINERVA, Carmelo MOLFETTA, Carper i trattamenti di dati personali lo PANZUTI, Alessandra PORTALURI, - C.N.F.: Presentazione del codice Paolo VADACCA. di deontologia e di buona condotta

3

6 13

Comitato di redazione

Direzione

ORDINE DEGLI AVVOCATI presso IL TRIBUNALE DI BRINDISI

Palazzo di Giustizia Viale Liguria, 1 - Tel. 0831/586993 72100 BRINDISI www.ordineavvocati.br.it presidente@ordineavvocati.br.it consiglio@ordineavvocati.br.it Redazione e pubblicità EDIZIONI DEL GRIFO via V. Monti, 18 - Lecce tel. 0832/394346 - fax 0832/394982 edizionidelgrifo@gmail.com Stampa Locopress Industria Grafica (Mesagne) Tutti gli iscritti all'Ordine possono collaborare alla rivista del Consiglio con articoli su problemi di interesse generale: la Direzione si riserva la facoltà di non pubblicare gli articoli che pervengono. I dattiloscritti non vengono restituiti.

Tiratura n. 1.500 copie

• CONVEGNI E CONGRESSI - XXIX Congresso Nazionale Forense: Relazione del Presidente di Guido Alpa - XXIX Congresso Nazionale Forense: Consigli Giudiziari: il nuovo ruolo della avvocatura di Antonio Giorgino - XXIX Congresso Nazionale Forense: Mozione politica - ASTAF: Riunione Consiglio Direttivo - ASTAF: Seminario Direttori Testate - O.U.A.: Novità e Prospettive di Claudio Consales - Convegno Nazionale Penalisti: Per una riforma del sistema carcerario di Federico Vianelli

17

34 49

53

77 82 89 91 95

98

IN COPERTINA Jacopo di Chimento detto l'Empoli, Sant'Ivo, protettore degli avvocati rende giustizia a vedove e orfani, tavola, 1616, (da: Avvocato. Immagini di una professione, a cura di Ludovica Sebregondi, Paolo Viti, Raffaella Maria Zaccaria, Vallecchi editore, Firenze 2003).


• INDAGINE CONOSCITIVA SUL RUOLO SOCIALE E SULL'IMMAGINE DELL'AVVOCATURA ITALIANA - Il ruolo sociale dell'avvocatura italiana a cura di Maria Pia Camusi 103 - L'immagine degli Avvocati nella Stampa e nella Televisione a cura di Marina D'Amato 125 • MODIFICHE NORMATIVE E ORDINAMENTALI - Proposta di modifica della legge 4 agosto 2006, n. 248

157

• NOTE DI STORIA FORENSE - Il Codice di procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (VI parte) - La giurisdizione del Capitolo di Mesagne (1616-1697) di Angelo Iaia

160 172

• DIRITTO & ROVESCIO NELLA PROFESSIONE FORENSE a cura di C'È SU UN TOGATO

184

• OPINIONI E DOCUMENTI - Il nuovo codice deontologico per il trattamento dei dati personali di Gianmichele Pavone

192

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE - GIUSEPPE GIOACHINO BELLI - "’Sta povera giustizzia" di Letizia Salerno - M. PELLACANI, P. ZICCARDI, F. LUPPI, F. CANI - La gestione della scena del crimine di Gianmichele Pavone - EMANUELA MONTAGNA, ETTORE RANDAZZO - E lo difendono pure... di Augusto Conte - FRANCESCO CARINGELLA - Famiglia, Normativa e giurisprudenza ragionata di Augusto Conte - GAETANO VENETO - Le "Libere" professioni: dal protezionismo corporativo alle liberalizzazioni di Augusto Conte • RICORDI - Clemente Manco di Giancarlo Camassa

205 208 211 213 215

217

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRINDISI Presidente Cons. Segr. Cons. Tesor.

Avv. Augusto CONTE Avv. Carlo PANZUTI Avv. Antonio MAURINO

Consiglieri

Avv. Pasquale ANNICCHIARICO Avv. Giacomo COFANO Avv. Claudio CONSALES Avv. Giustina GIORDANO

Consiglieri

Avv. Mario LAVENEZIANA Avv. Dario LOLLI Avv. Mauro MASIELLO Avv. Emanuele MILONE Avv. Elisa MINERVA Avv. Carmelo MOLFETTA Avv. Alessandra PORTALURI Avv. Paolo VADACCA


EDITORIALE

EDITORIALE di AUGUSTO CONTE

Le innovazioni, approvate e in corso di elaborazione, nelle libere professioni, e in particolare nella attività forense, che si fondano su principi che non ne offendano o ne limitino l’esercizio, non aggravino lo stato di disagio economico, non favoriscano comportamenti al limite della correttezza deontologica, non dequalifichino la professione, non incrinino le garanzie di indipendenza e hanno, al contrario, la finalità di rafforzare e migliorare le modalità di svolgimento della professione o di sostenere il favore della clientela, devono essere accolte non come vincoli o freni alle espressioni delle potenzialità e capacità nelle prestazioni intellettuali, ma come criteri di sviluppo e di miglioramento delle qualità espressive. La categoria forense, in tale direzione, deve assolvere a notevoli impegni di adeguamento, in ogni senso, su un piano tecnologico, metodologico e deontologico. Il Decreto Legge 29.11.2008, n. 185 (decreto anticrisi) ha stabilito che entro l’anno i professionisti iscritti agli albi ed elenchi devono comunicare l’indirizzo di posta elettronica agli ordini e collegi che curano la pubblicazione, in un elenco consultabile in via telematica, i dati identificativi degli iscritti con l’indirizzo di posta elettronica certificata; la norma è un chiaro preannuncio dell’avvio del processo telematico. Quaderni

3


EDITORIALE

La Deliberazione 6.11.2008 del Garante per la protezione dei dati personali ha introdotto un Codice di buona condotta per il trattamento dei dati per svolgere investigazioni difensive e per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. La modifica dell’Ordinamento Forense in corso di discussione da parte della Commissione consultiva per l’esame della bozza del testo di riforma da sottoporre al Ministro, designata dal Consiglio Nazionale Forense, prevede una sostanziale rinnovazione del Collegio (distrettuale istruttorio e circondariale giudicante) di disciplina, oltre che delle regole selettive di accesso alla professione. La formazione permanente, regolamentata dal Consiglio Nazionale e dagli Ordini territoriali costituisce, in adempimento alle direttive europee, un obbligo non più discutibile (e una “apertura di credito” rispetto alla clientela). L’Avvocatura intera è quindi chiamata a dare risposte coerenti, impegnate e responsabili. L’Ordine di Brindisi ha favorito l’innovazione tecnologica, consegnando i tesserini magnetici; ha valorizzato la posta elettronica per l’informativa su tutti gli eventi e gli adempimenti; ha previsto la prenotazione e il versamento delle spese di partecipazione ai piani di formazione e aggiornamento, in corso di diffusione, in via telematica; ha stipulato una convenzione per l’assegnazione della firma digitale; ha completamente innovato il sito Internet dell’Ordine: è necessario che tutti gli iscritti diano una risposta di disponibilità anche organizzativa. Con l’auspicio che il preannunciato arrivo di sei giova4

Quaderni


EDITORIALE

ni Magistrati nel nostro circondario, nel quale è in corso, come per tutto il territorio nazionale, un riassetto della distribuzione degli incarichi, che tranquillizza il Foro sulla funzionalità della amministrazione della giustizia (purtroppo però ancora penalizzata dal limitato numero di personale amministrativo, per assenza di concorsi), trovi una Avvocatura, ispirata alla migliore tradizione “brindisina” di responsabilità, qualificazione, vivacità ed eticità.

Quaderni

5


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

Effettività della difesa di ufficio adempimenti e compiti degli Avvocati nell’esercizio delle funzioni Assemblea del 12.12.2008 - Biblioteca dell’Ordine Con il coordinamento del Consiglio dell’Ordine e della Camera Penale si è tenuta l’Assemblea degli Avvocati inseriti negli Elenchi dei difensori di ufficio, aperta a tutti gli iscritti per un approfondimento degli adempimenti e compiti degli Avvocati nell’esercizio delle funzioni e al fine di rendere, nello spirito della legge e in osservanza al principio costituzionale dell’obbligatorietà della difesa tecnica, concreta ed effettiva l’assistenza difensiva. La Legge 6.3.2001, n. 60, contenente la nuova disciplina della difesa di ufficio ha affidato agli Ordini Forensi la “gestione” della indefettibile funzione, attribuendogli la competenza per la selezione degli Avvocati per conseguire la iscrizione negli Elenchi (attraverso il conseguimento dell’attestato rilasciato dal Consiglio dell’Ordine al termine dei corsi che l’Ordine di Brindisi ha ripetutamente indetto, d’intesa con la Camera Penale, cui la Legge attribuisce la facoltà di indire propri corsi formativi, o con la verifica dell’esercizio nel campo penale nel precedente biennio), di comunicare i nominativi dei difensori designati e i turni di reperibilità, di vigilare sulla effettività delle prestazioni difensive; all’Ufficio del P.M. e alla P.G. compete l’obbligo di attingere agli Elenchi, tramite il call center, onde assicurare la turnazione e la casualità nella scelta, e di notificare alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione di cui all’art. 369bis C.p.p.

6

Quaderni


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

che deve contenere, a pena di nullità degli atti successivi, l’informazione della obbligatorietà della difesa, con l’indicazione delle facoltà e diritti spettanti all’indagato, l’indicazione della possibilità di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da quello designato di ufficio, l’indicazione dell’obbligo di retribuire quest’ultimo e delle condizioni per l’ammissione al patrocinio per i non abbienti a spese dello Stato. Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, in adempimento dei compiti attribuiti dall’art. 12, Legge 6.3.2001, n. 60 e il Presidente della Camera Penale, nell’osservanza delle funzioni assegnategli dallo Statuto della Camera Penale hanno introdotto gli argomenti in discussione al fine di chiarire le problematiche che l’esercizio della difesa di ufficio, nel suo operare concreto, può presentare e riguardanti il ruolo del difensore di ufficio nel processo penale, con la connessa necessità, per i designati, di impegnarsi in modo autentico ed efficace. Tema di discussione è sostanzialmente il modello di comportamento del difensore di ufficio al fine di contemperare l’esigenza di una presenza attiva del difensore, specie nei processi di particolare gravità, a garanzia della difesa tecnica cui gli imputati hanno diritto, con il mantenimento di un rapporto diretto e immediato con gli Uffici Giudiziari e con il Giudice. La posizione del difensore di ufficio trova fondamento nel ruolo di carattere pubblico, nel munus afferente alla posizione di Avvocato. Il difensore di ufficio designato è tenuto ad adempiere l’incarico e a prestare il patrocinio, all’assolvimento del quale non è consentito rinunciare, né ricorrere alla sostituzione senza giustificato motivo, venendo meno l’obbligo di difesa solo ove sia nominato un difensore di fiducia, che ha il dovere di comunicare immediatamente la nomina fiduciaria al collega sostituito. L’accettazione dell’incarico non costituisce soltanto un obbligo, in quanto riveste soprattutto un significato etico-giuridico. L’attiviQuaderni

7


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

tà professionale del difensore di ufficio deve essere dispiegata con l’attenta applicazione delle conoscenze tecniche, assicurate dall’aggiornamento professionale e con l’adozione di comportamenti etici, nel rispetto dei principi deontologici stabiliti nello stesso Codice di Procedura Penale, nel Codice Deontologico Forense (le cui norme hanno rilevanza giuridica), nel Codice sulla Riservatezza (D.l.vo 30.6.2003, n. 196), nel Codice di Deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive del 6.11.2008, nella Legge sulle investigazioni difensive, nell’Ordinamento professionale e in particolare nell’art. 12 laddove prescrive che gli Avvocati devono adempiere al loro ministero con dignità e decoro, come si conviene all’altezza della funzione che sono chiamati ad esercitare nella amministrazione della giustizia in adempimento dei principi di lealtà, onore e diligenza richiamati nella formula del giuramento. Nel concreto esercizio l’assolvimento delle funzioni difensive di ufficio è meno “libero” di quello impiegato nella difesa fiduciaria; il rapporto con l’assistito di ufficio è più difficoltoso mancando, spessissimo, il rapporto e la diretta comunicazione con il soggetto difeso, con il quale concordare le linee difensive, indicare mezzi di prova, testimoniali e documentali, accedere a riti alternativi “premiali”. Se nell’ambito della difesa fiduciaria il rapporto con l’assistito presenta difficoltà anche per la riservatezza dell’imputato sulle proprie vicende, sì da renderlo poco incline a volte a “cedere” al proprio difensore il controllo della sua difesa, nella difesa di ufficio tali difficoltà diventano a volte insormontabili, essendo i migliori risultati conseguiti solo quando esiste piena cooperazione tra difesa tecnica e difesa personale e pieno accordo tra imputato e difensore. Ma l’Avvocato di ufficio non può opporre un rifiuto all’accettazione dell’incarico, essendo la sua funzione doverosa e soprattutto essenziale per garantire la difesa formale e, auspicabilmente, quella effettiva (per quanto l’abbandono della difesa non è consentito nep-

8

Quaderni


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

pure per il rapporto difensivo fiduciario, venendo meno il disvalore dell’abbandono solo per l’eccezionale prerogativa per l’Avvocato di stigmatizzare, con tale protesta, le modalità illecite di svolgimento di un procedimento penale). Le valide ragioni di indisponibilità all’accettazione e della manifestazione del rifiuto si ravvisano ordinariamente nella incompatibilità, nella inopportunità e nella manifestata e ingiustificata sfiducia dell’assistito, o per particolari vicende nelle quali si tratta di specifici tipi di reato o di imputati, nornalmente rifiutati anche nella ordinaria attività forense di difesa fiduciaria. La giurisprudenza ha interpretato lo spirito della legge rilevando la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella fiduciaria, con maggiori doveri per la prima fondata anche sulla doppia funzione, privatistica e pubblicistica, della professione forense, con particolare riferimento al principio della immutabilità che comporta l’attivarsi del difensore dal momento della designazione e per tutto lo svolgimento del mandato difensivo, con la partecipazione alle udienze. Nel corso dell’incontro è emersa anche la necessità, quanto alla Magistratura, che il difensore di ufficio non venga ostacolato qualora pretenda di difendere con senso di responsabilità, anche in riferimento alla richiesta dei termini a difesa; che il suo compito non venga considerato un eccesso di zelo o tollerato con insofferenza; che la liquidazione dei compensi non sia irrisoria (tra i doveri dell’Avvocato non c’è più quello di prestare gratuitamente la propria opera); che non siano richiesti adempimenti impossibili (a volte anche irrealizzabili anche dalla P.G.) nella individuazione degli assistiti irreperibili verso i quali intraprendere le azioni per ottenere il compenso; che le designazioni vengano richieste esclusivamente al call center, per assicurare la rotazione e la distribuzione degli incarichi; che in caso di necessità di nomina di un difensore di ufficio in udienza, siano rispettate le stesse regole di designazione non essendo prevista dalla Quaderni

9


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

legge un “difensore dell’ufficio” presente alle udienze per sopperire a necessità impreviste e improvvise, dovendo ciascun difensore essere nominato per un preciso e determinato processo e per un individuato soggetto da difendere. L’incontro si è concluso con la riaffermazione del dovere dell’Avvocato di dare un senso compiuto al diritto di difesa e di attuare le condizioni irrinunciabili del giusto processo, di interpretare la nobile funzione, con libertà e dignità, del difensore di ufficio, come garanzia di correttezza del rapporto processuale. Di seguito viene pubblicato il decalogo deontologico del difensore di ufficio redatto dal Consiglio dell’Ordine all’epoca della introduzione delle nuove norme, tuttora attuale, con l’invito ai Colleghi ad attenersi anche allo stesso.

Decalogo deontologico dei difensori di ufficio 1) L’imputato sprovvisto di difensore di fiducia è assistito da un difensore d’ufficio nominato obbligatoriamente sulla base degli elenchi predisposti dal Consiglio dell’Ordine. 2) Il difensore d’ufficio incaricato ed il sostituto designato ai sensi dell’art. 102 C.p.p. o nominato ex art. 97 c. 4 C.p.p. hanno l’obbligo di prestare il patrocinio e non possono rinunciarvi né essere sostituiti senza giustificato motivo. Il difensore d’ufficio incaricato cessa dal mandato solo con la nomina di un difensore di fiducia. 3) Il difensore d’ufficio incaricato ed il sostituto designato ai sensi dell’art. 102 C.p.p. o nominato ex art. 97 c.p.p. sono tenuti ad esercitare il proprio mandato nel più scrupoloso rispetto della legge, dei principi di correttezza deontologica e di diligenza e delle presenti raccomandazioni.

10

Quaderni


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

4) I difensori d’ufficio inseriti nella tabella dei turni giornalieri per gli indagati o imputati detenuti predisposti dal Consiglio dell’Ordine hanno l’obbligo di assicurare la reperibilità, secondo quanto stabilito dall’art. 29 comma 7 disp. attuaz. C.p.p., dando comunicazione al Consiglio di tutti i propri recapiti telefonici che assicurino la effettiva possibilità di essere contattati in qualsiasi momento nel corso del turno giornaliero (dalle ore 0,00 alle ore 24,00 del giorno prestabilito). 5) I difensori inseriti nella tabella dei turni giornalieri per gli indagati o imputati detenuti hanno l’onere di verificare presso la segreteria dell’Ordine le date dei propri turni di reperibilità comunicando tempestivamente i casi di assoluta e giustificata indisponibilità. In ogni caso, l’eventuale designazione di un sostituto ai sensi dell’art. 102 C.p.p. dovrà essere effettuata con assoluta tempestività. 6) Il difensore d’ufficio ha il dovere di informare l’assistito della facoltà di nominare in ogni momento un difensore di fiducia e di agevolare il compito di quest’ultimo. 7) Il difensore che riceva un incarico difensivo di fiducia ha l’obbligo di avvisare tempestivamente – possibilmente per iscritto – il difensore di ufficio della sua nomina fiduciaria e della cessazione di quella d’ufficio, con la raccomandazione al cliente di provvedere a corrispondere al difensore d’ufficio gli onorari eventualmente dovuti per le prestazioni professionali già effettuate. 8) Il difensore d’ufficio ha il diritto ad essere retribuito e, pertanto, deve informare l’assistito che anche il difensore d’ufficio deve essere retribuito per l’attività svolta nonché, ove ne ricorrano le condizioni, della facoltà di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato ai sensi della legge 30.07.1990 n. 217. 9) L’iscrizione agli elenchi dei difensori d’ufficio è subordinata alla proficua partecipazione ai corsi di aggiornamento previsti dalla legge ovvero alla dimostrazione dell’effettivo esercizio della proQuaderni

11


ATTIVITĂ€ DEL CONSIGLIO

fessione in sede penale per almeno due anni mediante la produzione dei verbali di udienza o di atti defensionali ritualmente depositati che dimostrino la partecipazione attiva ad almeno dieci processi per anno. 10) La violazione delle regole deontologiche o delle presenti raccomandazioni costituisce infrazione di rilievo disciplinare.

12

Quaderni


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

Circolare su “Criteri di valutazione per l’inserimento degli avvocati nell’elenco di cui all’art. 81 D.P.R. n. 115/2002 per il patrocinio non abbienti” Il Consiglio dell’Ordine Premesso - che il decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115 e ss. mm. e ii. ha istituito il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti relativamente anche ai giudizi civili, agli affari di volontaria giurisdizione, penali e a quelli amministrativi (capo II); - che, in particolare: a) al Consiglio dell’Ordine è presentata o inviata a mezzo raccomandata l’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato (artt. 124 e 126); b) il Consiglio dell’Ordine, competente a provvedere sulla istanza in via anticipata e provvisoria, può richiedere all’interessato la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto nella stessa istanza indicato (art. 79 comma 3); c) il Consiglio dell’Ordine, in via anticipata e provvisoria, accoglie o respinge ovvero dichiara inammissibile l’istanza e trasmette copia del provvedimento all’interessato, al giudice procedente ed al Direttore Regionale delle Entrate competente (art. 126 e 127); d) presso il Consiglio dell’Ordine è istituito l’elenco degli avvoQuaderni

13


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

cati disponibili ad assumere il patrocinio dei non abbienti (art. 81); e) l’inserimento in tale elenco avviene specificamente e separatamente per i processi indicati nell’art. 81 comma 2 lettera a), e quindi civili, penali, amministrativi e di volontaria giurisdizione; f) questo Ordine ritiene opportuno fornire una interpretazione e applicazione della precedente lettera a) comma 2 dell’art. 81 nel senso di riunire in un unico corpo i processi civili e di volontaria giurisdizione, anche in considerazione della concreta esperienza che tali due settori di attività professionale forense sono sempre, o quasi sempre, reciprocamente interdisciplinari, sì da poterli fondere in un unico corpo di materie o settori; ritenuto opportuno dettare alcune regole che le parti e i Colleghi interessati dovranno osservare per la presentazione della istanza e per ottenere l’inserimento nell’istituito “Elenco degli Avvocati per il patrocinio a spese dello Stato”; delibera 1) Si raccomanda alle parti e agli Avvocati interessati di utilizzare il modello predisposto da questo Ordine per la presentazione della domanda di ammissione, in via anticipata e provvisoria, al patrocinio a spese dello Stato, al fine di semplificare l’iter amministrativo ed evitare così inutili e inopportune lungaggini o rinvii per integrazioni, che invece si possono eliminare in via preventiva seguendo le indicazioni fornite dall’ufficio. 2) Gli Avvocati interessati ad essere inseriti nell’elenco per il patrocinio a spese dello Stato dovranno specificare nella istanza a quali processi siano interessati, e quindi separatamente: - civili e di volontaria giurisdizione;

14

Quaderni


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

- penali; - amministrativi. 3) Perché il Consiglio dell’Ordine possa valutare la sussistenza del requisito inerente alle “attitudini ed esperienza professionale”, gli Avvocati interessati dovranno produrre apposita autocertificazione, ai sensi dell’art. 46 del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, con la indicazione di almeno n. 10 processi intrapresi in ciascuno dei due anni solari precedenti la domanda di inserimento, specificando l’autorità giudiziaria, il numero di registro generale e i nominativi delle parti. Soltanto per i processi penali si richiede che sia indicata anche l’attività professionale svolta; ciò in considerazione del fatto che ad un numero dei vari registri delle autorità penali può non corrispondere un effettivo esercizio professionale da valutare (ad esempio: numero del registro delle notizie di reato, dove spesso accade che l’attività segua a notevole distanza di tempo dalla formazione del fascicolo). Si precisa che l’autocertificazione deve essere predisposta per ognuno dei settori per i quali si chiede l’inserimento nell’elenco; ne risulta che il numero complessivo di 20 processi viene richiesto per ciascuno dei settori di inserimento. Al fine di agevolare gli interessati si allega modello di autocertificazione. Il Consiglio dell’Ordine si riserva di richiedere, occorrendo, ulteriore documentazione e/o chiarimenti. 4) Poiché la legge prevede che l’inserimento nell’elenco è revocato in qualsiasi momento nel caso intervenga una sanzione disciplinare superiore all’avvertimento, è necessario che i Colleghi osservino scrupolosamente le norme deontologiche nell’espletamento dell’incarico defensionale assunto. 5) La presente sarà comunicata a tutti gli iscritti mediante: a) affissione all’albo di questo Ordine; Quaderni

15


ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO

b) pubblicazione sulla rivista “Quaderni”; c) inserimento sul sito internet di questo Ordine; d) invio alle caselle di posta elettronica personali e a quelle assegnate a tutti gli iscritti sul portale dell’Ordine.

16

Quaderni


EVENTI

EVENTI

Relazione per la inaugurazione dell’anno giudiziario 2009 Assemblea generale Lecce, 31 gennaio 2009 di MARIO BUFFA* Autorità, signore e signori, anche a nome di tutti i magistrati del distretto, che ho il privilegio di rappresentare, vi porgo il più cordiale saluto ed un vivo ringraziamento per la vostra partecipazione a questa cerimonia. Noi magistrati siamo consapevoli dell’importanza del nostro ruolo all’interno della società e del nostro dovere di fare quanto da noi dipende per esserne all’altezza e tuttavia siamo altrettanto consapevoli che la nostra credibilità va sempre più diminuendo. Molti dicono per i tanti avventati comportamenti di alcuni di noi – ai quali peraltro l’istituzione non sempre sa reagire tempestivamente ed efficacemente – e ciò, almeno in parte, è sicuramente vero. Altri dicono invece per la nostra incapacità di comunicare con la società civile, per far comprendere le vere ragioni di questo sfascio e di questi continui attacchi alla magistratura ad ogni livello: le accuse di partigianeria prima riguardavano i pubblici ministeri, poi i giudici nel loro complesso, ora non risparmiano la Corte di Cassazione (alla quale – la responsabilità è anche vostra signori * Presidente della Corte.

Quaderni

17


EVENTI

giornalisti – si attribuisce ogni tanto qualche grossolana sciocchezza per poterla più facilmente deridere...) e di recente anche la Corte Costituzionale; ...incapacità di far comprendere che questi attacchi potrebbero trovare spiegazione per esempio nel rifiuto di qualsiasi controllo di legalità sul modo in cui si gestisce il potere, obiettivo che è più facile raggiungere, naturalmente, discreditando chi quei controlli pretende di esercitare; ... incapacità far capire di chi è la vera responsabilità delle incredibili inefficienze dell’apparato giudiziario a cui in definitiva è legata la nostra perdita di credibilità. Sta di fatto che se anche i sondaggi dicono il contrario e ci danno in vantaggio di fronte ad altre istituzioni (ma vai a credere ai sondaggi...) e ci collocano dopo solo il Presidente della Repubblica, le forze dell’ordine (che sono quasi sempre al primo posto, e ciò ci dovrebbe far riflettere), la Chiesa... la nostra credibilità è oggi ai minimi termini e anzi siamo ormai circondati da sentimenti di vera e propria insofferenza, quando pretendiamo di indicare responsabilità altrui sminuendo invece le nostre. È allora una fortuna davvero che tanti di voi siate qui oggi per ascoltare ciò che abbiamo ancora da dire; abbiamo anche la presunzione di credere che voi siete qui oggi non solo per adempiere distrattamente un obbligo legato al vostro ruolo istituzionale ma per un effettivo bisogno di essere informati ed anche per farci conoscere nell’immediatezza in che direzione chiedete a noi di impegnarci per migliorare la situazione di grave inefficienza, alla quale stiamo facendo abitudine, come a qualcosa di ineluttabile, che è sempre stato e sempre sarà. Sennonché mi rendo conto a questo punto che tutto quello che c’era da dire è stato già detto e mi chiedo fino a che punto può essere utile ripeterlo: ma tacere e rinunciare alla discussione significherebbe certificare definitivamente la nostra sconfitta e la sconfitta della

18

Quaderni


EVENTI

magistratura, credetemi, è una sconfitta per la democrazia e per il nostro futuro di uomini liberi. È la terza volta che io svolgo questo compito, di relazionare cioè sull’andamento della giustizia nell’anno decorso e sulle prospettive che si pongono per il futuro; due volte ad Ancona, in un contesto socio-economico molto diverso dove ho potuto maturare un’interessante esperienza; e oggi per la terza volta qui a Lecce dove sono tornato, come mi auguravo ed anche prima del tempo, per qualche fortunata – per me – coincidenza. E assolvo questo compito oggi con grande emozione, che mi deriva dal fatto di parlare davanti a persone tanto qualificate, davanti ad avvocati di eccezionale levatura di cui sono abituato ad ascoltare le argomentate arringhe, che oggi mi ascoltano nel mio dire disadorno e da quel che io dico mi giudicano e con me giudicano la magistratura di questo distretto nel suo complesso. Due anni fa ad Ancona, nella stessa occasione, il contesto politico generale suscitava in tutti la condivisa speranza che dovessero finalmente essere messe da parte le polemiche e le contrapposizioni e che in unità di intenti, come tante volte aveva raccomandato il Presidente della Repubblica – al quale oggi, sicuro di interpretare i sentimenti anche di tutti voi, invio un rispettoso e riconoscente saluto, riconoscente per l’attenzione che egli riserva ai problemi della giustizia e per la guida morale che riesce ad essere per tutti noi quale rappresentante dell’unità nazionale e geloso custode della Costituzione che il popolo si è data – ... sembrava, dicevo, che in unità di intenti si sarebbe messo mano finalmente ad una complessiva riforma della giustizia della cui necessità si era preso apertamente atto. Ed in effetti furono varate una serie di iniziative legislative che per la verità servirono soltanto a far riaccendere le polemiche tra chi, da un lato, le giudicava inutili e addirittura pericolose, chi dall’altro le riteneva ancora timide, insufficienti ed inadeguate. Forse se la legislatura non si fosse traumaticamente conclusa (col contributo anche di qualche Quaderni

19


EVENTI

giudice, mi auguro inconsapevole ma non per questo meno colpevole...) a qualche risultato si sarebbe arrivati ma poi tutto tacque e di quel fervore (si fa per dire) rimase ben poco, anche se alla lunga quel poco potrà produrre qualche effetto ed è ciò di cui fra poco penso di occuparmi. Oggi (dopo i fatti di Catanzaro) si riparla dell’urgenza di una riforma complessiva della giustizia, “dell’urgenza di affrontare e risolvere problemi di equilibrio istituzionale, nei rapporti tra politica e magistratura che si trascinano da tempo; dell’urgenza di riforme, volte a scongiurare eccessi di discrezionalità, rischi di arbitrio e conflitti interni alla magistratura nell’esercizio della funzione giudiziaria, a cominciare dalla funzione inquirente e requirente; dell’urgenza di una riforma che riguardi anche la migliore individuazione e il più corretto assolvimento dei compiti assegnati al Consiglio Superiore della Magistratura dalla Carta costituzionale e al tempo stesso di fermo richiamo a criteri di comportamento come quelli relativi al riconoscimento effettivo dei poteri spettanti ai capi degli uffici”. Ed è ancora un volta l’alto monito del Presidente della Repubblica, di cui ho riportato le parole, a richiamare tutti alle proprie responsabilità, invitando tutti ad “ascoltare – sono ancora parole sue – ciascuno in ragione delle proprie responsabilità pubbliche, non l’appello del Capo dello Stato, ma quel che si attende il paese perché sa di averne bisogno”. A noi magistrati il Presidente della Repubblica raccomanda in particolare un “costume di serenità, riservatezza ed equilibrio, nel rigoroso rispetto delle regole, che non può essere sacrificato all’assunzione di missioni improprie e a smanie di protagonismo personale”. Ed è quello che io vado dicendo – molto più modestamente – da tempo: perché a parte le smanie di protagonismo personale, che vanno confinate nel patologico vero e proprio, nessuno può credere che tutto possa ridursi a problema di giustizia nel senso che ogni problema nazionale, nella

20

Quaderni


EVENTI

più totale assenza o indifferenza delle altre istituzioni, possa giungere a soluzione attraverso la via giudiziaria e l’intervento del giudice; nessuno può illudersi che il giudice possa essere l’onnipresente custode della vita sociale, economica e politica supplendo alla mancanza ed all’inerzia delle altre istituzioni: io non credo e non ho mai creduto, a differenza di chi se ne fa ora il più accanito dei critici, nel cosiddetto ruolo di supplenza dei giudici; credo invece che il giudice debba essere in grado di interpretare pienamente il ruolo che la Costituzione e la coscienza moderna gli assegna, di farsi cioè tutore della legalità ad ogni livello e dei diritti, specie dei più deboli e dei meno garantiti, per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di uguaglianza sostanziale tra i cittadini che l’art. 3 della Costituzione assegna alla Repubblica nel suo complesso. Un ruolo, credetemi, che non comporta nessuna assunzione di missione impropria, come ci avverte il Presidente della Repubblica, ma che, se correttamente praticato, non è davvero di poco conto, che offre mille possibilità di intervento, che dev’essere svolto però nel pieno rispetto non solo formale ma anche sostanziale della legge, come a maggior ragione dai magistrati si deve pretendere. E d’altra parte sono proprie le associazioni dei magistrati a proclamare che “prima esigenza assolutamente indefettibile è la costante rigorosa applicazione della legge ed il rispetto del sistema procedurale, in ogni azione giudiziaria, specialmente in quelle che, anche a prescindere dalla volontà dei singoli magistrati, coinvolgono valori ed interessi di rilevanza pubblica ed istituzionale. Soprattutto in tali contesti nessuno scostamento dalle regole, consapevole o superficiale che sia, può essere mai giustificato, perché determina comunque la perdita di autorevolezza ed inquina il valore ed il senso costituzionale dell’indipendenza, non privilegio di potere, quale che sia, per i singoli ma strumento finalizzato ad una giurisdizione uguale per tutti, efficace, secondo le regole ed in tempi ragionevoli... senza immunità ed esenzioni per alcuno”. Quaderni

21


EVENTI

Non è più accettabile allora che si avviino indagini giudiziarie ad ampio raggio, che non giungono mai a termine, lasciando un alone di sospetto sugli indagati e rinviando nel tempo la eventuale verifica dibattimentale, come se un termine di durata delle indagini non fosse già nella legge, dato che quasi sempre viene prorogato dai gip a semplice richiesta, non alla ricerca delle prove di un reato già denunciato ma alla ricerca di reati in genere (vedi le intercettazioni a strascico di cui si parla in questi giorni). Noi giudici dobbiamo essere consapevoli allora di questa diffidenza che c’è nei nostri riguardi e trarne le conseguenze. Un impegno che qui ed ora abbiamo il dovere di assumerci. * * * Solo alcuni di noi magistrati hanno visto con favore questa parte della riforma e molti considerano l’ingresso degli avvocati nei consigli giudiziari una vera e propria intrusione, tanto più che loro sono estremamente gelosi della indipendenza del loro ordine. Le ragioni per cui molti di noi sono contrari derivano dalla preoccupazione che gli avvocati, potendo in qualche modo interferire sullo status dei magistrati, possano dispone nei loro confronti di una potente arma di pressione che potrebbero usare nel loro personale interesse. E però, una volta previsto che la componente avvocati non partecipa alle deliberazioni riguardanti lo status e le valutazioni di professionalità dei magistrati, questo pericolo non esiste o è estremamente ridotto ed è ampiamente compensato dai possibili vantaggi. E dunque, attraverso la loro presenza nei consigli giudiziari, gli avvocati partecipano a pieno titolo alla gestione degli uffici, possono prendere iniziative e comunque interloquiscono su tutto ciò che riguarda il loro efficiente funzionamento. Non è davvero cosa da poco se pensate che, intervenendo per esempio sul progetto organizzativo di un ufficio, gli avvocati pos-

22

Quaderni


EVENTI

sono indirettamente fare emergere insufficienze nella direzione dell’ufficio, inadeguatezze ed incapacità dei giudici addetti ai settori di servizio giudicati inefficienti e così via. Per ora, ma siamo agli inizi e per tutto agli inizi c’è bisogno di un periodo di rodaggio, la partecipazione degli avvocati ai lavori del Consiglio giudiziario è stata piuttosto timida; in un certo senso hanno preferito stare a guardare per rendersi conto della situazione, un atteggiamento in definitiva di apprezzabile prudenza che fuga quella preoccupazione di intrusione; finora però non ci siamo occupati di cose importanti, vedremo cosa avverrà quando a breve dovremo occuparci di tabelle di organizzazione degli uffici. Ma l’importante è che si sia realizzata questa nostra apertura all’esterno, che si siano create le premesse di un dialogo che non potrà non essere foriero di utili risultati. È su questo terreno, signori avvocati, che preferiamo confrontarci con voi e per questo non comprendiamo le ragioni del vostro ultimo sciopero, che a parte gli obiettivi che abbiamo in comune con voi (contrastare il fenomeno dei magistrati fuori ruolo, assicurare effettività al principio di obbligatorietà dell’azione penale, puntare ad una seria riforma dei codici, contrastare la legislazione di emergenza nella mala interpretata esigenza di sicurezza dei cittadini e che finora non ha prodotto nulla di positivo), per il resto serve solo a creare divisioni e ad aggravare una situazione giudiziaria di per se difficile. Per quanto ci riguarda e credo di poter parlare anche a nome del Procuratore generale, confermiamo l’impegno, come stiamo già facendo da tempo, di cercare assieme a voi i rimedi possibili ad ogni situazione di inefficienza, reprimendo anche quando occorre condotte censurabili da chiunque tenute che nuocciono alla serenità ed al rispetto dei rapporti reciproci. Ma altrettanto è chiaro chiediamo anche a voi. Dopo questa lunga premessa è venuto il momento di parlare della situazione degli uffici giudiziari del distretto, dell’andamento in generale della giustizia, di quali siano le prospettive nel prossimo Quaderni

23


EVENTI

anno... ma i limiti di tempo che mi tocca rispettare, come poi chiederò anche a voi nel dibattito che seguirà, mi impongono una estrema sintesi. La mia relazione scritta che vi è stata distribuita è invece fin troppo analitica e ricca di numeri e dati statistici, un vero supplizio per voi se ve la dovessi leggere per intero. E lascio a voi quindi la scelta se e quando leggerla: se la leggerete, se anche vi soffermerete sulle tavole di statistica elaborate dalla nostra validissima funzionaria preposta a questo servizio, qualche informazione interessante forse la troverete. Ed è solo per sollecitare la vostra curiosità che ne farò una rapidissima sintesi anche per non far torto a chi, le forze dell’ordine in primis – carabinieri, polizia e guardia di finanza – ma anche personale di cancelleria e non parlo dei giudici merita che del suo eccezionale impegno, profuso in una situazione di difficoltà, sia fatta quanto meno una rapida menzione. Tanto nella corte dì appello (sede centrale e sede distaccata di Taranto) che nei tre tribunali del distretto si registra un costante e sensibile incremento del numero dei procedimenti penali pervenuti nel periodo di riferimento ed al tempo stesso, come conseguenza di una apprezzabile maggiore produttività in assoluto dei singoli uffici, derivante dagli accorgimenti organizzativi adottati, un discreto aumento del numero dei procedimenti definiti. Per la corte di appello il saldo finale è stato comunque negativo poiché il numero dei procedimenti definiti è stato in ogni caso inferiore a quello dei procedimenti pervenuti e ciò ha determinato un ulteriore incremento delle pendenze finali. Presso gli uffici dei giudici di pace, cui solo da qualche anno è stata attribuita competenza in materia penale, si deve registrare la formazione di una pendenza in progressivo aumento che, se ancora allo stato non può definirsi patologica, ben presto lo diverrà: anche in questo caso il consistente numero dei procedimenti definiti risulta quasi sempre inferiore a quello dei procedimenti pervenuti.

24

Quaderni


EVENTI

Il dato statistico è in proposito illuminante: nella corte di appello (compresa la sezione distaccata di Taranto) nel periodo di riferimento sono pervenuti 3.554 procedimenti a fronte dei 3.127 pervenuti nel periodo precedente con un incremento quindi del 13,6 per cento mentre nel 2007 (un dato sulle cui cause bisognerà approfondire la riflessione) si era verificato un sensibile decremento ed una riduzione del 15,8 per cento. Sempre nel periodo di riferimento sono stati definiti 3.090 procedimenti a fronte dei 3.074 definiti nel corrispondente periodo dell’anno precedente con un modesto incremento quindi dello 0,5 per cento. Il saldo, come dicevasi, è però negativo perché a fronte dei 5.174 procedimenti pendenti al 30.6.07 la pendenza è ora di 5.636 procedimenti con un aumento dell’8,9 per cento. Presso la Corte di Assise di Appello si registra un aumento da 13 a 16 dei procedimenti pendenti essendone stati definiti 9 a fronte dei 12 pervenuti. Sostanzialmente stabile o anche migliorata è la situazione dei tribunali. Al Tribunale di Lecce (comprese le sezioni distaccate), nel periodo in riferimento, sono stati definiti a giudizio 3.869 procedimenti a fronte dei 3.868 definiti nel corrispondente periodo dell’anno precedente; ne sono pervenuti 3.980 a fronte dei 4.174 dell’anno precedente; la pendenza alla fine del periodo è di 6.648 procedimenti a fronte dei 6.625 della fine del periodo precedente. Al Tribunale di Brindisi (comprese le sezioni distaccate), nel periodo in riferimento, sono stati definiti 2.629 procedimenti a fronte dei 2.363 del periodo precedente; ne sono pervenuti 2.377 a fronte dei 2.396 del periodo precedente; alla fine del periodo i procedimenti pendenti erano 2.661 a fronte dei 2.919 della fine del periodo precedente: in questo caso si è verificata una sensibile riduzione della pendenza dovuta alla maggiore produzione nel periodo. Al Tribunale di Taranto (comprese le sezioni distaccate), nel periodo in riferimento, sono stati definiti 4.990 procedimenti a fronte dei Quaderni

25


EVENTI

4.047 del periodo precedente; ne sono pervenuti 4.029 a fronte dei 3.220 del periodo precedente; ne risultano pendenti 7.755 a fronte degli 8.736 del periodo precedente con una sensibile riduzione in questo caso della pendenza finale dovuta alla maggiore produzione che ha anche compensato il maggior numero delle sopravvenienze. Presso i Tribunali dei minoreni di Lecce e di Taranto si registra un modesto incremento delle pendenze penali; i procuratori della repubblica minorili attribuiscono questa crescita essenzialmente alla reintroduzione del reato di guida senza patente e ritengono invece che la devianza minorile sia nel distretto sostanzialmente stabile, a parte il sommerso di illeciti non scoperti o più spesso non denunciati, che certamente esiste ma non è per sua natura quantificabile. Diversa è la situazione degli uffici del GIP-GUP. All’ufficio Gip-Gup del Tribunale di Lecce: nel periodo di riferimento sono pervenuti 7.765 procedimenti contro noti (a fronte dei 9416 del periodo precedente); ne sono stati definiti 10.455 (a fronte degli 8.901 del periodo precedente); alla fine del periodo vi erano pendenti 8.404 procedimenti a fronte degli 11.328 del periodo precedente; in questo caso la sensibile diminuzione della pendenza è dipesa principalmente dalla riduzione del numero dei procedimenti sopravvenuti. All’ufficio Gip-Gup del Tribunale di Brindisi: nel periodo di riferimento sono pervenuti 7.949 procedimenti contro noti a fronte degli 8.168 del periodo precedente); ne sono stati definiti 7.411 (a fronte dei 9.481 del periodo precedente); la pendenza a fine periodo è stata di 2.972 procedimenti (a fronte dei 2.825 della fine del periodo precedente). All’ufficio del Gip-Gup del Tribunale di Taranto: nel periodo di riferimento sono sopravvenuti 8.206 procedimenti contro noti a fronte dei 7.475 del periodo precedente; ne sono stati definiti 6.646 (a fronte dei 5.579 del periodo precedente); a fine periodo erano pendenti 13.751 procedimenti a fronte dei 13.934 del periodo precedente.

26

Quaderni


EVENTI

In controtendenza, dunque, sul dato complessivo relativo ai procedimenti contro noti, davanti ai Gip-Gup si è registrata una sensibile riduzione che è del 4,5 per cento, quanto ai procedimenti sopravvenuti nel periodo (23.920), e del 10,5 per cento quanto ai procedimenti pendenti (25.127). I procedimenti contro ignoti nei tre uffici Gip-Gup sono stati, nel periodo, rispettivamente di 5.164 a Lecce, 4.237 a Brindisi, 6.034 a Taranto con un incremento del 7,2 per cento sul dato complessivo di 15.435 procedimenti a fronte dei 14.399 del periodo precedente. Ai giudici di pace del distretto nel periodo di riferimento sono pervenuti a dibattimento (si omette il dato dei procedimenti definiti senza rinvio a giudizio o contro ignoti) 3.462 procedimenti mentre ne sono stati definiti 3.039; a fine periodo il numero dei procedimenti pendenti era di 4.127 (a fronte dei 3.728 della fine del periodo precedente). Analogo e addirittura più appariscente è l’andamento dei procedimenti in materia civile. Nel periodo di riferimento sono pervenute alla corte (il dato si riferisce ai soli procedimenti di cognizione ordinaria) n. 2.156 cause con un incremento rispetto al periodo precedente dell’8,4 per cento; ne sono state definite 1.953, 1’1,4 per cento in più rispetto al periodo precedente ma sempre meno delle cause sopravvenute; inevitabile di conseguenza l’aumento delle cause pendenti che erano a fine periodo 5.396 a fronte delle 5.200 pendenti alla fine del periodo precedente con un incremento del 3,8 per cento. Nello stesso periodo al Tribunale di Lecce sono pervenute 3.708 cause a cognizione ordinaria; ne sono state definite 2.733 (di cui 1.086 con sentenza); a fine periodo il numero delle cause pendenti era pervenuto a 25.603. Al Tribunale di Brindisi sono pervenute 2.738 cause a cognizione ordinaria mentre ne sono state definite 2.618 di cui 1.221 con sentenza; la pendenza a fine periodo è stata di 8.987 cause. Quaderni

27


EVENTI

Al Tribunale di Taranto sono pervenute 3.688 cause mentre ne sono state definite 3.637 di cui 1.980 con sentenza; a fine periodo sono pendenti n. 17.106 cause a cognizione ordinaria. Per tutti gli uffici dal dato statistico trova conferma il rilievo che il numero delle cause definite è sempre inferiore a quello delle cause sopravvenute’ con l’ineluttabile conseguenza dell’incremento delle pendenze. Significativo è anche il fatto che meno del 50 per cento delle cause definite si sono concluse con sentenza, mentre la maggior parte si è conclusa con modalità diverse, che per lo più presuppongono un accordo tra le parti. Il che per certi aspetti potrebbe essere un dato positivo, nel senso che le parti in causa, raggiungendo un accordo transattivo, avrebbero comunque dimostrato di essere in grado di porre un limite alla loro litigiosità; molto più spesso però all’accordo transattivo si perviene perché non si ripone fiducia nel servizio giustizia per le lungaggini delle cause. Anche per la c.d. giustizia minore, quella affidata ai giudici di pace, che in realtà non è più tale, sol che si consideri l’aumentato limite della competenza per valore, si è verificata una progressiva crescita dei procedimenti sopravvenuti, un significativo aumento, rispetto al precedente periodo dei procedimenti definiti, maggiore in termini percentuali ma inferiore in termini assoluti rispetto ai procedimenti pervenuti nello stesso periodo; quindi un sensibile aumento a fine periodo dei procedimenti pendenti. Complessivamente, nel periodo di riferimento, sono pervenuti ai giudici di pace del distretto 66.885 procedimenti (11.494 a Brindisi, 34.227 a Lecce, 21.164 a Taranto) con un incremento rispetto al periodo precedente del 5,2 per cento; mentre ne sono stati definiti 58.883 (10.849 a Brindisi, 27.758 a Lecce, 20.276 a Taranto), il 6,9 per cento in più rispetto al periodo precedente molto meno però di quelli sopravvenuti; il numero di procedimenti pendenti a fine periodo era di 70.381 con un incremento rispetto al precedente periodo

28

Quaderni


EVENTI

(che registrava una pendenza di 62.376) del 12,8 per cento. Assai allarmanti – avuto riguardo alla specificità della materia – sono i dati relativi alla giustizia del lavoro. Particolarmente allarmante – ai fini della responsabilità dello Stato per il ritardo – è il fatto che quasi di regola, nei giudizi di primo grado, la prima udienza di comparizione venga fissata ben al di là del termine stabilito dalla legge (che praticamente è impossibile rispettare) ma spesso a distanza di anni, in coda ai processi già pendenti. In conseguenza di tale prassi avviene purtroppo che il giudizio di fatto inizia a distanza di anni dall’atto introduttivo. Nel periodo di riferimento sono pervenute alla Corte di Appello 3.360 cause (di cui 2.655 in materia previdenziale, 151 in materia di pubblico impiego, 554 di lavoro privato), il 13,1 per cento in meno rispetto al periodo precedente (va rilevato che la riduzione riguarda prevalentemente – il 39,6 per cento – le cause in materia di lavoro privato e molto meno – il 5 per cento la materia previdenziale); ne sono state definite 2.622, il 12,9 per cento in meno rispetto al periodo precedente; a fine periodo i procedimenti pendenti erano di 5.576 a fronte dei 4.838 della fine del periodo precedente, con un incremento del 15,2 per cento. Nello stesso periodo alla sezione distaccata di Taranto sono pervenuti 637 procedimenti (di cui 418 in materia previdenziale); ne sono stati definiti 331, il 23,5 per cento in più rispetto al periodo precedente ma meno di quelli sopravvenuti; sicché alla fine del periodo il numero dei procedimenti pendenti è cresciuto a 1.324 (a fronte dei 1.022 del periodo precedente) con un incremento del 29,5 per cento. Quanto a tribunali del distretto risultano pervenuti nel periodo di riferimento 5.008 procedimenti (di cui 4.238 in materia previdenziale) a Brindisi; 3.238 (di cui 2.867 in materia previdenziale) a Lecce (ma si tratta di un dato parziale e del tutto inaffidabile), 15.922 (di cui 13.316 in materia previdenziale) a Taranto. Ne sono stati definiti: Quaderni

29


EVENTI

2.822 a Brindisi, 1.380 a Lecce, 14.454 a Taranto. A fine periodo i procedimenti pendenti erano: 10.577 a Brindisi, 30.588 a Lecce, 43.842 a Taranto, per definire i quali, tenuto conto della produttività media degli uffici e senza tener conto del presumibile incremento dei procedimenti nuovi, occorrono dai cinque ai sei anni: un periodo di tempo decisamente superiore a quella che si ritiene essere la ragionevole durata di un processo. Per quanto riguarda questa specifica materia, rileva il Presidente del Tribunale di Lecce che “ o l t r e ad un costante aumento del contenzioso sia in materia di lavoro ordinario sia di previdenza ed assistenza, va rimarcato l’impatto crescente delle norme in tema di organizzazione dei rapporti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni ai sensi del decreto legislativo 31.3.1998 n. 80 (il riferimento è oggi al T.U. approvato con decreto legislativo 30.3.2001 n. 165 contenente “norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) con un progressivo aumento delle controversie in questo settore. Inizialmente tale contenzioso si è manifestato prevalentemente con richieste di provvedimenti cautelari; a distanza di otto anni dalla devoluzione al giudice ordinario delle controversie in questione, alle richieste in via di urgenza, che pure permangono e sono in aumento, si è aggiunto un contenzioso in sede di merito via via crescente, sia in termini numerici, sia in termini di peso percentuale sull’intero volume delle controversie di competenza della sezione. Questa tendenza all’aumento delle controversie appare costante e destinata a protrarsi nel tempo”. “Il crescente aumento della quota percentuale delle controversie in materia di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, appare il dato statisticamente più significativo; si tratta infatti di un contenzioso interamente aggiuntivo rispetto al passato, senza che vi abbia fatto riscontro un adeguato aumento delle risorse umane, pur risultando il nuovo contenzioso particolarmente impegnativo per quantità e qualità, venendo per più all’attenzione dei magistrati questioni giu-

30

Quaderni


EVENTI

ridiche nuove e complesse, in conseguenza della profonda riforma della disciplina sostanziale e processuale intervenuta nel settore”. E ciononostante, nel Tribunale di Lecce, se pure i magistrati che sono addetti al settore sono numericamente inadeguati, malgrado il costante aumento delle pendenze, i tempi del processo del lavoro sono abbastanza contenuti. Non vi sono molti processi pendenti da oltre un triennio, e, rispetto agli stessi, secondo quanto riferisce il Presidente del Tribunale, ciascun magistrato si è impegnato, in conformità agli accordi presi nelle apposite riunioni di sezione, alla definizione prioritaria mediante fissazione anticipata ed anche con udienze ravvicinate e straordinarie. Dai dati su riferiti emerge con ogni evidenza che il progressivo incremento del numero degli affari sopravvenuti, anche a fronte di una maggiore ma più contenuta produttività degli uffici, determina, specie presso la corte di appello, un allungamento dei tempi di definizione dei procedimenti che già in passato aveva raggiunto livelli impensabili ed è perciò assai preoccupante sia perché si risolve in una denegata giustizia, sia per le conseguenze patrimoniali che ne derivano all’erario, sia infine per le conseguenze negative e finora non sufficientemente indagate che possono derivarne sul sistema economico nazionale. Limitando l’esame ai giudizi di appello, va rilevato che, per i giudizi penali, la durata media è stata di giorni 438 nel 2005, 463 nel 2006, 551 nel 2007 e 521 nel 2008 (questa riduzione per l’anno in corso è un fatto assolutamente eccezionale che si spiega col recente indulto poiché, una volta che la pena era stata dichiarata estinta, il processo non è proseguito nei gradi ulteriori come invece sarebbe avvenuto se non si fosse potuto fare affidamento sulla concessione del beneficio). Per i giudizi civili invece – e sempre con riferimento al grado di appello – la durata media è stata sempre crescente, di 818 giorni nel 2005, di 903 giorni nel 2006, di 937 giorni nel 2007, di 868 giorni nel 2008 mentre in materia di lavoro e di previdenza la Quaderni

31


EVENTI

durata media è stata di giorni 398 nel 2005, 401 nel 2006, 468 nel 2007, di 635 nel 2008. Insiste particolarmente sul punto il Presidente della sezione distaccata di Taranto il quale rileva che “la durata dei processi civili in grado di appello, lungi dal subire l’auspicata contrazione, si è fisiologicamente allungata sia per il numero e la complessità degli affari sopravvenuti sia per la endemica inadeguatezza dell’organico dei magistrati ed ancor più del personale di cancelleria le cui scoperture di organico incidono in maniera sempre più pesante sull’andamento e la speditezza dei servizi, soprattutto se rapportato a quello dell’ufficio giudiziario sottordinato”. Se si considera che in primo grado i processi hanno una durata media di gran lunga superiore e che poi bisogna aggiungere il tempo di durata dell’eventuale giudizio di legittimità, non è difficile pervenire alla conclusione che la durata media dei processi sia penali che civili o di lavoro è assai superiore a quella che si ritiene la durata ragionevole di un processo. Ben note – tanto che può essere superfluo ritornare sull’argomento – sono le cause di tale fenomeno, riconducibili innanzitutto dai maggiori ambiti della giurisdizione e alla farraginosità dei procedimenti caratterizzati da garanzie solo formali che, senza assicurare sul piano sostanziale, alcuna effettiva esigenza di tutela, si prestano a strumentalizzazioni di vario tipo sempre finalizzate a ritardare la definizione dei procedimenti, a tutto beneficio di chi non vi ha interesse cioè in definitiva di chi ha torto, ovvero di chi pretende di mettere sempre e ripetutamente in discussione una decisione a se sfavorevole. È quanto avviene per esempio (e prescindendo dalle ben più gravi incongruenze della procedura penale) nella materia relativa al contenzioso familiare, dove la recente innovazione che ha previsto il reclamo alla Corte di appello delle decisioni temporanee assunte dai presidenti del tribunale all’udienza di comparizione dei coniugi, consente un procedimento parallelo a quello principale in quanto da un lato induce alcuni presidenti di tribunale a compiere in-

32

Quaderni


EVENTI

dagini istruttorie finalizzate ad un più motivato provvedimento (che al contrario, per essere destinato a soddisfare interessi che esigono una immediata tutela e data la sua natura di provvedimento provvisorio ed urgente, non dovrebbe tollerare ritardo), dall’altro lato ritarda l’inizio della vera e propria fase istruttoria di competenza del giudice con il risultato che provvedimenti delicatissimi, come quelli sull’assegnazione della casa coniugale, sull’affidamento dei figli minori e sul regime di visite e di contribuzione economica di ciascuna delle parti, sono soggetti a cambiamenti ed a ritorni a precedenti assetti che, oltre a fornire un oggettivo cattivo esempio di amministrazione della giustizia, acuiscono la tensione in controversie già per loro natura delicate e determinano nei minori traumi ancora maggiori di quelli che la separazione dei genitori già ha provocato. Di qui la necessità di interventi di carattere strutturale (e ben poco avrebbero potuto incidere quelli anticipati nella precedente legislatura, poi comunque abbandonati dalla nuova maggioranza, che ha allo studio interventi di tipo diverso sui quali allo stato non è possibile pronunciarsi non essendo disponibili informazioni adeguate) in grado di determinare un profondo cambiamento culturale ed un ripensamento profondo del ruolo della giurisdizione.

Quaderni

33


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali effettuato per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria Garante per la protezione dei dati personali Deliberazione del 6.11.2008 PREAMBOLO I sottoindicati soggetti sottoscrivono il presente codice di deontologia e di buona condotta sulla base delle seguenti premesse: 1. diversi soggetti, in particolare gli avvocati e i praticanti avvocati iscritti nei relativi albi e registri e chi esercita un’attività di investigazione privata autorizzata in conformità alla legge, utilizzano dati di carattere personale per svolgere investigazioni difensive collegate a un procedimento penale (l. 7 dicembre 2000, n. 397) o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. L’utilizzo di questi dati è imprescindibile per garantire una tutela piena ed effettiva dei diritti, con particolare riguardo al diritto di difesa e al diritto alla prova: un’efficace tutela di questi due diritti non è pregiudicata, ed è anzi rafforzata, dal principio secondo cui il trattamento dei dati personali deve rispettare i diritti, le libertà fondamentali e la dignità delle persone interessate, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali (articoli 1 e 2 del Codice);

34

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

2. gli specifici adattamenti e cautele previsti dalla legge o dal presente codice deontologico non possono trovare applicazione se i dati sono trattati per finalità diverse da quelle di cui all’art. I del presente codice; 3. consapevoli del primario interesse al legittimo esercizio del diritto di difesa e alla tutela del segreto professionale, i predetti soggetti avvertono l’esigenza di individuare aspetti specifici delle loro attività professionali, in particolare rispetto alle informazioni personali di carattere sensibile o giudiziario. Ciò, al fine di valorizzare le peculiarità delle attività di ricerca, di acquisizione, di utilizzo e di conservazione dei dati, delle dichiarazioni e dei documenti a fini difensivi, specie in sede giudiziaria, e di prevenire talune incertezze applicative che si sono a volte sviluppate e che hanno portato anche a ipotizzare inutili misure protettive non previste da alcuna disposizione e anzi contrastanti con ordinarie esigenze di funzionalità. Il primario interesse al legittimo esercizio del diritto di difesa deve essere rispettato in ogni sede, anche in occasione di accertamenti ispettivi, tenendo altresì conto dei limiti normativi all’esercizio dei diritti dell’interessato (articoli 7, 8 e 9 del Codice) previsti per finalità di tutela del diritto di difesa; 4. il trattamento dei dati per l’attività di difesa concorre alla formazione permanente del professionista e contribuisce alla realizzazione di un patrimonio di precedenti giuridici che perdura nel tempo, per ipotizzabili necessità di difesa, anche dopo l’estinzione del rapporto di mandato, oltre a essere espressione della propria attività professionale; 5. norme di legge e provvedimenti attuativi prevedono già garanzie e accorgimenti da osservare per la protezione dei dati personali utilizzati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere investigazioni difensive. Tali cautele, che non vanno osservate se i dati sono anonimi, hanno già permesso di chiarire, ad esempio, a quali condizioni sia lecito raccogliere informazioni Quaderni

35


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

personali senza consenso e senza una specifica informativa, e che è legittimo utilizzarle in modo proporzionato per esigenze di difesa anche quando il procedimento civile o penale di riferimento non sia ancora instaurato. I predetti accorgimenti e garanzie possono comportare, se non sono rispettati, l’inutilizzabilità dei dati trattati (art. 11, comma 2, del Codice). Essi riguardano, in particolare: a) l’informativa agli interessati, che può non comprendere gli elementi già noti alla persona che fornisce i dati e può essere caratterizzata da uno stile colloquiale e da formule sintetiche adatte al rapporto fiduciario con la persona assistita o, comunque, alla prestazione professionale; essa può essere fornita, anche solo oralmente e, comunque, una tantum rispetto al complesso dei dati raccolti sia presso l’interessato, sia presso terzi. Ciò, con possibilità di omettere l’informativa stessa per i dati raccolti presso terzi, qualora gli stessi siano trattati solo per il periodo strettamente necessario per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere investigazioni difensive, tenendo presente che non sono raccolti presso l’interessato i dati provenienti da un rilevamento lecito a distanza, soprattutto quando non sia tale da interagire direttamente con l’interessato (art. 13, comma 5, lettera b) del Codice); b) il consenso dell’interessato, che non va richiesto per adempiere a obblighi di legge e che non occorre, altresì, per i dati anche di natura sensibile utilizzati per perseguire finalità di difesa di un diritto anche mediante investigazioni difensive. Ciò, sia per i dati trattati nel corso di un procedimento, anche in sede amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica all’instaurazione di un eventuale giudizio, anche al fine di verificare con le parti se vi sia un diritto da tutelare utilmente in sede giudiziaria, sia nella fase successiva alla risoluzione, giudiziale o stragiudiziale della lite. Occorre peraltro avere cura di rispettare, se si tratta di dati idonei a rivelare

36

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

c)

d)

e)

f)

lo stato di salute e la vita sessuale, il principio del “pari rango”, il quale giustifica il loro trattamento quando il diritto che si intende tutelare, anche derivante da atto o fatto illecito, è “di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile” (articoli 24, comma 1, lettera f) e 26, comma 4, lettera c) del Codice; aut. gen. nn. 2/2007, 4/2007 e 6/2007; Provv. del Garante del 9 luglio 2003); l’accesso ai dati personali e l’esercizio degli altri diritti da parte dell’interessato rispetto al trattamento dei dati stessi; diritti per i quali è previsto, per legge, un possibile differimento nel periodo durante il quale, dal loro esercizio, può derivare un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria (art. 8, comma 2, lettera e) del Codice); il flusso verso l’estero dei dati trasferiti solo per finalità di svolgimento di investigazioni difensive o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, per il tempo a ciò strettamente necessario, trasferimento che non è pregiudicato né verso Paesi dell’Unione europea, né verso Paesi terzi (articoli 42 e 43, comma 1, lettera e) del Codice); la notificazione dei trattamenti, che non è richiesta per innumerevoli trattamenti di dati effettuati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, o per svolgere investigazioni difensive (art. 37, comma 1, del Codice; del 31 marzo 2004, n. 1 e nota di chiarimenti n. 9654/33365 del 23 aprile 2004); la designazione di incaricati e di eventuali responsabili del trattamento, considerata la facoltà di avvalersi di soggetti che possono utilizzare legittimamente i dati (colleghi, collaboratori, corrispondenti, domiciliatari, sostituti, periti, ausiliari e consulenti che non rivestano la qualità di autonomi titolari del trattamento: articoli 29 e 30 del Codice);

Quaderni

37


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

g) i dati particolari quali quelli genetici, per i quali sono previste già alcune cautele in particolare per ciò che riguarda il principio di proporzionalità, le misure di sicurezza, il contenuto dell’informativa agli interessati e la manifestazione del consenso (art. 90 del Codice; aut. gen. del Garante del 22 febbraio 2007); h) l’informatica giuridica ai sensi degli articoli 51 e 52 del Codice, per la quale apposite disposizioni di legge hanno individuato opportune cautele per tutelare gli interessati senza pregiudicare l’informazione scientifico-giuridica; i) l’utilizzazione di dati pubblici e di altri dati e documenti contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi; 6. rispetto a questo quadro, il presente codice individua alcune regole complementari di comportamento le quali costituiscono una condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati, ma non hanno diretta rilevanza sul piano degli illeciti disciplinari; esse non pregiudicano, quindi, la distinta e autonoma valenza delle norme deontologiche professionali e le scelte adottate al riguardo dai competenti organismi di settore, in particolare rispetto al codice deontologico forense. Peraltro, l’inosservanza di quest’ultimo può assumere rilievo ai fini della valutazione della liceità e correttezza del trattamento dei dati personali; 7. utile supporto alla protezione dei dati proviene anche da ulteriori principi già riconosciuti, in materia, dal codice di procedura penale e dallo stesso codice deontologico forense (in particolare, per quanto riguarda il dovere di segretezza e riservatezza, anche nei confronti di ex clienti, la rivelazione di notizie riservate o coperte dal segreto professionale, la rivelazione al pubblico del nominativo di

38

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

clienti, la registrazione di colloqui tra avvocati e la corrispondenza tra colleghi), nonché da altre regole di comportamento individuate dall’Unione delle camere penali italiane o da ulteriori organismi sottoscrittori del presente codice deontologico. CAPO I Principi generali Art. 1 Ambito di applicazione 1. Le disposizioni del presente codice devono essere rispettate nel trattamento di dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sia nel corso di un procedimento, anche in sede amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica all’instaurazione di un eventuale giudizio, sia nella fase successiva alla sua definizione, da parte di: a) avvocati o praticanti avvocati iscritti ad albi territoriali o ai relativi registri, sezioni ed elenchi, i quali esercitino l’attività in forma individuale, associata o societaria svolgendo, anche su mandato, un’attività in sede giurisdizionale o di consulenza o di assistenza stragiudiziale, anche avvalendosi di collaboratori, dipendenti o ausiliari, nonché da avvocati stranieri esercenti legalmente la professione sul territorio dello Stato; b) soggetti che, sulla base di uno specifico incarico anche da parte di un difensore (aut. gen. n. 6/2007, punto n. 2), svolgano in conformità alla legge attività di investigazione privata (art. 134 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; art. 222 norme di coordinamento del c.p.p.). 2. Le disposizioni del presente codice si applicano, altresì, a chiunque tratti dati personali per le finalità di cui al comma 1, in particolare a altri liberi professionisti o soggetti che in conformità alla Quaderni

39


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

legge prestino, su mandato, attività di assistenza o consulenza per le medesime finalità. CAPO II Trattamenti da parte di avvocati Art. 2 Modalità di trattamento 1. L’avvocato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, applicando i principi di finalità, necessità, proporzionalità e non eccedenza sulla base di un’attenta valutazione sostanziale e non formalistica delle garanzie previste, nonché di un’analisi della quantità e qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi. 2. Le decisioni relativamente a quanto previsto dal comma 1 sono adottate dal titolare del trattamento il quale resta individuato, a seconda dei casi, in: a) un singolo professionista; b) una pluralità di professionisti, codifensori della medesima parte assistita o che, anche al di fuori del mandato di difesa, siano stati comunque interessati a concorrere all’opera professionale quali consulenti o domiciliatari; c) un’associazione tra professionisti o una società di professionisti. 3. Nel quadro delle adeguate istruzioni da impartire per iscritto agli incaricati del trattamento da designare e ai responsabili del trattamento prescelti facoltativamente (articoli 29 e 30 del Codice), sono formulate concrete indicazioni in ordine alle modalità che tali soggetti devono osservare, a seconda del loro ruolo di sostituto processuale, di praticante avvocato con o senza abilitazione

40

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

al patrocinio, di consulente tecnico di parte, perito, investigatore privato o altro ausiliario che non rivesta la qualità di autonomo titolare del trattamento, nonché di tirocinante, stagista o di persona addetta a compiti di collaborazione amministrativa. 4. Specifica attenzione è prestata all’adozione di idonee cautele per prevenire l’ingiustificata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in caso di: a) acquisizione anche informale di notizie, dati e documenti connotati da un alto grado di confidenzialità o che possono comportare, comunque, rischi specifici per gli interessati; b) scambio di corrispondenza, specie per via telematica; c) esercizio contiguo di attività autonome all’interno di uno studio; d) utilizzo di dati di cui è dubbio l’impiego lecito, anche per effetto del ricorso a tecniche invasive; e) utilizzo e distruzione di dati riportati su particolari dispositivi o supporti, specie elettronici (ivi comprese registrazioni audio/ video), o documenti (tabulati di flussi telefonici e informatici, consulenze tecniche e perizie, relazioni redatte da investigatori privati); f) custodia di materiale documentato, ma non utilizzato in un procedimento e ricerche su banche dati a uso interno, specie se consultabili anche telematicamente da uffici dello stesso titolare del trattamento situati altrove; g) acquisizione di dati e documenti da terzi, verificando che si abbia titolo per ottenerli; h) conservazione di atti relativi ad affari definiti. 5. Se i dati sono trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale, ciò può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, sempreché i dati medesimi risultino strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa, in conformità ai principi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e di non ecQuaderni

41


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

cedenza rispetto alle finalità difensive (art. 11 del Codice). 6. Sono utilizzati lecitamente e secondo correttezza: a) i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi; b) atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell’ambito di indagini difensive, in particolare ai sensi degli articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater del codice di procedura penale, evitando l’ingiustificato rilascio di copie eventualmente richieste. Se per effetto di un conferimento accidentale, anche in sede di acquisizione di dichiarazioni e informazioni ai sensi dei medesimi articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater, sono raccolti dati eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità difensive, tali dati, qualora non possano essere estrapolati o distrutti, formano un unico contesto, unitariamente agli altri dati raccolti. Art. 3 Informativa unica 1. L’avvocato può fornire in un unico contesto, anche mediante affissione nei locali dello Studio e, se ne dispone, pubblicazione sul proprio sito Internet, anche utilizzando formule sintetiche e colloquiali, l’informativa sul trattamento dei dati personali (art. 13 del Codice) e le notizie che deve indicare ai sensi della disciplina sulle indagini difensive. Art. 4 Conservazione e cancellazione dei dati 1. La definizione di un grado di giudizio o la cessazione dello svolgi-

42

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

mento di un incarico non comportano un’automatica dismissione dei dati. Una volta estinto il procedimento o il relativo rapporto di mandato, atti e documenti attinenti all’oggetto della difesa o delle investigazioni difensive possono essere conservati, in originale o in copia e anche in formato elettronico, qualora risulti necessario in relazione a ipotizzabili altre esigenze difensive della parte assistita o del titolare del trattamento, ferma restando la loro utilizzazione in forma anonima per finalità scientifiche. La valutazione è effettuata tenendo conto della tipologia dei dati. Se è prevista una conservazione per adempiere a un obbligo normativo, anche in materia fiscale e di contrasto della criminalità, sono custoditi i soli dati personali effettivamente necessari per adempiere al medesimo obbligo. 2. Fermo restando quanto previsto dal codice deontologico forense in ordine alla restituzione al cliente dell’originale degli atti da questi ricevuti, e salvo quanto diversamente stabilito dalla legge, è consentito, previa comunicazione alla parte assistita, distruggere, cancellare o consegnare all’avente diritto o ai suoi eredi o aventi causa la documentazione integrale dei fascicoli degli affari trattati e le relative copie. 3. In caso di revoca o di rinuncia al mandato fiduciario o del patrocinio, la documentazione acquisita è rimessa, in originale ove detenuta in tale forma, al difensore che subentra formalmente nella difesa. 4. La titolarità del trattamento non cessa per il solo fatto della sospensione o cessazione dell’esercizio della professione. In caso di cessazione anche per sopravvenuta incapacità e qualora manchi un altro difensore anche succeduto nella difesa o nella cura dell’affare, la documentazione dei fascicoli degli affari trattati, decorso un congruo termine dalla comunicazione all’assistito, è consegnata al Consiglio dell’ordine di appartenenza ai fini della conservazione per finalità difensive. Quaderni

43


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

Art. 5 Comunicazione e diffusione di dati 1. Nei rapporti con i terzi e con la stampa possono essere rilasciate informazioni non coperte da segreto qualora sia necessario per finalità di tutela dell’assistito, ancorché non concordato con l’assistito medesimo, nel rispetto dei principi di finalità, liceità, correttezza, indispensabilità, pertinenza e non eccedenza di cui al Codice (art. 11), nonché dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi, di eventuali divieti di legge e del codice deontologico forense. Art. 6 Accertamenti riguardanti documentazione detenuta dal difensore 1. In occasione di accertamenti ispettivi che lo riguardano l’avvocato ha diritto ai sensi dell’art. 159, comma 3, del Codice che vi assista il presidente del competente Consiglio dell’ordine forense o un consigliere da questo delegato. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento. 2. In sede di istanza di accesso o richiesta di comunicazione dei dati di traffico relativi a comunicazioni telefoniche in entrata ai sensi degli articoli 8, comma 2, lettera f) e 24, comma 1, lettera f) del Codice, l’avvocato attesta al fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico la sussistenza del pregiudizio effettivo e concreto che deriverebbe per lo svolgimento delle investigazioni difensive dalla mancata disponibilità dei dati, senza menzionare necessariamente il numero di repertorio di un procedimento penale.

44

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

CAPO III Trattamenti da parte di altri liberi professionisti e ulteriori soggetti Art. 7 Applicazione di disposizioni riguardanti gli avvocati 1. Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 5 si applicano, salvo quanto applicabile per legge unicamente all’avvocato: a) a liberi professionisti che prestino o su mandato dell’avvocato o unitamente a esso o, comunque, nei casi e nella misura consentita dalla legge, attività di consulenza e assistenza per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per lo svolgimento delle investigazioni difensive; b) agli altri soggetti, di cui all’art. 1, comma 2, salvo quanto risulti obiettivamente incompatibile in relazione alla figura soggettiva o alla funzione svolta. CAPO IV Trattamenti da parte di investigatori privati Art. 8 Modalità di trattamento 1. L’investigatore privato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati personali secondo le modalità di cui all’art. 2, comma 1. 2. L’investigatore privato non può intraprendere di propria iniziativa investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dei dati. Tali attività possono essere eseguite esclusivamente sulla base di apposito incarico conferito per iscritto e solo per le finalità di cui al presente codice. 3. L’atto d’incarico deve menzionare in maniera specifica il diritto che si intende esercitare in sede giudiziaria, ovvero il procedimenQuaderni

45


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

to penale al quale l’investigazione è collegata, nonché i principali elementi di fatto che giustificano l’investigazione e il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa. 4. L’investigatore privato deve eseguire personalmente l’incarico ricevuto e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente all’atto del conferimento dell’incarico, oppure successivamente in calce a esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell’atto di incarico. Restano ferme le prescrizioni relative al trattamento dei dati sensibili contenute in atti autorizzativi del Garante. 5. Nel caso in cui si avvalga di collaboratori interni designati quali responsabili o incaricati del trattamento in conformità a quanto previsto dagli articoli 29 e 30 del Codice, l’investigatore privato formula concrete indicazioni in ordine alle modalità da osservare e vigila, con cadenza almeno settimanale, sulla puntuale osservanza delle norme di legge e delle istruzioni impartite. Tali soggetti possono avere accesso ai soli dati strettamente pertinenti alla collaborazione a essi richiesta. 6. Il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico devono essere informati periodicamente dell’andamento dell’investigazione, anche al fine di permettere loro una valutazione tempestiva circa le determinazioni da adottare riguardo all’esercizio del diritto in sede giudiziaria o al diritto alla prova. Art. 9 Altre regole di comportamento 1. L’investigatore privato si astiene dal porre in essere prassi elusive di obblighi e di limiti di legge e, in particolare, conforma ai principi di liceità e correttezza del trattamento sanciti dal Codice: a) l’acquisizione di dati personali presso altri titolari del trattamento, anche mediante mera consultazione, verificando che si abbia titolo per ottenerli;

46

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

b) il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di audio/videoripresa; c) la raccolta di dati biometrici. 2. L’investigatore privato rispetta nel trattamento dei dati le disposizioni di cui all’art. 2, commi 4, 5 e 6 del presente codice. Art. 10 Conservazione e cancellazione dei dati 1. Nel rispetto dell’art. 11, comma 1, lettera e) del Codice i dati personali trattati dall’investigatore privato possono essere conservati per un periodo non superiore a quello strettamente necessario per eseguire l’incarico ricevuto. A tal fine deve essere verificata costantemente, anche mediante controlli periodici, la stretta pertinenza, non eccedenza e indispensabilità dei dati rispetto alle finalità perseguite e all’incarico conferito. 2. Una volta conclusa la specifica attività investigativa, il trattamento deve cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l’immediata comunicazione al difensore o al soggetto che ha conferito l’incarico, i quali possono consentire, anche in sede di mandato, l’eventuale conservazione temporanea di materiale strettamente personale dei soggetti che hanno curato l’attività svolta, a i soli fini dell’eventuale dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato. Se è stato contestato il trattamento il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico possono anche fornire all’investigatore il materiale necessario per dimostrare la liceità e correttezza del proprio operato, per il tempo a ciò strettamente necessario. 3. La sola pendenza del procedimento al quale l’investigazione è collegata, ovvero il passaggio ad altre fasi di giudizio in attesa della formazione del giudicato, non costituiscono, di per se stessi, una giustificazione valida per la conservazione dei dati da parte dell’investigatore privato. Quaderni

47


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

Art. 11 Informativa 1. L’investigatore privato può fornire l’informativa in un unico contesto ai sensi dell’art. 3 del presente codice, ponendo in particolare evidenza l’identità e la qualità professionale dell’investigatore, nonché la natura facoltativa del conferimento dei dati. CAPO V Disposizioni finali Art. 12 Monitoraggio dell’attuazione del codice 1. Ai sensi della art. 135 del Codice, i soggetti che sottoscrivono il presente codice avviano forme di collaborazione per verificare periodicamente la sua attuazione anche ai fini di un eventuale adeguamento alla luce del progresso tecnologico, dell’esperienza acquisita o di novità normative. Art. 13 Entrata in vigore 1. Il presente codice si applica a decorrere dal 1 gennaio 2009. Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria (Art. 135 del d.lg. n. 196/2003). Sottoscritto da:

RIGA - Associazione italiana giovani avvocati CNF - Consiglio nazionale forense OUA - Organismo unitario dell’avvocatura italiana UAE - Unione avvocati europei UCPI - Unione camere penali italiane UNCC - Unione nazionale camere civili A.I.PRO.S. - Associazione italiana professionisti della sicurezza FEDERPOL - Federazione italiana istituti investigazioni-informazioni-sicurezza

48

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

Presentazione del Codice di deontologia e di buona condotta Roma, 18 dicembre 2008 LA GENESI DEL CODICE Art. 12. Codici di deontologia e di buona condotta 1. Il Garante promuove nell’ambito delle categorie interessate, nell’osservanza del principio di rappresentatività e tenendo conto dei criteri direttivi delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa sul trattamento di dati personali, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, ne verifica la conformità alle leggi e ai regolamenti anche attraverso l’esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuisce a garantirne la diffusione e il rispetto. 2. I codici sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Garante e, con decreto del Ministro della giustizia, sono riportati nell’allegato A) del presente codice. 3. Il rispetto delle disposizioni contenute nei codici di cui al comma 1 costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali effettuato da soggetti privati e pubblici. Art. 135. Codice di deontologia e di buona condotta 1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 12, la sottoscrizione di un Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento Quaderni

49


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

dei dati personali effettuato per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, in particolare da liberi professionisti o da soggetti che esercitano un’attività di investigazione privata autorizzata in conformità alla legge. LE FONTI L’art. 27 della direttiva n. 95/46/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, Art. 24 Costituzione Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Legge 7 dicembre 2000, n. 397 DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INDAGINI DIFENSIVE CODICE DEONTOLOGICO FORENSE Consiglio Nazionale Forense Il segreto professionale costituisce al tempo stesso l’oggetto di un dovere giuridico dell’avvocato Art. 622 Codice penale Rivelazione di segreto professionale REGOLE DI COMPORTAMENTO DEL PENALISTA NELLE INVESTIGAZIONI DIFENSIVE Unione Nazionale Camere Penali

50

Quaderni


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

SOGGETTI INTERESSATI Avvocati e i praticanti avvocati iscritti nei relativi albi e registri, sezioni ed elenchi - che esercitano attività in forma individuale, associata o societaria - che svolgono, anche su mandato, un’attività in sede giurisdizionale o di consulenza o di assistenza stragiudiziale - anche avvalendosi di collaboratori, dipendenti o ausiliari, nonché da avvocati stranieri esercenti legalmente la professione sul territorio dello Stato - soggetti che, sulla base di uno specifico incarico anche da parte di un difensore svolgano in conformità alla legge attività di investigazione privata - a chiunque liberi professionisti o soggetti che in conformità alla legge prestino, su mandato, attività di assistenza o consulenza. RUOLO DEGLI ORDINI FORENSI Art. 6. Accertamenti riguardanti documentazione detenuta dal difensore 1. In occasione di accertamenti ispettivi che lo riguardano l’avvocato ha diritto ai sensi dell’articolo 159, comma 3, del Codice che vi assista il presidente del competente Consiglio dell’Ordine forense o un consigliere da questo delegato. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.

Quaderni

51


ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE

Art. 4. Conservazione e cancellazione dei dati 4. La titolarità del trattamento non cessa per il solo fatto della sospensione o cessazione dell’esercizio della professione. In caso di cessazione anche per sopravvenuta incapacità qualora manchi un altro difensore anche succeduto nella difesa o nella cura dell’affare, la documentazione dei fascicoli degli affari trattati, decorso un congruo termine dalla comunicazione all’assistito, è consegnata al Consiglio dell’ordine di appartenenza ai fini della conservazione per finalità difensive. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento. CONCLUSIONI Art. 12. Monitoraggio dell’attuazione del codice 1. Ai sensi dell’art. 135 del Codice, i soggetti che sottoscrivono il presente codice avviano forme di collaborazione per verificare periodicamente la sua attuazione anche ai fini di un eventuale adeguamento alla luce del progresso tecnologico, dell’esperienza acquisita o di novità normative.

52

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

CONVEGNI E CONGRESSI

XXIX Congresso Nazionale Forense Relazione del Presidente Bologna 13-16 novembre 2008 di GUIDO ALPA* 1. Introduzione Il XXIX Congresso nazionale forense si apre con molte aspettative. Nel lasso di tempo intercorso dal momento della sua indizione ad oggi si sono modificate in modo irreversibile le circostanze sulla base delle quali il Congresso era stato progettato: si sono succeduti eventi, nazionali e internazionali, che hanno sconvolto il mercato finanziario, e si sono ripercossi sul mercato immobiliare, sul mercato industriale, sul mercato dei consumi finali. Essi hanno già prodotto effetti sul mercato professionale, portando con sé un alto contenzioso ma anche rischi, incertezze, e una problematica rimuneratività delle prestazioni; si è accelerato il ritmo con cui il Governo e il Parlamento hanno assunto misure o hanno divisato interventi per risolvere il problema della amministrazione della giustizia; si sono ridotti i tempi originariamente fissati per la discussione nelle aule del Senato del testo di riforma della professione forense. In questo complesso contesto l’Avvocatura ha saputo dare una risposta responsabile e costruttiva: per la prima volta, dopo tanti anni, ha saputo procedere unita, ponendo in risalto più le linee che * Presidente CNF.

Quaderni

53


CONVEGNI E CONGRESSI

ispirano íl CNF e gli Ordini, L’OUA e le Associazioni forensi, che non le differenze di finalità e di obiettivi; come un corpo unito gli avvocati stanno affrontando le avversità del mercato e dialogano con le Istituzioni. Siamo riusciti a predispone un quadro di iniziative necessarie per mantenere forte l’impegno nel lavoro, salda la posizione costituzionale, determinante il contributo dell’Avvocatura alla società civile e alla ripresa economica. E tutto ciò fino ad ora senza necessità di sussidi pur vivendo una situazione di disagio, economico e morale. Il disagio economico è dato da molteplici ragioni. L’aumento dei costi di prodotti e servizi ha falcidiato le risorse utilizzate per l’organizzazione e il funzionamento degli studi, incidendo sul personale, sugli impianti, sulle tecnologie, sul patrimonio librario, e su ogni innovazione rivolta a migliorare le modalità con cui svolgere la professione e sostenere la concorrenza. La diminuzione dei redditi ha influito sulle scelte riguardanti gli investimenti nelle strutture professionali, ed ha imposto una conservazione dello status quo, o il suo ripensamento con intenti riduttivi. Colpite dalla recessione, che aveva cominciato a far sentire i suoi effetti ben prima che esplodessero i mercati funanziari, le classi medie, in particolare le categorie professionali, hanno dovuto procedere senza aiuti, senza interventi straordinari, senza, per la verità, alcuna attenzione da parte della classe politica. L’attenzione è stata piuttosto rivolta alle imprese e ai consumatori, come se coloro che esercitano le professioni liberali non fossero al contempo operatori protagonisti dello sviluppo economico, producendo l’11% del PIL, e, con i loro studi, non fossero a loro volta consumatori di prodotti e servizi. Fino a ieri – lo documentano rinomati studi di economisti, di sociologi, di filosofi della politica – la classe media era stata considerata come un asse portante della società che in quanto autonoma non abbisognava di alcuna provvidenza: non essendo i suoi componenti assoggettati ad una rapporto di subordinazione, non potevano chie-

54

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

dere i benefici assicurati ai lavoratori dipendenti; del pari, non essendo imprenditori, non potevano neppure essere destinatari di benefici fiscali, di interventi sui prezzi delle materie prime, di trasporto, di manodopera, di riduzione dei costi aziendali, di agevolazioni fiscali. La classe media si è impoverita, e tuttavia si è infoltita. La carenza di lavoro subordinato, a causa dei licenziamenti delle imprese e alle restrizioni all’accesso nei ruoli della pubblica Amministrazione, ha finito per spingere molti giovani a scegliere la via delle professioni liberali, tra questi indirizzi a scegliere gli studi di diritto, che potenzialmente aprono tante porte; avendole trovate chiuse si sono adattati a preparare l’esame di Stato, e a inserirsi in un “mercato” che è diventato sempre più aspro, avaro e conflittuale. Per parte loro, molti professionisti, costretti dalle circostanze, hanno dovuto cercarsi occupazioni complementari, diventando per loro sempre più difficile osservare gli obblighi contributivi e talvolta, come emerge dalle statistiche dei procedimenti disciplinari, anche gli obblighi deontologici. In sintesi, pur continuando a produrre, la classe media si è indebolita economicamente e ha perso potere, considerazione e status. Di qui le sue frustrazioni anche morali. In questo contesto appaiono dunque essenziali sia l’unità di intenti, per poter progettare un programma comune di azione per fronteggiare la crisi, sia l’acquisizione di alcuni risultati immediati. Il primo fra tutti è proseguire il lavoro comune nella definizione del modello ideale di disciplina della professione forense, in modo da poter consegnare al legislatore un quadro di regole il più possibile condiviso, non solo sul procedimento disciplinare, ma anche sulle regole elettive, sul tirocinio, sull’esame di abilitazione, sull’aggiornamento permanente e sull’assicurazione della responsabilità civile. Il secondo è revocare la soppressione del principio di obbligatorietà delle tariffe forensi, e nel contempo discutere con il Ministero della Giustizia le proposte tariffarie formulate già ai precedenti titolari degli uffici Quaderni

55


CONVEGNI E CONGRESSI

competenti, e oggi all’esame dei nuovi titolari: proposte che mirano a svincolare i tempi del processo dal compenso professionale, e a semplificare i criteri di formazione e di lettura della tariffa. Il terzo è rivisitare il sistema fiscale, che oggi affligge senza alcuna logica (che non sia quella punitiva) le professioni intellettuali, le quali – a differenza di quanto non si prevede per le imprese – non sono oggetto né di sostegno, né di incentivo, né di sgravio. Aggiungerei, in modo preoccupante, di attenzione: attendiamo da Governo e Parlamento un segno concreto di discontinuità rispetto al passato e di apprezzamento per il lavoro proficuo che i professionisti continuano a svolgere a vantaggio dell’intero Paese. 2. La liberalizzazione adeguata. Il fallimento della “riforma Bersani” Il decreto-legge del 4 luglio 2006 n. 223 convertito in l. n. 248 del 4 agosto 2006 ha prodotto risultati opposti a quelli che intendeva realizzare. Quanto alla pubblicità commerciale (che noi continuiamo a definire in termini di informazione dovuta all’assistito), salvo qualche annuncio comparso su Internet, una “prateria selvaggia” in attesa di interventi legislativi - non si può dire che il mercato sia esploso: tutt’altro. Si è registrato invece un altro fenomeno, di offerta di consulenza in locali aperti al pubblico e collocati al piano di strada, di consulenze parziali a tariffe fittizie, di sconti connessi con il flusso degli incarichi, di attività domiciliare o ambulante. Si tratta di comportamenti al limite della correttezza deontologica. Lo stesso diritto comunitario, che pure sembra corrivo in materia di servizi legali, prevede, nella direttiva sui servizi (del 2006 n. 23), ora in fase di attuazione secondo quanto disposto dalla legge comunitaria per il 2008, che agli Stati membri provvedono affinché le comunicazioni commerciali che emanano dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità

56

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate” (art. 24 c. 2). Si è affacciata inoltre l’idea di realizzare una forma di franchising degli studi legali in sedi diverse per la promozione di un “marchio” comune, tema anch’esso molto controverso essendo tuttora imperante il principio del principio della personalità della prestazione professionale, e non potendo quindi lo studio legale essere considerato come una “scatola vuota”, di volta in volta colmata da professionisti che si alternano utilizzando la sigla, il “brand”, il logo, la denominazione riferita ai fondatori ormai scomparsi, o professionisti che hanno fatto altre scelte di esercizio dell’attività professionale. Più difficile è la valutazione dell’effetto della riforma sui compensi dell’avvocato, anche perché nella gran parte dei casi è difficile acquisire informazioni, se non in via indiretta. Quanto al patto di quota lite, la cui funzione storica è stata quella di frapporre un argine tra l’interesse del cliente e l’interesse personale dell’avvocato, abbiamo una certezza e un sospetto. La certezza è che le nuove regole hanno agevolato i poteri economici forti, sicché gli avvocati sono stati costretti ad accettare condizioni di lavoro avvilenti. Il sospetto è che essa abbia peggiorato la situazione dei consumatori. 3. La liberalizzazione adeguata Nell’attuale congiuntura economica per fronteggiare la recessione si tende a svilire il costo della prestazione; è inevitabile dunque che la qualità della prestazione sia destinata ad incrinarsi. Per assicurare una qualità media occorre che i soggetti che svolgono la prestazione siano adeguatamente preparati, competenti, efficienti: solo chi ha alle sue spalle un percorso compiuto e verificato di studi Quaderni

57


CONVEGNI E CONGRESSI

e di esperienze può essere in grado di assicurare l’esecuzione di una prestazione qualitativamente affidabile. Di qui l’opportunità che un’attività attualmente svolta senza controlli – perché secondo un antico adagio della Corte di cassazione, tutti sono legittimati a “fare i giuristi”, quasi che il diritto non fosse una scienza tecnica complessa – sia riservata a chi può assicurare una adeguata identificazione dei diritti, una adeguata predisposizione dei rimedi per difenderli, una adeguata tutela stragiudiziale, oltre che giudiziale. E pertanto necessario, in tempi di crisi e di fragilità del sistema economico, provvedere a che la tutela dei diritti anche in via stragiudiziale sia assicurata in modo adeguato; obiettivo questo, che si può ottenere con molti rimedi, ma evidentemente con la riserva della consulenza legale agli avvocati. Queste garanzie sono rafforzate dalle tariffe minime e massime: minime, per non dequalificare la professione, e non obbligare gli avvocati (e non solo i giovani professionisti) ad accettare condizioni umilianti e non remunerative imposte dagli operatori economici contrattualmente più forti; massime, perché gli stessi avvocati non siano costretti a riversare le perdite sopportate per le imposizioni vessatorie degli operatori forti sui compensi liberamente negoziati con parti contrattualmente più deboli, e non siano costretti ad azioni di dumping, a livellamenti di prestazioni offerte occasionalmente, in ambienti occasionali, e a ricorrere all’accaparramento di clientela, a mezzi inadeguati di informazione, quando non a mezzi illeciti di pubblicità. Il sistema tariffario è una garanzia di indipendenza, di parità di trattamento, di equità di condizioni di scambio. Dobbiamo quindi contestare l’iniziativa della Commissione europea la quale ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia perché non ha soppresso, nell’ambito della disciplina dei compensi professionali degli avvocati, le tariffe massime (avendo già contestato la previgente disciplina delle tariffe minime). Il sistema tariffario previsto dal

58

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

nostro ordinamento, prima che esso fosse sconvolto dal c.d. decreto Bersani, era stato ritenuto conforme all’ordinamento comunitario da molte pronunce della Corte di Giustizia; da ultimo, dopo l’ingresso della nuova disciplina, la Corte è tornata sulla vicenda, confermando la legittimità del sistema e risolvendo quindi a favore dell’Avvocatura italiana la questione pregiudiziale sollevata da una sezione del Consiglio di Stato. Credo che dopo tante conferme non sia più pertinente – anzi sia del tutto inopportuno – sollevare ulteriori questioni alla Corte di Giustizia, con buona pace dei giudici che continuano a coltivare queste perplessità e a defalcare le richieste degli avvocati. 4. L’eliminazione delle distorsioni della concorrenza. Un esempio preoccupante delle distorsioni prodotte da un sistema interpretato ottusamente in base al principio di concorrenza, e volto quindi alla eliminazione di quelli che, nell’ottica ideologicamente perversa, sono considerati “ostacoli” o “barriere” alla libera prestazione e alla libera circolazione dei c.d. servizi legali, è dato dal Rapporto 2007 dell’OCSE, l’Organismo europeo per lo sviluppo economico, pubblicato i1 28 gennaio di quest’anno. Il rapporto è dedicato alle restrizioni opposte alla concorrenza nell’esercizio delle professioni legali. Le premesse – incentrate sulla selezione all’ingresso e sulle regole di condotta – sono esattamente contrapposte a quelle dalle quali muove la situazione attuale nel nostro Paese e con le quali abbiamo cercato di disegnare un modello adeguato di riforma della professione forense. Noi cerchiamo di rendere più selettivo l’ingresso, e vogliamo evitare le difformità di preparazione e di svolgimento della pratica da sede a sede, rendere più rigorosa la selezione effettuata in sede di esame di Stato, elevare la qualità della prestazione professionale, assicurare che l’intera categoria, senza differenza di sedi, di età, di reddito, di modalità di organizzazione, sia in grado di osservare scrupolosamente le regole deontologiche e di aggiornarsi professionalmente – come la comQuaderni

59


CONVEGNI E CONGRESSI

plessità del sistema, l’esigenza di competenza, ma anche il ruolo e il “peso” dell’Avvocatura esigono. Al contrario il Rapporto dell’OCSE pone sullo stesso piano la professione forense e la professione notarile, confondendo quindi un mercato libero con un mercato ristretto. Considera poi essenziale la pubblicità, quasi che il servizio legale fosse equiparabile ad un servizio industriale. Richiede inoltre una informazione complessiva al consumatore sulle condizioni economiche del rapporto professionale, senza calcolare che all’assistito si possono fare solo previsioni di massima, non potendosi presagire i tempi e le complessità del processo che si vuole incardinare. Propone inoltre la istituzione di organismi “indipendenti” di valutazione del comportamento dei professionisti, quasi che l’uomo comune fosse in grado di valutare tecnicamente l’operato dell’avvocato. Infine – conclusione che non esiterei a definire “grottesca” – addita il modello finlandese a sistema ideale da imitare, potendosi in quel Paese i cittadini rivolgersi a quisque de populo per la difesa dei propri diritti in giudizio, considerando l’iscrizione ad un albo, previo il controllo di un esame di verifica della competenza, come un filtro introdotto dalla “corporazione” non a difesa dell’interesse pubblico ma a difesa dell’interesse degli abilitati. Sono idee che circolano anche nell’ambito dei contesti nazionali: tanto per fare l’esempio più recente, ho avuto notizia che al congresso nazionale dell’avvocatura francese tenutosi a Tille qualche settimana fa il coordinatore dell’organismo di consulenza della presidenza della Repubblica ha insistito sulla necessità di “liberalizzare” integralmente il mercato professionale. La reazione degli Ordini è stata – e non poteva che essere totalmente negativa. La conoscenza concreta del diritto sostanziale e le difese tecniche in sede processuale sono travolte da una concezione della concorrenza nei mercati delle professioni legali che ignora l’essenza della professione intellettuale, e trascura il fatto che, pur nella diversità dei

60

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

modelli nazionali di professione forense, il nostro è un modello aperto, così aperto che l’ampliarsi del numero degli iscritti costituisce oggi una preoccupante causa di dequalificazione della Avvocatura, di difficoltà del controllo deontologico, di appanna vento del vincolo di appartenenza alla categoria. D’altra parte, la globalizzazione dei mercati (e quindi dei servizi) ha già prodotto i suoi effetti, positivi e negativi. Per quanto riguarda la professione forense, le ultime novità sono l’outsourcing, l’offerta di servizi legali effettuata a studi stranieri non stabiliti nel nostro Paese e la quotazione in borsa dei grandi studi legali internazionali. L’outsourcing, che si può fare ovviamente solo per la consulenza, è già in atto; e il CCBE, l’organo istituzionale rappresentativo degli avvocati europei, ha costituito un gruppo di lavoro, che si preoccupa di capire come si possa controllare questo fenomeno, che tende ad esportare nei paesi economicamente più convenienti la redazione di pareri, l’esame dei documenti contabili, i procedimenti di due diligente, rendendo vana la prestazione personale eseguita dall’avvocato, e (almeno) dubbia l’osservanza dei canoni deontologici, primo fra tutti il divieto di conflitti di interesse nei rapporti con gli assistiti. Quanto all’offerta di servizi legali dall’estero, sappiamo che alcuni studi inglesi non stabiliti in Italia hanno lanciato una campagna pubblicitaria rivolta all’accaparramento della clientela che intenda proporre class actions non tanto in Inghilterra, quanto in qualsiasi Paese dell’Unione europea. La campagna è inaccettabile dal punto di vista deontologico, ma anche ingannevole, perché quegli studi vantano una esperienza nel settore che non possono avere acquista, visto che i rimedi collettivi sono una novità anche per loro. Ma le idee sulla circolazione dei servizi legali sono alla base degli studi recenti dei cultori dell’analisi economica del diritto, che stanno disegnando un “mercato globale per i servizi legali”. In questo senso si propone una “competizione giudiziaria” basata sull’efficienQuaderni

61


CONVEGNI E CONGRESSI

za dei sistemi di amministrazione della giustizia e sul libero accesso alle “corti migliori”, sul superamento dei limiti alla scelta del foro competente, sull’agevolazione della esecuzione dei provvedimenti stranieri, sulla riduzione dei costi per le grandi imprese, perché esse possano concentrare il contenzioso e ridurre così le spese legali, profittando della battaglia dei compensi. Si propone persino la libera circolazione delle corti giudicanti. Quanto alla quotazione in borsa, si tratta del passo successivo alla introduzione di tipi sociali collettivi non adeguatamente ritagliati sulla natura della professione forense. Si sa che nel mondo del common law la distinzione tra solicitors e barristers serve anche a questo: a consentire ai solicitors di aggregarsi con formule societarie, mentre i barristers esercitano individualmente; a rendere labile il confine tra servizio legale e operazione commerciale; a considerare l’attività forense come oggetto di attività societaria lucrativa. Se già è considerato contrastante con i nostri canoni l’ingresso nella compagine societaria di un socio di mero capitale, possiamo figurarci quali effetti potrebbe avere la quotazione in borsa con la distribuzione sul mercato di titoli delle società professionali: gli avvocati soci o “dipendenti” della società dovrebbero rispondere del loro operato e del loro fatturato anche agli investitori. La professione forense deve quindi essere “difesa” da questi pericoli, che qualcuno tende ad accreditare come la naturale evoluzione dei mercati e quindi del sistema giuridico e quindi della difesa dei diritti, in giudizio e al di fuori di esso. I principi che reggono il progetto condiviso di riforma della professione forense, in attesa di una testuale compiuta formulazione, tendono proprio a questo: alla formazione di un percorso universitario professionalizzante, alla effettuazione di un tirocinio effettivo accompagnato dalla frequenza alle Scuole, alla rigorosa selezione dell’esame di abilitazione, all’aggiornamento continuo, alla qualità della prestazione professionale, alla assicurazione della responsabi-

62

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

lità civile. Abbiamo raggiunto larghe intese su questi punti; mi è stato conferito dagli Ordini e dalle altre componenti dell’Avvocatura il mandato di tradurre in regole organiche un modello di procedimento disciplinare che assicuri la terzietà senza limitare la funzione degli Ordini territoriali; altri punti sono rimasti sospesi e dovranno essere ulteriormente discussi nel dettaglio, come le regole di accesso, le regole di elezione e di composizione degli organi istituzionali, la modificazione della legislazione esistente in materia di associazioni professionali e la possibilità di introdurre nuovi tipi di esercizio collettivo della professione. In questo frangente, con questa congiuntura economica, dobbiamo però innanzitutto pensare a difendere la professione forense e a renderla nella sua disciplina ancora meritevole del prestigio che ha ricoperto nel passato. 5. La difesa della professione forense. Nel 1947 si celebrava a Firenze il I Congresso nazionale forense dopo la guerra e l’avvento della Repubblica. Ne abbiamo ripubblicato gli atti, che erano ormai consegnati all’oblio, in occasione di questo congresso. Fu un segno simbolico, di cui oggi dobbiamo tenere conto: l’Avvocatura era riuscita a mantenere intatti i suoi valori e la sua funzione, nonostante i grandi rivolgimenti, e aveva partecipato con coraggio e dedizione alla ricostruzione del Paese. Piero Calamandrei, allora presidente del Consiglio nazionale forense, nella relazione di apertura aveva dato atto che in quell’occasione gli avvocati italiani si ritrovavano “come uomini liberi convenuti a discutere senza servilismo e senza consegne caporalesche, i problemi della nostra libera professione”; durante gli anni difficili gli avvocati, in ogni parte d’Italia, avevano testimoniato che “la giustizia, al servizio della quale è la nostra professione, è un impegno grave e solenne, che vale per la vita e per la morte”. Tra le mozioni presentate al I Congresso spicca quella sulla riQuaderni

63


CONVEGNI E CONGRESSI

forma della legge professionale, che si preoccupava di mantenere l’indipendenza dell’Avvocatura e quindi di insistere sul regime delle incompatibilità, terna che costituisce l’oggetto di una diatriba costante, in particolare con riguardo al lavoro dipendente e al lavoro part-time, e auspicava che i concorsi di accesso alla magistratura fossero riservati agli avvocati, cioè a coloro che vivono giorno per giorno le fatiche della amministrazione della giustizia e cooperano perché la soluzione delle controversie sia davvero giusta, cioè equa, efficiente, rapida. Si auspicava anche il ritorno al numero chiuso, sospeso nel corso della guerra, e la riforma dei programmi degli studi delle Facoltà di Giurisprudenza con l’inclusione di un anno dedicato alle esercitazioni pratiche in istituti giuridici, obiettivo che – fallito negli anni passati – si vorrebbe conseguire oggi almeno negli anni futuri. L’eccessivo numero degli iscritti agli albi è una tabella che allignava nella nostra professione già alla fine dell’Ottocento; come si sa lo stesso Calamandrei ne discuteva lucidamente nel suo libro Troppi avvocati? che risale al 1923. Ma vorrei richiamare l’attenzione del legislatore e delle Autorità indipendenti sulle parole che spesso si rincorrono nelle relazioni fiorentine: vi si parla di libertà, di dignità, di decoro, valori che abbiamo consacrato nel nostro codice deontologico e che non siamo disposti a rinnegare. Nel 1957 si celebrava qui a Bologna il IV Congresso nazionale forense. Questa mattina, per l’inaugurazione, ho avuto modo di precisare che il IV congresso non è passato invano, ha tracciato un segno, ci ha lasciato un messaggio, ci ha affidato un legato. La “difesa della professione”, di una professione consapevole e responsabile, era stato uno degli obiettivi del congresso. L’avvocato Angiola Sbaiz, che oggi abbiamo commemorato, ne costituisce un modello alto e nobile. Quando si parla di Avvocatura ci si riferisce alla difesa dei diritti.

64

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

6. Le distorsioni della macchina della giustizia Oggi la macchina di amministrazione della giustizia si è inceppata; la giustizia è malata, lo abbiamo ripetuto in tante occasioni, da ultimo anche nel Congresso celebrato nelle due tornate di Milano e Roma. Tutti si prodigano al suo capezzale, e si agitano, con pochi risultati però. Basta leggere l’impietoso Rapporto 2006 del CEPEJ (la Commissione europea per l’efficienza della giustizia) che, riferito ai dati del 2006, indica il nostro Paese come uno dei peggiori d’Europa in questo settore. Si tratta di dati scoraggianti. Le tavole raccolte nel nono capitolo. documentano ictu ovuli la crisi della giustizia italiana. Comparando modelli tra loro compatibili, come quello italiano, quello francese e quello spagnolo – si trova che all’inizio del 2006 i processi civili pendenti in Italia erano 3.515.535, in Francia 1.101.709, in Spagna 732.590; alla fine dell’anno erano aumentati in Italia di circa 150.000 unità, in Francia e in Spagna di circa 50.000; peraltro oggi in Italia i procedimenti civili pendenti sono più di cinque milioni. Sicché l’Italia compare, sotto questo profilo, al terz’ultimo posto nella graduatoria dei 34 Paesi considerati, preceduta dagli altri Paesi dell’Unione europea, nonché da Turchia, Cipro, Croazia e Bosnia. È a metà della graduatoria per le controversie non contenziose; non è classificata per il contenzioso in materia di proprietà immobiliare, di rapporti commerciali, di vertenze nei confronti della pubblica Amministrazione; è a metà della graduatoria per i procedimenti esecutivi e sest’ultima per la durata dei processi (507 giorni in media per il primo grado), seguita da Slovenia e da quattro Paesi extracomunitari. Molto più incoraggiante è la situazione dei procedimenti penali. Che cosa si è fatto per migliorare la situazione? Si è anche proposto di coinvolgere altre professioni nella amministrazione della giustizia. Non credo che sia questa la via più appropriata e più sicura. Per la verità, nei procedimenti di volontaria giurisdizione e nei Quaderni

65


CONVEGNI E CONGRESSI

procedimenti esecutivi queste proposte lasciano intatto il ruolo dell’avvocato; ma non siamo disponibili a rinunciare al ruolo determinante del giudice per il raggiungimento di accordi matrimoniali; e se si dovesse decidere in questo senso, mi chiedo perché, l’avvocato, legittimato ad autenticare la firma del mandato professionale, non possa, se richiesto da entrambi coniugi o i conviventi, autenticare le loro sottoscrizioni, o provvedervi insieme con il collega avversario, se non vi è mandato congiunto delle parti. E quanto alla raccolta delle prove testimoniali, se si deve procedere con dichiarazioni scritte, è già contemplata la sottoscrizione di moduli predisposti, senza necessità di rivolgersi ad altri professionisti. E poi non è il magistrato il miglior giudice delle prove? Se la raccolta delle prove testimoniali non funziona in udienza, non è certo colpa degli avvocati, ma del sistema che non mette a loro disposizione un apparato efficiente. Il filo rosso che unisce molte proposte in corso di discussione in Parlamento sembra l’uovo di Colombo: anziché rimediare ai mali, li si trasferisce al di fuori della competenza del giudice ordinario, e si aumenta il valore delle controversie assegnate ai giudici di pace, rischiando così il collasso senza interventi sugli organici; oppure si sopprimono le sedi periferiche, senza peraltro considerare che gli uffici giudiziari sono un presidio di legalità e di sicurezza; si semplifica la motivazione delle sentenze, rischiando così l’omissione di motivazione, o addirittura (per i processi di lavoro) si utilizzano modelli standard. E si propone di negare l’accesso alla giustizia di legittimità, negando il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che ha confermato la sentenza di primo grado, violando l’art. 111 della Costituzione, senza considerare che ben altro contenuto dovrebbe avere una riforma meditata della normativa costituzionale; addirittura si propone di elevare le spese di giustizia, senza considerare che agevolare l’accesso alla giustizia è una delle funzioni essenziali dello Stato di diritto. Considerazioni di egual tenore si possono fare là dove la giustizia è negata, come nei casi di liquidazione diretta

66

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

dell’indennizzo in materia di sinistri, nella quale le vittime bisognose sono costrette ad accettare condizioni penalizzanti e quelle più abbienti non ne conseguono alcun beneficio. Gli altri rimedi proposti sono invece da discutere: il processo telematico, che tuttavia è ancora sotto esame nella fase di sperimentazione; la conservazione dei nuovi riti, che non hanno per il momento dato buona prova di sé, come quello societario; i tribunali specializzati, che potrebbero costituire una limitazione al diritto della difesa; le azioni collettive, che nel testo approvato dal Parlamento contiene ambiguità riguardanti la natura degli interessi protetti, gli ambiti di applicazione del rimedio, la concentrazione dei giudizi, gli effetti della pronuncia. E da favorire la mediazione e la conciliazione nelle materie transigibili. A questo proposito l’Avvocatura ha manifestato grande maturità e senso di responsabilità quando ha proposto di costituire presso ogni tribunale un organismo di mediazione e di conciliazione gestito dal locale Ordine forense, il quale può provvedere alla individuazione di esperti mediatori e conciliatori tra i propri iscritti. Nessuno meglio degli avvocati conosce le insidie che si annidano in ogni procedura, anche quelle semplificate della mediazione e della conciliazione, ed occorre pertanto essere esperti di diritto processuale oltre che di diritto sostanziale, per poter assolvere questo compito così delicato. Hanno dato buona prova di sé i consigli giudiziari: ma la riforma si è arrestata a metà, da un lato non includendo tutti i procedimenti nella competenza dei consigli, dall’altro limitando la valutazione degli avvocati sulla qualità e sulla professionalità del lavoro giudiziario. Se le sedute sono pubbliche, non si vede perché al momento della valutazione l’avvocato debba essere umiliato chiedendogli di allontanarsi dal collegio, e di assistere, ma non di partecipare, alle sue deliberazioni. In questa situazione di transizione dobbiamo dunque continuare Quaderni

67


CONVEGNI E CONGRESSI

a fare attività suppletiva. Questi dati non emergono dalle statistiche, né da quelle interne, né da quelle europee. Eppure il sistema si regge miracolosamente sulla supplenza degli avvocati. Ben lo sappiamo svolgendo l’attività in tribunale. La supplenza è di due tipi: quella diretta, che l’avvocato svolge sostituendosi al cancelliere e al giudice in molti adempimenti, compresi il disbrigo delle attività amministrative e la redazione dei verbali; quella indiretta, attraverso l’attività svolta dagli avvocati che fungono da giudici onorari; giudici che superano quasi del doppio l’organico dei giudici ordinari, e che operano in condizioni di precarietà. La supplenza diretta ha tutta l’aria di una prestazione imposta. Quella indiretta mostra il volto vero della giustizia, che peraltro è ignorato dai riformatori. Non vi è gratitudine da parte di nessuno, quasi che l’avvocato, facendo una supplenza doverosa, coltivasse l’interesse del suo assistito, o addirittura il proprio. Insomma, ci chiedono sacrifici ma non ci danno segni di solidarietà. 7. Il ruolo sociale dell’Avvocatura, la difesa dei diritti fondamentali e dei “diritti deboli”. Ricorre quest’anno il sessantennio della Costituzione italiana e della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, e il cinquantottesimo anno della sottoscrizione della Convenzione europea dei diritti umani. L’Avvocatura italiana è stata coinvolta nelle celebrazioni. Proprio in questi giorni a New York è in corso il congresso che dovrebbe fare il punto sulla applicazione della Dichiarazione. Seguirà la seduta di Parigi e l’anno prossimo il congresso di Roma. Per gli avvocati italiani questi appuntamenti costituiscono l’occasione per riflettere sul ruolo sociale della nostra categoria, considerata nel suo complesso, e sull’impegno di ciascuno di noi, nella sua qualità di difensore dei diritti della persona.

68

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Sono quasi passati otto anni dalla sottoscrizione della Carta di Nizza. Oggi, i diritti fondamentali, riconosciuti e garantiti dalla nostra Costituzione, sono considerati alla stregua di principi generali del diritto comunitario e sono consacrati dalla Carta di Nizza, alla quale si è finalmente riconosciuta in modo formale la natura di documento giuridicamente vincolante. E utile ricordare che, prima di essere sottoposti alla delibazione del giudice (nazionale o comunitario), essi debbono essere vagliati e costruiti in modo da essere azionabili in giudizio da parte del difensore. Gli avvocati – recita la risoluzione del 27 novembre 2004 del CCBE – sono i custodi dei diritti umani fondamentali e delle libertà, così come dello Stato di diritto. Questo principio è stato ribadito dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 23 marzo 2006, in cui si riconosce proprio all’Avvocatura una specialità di status, che trae origine non da privilegi corporativi ma dalla sua funzione difensiva. Non solo la tutela, dunque, ma l’essenza stessa dei diritti fondamentali riposa sulla funzione dell’Avvocatura. La funzione sociale, prima ancora che processuale, una funzione “politica” – nel senso alto della parola – congiunta alla sua funzione istituzionale. Due anni fa, proprio in occasione del II Congresso giuridico per l’aggiornamento degli avvocati, il CNF ha posto l’accento sulla esigenza di ripensare l’intero apparato processuale in funzione della difesa di diritti e interessi per far sì che il riconoscimento dei diritti sostanziali, quali emergenti dalla legislazione si trasformi in diritto vivente, e non rimanga lettera morta, come accade quando i rimedi difficilmente praticabili o le procedure sono affidate a riti complessi e di incerta applicazione. I diritti riferiti alla persona non investono solo questioni di natura costituzionale e di natura penale, ma investono direttamente i rapporti patrimoniali oltre che la dimensione morale della persona. Quaderni

69


CONVEGNI E CONGRESSI

Secondo l’orientamento più recente della dottrina l’applicazione dei diritti fondamentali, da qualsiasi documento normativo risultino, o quale espressione di principi fondamentali riconosciuti nel corpus del diritto comunitario, possono essere direttamente applicati ai rapporti tra privati. E quindi possono essere invocati anche dinanzi al giudice nazionale, e non solo essere oggetto di procedimenti dinanzi alla Corte di Strasburgo o dinanzi alla corte del Lussemburgo. Abbiamo ripreso questo tema in occasione del Festival del diritto organizzato a Piacenza alcuni mesi fa; alcune settimane fa abbiamo esaminato il progetto di un codice civile europeo (Draft CFR) pubblicato lo scorso aprile. Questo progetto prevede, tra l’altro, che la libertà contrattuale sia rispettosa dei diritti fondamentali, e che le parti sono obbligate ad osservarli. Per parte sua, la Corte di Giustizia si è prodigata nel diffondere la cultura dei diritti fondamentali. E due sentenze della nostra Corte costituzionale (nn. 348 e 349 del 2007) hanno incluso le norme della CEDU nel dettato costituzionale. La comunità scientifica, la cultura giuridica in senso lato, hanno fatto passi da gigante nella elaborazione dei diritti individuali e collettivi, nell’affermazione del principio di eguaglianza, nella costruzione di un moderno concetto di libertà. A pochi anni o a pochi mesi di distanza dalla elaborazione di questi testi, tuttavia, lo scenario sembra completamente cambiato. Sono emerse molte violazioni del diritti fondamentali, connesse con atteggiamenti discriminatori o restrittivi della libertà di opinione. Si assiste in generale ad una regressione della considerazione, della garanzia e della tutela stessa dei diritti, siano essi catalogabili come fondamentali, come civili o come sociali. In altri termini, si è approfondito il solco tra il diritto scritto e il diritto praticato, tra i diritti riconosciuti e i diritti garantiti. Nessuno poteva immaginare che nel nuovo millennio lo scenario dei diritti si sarebbe presentato con queste tinte fosche e avrebbe suscitato un così fondato allarme. Viene pure sovvertita la naturale convinzione che i diritti – in

70

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

particolare i diritti che riguardano la persona intesa come individuo e la persona intesa come membro di una collettività o di un gruppo – siano oggetto di un processo lineare che si orienta verso sempre maggiori livelli di apprezzamento e di protezione. Oggi quel percorso sembra accidentato, costretto com’è ad attraversare un terreno di sfide, di contrasti, di tentativi di compressione, quando non di vere e proprie violazioni, individuali e collettive. Ai giuristi tutte queste dimensioni sono congeniali, perché essi sono consapevoli del fatto che il diritto non è solo forma, che la regola di legge o la decisione del giudice dispiegano effetti economici e sociali, che la pratica del diritto, cioè la effettività della garanzia, si misura con il suo riconoscimento davanti al giudice e con la sua realizzazione, che si esprime con la irrogazione della sanzione, con la soddisfazione della lesione, con la prevenzione della violazione. Vi sono poi diritti deboli perché controversi. Vi sono ancora diritti deboli perché la legge è oscura: ma si badi, la debolezza non è intrinseca alla applicazione della legge; l’oscurità della legge, che dovrebbe essere ragione di imputazione di una colpa al legislatore che l’ha scritta, diventa una esimente, cioè una ragione di esclusione della colpa del danneggiante. Diritti forti diventati deboli, diritti deboli perché controversi, diritti deboli perché riferiti a soggetti deboli. In questo variegato e preoccupante scenario si rafforza il ruolo dell’Avvocatura. Spetta agli avvocati – in prima linea – rilevare le manchevolezze della legge, la lesione dei diritti, l’uso dei rimedi giurisdizionali. Per la verità, chi esercita una professione intellettuale non può non svolgere un’attività che ha un riflesso sociale, e pensiamo – appunto – all’avvocato che difende i diritti, al medico che difende la salute e così via, quindi è quasi connaturale la responsabilità sociale nell’esercizio di un’attività intellettuale, cioè per connotare l’attività intellettuale c’è una componente, una vena, un aspetto di carattere sociale. Quaderni

71


CONVEGNI E CONGRESSI

L’avvocato difende i diritti e non deve, ovviamente, scendere a compromessi con il potere. E li difende ormai necessariamente oltre i confini nazionali. 8. La formazione dell’avvocato europeo. E per questo che il Consiglio nazionale forense – e quale altra istituzione potrebbe farlo? – si preoccupa della formazione dell’avvocato che esorbita dai confini nazionali e abbraccia i confini dell’Unione europea. Al convegno su “La formazione dell’avvocato in Europa”, tenutosi pochi giorni fa a Roma, è stata sottoscritta una dichiarazione comune da parte delle ventotto delegazioni partecipanti, la quale ha tenuto conto della Raccomandazione del CCBE, approvata il 23 novembre 2007, riguardo ad una formazione comune, ad una deontologia comune, ad una professione qualificata valutata secondo parametri unitari. La dichiarazione è volta a promuovere percorsi formativi comuni alle Avvocature nazionali sia nel tirocinio sia nell’aggiornamento continuo, la effettuazione di stages e di scambi, e il mutuo riconoscimento dei crediti. D’altra parte, pur essendo la professione forense vincolata alle tradizioni culturali e alle prassi nazionali, vi sono materie comuni quali la deontologia, i diritti fondamentali, il ragionamento giuridico, i principi generali, il diritto comunitario, la cooperazione giuridica, che possono essere impartite unitariamente e mutualmente in ciascuno dei Paesi dell’Unione. D’altra parte, oggi non è possibile pensare all’avvocato se non in termini di dimensione europea. Noi consideriamo l’Europa come una geometria variabile, cioè non soltanto composta dai Paesi membri dell’Unione Europea, ma anche composta dai Paesi che hanno avviato i negoziati per l’ingresso nell’Unione Europea, e Paesi dell’Europa mediterranea che sono – come ci insegna la storia – esponenti di una cultura o di culture che non hanno solo finalità commerciali, ma, a partire dai primordi della fondazione del pensiero umano, si occupano di valori fondamentali della persona, quindi abbiamo una concezione d’Europa molto aperta.

72

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Uno degli scopi fondamentali della Scuola dell’Avvocatura del Consiglio nazionale forense, con le iniziative parallele del CCBE e delle Avvocature nazionali, consiste nel coltivare la dimensione etica della professione. Ne abbiamo discusso di recente anche a Lipari in un Convegno nel quale abbiamo cercato di capire quali sono le fonti, le fonti normative, quelle delle consuetudini, le fonti anche in senso lato culturali, che stanno alla base di questa dimensione etica. Prima di tutto, per quanto riguarda l’avvocato o il giovane che si vuole avviare alla professione forense, il primo obbligo, il primo impegno che noi cerchiamo di agevolare è quello dello studio del diritto sostanziale e del diritto processuale. Nelle loro iniziative sia la Scuola che il Consiglio nazionale forense prendono in considerazione lo studio del diritto sostanziale e del diritto processuale non soltanto sotto il profilo istituzionale/nozionistico, ma in particolare nell’ottica dell’esercizio della professione, quindi con una curvatura e con una dimensione pratica, professionale. Evidentemente si tratta di una dimensione che ha una sua nobiltà e, nello stesso tempo, anche una sua complessità che molte volte, nel corso degli studi universitari, viene soltanto sfiorata. Spetta poi alle scuole, in particolare alle Scuole forensi che si dedicano in Italia alla formazione dei praticanti, e alle altre iniziative promosse per l’aggiornamento di chi è già avvocato, coltivare questa dimensione. Questa è una dimensione che viene sviluppata soprattutto dopo la formazione universitaria, con l’aiuto di coloro che sono gli esponenti della professione forense. In che cosa consiste? Tutti noi lo abbiamo appreso molte volte soltanto sulla base dell’esperienza personale, quindi sulla base del sacrificio, di un quotidiano apprendimento e sulla base di un disegno personale di costruzione del proprio modo di esercitare la professione. Le Scuole hanno proprio una finalità specifica, cioè offrire a tutti Quaderni

73


CONVEGNI E CONGRESSI

coloro che le frequentano modelli che possono essere dati come guida per la formazione professionale, quindi non più una formazione individuale, non più una formazione che si affida alla occasionale esperienza quotidiana, ma una riflessione su modelli che sono da un lato condivisi e, dall’altro, sono già stati in qualche modo oggetto di verifica, grazie alla saggezza e all’esperienza di coloro che, insieme con noi e prima di noi, hanno svolto la professione e che ci possono indicare con il loro modo di operare, con la costruzione della strategia della causa e della difesa, con il loro modo di aggiornarsi quotidianamente, l’insegnamento che ci è utile per poter proseguire, approfondire e soprattutto esprimere al meglio l’attività professionale. Nelle Scuole possiamo discutere i valori che riguardano anche l’attività economica e l’attività professionale, ma che devono essere considerati in una posizione secondaria rispetto ai valori fondamentali della persona. Perché parlo di “una posizione secondaria”? Perché l’interpretazione che spesso si dà dei valori che stanno alla base dell’Unione Europea è un’interpretazione di carattere economico o forse potrei dire economicistico, quasi che l’Unione Europea e, quindi, la formazione dell’avvocato europeo dovesse ritenere che il primo ed importante valore sia quello del mercato e della concorrenza nel mercato. Questo è soltanto uno degli aspetti del diritto comunitario ed uno degli obiettivi dell’Unione Europea. All’origine, nel Trattato di Roma del 1957, questo era l’aspetto prevalente, se non forse quello esclusivo, ma via via, con il tempo, sia le competenze, sia le finalità, sia i valori che stanno alla base dell’Unione Europea si sono arricchiti ed hanno coinvolto i diritti fondamentali della persona. Di fronte ai diritti fondamentali della persona il mercato deve soggiacere, in altri termini il principio che in una gran parte dei Paesi dell’Unione Europea, e in Italia in particolare, è prevalso che qualsiasi valore diverso rispetto a quello dei diritti fondamentali sia un valore che deve non soltanto essere contemperato con i diritti fondamentali,

74

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

ma, nel caso in cui fosse in contrasto con questi ultimi, è un valore che deve cedere rispetto alla tutela dei diritti fondamentali. Un aspetto interessante della formazione professionale dell’avvocato europeo è dato dal diritto vivente. La dimensione professionale dello studio e della formazione del giurista, che si dedica all’Avvocatura, deve essere uno studio non soltanto di carattere teorico, ma di carattere pratico e deve tener conto del diritto vivente, cioè del diritto effettivamente applicato, che si compone della giurisprudenza, quindi delle regole giurisprudenziali, si compone dei moduli che vengono utilizzati per la redazione dei contratti e degli atti processuali, quindi delle prassi di carattere contrattuale e di carattere processuale; insomma, di ciò che arricchisce la regola scritta e che in ogni momento storico prenda in considerazione, con una certa dose di relativismo, qual è il diritto effettivamente praticato, qual è il significato effettivo, concreto, che la regola giuridica ha. A questa dimensione di carattere professionale, collegata con il diritto vivente, la formazione professionale dell’avvocato deve essere anche considerata sotto il suo profilo rimediale: sono i rimedi quelli che consentono all’avvocato di esercitare la sua professione in pienezza. I rimedi. I rimedi posti a difesa dei diritti spesso sono difficili da attivare: l’accesso alla giustizia può essere costoso, può essere complesso; se il sistema della giustizia non funziona o non funziona in modo efficiente, i diritti nella realtà concreta non ricevono una loro effettiva garanzia. 9. L’immagine dell’Avvocatura. La professione forense, tanto dileggiata nei secoli, forse perché la giustizia è espressione di una alta funzione ma anche di un potere, con il quale l’avvocato, che è parte essenziale di questo sistema, viene a contatto, sembra oggi messa in crisi sia dalla concezione Quaderni

75


CONVEGNI E CONGRESSI

mercantile dei servizi legali sia dalla perdita di fiducia del cittadino nella amministrazione della giustizia. Tuttavia, come si cercherà di porre in luce nella tavola rotonda di domani, non è questo ciò che pensano gli assistiti dei propri difensori, non è questo ciò che l’opinione pubblica ritiene, anche se i mezzi di comunicazione tendono ad accreditare, in tutte le loro variegate dimensioni, un’immagine negativa dell’Avvocatura. Questo pregiudizio è smentito anche dal ricco programma dei lavori congressuali, che investono temi problematici oggi sottoposti al vaglio del professionista accorto e competente. Un professionista che – come ci insegnava Calamandrei – ha “fede nel diritto” ed è consapevole che solo militando con unità di intenti e con il coordinamento delle iniziative è possibile conservare l’indipendenza della categoria, la fiducia degli assistiti, il rispetto delle istituzioni. E con questo augurio che dichiaro aperti i lavori congressuali.

76

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Consigli Giudiziari: il nuovo ruolo dell’avvocatura Bologna 13-16 novembre 2008 di ANTONIO GIORGINO* Accesso alla Giustizia: garanzia effettiva o utopia? All’inquietante, ma aimè, sempre attuale interrogativo, chi vi parla, che ha avuto l’onore di ricoprire ruoli apicali nella rappresentanza istituzionale e politica della classe forense, ritiene che una risposta, con prudente ottimismo, possa venire proprio dal nuovo ruolo dell’Avvocatura nei Consigli Giudiziari con le sue pur limitate opportunità. Attraverso l’uso del linguaggio della verità, in termini obbligatori e non opzionali, respingendo così quella miopia assai diffusa e deleteria di categoria, che sovente non è riuscita ad individuare le cause della grave crisi della nostra giustizia e quindi del suo doveroso accesso per i cittadini, onde ottenere un servizio accettabile in termini di resa, va subito detto che la riforma dell’ordinamento giudiziario, di cui alla legge Mastella del 30 luglio 2007 n.111, sotto alcuni profili ed aspetti, si muove in questa direzione propositiva, se è vero come è vero che apre una nuova stagione nei rapporti tra magistrati ed avvocati, nel senso che chiama gli avvocati nell’organizzazione e nel razionale funzionamento degli uffici giudiziari da cui certamente dipende l’accesso più o meno facile alla giustizia per i cittadini, in termini di accelerazione della durata dei processi. Come addetto ai lavori, in quanto componente del Consiglio Giudiziario Distrettuale di Bari, sia pure con la limitata esperienza di circa sei mesi, senza alcun velleitarismo, intendo offrire ad oltre * Vice Presidente OUA.

Quaderni

77


CONVEGNI E CONGRESSI

1000 delegati, in rappresentanza di circa 150 ordini forensi, alcune considerazioni e riflessioni. Il Consiglio Giudiziario, in quanto organo ausiliario sottordinato al C.S.M. (trattasi di subordinazione funzionale e non gerarchica), nella sua attuale e recente disciplina, rappresenta, dopo un lungo e travagliato dibattito istituzionale interno ed esterno alla magistratura, un punto di riferimento nel collegamento tra la stessa magistratura e la società, attraverso l’apertura, per quanto attiene alla sua composizione, ai membri laici cioè agli avvocati, e ad un decisivo ampliamento delle competenze, sul versante delle funzioni. La legge di riforma approvata, in attuazione di alcuni snodi importanti, come la composizione dei Consigli e le competenze delegate, a mio parere, ha realizzato un apprezzabile equilibrio tra le esigenze dell’autogoverno previste da una rigorosa applicazione dell’art. 105 della Costituzione e l’apertura di questi organismi verso l’esterno. Pur con qualche rispettosa e doverosa protesta per la esclusione dei membri laici avvocati dalle valutazioni relative alla carriera dei magistrati, nell’attualità del sistema, i componenti laici partecipano, oggi come oggi, alle delibere di competenza per la formazione delle tabelle degli uffici giudiziari, alla vigilanza sulla loro attuazione, all’organizzazione ed al funzionamento degli uffici; alla vigilanza sul loro regolare andamento attraverso le cosiddette commissioni-flusso, all’organizzazione ed al funzionamento degli uffici del Giudice di Pace. In questo contesto i Consigli Giudiziari, così riformati, costituiscono una nuova frontiera per il recupero di un insieme di valori condivisi sui temi della giustizia ma al tempo stesso, purtroppo, una nuova linea di difesa dell’autonomia della magistratura senza incentivare quella cultura della responsabilità che sta alla base dell’idea stessa dell’autogoverno e del decentramento, come strumenti per la democratizzazione dell’assetto della giurisdizione e per il miglioramento della sua efficienza alla cui fattiva realizzazione gli avvocati intendono contribuire in maniera concorrente ma non subalterna con i magistrati.

78

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

In sede di prima applicazione della nuova normativa, la partecipazione o meno della componente laica in materia di valutazione della magistratura onoraria, diversa dal Giudice di Pace, ossia di G.O.T. e di V.P.O., è stata posta in discussione e l’ufficio legislativo del C.S.M., interpellato in merito, esprimeva, sia pure con apprezzabili riserve, parere negativo, riservando la competenza ai soli giudici togati, per una sorta di non condivisibile autoreferenzialità e di un ingiustificato arroccamento conservatore. Parere che il 10 settembre scorso veniva consacrato in una formale delibera del C.S.M., pur nella valutazione di varie ipotesi di riserva di competenza, al Consiglio Giudiziario in sede ordinaria cioè riservato alla partecipazione dei soli togati. Tutto questo denota da parte dei magistrati un arretramento culturale ed una visione della giustizia in senso corporativo e non con uno spirito di servizio nel quale coinvolgere a tutto campo altri soggetti della giurisdizione. Il quadro normativo dell’attuale composizione del Consiglio Giudiziario dà l’immagine di una struttura non più fissa ma “a geometria variabile”, nel senso che varia a seconda dell’organico dei magistrati del distretto e della connessa mole di lavoro con tre tipologie: una prima ordinaria o ristretta di cui fanno parte solo i togati, una seconda che si definisce allargata con la partecipazione di avvocati e professori universitari ed una terza cui si aggiungono i rappresentanti dei giudici di pace. L’apertura ai c.d. laici, purtroppo ridimensionata rispetto alla previsione legislativa originaria, è una delle novità della riforma. Quanto alla competenza cosiddetta allargata del Consiglio, cioè con la partecipazione di avvocati e professori universitari, questa è riservata alle sole decisioni inerenti ai pareri sulle tabelle degli uffici giudicanti e sulle tabelle infradistrettuali, ai criteri di assegnazione degli affari ed alla sostituzione dei giudici impediti (art.15, comma 1, lettera a, D.L.vo 25/2006), la vigilanza sull’andamento degli uffici Quaderni

79


CONVEGNI E CONGRESSI

giudiziari del distretto (art.15, comma 1, lettera d, D.L.vo 25/2006) l’organizzazione ed il funzionamento degli uffici del Giudice di Pace (art.15, comma 1, lettera e, D.L.vo 25/2006). Segnalo alla Vostra attenzione uno degli aspetti peculiari della riforma dell’Ordinamento Giudiziario che attiene ai rapporti tra componenti togati e componenti laici e nei quali si sta tracciando un percorso degno di ogni considerazione. È necessario creare, sviluppare una comune sensibilità sui temi della giurisdizione con una serie di iniziative atte a creare momenti di collegamento tra magistratura e società di cui gli avvocati sono insostituibili intermediari, in cui le nuove composizioni possono costituire esse stesse una nuova linea di difesa dell’autonomia della magistratura da condizionamenti pregiudizievoli per i valori della giurisdizione. Timidi segnali positivi provengono dal C.S.M. con le iniziative per una attività formativa comune in uno spirito di reciproco rispetto. Un’altra esigenza, avvertita dall’Avvocatura, è quella di una regolamentazione comune nei 26 Consigli Giudiziari, secondo direttive concordate su linee guida. Per concludere va riaffermata la necessità di ripercorrere la strada della comune cultura della giurisdizione attraverso altre iniziative; l’Avvocatura può e deve perseguire il fine del buon funzionamento degli uffici giudiziari in quanto l’efficienza del sistema giustizia non può prescindere dalla valutazione dei magistrati in termini di produttività. In questa prospettiva la valutazione dei magistrati estesa anche agli avvocati, come fine da perseguire in prospettiva: una prospettiva, come sostiene la Collega Tinelli del C.S.M., che non può escludere la reciprocità di fronte ad uno scenario che consente ambiti di valutazione nei confronti del singolo avvocato. Il legislatore ha fornito all’Avvocatura un nuovo strumento che le consente di svolgere meglio e con maggiore incisività il proprio ruolo sociale e l’Avvocatura non può permettersi di non farne un buon

80

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

uso. In occasione dell’incontro, qualche mese fa, con i Colleghi rappresentanti nazionali dell’ALGA, il Capo dello Stato sottolineava, – riferisco le sue testuali parole –, l’importante ruolo propulsivo che l’Avvocatura – quale soggetto essenziale della giurisdizione – può svolgere fungendo da terzo polo affinché la politica non si senta minacciata dalla magistratura e la magistratura non si senta prevaricata dalla politica. Il ruolo perciò degli avvocati chiamati nel numero di 62 a far parte dei Consigli Giudiziari, a mio parere, deve rappresentare una parte assai significativa di questo terzo polo che, abbandonando la denuncia e la critica, indicherà a medio o lungo termine, in un clima di leale collaborazione tra la magistratura ed il mondo politico, le soluzioni praticabili. Alla Magistratura desidero rivolgere un appello che è quello di non farsi sfuggire questa opportunità, di rinnovarla grazie al fattivo e costruttivo confronto con l’avvocatura in posizioni paritarie, così superando quegli steccati culturali, per tanti anni frapposti, per esempio, nell’applicazione dell’art.106 della Costituzione, per raggiungere tutti insieme l’obbiettivo ormai non più rinviabile di migliorare il servizio giustizia del nostro paese e rispondere così con cauto ottimismo all’interrogativo iniziale. I Consigli Giudiziari, per chi vi parla, hanno sempre rappresentato una più che legittima aspirazione per gli avvocati a farne parte a pieno titolo e senza limitazioni di sorta per mettere a disposizione, della Magistratura e della società civile, la loro esperienza, la loro professionalità ed il loro impegno supportati da onestà intellettuale, da rigore morale e deontologico. A questo impegno richiamo tutti i Colleghi che hanno il privilegio, ma anche il gravoso compito, di far parte dei Consigli Giudiziari per assicurare ai cittadini un servizio giustizia di cui il nostro Paese possa tornare a sentirsi fiero ed orgoglioso con il contributo determinante, certamente non esclusivo, degli Avvocati. Grazie

Quaderni

81


CONVEGNI E CONGRESSI

XXIX Congresso Nazionale Forense Bologna 13-16 novembre 2008 MOZIONE POLITICA Il XXIX Congresso Nazionale Forense, riunito in Bologna nei giorni 13-16 novembre 2008, preso atto della perdurante assenza di un serio e complessivo progetto di riforma della giustizia, clamorosamente confermata dall’ennesimo intervento emergenziale sul processo civile in discussione al Parlamento, in un sistema nel quale i procedimenti si distinguono ormai dall’anno di instaurazione del processo, divenuto ormai oggetto di se stesso, tenuto conto dell’intervento all’assise congressuale del Ministro di Giustizia e degli impegni assunti tra cui l’imminente presentazione di una legge volta all’unificazione dei riti del processo civile, il ripensamento delle proposte di modifica al codice di procedura ed in particolare della introduzione di filtri per il giudizio in Cassazione, nonché la riforma dell’ordinamento professionale forense, osserva l’ansia di deflazione indiscriminata e sommaria del processo, contro lo stesso dettato dell’articolo 111 della Costituzione, allontana

82

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

progressivamente la giustizia concretamente attuata dal processo da quella sostanziale. L’Avvocatura italiana ha ripetutamente reclamato una riflessione complessiva sul sistema e sui modelli di protezione dei diritti e degli interessi in vista di una nuova architettura delle tutele, tanto più urgente per l’incomprimibile aumento della domanda di giustizia e per il tramonto dello Stato nazionale come fonte unica del diritto e quindi della sua attuazione. Di tale riflessione, tuttavia, essa sola, tra i corpi sociali organizzati, sembra essersi fatta carico, promuovendo la Conferenza Nazionale per la Giustizia, con l’obiettivo di estendere il dibattito e sensibilizzare al tema Governo, Parlamento, magistratura, forze politiche e parti sociali. Bisogna prendere atto, tuttavia, che la convergenza tra una politica di piccoli orizzonti e la vischiosa resistenza della magistratura ad ogni ripensamento della propria funzione, ha fin qui determinato una pericolosa deriva tecnocratica della giurisdizione, priva di giustificazione sistematica e, talvolta, anche di legittimazione democratica, non impedendo che, come con l’ultima riforma proposta, si arrivi ad investire un organismo giurisdizionale di un potere che va ben oltre l’interpretazione, con ciò dimenticando che i sistemi giuridici basati sullo stare decisis hanno strumenti di bilanciamento e ricambio (nomina popolare, temporaneità, ecc.) di cui il nostro ordinamento è privo. Per rimediare a tale squilibrio è necessaria una scelta di sistema, o sulla via di avvicinamento al diritto uniforme, ovvero rimuovendo le alterazioni incoerenti con la tradizione giuridica continentale, come le recenti previsioni di inammissibilità nei ricorsi per cassazione. L’Avvocatura italiana respinge la via puramente emergenziale della deflazione indiscriminata a costo zero e della sommarizzazione del processo con ciò 1) riaffermando l’esigenza di una vigorosa e moralizzatrice riorQuaderni

83


CONVEGNI E CONGRESSI

ganizzazione delle risorse (personali, professionali, deontologiche, tecnologiche, fmanziarie) esistenti, anche sulla base di modelli già sperimentati (quali, tra gli altri, le ormai note esperienze della Procura di Bolzano e del Tribunale di Torino); 2) ribadendo l’imprescindibile allocazione delle risorse necessarie, quanto meno attraverso la copertura degli organici attuali, insufficienti; l’eliminazione dei tagli e, appena possibile, la destinazione di ulteriori apporti; 3) sottolineando l’urgenza di una radicale semplificazione e di una tendenziale unificazione dei riti del processo civile, nel rispetto del principio dispositivo, che appare – tanto più nella prospettiva del processo telematico – una delle vie obbligate per razionalizzare e fluidificare una giurisdizione oggi collassata. In tale contesto possono inserirsi le azioni collettive, a condizione che l’accesso alle stesse venga consentito senza limitazioni di legittimazione nel rispetto del diritto di difesa. Solo una giurisdizione davvero efficiente potrà rendere efficaci gli strumenti di ADR, che diverrebbero così certamente appetibili. In materia amministrativa e tributaria l’avvocatura rivendica la propria qualità di protagonista del processo di crescita della cultura di effettiva difesa del diritto del cittadino nei confronti della Pubblica Amministrazione. Nel nostro sistema esistono carenze ed incongruenze, per effetto delle quali la posizione giuridica del privato verso l’Amministrazione troppe volte non ottiene effettiva soddisfazione, in relazione al bene della vita che risulta leso. Deve registrarsi l’invito, autorevole e non isolato, a rivalutare l’opportunità di unificare le due giurisdizioni, valorizzando e implementando l’idea della creazione di sezioni specializzate che siano portatrici della stessa cultura ed esperienza del giudice amministrativo, ma che possano riunire in sé i poteri e gli strumenti di entrambe le giurisdizioni.

84

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Nell’ambito della giustizia penale va riaffermata una tutela effettiva tenendo conto delle vere cause delle disfunzioni del sistema a partire dai soggetti della giurisdizione. È improcrastinabile ottenere e garantire la terzietà del giudice ed autonomia e indipendenza della magistratura e della giurisdizione: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, separazione della magistratura dalla politica per evitare contaminazioni dell’una e dell’altra, riforma del CSM, riforma della magistratura onoraria e dei giudici di pace. Fermo il principio di obbligatorietà dell’azione penale, questo non può essere un mito per nascondere l’esercizio discrezionale da parte della magistratura, ma deve rispondere quantomeno a criteri legali per il suo esercizio. La definizione dei principi di politica criminale è compito del potere legislativo: lo impone anche il principio di eguaglianza. Il necessario legame tra il diritto penale sostanziale e quello processuale, in un quadro organico e coerente, deve portare alla ridefinizione della soglia dell’intervento penale in senso stretto giungendo a un diritto penale essenziale, attuale e realizzabile, e ad una riflessione complessiva e coordinata sulle sanzioni. Devono essere abbandonate visioni simboliche ed emergenziali del diritto penale e deve essere introdotta la riserva di codice e di legge organica, per cui le nuove norme penali possano essere ammesse solo se modificano il codice o se previste in leggi organiche che disciplinano una determinata materia. Va riaffermata la validità del processo accusatorio contro tentazioni o derive inquisitorie, nonché interventi mirati sugli snodi che oggi presentano criticità. Il processo penale non può essere ritenuto strumento di lotta alla criminalità ma deve rappresentare la verifica della pretesa punitiva dello stato nei confronti della persona accusata. I processi devono ritornare nelle aule di giustizia davanti al loro Quaderni

85


CONVEGNI E CONGRESSI

giudice naturale, nei tempi, nei luoghi e con le modalità del giusto processo: occorrono quindi interventi, non solo etici, contro la loro sovraesposizione mediatica, che riconducano nel corretto alveo il rapporto tra giustizia e informazioni. Anche l’Avvocatura è chiamata a rinnovare se stessa. È ineludibile e indefettibile la riforma dell’ordinamento professionale forense per garantire qualità della prestazione e qualificazione professionale dell’avvocato. Accesso, formazione, aggiornamento e specializzazione sono punti qualificanti e fondamentali di una riforma coerente con le trasformazioni della società e con il nuovo contesto europeo. La difesa d’ufficio ed il patrocinio dei non abbienti devono diventare sempre più efficaci e l’avvocatura dovrà fare responsabilmente la sua parte. L’Avvocatura è unita nel respingere ipotesi di mero taglio delle strutture esistenti, con scelte tese a contenere la spesa pubblica, ma non ispirate a corretti criteri di razionalizzazione e di sicurezza dei cittadini. Nel contempo, l’Avvocatura è consapevole sia dell’opportunità di modernizzazione dell’attuale sistema, sia di un profondo sforzo culturale, per individuare nuovi corretti metodi di intervento onde recuperare efficienza ed efficacia. In quest’ottica, in vista di una stagione di riforme sull’amministrazione della giustizia sotto il profilo processuale ed organizzativo, gli avvocati ritengono che, ancor prima di porsi il problema della distribuzione degli uffici sul territorio, sia indispensabile comprendere quale tipo di processo regolerà i rapporti contenziosi tra i cittadini e quale tipo di processo governerà il sistema penale. In ogni caso, non trascurabili e di sicuro riferimento dovranno essere parametri quali la popolazione, la morfologia dei territori, le infrastrutture (viabilità, edilizia giudiziaria, ecc.), il tessuto socioeconomico di riferimento, attuale e futuro, la natura degli affari trat-

86

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

tati, la presenza di criminalità organizzata. Ciò posto, l’Avvocatura, anche su questo tema, è pronta a continuare a svolgere il suo ruolo di interlocutore essenziale e necessario, per affrontare il problema in maniera seria ed intelligente, al fine di pervenire alle scelte più giuste. esprime contrarietà, di metodo e di merito, ad interventi parziali ed in larga misura velleitari, che manifestano una visione burocratica della giustizia, lontana dalla più moderna concezione ormai patrimonio dell’UE, di servizio destinato ai cittadini e alle imprese, per la soluzione dei conflitti attraverso un processo giusto che si concluda in tempi ragionevoli; auspica che gli impegni assunti dal Ministro e la disponibilità da questi manifestata all’assise congressuale possano trovare piena rispondenza nell’attività del Legislatore avviando l’attesa stagione di riforme. Pertanto, il XXIX Congresso Nazionale Forense CHIEDE al Governo ed al Parlamento di cessare dagli interventi parziali ed emergenziali facendosi altresì carico di una riforma complessiva della giurisdizione nei sensi sopra indicati; di adoperarsi affinché sia celermente approvata una legge di riforma dell’ordinamento professionale forense, secondo le indicazioni dell’avvocatura italiana. RINNOVA PERTANTO L’INVITO a una complessiva riflessione sul sistema delle tutele e della risoluQuaderni

87


CONVEGNI E CONGRESSI

zione dei conflitti con il concorso dell’avvocatura e il confronto di tutti i soggetti della giurisdizione. INVITA INFINE a proseguire nell’attività di riforma secondo le linee indicate nelle premesse e sulla base degli impegni assunti anche in sede di Congresso da parte del Ministro. Bologna, 15 novembre 2008

88

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Associazione Nazionale Stampa Forense

Riunione Consiglio Direttivo Bologna 14.11.2008

Il giorno 14.11.2008, alle ore 17.00, in Bologna, presso la sede congressuale, si riunisce il Consiglio Direttivo dell’A.STA.F., giusta avviso di convocazione del 3.11.2005. Sono presenti: Rapanà, Romano, Pacifico, Barilli, Giacomelli e Baldassarre per il Consiglio Direttivo, nonché Carbone, Conte, Cogliati, Esposito, Ficarelli, Franzese, Scoponi. Assiste la giornalista Raccuja per l’ufficio stampa. Si procede con la discussione sui punti all’ordine del giorno di cui al citato avviso di convocazione. 1) Approvazione verbale precedente riunione Viene data lettura del verbale della precedente riunione del C.D., poi approvato all’unanimità. 2) Conferimento deleghe operative Su proposta del Presidente l’argomento viene rinviato alla prossima riunione. 3) Statuto ASTAF Su proposta del Presidente l’argomento viene rinviato alla prossima riunione. 4) Incontro a Pescara per ventennale PQM e Seminario Direttori testate ASTAF Pacifico illustra ai presenti il programma delle iniziative per il ventennale della rivista PQM. Si sofferma prima sul convegno che PQM organizzerà a Tocco da Casauria, centro della provincia di Pescara, incentrato sulla figura del giurista Francesco Filomusi Guelfi Quaderni

89


CONVEGNI E CONGRESSI

e poi sul Seminario che si terrà il giorno dopo a Pescara, riservato ai direttori delle testate giornalistiche aderenti all’ASTAF. Diffonde materiale riguardante i due eventi ed anticipa a tutti i presenti l’invito a parteciparvi. 5) Incontro a Nola per premio in comunicazione giuridica Romano riferisce sullo svolgimento del Premio giornalistico in comunicazione giuridica – ASTAF – svoltosi a Nola. Si sofferma sulle fasi salienti della manifestazione, evidenziandone la buona riuscita. Prende poi la parola Franzese, il quale ribadisce che era intenzione sua e degli organizzatori creare una sinergia tra l’Ordine di Nola, la Rivista e l’ASTAF, non certo provocare divergenze. Intervengono successivamente sull’argomento Rapanà, Cogliati, Esposito, Ficarelli, Pacifico. 6) Quota adesione anno 2009 Dopo breve discussione il Consiglio Direttivo delibera all’unanimità di lasciare invariate nell’anno 2009 le quote di adesione all’ASTAF, ossia euro 400,00 per le testate facenti capo ad ordini ed istituzioni ed euro 250,00 per le altre. 7) Proposta per visita a Bruxelles, Aia o Lussemburgo Il Consiglio si sofferma ad analizzare la possibilità di compiere un nuovo viaggio a Bruxelles, o in alternativa a L’Aia o in Lussemburgo. Si decide di approfondire l’argomento e di assumere decisioni in merito in una delle prossime riunioni. 8) Varie ed eventuali La prossima riunione del Direttivo si terrà a Pescara il 6.12.2008 in occasione del Seminario dei direttori delle testate giornalistiche ASTAF: Alle ore 18.00 la riunione ha termine. Il Segretario Avv. Marcello Pacifico

90

Il Presidente Avv. Mario Rapanà Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Associazione Nazionale Stampa Forense

Seminario Direttori Testate Pescara 06.12.2008

Il giorno 06.12.2008, alle ore 10.00, in Pescara, presso l’Hotel Esplanade, si aprono i lavori del 1° Seminario dei Direttori delle testate giornalistiche aderenti all’ASTAF. Sono presenti: Baldassarre (Diritto e Rovescio, Bergamo) Barilli (Notiziario Forense Reggiano, Reggio Emilia) Conte (Quaderni, Brindisi) Esposito (Impegno Forense, Nola) Ficarelli (Notiziario Forense Reggiano, Reggio Emilia) Florio (Bologna Forense) Maione (Realtà Forense, Bari) Pacifico (Avvocati a Pescara) Petrone (SIAP Notizie, Taranto) Romano (La Giustizia Oggi, S.M. Capua Vetere) Scoponi (PQM, Pescara) Prende la parola Guido Scoponi, il quale porge il proprio saluto ai presenti, ringraziandoli della loro partecipazione sia al convegno organizzato per il ventennale della rivista PQM di Pescara, incentrato sulla figura del giurista Francesco Filomusi Guelfi, sia alla serata di gala, sia al Seminario riservato ai direttori delle testate giornalistiche aderenti all’ASTAF. Prende poi la parola Mario Romano, vicepresidente ASTAF, il quale ringrazia Scoponi, Pacifico e quant’altri si sono adoperati per la piena riuscita del convegno del giorno prima a Tocco Casauria e per la bella serata celebrativa di PQM. Si compiace della buona presenza di direttori di testate ASTAF al Seminario e comunica che il Quaderni

91


CONVEGNI E CONGRESSI

Presidente Mario Rapanà, a causa di una improvvisa indisposizione, si è trovato nell’impossibilità di presenziare. Prende la parola Marcello Pacifico, il quale ugualmente porge il proprio saluto ai presenti e passa poi ad illustrare le ragioni che hanno indotto l’ASTAF a organizzare questo primo Seminario dei direttori delle testate giornalistiche aderenti all’Associazione della Stampa Forense. Si sofferma sul ruolo dell’ASTAF, sia quale associazione esponenziale e rappresentativa delle riviste giuridico-forensi, sia quale struttura di servizio e coordinamento delle testate, diretta a favorire sinergie tra operatori del settore. In questa ottica si pone il Seminario, una iniziativa cui l’ASTAF pensava da tempo e che deve costituire un punto di partenza per favorire lo scambio di esperienze tra le riviste associate. I SESSIONE Pacifico si sofferma ad illustrare alcune importanti questioni che l’ASTAF dovrà affrontare per poter continuare a svolgere un ruolo importante nel settore dell’informazione giuridico-forense. La prima è quella dell’eventuale apertura a forze nuove e, segnatamente, ad avvocati-giornalisti che non siano inseriti nel contesto delle testate, già iscritte all’ASTAF. La seconda è quella riguardante il ruolo dell’ASTAF nel contesto dell’Avvocatura, ossia se essa deve restare una associazione di servizio operante sul fronte dell’informazione e comunicazione giurido-forense, ovvero se deve guardare al futuro in un’ottica diversa, perseguendo la strada del riconoscimento quale soggetto esponenziale di una parte dell’avvocatura, ovviamente nel settore di competenza. Seguono vari interventi:

Petrone: l’aspirazione dell’ASTAF di diventare un soggetto amplificatore di altre realtà istituzionali dell’avvocatura non ha avuto fin qui positivi riscontri. L’apertura dell’ASTAF verso gli avvocatigiornalisti e dunque non più solo alle testate giornalistiche risponde

92

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

ad un’esigenza di mutamento genetico dell’associazione e va considerata con interesse.

Conte: l’apertura verso giornalisti-avvocati deve essere affrontata con attenzione, comunque tenendo conto delle ragioni che hanno portato alla costituzione dell’Associazione e salvaguardando il ruolo delle testate. In tal senso appare evidente il ripensamento dello statuto e una sua modifica in base alle decisioni che saranno prese.

Baldassarre: l’apertura verso avvocati-giornalisti non stabilmente inserito nelle riviste giuridico-forensi aderenti all’ASTAF è una strada da percorrere; consentirebbe tra l’altro all’Associazione di recuperare colleghi e professionalità importanti.

Ficarelli e Barilli: si associano a quanto già esposto nei precedenti interventi circa l’opportunità di aprire l’Associazione anche ad avvocati-giornalisti ed a modificare lo statuto.

Florio: l’attività dell’ASTAF deve cercare di conquistare maggiore spazio e rappresentatività, attraverso i mezzi e forme che andranno individuati con attenzione, in ogni spazio potenziando la presenza sul Web. Seguono interventi da parte di Esposito, Maione, Scoponi e, conclusivamente, di Romano, complessivamente favorevoli all’apertura verso avvocati-giornalisti operanti nel mondo dell’informazione giuridico-forense, secondo modalità da determinarsi. Pareri ugualmente favorevoli anche per la modifica dello statuto, sia in relazione al punto appena esaminato, sia per renderlo più attuale anche verso nuove forme di comunicazione (riviste telematiche, etc.).

II SESSIONE Vengono affrontati e discussi, con partecipazione collegiale, i seguenti punti:

Consulta ASTAF: i presenti convengono che quella delle consulte è stata un’esperienza positiva. Si tratta di un’iniziativa da attualizzare e riproporre, pur nella Quaderni

93


CONVEGNI E CONGRESSI

consapevolezza delle difficoltà del momento, sia sotto l’aspetto economico che al particolare momento che l’avvocatura attraversa.

Seminari Direttori di testate: questa nuova iniziativa viene ritenuta certamente positiva sia in quanto occasione periodica di incontro, e dunque di un più intenso rapporto di conoscenza anche diretta e personale tra i rappresentanti delle riviste, sia perché concretamente diretta a favorire operativamente scambi di esperienze tra operatori del settore.

Sito Internet: l’attuale sito va potenziato e reso decisamente più interattivo, in modo da rappresentare concretamente per gli associati una banca dati da poter utilizzare nella realizzazione delle varie riviste e essere luogo di confronto sui temi dell’avvocatura e della giustizia. Premio europeo in comunicazione giuridica: alla luce delle precedenti esperienze si conviene che l’iniziativa debba essere gestita in futuro in modo diverso sia da parte dell’organizzazione locale, la quale dovrà riservare all’ASTAF la giusta visibilità e un ruolo importante nella gestione della manifestazione, sia da parte dell’ASTAF, che deve sfruttare al meglio le opportunità connesse all’evento, assicurando una maggiore presenza. ASTAF europea: l’argomento, considerato da tutti assai interessante, merita approfondimenti dopo i contatti avuti negli anni passati a Bruxelles, ai fini di un auspicato sviluppo.

Rapporti tra le riviste: emerge da parte di tutti i presenti l’esigenza di favorire un rapporto più intenso e collaborativo tra le riviste aderenti all’ASTAF; ciò sarà possibile sia attraverso una migliore implementazione del sito internet, sia attraverso incontri più frequenti, ad esempio in occasione delle consulte, dei seminari, delle assemblee, sia attraverso lo scambio di materiale cartaceo. I lavori del Seminario vengono chiusi alle ore 13.00. Il Cons. Segretario Avv. Marcello Pacifico

94

Il V. Presidente ASTAF Avv. Mario Romano Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana

Novità e Prospettive di CLAUDIO CONSALES*

L’Organismo Unitario dell’Avvocatura dopo aver eletto al suo interno il Presidente e la Giunta si è messo al lavoro per svolgere il proprio compito di rappresentanza politica dell’Avvocatura Nazionale. Nella prima assemblea, rinnovata dal Congresso di Bologna del 13/16 novembre 2008, si è proceduto all’elezione del Presidente e della Giunta con questo esito: Presidente Avv. Maurizio de Tilla (Napoli) Vicepresidenti Avv. Antonio Giorgino (Trani) Avv. Luca Saldarelli (Firenze) Segretario Avv. Giuseppe Lepore (Roma) Tesoriere Avv. Davide Monzani (Novara) Componenti Giunta Avv. Accursio Gallo (Palermo) Avv. Augusto La Morgia (Pescara) Avv. Renato Laviani (Milano) Avv. Barbara Lorenzi (Rovereto) * Delegato O.U.A. per il Distretto della Corte di Appello di Lecce.

Quaderni

95


CONVEGNI E CONGRESSI

Nell’Assemblea dei delegati tenutasi a Roma il 16/17 gennaio 2009 il Presidente ha indicato le prime iniziative importanti che l’O. U.A. assumerà nel breve periodo. L’impegno dell’O.U.A sarà quello di dare attuazione politica alle mozioni approvate dal congresso di Bologna ed in questa prospettiva ha riaffermato, in conformità di quanto deliberato dal Congresso, l’esigenza di una vigorosa e moralizzatrice riorganizzazione delle risorse (personali, professionali, deontologiche, tecnologiche, finanziarie) esistenti. Rientra ancora nella scia di un tutela più immediata ed efficiente del cittadino l’opportunità di unificare la giurisdizione civile con quella amministrativa, valorizzando e implementando l’idea della creazione di sezioni specializzate che siano portatrici della stessa cultura ed esperienza del giudice amministrativo. Ancora si è sottolineata l’urgenza della semplificazione e dell’unificazione dei riti nel processo civile. Nel settore penale l’impegno dell’avvocatura deve essere nella direzione atta a garantire l’effettiva terzietà del giudice e l’autonomia e indipendenza della Magistratura. L’Avvocatura non può essere neanche indifferente ad un riassetto della Magistratura onoraria che ha raggiunto le 11.500 unità su un numero complessivo di 21.000 giudici e che di fatto si occupa del 65 per cento del contenzioso civile. Altra imprescindibile priorità segnalata è l’abrogazione della legge Bersani e con la sua abrogazione il ripristino delle tariffe minime, il divieto di società con soci di solo capitale, il divieto del patto di quota lite. Si pone infine l’esigenza di una forte iniziativa politica per sancire il valore costituzionale dell’avvocatura. Con queste idee espresse dal Congresso, l’O.U.A si è quindi messa al lavoro e come primissima iniziativa formulerà al Governo ed al Parlamento un invito a non definire testi legislativi in materia di

96

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

ordinamento professionale e procedura, che non siano stati preliminarmente valutati e discussi con la rappresentanza nazionale dell’avvocatura. Nel corso di un dibattito che ha fatto seguito all’introduzione del Presidente è infine emersa la necessità della richiesta al potere legislativo di un’immediata abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c., che, prevedendo la formulazione del quesito di diritto nel motivo di ricorso per cassazione a pena di inammissibilità, apre la strada ad una discrezionalità giudiziaria eccessiva, sganciata da precisi riferimenti normativi a danno del diritto di difesa e del ruolo dell’avvocato.

Quaderni

97


CONVEGNI E CONGRESSI

Convegno Nazionale Penalisti Per una riforma del sistema carcerario Torino 24/25 ottobre 2008 di FEDERICO VIANELLI* Il 24-25 ottobre 2008 si è svolto nel Palazzo di Giustizia di Torino, nell’Aula Magna “Fulvio Croce”, un interessante convegno organizzato dalla Camera Penale “Vittorio Chiusano” del Piemonte Occidentale e della Valle d’Aosta, in collaborazione con la Camera Penale della Provincia di Alessandria e della Camera Penale di Novara, dal titolo “Quale pena Quale carcere Quali alternative”, che ha visto la partecipazione di numerose Camere Penali giunte da ogni parte d’Italia. Contestualmente, si sono anche tenuti i lavori del Consiglio delle Camere Penali Italiane, riunitosi a Torino per commemorare il compianto Presidente Avvocato Vittorio Chiusano a cinque anni dalla scomparsa. Il Consiglio delle Camere Penali, in quella sede, ha anche eletto i componenti dell’Organismo di Controllo dell’Unione delle Camere Penali Italiane, nelle persone degli Avvocati Barbara Camerin, Alarindo Cesareo, Francesco Chiaia, Antonella Lobino, Filippo Mangiapane, Vito Melpignano, Ninfa Renzini, Fortunato Prisco, Giovanni Sofia. Durante il convegno è emersa la necessità – non più rinviabile – di rivedere l’intero sistema sanzionatorio in linea con il dettato costituzionale secondo cui la pena deve anzi tutto avere un fine rieducativo ex art. 27 Cost. Voci – giustamente – critiche si sono levate contro il tentativo * Segretario Consiglio Camere Penali.

98

Quaderni


CONVEGNI E CONGRESSI

sempre meno nascosto (ma non per questo meno pericoloso) di giungere ad una sorta di “pan-penalizzazione” in dispregio di quell’orientamento che, correttamente, vorrebbe un diritto penale minimo e costituzionalmente orientato. Si è anche criticata l’occasione persa dell’amnistia, non senza però ricordare la mistificazione, cui quasi quotidianamente si assiste, secondo la quale la causa di tutti i mali si anniderebbe nell’indulto, “venduto” all’opinione pubblica quale ragione dell’aumento del numero dei reati. Sabato 25 ottobre, alla ripresa dei lavori, dopo il sentito e commosso ricordo del compianto Presidente Avvocato Vittorio Chiusano, da parte del Presidente del Consiglio delle Camere Penali, Avvocato Carmelo Peluso, si è levata l’autorevole voce del Professor Marcello Gallo che, con una indimenticabile lectio magistralis, ha contribuito ancor più a innalzare il dibattito, riaffermando la necessità di restituire al diritto penale ciò che gli è proprio e, con specifico riferimento al tema centrale del convegno, la non più eludibile esigenza di affrontare con serietà il tema della sanzione penale, ricordando come, nel delineare quella che poi divenne la c.d. legge Gozzini, di cui il Professor Gallo fu uno dei padri, ci si chiese, prima di tutto, se il sistema carcerario fosse realmente conforme al dettato costituzionale. Insomma, è emersa la necessità che, nell’ambito di una riforma organica del sistema giustizia, si ponga mano al trattamento sanzionatorio e alle modalità di esecuzione della pena. Statistiche alla mano si è infatti avuta conferma che l’applicazione delle misure alternative alla detenzione – contrariamente a quanto si vorrebbe far credere anche da parte di certi media o spot elettorali – ha pressoché eliminato il problema – prima tutt’altro che infrequente – delle rivolte carcerarie e ha ridotto sensibilmente i casi di recidiva; ha consentito, infine, soprattutto, di pensare alla realizzazione di un percorso realmente rieducativo alla stregua dell’art. 27 Cost. Ne è quindi uscito un invito alla “politica” a riflettere per giungeQuaderni

99


CONVEGNI E CONGRESSI

re ad un aggiornamento e ad un potenziamento degli attuali istituti alternativi alla detenzione, pensando seriamente ad una complessiva riforma per una sempre maggior diffusione ed un potenziamento degli istituti introdotti dalla legge Gozzini, senza agire d’impulso in base alle contingenze, assecondando le pur legittime istanze di sicurezza della società, che, tuttavia, non possono certo essere risolte con un inasprimento ed una generalizzazione della sanzione carceraria, che si rivelerebbe, come già in passato, del tutto inutile. E quindi un plauso all’iniziativa piemontese. Un plauso inoltre all’opera meritoria dell’Unione delle Camere Penali Italiane e, in particolare, all’infaticabile e costante azione del Presidente Avvocato Professore Oreste Dominioni e della Giunta, e dell’“Osservatorio Carcere”, che hanno svolto e svolgono un’azione fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica con la speranza di poter presto giungere all’auspicata modifica del sistema carcerario nel rispetto della Carta fondamentale. Grazie ancora al Consiglio delle Camere Penali e alle Camere Penali Italiane tutte, senza il cui apporto tutto questo non sarebbe possibile. Mi sia infine consentito rinnovare il mio più sentito ringraziamento agli Avvocati Carmelo Peluso e Gianni Morrone per il prezioso contributo e apporto alla guida del Consiglio delle Camere Penali, con un augurio di buon lavoro agli Avvocati Michele Cerabona e Fausto Pellizzari, neoeletti Presidente e Vice Presidente del Consiglio delle Camere Penali. Lunga vita all’Unione!

100

Quaderni


XXIX Congresso Nazionale Forense

Indagine conoscitiva sul ruolo sociale e sull’immagine dell’avvocatura italiana


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

102

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

XXIX Congresso Nazionale Forense Bologna, novembre 2008 IL RUOLO SOCIALE DELL’AVVOCATURA ITALIANA SINTESI DELLA RICERCA CENSIS a cura di MARIA PIA CAMUSI

1. Positiva e consolidata. Questi sono gli aggettivi che descrivono meglio la domanda sociale di avvocatura della società italiana, molto più solida e trasversale di quanto si immagini. Veniamo da un segmento di storia in cui il vento delle liberalizzazioni – che come tutte le ondate di brezze ha soffiato nell’aria, ma non ha mai davvero rovesciato l’ordine preesistente delle cose – neanche un anno fa, ha indotto a pensare e a scrivere esattamente il contrario: che solo il mercato potesse rispondere alle richieste di qualità e di affidabilità che le persone si aspettano dall’erogazione di prestazioni come quella legale, molto spesso collegate a delicati assetti di vita e di lavoro. In realtà, la prima distinzione da fare sarebbe stata fra quelli che realmente hanno usufruito di prestazioni legali e gli altri, poiché non è possibile conoscere in astratto quale sia la soddisfazione per qualcosa di cui non si è mai avuto esperienza. Quando ciò accade, delle due l’una: o ci si basa soltanto su una forte presunzione, o si sceglie di impostare ideologicamente il proprio rapporto con la realtà, il che porta in entrambi i casi a conclusioni il più delle volte errate. La ricerca, quindi, è stata realizzata su un campione di 1.500 casi, rappresentativo di persone che sono e sono state clienti di avvocati negli ultimi dieci anni. In base ai risultati della ricerca, si può affermare che il mercato è già una dimensione integrante della professione di avvocato, e che Quaderni

103


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

per questo non va imposto dall’esterno con la modifica di un ordinamento che invece è funzionale alla crescita dell’impegno diffuso fra gli iscritti sul piano della efficienza e dell’orientamento alla qualità professionale. Il cliente medio, di per sé, non ha interesse specifico a quanto e a come si affaccia nella professione di avvocato la logica di mercato. Ciò che gli interessa di più è che questo professionista sia competente e possa risolvere il suo problema, cosa che non coincide necessariamente con un successo in giudizio, ma spesso comporta una attività più complessa di relazioni e di mediazione. 2. È importante, sotto questo aspetto, ricordare i motivi per i quali le persone si rivolgono all’avvocato e le questioni specifiche che gli chiedono di dirimere. Più della metà dei clienti va dall’avvocato per una consulenza (50,5%), un numero ancora più elevato per azionare una pretesa (62,3%) e nel 53,7% dei casi come parte lesa (Tab. 1). Nel Sud e nel Nord-Ovest del paese è più frequente rivolgersi all’avvocato per una consulenza (53,1% e 51,6%), mentre nel NordEst per essere assistiti in giudizio, visto che sempre in questa area sembra più forte la spinta alla litigiosità, sottesa, magari all’intensità degli scambi economici. Questo valore sale in modo significativo per le donne, arrivando al 73,2%. Alla base della necessità di rivolgersi ad un avvocato ci sono spesso questioni che nascono e si sviluppano non solo sul piano dei diritti proprietari o contrattuali, ma anche per questioni a forte valenza relazionale, come i rapporti con le banche (2,9%), le pubbliche amministrazioni (2,9%) o le materie di tipo societario (2,8%) (Fig. 1). Certamente, la ricerca non smentisce i topoi che sembrano essere alla base di tante immagini un po’ consunte sulle incombenze che si affidano ad un avvocato: fra queste le questioni legate all’infortunistica sono al primo posto (27%) seguite da materie legate alla proprietà o all’affitto di immobili (25%) e da problemi di lavoro (18,3%). Riguardo alle questioni per cui ci si rivolge ad un avvocato non ci sono differenze di rilievo fra le diverse aree del paese.

104

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

3. Nella scelta dell’avvocato continua a pesare una questione che ritorna spesso quando si discute e si indaga sulla professione, il paradosso cioè fra la sua indiscussa femminilizzazione e la difficoltà che le donne avvocato incontrano nello sviluppo professionale. Probabilmente, le donne non titolari presenti negli studi sono anche Quaderni

105


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

quelle che portano avanti da sole i casi loro affidati, ma attualmente quasi 1’80% dei clienti si rivolge a studi condotti da uomini, con una precisa e inaspettata correlazione con la loro provenienza sociale, visto che i clienti scelgono le donne soprattutto se appartengono a fasce sociali medie o basse. Fra quel 21,1% di persone che scelgono un avvocato donna, prevalgono i residenti del Nord-Est (24%). Gli stereotipi, insomma, volano ancora in alto, ma vengono anche superati, e i risultati di questa indagine lo confermano. Le clienti donne, cioè, nel 23,7% dei casi scelgono avvocati donne, segnalando un parallelismo che non è altrettanto scontato in altri ambiti del terziario, a cominciare da quello medico (Tab. 2). Circa le materie per le quali i clienti si rivolgono ad avvocati donne si deve segnalare che non ricorrono solo i temi tradizionalmente affidati, anche nell’immaginario comune alla «cura» femminile: la famiglia e i minori (33,5%) sono certamente argomenti centrali nel lavoro delle avvocatesse, ma esse vengono chiamate anche per fronteggiare altri generi di questioni come i conflitti con le p.a., visto che le donne sono buone mediatrici (32,2%) le esecuzioni immobiliari (26,9%) e le questioni bancarie (25,1%) (Tab. 3). 4. Fiducia e competenza quindi sono le chiavi in base alle quali il cliente sceglie l’avvocato. Alla base della individuazione del professionista cui affidarsi gioca anche, come prevedibile, l’immagine pubblica di cui questo gode. Questo contare molto sul «sentito dire» o sulle esperienze pregresse di amici e parenti è un tratto di scelta comune in moltissime attività terziarie: non è forse con lo stesso criterio che si sceglie il medico a cui affidare la salute, o la banca che deve gestire il risparmio personale e familiare, o i tanti artigiani che intervengono a creare o mantenere i beni in proprietà? Che il 68% dei clienti abbiano scelto l’avvocato su suggerimento di amici e che il 46,5% abbia perfezionato tale scelta per la notorietà di cui l’avvocato gode sul piano locale non stupisce (Fig. 2). C’è anche un piccolo gruppo di persone (il 6,9%), soprattutto meridionali che hanno preso

106

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

informazioni su di lui ed altri, sempre del Mezzogiorno, che prima di scegliere hanno confrontato le tariffe di studi diversi, rivelando una parte di clientela che crede molto nelle logiche del mercato, in cui prevale sempre la logica del prezzo, e che non sta aspettando le riforme, ma da sola si attrezza a corrispondere alle sue aspettative di risparmio sul costo della prestazione. Il livello di conoscenza e di giudizio collettivo sull’avvocato premiano quindi moltissimo, ma nelle modalità di scelta del professionista non sono del tutto assenti anche alcuni elementi di collegamento fra l’avvocato e altri soggetti professionali. Soprattutto in relazione alle questioni di tipo socie-

Quaderni

107


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

tario ed economico nell’individuazione dell’avvocato, conta molto, infatti, anche il rapporto con altri professionisti, con le banche e le assicurazioni, che fungono da volano per la determinazione dei confini di mercato dell’avvocatura. La scelta dell’avvocato è spesso condizionata dalla dimensione della città in cui si vive: nei piccoli centri fino a 10mila abitanti e in quelli di poco più grandi, fino a 50mila abitanti, la fama che l’avvocato gode sul piano locale rappresenta sicuramente un elemento centrale nella scelta. Nelle città medie, da 100mila a 250mila abitanti, invece, è più forte la conservazione familiare, grazie alla quale le diverse generazioni si tramandano beni e persone di fiducia. Così non è nelle grandi città oltre 250mila abitanti, in cui il cliente ha la possibilità di cercare e di scegliere un avvocato, sulla base di una analisi comparativa fra professionisti diversi. Nel Sud è molto importante la tradizione dell’avvocato di famiglia, mentre nel Nord-Est pesa la fama rivestita dal professionista, e nel Nord-Ovest il fatto che sia una donna, che proprio in questa area hanno un mercato più ampio. 5. Questa ricerca, quindi, smonta alcuni dei luoghi comuni che sono cresciuti attorno alle professioni liberali e a quella dell’avvocato nello specifico. Uno dei più evidenti è quello della ereditarietà: solo tre clienti su dieci, in particolare provenienti dal Sud, ritengono che essere figli o parenti di avvocato faciliti nell’esercizio della professione, mettendo in luce, anche dal lato della domanda, quanto questa eventualità non sia presente nella loro esperienza quotidiana. Sempre a riguardo dei fattori che possono agevolare lo sviluppo della professione di avvocato, prevale sugli altri il fatto di operare dall’interno di uno studio ben organizzato (39%), seguito dal lavorare in uno studio associato (25,4%). Queste due risposte indicano quanto sia importante per il cliente l’impatto con l’organizzazione di studio, che ormai per la gran parte dei professionisti costituisce consapevolmente un elemento di successo e di competitività (Tab. 4). Questo atteggiamento è particolarmente diffuso nel Sud. Nel Nord-Est sono

108

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

più attenti alla selezione all’ingresso della professione già dalla fase formativa universitaria, mentre nel Nord-Ovest enfatizzano di più il lavorare in uno studio associato e recuperare maggior prestigio alla professione. 6. Molti clienti si pongono anche in un’ottica critica nei confronti del sistema di accesso alla professione, come dimostra quel 18,3% di essi che ritiene necessario adottare il numero chiuso per le Facoltà di Giurisprudenza, al fine di eliminare l’ipertrofia professionale considerata un elemento di appesantimento della professione. Quaderni

109


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Questa sensibilità dei clienti verso le caratteristiche per così dire sistemiche della professione emerge anche se si guarda a cosa pensano in merito agli elementi che, al contrario dei precedenti, possono rallentare lo sviluppo della professione di avvocato. In primo piano i clienti collocano la difficoltà di aprire uno studio (52,7%), soprattutto nelle aree del Centro Italia, seguita dal fatto che i giovani hanno mag-giore difficoltà a sfondare nel mercato (29,3%), in particolare nel Nord-Ovest, e dall’esistenza di una forte concorrenza con altri professionisti (24,4%), sentita soprattutto nel Mezzogiorno (Tab. 5). La concorrenza che gli uffici legali di fatto esercitano nei confronti dei colleghi esterni sul piano della consulenza, è segnalata come meno rilevante (16,4%), come anche la diffidenza da parte dei clienti (18,4%). Quest’ultimo dato conforta l’evidenza che fra l’avvocato e il suo mercato ci sia generalmente un rapporto di grande stima e di grande rispetto e che una volta scelto un professionista le persone ripongano in lui grande fiducia. 7. Sempre a proposito di luoghi comuni, anche in merito alla questione tariffe i risultati della ricerca sono molto chiari: il costo delle prestazioni dell’avvocato non è di per sé un elemento negativo, né le parcelle sono ritenute tali da scoraggiare il ricorso a questo professionista o da incidere sul giudizio che il cliente ha nei suoi confronti. Questo si vede chiaramente se si considera che: - la chiarezza sulle tariffe praticate è ritenuta nella maggioranza dei casi medioalta, soprattutto nelle regioni del Nord, e solo il 17,9% la considera scarsa, lasciando pensare che non sono gli avvocati a rendere difficile la comprensione della tariffa, ma è la legge stessa che andrebbe rivista per corrispondere ad una sua maggiore fruibilità. Sono le clienti donne a lamentarsi di meno per la chiarezza delle tariffe. Fra chi invece non apprezza i loro attuali livelli di chiarezza, non prevale in modo particolare una sola componente sociale: nel 17,9% di essi ci sono tanto imprenditori, quanto dipendenti di fascia medio bassa.

110

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

- solo il 6,3% di chi ha cambiato avvocato lo ha fatto poiché le tariffe praticate erano troppo care e fra questi spiccano clienti che ricoprono una posizione impiegatizia, persone il cui reddito è generalmente fisso e che sono sicuramente più stressati più di altri dall’andamento del costo della vita e che risiedono nel Nord-Ovest del Paese; - il 58,1% ritiene che la giustizia non costa tanto per colpa degli avvocati, smentendo l’altro luogo comune per cui questi professionisti sono ritenuti colpevoli di aggravare i tempi di attesa dei giudizi al fine di dilatare anche i tempi di pagamento. La verità è che soprattutto in materia penale è molto difficile stabilire in modo uniforme quanto l’allungamento delle fasi preliminari o del processo siano Quaderni

111


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

lesivi degli interessi del cliente e quanto, invece, non gli assicurino una ricerca più attenta della verità. Altra cosa possono essere le cause civili, la cui pesantezza temporale dipende spesso non tanto dal comportamento dell’avvocato, quanto dalla pesantezza, in termini di tempo e di sequenza di atti, delle procedure giudiziarie; - per l'87,3% dei clienti, non è vero che se un avvocato ha tariffe troppo basse non sia bravo, perché la sua preparazione è legata ad altri elementi e ad altre valutazioni. Senza contare che una risposta come questa significa che i clienti hanno trovato direttamente o indirettamente qualche avvocato meno caro di altri e se ne sono serviti, rimanendone soddisfatti; - certamente, sono molti a ritenere che l'avvocato possa essere pagato in base al risultato raggiunto (64,6%), in particolare nel CentroSud senza che questo coincida necessariamente con la vittoria in giudizio. Si tratta di un risultato che deve essere contestualizzato nella nostra odierna cultura montante che attraversa il lavoro e le organizzazioni. Il voler considerare i servizi legali, soprattutto quelli legati alla difesa in giudizio, al pari di altri servizi terziari, in cui conta l'efficienza e non solo l'efficacia, da un lato è uno stimolo per l’avvocatura a crescere sempre di più sul piano delle qualità delle prestazioni rese; da un altro lato, induce una visione commerciale esasperata di tale prestazione che non è di per sé scorretta, ma è contraddittoria rispetto alla domanda di personalizzazione del servizio che la maggior parte della clientela esprime, e che sempre per la clientela «non ha prezzo». 8. La verità è che al centro dell’interesse del cliente non è la tariffa, ma l’attenzione che all’avvocato riserva alla sua soddisfazione: la continuità nell’assistenza, la capacità di comprendere i suoi bisogni, la tutela della sua riservatezza. Tutti elementi che d’altronde sono alla base dell’apertura che tutti gli avvocati, di fatto consapevoli delle esigenze del mercato, hanno nei confronti dei propri assistiti. Il 45,6% dei clienti, in particolare quelli del Centro e del Mezzogiorno,

112

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

per parte loro, vogliono che il loro avvocato si batta più per loro che per la tutela dei suoi interessi nell’ambito del rispetto per la legge. Un atteggiamento questo che denota una certa carenza di cultura giuridica e civile da parte della clientela, che è trasversale a diverse condizioni sociali e lavorative. Il gradimento della clientela nei confronti dell’avvocato si manifesta anche nel basso livello di turn-over in atto nella scelta del professionista. Solo il 12,9% dei clienti, in particolare del Centro Italia, ha cambiato avvocato negli ultimi dieci anni, in un tempo cioè che contiene anche l’eventuale «periodo finestra» della legge Bersani, e lo ha fatto soprattutto per una leggerezza attribuita a se stessi e non ad una incompetenza del professionista, dimostrando che il cliente, se vuole, ha strumenti già da oggi per orientarsi ed assumere comportamenti non passivi anche nei confronti dell’avvocato. Fra coloro che hanno cambiato l’avvocato negli ultimi dieci anni, soprattutto maschi, ci sono anche dei «recidivi», persone cioè che l’hanno già fatto e che lo farebbero ancora e sono pari al 26,8%. Indipendentemente dall’entità di tale quota, è un elemento interessante, perché lascia pensare a coloro che cambiano abitudini e fonte di erogazione di servizi tanto per cambiare e sul cui atteggiamento ogni mutamento dell’offerta potrebbe non avere ripercussioni. Fra coloro che in futuro intendono cambiare avvocato ci sono molti lavoratori dipendenti di basso livello e molti imprenditori (Tab. 6). Sono questi ultimi a dichiarare che già in passato hanno diversificato il ricorso agli avvocati, poiché normalmente si rivolgono a più di un consulente legale. Certamente, è proprio fra gli imprenditori che si incontrano con più frequenza clienti che guardano di più al prezzo della prestazione e che sono maggiormente sensibili ad informazioni commerciali sui professionisti, ma si capisce vista la loro posizione di osservazione privilegiata in merito alle dinamiche di mercato e ai processi di contenimento dei costi. 9. L’atteggiamento dei clienti nei confronti degli avvocati è di Quaderni

113


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

accettazione diffusa ma non acritica. Il 76,3% di essi, soprattutto al Sud, pensano che gli avvocati siano troppi e, un 55,8% ritiene che pensino solo al profitto. Inoltre, il 57,1%, in particolare del Centro Italia, sono del parere che gli avvocati siano troppo coinvolti nella politica. Coloro che sono portatori di questi giudizi polemici sono soprattutto uomini e sono concentrati in ruoli lavorativi di qualificazione medio bassa o in condizioni non professionali, facendo ritenere che vivano il rapporto con gli avvocati come una male talvolta inevitabile che può pesare molto sulla loro disponibilità economica, inevitabilmente non estesissima. Accanto a questi giudizi piuttosto negativi si colloca una visione molto più articolata e positiva della professione, cui viene riconosciuto un ruolo centrale nel sistema giustizia, soprattutto sotto alcuni profili (Tab. 7): - il 64,5% dei clienti pensano che gli avvocati aiutano a raggiungere soluzioni extragiudiziali dei conflitti, un orientamento che ha una duplice valenza. In primo luogo, viene riconosciuta indirettamente l’importanza di evitare il ricorso in giudizio e di sviluppare forme alternative che possano trovare in tempi più brevi la soluzione a determinati tipi di controversie. Inoltre, gli avvocati risultano centrali in tali processi di mediazione, in cui di solito non sono riconosciuti come il principale interlocutore, benché possano meglio di altri garantirne il corretto svolgimento. - Il 70,4% dei clienti ritiene che senza gli avvocati mancherebbero le garanzie nei processi. Anche questa è una proposizione importante, poiché conferma che la professione presidia lo spazio così delicato di compresenza fra la necessità di risolvere un problema personale e quella di dare certezze alla interpretazione delle leggi. Il pubblico, soprattutto quello femminile, apprezza il ruolo di bilanciamento che gli avvocati svolgono in merito, interpretando la legge in funzione del problema del cliente, ma senza sviarne il dettato. - Il 66,7% dei clienti non sono d'accordo sul fatto che senza gli avvocati i processi sarebbero più veloci, quindi ne riconoscono la

114

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

professionalità e l’attenzione alle vicende processuali, in coerenza con il giudizio precedente. I lavoratori dipendenti di fascia alta sono particolarmente orientati in questa direzione di giudizio. Il 64,4% dei clienti ritiene che l’avvocato aiuti a prendere le decisioni personali ed economiche giuste. Si tratta di una affermazione di grande rilievo, poiché testimonia quanto si è rafforzato il ruolo dell’avvocato sul piano della consulenza e non solo dell’assistenza in giudizio e, Quaderni

115


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

quindi, quanto la sua professionalità si stia arricchendo di competenze e di sensibilità nuove per fare fronte a tale richiesta del mercato. Tanto più che su questo aspetto sono particolarmente d’accordo gli imprenditori e i dipendenti di fascia alta, che del supporto legale necessitano anche nel loro lavoro dove non si possono permettere di sbagliare. 10. L’avvocato, cioè, è un professionista che la clientela apprezza perché riesce a fornire certezze e per questo motivo il suo ruolo è ritenuto centrale (36,2%). L’ipertrofia del contenzioso e la cointeressenza dei profili legali con moltissimi aspetti della vita sociale e produttiva vengono dopo, anche se ugualmente citati da quote importanti di clienti (33,8%) (Fig. 3). Il punto centrale è che la figura dell’avvocato corrisponde al fabbisogno di sicurezza richiesto dalla società, che attualmente viene progressivamente eroso da eventi negativi e dall’impaurimento collettivo a questi collegato. Difatti, per i clienti, soprattutto quelli del Centro Italia, il valore fondamentale su cui impostare la professione di avvocato è quello di tutelare i diritti fondamentali del cittadino, seguito con molti punti percentuali di distacco dal raggiungimento di un risultato (rispettivamente con il 38,7% e con il 20,3% di risposte), che è molto a cuore ai clienti del Sud. Sono pochi i clienti che chiedono all’avvocato di basare il suo lavoro solo sulla garanzia del principio di legalità (11,8%) o sull’indipendenza dal cliente (5%). Molti di più sono i clienti che pensano al rispetto della dignità e del decoro come un valore importante della professione (14,6%) e che sono quelli che non ricorrerebbero con facilità all’individuazione del proprio avvocato tramite, ad esempio, i canali di informazione on line (Fig. 4). La conferma del sostanziale giudizio positivo della clientela sul proprio avvocato viene anche dalle frequenze sulla soddisfazione complessiva da parte del mercato nei confronti del suo operato: il 66,5% dei clienti ritiene che i servizi dell’avvocato siano in linea con le sue aspettative e il 16,6% che le superino. Le donne e i dipen-

116

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

denti di fascia alta sono i più entusiasti, mentre chi appartiene alla qualifica impiegatizia esprime un giudizio positivo, ma anche più moderato. Sul piano della distribuzione territoriale, si osservano più entusiasti nel Nord-Est e di appagati nel Sud. Al Nord-Ovest, invece, si sentono più delusi. Questo giudizio di soddisfazione complessiva si ritrova se si spacchetta nei tanti aspetti di cui si compone la professionalità dell’avvoQuaderni

117


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

cato (Tab. 8). Gli aspetti che i clienti ritengono maggiormente positivi sono la tutela del loro diritto di riservatezza (57,9%) la capacità dell’avvocato di comprendere i bisogni del cliente (51,7%), l’attenzione per la sua soddisfazione (48,2%), la continuità nell’assistenza (45%), i supporti tecnologici utilizzati (39,7%) e la preparazione del personale di studio (38,6%). L’immagine complessiva che rimbalza da questi dati è di un giudizio del tutto positivo sulla struttura interna del lavoro dell’avvocato e anche la capacità del cliente di poterne dare una valutazione. 11. Circa il futuro, la ricerca affida ai rappresentanti istituzionali della categoria alcune specifiche linee di impegno. Lo studio e la sua organizzazione per la clientela sono i fattori che possono agevolare o, viceversa, ostacolare lo sviluppo della professione. Anche se gli avvocati hanno risposto da tempo a questa esigenza, scegliendo formule di studio sempre più complesse (ne è prova il fatto che attualmente i clienti frequentano nel 46,8% dei casi grandi studi, concentrati però soprattutto nelle aree del Nord-Est) il supporto per scegliere modalità organizzative che corrispondano agli interessi della clientela, soprattutto quella più qualificata, andrebbe comunque potenziato. Soprattutto per la componente giovanile e femminile che ancora presenta qualche elemento di opacità. 12. La pubblicità sulla professione, per parte sua, non sembra che abbia avuto effetti significativi sulla domanda, visto che pochissimi fra quelli che hanno cambiato avvocato vi hanno fatto ricorso, ma ciò non toglie che il cliente possa esserne attratto in futuro. Fra chi ha cambiato avvocato fino ad oggi, solo lo 0,5% ha seguito il consiglio di una pubblicità; fra coloro che vogliono cambiare professionista anche nel futuro a breve c’è una piccola percentuale, il 2,9%, che intende seguire le indicazioni commerciali fra avvocati diversi, in particolare provenienti dal Centro Italia. Ora, si vede che questo valore in prospettiva può crescere, anche in modo significativo e soprattutto fra le donne, ma al momento non sembra aver superato i

118

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

livelli della curiosità che spinge le persone a cercare in rete soddisfazione ai loro bisogni. In ogni caso, dovrà crescere la comunicazione e l’informazione al cliente, visto che si tratta di un utente in grado di discernere e di valutare la qualità dell’offerta professionale che gli si propone. La maggior parte dei clienti (1’87%) è incerto sulle modalità di pubblicizzazione che si potrebbero dare alle attività dell’avvocato, ma poi, sulla base di sollecitazioni specifiche mostrano di avere le idee molto chiare: il 69% non vuole neanche sentire parlare di una pubblicità commerciale diretta sul lavoro dell’avvocato, mentre il 51,4% apprezzerebbe sicuramente l’aumento della soglia di informazione, anche sotto forma di cataloghi ad hoc sui servizi che si può attendere dall’avvocato. Vanno quindi riempiti alcuni vuoti di comunicazione da parte degli avvocati, prima che diventino un vuoto che altri potrebbero riempire a danno dell’utenza e della stessa categoria. 13. Un ultimo aspetto riguarda il ruolo rivestito dagli avvocati in relazione allo sviluppo socio-economico. Le risposte dei clienti, sotto questo profilo, individuano alcuni elementi di criticità che

Quaderni

119


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

coincidono con analoghe difficoltà denunciate direttamente dagli avvocati in altre indagini realizzate dal Censis sugli iscritti all’Albo, segnalando che su questo tema c’è una oggettiva convergenza fra il giudizio esterno e quello interno al gruppo professionale (Fig. 5) Per il 28,8% dei clienti il ruolo dell’avvocato nello sviluppo è laterale, come sempre; per il 25,2% è centrale, ma con segni di criticità. Per il 22,4%, invece, è crescente e centrale. La maggioranza quindi non da un giudizio del tutto positivo sul rapporto fra l’avvocatura e lo sviluppo, in particolare nelle regioni del Nord, ma nelle risposte esprime l’idea che possa crescere. Senza contare che solo il 5% ha affermato che la professione ha un ruolo di freno e il 18,6% che non esiste rapporto fra l’attività forense e il sistema socio-economico, con particolare enfasi proveniente dal Sud del paese. La fiducia e il riconoscimento esteso che la clientela riconosce agli avvocati è sicuramente un elemento che impegna la categoria a migliorare sempre di più le sue prestazioni, affinché il suo patrimonio di riconoscimento sociale non vada in nessun modo disperso, ma si accresca, anzi, a vantaggio, in definitiva, della collettività stessa. 14. Nota metodologica L’indagine sul ruolo sociale dell’Avvocatura italiana, condotta in collaborazione con la società di Codres, è stata articolata in due diverse fasi di ricerca. Le interviste sono state condotte attraverso il sistema CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing), una tecnica in grado di garantire affidabilità dei risultati e rapidità dei tempi di elaborazione, grazie al salvataggio automatico delle risposte su supporto informatico e alla possibilità di verifiche automatiche. Il personale che ha curato la rilevazione è stato preventivamente istruito sulle tematiche analizzate nel questionario attraverso un briefing coordinato dal Censis. Il disegno campionario elaborato per la prima fase d’indagine è stato stratificato con numerosità proporzionali all’universo di riferi-

120

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

mento (popolazione in età lavorativa 14-64 anni) rispetto alle variabili strutturali ritenute più idonee ai fini dell’obiettivo della rilevazione. Tali caratteristiche sono il genere, la classe d’età e la condizione professionale. E stata presa in considerazione anche l’area geografica di residenza (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud e Isole) in modo da individuare le coordinate geografiche all’interno delle quali si colloca l’intervistato. La stratificazione effettuata garantisce stime più efficienti rispetto al campionamento casuale semplice di pari numerosità in quanto l’aumento di efficienza è proporzionale alla varianza delle medie di strato (ovvero quanto più gli strati sono omogenei al loro interno tanto più la stratificazione è efficace). Il campione ottenuto in questa prima fase ha consentito di tracciare l’identikit di coloro che hanno fatto riscorso all’avvocatura. Nella seconda fase di ricerca si è cercato di implementare il campione così ottenuto attraverso estrazione non casuali, ma mirate ad individuare esclusivamente coloro che hanno utilizzato negli ultimi 10 anni un avvocato, fino al raggiungimento della numerosità campionaria ritenuta più rappresentativa per l’analisi del fenomeno e pari a 1.500 unità.

Quaderni

121


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

122

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Quaderni

123


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

124

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

L’immagine degli Avvocati nella Stampa e nella Televisione SINTESI DELLA RICERCA DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE UNIVERSITÀ ROMA TRE a cura di MARINA D’AMATO Premessa Chi sono, che cosa fanno, che cosa pensano di loro? Qual è l’identikit dell’avvocato italiano nell’immaginario collettivo? Difensore dei deboli, garante delle istituzioni, o azzeccagarbugli? La ricerca mira a mettere in evidenza il ruolo sociale dell’avvocato, il suo status, il suo ruolo: l’idea che gli altri si fanno di lui. L’immagine dell’avvocato nei media si basa sull’analisi dei riscontri nella stampa quotidiana e settimanale e nella fiction televisiva. La stampa, per il suo duplice ruolo di fare e di riflettere opinione, è stata analizzata insieme alla televisione, capace di offrire una «visione del mondo», per individuare tipi e stereotipi dell’avvocato italiano. L’ultima delle libere professioni, l’unica rimasta in un mondo del lavoro sempre più istituzionalizzato, per nuove «caste»: i notai, i medici, i giornalisti, solo per citare le attività «liberali» più evidenti, che si autodefiniscono all’interno come un sistema e che vengono percepite all’esterno come un istituzione. Gli avvocati per la loro Quaderni

125


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

missione, invece, e per la logica della loro attività sono «soli», hanno a che fare con il cliente nel continuo confronto con la legge, ma sempre in autonomia. Ciò che emerge dall’indagine è complessivamente una grande attenzione all’esercizio dell’avvocatura in ambito prevalentemente penale, una raffigurazione dell’avvocato professionalmente capace, sensibile, e più attento agli altri che al proprio interesse personale. L’avvocato dei media si occupa di omicidi e furti, di reati finanziari, di politica e di famiglia: è vicino ai temi che suscitano emotivamente empatia nell’opinione pubblica. Si tratta soprattutto di un personaggio che difende, più che comporre conflitti, in qualche modo il suo ruolo è quello di «paladino della giustizia», anche se la stampa non gli da lo status di protagonista e la televisione è più attenta alle sue qualità fisiche e intuitive, che morali. Tuttavia la difesa dei diritti, la consulenza che offre, il sostegno e il consiglio che da, sembrano essere gli assi portanti della sua funzione. Scarsamente raccontato per i suoi difetti o per la sua disonestà, l’avvocato è soprattutto una persona di fiducia oltre che il garante delle regole. Egli fonda, nella sua rappresentazione mediatica, il proprio potere sulla capacità, sulla sensibilità ma soprattutto sulla sua autonomia e indipendenza. In questa logica rispetto alle finalità della sua professione prevale l’autonomia sul senso della giustizia, sulla garanzia dei cittadini, ed anche sull’interesse per il guadagno economico. Una sostanziale differenza nella percezione collettiva è l’immagine maschile e femminile. Le donne sono quelle meno attente all’interesse economico e più raccontate per la loro dedizione alla causa. L’indagine, per la stampa, è stata condotta sui quotidiani nazionali: Corriere della Sera, La Repubblica e il Sole24Ore, e due settimanali: Panorama e L’Espresso; per la televisione, sulle reti: Rail, Rai2, Rai3, La7, Canale5, Italial e sui canali satellitari Fox Crime e AXN, scelti per la loro salienza rispetto alla formazione dell’opinione pubblica. L’inchiesta ha mirato a mettere in evidenza l’immagine rivolta

126

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

al grande pubblico, ma ha teso anche a far emergere gli atteggiamenti e i ruoli dell’avvocato negli ambienti politici e sociali più sensibili alle questioni che riguardano le libere professioni e la questione della giustizia. La scelta delle 5 testate si è fondata anche su una valutazione quantitativa: si tratta dei 3 maggiori quotidiani nazionali e dei due magazine più diffusi. (Secondo i dati di proiezione, infatti, le 5 testate esaminate investono una platea di riferimento di circa 6 milioni di lettori). Per quanto attiene la scelta della programmazione televisiva dei serial italiani e statunitensi la rappresentatività raggiunge il 90% dell’audience ed è per questo che le trasmissioni sono state prese in esame. Sono state così predisposte due schede/questionario di analisi distinte: una per la stampa e l’altra per la tv. Il questionario riguardante l’immagine dell’avvocato nella stampa consta di 22 domande e quello relativo all’immagine nella televisione di 30. La complessità dei due questionari, trasposti su formato informatico, ha permesso di elaborare i dati tramite software SPSS. Il metodo che è stato usato è quello dell’analisi del contenuto, sia per quanto riguarda la stampa che l’analisi dei serial televisivi, che di programmi di intrattenimento. La rilevazione degli articoli ha avuto luogo nel periodo 15 gennaio/15 giugno 2008, ed è stata condotta a tappeto senza altro criterio che quello temporale indicato, per un totale di 1208 riferimenti nella stampa quotidiana e settimanale e 309 nella televisione. La scelta di non estrapolare un campione ma di verificare quotidianamente, sia nella stampa che nella televisione, la presenza e il ruolo degli avvocati è motivata dalla finalità stessa dell’indagine: individuare la rappresentazione sociale dell’avvocato in Italia, così come viene erogata giorno per giorno. Le fasi che hanno caratterizzato l’indagine possono essere così riassunte:

Quaderni

127


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

A) analisi del contesto, in questa fase si è proceduto all’individuazione dell’universo di riferimento e alla elaborazione del questionario con frequenti riscontri con i membri del Consiglio Nazionale. E stato compiuto un pre-test prima del varo della versione definitiva; B) elaborazione degli strumenti tecnici di analisi, sono stati elaborati due data base per l’immissione dei dati e contestualmente il piano delle elaborazioni statistiche; C) elaborazione e analisi dei dati; D) stesura del rapporto di ricerca. L’immagine dell’avvocato nella stampa L’immagine ha preso in esame 1.208 articoli (15 gennaio – 15 giugno 2008) di cui 1.012 della stampa quotidiana (Corriere della Sera, Repubblica e il Sole24Ore) e 196 della stampa settimanale (Panorama ed Espresso), pari rispettivamente all’83% al 17% (figura 1).

Figura 1 – Quota articoli per giornate

Il Corriere della Sera è la testata con maggiori riferimenti all’avvocato, con il 41%, seguono La Repubblica con il 29%, e Il Sole24Ore con il 14%, L’Espresso con il 10% e Panorama con il 6%. Ai fini dell’indagine sono stati considerati tutti gli articoli che trattano l’avvocato sia come protagonista che come personaggio secondario ma non sono stati rilevati quelli della cronaca locale.

128

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Il giornale che storicamente si è rivolto ed ha rappresentato la borghesia italiana continua con questa attenzione agli avvocati a confermare la sua tradizione di attenzione alla professione liberale per eccellenza. Presenza/assenza degli avvocati nel titolo Se l’importanza sulla stampa del tema trattato si evince dal titolo, la ricerca mette in evidenza che gli avvocati non lo meritano spesso. Gli articoli ci consentono di rilevare infatti che l’avvocato è presente solo nel 14% dei titoli perché il riferimento alla contesa prevale rispetto al soggetto difensore (figura 2). L’attenzione nei confronti dei legali da parte della stampa sembra diffusa in tutte le pagine dei giornali in modo equanime, a parte un rilievo del 25% che appare nelle copertine e nelle prime pagine. Solo un articolo su quattro è quindi considerato degno di nota. Lo scarso rilievo dato al ruolo dell’avvocato si misura anche dal fatto che gli articoli sono concentrati tra l’undicesima e la quarantesima pagina!

Figura 2 – Riferimento nel titolo dell’avvocato

Chi sono Gli avvocati dei nostri giornali sono italianissimi perché solo l’11% di loro è uno straniero (tavola 3). L’unico quotidiano a porre attenzione a vicende internazionali è Il Sole24Ore, e ciò è evidente Quaderni

129


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

per la presenza di articoli che chiamano in causa avvocati di paesi esteri: il 22%, piuttosto che quelli italiani: 4%. La scarsa attenzione quantitativa alla figura dell’avvocato si evince anche dal ruolo secondario che ricopre negli articoli: il 77% è infatti un personaggio secondario, a fronte del 22% che è protagonista.

Figura 3 – Individuazione avvocato negli articoli

Uomini e donne L’avvocato batte l’avvocatessa 3 a 1. Dai dati emerge infatti che nel 67% dei casi gli articoli si riferiscono ad avvocati uomini e solo nel 16% si parla di legali donne (per 17% il riferimento è ad un grande studio). La professione dell’avvocato, così come si evince dagli articoli di stampa, risulta quindi ancora oggi una professione prevalentemente maschile, soprattutto tale tendenza emerge nel Sole24Ore ove la percentuale di attenzione agli uomini raggiunge il 92% degli articoli. Il dato si spiega soprattutto in relazione al fatto che questo quotidiano è quello più attento alle questioni dell’economia, della finanza e dell’impresa, luoghi ancora solitamente poco praticati dalle donne.

130

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Figura 4 – Avvocati per genere e tipologia negli articoli

Il contesto I giornali pongono la figura dell’avvocato strettamente connessa a fatti di cronaca (37%), e in particolare alla macro e microcriminalità (cronaca nera 35%), mentre è molto meno significativa la quantità di articoli che riguarda inchieste (4%) e interviste (2%), ad indicare che quella dell’avvocato è una figura di ambito sociale, coniugata più a problemi della gente, che evocata per il suo ruolo nel contenzioso. Poiché la mediazione e la composizione dei conflitti non fa notizia, non appaiono sulle pagine della stampa riferimenti al ruolo svolto prima dell’iter giudiziario. Gli avvocati non sono presenti nelle rubriche giornalistiche, negli articoli di fondo e nei commenti, se non sporadicamente (2%) e praticamente mai in relazione alla riforma della giustizia e alla gestione della giurisdizione. I media infatti trattano a tal proposito, soprattutto le questioni sollevate dai magistrati e dai politici, e dunque l’avvocato sembra non giocare un ruolo fondamentale nella riforma che lo concerne. Questa tendenza generale trova ampia conferma nei dati relativi al Corriere della Sera. Lo storico quotidiano colloca l’avvocato in contesti di cronaca in più della metà degli articoli esaminati (cronaca Quaderni

131


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

nera 41%, cronaca generalista con il 25%). Nei casi di politica interna ed estera i riferimenti ai legali scendono al 5%, quota inferiore persino alla cronaca sportiva, che raggiunge il 6%. Panorama tuttavia costituisce una vera eccezione. Si tratta dell’unica testata che rappresenta l’avvocato anche in ambiti culturali e apolitici con percentuali quantitativamente degne di attenzione (16%) (figure 5 e 6), anche se la quantità dei riferimenti verte su questioni personali e intimistiche.

Figura 5 – Tipologia degli articoli

Figura 6 – Contesto dell’articolo

132

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Le tematiche I temi affrontati dagli articoli in cui compaiono gli avvocati si riferiscono perlopiù a questioni riguardanti reati economico-finanziari (17%), omicidi (15%), ed in seconda istanza questioni politiche (15%) e familiari (14%). I dati sono in parte attesi, poiché le tematiche legate ai reati di tipo finanziario e agli omicidi costituiscono una forte attrazione per il lettore ed i giornali tendono quindi a conferirvi un rilievo consistente. Per quanto concerne le questioni inerenti la famiglia, si riscontra sulla stampa una duplice connotazione: da un lato l’avvocato appare rassicurante, incontrando il consenso dell’opinione pubblica, quando si occupa di diritti dei minori o delle coppie; dall’altro, appare inquietante nei casi in cui è difensore dei diritti di indagati per violenze e omicidi. I giornali, come espressione di un comune sentire, tendono a giudicare prima dei giudici e a stigmatizzare alcuni reati efferati assimilando ad essi anche il difensore della legge. Ciò che è evidente è la parzialità dell’atteggiamento di chi scrive, che tende sempre a dirimere tra il «bene ed il male», disinteressandosi per lo più dall’idea di cosa è giusto o lecito. L’emotività con cui i fatti di cronaca vengono raccontati tende a suscitare l’empatia del lettore predisponendo una reazione emotiva tesa a predisporre nel pubblico un atteggiamento tra colpevolista e innocentista. Tuttavia emergono alcune differenze rilevanti tra le testate esaminate: Il Corriere della Sera, per esempio, tratta la figura dell’avvocato perlopiù in casi di omicidio (16% degli articoli), ma presta grande attenzione anche ai reati finanziari (12%9, a conferma dell’interesse per i fatti di cronaca nera ma anche per le questioni economiche, care al suo pubblico, ed ai reati ad esse connesse. La Repubblica, invece pone più attenzione agli avvocati in ambito politico (20%), citandoli sia come difensori dei professionisti della cosa pubblica, sia come membri del Parlamento. Solo il Sole24Ore, Quaderni

133


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

prevalentemente centrato su articoli di argomento finanziaro (25%), presta una certa attenzione alle questioni riguardanti la professione dell’avvocato. È l’unica testata ad aver trattato temi concernenti la riforma della professione per esempio. Per Panorama l’avvocato «vive» soprattutto in ambiti familiari (21%), perché tratta cause matrimoniali o legate all’affidamento di minori, a conferma di una tendenza giornalistica attenta a questioni afferenti alla sfera del privato. L’Espresso invece pone attenzione agli avvocati rispetto a tematiche lavorative (17%), in linea con l’interesse alle questioni sociali (figura 7) tipica del giornale.

Figura 7 – Tipologia degli articoli

Gli ambiti giuridici A conferma delle tematiche più seguite, emerge che l’ambito giuridico più trattato dalla stampa è quello del diritto penale: il 50% degli articoli si riferisce ad esso, con la sola eccezione di Panorama che in più della metà (60%) dei testi esaminati colloca l’avvocato nel contesto giuridico del diritto di famiglia. Seguono per rilievo quantitativo, i reati legati alle tematiche economiche finanziarie (12%) (diritto societario, commerciale e industriale), e ambientali (6%) anche

134

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

perché tali questioni generali suscitano interesse per la loro ricaduta sul piano individuale (figura 8) e trovano quindi nel pubblico dei lettori un consenso rilevante.

Figura 8 – Tipologia diritto esercitato

I ruoli e gli status Il ruolo L’attività con cui prevalentemente l’avvocato si esprime ed è narrata dai media è quella di «difendere» (48%). Per l’opinione pubblica niente è più importante che considerare la funzione legale come capacità di essere attenti agli individui e quindi alla loro difesa. Ciò è così evidente sulla stampa che l’accusa di parte civile, che pure costituisce un’attività di grande rilievo, occupa molto meno spazio (21%). L’aiuto e il sostegno che vengono considerate non solo peculiarità della professione, sotto forma di consulenza (11%), sono attività messe in rilievo dai media anche con accenti umanitari. Meno appariscente (4%) la funzione di ruolo sotterranea, quella essenziale della tessitura nella composizione dei conflitti (4%) che tuttavia emerge come una strategia non eclatante di una professione solidale (figura 9). Il lavoro più impegnativo e silenzioso, quello per cui un avvocato «vero» è lieto di compiere il suo ruolo, risolvendo il contenzioso Quaderni

135


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

ed evitando la causa, non è parte della logica dei mezzi di comunicazione di massa ove il ruolo del legale si dipana tra la difesa e la garanzia. In particolare, sul Corriere della Sera assumere la difesa degli altri sembra essere il ruolo che gli avvocati svolgono più di frequente (42% dei casi esaminati). La Repubblica sembra privilegiare, invece, la rappresentazione dell’avvocato in qualità di difensore dei diritti (46%), mentre Panorama ne parla spesso come garanti delle regole (62%), e L’Espresso li cita come persone di fiducia (65%). Quest’ultima accezione la si intende con un duplice significato. Essa caratterizza l’avvocato da un lato come fedele sostenitore del proprio assistito, e dall’altro come figura in grado di consigliare assiduamente il proprio cliente al fine di evitare future implicazioni giudizarie. Interessante appare il dato emerso nel Il Sole24Ore in cui nel 28% dei casi non è stato possibile rintracciare il ruolo dell’avvocato per mancanza di caratterizzazione. Si tratta, come già evidenziato, di testi che fanno riferimento ad inchieste e a questioni tecnico finanziarie, quindi viene poco tratteggiata la figura del legale in quanto tale. Da tutto ciò si evince che la stampa rivolge volentieri la sua attenzione agli avvocati quando questi sono «in prima linea», all’interno dell’iter processuale. Al contrario, nei casi in cui il ruolo è extragiudiziale, la carta stampata appare meno generosa.

Figura 9 – Ruolo dell’avvocato negli articoli

136

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Le caratteristiche del ruolo L’avvocato della stampa è soprattutto un consulente (37%) (figura 10). A lui si fa riferimento come opinionista o a lui ci si rivolge per saperne di più. Si tratta di qualcuno che come garante delle regole e persona di fiducia viene indicato come capace di dirimere questioni insolute. In qualche modo i media evidenziano il ruolo dell’avvocato come un arbitrio continuo. Con poche sicurezze rispetto a casi irrisolti il legale conosce le regole e per questo è un riferimento di certezze. Le caratteristiche del suo ruolo si imperniano evidentemente soprattutto sulla difesa dei diritti (29%) e sul sostegno e il consiglio (11%) che lo rendono «umano» agli occhi del pubblico più di quanto non accada nella sua funzione di mediatore con lo Stato (8%) o mediatore di conflitti (3%). Scarsamente rilevante, da un punto di vista quantitativo, è il ruolo che svolge con gratuito patrocinio (1%), tuttavia il dato è qualitativamente incisivo perché viene evocato da tutta la stampa come un gesto cavalleresco e nobile con profusione di aggettivi che lo rendono unico nel panorama delle professioni contemporanee. Esiste però anche la tendenza opposta di stigmatizzare il suo ruolo quando l’avvocato è persona indagata o accusata (14%). La stampa, allora, lo rende addirittura protagonista dell’articolo, dando

Figura 10 – Ruolo con cui viene individuato l’avvocato

Quaderni

137


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

all’evento il massimo dell’importanza al punto che quando ciò accade l’avvocato indagato è nel 100% dei casi il personaggio principale, sia nel titolo che nei sottotitoli. La percezione dello status Alla funzione di difesa, di consulente, di risolutore di conflitti, si affianca, nell’immaginario collettivo che la stampa predispone e riflette, la percezione dello status dell’avvocato come persona di fiducia (37% dei casi) e come garante delle regole (31%). Tutti i giornali esaminati mettono in evidenza questa connotazione come costitutiva dell’identità stessa dell’avvocato. Sono assai rari, infatti gli articoli denigratori della loro funzione sociale: solo nel 6% dei casi i legali vengono considerati «azzeccagarbugli», accezione che nella nostra indagine, non si riferisce solo a scarse capacità e a piccoli imbrogli, ma anche a figure colluse con la malavita o tendenti ad ostacolare più che a facilitare il corso della giustizia. Un dato appare soprattutto interessante: o la disonestà, che viene in così piccola quota attribuita agli avvocati, non concerne mai il genere femminile, ed è correlata a vicende di grandi studi o a consulenti economici e-o finanziari (figura 11).

Figura 11 – Caratteristiche dell’avvocato in funzione del suo status

138

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

I valori Sebbene la maggior parte degli articoli esaminati non consente di evidenziare la dimensione valoriale su cui ogni avvocato fonda l’esercizio della professione, tuttavia le qualità che più vengono attribuite ai legali sono quelle riferite alla loro competenza e capacità (16%), alla loro sensibilità (11%), astuzia (9%), e indipendenza (7%). Si tratta di valori «nobili» che identificano una figura professionalmente all’altezza dei suoi compiti, preparata ma anche emotivamente accorta e autonoma rispetto a pressioni esterne. Sembra infatti che il desiderio di guadagno (6%) o la voglia di acquisire una posizione di potere (5%), o la conflittualità con la magistratura (4%), caratteristiche che pure vengono rappresentate, siano controbilanciate dalla forza dell’esperienza (5%) e dalla dedizione (4%). L’interesse personale e l’opportunismo (4%) sono caratteristiche citate in seconda istanza, indicate dai media come trasgressioni, «peccati professionali». Dalla carta stampata emerge dunque un avvocato capace e professionale, molto in funzione del prossimo che del guadagno e del po-

Figura 12 – Caratteristiche della funzione dell’avvocato

Quaderni

139


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

tere: lealtà ed onestà sono qualità che vengono ascritte al suo ruolo. Ciò è valido in tutte le testate, ma lo si osserva soprattutto in quelle che sono più attente ai fatti di cronaca: sul Corriere della Sera, per esempio, gli avvocati appaiono più sensibili (14%) autonomi e indipendenti (11%) che interessati al guadagno (8%) (figura 12). La vocazione L’intento di individuare la «vocazione» (ad-vocatum) dei legali ha messo in evidenza un costante obiettivo positivo. Tale vocazione è declinata soprattutto in funzione dell’autonomia come caratteristica peculiare della professione e come finalità e metodo del suo impegno (23%). La stampa, come specchio della realtà evidenzia un dato apparentemente divergente: il senso della giustizia occupa lo stesso spazio dedicato all’interesse per il guadagno economico (19%). Il dato è interessante perché la capacità professionale dell’avvocato si misura nella cultura contemporanea, anche in funzione del suo guadagno come elemento oggettivo di riconoscimento di capacità. Guadagno che fonda la sua forza su paradgmi etici e solidali: la garanzia dei cittadini (11%), l’assistenza ai deboli (8%). Esiste anche un piccolo mondo esaltato dai giornali di disinteressati al guadagno economico, che viene sempre contrapposto al macro universo (16%) di coloro che agiscono per il risultato ad ogni costo, dato, quest’ultimo, che si riferisce perlopiù alle attività dei grandi studi (figura 13). Sembra lontano il tempo della vocazione primaria (Vercelli 1241) in cui fu istituito un ufficio avente per funzione il sostegno e la difesa delle cause dei poveri davanti ai tribunali. Ripreso dai Savoia nel 1300 fu anche imitato all’estero, ma abolita nel 1865 che dichiarò il gratuito patrocinio dei poveri ufficio Onorifico ed Obbligatorio della classe degli avvocati.

140

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Si osservano tuttavia differenze di prospettiva tra le varie testate. Nel Corriere della Sera il senso della giustizia e l’interesse per il guadagno vengono rappresentati come equivalenti (27%), tuttavia una quota rilevante di riferimenti (21%) mette in rilievo l’autonomia come vocazione e motivazione professionale più importante e da questa si coniuga la funzione solidale dell’aiuto ai più deboli (10%) e di garanzia (6%). In fondo, nel quotidiano nazionale, che più presta attenzione agli uomini della legge, solo l’8% degli articoli mette in evidenza la volontà di voler ottenere risultati ad ogni costo.

Figura 13 – Finalità della professione dell’avvocato

Quale futuro Di una professione così antica si occupano in pochi rispetto al suo futuro. L’interesse dei media non è mai concentrato sul domani, ed inquesto caso la scarsissima attenzione alle revisione dell’ordinamento professionale a venire lo dimostra: soltanto l’1% di 1517 articoli se ne interessa.

Quaderni

141


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Conclusioni In definitiva l’avvocato narrato negli articoli dei giornali subisce un giudizio più negativo (24%) che positivo (18%), a lui si chiede di essere «perfetto» e la stampa confonde spesso le sue caratteristiche personali con quelle professionali. Tuttavia, se il 58% dei riferimenti non si esprime in termini valutativi, e quindi tratta gli avvocati in modo acritico, è interessante osservare la differenza di giudizio riferita agli uomini e alle donne (figura 14). Gli uomini sono considerati peggiori delle loro colleghe, ma indubbiamente la critica si riferisce soprattutto a coloro che lavorano nei grandi studi, ove il ruolo appare spersonalizzato e finalizzato ad un risultato da ottenere ad ogni costo.

Figura 14 – Giudizio sull’avvocato negli articoli

Si delineano differenze (figura 15) attenzione nelle varie testate esaminate: sul Corriere della Sera, l’atteggiamento prevalente è l’acriticità (64%), chi scrive racconta, non giudica. (I giudizi negativi raggiungono il 19% e si equivalgono praticamente a quelli positivi: 17%). Sull’Espresso l’avvocato è invece connotato marcatamente in modo negativo: il 40% degli articoli lo giudica male, diversamente da Panorama che invece lo tratta più positivamente: 42% degli articoli. Anche in questo caso le donne appaiono più lige all’etica professionale e la loro condotta è giudicata migliore di quella dei loro colleghi maschi.

142

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Figura 15 – Giudizio per tipologia avvocato

Nota metodologica La ricerca sull’immagine degli avvocati nella stampa ha preso in esame due settimanali nazionali, l’Espresso e Panorama, e tre quotidiani nazionali: La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Sole24Ore. Sono dunque stati analizzati gli articoli di rilevanza nazionale, tralasciando la cronaca locale poiché avrebbe richiesto un tipo di analisi qualitativamente diversa. Le fonti della stampa nazionale sono state esaminate nell’arco di 5 mesi: dal 15 gennaio 2008 al 15 giugno 2008. Iter della ricerca: dopo aver analizzato l’intero universo di riferimento, nell’arco dei 5 mesi, si è applicato un campionamento di tipo stratificato, attraverso cui è stata colta soprattutto la pertinenza e la salienza qualitativa. In pratica sono stati censiti, come unità di analisi, tutti gli articoli quotidianamente rilevati concernenti gli avvocati, con l’esclusione di quelli riferiti alla cronaca rosa e mondana. Sono stati così presi in esame gli articoli riguardanti: azioni legali, commenti all’operato degli avvocati, loro coinvolgimento diretto in questioni di ordine pubblico/privato, nonché recensioni di libri. Il metodo usato è stato quello dell’analisi del contenuto. Per la stampa si è usato il criterio più semplice della quantificazione delle Quaderni

143


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

occorrenze, individuando una tavola delle materie. In questo caso l’oggetto di analisi sono stati gli avvocati, protagonisti primari e secondari degli articoli, considerati come variabili indipendenti in relazione agli altri, al contesto, alle finalità delle loro azioni e ai valori da loro mediati. Gli avvocati sono stati così analizzati in funzione dei loro ruoli, dei loro status e delle loro attività, con l’ausilio di una scheda d’analisi che è stata rivolta ad ogni articolo.

L’IMMAGINE DELL’AVVOCATO NELLA TELEVISIONE Il contesto L’avvocato che emerge dall’analisi condotta su 309 episodi di 22 programmi televisivi, appare diverso a seconda dell’origine geografica della produzione. Quello statunitense è il modello preponderante di 18 serie. I professionisti della legge di cui si parla in queste storie, operano in funzione di valori di matrice protestante, e il loro obiettivo è raggiungere una posizione di successo, sviluppando al massimo le capacità individuali per ottenere il riconoscimento degli altri.

Figura 1 – Tipologia delle trasmissioni televisive

Le miniserie, che si presentano invece come prodotto tipico del «made in Italy», rappresentano l’avvocato come difensore dei de-

144

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

boli, soprattutto attratto dalla possibilità del gratuito patrocinio, è più trasandato del suo collega americano, ma esercita la sua professione in difesa e a tutela dei più svantaggiati. Il suo scopo è apparire buono. I programmi di inchiesta (Un Giorno in Pretura) trattano tematiche concernenti la sfera prettamente giuridica e in questo caso agli avvocati rivestono sempre un ruolo di protagonisti o co-protagonisti. La struttura della programmazione La rete Il 70% dei programmi televisivi analizzati è andato in onda sulle reti generaliste nazionali (figura 2.1) (Rai 1, Rai 2, Rai 3, Canale 5, Italia 1 e La 7), mentre il restante 30%, su due dei canali satellitari della piattaforma Sky: Fox Crime e AXN.

Figura 2.1 – Trasmissioni per tipologia di emittente

Rai 2 e Fox Crime, con il 24%, si confermano le reti che maggiormente «ospitano» programmi che trattano di avvocati, ma in generale quasi la metà (il 40%) delle trasmissioni va in onda sulle tre emittenti televisive del servizio pubblico. I legali di cui si parla in AXN e Fox Crime, sono uomini d’azione e si rivolgono per lo più ad un pubblico prettamente maschile. Quaderni

145


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Fascia oraria, durata e periodicità Di avvocati si parla in tutte le ore della giornata. I palinsesti televisivi dimostrano infatti che programmi di tale genere sono distribuiti, anche se in modo non uniforme, all’interno di tutte le fasce orarie (figura 3), sebbene quella del «prime time» (ore 21- 22.30) sembra essere privilegiata (il 43%). Anche in tarda serata i legali della televisione sembrano continuare la loro attività. Li troviamo al lavoro dalle 22,30 in poi nel 31% dei programmi! A quanto pare al mattino si riscontra uno scarso interesse nei confronti della professione del legale e infatti le trasmissioni ad essa riferite vengono trasmesse solo per il 10% in fascia mattutina (ore 11-13).

Figura 3 – Trasmissioni televisive fasce orarie

Le trasmissioni in questione durano per lo più meno di un’ora (83%). Soltanto nel 17% dei casi il programma supera i 60 minuti (soprattutto le miniserie televisive). Di solito quello con gli avvocati in televisione si presenta come un appuntamento settimanale (79%), solo nel 21% dei casi non c’è regolarità nella trasmissione. La produzione e l’ambientazione Gli americani si dimostrano grandi produttori di fiction sugli avvocati (78% dei programmi di derivazione statunitense) (figura 4), mentre noi italiani ne realizziamo relativamente poche (22%). Ovviamente l’ambientazione degli sceneggiati coincide con il luogo di

146

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

produzione dei programmi e quindi il 78% sono ambientati negli Stati Uniti, e il 22% in Italia. I legali che compaiono nei programmi citati sono uomini e donne dei nostri giorni (anni 2000 nell’86% dei casi), poche sono le fiction che narrano l’avvocato in altri contesti storici (solo il 15%).

Figura 4 – Trasmissioni televisive per paese di produzione

Il target Sono soprattutto gli adulti a guardare le trasmissioni citate ed infatti è ad essi che i programmi si rivolgono (54% dei casi). Le famiglie, tuttavia, non disdegnano le trasmissioni di questo genere (36%). I temi riguardanti gli avvocati non sembrano essere al centro degli interessi giovanili infatti ai ragazzi sono dedicate solo il 10% delle trasmissioni. In sintesi il legal drama americano, la fiction italiana e i programmi di inchiesta sul tema, si rivolgono soprattutto ad un pubblico adulto, anche familiare. Sebbene nel 90% dei casi infatti l’attenzione è prestata indistintamente a uomini e donne, una nicchia significativa (10%) è invece destinata ad un pubblico prettamente femminile.

Quaderni

147


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

I protagonisti Da soli o in compagnia In quasi la metà (42%) dei casi il protagonista è un singolo avvocato, nel 34% il ruolo prevalente viene conferito a un gruppo, ma non sono pochi coloro che dividono il ruolo principale con un altro collega (19% coppia). Sono per lo più le fiction americane a privilegiare un programma basato su una sola protagonista, anche se negli anni questa forma è mutata e si evoluta verso i grandi studi legali che «popolano» oggi molte delle serie tv statunitensi. Il ceto Gli avvocati in televisione, sia uomini che donne, sono senza dubbio benestanti (98% ceto medio alto). L’unica eccezione viene dalla miniserie L’avvocato Porta, in cui un brillante e divertente Proietti, interpretava un insolito avvocato cinquantenne «squattrinato» che metteva la sua professione al servizio e alla difesa dei poveri e dei deboli. Il genere Anche in televisione la professione di avvocato sembra essere ancora prettamente maschile (figura 5). Gli uomini prevalgono sulle donne (60%). Sebbene solo nel 34% delle trasmissioni le donne giocano un ruolo principale, la loro personalità e la loro capacità è correlata all’avvenenza e allo stile, quindi la qualità della loro presenza sullo schermo in qualche modo compensa la loro scarsa presenza numerica. Di tendenza appare il protagonismo di coppia (6%) e ciò che emerge come dato «tradizionalista» che differenzia le due culture, è che le donne sono le interpreti principali solo nelle serie americane, e che gli uomini prevalgono in modo assoluto in quelle italiane.

148

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Figura 5 – Protagonista delle trasmissioni televisive per genere

L’età Se la televisione è lo strumento più usato per reincantare un mondo disincantato, è evidente che deve fondare il suo stile sulla seduzione, e non a caso, i legali protagonisti delle fiction sono persone piuttosto giovani (43%) o adulte (52%) e solo il 5% ha come protagonista un personaggio anziano (figura 6). Anche in questo caso esiste una netta differenza tra il mondo statunitense e quello nostrano: nella fiction americana i giovani prevalgono, mentre in quella italiana emerge la figura di un avvocato di mezza età. È quasi divertente osservare come la grande esperienza nella professione sia sempre attribuita ad un uomo, mentre l’inesperienza dell’età giovanile viene attribuita alle donne.

Figura 6 – Protagonista trasmissioni per genere ed età

Quaderni

149


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

La razza I legali rappresentati in tv sono quasi tutti di razza caucasica (92%) e solo una esigua minoranza è di razza negroide (il 7%), e ancor meno rappresentanti sono i mongoli (1%). Lo stato civile Single. Così appare l’avvocato (soprattutto americano) nella metà delle fiction analizzate. Alcuni, non molti, sono divorziati o separati (21%), pochi invece sono i legali che hanno deciso di sposarsi (11%) (figura 7). I professionisti della legge in TV sono dunque sempre molto impegnati nella loro professione e poco dediti alle relazioni sentimentali, quasi a voler indicare costantemente non solo la passione per il lavoro, ma anche, più profondamente, la realizzazione di se in esso.

Figura 7 – Trasmissioni televisive per stato civile dei protagonisti

Il livello culturale Che la giurisprudenza sia in qualche modo sintesi e metastoria di tante discipline è un dato acquisito, ma è pur vero che nella rappresentazione simbolica dell’avvocato televisivo emerge praticamente un uomo «a una dimensione»: l’88% dei protagonisti delle serie esprime il suo livello culturale solo nell’ambito professionale!

150

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Caratteristiche dei protagonisti L’apparenza Le caratteristiche principali degli avvocati che emergono dal tubo catodico sono riferite all’abilità (54%), ma anche al loro aspetto esteriore poiché il buon gusto e l’eleganza li caratterizza non poco (35%): soprattutto le donne vestono alla moda (9%) e soltanto il 2% del totale viene rappresentato come un anticonformista che dedica poca attenzione alla propria immagine. Addirittura alcuni di loro vengono descritti come trasandati (2%). La sostanza La rappresentazione mediatica delle qualità degli avvocati è sicuramente positiva: essi appaiono capaci professionalmente (30%), in grado di condurre con successo le loro indagini (19%), e intellettualmente preparati (16%). La televisione valorizza anche la dote di rapportarsi agli altri e la capacità di lavorare in gruppo e di introspezione (7%) (figura 8). Evidentemente, trattandosi degli eroi di una serie, sono abili in tutto ciò che fanno e le loro caratteristiche negative vengono appena evocate. Una maggiore propensione al lavoro di gruppo e alla capacità decisionale viene attribuita dalla tv alle donne avvocato.

Figura 8 – Trasmissioni televisive per caratteristiche del protagonista

Quaderni

151


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Il Ruolo Nelle fiction sia italiane che statunitensi gli avvocati sono quasi sempre i protagonisti (87%). Nei restanti casi sono personaggi secondari (13%): in questo contesto si evidenzia un’inversione rispetto alla carta stampata dove prevale invece un ruolo secondario. Nello specifico prevalgono i difensori dei diritti (48%), ruolo in continua ascesa rispetto agli altri, sia nelle fiction italiane che statunitensi, seguiti dai garanti della giustizia (31%). Chiudono la classifica i mediatori di conflitti: appena il 10% del totale (figura 9). Gli avvocati in TV sembrano dunque non perdere mai di vista la finalità della loro professione.

Figura 9 – Trasmissioni televisive per ruolo del protagonista

Lo status L’attività Ad imporsi in questo caso è indubbiamente il modello americano, recentemente adottato anche nelle serie italiane, dei grandi studi associati (45%), dove vi lavora una buona percentuale di avvocati donne. I legali che invece esercitano la loro professione in conte-

152

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

sti pubblici sono circa il 25% dei casi rilevati. Anche questo dato risente molto dell’influenza americana, dove storicamente la figura dell’avvocato nei grandi studi legali, è stata affiancata a quella del procuratore nella struttura pubblica. In ultimo, i liberi professionisti, tutti uomini, risultano essere appena il 18%, in gran parte presenti nelle miniserie nazionali. La posizione professionale L’avvocato svolge semplicemente la sua professione in più della metà delle trasmissioni analizzate (58%), dove appare come legale senza altre specifiche indicazioni. Il 18% dei protagonisti invece sono anche i titolari dello studio in cui lavorano. I procuratori e la pubblica accusa rappresentano il 15% dei casi (figura 10). (È evidente che il primo appartiene all’ordinamento giuridico statunitense, mentre il caso degli avvocati di pubblica accusa, è figura tipica dell’ordinamento italiano ed è rappresentata solo nel programma di inchiesta Un giorno in Pretura).

Figura 10 – Trasmissioni televisive posizione professionale del protagonista

Quaderni

153


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

La personalità In televisione gli avvocati sono per lo più persone brillanti (14%), intuitivi (12%), affascinanti e carismatici (9%), soprattutto le donne. Meno sviluppate, invece, le qualità della correttezza e della lealtà (8%) (figura 11). Mentre la tenacia e l’ambizione sono qualità riscontrabili sia negli uomini che nelle donne, le caratteristiche negative si concentrano soprattutto negli avvocati uomini, che si dimostrano, seppur raramente, arroganti, ombrosi o addirittura disonesti.

Figura 11 – Trasmissioni televisive per eprsonalità del protagonista

I valori La determinazione sembra essere, in ogni caso, il valore che meglio descrive la categoria degli avvocati nelle fiction (29%), accompagnata dal senso della giustizia (14%), dalla dedizione professionale (8%), dalla sensibilità (6%), ma anche dal cinismo (5%) (figura 12). Caratteristiche queste, comuni sostanzialmente a quasi tutte le figure di avvocati rappresentate dalle serie televisive, anche se veicolate con maggiore «incisività» dai protagonisti delle serie tv americane.

154

Quaderni


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Figura 12 – Trasmissioni televisive per valori che caratterizzano l’avvocato

Le motivazioni Ma qual è la motivazione che induce il legale a svolgere la sua professione? Sicuramente la volontà di risolvere il caso (31%) e di tutelare il cliente (26%). Aiutare la gente sembra interessare solo al 9% degli avvocati della televisione, insieme alla difesa di un individuo (6%). I tratti negativi dell’immagine dell’avvocato, quali la bramosia di potere, di prestigio, di denaro, l’idea di arricchirsi con la professione, seppur presenti in alcuni casi, sono scarsamente evidenti e riferiti per lo più agli uomini.

Figura 13 – Trasmissioni televisive per tipo di azione dell’avvocato

Quaderni

155


XXIX CONGRESSO NAZIONALE FORENSE

Le tematiche I temi con i quali si deve confrontare l’avvocato dello schermo riguardano gli omicidi (20%), la tutela e i reati contro i minori (14%), le truffe (9%) e le controversie coniugali (6%). Tutte le altre tipologie di reati individuati (furti, prostituzione, crimini internazionali, ecc.) hanno scarso rilievo (5%) perché la televisione è il teatro della vita e le rappresentazioni simboliche che propone della realtà tanto più efferate appaiono, tanto più costituiscono la possibilità di esorcizzare, da parte dello spettatore un problema irrisolto. I meccanismi della proiezione e dell’identificazione passano attraverso i grandi spunti che la tragedia offre ed i serial, per ottenere successo, ne tengono gran conto. Le strategie Nelle linee di accusa e di difesa il legale delle fiction appare sempre molto professionale e corretto, mostrandosi abile nel confrontarsi con altri avvocati (43%). Spesso richiede la collaborazione di esperti per acquisire elementi importanti e funzionali alla risoluzione dei casi (32%), ma agisce anche da solo (14%) (figura 14).

Figura 14 – Trasmissioni televisive per tipo strategia dell’avvocato

156

Quaderni


MODIFICHE NORMATIVE ED ORDINAMENTALI

MODIFICHE NORMATIVE E ORDINAMENTALI PROPOSTA DI MODIFICA della legge 4 agosto 2006, n. 248 L’articolo 2 della legge 4 agosto 2006, n. 248 è modificato come segue: comma 1, lettera a): il periodo “ovvero il divieto di pattuire compensi parametrali al raggiungimento degli obiettivi perseguiti” è soppresso; lettera c): alla fine, dopo la parola “responsabilità”, si aggiunge il seguente periodo: “È fatto salvo il divieto per gli avvocati di partecipare a società con soci di capitale”; comma 2: al secondo rigo le parole “eventuali tariffe massime” sono soppresse e sostituite con “tariffe minime e massime per le prestazioni erogate nell’esercizio di attività professionali riservate”. comma 2-bis: all’art. 2233, il terzo comma viene sostituito dal seguente: “Gli avvocati non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni”. comma 3: è abrogato. LEGGE 4 AGOSTO 2006, N. 248 (CD. LEGGE BERSANI) Art. 2. Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali Quaderni

157


MODIFICHE NORMATIVE ED ORDINAMENTALI

1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall’ordine; c) il divieto di fornire all’utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l’oggetto sociale relativo all’attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità. 2. Sono fatte salve le disposizioni riguardanti l’esercizio delle professioni reso nell’ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso, nonché le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti. Il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale. Nelle procedure ad evidenza pubblica, le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali.

158

Quaderni


MODIFICHE NORMATIVE ED ORDINAMENTALI

2-bis. All’articolo 2233 del codice civile, il terzo comma è sostituito dal seguente: «Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali». 3. Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l’adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle.

Quaderni

159


NOTE DI STORIA FORENSE

NOTE DI STORIA FORENSE

Il Codice di Procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 Sesta parte a cura di AUGUSTO CONTE Nella relazione del Ministro di Grazia e Giustizia Boncompagni alla presentazione del Progetto di riforma del Codice di Procedura Civile “già disegnato nei primordi del Regno del Magnanimo Carlo Alberto” e al quale avevano “dato opera” una Commissione eletta nell’anno 1843 e una successiva nell’anno 1848, con il mandato di rivedere, uniformare alle nuove istituzioni e recare le variazioni ritenute opportune al “grave” lavoro “ordito” con “molta intensità e larghezza di studi”, si chiedeva l’approvazione provvisoria del Codice. La motivazione della richiesta della “provvisorietà” era così spiegata: “Dando il carattere di provvisorio al nuovo Codice, e stabilendo che dopo cinque anni ne sarà proposta la sanzione definitiva, la legge viene ad acquietare eziandio coloro che tenessero il nuovo Codice difettivo in alcuna parte – viene a stimolare magistrati e legisti a far tesoro della quinquiennale esperienza – e così associando tutta la nazione ai lavori del Parlamento, assicura i mezzi di rendere più perfetto il Codice nell’ultima occasione di darvi mano”. Proseguendo nella trattazione delle disposizioni di rito viene ora in esame il Libro Quarto del Codice di Procedura Civile che tratta “dell’esecuzione dei giudicati” “acciocché la dichiarazione del diritto non rimanga vuota di effetto” rendendo “necessario l’intervento

160

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

del potere sociale che soccorra al creditore ponendo in opera i mezzi coercitivi, pei quali agendo sui beni, e talvolta anche sulla persona del debitore, si ottiene la forzata esecuzione della sentenza”. Con il Titolo sulle esecuzioni “il Codice di procedura verrà or compiendo un lungo desiderio che il sistema francese aveva lasciato in queste contrade” secondo il quale le convenzioni solennemente contratte dovrebbero avere forza di legge tra i contraenti o gli effetti di uno spontaneo adempimento; lo spirito di “mala intesa equità” e la sottrazione agli obblighi comportava inadempimenti alla attuazione dei crediti, impedendo le contrattazioni, le operazioni dell’agricoltura, le imprese commerciali e industriali. Pertanto nel ricomprendere tra i titoli esecutivi gli atti contrattuali il procedimento esecutivo, apparentemente rigoroso, “suggerito da possenti ragioni, sarà ampiamente giustificato dai benefici che in maggior copia sorgeranno dall’agevolata celerità delle sociali transazioni”. I primi tre Titoli si riferiscono a “speciali operazioni” ordinate per sentenza, che non appartengono alla esecuzione propriamente detta, ma “tengono a prepararla”; nel Quarto Titolo vengono impartite le regole generali della esecuzione forzata e nei successivi Titoli si tratta delle varie maniere, secondo la qualità dei beni su cui viene diretta, e delle conseguenti operazioni, “onde possono i creditori pervenire al conseguimento dei loro crediti”. Il Codice prescrive i modi e termini della cauzione, ove questa debba essere prestata (anche a mezzo di fideiussore che dichiari di sottomettersi a tutte le obbligazioni portate con la sentenza, anche nella parte esecutoria concernente l’arresto personale); della presentazione della nota dei danni e interessi e della comunicazione dell’obbligato di adempiere e, in mancanza della condanna al pagamento di quanto dall’attore indicato; del rendimento del conto: tutte le questioni vengono discusse e definite secondo il rito del procedimento sommario in precedenza commentato. Il Titolo IV° si apre con le regole generali sulla esecuzione forQuaderni

161


NOTE DI STORIA FORENSE

zata che ha luogo quando la parte non soddisfa volontariamente la condanna, indicando innanzi tutto i titoli esecutivi e ponendo tra gli stessi gli atti contrattuali, per le ragioni in premessa riferito, la sentenza e le ordinanze (art. 657). I predetti titoli esecutivi possono essere posti in esecuzione quando vengano rivestiti della formula esecutiva che consiste in “certe parole di comandamento”, secondo la formula ancora oggi in vigore nel nostro sistema, indirizzate in nome del Re agli agenti della forza pubblica, che viene adoperata da Segretari, Notai, altri pubblici ufficiali delegati, nell’adempimento di tale ufficio, dal potere esecutivo. Gli atti dei Notai devono essere “legalizzati” dal Presidente del Tribunale Provinciale; i giudicati pronunciati dai Tribunali esteri devono essere resi esecutivi, sentite le parti, da un Magistrato di Corte di Appello del luogo di esecuzione. Le difficoltà insorte nel corso della esecuzione sono risolte dal Giudice del Mandamento del luogo di esecuzione, che rimette al Tribunale competente le cognizioni del merito. L’art. 672 stabilisce che quanto ai mobili, l’esecuzione comincia quando si sia proceduto al pignoramento e quanto agli immobili quando sia emanata la sentenza di espropriazione; tutte le contestazioni vengono risolte secondo il rito sommario. La resistenza e gli insulti all’usciere o all’ufficiale incaricato della esecuzione costituiscono atti punibili come “ribellione alla giustizia”. L’esecuzione sui mobili, disciplinata dal Titolo V° è quella considerata “più ovvia e più spedita”. L’esecuzione è preceduta dall’ingiunzione o “comando” fatto per atto dell’usciere al debitore cinque giorni prima del pignoramento (il Codice per gli atti preliminari alla esecuzione immobiliare richiede la notifica del “precetto ingiunzionale”) unitamente alla notifica, ove non già eseguita, del titolo esecutivo; l’atto contiene l’elezione di domicilio del creditore nel luogo dell’esecuzione (tale adempimen-

162

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

to è stato riproposto nell’ultima riforma del nostro art. 480 Cpc); il Giudice del Mandamento può autorizzare il pignoramento immediato ove sussista timore di trafugamento dei mobili. L’efficacia della ingiunzione è di 180 giorni, scaduti i quali senza l’esecuzione del pignoramento, va rinnovata. Il pignoramento è eseguito, a pena di nullità, alla presenza di due testimoni, che sappiano scrivere, non consanguinei delle parti e dell’usciere fino al 4° grado, e allo stesso non può presenziare la parte (quale “delicato riguardo alla misera condizione del debitore rispondente alla civiltà dei tempi ed alla mitezza degli odierni costumi”), ma solo il procuratore; è redatto processo verbale, anche per l’eventuale apertura di porte chiuse, con la descrizione dei mobili pignorati, e in caso di derrate o mercanzìe, con l’indicazione di quantità, peso e misura; per gli oggetti d’oro e d’argento, pesati e specificati, va indicato il marchio; il denaro è descritto con indicazione di numero e specie delle monete. Non possono essere pignorati letti e arredi per dormire, abiti per uso quotidiano, attrezzature militari, lettere e scritti di famiglia; non possono essere pignorati, se non in difetto di altri beni pignorabili, libri e attrezzi di lavoro; animali e attrezzi di coltivazione della terra; derrate necessarie per il vitto di un mese; una vacca o due capre o tre pecore a scelta del debitore e il loro foraggio necessario per un mese. I frutti possono essere pignorati nelle ultime sei settimane che precedono il raccolto. L’usciere nomina un custode con preferenza di chi si impegni alla custodia senza spostare i beni mobili: non possono essere nominati custodi né il creditore e i suoi congiunti fino al 4° grado, né il debitore o suoi congiunti. Il verbale è depositato presso il Giudice del Mandamento e consegnato in copia, al massimo entro due giorni, al debitore e al custode. Sul verbale il giudice stabilisce ora e giorno della vendita, trascorQuaderni

163


NOTE DI STORIA FORENSE

si dieci giorni, possibilmente sul luogo del mercato, con un preavviso al pubblico di un bando annunziato tre giorni prima sui luoghi di vendita, nella casa comunale, sulla porta della casa dove i beni sono custoditi e nell’ufficio giudiziario, e se esistono giornali, anche tra gli annunci giudiziari. Prima della vendita chi pretenda la proprietà sui beni può promuovere opposizione citando dinanzi al Tribunale del domicilio del debitore quest’ultimo e il creditore. La vendita è fatta ai pubblici incanti, a favore del maggior offerente ed a denaro contante; della vendita è redatto processo verbale. Il pignoramento di mobili e crediti “nelle mani di terzi”, disciplinato dal Titolo VII° è preceduto dagli stessi adempimenti; l’atto deve contenere l’indicazione del titolo e, in via generica, dei mobili e crediti e la citazione del terzo e debitore a comparire dinanzi al Giudice del Mandamento del suo domicilio, per rendere la dichiarazione sulla specificazione di oggetti e debiti: in caso di mancata comparizione o rifiuto il Giudice rimette le parti dinanzi al Tribunale; in caso di comparizione il terzo è dichiarato debitore; è consentita la dichiarazione tardiva in appello, con attribuzione delle spese al terzo. Se è stabilito “ritentore” di oggetti mobili è disposta la vendita. Se si riconosce debitore di somme le stesse vengono subito assegnate in pagamento al creditore. Presso i terzi non possono essere pignorati crediti alimentari ordinati dal Tribunale, tranne che per crediti alimentari e le somme o pensioni donate o lasciate in eredità a titolo di alimenti, tranne che per crediti posteriori. Il ricavo della vendita e gli ori e argenti vengono trasmessi all’ufficio del Giudice del Mandamento per la “distribuzione per contributo” nell’ambito di sua competenza e per la trasmissione al Presidente del Tribunale, oltre la competenza, per sentire le parti e formare lo stato di distribuzione che viene formato alla presenza del debitore, previo invito ai creditori a depositare i titoli giustificativi e di com-

164

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

parire in udienza, tra i cinque e i quindici giorni, per l’accertamento dei crediti e la loro “collocazione”. Il Giudice compila verbale dello stato di distribuzione; in caso di opposizione decide il Tribunale con rito sommario; se non vi è opposizione il Giudice ordina il pagamento conformemente allo stato di distribuzione, mandando al Segretario di spedire i mandati vidimati dal Giudice, che costituiscono titolo per liberare i depositari o detentori del denaro. Anche per l’esecuzione sugli immobili, disciplinata dal Titolo IX° l’art. 762 prevede la stessa procedura preliminare con la notifica del “precetto ingiunzionale” (la Relazione usa l’espressione “precetto” poi adottata dai successivi codici di rito), e del titolo se non già notificato; nei trenta giorni assegnati con l’intimazione a pagare il debito, gli accessori e le spese, può essere proposta opposizione davanti al Tribunale o Giudice del Mandamento che “proferì” la sentenza; se si procede con atto pubblico Giudice competente è quello del domicilio del debitore; l’opposizione sospende l’esecuzione. Il creditore può chiedere la aggiudicazione facendo trasferire a sé l’immobile, salvo per il debitore il diritto di riscatto entro un anno. In caso di richiesta di aggiudicazione gli atti e i titoli sono depositati nella Segreteria del Giudice del Mandamento ove sono i beni; il Segretario fissa il giorno per la trasferta sul luogo e nomina un perito per l’estimo dei beni e immette il creditore nel possesso dell’immobile aggiudicandogli “un quarto meno della stima fino alla concorrente somma dovuta in capitale” (art. 767), redigendo verbale. Se il creditore sceglie di procedere alla subastazione farà citare il debitore a udienza fissa dinanzi al Tribunale della provincia in cui si trovano i beni; la citazione contiene le condizioni di vendita e l’indicazione della offerta di un prezzo “non minore di cento volte il tributo regio”, o, in mancanza, non minore di “tre parti di quello che risulterà dall’estimo” determinato dal tecnico nominato dal Presidente del Tribunale. Quaderni

165


NOTE DI STORIA FORENSE

All’udienza il Tribunale ordina l’espropriazione forzata e fissa l’udienza per l’incanto disponendo per i bandi; l’espropriazione è pronunciata con sentenza non appellabile né opponibile, viene notificata al debitore e trascritta “in conformità dell’art. 2344 C.C.”. L’incanto è puntualmente disciplinato dall’art. 778 con riferimento alle tre candele “preparate in tal guisa che ciascuna di esse duri un minuto circa”; gli “oblatori”, con esclusione del debitore, sono iscritti in un registro; l’art. 784 Cpc disciplina le offerte in aumento. Viene anche disciplinata la procedura di rivendicazione di proprietà, usufrutto, servitù o altro diritto reale sui beni da subastarsi. Le eccezioni di nullità degli atti di espropriazione e subasta devono essere fatti valere, con procedimento sommario, entro quindici giorni dalla pubblicazione dei bandi. Quasi tutte le sentenze che regolano l’esecuzione non sono appellabili. Il Titolo X° disciplina il procedimento di graduazione dei crediti. Esaurita la trattazione del procedimento di esecuzione avente per oggetto i beni del debitore, il Titolo XI° tratta “di quell’altro mezzo più rigoroso che viene esercitato sulla di lui persona onde costringerlo all’adempimento della sua obbligazione, poiché si presume che egli ne abbia il mezzo”. Spiega la Relazione che “l’arresto personale nelle materie commerciali è riputato un mezzo ordinario di esecuzione, e costituisce per ciò la regola comune, inveceché nelle materie civili è del tutto eccezionale non potendo essere ordinato che in alcuni determinati casi”. Il Codice Civile sardo era comunque improntato a maggiore mitezza rispetto ad altri Codici stranieri; per esempio ove il debitore venga rilasciato in quanto il creditore procedente abbia trascurato di eseguire il deposito degli alimenti, non può essere arrestato per lo stesso debito. Il custode delle Carceri non può né ricevere depositi del debito né adottare alcuna decisione sul rilascio del debitore spettando al Presidente del Tribunale ogni decisione.

166

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

La disposizione è oltremodo opportuna perché in altri Paesi il “commercio” delle libertà era una prerogativa dei gestori delle carceri. L’arresto personale è eseguito solo ove la sentenza esecutoria ordini l’arresto; l’art. 846 stabilisce che l’arresto non potrà essere eseguito fuori dalle ore di ufficio degli uscieri; nei giorni di festa; nei luoghi destinati al culto, durante le funzioni; nei luoghi deputati alle adunanze delle pubbliche autorità; nei casi in cui il debitore, in servizio militare, adempia a un servizio in esecuzione di un comando; nella casa di abitazione del debitore o in qualsiasi altra casa, salvo speciale permesso scritto del Giudice del Mandamento del luogo di esecuzione. L’arresto non può essere eseguito neppure se il debitore sia munito di salvo-condotto perché chiamato come testimone, e per la sua durata (andata, esame e ritorno). Per eseguire l’arresto, che richiede la presenza di due testimoni, occorre mandato speciale del creditore. È consentito al debitore di essere sentito dal Presidente del Tribunale provinciale ove l’arresto è eseguito e di essere ricevuto, ove il Presidente non sia nel luogo delle udienze, nella sua casa. Il debitore viene condotto al carcere del luogo o di quello più vicino e l’usciere esegue un processo verbale dando indicazione di tutti gli atti giustificativi. Al custode del Carcere, ai sensi dell’art. 2121 C.C. è consegnata la somma destinata alla spesa degli alimenti, secondo regolamento; l’anticipazione è fatta per almeno giorni trenta o per altrettanti periodi successivi. Il debitore può essere anche rilasciato su consenso del creditore con atto ricevuto dal Segretario del Tribunale o da Notaio. Il Libro delle esecuzioni si completa con la disciplina dell’esecuzione delle sentenze di rivendicazione, o dismessione forzata di mobili o di stabili prevista nel Titolo XII°, per le condanne a consegnare un oggetto mobile, o a dismettere uno stabile. Il procedimento prevede l’apprensione del bene mobile da parte dell’usciere e la Quaderni

167


NOTE DI STORIA FORENSE

consegna alla parte alla quale fu aggiudicato con la sentenza; per gli immobili, dopo il preavviso, l’usciere immette la parte nel possesso, espellendo il condannato con ingiunzione a non turbare l’immesso e a non ingerirsi nello stabile, pena le sanzioni del Codice Penale previste per il reato di “ribellione alla giustizia”. I procedimenti speciali disciplinati nel Libro V contengono materie che spettano in parte alla giurisdizione volontaria e in parte al contenzioso ed hanno la finalità di rendere operative alcune disposizioni del Codice Civile delle quali costituiscono il compimento. Così è previsto nel Titolo I° l’offerta reale di pagamento e di deposito; i sequestri finalizzati a ragioni puramente conservative; le inibizioni volte a impedire l’irreparabile mutamento dello stato delle cose e i danni per le innovazioni, indicati dal Codice Civile, sono eseguiti con i criteri indicati a partire dall’art. 889, fino all’art. 901 del Titolo II°. Il giudizio di purgazione degli immobili dai privilegi e ipoteche è disciplinato dal Titolo III°. Di particolare interesse è il procedimento previsto dal Titolo IV° sui consigli di famiglia le cui attribuzioni sono pure determinate dal Codice Civile, che ordina anche il modo della loro costituzione; il Codice di Procedura stabilisce la presenza del Segretario del Giudice per la verbalizzazione e la omologazione delle deliberazioni. L’istituto è del tutto scomparso sia nel nostro sistema sostanziale che, per conseguenza, in quello processuale. Il Titolo V° prevede due Capi rispettivamente destinati alla vendita dei beni mobili e dei beni immobili dei minori; per i beni immobili deliberati dal consiglio di famiglia il Tribunale oltre a procedere alla omologazione fissa le condizioni di vendita che sono riportate nel bando. Il Titolo VI° disciplina il procedimento di autorizzazione alla donna maritata di stare in giudizio per le cause attive o passive quando il marito si rifiuta di darla o non è abilitato.

168

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

La cessione giudiziaria dei beni è prevista dal Titolo VII°; il procedimento di interdizione, in attuazione delle regole del Codice Civile è indicato nel Titolo VIII°; e quindi, di seguito fino al Titolo X°, sono dettate le disposizioni relative agli assenti e alla copia e collocazione degli atti pubblici in caso di rifiuto del rilascio da parte del notaio. Il Titolo XI° tratta il procedimento di apertura della successione con la previsione della apposizione e rimozione di sigilli, dell’inventario, del beneficio di inventario, delle divisioni, del curatore della eredità giacente: i procedimenti svolgono la funzione diretta alla conservazione dei beni ereditari, all’accertamento del valore, a operare la divisione, ad eseguire, in mancanza, la vendita. I compromessi sono disciplinati dal Titolo XII°. La Relazione riferisce che, anticamente regolati dal Diritto Romano, cessarono di avere effetto negli Stati di Terraferma rimanendo obbligatori in Sardegna, a richiesta di parte, in riferimento alle controversie “che insorgessero fra i più stretti congiunti”; il Re Carlo Felice nelle Leggi promulgate il 1827 diede ai compromessi nuove regole e forme. “La facoltà di venire a compromessi è un diritto naturale che la legge civile deve rispettare e favorir regolandone l’uso senza mai impedirlo, perché di costa al dovere, che incombe al Sovrano Potere d’amministrare rettamente la giustizia per mezzo dei giudici da esso instituiti, vige il diritto pei cittadini aventi la libera disponibilità dei loro averi di commettere la decisione della loro controversia a uomini di piena loro fiducia, eletti con libero e mutuo consenso, senza dover attendere e subire le decisioni di quelli… Lo scopo degli arbitramenti è in effetto morale per eccellenza, perocché porge il mezzo ai dissenzienti di accellerare il termine delle loro controversie, e di fuggire lo strepito e la pubblicità dei giudizii onde si divulgano i segreti delle famiglie, non che le concitate discussioni che muovono le passioni ed inaspriscono gli animi”. Quaderni

169


NOTE DI STORIA FORENSE

Gli arbitri devono essere in numero dispari e sono competenti sui diritti di cui ogni persona può liberamente disporre; non possono essere oggetto di compromesso le donazioni e i legati a titolo di alimenti, né le separazioni tra coniugi, né le questioni di stato, né quando la legge prevede l’intervento del Ministero pubblico; l’ufficio è inibito alle donne, a chi ha perduto i diritti civili, ai condannati a pene criminali. Gli arbitri non sono tenuti all’osservanza dei termini e delle forme stabilite nel Codice di Procedura Civile per l’istruttoria delle cause, salvo che non sia diversamente convenuto; il procedimento arbitrale è rimesso al Tribunale competente in caso di eccezione di falsità di natura civile o di “incidente criminale”. La sentenza è pronunciata a maggioranza; gli arbitri giudicano “secondo le regole di diritto” anche se sono autorizzati dal compromesso come “amichevoli compositori” essendo nelle intenzioni delle parti di essere giudicati ex bono et aequo; la sentenza in originale è rimessa entro cinque giorni al Tribunale provinciale nella cui giurisdizione è stata pronunciata ed è resa esecutiva con ordinanza del Presidente; per l’esecuzione si applicano le regole del codice. La sentenza è opponibile o appellabile per ragioni di nullità, salva preventiva rinuncia, qualora sia pronunciata senza o fuori dei limiti del compromesso; se è pronunziata solo da alcuni degli arbitri o su oggetto non richiesto; se le forme espressamente prescritte a pena di nullità non sono osservate. L’opposizione è presentata davanti al Tribunale o Corte, il cui Presidente ha reso esecutoria la sentenza, che giudica nel merito se è competente; per l’appello è previsto il termine stesso per la sentenza del Tribunale. Sono anche previsti la revocazione e il ricorso per cassazione contro le sentenze di Tribunale o Corte che decidono sulla opposizione, appello o revocazione. Le disposizioni sul compromesso si applicano anche in materia commerciale.

170

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

La Commissione (composta da Astengo, Deviry, Galvagno, Bertolini, Cavallini, Bronzini, e Tecchio relatore) concludeva la Relazione raccomandando “fervidamente al Ministro, che i Regolamenti i quali verranno compagni alla pubblicazione di questo Codice sieno tali che valgano di scorta pronta e sicura, specialmente ai segretari ed agli uscieri ai quali è affidato sì larga parte degli atti del nuovo procedimento”. Mentre la relazione del Ministro Guardasigilli Boncompagni così si chiudeva: “Finalmente l’art. 1132 conchiude annunziando che saranno argomento di leggi speciali l’ordinamento e la disciplina de’ Tribunali, l’ammessione al beneficio dei poveri, la disciplina degli avvocati e procuratori, e gli obblighi degli uscieri, al che tutto non tralascierà il Ministro di rivolger le sue cure onde preparare i provvedimenti che saranno all’uopo accomodati”. La conclusione del Ministro, contenuta nella Relazione del Governo, contiene un monito secondo il quale le riforme dei riti non hanno alcun effetto pratico se non sono unite alla riforma delle strutture e dei soggetti della giurisdizione, giudici, avvocati, operatori giudiziari.

Quaderni

171


NOTE DI STORIA FORENSE

La giurisdizione del Capitolo1 di Mesagne (1616 - 1697) di ANGELO IAIA* 1. - Pluralismo Giurisdizionale La giurisdizione sulle fiere si colloca, sul piano generale, nel complesso fenomeno storico-giuridico noto con il nome di “pluralismo giurisdizionale”. Il Medio - Evo favorì la nascita di un gran numero di giurisdizioni, spesso pretestuose, risultato di privilegi particolari e spesso mal definite, le quali aumentarono artificiosamente.2 Nell’originario Comune, accanto alla Curia dei Consoli, erano riconosciuti il Tribunale del Vescovo, per i chierici, e quello delle arti. Solo più tardi riaffiorarono i privilegi di classe, imposti dai feudatari inseritisi nei Comuni, presto imitati da altri gruppi sociali, e con essi si crearono speciali tribunali con proprie competenze.3 Ricordiamone alcuni: • Tribunali Feudali - Ai feudatari spettava la cognizione delle cause promosse nei territori su cui cadeva la loro signoria. Alcuni, giudicavano su ogni crimine, altri, invece, avevano una competenza circoscritta per materia, spettando al Principe la cognizione generale.4 Avvocato del Foro di Brindisi. Collegio dei canonici addetto a una cattedrale o a una collegiata. 2 A. PERTILE, Storia della procedura, Vol. VI, parte I - II, Torino 1900 (in Storia del Diritto Italiano, a cura di P. DEL GIUDICE). 3 G. SALVIOLI, Storia della procedura civile e criminale, vol. III, parte II, pag. 191. 4 A. PERTILE, op. cit., pag. 97 ss.. * 1

172

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

• Tribunali di Commercio e delle Arti – Conoscevano delle cause tra i membri della corporazione e suoi dipendenti, per ragioni attinenti all’esercizio dell’arte e del commercio.5 • Tribunali Ecclesiastici – Giudicavano le liti che insorgevano su materie puramente religiose ed ecclesiastiche. Nel Medio - Evo questa cognizione si allargò contemplando le istituzioni dello Stato e, molto spesso, supplendole.6 Accanto a queste giurisdizioni, che riscontriamo quasi ovunque, c’erano poi un numero imprecisato di Tribunali speciali che variavano da luogo a luogo. Ad esempio: i Tribunali degli ebrei, dei forestieri, dei monetieri, ecc.. In Mesagne, la giurisdizione ordinaria era amministrata dal Governatore e dai Giudici della Bagliva. La prima giurisdizione speciale di cui si ha memoria risale al 1100: consisteva nelle giurisdizione ecclesiastica su Mesagne concessa ai Vescovi di Brindisi da Goffredo di Conversano.7 Altre forme giurisdizionali speciali erano: la giurisdizione sulle “Fiere Franche”, di cui era titolare l’Università, e quella sulla “Fiera di Tutti i Santi”, esercitata dal Capitolo.8 2. - La giurisdizione sulle fiere La giurisdizione speciale sulla fiera mesagnese di “Tutti i Santi” non costituisce, nel suo genere, un caso singolare. Infatti, ovunque si svolgessero fiere venivano costituiti giudici e procedimenti speciali per le controversie che sorgevano nelle stesse. A. PERTILE, ibidem, pag. 112 ss.. A. PERTILE, ibidem, pag. 75 ss.. 7 A. PROFILO, La Messapografia, ovvero memorie storiche di Mesagne, Lecce 1871, pag. 49. 8 A. PROFILO, op. cit., pag. 34-35. 5 6

Quaderni

173


NOTE DI STORIA FORENSE

L’origine di questi tribunali è antica: il diritto di tenere mercato era ius regale e come regalia fu concesso. La riunione di mercanti all’ombra di una chiesa o di un castello feudale, ove gli accorsi trovavano protezione, apportava vantaggi al concessionario e alla comunità ospitante. Perciò si accordavano esenzioni di tasse e pedaggi, si offrivano agevolazioni di vario genere e parve opportuno ammettere anche una giustizia speciale per le controversie penali e civili nascenti dalle negoziazioni.9 Questa deve essere stata l’origine e la ragione dei tribunali delle fiere, inizialmente gestiti da un rappresentante della fiera, poi spesso concessi, per rinuncia fatta da chi ne aveva diritto, ad altre istituzioni, cui si accordava la facoltà di tenere “forum, mercatum, nundinas”, una o due volte l’anno. Assieme alla concessione era dato lo “ius administrandi iustitiam nel forum annuale o septimanale”. I Comuni italiani, che diedero molto incremento ai mercati periodici, in quanto costituivano la manifestazione caratteristica dell’economia urbana, li vollero regolati da giudici speciali, i quali dirimevano immediatamente le questioni nascenti tra venditori e compratori, in modo che, chiuso il mercato, non restassero strascichi di liti fra persone costrette a lasciare con rapidità il luogo degli scambi. Le funzioni dei giudici duravano per il tempo delle fiere e solo in casi particolarissimi potevano essere prorogate. Anche a Mesagne le fiere costituivano un evento importante: erano il mezzo più pratico di commercio dei prodotti della campagna e delle opere dell’artigianato locale.10 Durante lo svolgimento del mercato la giurisdizione si poneva a tutela del bene comune, la cui salvaguardia dipendeva dalla pace

G. SALVIOLI, op. cit., pag. 111. Non a caso, a Mesagne le fiere cadevano dopo ogni operazione agricola: a settembre per la vendemmia (Fiera di S. Michele Arcangelo); ad Agosto per i fichi (Fiera di S. Lorenzo); a gennaio per le olive (Fiera di S. Paolo). 9

10

174

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

che si riusciva ad assicurare al luogo delle contrattazioni. Perciò, compito specifico dei Mastri Mercato o Mastri Giurati, era quello di assicurare alle fiere un servizio d’ordine pubblico, di punire coloro che avessero attentato alla loro tranquillità e di risolvere eventuali controversie nate dalle contrattazioni. Questa esigenza, di ordine interno del mercato, era fortemente sentita allo scopo di non scoraggiare i forestieri che vi partecipavano come commercianti o come acquirenti. Nella ricorrenza annuale della Fiera di Tutti i Santi l’esercizio giurisdizionale era affidato al Capitolo di Mesagne. Esso appare singolare per una serie di motivi: • innanzitutto, non risulta che la letteratura storico – giuridica abbia mai segnalato un’ipotesi di attribuzione ad una istituzione religiosa di questo tipo di giurisdizione; • in secondo luogo, c’è da rimarcare che il Capitolo esercitava tale potestà in occasione dello svolgimento di una sola fiera.11 L’eccezionalità, nella eccezionalità, fa subodorare un privilegio di natura tipicamente feudale, sopravvissuto nonostante l’organizzazione della Università e le pretese del potere regio: la Fiera di Tutti i Santi, una volta l’anno, per tre giorni (tale era la sua durata) riproponeva alla considerazione dei mesagnesi e di tutti i convenuti, il prestigio del Capitolo. Questo era degno contorno al ruolo economico svolto dall’istituzione religiosa in ogni giorno dell’anno, in un ambiente in cui i nullatenenti rappresentavano la maggioranza. 3. - La Corte - Il procedimento: forma e struttura Come si è anticipato, al sopraggiungere della Fiera di Tutti i Santi la giurisdizione, in Mesagne, era esercitata dal Capitolo. Questo 11

Sic, Fiera di Tutti i Santi, cadente, ogni anno, nella terza domenica di Novembre.

Quaderni

175


NOTE DI STORIA FORENSE

svolgeva la funzione delegando alcuni suoi componenti, i c.d. “Mastri Mercato, Commissari o Mastri Giurati”. L’attività giudiziaria dei due Magistrati era rivolta a conoscere non solo le controversie che nascevano dalle contrattazioni, ma qualunque altra questione penale o civile che insorgesse nel territorio mesagnese durante il periodo di svolgimento della fiera; in tale occasione le funzioni della magistratura ordinaria rimanevano sospese. Delegato a rappresentare l’autorità capitolare durante il mercato era il Procuratore, che riceveva le querele, presiedeva il Tribunale, aveva compiti inquisitori, pronunciava e sottoscriveva le sentenze e tutti gli atti del processo. Affiancava l’attività del Procuratore, l’Economo, che, per parte sua, riscuoteva le multe e le sanzioni pecuniarie che venivano inflitte ai contravventori e a coloro che venivano giudicati responsabili di qualche illecito. Procuratore ed Economo non erano scelti in ragione del ruolo che avrebbero svolto nella fiera: di un rappresentante legale e di un amministratore del patrimonio il Capitolo aveva bisogno anche al di fuori della fiera; i detentori abituali di questi due uffici, all’interno del Capitolo, divenivano automaticamente Mastri Mercato in occasione della fiera. La partecipazione ai processi di questi due incaricati era ritenuta necessaria e sufficiente, ma non sempre escludeva l’intervento diretto di altri canonici. La composizione, tutta clericale, della magistratura è segnalata da alcune sentenze nelle quali si sottolinea la presenza generica di altri preti locali. Con l’espressione “presentibus ... et aliis pretibus dictae terrae”, riteniamo si alludesse a quei sacerdoti che presenziavano al processo, anche se non è possibile stabilire se anche costoro concorressero con il voto a formare il verdetto. Costante è il ricorso ad un esperto in diritto, il Consultor (judex de medio), mancando alla Corte quella valida preparazione tecnico – giuridica che l’esercizio giurisdizionale comportava. Questi, per-

176

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

tanto, dava quei pareri giuridici necessari a ricondurre la fattispecie esaminata sotto la configurazione normativa più propria e controfirmava gli atti unitamente ai Giudici. Alla stesura dei verbali è preposto un Cancelliere (notaio), mentre i Servienti svolgevano attività di polizia giudiziaria e, correlativamente, ai medesimi era delegata l’esecuzione degli ordini impartiti dai Mastri Mercato e l’esecuzione delle condanne. Secondo l’uso dell’epoca, il Tribunale si teneva nel “banco” a ciò designato e segni esteriori rendevano facilmente individuabile il luogo e la funzione. Il procedimento si svolgeva con rito sommario, caratteristica, questa, connaturale ad un tipo di giurisdizione che nell’arco di pochissimi giorni doveva esaurire il suo compito; pertanto, aveva una cognizione spedita, priva di formalità, rivolta alla ricerca di una giustizia sostanziale. Il ricorso abituale a questo tipo di processo, di origine romanocanonica ed elaborato dai giuristi del ‘200 e ‘300, toglie il carattere di straordinarietà che lo stesso aveva avuto al suo primo affermarsi. Oramai, quasi tutti i processi si svolgevano “summarie”; non risulta che esistesse giurisdizione speciale per le fiere che non adottasse queste regole processuali, le quali conservavano solo quegli atti scritti e quelle solennità che avevano valore sostanziale; gli atti di citazione erano ridotti all’essenziale e i termini di comparizione abbreviati. Già nel Medio – Evo il numero delle cause extra ordinem era stato assai vario: prime ad essere incluse erano state le cause delle fiere, dei forestieri, dei poveri, vedove, pupilli, ecc.. La materia da trattare summarie et simpliciter comprendeva, inizialmente, le cause di modico valore, le azioni possessorie, redibitorie, le controversie intorno a censi, servitù, confini, divisioni. La dottrina, in seguito, ampliò l’elenco affermando che summarie dovessero essere tutte le cause criminali nelle quali si procedeva senza accusatore, cause straordinarie, in cui bastavano due testi o presunzioni e indizi indubitati. Quaderni

177


NOTE DI STORIA FORENSE

Nella fiera mesagnese il processo prendeva l’avvio dalla conoscenza del presunto illecito e proseguiva con l’inquisizione; talora è una querela a promuovere l’azione, talora è una denuncia. L’accusa poteva essere formulata al Procuratore della fiera, assistito dal Consultore, e poteva avere forma scritta oppure orale. Ammessa la querela o la denuncia, si procedeva all’arresto del presunto colpevole, salvo l’obbligo del Giudice d’investigare per conto proprio.12 Avuta notizia del reato il Giudice procedeva per inquisizione, senza attendere che il denunciante apprestasse le prove. Il processo si componeva di due fasi: l’istruttoria ed il giudizio. La prima fase comprendeva la ricerca delle prove. Partito molto sicuro, rispetto ad ogni altro mezzo di prova, era quello di ricorrere a testimoni che si fossero trovati presenti all’azione. Questi, una volta dichiarata la propria identità e dopo aver giurato di dire la verità, venivano interrogati. Degli interrogatori era redatto processo verbale con formule stereotipe: • Interrogatus supra presenti informatione, respondit …. • Interrogatus de causa scire, dixit … • Interrogatus de loco et tempore, dixit … • Interrogatus de contestibus, dixit … • Et sic deposuit. Segue la firma, più spesso un semplice segno di croce (Signum crucis), a cui il Cancelliere aggiungeva: “propriae manus supradicti … scibere nescit ut dixit”. Quanto al numero dei testimoni, la cui deposizione concorde era necessaria a fornire una prova piena, sebbene si considerasse quale norma generale quella dettata dalla Sacra Scrittura –“quod ore duorum vel trium testium stat omne verbum”– esso variava a seconda della gravità del reato. Questa procedura era conforme alle norme vigenti che non permettevano all’imputato di addurre le proprie difese se non stando in carcere. 12

178

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

Nel Tribunale della Fiera di Tutti i Santi sono ammessi da uno a tre testimoni per i reati più semplici; per quelli più gravi il loro numero poteva arrivare sino a sei. Non potevano testimoniare i ladri, banditi, scomunicati, condannati per crimini, impuberi, donne, ecc.. Non sappiamo a quali pene soggiacessero quei testimoni che, una volta comparsi, si rifiutavano di rispondere, così come non siamo in grado di affermare se il processo si svolgesse pubblicamente, anche se non abbiamo nulla che ci impedisce di asserire il contrario. Nessuna assistenza di avvocati negli interrogatori; solo prima della formulazione della sentenza l’imputato è tradotto innanzi ai giudici per difendersi (se exculpare). L’onere della prova non spettava al denunciante, ma all’imputato, il quale, mediante l’exculpatio, doveva dimostrare la propria innocenza. L’ultima fase del processo culminava con la formulazione e pubblicazione della sentenza. Questa era data con un’unica dichiarazione che decideva direttamente la causa e determinava la condizione giuridica delle parti. La promulgazione avveniva a mezzo del Presidente del Tribunale; la sentenza, infatti, non acquistava valore legale che per la promulgazione di questi. L’approvazione, invece, si otteneva con la raccolta dei voti di tutti i giudicanti, giurati ed astanti. Con tutta probabilità, il voto era segreto, per bossoli o palline, sistema, questo, di cui il Capitolo si avvaleva di frequente nelle sue decisioni più importanti. Con quale criterio si determinasse la maggioranza, o se fosse necessaria la totalità dei consensi, non possiamo stabilirlo con certezza per difetto di documenti. Dalle “Conclusioni Capitolari”13 ricaviamo che il Capitolo mesagnese prediligeva il plenum dei voti nelle sue deliberazioni; non sappiamo, però, se il principio era fatto salvo anche nella fiera. 13

Atti interni al Capitolo.

Quaderni

179


NOTE DI STORIA FORENSE

Le sentenze mancano delle motivazioni, mai un richiamo a leggi applicate. La mancanza di motivazione nelle sentenze è caratteristica tanto della giurisprudenza dell’epoca, come di quella precedente e successiva. Nel secolo XV Papi, principi e Comuni, si ribellarono contro simile forma processuale, stabilendo che i giudici fossero obbligati a dare ragione della propria decisione nei casi in cui le parti ne avessero fatta richiesta o quando la soluzione della lite comportava il pagamento di una certa somma. Ferdinando IV di Napoli, il 27 settembre 1774, pubblicò una Pragmatica con la quale ingiungeva, a tutti i Tribunali del Regno, di corredare ogni sentenza con i motivi da cui era stata dettata. Al Sacro Real Collegio parve lesa la propria dignità e rimostrò a tal punto che l’ordine fu revocato.14 Le sentenze solevano darsi invocando il nome di Dio (In nomine Dei. Amen) e venivano conservate nell’Archivio capitolare. Dai documenti della fiera di Tutti i Santi emergono solo tre condanne a pene pecuniarie. In questi casi, le norme prevedevano che se il reo non avesse corrisposto l’importo della pena entro il termine in condanna,15 dovesse essere indotto da appositi ufficiali. Se anche questo tentativo si rivelava infruttuoso, seguiva il pignoramento dei beni oppure la carcerazione fino a che non avesse pagato.16 La giurisdizione sulle fiere fu abolita da Giuseppe Napoleone, con decreto del 25 Ottobre 1808.17 A. PERTILE, op. cit., pag. 225. Normalmente 10 gg. 16 A. PERTILE, ibidem, pag. 378. 17 Testo: Art. 1 – La giurisdizione dei Mastri di Fiera, qualunque ne sia l’origine, è abolita. Art. 2 - I proventi dei Mastri di Fiera, sino a nuovo ordine, saranno percepiti per conto del tesoro pubblico, salva l’indennità da accordarsi ai possessori attuali; i suoi creditori saranno liquidati come quelli degli altri creditori dello Stato. Art. 3 - Le funzioni dei Mastri di Fiera, siano giudiziarie, siano di polizia, saranno esercitate dalle rispettive autorità costituite (In MAVARO, La Messapografia, Mss. 1794, I, cap. xx, pag. 273). 14 15

180

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

4.- L’archivio Capitolare Il materiale documentario oggetto del presente studio si trova in Mesagne, presso l’Archivio capitolare, istituito nella Collegiata di Tutti i Santi. L’archivio in questione, costituisce un patrimonio unico, sebbene il materiale custodito sia frammentario. I documenti che attengono all’esercizio della giurisdizione sulla fiera di Tutti i Santi si compongono di quarantatre fra sentenze (essenzialmente di carattere penale), testimonianze ed istanze, che abbracciano un arco temporale che va dal 1616 al 1697. Le sentenze sono scritte su pergamene: gli interventi della Corte sono verbalizzati in latino, mentre le testimonianze e le discolpe sono redatte in volgare. Sul retro di ciascuna, una nota specifica l’anno, le ragioni della causa, i nomi delle persone coinvolte, una lettera e un numero progressivo di catalogazione. Il materiale, pur non essendo di eccezionale fattura, non manca di pregi: è testimonianza storica di un fenomeno giuridico eccezionale; inoltre, si tratta di documentazione originale e assolutamente inedita. 5.- Schema indicativo di qualche atto secondo i formulari in uso QUERELA Comparuit …… constitutus litis coram Magistri Nundinarum omniun Sanctorum et proposuit qurelem adversus …. Instat capi informatione, castigari ut iuris. Et ita …. TE STES …………….

Quaderni

181


NOTE DI STORIA FORENSE

ISTRUZIONE PROCESSO ED ESAME TESTI Die …. Mensis Novembris 16… Messapiae et coram Magistri Nundinarum omnium sanctorum et Cleri dictae terrae. Examinatus fuit …. terrae … aetatis suae annorum …. vel circa ut dixit testis, qui delato sibi iuramento veritatis dicens pro ut tactis. Interrogatus supra presenti informatione, opportune interrogatus, respondit ….. Interrogatus de causa scire, dixit ….. De loco ed tempore, dixit …… De contestibus, dixit ….. Signum crucis propriae manus presenti ... scribere nescit ut dixit. EXCULPATIO DELL’IMPUTATO Avanti il Rev.do Procuratore Generale del Rev.do Capitolo e Clero della Collegiata di Tutti Santi e Mastro Mercato della piazza d’Ogni Santi, compare Gio BISCOSI, di detta terra, e dice ritrovarsi carcerato nel carcere criminale, per una pretensa resistenza fatta in persona d’un fameglio della Corte dello Mastro Mercato, e perche esso comparente è innocentissimo, non havendo mai fatto tal resistenza quale si pretende. Perciò, rimettendosi alli medi atti ed havendo il processo per compilato e li testi per repetiti, legittimamente fa instanza esser liberato et scarcerato, isto (et omni modo meliori).

182

Quaderni


NOTE DI STORIA FORENSE

SENTENZA In nomine Dei – Amen – Die ... mensis Novembris 16 …, Messapiae, Rev.di … Generali Procuratori Rev.di Capituli et Magistri Nundinarum omnium Sactorum et Cleri dictae terrae, per supradictum petendi quae. Et per ipsum Generali Procuratori et MagistRI Nundinarum omnium sanctorum et Cleri dictae terrae, cum voto fuit provisum et decretum quod supradictum …. inquisitum et carceratum ut in actis cedat in poenam et provide esse carceratur et non molestatur amplius pro causa predicta pro ut excarcerari (condemnari in ….) et amplius non molestatur mandatur. Et ita pro hoc suum. ...Procuratore et Magister Nundinarum ...Consultor Lectum latum, Messapiae, in banco iuris, die …. Mensis Novembris 16 …. Pretibus presentibus…… et aliis dictae terrae. Et in fidem.

Quaderni

183


DIRITTO & ROVESCIO

Diritto & Rovescio a cura di C’È SU UN TOGATO* Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno confermato la sanzione disciplinare inflitta a un Sostituto Procuratore della Repubblica dal Consiglio Superiore della Magistratura che aveva ritenuto integrare l’elemento oggettivo di un illecito disciplinare, sotto il profilo della violazione dei doveri di correttezza e di rispetto della dignità della persona con la conseguente compromissione del prestigio dell’ordine giudiziario, il comportamento del P. M. che dispone, nel corso delle indagini preliminari, una consulenza tecnica per mezzo della quale una persona informata sui fatti viene sottoposta a una seduta ipnotica per recuperare ricordi rimossi. Il P. M., nel corso delle indagini preliminari relative a un omicidio, ascoltava una persona informata sui fatti che manifestava carenza nel ricordo, probabilmente per lo stato di shock procuratogli dalla paura; ritenendo indispensabile per le investigazioni il tentativo di fargli recuperare le reminiscenze latenti, il P. M. nominava un consulente tecnico, ai sensi dell’art. 359 Cpp perché, in presenza della P.G. e con il consenso dell’interessato, praticasse sedute di ipnosi, preliminari rispetto alla eventuale successiva assunzione di informazioni; il teste, dopo l’attività svolta dal consulente, assunto a sommarie informazioni, ricordava alcuni particolari relativi alla scena vista sul luogo del delitto, consistenti nella presenza di un’autovettura e di una moto. Gli ulteriori predetti elementi non consentivano comunque una svolta alle indagini che si concludevano con l’archiviazione, per essere rimasti ignoti gli autori del reato. * Avvocato del Foro di Brindisi (anagramma).

184

Quaderni


DIRITTO & ROVESCIO

Al P. M. veniva contestato l’addebito dell’illecito disciplinare per violazione dell’art. 18, R. D. L.vo 31.5.1946, n. 511, per avere disposto che una persona informata sui fatti relativi alla consumazione del reato di omicidio volontario venisse sottoposta a sedute ipnotiche per il recupero di ricordi rimossi, ponendo in essere “metodiche idonee a pregiudicare la libertà di autodeterminazione della persona, mancando ai propri doveri di correttezza e rispetto della dignità della persona, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere il magistrato, e compromettendo il prestigio dell’ordine giudiziario, oltre la propria immagine di magistrato”. L’art. 188 Cpp prevede, infatti, che non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi e tecniche idonee ad influire sulla libertà di autodeterminazione o alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti. Il C. S. M. aveva ritenuto la condotta del P. M., che aveva anche preso parte alle sedute di ipnosi tenute dal consulente, “grave e riconducibile a negligenza non scusabile in considerazione sia dell’importanza dei valori a salvaguardia dei quali la norma è stata introdotta nell’ordinamento, sia della sua evidenza” e “la peculiarità dell’attività disposta ed eseguita in violazione di fondamentale norma di legge, appariva tale da aver significativamente inciso sulla considerazione di cui il magistrato deve godere incidendo sul prestigio dell’ordine giudiziario”. Nel rigettare i motivi di ricorso la Suprema Corte ha ritenuto, tra l’altro, che la disposizione dell’art. 188 Cpp non si applica con riferimento esclusivo al momento di assunzione e formazione della prova e che la verifica della idoneità psichica del testimone non si colloca in un’area esterna alla testimonianza nella quale sia possibile il ricorso a tecniche di eterostimolazione; peraltro anche l’indagine preliminare può assumere, sotto determinate condizioni, valenza probatoria. Del resto l’attività del consulente non aveva lo scopo di verificare Quaderni

185


DIRITTO & ROVESCIO

l’idoneità psichica e mentale in relazione alle future dichiarazioni, ma di orientarle per il prosieguo delle indagini, rimuovendo lo stato di shock. A prescindere dall’esito dell’esperimento (il procedimento venne archiviato) il metodo adottato violava le garanzie di libertà della persona e la genuinità delle prove, valori assoluti di rilievo costituzionale, che non sono neppure nella disponibilità del soggetto interessato (e quindi nessun valore riveste il consenso al trattamento). La condotta addebitata compromette il prestigio dell’ordine giudiziario ed è idonea a ledere la considerazione di cui deve godere il magistrato. * * * La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il difensore, non essendo parte nel processo, non può essere condannato al risarcimento dei danni – inerenti all’attività difensiva svolta nell’interesse del proprio rappresentato – causati per l’uso di frasi sconvenienti e offensive; la condanna è decretata a carico del cliente, il quale può agire in rivalsa, nei confronti del proprio avvocato. Un avvocato otteneva decreto ingiuntivo nei confronti degli acquirenti di un immobile, da lui venduto, per un importo pari al saldo del residuo prezzo; proponeva opposizione l’ingiunto, contestando il credito, ma l’avvocato intimante otteneva la provvisoria esecuzione. Uno dei debitori inviava l’importo, per il recupero del quale l’intimante aveva chiesto pignoramento presso terzi, con una lettera contenente espressioni che l’avvocato riteneva offensive (scriveva, tra l’altro il mittente “…il mio impulso era quello di trasmetterle esattamente le Sue spettanze, e cioè nulla. Meditando però il suo atteggiamento e considerando che dovrei iniziare causa di opposizione preferisco, almeno per il momento, saziare il suo bisogno di denaro e

186

Quaderni


DIRITTO & ROVESCIO

versarLe l’intero importo…”). Pertanto con autonomo giudizio conveniva l’autore della missiva chiedendo il risarcimento dei danni. Costituendosi con proprio difensore il convenuto negava il contenuto ingiurioso della lettera e nella comparsa di risposta il proprio avvocato difensore, tra l’altro, deduceva che “…il supposto creditore procedente ha svolto attività che pare di vera e propria persecuzione, se non è aur sacra; gli stessi documenti che l’attore produce danno contezza piena dell’urgente bisogno di realizzare un credito, peraltro contestato…”. L’avvocato-attore, ritenendo anche queste ultime espressioni offensive e non attinenti all’oggetto della causa, oltre alla cancellazione della frase in questione chiedeva l’autorizzazione a chiamare, nello stesso giudizio, l’avvocato che, a difesa del proprio assistito, aveva redatto gli scritti difensivi, per sentirlo condannare, in proprio, ai sensi dell’art. 89 comma 2 Cpc al risarcimento dei danni. La chiamata in giudizio veniva autorizzata e all’esito del giudizio il Tribunale condannava la parte, per le espressioni contenute nella lettera, e l’avvocato-difensore-terzo chiamato, per le frasi contenute nella comparsa, al risarcimento dei danni a favore del collega-chiamante; la decisione veniva confermata dalla Corte di Appello. La sentenza è stata annullata, senza rinvio (per la parte che qui interessa) dalla Suprema Corte sul presupposto normativo dell’art. 83 Cpc secondo il quale il difensore sta in giudizio in luogo della parte della quale assume il patrocinio; in relazione a tale rapporto (qualificato secondo una interpretazione come vera e propria sostituzione, più che rappresentanza) a causa della identificazione dei due soggetti, gli atti compiuti dal difensore sono direttamente riferibili alla parte da lui assistita; consegue che il difensore non può assumere la veste di parte nel processo. In applicazione di tale principio, dalle offese contenute negli scritti difensivi risponde, ai sensi dell’art. 89 Cpc, sempre la parte, anche quando provengono dal difensore e destinatario delle domande risarQuaderni

187


DIRITTO & ROVESCIO

citorie è sempre e solo la parte e non il difensore, nei confronti del quale la chiamata in causa non poteva essere autorizzata per difetto nei presupposti previsti dall’art. 106 Cpc. Ove la parte sia stata condannata potrà rivalersi nei confronti del difensore cui siano addebitabili le espressioni offensive. * * * La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che l’avvocato che detenga denaro per la consegna alla controparte, risponde a titolo di deposito oneroso nel caso di furto della somma. Un legale, al quale era stata affidata la gestione di una controversia ereditaria, dopo avere riscosso le somme esistenti presso due Istituti bancari, nel tragitto tra le banche e lo studio subiva il furto della borsa contenente assegni circolari e una somma di denaro contante. I titolari del diritto sulle somme lo convenivano in giudizio per ottenere il rimborso delle somme contanti, ritenendo che il legale non avesse usato la necessaria diligenza nella custodia del denaro. L’avvocato resisteva in giudizio contestando di avere tenuto un comportamento negligente che potesse costituire colpa del depositario in quanto il denaro era stato sottratto con l’effrazione di un finestrino dell’auto ferma al semaforo. Il Tribunale riteneva sussistere tra legale e assistiti un contratto a causa mista (prestazione di opera intellettuale e deposito) rilevando la violazione da parte del depositario dell’obbligo di custodire il denaro con la diligenza del buon padre di famiglia, ed escludendo il caso fortuito; negava che il deposito fosse a titolo gratuito, stante il collegamento tra deposito e contratto di prestazione di opera intellettuale. Con l’appello veniva contestata l’esistenza di un nesso di interdipendenza volontaria e funzionale tra rapporto professionale e deposito e veniva sostenuta l’assenza di colpa per imprevedibilità e inevitabilità dell’accaduto.

188

Quaderni


DIRITTO & ROVESCIO

La Corte accoglieva l’appello, sostenendo l’occasionalità del deposito, la presunzione di gratuità, la diligenza della condotta del custode e la inimputabilità della perdita. A seguito di ricorso la Suprema Corte riteneva incerta la qualificazione giuridica del rapporto e la presunta gratuità; contraddittoria la sentenza della Corte territoriale in riferimento alla diligenza dell’avvocato nel riporre il denaro in auto; violazione dei principi regolatori anche del rapporto di cortesia e rinviava la causa ad altra sezione della Corte di Appello. La Corte di Appello in diversa composizione condannava l’avvocato alla restituzione della somma in deposito. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’avvocato ritenendo che la detenzione del denaro da parte del legale per la consegna alla controparte è funzionale all’incarico professionale di assistenza stragiudiziale, essendo il compito di custodia volto ad appagare il cliente e collegato a una propria convenienza e quindi ricompreso nell’incarico ricevuto. Nell’ambito dell’incarico professionale il deposito di denaro è a titolo oneroso stante la connessione dell’obbligo di consegnare il denaro a terzi, a completamento di una transazione conclusa con la sua assistenza, con il rapporto professionale; pertanto l’avvocato è responsabile nel caso di furto. * * * Il Giudice di Pace di Napoli ha ritenuto sussistere il danno esistenziale subito da uno spettatore di un incontro calcistico Inter contro Napoli, tenutosi allo stadio di San Siro, condannando la Società calcistica milanese al pagamento della somma di € 1.500,00, oltre alle spese del giudizio, per il grave e profondo turbamento riportato dal contenuto di quattro striscioni, esposti dopo pochi minuti dal fischio di inizio della partita, recanti le seguenti scritte: “Napoli fogna Quaderni

189


DIRITTO & ROVESCIO

d’Italia”, “Ciao colerosi”, “Partenopei Tubercolosi”, “Infami”. L’attore aveva anche sostenuto che, rimossi gli striscioni, i sostenitori dell’Inter intonavano canti e cori offensivi: per cui rinunciava a godere dello spettacolo a causa dei predetti eventi. Aveva chiesto quindi la condanna al risarcimento dei danni esistenziali e il rimborso del biglietto. Il Giudice ha ritenuto la propria competenza, quale foro del consumatore, ai sensi dell’art. 1469bis terzo comma, C.C., avendo l’attore, in qualità di utente acquistato il biglietto dalla Società convenuta. Il Giudice ha ritenuto certo che l’attore, nato e residente a Napoli, sia rimasto turbato dagli striscioni offensivi e dai cori razzisti, a cui non hanno posto argine né gli organi preposti alla vigilanza, né la Società convenuta, che non ha superato l’inadempimento dimostrando di avere impiegato un rilevante numero di addetti, in quanto nessuno di questi è riuscito a impedire l’esposizione degli striscioni e i cori; peraltro con tale prova la convenuta ha aggravato la propria responsabilità “con la speranza che nei prossimi campionati venga a migliorarsi il sistema di controllo e sorveglianza al fine di eliminare del tutto simili deprecabili eventi”. La presenza di striscioni e cori risulta provata dalle trasmissioni di emittenti televisive, nazionali e locali e dalle foto apparse su quotidiani sportivi. Il danno è qualificato di tipo esistenziale, siccome derivante “dalla forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento o benessere per il danneggiato, ma non causata da una comprimissione dell’integrità psicofisica”, diverso sia dal danno patrimoniale che da quello morale, perché “non consiste in una sofferenza ma in una privazione di un’attività concreta, un non facere”, oltre che dal danno biologico perché prescinde da una lesione alla persona. * * *

190

Quaderni


DIRITTO & ROVESCIO

Il Giudice di Pace di Reggio Emilia ha ritenuto che l’inadempimento contrattuale, derivante dalla tardiva sostituzione di un “modem”, compreso nella fornitura di un contratto di abbonamento a Internet, determina un danno esistenziale. La anticipata risoluzione del contratto per inadempimento, indipendentemente dal verificarsi di uno specifico pregiudizio patrimoniale costituisce evento generatore di danno rientrante nell’ambito delle cosidette “lesioni di carattere non patrimoniale” per “l’importanza della connettività Internet per le relazioni personali e della vita familiare” come danno ai sensi dell’art. 2059 C.C. utilizzato per “colmare le lacune nella tutela risarcitoria della persona”.

Quaderni

191


OPINIONI E DOCUMENTI

OPINIONI E DOCUMENTI

Il nuovo codice deontologico per il trattamento dei dati personali raccolti in sede di investigazioni difensive di GIANMICHELE PAVONE* Il 6 novembre dello scorso anno, dopo preavviso pubblicato in G.U. l’8 aprile, è stato pubblicato il codice deontologico del Garante per la protezione dei dati personali1 (“Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali effettuati per svolgere investigazioni difensive”, di seguito con CDID) che a partire dal 1 gennaio 2009 diciplinerà le attività di investigazioni difensive2. Destinatari della normativa sono, in particolare, avvocati, praticanti avvocati, collaboratori di studio, consulenti e chi esercita un’attività di investigazione privata autorizzata in conformità a quanto previsto dalla legge3. Data la delicatezza della materia, pertanto, queste regole di buona condotta, ricomprese in 13 articoli, divisi in 5 Capi, dovrebbero essere ricomprese nel bagaglio della c.d. formazione permanente del professionista. * Praticante Avvocato 1 Il Presidente attualmente in carica è Francesco Pizzetti. 2 Di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, intitolata “Disposizioni in materia di indagini difensive”. 3 Ex art 327bis c.p.p. e 222 D.Att.: Il difensore, fin dal momento del conferimento del mandato, ha facoltà di svolgere investigazioni al fine di ricercare elementi di prova, potendo peraltro delegare tali attività a sostituti o ad investigatori privati autorizzati (perché oltre a possedere la normale licenza, occorre una specifica autorizzazione del Prefetto, concessa solo ad istituti con maturata esperienza a garanzia del corretto esercizio dell’attività).

192

Quaderni


OPINIONI E DOCUMENTI

L’ambito di applicazione è limitato alle sole investigazioni difensive, perché il codice in questione è da considerarsi come una propaggine (considerato come Allegato 6) del più generale “Codice in materia di protezione dei dati personali”(Dlgs 196/20034), esattamente come lo sono i codici di deontologia allegati al suddetto decreto: “Trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica” (Allegato A.1); “Trattamento dei dati personali per scopi storici” (Allegato A.2);. “Trattamento dei dati personali a scopi statistici” (Allegati A.3 e A.4); “[…] sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti” (Allegato A.5); “Trattamenti non occasionali effettuati in ambito giudiziario o per fini di polizia” (Allegato C). Il Garante della privacy riconosce l’importanza del diritto di difesa e del diritto alla prova: un’efficace tutela di questi due diritti non è pregiudicata, ed è anzi rafforzata, dal principio secondo cui il trattamento dei dati personali deve rispettare i diritti, le libertà fondamentali e la dignità delle persone interessate, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali (artt. 1 e 2 Dlgs 196/2003). Al punto 5 del Preambolo (quasi più importante del testo vero e proprio), vengono ribaditi i generali accorgimenti da seguire nel trattamento di informazioni sensibili (accorgimenti che ovviamente non occorre osservare se i dati sono raccolti in forma anonima): - l’informativa, in forma scritta o orale e formulabile con registri lessicali diversi a seconda del referente, con la possibilità che questa venga omessa qualora il rilevamento sia effettuato presso terzi (ma per il periodo di tempo strettamente necessa-

Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 - Codice in materia di protezione dei dati personali; consolidato con la legge 26 febbraio 2004, n. 45 di conversione con modifiche dell’art. 3 del d.l. 24 dicembre 2003, n. 354; vigente dal 27 febbraio 2004. 4

Quaderni

193


OPINIONI E DOCUMENTI

rio) o comunque “a distanza” con mezzi leciti, non interagendo direttamente con l’interessato5; - il consenso, non necessario per la raccolta di dati in sede di indagini difensive, ma con la precisazione che occorre comunque rispettare il principio del “pari rango” quando si tratta di elementi idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. In tal caso il loro trattamento è possibile quando il diritto che si intende tutelare, anche derivante da atto o fatto illecito, è “di rango pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”6; - l’accesso ai dati personali e l’esercizio degli altri diritti da parte dell’interessato (diritto di ottenere l’indicazione dell’origine dei dati personali, delle finalità e modalità del trattamento, degli estremi identificativi del responsabile, dei soggetti o delle categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza; l’aggiornamento, la rettificazione, l’integrazione, la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati trattati Cfr Art. Art. 13 del Dlgs 196/2003 (Informativa), commi 4 e 5: 4. Se i dati personali non sono raccolti presso l’interessato, l’informativa di cui al comma 1, comprensiva delle categorie di dati trattati, è data al medesimo interessato all’atto della registrazione dei dati o, quando è prevista la loro comunicazione, non oltre la prima comunicazione. 5. La disposizione di cui al comma 4 non si applica quando: a) i dati sono trattati in base ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria; b) i dati sono trattati ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento; c) l’informativa all’interessato comporta un impiego di mezzi che il Garante, prescrivendo eventuali misure appropriate, dichiari manifestamente sproporzionati rispetto al diritto tutelato, ovvero si riveli, a giudizio del Garante, impossibile. 6 Artt. 24, comma 1, lett. f) e 26, comma 4, lett. c) del Dlgs 196/2003; aut. gen. nn. 2/2007, 4/2007 e 6/2007; Provv. del Garante del 9 luglio 2003. 5

194

Quaderni


OPINIONI E DOCUMENTI

in violazione di legge; etc.7); - il trasferimento del flusso di dati verso l’estero può essere effettuato solo per lo svolgimento di investigazioni difensive e per il tempo a ciò strettamente necessario8; - la notificazione dei trattamenti, comunque non richiesta per innumerevoli trattamenti di dati effettuati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria9; - la designazione di incaricati e di eventuali responsabili del trattamento10; - le misure di sicurezza da adottare qualora si avesse a che fare con dati particolari quali quelli genetici11; - la possibilità di avvalersi dell’informatica giuridica, ma il codice specifica che sia gli avvocati che gli investigatori privati devono adottare adeguate misure di sicurezza per i sistemi informatici al fine di evitare accessi abusivi o furti di dati e custodire con cura fascicoli e documentazione, in modo da evitare che personale non autorizzato o estranei possano prenderne visione; - l’utilizzazione di dati pubblici e documenti contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi. Si evidenzia comunque l’importanza degli ulteriori princìpi già riconosciuti, in materia, dal codice di procedura penale e dal codice Artt. 7 e 8 del Dlgs 196/2003. Artt. 42 e 43 del Dlgs 196/2003. 9 Art. 37, comma 1, del Dlgs 196/2003; del. 31 marzo 2004, n. 1 e nota di chiarimenti n. 9654/33365 del 23 aprile 2004. 10 Artt. 29 e 30 del Dlgs 196/2003. 11 Art. 90 del Codice; aut. gen. del Garante del 22 febbraio 2007. 7 8

Quaderni

195


OPINIONI E DOCUMENTI

deontologico forense (in particolare, per quanto riguarda il dovere di segretezza e riservatezza, anche nei confronti di ex clienti, la rivelazione di notizie riservate o coperte dal segreto professionale, la rivelazione al pubblico del nominativo di clienti, la registrazione di colloqui tra avvocati e la corrispondenza tra colleghi), nonché dalle altre regole di comportamento individuate dall’Unione delle Camere Penali italiane12. L’avvocato, ricevuto il mandato, può iniziare immediatamente (anche in via preventiva13) a svolgere investigazioni per conto dell’assistito e, di conseguenza, il trattamento dei dati personali (con le relative garanzie) può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, sempreché i dati medesimi risultino strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa, in conformità ai princìpi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e di non eccedenza rispetto alle finalità difensive14. L’avvocato organizza il trattamento dei dati personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità degli interessati, applicando i princìpi di finalità, necessità, proporzionalità e non eccedenza sulla base di un’attenta valutazione sostanziale e non formalistica delle garanzie previste, nonché di un’analisi della

12 Precisamente le “Regole di comportamento del penalista nelle investigazioni difensive”, testo approvato il 14.07.2001 dal Consiglio dell’Unione delle Camere Penali, con le modifiche apportate il 19.01.2007. Sul punto si vedano: DE CATALDO L.- RANDAZZO E., “Le tecniche difensive per l’esame incrociato”, in Guida dir., Dossier mensile n° 4/2002, pag. 42; RANDAZZO E., “Deontologia e tecnica del penalista”, Milano, 2000; RANDAZZO E., “Il ruolo dell’avvocato penalista e la codificazione deontologica”, in Studium Juris, 2000, p. 1057. 13 Ex art. 327bis c.p.p., il difensore può svolgere indagini fin dal conferimento del mandato (con atto scritto). L’attività può essere, d’altronde, anche preventiva, e dunque svolta nell’eventualità che si instauri un procedimento penale (art. 391nonies). 14 Art. 11 del Dlgs 196/2003; art. 2 c. 5 CDID.

196

Quaderni


OPINIONI E DOCUMENTI

quantità e qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi connessi al suo operato15. I difensori, in particolare, devono fornire anche concrete istruzioni al personale di studio affinché si pongano speciali cautele in caso di utilizzo di registrazioni audio/video, di tabulati telefonici, di perizie ecc. e devono vigilare affinché si eviti l’uso ingiustificato di informazioni che potrebbero comportare gravi rischi per il cliente16. L’art. 2 c. 6, con una formulazione sintetica e generica (che distingue i dati pubblici da quelli “investigabili”), riguarda l’oggetto dell’attività svolta dal difensore (o chi per lui). In base a tale disposto, sono utilizzati lecitamente e secondo correttezza: a) i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certificazioni e attestazioni utilizzabili a fini difensivi; b) atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell’ambito di indagini difensive, in particolare ai sensi degli articoli 391bis, 391ter e 391quater del codice di procedura penale. Si precisa, inoltre, che nel caso in cui venissero raccolti dati eccedenti e non pertinenti rispetto alle finalità difensive e gli stessi non potessero essere estrapolati o distrutti, formerebbero un corpo unico, insieme agli altri dati - pertinenti - raccolti. A fronte dei dovuti formalismi, al difensore il compito è reso più semplice, dalla possibilità di fornire una “informativa unica” sul trattamento dei dati personali anche mediante affissione nei locali dello Studio e, se ne dispone, pubblicazione sul proprio sito internet, oppure utilizzando perfino formule sintetiche e colloquiali17. Art. 2 c. 1 CDID. Garante per la Protezione dei Dati Personali, Comunicato stampa dell’11 novembre 2008, www.garanteprivacy.it. 17 Art. 3 CDID. 15 16

Quaderni

197


OPINIONI E DOCUMENTI

La definizione di un grado di giudizio o la cessazione dello svolgimento di un incarico non comportano un’automatica dismissione dei dati raccolti. Atti e documenti attinenti all’oggetto della difesa o delle investigazioni difensive possono essere conservati, in originale o in copia e anche in formato elettronico, qualora risulti necessario in relazione a ipotizzabili altre esigenze difensive della parte assistita o del titolare del trattamento o vi siano obblighi normativi di conservazione. Accade, d’altronde, per tutte le tipologie di documenti che l’indagato/imputato affida al difensore, fermo restando quanto previsto dal codice deontologico forense in ordine alla restituzione al cliente dell’originale degli atti da questi ricevuti; la consegna dei documenti ad altro avvocato che subentri dopo la revoca o la rinuncia al mandato; la consegna al consiglio dell’ordine in caso di cessazione della professione; e salvo quanto diversamente stabilito dalla legge. Resta comunque salva la possibilità di una loro utilizzazione in forma anonima per finalità scientifiche18. Quanto alla comunicazione e diffusione di dati nei rapporti con i terzi e con la stampa e per quanto riguarda le perquisizioni effettuate nello Studio del difensore, vale quanto già stabilito nel codice deontologico forense19 e nel c.p.p.20. Nel primo caso infatti possono essere rilasciate informazioni non coperte da segreto qualora sia necessario per scopi legati alla tutela dell’assistito, ancorché non concordato con l’assistito medesimo, nel rispetto dei princìpi di finalità, liceità, correttezza, indispensabilità, pertinenza e non eccedenza, nonché dei diritti e della dignità dell’interessato e di terzi, di eventuali divieti di legge21. Con riguardo agli accertamenti ispettivi riguardanti l’avvocato, questi ha diritto di far assistere alle operazioni di perquisizione

Art. 4 CDID. Art. 18 CDF. 20 Art. 103 c. 3 c.p.p. 21 Art. 5 CDID. 18 19

198

Quaderni


OPINIONI E DOCUMENTI

il presidente del competente Consiglio dell’ordine o un consigliere da questo delegato22. All’investigatore privato, in particolare, data la delicatezza dei compiti svolti su delega del difensore nominato, è dedicato l’intero Capo IV. Questi non può operare di propria iniziativa, ma occorre uno specifico incarico scritto il cui contenuto è disciplinato dai commi 2-5 dell’art. 8 CDID: occorre indicazione nominativa dell’investigatore e dei suoi eventuali collaboratori interni; deve essere menzionato in maniera specifica il diritto che si intende esercitare in sede giudiziaria (ovvero il procedimento penale al quale l’investigazione è collegata); i principali elementi di fatto che giustificano l’investigazione; il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa. Oltre al rispetto dei principi già sanciti agli articoli precedenti, il Garante mostra la sua apprensione ribadendo la prescrizione per l’investigatore di astenersi dal porre in essere prassi elusive di obblighi e di limiti di legge23. Tale disposizione potrebbe apparire ridondante e superflua, in realtà non è inutile rimarcare un concetto al quale non sempre è riservata la dovuta attenzione. Diversamente da quanto stabilito per l’avvocato, una volta conclusa la specifica attività investigativa, il trattamento deve cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l’immediata comunicazione al difensore o al soggetto che ha conferito l’incarico, i quali possono consentire la conservazione temporanea del materiale, ai soli fini dell’eventuale dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato. La sola pendenza del procedimento al quale l’investigazione è collegata, ovvero il passaggio ad altre fasi di giudizio in attesa della formazione del giudicato, non costituiscono, di per se stessi, una giustificazione valida per la conservazione dei dati24. Art. 6 CDID. Art. 9 CDID. 24 Art. 10 cc. 2 e 3 CDID. 22 23

Quaderni

199


OPINIONI E DOCUMENTI

Ulteriore differenza rispetto alla disciplina dettata per il difensore riguarda l’informativa che, ex art. 11 CDID, può essere fornita in maniera generalizzata, secondo la disciplina dell’art. 3, ma va posta in particolare evidenza l‘identità e la qualità professionale dell’investigatore, nonché la natura facoltativa del conferimento dei dati. Il codice è stato sottoscritto dal Consiglio nazionale forense, dall’Unione delle Camere Penali, dall’Unione delle Camere Civili, dall’Unione Avvocati Europei, dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati, dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana, da Federpol e da Aipros (Tali soggetti, ai sensi dell’art. 12, sono invitati a collaborare per verificare periodicamente la sua attuazione anche al fine di un eventuale adeguamento alla luce del progresso tecnologico, dell’esperienza acquisita o di novità normative). Tuttavia il testo si è rivelato una delusione per molti. Già prima della pubblicazione era stato sollevato il timore che si giungesse a una formulazione generica e non rispondente alle necessità del mondo dell’investigazione, previsione che si è puntualmente avverata25. Tematiche come l’impiego di telecamere nascoste, la localizzazione satellitare, il trattamento dei dati biometrici e altro ancora sono state discusse senza che siano state trovate risposte adeguate da inserire nel testo. L’Autorità Garante, di contro, ha eccepito che non sarebbe stato possibile riassumere in un codice tutta la casistica completa delle minacce alla privacy. In particolare, con riguardo alle intercettazioni ambientali, era in discussione la possibilità di dichiarare in contrasto con i principi di proporzionalità e correttezza (con conseguente pronuncia di illiceità) il ricorso alle stesse in luoghi diversi dalla privata dimora. L’argomento è stato ampiamente dibattuto quando è stata diffusa, lo scorso marzo 2008, una sentenza della Suprema Corte26 che aveva assolto, perché il fatto non era preAGOSTINI A., “Codice di deontologia per le investigazioni: un’occasione sprecata”, in Essecome, giugno 2008, pp. 36-41. 26 Cass. Pen., sez. V, sent. 18.03.2008, n. 12042. 25

200

Quaderni


OPINIONI E DOCUMENTI

visto dalla legge come reato, alcuni investigatori privati che avevano collocato delle microspie negli abitacoli delle autovetture di alcuni soggetti controllati27. La Cassazione, infatti, aveva rilevato che, non essendo l’autovettura equiparabile alla privata dimora28, non era configurabile il reato previsto dall’art. 615 bis c.p., cioè le “interferenze illecite nella vita privata delle persone” e, quindi, la condotta non era sanzionabile29. Nessuna norma incriminatrice, infatti, tutela la riservatezza delle persone che si trovino in autovettura privata sulla pubblica via. È opportuno, in questa sede, soffermarci su alcuni aspetti particolari. Il Codice ha riconosciuto l’esistenza, in termini generali, di attività lecite di rilevamento a distanza (si tratterebbe di geo-localizzazione e videosorveglianza con grande capacità di zoom) e audio-videoriprese30. A questo riguardo, è stata precisata la possibile esenzione dall’obbligo di informativa all’interessato (cioè il soggetto tenuto sotto osservazione/controllo), quando i dati provengano da un rilevamento lecito effettuato a distanza, paragonato pertanto alla raccolta di dati presso terzi31. Il successivo inciso “cioè tale da non interaA B. Enrico ed altri 21 imputati, appartenenti a varie agenzie private di investigazione, erano stati contestati reati in concorso a due o più ai sensi degli artt. 623 bis e 617 bis, c. 1 e 2 o 3 o 617 CP, ed in taluna ipotesi anche con riferimento all’art. 35 L. 675/96, per l’installazione di apparati di intercettazione ambientale di conversazioni tra presenti in autovetture private. 28 L’autovettura che si trovi in una pubblica via non è ritenuta, dalla giurisprudenza, luogo di privata dimora. Si veda, in particolare: Cass., n. 5934/81 - Ced 149373. 29 AGOSTINI A., cit., p. 37. 30 Art. 9, c. 1, lett b): [L’investigatore privato … conforma ai princìpi di liceità e correttezza del trattamento …] b) il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di audio/videoripresa. 31 Preambolo, n. 5, lett. a): L’informativa agli interessati, che può non comprendere gli elementi già noti alla persona che fornisce i dati e può essere caratterizzata da uno stile colloquiale e da formule sintetiche adatte al rapporto fiduciario con la persona assistita o, comunque, alla prestazione professionale; essa può essere fornita, anche solo oralmente e, comunque, una tantum rispetto al complesso dei dati raccolti sia presso l’interessato, sia presso terzi. Ciò, con possibilità di omettere l’informativa stessa per i dati raccolti presso terzi, qualora gli stessi 27

Quaderni

201


OPINIONI E DOCUMENTI

gire direttamente con l’interessato” ha destato, tuttavia, non poche perplessità. L’esenzione dall’informativa per i dati acquisiti presso l’interessato è oramai un istituto consolidato sin dal 199632. La sola allocuzione “provenienti da un rilevamento lecito a distanza” sarebbe stata pericolosa: rischiava di far considerare “presso l’interessato” (quindi con obbligo di informativa) tutto ciò che non fosse stato a distanza (di centinaia di metri … o soltanto di pochi centimetri!?). Pertanto, l’aggiunta “cioè tale da non interagire direttamente con l’interessato” ha riportato la definizione precedente nei suoi giusti limiti: costituisce rilevamento a distanza (quindi è trattato alla pari dei rilevamenti presso terzi, cioè non occorre informativa) anche una ripresa ravvicinata, a patto di non interagire direttamente con il soggetto ripreso. Un altro argomento che ha suscitato opinioni contrastanti è quello della conservazione e cancellazione dei risultati delle indagini effettuate. Il Garante, citando esplicitamente episodi anche recenti delle cronache giudiziarie, si è detto esplicitamente ed apertamente contrario a qualsiasi ipotesi, anche solo implicita, di creazione di archivi. Al riguardo va detto che già dal 1997 le autorizzazioni generali al trattamento dei dati sensibili (principalmente quelli relativi allo stato di salute e la vita sessuale, ma anche sulle opinioni politiche, sindacali, religiose, ecc.) proibivano qualsiasi forma di conservazione. siano trattati solo per il periodo strettamente necessario per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere investigazioni difensive, tenendo presente che non sono raccolti presso l’interessato i dati provenienti da un rilevamento lecito a distanza, soprattutto quando non sia tale da interagire direttamente con l’interessato (art. 13, comma 5, lett. b) del Codice). 32 Anno in cui venne approvata la Legge n. 675 del 1996, intitolata “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”, per rispettare gli Accordi di Schengen, entrata in vigore nel maggio 1997. Con il tempo a tale norma si erano affiancate ulteriori diverse disposizioni, riguardanti singoli specifici aspetti del trattamento dei dati, che sono state riassunte nel Testo Unico vigente (Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, intitolato “Codice in materia di protezione dei dati personali”), entrato in vigore il 1 gennaio 2004.

202

Quaderni


OPINIONI E DOCUMENTI

Anche in questo caso, quindi, la partita è stata praticamente persa 11 anni fa e, in sede di redazione del Codice Deontologico, il confronto è stato possibile solo con riferimento al trattamento dei dati ordinari, solitamente meno “strategici” per gli investigatori. Ciononostante, alcuni hanno salutato come un successo l’inciso secondo il quale solo chi ha curato l’attività svolta può essere autorizzato all’“eventuale conservazione temporanea di materiale strettamente personale”33. In realtà, anche in questo caso, la formulazione è ambigua. Alcuni34 hanno evidenziato che il concetto di “materiale strettamente personale” è pericolosamente accostabile a quello di “finalità esclusivamente personali” che si collocano fuori dell’ambito di applicazione del Codice della Privacy e che consentono a chiunque di conservare copia del proprio operato. La formulazione, quindi, rischia di essere riduttiva e non espansiva di un diritto già sancito dal Codice della Privacy. Inoltre la norma in questione nulla dice sull’obbligo di informativa e sulla richiesta del consenso all’investigato, posto che il fine della “dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato” non è previsto tra i casi di esclusione elencati al punto 5 lett. a) del Preambolo. In conclusione, il presente Codice, pur chiarendo alcune tematiche complesse, appare a chi scrive formulato in modo generico e non risolutivo. Probabilmente l’intensificarsi delle polemiche in tema di intercettazioni, accompagnate da numerosi interventi mediatici del Garante, ha caricato di aspettative troppo grandi i fruitori della preArt. 10, c. 2: Una volta conclusa la specifica attività investigativa, il trattamento deve cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l’immediata comunicazione al difensore o al soggetto che ha conferito l’incarico, i quali possono consentire, anche in sede di mandato, l’eventuale conservazione temporanea di materiale strettamente personale dei soggetti che hanno curato l’attività svolta, a i soli fini dell’eventuale dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato. Se è stato contestato il trattamento il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico possono anche fornire all’investigatore il materiale necessario per dimostrare la liceità e correttezza del proprio operato, per il tempo a ciò strettamente necessario. 34 AGOSTINI A., cit., p. 40-41. 33

Quaderni

203


OPINIONI E DOCUMENTI

sente normativa. In realtà si è accettata una soluzione di compromesso al massimo ribasso, lasciando nelle mani del Potere Legislativo il più arduo compito di disciplinare dettagliatamente una materia tanto delicata.

204

Quaderni


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Giuseppe Gioachino Belli, “’Sta povera giustizzia”. Giudici, avvocati, leggi, Tribunali, forche, forcaioli in centosessantuno sonetti scelti e commentati da Mauro Mellini. Prefazione di Ruggero Guarini, Rubbettino Editore, pagine 270. di LETIZIA SALERNO* C’è tutto il grande dramma (o la gran commedia) della giustizia nella Roma papale della prima metà del secolo XIX, nei centosessanta sonetti di Giuseppe Gioachino Belli raccolti e commentati da Mauro Mellini. La giustizia di allora, ma anche quella di oggi, di Roma e di chi sa quanti altri luoghi. Il titolo del libro “’Sta povera giustizzia”, malgrado la grafia romanesca, con il sottotitolo: “Giudici, avvocati, leggi, Tribunali, forche, forcaioli”, sta proprio a ricordarci che si tratta delle miserie della giustizia d’ogni tempo e d’ogni luogo e che più che le differenze sono le coincidenze tra sistemi di epoche tanto lontane a colpire l’immaginazione dei lettori degli splendidi sonetti del grande Poeta romanesco.

* Avvocato del Foro di Roma

Quaderni

205


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

È la giustizia vista dalla parte di chi ne subisce stranezze, errori, sopraffazioni. Sono le leggi obsolete, i giudici (ecclesiastici), gli avvocati emarginati, i processi civili e penali, le esecuzioni capitali, le pene corporali, la corruzione, i furori dei forcaioli, le galere. Ma è soprattutto il popolano romano, imputato, spettatore di “giustizie”, terminale di pettegolezzi, commentatore tagliente di fatti di cronaca, castigatore di spie, cameriere di prelati, cliente diffidente di avvocati, dispensatore di massime sagge e bislacche, ad essere il protagonista di tutta l’immensa opera belliana e di quella parte di essa più specificamente attinente alla giustizia che ne ha saputo enucleare Mellini con questo suo lavoro. L’introduzione, assai ampia, affronta i diversi aspetti della poetica del Belli e fornisce un quadro dello stato della giustizia nel regno del Papa in quegli anni in cui esso si avviava verso l’ineludibile resa dei conti con la storia, in cui già rappresentava qualcosa come un fossile o un pezzo di archeologia. A questa introduzione si aggiunge il commento, ricco di informazioni necessarie per intendere lingua e situazioni di quel mondo, sonetto per sonetto. Il dialetto romanesco dell’epoca del Belli non è di facilissima comprensione per chi non sia romano ed anche il romanesco di oggi, quello di Alberto Sordi, di Carlo Verdone e di Gigi Proietti è diverso da quello d’allora. Colpisce il lettore, la gran quantità di termini presi a prestito (e storpiati) dal linguaggio liturgico, da quello della cultura classica e, per quel che più conta in un’opera come questa, dal lessico curiale, allora tutto latino. Al di là del valore poetico (tra questi 160 sonetti ve ne sono alcuni che possono annoverarsi tra i capolavori del Belli) questa raccolta può considerarsi una pagina di una nuova concezione della storia del diritto e delle istituzioni giudiziarie, relativo all’atteggiamento verso di esse delle classi più umili, in un’epoca in cui esse apparivano tanto lontane dal potere e dalle sue istituzioni, verso il diritto, la

206

Quaderni


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

giustizia e chi la amministrava. I tanti sociologhi che oggi pullulano e discettano su diritto e giustizia, farebbero bene ad affacciarsi a questa finestra sul passato. Il carattere “regionale” ed, anzi “cittadino” dello scenario di questo “commedione” (come fu chiamata l’opera del Belli) non limita affatto all’ambito locale l’interesse per un quadro che, in effetti non ha né luogo né tempo. In una prefazione Ruggero Guarini, giornalista e scrittore napoletano ed appassionato meridionalista, traccia un quadro originale e vivace del rapporto tra Mauro Mellini e la poesia del Belli, spiegando un interesse letterario che può sorprendere in un avvocato e scrittore che fino ad oggi si era sempre cimentato in opere di politica, di storia e di polemiche giudiziarie.

Quaderni

207


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

MARCO PELLACANI, PATRIZIA ZICCARDI, FABRIZIO LUPPI, FULVIO CANI, (a cura di Gianmarco Cifaldi), La gestione della scena del crimine. Linee guida d’intervento per i primi soccorritori sul luogo del reato, un percorso interdisciplinare tra Polizia di Stato, 118 e Medicina Legale, edizioni Athena, 2008. di GIANMICHELE PAVONE* Il manuale, pubblicato dalla casa editrice modenese Athena, costituisce una guida operativa e comportamentale per i vari attori che intervengono sulla scena del crimine prima degli operatori tecnico-specialistici. Il testo rappresenta l’espressione tipica dei propositi dell’Associazione Scientifica Anti Crimine (ASAC), fondata – senza scopo di lucro – da personale del 118 e della Polizia Scientifica, al fine di promuovere studi, ricerche, incontri di formazione, attingendo alle specifiche competenze interdisciplinari degli associati. Il prof. Gianmarco Cifaldi, sociologo e criminologo, è docente in varie Università italiane e straniere. I quattro autori provengono dai servizi operativi del 118 (Pellacani e Luppi) e dalla Polizia Scientifica di Modena (Ziccardi e Cani), riproducendo la quotidiana e profiqua collaborazione esistente tra gli operatori dei due Enti. Nel libro * Praticante Avvocato

208

Quaderni


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

sono raccolti i contributi scientifici di ben 18 eccellenti collaboratori, con competenze disciplinari diverse: Roberto Baschieri, infermiere 118 Modena; Dott.ssa Federica Benatti, psicologa, esperta in psicologia dell’emergenza; Luca Borelli, operatore tecnico 118 Modena; Ten. Michele Camurati, consulente Esperto Istruttore CBRN-OP3; Dott. Geo Ceccaroli, Dirigente Gabinetto Regionale Polizia Scientifica dell’Emilia Romagna; Fausto Cuoghi, infermiere 118 Modena; Dott. Leonardo De Padova, Coordinatore infermieristico 118 Bologna; Dott. Eugenio Di Ninno, Medico Capo della Polizia di Stato; Luigi Mario Francavilla, infermiere 118 Modena; Ulisse Frontori, infermiere 118 Lodi; Elisa Guastella, infermiere 118 Como; Dott. Alessandro Misley, Medico Chirurgo, sepcialista anestesia e rianimazione AUSL Modena; Dott. Orlando Pantaleo, CPSE Responsabile Infermiermieristico 118 Modena; Dott.ssa Elisabetta Preti, psicologa, specialista in criminologia e Mediatrice familiare; Dott. ssa Alessia Rapino, psicologa e psicoterapeuta, esperta in psicologia dell’emergenza; Daniele Sechi, infermiere 118 Bologna; Luca Vientardi, infermiere 118 Modena; Lorenzo Vigarani, infermiere 118 Modena. “La gestione della scena del crimine” ha una veste grafica molto attraente. I contenuti sono organizzati in quattro capitoli: “La polizia scientifica”, “I sanitari sulla scena del crimine”, “Medicina legale”, “I soccorritori sulla scena del crimine: il supporto psicologico”. All’interno degli stessi il testo è organizzato in paragrafi, schemi, tabelle e approfondimenti collocati a margine del testo o sotto forma di riquadri, quasi fossero windows attivate dall’occhio del lettore. Si fa ampio ricorso al grassetto ed ai testi colorati, consentendo al lettore di focalizzare i concetti più importanti per un apprendimento agile ed efficace dei vari argomenti. Per ogni argomento il manuale di criminalistica, curato dal prof. Cifaldi, è ricchissimo di illustrazioni, dovendovi necessariamente ricorrere per capire in concreto quali siano gli scenari che si devono Quaderni

209


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

affrontare dopo un evento delittuoso. Prescindendo dalle immagini delle strumentazioni utilizzate, delle attrezzature in dotazione, dei bossoli, etc., nella maggior parte dei casi, per ovvi motivi, si tratta di foto reali e pertanto crude (il che preclude la lettura a soggetti più sensibili). Gli operatori – ma anche chiunque non ha mai avuto modo di vedere, né vedrà mai scene di questo tipo – avranno così la possibilità di affiancare, alle spiegazioni, le immagini concrete di ferite lacero-contuse, fori d’entrata di proiettili, macchie ipostatiche, corpi in putrefazione e quant’altro. Le moderne tecnologie di cui dispone oggi la Polizia Scientifica consentono di ricercare ed analizzare compiutamente qualunque traccia presente sul luogo del delitto, ma condizione indispensabile è che queste non vengano alterate e siano rilevate in maniera corretta. Il manuale, pertanto, spiega puntualmente le dinamiche delle indagini scientifiche, ma soprattutto raccomanda le precauzioni da adottare per non vanificare la ricerca di elementi di prova sulla scena del crimine. Destinatari di quest’opera sono infatti coloro che per primi intervengono sul posto, come i soccorritori, le forze dell’ordine e gli operatori del 118, e che per primi hanno una percezione della dinamica del delitto. Non è possibile intervenire senza che qualcosa venga toccato o spostato, alterando il materiale probatorio, ma lo scopo che si prefigge questo testo è proprio quello di illustrare come appaia una scena del crimine, come debbano intervenire gli operatori specializzati, cosa ricerchino e che tecniche utilizzino, in maniera tale da sensibilizzare sanitari (i quali non possono avere solo competenze sanitarie) e forze dell’ordine per un operato più consapevole e che lasci il più possibile inalterati i luoghi del delitto.

210

Quaderni


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

EMANUELA MONTAGNA – ETTORE RANDAZZO, E lo difendono pure…, Giuffré Editore 2008. di AUGUSTO CONTE Ettore Randazzo presta la Sua competenza e la Sua passione per l’Avvocatura e per il principio della presunzione di innocenza, fornendo gli inserti drammaturgici processuali a Emanuele Montagna, attore e regista, per la sceneggiatura del dramma umano di un Avvocato che compie scelte difensive a favore dell’autore di un reato di abuso sessuale (dal quale l’imputato sarà platealmente – è il caso di dirlo, trattandosi di una commedia – scagionato), nel dissenso di chi è animato da pregiudizio nei confronti del difensore ritenuto se non connivente almeno compiacente del crimine. La sicurezza e consapevolezza dello svolgimento di un ruolo professionale incisivo e determinante per la tutela del diritto alla difesa, anche da reati disapprovati dal comune sentire, che fanno del protagonista della commedia un personaggio positivo, di cui l’Avvocatura ha grande bisogno nell’immaginario collettivo e nella pubblica opinione (che stando ai sondaggi pubblicati in altre pagine di questa Rivista è in crescita negli apprezzamenti della collettività di utenti e non), non sono altrettanto presenti nella vita privata dell’Avvocato, che non è circondato, nei rapporti familiari con moglie e figli, da quella stessa considerazione riscossa (e confermata dall’esito del Quaderni

211


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

processo) nell’ambito professionale. Probabilmente il messaggio ha il significato di far pensare che la professione forense, assolutamente totalizzante, distrae l’Avvocato dal nutrire e coltivare interessi e affetti con la stessa profondità e sensibilità riservata alla assistenza e all’aiuto a chi si trova in difficoltà, inducendolo a privilegiare il prestigio della propria affermazione professionale. Le figure che circondano il protagonista (un collega fedifrago, due figli viziati, una moglie in cerca di distrazioni e capricci) sono quasi tutte negative, al di fuori di una solerte efficiente e affidabile collega di Studio, sciatta e disordinata, che nutre una sconfinata ammirazione, e anche qualche sentimento più profondo, ignoto al destinatario, per l’Avvocato. Il testo, che si legge in poco tempo, è pubblicato nella collana Diritto e Rovescio che fornisce un contributo alla diffusione, anche fuori dell’ambito forense, di alcuni lati positivi, e anche dei risvolti umani, della nostra professione.

212

Quaderni


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

FRANCESCO CARINGELLA (con la collaborazione di Amalia Menna), Famiglia, Normativa e giurisprudenza ragionata, Giuffré Editore 2008. di AUGUSTO CONTE Per la collana “Coordinate del diritto” Francesco Caringella, Consigliere di Stato, con la collaborazione dell’Avv. Amalia Menna, ha curato la pubblicazione dello stato della giurisprudenza sul diritto di famiglia, in forte evoluzione verso nuove frontiere, come spiega l’Autore nella premessa, aperte, tra l’altro, alla tutela aquiliana per il danno da violazione degli obblighi familiari, al riconoscimento della famiglia di fatto, alle relazioni tra autonomia negoziale e relazioni affettive. Intento della pubblicazione è di mettere a disposizione degli operatori del diritto una organizzazione e catalogazione delle sentenze inserendole nel quadro normativo interdisciplinare di riferimento al fine di fornire una conoscenza di ciascun istituto nelle sue pratiche applicazioni. Ciascun istituto di diritto civile e penale, e contenuto nelle norme speciali, viene introdotto con la norma di appartenenza, seguita da un sommario degli argomenti di trattazione e dalla giurisprudenza (anche di merito) con indicazione dello stato della stessa. La organizzazione giurisprudenziale prende quindi in considerazione il matrimonio (diritti e doveri dei coniugi, delitti contro la Quaderni

213


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

famiglia, regime patrimoniale, separazione personale ed effetti); il divorzio (obblighi derivanti dalla cessazione del matrimonio); la filiazione (legittima e naturale, delitti contro la personalità individuale e la libertà personale dei minori); l’adozione (di minori e di maggiori di età); le potestà dei genitori (atti dovuti e atti vietati); protezione contro gli abusi familiari; tutela ed emancipazione; affiliazione e affidamento; misure di protezione delle persone prive di autonomia (amministratore di sostegno, interdizione, inabilitazione, abbandono di persona incapaci, circonvenzione di incapaci); atti dello stato civile (norme civilistiche, delitti contro lo stato di famiglia). L’opera, disponibile anche in versione on-line costantemente aggiornata, costituisce uno strumento di consultazione nella pratica forense e giudiziaria.

214

Quaderni


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

GAETANO VENETO - Le “libere” professioni: dal protezionismo corporativo alle liberalizzazioni, Cacucci Editore, Bari 2007. di AUGUSTO CONTE Il mondo delle libere professioni, in maniera positiva o negativa, è al centro della attenzione di economisti, sociologi, istituzioni legislative in questi ultimi anni in cui l’ampliamento degli spazi delle produzioni conoscitive e del lavoro hanno potenziato le categorie professionali “intellettuali”, delineando nel panorama lavorativo i “lavoratori della conoscenza”. L’autore, Avvocato del libero Foro, professore Universitario in Diritto del Lavoro, giuslavorista (con esperienze parlamentari) richiama l’attenzione di operatori e giuristi sul lavoro autonomo, osservando come “l’economia della conoscenza intrecciata col capitalismo intellettuale e con lo sviluppo delle professioni” mette in discussione i concetti di subordinazione e autonomia, sul rilievo che alcune professioni si “subordinano”, mentre vecchie forme di lavoro subordinato si “autonomizzano”. E quindi “…il mondo delle professioni si inserisce sempre più nel diritto del lavoro, più esattamente nel diritto di tutti i lavori attuali e possibili…”. Questa è la premessa (o meglio, la post-fazione) a una particolarissima e attualissima trattazione svolta in quattro capitoli, nei quali Quaderni

215


SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE

le professioni intellettuali vengono considerate tra legge e realtà, sociale e socio economica; vengono considerate nella prospettiva di liberalizzazione ispirata dalla Unione Europea; vengono esaminate le discusse norme di liberalizzazione (l’Autore consentirà di commentare che non tutte sono nei sensi migliorativi delle prestazioni legali, né consentono trasparenza e autentica “contrattazione” sui compensi, né tutelano la clientela, né assicurano impegni professionali ai giovani), negli aspetti normativi e deontologici; vengono ricordate le (pen)ultime proposte di riforma della professione forense. L’ultima parte della trattazione si occupa dei Collegi Professionali e in particolare di quello Forense e della costituzione degli Avvocati in Ordine, autonomo, con la introduzione della Legge 26.7.1874, n. 2012: modello poi conservato fino a quello attuale (come è noto messo in discussione da chi vede nello stesso una tutela dei privilegi – non sappiamo quali – di casta, un limite all’accesso alla professione e alla concorrenza, e allo sviluppo del “mercato”, negando il ruolo costituzionale del diritto di difesa, la cui esclusiva è affidata agli Avvocati dall’art. 24 della Costituzione, inconciliabile con una attività “mercantile”). L’Autore si chiede se le regole ordinistiche non siano restrittive del “mercato”, indicando l’orientamento comunitario, specie in tema di tariffe – e se non comportino un costo economico e per gli stessi professionisti, specie i più giovani – e del garante della Concorrenza e del mercato, (secondo il quale il divieto di accaparramento ostacola la concorrenza, mentre sono convinto, che la soppressione del divieto la inquina e che nessun limite è mai esistito alla concorrenza professionale, così come avviene invece per le attività imprenditoriali). L’invito alla discussione è allettante, ma va accolto, e dialetticamente trattato, fuori dall’ambito di una recensione a un testo che rappresenta un significativo e nuovo momento di cultura operativa nel settore delle professioni autonome.

216

Quaderni


RICORDI

RICORDI

Clemente Manco di GIANCARLO CAMASSA* Sono ormai molti a rivendicare la paternità dell’espressione “essere avvocato”, in chiara ed insanabile contraddizione con il “fare l’avvocato”, contrapposizione tra un modo di essere, una vita ed un’anima, da una parte, ed una razionale e semplicistica, più che semplice, opzione professionale, dall’altra; a chiunque si possa o si voglia attribuire l’ideazione della abissale differenza, è da dire subito che l’Avv. Clemente Manco, quant’altri mai, apparteneva a pieno titolo ed incontestabile diritto alla categoria di quelli che “…non fanno gli avvocati, sono avvocati”. L’Avv. Manco, o meglio, Clementino, come da sempre lo sentivo chiamare da mio padre, con sincero affetto e radicata confidenza, ma, altresì, con estremo rispetto e profonda considerazione, io l’ho visto, e sentito discutere per la prima volta innanzi la Corte d’Appello di Lecce, nel gennaio 1979, quando cioè io avevo appena iniziato la pratica. Il ricordo che ne conservo è freschissimo; da una parte una sensazione di piena ed appagante felicità riveniente dalla certezza, quel giorno disvelatasi incrollabilmente, che la professione che volevo

* Presidente della Camera Penale di Brindisi

Quaderni

217


RICORDI

svolgere era la più bella del mondo, e, dall’altra, la scoperta che davvero la natura può essere matrigna. Perché, infatti, concedere solo all’Avv. Clemente Manco, quel dono che per un avvocato è la realizzazione del più grande sogno, quello di riuscire cioè ad attrarre ed attirare l’attenzione di tutti non appena pronunciata la prima parola? Ed era questo infatti che succedeva, con una totale, quanto miracolosa, assenza di eccezioni: non appena l’Avv. Manco si alzava, impugnando nella sinistra gli occhiali, coperto da una lisa toga da cui fuoriusciva il maglione a collo alto, non appena con voce chiara, profonda e vibrante, ferma e rispettosa, insinuante e provocatoria, pronunciava le prime parole, avveniva il miracolo: il pubblico che a bassa voce parlava dei processi o salutava i detenuti, si zittiva, gli avvocati, i primi a percepire l’importanza dell’evento, muti e rispettosi, ascoltavano, paghi e fieri già solo dell’essere colleghi di quell’avvocato, i magistrati del Collegio gli tributavano una unanime ed interrotta attenzione ed il Pubblico Ministero, affascinato quanto preoccupato, non fiatava. Non era solo la profondità dei concetti, non era solo l’eloquio, fluido ed apparentemente semplice, non solo la logica stringente e conclusiva, non solo le innumerevoli citazioni, indizio certo di una sterminata cultura umanistica, ma bensì la contestuale ed evidente presenza di ognuno di questi elementi, che rendeva ogni arringa dell’Avv. Manco l’espressione più alta di una potente quanto efficace oratoria. Non c’erano computer ed anche i richiami giurisprudenziali non erano numerosi, al contrario di quelli dottrinari dei grandi maestri, spesso richiamati nella trattazione di istituti di diritto sostanziale indagati fino alla atomizzazione, ma il risultato era sempre lo stesso: l’incantatore aveva rinnovato il miracolo e l’uditorio era con lui, commosso ed affascinato, e gli dava ragione, ed era dalla sua parte, gli sorrideva e gli era vicino e solidale, oramai prigioniero e schiavo dell’incanto.

218

Quaderni


RICORDI

Se la natura lo aveva gratificato di quel dono, l’Avv. Manco ne aveva fatto un uso avveduto e razionale, coltivandolo ed arricchendolo con lo studio costante della filosofia, chiave di volta per comprendere l’essenza stessa di istituti giuridici del diritto penale, del diritto, come lui diceva, dell’essere, contrapposto al diritto civile, il diritto dell’avere. Crescerà, e continuerà a crescere, la polvere sui fascicoli dei processi, oramai tutti archiviati, in cui ha prestato la propria opera l’Avv. Manco; sono tanti, troppi per poterli ricordare, davanti al Tribunale ed alle Corti d’Appello, ma soprattutto davanti le Corti d’Assise, storie tragiche di sangue e di morte, di miserie e di passioni, i cui protagonisti alcuni non sono più tra noi, altri ancora sono detenuti ed altri sono invece liberi, di una libertà di cui saranno perennemente debitori dell’Avv. Manco. Nessuno può ricordare tutti quei processi, tutti gli scontri, tutte le epiche arringhe, tutto questo si perde nel ricordo che svanisce, quel che invece rimane è l’Uomo ed il ricordo dell’Uomo, sempre rispettoso e mai prono, sempre controcorrente, sempre con i perdenti, perché quello è il posto che gli eroi si scelgono; antifascista nel momento del massimo fulgore del fascismo, repubblichino dopo il settembre 43, fascista dichiarato nel dopoguerra, per il piacere di essere contro, piacere della sfida che non poteva non conoscere la lotta dell’aula giudiziaria, quella che il maestro De Marsico definiva l’ultima arena degli uomini liberi. Sfide che l’Avv. Manco raccoglieva non solo a titolo personale, ma anche quale Presidente della Camera Penale di Brindisi, che porta il nome dell’Avv. O. Melpignano, suo grande amico ed estimatore, carica che ha dato prestigio all’associazione e che ha dato invece all’Avv. Manco la possibilità e l’occasione di appassionatamente difendere e sostenere le ragioni dell’avvocatura ed i diritti e la dignità degli imputati, in momenti storici bui, in cui fatti di cronaca, oggettivamente gravi, sembravano legittimare una risposta dello Stato finalizzata a reprimere un fenomeno criminale, anche a costo di calQuaderni

219


RICORDI

pestare alcuni diritti individuali, percorso questo che non poteva non trovare, nella figura di don Clemente, un’insormontabile ostacolo. Allorquando l’Avv. Manco è venuto a mancare, per la prima volta il Tribunale ha visto allestire nelle sue aule una Camera ardente, affinché fosse possibile tributare il dovuto omaggio non al politico, ma all’Avvocato che ha affrontato il suo ultimo viaggio accompagnato dalla sua toga, dall’affetto dei suoi cari, dal rispetto dei suoi avversari e dall’ossequio e dal rimpianto di tutti i Suoi colleghi, ossequio di cui questo breve ricordo costituisce una semplice e rispettosa manifestazione.

220

Quaderni


RICORDI

Quaderni

221





Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.