Quaderni Anno X - N 1/2010

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QUADERNI RIVISTA QUADRIMESTRALE DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRINDISI

Anno X - N. 1-2010

Autorizzazione Tribunale di Brindisi n. 10 del 16 maggio 2001

Testata associata all'A.STA.F. ISSN 1972-8956

Direttore Responsabile Augusto CONTE Comitato di redazione

Pasquale ANNICCHIARICO, Giuseppe A. ATTOLINI, Roberto CAVALERA, Ilaria CRESCENZO, Roberta DE CASTRO, Mario DE GUIDO, Giustina GIORDANO, Dario LOLLI, Antonio MAURINO, Emanuele MILONE, Carlo PANZUTI, Alessandra PORTALURI, Francesco SILVESTRE, Paolo VADACCA.

Direzione

ORDINE DEGLI AVVOCATI presso IL TRIBUNALE DI BRINDISI

Palazzo di Giustizia Via Lanzellotti, 3 - Tel. 0831/586993 72100 BRINDISI www.ordineavvocati.br.it presidente@ordineavvocati.br.it consiglio@ordineavvocati.br.it Redazione e pubblicità EDIZIONI GRIFO via Sant'Ignazio di Loyola, 37- Lecce tel. 0832/454358 edizionigrifo@gmail.com Stampa Locopress -Mesagne Tutti gli iscritti all'Ordine possono collaborare alla rivista del Consiglio con articoli su problemi di interesse generale: la Direzione si riserva la facoltà di non pubblicare gli articoli che pervengono. I dattiloscritti non vengono restituiti.

Tiratura n. 1.500 copie

Sommario

• EDITORIALE di Augusto Conte

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• INTERVENTO IN OCCASIONE DEL DECENNALE DELLA RIVISTA

- Dignità personale e diritti fondamentali di Guido Alpa

• SPECIALE DECENNALE - Brevi considerazioni su dieci anni di attività - Sommario generale dal 2001 al 2009 - Indice analitico dei collaboratori

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• EVENTI - Inaugurazione dell'anno giudiziario 2010 di Mario Buffa 95 - Tar: Inaugurazione dell'anno giudiziario di Aldo Ravalli 175 • ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE - La mediazione civile di Claudio Consales 195 - Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 204 - Riflessione sugli aspetti deontologici nella nuova disciplina sulla mediazione di Carlo Panzuti 223 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE - Relazione sull'attività svolta nell'anno 2009 di Guido Alpa 230 - Risposte alle domande più frequenti sulla formazione a cura di Nicola Bianchi 248 - L'obbligo di informativa dall'art. 4, 3° comma del d.lgs. n. 28/2010 255 • OPINIONI E DOCUMENTI - Giurisprudenza sulla formazione permanente di Augusto Conte 260 IN COPERTINA: Timpano sulla facciata principale dell'Università “Federico II” di Napoli (gruppo in bronzo scolpito da Francesco Jerace nel 1910). Foto di Pina Catino.


- Regolamento sulla formazione continua: sentenza del Tar per il Lazio n. 7081 del 17 luglio 2009 a cura di Linda Cilia - Il procedimento disciplinare. La sospensione cautelare dall'esercizio della professione nell'ordinamento forense e nella riforma approvata dalla Commissione Giustizia del Senato di Augusto Conte - Il reato di diffamazione a mezzo Internet di Gianmichele Pavone - Cassazione civile: termini di notifiche del provvedimento di sospensione della patente di guida di Maria Antonietta Olivieri

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• CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE - La Riforma della Previdenza Forense: Trattamenti pensionistici di Vittorio Mormando

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• NOTE DI STORIA FORENSE - Il sistema delle pene nei codici penali del Regno delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna (Seconda parte) di Augusto Conte

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• RICORDI - Angelo Amati di Pasquale Luigi Zizzi

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CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRINDISI Presidente Avv. Augusto CONTE Cons. Segr. Avv. Carlo PANZUTI Cons. Tesor. Avv. Antonio MAURINO Consiglieri Avv. Pasquale ANNICCHIARICO Avv. Giuseppe A. ATTOLINI Avv. Roberto CAVALERA Avv. Ilaria CRESCENZO Avv. Roberta DE CASTRO Avv. Mario DE GUIDO Avv. Giustina GIORDANO Avv. Dario LOLLI Avv. Emanuele MILONE Avv. Alessandra PORTALURI Avv. Francesco SILVESTRE Avv. Paolo VADACCA


EDITORIALE

EDITORIALE di

AUGUSTO CONTE Quest’anno ricorre il decennale della istituzione della nostra Rivista QUADERNI dell’Ordine di Brindisi. L’Editore, cui sono dovuti i ringraziamenti per la sensibilità, la professionalità, l’attenzione e la cura nella pubblicazione, ha proposto di ricordare la ricorrenza con un numero particolare, e l’iniziativa è condivisa anche per riguardo ai lettori, oltre che per un doveroso riconoscimento a tutti coloro che hanno collaborato, dando vivacità e qualità al quadrimestrale. La linea editoriale del periodico dell’Ordine di Brindisi è stata sempre quella, secondo gli intenti e le finalità progettuali, di essere attenta alle esigenze della categoria forense, con un occhio di riguardo agli altri operatori del settore giustizia, ponendo in primo piano l’informazione. L’impegno è stato affrontato e assolto ponendo in discussione le problematiche di vita forense connesse alla attività dell’avvocato e alle vicende, che lo vedono protagonista, derivanti da nuove disposizioni di legge o dalla applicazione di nuovi regolamenti. L’aggiornamento informativo non si è limitato a interessi di stretta osservanza “corporativa” avendo dato la Rivista, accolta anche nel mondo sociale, modo e occasione, per una sua diffusione anche oltre gli ambiti forensi, di ragione e principio di conoscenza di una attività, quale quella dell’avvocato, non facile, complessa, eticamente ispirata e con una specificità che la connota e distingue rispetto a tutte le altre attività professionali. Quaderni

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EDITORIALE

Il messaggio che la Rivista diffonde contiene segnali alla collettività attraverso i quali è possibile stabilire che la professione legale si svolge in ambiti di chiarezza, di cultura, di legalità, di responsabilità, di modernità. Per tutte queste finalità si sono impegnati in questi dieci anni circa 150 Autori diversi con oltre 700 “articoli”; sono state distribuite oltre 40.000 copie della Rivista che ha contato complessivamente circa 5.600 pagine: i dati non tengono conto dei Supplementi che hanno segnato particolari momenti di occasioni celebrative o di cultura giuridico-forense. La ricorrenza del decennale coincide con il costante e attualmente più accentuato ammodernamento della professione forense attraverso la graduale immissione di criteri telematici nell’esercizio della attività; anche l’informazione si è adeguata attraverso l’uso continuo di siti di posta elettronica e Internet che consentono di raggiungere istantaneamente tutti gli Avvocati. Il decennale consente di considerare che una rivista tradizionale, quale tribuna che contiene maggiore e ponderata riflessione, costituisce un patrimonio unico e irripetibile, tanto da suggerire, come recentemente e continuativamente si verifica, a molti Ordini forensi che ne sono sprovvisti, di dotarsi di una rivista, quale espressione più significativa e duratura di collegamento e rapporto tra il Consiglio dell’Ordine, tutti gli Avvocati e Praticanti, la Magistratura, gli Operatori della giustizia e l’intera società civile.

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INTERVENTO IN OCCASIONE DEL DECENNALE DELLA RIVISTA

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Dignità personale e diritti fondamentali di GUIDO ALPA*

1. Premessa La parola “dignità” è familiare ai giuristi italiani: essa compare in apertura del testo costituzionale (art. 3 c.1) nell’accezione di “dignità sociale” – la cui parità, insieme con l’eguaglianza davanti alla legge è assicurata a tutti i cittadini – e ancora nell’ambito delle disposizioni dedicate ai rapporti economici con riguardo alla retribuzione del lavoro, che deve assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa (art. 36), e nell’ ambito dei limiti all’esercizio di attività economiche, là dove si dispone che l’iniziativa economica non può recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. “Dignità” non è soltanto una parola, è al tempo stesso un valore, un principio, una clausola generale, un elemento connotante un sistema giuridico, un limite e molte altre cose, come accade a tutti i vocaboli onusti di storia, ai significanti con pluralità di significati, alle opere aperte alla tessitura degli interpreti. Nella sua elaborazione concettuale questo termine si collega evidentemente, agli occhi dei giuristi italiani, alle libertà, all’eguaglianza e quindi ai diritti inviolabili del* Presidente del Consiglio Nazionale Forense.

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la persona, di cui sempre la Costituzione si fa usbergo nella disposizione di apertura consacrata dall’art. 2. La collocazione sistematica di questa espressione e le aggettivazioni che le sono affiancate non devono trarre in inganno. Anche se la “dignità” è menzionata esplicitamente all’art. 3 e nelle altre disposizioni richiamate, questa sua inclusione nel testo non ha fatto velo alla concezione universalmente condivisa dai giuristi italiani, provenienti da diversa formazione e intenti alla coltivazione di diversi settori dell’ordinamento, il diritto civile, il diritto del lavoro, il diritto costituzionale,il diritto penale, il diritto processuale, e così via, nel senso che la dignità della persona è considerata la base dei diritti inviolabili, e quindi la base dell’intero ordinamento. Ed è un fatto significato che dal 1956 ad oggi la Corte costituzionale l’abbia invocata almeno in più di cento pronunce, che nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si rincorra in migliaia di pronunce – nell’ambito del diritto del lavoro, dei diritti della personalità, dei rapporti familiari, ma anche del diritto dell’ambiente, del diritto alla salute, nell’ambito del processo penale e financo nell’ambito del controllo deontologico delle professioni intellettuali1. Anzi, a questo proposito, mi sembra significativo sottolineare che prima ancora che la dignità assumesse il rango di principio costituzionale fondante dell’intero ordinamento l’ordinamento della professione di avvocato introdotto dal r.d.l. 27.11.1933, n. 1578 precisava che gli avvocati cancellati dagli albi potevano conservare il titolo a meno che la cancellazione non fosse avvenuta per causa di “indegnità”(art. 1 c.2). I confini concettuali di questa espressione nei suoi usi giurisprudenziali sono stati oggetto di una ricerca che avevo svolto anni fa, e che dovrebbe ora essere aggiornata; ma i dati già allora emersi rimangono significativi. 1 ALPA, Dignità.Usi giurisprudenziali e confini concettuali, in Nuova giur. civ.comm. 2000, parte II.

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Proprio per questo dicevo che la parola “dignità” fa parte del lessico dei giuristi italiani, della loro formazione culturale, del loro strumentario processuale. Questo fatto, che appare particolarmente connotante della nostra esperienza, non emerge però con altrettanta evidenza al di fuori dei confini nazionali. Il sito dell’Unione europea illustra il testo dell’art.1 della Carta dei diritti fondamentali del 2000, che si apre con la formula sacrale «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». Si può notare in quel commento la successione delle formule costituzionali adottate nelle leggi fondamentali scritte di molti dei Paesi appartenenti all’Unione. Non si fa menzione però né dell’epoca in cui quelle formule sono penetrate nei testi costituzionali – e questo certamente è un fatto negativo, perché, ad es., la nostra, essendo entrata in vigore il 1 gennaio 1948, è anteriore a quella adottata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo, del 10 dicembre 1948, e credo che sia la più risalente dal secondo dopoguerra – né si segnala in che modo le formule siano intese, mentre, solo leggendo le disposizioni riportate, si può comprendere per un verso che in alcune Costituzioni la formula è impiegata in contesti circoscritti, e per altro verso che i testi riportati sono incompleti. D’altra parte, la formula più nota è quella contenuta nella Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca posteriore alla nostra (è del 1949) e in un certo senso ad essa simile, anche se di portata terminologicamente più ampia. 2. La Carte internazionali Proseguendo nell’analisi testuale, troviamo numerosa carte internazionali che si riferiscono alla dignità umana, ad es., i Patti civili e politici e i Patti economici sociali e culturali allegati alla Dichiarazione universale delle Nazioni Unite, del 16 dicembre 1966, oppure Quaderni

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la Convenzione sui diritti del fanciullo, del 20 novembre 1989 (art. 37), o la Convenzione di Ginevra del 1955 sul trattamento dei prigionieri. Diversi istituzioni internazionali, ufficiali o non governative, si sono date testi fondamentali in cui enunciano i valori ai quali ispirarsi, come il Consiglio d’Europa, che ha adottato raccomandazioni sui reati informatici, sulle persone che versano in grave necessità, sulle persone affette da disturbi menali, sullo sfruttamento dei bambini, e così via. Gli organi dell’Unione europea con risoluzioni e comunicazioni si sono occupati di dignità in materia di telecomunicazioni, di lotta alla pornografia in Internet, per il controllo dell’uso lecito delle tecnologie. Da qualche tempo è stata istituita l’Agenzia per la tutela dei diritti fondamentali, e ogni anno viene pubblicato un rapporto sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea. 3. Il ruolo delle Corti Una letteratura sconfinata si è raccolta sui diritti fondamentali, sulla distinzione per categorie concettuali tra diritti fondamentali, diritti inviolabili, diritti dell’uomo2, sul loro significato e sulle ideologie che li sorreggono e sul ruolo delle Corti, definite, in un recente prezioso saggio, come i “tribunali di Babele”3. Si è tentato, con successo, di registrare lo stato di salute, se cosi si può dire, dei diritti umani oggi, e si è potuto riscontrare quanto sia fragile la loro garanzia e come, soprattutto nei tempi di crisi come quelli in cui siamo immersi, essi siano messi a rischio, con ciò mettendo a rischio proprio l’essenza della democrazia. I testi scritti sono importanti, ma più importanti ancora sono le decisioni dei giudici che operano a diverso livello e con diverse Da ultimo. Consiglio Nazionale Forense, L’essenza della democrazia, I diritti umani e il ruolo del’avvocatura, Roma, 2010. 3 CASSESE (S.), I Tribunali di Babele, Roma, 2009. 2

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competenze. Ciò perché là dove non vi siano testi scritti, la tutela dei diritti fondamentali avviene – nelle democrazie occidentali moderne – sulla base dei principi comuni e valori condivisi; e anche se i c.d. bill of rights non sono contenuti in una costituzione scritta, oppure discendono da una consuetudine costituzionale, oppure fanno riferimento ad una legge che noi definiremmo ordinaria, come lo HRAct inglese, spetta poi ai giudici, nel loro delicato lavoro sostenuti dagli avvocati (che si battono per la difesa dei diritti fondamentali, che promuovono la loro garanzia in giudizio, che nelle memorie difensive argomentano per persuadere il giudice, che impugnano le decisioni ritenute insensibili ai diritti umani) dare effettiva consistenza alle regole scritte e non scritte che governano le nostre società. Di più. Anche là dove vi sono testi scritti ormai i diritti fondamentali sono affidati ai giudici, sì che proprio in un colloquio tenutosi alla Sorbona nel maggio del 2008 si è parlato della dignità “saisie”, di cui cioè si sono appropriati i giudici in Europa4. Il colloquio faceva seguito ad un altro seminario organizzato a Limoges nel novembre del 20045, in cui la dignità era stata esaminata nella cornice della giustizia e dell’etica, e quindi degli aspetti fondamentali della persona, così come arricchiti dalle (ma anche esposti ai pericoli delle) tecnologie biologiche e informatiche. La dignità non è una espressione o un valore esplicitato nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani, e tuttavia molte sono le pronunce che vi fanno cenno, e in qualche modo hanno fatto scuola. Allo stesso modo molte sono le pronunce emesse dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, anche prima che fosse approvata la Carta europea dei diritti fondamentali, e prima che ad essa venisse riconosciuto valore giuridicamente vincolante. Insomma, la sorte di questa parola – che al tempo stesso è un valore, un principio, un limite, un emblema – si intreccia con le ela4 5

CRUE, La dignité saisie par les juges en Europe, 23 maggio 2008, Pathéon Sorbonne. Justice, étique et dignité, PU Limoges, 2004.

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borazioni teoriche, con le formule legislative, con le prassi giuriprudenziali. Ma proprio la complessità delle fonti, l’intervento articolato delle Corti, le linee politiche dei parlamenti e dei governi, la pletorica letteratura che si è raccolta in questa materia ci devono render avvertiti che il problema della tutela della dignità umana, intesa come fondamento di tutti i diritti della persona, oppure come espressione di libertà e di eguaglianza, oppure come riassunto dei diritti inviolabili, non si può risolvere in modo sommario. I numerosi seminari e le occasioni di riflessione che si sono avvicendati in questi ultimi tempi sono proprio il segnale che la materia è al tempo stesso affascinante, magmatica, incandescente, votata per i suoi molteplici usi e i variegati contesti ad essere suscettibile di diverse e finanche contrapposte letture. Nella ridda di questioni che sono state affrontate dai giuristi non è facile trovare il bandolo della matassa, il filo con cui annodare in modo semplice e descrittivo la storia, l’evoluzione, la realtà dei diritti fondamentali visti attraverso la lente della “dignità”. Per economia di tempo e di spazio, mi sembra utile concentrare l’attenzione su tre di esse che presentano un carattere comune, quello della novità: la dignità e i diritti fondamentali alla luce del Trattato di Lisbona, del principio di effettività e della creatività giurisprudenziale. Si dovrebbe trattare anche un ulteriore aspetto, estremamente rilevante nella prospettiva del diritto privato, quello dei rimedi alla violazione della dignità della persona; i rimedi previsti dal diritto comunitario e dal Draft Common Frame of Rules si concentrano sul rimedio risarcitorio. Per limiti di spazio devo rinviare ad altra occasione una trattazione compiuta dell’argomento. 4. Il Trattato di Lisbona Il Trattato di Lisbona, che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, è stato sottoscritto

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il 13 dicembre 2007, ed è entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Tre sono in particolare i punti qualificanti che riguardano il tema che ci occupa: il preambolo, l’art. 2 e l’art.6, a cui poi si dovrebbero aggiungere, nella ricostruzione del quadro normativo, le disposizioni della Carta europea del diritti fondamentali, che si occupano delle libertà, della uguaglianza, della solidarietà, della cittadinanza e della giustizia. Della Carta si è scritto molto, ed anche dei suoi avventurosi percorsi6; del Trattato di Lisbona si è scritto ancora poco da parte degli studiosi del diritto privato, nonostante la sua enorme rilevanza politica e giuridica al tempo stesso. Solo gli studi di diritto costituzionale e di diritto comunitario fanno eccezione a questa regola. Nella nostra prospettiva, il preambolo del trattato è già evocativo, perché richiama – a titolo di “ispirazione” e quindi come guida interpretativa del testo – «le eredità culturali, religiose e umanistiche dell’ Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’ uguaglianza e dello Stato di diritto». È facile vedere in queste parole la risposta, ammodernata e levigata, alla questione cruciale posta alla commissione che doveva redigere il testo della Carta europea, inerente alle radici cristiane, o giudeo-cristiane, o illuministiche, o laiche dell’Europa. La tematica ha dato luogo ad una grande appassionante dibattito. Non si possono però confondere i valori sui quali si fondavano la cultura greco-romana e i diritti naturali come intesi nella filosofia platonica e aristotelica con i valori dell’epoca medievale e quelli rinascimentali e illuministici. Sui primi rimangono insuperate le pagine di Leo Strauss, in un’opera ristampata a più riprese anche in Italia7, in cui si distingue la concezione antica del diritto naturale 6 Il percorso politico è descritto da Cangelosi, Il ventennio costituzionale dell’Unione Europea, Venezia, 2009. 7 Diritto naturale e storia, Genova, 2010 (rist.); Finnies, Natural Law and Natural Rights, Oxford, 1980.

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dalla concezione moderna dei diritti naturali. Per i diritti umani nella civiltà giuridica medievale basta riprendere il dialogo tra Paolo Grossi e Brian Thierny8, che in una ricerca recente ha istituito un filo diretto tra Ockham, Grozio e Windscheid sulla origine dei diritti individuali, passando attraverso il diritto romano, il diritto canonico e la costruzione della categoria di “diritto soggettivo”. Ma mi preme sottolineare che proprio la dignità dell’ uomo è evocata da S.Tomaso come emblema della razionalità dell’uomo («magnae dignitatis est in rationali creatura subsistere», Summa th., I, q. 29, a.3 ad 2) e alla dignità dell’ uomo è dedicato il discorso di Pico della Mirandola, che nel De hominis dignitate vede la riconoscibilità dell’uomo rispetto alle bestie nel “Dio vestito di umana carne”, nello spirito contemplativo saggio e pio proprio dell’uomo in quanto tale. La connessione tra dignità e religiosità, meglio tra dignità e professione di un religione è al centro della riflessione di Spinoza9; e mi piace ricordare una scoperta che mi è capitata nell’ambito di una ricerca su identità e status: la pagina di Defoe nella quale si descrive la meraviglia di Robinson nello scoprire che all’isola, disabitata per tanti anni, era approdato un naufrago, un essere umano di cui però non conosceva le intenzioni; nell’indecisione se sopprimerlo, perché nemico o assisterlo, perché amico, Robinson si trattiene dall’aggredirlo perché il naufrago, a mò di presentazione, gli si rivolge dicendo «Christianus sum»; queste parole che rivelano la sua identità sono espressioni di pace e di fratellanza sufficienti a salvargli la vita. Gli studiosi dell’Illuminismo, delle Rivoluzioni secentesche e settecentesche, del pensiero kantiano e dei suoi epigoni molto avrebbero da dire sulla dignità e sui valori della persona; proprio di recente li ha richiamati Francesco Galgano nel suo saggio su Diritto non 8 THIERNEY, The Idea of Natural Rights. Studies on Natural Rights, Natural Law and Church Law, 1150-1625, Atlanta, 1997 e la recensione di Grossi, Sui diritti umani nella civiltà giuridica medievale, ora in Grossi, Pagine scelte, Roma-Bari, 2010 (in corso di stampa). 9 CHAUI, Spinoza e la politica, Milano, 1996.

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patrimoniale e diritti dell’uomo10. È quindi importante che il Trattato di Lisbona, ed ora la versione consolidata del Trattato sull’Unione europea rechino questa impronta, questa sorta di crisma che riflette la storia dell’umanità nell’Occidente, con aspirazioni universalistiche. Nel testo del preambolo è facile anche registrare la fungibilità dei termini impiegati, dal momento che i diritti sono considerati valori, i diritti inviolabili e inalienabili sono equiparati ai diritti fondamentali di cui si fa garante la Carta europea, la dignità non è menzionata ma aleggia quando si evoca la libertà, la democrazia e l’eguaglianza. Nella versione originale già si confermava l’«attaccamento» dei Paesi firmatari «ai principi di libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché dello stato di diritto» e di richiamavano i principi della Carta sociale europea del 1961 e della Carta dei diritti dei lavoratori del 1989, ma questa precisazione ulteriore ora acquista un significato più pregnante. A sua volta l’art. 2 ribadisce che «l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze». E aggiunge: «Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini». La precisazione riassume il significato di “dignità” come valore, come substrato della libertà e della democrazia, come metro dell’eguaglianza, come sostegno della solidarietà e della giustizia. Ciò che preoccupa il legislatore comunitario è però il principio della unità nella diversità, del pluralismo culturale, della parità di trattamento di uomini e donne, di tutela delle minoranze, e quindi la non discriminazione e la tolleranza. Sono formule non enfatiche che la10

In Contratto e Impresa, 2009, p. 883 ss.

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sciano intendere, da un lato, il significato di cittadinanza europea, dall’altro le problematiche sottese ad una unione di popoli che si era all’inizio progettata solo con finalità economiche ed ora invece si deve rafforzare nella dimensione politica. Può forse sollevare perplessità l’impiego del termine “tolleranza” che appare un po’ debole, rispetto all’impronta fortemente egalitaria delle formule riportate, ma è chiaro che si tratta di espressioni calibrate, mediate, vagliate con estrema cura. Una rapida notazione si può fare anche dell’art.4, in cui si enuncia il rispetto della eguaglianza degli Stati membri di fronte ai trattati e soprattutto della loro “identità nazionale”. Qui si è innestata la discussione sulla approvazione del Trattato di Lisbona e la discussione sulla sentenza della Corte costituzionale tedesca sul rapporto tra il Trattato e il diritto costituzionale interno; la sentenza, del 30 giugno 2009, ha posto la riserva di sovranità, la riserva di identità costituzionale, la riserva di configurazione nazionale dello spazio pubblico. Le costituzioni nazionali, in questa prospettiva, sono considerate un elemento fondativo della identità di un ordinamento e quindi di un popolo; da giuristi possiamo anche convenirne, anche se è ragionevole domandarsi se la persona comune sia consapevole di questo aspetto e se si riconosca, sotto il profilo identitario, nella propria costituzione piuttosto che non nella semplice cittadinanza o in altri fattori connotativi, come la lingua, le tradizioni e i costumi, la storia patria, e così via. Più problematico è l’art. 6, perché qui si riscontra il problema irrisolto della redazione di una costituzione europea, e si vede non tanto il contemperamento, ma, a mio modo di vedere, il conflitto tra la Carta di Nizza e i trattati. Ciò perché vi si dice che l’Unione «riconosce i diritti, e libertà e i principi sanciti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (…) che ha lo stesso valore giuridico dei trattati», quindi non si assegna ancora alla Carta un ruolo preminente, quasi si trattasse della costituzione dell’ordinamento

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comunitario; si riconosce la Convenzione europea dei diritti umani, in forma di adesione, e quindi si sottolinea la natura convenzionale di quel testo; si precisa però che «i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione (...) risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell’ Unione in quanto principi generali». Certamente sono principi generali le disposizione contenute nella Carta di Nizza; esse coincidono – non però completamente – con le disposizioni della Convenzione di Roma. Occorre quindi un contemperamento tra principi effettuato dagli interpreti, in particolare dalle Corti (di Lussemburgo e di Strasburgo) che hanno competenze ormai in parte concorrenti. In più, trattandosi di principi generali, secondo la teoria delle fonti, essi dovrebbero essere considerati prevalenti su tutti gli altri principi contenuti nella legislazione comunitaria. Quindi, che siano contenuti nel Trattato consolidato, oppure nella Carta di Nizza, oppure nella Convenzione (nella trasposizione dei suoi contenuti di origine convenzionale al livello di principi generali dell’ordinamento comunitario) questi valori, dalla dignità in giù, sono tutti diritti inviolabili, fondamentali, umani, e costituiscono il perno dell’intero l’ordinamento comunitario. Questa prospettazione non è però condivisa da molti, a cominciare dagli studiosi del diritto internazionale comunitario e del diritto costituzionale interno. Ma neppure dalle Corti, costituzionali e supreme. Una breve sintesi di questa problematica, che per ragioni di tempo e di spazio si limita ad essere assertiva, piuttosto che non esplicativa, può dare contezza delle questioni che ora si agitano in letteratura. 5. I diritti fondamentali nel trattato di Lisbona Nel corso di tre seminari organizzati dal Consiglio Nazionale Quaderni

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Forense su questo tema – l’uno dedicato alla cittadinanza europea, l’altro ai diritti fondamentali e il terzo, per l’appunto, al Trattato di Lisbona, i relatori si sono intrattenuti sulle intitolazioni con cui questi argomenti erano presentati. Non sembra, ma anche la intitolazione è indizio di una prospettazione o addirittura di una presa di posizione. Ci si è chiesti, ad esempio, se si debba parlare di diritti fondamentali “nel” trattato di Lisbona, oppure di diritti fondamentali “e” il trattato di Lisbona. I diritti fondamentali sono una categoria a sé, svincolata ai testi normativi, e da essi, al più riconosciuti e garantiti, oppure vivono in tanto in quanto inseriti nei testi normativi? È il problema agitato da tanto tempo nelle esperienze nazionali a proposito dei diritti “riconosciuti e garantiti” dalle costituzioni scritte. L’Habeas corpus introdotto a livello comunitario dalla Carta di Nizza, come riconfermata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, è stata svincolato dal trattato, ma, secondo alcuni, questa operazione avrebbe un effetto positivo, perché se ne vedrebbe aumentare la visibilità e l’utilizzazione da parte dei cittadini. Tuttavia, non sarebbe possibile promuovere un ricorso di infrazione contro uno Stato che li violasse, perché il ricorso è limitato alla violazione del Trattato; la Carta non estende la competenza dei giudici nazionali; l’adesione alla CEDU dovrebbe aumentare la protezione dei diritti umani; ma la violazione di un diritto fondamentale da parte di uno Stato potrebbe legittimare il singolo a fare ricorso alla Corte di Giustizia? Ancora. Il fatto che i diritti fondamentali siano comuni implica che essi siano doppiamente garantiti, a livello comunitario e a livello nazionale? Si può instaurare una tutela plurilivello? 6. I diritti umani nella Convenzione europea e nella applicazione della corte di Giustizia dell’Unione La giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che si deve leggere

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secondo i criteri della case law inglese11, come ci suggeriscono gli stessi giudici che la creano, è assai nutrita. Molti sono i casi che hanno suscitato clamore, come quelli inerenti il giusto processo, che addirittura hanno indotto il legislatore italiano a modificare il testo della Costituzione (l’art. 111), a introdurre un rimedio specifico per il risarcimento del danno subìto dalle vittime dei ritardi nella amministrazione della giustizia (la c.d. legge Pinto), o come quelli sulla occupazione acquisitiva, che hanno indotto il legislatore a modificare la disciplina dell’ espropriazione e a riconoscere alla occupazione acquisitiva un indennizzo adeguato al fine di tutelare maggiormente il diritto di proprietà. La Corte ha elaborato il significato dei diritti riconosciuti dalla Convenzione ma ha anche “dialogato” con i giudici nazionali. Un’ampia ricerca condotta in alcuni Paesi dell’Unione sulla applicazione dei principi contenuti nella CEDU da parte dei giudici nazionali ha dimostrato che nonostante in questi Paesi già fosse presente una costituzione garantista dei diritti fondamentali l’applicazione della CEDU ha avuto effetti dirompenti12. Visti i risultati vi sono autori che considerano la Corte di Strasburgo come la corte costituzionale d’ Europa. D’altra parte, a guardare le numerose pronunce che condannano lo Stato italiano questa affermazione non è del tutto peregrina. Tra le ultime vorrei segnalare quella del 1 dicembre 2009 n. 903 in materia di trattamento discriminatorio in caso di trasfusione di sangue infetto. È il caso G.N. e altri, in cui la Corte ha ritenuto che fosse corretto escludere il risarcimento del danno a coloro che erano stati infettati dal sangue contenente il virus HIV prima che questo fosse identificato come pericoloso, mentre ha ritenuto priva di fondamento l’esclusione del risarcimento a favore della categoria degli infettati afflitti anche dalla talassemia. In questo senso v. ZAGREBELSKY (V.), La giurisprudenza casistica della Corte europea dei diritti dell’uomo. Fatto e diritto alla luce dei precedenti, ne L’essenza della democrazia, cit., p. 205 ss. 12 KELLER e STONE SWEET (eds), A Europeo f Rights. The Impact of ECHR on National Legal Systems, Oxford, 2008. 11

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Il recepimento dei principi della CEDU non è univoco. Ad esempio, la nostra Corte costituzionale considera la Convenzione una fonte negoziale, e quindi equiparata alla legge ordinaria, come chiaramente precisano le sentenze nn. 348 e 349 del 2007 e come più volte ribadito nelle sentenze successive. Si legge nella sentenza n. 311 del 2009 (riguardante la vicenda di dipendenti di un ente locale e passati alle dipendenze dell’amministrazione scolastica statale, senza avere il riconoscimento dell’anzianità del servizio) che «nel caso in cui si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della Convenzione europea, il giudice nazionale comune deve (…) procedere ad una interpretazione della prima conforme a quella convenzionale», ma la norma della CEDU non ha diretta applicazione e pertanto, ove ne ravvisi il contrasto, il giudice deve sollevare questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 10 e 117 Cost. La Corte costituzionale deve applicare la normativa alla luce della interpretazione della Corte di Strasburgo, sempre che la norma non si ponga in contrasto con la Costituzione, il che implicherebbe che la norma della Convenzione non troverebbe applicazione. Con la sentenza n. 317 del 2009 sulla contumacia dell‘imputato la Corte ha portato più in là il ragionamento, precisando che dalla applicazione delle norme della CEDU deve risultare un “plus di tutela” per tutto il sistema dei diritti fondamentali, sì che «la norma CEDU nel momento in cui va ad integrare il primo comma del’art.117 Cost., da questo ripete il suo rango nel sistema delle fonti, con tutto ciò che segue in termini di interpretazione e di bilanciamento, che sono le ordinarie operazioni cui questa Corte è chiamata in tutti i giudizi di sua competenza». Questo sistema, come anticipavo, sembra però contraddittorio. Anche a non voler ammettere la diretta applicabilità ai rapporti tra privati delle norme della CEDU – tesi che propugnavo nel 1999, con scarso successo – il fatto che oggi i valori garantiti dalla CEDU siano considerati principi fondanti dell’ ordinamento comunitario – come recita l’art. 6 del trattato dell’ Unione nella versione modificata dal

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trattato di Lisbona – dovrebbe far ripensare l’intera vicenda. Da almeno dieci anni la Corte europea di Giustizia ha iniziato ad applicare la Carta di Nizza, e quindi ad essere anch’essa corte di difesa dei diritti fondamentali. Sono particolarmente significativi i casi Kreil (2000), Schmidberger (2003), Omega (2004), K.B. (2004), il caso sul terrorismo (2005), Richards (“006), Tadao Maruko (2008). Come si vede, i diritti fondamentali sono presi sul serio, e sono “in azione”. Anche ai diritti fondamentali si possono dunque applicare le categorie a suo tempo configurate per i diritti costituzionali interni e per il diritto di origine giurisprudenziale. L’Europa del diritto si è trasformata in Europa dei diritti, ed ora in Europa delle Corti. Ma la dottrina ha messo in guardia l’interprete che potrebbe essere solleticato dall’idea di allungare il catalogo dei diritti oppure di sistematizzare i diritti in modo meccanico. Si è però aperta, anche a questo livello di analisi, e in questo settore, la diatriba tra il ius litigatoris e il ius constitutionis che affligge l’applicazione delle regole sul c.d. filtro in cassazione ex art. 360 bis del cod. proc. civ. come modificato dall’art. 47 della l. n. 69 del 2009. In altri termini, ci si chiede se si debba dare tutela al diritto creando quindi il rimedio (ubi ius, ibi remedium) oppure se si debba dare ingresso al rimedio per tutelare il diritto (ubi remedium, ibi ius). 7. Il principio di effettività È insomma l’antica questione del principio di effettività e della rispondenza dei rimedi assicurati agli individui a tutela dei loro diritti. La giurisprudenza nutrita della Corte di Strasburgo e quella incipiente della Corte di Lussemburgo sembrano indicare che il sistema funzioni efficacemente, salvi ovviamente i ritardi dovuti all’affollamento dei ricorsi. Ciò almeno a livello internazionale e comunitario. Gli studiosi del settore hanno poi potuto documentare – casi alla mano – quanto sia Quaderni

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incisiva l’influenza della Corte di Strasburgo sulla Corte di Giustizia. Diverso è però il discorso a livello nazionale. La pronuncia della Corte di Cassazione dell’11 novembre 2008 n. 26972 in materia di risarcimento del danno non patrimoniale ha dato adito a molti dubbi, non tanto per la nuova classificazione delle voci di danno (classificazione che mi trova concorde) quanto perché la Corte ha ritenuto che tale danno sia risarcibile nei casi previsti dalla legge come reato, nei casi previsti dalla legge speciale, nei casi di lesione di “diritti inviolabili” previsti dalla Costituzione; non sono equiparati a questa categoria i diritti umani garantiti dalla CEDU. Questa interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 2043 e 2059 cod. civ. è stata ribadita in un caso di demansionamento dalla sentenza del 2 febbraio 2010,n. 2352. Sul piano degli effetti è facile verificare come, nel nostro ordinamento, siano largamente censurabili le norme riguardanti la posizione giuridica del “non cittadino”, che investono sia il principio di dignità, sia il principio di eguaglianza, sia il principio di pari opportunità; come siano censurabili le pronunce che violano il principio di eguaglianza nell’applicazione delle norme attuative delle direttive in materia di non discriminazione; come siano invece apprezzabili le pronunce sul principio del consenso informato. 8. La lettura bustrofedica del principio di dignità Fin qui sembrerebbe che il principio (valore, diritto fondamentale, limite) della dignità della persona sia universalmente riconosciuto e che riceva una puntuale tutela negli ordinamenti nazionali e nell’ordinamento comunitario. Ma il problema è aperto. Le maggiori frizioni si riscontrano nel settore del biodiritto e nel settore dell’espressione delle credenze religiose attraverso la loro rappresentazione simbolica.

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Sul primo aspetto rinvio alla annosa controversia che ha riguardato i casi dei testimoni di Geova, il caso Welby e il caso Englaro13. Il principio di dignità è stato invocato sia a favore della proibizione delle trasfusioni, della liceità della cessazione del trattamento terapeutico, della cessazione della vita artificiale, sia a favore della obbligatorietà della trasfusione in caso di credente in stato di incapacità naturale, del malato cosciente, del malato incosciente. Proprio alla dignità umana ha fatto appello la dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae di Paolo VI del 7 dicembre 1965 per rivendicare la libertà religiosa. E alla dignità umana ha fatto appello la Congregazione per la dottrina della fede con l’ istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica dell’8 settembre 2008, in cui si affrontano in questa chiave e con un’ottica restrittiva tutte le questioni inerenti la utilizzazione degli embrioni, applicandosi quindi il principio di dignità dalla persona vivente alla persona in nuce. Eppure proprio alla dignità umana si riferisce la Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997 per consentire, entro certi limiti, i prelievi, la ricerca scientifica, i trapianti, l’uso di cellule e di embrioni. «Le Parti (…) – vi si legge – proteggono l’essere umano nella sua dignità e nella sua identità e garantiscono ad ogni persona, senza discriminazione, il rispetto della sua integrità e dei suoi altri diritti e libertà fondamentali riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina». E in questa luce, ma con segno opposto, si può leggere la pronuncia della corte di Strasburgo sulla esposizione del crocifisso (il caso Lautsi del 3 novembre 2009), in particolare là dove si precisa che «l’esposizione obbligatoria di un simbolo confessionale nell’esercizio del settore pubblico relativamente a situazioni specifiche che In argomento v. ALPA, Cos’è il diritto privato?, Roma-Bari, 2008, ora anche in versione americana (What is Private Law?, cura di A. Lordi, Carolina Academic Press, 2010). 13

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dipendono dal controllo governativo, in particolare nelle aule, viola il diritto dei genitori di istruire i loro bambini secondo le loro convinzioni e il diritto dei bambini scolarizzati di credere e di non credere». 9. Congedo Il principio della dignità ha suscitato gli apprezzamenti più enfatici – se ne è parlato come del gioiello della corona – ma ha sollevato le perplessità più disarmanti anche nel contesto culturale dove è cresciuto nelle forme più rigogliose: lo si è definito come il concetto più elusivo del diritto costituzionale tedesco. Le posizioni emerse in dottrina sono le più disparate. In modo un po’ massimalistico Jan Smits14, prendendo atto della ambiguità del concetto, ha proposto di cancellarlo dalla tavola dei valori di riferimento; all’opposto Stefano Rodotà proprio sui diritti fondamentali, estesi al mondo della comunicazione, dell’ informatica, dei dati personali, delle biotecnologie, li ha assunti a base di una nuova antropologia umana15; Ingolf Pernice li considera, pur come considerati nell’art. 6 di Lisbona, il punto di sostegno di tutto l’ordinamento comunitario16; John Aldergrove17 ne ha parlato come di una scatola vuota, con cui si possono fare manipolazioni interpretative (come sono quelle che consentono i principi generali, secondo l’insegnamento di Giovanni Tarello). Ma credo che la dignità, come tutti i diritti fondamentali, debbano essere presi sul serio. In fin dei conti, la legalità dell’ordinamento interno 14 SMITS, Huamn Dignity and Uniform Law: An Unhappy Relationship, TICOM Working Paper on Comparative and Transnational Law, No. 2008/2. 15 L’età dei diritti al crepuscolo?, in “Italia civile”, atti del convegno dedicato al centenario di Norberto Bobbio, Torino, 15 ottobre 2009. 16 The Treaty of Lisbon and Fundamental Rights, in Griller e Ziller (eds), The Lisbon Treaty. EU Constitutionalism Without a Constitutional Treaty?, Wien N.Y., 2008. 17 On Dignity, tratto da Why We Are Not Obsolete Yet, 2000.

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si misura sulla nozione di dignità della Carta costituzionale italiana, e la stessa legalità dell’ ordinamento comunitario usa il medesimo metro, come sottolinea Pietro Perlingieri18. Non spiace dunque l’enfasi di una studiosa dell’ Università di Montreal che parla della dignità come di un concetto trinitario, in quanto riferito alla persona e perciò alla sua dimensione organica, fisica e simbolica19. La dignità che apre la Carta europea dei diritti fondamentali ha un forte significato simbolico e identitario: ci ricorda – anzi, ci ammonisce – che l’Unione europea non aspira solo ad una integrazione economica ma delinea un modello di sviluppo capitalistico che pone al suo centro la persona, e in ciò fa consistere la sua ragion d’essere.

18 Relazione conclusiva, Congresso Sisdic, Capri, 25-27 marzo 2010, su L’incidenza del diritto internazionale sul diritto civile. 19 KNOPPERS, Human Dignity and Genetic Heritage: Study Paper (Law Reform Commissiono f Canada, 1991), p. 23.

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SPECIALE DECENNALE

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Brevi considerazioni su dieci anni di attività Mi è particolarmente gradito aderire all’invito rivoltomi dalla Vostra Redazione, di partecipare alla ricorrenza del decennale della Rivista Quadrimestrale dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi “Quaderni”. La pubblicazione della rivista in oggetto, è ormai divenuta per tutti gli operatori giudiziari e per i magistrati di questo Tribunale in particolare, un appuntamento atteso con interesse, siccome puntuale fonte di conoscenza e confronto, sugli avvenimenti di maggior interesse per il settore giudiziario – e non soltanto della classe forense –, senza tacere degli stimoli sul piano culturale che agli affezionati lettori la rivista riserva attraverso le recensioni di libri e saggi. Colgo l’occasione per complimentarmi con tutti coloro che a vario titolo da dieci anni a questa parte hanno garantito la pubblicazione e la diffusione di una rivista che oltre che per il livello dei contenuti, si fa apprezzare per l’eleganza della sua veste grafica: il mio plauso va quindi a chi in modo sistematico o occasionale ha offerto ed offre il proprio contributo, ai componenti del Comitato di Redazione e, da ultimo, ma mi sia consentito, principalmente, al Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi avv. Augusto Conte, per aver pervicacemente voluto nel 2001 riattivare la pubblicazione della rivista, purtroppo interrotta diversi anni prima e che da allora ininterrottamente l’ha guidata in veste di Direttore Responsabile. Esprimo infine l’auspicio affinché la positiva esperienza del trascorso decennio possa permettersi in futuro con il medesimo impegno sin ora dimostrato dall’avvocatura brindisina, anche e soprattutto da parte delle nuove generazioni che in questo momento si avviano alla professione di avvocato. Ad maiora. Brindisi, 23 aprile 2010

Dott. FRANCESCO GIARDINO

(Presidente del Tribunale di Brindisi)

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Egregio Avvocato, l’invito ad intervenire in occasione del decennale dei “Quaderni” mi ha offerto l’ opportunità di conoscere la rivista dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi e soprattutto di apprezzarne il contenuto ragguardevole per la quantità e qualità del materiale offerto. Si tratta di un complesso di scritti che rappresentano quanto l’avvocatura brindisina sia tesa alla crescita delle nuove generazioni sia sul piano della loro formazione che su quello della massima adesione alle regole deontologiche. In questo quadro bene si situano anche le iniziative prese in occasione di eventi significativi quali gli ottanta anni dell’istituzione del Tribunale alla presenza del Guardasigilli patrocinato proprio dall’Avvocatura, o l’aver dato risalto a momenti significativi quali il saluto al Presidente Vincenzo Fedele al compimento di una prestigiosa carriera e quello al nuovo Procuratore della Repubblica Marco Dinapoli che assieme al neo Presidente del Tribunale Francesco Giardino daranno impulso ulteriore alla già rodata struttura dei loro Uffici sulla scia e nella tradizione dei predecessori. Egualmente significative appaiono le cerimonie di conferimento delle Toghe d’Oro e Toghe d’Onore a testimonianza del fatto che il lavoro di tanti insigni professionisti si staglia quale esempio per le nuove generazioni che ne trarranno sicuro insegnamento. È quindi un complesso documentale, peraltro di raffinata veste tipografica, nel quale la figura dell’Avvocato nel circondario brindisino spicca nel suo corretto rilievo costituzionale quale cerniera tra i rappresentanti dell’Ordine Giudiziario ed i consociati a tutela e difesa dei diritti di questi ultimi. Ed in questa fusione tra i diversi protagonisti del mondo giudiziario cooperanti in un complesso armonico, che può auspicarsi da un lato il miglioramento del servizio giustizia e dall’altro il sempre maggiore progresso della classe forense brindisina di cui i “Quaderni” costituiscono una preziosa testimonianza. Con i migliori auguri per la ricorrenza e con molti cordiali saluti estensibili al Comitato di Redazione. Lecce, 23 aprile 2010

Dott. LUIGI GENNARO

(Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Lecce)

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Mi scuso per non avere risposto tempestivamente al vostro cortese invito: fuori sede per ragioni di ufficio non ne ho avuto prima la possibilità. Tento di farlo ora, forse fuori tempo massimo, ma distratto da una serie di problemi, non riesco a trovare la concentrazione necessaria perché non è facile riassumere in poche righe quello che verrebbe da dire più diffusamente e comunque dopo un’attenta riflessione per evitare di cadere nell’ovvio o in frasi di circostanza... Il fatto è che, nell’epoca di internet in cui il problema di acquisire informazioni non esiste ed esiste semmai il problema di difendersi dall’eccesso di informazione e di notizie, avendo la capacità di selezionare quelle veramente utili, è difficile cogliere la funzione di una pubblicazione di carattere locale che – non vorrei dispiacervi, non è nelle intenzioni – potrebbe apparire superflua. In realtà non è così ed io minimente lo penso. La possibilità di avere tra le mani un testo stampato da consultare in qualsiasi momento, magari comodamente seduti in poltrona nei momenti liberi, è molto di più della possibilità di acquisire l’informazione che serve, solo quando serve, attraverso il collegamento telematico. Internet poi – e lo dice uno che è stato tra i primi a praticarlo – è solo un enorme archivio dove c’è tutto (è vero) ma dove facilmente ci si perde e tutto anche si perde col tempo se al momento buono non lo si sa cogliere. La rivista stampata invece è sempre lì, a portata di mano, contiene solo le informazioni che servono ad una cerchia limitata di operatori di un determinato ambiente, ci porta le notizie che più direttamente ci interessano, è uno strumento di lavoro “nostro”, al quale ci accostiamo come a qualcosa che ci appartiene e che ci fa sentire parte di un gruppo al cui interno si svolge la nostra attività lavorativa, quindi la maggior parte della nostra vita. La lettura di una rivista inoltre – a differenza di internet – si pratica anche indipendentemente da una contingente necessità di informazione e questo – non vi è dubbio – permette la stratificazione del sapere, la crescita della capacità critica di acquisire informazioni e di elaborarle al momento opportuno. Non è un caso allora che la vostra rivista sia giunta al decimo anno e per tantissimi altri ancora vivrà. Con questo auspicio vi saluto cordialmente. Dott. MARIO BUFFA

(Presidente della Corte di Appello di Lecce)

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Carissimo Augusto, Voglio subito scriverTi quel che Ti ho detto telefonicamente: la generosità, la professionalità e l’affetto dimostrati da Te e dal Foro che autorevolmente rappresenti sono davvero straordinari, direi emozionanti. Anche se non credo di meritare la prestigiosa attenzione Vostra e dei “Quaderni”, ne sono sinceramente lusingato. Ma queste sono motivazioni che potrebbero equivocarsi, per il coinvolgimento personale nelle Tue iniziative, specie in quest’ultima, dedicata alla mia pubblicazione. Invece, la Rivista da Te fondata e diretta tanto efficacemente prescinde da ogni mia supposta benevolenza, della quale, del resto, non avrebbe alcun bisogno. Essa si erge oggettivamente quale vessillo per la nostra Toga. Connota e qualifica il Vostro Foro in tutta Italia, abbellendo con indovinati e impeccabili approfondimenti tematici le amarezze della nostra professione, trascurata da noi per primi e travisata da molti. Anche per questo Ti ringrazio, da avvocato ad avvocato, per quel che doni all’Avvocatura intera, augurando ogni bene ai “Quaderni” e a Chi così amorevolmente se ne occupa. Con i più cari saluti. Siracusa, 24 novembre 2003

Avv. ETTORE RANDAZZO

(Presidente Unione Camere Penali)

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Gentile Avvocato, Le siamo molto grati per l’invio dell’interessante supplemento della rivista “Quaderni” da Lei diretta, contenente gli atti dell’incontro su “L’avvocato e la verità”. Con i più cordiali saluti. Palermo, 12 gennaio 2004

Dott.ssa ELVIRA SELLERIO (Sellerio Editore)

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Gentilissimo Presidente, È pervenuto al nostro Ordine il n. 1/2004 dei Quaderni dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi che Tu mi avevi preannunciato. Ancora una volta lo stesso, stampato in forma elegante ed essenziale, contiene argomenti di grande interesse non solo per noi avvocati, ma in generale per tutti gli operatori del diritto. Quaderni

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Ti ringrazio ancora e Ti invio i più cordiali saluti. Sanremo, lì 3 giugno 2004

Avv. GIOVANNI B. MARTINI

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(Tesoriere Ordine Avvocati di Sanremo)

Caro Augusto, Ti ringrazio vivamente dell’invio della Vostra rivista, che leggo sempre con piacere ed interesse per i notevoli contributi alla discussione dei problemi giuridici e professionali. Con vivissima cordialità Ugo. Avv. UGO OPERAMOLLA

(Avvocato del Foro di Trani)

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Caro Augusto, Ti ringrazio vivamente per la Tua costante attenzione e mi complimento per il sempre alto livello della rivista. Affettuosamente Ugo. Avv. UGO OPERAMOLLA

(Avvocato del Foro di Trani)

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Carissimo Augusto, ho ricevuto la copia, da Te inviatami con la consueta gentilezza, degli ultimi due numeri di “Quaderni”, prestigiosa rivista dell’Ordine Forense di Brindisi da Te magistralmente diretta. Oltre ad appagare il mio interesse per l’evoluzione storica degli istituti giuridici e giudiziari durante gli ultimi due secoli nel nostro Meridione (specialmente grazie alla Tua opera di ricerca ed esposizione), questi “Quaderni” favoriscono la continuità del mio rapporto – altrimenti a rischio, data la mia lontananza – con l’ambiente giudiziario e forense salentino. Quindi, doppiamente grazie. Ultima, ma non meno importante, l’opportunità che questo scambio ci offre, di mantenere vivo il saldo ed antico vincolo di amicizia, nato mezzo secolo fa sui banchi del Liceo. Mia moglie ricambia i saluti. Abbracci Pino. Roma, 17 settembre 2005

Dott. GIUSEPPE MAGNO

(Consigliere della Corte di Cassazione)

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Carissimo Augusto, Ti ringrazio dell’ospitalità nella Tua bella Rivista, che continua a stupirmi per qualità e attualità. Spero di poter onorare il Tuo affettuoso invito ad “esserci” anche nel prossimo numero. Rallegramenti sinceri per il Tuo “pezzo” sulla pratica criminale del ‘700, davvero pregevole. Ti prego di ringraziarmi il Collega Marcello Falcone, caro amico cui esprimo la mia stima. Un abbraccio affettuoso. Siracusa, 7 marzo 2005

Avv. ETTORE RANDAZZO

(Presidente Unione Camere Penali)

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Caro Augusto, Ti ringrazio vivamente per l’invio della Rivista, sempre bella e completa. Mi complimento anche per i Tuoi scritti e per la passione rivolta alla Storia dell’Avvocatura. Leggo sempre tutto con molto interesse. Molti cari saluti. Milano, 24 novembre 2005

AVV. REMO DANOVI

(Avvocato del Foro di Milano)

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Caro Presidente, ho ricevuto la Tua pregevole relazione al Congresso ASTAF e Ti ringrazio. Ti ringrazio pure dell’ultimo fascicolo della Rivista che mi hai inviato a Milano, sempre bella e interessante. Le mie congratulazioni per il Tuo impegno e il Tuo entusiasmo. Grazie per l’attenzione che hai rivolto al mio libro. Cordiali saluti. Reggio Calabria, 28 dicembre 2005

Prof. Avv. MICHELE SALAZAR

* Quaderni

(Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria)

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Caro Presidente, ho ricevuto e ringrazio il denso e fruttuoso n. I/2006 della nuova serie dei “Quaderni” e da nostalgico operatore del diritto desidero darle atto dell’impegno e della costanza del suo lodevole proposito; per mia lunga esperienza so bene quali siano i “costi” di queste iniziative. Sono lusingato della rievocazione che ha voluto fare del mio “mestiere di giudice”, anche se è profondamente mutato il sistema rispetto ai tempi in cui espressi in merito le mie considerazioni. A significare il mio apprezzamento per la sua attività pubblicistica – e comunque mantenendomi nel tema della giustizia – le faccio avere gli Atti del II Congresso nazionale della stampa giuridico forense del dicembre del 1969, in cui troverà una mia comunicazione in materia seguita da un intervento nella discussione congressuale. Mi consenta di aggiungere un altro mio lavoro, in verità assai lontano nel tempo, che contiene appunti sulla storia del carcere da destinare alla Biblioteca di codesto Ordine professionale. Con i migliori pensieri, mi abbia suo. Oria, 24 maggio 2006

Dott. DONATO PALAZZO

(già Procuratore Generale della Corte di Cassazione)

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Egregio Collega, Ho ricevuto i due Quaderni della pubblicazione quadrimestrale di Codesto Ordine e vorrei ringraziarLa vivamente per la Sua cortesia ed amabilità. Ho letto con vero piacere alcuni articoli in essi contenuti ed ammirato la veste editoriale che presenta, nella copertina di uno, addirittura la piazza principale di Ceglie. Ricordo con vivo piacere il nostro incontro e la nostra conversazione in occasione del matrimonio di Giulia nel settembre scorso e mi permetto di ricordarLe la Sua promessa di chiamarmi per fare colazione insieme in occasione della Sua prossima visita a Roma. Intanto Le invio un cordiale saluto. Roma, 17 novembre 2006

Avv. GIOVANNI VERUSIO

(Avvocato del Foro di Roma)

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Caro Augusto, grazie della rivista, come sempre pregevolissima; e buone vacanze a Te alla Tua gentile Signora. Bari, 31 luglio 2008

Avv. GIANCARLO RUSSO FRATTASI

(Consigliere Ordine degli Avvocati di Bari)

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Caro Presidente, grazie della continua ospitalità che la Tua prestigiosa Rivista riserva ai miei scritti. Ho particolarmente apprezzato la recensione della dott.ssa Alma Passante, sia per l’eleganza dello stile, sia per la profondità dei contenuti. La simpatia per Cervantes che traspare dalle sue pagine mi dà l’occasione per inviarLe (pregandoTi di fare da messaggero) l’escluso saggio (che, mi auguro, Rubettino Ti abbia a suo tempo spedito). In attesa di incontrarci, invio cordiali saluti. Reggio Calabria, 20 agosto 2008

Prof. Avv. MICHELE SALAZAR

(Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria)

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Egregio Avvocato, La ringrazio per la trasmissione in data 25 giugno 2008 di una copia della rivista “Quaderni” dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi, di cui ha voluto farmi gentilmente omaggio. Ho trovato il testo di grande pregio e sono stato molto lieto del fatto che L’Ordine degli Avvocati di Brindisi abbia deciso di pubblicare la mia precedente missiva, con cui felicitavo l’apertura del suo “sportello dei diritti del cittadino”. Nell’augurare a Lei e ai suoi colleghi i miei migliori auspici di buon lavoro, colgo l’occasione per porgere i miei più cordiali saluti. Parlamento Europeo, 2 settembre 2008

On. HANS-GERT PÖTTERING

(già Presidente del Parlamento Europeo)

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SPECIALE DECENNALE

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Caro Augusto, grazie dell’ultimo “Quaderni”; e – come sempre – congratulazioni. Un abbraccio. Bari, 24 novembre 2008

AVV. GIANCARLO RUSSO FRATTASI

(Consigliere Ordine degli Avvocati di Bari)

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Egregio Presidente, mi è pervenuto l’ultimo numero della rivista “Quaderni”, pubblicato dall’Ordine degli Avvocati di Brindisi, che mi hai gentilmente inviato. Nel ringraziarla per la pubblicazione che come sempre raccoglie articoli di particolare interesse ed argomenti di notevole attualità per chi opera nel campo del diritto, ricambio i più cordiali saluti. Brindisi, 31 agosto 2009

Dott. DOMENICO CUTTAIA (Prefetto di Brindisi)

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Gentile Presidente, desidero ringraziarLa per avermi fatto omaggio della rivista “Quaderni”, edita dall’Ordine di Brindisi. L’occasione mi è oltremodo gradita per inviarLe i miei più cordiali saluti. Cordialmente On. ANGELINO ALFANO

(Ministro della Giustizia)

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Gentile Avv. Conte, ringraziandoLa, anche a nome dell’On.le Mauro Mellini, per aver pubblicato la mia recensione, sono ad inviarLe invito per l’evento del 22 aprile p.v. L’occasione è lieta per formulare i miei migliori auguri per le prossime festività. Roma, 7 aprile 2009

Avv. LETIZIA SALERNO

(Avvocato del Foro di Roma)

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Accolgo con piacere l’invito del Direttore Avv. Augusto Conte e dei Colleghi del Comitato di redazione, a partecipare ai festeggiamenti per il decennale di “Quaderni”, quadrimestrale dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi. Mi congratulo con tutti Voi, cari Colleghi, per la ricchezza di contenuti della Vostra rivista, sempre aggiornata, interessante, stimolante. Vi auguro di poter continuare a lungo nel meritorio impegno, a testimonianza della ricchezza di fermenti intellettuali che caratterizza la vita del Vostro Foro. Vi saluto con cordialità. Avv. FRANCESCO ANACLERIO

(Avvocato del Foro di Milano)

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Carissimo Augusto, grazie di cuore e sinceri complimenti per il n. 1/2009 della Tua splendida Rivista. Un abbraccio affettuoso. Avv. ETTORE RANDAZZO

(Presidente Unione Camere Penali)

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Da avvocato che ha sempre lavorato presso un Ente pubblico non ho trascurato l’aggiornamento doveroso che ho attinto, con fiducia, sempre anche dalla Rivista. Un forte legame di Amicizia mi lega poi da molti anni al Signor Presidente dell’Ordine, al quale va tutta la mia stima. Avv. ROSALBA GARGIULO

(Ufficio Contenzioso Comune di Francavilla Fontana)

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Caro Direttore, Caro Augusto, il decennale dei “Quaderni” rappresenta un traguardo significativo tenuto conto dell’impegno che richiede una rivista che tratta una notevole varietà di argomenti e comporta la soluzione di non lievi problemi organizzativi. L’avvocatura pubblica numerose riviste di ordini locali che sono prevalentemente orientate alla trattazione della giurisprudenza e dei problemi attinenti alla vita giudiziaria e forense dei singoli fori. Quaderni

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SPECIALE DECENNALE

Più complesso è il lavoro che richiede la composizione di un periodico di un considerevole numero di pagine e aperto anche alla trattazione di temi di interesse generale a livelli di qualità. Se poi le materie trattate si estendono anche ad argomenti di cultura professionale il contributo della rivista è ancora più degno di rilievo. I “Quaderni” nei quali tu e i colleghi che con te collaborano avete in questi anni profuso energie ed entusiasmo, e che io seguo sempre con attenzione, realizzano questo modello virtuoso e rappresentano pertanto un importante segno di distinzione professionale e culturale del vostro foro. Nell’esprimere il mio apprezzamento e quello della Scuola Superiore dell’Avvocatura per il vostro lavoro, mi auguro che prosieguiate anche in futuro questa impresa con eguale dedizione all’interesse generale dell’avvocatura. Con i più cordiali saluti. Avv. ALARICO MARIANI MARINI (Consigliere Nazionale Forense)

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Molto compiaciuto riscontro l’invito rivoltomi a formulare un mio modesto parere in occasione del decennale della Rivista “Quaderni” dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi. Non ho che rinnovare i miei sentimenti di plauso per una iniziativa culturale di grande rilevanza quale è da tempo la rivista quadrimestrale diretta dall’Amico Avvocato Augusto Conte, Presidente dell’Ordine di Brindisi. Con viva cordialità e tanti auguri. Avv. PASQUALE CORLETO

(Avvocato del Foro di Lecce)

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Nel panorama delle pubblicazioni periodiche promosse dai vari Consigli degli Ordini degli Avvocati italiani, un posto di rilievo riveste sicuramente “QUADERNI – Rivista Quadrimestrale dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi”, diretta dall’infaticabile Presidente Augusto Conte. Ricca di notizie sull’attività forense nazionale e locale, la Rivista pubblica pregevoli contributi sulle problematiche giuridiche di maggior attualità, note di storia forense e recensioni di libri giuridici di particolare interesse. Degna di nota è anche l’iniziativa di raccogliere e pubblicare, come supplemento della Rivista, non soltanto gli atti dei principali Convegni organizzati dall’Ordine di Brindisi, ma anche i contributi delle numerose

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Quaderni


SPECIALE DECENNALE

iniziative di aggiornamento professionale curate dall’Ordine a partire dal 2008. La Rivista, con una raffinata veste editoriale e una tiratura media superiore alle 1500 copie, ha raggiunto il traguardo dei dieci anni di vita: traguardo ragguardevole, se si considera che nello stesso periodo molti Ordini professionali hanno dovuto – per varie ragioni, non ultime quelle finanziarie – interrompere la pubblicazione delle loro testate. Al Direttore e a tutto il Comitato di Redazione l’augurio di proseguire sulla strada interpresa, nella consapevolezza di rendere un ottimo servizio a tutti gli iscritti dell’Ordine di Brindisi. Ad maiora ! Prof. Avv. NICOLA TRIGGIANI

(Associato di Diritto Processuale Penale nell’Università di Bari Aldo Moro Sede di Taranto)

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Leggo sempre volentieri la Rivista Quaderni e soprattutto le interessanti rievocazioni storiche dell’Avvocato Conte. Talvolta mi sono permesso di “appropriarmi” di articoli di “Quaderni”, pubblicandoli su “Gli Oratori del Giorno” (sempre citando la fonte). Sono sicuro che non me ne vorreTe! Con i migliori saluti. Avv. TITTA MADÌA

(Direttore de “Gli Oratori del Giorno”)

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La pubblicazione edita dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi è al suo quinto anno di vita Quaderni: la valida Rivista di attualità forense e di approfondimento edita dall’Ordine di Brindisi Quaderni è la eccellente rivista edita dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi, la città che ospita la settima Consulta A.STA.F. La pubblicazione è nata nel 2001 ed è quindi giunta al suo quinto anno di vita, caratterizzandosi sia per la validità dei contenuti che per la regolarità della sua uscita, un dato, quest’ultimo, non secondario nel variegato mondo della informazione giuridico-forense. Direttore della rivista è l’Avv. Augusto Conte (componente del collegio dei probiviri ASTAF), presidente Quaderni

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SPECIALE DECENNALE

dell’Ordine Forense brindisino che ne è anche l’animatore insieme ad una schiera di colleghi e collaboratori davvero validi e quanto mai attivi. “Quaderni”, che ha periodicità quadrimestrale, tratta argomenti di attualità giuridico-forense, tanto a livello nazionale che locale, e, ovviamente, riferisce in modo assai ampio sull’attività del Consiglio degli Avvocati di Brindisi e dei Fori pugliesi. La tiratura di “Quaderni” è di circa 1500 copie, non poche per una rivista che ha una foliazione di 150-200 pagine e che dunque è qualcosa di più di un semplice notiziario informativo. Numerosi ed interessanti, infatti, sono gli approfondimenti curati dalla redazione, che ha dato via anche a pubblicazioni monografiche di ottimo livello, tra le quali la recente “Gli Ordini Forensi nel CXXX anniversario” (edita nel 2004), contenente una disamina assai interessante sugli Ordini forensi e sulla legge professionale. Avv. MARCELLO PACIFICO

(Coordinatore della redazione “Notiziario A.STA.F.)

Tratto da: Notiziario A.STA.F., anno IV, n. 1, Settembre-Ottobre 2005)

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Galleria - Profili di Colleghi-Giornalisti I Quaderni di Augusto Conte, Presidente dell’Ordine di Brindisi e Giornalista forense di razza Dopo “Themis” di Roberto Porrello, la nostra galleria accende i suoi riflettori su una iniziativa editoriale che, patrocinata da un Ordine Forense, va ben al di là del consueto bollettino, per assumere le connotazioni di una rivista giuridica di altissimo profilo, tali e tanti essendo gli argomenti trattati e gli articoli di spessore culturale editi sotto l’amorevole guida e supervisione di Augusto Conte e, talvolta, frutto della sua generosa penna. Così in ogni numero è possibile scoprire idee nuove in tema di riforme processuali e ordinamenti, spesso anticipatore delle conclusioni delle conferenze nazionali e della stessa proposta di legge riforma di cui la nostra classe è, da tempo, in attesa e resoconti di eventi dell’avvocatura nazionale, arricchiti da recensioni di novità librarie (tra molte: “E lo difendono pure”, scritto a quattro mani da Emanuela Montagna e Ettore Randazzo; “Sta povera Giustizzia”, sonetti di Gioacchino Belli, commentati da Mauro Mellini).

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Quaderni


SPECIALE DECENNALE

È il caso di chiarire che, quando abbiamo scritto che i Quaderni ed il loro Direttore erano qui esaminati “dopo” la Themis del Collega Porrello, intendevamo riferirci ad un mero elemento temporale, non essendo nello stile di Giustiziaoggi redigere classifiche…: per noi, la posizione di tutti i Colleghi che hanno la capacità ed il coraggio di esprimere la propria opinione in uno scritto o in un discorso congressuale è da rispettare su un piano di assoluta parità (…sono tutti primi); essa trova collocazione diversa solo al traguardo, ossia nell’apprezzamento maggiore o minore dei lettori o degli ascoltatori, a condizione che l’autore dimostri di non essere disposto a sacrificare neppure una sola parola del suo scritto o del suo discorso sull’altare della dea audience, com’è – purtroppo – misera abitudine di quei presenzialisti di carta (stampata) e di televisione, veri scalatori di classifiche sociali a caccia di popolarità, per i quali non sembra valere più l’equazione “bravo = capace”, bensì quella assai più facile di “noto = bravo”. Per fortuna, tra questi campioni della bravura… figlia dell’apparire, non c’è Augusto Conte, che è e resta un solido punto di riferimento etico e culturale dell’Avvocatura. Avv. MARIO ROMANO

(Direttore Responsabile di Giustiziaoggi)

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Sommario generale dal 2001 al 2009 Anno I - n. 1 - 2001

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

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• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE La professione forense e la formazione fra tradizione e new economy e funzioni degli ordini forensi di Augusto Conte.......................................................................................... 5 Indagini difensive: nuove regole deontologiche per i penalisti di Paola Giurgola ......................................................................................... 10 Un Giudice Unico per la famiglia e i minori: indifferibilità di una riforma di Bina Valentini .......................................................................................... 14 • DIRITTO E INFORMATICA Diritto in Internet di Massimo Renna ....................................................................................... 17 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Statuto e Regolamento Scuola Forense ......................................................... Difesa d'ufficio: approvata definitivamente la riforma di Carlo Panzuti ........................................................................................... La riforma della disciplina sul gratuito patrocinio di Carlo Panzuti ........................................................................................... Riorganizzazione del sistema di riscossione delle quote di iscrizione di Teodoro Selicato ......................................................................................

22 30 42 69

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Il nuovo Consiglio Nazionale Forense .......................................................... 70 Dal Consiglio Nazionale Forense di Francesco Morgese .................................................................................. 71 • PREVIDENZA FORENSE La totalizzazione dei periodi assicurativi di Dario Lolli ................................................................................................ 73 • NOTE DI STORIA FORENSE Le Corti di Bari, Lecce e Potenza di Augusto Conte.......................................................................................... 82

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SPECIALE DECENNALE

• OPINIONI E DOCUMENTI Aforismi a cura di Augusto Conte .............................................................................. 85 • CONVEGNI E CONGRESSI Resoconto sul recente incontro-dibattito sulle indagini difensive di Marcello Falcone ................................................................................... 87 Magistrati Tributari .................................................................................... 94

• RICORDI In memoria del Collega Ernesto Aliquò di Clemente Manco.................................................................................... 95

Anno I - n. 2 - 2001

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Le sentenze di nullità del matrimonio concordatario sono delibabili. Le dispense del matrimonio rato et non consummato no! di Rino Selicato ............................................................................................ 8 Sulla esenzione dell'imposta di bollo per le cause di lavoro di Bina Valentini .......................................................................................... 11 La lettura del dispositivo della sentenza nel processo del lavoro di Claudio Consales ..................................................................................... 13

• DIRITTO E INFORMATICA Il documento elettronico di Massimo Renna ....................................................................................... 15 Almanacco di curiosità (forse non tutti sanno che:) di Massimo Renna ....................................................................................... 25 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Difesa di ufficio: comunicazione del Presidente dell'Ordine ai Dirigenti degli Uffici Giudiziari .................................................................................... Attivato il recapito centralizzato informatizzato ........................................... Decalogo deontologico dei difensori di ufficio ............................................. Sezione Speciale per l'iscrizione degli avvocati stabiliti ............................... D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 ....................................................................... "Quaderni" aderisce all'A.STA.F. .................................................................. Cerimonia per il conferimento della Toga d'Oro e Toghe d'Onore ...............

26 30 31 33 35 53 54

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Dalla relazione del Presidente Nazionale Forense nella seduta inaugurale del 30.3.2001 di Emilio Nicola Buccico ............................................................................. 56

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Composizione delle principali commissioni del Consiglio Nazionale Forense .................................................................. 62 Attività del Consiglio Nazionale Forense di Francesco Morgese .................................................................................. 63 • PREVIDENZA FORENSE Mod. 5/2001: individuazione del termine per l'invio e per i versamenti connessi di Maurizio de Tilla ..................................................................................... 67 L'esercizio continuativo della professione di Dario Lolli ................................................................................................ 68 • NOTE DI STORIA FORENSE Breve storia dell'ordinamento forense di Augusto Conte.......................................................................................... 76 Costruiamo la nostra storia........................................................................... 95 • OPINIONI E DOCUMENTI Sul diverso metodo di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nei processi contro imputati eccellenti di Rosario Almiento ..................................................................................... 96 L'AIGA: prospettive e impegni di Michele De Carlo ..................................................................................... 101 Stato della Giustizia Civile e Penale nel Tribunale di Brindisi relativo al primo semestre 2001.................................................................................. 107 Tribunale di Brindisi Ufficio Unico Notificazioni - Esecuzioni - Protesti ..... 119 Non solo vigilantibus jura succurrunt ma anche ai ridenti, ai "folli" ai sintentici, ai fortunati di Augusto Conte.......................................................................................... 120 • CONVEGNI E CONGRESSI Incontro-dibattito sulla competenza penale del Giudice di Pace di Rosanna Saracino .................................................................................... Contratti bancari: attualità e problematiche ................................................ Incontro-dibattito su «Difesa d'Ufficio e patrocinio a spese dello Stato» di Rosanna Saracino .................................................................................... Seduta itinerante nel distretto di Lecce del C.N.F. Congresso Nazionale Forense .......................................................................

122 128 130 134

• RICORDI Carlo Monticelli di Ennio Masiello ......................................................................................... 135

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Anno I - n. 3 - 2001

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

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• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Efficacia esecutiva del testamento di Maria A. Marzulli....................................................................................

6

• DIRITTO E INFORMATICA La firma digitale di Massimo Renna ....................................................................................... 10 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Corso di aggiornamento professionale per il rilascio di attestazione di idoneità alla funzione di difensore d'ufficio ai sensi dell'art. 7, Legge 6 marzo 2001 n. 60 ............................................................................................................... Delibera del 19.09.2001 ................................................................................ Cerimonia “Toghe d'Oro”, “Toghe d'Onore” e premio "Avv. Alfonso Tatarano" di Carlo Panzuti ........................................................................................... Istituzione della cerimonia della consegna dei tesserini ai Praticanti ......... Relazione del Presidente all'Assemblea Ordinaria del 14/19.1.2002 ...........

23 28 33 43 45

• PREVIDENZA FORENSE Finanziaria 2002: gli emendamenti di rilievo per la previdenza forense di Dario Lolli ................................................................................................ 56 • NOTE DI STORIA FORENSE Saggio sulla cauzione per le spese di Giuseppe Lucarini ................................................................................... 71 • OPINIONI E DOCUMENTI La riforma del rapporto di lavoro pubblico: che fine hanno fatto gli interessi legittimi? Fine di una categoria o loro permanenza e nascita di una “giurisdizione esclusiva” del giudice ordinario del lavoro? di Silvia Papadia .......................................................................................... 78 Brevi cenni sulla c.d. riforma federalista approvata con la legge costituzionale n. 3 del 18-10-2001: la ridefinizione delle competenze normative regionali e la soppressione del controllo preventivo statale sulle leggi regionali e sugli atti amministrativi regionali di Gabriele Stasi ........................................................................................... 86 L'influenza dell'articolo 6 della “Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali” nell'Ordinamento italiano di Marilì Convertini .................................................................................... 92 • CONVEGNI E CONGRESSI

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Convegno Nazionale sulle Specializzazioni tra prassi e prospettive di regolamentazione di Carlo Panzuti ........................................................................................... 99 Convegno Nazionale (Lecce 29.9.2001) Le specializzazioni, tra prassi e prospettive di regolamentazione - Intervento programmato dell'Avv. Augusto Conte, Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Brindisi .............................. 102 26° Congresso Nazionale Forense: Avvocati oggi - Effettività dei Diritti di Claudio Consales ..................................................................................... 108 III Consulta Nazionale della Associazione Stampa Forense ......................... 120 Inizia una nuova fase di dialogo tra professioni e governo di Teodoro Selicato ...................................................................................... 127 • RICORDI Giuseppe Blasi di Ugo Catamo ............................................................................................. 130

Anno II - n. 1 - 2002

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Intervento in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2002 nel distretto della Corte di Appello di Lecce di Antonio De Giorgi ...................................................................................

9

• DIRITTO E INFORMATICA Internet al servizio della Giustizia di Fausta Palazzo ......................................................................................... 19 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Il contributo unificato per le spese degli atti giudiziari di Augusto Conte.......................................................................................... Modifiche al "Decalogo del difensore di ufficio" .......................................... La approvazione delle tabelle distrettuali del danno biologico e morale ..... Anticipi minimi .............................................................................................. Associazione Nazionale Stampa Forense: riunioni del direttivo...................

23 29 33 35 36

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione del Presidente Nazionale avv. Emilio Nicola Buccico per la seduta inaugurale ..................................................................................................... 38 Le proposte di modifica del codice deontologico forense di Remo Danovi............................................................................................ 49 • PREVIDENZA FORENSE

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Un tetto per l'indennità di maternità di Dario Lolli ................................................................................................ 53 • NOTE DI STORIA FORENSE Un Santo per gli Avvocati: Alfonso de’ Liguori a cura di Augusto Conte .............................................................................. 58 • OPINIONI E DOCUMENTI Proposte di Riforme normative e ordinamentali ........................................... 61 Ancora in tema di pubblico impiego: Obbligo per la P.A. di assunzione di Silvia Papadia .......................................................................................... 87 • CONVEGNI E CONGRESSI Convegno sulla Giustizia dei Giuristi Cattolici (Brindisi 2-2-2002) ............ 94 Identità e ruolo del Giurista Cattolico nella Società relazione di Lorenzo Maggi ........................................................................ 95 L'avvocatura brindisina per l'educazione alla legalità relazione di Augusto Conte ......................................................................... 103 La riforma delle professioni (Brindisi 1° marzo 2002) ................................. 109 • RICORDI Angelo Melacca di Giuseppe Bruno ....................................................................................... 110 • BIBLIOTECA DELL'ORDINE Disciplina dei beni culturali di Gianluca Selicato ..................................................................................... Economia impresa e criminalità dei colletti bianchi di Ernestina Sicilia ....................................................................................... La tutela del consumatore contro le clausole abusive di Emilio Graziuso ....................................................................................... L'Archiviazione di Cosimo Scarpello .....................................................................................

113 115 117 119

Anno II - n. 2 - 2002

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti di Antonio Maurino ..................................................................................... 7 La Giurisdizione delle Commissioni Tributarie alla luce della “Finanziaria 2002” di Adolfo Gianfreda ..................................................................................... 16

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• DIRITTO E INFORMATICA Il legislatore italiano si perfeziona di Massimo Renna ....................................................................................... 21 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Delibera sul patrocinio per i non abbienti ................................................... Nuovo call center per la difesa d’ufficio. Iniziative per la liquidazione dei compensi ........................................................................................................ Delibera per l’allestimento di area-parcheggio ............................................ Cerimonie del giuramento dei praticanti abilitati e della consegna dei tesserini ai nuovi iscritti..................................................................................... Giurisprudenza disciplinare .........................................................................

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• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Comunicazione del Presidente avv. Emilio Nicola Buccico .......................... 34 Il Garante per la protezione dei dati personali ............................................. 36 • PREVIDENZA FORENSE Verso una riforma della previdenza forense? di Dario Lolli ................................................................................................ 43 • NOTE DI STORIA FORENSE Avvocati e Procuratori nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte .............................................................................. 48 • OPINIONI E DOCUMENTI Proposte di Riforme normative...................................................................... Sulla riforma dell’Ordinamento Giudiziario di Rosanna Palladino ................................................................................... Proposta di estensione temporale dei supplementi di pensione di Italo Giordano ......................................................................................... Comunicato A.I.G.A. Sez. di Brindisi ............................................................ Processi animaleschi a cura di Augusto Conte ..............................................................................

53 62 67 75 77

• CONVEGNI E CONGRESSI La tutela del Consumatore (Brindisi 27-4-02) .............................................. 80 Sicurezza stradale e valori umani e cristiani della vita (Brindisi 4-5-02) .... 82 La Professione Medica oggi: qualità, responsabilità e rischi di Rosanna Saracino .................................................................................... 83 Quale giustizia dalla parte dei cittadini (Brindisi 16-5-02) .......................... 94 Le Riviste giuridico forense della Puglia (Brindisi 8-6-02) .......................... 95 XII Assise del Mediterraneo (Trani 27/29-6-02) ........................................... 97 8^ Conferenza nazionale (Sorrento 26-29 settembre 02) .............................. 99 Comunicato incontro dibattito per la “Riforma del Processo Civile”.......... 101

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• EVENTI La visita del Ministro della Giustizia al Tribunale di Brindisi...................... 102 Intervento del Sindaco di Brindisi Giovanni Antonio ................................... 103 L’indirizzo di saluto del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi Avv. Augusto Conte ........................................................................................ 107 La relazione del Procuratore della Repubblica Dott. Luigi Molendini......... 111 Intervento del Presidente del Tribunale di Brindisi Dott. Vincenzo Fedele .................................................................................... 117 Intervento del Ministro della Giustizia On. Roberto Castelli ....................... 122 • RICORDI Felice Cavallo di Augusto Conte.......................................................................................... 126

Anno II - n. 3 - 2002 • EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Le antenne per telefonia mobile di Antonio Putignano ...................................................................................

7

• DIRITTO E INFORMATICA Al via il nuovo processo telematico di Massimo Renna ....................................................................................... 14 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Il patrocinio per i non abbienti alla prova dei fatti di Carlo Panzuti ........................................................................................... 34 Intervento per la eliminazione dalla Finanziaria 2003 dell'art. 19, comma 2 ... 50 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Remo Danovi Presidente del Consiglio Nazionale Forense .......................... Modifiche al Codice Deontologico Forense .................................................. Delibera sulla disciplina del gratuito patrocinio nel processo civile e amministrativo del 20 settembre 2002........................................................... Osservazioni sulla proposta di nuove tariffe forensi di Francesco Morgese .................................................................................. Proposta di nuove tariffe forensi deliberata dal CNF il 20 settembre 2002 Emilio Nicola Buccico eletto al Consiglio Superiore della Magistratura ....

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• PREVIDENZA FORENSE Cassa, bene comune! di Marcello Colloca...................................................................................... 103

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• NOTE DI STORIA FORENSE Avvocati e Procuratori nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (II parte) .............................................................. 105 Il processo dei Templari celebrato in Brindisi di Teodoro Selicato ..................................................................................... 110 • OPINIONI E DOCUMENTI Il problema dei bambini-soldato nell'attuale panorama del diritto internazionale di Giuseppe Gioffredi ................................................................................. 116 Regolamentazione provvisoria dell'astensione collettiva degli avvocati dall'attività giudiziaria .................................................................................. 127 La sentenza di condanna a morte di Murat a cura di Augusto Conte .............................................................................. 131 Ufficio del Giudice di Pace - San Pietro Vernotico ....................................... 137 Saluti di commiato di Marco Guida ............................................................................................ 139 • CONVEGNI E CONGRESSI 2° Convegno Nazionale di grafologia forense (Mesagne 14/15 settembre 2002) di Silvia Papadia ......................................................................................... 141 La riforma del processo civile (Brindisi 20 settembre 2002) di Stella Comitangelo ed Enrica Bocco ...................................................... 148 8a Conferenza Nazionale della Cassa Forense (Sorrento 26-29 settembre 2002) di Dario Lolli ................................................................................................ 154 IX Congresso Nazionale e Ventennale dell'Unione delle Camere Penali (Sirmione 4-6 ottobre 2002) di Vito Melpignano ...................................................................................... 161 XVIII Congresso AIGA (Palermo 10-13 ottobre 2002) di Cesare Attolini ......................................................................................... 166 Il Consiglio Nazionale Forense e i Consigli dell'Ordine degli Avvocati d'Italia (Roma 23 novembre 2002) ............................................................... 172 IV^ Consulta Associazione Nazionale Stampa Forense (Bologna 29-30 novembre 2002) ................................................................... 175 Congresso Nazionale Forense straordinario (Verona 12-15 dicembre 2002) .... 177 • RICORDI Ennio D'Errico di Carlo Carrieri .......................................................................................... 182

Anno III - n. 1 - 2003

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

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• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Le antenne per telefonia mobile di Antonio Putignano ...................................................................................

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• DIRITTO E INFORMATICA Al via il nuovo processo telematico di Massimo Renna ....................................................................................... 14

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Il patrocinio per i non abbienti alla prova dei fatti di Carlo Panzuti ........................................................................................... 34 Intervento per la eliminazione dalla Finanziaria 2003 dell'art. 19, comma 2 ...... 50

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Remo Danovi Presidente del Consiglio Nazionale Forense .......................... 52 Modifiche al Codice Deontologico Forense .................................................. 57 Delibera sulla disciplina del gratuito patrocinio nel processo civile e amministrativo del 20 settembre 2002 ................................................................... 67 Osserrvazioni sulla proposta di nuove tariffe forensi di Francesco Morgese .................................................................................. 73 Proposta di nuove tariffe forensi deliberata dal CNF il 20 settembre 2002 ....... 89 Emilio Nicola Buccico eletto al Consiglio Superiore della Magistratura ....... 101 • PREVIDENZA FORENSE Cassa, bene comune! di Marcello Colloca...................................................................................... 103

• NOTE DI STORIA FORENSE Avvocati e Procuratori nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (II parte) .............................................................. 105 Il processo dei Templari celebrato in Brindisi di Teodoro Selicato ..................................................................................... 110 • OPINIONI E DOCUMENTI Il problema dei bambini-soldato nell'attuale panorama del diritto internazionale di Giuseppe Gioffredi ................................................................................. 116 Regolamentazione provvisoria dell'astensione collettiva degli avvocati dall'attività giudiziaria ....................................................................................... 127 La sentenza di condanna a morte di Murat a cura di Augusto Conte .............................................................................. 131 Ufficio del Giudice di Pace - San Pietro Vernotico ....................................... 137 Saluti di commiato di Marco Guida ............................................................................................ 139 • CONVEGNI E CONGRESSI 2° Convegno Nazionale di grafologia forense (Mesagne 14/15 set. 2002) di Silvia Papadia .......................................................................................... 141

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La riforma del processo civile (Brindisi 20 settembre 2002) di Stella Comitangelo ed Enrica Bocco ...................................................... 148 8a Conferenza Nazionale della Cassa Forense (Sorrento 26-29 set. 2002) di Dario Lolli ................................................................................................ 154 IX Congresso Nazionale e Ventennale dell'Unione delle Camere Penali (Sirmione 4-6 ottobre 2002) di Vito Melpignano ...................................................................................... 161 XVIII Congresso AIGA (Palermo 10-13 ottobre 2002) di Cesare Attolini ......................................................................................... 166 Il Consiglio Nazionale Forense e i Consigli dell'Ordine degli Avvocati d'Italia (Roma 23 novembre 2002) ...................................................................... 172 IV^ Consulta Associazione Nazionale Stampa Forense (Bologna 29-30 novembre 2002) ................................................................... 175 Congresso Nazionale Forense straordinario (Verona 12-15 dic. 2002) ......... 177 • RICORDI Ennio D'Errico di Carlo Carrieri .......................................................................................... 182

Anno III - n. 1 - 2003

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

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• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Intervento in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte di Appello di Lecce - 18 gennaio 2003 di Antonio De Giorgi .................................................................................. 6 La Giustizia Amministrativa presenta la sua attività di Carlo Panzuti ........................................................................................... 16 Inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale Amministrativo Regionale di Puglia - Sez. di Lecce relazione del Presidente Aldo Ravalli ........................................................ 21 Il nuovo processo societario di Gabriele Stasi ........................................................................................... 34 • DIRITTO E INFORMATICA La risoluzione stragiudiziale delle controversie on-line di Massimo Renna ....................................................................................... 47 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO L'inaugurazione della Scuola di Formazione Professionale Forense Brindisi 31 gennaio 2003 di Stella Comitangelo ed Enrica Bocco ..................................................... 56 Proposta per gli orari di apertura e chiusura degli uffici notifiche .............. 66

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Iniziative per parcheggio auto Avvocati ........................................................ 72 Delibera di adesione del Consiglio dell'Ordine di Brindisi all’Osservatorio Giuridico Internazionale sulla Migrazione ................................................... 75 Delibera sulla difesa di Ufficio del 4-3-2003 ................................................ 80

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione annuale sull'attività del Consiglio Nazionale Forense e sullo stato della Giustizia di Remo Danovi ........................................................................................... 83 • PREVIDENZA FORENSE Il condono previdenziale forense di Dario Lolli ............................................................................................... 108 • NOTE DI STORIA FORENSE Avvocati e Procuratori nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (III parte) ............................................................. 113 • OPINIONI E DOCUMENTI Proposte di riforme ordinamentali a cura di Augusto Conte .............................................................................. 116 • CONVEGNI E CONGRESSI Congresso Nazionale Forense Straordinario (Verona) di Claudio Consales .................................................................................... 149 Assemblea Ordinaria dei Direttori delle testate Forensi aderenti all'A.STA.F. (Roma, 8 febbraio 2003) di Augusto Conte.......................................................................................... 163 Assemblea Ordinaria di Mario Rapanà .......................................................................................... 166 IIa Conferenza Nazionale delle Scuole Forensi (Bari, 14/15 febbraio 2003) di Patrizia Palazzo ....................................................................................... 174 Incontro Cassa Forense - Avvocati (Roma, 1 marzo 2003) di Augusto Conte.......................................................................................... 180 Costituzione del Centro Studi Giuridici "Valesium" (San Pietro Vernotico, 15 marzo 2003) ......................................................... 183 • NARRATIVA FORENSE In nome del popolo italiano di Antonio Caiulo ......................................................................................... 185 • RICORDI Domenico Di Summa di Cosimo Costantino .................................................................................. 191

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Anno III - n. 2 - 2003

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

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• DIRITTO E INFORMATICA eEurope: la società dell'informazione ovvero Internet per tutti di Massimo Renna .......................................................................................

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• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Incontro con la Cassa Forense di Dario Lolli ................................................................................................ Iscrizione elenco speciale annesso all'Albo di professori universitari a tempo pieno ................................................................................................ Sull'iscrizione temporanea nell'Elenco Speciale degli uffici legali di Enti pubblici annesso all'Albo ................................................................... Comunicare in aula di Andrea Zitani ...........................................................................................

15 22 35 42

• NOTE DI STORIA FORENSE Avvocati e Procuratori nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (IV parte) ............................................................. 57 • OPINIONI E DOCUMENTI “Direct” e “Cross examination” a cura di Augusto Conte .............................................................................. Le divise degli Avvocati e dei Procuratori .................................................... L'ingegneria genetica tutela della salute e del consumatore di Antonio Putignano ................................................................................... L'esercizio esclusivo dell'avvocatura come valore da affermare per la concreta attuazione dell'art. 24 della Carta Costituzionale di Claudio Consales ..................................................................................... L'espiazione delle pene fra passato presente e futuro di Augusto Conte..........................................................................................

62 67 69 89 93

• RIFORME ORDINAMENTALI Riforma dell'esame per l'accesso alla professione forense di Antonio Maurino ..................................................................................... 103 Proposte di riforme ordinamentali a cura di Augusto Conte .............................................................................. 109 Commissione Vietti - Bozza di riforma delle professioni intellettuali ........... 111 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Proposta di legge di riforma dell'ordinamento della professione di Avvocato ..... 129 • CONVEGNI E CONGRESSI La riforma organica della giustizia civile

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(Forum Nazionale - Firenze, 8/9/10 maggio 2003) di Leonardo Musa........................................................................................ 158 Conferenza Nazionale Avvocatura Magistratura (Lecce, 30-31 maggio - 01 giugno 2003) di Nadia Albanese, Luisa Anna Durante, Aurora Epifani ....................... 163 Intervento programmato di Augusto Conte.......................................................................................... 168 Documento finale ........................................................................................... 178 La nuova disciplina delle società a responsabilità limitate e delle società cooperative - Profili e problematiche notarili (Marina di Ostuni, 20-28 giu. 2003) di Vincenzo Raiola ....................................................................................... 185 Associazione Nazionale Stampa Forense - V^ Consulta Nazionale (Vibo Valentia 26-27 settembre 2003) ........................................................... 187 XXVII Congresso Nazionale Forense (Palermo 2-5 ottobre 2003) ........................................................................... 190 • RICORDI Antonio Bacca di Dario Lolli ................................................................................................ 192 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Essere Avvocato di Carlo Panzuti ........................................................................................... 194

Anno III - n. 3 - 2003

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Il giusto processo: funzioni del Giudice del Pubblico Ministero e dell'Avvocato di Ettore Randazzo ...................................................................................... 6 La riforma del diritto societario di Roberto Francioso ................................................................................... 11 Le ecomafie (la gestione illecita dei rifiuti) di Pier Paolo Zaccaria ................................................................................. 20 • DIRITTO E INFORMATICA L'art. 10 della L. 29 Luglio 2003 n. 229 di Massimo Renna ....................................................................................... 39 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Relazione morale del Presidente alla assemblea ordinaria del 19/24.1.2004 di Augusto Conte.......................................................................................... 44 Cerimonie ...................................................................................................... 69

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Passato e presente per la continuità nei valori umani e sociali dell'avvocatura di Carlo Panzuti ........................................................................................... 72 Giurisprudenza disciplinare ......................................................................... 85

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Comunicazione della regolamentazione del part-time .................................. 90 Formazione – Scuole forensi – Modello di attuazione .................................. 95

• PREVIDENZA FORENSE Le Casse private vanno escluse dalla riforma della previdenza pubblica di Maurizio De Tilla .................................................................................... 104 • NOTE DI STORIA FORENSE La soluzione delle controversie e l'ordine giudiziario nel Regno di Napoli (Ia Parte) a cura di Augusto Conte .............................................................. 108

• RIFORME E ORDINAMENTI Istituzione delle Scuole per l'abilitazione all'esercizio della professione di Avvocato a cura di Augusto Conte .............................................................................. 113

• CONVEGNI E CONGRESSI Giustizia e telematica di Augusto Conte.......................................................................................... 117 L'Avvocato e la Verità (Brindisi 15-09-03) di Antonio Maurino ..................................................................................... 125 Associazione stampa forense di Aldo Recchia ............................................................................................ 128 XXVII Congresso Nazionale dell'Avvocatura Italiana (Palermo 2/5-10-03) di Claudio Consales ..................................................................................... 133 Unione delle Camere Penali (Chianciano Terme 17/18/19-10-03) di Pasquale Annicchiarico ........................................................................... 138 Il testo delle mozioni approvate (Chianciano Terme 19-10-03) .................... 140 La riforma del diritto societario (Brindisi 30/31-10-03) di Diego Mangia e Caterina Intiglietta ...................................................... 143 Specializzazione ed efficienza delle procedure esecutive individuali e concorsuali (Brindisi 7 e 14-11-03) di Stella Comitangelo ed Enrica Bocco ...................................................... 153 Specializzazione ed efficienza delle procedure esecutive individuali e concorsuali. Ragionevole durata del processo ed efficienza del “sistema giustizia” (Brindisi 7 e 14-11-03) di Dario Lolli ................................................................................................ 178 Commiati: il saluto al Dott. Luigi Molendini ................................................ 192

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Pietro Chimienti, Saggi, Diritto, costituzionale e politica di Carlo Panzuti ........................................................................................... 194

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Pietro Chimienti di Paolo Barbiero ......................................................................................... 195 • RICORDI Angelo Lenzi di Arnaldo Travaglini .................................................................................. 203 • BUON COMPLEANNO "QUADERNI".............................................................. 205

Anno IV - n. 1 - 2004

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Espropriazione per pubblica utilità di Gianfranco Somma ................................................................................. 6 L’Art. 629 C.P. nel rapporto di lavoro subordinato privato di Claudio Consales ..................................................................................... 12 • DIRITTO E INFORMATICA L’E-mail davanti al giudice: è prova scritta? di Massimo Renna ....................................................................................... 15 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Scritti Giuridici dell’Avv. Giuseppe Lucarini Un momento unico per la storia dell’avvocatura brindisina di Carlo Panzuti ........................................................................................... 29 Svolgimento delle udienze penali Novità contabili e miglioramento modalità di riscossione di Teodoro Selicato ...................................................................................... 40 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione annuale sull’attività del Consiglio Nazionale Forense e sullo stato della giustizia ....................................................................................... 43 Parere ............................................................................................................ 79 Approvate dal ministro Castelli le nuove tariffe forensi ................................ 81 • NOTE DI STORIA FORENSE La soluzione delle controversie e l'ordine giudiziario nel Regno di Napoli (IIa Parte) a cura di Augusto Conte ............................................................. 83 • OPINIONI E DOCUMENTI L’Avvocato e la verità di Franco Cipriani ....................................................................................... 87 Unione Camere Penali Italiane di Ettore Randazzo ...................................................................................... 95

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SPECIALE DECENNALE

Lettera aperta ai Magistrati di Alfredo De Marsico ................................................................................. 99 L’indipendenza dell’avvocato a cura di Augusto Conte .............................................................................. 104 La Sicurezza Stradale: un bene comune maggiormente apprezzato dopo il 7 aprile di Maria Grazia De Renzo .......................................................................... 108 • SPECIALE PRIVACY Il codice in materia di protezione dei dati personali Adempimenti degli avvocati a cura di Augusto Conte .............................................................................. 115 Testo unico sulla privacy ............................................................................... 123 Informativa ex Art. 13 T.U. ............................................................................ 127 Garante sulla privacy: Comunicato stampa - 23 Marzo 2004 ...................... 129 Garante sulla privacy: Parere - 22 Marzo 2004 ........................................... 131 Normativa - 30 Giugno 2003 ......................................................................... 137 Bozza di documento programmatico sulla sicurezza (DPS) per gli studi legali 143 Lettera per gli incaricati del trattamento e istruzioni per la sicurezza ......... 153 • CONVEGNI E CONGRESSI Inaugurazione dell’anno giudiziario del T.A.R. di Lecce (24-01-2004) di Aldo Ravalli.............................................................................................. 161 Associazione Nazionale Stampa Forense Assemblea Nazionale (Roma 07-02-2004) di Augusto Conte.......................................................................................... 190 La relazione morale del Presidente (Roma 07-02-2004) .............................. 181 “L’Etica nelle professioni e nelle attività giuridiche ed economiche” (Roma 02/03-04-2004) di Diego Mangia ........................................................................................... 190 Master in diritto societario ............................................................................ 198 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Nicola Quatrano - La verità è un cane di Caterina Intiglietta .................................................................................. 203 • RICORDI Paolo Camassa di Giuliano Lucarini .................................................................................... 206

Anno IV - n. 2 - 2004

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

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SPECIALE DECENNALE

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Le nuove tariffe forensi di Augusto Conte .........................................................................................

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• DIRITTO E INFORMATICA Utilizzo del web ed illecito Aquiliano di Massimo Renna ....................................................................................... 9 Internet e contratti telematici di Paolo Romano .......................................................................................... 15 Rilevanza giuridica del documento informatico di Gianluigi Lazari ...................................................................................... 26 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Delibera del 22.06.2004 in materia di tariffa penale .................................... Delibera del 19.09.2001 ................................................................................ Ancora intorno al patrocinio per i non abbienti di Carlo Panzuti .......................................................................................... Modulistica aggiornata della domanda di ammissione al patrocinio per i non abbienti .................................................................................................. Progettazione nuova sede del Giudice di Pace ............................................. Parcheggio in abbonamento Avvocati .......................................................... Condizioni generali di abbonamento ...........................................................

40 45 52 55 61 70 73

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Rinnovato il Consiglio Nazionale Forense Guido Alpa eletto Presidente di Augusto Conte ......................................................................................... 77 Componenti del CNF - triennio 2004-2007................................................... 82 • PREVIDENZA FORENSE Cassa Forense: prossime le consultazioni elettorali di Dario Lolli ................................................................................................ 86 • OPINIONI E DOCUMENTI Troppi Avvocati!? di Augusto Conte.......................................................................................... 87 Numero degli Avvocati iscritti all'Albo.......................................................... 92 Troppi Avvocati! di Guido Alpa ............................................................................................... 96 Troppi Avvocati? di Franco Cipriani ....................................................................................... 99 Il Processo penale oggi: esigenze di giustizia e rapporti con il mondo politico di Ettore Randazzo ...................................................................................... 108 Privacy e Studi legali: adempimenti alla luce del nuovo codice di Andrea Lisi e Maurizio De Giorgi ......................................................... 113

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SPECIALE DECENNALE

• SPECIALE PRIVACY (Ad integrazione dello Speciale del precedente numero) .............................. 121 • NOTE DI STORIA FORENSE La soluzione delle controversie e l'ordine giudiziario nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (III parte) ............................................................. 169 • CONVEGNI E CONGRESSI “Sicurezza e deontologia nello studio legale on-line” Rilevanza giuridica del documento elettronico (Biblioteca del Consiglio dell'Ordine - Brindisi, 28/29 maggio 2004) di Carlo Legrottaglie ................................................................................... 174 Corte Costituzionale e processi di decisione politica (Otranto, 4-5 giugno 2004) di Beppe Campanelli ................................................................................... 181 3a Conferenza Nazionale Scuole Forensi (Taormina, 2-3 luglio 2004) di Antonio Maurino ..................................................................................... 184 3a Conferenza Nazionale Scuole Forensi - Mozione ..................................... 190 Associazione Nazionale Stampa Forense - VI^ Consulta Nazionale (Torino 22-23 ottobre 2004) di Augusto Conte ......................................................................................... 192 • DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 193 • BIBLIOTECA DELL'ORDINE Giovanni Pesce, Poteri istruttori e mezzi di prova nel processo amministrativo di Riccardo Ursi ........................................................................................... 197 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Dante Troisi - Diario di un giudice di Carlo Panzuti ........................................................................................... 204 • RICORDI Giovanni Sgura di Nicola Santoro ......................................................................................... 207

Anno IV - n. 3 - 2004

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE La giurisdizione esclusiva del Giudice… di Gianfranco Somma ................................................................................

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• DIRITTO E INFORMATICA La firma digitale e i problemi connessi… di Massimo Renna ....................................................................................... 19

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SPECIALE DECENNALE

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Unione degli Ordini Forensi di Puglia .......................................................... 29 Cerimonia della consegna dei tesserini ai praticanti Avvocati… ................. 30 Solenne liturgia per gli Avvocati defunti ...................................................... 32

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Convegno Nazionale degli Ordini Forensi nel CXXX anniversario della istituzione di Tommaso di Gioia .................................................................................... Saluti del Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Bari di Giovanni D'Innella ................................................................................. Relazione introduttiva di Guido Alpa ............................................................................................... La specialità della professione forense nel quadro dei valori costituzionali di Aldo Loiodice .......................................................................................... Per una concezione unitaria della professione forense… di Francesco Morgese ..................................................................................

33 38 40 60 76

• OPINIONI E DOCUMENTI Costituzione europea e garanzie fondamentali di Ettore Randazzo ...................................................................................... 90 Sulla esecutività delle sentenze di condanna alle spese di Michela Lonoce........................................................................................ 98 • NOTE DI STORIA FORENSE La "pratica criminale" nel ‘700 nel Regno di Napoli (Prima parte) a cura di Augusto Conte ............................................................................. 103 Le Leggi della procedura nei giudizi civili del Regno delle Due Sicilie di Franco Cipriani ....................................................................................... 109 • CONVEGNI E CONGRESSI Conferimento della medaglia d'oro del centenario di Giuseppe Chiarelli a Virgilio Rognoni (Martina Franca, 16 marzo 2004) di Enrico Greco ............................................................................................ 161 X Congresso Ordinario della Unione delle Camere Penali (Bari, 8-9-10 ottobre 2004) di Marcello Falcone ..................................................................................... 165 Avvocati d'Europa (Foggia, 13-16 ottobre 2004) di Antonio Maurino ..................................................................................... 174 Associazione Stampa Forense VI^ Consulta Nazionale (Torino 22-23 ottobre 2004) ......................................................................... 176 Relazione introduttiva di Mario Rapanà .......................................................................................... 179 La verità nasce dal confronto di Guido Scoponi.......................................................................................... 183

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SPECIALE DECENNALE

L'inaugurazione dell'Anno Giudiziario nelle sedi di Corte di Appello e il significato della partecipazione della avvocatura di Augusto Conte.......................................................................................... 186 La partecipazione dell'Avvocatura all'inaugurazione dell'Anno Giudiziario di Remo Danovi............................................................................................ 192 Avvocati Giornalisti Cittadini Uditori e Protagonisti di Beppe Fossati ........................................................................................... 213 Anno Giudiziario, voce agli avvocati di Mario Rapanà .......................................................................................... 218 Il federalismo fiscale nel contesto della riforma costituzionale (artt. 114, 117 e 119 Cost.) e nella tutela dei diritti del contribuente (Brindisi, 23-24 novembre 2004)................................................................... 221

• DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 223 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Giuseppe Antelmy - "Sorgenti della vera gloria, e del potere del Governo relative alla felicità de’ popoli" di Augusto Conte.......................................................................................... 226 Intorno a "Testimone inconsapevole" di Alma Passante .......................................................................................... 241

• RICORDI Carlo De Carlo di Francesco Morgese .................................................................................. 245

Anno V - n. 1 - 2005

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

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• CERIMONIA DI INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2005 Lecce, 15 gennaio 2005 di Antonio De Giorgi ...................................................................................

6

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE La Giustizia Amministrativa modello di efficienza! di Carlo Panzuti ........................................................................................... 17 Inaugurazione dell'Anno Giudiziario - 29 gennaio 2005 relazione di Aldo Ravalli ............................................................................. 22 Giurisdizione che vai, processo che trovi (a proposito della tutela cautelare in materia di pubblico impiego) di Michele Salazar ....................................................................................... 42 Sanità Pubblica - Medici di Base: sulla prorogabilità biennale del rapporto in convenzione con le A.S.L. oltre il 70° anno di età

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di Giuseppe Lucarini .................................................................................. 68 Prime osservazioni di carattere generale sulla Legge n. 15/2005 di Gianfranco Somma ................................................................................. 78 • DIRITTO E INFORMATICA L'E-Consumer e Internet di Massimo Renna ....................................................................................... 92 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Ordine degli Avvocati Brindisi ...................................................................... 97 Unione Reg.le Ordini Forensi di Puglia Verbale dell'ordinanza dell'11.04.2005 ......................................................... 101 Consiglio Ordine Avvocati di Brindisi ........................................................... 106 VII Consulta dell'Associazione Nazionale Stampa Forense ......................... 108 • COMMIATI La Dottoressa Fausta Palazzo saluta il Tribunale di Brindisi di Stella Comitangelo ed Enrica Bocco ...................................................... 109 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione per la seduta inaugurale di Guido Alpa ............................................................................................... 113 • PREVIDENZA FORENSE Elezioni Delegato alla Cassa ........................................................................ 139 • OPINIONI E DOCUMENTI La sentenza di condanna a morte di Cesare Battisti e Fabio Filzi a cura di Augusto Conte .............................................................................. 140 Associazione Nazionale Magistrati - Lettera aperta alla Avvocatura .......... 147 Unione delle Camere Penali Italiane - All'Associazione Nazionale Magistrati.... 149 Riflessioni di un giudice di Giuseppe Francavilla .............................................................................. 153 • NOTE DI STORIA FORENSE La "pratica criminale" nel '700 nel Regno di Napoli (seconda parte) a cura di Augusto Conte ............................................................................. 155 • CONVEGNI E CONGRESSI Società, persona e diritto (Ceglie Messapica, Teatro Comunale, 8 aprile 2005).. 161 Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza a Giovanni Paolo II (Città del Vaticano, 17 maggio 2003)............................................................ 169 La finanziaria 2005 e la riforma tributaria (Brindisi, 15-16 aprile 2005) ... 173 IV^ Conferenza Nazionale dell'Avvocatura (Napoli, 15-17 aprile 2005) ..... 174 • DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 177

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SPECIALE DECENNALE

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Giuseppe Guido Loschiavo,"Condotta di Paese" di Augusto Conte.......................................................................................... 183 Michele Salazar, “Il Barbiere delle Due Sicilie” di Rosadele Genovese .................................................................................. 186 • RICORDI Giuseppe Greco di Lorenzo Durano....................................................................................... 190

Anno V - n. 2 - 2005

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

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• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Il conflitto coniugale tra mediazione ed intervento giudiziale di Luciano Guaglione .................................................................................. 8 La riforma del giudizio di Cassazione come nuova edizione della Costituzione di Teodosio II di Claudio Consales ..................................................................................... 21 Tutela avverso il silenzio-rifiuto e nuove frontiere nella sindacabilità giurisdizionale della fondatezza della pretesa sostanziale del privato di Giuseppe Lucarini ................................................................................... 25 • DIRITTO E INFORMATICA La lanterna magica di Massimo Renna ....................................................................................... 45 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Presentazione della Fondazione dell'Avvocatura della Provincia di Brindisi .. Comunicazione agli iscritti ........................................................................... Disponibilità buste per le notifiche................................................................ Parcheggio uffici giudiziari ...........................................................................

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• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE La Commissione di Studio per le Pari Opportunità di M. Stella Comitangelo ............................................................................. 57 • PREVIDENZA FORENSE Effetti e problematiche della prescrizione dei contributi previdenziali di Dario Lolli ................................................................................................ 64 • OPINIONI E DOCUMENTI Come formare il giurista di Alarico Mariani Marini .......................................................................... 71

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SPECIALE DECENNALE

Lo Statuto della Camera Penale di Brindisi di Antonio Maurino ..................................................................................... 79 La preghiera del giudice di Niccolò Tommaseo ................................................................................... 90 Schema di Decreto Legislativo su antiriciclaggio ......................................... 91 Proposte di emendamenti allo schema di decreto legislativo antiriciclaggio .. 102 Il possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli di Pier Paolo Zaccaria ................................................................................. 111

• NOTE DI STORIA FORENSE La "Pratica criminale" nel '700 nel Regno di Napoli (terza parte) a cura di Augusto Conte ............................................................................. 125 Nota storica sui Fori: Bari ............................................................................ 132

• CONVEGNI E CONGRESSI “La normativa antiriciclaggio e le novità per i professionisti” (Ostuni, 13 maggio 2005) di Alessandra Lapadula .............................................................................. 137 “La riforma del processo civile nella legge 14.05.2005, n. 80” (Brindisi, 1 luglio 2005) di Teodoro Selicato ...................................................................................... 144 VII Consulta A.STA.F. (Brindisi, 30 settembre - 1 ottobre 2005) di Mario Rapanà .......................................................................................... 150 XXVIII° Congresso Nazionale Forense (Milano, 10-13 novembre 2005 / Roma, 8-11 giugno 2006) ......................... 154 I Congressi nella storia dell'avvocatura: il I° Consiglio Nazionale del Sindacato Fascista Avvocati e Procuratori (Roma, 24-27 maggio 1932) .... 156 • DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO ........................................................................ 157 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Francesco De Sanctis, “La Giovinezza” di Augusto Conte.......................................................................................... 161

• RICORDI Antonio Urso di Augusto Conte.......................................................................................... 167

Anno V - n. 3 - 2005

• EDITORIALE di Augusto Conte.......................................................................................... • ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Biennio di pratica forense di Ottavio Carparelli ...................................................................................

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SPECIALE DECENNALE

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Relazione morale del Presidente alla Assemblea ordinaria del 23/28.1.2006 di Augusto Conte.......................................................................................... Nota diffusa in occasione della Giornata europea della Giustizia Civile (Brindisi, 4-11-2005) di Augusto Conte.......................................................................................... Relazione sulla successione di tariffe forensi di Marcello Falcone ..................................................................................... Commiato di Luciano Guastella di Augusto Conte.......................................................................................... Solenne Liturgia per gli avvocati defunti ...................................................... Il Rinnovamento della Tradizione intorno alla cerimonia sulla "Toga d'Oro" e "Toga d'Onore" di Carlo Panzuti ...........................................................................................

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• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Parere sull'esonero dall'ascrizione biennale nel registro dei praticanti per gli iscritti ...................................................................................................... 61 Note sulla Relazione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 18 novembre 2005 di Guido Alpa ............................................................................................... 66 • OPINIONI E DOCUMENTI La sentenza di condanna a morte del Brigante Cotturelli Giuseppe a cura di Augusto Conte .............................................................................. 79 Disposizione concernente la non applicabilità alla professione di avvocato a cura dell'onorevole Gazzarra .................................................................. 87 • NOTE DI STORIA FORENSE La "Pratica criminale" nel '700 nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte .............................................................................. 90 • CONVEGNI E CONGRESSI Associazione Nazionale Stampa Forense VII Consulta Medioevo o Rinascimento nelle professioni. Accesso e… numero chiuso: ipocrisia o realismo? (Brindisi, 30 settembre - 1 ottobre 2005) ................... 96 Relazione introduttiva di Augusto Conte.......................................................................................... 99 Relazione di Gino Falleri .............................................................................................. 121 Mozione finale ............................................................................................... 133 XXVIII Congresso Nazionale dell'Avvocatura Italiana Amministrare la Giustizia: gli Avvocati per governare il cambiamento (Milano, 10-13 novembre 2005) di Claudio Consales ..................................................................................... 135

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SPECIALE DECENNALE

Documento politico ...................................................................................... 141 XXVIII Congresso Nazionale dell'Avvocatura Italiana di Guido Alpa ............................................................................................... 143 I Congressi nella storia dell'Avvocatura. Principi di un nuovo ordinamento professionale. Accesso alla professione (Cagliari 1973) di Pietro Lecciso ........................................................................................... 176 Intervento sull'accesso di Lucio Caprioli .......................................................................................... 192 • DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'è su un togato ........................................................................... 196 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE Guglielmo Sabatini, "Delitti, delinquenti e pene nella Divina Commedia" di Augusto Conte.......................................................................................... Michele Salazar, "L'avvocato di carta" di Guido Alpa ............................................................................................... Umberto Vincenti - Alarico Mariani Marini - Francesco Cavalla, "Ragionare in giudizio. Gli argomenti dell'avvocato" di Leonardo Carbone .................................................................................. Ettore Randazzo, "Deontologia e tecnica del penalista" di Remo Danovi............................................................................................ Mauro Mellini, "La fabbrica degli errori" di Letizia Salerno .........................................................................................

202 224 227 232 234

• RICORDI Leonida Stefanelli di Ennio Masiello ......................................................................................... 236

Anno VI - n. 1 - 2006

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE L'equa riparazione nella giurisprudenza della Corte di Appello di Potenza di Giuseppe Lucarini .................................................................................. 7 La riformetta della procedura civile: più ombre che luci di Claudio Consales ..................................................................................... 13 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Corso di aggiornamento sulla Riforma del Processo Civile a cura di Teodoro Selicato ........................................................................... 17 Organizzazione dello studio legale e adempimenti operativi richiesti dal codice della privacy (Brindisi, 27 marzo 2006) ............................................ 22

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Quaderni


SPECIALE DECENNALE

Incontro di aggiornamento sul Processo Penale - La Legge “Pecorella” Brindisi 21 aprile 2006 a cura di Antonio Maurino ......................................................................... 23 L'Unione degli Ordini Forensi di Puglia ...................................................... 25 Elenco avvocati disponibili per le operazioni di vendita .............................. 27 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione sull'attività per la seduta inaugurale - Roma, 22 febbraio 2006 di Guido Alpa ............................................................................................... 28 Commissione per le Tariffe Forensi di Giovanni Vaccaro ................................................................................... 75 • PREVIDENZA FORENSE Riforma parametrica della Previdenza Forense .......................................... 82 • OPINIONI E DOCUMENTI Le modifiche al Codice Deontologico Forense - Breve guida alle modifiche di Augusto Conte.......................................................................................... 83 IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE ................................................................ 89 L'avvocato, la Libertà e la Giustizia di Ettore Randazzo ...................................................................................... 119 La sentenza di condanna dell'Avv. Ezio Riboldi di Augusto Conte.......................................................................................... 128 Al di là di ogni ragionevole dubbio... di Carlo Panzuti ........................................................................................... 134 Costituita a Brindisi la sezione U.D.A.I. di Leonardo De Guido ................................................................................. 137 Brevi considerazioni sulla potestà regolamentare delle province e dei comuni nella gestione dei tributi locali di Vito Nigro ................................................................................................. 141 • NOTE DI STORIA FORENSE La "Pratica Criminale" nel '700 nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (V parte) .............................................................. 146 • CONVEGNI E CONGRESSI La violenza familiare: quali strategie di prevenzione? (Palazzo della Provincia - Brindisi, 27 gennaio 2006) di Marilì Convertini .................................................................................... 153 Associazione Nazionale Stampa Forense - Assemblea Ordinaria (Roma, 4 marzo 2006) ................................................................................... 159 Associazione Nazionale Stampa Forense - Relazione morale biennio 2004-2005 di Mario Rapanà .......................................................................................... 161 I Congressi nella storia dell'Avvocatura - Annunzio del primo Congresso Giuridico Italiano 1871 ................................................................................. 169

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SPECIALE DECENNALE

• DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 184 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE GUIDO ALPA - L'avvocato: i nuovi volti della professione forense nell'età della globalizzazione di Augusto Conte.......................................................................................... 187 DONATO PALAZZO - Mestiere di Giudice ........................................................... 189 ALARICO MARIANI MARINI (a cura di), Processo e verità di Giuliano Berti Arnoaldi Veli ................................................................... 192 • RICORDI Mosè Carparelli di Orazio Ferrara ........................................................................................ 199

Anno VI - n. 2 - 2006

• EDITORIALE di Augusto Conte..........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Decreto Bersani - Schiaffo all'avvocatura di Claudio Consales .....................................................................................

9

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Incontro con il sottosegretario della Giustizia Sen. Alberto Maritati ........... Convocazione dell'Assemblea Straordinaria .................................................... Assemblea Straordinaria .............................................................................. Deliberato della Assemblea Straordinaria del 7 luglio 2006 ........................ Adunanza del 10 luglio 2006 ......................................................................... Assemblea Straordinaria del 18 luglio 2006 ................................................. Adunanza del 25 luglio 2006 ......................................................................... Comunicato Stampa....................................................................................... Il Regolamento del procedimento disciplinare ..................................................

13 17 20 23 25 29 32 35 37

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Comunicato Stampa....................................................................................... Appello dell'Avvocatura al Capo dello Stato................................................. Deliberato della Assemblea Generale degli Ordini Forensi ......................... Osservazioni sulla interpretazione e applicazione del D.L. 4.7. 2006, n. 223 .......

46 48 50 52

• CASSA NAZ.LE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE Ai Signori Presidenti dei Consigli degli Ordini Forensi... ............................ 65 • ORGANISMO UNITARIO DELL'AVVOCATURA ITALIANA Proclamazione di astensione dalle udienze civili, penali, amministrative e tributarie ........................................................................................................ 67

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Quaderni


SPECIALE DECENNALE

• UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE La Giunta dell'Unione delle Camere Penali ................................................. 70 • OPINIONI E DOCUMENTI Estratti della discussione in Camera e Senato sulla conversione del D.L. 4.7.2006, n. 223... ............................................................................ Piero Calamandrei a mezzo secolo dalla scomparsa di Augusto Conte.......................................................................................... La mediazione familiare ................................................................................ Proposte di modifiche ordinamentali ............................................................. I furbetti... del fisco! di Carlo Panzuti ...........................................................................................

74 89 94 104 137

• CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE Sulla riforma del sistema previdenziale forense di Dario Lolli ................................................................................................ 143 • NOTE DI STORIA FORENSE La "Pratica Criminale" nel '700 nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (VI parte) ............................................................. 152 • CONVEGNI E CONGRESSI XXVIII Congresso Nazionale Forense (Roma, 21-24 settembre 2006) ......... 160 La riforma delle esecuzioni mobiliari: novità e problematiche (Brindisi, 9 giugno 2006) di Giuliana Corbascio.................................................................................. 161 • I CONGRESSI NELLA STORIA DELL'AVVOCATURA Terzo Congresso Nazionale Forense (Napoli, 18-24 maggio 1913) a cura di Carlo Panzuti ............................................................................... 166 II° Congresso Nazionale della Stampa Forense (Bari, 6-7-8 dicembre 1969) a cura di Augusto Conte ............................................................................. 235

• DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 239 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE ANTONIO CAIULO - Il respiro del cervo di Alma Passante .......................................................................................... GIUSEPPE GIOFFREDI - La condizione internazionale del minore nei conflitti armati di Carlo Panzuti ........................................................................................... VALENTINO LENOCI - La divisione di Claudio Consales ..................................................................................... AA.VV. - Il Giusto Processo Civile di Augusto Conte.......................................................................................... AA.VV. - Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi di Leonardo Carbone ..................................................................................

Quaderni

245 249 251 254 256

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SPECIALE DECENNALE

• RICORDI Pietro Allegretti di Lionello Maci ........................................................................................... 262

Anno VI - n. 3 - 2006

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Nota sulle ragioni della protesta della Avvocatura nazionale ...................... Consiglio Ordini Avvocati di Brindisi ............................................................... Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Brindisi ....................................... Disegno di Legge ...........................................................................................

30 35 38 42

• EVENTI La tempestività ovvero intorno alla inaugurazione dell'anno giudiziario 2007 presso il T.A.R. per la Puglia di Lecce di Carlo Panzuti ........................................................................................... 6 Inaugurazione dell'Anno Giudiziario 13 gennaio 2007 di Aldo Ravalli.............................................................................................. 1 0

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione sulle modifiche apportate al Codice Deontologico Forense ........ 57 • IL CODICE DEONTOLOGICO FORENSE ............................................................... 65

• OPINIONI E DOCUMENTI Incontro con l'On. Giovanni Kessler a cura di Giuliana Corbascio ...................................................................... 97 La sentenza di rinvio a giudizio di Gaetano Bresci a cura di Augusto Conte .............................................................................. 101 • NOTE DI STORIA FORENSE La "Pratica Criminale" nel '700 nel Regno di Napoli a cura di Augusto Conte (VII parte)............................................................ 108 • CONVEGNI E CONGRESSI XXVIII Congresso Nazionale Forense (Roma, 21-24 ottobre 2006) ............. 115 Gli avvocati lottano per il loro futuro e per una giustizia più efficiente di Claudio Consales ..................................................................................... 117 Relazione di apertura della II sessione di Guido Alpa ............................................................................................... 121 Organismo unitario avvocatura italiana - Relazione di Michelina Grillo ...................................................................................... 155 Società e Associazioni Professionali di Francesco Morgese .................................................................................. 166

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Quaderni


SPECIALE DECENNALE

Raccomandazione .......................................................................................... 187 Mozione Politica ............................................................................................ 188 Mozione sui principi per la riforma delle professioni e dell'ordinamento professionale forense ..................................................................................... 192 Unione Camere Penali Italiane - XI Congresso Ordinario (Ancona 6 - 7 - 8 ottobre 2006) ..................................................................... 207 Giunta dell'Unione ....................................................................................... 211 Consiglio delle Camere Penali ..................................................................... 211 Organismo di controllo ................................................................................. 212 Associazione Nazionale Stampa Forense - VIII Consulta Nazionale (Catania 13-14 ottobre 2006) ....................................................................... 213

• DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 215

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE ETTORE RANDAZZO - La Giustizia nonostante di Ettore Randazzo ...................................................................................... 220 MARIO PAVONE - Le nuove competenze del Giudice di Pace di Jaqueline Monica Magi........................................................................... 222 VINCENZO RAIOLA - LUIGI SALOMONE - Dividere l'Eredità di Augusto Conte.......................................................................................... 224 MICHELE LEONI - Giudice per nessuno di Augusto Conte.......................................................................................... 225 GIANRICO CAROFIGLIO - Ragionevoli dubbi di Alma Passante .......................................................................................... 228 COMMISSIONI TRIBUTARIE DELLA PUGLIA - Massimario di Teodoro Selicato ...................................................................................... 232 VINCENZIO MORENO - Galateo degli avvocati di Carlo Panzuti ........................................................................................... 234

• RICORDI Arnaldo Stefanelli di Francesco Morgese .................................................................................. 238

Anno VII - n. 1 - 2007

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Processo Civile: riforma in arrivo di Claudio Consales .....................................................................................

6

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Adunanza "Itinerante" del 20.2.2007 in Francavilla Fontana

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SPECIALE DECENNALE

Assemblea straordinaria del 9.3.2007 .......................................................... Consiglio Ordine Avvocati presso il Tribunale di Brindisi ............................... Corso di aggiornamento professionale per difensore di ufficio .................... Corso di formazione e aggiornamento della Scuola Forense ....................... Testo integrale della "intervista" rilasciata dal Presidente dell'Ordine a "Demo" ....................................................................................................... Giurisprudenza disciplinare del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Brindisi ..........................................................................................................

12 15 18 21 26 31

• INAUGURAZIONE DELL'ANNO GIUDIZIARIO CORTE DI APPELLO DI LECCE 27 GENNAIO 2007 di Umberto Pagano ...................................................................................... 41 Unione degli Ordini degli Avvocati di Puglia Comunicato in occasione della inaugurazione dell'Anno Giudiziario .................................................... 65 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione sull'attività del Consiglio Naz. For. volta nell'anno 2006 di Guido Alpa ............................................................................................... 68 Delibera del Consiglio Nazionale Forense di approvazione del regolamento per la formazione ........................................................................................... 119 Relazione sul regolamento per la formazione continua della professione di avvocato..................................................................................................... 127 • CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE Rinnovo delle cariche sociali ........................................................................ 135 • INSERTO COMMEMORATIVO DELL'AVVOCATO FULVIO CROCE NEL TRENTENNALE DELLA UCCISIONE NELL'ADEMPIMENTO DEL SUO DOVERE DI PRESIDENTE DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI TORINO .................................... 137 • OPINIONI E DOCUMENTI Il grande avvocato Antonio Caiulo - Viaggi nei suoi scritti a cura di Carlo Panzuti ............................................................................... 153 Note difensive per il Rag. Piccolo contro la Signora Gigante di Antonio Caiulo ......................................................................................... 156 Ancora su Pietro Chimienti di Carlo Panzuti ........................................................................................... 172 Pietro Chimienti, Senatore del Regno - La mozione Turati e la decadenza dall'ufficio dei deputati secessionisti ............................................................ 175 Il procacciamento della clientela e il divieto di accaparrramento nelle regole deontologiche e nella giurisprudenza disciplinare di Augusto Conte.......................................................................................... 189

• NOTE DI STORIA FORENSE Il Codice di procedura civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (I parte) ................................................................ 208

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SPECIALE DECENNALE

• CONVEGNI E CONGRESSI Giudice e Pubblico Ministero - Una proposta di revisione costituzionale per la separazione delle carriere (Milano, 20 gennaio 2007) di Michele Conte e M. Concetta Milani ..................................................... 213 • I CONGRESSI NELLA STORIA DELL'AVVOCATURA XV Congresso Nazionale Giuridico-Forense (Lecce, 29.09 - 04.10.1979) prolusione di Aldo Casalinuovo .................................................................. 218 • DIRITTO & ROVESCIO NELLA PROFESSIONE FORENSE a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 253 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE DOMENICO CARPONI SCHITTAR - Il processo come arte di Antonio Franchini ................................................................................... 259 MICHELE LEONI - Il tempo degli innocenti di Augusto Conte.......................................................................................... 265 SANTE CONVERTINI - La bimba di tutti di Augusto Conte.......................................................................................... 269 • RICORDI Lorenzo Lucisani di Giancarlo Camassa ................................................................................. 271

Anno VII - n. 2 - 2007

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Translatio Iudicii: utile intervento della Corte Costituzionale di Claudio Consales ..................................................................................... 7 L'assegnazione della casa coniugale nei procedimenti di separazione e di divorzio di Augusto Conte.......................................................................................... 14 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Adunanza dell'8.5.2007 - Assemblea straordinaria dell'1.6.2007 ................ Proposta di protocollo per lo svolgimento delle udienze per la trattazione delle cause di lavoro e di previdenza ............................................................... Proposta di protocollo per lo svolgimento delle udienze civili ..................... Proposta di protocollo per la gestione delle udienze dibattimentali ............. Regolamento della Biblioteca "Avv. Carlo Monticelli" dell'Ordine degli Avvocati di Brindisi ........................................................................................... Lettera di saluto dell'Avv. Giancarlo Camassa .............................................

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28 29 35 38 41 45

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SPECIALE DECENNALE

• INSERTO “La tutela del diritto al risarcimento danni da circolazione di veicoli a motore e natanti alla luce delle riforme introdotte con d. lgs. n. 209/2005 e con la L. n. 102/2006" ............................................................................................. 49 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Guido Alpa riconfermato Presidente del Consiglio Nazionale Forense ....... 91 Formazione continua - Regolamento approvato il 13 luglio 2007 ............... 98 • PROPOSTE DI RIFORME NORMATIVE Aumento della competenza per valore del giudice di pace ........................... 111 • OPINIONI E DOCUMENTI Riflessioni sull'evoluzione della disciplina dell'immigrazione di Giuseppe Gioffredi .................................................................................. 118 Il momento di perfezionamento della notifica di Giuliana Corbascio.................................................................................. 139 Breve relazione sulle problematiche relative all'accaparramento di clientela per i solicitors in Inghilterra e nel Galles di Nello Pasquini .......................................................................................... 145 Incubo di un pomeriggio di mezza estate di C'è su un togato ...................................................................................... 151

• NOTE DI STORIA FORENSE Il Codice di procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (II parte) .............................................................. 155 La Carta de Logu e il giudicato di Arborèa a cura di Augusto Conte ............................................................................. 162 • I CONGRESSI NELLA STORIA DELL'AVVOCATURA................................................. 173 • DIRITTO & ROVESCIO NELLA PROFESSIONE FORENSE a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 288 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE NICOLA TRIGGIANI - Le investigazioni difensive di Augusto Conte.......................................................................................... 295 VINCENZO RAIOLA - LUIGI SALOMONE Dal preliminare alla compravendita immobiliare di Augusto Conte.......................................................................................... 297 ANTONIO CIRILLO - VINCENZO LABANCA - Processo a Garibaldi di Augusto Conte.......................................................................................... 298 MICHELE LEONI - Storie d'amore e di disordine di Alma Passante .......................................................................................... 300 • APPUNTI DI LETTURA a cura di Carlo Panzuti

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Quaderni


SPECIALE DECENNALE

LEO CASTELLI - Dizionario delle Parole Antiche ............................................. OLYMPE DE GOUGES - Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina ...... UMBERTO APICE - Processo a Pasolini - La rapina del circeo ........................ SALVATORE MARIA SERGIO - Elogio dell'Avvocato.............................................. JOHN MORTIMER - Nuovi casi per l'avvocato Rumpole ....................................

305 308 314 318 320

• RICORDI Angelo Quitadamo di Roberta de Castro .................................................................................. 322

Anno VII - n. 3 - 2007

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Compensi professionali nella difesa penale: osservazioni e soluzioni di Marcello Falcone ..................................................................................... 5 La pendenza della lite nel ricorso del decreto ingiuntivo di Claudio Consales ..................................................................................... 10 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Corso per difensori d'ufficio - Biblioteca dell'Ordine degli Avvocati Brindisi 23.11.2007 di Rosario Almiento ..................................................................................... Assemblea straordinaria 26.11.2007 ................................................................. Consiglio Ordine Avvocati - Verbale di adunanza n. 27/2007 ...................... Piano dell'offerta formativa per l'anno 2008 e crediti formativi .................. Relazione morale del Presidente alla Assemblea ordinaria del 26.1.2008 ... Il Fascino dell'Oro e dell'Onore - La cerimonia delle Toghe di Carlo Panzuti ...........................................................................................

15 20 23 28 40 69

• PROPOSTE DI RIFORME NORMATIVE Principi fondamentali delle professioni intellettuali - Proposta testo base dei relatori on. Pierluigi Mantini, on. Giuseppe Chicchi ................................... 87

• OPINIONI E DOCUMENTI Commissione di Garanzia dell'Attuazione della Legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ............................................................................. 125 Agenzia Entrate - Promozione servizi telematici .......................................... 135 Il Garante del contribuente di Domenico Ciavarella .............................................................................. 142 • CONVEGNI E CONGRESSI Va Conferenza Nazionale dell'Avvocatura IIa Conferenza Nazionale della Giustizia (Roma, 11-13 ottobre 2007) di Antonio Giorgino .................................................................................... 157

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SPECIALE DECENNALE

• NOTE DI STORIA FORENSE Il Codice di procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (III parte) ............................................................. 163 La repressione del brigantaggio - Contenuti processuali, storici e giuridici della Legge "Pica" di Augusto Conte ......................................................................................... 172 • I CONGRESSI NELLA STORIA DELL'AVVOCATURA Atti del V Congresso Nazionale giuridico-forense - Palermo 1903 a cura di Carlo Panzuti (II parte) ................................................................ 209 • DIRITTO & ROVESCIO a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 230 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE CARLO GOLDONI - Memorie di Augusto Conte.......................................................................................... 235 FRANCIS RUSSEL - La tragedia di Sacco e Vanzetti di Augusto Conte.......................................................................................... 241 APPUNTI DI LETTURA di Carlo Panzuti FULVIO GIANARIA E ALBERTO MITTONE - L'Avvocato necessario ......................... 244 EVA CANTARELLA - Il ritorno della vendetta. Pena di morte: giustizia o assassinio? ................................................................................... 246 PATRIZIA GUARNIERI - L'ammazza-bambini. Legge e scienza in un processo di fine Ottocento ............................................................................................ 247 • RICORDI Vincenzo Trevisi di Tommaso Conte ....................................................................................... 250 Pietro Semeraro di Antonio Salamanna ................................................................................. 253 Angelo Raffaele Orofalo di Monica Coniglio ...................................................................................... 256

Anno VIII - n. 1 - 2008

• EDITORIALE di Augusto Conte ......................................................................................... • ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Il punto sul danno da fatto illecito di Claudio Consales .....................................................................................

3 5

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Unione Regionale degli Ordini Forensi di Puglia ........................................ 11 Incontri per la formazione continua - Piano semestrale offerta formativa...... 14

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SPECIALE DECENNALE

Formazione continua ..................................................................................... 16 Sportello dei diritti del cittadino .................................................................. 19 • CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Prime valutazioni interpretative e disamina degli obblighi gravanti su ordini forensi ed avvocati ......................................................................... 21 Relazione sull'attività del Consiglio Nazionale Forense svolta nell'anno 2007 Roma, 12 marzo 2008 di Guido Alpa ............................................................................................... 34 • FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA Regolamento approvato il 13 luglio 2007 ..................................................... 83 Relazione sul regolamento per la formazione continua della professione di Avvocato del Consiglio Nazionale Forense ................................................... 96 Piano dell'offferta formativa per l'anno 2008 e crediti formativi ..................... 105 Casi, dubbi, interpretazioni - Delibera del 25.3.2008 del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Brindisi....................................................................... 118

• EVENTI Relazione sull'Amministrazione della Giustizia nel Distretto di Corte di Appello di Lecce- 26 gennaio 2008 di Umberto Pagano ...................................................................................... 129 Inaugurazione dell'Anno Giudiziario 18 febbraio 2008 di Aldo Ravalli.............................................................................................. 149 • OPINIONI E DOCUMENTI Responsabilità del difensore per tentativo di favoreggiamento personale di Gianmichele Pavone ................................................................................ 167 L'Avvocato è soggetto all'IRAP? a cura di Santo De Prezzo ........................................................................... 175 • NOTE DI STORIA FORENSE Il Codice di procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (IV parte) ............................................................. 180 Gli Statuti marittimi di Trani a cura di Augusto Conte ............................................................................. 188 • DIRITTO & ROVESCIO NELLA PROFESSIONE FORENSE a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 197 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE ROCCO ESPOSITO - Il Padrone dell'ombra di Augusto Conte.......................................................................................... 201 VINCENZO RAIOLA - LUIGI SALOMONE Dal preliminare il regime patrimoniale della famiglia di Augusto Conte.......................................................................................... 206

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SPECIALE DECENNALE

MARIO DE GIORGIO - MARIO GUAGLIANI - Le misure interpretative a carico delle persone fisiche e giuridiche di Alfredo Gaito ........................................................................................... 207 CATALDO CALIANDRO - L'enigma dell'economia di Augusto Conte.......................................................................................... 210 VITTORIO AYMONE - Prestigioso erede e originale protagonista della luminosa tradizione forense salentina di Augusto Conte.......................................................................................... 211 MICHELE SALAZAR - Novelle dei mesi dispari di Alma Passante .......................................................................................... 213 • RICORDI Alberto Ferruccio di Lucia Latino ............................................................................................. 217 Francesco Anglani. Toga d'oro dell'avvocatura brindisina di Stefano Cavallo ........................................................................................ 222

Anno VIII - n. 2 - 2008

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Formazione continua ..................................................................................... Riforma Previdenziale .......................................................................................

6 8

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Riforma dell'ordinamento della professione di avvocato ............................. Linee Guida per le Scuole Forensi ................................................................ Integrazione del Codice Deontologico Forense ............................................ Il Codice Deontologico Forense....................................................................

12 88 125 135

• CONVEGNI E CONGRESSI XXIX Congresso Nazionale Forense ............................................................. 169 • OPINIONI E DOCUMENTI Autorizzazione al trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti .... 171 Discrezionalità del Pubblico Ministero nella sezione del materiale indiziario da sottoporre al giudice nel procedimento cauterale di Gianmichele Pavone ................................................................................ 179

• NOTE DI STORIA FORENSE Il Codice di procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (V parte) .............................................................. 197 La Basilica Giulia, una cattedrale per i tribunali di Roma di Alberto Angela ......................................................................................... 205

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SPECIALE DECENNALE

• DIRITTO & ROVESCIO NELLA PROFESSIONE FORENSE a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 213

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE ETTORE RANDAZZO - Insidie e strategie dell'esame incrociato di Aldo Casalinuovo ..................................................................................... 218 PASQUALE ANNICCHIARICO - Associazione mafiosa di Augusto Conte.......................................................................................... 222 MASSIMO BUTTARINI - MICHELA COLLINA - MICHELE LEONI - I Serial Killer di Augusto Conte.......................................................................................... 224 CHIARA GUARASCIO - Sulla scena del crimine di Gianmichele Pavone ................................................................................ 226

• RICORDI Domenico Conte di Donato Palazzo ........................................................................................ 229

Anno VIII - n. 3 - 2008

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Effettività della difesa di ufficio adempimenti e compiti degli Avvocati ....... 6 Circolare su "Criteri di valutazione per l'inserimento degli avvocati” ........... 13

• EVENTI Relazione per la inaugurazione dell'anno giudiziario 2009 di Mario Buffa.............................................................................................. 17

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali... 34 C.N.F.: Presentazione del codice di deontologia e di buona condotta ........... 49

• CONVEGNI E CONGRESSI XXIX Congresso Nazionale Forense: Relazione del Presidente di Guido Alpa ............................................................................................... XXIX Congresso Nazionale Forense: Consigli Giudiziari: il nuovo ruolo della avvocatura di Antonio Giorgino ..................................................................................... XXIX Congresso Nazionale Forense: Mozione politica ................................ ASTAF: Riunione Consiglio Direttivo ........................................................... ASTAF: Seminario Direttori Testate .............................................................. O.U.A.: Novità e Prospettive di Claudio Consales ..................................................................................... Convegno Nazionale Penalisti: per una riforma del sistema carcerario di Federico Vianelli ......................................................................................

Quaderni

53 77 82 89 91 95 98

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SPECIALE DECENNALE

• INDAGINE CONOSCITIVA SUL RUOLO SOCIALE E SULL'IMMAGINE DELL'AVVOCATURA ITALIANA Il ruolo sociale dell'avvocatura italiana a cura di Maria Pia Camusi ........................................................................ 103 L'immagine degli Avvocati nella Stampa e nella Televisione a cura di Marina D'Amato.......................................................................... 125

• MODIFICHE NORMATIVE E ORDINAMENTALI Proposta di modifica della legge 4 agosto 2006, n. 248 ............................... 157

• NOTE DI STORIA FORENSE Il Codice di procedura Civile per gli Stati Sardi del 1854 a cura di Augusto Conte (VI parte) ............................................................. 160 La giurisdizione del Capitolo di Mesagne (1616-1697) di Angelo Iaia .............................................................................................. 172

• DIRITTO & ROVESCIO NELLA PROFESSIONE FORENSE a cura di C'È SU UN TOGATO........................................................................... 184 • OPINIONI E DOCUMENTI Il nuovo codice deontologico per il trattamento dei dati personali di Gianmichele Pavone ................................................................................ 192

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE GIUSEPPE GIOACHINO BELLI - “’Sta povera giustizzia” di Letizia Salerno ..........................................................................................205 M. PELLACANI - P. ZICCARDI - F. LUPPI - F. CANI - La gestione della scena del crimine di Gianmichele Pavone ................................................................................ 208 EMANUELA MONTAGNA - ETTORE RANDAZZO - E lo difendono pure... di Augusto Conte.......................................................................................... 211 FRANCESCO CARINGELLA - Famiglia, Normativa e giurisprudenza ragionata di Augusto Conte.......................................................................................... 213 GAETANO VENETO - Le "Libere" professioni: dal protezionismo corporativo alle liberalizzazioni di Augusto Conte.......................................................................................... 215

• RICORDI Clemente Manco di Giancarlo Camassa ................................................................................. 217

Anno IX - n. 1 - 2009

• EDITORIALE di Augusto Conte .........................................................................................

3

• ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Terremoto Abruzzo .........................................................................................

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SPECIALE DECENNALE

Solidarietà Terremoto Abruzzo ......................................................................... 7 C.O.F.A. - Terremoto nel distretto di L'Aquila .................................................. 8 C.N.F. - Coordinamento iniziative .................................................................... 10

• EVENTI Cerimonia celebrativa dell'80° anniversario della istituzione del Tribunale di Brindisi .................................................................................................. Cerimonia di commiato del Presidente del Trib. di Brindisi dott. Vincenzo Fedele .. Rinnovati i vertici della Cassa di Previdenza e Assistenza forense .............. TAR: Inaugurazione dell'Anno Giudiziario ...................................................

13 26 34 36

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE Il filtro in Cassazione. La voce dell'Avvocatura unita di Claudio Consales ..................................................................................... 55

• CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE Relazione sull'attività del Consiglio nazionale forense svolta nell'anno 2008 di Guido Alpa ............................................................................................... 61

• CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA Deontologia e Cassa Forense. Centralità e rilievo della Cassa di Marcello Colloca...................................................................................... 86 • CONVEGNI E CONGRESSI Il Ruolo del Giudice nelle crisi delle fonti di Enrico Greco ............................................................................................ Il patto di famiglia. Incontro di diritto civile di Alessandra Galetta .................................................................................. Verso il Nuovo Ordinamento Professionale Forense. Le Specializzazioni di Claudio Consales ..................................................................................... Processo a Medea di Caterina Intiglietta ..................................................................................

92 101 105 111

• OPINIONI E DOCUMENTI Remotizzazione delle intercettazioni e nuove tecnologie di Gianmichele Pavone ................................................................................ 116 Indagine sulle scritture contabili: art. 492 cpc ottavo comma. Aspetti pratici a cura di Giuliana Corbascio e Amerigo Cozzi ......................................... 126

• NOTE DI STORIA FORENSE L'arresto personale per debiti negli ordinamenti pre-unitari e post-unitari. (Ia parte) a cura di Augusto Conte ............................................................... 131 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE L'immoralità necessaria di Ettore Randazzo ...................................................................................... 140 Appunti di Lettura di Carlo Panzuti ........................................................................................... 145

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SPECIALE DECENNALE

Anno IX - n. 2 - 2009

• EDITORIALE di Augusto Conte ......................................................................................... • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Secondo piano semestrale offerta formativa (crediti formativi) ..........................................................................................

3 6

• ARGOMENTI DI ATTUALITÀ FORENSE La riforma del Processo Civile di Claudio Consales ..................................................................................... 11 • CONVEGNI E CONGRESSI Risoluzione sulla proprietà degli studi legali - Bruges, 23 maggio 2009 ..... 20

• OPINIONI E DOCUMENTI Il dovere di fedeltà di Augusto Conte.......................................................................................... 21 Formazione permanente: legittimità dei regolamenti del C.N.F. e del C.O.A. ... 46 L'ammonimento questorile per il reato di stalking di Gianmichele Pavone ................................................................................ 61 Proposta di riforma della professione forense di Giancarlo De Cata .................................................................................. 77 Riforma dell'Ordinamento Professionale Forense. Corredato degli emendamenti ed allegati presentati presso la Commissione Giustizia del Senato (agg. al 23/9/2009) ........................................................................................ 84 Riforma della Professione Forense. Segnalazione del 16.9.2009 della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato .......................................... 207 Danno civile derivato da un reato penale nel Diritto Processuale Penale Albanese di Ilir Mustafaj e Fleura Kola LL.M. ........................................................ 221 • NOTE DI STORIA FORENSE L'arresto personale per debiti negli ordinamenti pre-unitari e post-unitari (IIa parte) a cura di Augusto Conte ............................................................... 236 Fisiologia dell'Avvocato di Alessandro Dumas .............................................. 246 Nota al testo di A. Dumas di Augusto Conte........................................................................................... 250

• SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE FRANCO STEFANONI - Il codice del potere - Avvocati d'Italia di Claudio Argentieri .................................................................................... 255 ALARICO MARIANI MARINI - Agli antipodi dell'azzeccagarbugli di Augusto Conte........................................................................................... 258 GAETANO INSOLERA, LORENZO ZILLETTI - Il rischio penale del difensore di Augusto Conte........................................................................................... 260

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SPECIALE DECENNALE

Anno IX - n. 3 - 2009 • EDITORIALE di Augusto Conte .......................................................................................... 3 • ATTIVITÀ DEL CONSIGLIO Relazione morale del Presidente alla Assemblea Ordinaria dell'1.2.2010 .... Cerimonia del conferimento della Toga d'Oro e della Toga d'Onore ............ Verbale di adunanza ....................................................................................... Anticipi minimi ............................................................................................... Tabella sintetica difesa d'ufficio 2010 ............................................................ Tabella sintetica: Assise, Appello, Cassazione ...............................................

5 31 40 45 47 48

• AVVOCATI E COSTITUZIONE Proposta di Legge Costituzionale d'iniziativa del deputato Pecorella........... 51 Dimensione costituzionale dell'avvocato di Aldo Loiodice ............................................................................................ 55 L'Avvocatura soggetto costituzionale nella giurisdizione di Guido Calvi ............................................................................................... 79 L'avvocatura soggetto costituzionale di Annibale Marini ....................................................................................... 84 La previsione dell'avvocatura quale soggetto costituzionale di Riccardo Chieppa ..................................................................................... 92 L'esaltante impegno per la giustizia di Julián Herranz .......................................................................................... 114 L'avvocatura come soggetto costituzionale di Gian Franco Ricci ....................................................................................123 • OPINIONI E DOCUMENTI Rapporti tra Economia e Diritto di Enrico Greco .............................................................................................131 Sull'illegittimità costituzionale del "lodo Alfano"... di Antonello Denuzzo .................................................................................... 136 In hoc signo iudicas: breve excursus giurisprudenziale sub signo crucis di Gianmichele Pavone .................................................................................147 • CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE Lettera dell'Avv. Marco Uberini ..................................................................... 169 Regolamento per le prestazioni previdenziali ................................................171 Regolamento dei contributi ............................................................................ 185 • NOTE DI STORIA FORENSE Il Tribunale di “Terra di Lavoro” in Santa Maria Capua Vetere di Giuseppe Garofalo ................................................................................... 202

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SPECIALE DECENNALE

Il sistema delle pene nei codici penali del Regno delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna (Prima parte) di Augusto Conte.......................................................................................... 226 • SAGGISTICA E NARRATIVA FORENSE FEDERICO GENNACCARI - Non solo Moro. L'Italia del Terrorismo 1969-2007 di Gianmichele Pavone ................................................................................ 236

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SPECIALE DECENNALE

Indice analitico dei collaboratori Albanese Nadia, a. III - n. 2 - 2003 Almiento Rosario, a. I - n. 2 - 2001; a. VII - n. 3 - 2007 Angela Alberto, a. VIII - n. 2 - 2008 Annicchiarico Pasquale, a. III - n. 3 - 2003 Alpa Guido, a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 3 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. VII - n. 1 - 2007; a. VIII - n. 1 - 2008; a. VIII - n. 3 - 2008; a. IX - n. 1 - 2009 Argentieri Claudio, a. IX - n. 2 - 2009 Attolini Cesare, a. II - n. 3 - 2002 Barbiero Paolo, a. III - n. 3 - 2003 Berti Arnoaldi Veli Giuliano, a. VI - n. 1 - 2006 Bocco Enrica, a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 3 - 2003; a. V - n. 1 - 2005 Bruno Giuseppe, a. II - n. 1 - 2002 Buccico Emilio Nicola, a. I - n. 2 2001 Buffa Mario, a. VIII - n. 3 - 2008 Caiulo Antonio, a. III - n. 1 - 2003; a. VII - n. 1 - 2007 Calvi Guido, a. IX - n. 3 - 2009 Camassa Giancarlo, a. VII - n. 1 - 2007; a. VIII - n. 3 - 2008 Campanelli Beppe, a. IV - n. 2 - 2004 Camusi Maria Pia, a. VIII - n. 3 - 2008 Caprioli Lucio, a. V - n. 3 - 2005 Carbone Leonardo, a. V - n. 3 - 2005; a. VI - n. 2 - 2006 Carparelli Ottavio, a. V - n. 3 - 2005

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Carrieri Carlo, a. II - n. 3 - 2002 Casalinuovo Aldo, a. VII, n. 1 - 2007; a. VIII - n. 2 - 2008 Catamo Ugo, a. I - n. 3 - 2001 Cavallo Stefano, a. VIII - n. 1 - 2008 C’è su un togato, a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 2 - 2005; a. V - n. 3 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 2 - 2006; a. VII - n. 1 - 2007; a. VII - n. 2 - 2007; a. VII - n. 3 - 2007; a. VIII - n. 1 - 2008; a. VIII - n. 2 - 2008; a. VIII - n. 3 - 2008 Chieppa Riccardo, a. IX - n. 3 - 2009 Ciavarella Domenico, a. VII - n. 3 - 2007 Cipriani Franco, a. IV - n. 1 - 2004; a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004 Colloca Marcello, a. II - n. 3 - 2002; a. IX - n. 1 - 2009 Comitangelo Stella, a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 3 - 2003; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 2 - 2005 Coniglio Monica, a. VII - n. 3 - 2007 Consales Claudio , a. I - n. 2 - 2001; a. I - n. 3 - 2001; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 2 - 2003; a. III - n. 3 2003; a. IV - n. 1 - 2004; a. V - n. 2 - 2005; a. V - n. 3 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 2 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. VII - n. 1 - 2007; a. VII - n. 2 - 2007; a. VII - n. 3 - 2007; a. VIII - n. 1 - 2008; a. VIII - n. 3 - 2008; a. IX - n. 1 - 2009; a. IX - n. 2 - 2009 Conte Augusto, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 2 - 2001; a. I - n. 3 - 2001; a. II

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SPECIALE DECENNALE

- n. 1 - 2002; a. II - n. 2 - 2002; a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 2 - 2003; a. III - n. 3 - 2003; a. IV - n. 1 - 2004; a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 2 - 2005; a. V - n. 3 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 2 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. VII - n. 1 - 2007; a. VII - n. 2 - 2007; a. VII - n. 3 - 2007; a. VIII - n. 1 - 2008; a. VIII - n. 2 - 2008; a. VIII - n. 3 - 2008; a. IX - n. 1 - 2009; a. IX - n. 2 - 2009; a. IX - n. 3 - 2009 Conte Michele, a. VII - n. 1 - 2007 Conte Tommaso, a. VII - n. 3 - 2007 Convertini Marilì, a. I - n. 3 - 2001; a. VI - n. 1 - 2006 Corbascio Giuliana, a. VI - n. 2 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. VII - n. 2 - 2007; a. IX - n. 1 - 2009 Costantino Cosimo, a. III - n. 1 - 2003 Cozzi Amerigo, a. IX - n. 1 - 2009 D’Amato Marina, a. VIII - n. 3 - 2008 Danovi Remo, a. II - n. 1 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 3 - 2005 De Carlo Michele, a. I - n. 2 - 2001 De Castro Roberta, a. VII - n. 2 - 2007 De Cata Giancarlo, a. IX - n. 2 - 2009 De Giorgi Antonio, a. II - n. 1 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. V - n. 1 - 2005 De Giorgi Maurizio, a. IV - n. 2 - 2004 De Guido Leonardo, a. VI - n. 1 2006 De Marsico Alfredo, a. IV - n. 1 2004 Denuzzo Antonello, a. IX - n. 3 - 2009 De Prezzo Santo, a. VIII - n. 1 - 2008 De Renzo Maria Grazia, a. IV - n. 1 - 2004

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de Tilla Maurizio, a. I - n. 2 - 2001; a. III - n. 3 - 2003 di Gioia Tommaso, a. IV - n. 3 - 2004 D’Innella Giovanni, a. IV - n. 3 - 2004 Durano Lorenzo, a. V - n. 1 - 2005 Durante Luisa Anna, a. III - n. 2 2003 Epifani Aurora, a. III - n. 2 - 2003 Falcone Marcello, a. I - n. 1 - 2001; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 3 - 2005; a. VII - n. 3 - 2007 Falleri Gino, a. V - n. 3 - 2005 Ferrara Orazio, a. VI - n. 1 - 2006 Fossati Beppe, a. IV - n. 3 - 2004 Francavilla Giuseppe, a. V - n. 1 2005 Francioso Roberto, a. III - n. 3 - 2003 Franchini Antonio, a. VII - n. 1 - 2007 Gaito Alfredo, a. VIII - n. 1 - 2008 Galetta Alessandra, a. IX - n. 1 - 2009 Garofalo Giuseppe, a. IX - n. 3 - 2009 Gazzarra Antonino, a. V - n. 3 - 2005 Genovese Rosadele, a. V - n. 1 - 2005 Gianfreda Adolfo, a. II - n. 2 - 2002 Gioffredi Giuseppe, a. II - n. 3 - 2002; a. VII - n. 2 - 2007 Giordano Italo, a. II - n. 2 - 2002 Giorgino Antonio, a. VII - n. 3 - 2007; a. VIII - n. 3 - 2008 Giurgola Paola, a. I - n. 1 - 2001 Graziuso Emilio, a. II - n. 1 - 2002 Greco Enrico, a. IV - n. 3 - 2004; a. IX - n. 1 - 2009; a. IX - n. 3 - 2009 Grillo Michelina, a. VI - n. 3 - 2006 Guaglione Luciano, a. V - n. 2 - 2005 Guida Marco, a. II - n. 3 - 2002 Herranz Juliàn, a. IX - n. 3 - 2009 Iaia Angelo, a. VIII - n. 3 - 2008 Intiglietta Caterina, a. III - n. 3 - 2003;

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SPECIALE DECENNALE

a. IV - n. 1 - 2004; a. IX - n. 1 - 2009 Kola LL.M. Fleura, a. IX - n. 2 - 2009 Lapadula Alessandra, a. V - n. 2 - 2005 Latino Lucia, a. VIII - n. 1 - 2008 Lazari Gianluigi, a. IV - n. 2 - 2004 Lecciso Pietro, a. V - n. 3 - 2005 Legrottaglie Carlo, a. IV - n. 2 - 2004 Lisi Andrea, a. IV - n. 2 - 2004 Loiodice Aldo, a. IV - n. 3 - 2004; a. IX - n. 3 - 2009 Lolli Dario, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 2 - 2001; a. I - n. 3 - 2001; a. II - n. 1 - 2002; a. II - n. 2 - 2002; a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 2 - 2003; a. III - n. 3 2003; a. IV - n. 2 - 2004; a. V - n. 2 - 2005; a. VI - n. 2 - 2006 Lonoce Michela, a. IV - n. 3 - 2004 Lucarini Giuliano, a. IV - n. 1 - 2004 Lucarini Giuseppe, a. I - n. 3 - 2001; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 2 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006 Maci Lionello, a. VI - n. 2 - 2006 Magi Jaqueline Monica, a. VI - n. 3 - 2006 Maggi Lorenzo, a. II - n. 1 - 2002 Manco Clemente, a. I - n. 1 - 2001 Mangia Diego, a. III - n. 3 - 2003; a. IV - n. 1 - 2004 Mariani Marini Alarico, a. V - n. 2 - 2005 Marini Annibale, a. IX - n. 3 - 2009 Marzulli A. Maria, a. I - n. 3 - 2001 Masiello Ennio, a. I - n. 2 - 2001; a. V - n. 3 - 2005 Maurino Antonio, a. II - n. 2 - 2002; a. III - n. 2 - 2003; a. III - n. 3 - 2003; a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 2 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006

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Melpignano Vito, a. II - n. 3 - 2002 Milani M. Concetta, a. VII - n. 1 2007 Morgese Francesco, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 2 - 2001; a. II - n. 3 - 2002; a. IV - n. 3 - 2004; a. VI - n. 3 - 2006 Musa Leonardo, a. III - n. 2 - 2003 Mustafaj Ilir, a. IX - n. 2 - 2009 Nigro Vito, a. VI - n. 1 - 2006 Pagano Umberto, a. VII - n. 1 - 2007; a. VIII - n. 1 - 2008 Palazzo Donato, a. VIII - n. 2 - 2008 Palazzo Fausta, a. II - n. 1 - 2002 Palazzo Patrizia, a. III - n. 1 - 2003 Palladino Rosanna, a. II - n. 2 - 2002 Panzuti Carlo, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 3 - 2001; a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 2 - 2003; a. III - n. 3 - 2003; a. IV - n. 1 - 2004; a. IV - n. 2 - 2004; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 3 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 2 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. VII - n. 1 - 2007; a. VII - n. 2 - 2007; a. VII - n. 3 - 2007; a. IX - n. 1 - 2009 Papadia Silvia, a. I - n. 3 - 2001; a. II - n. 1 - 2002; a. II - n. 3 - 2002 Pasquini Nello, a. VII - n. 2 - 2007 Passante Alma, a. IV - n. 3 - 2004; a. VI - n. 2 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. VII - n. 2 - 2007; a. VIII - n. 1 - 2008 Pavone Gianmichele, a. VIII - n. 1 - 2008; a. VIII - n. 2 - 2008; a. VIII - n. 3 - 2008; a. IX - n. 1 - 2009; a. IX - n. 2 - 2009; a. IX - n. 3 - 2009 Putignano Antonio, a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 2 - 2003 Raiola Vincenzo, a. III - n. 2 - 2003

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SPECIALE DECENNALE

Randazzo Ettore, a. III - n. 3 - 2003; a. IV - n. 1 - 2004; a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006; a. IX - n. 1 - 2009 Rapanà Mario, a. III - n. 1 - 2003; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 2 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006 Ravalli Aldo, a. III - n. 1 - 2003; a. IV - n. 1 - 2004; a. V - n. 1 - 2005; a. VI - n. 3 - 2006; a. VIII - n. 1 - 2008 Recchia Aldo, a. III - n. 3 - 2003 Renna Massimo, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 2 - 2001; a. I - n. 3 - 2001; a. II - n. 2 - 2002; a. II - n. 3 - 2002; a. III - n. 1 - 2003; a. III - n. 2 - 2003; a. III - n. 3 - 2003; a. IV - n. 1 - 2004; a. IV - n. 2 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 1 - 2005; a. V - n. 2 - 2005 Ricci Gian Franco, a. IX - n. 3 - 2009 Romano Paolo, a. IV - n. 2 - 2004 Salamanna Antonio, a. VII - n. 3 2007 Salazar Michele, a. V - n. 1 - 2005 Salerno Letizia, a. VIII - n. 3 - 2008; a. V - n. 3 - 2005 Santoro Nicola, a. IV - n. 2 - 2004

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Saracino Rosanna, a. I - n. 2 - 2001; a. II - n. 2 - 2002 Scarpello Cosimo, a. II - n. 1 - 2002 Scoponi Guido, a. IV - n. 3 - 2004 Selicato Rino, a. I - n. 2 - 2001 Selicato Teodoro, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 3 - 2001; a. II - n. 3 - 2002; a. IV - n. 1 - 2004; a. V - n. 2 - 2005; a. VI - n. 1 - 2006; a. VI - n. 3 - 2006 Selicato Gianluca, a. II - n. 1 - 2002 Sicilia Ernestina, a. II - n. 1 - 2002 Somma Gianfranco, a. IV - n. 1 - 2004; a. IV - n. 3 - 2004; a. V - n. 1 - 2005 Stasi Gabriele, a. I - n. 3 - 2001; a. III - n. 1 - 2003 Tommaseo Niccolò, a. V - n. 2 - 2005 Travaglini Arnaldo, a. III - n. 3 - 2003 Ursi Riccardo, a. IV - n. 2 - 2004 Vaccaro Giovanni, a. VI - n. 1 - 2006 Valentini Bina, a. I - n. 1 - 2001; a. I - n. 2 - 2001 Vianelli Federico, a. VIII - n. 3 - 2008 Zaccaria Pier Paolo, a. III - n. 3 - 2003; a. V - n. 2 - 2005 Zitani Andrea, a. III - n. 2 - 2003

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Inaugurazione dell’anno giudiziario 2010 di MARIO BUFFA*

Autorità, gentili signore, signori A voi tutti, a nome dei magistrati del distretto, che ho il privilegio di rappresentare, porgo un caloroso saluto e il più vivo ringraziamento per essere qui con noi. Saluto in particolare sua eccellenza monsignor arcivescovo, che da pochi mesi soltanto è qui a Lecce ma ha già conquistato il cuore di tutti i leccesi, col carisma che gli deriva dalla fiducia che ispira, dal suo modo di essere semplice ed alla portata di tutti, dall’impegno – manifestato nella lettera che ci ha indirizzato al suo ingresso in città e che noi magistrati presumiamo di poter condividere – “a servire l’uomo e a far sì che il rispetto e la valorizzazione della sua dignità, non soffrano disattenzioni e distrazioni”; dall’impegno “al servizio, alla dedizione generosa e disinteressata, alla costante e puntuale lettura dei reali bisogni a cui dare risposte concrete e non evasive”; dalla consapevolezza – sono ancora sue parole – che “a nessuno di noi chiamati al servizio della comunità è concesso di distrarsi, di rimandare le responsabilità e l’attuazione di quanto è primario e necessario nel tessuto connettivo delle nostre realtà”. Nell’ultimo anno vi è stato un crescendo di insulti e di gravissimi attacchi all’indipendente esercizio della funzione giudiziaria, ampliati da inusitato clamore mediatico; nell’ultimo anno, è stato portato avanti un progetto ben definito il cui risultato, se avrà successo, sarà quello di frantumare i principi del costituzionalismo moderno, come la separazione dei poteri, l’eguaglianza dinnanzi alla legge ed il primato delle libertà fondamentali, a cui presidio sono posti gli organi di garanzia, tra i quali la corte costituzionale e la magistratura. Noi – accusati da anni di usare a fini di lotta politica le prerogative connesse alla funzione di magistrati; la supercasta, indicati come ceto privilegiato, irresponsabile, incapace di porre rimedio allo sfascio organizzativo – siamo qui oggi non * Presidente della Corte di Appello di Lecce.

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per rispondere a questi insulti perché servirebbe soltanto a dargli risonanza (mentre gli insulti sono un problema solo per chi ne è l’autore). Ci tranquillizza anzi il fatto che, negli ultimi tempi l’accusa addirittura di far parte di un complotto che vuole sovvertire l’esito del voto, ci ha accomunati alla Corte Costituzionale, al Capo dello Stato, in certa misura anche ai giudici amministrativi: ma ognuno è in grado di rendersi conto di quanta interessata fantasia ci sia in queste accuse… Al contrario noi siano qui oggi per testimoniare il nostro impegno ad offrire un servizio giustizia degno di questo nome, il nostro impegno a far rispettare la legge e la costituzione; per indicare – assieme agli avvocati ed agli altri lavoratori della giustizia – qual è lo stato attuale e quali sono i problemi della giustizia nel distretto e qual è, dal nostro punto di vista, il percorso che le forze di governo e parlamentari dovrebbero intraprendere per dare funzionalità alla giustizia; per cercare di capire anche se e quali siano le responsabilità di noi magistrati, perché non v’è dubbio che una parte almeno delle distonie ed inefficienze del servizio giustizia siano riferibili a noi magistrati. Per questo vi esprimiamo ancora una volta la nostra gratitudine per la vostra presenza a questa cerimonia, per questa possibilità che ci date di pubblica testimonianza e di dialogo, convinti che la vostra presenza qui oggi non costituisce soltanto l’adempimento di un dovere che vi deriva dal vostro ruolo istituzionale ma è partecipazione effettiva ai problemi della giustizia. Prima di dar corso alla mia relazione ho il dovere di rivolgere al Capo dello Stato, che rappresenta l’unità nazionale ed è garante della costituzione, un deferente saluto. Ad un gruppo di magistrati, che a lui si erano rivolti, dopo che un magistrato era stato spiato e pubblicamente dileggiato per avere fatto la fila al barbiere e fumato nell’attesa un sigaro, oltre che per il colore dei suoi calzini, in realtà per avere avuto l’ardire di pronunciare una sentenza sgradita, il Presidente della Repubblica ha risposto: “Comprendo bene i motivi di grave e diffusa preoccupazione e vi ringrazio per la certezza che vi muove di avere in me un punto di riferimento solido e sicuro dell’indipendenza della giurisdizione. È questo un principio che il mio mandato costituzionale mi impone di tutelare: e lo faccio con piena convinzione, anche nel rivolgermi col dovuto equilibrio a tutti i soggetti coinvolti in un confronto, di cui tenacemente invoco la serenità e la misura, sulla crisi del sistema giustizia”. È questa fiducia che noi magistrati abbiamo nel Capo dello Stato che ci impone di prestare ossequio al suo invito a “guardare a tutti i motivi e gli aspetti della crisi del sistema giustizia, offrendo – con rigore, con misura e senza scendere sul terreno dello scontro – disponibilità a concreti contributi propositivi, interlocutori attenti e credibili, fermi nella difesa dei principi fondamentali di indipendenza e autonomia ma sempre aperti al dialogo ed all’ascolto, anche in vista di quelle riforme né occasionali né di corto respiro che auspicano tutti coloro che hanno a

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cuore un soddisfacente esercizio della fondamentale funzione di presidio della legalità, al servizio del cittadino e dei suoi diritti, nel rispetto reciproco e nella leale collaborazione tra tutte le istituzioni”… e praticando un “costume – come altre volte ci ha raccomandato – di serenità, riservatezza ed equilibrio, nel rigoroso rispetto delle regole, che non può essere sacrificato all’assunzione di missioni improprie e a smanie di protagonismo personale”, perché, siamo i primi ad esserne consapevoli, non tutto può essere ridotto a problema di giustizia; è impensabile che ogni problema nazionale possa giungere a soluzione attraverso la via giudiziaria; è illusorio credere che il giudice possa in solitudine supplire alle mancanze ed alle inerzie delle altre istituzioni. E consentitemi altra digressione prima di procedere oltre. Permettetemi di rivolgere un commosso affettuoso pensiero agli avvocati, con cui abbiamo lavorato insieme, ai colleghi magistrati ed ai collaboratori che nel corso dell’anno, strappati alla vita, ci hanno lasciato per sempre (un collega, il dr Santarcangelo ancora in attività di servizio e molti – tra gli avvocati – ancora nel pieno della loro attività professionale e in età prematura). Tutti li conserveremo nel nostro ricordo; di tutti ricorderemo l’esempio di attaccamento al lavoro ed agli ideali di giustizia cui hanno ispirato la loro vita. Un ricordo particolare a Valeria Milinanni, fedele collaboratrice della presidenza, sempre attenta ai suoi compiti, riservata, scrupolosa, intelligente, anche elegante nei modi e gentile, un punto di riferimento per tutti; di questa cerimonia lei era ogni anno l’animatrice… della sua scomparsa improvvisa non riusciamo ancora a capacitarci… PARTE PRIMA LA SITUAZIONE DELLA GIUSTIZIANEL DISTRETTO DI LECCE Considerazioni generali Veniamo ora al compito che ci attende. Nella relazione dell’Avvocato generale di Taranto si legge che questa cerimonia segna un momento di frustrazione per la sua ritualità, perché tutto si è detto e nulla è cambiato, perché le cose vanno allo stesso modo ed anzi peggiorano, perché nessuno presta ascolto a quello che si dice qui… Non posso dire di essere d’accordo: intanto questa è l’unica occasione in cui la magistratura parla ufficialmente alla collettività e non è affatto vero che ciò che in questa occasione si dice passa del tutto inosservato. Se consideriamo il rilievo che assume la cronaca giudiziaria nella stampa e nella pubblicistica sia pure di settore, se consideriamo che oggi questa cerimonia viene trasmessa in diretta e per intero da ben due televisioni locali, che non sono state chiamate da me ma che hanno manifestato interesse di loro iniziativa… dobbiamo convenire che dopo tutto l’opinione pubblica si interessa molto dei problemi della

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giustizia e li sente come problemi vitali della società. E dunque dobbiamo fargli pervenire il nostro messaggio. E poi non è privo di utilità confrontarci con gli avvocati, con gli esponenti della società civile, per chiarire a noi stessi la portata di certi problemi e quali possibilità vi sono per risolverli, per capire che cosa è cambiato e, se nulla è cambiato, chi si oppone al cambiamento . C’è al limite utilità a dire anche e sempre le stesse cose, sempre che – si capisce – si tratti di cose sensate e in cui crediamo… il messaggio prima o poi arriva.. Poi, è ovvio, sarebbe davvero illusorio pensare che basta una cerimonia come questa per richiamare tutti alle loro responsabilità… o per risolvere i problemi che si sono accumulati negli anni… E non è neppure vero che nulla è cambiato. I problemi della giustizia in questo distretto, è superfluo dirlo, non presentano peculiarità proprie rispetto agli altri distretti. L’andamento della giustizia, salvo qualche aspetto, è più o meno uguale dappertutto ma qui a Lecce, perché negarlo, qualcosa è migliorato. Lo scorso anno, in questa occasione, invitammo tutti i colleghi, in specie i capi di nuova nomina di alcuni degli uffici giudiziari, a rimboccarci le maniche senza stare in attesa che altri risolvesse i nostri problemi, senza limitarci a lamentare mancanza di mezzi e di risorse e che anzi avremmo dovuto dar prova di saper fronteggiare la situazione con i mezzi a disposizione e nonostante le difficoltà in cui ci trovavamo. E questo impegno noi presumiamo di averlo mantenuto e i risultati credo si vedono e del resto spesso ce ne viene dato atto. Certo, si tratta di risultati modesti ma c’è stata una inversione di tendenza che può rappresentare il principio di un processo virtuoso. L’analisi che segue dovrebbe darne dimostrazione. Ne risulta infatti una sia pur modesta e generalizzata riduzione dei tempi di definizione dei procedimenti, la cui lunghezza è il vero problema della giustizia italiana; una sia pur modesta riduzione delle pendenze, quanto meno un contenimento, quando il numero dei procedimenti sopravvenuti è stato superiore a quello dell’anno decorso. Ma soprattutto si è realizzato un maggior ordine nelle udienze; si sono evitati anche nelle sezioni distaccate di tribunale, dove però c’è ancora molto da fare, rinvii ingiustificati e non preannunziati; si sono ridotti i ritardi nel deposto dei provvedimenti attraverso l’esercizio di più assidui controlli e dei necessari interventi quando è stato necessario; si sono ridotte, attraverso un lavoro di programmazione, le attese ingiustificate di avvocati e testimoni alle udienze per sentirsi poi rinviare il processo; si è raccomandato di rispettare i protocolli d’udienza stipulati con gli avvocati, facendo anche presente che il mancato rispetto poteva costituire violazione disciplinare… Insomma, anche se non posso vantare i risultati eccellenti che può vantare il mio illustre amico e collega presidente del Tar Aldo Ravalli (ma i problemi della

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giustizia amministrativa sono forse di minore complessità e di diversa natura), anche noi qualche cosa abbiamo fatto. Se fosse vero poi che noi magistrati lavoriamo in media poche ora la settimana, come ha affermato senza scorno una macchietta della politica, che dice anche di noi magistrati che facciamo ridere più dei comici quando andiamo in tv – e vi prego di perdonarmi questa caduta di stile, manifestazione di insofferenza verso chi non ha senso della misura –, basterebbe lavorare di più per risolvere tutti i problemi. Purtroppo non basta: perché – vedete – la luce accesa nel mio studio o in quello di qualche altro collega, fino a tarda serata, che può essere vista da chiunque si trovi a passare dai pressi del palazzo di giustizia e che non è dovuta al fatto che io o il collega abbiamo dimenticato di spegnerla andando via, può spiegare i risultati pur modesti che abbiamo raggiunto ma non può risolvere tutto. La durata media dei procedimenti e l’andamento delle pendenze Le iniziative adottate da chi vi parla, subito dopo avere assunto l’attuale ufficio, intese a razionalizzare l’organizzazione della corte in una prospettiva di maggiore efficienza (in sintesi la costituzione di collegi fissi nell’ambito delle sezioni per consentirgli di operare autonomamente e prevenire discrasie nella loro composizione, con la necessità di rinvio derivante da modificazioni nella composizione del collegio; la ripartizione degli affari, secondo criteri di uniformità, assegnati alle sezioni ed ai collegi costituiti all’interno di esse, per favorirne la specializzazione ed indirettamente incidere sulla produttività; la programmazione delle udienze penali con largo anticipo per consentire ai collegi di meglio organizzare il proprio lavoro ed agli avvocati di regolare con altrettanto anticipo i loro imoegni; l’individuazione, già all’atto della loro iscrizione a ruolo, dei procedimenti suscettibili di definizione immediata, come nei casi di prescrizione dei reati o di inammissibilità dell’impugnazione; l’accorpamento nella stessa udienza di procedimenti aventi lo stesso oggetto o riguardanti materie simili) hanno dato un risultato positivo: infatti sia nella corte di appello che nei tribunali del distretto è stato possibile registrare un’apprezzabile diminuzione del tempi di durata dei procedimenti sia in civile (con esclusione purtroppo della materia del lavoro caratterizzata da un contenzioso sempre crescente) che in penale ed una sia pur modesta riduzione della pendenza nonostante l’incremento del numero dei procedimenti sopravvenuti. …nella materia civile Quanto alla durata media dei procedimenti, si è passati, per la corte di appello sede centrale, nel settore civile, da una durata media di 937 giorni nel periodo 1.7.06/30.6.07, ad una durata di 868 giorni nel periodo successivo e, nel periodo di riferimento, ad una durata di giorni 805. Sebbene, con riferimento ai procedimenti di cognizione ordinaria, sia stato definito un numero di procedimenti solo di poco inferiore a quello dei procedimenti iscritti, di 805 a 820, quest’ultimo a sua volta superiore a quello del periodo pre-

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cedente, la complessiva pendenza è aumentata sensibilmente (passando da 5.396 a 6.120) per il forte aumento dei procedimenti ex lege Pinto giunto nel periodo di riferimento a 1.070, più dunque dei procedimenti di cognizione ordinaria (820), di cui 466 definiti e 1162 pendenti alla fine del periodo. Meno soddisfacente è stato il risultato della sezione distaccata di Taranto dove si è passati, sempre nel settore civile, da una durata di 795 giorni nel periodo 1.7.04 – 30.6.05, attraverso una crescita progressiva, a 1282 giorni nel periodo di riferimento. Ma per la sezione distaccata di Taranto – e ciò vale anche per quanto riguarda il penale – bisogna dire che ha sofferto negli ultimi anni di una situazione di criticità particolare, legata soprattutto a carenze di organico, sia del personale di magistratura sia del personale amministrativo, alla protratta assenza dall’ufficio per ragioni di salute di un magistrato e di personale vario, e al tempo stesso ad un difetto di coordinamento con la sede centrale che ha reso più difficoltosa la soluzione di problemi organizzativi. Ciò purtroppo sempre si verifica per le sezioni distaccate che tendono ad operare in posizione di autonomia ma al tempo stesso non possono fare a meno della per così dire tutela della sede centrale. I procedimenti iscritti nel periodo di riferimento, per il solo contenzioso ordinario, sono stati 399 mentre ne sono stati definiti un numero inferiore pari a 344, con un conseguente aumento della pendenza che a fine periodo era di 1.580 procedimenti. Per meglio valutare poi la portata degli effetti della durata dei procedimenti sull’assetto degli interessi in contestazione ed in definitiva sull’attesa di giustizia, deve tenersi conto che i dati su riferiti riguardano il periodo che va dalla iscrizione della causa a ruolo al momento della pubblicazione della sentenza e non copre quindi il periodo – di durata variabile rimessa anche alle scelte delle parti private (di impugnare subito oppure no la sentenza) – che intercorre tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la proposizione del gravame. Se questi tempi di definizione si aggiungono a quelli necessari per il giudizio di primo grado ed a quelli relativi alle eventuali impugnazioni ulteriori, è facile constatare che la durata complessiva di una causa civile è davvero eccessiva rispetto ad una ragionevole attesa di giustizia e rende la risposta di giustizia inidonea a garantire effettività di tutela agli interessi in gioco. In proposito si è rilevato che il giudizio di appello, così come è strutturato dalla legge processuale, potrebbe essere definito in due sole udienze o addirittura in una sola udienza se le parti vengono invitate o chiedono esse stesse di precisare subito le loro conclusive richieste. Se ciò non avviene e se, com’è di regola, si registra tra la prima e la seconda udienza un lungo lasso di tempo di mera attesa, non deve cercarsi la spiegazione nella struttura del processo ma in concomitanti difficoltà operative, in particolare nella sempre maggiore inadeguatezza delle risorse umane e materiali a disposizione, che rendono di fatto impossibile il rispetto dei tempi consentiti o addirittura imposti dalla legge processuale.

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E infatti tutti gli uffici (come si è già detto per la sezione distaccata di Taranto) lamentano insufficienze delle risorse a disposizione, poiché da un lato vi è stato un vero e proprio esodo del personale amministrativo (che, raggiunto il massimo contributivo ai fini pensionistici, è stato d’ufficio, in virtù delle nuove norme in materia, collocato a riposo, sebbene in molti casi l’età del dipendente ne consentisse ancora il mantenimento in servizio), e una vera e propria fuga motivata sia dalla preoccupazione di un temuto trattamento fiscale più oneroso dell’indennità di fine rapporto, sia dalle condizioni di lavoro divenute per molti insopportabili e dalla delusione per la mancata riqualificazione professionale, negata al solo personale giudiziario e riconosciuta invece a tutto il restante personale della pubblica amministrazione; dall’altro non si è provveduto a sostituire in qualche modo il personale cessato dal servizio, anzi l’adeguamento dell’organico di diritto all’organico di fatto, farebbe pensare ad una sorta di cristallizzazione della situazione attuale e dunque ad un definivo ridimensionamento dell’organico già di per se insufficiente: legittimo dunque il timore che i pur modesti risultati raggiunti in tema di durata dei tempi di definizione dei procedimenti o con riguardo alle pendenze, possano essere in breve vanificati del tutto. Diverso discorso va fatto per le cause trattate in appello in unico grado: qui l’unica indagine espletabile è di regola quella relativa a consulenza tecnica eppure si registra – né la corte potrebbe diversamente procedere – un allungamento dei tempi per giungere alla decisione in conseguenza dell’applicazione degli artt. 183 e 184 c.p.c. cui le parti non rinunciano, sebbene poi risulti di nessuna utilità perché di norma la vicenda resta nello status quo ante. In questo caso dunque alle ordinarie carenze di mezzi e personale si aggiunge una normativa processuale che andrebbe rivista e modificata. Sostanzialmente stazionaria è la situazione dei tre tribunali del distretto. Nel periodo di riferimento, nel tribunale di Lecce la durata media dei procedimenti contenziosi non ha subito un’apprezzabile variazione rispetto al periodo precedente, salvo che per le separazioni personali e i divorzi, la cui definizione registra una tendenziale diminuzione dei tempi soprattutto a seguito del massiccio ricorso alle sentenze parziali sullo status, e per i giudizi in materia di filiazione, i cui tempi si sono ridotti sensibilmente grazie al pronto espletamento della consulenza tecnica emogenetica quale mezzo quasi sempre esaustivo dell’istruttoria . La durata media per l’intero circondario (comprese quindi le sezioni distaccate, dove però – almeno in alcune – si registrano più o meno lunghi periodi di sostanziale inattività per la mancanza di giudice titolare) è stata di giorni 679. I procedimenti sopravvenuti (solo di cognizione ordinaria) nel periodo di riferimento, nella sede centrale, sono stati 2.859 mentre ne sono stati definiti 4.490 (1.629 con sentenza); la pendenza pertanto è diminuita da 13.724 a 12.093 procedimenti. Nelle sezioni distaccate sono pervenuti n. 3.402 procedimenti di cognizione ordinaria e ne sono stati esauriti n. 2.669 (di cui n. 1.441 con sentenza); la pendenza è giunta a n. 12.992 procedimenti. Nessuna variazione significativa viene segnalata dai tribunali di Brindisi (“le

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caratteristiche del contenzioso non hanno subito variazioni qualitative e quantitative tali da richiedere una rivisitazione sostanziale delle diagnosi e delle conclusioni rispetto alle precedenti relazioni”) e di Taranto (“la durata dei processi è rimasta invariata: d’altronde non si poteva attendere diverso risultato, considerato il costante aumento dei flussi in entrata e la ormai endemica carenza di magistrati dovuta in parte all’insufficienza degli organici ma soprattutto alla loro concreta scopertura a causa di vicende personali – soprattutto gravidanze – e la lentezza dei flussi di copertura dei posti resi vacanti dai trasferimenti. I procedimenti (solo di cognizione ordinaria) pervenuti al tribunale di Brindisi sono stati, nella sede centrale, n. 1435 mentre ne sono stati definiti 1.067 (n. 314 con sentenza) con un aumento della pendenza da 3.864 a 4.232; nelle sezioni distaccate i procedimenti iscritti (di cognizione ordinaria) sono stati 1.490 mentre ne sono stati definiti 1.225 (n. 628 con sentenza) con un conseguente aumento della pendenza pervenuta a 5.388 procedimenti. La durata media è stata di giorni 646. Al tribunale di Taranto i procedimenti (solo di cognizione ordinaria) pervenuti alla sede centrale sono stati n. 2563 e ne sono stati definiti 2.698 (di cui 1.214 con sentenza); la pendenza è passata da 11.272 a 11.137 procedimenti. Nelle sezioni distaccate i procedimenti (di cognizione ordinaria) iscritti sono stati n 1.503, ne sono stati definiti n. 1.292; la pendenza è giunta a n. 5.958 procedimenti. La durata media è stata di giorni 652. Difficile per quanto riguarda i giudici di pace la estrapolazione di dati statistici esaustivi, data la varietà delle situazioni non comparabili tra loro (uffici con ambiti di competenza territoriale e numero di affari molto modesti e uffici, specie quelli ubicati nei capoluoghi di provincia, con competenza molto ampia e con una quantità di procedimenti veramente notevole) e tipologia degli affari (procedimenti di contenzioso ordinario e procedimenti seriali riguardanti opposizioni a sanzioni amministrative, in numero notevolissimo e preponderante negli uffici grandi e medio-grandi). Accorpati gli uffici dei tre circondari, la durata media è stata calcolata in giorni 282 per gli uffici del circondario di Brindisi, in giorni 422 per quelli di Lecce e in 281 per quelli di Taranto. Queste rilevazioni, in palese contrasto con i ritardi, spesso di anni, riscontrati nel deposito delle sentenze, si spiegano col fatto che la durata è commisurata tra la data dell’iscrizione a ruolo e la pronuncia della sentenza e non è dunque affatto indicativa della effettiva durata del procedimento. Ai giudici di pace dei tre circondari sono pervenuti 11.592 procedimenti a Brindisi (di cui 5.410 di opposizione a sanzioni amministrative), 31.195 a Lecce (di cui 19.225 di opposizione a sanzioni amministrative); 22.481 a Taranto (di cui 9.122 di opposizione a sanzioni amministrative) mentre se sono stati definiti rispettivamente 10.998 (a Brindisi), 40,322 (a Lecce), 20.968 (a Taranto); salvo che a Lecce il numero dei procedimenti definiti è sempre inferiore a quello dei procedimenti sopravvenuti.

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…in materia del lavoro e previdenziale Per quanto riguarda invece la materia del lavoro si deve purtroppo segnalare – con riguardo ai giudizi di appello – un sensibile incremento dei tempi di durata passati (nella sede centrale) da giorni 635 nel precedente periodo a giorni 695 in quello di riferimento e (nella sede distaccata di Taranto) da giorni 883 a giorni 1146: l’aumento deve attribuirsi sia all’inadeguatezza dell’organico sia all’aumentato numero di cause sopravvenute nel periodo che, compresa la sezione distaccata di Taranto, sono state 4.292 a fronte delle 3.997 del precedente periodo. Essendone state definite 3.022 a fronte delle 2.953 del periodo precedente, la pendenza, nonostante la maggiore sia pure modesta produttività, è aumentata da 6.900 a 8.171. L’andamento generale della sezione non può purtroppo definirsi positivo soprattutto in considerazione che il maggior numero di cause definite riguarda cause di natura previdenziale, che hanno carattere seriale, mentre si è registrata una diminuzione sensibile – quanto meno nella sede di Lecce a differenza della sede distaccata di Taranto – delle cause di lavoro vere e proprie definite nel periodo. Un sensibile allungamento dei tempi di definizione (sebbene non quantificata) è segnalata anche, nella materia del lavoro, dal tribunale di Lecce che va posta in relazione col notevole incremento del numero dei procedimenti sopravvenuti 23.129 a fronte dei 20.754 del periodo precedente e di una media di 15.000 nel triennio precedente il che ha determinato anche un incremento della pendenza passata da 34.955 a 39.503 procedimenti. Sebbene si tratti per la gran parte di procedimenti di natura previdenziale aventi spesse carattere seriale, è evidente la sproporzione tra il numero degli stessi e il numero dei magistrati (solo nove) addetti alla sezione, i quali peraltro non possono far affidamento sulla assidua assistenza del personale di cancelleria, anch’esso e forse ancora di più insufficiente. Situazione pressoché identica al tribunale di Taranto ed al tribunale di Brindisi: Brindisi indica come priorità quella di istituire un’autonoma sezione lavoro, dato il rilevante carico di lavoro che grava sull’ufficio e l’impossibilità per l’unico presidente di presiedere anche le udienze previdenziali e di lavoro. Al tribunale di Brindisi sono pervenuti nel periodo n. 5.608 procedimenti (di cui 4.807 di natura previdenziale) mentre ne sono stati definiti 4.343 con un incremento della pendenza da n. 10.577 a 11.842. Al tribunale di Taranto sono pervenuti n. 17.620 procedimenti (di cui n. 14.959 di natura previdenziale), ne sono stati definiti 14.400 con un incremento della pendenza da n. 43.842 a n. 47.062. ….nel settore penale Analoghe sono le linee di tendenza nel settore penale: la durata media dei procedimenti (computata dalla data di arrivo del processo in cancelleria alla data della pronuncia della sentenza e senza tener conto quindi dei tempi precedenti e successivi), è stata, alla sede centrale della corte di appello e nel periodo di riferimento, di giorni

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508 a fronte dei 521 del periodo precedente e dei 551 del periodo 1.6.06/30.6.07 e si è registrata quindi una sensibile inversione di tendenza, nella quale si ha motivo di confidare, visto che allo stato tutti i processi pervenuti sono già fissati all’udienza e sono impegnate – neppure interamente – le udienze fino al giugno 2011. Il numero dei procedimenti pervenuti nel periodo è stato (compresa la corte di assise di appello ma esclusa la sezione minorile) di 1.828, mentre ne sono stati definiti 2.104; alla fine del periodo sono pendenti 2.597 procedimenti, per cui è prevedibile con gli attuali ritmi di lavoro, salvo imprevisti, una significativa riduzione nel prossimo anni della durata media. Un incremento della durata media si verifica invece alla sezione distaccata di Taranto, passata nel periodo di riferimento a giorni 801 a fronte dei 732 del periodo precedente. Il numero dei procedimenti pervenuti alla sezione distaccata nel periodo è stato di 1.383; ne sono stati definiti 1.196 con un aumento della pendenza giunta a 2.918 procedimenti. Nei tre tribunali la durata media è stata a Brindisi di 394 giorni, a Lecce di 550 giorni, a Taranto di 605 giorni. Negli uffici Gip dei tre tribunali la durata media dei procedimenti riguardanti imputati noti è stata: a Brindisi di 103 giorni, a Taranto di 554 giorni, a Lecce di 261 giorni. Negli uffici dei giudici di pace dei tre circondari, sempre con riferimento alla materia penale, si è avuta una durata media di 548 giorni a Brindisi, 651 giorni a Lecce, 359 giorni a Taranto. Il numero dei procedimenti agli stessi pervenuti è stato in definitiva molto modesto: 494 ai giudici di pace del circondario di Brindisi (definiti 449); n. 1136 ai giudici di pace del circondario di Lecce (definiti n. 1.116); n. 1.601 ai giudici di pace del circondario di Taranto (definiti n. 1.458). La comparazione dei dati su riferiti dimostra che gli uffici del distretto presentano sostanziale omogeneità sia quanto al flusso dei procedimenti pervenuti e definiti sia quanto alla durata media che, anche quando appare in diminuzione, in realtà tende quasi sempre, salvo qualche eccezione (come è avvenuto per esempio per la corte di appello) ad aumentare, meno frequentemente rimane invariata. D’altra parte un’analisi dei dati più approfondita non è neppure possibile poiché il diverso flusso degli affari raramente è legato a cause strutturali comuni a tutti gli uffici giudiziari (come potrebbe essere per esempio la stagnazione economica o la crisi occupazionale in atto) ma dipende piuttosto da cause contingenti come la scopertura degli organici, che per effetto della mobilità e soprattutto dei tempi lunghi richiesti per darvi seguito, incide a rotazione sui vari uffici specie di grado diverso. Tutti gli uffici peraltro hanno subito, sul piano operativo ed organizzativo, le conseguenze negative della mobilità legata alla temporaneità degli uffici direttivi e semidirettivi, perché la sistemazione dei magistrati cessati dalle funzioni direttive o semidirettive ha richiesto tempi lunghi, praticamente tutto l’anno decorso, e nei

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tempi di attesa si sono inevitabilmente verificate disfunzioni legate anche ad un minore impegno lavorativo di chi era venuto a trovarsi un una posizione di incertezza quanto al proprio ruolo. Le conseguenze delle disfunzioni della giustizia L’effetto principale delle criticità del sistema giudiziario, il più appariscente, quello che fa più discutere, è, come si è detto, la eccessiva durata dei procedimenti. Una giustizia che arriva troppo tardi (se arriva, perché l’effetto ulteriore è, per quanto riguarda il penale, la prescrizione dei reati) è una non giustizia ovvero, a tutto concedere, una giustizia che non interessa più a nessuno o addirittura qualcosa che risveglia un fantasma del passato che tutti avrebbero avuto interesse a dimenticare. Ma è la giustizia civile che principalmente ne soffre: qui i ritardi infliggono costi elevati alle imprese e, secondo la relazione della Banca d’Italia, sono tali da incidere negativamente sugli investimenti e quindi sullo sviluppo dell’economia. D’altra, anche se le cause della litigiosità crescente sono molteplici (sempre secondo uno studio della Banca d’Italia, il crescente numero e complessità delle transazioni che accompagnano lo sviluppo economico; gli inadempimenti contrattuali che aumentano nei periodi di difficoltà economica; l’aumentato numero di conflitti sociali; la presenza sul territorio di un elevato numero di avvocati; l’emergere di bisogni nuovi cui si tenta di dare risposta attraverso il ricorso al giudice), non vi è dubbio che la crisi di per sé è essa stessa fattore di crisi: la litigiosità infatti è incoraggiata quando non si ha motivo di temere una immediata risposta giudiziaria. Intollerabile ed abnorme è stato definito il costo economico derivante dalle condanne al pagamento di un indennizzo per l’eccessiva durata dei processi. Applicazione della convenzione dei diritti dell’uomo – Legge Pinto Infatti mentre non sono state pronunziate decisioni di particolare importanza in applicazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo, si è verificata una vera e propria crescita esponenziale dei procedimenti per l’indennizzo del danno da ritardata definizione dei processi (c.d. legge Pinto), che ormai, presso questa corte di appello (competente per i ritardi verificatosi nel distretto di Bari), nel periodo di riferimento, hanno raggiunto un numero corrispondente e anzi superiore a quello di tutte le restanti controversie civili: è evidente che per ciò solo la trattazione di queste ultime subirà di necessità rallentamenti che incideranno sulla loro durata e a loro volta determineranno un incremento dei procedimenti ex lege Pinto. Se si considera poi che per ciascuno di questi procedimenti gli uffici della corte interessata (dove spesso non si trova più presente il giudice che ha trattato la causa) devono predisporre relazioni per l’Avvocatura dello Stato che si deve costituire in giudizio, relazionare poi al Procuratore generale della Cassazione ed

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al Procuratore Regionale della Corte di Conti sulle ragioni dei ritardi per individuare eventuali responsabilità disciplinari o amministrative, eseguire attraverso i propri uffici di ragioneria i pagamenti a cui l’amministrazione giudiziaria viene inevitabilmente condannata con complessi calcoli per interessi, spese e ritenute fiscali, oltre che fornire spiegazioni e chiarimenti agli interessati spesso costretti a lunghissime attese che talvolta danno adito ad altro contenzioso… si comprende allora come tali procedimenti rappresentino, oltre che un costo elevatissimo per l’erario, una ragione grave di disfunzione degli uffici giudiziari impegnati, piuttosto che a rendere giustizia, ad autocondannarsi per i propri ritardi. Una spirale da cui si rende urgentissimo uscire, trovando forme alternative e semplificate di definizione di questo contenzioso, almeno fino a quando non sarà possibile garantire da parte dell’apparato giudiziario risultati di maggiore efficienza e quindi una risposta più tempestiva alla domanda di giustizia. Nel periodo di riferimento, i competenti uffici della corte di appello hanno effettuato pagamenti per indennizzi liquidati ex leg Pinto (per i ritardi verificatisi nel distretto di Bari per cui la corte di Lecce è competente) per complessivi euro 1.024.200 – precisamente euro 742.000,00 nel 2008 e 282.200,00 nel secondo semestre 2009 fino al 9.12.09: questi pagamenti tuttavia si riferivano ad indennizzi liquidati prevalentemente negli anni precedenti; nell’anno 2008 sono stati liquidati indennizzi per euro 1.400.000,0 e nell’anno 2009 per euro 2.300.000,00 per pochissimi dei quali è stato effettuato il pagamento sicché, alla data del 30 settembre 09, vi era un debito di euro 3.800.000,00 cui non si era potuto far fronte per insufficienza delle risorse assegnate dal Ministero, tale essendo l’importo dei decreti già emessi ed in attesa di liquidazione. Negli anni precedenti gli indennizzi liquidati ammontavano invece, nel 2005, ad euro 171.200,00; nel 2006 ad euro 456.173,00; nel 2007 ad euro 964.000,00. Vi è stato quindi un aumento costante e sensibile. Né ci può consolare il fatto che questi importi – liquidati da Lecce – si riferiscono ai ritardi maturati a Bari, perché il fenomeno ha un andamento costante in tutto il territorio nazionale e riguarda quindi anche Lecce, Infatti nello stesso periodo la corte di appello di Potenza (competente invece per i ritardi verificatisi nel distretto di Lecce) ha liquidato euro 1.402.110,83 ma restavano da pagare alla data del 10.8.09 euro 1.205.396,70 oltre gli interessi, con la precisazione però che le dette somme non riguardavano per intero ritardi dei tribunali ordinari e riguardano anche i ritardi delle Commissioni Tributarie e, in misura di gran lunga minore, della giustizia contabile ed amministrativa (non si dispone di dati statistici differenziati). Alla data del 15.9.09 i procedimenti pendenti davanti alla corte di appello di Potenza e riguardanti ritardi degli uffici giudiziari del distretto di Lecce erano 564, 218 riguardavano ritardi delle Commissioni tributarie e solo 3 ritardi di giudici amministrativi.

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I rimedi alla crisi Le cause sono tradizionalmente indicate, nel civile, in un sistema processuale complicato e farraginoso; nel penale in un sistema processale che sacrifica l’esigenza di una rapida definizione dei procedimenti a supposte e tutt’affatto reali esigenze di garanzie difensive. I rimedi quindi potrebbero essere costituiti da urgenti riforme e in un aumento delle risorse umane e materiali a disposizione. Quanto alla insufficienza delle risorse materiali (se ci riferiamo alle spese per il funzionamento degli uffici, escluse quelle che per legge fanno carico ai comuni che vi provvedono col contributo dello Stato, escluse altresì le spese in conto capitale, come quelle impegnate per la costruzione o per l’ampliamento di uffici giudiziari devo dire che mi sono ricreduto, con qualche riserva per quanto riguarda l’informatizzazione su cui tornerò o la dotazione di autovetture di servizio. In realtà le risorse finanziarie che ci sono state assegnate per il corrente anno – con le integrazioni che sono arrivate verso la fine dell’esercizio finanziario, quando l’amministrazione centrale poteva contare su sostanziose economie di spesa e ha potuto quindi impegnare i residui – sono risultate sufficienti alle reali esigenze. Certo sembrava ad un certo momento che non si potesse far fronte ad acquisti di assoluta necessità (toner per stampanti e carta per fotocopiatori) ma con una migliore programmazione e distribuzione nell’anno della spesa, questi pericoli si possono superare tant’è che, nonostante i mugugni di alcuni uffici, alla fine ce l’abbiamo fatta. Assolutamente insufficiente invece la dotazione di autovetture di servizio. Vi sono uffici come il tribunale di Lecce, che ha ben sette sezioni distaccate, e una sola e vetusta autovettura. Simile la situazione degli altri due tribunali e va da se che il servizio non può essere assicurato. Sembrerebbe però, da alcuni segnali, che l’amministrazione centrale vi stia provvedendo. Ben diverso il discorso relativo alla insufficienza di risorse umane. Gli organici del personale amministrativo Tutti indistintamente gli uffici del distretto denunciano l’inadeguatezza degli organici oltre che del personale di magistratura anche del personale amministrativo e non potrebbe essere diversamente considerato che ormai da dieci anni non viene bandito alcun concorso per l’assunzione di personale amministrativo e di supporto ed anche i concorsi per l’accesso alla magistratura hanno subito un notevole rallentamento per effetto delle attuate riforme ordinamentali. Vi è stato inoltre, e senza che si sia provveduto alla sostituzione, un vero e proprio esodo legato al collocamento a riposo (talora “forzato”) di molti dipendenti che, avendo raggiunto il massimo contributivo ai fini pensionistici, non sono stati autorizzati a restare in servizio, ovvero, quando volontario, per il timore di un aggravamento dell’onere fiscale sul trattamento di fine rapporto.

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Già lo scorso anno segnalava a riguardo il Procuratore generale che fra gli interventi indispensabili e con carattere prioritario “vi era l’adeguamento degli organici della magistratura e del personale amministrativo, in relazione al carico di lavoro ed alle caratteristiche della criminalità” ed ha sottolineato a tal proposito “l’inadeguatezza dell’organico della procura distrettuale di Lecce ulteriormente evidenziatasi proprio a seguito della dilatazione della sua competenza distrettuale, in virtù della quale i pubblici ministeri leccesi dovranno occuparsi delle indagini e dei giudizi per un gran numero di delitti diversi da quelli della criminalità mafiosa già attribuiti alla competenza della direzione distrettuale antimafia, commessi anche nei circondari di Brindisi e di Taranto (in particolare di prostituzione di pornografia minorile) nonché per effetto della recentissima modifica del sistema della prevenzione (introdotta con legge 24 luglio 2008 n. 125 di conversione del decreto legge 23 maggio 2008 n. 92) delle misure personali e patrimoniali nei confronti dei soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51 comma 3 bis del codice di procedura penale che dimorino nell’ambito dell’intero distretto – quindi anche nelle province di Brindisi e di Taranto – e ciò comporterà il sopravvenire di una rilevante mole di lavoro che verrà a gravare sulla procura di Lecce con conseguenti spostamenti fuori sede del P.M. leccese innanzi alle magistrature giudicanti di Brindisi e di Taranto con ulteriore dispendio di energie e di tempo da parte dell’intera procura”. E lo scrivente non può, come già lo scorso anno, non rilevare che, “in presenza di una situazione ormai nota a tutti, la volontà politica di non ricostituire gli organici, di non aumentare le possibilità di lavoro straordinario per i dipendenti, di pretendere che si continui a fare sacrifici senza altri riconoscimenti che quelli critici sempre più offensivi, non incoraggerà verso maggiori sacrifici”. A questo proposito chi scrive deve denunciare con forza l’ingiustizia dell’accusa di essere “fannulloni ed improduttivi” rivolta in genere agli impiegati pubblici ed anche al personale giudiziario, risibilmente indicato come l’unico responsabile delle inefficienze dell’amministrazione pubblica, nonché l’ingiustizia del trattamento riservato al personale giudiziario il solo, nel settore pubblico, finora ed inspiegabilmente escluso dalla c.d. riqualificazione e dai modesti benefici che ne derivano anche in termini economici oltre che di collocazione professionale. Occorre al contrario predisporre una serie di incentivi anche di natura economica per motivare il personale di cancelleria il cui impegno, finora per vero mai mancato, è indispensabile ad ogni prospettiva di riforma. La revisione della geografia giudiziaria Il presidente del tribunale di Lecce in particolare, ai fini di una migliore e più razionale utilizzazione del personale sia di magistratura che di cancelleria, propone da tempo la soppressione o quanto meno l’accorpamento delle sette sezioni distaccate in cui si articola il tribunale. Il presidente del tribunale di Brindisi ha proposto da parte sua l’accorpamento di due sezioni distaccate.

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Tanto si auspica anche dall’ordine degli avvocati e infatti, se pure le sezioni distaccate di che trattasi sono di dimensioni non proprio modeste e, almeno in parte, sono a servizio di un bacino di utenza corrispondente a quello di molti tribunali medio-piccoli, ciononostante l’esistenza di una buona rete stradale e di ottimi collegamenti col capoluogo di provincia, li rende davvero superflui. E d’altra parte sarebbe di grande utilità per i professionisti concentrare la loro attività nella stessa sede senza necessità a volte nella stessa giornata di spostamenti da un luogo all’altro; altrettanto utile sarebbe per gli uffici riportare ad unità i vari servizi di cancelleria allo stato frazionati tra le varie sezioni, senza dire che molto spesso alle sezioni distaccate non vi è la possibilità di assegnare un giudice togato stabile e in questi casi la sezione resta affidata ad un giudice onorario non sempre nella condizione di dirigerla in modo responsabile e pienamente affidabile. Sennonché pur essendovi a riguardo, almeno in apparenza, generale consenso, il problema, che è sempre all’ordine del giorno, non viene mai affrontato seriamente e le soluzioni sono di fatto differite sine die. Vero anche tuttavia che il problema non è di così facile soluzione come talora si pretende, perché la soppressione o l’accorpamento delle sezioni distaccate non solo urta contro interessi locali (e infatti è forte l’opposizione delle comunità locali, non sempre sensibili a risultati di maggiore efficienza dell’apparato giudiziario né sempre in sintonia con l’interesse dei professionisti legali non del luogo) ma comporta anche problemi di sistemazione del personale e di allocazione degli uffici in stabili che spesso sono insufficienti ad ospitare gli uffici già esistenti nel capoluogo, nonché problemi connessi al trasferimento degli oneri relativi al funzionamento di uffici prima periferici all’ente locale capoluogo: problemi certamente risolvibili senza particolare difficoltà, sol che si decida di affrontarli seriamente, ma che non possono essere sottovalutati o peggio ignorati. Allo stato nessuna iniziativa si vede all’orizzonte intesa a rimediare a così grave carenza di mezzi e di risorse e si deve quindi prendere atto che l’effetto sinergico dell’aumento del contenzioso da una parte e della mancanza di mezzi dall’altra, rischia di produrre una vera e propria paralisi in un settore che è nevralgico per l’ordinato sviluppo della società. Le riforme Un illustre parlamentare di queste parti, che occupa anche un incarico di rilievo nella “consulta giustizia” del partito di maggioranza, l’on. Luigi Vitali che è stato anche sottosegretario alla giustizia, a difesa di quel progetto mostruoso che è il disegno di legge contenente “misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’art. 111 della costituzione e dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo”, quella iniziativa legislativa – per intenderci – che viene spacciata come rimedio alla eccessiva durata dei processi e che dovrebbe quindi assicurare il c.d. processo breve (provvedendo intanto a spazzar via tutti o quasi i processi pendenti, e uno in particolare che sembrerebbe

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che è quello che maggiormente ha peccato di lungaggini e perciò sta più a cuore) – on. Vitali non voglio offrirle argomenti di polemica ma di discussione pacata – ha scritto un interessante articolo, su un giornale locale, dall’accattivante titolo “Giustizia ingiusta ma guai a proporre rimedi e riforme” nel quale osserva: “Che paese strano il nostro! Passiamo le giornate a sollevare problemi che necessitano di soluzioni urgenti, a dire che c’è bisogno di riforme improcrastinabili, ma quando qualcuno si azzarda a formulare proposte o il Parlamento a discutere di disegni di legge che vanno in tal senso o, infine, il governo ad adottare provvedimenti ritenuti necessari, ecco che si assiste alla levata di scudi di chi si ritiene danneggiato, alla sollevazione delle piazze da parte di chi si reputa superato”: Ora – a parte che dal testo dell’articolo appare piuttosto chiaro che le finalità del disegno di legge in questione sono quelle di mettere il ceto politico al riparo dall’azione dei giudici, dopo che il legislatore del 1993, “delegittimato, impaurito inseguito dalla magistratura e disconosciuto dal popolo” (sic nel testo dell’articolo) eliminò l’immunità parlamentare –, il dato di fatto che preoccupa è che il punto di partenza dell’articolo è purtroppo sacrosanta verità. Ma non dice nulla tutto questo? Non significa nulla che predisposto un disegno di legge per la riforma del processo civile, il cui punto più qualificante era il c.d. filtro per la i ricorsi in cassazione, gli studiosi, i giudici della Cassazione riuniti in assemblea, il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Associazione Nazionale Magistrati si pronunciano contro? Non conta nulla il parere di costoro? Non significa nulla che altrettanto sia avvenuto per il disegno di legge sul c.d. processo breve? Che – ribadisco – se approvato spazzerà via gran parte dei processi, anche quelli in cui sono in gioco rilevantissimi interessi perché se fosse vero che riguarda solo una percentuale infima di processi, addirittura l’1%, come si è detto da fonte autorevole, non vi sarebbe stato motivo di creare tutto il putiferio che si è creato e, visto che una percentuale così ridotta di processi era per c.d. in sofferenza, dovremmo concludere che il nostro sarebbe allora il migliore e più sollecito dei sistemi giudiziari e che dunque non vi sarebbe necessità di interventi di questo tipo. E se l’opposizione avesse peccato di cinismo, anziché trattare come pare che sia facendo e ripiegare su risultati più limitati, che poi pare che siano quelli che veramente interessano, avrebbe dovuto forse lasciar fare per poi vedere, come dice la canzone di Jannacci, al funerale l’effetto che fa… Così, è vero, avviene ad ogni tentativo di riforma che hanno tutti in comune una caratteristica: quella di non far parte di un disegno complessivo che non sia destinato a soddisfare esigenze settoriali o peggio di parte e che possa puntare ad una vera riforma. Ora io non so a che stadio siano questi progetti (qualcuno, come quello sul processo civile è stato precipitosamente modificato; qualche altro forse è destinato ad essere abbandonato). I tempi di questa relazione, che arrivano al 30 giugno dello scorso anno, do-

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vrebbero indurci a disinteressarcene ma poi la relazione non avrebbe alcuna attualità. Io me ne disinteresso semplicemente perché, come una volta mi confidò il mio illustre amico e compagno di studi universitari, avv. Giovanni Pellegrino, sarebbe tempo perso occuparsene fino a quando non saranno approvati, vista la frequenza con cui vengono proposti, modificati o ritirati, a dimostrazione di quanta scarsa riflessione essi siano frutto. La verità è che, come è stato autorevolmente detto (Santacroce al congresso nazionale dell’ANM), “la giustizia, per funzionare, esige parametri di valutazione stabili e non interventi occasionali e meramente episodici, volti a dare rispostre immediate ad esigenze contingenti, vere e presunte, rappresentante essenzialmente dalla stampa e dalla televisione, come è avvenuto finora. Diversamente continueremo a sfornare periodicamente leggi più o meno eccezionali per tamponare questa o quella situazione di emergenza e seguiremo ad esportare a Strasburgo la nostra inefficienza, con il sovraccarico di giudizi di responsabilità civile per durata irragionevole dl processo”. Al contrario “non serve partorire progetti di legge delega per il processo civile e per quello penale, certamente interessanti ma fini a se stessi, se non si valutano prima gli effetti (e le ricadute) che le nuove normative sono destinate a produrre sull’esercizio quotidiano della giurisdizione, in mancanza di un progetto organico e di un obiettivo da perseguire congiuntamente”. Le precedenti riforme Nella precedente relazione mi sono soffermato su quello che, a mio parere, era tutto ciò che di significativo restava delle riforme della precedente legislatura: la temporaneità degli uffici direttivi e la partecipazione degli avvocati ai consigli giudiziari. La temporaneità degli uffici direttivi e semidirettivi ha avuto effetti dirompenti nell’organizzazione degli uffici giudiziari. Da un lato, col turnover che ha comportato (in quanto la riforma ha riguardato un gran numero di magistrati con ufficio direttivo o semidirettivo, circa quattro cento già quando la riforma entrò a regime), ha provocato notevoli disagi per gli uffici e per i magistrati interessati, dati i tempi tecnici necessari per provvedere alle sostituzioni, lavoro che ha impegnato per quasi due anni il Consiglio Superiore della Magistratura e che non si è ancora concluso: nel distretto, dopo la nomina del procuratore della repubblica di Brindisi Dinapoli, che ho già salutato nella cerimonia di insediamento ma cui rinnovo gli auguri di buon lavoro, e che ha seguito a breve quella del presidente del tribunale della stessa città dr Giardino e quella a cui ha fatto seguito in questi giorni quella del presidente del tribunale di sorveglianza di Taranto Brandimarte, tutti gli uffici apicali del distretto sono stati coperti, non così gli uffici semidirettivi: alla corte di Lecce sono scoperti ancora due posti di presidente di sezione, uno alla corte di Taranto. Un discreto numero, oltre quelli solo recentemente coperti, sono i posti di presidente di sezione di tri-

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bunale che non hanno un titolare e altri a breve si renderanno liberi perché chi li occupa attualmente maturerà a breve gli otto anni di permanenza. I passaggi da un ufficio all’altro (quattro validissimi magistrati della corte sono andati ad occupare altrettanti posti di presidente di sezione in tribunale e così alla corte di Taranto per due magistrati) ha determinato la necessità di riorganizzare gli uffici, di procedere ad applicazioni per consentire agli uffici scoperti di continuare a lavorare, il tutto con disagio anche dei magistrati interessati. Ma nllo stesso tempo ha provocato un notevole ringiovanimento, com’era nei propositi, dei dirigenti degli uffici, e i giovani, dobbiamo riconoscerlo, hanno più voglia e più energie per impegnarsi. Il loro entusiasmo nasce anche – è inutile negarlo – dalle prospettive legate alla riconferma nell’incarico dopo i quattro anni o da ambizioni di progressione nella c.d. carriera, motivazioni che possono mancare a chi, raggiunta una certa età, si prefigura soltanto una vita tranquilla. E bisogna dire che le scelte del Consiglio Superiore sono state tutte felici. Certo non è stato gradevole per molti vedersi negare un ufficio di grado corrispondente a quello che fino a quel momento avevano occupato o vedersi scavalcati da colleghi più giovani ma ciò era inevitabile una volta eliminato, ai fini della valutazione, ogni parametro obiettivo e in particolare quello dell’anzianità e riconosciuta al Consiglio Superiore ampia discrezionalità che purtroppo, com’era prevedibile, oltre a lasciare molti scontenti provocherà anche un notevole contenzioso. Ma è quello che tutti abbiamo voluto nella prospettiva che le scelte fondate su criteri meritocratici, per quanto opinabili, giovassero al funzionamento degli uffici: altra cosa è che poi tutti o quasi tutti, predicando di meritocrazia, siamo convinti, non consapevoli dei propri limiti, di essere più meritevoli degli altri… e che quindi gridiamo all’ingiustizia quando qualcun altro ci viene preferito… La partecipazione degli avvocati ai lavori del consiglio giudiziario ha dato e sta dando buoni frutti. Intanto, approvando il nuovo regolamento del consiglio, abbiamo riconosciuto la possibilità agli avvocati che fanno parte del consiglio giudiziario di essere informati anche degli argomenti alla cui discussione non sono legittimati a partecipare, praticamente tutto ciò che riguarda le valutazioni di professionalità dei giudici (loro chiedevano anche di assistere alle discussione senza parteciparvi ma noi abbiamo ritenuto che ciò non fosse possibile né opportuno data la natura degli argomenti) ma gli abbiamo riconosciuto la possibilità di far pervenire comunque al consiglio osservazioni e richieste e per il coniglio l’obbligo di prenderle in considerazione motivatamente accogliendole o respingendole. E anche qui i risultati si sono visti la partecipazione degli avvocati ha costretto noi giudici professionali ad un maggior selfcontrol nel senso che abbiamo riflettuto più a lungo prima di ogni decisione e non ci siano fatti scrupolo di decidere in qualche occasione in modo difforme dalle aspettative di qualche collega. Ora il banco di prova sarà costituito dall’esame delle tabelle di organizzazione del tribunale di Lecce che presenta molte criticità (per esempio qualche sezione

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distaccata scoperta e dove nessuno vuole andare) che sarà difficile superare senza creare malcontenti. E sono sicuro che questa volte la presenza degli avvocati ci costringerà a guardare meglio all’interesse del servizio piuttosto che a quello dei singoli magistrati. L’informatizzazione dei servizi Nel corso del periodo di riferimento, l’informatizzazione dei servizi, di cui lo scorso anno ho segnalato i ritardi, anche a confronto con altre amministrazioni dello Stato, ha fatto in tutti gli uffici del distretto notevoli passi in avanti. Nell’area penale, a seguito dello sviluppo del nuovo più evoluto applicativo denominato SICP (Sistema Informativo della Cognizione Penale) è stata avviata, presso la sede di Lecce, sia l’attività di bonifica che quella di pre-esercizio dell’applicazione con migrazione dei dati dal Re.Ge. 2.2, che è l’applicativo attualmente in uso nella maggior parte degli uffici. In sede di utilizzo sperimentale il sistema ha tuttavia palesato limiti e criticità che sono state segnalate all’amministrazione centrale ed al fornitore. Solo al termine della verifica in corso il prodotto potrà essere posto in uso, presumibilmente nella prossima primavera. Nella sezione distaccata di Taranto, che era l’unico ufficio del distretto che non aveva ancora informatizzato i registri della cancelleria penale, tenuti finora nella forma cartacea, è stato attivato, poco prima del trasferimento degli uffici nella nuova sede, il Re.Ge. relazionale che però presenta qualche problema di coordinamento col Re.Ge. 2.2 in uso presso il tribunale. Infatti, poiché i due sistemi a quanto pare non comunicano fra di loro (il Re.Ge. è già in uso da alcuni anni e avrebbe dovutro essere sostituito col Re.Ge. relazionale, quest’ultimo a sua volta ha presentato delle criticità e dev’essere quindi perfezionato), riesce in questo momento impossibile acquisire direttamente dal registro informatico del tribunale tutti i dati relativi ai processi inviati dal tribunale alla corte di appello, con la necessità di procedere ex novo alla registrazione di detti processi, una volta pervenuti alla corte di appello, e ciò fa perdere una buona parte dei vantaggi della informatizzazione. Inoltre si è reso necessario avviare un faticoso lavoro di data entry per tutti i processi già pendenti alla corte. Poiché, sia pure con queste limitazioni, l’informatizzazione del registro generale ha già dato buoni risultati, semplificando il lavoro della cancelleria, non si è atteso, per dar corso al progetto, che tali problemi venissero risolti dagli esperti del Cisia di Taranto, che però hanno assunto da tempo un preciso impegno in tal senso e che, sia pure con forte ritardo, ritengo che sarà mantenuto. Sempre nel corso dell’anno, è stata ultimata l’attività di data entry delle procedure pendenti presso la Sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Lecce e presso la corte di appello sul sistema SIPPI (Sistema Informativo Prefetture e Procure dell’Italia meridionale) che gestisce il patrimonio informativo relativo ai beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali nell’ambito dei procedimenti ablativi.

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Si è consolidato l’utilizzo del nuovo sistema dell’esecuzione penale (SIES) in tutti gli uffici del distretto che si avvalgono così di un’unica banca dati alimentata dagli uffici di procura ed aggiornata con i provvedimenti del Tribunale e dell’Ufficio di sorveglianza. Nell’area civile consolidatosi l’utilizzo del sistema SICC (sistema informativo contenzioso civile) e SIL (sistema informativo lavoro) in tutti gli uffici del distretto, si è passati a sw basati su architettura web centralizzata. In tale ottica si inquadra la diffusione in tutti i tribunali del sistema delle esecuzioni civili individuali e concorsuali (SIECIC) per la gestione delle procedure esecutive mobiliari, immobiliari e concorsuali con recupero dei dati pregressi affidato a ditta esterna, utilizzando finanziamento comunitario. Nell’area amministrativa è operativo pressoché ovunque il nuovo sistema di gestione de servizi amministrativi (SIAMM), che consente, attraverso il modulo “accertamento e riscossione spese di giustizia” l’abbandono dei registri cartacei dematerializzando l’intero processo di accertamento e riscossione delle spese di giustizia, dal momento di presentazione dell’istanza di pagamento del beneficiario alla gestione dei capitoli di spesa, col sistema SiCoGe, da parte del funzionario delegato. Mentre attraverso il modulo “gestione presidenti” è stato possibile velocizzare le operazioni attinenti alla nomina dei presidenti di seggio elettorale in occasione delle varie tornate elettorali e all’aggiornamento del relativo albo. È in fase di reingegnerizzazione a cura degli esperti del locale presidio Cisia, il progetto SIAFP (sistema informativo automatizzato fascicoli processuali), progetto pilota per sperimentare il quale fu individuata a suo tempo la corte di appello di Lecce e che ha già dato buoni risultati perché ha consentito di digitalizzare le sentenze civili , penali e del lavoro degli ultimi anni, semplificando tutti i problemi relativi alla loro archiviazione ed al rilascio di copia che da tempo avviene in tempo reale e per via telematica. Al dr Cascarano del presidio Cisia il merito di avere, con la sua disinteressata opera, rivitalizzato un progetto che sembrava, dopo avere suscitato tanti entusiasmi, destinato ad essere abbandonato. Gran parte degli uffici del distretto utilizzano il protocollo informatico che semplifica le operazioni di registrazione della corrispondenza in arrivo e in partenza e al tempo stesso l’archivia in formato elettronico. Gran parte delle comunicazioni in arrivo e in partenza avvengono attraverso il mezzo elettronico e più di recente attraverso la posta certificata e ciò consente in prospettiva (sarà solo questione di abitudine e si tratterà soltanto di entrare in questo ordine di idee) di risolvere almeno in parte il problema degli archivi, una vera iattura per tutti gli uffici, costretti a conservare una mole enorme di carte che li priva di spazi che possono essere meglio utilizzati. Infatti una volta che il documento viaggia in formato elettronico, chi lo riceve ma anche chi lo spedisce non ha più necessità di conservarlo su supporto cartaceo dal momento che chi forma il documento originale lo acquisisce al sistema informatico al momento della sua spedizione; chi lo riceve, poiché, a differenza

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di quanto finora è avvenuto, riceve soltanto un messaggio elettronico e non l’originale non ha più motivo di conservare quella che, se anche riprodotta su carta, è in definitiva soltanto una copia, poiché il documento originale è solo presso chi lo ha formato e quello ricevuto in formato elettronico è conservato sul server. L’autenticità del documento in partenza e in arrivo è attestata, poi, proprio dal mezzo di trasmissione – la posta certificata – e non dal supporto, finora cartaceo, che lo contiene. Nell’area minorile è in uso il nuovo software SIGMA che, realizzato nelle se componenti penale e civile, rielabora in nuova architettura tecnologica i precedenti sistemi SICAM (civile) e Re.Ge. minori. Come ho anticipato lo scorso anno, il Ministero, nell’ambito della diffusione delle c.d. best practies, ha approvato un progetto presentato dalla corte di appello che ha ottenuto un finanziamento di euro 350.000 sui fondi comunitari. La gestione di questo progetto è tuttavia riservata alla Regione ma dopo iniziali contatti non ne abbiamo saputo più nulla e solo qualche frammentaria notizia ci è pervenuta circa gare di appalto bandite dalla Regione per l’aggiudicazione del progetto, sulla cui attuazione, se mai avverrà, crediamo di avere il diritto di interloquire per esprimere le nostre esigenze e per ottenere in definitiva che il finanziamento venga utilizzato per quelli che sono i nostri bisogni. E nessun seguito ha avuto – nonostante l’interesse e l’entusiasmo manifestato verso l’iniziativa – l’offerta della Regione, comunicataci personalmente dal presidente Vendola, di farsi carico del rinnovamento tecnologico delle strutture informatiche presso gli uffici giudiziari. Avremmo voluto sapere almeno in che consisteva questo impegno (che ripeto è stato spontaneo e non avrebbe comunque dovuto sovrapporsi a quello dell’amministrazione giudiziaria) ma le mie richieste di notizie, al limite della petulanza, non hanno avuto risposta dall’assessore dell’epoca, personalmente interessato anche per le vie informali e solo prodigo di promesse. Ora di recente abbiamo ripreso questo discorso con la vice presidente avv. Capone e questa volta sono più fiducioso ben conoscendo la determinazione e la capacità dell’avv. Capone di passare dalle parole ai fatti. Un progetto di particolare rilievo è stato realizzato dalla locale Procura della Repubblica, grazie al finanziamento regionale nell’ambito dell’accordo di programma quadro per l’e.governement e la società dell’informatizzazione nella Regione Puglia. Oggetto dell’intervento è stato: la realizzazione di un sistema documentale per la de materializzazione del fascicolo penale del pubblico ministero denominato Auror@; la realizzazione di un sistema informativo di ausilio alle indagini denominato Gnosis; la realizzazione di nuove infrastrutture di base (hardware, reti ecc. a supporto dei sistemi. Il sistema Auror@ risolve ogni problema connesso alla gestione dell’enorme quantitativo di documentazione cartacea dei fascicoli che rappresenta per gli uffici del pubblico ministero una seria criticità, costringendo gli uffici a destinare molte

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risorse alle operazioni di fotocopia degli atti anche per rispondere alle richieste delle parti. La mancanza di una base documentale digitale d’altra parte neppure consente al magistrato di disporre prontamente dell’enorme patrimonio informativo a sua disposizione, a causa della difficoltà di ricercare e di estrarre al’occorrenza le informazioni necessarie. Il sistema Gnosis invece risponde all’esigenza di consentire al pubblico ministero la possibilità di accedere ad una miriade di informazioni ai fini delle indagini. Il sistema si interfaccia, potenzialmente, a qualsiasi banca dati. Allo stato attuale esso si interfaccia direttamente ai dati informatici contenuti nel registro generale ed ai fascicoli processuali digitalizzati, attingendo ai contenuti presenti nei documenti di tutti i fascicoli, dato il sistema di scansione in OCR. Il limite di questo progetto, per il modo anche come è stato realizzato, è che non si presta ad essere utilizzato oltre la fase delle indagini del pubblico ministero, tutt’al più dal giudice delle indagini preliminari, all’ufficio del quale infatti sta per essere esteso. Di più pratica ed immediata utilità invece il progetto Ire Sud pure finanziato dalla Regione, che prevede interventi di infrastrutturazione tecnologica finalizzata all’utilizzo di applicazioni ministeriali negli uffici NEP, negli uffici del giudice di pace del distretto e nel il tribunale di Lecce e sezioni distaccate. Il merito di queste realizzazioni va riconosciuto al sostituto procuratore dr Giovanni Gagliotta che però ha operato in completa solitudine ed in ciò sta forse il limite del risultato. Nel novembre scorso il direttore generale della Dgsia ha comunicato con una e.mail che “dal sito del Ministero è da oggi possibile accedere al nuovo servizio SIGP@Internet, Il servizio dovrebbe consentire a tutti, cittadini ed avvocati, di – compilare ondine un ricorso in opposizione a sanzione amministrativa e la relativa nota di iscrizione a ruolo o anche la sola nota di iscrizione a ruolo. Se l’utente fornisce un indirizzo e.mail potrà ricevere comunicazioni ed aggiornamenti sul ricorso una volta iscritto a ruolo. -accedere tramite internet alle informazioni sullo stato dei procedimenti proposti dinnanzi al giudice di pace contenuti nella banca dati del software ministeriale Sistema Informatico Giudice di Pace (SIGP) in uso presso gli uffici del giudice di pace. Troppo bello; da non crederci… infatti… sarà che non tutti gli uffici di giudice di pace, specie quelli di periferia, per i quali maggiore è l’utilità di comunicare attraverso internet, non sempre dispongono di collegamenti adeguati al sistema… La prossima realizzazione del portale della corte di appello di Lecce, già in fase molto avanzata consentirà di fornire a chiunque vi abbia interesse le più disparate informazioni sull’attività della corte e degli uffici del distretto; ciò, oltre a rendere un servizio, la cui utilità è di immediata percezione, alla generalità degli utenti, riducendo quanto meno i tempi di attesa ed eliminando i costi inerenti ad ogni altra forma di comunicazione con gli uffici della corte, eviterà a questi ultimi di dedicare una parte della loro attività lavorativa ai contatti con gli utenti per informazioni o per dar corso ad ogni altra loro richiesta, che invece potrà essere

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evasa automaticamente ed in tempo reale dal sistema informatico, con indubbi vantaggi per il servizio. Tutto bene dunque se non fosse che tutto il materiale hardware in dotazione agli uffici è obsoleto e per le note ristrettezze finanziarie non se ne prevede la sostituzione. Anche l’assistenza sistemistica, ormai centralizzata per le solite economie di spesa ed alla quale bisogna rivolgesi attraverso il solito call center, lascia molto a desiderare perché ci ha privato della possibilità di avere a portata di mano un tecnico esperto che ci possa all’occorrenza dare aiuto. Per fortuna c’è il nostro amministratore di sistema dr Luigi Bisanti, che quando non è di cattivo umore, è sempre disponibile e ci risolve tutti i nostri problemi. Gli uffici del giudice di pace e in genere la magistratura onoraria Il numero degli uffici del giudice di pace in questo distretto non può dirsi esuberante rispetto alle necessità anche se la diffusione sul territorio degli uffici, come si è già rilevato per le sezioni distaccate di tribunale, è tale comunque da assorbire notevoli risorse, nonostante che i titolari degli uffici ne lamentino, e spesso a ragione, la insufficienza. D’altra parte sempre più spesso si attinge agli uffici del giudice di pace (nonostante la resistenza del personale interessato) per sopperire alle necessità di altri uffici giudiziari dove si registrano vuoti insostenibili. La situazione dei vari uffici non è poi omogenea poiché ad uffici sovradimensionati rispetto alle effettive esigenze del territorio di competenza, corrispondono uffici del tutto inadeguati rispetto al bacino di utenza loro assegnato e dove di conseguenza vi è maggiore inefficienza. Recentemente sono state rivisitate le piante organiche e per alcuni di essi si è previsto un sensibile aumento dei giudici assegnati, ciò però è avvenuto solo sulla carta poiché a coprire i vuoti dovrebbe provvedersi, secondo la vigente disciplina, non attraverso nuovi concorsi ma attraverso i trasferimenti di cui però non si ha attualmente notizia, senza dire che attraverso i trasferimenti si rimedia alle carenze di alcuni uffici ma se ne creano altre dove prima non ve ne erano. Dall’introduzione della competenza penale del giudice di pace è conseguito una modesta riduzione dei flussi di lavoro per gli uffici giudiziari giudicanti ma al tempo stesso un maggior onere di lavoro per gli uffici di procura, per la necessità – una volta che non è più possibile utilizzare, per le udienze del giudice di pace,la polizia giudiziaria – di partecipare alle relative udienze in località talvolta lontane dalla sede, con ulteriore perdita di tempo per i trasferimenti. Ciò ha aggravato notevolmente la già precaria situazione degli uffici di procura e ha reso più gravoso il compito del personale, non essendo facilmente praticabili le alternative previste per l’obiettiva difficoltà di reperire le figure professionali ivi contemplate. È troppo presto per dire quale sarà l’impatto su questi uffici dell’ampliamento della competenza: va tenuto presente a riguardo che in termini percentuali è

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molto alta l’incidenza sull’intero contenzioso delle cause relative a materie con riferimento alle quali la competenza dei giudici di pace è stata ampliata. È quindi presumibile che un numero assai elevato di cause passerà ai giudici di pace, i quali già oggi faticano ad assolvere seriamente il loro compito e dimostrerà quanto sia sbagliato considerare “giustizia minore” quella da loro amministrata, quando invece interessa un numero elevato di cittadini ed è destinata a soddisfare interessi diffusi e perciò molto sentiti dalla collettività. Sicché è inevitabile ormai ripensare seriamente a quello che dovrà essere il ruolo della magistratura onoraria in un sistema giustizia, la cui efficienza non può essere compromessa dalla necessità di dover sopperire ad ogni minuta domanda di giustizia ma che non può neppure essere destinato alla cura di interessi per così dire elitari. Chi scrive è ben consapevole dell’apporto dato al funzionamento della giustizia dalla magistratura onoraria, della quale è escluso ormai che possa farsi a meno, e però non può più tollerarsi che questioni civili e penali spesso di non semplice soluzione siano affidate e decise da giudici o vice procuratori onorari, per i quali il compenso è commisurato sulla base non della qualità ma della quantità del lavoro, solo teoricamente posti sotto la sorveglianza dei responsabili degli uffici e per i quali sostanzialmente non è previsto, se non in modo sporadico, alcun aggiornamento professionale né alcuna effettiva verifica periodica di efficienza e professionalità. Pare evidente che dovrà al più presto essere definito un più chiaro e trasparente metodo di assunzione, ma anche un sistema di controlli sul funzionamento di questi uffici da affidare comunque alla magistratura professionale non puramente simbolico come quello attualmente affidato ai presidenti di tribunale, che lo assolvono con scarso impegno, essendo interamente assorbiti dai compiti inerenti l’ufficio cui direttamente sono preposti. A questo proposito devo dire che non mi preoccupa più di tanto la richiesta delle associazioni dei magistrati onorari di stabilizzazione del rapporto di servizio ed anzi la giudico un fatto positivo, per creare un legame più penetrante tra il magistrato onorario e l’amministrazione, posto che oggi non è più possibile concepire l’attività giurisdizionale sia pure affidata a magistrato onorario come attività aggiuntiva rispetto a quella lavorativa principale che verrebbe inevitabilmente privilegiata. Nello stesso tempo la stabilizzazione della posizione lavorativa e la insaturazione di un vero e proprio rapporto di impiego potrà servire a responsabilizzare ancora di più il magistrato onorario di tribunale, oggi, a differenza di quello professionale e a differenza dello stesso giudice di pace, neppure soggetto a responsabilità disciplinare ed esposto soltanto al rischio della revoca per gravi inadempienze o della non conferma alla scadenza del mandato. È sintomatico a questo riguardo quanto si è appurato di recente, in merito al funzionamento degli uffici del giudice di pace, attraverso le ispezioni ministeriali disposte, almeno per questo distretto, per la prima volta dopo quasi vent’anni dalla istituzione.

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Quale struttura privata – ci sarebbe da chiedersi, dato che ad esse ci si dovrebbe ispirare ora che ai capi degli uffici viene richiesta culturale manageriale – non si sarebbe fatta carico di verificare subito dopo la loro istituzione la loro efficienza? Qui da noi si è atteso vent’anni ed è naturale che in tutto questo tempo si siano diffuse prassi inimmaginabili, che ampiamente giustificano il “mugugno” degli avvocati e la loro sfiducia verso la magistratura onoraria e si sono create sacche di inefficienza di cui nessuno si era prima accorto ed a cui ora urge, anche se è difficile, rimediare. Per fare un esempio, in un importante ufficio di giudice di pace di questo distretto, si è scoperto solo in seguito all’ispezione ministeriale che i due giudici addetti all’ufficio erano in arretrato di circa novemila sentenze ciascuno, pronunciate dai quattro ai sei anni prima, del che per vero nessuno sembrava essersi accorto, anche perché il sistema di rilevazione delle sentenze depositate in ritardo (ritardi quasi sempre giustificati dai presidenti di tribunale) non permette di rilevare il numero delle sentenze non depositate affatto dopo che sono state pronunciate. Chi vi parla, chiamato di recente dal Consiglio Superiore della Magistratura, per fornire spiegazioni in ordine a questa situazione, ha ribadito queste carenze, chiarendo che purtroppo non vi erano rimedi se non quelli preventivi e che lo strumento disciplinare, di cui è titolare il presidente della corte di appello, avrebbe potuto aggravare la situazione: chi avrebbe dovuto scrivere queste 18.000 sentenze, già pronunciare – si badi – e quindi non suscettibili di essere rimesse in discussione, se i due giudici responsabili fossero stati destituiti? Ed ha ribadito che era perciò urgentissimo provvedere alla riforma, per ricondurre in un alveo di normalità questi uffici, che pure amministrano una fetta assai sostanziosa della giustizia civile e che operano come monadi sottratte a qualsiasi controllo… Ebbene l’impressione è stata (solo l’impressione, è chiaro…) che chi ascoltava quasi cadesse dalle nuvole, anche perché non devono essere stati molti i presidenti di corte di appello che come chi vi parla ha attivato, nei riguardi di magistrati onorari inadempienti, le dovute azioni disciplinari… non a scopi punitivi (si tratta pur sempre di persone rispettabili che fanno quel che possono) ma solo per recuperare ritardi intollerabili e per far capire che la loro conduzione dell’ufficio sarebbe stata d’ora in poi sotto controllo… Ebbene la risposta del legislatore qual è stata? Una nuova proroga dell’incarico per tutti, buoni e cattivi, fino al 31 dicembre 2010 e poi si vedrà, anche perché nel frattempo il Consiglio Superiore della Magistratura che deve provvedere alle nomine verrà a scadenza e una qualsiasi procedura concorsuale per tanti giudici che verrebbero contemporaneamente a cessare dall’incarico richiede molto più di un anno… quindi è prevedibile fin d’ora un’altra proroga magari questa volta a tempo indeterminato o fino a 75 anni come chiedono i giudici di pace in servizio, giustamente dal loro punto di vista perché questa loro condizione di precariato a vita non è davvero accettabile per nessun lavoratore… E per eliminare il quale, come ho già rilevato nella relazione dello scorso anno, sarebbe auspicabile che il magistrato onorario più volte confermato nell’incarico

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potesse accedere alla magistratura professionale attraverso i normali concorsi ma utilizzando una riserva i posti. Solo questa prospettiva potrà indurre il magistrato onorario a trascurare se non ad eliminare, durante l’esercizio della funzione onoraria, l’esercizio dell’attività professionale, rispetto alla quale e indipendentemente da questa prospettiva è necessario comunque prevedere limiti molto rigorosi, perché è sicuramente una grossa anomalia il contemporaneo esercizio dell’attività professionale di avvocato e della funzione onoraria, ed è la ragione principale dello sfavore con cui gli avvocati guardano all’istituto, loro per primi contrari a questa commistione di compiti. Ed è propria questa del resto la ragione per cui gli avvocati, nel modo più ufficiale e cioè attraverso il loro ordine professionale e poi nella sede propria, e cioè nel Consiglio Giudiziario di cui fanno parte ormai a pieno titolo, chiedono che la utilizzazione dei magistrati onorari di tribunale avvenga solo nella sede centrale del tribunale e che al tempo stesso ad ogni sezione distaccata sia assegnato a tempo pieno un giudice professionale ad evitare che la sezione distaccata, priva di giudice professionale, resti affidata esclusivamente alle cure di un giudice onorario. Il patrocinio a spese dello Stato Come nelle precedenti relazioni devo rilevare che il ricorso all’istituto del patrocinio a spese dello Stato, anche nei casi di imputati irreperibili o impossidenti assistiti da difensore di ufficio, è sempre più frequente: le rilevazioni statistiche danno atto di una costante crescita, in tutti i distretti di corte di appello, sia dei provvedimenti di ammissione e delle persone interessate al beneficio, sia degli importi liquidati, cui corrisponde una crescita altrettanto costante dei costi pro-capite sia in termini nominali che in termini reali. Nel periodo di riferimento nei tribunali, di questo distretto sono stati liquidati onorari per euro 2.069.964,23 nella materia civile, euro 6.196.178,71 nella materia penale; nella corte di appello, sede centrale e sede distaccata di Taranto, sono stati liquidati onorari per euro 65.073,58 nella materia civile e per euro 1.573.615,39 nella materia penale. Nel periodo precedente erano stati liquidati in tutto 4.821.821 euro, meno della metà di quanto è stato liquidato nel periodo di riferimento: una voce di spesa dunque – quella del patrocinio a spese dello Stato – che continua a crescere e sensibilmente incide nel bilancio dello Stato, che rischia di divenire incontrollabile e che, assorbendo buona parte delle risorse destinate alla giustizia, fortemente penalizza gli altri settori d’intervento, che vedono di anno in anno le risorse ad essi assegnate ridursi progressivamente sia in termini assoluti (per le note esigenze di contenimento della spesa pubblica) sia per effetto della crescita delle spesa destinata al patrocinio a favore dei non abbienti. L’entità della spesa e le modalità inaccettabili con cui spesso si utilizza l’istituto, ne impongono un ripensamento se non lo si vuole trasformare in un vero e proprio istituto di sostegno economico a favore del ceto forense.

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D’altra parte non si possono negare gli abusi cui l’istituto si è nella prassi prestato. Il fatto di essere svincolata da ogni onere economico induce la parte ammessa al beneficio (ma anche il suo avvocato che vede la possibilità di cumulare onorari) a porre in essere iniziative processuali a volte anche stravaganti e ciò, com’è evidente, incide negativamente sul numero e sulla durata dei giudizi, creando un contenzioso che serve talvolta solo a produrre onorari e che comunque non è destinato a dare effettività di tutela a reali interessi. Può capitare così che, in procedimenti in cui sono in gioco interessi insignificanti, sia l’imputato che la parte offesa risultano ammessi al patrocinio erariale, mentre con straordinaria frequenza si ricorre all’istituto nei procedimenti davanti al giudice di sorveglianza anche quando si tratta, nei casi di insolvibilità del condannato, di convertire una modesta pena pecuniaria in qualche giorno di libertà vigilata, misura di assai limitata afflittività. E che l’istituto si presti ad abusi risulta indirettamente dalla sproporzione che vi è tra gli importi liquidati in riferimento a controversie civili (dove l’ammissione al beneficio, specie per i giudizi di appello, è soggetta ad un filtro costituito da una valutazione preventiva e sommaria sulla fondatezza della pretesa) e quelli di gran lunga superiori liquidati in riferimento a procedimenti penali dove il beneficio praticamente non può essere rifiutato a nessuno. Né si può negare che i controlli sul possesso dei requisiti di legge sono non di rado connotati da superficialità: proprio in questi giorni mi è capitato di verificare che era stato ammesso al beneficio un soggetto imputato di avere abusivamente costruito una villa con piscina: all’anagrafe tributaria risultava titolare di un reddito infimo (altra anomalia grave della realtà italiana, quella dell’evasione tributaria che continua a restare sostanzialmente impunita, anche per le incoraggianti iniziative legislative); in quel caso però già dall’imputazione di cui si doveva difendere ed in relazione alla quale chiedeva il beneficio emergeva ictu oculi che il richiedente non poteva essere titolare di un reddito inferiore alla soglia prevista dalla legge come limite per l’ammissibilità al beneficio. Ed è stata finora la regola ammettere al beneficio soggetti imputati di reati, da cui era ragionevole supporre che essi avevano tratto redditi cospicui, come per esempio lo spaccio degli stupefacenti o il contrabbando. Tentare in questi casi di resistere al malcostume imperante era pressoché inutile perché, anche a livelli elevati della giurisprudenza, si riteneva che escludere dal beneficio gli imputati di tali reati comportava di fatto una discriminazione nei loro riguardi non consentita dalla legge (con la solita accusa per i giudici di invadere campi che non gli competevano) e ciò sarebbe stato in contrasto con la costituzione. In questa corte si è sempre praticata invece l’interpretazione più rigorosa, ritenendosi che, in questi casi, l’esclusione dal beneficio trovava giustificazione non già nel reato per il quale si procedeva ma in precedenti condanne da cui era possibile ricavare la presunzione di non impossidenza e dunque nessun sospetto poteva esservi di discriminazione sulla base del solo titolo del reato imputato. Le modifiche di recente apportate alla disciplina dell’istituto, che sono esatta-

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mente in questa direzione, sicuramente comporteranno una riduzione della spesa, perché la ragionevole presunzione di reddito, legata a determinate precedenti condanne preclude ogni contestazione a riguardo. Di recente poi questa corte è stata dotata di un collegamento con il sistema informatico della conservatoria dei registri immobiliari ed è dunque nelle condizioni per fare direttamente un primo controllo delle dichiarazioni rese dall’interessato e sulla base delle quali soltanto viene deliberata l’ammissione al beneficio. Qualche altro intervento del legislatore è tuttavia ancora necessario. Per esempio, la necessaria presenza del difensore, nella materia penale, in ogni tipo di procedimento comporta che, nei procedimenti davanti alla Corte di Cassazione, trattati in camera di consiglio perché destinati a concludersi con una pronuncia di inammissibilità del ricorso, dei quali il ricorrente di regola si disinteressa, viene comunque nominato un difensore di ufficio. Questo difensore che è quasi sempre un professionista occasionalmente presente all’udienza e il cui impegno nel procedimento in cui viene nominato di ufficio si riduce a poco più di niente, dopo avere tentato inutilmente di farsi pagare dal suo assistito gli onorari, ne chiede il pagamento all’erario: poco finora è valso obiettare che, nel caso di inammissibilità del ricorso proposto dalla parte, nulla può essere liquidato a carico dell’erario perché in questo caso il difensore sostiene di essere persona fisica diversa da quello (officiato dalla parte) che ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile ed assume di avere assolto ad un incarico dal quale, essendogli stato conferito di ufficio, non avrebbe potuto astenersi. Pure utile sarebbe che il legislatore formalmente riconoscesse al giudice, che deve procedere alla liquidazione, il potere-dovere di escludere dalla remunerazione a carico dell’erario quelle attività ingiustificatamente ripetitive e senza risultato favorevole alla parte (per esempio le istanze di libertà, ripetute ad ogni rigetto, cui segue di volta in volta ricorso al tribunale del riesame e poi ricorso in cassazione). La corte di Lecce ritiene che ciò sia possibile e si regola di conseguenza: ma non è certo che sia così, perché nessuno può escludere a priori che un’istanza, presentata subito dopo il rigetto di una analoga precedente, possa essere accolta (e di fatti non di raro succede). Tutto ciò però ben poco ha a che fare col diritto dell’imputato non abbiente ad avere garantita la difesa tecnica nel processo perché il riconoscimento di un diritto di valenza costituzionale non può essere strumentalizzato al solo fine di produrre onorari e inutile contenzioso: anche il diritto alla salute, ed a maggior ragione, ha valenza costituzionale ma in questo caso lo Stato punta al risparmio e non v’è motivo che maggiore ampiezza sia riconosciuta al diritto alla difesa. Le strutture logistiche Le strutture nelle quali operano la maggior parte degli uffici giudiziari del distretto, compresi gli uffici del giudice di pace e le sezioni distaccate di tribunale, sono per la gran parte dignitose e adeguate alle esigenze.

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Il tribunale e la procura della repubblica di Brindisi sono allocati in uno stabile realizzato ad hoc in tempi recenti; più di recente completamente ristrutturato; ampliato – in occasione della riforma del giudice unico – con la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica collegato a quello preesistente; soprattutto tenuto in perfetto ordine, come dovrebbe avvenire (ma non sempre è così) per qualsiasi altro ufficio giudiziario. Ne va riconosciuto il merito all’amministrazione comunale, alla quale, com’è noto, fanno carico le spese per il funzionamento degli uffici giudiziari. La sezione distaccata della corte di appello di Taranto, grazie all’impegno del presidente preposto alla sezione dr Marsano e dell’avvocato generale Bruschi, che mi consta hanno rinunciato alle ferie, per rendere possibile il trasferimento durante il periodo feriale senza disagio per l’avvocatura e per l’utenza, e grazie all’impegno di tutto il personale che, in presenza di vari ostacoli, disinteressatamente si è prodigato al limite delle sue possibilità, si è di recente trasferita in una struttura moderna e veramente imponente, realizzata nei pressi della vecchia sede, già di per se comoda e dignitosa, grazie al contributo dell’amministrazione provinciale, che, pur non avendo in materia alcun obbligo di legge, vi ha contribuito mettendo a disposizione un terreno di sua proprietà sul quale è stata successivamente costruita dal Comune, col finanziamento dello Stato, l’attuale struttura. L’Amministrazione Provinciale e per essa il suo presidente prof. Florido, per agevolare il trasferimento della corte nella nuova struttura, già pronta da alcuni anni e ingiustificatamente non utilizzata, ha ceduto alle richieste di che vi parla e del Procuratore generale e, sostituendosi al Comune che, com’è noto, ha attraversato un difficile periodo a causa del dissesto economico in cui era stato precipitato, si è fatta carico anche delle prime spese di manutenzione, per rimediare ai danni del tempo durante il periodo in cui la struttura ultimata non era stata utilizzata. Il Comune da parte sua, grazie alla disponibilità del sindaco dr Stefano ed ai suoi funzionari, ha provveduto senza ritardo a dotarla dei necessari servizi ed a stipulare un contratto con apposita ditta incaricata di provvedere alla manutenzione ed alla pulizia della struttura che tutti ci auguriamo resti bella ed elegante com’è oggi. Non c’è bisogno di pensar male, perché lo hanno pubblicamente dichiarato, ma tanta sensibilità degli amministratori dei due enti locali si spiega forse con l’aspirazione della città di divenire sede di corte di appello ma anche questo fa onore a Taranto perché la città da prova di rendersi conto di quanto prestigio, oltre che vantaggi in termini pratici, può derivare dal fatto di essere sede di corte di appello. Ne tenga conto Lecce che a sua volta aspira, se non lo è già, capoluogo del Grande Salento. In quella che è stata finora la sede della sezione distaccata di corte di appello, rimasta libera dopo il trasferimento e di proprietà dell’Amministrazione Provinciale, grazie ancora una volta alla sensibilità dell’ente provinciale, potranno trovare sistemazione gli uffici delle sezioni civili del tribunale di Taranto, sicché i due uffici di procura che sono ancora separati e anche distanti tra loro, con tutti gli inevitabili disagi che ne derivano, potrebbero essere sistemati nei locali del palaz-

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zo di giustizia di viale Marche che saranno lasciati dalle sezioni del tribunale che si trasferiranno al quartiere Paolo VI nella ex sede della corte di appello. Questa naturalmente è per ora solo un’ipotesi di lavoro. E evidente che dovremo incontrarci a Taranto e discutere con tutti i rappresentanti degli uffici e degli enti interessati per individuare la soluzione migliore, dopo di che si potrà dire che Taranto avrà risolto almeno per il prossimo decennio ogni problema inerente l’edilizia giudiziaria. Il tribunale per i minorenni di Lecce nel corso di quest’anno ha inaugurato la sua nuova sede nel bellissimo complesso monastico Missionari di san Vincenzo de’ Paoli, restaurato con grande perizia ed ottimi risultati dalla Sopraintendenza e dal Provveditorato regionale alle opere pubbliche, a cui va il nostro ringraziamento anche di cittadini di Lecce per avere recuperato alla città così importante testimonianza del passato. Anche il tribunale per i minorenni di Taranto è ben sistemato – separato dagli altri uffici giudiziari come prevede la legge – in un complesso elegante che ha una vista sul mare che compensa largamente dei pochi inconvenienti che la struttura presenta. A breve potremo disporre del vicino Convento degli Olivetani annesso alla Chiesa di S. Maria di Ognibene, recuperato dal degrado in cui era stato per anni lasciato in base ad un progetto da me personalmente ideato ma realizzato, con fondi comunitari, grazie alla lungimiranza ed intraprendenza dell’amministrazione comunale di Lecce allora guidata dal sindaco Adriana Poli Bortone: sarà destinato secondo il protocollo sottoscritto dalla corte di appello, dal comune di Lecce e dall’amministrazione del demanio a sede del Centro della civiltà giuridica e di fatto sarà utilizzato per ospitare il notevole patrimonio librario di cui dispongono gli uffici giudiziari, gli archivi giudiziari da riorganizzare con l’aiuto di esperti dell’Università e dell’Archivio di Stato sui quali confidiamo, come centro informatico per la consultazione delle principali banche dati, come sala convegni. Poi abbiamo l’aula di massima sicurezza che realizzata nel 1996 è stata da allora utilizzata per la celebrazione dei grandi processi e, dallo scorso anno, anche per le udienze del tribunale di sorveglianza a cui in genere sono interessati molti detenuti. Poiché l’aula sorge in prossimità della casa circondariale ed è alla stessa collegata attraverso un transito di sicurezza, si è inteso – consentendone l’uso anche al tribunale di sorveglianza – su richiesta della direzione dell’istituto di custodia, limitare l’impiego della polizia penitenziaria per le traduzioni L’aula, che è attrezzata anche per i videocollegamenti a distanza ed è tenuta in perfette condizioni grazie all’impegno del tecnico che vi è addetto Stefano Manca, è stata di recente interessata da importanti lavori di manutenzione a cura del Provveditorato alle Opere pubbliche di Bari che a suo tempo la realizzò e successivamente, con grande sensibilità, non ne ha mai trascurato la manutenzione. Punctum dolens – me ne stavo per dimenticare in tanta euforia – questo palazzo di viale De Pietro, così maestoso, dove corremmo poco più di trent’anni

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fa quando, con scarsa lungimiranza, precipitosamente abbandonando il vecchio palazzo di giustizia bello ed elegante ma allora quasi inagibile e assolutamente insufficiente per le nostre esigenze. Un palazzo che fin dall’inizio presentò problemi enormi: i vetri che si dovettero immediatamente sostituire perché sottodimensionati anzi che proteggere dal sole vibravano in modo insopportabile al minimo soffio di vento; i pavimenti all’amianto che furono anch’essi sostituiti mentre noi continuavamo a lavorare in questi stessi ambienti incuranti delle particelle cancerogene che avremmo potuto inalare; poi il pericolo che il corpo centrale cedesse di colpo… gli impianti mai a norma, gli ascensori quasi sempre fermi sostituiti solo dopo una azione giudiziaria da parte degli avvocati contro il comune di Lecce… la mancanza di condizionatori nonostante il caldo di Lecce e la mancanza di protezione dal sole… e arriveremmo a stasera se si dovesse continuare. Il risultato? Nonostante le enormi spese sostenute, un palazzo cadente con i ferri arrugginiti sporgenti dalle armature, da alcuni anni transennato per evitare il pericolo dei calcinacci che cadono dall’alto, con porte destinate a restare spalancate da ogni lato che non danno protezione dal freddo in inverno e dal caldo in estate, nonostante il funzionamento a pieno regime di caloriferi e condizionatori. A tener conto di quanto costa la manutenzione, che poi da questo risultato, è venuto il momento forse di pensare di abbandonare questo palazzo e realizzare altrove una sede adatta per uffici giudiziari. Un programma ambizioso lo so… e chi se non lei sindaco Perrone, ancora così giovane e così dinamico, può pensare ad un programma del genere, che comunque richiede lungimiranza, capacità di programmazione, un impegno straordinario che però non può mancare a chi volesse legare il proprio nome ad un opera destinata a dare prestigio alla sua città… Ma mancano le risorse, questo è tempo di vacche magre… però le risorse quando si vuole si trovano anche per qualche operazione poco chiara, nella quale gli uffici giudiziari sono indirettamente coinvolti, come le cronache di questi giorni ci dicono… e poi, proprio perché le risorse sono limitate bisogna bene amministrarle; non è accettabile che per il più piccolo intervento in questo edificio bisogna disturbare il sindaco, il dirigente dell’ufficio tecnico, aspettare che si faccia una determina dirigenziale e gli esiti di una gara d’appalto, poi sorbirsi le lamentele di chi viene incaricato del lavoro perché – dice – sarà pagato in ritardo, accontentasi del lavoro così come te lo fanno anche perché nessuno controlla e poi ricominciare il giro…tutto così costa molto di più… È dunque urgente signor sindaco, come le è stato fatto presente in Commissione di Manutenzione, non dico costituire un ufficio tecnico che si occupi stabilmente dell’edilizia giudiziaria… troppa grazia anche se sarebbe assolutamente necessario per le dimensioni di questi edifici … occorre almeno come avviene in tutte le sedi giudiziarie individuare una ditta cui conferire l’appalto per la manutenzione perché si sappia chi vi è tenuto e come vi debba provvedere… Gli edifici di via Brenta…

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Altro punto dolente. Il primo, sede del tribunale civile, venne acquisito in un momento di eccezionale emergenza quando in questo palazzo non era più possibile operare e quella era l’unica soluzione praticabile – allora non ve erano altre – e nessuno può negare che dopo, se pure il trasferimento avvenne tra le tante proteste, la situazione è enormemente migliorata. Il secondo palazzo è stato acquisito in tempi più recenti, aveva il vantaggio di essere vicino all’altro e avrebbe consentito di concentrare in un unico sito tutti gli uffici civili. Quando io tornai a Lecce, il palazzo era a disposizione da tre anni, durante i quali si erano pagati a vuoto i corrispettivi pattuiti con l’ente proprietario e abbiamo saputo di recente che si è trattato di alcuni milioni di euro. Ritenni quindi che fosse una priorità utilizzare quell’edificio. Col trasferimento delle sezioni civili della corte di appello e dell’ufficio del giudice di pace la situazione è ancora una volta decisamente migliorata:è innegabile… ma poi dopo dieci anni (sono i tempi della giustizia) ci si è accorti che questi palazzi non sono a norma e che erano stati costruiti probabilmente in violazione alla disciplina urbanistica; poi – devo dire grazie al sindaco Perrone che una mattina venne a comunicarmelo ed io gli dissi di andare immediatamente dal procuratore Motta – si è scoperto che quei palazzi, diciamo così, sono costati un po’ troppo per ragioni che l’inquirente non ha ancora completamente chiarito… Lasciamo perdere quest’ argomento. Voglio solo dire e spero per l’ultima volta che i palazzi di via Brenta hanno rappresentato, nel momento in cui sono stati acquisiti, l’unica soluzione possibile ai nostri problemi di edilizia e la soluzione ottimale, ma questo non significa affatto che quei palazzi abbiano tutti i requisiti che un palazzo adibito a sede giudiziaria dovrebbe avere (non vi sono per esempio aule di udienza adeguate…) e che quindi possano essere la sede definitiva degli uffici giudiziari. Ancora una volta spetta a lei sindaco Perrone attivarsi e sono sicuro che vi stia già pensando…. PARTE SECONDA LA GIUSTIZIA PENALE Delitti politici Nel periodo di riferimento non sono segnalati reati oggettivamente e soggettivamente politici, né delitti a carattere terroristico. Non risultano episodi di razzismo o di intolleranza religiosa. Associazioni di tipo mafioso Negli anni decorsi il Salento fu teatro di una vera e propria guerra di mafia fra i vari gruppi che si erano costituiti all’interno dell’associazione criminale nota

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come Sacra Corona Unita e che puntavano a gestire in posizione di vantaggio le attività delittuose del sodalizio; questo a sua volta, nel giro di pochi anni, segnati da una serie impressionante di delitti, cui la società salentina non era affatto abituata, era riuscito a conquistare il pieno controllo del territorio. Per fortuna l’azione di contrasto delle forze dell’ordine e della magistratura fu pronta ed energica e capi e gregari dell’associazione furono assicurati alla giustizia attraverso regolari ed impegnativi processi celebrati a Lecce ed a Taranto e il fenomeno dunque è stato fortemente ridimensionato. Dai Carabinieri di Taranto si afferma infatti che “nel capoluogo e nella provincia ionica, nell’ultimo triennio, l’andamento della delittuosità, pur riscontrando un sensibile aumento limitatamente al numero complessivo dei casi denunziati, non ha mai causato un concreto problema della sicurezza in termini di emergenza o addirittura di allarme. Infatti non si riscontrano, almeno per il momento, tentativi di riorganizzazione da parte dei vecchi gruppi operanti in passato sul territorio, L’emergente sodalizio criminoso capeggiato dal pregiudicato Michele Cicala, attualmente detenuto, è costantemente monitorato. E tuttavia, anche se apparentemente bonificato dall’inquinamento mafioso, potrebbe sempre rimanere terra di conquista da parte di gruppi malavitosi provenienti dalle confinanti province di Brindisi e Lecce e regioni come la Calabria e la Campania”. Analoghe sono le valutazioni della Digos di Taranto secondo la quale “in materia di criminalità organizzata, si registra lo sforzo di diversi gruppi criminali di ricostituire intorno a personaggi carismatici dai notevoli trascorsi delinquenziali, anche di natura associativa, sodalizi fondati su schemi mafiosi. Il continuo monitoraggio del fenomeno rivela che detti sodalizi se, da un lato, rivolgono le loro energie al controllo intrerno degli stessi appartenenti al clan e più in generale di tutto l’ambiente criminale, con una consistenza delle attività delinquenziali in senso stretto piuttosto esigua, dall’altro, tentano di indirizzare i loro interessi nel campo imprenditoriale, manifestando in ciò un’assoluta incapacità ad ottenere risultati degni di menzione. L’osservazione investigativa rivela spesso l’inconsistenza finanziaria di detti sodalizi le cui disponibilità risultano persino insufficienti ad avviare qualsivoglia tipo di traffico illecito”. Anche secondo il Questore di Brindisi “nella provincia (di competenza) permane uno stato di relativa tranquillità conseguente agli sconvolgimenti organizzativi determinatisi a seguito di importanti operazioni di polizia avvenute negli ultimi anni con conseguente disarticolazione di quelli che risultavano essere i maggiori sodalizi criminali organizzati. Non vi sono stati infatti segnali di ripresa dell’operatività delle organizzazioni mafiose, le cui potenzialità risultano ridotte a seguito delle pregresse indagini, nonché di ulteriori collaborazioni giudiziarie. La struttura associativa tradizionale è ormai fortemente indebolita per effetto dell’esito dei processi e delle indagini, che confermano la marginalità delle residue sacche organizzate, pur non potendosi escludere possibili riorganizzazioni a

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seguito delle recenti scarcerazioni (per effetto della legge sull’indulto) di alcuni esponenti di rilievo della frangia brindisina della Sacra Corona Unita. Per un verso permangono manifestazioni criminali legate soprattutto al traffico di sostanze stupefacenti, da parte di gruppi non mafiosi, nei confronti dei quali si è rivolta l’azione di contrasto investigativo e giudiziario, nonché da esponenti storici di clan mafiosi della zona. Si sono registrati per vero alcuni episodi di violenza ad attività economiche, anche se in forma attenuata, il cui carattere intimidatorio risulta sintomatico di finalità estorsive. Tali eventi vanno sicuramente inquadrati nella necessità di ricercare nuovamente settori criminali che siano parimenti remunerativi del contrabbando di tabacchi lavorati esteri che risulta scomparso dall’ambito provinciale” mentre in passato costituì un settore interamente monopolizzato dalla criminalità organizzata. Meno ottimista e più prudente, specie con riferimento alla situazione brindisina, è tuttavia il procuratore distrettuale antimafia che scrive: “In provincia, il gruppo dei Mesagnesi continuerebbe ad operare secondo gli assetti rilevati negli ultimi anni, dopo le menzionate scarcerazioni nel 2006 di Ercole Penna, Massimo Pasimeni e Daniele Vicientino a seguito delle quali il vecchio clan capeggiato da Massimo Pasimeni e Antonio Vitale ha diviso di buon accordo il territorio di influenza nel quale svolgere separatamente le proprie attività criminali, essenzialmente nei settori delle estorsioni e del traffico delle sostanze stupefacenti: Pasimeni e i suoi (in primis Penna) a Mesagne e nella fascia occidentale della provincia di Brindisi e Vitale con i suoi (in primis Vicientino) nella zona a Nord di Brindisi (Ostuni, Carovigno, ecc.). Proprio la città di Ostuni nel decorso anno giudiziario è stata teatro di gravi e reiterate manifestazioni violente ed intimidatorie, con una ventina di episodi di incendio, esplosione di ordigni e di colpi di arma da fuoco, danneggiamenti, scritte intimidatorie e offensive sui muri cittadini, collocamento di teste mozzate di animali davanti casa della persona da intimidire, di bombe inesplose e di cartucce di armi da sparo (con simbologia tradizionale dell’intimidazione mafiosa), commessi tra marzo 2008 e marzo 2009 a danno di imprenditori e commercianti ed anche di consiglieri, amministratori e dipendenti comunali (il sindaco primo fra tutti), diretti a determinare ed incrementare un clima di timore e assoggettamento dei cittadini ostunesi e della stessa Amministrazione comunale. Le indagini avviate dalla DDA di Lecce hanno consentito di individuare un gruppo criminale che agiva con modalità mafiose, formato da persone gravitanti nell’area della Sacra Corona Unita (che, come si è detto, continua a controllare quel territorio attraverso Antonio Vitale e Daniele Vicientino ed alla quale appartengono anche gli ostunesi Francesco Prudentino, detto Ciccio la busta, e Albino Prudentino) che con le manifestazioni suddette, agendo in collegamento esplicito con la precedente organizzazione criminale (espressamente affermando che “la vecchia squadra era stata riorganizzata ed era tornata”), miravano a realizzare condizioni di assoggettamento e di omertà, a commettere estorsioni connotate da

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sistematicità ed estensione delle richieste agli imprenditori locali e dal riferimento esplicito alla diffusione di esse (affermando che “era stata introdotta una nuova legge e tutti dovevano pagare la nuova tassa”), a condizionare le scelte della pubblica amministrazione e ad influire sugli appalti comunali. L’intervento repressivo è stato assai tempestivo: infatti, all’esito delle indagini, il 1° aprile 2009, a pochi giorni dall’ultimo episodio intimidatorio, è stata applicata la custodia cautelare in carcere a quattro componenti dell’organizzazione criminale, indiziati di associazione di tipo mafioso, cinque tentativi di estorsione aggravata articolatisi nel tempo e per i quali non vi era stata la consueta reticenza delle vittime, danneggiamento e danneggiamento seguito da incendio, fabbricazione, detenzione e porto in luogo pubblico di ordigni ed esplosione di essi, tutti episodi aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolazione mafiosa. L’intervento (convenzionalmente denominato New Deal e condotto dalla Squadra mobile di Brindisi e dal Commissariato di Ostuni) ha avuto immediati riflessi sull’ordine pubblico, essendo cessata ad Ostuni ogni azione di violenza e minaccia”. Nella provincia di Taranto, secondo il procuratore distrettuale antimafia, sono “stati registrati segnali di ripresa di interesse al territorio, sia pure in forma sommersa, da parte di ambienti di criminalità organizzata mafiosa in parte collegabile a vecchi clan, come quello dei Modeo, tornati operativi senza peraltro che si siano manifestate situazioni di aperta conflittualità tra loro e senza che allo stato risultino posizioni di evidente supremazia o tentativi egemonici tali da alterare gli attuali equilibri con metodi violenti, fatta eccezione per l’uccisione di Osvaldo Mappa, già autore dell’efferato omicidio di un agente della polizia penitenziaria”. Anche nella città e nella provincia di Lecce, a giudizio del procuratore antimafia, “si è colta nel periodo in esame la segnalata tendenza ad una ripresa delle manifestazioni esteriori riconducibili alla criminalità organizzata, con una sorta di vitalità sommersa dei gruppi di tipo mafioso ed anche quest’anno si è registrato un consistente numero di denunce di estorsione, molte commesse con metodo mafioso o per finalità di agevolazione mafiosa, che ha consentito di individuare come, da parte di gruppi organizzati, vi sia stata una sorta di pianificazione di estorsioni per categorie di vittime o per territorio”. Sono il traffico degli stupefacenti e le estorsioni l’attività di elezione della delinquenza salentina, le estorsioni in particolare poste in essere con modalità mafiose ma non necessariamente riferibili sempre e comunque a gruppi stabilmente organizzati secondo le regole della mafiosità. Come del resto sembrerebbe essere emerso dalle numerose operazioni di polizia condotte con successo dalle forze dell’ordine delle tre province salentine che hanno portato all’arresto di decine di persone. In particolare, quanto al traffico degli stupefacenti, afferma il procuratore distrettuale che lo stesso non ha subito significative flessioni, nonostante che in numerosi procedimenti siano state arrestate molte decine di persone e sequestrati ingenti quantitativi di droga, in particolare di cocaina e di derivati della cannabis, il cui commercio continua ad essere fiorente, più di quello dell’eroina (sono stati

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sequestrati nell’anno, con riferimento ai soli sequestri di quantitativi più rilevanti, circa 27 chili di cocaina e circa 15 di eroina). Sempre attuali (come dimostrano gli esiti dell’operazione “black & white” condotta dalla Guardia di Finanza di Lecce, che ha portato alla denuncia di 41 soggetti, per reati vari compresa la illecita detenzione di munizionamento per armi da guerra) sono risultati i collegamenti con l’Albania, per la provenienza delle sostanze stupefacenti, con un ritorno alle precedenti modalità di trasporto ed importazione di esse per quanto riguarda la marijuana, mentre cocaina ed eroina vengono trasportate di norma a bordo di autoveicoli, imbarcati su traghetti di linea che approdano nel porto di Brindisi (ed anche di quelli pugliesi più a Nord). I più recenti sequestri di marijuana consentono di affermare, infatti, che per il trasporto di essa i trafficanti albanesi sono tornati a percorrere il Canale d’Otranto con gommoni che trasportano una media di trecento chili di marijuana, con un equipaggio di un paio di persone, come si era già rilevato nel precedente periodo 2007/08 quando, però, si era ritenuto che fossero solo episodici i sequestri (operati in gran parte dai Carabinieri di Brindisi) di derivati della cannabis trasportati a bordo di gommoni approdati lungo il litorale adriatico brindisino e leccese: tre episodi a luglio, novembre e dicembre 2007 in cui erano stati sequestrati 832 chili di marijuana a bordo di gommoni approdati a Torre Guaceto e i tre altri episodi (su cui hanno indagato i Carabinieri di Lecce) a luglio 2007, aprile e giugno 2008 di sequestro di 316 chili di marijuana e 110 di hashish trasportati da gommoni approdati a Torre Specchia, Frassanito e Marina Serra di Tricase. I sequestri nel decorso anno 2008/2009, eseguiti in data 4 agosto 2008 e 27 e 28 marzo 2009 sulla costa a Sud di Otranto e nelle località marine di San Cataldo e Cesine – rispettivamente 18, 321 e 145 chili – (operazioni condotte dalla Squadra Mobile di Lecce e dal Commissariato di Otranto) e quelli del periodo successivo a quello cui si riferisce la presente relazione, hanno confermato, invece, la possibilità di una ripresa stabile di queste modalità di trasporto. Perduranti altresì nello stesso settore del narcotraffico i collegamenti del Salento con molte regioni d’Italia per la destinazione e la distribuzione delle sostanze stupefacenti (con riferimento proprio ai derivati della cannabis di provenienza albanese) ed egualmente stabili altri canali internazionali per la provenienza della cocaina, in specie quelli dei Paesi Bassi e della Spagna e quello “storico” della Calabria”. È dunque condivisibile la conclusione finale cui perviene la dettagliata relazione del procuratore antimafia, secondo il quale: “Nell’ambito del distretto giudiziario salentino sono stati registrati nell’anno giudiziario decorso segnali di una qualche ripresa di interesse al territorio, sia pure in forma sommersa, riconducibile ad ambienti di criminalità organizzata di tipo mafioso. Benché le capacità operative delle organizzazioni criminali storicamente inserite nell’associazione di tipo mafioso comunemente denominata Sacra Corona Unita o comunque gravitanti nell’ambito di essa, già fortemente ridimensionate, siano state ulteriormente contenute dagli interventi di contrasto giudiziario, si è rilevata in tutte e tre le province

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una ripresa di manifestazioni esteriori che richiamano l’attenzione sul fenomeno criminale e sulla possibilità che esso riprenda forza, anche per la concomitante presenza di due fattori: da un lato le scarcerazioni di molti esponenti, anche di rilievo, dei clan salentini che hanno terminato l’esecuzione della pena (ampiamente falcidiata dalla concessione di centinaia di giorni di liberazione anticipata – pari ad un anno ogni quattro espiati – cui consegue di fatto la riduzione di un quinto della pena originariamente irrogata) e dall’altro il ricorrente atteggiamento di scarsa collaborazione di molte, se non tutte, le vittime di condotte intimidatorie e violente, che non appare giustificato dai risultati conseguiti nei casi in cui, invece, si è riusciti ad ottenere indicazioni dalle persone offese, ad identificare così gli autori delle diverse condotte criminali ed a farli catturare e condannare. La ripresa di manifestazioni esteriori attribuibili alla criminalità organizzata nonostante la perdurante sommersione delle attività illecite ad essa riconducibili trova riscontro nel lieve incremento del numero dei procedimenti per delitti di cui all’articolo 51, comma 3bis, del codice di procedura penale commessi da ignoti iscritti nel registro delle notizie di reato dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009 rispetto a quelli del corrispondente periodo precedente e della stabilità del numero di quelli commessi da persone identificate nello stesso periodo: 107 questi ultimi e 30 i primi, mentre erano stati rispettivamente 100 mod. 21 e 9 mod.44 nel 2007/08 e 121 mod. 21 e 12 mod. 44 nel 2006/07. Il dato statistico e quello fattuale apparente sono quindi concordi nell’indicare non la scomparsa delle attività criminali o il definitivo esaurirsi delle potenzialità offensive ed intimidatorie dell’organizzazione di tipo mafioso salentina, bensì piuttosto, come si è accennato, una possibile ripresa della operatività dei gruppi criminali stabilmente operanti sul territorio e strutturati nelle forme tipiche di siffatta organizzazione criminale, da sempre connotata da fluidità e mutevolezza, e del perdurare di una sorta di inabissamento delle attività ad essi riconducibili. In effetti fenomeni ad alto indice di sommersione, come quelli delle estorsioni e dell’usura, sono tutt’altro che scomparsi: benché quello delle estorsioni non abbia subito incrementi di rilievo e continui ad essere caratterizzato da una buona percentuale di denunce (come si ricava dalla forte incidenza dei procedimenti nei confronti di persone identificate rispetto a quelli contro ignoti), non possono essere sottovalutati segnali di più ampia diffusione del fenomeno in forma sommersa, legati anche alla maggior forza di intimidazione conseguita dall’organizzazione mafiosa, e, come si è detto, alla scarsa disponibilità della gente, specie delle vittime, a fornire indicazioni utili alle indagini. Egualmente è proseguita l’attività usuraria, con riferimento alla quale è molto modesto il numero di denunce, certamente non indicativo della reale entità di tale attività”. Le indagini condotte dalla forze dell’ordine in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia circa la possibile sussistenza di infiltrazioni mafiose negli appalti e nei servizi pubblici o circa collegamenti tra amministratori locali e criminalità organizzata sembrerebbero escludere che le associazioni criminali operanti nel Salento abbiano raggiunto una particolare forza di penetrazione.

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Riferisce in proposito il procuratore distrettuale che nel circondario di Lecce, oltre ai contatti di esponenti del clan Padovano con ambienti politici della città di Gallipoli, ritenuti suscettibili di ulteriore approfondimento, le numerose manifestazioni di danneggiamento e di intimidazione a danno di amministratori e dipendenti pubblici che si sono registrate in provincia di Lecce, benché non sia stato possibile in nessun caso accertarne le motivazioni, inducono a non escludere la possibilità che esse siano collegate all’attività politica e comunque pubblica delle vittime non sembrando casuale la ricorrente loro qualità di pubblici amministratori o dipendenti. Invero nel periodo di riferimento sono stati oltre una quindicina gli incendi di autovetture, le esplosioni di ordigni e i danneggiamenti di auto, abitazioni ed esercizi commerciali di sindaci, assessori e consiglieri comunali, operatori di polizia municipale e impiegati comunali, che sono significativamente proseguiti anche nella seconda parte del 2009. Nel circondario di Brindisi non è stato ancora definito il procedimento sulle eventuali infiltrazioni mafiose nelle imprese e l’interesse delle organizzazioni di tipo mafioso agli appalti, con indagini dirette ad accertare la presenza tra i dipendenti delle imprese aggiudicatarie di appalti di servizi di esponenti della criminalità organizzata gravitanti nell’area di influenza dello storico clan brindisino della Sacra Corona Unita e di persone ad essa collegate, le modalità della loro assunzione e l’effettivo ruolo rivestito nell’ambito di tali imprese. Tali indagini hanno riguardano altresì l’ipotesi di condizionamento mafioso della libera espressione del voto e di rapporti di candidati alle elezioni amministrative e politiche con esponenti della criminalità organizzata che ne avrebbero sostenuto la campagna elettorale al fine di ottenere vantaggi a seguito dell’elezione. Sono ancora in corso anche le indagini dirette ad accertare le modalità e gli sviluppi dei collegamenti del clan mafioso dei fratelli Bruno di Torre Santa Susanna con l’ambiente politico locale e regionale e ad accertare l’interessamento del clan alle elezioni amministrative comunali e regionali in virtù del quale la famiglia Bruno avrebbe ottenuto favori, con riferimento in particolare alla costruzione di un parco eolico su terreni di sua proprietà. Dalle indagini fin qui svolte, infatti, sono emersi aspetti particolarmente allarmanti sulle potenzialità operative del clan dei fratelli Bruno sia per la forte propensione di esso alla penetrazione nel tessuto connettivo amministrativo locale e la creazione (secondo le parole – intercettate – dello stesso Andrea Bruno) di un vincolo di sudditanza di alcuni amministratori locali, quale il presidente del Consiglio comunale di Torre Santa Susanna, sia per l’interessamento del clan alle elezioni amministrative regionali e la ricorrente affermazione dello stesso Andrea Bruno secondo cui, appoggiando alcuni candidati, la propria famiglia avrebbe ottenuto favori, con riferimento in particolare alla costruzione di un parco eolico su terreni di proprietà della famiglia Bruno (intestati a Vincenzo Bruno e Pasqua Ligorio, genitori del fratelli Ciro, Antonio e Andrea). È già in corso, invece, il giudizio di primo grado davanti al Tribunale di Brindisi del processo a carico di Massimiliano Oggiano, consigliere comunale di Brindisi in stretti rapporti con i fratelli Raffaele e Giovanni Brandi (già “storicamente”

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inseriti nella S.C.U. e cui è riconducibile, come s’è detto, un capillare controllo delle attività commerciali ed imprenditoriali della città di Brindisi) i quali ne avevano anche organizzato le campagne elettorali per le elezioni politiche ed amministrative. Tali condotte di corruzione elettorale hanno riguardato le elezioni del Consiglio provinciale di Brindisi del 1999 e del Consiglio comunale della stessa città del 2002 e del 2004 e le elezioni politiche del 2006 e sono state finalizzate da parte del candidato a procurarsi voti con promessa ad esponenti del suddetto gruppo mafioso dei fratelli Brandi di somme di denaro, posti di lavoro, alloggi popolari ed interventi amministrativi presso il Comune di Brindisi. A carico dello stesso esponente politico è stata anche configurata, ed è oggi alla valutazione del Tribunale di Brindisi, l’ipotesi di concorso in associazione di tipo mafioso per essersi proposto come rappresentante politico di riferimento del clan dei fratelli Brandi, dal quale otteneva consensi elettorali che gli consentivano di essere eletto consigliere provinciale di Brindisi nel 1999 e consigliere comunale nel 2002 e nel 2004, per aver stretto impegni di reciproca assistenza con il suddetto clan, dal quale otteneva totale protezione, per aver promesso vantaggi, utilità e favori amministrativi in cambio della propria elezione, per aver costituito società di fatto con i fratelli Brandi (soci occulti) per la gestione di attività commerciali. Per il circondario di Taranto il Tribunale ha definito in primo grado con sentenza 1° luglio 2009 il processo sui collegamenti tra esponenti della criminalità organizzata ed ambienti del Comune di Taranto e sulla influenza di essi sul rilascio di concessioni e sulla gestione delle attività oggetto di tali concessioni nel quale, tra gli altri, Raffaele Di Campo era imputato di corruzione elettorale commessa per finalità di agevolazione mafiosa per avere, in occasione delle elezioni amministrative per l’elezione del sindaco e del Consiglio comunale di Taranto in data 3 e 4 aprile 2005, offerto e promesso utilità al gruppo mafioso capeggiato da Michele Cicala al fine di procurare il voto e l’appoggio elettorale del clan alla lista elettorale che presentava quale candidato il sindaco uscente Rossana Di Bello. Lo stesso Di Campo era anche imputato di abuso di ufficio commesso per finalità di agevolazione mafiosa per aver favorito, quale commissario straordinario dell’Azienda municipalizzata di igiene urbana di Taranto, l’assunzione presso un’azienda partecipata dalla suddetta AMIU di personale segnalato dal menzionato Michele Cicala. Il Tribunale di Taranto ha escluso la sussistenza dell’aggravante dell’aver agito per finalità di agevolazione mafiosa e ha dichiarato l’estinzione dei reati per prescrizione. È prevedibile che il pubblico ministero della DDA proponga appello sulla esclusione della menzionata aggravante. Quanto alle indagini già in corso sulle attività connesse alla installazione nel territorio del comune di Castellaneta di un parco eolico ed i relativi interessi di società (cui partecipavano anche enti inseriti in centri finanziari off-shore), il cui capitale era apparso inadeguato ai gravosi impegni finanziari e patrimoniali necessari per la realizzazione del progetto imprenditoriale ed i cui rappresentanti avevano dimostrato la disponibilità di ingenti liquidità utilizzate per il pagamento ai proprietari delle aree destinate alla installazione delle turbine e delle centrali

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di somme a titolo di acconto sul prezzo o sui canoni di locazione, con valori del tutto sproporzionati rispetto a quelli correnti per aree a destinazione agricola, la posizione dei titolari delle imprese interessate è stata separata dal procedimento e trasmessa alla DDA presso la Procura della Repubblica di Napoli, territorialmente competente per il delitto di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, mentre è stata richiesta l’archiviazione per la restante parte riguardante eventuali profili di illiceità nella condotta degli amministratori locali.” La conclusione dell’analisi che precede è che, come in modo assolutamente convincente rileva il Procuratore Generale, “i singoli episodi delittuosi, pur presenti in tutto il distretto, sono privi di una loro organicità rispetto ai fenomeni del passato, quasi che la risposta repressiva abbia sortito l’effetto di disarticolare il quadro organizzativo per dare spazio ad una sorta di spontaneismo per certi versi più pericoloso e più difficile da individuare e perseguire”. Le misure di prevenzione di carattere patrimoniale Egualmente improntati ad efficienza, secondo quanto riferisce il procuratore distrettuale antimafia, gli interventi cautelari ed ablativi di beni e patrimoni di ingiustificata provenienza. Si è fatto ricorso sia a proposte di applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale – che per effetto del decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, convertito con la legge 24 luglio 2008 n. 125, sono applicabili non più solo agli indiziati di appartenere ad un’associazione mafiosa o finalizzata al traffico di stupefacenti, ma anche alle persone indiziate di qualsivoglia delitto di quelli indicati nell’articolo 51, comma 3bis, del codice di procedura penale e sono proposte, anche disgiuntamente da quelle personali, dal procuratore distrettuale antimafia davanti ai tribunali del distretto, sia a richieste di applicazione dell’articolo 12 sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, norma che consente la confisca (previo eventuale sequestro preventivo) di denaro, beni e utilità dei quali non venga giustificata la provenienza da parte del condannato per associazione di tipo mafioso, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, usura, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, trasferimento fraudolento di valori, traffico di stupefacenti, associazione per delinquere ad esso finalizzata, contrabbando o qualsiasi altro delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.Nell’ambito delle indagini relative all’omicidio di Romano Giorgio, la Guardia di Finanza di Lecce – acquisita l’informazione che l’omicidio era avvenuto ad opera di soggetto, reo confesso, che si era a ciò determinato, convinto che il Romano si era di fatto appropriato di un bene di sua proprietà acquistato ad un’asta giudiziaria – dopo avere indagato sulle attività illecite svolte da Romano in vita, nel campo per l’appunto delle aste giudiziarie, proponeva ed otteneva il sequestro dei suoi beni, dopo la sua morte pervenuti ai suoi eredi, per il valore di euro 3.680.000: si tratta del primo sequestro effettuato a danno degli eredi e non direttamente del soggetto che non può dare

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dimostrazione della legittima provenienza dei beni.Nel giugno scorso i Carabinieri di Brindisi in esecuzione di provvedimento della Direzione Distrettuale Antimafia, da loro stessi sollecitato, hanno proceduto al sequestro, in quanto ritenuti frutto di pregresse attività illecite, di numerosi appezzamenti di terreni agricoli con annessi fabbricati rurali, estesi complessivamente circa cento ettari, un’antica masseria fortificata del secolo XVI, dodici trattrici agricole, numerose autovetture e motociclette di grossa cilindrata, quattro società ed imprese commerciali, conti correnti bancari con depositi di euro 134.000,00, il tutto per un valore complessivo stimato di circa euro cinque milioni, beni nella disponibilità dei fratelli Bruno, pluripregiudicati e in atto detenuti. È necessario però farsi carico di ciò che avviene successivamente al sequestro – prima – e la confisca – dopo – dei beni dei mafiosi: l’azione giudiziaria purtroppo si ferma lì e troppo spesso è avvenuto che, nonostante il sequestro o la confisca, i beni siano rimasti nella disponibilità di fatto del mafioso cui erano stati sequestrato oppure, e in un certo senso peggio, in stato di degrado e di abbandono. Con costi enormi anche per lo Stato che deve compensare custodi che troppo spesso si limitano ad una custodia simbolica e quasi mai mettono a frutto il bene. Sono le conseguenze della frammentazione delle procedure e delle competenze a cui si è tentato di rimediare con l’istituzione di un’autorità centrale di coordinamento di tutti i soggetti pubblici coinvolti, che ha prodotto risultati positivi.Ma ora una improvvida modifica legislativa in via di approvazione prevede, in alternativa alla destinazione dei beni confiscati a finalità di interesse sociale, la vendita all’asta e forte è il timore che questi beni possano tornare nella disponibilità piena dei mafiosi. Nella provincia di Lecce sono stati 101 i beni confiscati alla mafia gran parte dei quali in attesa ancora di una destinazione per fini sociali: formalmente sono trasferiti ai comuni che però spesso ne ignorano perfino l’esistenza… Può capitare così che una lussuosa villa appartenuta ad un mafioso venga praticamente notte tempo distrutta, a dimostrazione che il mafioso è ancora in grado di impedire la materiale apprensione dei suoi beni, senza che il comune ne sappia nulla, propenso anzi a considerare una leggenda quel che si dice… Altri beni però hanno avuto una destinazione di utilità sociale, perfino una caserma di carabinieri e grazie anche all’azione dell’associazione “Libera”, di cui è animatore a Lecce l’infaticabile don Raffaele Bruno. Particolarmente incisiva è stata anche in questo campo l’azione della Prefettura di Brindisi. Nel corso del 2009 numerosi immobili precedentemente confiscati sono stati assegnati ad enti che ne assicureranno l’utilizzo per finalità sociali. In particolare, in attuazione delle nuove disposizioni introdotte dalla legge 94/2009, c.d. pacchetto sicurezza, si è proceduto all’adozione di provvedimenti di destinazione di dodici unità immobiliari. Nell’ambito di una più ampia strategia e sulla base di intese concordate con il Commissario straordinario di Governo per la gestione e destinazione dei beni con-

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fiscati alle organizzazioni criminali, si è dato avvio agli sgomberi degli immobili ancora occupati dai soggetti destinatari dei provvedimenti di confisca o da loro familiari, alcuni dei quali di forte impatto economico e simbolico, consentendo in tal modo agli Enti assegnatari di avviare rilevanti iniziative di carattere sociale. Gli omicidi A fronte dell’esperienza del passato è davvero rassicurante che il procuratore antimafia affermi, sulla base di precisi dati di fatto, che, nonostante il fiorire nel Salento di attività che presentano caratteri mafiosi, non sono tuttavia ripresi gli omicidi di mafia l’ultimo dei quali nel territorio leccese risale al 6 marzo 2003. L’omicidio di Salvatore Padovano detto Nino Bomba, avvenuto il 6 settembre 2008, consumato con modalità mafiose e per finalità di agevolazione mafiosa, è risultato motivato da conflittualità interna al clan e dal contrasto con il fratello Pompeo Rosario che, insofferente dell’atteggiamento assunto da Salvatore dopo la scarcerazione e deciso a succedergli per continuare a gestire le attività criminali del clan secondo i pregressi canoni “tradizionali”, ha assoldato un killer per farlo eliminare. L’avvenuta identificazione degli autori dell’omicidio e la richiesta della loro cattura a distanza solo di un anno dal fatto rappresentano un risultato particolarmente qualificante per la polizia giudiziaria che ha condotto le investigazioni e per i magistrati della Procura di Lecce che hanno svolto le indagini. Egualmente determinati da specifiche ed autonome motivazioni, anche se legati a logiche di criminalità organizzata e da non sottovalutare quali segnali delle pur ridimensionate potenzialità operative dei gruppi criminali gravitanti nell’ambiente della “storica” Sacra Corona Unita, sono altri due omicidi avvenuti a Lecce e in provincia, quello del monteronese Pierpaolo Carallo, commesso a Carmiano il 15 gennaio 2009, ucciso con buona probabilità per aver partecipato ad attività di traffico di stupefacenti in territorio controllato dal clan Tornese, e quello di Antonio Giannone, coinvolto nello spaccio di droga alla zona 167 di Lecce, ucciso a Lecce il 6 aprile 2009 dal collaboratore di giustizia Giampaolo Monaco, evaso il giorno prima dalla località protetta di Torino ove era in detenzione domiciliare, a causa dell’atteggiamento intimidatorio e violento assunto da Giannone nei confronti di Mirko Monaco, fratello di Giampaolo, (con il quale Giannone aveva anche avuto un alterco nel corso del quale lo aveva colpito violentemente) in quanto Mirko commetteva sistematicamente furti in abitazione ed altri “piccoli” reati determinando situazione di disturbo all’ambiente della criminalità organizzata. Anche in questo caso è di grande importanza l’esito delle indagini che hanno consentito di catturare in tempi brevissimi (meno di un mese dopo) Giampaolo Monaco quale autore dell’omicidio, responsabile unitamente al fratello Mirko, anche di una tentata estorsione commessa dopo l’omicidio per procurarsi denaro durante la latitanza. Da registrare, invece, l’assenza di omicidi ed agguati riconducibili, sulla base delle informazioni attualmente disponibili, alla operatività di gruppi mafiosi nelle altre due province di Brindisi e Taranto.

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Anche l’omicidio di Giorgio Romano, avvenuto a Parabita il 13 settembre 2008, è risultato certamente slegato da logiche di criminalità organizzata in quanto, come ha dichiarato lo stesso autore Vincenzo De Salve, arrestato nella quasi flagranza, determinato da intento punitivo nei riguardi del Romano che si era di fatto impossessato del suo patrimonio. Dalle indagini sarebbe emerso infatti che il Romano, da tempo “controllava” le aste giudiziarie, per estorcere ingenti somme di denaro ai debitori, i cui beni erano oggetto di esecuzione forzata, come illecito compenso per astenersi dal partecipare all’asta e consentire così che fossero gli stessi debitori, tramite intermediari, a riacquistare i propri beni, oppure prestando loro il denaro necessario per riacquistarli ad interesse usurario. Altrettanto spesso il Romani acquistava egli stesso i beni staggiti per poi rivenderli agli stessi debitori a prezzo maggiorato e fornendo loro il danaro necessario ad interesse usurario. Con questi sistemi il Romano era riuscito ad acquisire tutti i beni del De Salve, che alla fine aveva reagito uccidendolo. In tutto, dunque, gli omicidi volontari in provincia di Lecce sono stati 7 (numero identico a quello del 2007/2008 ed in linea con la modestia delle cifre anche degli anni precedenti in cui erano stati, a ritroso, 2, 4, 5 e 2). Di rilievo, poi – ed a riconoscimento delle potenzialità investigative della polizia giudiziaria del circondario e della capacità di indagine dei magistrati della Procura di Lecce – che gli autori degli omicidi (con l’eccezione solo di uno) siano stati identificati e arrestati (tranne uno che si è suicidato dopo aver ucciso la moglie) con una percentuale di identificazione pari quasi al 90%, che in un caso siano stati già condannati in primo grado e che in un altro sia stato già fissato il giudizio abbreviato. Le rapine e le estorsioni È risultata stabilizzata la tendenza a diminuire, come già rilevato nella relazione dello scorso anno, delle rapine tentate o consumate: sono state 234 (dato pressoché uguale a quello di 228 e 229 dei due anni precedenti, a fronte delle 317 del periodo 2005/2006), dei quali solo 9 in istituti bancari e 2 in uffici postali (in decisa diminuzione di oltre la metà rispetto agli anni precedenti nei quali, a ritroso, erano stati 21, 22 e 21 in banche e 6, 7 e 6 in uffici postali). L’intervento delle forze dell’ordine è stato sempre tempestivo ed ha registrato notevoli successi. Così per la rapina in danno della gioielleria Spedicato di Galatina, le cui indagini sono state condotte dalla Squadra Mobile di Brindisi e dal Commissariato di Galatina); per le varie rapine ai danni di distributori di benzina; la rapina ai danni della gioielleria Santoro di Grottaglie. Lievemente incrementato il numero dei delitti di estorsione, consumati e tentati, anche nello scorso anno con un’alta percentuale di identificazione degli autori: sono state iscritte 198 notizie di reato di cui ben 151 con autori noti: il dato (che comprende anche l’attività di estorsione commessa con modalità mafiose o per

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finalità di agevolazione mafiosa in tutto il distretto, e quindi anche a Brindisi e Taranto, oggetto di 24 procedimenti assegnati alla DDA), consente di ritenere che anche nell’anno decorso non vi sia stato un rilevante aumento dei reati, ma, nonostante la scarsa disponibilità delle vittime a collaborare con la polizia giudiziaria e con la magistratura, sia rimasta stabile una certa fiducia dei cittadini nell’intervento giudiziario con la presentazione delle denunce e con dichiarazioni comunque utili a fini di indagine. Nei periodi precedenti i procedimenti sopravvenuti erano stati 187 di cui 154 con autori noti nel 2007/2008; 164 di cui 111 con autori noti, nel 2006/2007 e 152 di cui 122 con autori noti, nel 2005/2006 (per tutti gli anni i dati comprendono anche gli episodi commessi con modalità mafiose o per finalità di agevolazione mafiosa nell’intero distretto). È verosimile, peraltro, che una parte del fenomeno continui ad essere sommersa e che molti episodi non vengano denunciati. Una qualche utilità, quale stimolo a denunciare le estorsioni, ha dimostrato la possibilità di accesso al Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura ai sensi delle leggi n. 172 del 1992 e n. 108 del 1996, anche se appare necessaria particolare attenzione per la possibilità di simulazione con la presentazione di false denunce per ottenere i benefici previsti dalla normativa citata (che prevede il parere del pubblico ministero fino alla richiesta di rinvio a giudizio dell’autore dell’estorsione o dell’usura). Salvo che a Brindisi non risultano pendenti negli altri tribunali del distretto processi per sequestro di persona a scopo di estorsione. L’unico caso si registra a Brindisi e riguarda il sequestro di tal Paolo Vianale, su cui sono state condotte diligenti indagini dalla Squadra Mobile che hanno permesso di individuarne gli autori e di pervenire dopo soli due giorni alla liberazione del Vianale: l’azione delittuosa sarebbe stata commessa probabilmente per ottenere dalla famiglia del sequestrato il pagamento di alcune partite di droga allo stesso fornite. I reati societari e di bancarotta Stabile, rispetto all’anno precedente, nel circondario di Lecce, il numero dei reati societari e di bancarotta. Solo nove procedimenti per reati societari (nel periodo precedente erano stati undici, mentre solo quattro nel 2006/2007, cinque nel 2005/2006 e nove nel 2004/2005); in ulteriore, decisa flessione quello dei reati di bancarotta per i quali sono stati iscritti 28 procedimenti (negli anni precedenti erano stati 74 nel 2007/2008, 121 nel 2006/2007, 98 nel 2005/2006 e 132 nel 2004/2005), e si spiega con la riforma della disciplina del fallimento e delle procedure concorsuali di cui al decreto legislativo n. 5 del 2006 che, eliminando la possibilità che il fallimento sia dichiarato d’ufficio dal tribunale e condizionando la dichiarazione di fallimento al superamento di determinate soglie relative all’ammontare degli investimenti dell’impresa e della media dei ricavi lordi dell’ultimo triennio di attività, ha ridotto, almeno fino al più recente decreto correttivo, i casi

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di dichiarazione di fallimento a cui è condizionata la punibilità delle condotte di bancarotta. Sono stati invece 47 i procedimenti pervenuti al gip di Brindisi e relativi a reati di bancarotta e 4 quelli relativi a false comunicazioni sociali, che si aggiungono a quelli già pendenti (37 per reati di bancarotta e 2 per false comunicazioni sociali), mentre sembrerebbe insignificante il numero di quelli pendenti in sede dibattimentale. I processi esauriti a Taranto per questa tipologia di reato sono stati 22 rispetto ai 29 del periodo precedente. Ancora in sede penale non si è posto il problema delle conseguenze che avrà la “correzione” apportata col predetto decreto che, in sede civile, ha posto a carico del debitore l’onere di provare il mancato raggiungimento delle soglie di fallibilità. L’usura (dalla relazione del procuratore distrettuale antimafia)

Quanto all’usura, il dato di sole 42 notizie di reato nei confronti di persone note (oltre a 11 nei confronti di ignoti), in crescita rispetto allo scorso anno (quando erano state solo 26) ed in linea con quello dei precedenti periodi (41 nel 2006/2007, 36 nel 2005/2006 e 38 nel 2004/2005), continua a non rispecchiare affatto la reale entità del fenomeno, ampiamente diffuso nella provincia di Lecce come si ricava dalle informazioni in possesso degli organi di polizia e notoriamente sommerso per il ricorrente atteggiamento delle vittime che preferiscono soggiacere alle pretese usurarie e non denunciarne gli autori per la “utilità” del loro “servizio” e la possibilità di potersene avvalere anche in caso di future esigenze di credito, nella impossibilità di aver accesso a quello bancario per l’assenza di garanzie da prestare. Si consideri anche che nel dato dei procedimenti (per tutti gli anni) sono compresi anche quelli (5 in tutto) per fatti di usura commessi con modalità mafiose o per finalità di agevolazione mafiosa in tutto il distretto, e quindi anche a Brindisi e Taranto. Anche in questo settore, come per le estorsioni, la possibilità di accedere al Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura ai sensi delle leggi n. 172 del 1992 e n. 108 del 1996, rappresenta un utile incentivo, anche se, come si è già detto, appare necessaria particolare attenzione per la possibilità di simulazione con la presentazione di false denunce per ottenere i benefici previsti dalla normativa citata (che prevede il parere del pubblico ministero fino alla richiesta di rinvio a giudizio dell’autore dell’estorsione o dell’usura). Come si è già riferito nella precedente relazione, nel giugno 2008 la Guardia di Finanza di Manduria a conclusione di una rilevante operazione di servizio per il contrasto dell’usura ha denunziato sedici persone per sei delle quali è stata poi emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere, col sequestro di cinque immobili ed un’attività commerciale. Non sono stati segnalati purtroppo gli sviluppi in sede giudiziaria mentre è

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una materia che richiederebbe da parte dei giudici una più efficace ed immediata azione di contrasto nel tentativo di contenere un fenomeno che inquina l’economia e che, secondo il presidente del tribunale di Taranto, “è sempre in aumento per l’aumentato numero delle situazioni di difficoltà degli esercenti attività commerciali”. All’inizio di quest’anno le investigazioni della Squadra Mobile di Taranto, nell’ambito delle indagini svolte in relazione alla denuncia di scomparsa di un uomo (si appurerà in seguito, portato sull’orlo del suicidio perché pressato dall’azione estorsiva degli usurai), portavano all’identificazione ed alla denuncia per concorso in usura e tentata estorsione di tre personaggi nei cui confronti è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere. In altra occasione, nel maggio di quest’anno, la Squadra Mobile di Taranto ha proceduto all’identificazione ed all’arresto di sette soggetti coinvolti nel traffico degli stupefacenti ma anche in attività di usura ai danni di commercianti della zona in gravi condizioni finanziarie. All’ufficio gip di Lecce sono pervenuti in materia di usura 15 procedimenti di cui 6 ancora pendenti, mentre al tribunale di Brindisi sono pendenti in sede dibattimentale sei procedimenti. Reati commessi in occasione di competizioni sportive Informa il procuratore della repubblica di Lecce che non si sono avute manifestazioni di particolare violenza e allarme sociale in occasione di competizioni sportive. E altrettanto deve supporsi per Brindisi e Taranto perché nulla è stato segnalato dai procuratori di dette città. Il Questore di Lecce ha adottato 18 provvedimenti di divieto di accesso agli stadi, campi sportivi e zone circostanti, contenenti la prescrizione dell’obbligo di comparizione personale negli uffici di polizia in concomitanza con lo svolgimento delle partite di calcio, tutti convalidati dal competente giudice per le indagini preliminari su richiesta del pubblico ministero. All’ufficio Gip di Brindisi sono pervenute cinque richieste di convalida, tutte accolte, di provvedimenti d’urgenza emessi dal Questore di Brindisi. Di rilievo l’esito delle indagini preliminari in merito all’episodio segnalato nella precedente relazione, verificatosi nel marzo 2008 quando un corteo organizzato dalla tifoseria “ultrà” della squadra di calcio del Lecce per festeggiare il centenario di costituzione della squadra aveva attraversato la città diretto allo stadio. Durante il percorso, i tifosi, che non avrebbero potuto – per i predisposti controlli – portare all’interno dello stadio oggetti esplosivi, approfittavano dell’occasione per provocare l’accensione di fumogeni e l’esplosione di petardi, verosimilmente già programmate da prima che il cort. Il ripetersi delle esplosioni di petardi e poi l’esplosione di una bomba-carta di maggior potenziale avevano determinato l’intervento dei Carabinieri, al quale gli “ultrà” avevano reagito con il lancio di un vero e proprio ordigno che aveva

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colpito un autoveicolo dei Carabinieri ed era esploso danneggiandolo fortemente e mettendo in pericolo la vita dei militari che vi erano a bordo. Le indagini, condotte dai Carabinieri di Lecce, estese all’accertamento complessivo del fenomeno delle violenze delle frange “ultrà” della tifoseria della squadra, hanno consentito di contestare a ventidue persone i reati di resistenza a pubblico ufficiale, violenza privata e danneggiamento aggravati (anche per aver agito mascherati) e di applicare, nel maggio 2009, misure cautelari personali a quattordici di loro nei cui confronti è stato configurato anche il delitto di associazione per delinquere “per aver fatto parte di un’associazione costituita da frange di tifo calcistico violento, finalizzata a commettere reati di violenza e aggressione a uomini e mezzi delle Forze di polizia al fine di contrastare la loro attività di ordine pubblico, nonché reati di violenza nei confronti delle opposte tifoserie, oggetto di sistematiche ed ingiustificate aggressioni fisiche e di danneggiamento di beni e autoveicoli al fine di impedire o condizionare la partecipazione degli spettatori alle manifestazioni calcistiche e interferire con violenza e minaccia nell’organizzazione dell’attività sportiva, con particolare riferimento ai giocatori ed ai componenti della Unione Sportiva Lecce”. Tale fattispecie è stata valutata anche dal tribunale del riesame che ha confermato la correttezza della relativa configurazione giuridica, così riconosciuta per la prima volta in ambito nazionale. Intercettazioni telefoniche ed ambientali (dalla relazione del procuratore distrettuale di Lecce):

Alle intercettazioni telefoniche e ambientali si continua a far ricorso nei soli casi di assoluta necessità. Si è registrato, così, un numero complessivo di intercettazioni (cioè di bersagli intercettati e non di persone) sostanzialmente uguale a quello dello scorso anno: 1.163 (nel precedente periodo erano state 1.228 ed in quello ancora precedente 1.245), delle quali 697 disposte in procedimenti con indagini svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia (negli anni precedenti, a ritroso, erano state 946 e 1.011) e 451 in procedimenti per reati comuni, a conferma della fondamentale utilità di questo mezzo di acquisizione della prova anche nelle indagini per reati non “di mafia” e di terrorismo (in precedenza 273 e 226). Nessuna intercettazione ha riguardato reati di terrorismo (negli anni precedenti erano state 5 e 8) mentre sono state 15 quelle preventive (nell’anno precedente erano state 4 ed in quello ancora precedente non ne erano state disposte affatto). Nella maggioranza – 1.060 – si è trattato di intercettazioni telefoniche (1.126 e 1.210 negli anni precedenti), 97 sono state le intercettazioni tra presenti (lo stesso numero dell’anno precedente, mentre ancor prima erano state 34) e 6 sono state le intercettazioni informatiche o telematiche (nell’anno precedente erano state 5 e solo 1 nel periodo ancora precedente). La durata media dell’attività di intercettazione è stata di 55 giorni per le in-

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tercettazioni disposte dalla Direzione antimafia e 30 per quelle disposte per reati comuni. I costi unitari per le intercettazioni sono rimasti quelli, già bassissimi, dell’anno precedente nel quale era stato rinnovato, a condizioni ancora migliori, il contratto con la società fornitrice delle apparecchiature installate in Procura per l’ascolto e la registrazione delle conversazioni e comunicazioni intercettate con la definizione di un costo bassissimo, di soli cinque euro al giorno e per bersaglio, tra i più bassi praticati in Italia e di gran lunga inferiore a quello medio identificato dal Ministero della Giustizia. Inoltre è in corso la informatizzazione da parte della stessa società fornitrice del servizio – senza alcun costo aggiuntivo – del registro mod-37 delle intercettazioni e dei tabulati del traffico telefonico. Anche i costi relativi alle intercettazioni ambientali sono stati ulteriormente ridotti oltre che con il ricorso per la captazione delle comunicazioni tra presenti alle apparecchiature in dotazione alle singole forze di polizia, anche con la definizione di più bassi costi di noleggio di tali apparecchiature (in caso di insufficienza o indisponibilità di quelle in dotazione alle forze di polizia). La spesa complessiva di quest’anno (relativa al noleggio degli apparati per le intercettazione sia telefoniche che ambientali) è stata così di 655.393,41 euro con un costo medio per bersaglio di 563,53 euro leggermente superiore a quello di 492,69 euro dell’anno precedente e pari a quello del periodo ancora precedente quando era stato di 549,76 ed era risultato il più basso in assoluto tra quelli di tutte le Procure d’Italia. Quanto alla documentazione del traffico telefonico essa è stata disposta con 765 decreti del pubblico ministero ed ha riguardato 1.110 bersagli: la differenza tra il numero dei decreti e quello dei bersagli è conseguenza della direttiva seguita dai magistrati della Procura di emettere, pur nello stesso procedimento, tanti decreti quanti sono gli operatori di telecomunicazioni destinatari del provvedimento (nei precedenti periodi, a ritroso, i provvedimenti erano stati 861 e 829 rispettivamente per 1.039 e 1.147 bersagli). Continua, pur in misura ridotta, l’acquisizione di tabulati in procedimenti per reati di modesta rilevanza (minacce, ingiurie, molestie con uso del telefono) anche a causa della scarsa conoscenza da parte dei denuncianti della possibilità disciplinata dall’articolo 127 del decreto legislativo n. 196/2003 di conoscere dal proprio fornitore del servizio telefonico la provenienza delle “chiamate di disturbo”. Con riguardo al costo dei tabulati è opportuno segnalare che anche nel decorso anno giudiziario la Procura di Lecce ha seguito l’orientamento, del quale ha informato il Ministero della Giustizia, di ritenere che nessun pagamento sia dovuto agli operatori delle reti di telecomunicazioni per i tabulati del traffico telefonico, trattandosi di prestazione che, pur inserita nel “listino” del 26 aprile 2001, è stata poi espressamente esclusa dal Codice delle comunicazioni elettroniche, successivamente emanato con il citato decreto legislativo 1° agosto 2003 n. 259, che all’articolo 96, dopo aver ribadito l’obbligatorietà per gli operatori “delle prestazioni a

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fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie”, ha previsto “il ristoro dei costi sostenuti” dagli operatori solo “per le prestazioni relative alle richieste di intercettazioni”, e non anche per quelle relative alle informazioni fornite all’Autorità giudiziaria, nelle quali rientrano evidentemente quelle sul traffico telefonico. La prassi seguita dalla Procura ha comportato nell’ultimo anno un risparmio di oltre 30.000 euro. Reati tributari Sostanzialmente depenalizzate le violazioni tributarie, con la riforma di qualche anno fa, neppure quest’anno vi è nelle relazioni dei procuratori del distretto menzione alcuna dei reati tributari, anche perché le residuali figure di rilevanza penale sono di difficile configurazione e richiedono indagini molto complesse e competenze specifiche. Eppure l’evasione tributaria pesa enormemente sull’economia italiana. Nell’assemblea annuale della Confindustria tenutasi a Lecce l’anno scorso, sono stati denunciati i danni che derivano all’economia salentina non solo dalla crisi che sta attanagliando i settori chiave del territorio, ma anche per l’evasione fiscale, il sommerso e le truffe messe in atto da alcuni imprenditori, perché, secondo Cristiana Coppola vice presidente nazionale dell’associazione, il sommerso non solo sottrae risorse e ricchezza al territorio ma svolge anche concorrenza sleale verso gli imprenditori che hanno affrontato una strada di crescita senza accedere a capitali pubblici e quindi indebitandosi, sicché la crisi va a toccare paradossalmente proprio queste imprese, che più si sono esposte alla concorrenza, alla globalizzazione, ai mercati internazionali, che hanno investito risorse private. La verità è che a fronte di un fenomeno assai diffuso, come l’evasione tributaria, che ha raggiunto in Italia proporzioni assai allarmanti e che condiziona negativamente lo sviluppo dell’economia, vi è da parte dei poteri pubblici, giudici compresi, un atteggiamento di tolleranza se non addirittura di incoraggiamento: i frequenti condoni susseguitisi negli anni, come il recente scudo fiscale che altro non è se non l’ennesimo condono a favore degli evasori, non può che incoraggiare l’evasione tributaria. Nulla di strano allora se giovani di famiglia agiata, che neppure nascondono tale loro stato, risultano poi nullatenenti ed ottengono anche l’esonero delle tasse universitarie, (si vedano in proposito gli esiti dell’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Lecce), come del resto gli adulti della stessa specie che fruiscono delle prestazioni del servizio sanitario con esonero dal pagamento del ticket, richiesto invece al modesto pensionato ed al lavoratore dipendente i cui redditi invece non sfuggono al fisco. Proprio perché si tratta di materia difficile, le procure delle repubbliche dovrebbero organizzare al loro interno un apposito gruppo di lavoro per perseguire questo tipo di reati, tanto più che l’attività investigativa della Guardia di Finanza

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ha conseguito negli ultimi tempi esiti positivi non solo nell’ambito strettamente tributario ma anche in quello penale. Frodi comunitarie e a danno delle pubbliche amministrazioni Riferisce il procuratore distrettuale di Lecce che, anche lo scorso anno, l’impegno investigativo per contrastare le frodi comunitarie, le altre truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche e quelle comunque commesse a danno di enti pubblici, ha dato risultati molto positivi. Infatti sono stati iscritti 41 procedimenti per il delitto di cui all’articolo 640bis del codice penale (nel periodo precedente erano stati 42) e 574 per quello di cui all’articolo 640, comma 2, dello stesso codice: quest’ultimo dato, più che quadruplicato rispetto a quello dell’anno precedente in cui i procedimenti erano stati 129, è però ingannevole perché comprende ben 491 denunce di reato per così dire “in serie”, riguardanti tutte le medesime fattispecie di prestazioni sanitarie erogate, senza che fosse pagato il relativo “ticket”, dall’Azienda Sanitaria Locale di Lecce, con danno di quest’ultima, ad utenti del Servizio Sanitario Nazionale che avevano falsamente attestato di avere diritto all’esenzione dal pagamento del “ticket” suddetto. I relativi procedimenti (hanno continuato a sopravvenirne molte centinaia) sono stati definiti con richiesta di decreto penale di condanna, senza sospensione condizionale della pena, previa sostituzione della pena della reclusione con quella della multa ai sensi dell’articolo 53 della legge n. 689 del 1981; sarà necessario, però, verificare se ciò possa continuare ad avvenire (essendo annunciato l’invio di molte altre centinaia di analoghe notizie di reato) anche dopo l’aumento da 38 a 250 euro dell’importo di pena pecuniaria corrispondente ad un giorno di pena detentiva (nel caso di ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive) in vigore dall’8 agosto 2009 per effetto della modifica dell’articolo 135 del codice penale da parte della legge n.94 del 2009. Da segnalare, invece, tra i procedimenti per il delitto di cui all’articolo 640, comma 2, quello, seguito ad una diligente e complessa indagine della Guardia di Finanza di Lecce (si tratta dell’operazione denominata Caronte) contro un centinaio di imprenditori, fittizi consulenti del lavoro e sindacalisti che procuravano a inesistenti lavoratori benefici previdenziali (dei quali si appropriavano, con danno dell’INPS di quasi due milioni di euro) documentando falsi rapporti di lavoro e simulando l’esistenza di aziende “fantasma”: nel febbraio 2009 sono state applicate misure cautelari personali a 48 persone indagate dei delitti di truffa aggravata continuata ex articolo 640, comma 2, del codice penale e per associazione per delinquere ad essa finalizzata e nel giugno successivo è stato chiesto il rinvio a giudizio di oltre 100 imputati, per la metà dei quali è già stata pronunciata sentenza di primo grado di applicazione di pena patteggiata. Quanto ai delitti di cui al citato articolo 640 bis, anche lo scorso anno è proseguita la peculiare esperienza investigativa riguardante la repressione delle condotte fraudolente dirette al conseguimento dei benefici previsti dalla legge n.488 del

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1992: tali indagini hanno riguardato l’erogazione di contributi pubblici ottenuta ai sensi della legge suddetta e di altre norme agevolative da parte di imprenditori dell’intera provincia di Lecce in assenza delle condizioni per accedervi (falsamente documentate) ed hanno portato all’applicazione di una serie di misure cautelari personali e reali. In tali procedimento, infatti, è stato perseguito il fine primario di assicurare alla Pubblica Amministrazione il risarcimento del danno in caso di condanna degli autori delle frodi ed in tale ottica si è rivelato particolarmente efficace il ricorso al sequestro per equivalente disciplinato dall’articolo 322ter del codice penale in virtù del quale è stato possibile sequestrare somme di denaro e beni sia alle persone fisiche indagate che alle persone giuridiche, facendo ricorso per queste ultime alla normativa introdotta dal decreto legislativo n. 231 del 2001. Nell’anno sono stati sottoposti a sequestro per equivalente beni per un valore di circa 30.000.000 di euro e recuperate somme di denaro per 1.186.000 euro (considerando i precedenti periodi sono stati complessivamente sequestrati ad oggi beni per un valore di 55.000.000,00 di euro e recuperate somme di denaro pari a 8.876.000,00 di euro). Invero, in molti casi gli stessi indagati hanno chiesto di poter restituire le somme indebitamente percepite ed hanno effettivamente messo a disposizione dell’Amministrazione somme di importo corrispondente a quelle erogate; ovvero, in altri casi, dopo l’avvio delle indagini hanno rinunciato alla erogazione dei contributi già riconosciuti in via provvisoria dagli organi competenti. Il rigore, la sistematicità e la qualità complessiva degli interventi repressivi della Procura della Repubblica di Lecce, facendo emergere un fenomeno di particolare gravità e diffusione, hanno contribuito anche, sia pure indirettamente, alla modifica, adottata nel 2006, della normativa di cui alla citata legge n. 488 con l’attribuzione alle banche concessionarie di più penetranti poteri di controllo, a seguito della quale il fenomeno delittuoso ha registrato notevole flessione. Anche quest’anno va tuttavia segnalato che non è del tutto infondato il sospetto che molti imprenditori abbiano restituito o rinunciato ai finanziamenti ottenuti per sottrarsi al rischio di essere sottoposti ad indagini, una volta che l’azione della procura giustamente si è svolta ad ampio raggio, poiché in tale eventualità la loro immagine commerciale sarebbe stata enormemente offuscata e intralciata la loro attività economica con un danno superiore a quello che gliene sarebbe derivato dalla spontanea restituzione o rinuncia ai finanziamenti già ottenuti. Per i riflessi che questo tipo di indagini possono avere sull’economia e anche sull’occupazione (esigenza di cui l’inquirente deve tener conto finché compatibile con il perseguimento delle finalità di giustizia), sarà necessario che in questa materia le indagini siano svolte con la massima sollecitudine e con la massima discrezione evitando ogni effetto spettacolare. Ed a riguardo non posso fare a meno di riferire l’amara constatazione del presidente preposto alla sezione distaccata di questa corte in Taranto che cioè, almeno per quanto riguarda le frodi comunitarie, la maggior parte dei reati sono destinati alla prescrizione per l’eccessiva durata del giudizio di primo grado.

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Reati contro la pubblica amministrazione Secondo quanto riferisce il procuratore della repubblica di Lecce, sono soltanto nove le denunce pervenute nell’anno per reati di corruzione o tentata estorsione. Poiché nella comune percezione il fenomeno è tutt’altro che scomparso in Italia ed è invece dilagante (costituisce, secondo autorevole fonte, una tassa occulta annua di mille euro per ogni italiano), deve ritenersi che i reati di questo tipo difficilmente emergono (com’è sicuramente perché non si può contare sulla collaborazione del privato corruttore che, soggetto pure lui a pena come il corrotto, finisce nel corso delle indagini col proteggere costui). Ma può significare anche, com’è pure verosimile, che minore attenzione rispetto al passato è ad essi riservata dagli inquirenti; anche in questo caso dunque sarebbe da auspicare la costituzione all’interno delle procure di gruppi con competenza specializzata. Nel corso del 2008 la corte di appello di Lecce ha pronunciato una sola condanna per peculato e nessuna per corruzione o concussione. D’altra parte, del fenomeno della corruzione in Italia si è interessato il Consiglio di Europa che, nel suo recente rapporto, ha rilevato che in Italia i casi di malversazione sono in aumento; che le condanne sono diminuite; che i processi non si concludono per le tattiche dilatorie che ritardano i dibattimenti e favoriscono la prescrizione; che la normativa è disorganica; che la pubblica amministrazione ha una discrezionalità che confina con l’arbitrarietà ed ha inviato all’Italia ben 22 raccomandazioni. Non meritano neppure di essere segnalate le numerose denunce per abuso d’ufficio, sia perché la maggior parte di esse sono dirette, com’è ormai di moda, contro magistrati che emettono una qualsivoglia decisione non gradita ( e poiché nella materia civile ci sono almeno due parti contrapposte e la decisione del giudice non può soddisfare entrambe, ve ne sarà almeno una che se ne lamenta), sia perché, dopo la riforma legislativa, fatta – scusate la malizia – proprio per evitare che i veri abusi d’ufficio fossero perseguiti (data la ormai pacifica e da tutti riconosciuta invadenza dei giudici in settori che si dice non gli competano), questo reato è difficilmente configurabile; le interpretazioni riduttive date dalla dottrina e anche purtroppo dalla giurisprudenza hanno completato l’opera del legislatore ed abusi – di quelli veri per intenderci, da tutti percepiti come tali – per la legge penale non esistono più. A Brindisi nel gennaio di quest’anno è stato definito con numerose condanne un processo a carico degli ex amministratori del Comune per i reati di corruzione, concussione ed abuso d’ufficio e ve ne sono pendenti altri sei per il reato di corruzione e sette per concussione. Deve succedere qualcosa di eccezionale perché questo tipo di reati vengano alla luce e così è avvenuto a Taranto a seguito del dissesto dell’ente comune. Già lo scorso anno l’Avvocato Generale di Taranto Bruschi aveva dato notizia dei numerosi procedimenti che ne erano derivati e dai quali erano risultate sottrazioni continue e cospicue di somme di danaro ingenti da parte di funzionari comunali, una regia delittuosa degli appalti finalizzata all’arricchimento personale ed all’accaparramento di risorse, veri e propri falsi in bilancio.

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Su tutto ciò ha egregiamente indagato la Digos di Taranto (operazione delle c.d matite d’oro relativi ad acquisti fittizi di materiale di cancelleria che avevano reso possibile una distrazione di danaro dalle casse comunali per circa sei milioni di euro; l’operazione in cui fu coinvolta la società Promoservizi, relativa anch’essa a fittizie prestazioni remunerate con 2.500.000 euro; l’indagine relativa all’ex macello comunale per servizi di pulizia mai eseguiti ma costati al comune 614.000 euro; l’indagine relativa alla Lumaservice per l’affidamento senza gara pubblica dell’incarico di progettazione di uno sportello front-office costato 1.502.640 euro (credo il solo progetto); il contratto, ancora una volta senza gara, per la fornitura di stampati che prevedeva il corrispettivo di nove milioni di euro in nove anni e nulla diceva sulle forniture che si sarebbero dovuto eseguire. Poiché dispongo delle sole informazioni della DIGOS mentre nelle relazioni degli uffici giudiziari interessati nulla mi si dice di preciso, non sono in grado a mia volta di dare informazioni più esaurienti e non so quali siano stati gli sviluppi di tali indagini sul piano giudiziario . Ma quando sento di questi fatti e penso allo stesso tempo che io, signori avvocati, quando vi liquido gli onorari sono piuttosto contenuto per far risparmiare qualcosa all’erario e voi me lo fate capire ma non me ne volete, allora si che mi sento quasi frustrato e mi verrebbe la voglia di largheggiare, così mi conquisterei la vostra riconoscenza… ma poi penso che ognuno deve fare la sua parte altrimenti è l’assalto alla diligenza… A Lecce le diligenti indagini condotte dalla Guardia di Finanza, in seguito a denuncia del Segretario Generale dell’Ente Provincia, hanno portato alla luce l’illecita appropriazione di una consistente somma di danaro perpetrata attraverso l’alterazione della documentazione amministrativo contabile e la manomissione del sistema informativo dell’ente provinciale da parte di un funzionario, nei cui confronti è stata emessa ordinanza di custodia cautelare in carcere. La tutela dell’ambiente Nonostante l’impegno di alcuni uffici di procura e delle forze dell’ordine, che hanno specifica competenza in materia, assai poco soddisfacenti sono i risultati conseguiti in materia di tutela dell’ambiente e del territorio. Lo scorso anno l’Avvocato Generale di Taranto lanciò un vero e proprio grido di allarme per il gravissimo inquinamento ambientale della città e per i danni che ne potevano derivare alla salute pubblica e ne attribuì la responsabilità principalmente ai due insediamenti industriali (l’Ilva e la raffineria di petrolio), la cui attività nel tempo ha condizionato fortemente la vita della città, creando opportunità di lavoro e ricchezza con costi però elevatissimi per la collettività. Nella mia relazione diedi voce a quel grido di allarme, segnalando tra l’altro che da un lato la proprietà dei siti inquinanti rifiutava irresponsabilmente di adottare una politica di bonifica che mettesse la popolazione al riparo dai pericoli di gravissimi danni alla salute, dall’altra che i pubblici poteri – quando addirittura

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non entravano in conflitto tra loro come era avvenuto di recente tra lo Stato e la Regione – tendevano a sottovalutare il problema mentre purtroppo cresceva il numero dei morti per cause probabilmente riferibili all’inquinamento e, in misura davvero impressionante, cresceva il numero delle malattie professionali riconducibili alle stesse cause ed alle condizioni di lavoro. Le mie parole ebbero una sicura eco negli ambienti interessati perché l’ing. Riva, presidente del consiglio di amministrazione dell’Ilva – non invece i pubblici poteri pure chiamati in causa – mi usò la cortesia di scrivermi una lettera per chiarirmi che l’Ilva faceva tutto quello che poteva per garantire condizioni di sicurezza ai propri lavoratori e condizioni di vivibilità ambientale agli abitanti della città di Taranto, con la quale ormai la grande industria si identificava. Mi invitò anche ad una visita allo stabilimento per rendermene personalmente conto, invito che di buon grado avrei accettato se fossi stato accompagnato da chi ben conosceva i termini del problema ed aveva le cognizioni tecniche per capire bene come stavano le cose. Da quel fronte invece nessun segnale ed io, passato il tempo, rinunciai anche a dare una risposta all’ing. Riva. L’ing. Riva quest’anno mi ha inviato una bellissima pubblicazione presentata da una lettera che così conclude: “Sono in molti a guardare la nostra realtà con orgoglio. A credere in noi. La loro attenta, moderata, ragionevole vigilanza sarà da stimolo per il lavoro di ogni giorno: un impegno che vuole mantenere l’Ilva di Taranto all’avanguardia nel mondo per efficienza industriale ed eco-compatibilità”. Non posso che compiacermi di questo rinnovato impegno e di questa indubbia presa d’atto che il problema esiste. Non condivido soltanto che la vigilanza dei pubblici poteri debba essere moderata e ragionevole; quando è in gioco la salute di intere collettività la vigilanza, se occorre, dev’essere anche invadente e petulante... Ora sono venuto in modo informale a consocenza che la procura di Taranto avrebbe in corso degli accertamenti per stabilire cause e responsabilità di alcune morti sospette. Ho appreso anche, sempre in modo informale, che l’Ilva aveva assunto l’impegno a smantellare circa 400.000 Kg di amianto all’anno in base ad un piano di bonifica predisposto fin dal 1996 d’intesa con l’Ispettorato del Lavoro e lo Spesal. È tanto difficile stabilire se questi impegni sono stati mantenuti? È così difficile accertare se nel corso della bonifica sono emerse altre criticità? Visto che finora sarebbero stati smantellati Kg 7.053.024 di amianto, che non è poco, si può fare anche in sede giudiziaria ma con l’ausilio tecnico degli organi competenti, una indagine seria sul rapporto tra questa situazione e le patologie che si sono manifestate negli ultimi tempi, mesoteliomi ed asbestosi, con sei sette morti all’anno? Non per fare processi o per parlarne all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ma per garantire agli sfortunati che hanno patito le conseguenze dell’inquinamento i diritti che gli competono, se come sembra si tratta di malattie professionali e per dare un contributo ad eliminarne le cause. Eppure la Direzione Provinciale del lavoro di Taranto segnala che “ un ele-

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mento di riflessione che si ritiene di dovere aggiungere ai dati degli infortuni sul lavoro è quello delle malattie professionali contratte e che negli ultimi anni è diventato particolarmente significativo, a causa del numero crescente di lavoratori che le denunce e per le quali sono stati svolti accertamenti per conto della locale procura della repubblica, al fine di verificare la loro correlazione con violazioni di norme di igiene e sicurezza sul lavoro”. Io non ho competenza diretta e non posso prendere iniziative, ma i colleghi della procura di Taranto qualcosa possono fare, colgano e mettano alla prova questa dichiarata disponibilità della direzione dell’Ilva. In un documento di un’associazione ambientalista di Taranto si legge che “la magistratura ha di fatto svolto un ruolo di supplenza anche rispetto ai delegati sindacali per la sicurezza, che in questi anni non hanno reso noti (o chiesto con forza e pubblicamente) i dati degli inquinanti che minacciavano la salute dei lavoratori e dei cittadini, pur disponendo per legge del diritto di accesso a tali informazioni”. La magistratura di Taranto dimostri coi fatti di avere meritato questo riconoscimento e prosegua in questa direzione… L’estate scorsa, nella provincia di Lecce, il mancato smaltimento dei rifiuti urbani ha comportato situazioni di criticità che non poco ha nociuto all’immagine – e anche alla vocazione turistica – di questo territorio. Gli enti competenti si sono palleggiate le responsabilità e qualcuno perfino ha sostenuto che il problema non era reale ma era stato “inventato” in vista della competizione elettorale, nel corso della quale avrebbe potuto essere – ed è stato – sfruttato come argomento di propaganda. Ma i rifiuti per tutta l’estate sono stati lì in bella mostra sulle strade… non mi risulta che siano state compiute indagini per accertare eventuali responsabilità… Numerose sono state le indagini della Guardia di Finanza di Lecce per contrastare il fenomeno dell’illecito smaltimento dei rifiuti soprattutto di quelli speciali e pericolosi. Sono state scoperte undici discariche abusive ed accertati – abbandonati su aree demaniali – 161.890 Kg di rifiuti industriali; sono state denunciate 86 persone ma le indagini finora espletate non danno, a parere di chi parla, l’esatta dimensione del fenomeno che deve essere molto più allarmante. Riferisce infatti il procuratore distrettuale di Lecce che il numero di 348 procedimenti iscritti per reati a tutela dell’ambiente e del territorio, più che triplicato rispetto al periodo precedente (quando i procedimenti erano stati 107), è però un dato ingannevole in quanto comprende, nella maggior parte dei casi, denunce per l’abbandono ai margini delle strade di campagna di rifiuti ed oggetti vari (pneumatici, elettrodomestici, materassi, scatoloni, mobilio ecc.), con denunce talvolta del proprietario del terreno sul quale i rifiuti sono stati abbandonati. Queste denunce sono ovviamente destinate all’archiviazione in mancanza di una qualsivoglia attività illecita da parte del proprietario del terreno certamente non desumibile solo da tale sua qualità.. Di norma, peraltro, la situazione denunciata viene segnalata al sindaco del comune interessato che dispone la rimozione dei rifiuti con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi.

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I reati edilizi Riferisce il procuratore distrettuale di Lecce che anche quest’anno particolare attenzione è stata prestata all’accertamento degli abusi edilizi commessi facendo risultare che i lavori da compiere fossero solo di restauro e risanamento conservativo, per i quali è richiesta solo la denuncia di inizio dell’attività, e realizzando invece nuove opere per le quali sarebbe stato necessario il permesso di costruire (ipotesi frequente per opere di interesse artistico, architettonico, storico o ambientale, nonché per la ristrutturazione di vecchi trulli e “pagliare”, o anche di semplici muretti a secco contrabbandati per ruderi di costruzioni mai esistite, trasformati in vere e proprie ville residenziali). Per potere eseguire poi la demolizione di opere edilizie abusive disposta con le sentenze di condanna (che è il vero deterrente per i responsabili di abusi edilizi, rimasto però fino ad oggi lettera morta, sia perché vanificato ex post dai vari condoni, che – tra le proteste degli ambientalisti – sono proseguiti a ritmi impressionanti, sia perché di fatto mai eseguiti dalle autorità comunali per una serie di difficoltà talvolta reali ma più spesso enfatizzate) la Procura di Lecce ha stipulato un accordo con la sezione leccese dell’Associazione nazionale dei costruttori edili, che consente non solo di dare corso effettivo alle demolizioni, superando ostruzionismi o inefficienze degli enti che vi dovrebbero provvedere, ma anche di risparmiare sui costi rispetto a quelli concordati dal Ministero della giustizia col Ministero della difesa. Sono già stati affidati una dozzina di incarichi di demolizione ad imprenditori privati e la determinazione manifestata dalla Procura nell’esecuzione delle demolizioni ha stimolato l’iniziativa autonoma di alcuni proprietari condannati per le opere abusive che, senza attendere l’esecuzione della demolizione da parte delle imprese incaricate dalla Procura, hanno preferito procedervi per proprio conto e di propria iniziativa. Non può non prendersi atto tuttavia di quanto segnala la Polizia municipale di Lecce che cioè purtroppo “la collettività attribuisce uno scarso disvalore sociale ai fenomeni di illegalità edilizia ed ambientale collocando il bene giuridico tutelato dalla norma penale o amministrativa in materia ad un livello inferiore nella gerarchia dei valori tutelati dall’ordinamento”. Lo stesso ente comunale del resto non ha pensato finora di dotare anche la polizia municipale, come le altre forze dell’ordine, di strumenti e tecnologie innovative per il controllo satellitare del territorio che consenta di rilevare in tempo reale qualsiasi interveto che costituisca un vulnus all’ambiente o al territorio nonché di conoscere immediatamente ed esattamente la particella catastale e quindi il proprietario dell’area. Ovvio allora che nel territorio extraurbano e nelle marine, dove non è possibile esercitare forme di controllo con i sistemi tradizionali, specie nei periodi invernali l’abusivismo dilaghi e una volta realizzato il manufatto abusivo è quasi certo che lì resterà… È veramente apprezzabile che il controllo della polizia municipale non si limiti

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ai privati ma sia stato esteso alle ditte che gestiscono in appalto il relativo servizio di raccolta dei rifiuti, urbani e speciali, e il loro smaltimento per verificare se il servizio sia espletato in conformità del capitolato di appalto. Non risulta però che per eventuali violazioni siano state finora presentate denunce pur potendosi a volte ravvisare in tali condotte l’illecito di cui all’art. 356 codice penale. Anche la Polizia Municipale di Brindisi ha assicurato continui controlli sul territorio per contrastare il fenomeno dell’abusivismo. I reati di violenza sessuale Questo settore di reati continua a destare allarme e seria preoccupazione nonostante le ripetute, significative condanne delle magistrature leccesi per abusi sessuali anche a danno di minori infraquattordicenni. Quest’anno le notizie di reato di violenze sessuali sono in leggera flessione e sono state 95 (anziché 110 dell’anno precedente), di cui 87 a carico di persone identificate: si tratta di procedimenti di particolare delicatezza, le cui indagini richiedono professionalità e sensibilità e risultano complesse e difficoltose sia per l’esigenza di verificare l’attendibilità delle denunce (in particolare quando, non infrequentemente, le accuse provengano da bambini e fanciulli o comunque da persone minori dei quattordici anni o in condizioni di inferiorità psichica), sia per la necessità di effettuare l’esame delle vittime in ambiente protetto, sia per la ricorrente opportunità di richiedere l’incidente probatorio. Nonostante il numero di procedimenti già non appaia di scarsa rilevanza, deve ritenersi che il fenomeno sia di ampiezza ancora maggiore e resti nella gran parte sommerso, sì da richiedere un’adeguata e costante attenzione, formazione e sensibilizzazione dei diversi attori sociali (dai componenti della famiglia – quando non coinvolti – agli insegnanti, agli educatori, ai medici ed al personale dei servizi sociali e della stessa polizia giudiziaria) affinché tempestivamente possano cogliere i segni della violenza subita dalle vittime. Le difficoltà di accertamento nascono soprattutto dal fatto che la maggior parte degli abusi si consuma all’interno delle mura domestiche ed è impressionante, stando ad alcune statistiche, quanto sia elevato il numero delle donne che ha subito violenza. Di rilievo anche il dato riguardante il delitto di atti persecutori (cosiddetto stalking) inserito nel codice penale all’articolo 612bis con il decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11, convertito con la legge 23 aprile 2009 n. 38. Dal 24 febbraio 2009 sono state iscritte 37 notizie di tale reato e benché il dato si riferisca a poco più di quattro mesi dell’anno giudiziario decorso (fino al 30 giugno 2009), esso appare significativo e meritevole di essere segnalato in quanto induce a ritenere che la nuova norma abbia colmato un vuoto legislativo e consentito l’emersione e la punizione di condotte evidentemente non infrequenti, in precedenza difficilmente inquadrabili in altre ipotesi sanzionatorie (in passato si era talvolta fatto ricorso alle figure dei maltrattamenti o della violenza privata).

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Il tribunale del riesame Le istanze di riesame di misure cautelari personali, proposte ex art. 309 c.p.p., sono state 636, di cui 119 hanno riguardato provvedimenti adottati dal tribunale di Brindisi e 517 adottati dal tribunale di Lecce. Il tribunale ha disposto la scarcerazione delle persone private della libertà personale in 11 casi per Brindisi e in 40 casi per Lecce, in una percentuale di casi, quindi , del 10% circa per Brindisi e dell’8% circa per Lecce. Le ordinanze riformate, invece, sono state 98, mentre i rigetti – nei quali devono ricomprendersi anche i casi di inammissibilità delle istanze proposte – sono stati pari complessivamente a 379. Tali dati riferiscono di un leggero calo rispetto al periodo precedente, nel corso del quale gli annullamenti erano stati 87 mentre le riforme avevano riguardato 166 provvedimenti. I rapporti con le autorità giudiziarie estere I dati relativi al periodo sono i seguenti: 9 estradizioni per l’estero, 7 estradizioni dall’estero, 52 rogatorie dall’estero, 67 rogatorie all’estero, 112 richieste di riconoscimento di sentenze penali straniere, 5 richieste di notifica di atti civili, 1 esecuzione all’estero di sentenza penale italiana e 8 richieste di procedimento penale in Italia per reati commessi all’estero.Tali dati, se confrontati con il precedente periodo (luglio 2007 – giugno 2008), evidenziano un significativo aumento delle rogatorie all’estero passate da 1 a 67 (+ 66 pratiche), delle richieste di riconoscimento di sentenze penali straniere passate da 5 a 112 (+ 107 pratiche) e delle commissioni rogatorie provenienti da autorità giudiziarie straniere in incremento del 18%, mentre sono rimaste sostanzialmente stabili le estradizioni, le istanze di notifica di atti civili e penali e le richieste di procedimenti penali in Italia e all’estero.Pur in presenza di un accresciuto carico di lavoro si è riusciti a ridurre del 47,36% la pendenza delle rogatorie dall’estero, del 66,66% quella dell’esecuzione all’estero di sentenze penali italiane e del 33,33% quella dei procedimenti penali in Italia per reati commessi all’estero. Nonostante ciò numerosi sono ancora i fascicoli pendenti (55 estradizioni dall’estero, 140 riconoscimenti di sentenze penali straniere, 21 esecuzioni all’estero di sentenze penali italiane, 27 richieste di procedimento penale in Italia per reati commessi all’estero, 19 rogatorie dall’estero e 12 rogatorie all’estero) in ordine ai quali e nonostante i periodici aggiornamenti, i margini di intervento della Procura Generale sono limitati, trattandosi di procedure interconnesse ai tempi decisionali di autorità giudiziarie estere, ovvero finalizzate alla localizzazione internazionale ed all’estradizione dei ricercati.Giova, infine, evidenziare come l’esponenziale aumento della pendenza in alcuni settori (riconoscimento di sentenze penali straniere + 137% e rogatorie all’estero + 458,33 %) sia direttamente ascrivibile all’inusuale invio di numerosissimi avvisi di sentenze penali pronunciale all’estero nei confronti di cittadini italiani, trasmessi in corso d’anno dal Ministero della Giustizia ai sensi dell’art. 22 della Convenzione Euro-

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pea di Assistenza Giudiziaria in materia penale e per il seguito da darsi ai sensi del combinato disposto degli artt. 12 c.p. e 730 c.p.p. La magistratura di sorveglianza Il presidente del tribunale di sorveglianza di Lecce riferisce che l’attribuzione, per effetto della legge c.d Simeone, della competenza al magistrato di sorveglianza della relativa competenza e la previsione di un procedimento semplificato, che prescinde dal contraddittorio e non è subordinato ad accertamenti di particolare complessità, ha consentito di provvedere con tempestività sulle istanze di liberazione anticipata, il cui accoglimento è subordinato soltanto alla circostanza che l’interessato abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione. Di fatti delle 1798 istanze pervenute all’ufficio nel periodo di riferimento 1726 sono state definite, nella massima parte con pronuncia di accoglimento. Nella realtà, le scarse opportunità di promozione trattamentale che le istituzioni carcerarie sono in grado di offrire – da una parte – e la gran mole di compiti demandati dalla legge al magistrato di sorveglianza – dall’altra – non consentono a quest’ultimo di conseguire una prova di tal fatta, onde l’unico requisito cui di fatto è subordinata la concessione del beneficio è costituito dalla regolare condotta che altro non è, come è stato sottolineato se non lo strumento di buon governo del carcere con il quale si premiano i detenuti che non incorrano in rilievi disciplinari. Con riguardo agli ambiti di applicazione del beneficio, si segnalano perplessità sul piano teorico e sotto l’aspetto operativo quanto alla previsione della legge n. 277/02 che consente di usufruirne anche al condannato già in affidamento in prova al servizio sociale. Si è osservato in proposito che, a fronte di una misura che in ogni modo consente una notevole libertà di movimento e il cui percorso di risocializzazione difficilmente può essere verificato se non attraverso contatti del tutto episodici con il servizio sociale, risulta priva di razionale giustificazione la possibilità, per chi si trovi già a godere di un regime scarsamente afflittivo, di fruire anche della liberazione anticipata. D’altra parte, proprio la riduzione di pena potrebbe rivelarsi controproducente per coloro i quali siano stati sottoposti al c.d. affidamento terapeutico per ragioni legate allo stato di tossicodipendenza laddove, cioè, anche la durata delle prescrizioni è direttamente calibrata sull’esigenza di orientare l’interessato a proseguire o a intraprendere il programma terapeutico, sottraendolo, nel contempo al pernicioso contatto con l’ambiente carcerario. Restano poi le ambiguità di fondo, sul rilievo che la valutazione parcellizzata della condotta del detenuto, semestre per semestre, mina un complessivo giudizio di recupero più o meno rieducativo dello stesso mentre è difficilmente comprensibile la concessione della liberazione anticipata anche a soggetti sottoposti al regime del 41 bis con riferimento ai quali non è prevista attività trattamentale. Molto numerosi sono i casi di rinvio dell’esecuzione della pena nei riguardi di persone affette da HIV o AIDS e tossicodipendenti, settore nel quale la legge Simeone dilata senza confini la detenzione domiciliare, atteso che i rinvii della pena

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prescindono dall’entità della stessa pur in presenza di incertezze diagnostiche, di terapie inefficaci, di programma riabilitativi generici e mal individualizzati. Si è registrato infatti un sensibile incremento delle istanze presentate da soggetti tossicodipendenti, soprattutto da cocaina, in ordine alle quali la legge n. 46/2006 ha attribuito al magistrato di sorveglianza la facoltà di ammettere l’istante in via provvisoria alla misura dell’affidamento terapeutico. Anche in aumento sia a Lecce che a Taranto sono state le istanze di detenzione domiciliare (678 a Lecce) e di differimento della esecuzione della pena (n. 114 a Lecce) per gravi motivi di salute, in dipendenza da patologie di natura sia fisica che psichica o psichiatrica, le quali interessano in particolar modo soggetti con problemi attuali o pregressi di tossicodipendenza. Anche nel periodo in esame, nei casi di domande proposte da condannati in condizioni di grave infermità fisica o psichica o da persona affette da infezioni HIV o da AIDS, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha preferito applicare – in luogo del rinvio o della sospensione della pena – la norma di cui all’art. 47 ter comma 1 ter ordinamento penitenziario che consente l’applicazione surrogatoria della detenzione domiciliare a termine, ma non senza valutare l’eventuale sussistenza di un concreto pericolo della commissione di delitti. Quanto ai permessi non si segnalano particolari inconvenienti: dal magistrato di sorveglianza di Taranto sono stati concessi 208 permessi, dal magistrato di Lecce 73 permessi c.d. di necessità sui 184 richiesti 73 permessi premio concessi a fronte dei 591 richiesti. Il presidente del tribunale di sorveglianza di Lecce afferma che i detenuti che ne hanno beneficiato li hanno gestiti in modo responsabile, com’è attestato dall’assenza di violazioni e dal puntuale rientro in istituto ma resta comunque alto il rischio operativo che grava sul magistrato di sorveglianza date le difficoltà di una valida prognosi sulla pericolosità esterna del detenuto e la cogenza di circostanze familiari e personali che spesso impongono la concessione del permesso. Sull’argomento, il procuratore distrettuale antimafia ha riferito che “durante l’ultimo anno si è continuato a porre particolare attenzione all’applicazione delle norme dell’ordinamento penitenziario che prevedono forme di intervento del procuratore distrettuale antimafia nelle procedure per la concessione ai condannati delle misure alternative alla detenzione (articoli 4bis del citato ordinamento penitenziario, ancora una volta modificato con la recente legge 15 luglio 2009, n.94, e 58ter) e per la sospensione delle ordinarie regole di trattamento penitenziario (articolo 41bis, secondo comma, anch’esso radicalmente modificato dalla stessa legge n.94/2009).”Quale risultato di tale attività si è ottenuto che “tra il luglio 2008 ed il giugno 2009 sono state, così, fornite indicazioni riguardanti 2.295 detenuti che avevano presentato richieste di concessione di misure alternative alla detenzione: 70 ex articolo 58ter e 156 ex articolo 4bis (di queste ultime, 65 sono state richieste informazioni al prefetto per i pareri del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e 91 sono state comunicazioni di iniziativa ai tribunali di sorveglianza di Lecce e Taranto); 1.608 sono stati i pareri dati ai magistrati di sor-

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veglianza di Lecce e Taranto su istanze di concessione della liberazione anticipata (134 dei quali motivatamente contrari)”. Ed a buon diritto osserva che “si tratta di una mole enorme di lavoro (in particolare i pareri in tema di liberazione anticipata sono aumentati di oltre il 50% rispetto al precedente anno giudiziario), alla quale è stato possibile far fronte solo per l’impegno costante e qualificato del personale delegato alla ricerca delle necessarie notizie nei sistemi informativi Re.Ge., Re.C.A. e S.I.D.D.A. e nell’archivio organizzato a tale specifico fine…”. Nel periodo di riferimento ben pochi sono stati i casi di concessione della sospensione della parte finale della pena, prevista dalla legge n. 207 del 2003, il c.d. indultino, e in concreto quindi non vi è stata, salvo che nella fase iniziale di applicazione della legge, una significativa riduzione dei detenuti all’interno degli istituti di pena come il legislatore si proponeva. L’ambito di applicazione dell’istituto si va riducendo in modo sensibile. Infatti nel periodo di riferimento sono state proposte a Lecce solo 41 istanze, a Taranto 28 di cui solo 11 accolte. Sia a Taranto che a Lecce scarsa quasi nulla applicazione hanno avuto gli istituti della liberazione condizionale e della semilibertà. Intanto la situazione delle carceri è tornata ad essere esplosiva. Annullati gli effetti dell’indulto di tre anni fa, che ha comportato la scarcerazione di un discreto numero di detenuti, la popolazione carceraria è tornata ad essere notevolmente superiore alla capienza delle singole carceri ed è in forte crescita. Inoltre si calcola che un detenuto su quattro è tossicodipendente – e come tale abbisognevole di un trattamento che l’istituto di custodia non gli può assicurare – ed assai elevata è la presenza di immigrati, spesso legata soltanto alla loro condizione di clandestini. Ed è quello che avviene anche negli istituti di detenzione del distretto. Poco meno di un mese fa, nella casa circondariale di Padova, dove vi sono condizioni di invivibilità è esplosa la protesta che è degenerata in gravissimi atti di vandalismo con la rottura dei tubi dell’acqua ed allagamento delle celle. Cosa si aspetta? Che la protesta dilaghi in tutta Italia e divenga incontrollabile? Anche qui infatti si annunciano interventi che poi non arrivano. La costruzione di nuove carceri, ammesso che possa rappresentare la soluzione del problema, potrà avvenire fra alcuni anni. E intanto? Anche in questo caso le riforme che sono necessarie tardano a venire poiché la precedenza assoluta spetta alle pseudo riforme che impegnano la politica di questi tempi e che di fatto si sovrappongono a qualsiasi altro problema nazionale. Eppure pare che vi siano decine di caserme rimaste inutilizzate dopo l’eliminazione della leva obbligatoria e che potrebbero essere adattate per forme attenuate di detenzione, così come un maggiore impegno dei giudici potrebbe ridurre gli effetti delle c.d. porte girevoli, i detenuti (in numero sempre più consistente), che restano in carcere solo due-tre giorni, che entrano ed escono, creando problemi seri all’organizzazione delle carceri, quando di fatto la scarcerazione dopo solo due tre giorni di detenzione dimostra che l’ingresso in carcere, subito dopo l’arre-

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sto, avrebbe potuto essere evitato. Ma le camere di sicurezza annesse alla singole caserme non sono a loro volta attrezzate e sufficienti… L’esecuzione penale L’ufficio esecuzione penale si occupa di tutti gli adempimenti successivi alla irrevocabilità della sentenza. Provvede innanzitutto alla formazione dell’estratto esecutivo delle sentenze di condanna e lo trasmette al pubblico ministero, che da corso a sua volta all’esecuzione delle pene detentive, o all’ufficio recupero crediti, che provvede, attraverso la formazione di appositi ruoli, poi trasmessi al concessionario della riscossione, all’esecuzione delle pene pecuniarie. Forma il foglio notizie nel quale sono riepilogate tutte le spese sostenute per il procedimento e da inizio, nei casi di condanna, all’azione di recupero. Provvede sulla destinazione dei beni in sequestro dando corso alla confisca e ove del caso alla restituzione all’avente diritto. Promuove e poi esegue i provvedimenti di liquidazione dei compensi dovuti a custodi, periti, interpreti… Redige la scheda per il casellario giudiziale (servizio questo che a Lecce è stato recentemente informatizzato). Cura tutti i procedimenti relativi all’applicazione o alla revoca dei benefici previsti dalla legge (indulto, sospensione condizionale della pena) o all’accertamento della continuazione con rideterminazione della pena nei casi di plurime condanne. Nel periodo di riferimento sono state redatte n. 1862 schede e n. 718 fogli complementari (fogli aggiuntivi che integrano la scheda originaria per sopravvenute modifiche sul contenuto della sentenza annotata o attinenti all’esecuzione della pena). Sono stati altresì definiti (per la corte di appello) n. 1425 procedimenti camerali a fronte di 779 sopravvenuti e per la corte di assise di appello n. 114 a fronte dei 48 sopravvenuti: in pratica si è azzerata la pendenza. L’ufficio, diretto dal dr Pierluigi D’Antonio, è ad oggi perfettamente aggiornato e ciò può costituire un motivo di vanto perché a Lecce non si verifica nessuno degli inconvenienti che altrove spesso si sono verificati (è capitato che persone pluricondannate o detenute in carcere risultavano incensurate sol perché non era stata tempestivamente trasmessa al casellario la scheda relativa alle condanne riportate). PARTE TERZA LA GIUSTIZIA CIVILE Le esecuzioni immobiliari Il presidente del tribunale di Lecce segnala che “si assiste ad un progressive aumento delle procedure esecutive immobiliari, per il notissimo fenomeno del

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ricorso al credito da parte di chi non sia imprenditore commerciale; peraltro, negli ultimi tempi, capita sovente che le aste vadano deserte, probabilmente perché vi è una generale crisi di liquidità. Numerose le procedure di rilascio di immobili conseguenti alle convalide di sfratto o licenza e alle pronunzie di risoluzione di contratti aventi ad oggetto immobili”. Tutto ciò del resto è coerente con gli effetti della crisi economica che ha avuto, com’ è noto, la sua origine proprio con la esplosione della c.d. bolla immobiliare. Segnala invece il presidente del tribunale di Taranto che “le buone prassi in parte recepite dalle riforme delle esecuzioni hanno semplificato e velocizzato le procedure e reso più efficace e produttiva la fase della vendita. Purtroppo il numero delle procedure è esorbitante e mette in crisi gli uffici giudiziari addetti, già poveri di personale giudiziario e amministrativo. Non si rilevano peculiarità quantitative o qualitative relativamente alle esecuzioni di rilascio degli immobili”. Fallimenti Riferisce il presidente della prima sezione civile di questa corte di appello che, anche per effetto del c.d. correttivo della riforma (decreto legislativo n. 169 del 12 settembre 07) i procedimenti pervenuti nel periodo trattati in camera di consiglio sono stati numerosi (circa quaranta) ma sono stati tutti definiti in tempi brevissimi. Può quindi affermarsi che la “riforma fallimentare”, in parte qua, con specifico riferimento ai tempi di definizione dei reclami avverso la sentenza dichiarativa di fallimento e ai provvedimenti di sospensione della liquidazione dell’attivo, ha prodotto certamente risultati in linea con le aspettative di sistema. Quanto ai procedimenti soggetti al rito ordinario, va segnalato l’incremento dei procedimenti sopravvenuti in tema di revocatoria fallimentare. Il numero dei fallimenti dichiarati – a Taranto – è stato di 29 (nel solo primo semestre dell’anno) contro i 27 del corrispondente semestre del precedente anno. Riferisce in proposito il presidente del tribunale che “il dato è indicativo degli effetti negativi del c.d. decreto correttivo della riforma che ha posto a carico del debitore l’onere di provare il non raggiungimento delle soglie di fallibilità. È peraltro opinione comune degli addetti ai lavori che la riforma nel suo complesso, nonché accelerare e semplificare, ha complicato le procedure tra l’altro facendo registrare varietà di opinioni tra i vari tribunali. Influisce infine negativamente sullo smaltimento del lavoro la coesistenza di ben tre riti tante sono le discipline applicabili a seguito della riforma e del decreto correttivo”.Già lo scorso anno il presidente del tribunale di Taranto ha segnalato che quella dei rapporti con i curatori fallimentari è “questione seria” poiché spesso si rende necessario richiamare i curatori ad una maggiore diligenza nell’espletamento dei loro compiti laddove “l’elevato numero delle procedure pendenti di fatto non consente ai giudici delegati di esercitare un effettivo controllo sull’andamento delle procedure” e infatti a Taranto sono pendenti da vari anni alcune procedure che, con un poco di buona volontà, avrebbero potuto essere chiuse da tempo.Anche a Lecce si segnala una

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tendenza all’aumento delle dichiarazioni di fallimento e proprio per effetto del decreto correttivo “per cui la dichiarazione di fallimento è obbligata ogni qual volta il debitore abbia rinunciato a difendersi e quindi ad eccepire il mancato raggiungimento delle c.d. soglie di fallibilità”.A Lecce si è registrata una certa conflittualità tra giudici delegati e curatori fallimentari, che ha provocato anche, in conseguenza dei vari esposti presentati, una ispezione ministeriale sul funzionamento della sezione commerciale, dalla quale è emerso però quello che già poteva intuirsi, che cioè all’origine dello stato di tensione vi erano le iniziative poste in essere dai giudici fallimentari per rimuovere le cause dei ritardi ingiustificati che si erano verificati in molte procedure e per assicurare trasparenza e possibilità di efficaci controlli sull’attività dei curatori. La situazione è notevolmente migliorata e lo stato di tensione sembra essere rientrato tanto più che ora la sezione fallimenti può avvalersi della guida di un vero esperto del settore (il dr Alessandro Silvestrini nuovo presidente della sezione). PARTE QUARTA LA GIUSTIZIA MINORILE La giustizia minorile si caratterizza sempre più per la frequenza di episodi di bullismo che spesso hanno origine, secondo il presidente del tribunale per i minorenni di Taranto, in una frattura insanabile fra il minore e la scuola, con fenomeni di totale disinteresse per lo studio cui seguono inevitabili forme di ribellione alle regole e continui episodi di disturbo alle attività didattiche: la natura di tali reati ed il contesto in cui risultano commessi evidenziano, secondo il presidente del tribunale per i minorenni di Lecce, un clima di crescente prevaricazione fra compagni di scuola che, anche quando non sfocia in gravi fatti illeciti, dev’essere, con determinazione e professionalità, contrastato. A tal fine è necessaria una adeguata attività di prevenzione e di educazione alla legalità da svolgersi in ambito scolastico con la collaborazione dei servizi del territorio e dei rappresentanti delle istituzioni dello Stato, mentre si deve rinunciare alla tentazione di pensare che il problema si possa risolvere criminalizzando tali comportamenti come per esempio abbassando la soglia dell’imputabilità, sull’erroneo presupposto di una precoce maturazione dei minori nell’attuale fase storico-culturale. Progetti in tal senso risultano già avviati nelle scuole ma si tratta di iniziative esigue per lo più concentrate nei capoluoghi di provincia. E sicuramente meritevole di apprezzamento, per i risultati che potrà dare, è l’azione di promozione della legalità tra i giovani affidata ad un gruppo tecnico interistituzionale, costituito all’interno della Conferenza Provinciale Permanente presso la Prefettura di Brindisi, che, assicurando una stretta collaborazione tra il mondo della scuola, le espressioni più sensibili della società civile, le forze dell’ordine, gli enti territoriali, le diverse agenzie educative presenti nel territorio e

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gli enti preposti alla tutela della salute e alla prevenzione del disagio sociale, mira a realizzare l’integrazione dei diversi interventi, nell’intento di superare frammentarietà, sovrapposizioni o duplicazioni di interventi e di razionalizzare e rendere più proficue le varie iniziative sul tema della educazione alla legalità, ottimizzando al tempo stesso l’impiego delle risorse. Eppure il fenomeno non può non preoccupare poiché appare evidente che all’origine di tali comportamenti vi è un generalizzato rifiuto di valori, trasmesso molto probabilmente e comunque non contrastato dall’esempio degli adulti, che caratterizza la condotta di una sempre più elevata percentuale di minori, appartenenti anche ad ambienti culturalmente e socialmente in apparenza evoluti. In generale, secondo quanto riferisce il procuratore minorile di Taranto, rispetto allo scorso anno, il numero delle notizie di reato appare in leggera flessione così confermandosi la tendenza verso un sostanziale contenimento della delinquenza minorile, anche se il dato statistico non è sufficiente a cogliere le dimensioni di un fenomeno complesso come la devianza. Essa continua tuttavia a preoccupare essendo presente una tendenza verso l’illegalità, spinta alla violenza se non, addirittura, ad un sentire malavitoso. A tali fenomeni non può che conseguire quale elemento risolutore della “emergenza educativa” il binomio essenziale della scuola e della famiglia. Quanto alla famiglia osserva come i genitori abbiano abdicato alla funzione educativa risultando così esposta a spinte disgregatrici senza essere in grado di proporre ai giovani validi modelli di riferimento, mentre la scuola, dal proprio canto, abbia perso la sua antica autorevolezza in ragione dell’indisciplina e del permissivismo spesso conseguenti al sentire della società e degli stessi genitori che hanno più o meno consapevolmente trasferito il proprio compito ai mass media. Vi sono peraltro positivi segni di inversione di tendenza e di recupero del prestigio degli insegnanti, e ve n’è prova nella direttiva del Ministero della Pubblica Istruzione con l’introduzione di criteri di severità del voto in condotta da valutarsi sulla base del profitto e della condotta degli alunni. Tuttavia è evidente che la disposizione normativa dev’essere accompagnata da una rinnovata presa di coscienza del proprio ruolo formativo e della propria autorevolezza da parte dei dirigenti scolastici e dei docenti, talvolta dimostratisi fin troppo permissivi e sfiduciati nel recente passato. Il comportamento scolastico degli alunni di ogni età dev’essere inoltre occasione di un rinnovato dialogo tra docenti e famiglie, perché a parte altre considerazioni, è di per sé uno dei sintomi più significativi del disagio e di disturbi profondi di bambini, adolescenti e giovani. Relativamente nuovo, secondo il presidente del tribunale minorile di Taranto, ma già in progressiva espansione, è il fenomeno della criminalità pedopornografica attraverso internet. Attiene in particolare alle generazioni adolescenziali 1’invio o la ripresa con video telefono di immagini oscene del proprio corpo con la consapevolezza o 1’accettazione del rischio che esse vengano diffuse attraverso il web, fatto que-

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sto che puntualmente si verifica.Più in generale preoccupa la superficialità con la quale viene considerata l’esperienza sessuale molto spesso esageratamente anticipata nel tempo e svuotata di contenuti affettivi.Purtroppo entrambi i fenomeni, nonché regredire, sono aumentati e in estensione verso età un tempo definite quasi infantili. Non sono infrequenti degenerazioni di tali abusi in quelli di carattere sessuale, messi in atto a danno di minori in tenera o tenerissima età (quasi sempre di sesso femminile) da parenti stretti (dal genitore al nonno), per periodi prolungati e con episodi di frequenza abituale. Indubbiamente il fenomeno dell’abuso sessuale intrafamiliare è di gran lunga più consistente di quello esterno. Quest’ultimo nel corso dell’anno di riferimento ha avuto dimensioni non allarmanti. Preoccupante è, secondo il presidente del tribunale per i minorenni di Lecce, il numero dei minori consumatori e spacciatori di sostanze stupefacenti. Al consumo di droghe leggere, ormai esteso nella generalità degli ambienti di aggregazione, vi compresa la scuola, si vanno avvicinando numerosi preadolescenti. Maggiore allarme desta la diffusione tra i minorenni del consumo di cocaina e di droghe sintetiche, unito al consumo di bevande alcoliche, a sua volta diffuso e tollerato talvolta dalle famiglie come complemento inevitabile nei contesti di svago del fine settimana. Anche il presidente del tribunale minorile di Taranto giudica preoccupante il fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti ancora prevalentemente circoscritto alle droghe leggere ed alla vendita al minuto di quantità modeste ma con allarmante progressiva estensione a quelle pesanti (cocaina in particolare) ed alla partecipazione attiva a traffici di più vasta estensione organizzati dagli adulti. In particolare, per quanto attiene alle scelte di politica giudiziaria, riferisce il presidente del tribunale minorile di Lecce che un efficace strumento, nell’ottica del recupero alla legalità continua a rivelarsi l’istituto della messa alla prova. Infatti il minore indagato, messo alla prova, beneficia del sostegno di educatori specializzati, viene avviato verso attività di aiuto e di utilità sociale che gli consentono di avviare percorsi di autocritica e conoscenza di se e di rettificare una condotta di vita rischiosa, senza pregiudizio per il futuro. Nel percorso di messa alla prova, parallelamente, viene avviata la presa in carico dei genitori da parte dei servizi sociali territoriali nell’ambito di procedimenti di volontaria giurisdizione, tento conto che dietro un minore che delinque nella quasi totalità dei casi ci sono carenze educative familiari. Nel periodo di riferimento il tribunale per i minorenni di Lecce ha sospeso 116 procedimenti in sede di udienza preliminare e n. 4 in sede dibattimentale e si è sempre pervenuti alla dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova. Non vi sono state denunce per reati associativi. Nulla segnala a riguardo il presidente del tribunale di Lecce mentre il presidente di Taranto considera “ancora fortunatamente irrilevante il fenomeno della criminalità di gruppo, tanto quella organizzata che quella improvvisata ed impulsiva,

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e ciò nonostante l’aggravamento del fenomeno nelle città anche non a dimensioni metropolitane o ad alto rischio di degrado socio ambientale. La pluralità degli autori di un reato (peraltro quasi sempre limitata a due massimo tre persone) rientra quasi sempre nel fenomeno del concorso e non in quello associativo”. Precisa che “la preoccupazione espressa nella precedente relazione, circa l’influenza sull’aumento della criminalità minorile del possibile degrado socio-ambientale connesso al dissesto del comune di Taranto, si è rivelata fino ad ora fortunatamente infondata a causa dell’attenzione delle forze dell’ordine e degli sforzi dell’attuale amministrazione comunale”. Per fortuna, è risultato infondato anche il timore, manifestato nella precedente relazione di una possibile riorganizzazione delle associazioni delinquenziali, in più o meno diretta continuità con i gruppi storici della sacra corona unita, in quanto giovani e giovanissimi figli o congiunti di appartenenti alla sacra corona unita avrebbero potuto costituire i primi destinatari di coloro che potrebbero voler promuovere la ristrutturazione delle organizzazioni criminali. Segnala invece il procuratore minorile di Taranto il preoccupante aumento dei reati di violenza sessuale (16 iscrizioni a fronte dei 9 dell’anno precedente) e dei reati di pedopornografia minorile (7 iscrizioni a fronte dei 2 dell’anno precedente), che sono, a suo avviso, “prova del diffondersi a largo raggio di una mentalità libertaria ed edonistica e di una forte caduta di valori etici anche fra giovanissimi dell’uno e dell’altro sesso”. Segnala il presidente dl tribunale di Lecce che l’attività dell’istituto penale per i minorenni è attualmente sospesa per lavori di ristrutturazione dello stabile e che è urgente ripristinare la destinazione dell’istituto non solo ai minori in stato di custodia cautelare ma anche ai minori in espiazione di pena. La possibilità infatti di consentire ai minori condannati un contatto frequente con i familiari e il loro coinvolgimento nel piano di trattamento e di recupero è una esigenza che non può e non deve essere sottovalutata. I presidenti di entrambi i tribunali minorili del distretto segnalano l’urgenza, nonostante i ripetuti interventi “riparatori” della Corte Costituzionale, che ha dichiarato non applicabili ai minori i limiti previsti per gli adulti alla fruizione di benefici penitenziari, dell’emanazione di un ordinamento penitenziario minorile che è in ritardo di oltre un trentennio. Infatti l’art. 79 della legge 354 del 1975, nell’estendere ai minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali la normativa in essa contenuta, espressamente prospettava la necessità di un’apposita disciplina per i minori. Giova ricordare che nel preambolo della raccomandazione n. 20 del 1987 del Consiglio d’Europa è previsto che il sistema penale per i minorenni deve caratterizzarsi in primo luogo per gli obiettivi della rieducazione e del reinserimento sociale del giovane e che deve, nei limiti del possibile, sopprimere la carcerazione per i minorenni. A riguardo, in un documento approvato dall’associazione giudici minorili, si ribadisce che, in base anche alle convenzioni internazionali cui l’Italia ha aderito, nei riguardi dei minori deve essere data priorità a misure non detentive e basate

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sulla comunità quale alternativa alla detenzione con un obiettivo educativo e riparativo; la custodia precedente al processo e la detenzione a scopi di assistenza e protezione vanno utilizzate solo in circostanze eccezionali e andrebbero predisposte misure alternative per ridurne il ricorso; che la detenzione deve essere una misura estrema; che durante la detenzione i minori devono godere di tutti i propri diritti e una attenzione particolare va data alla loro sicurezza e salute, all’educazione nonché al mantenimento dei legami con amici e parenti. E si conclude però che purtroppo nel nostro ordinamento giuridico non è previsto che al minorenne condannato per un reato vengano applicate sanzioni diverse da quelle previste per gli adulti, come ad esempio sanzioni alternative alla detenzione con finalità educative o volte alla riparazione delle conseguenze del reato. I servizi minorili – Segnala il presidente del tribunale di Lecce che in molti comuni i servizi di assistenza sociale risultano inadeguati non solo numericamente, ma anche qualitativamente, dato che nella maggior parte delle realtà sociali l’organico è privo della figura dello psicologo, non prevista in organico o temporaneamente assente senza che ne sia prevista la sostituzione e che la scelta di molti comuni di affidarsi a cooperative esterne che offrono servizi multipli integrati nell’ambito dell’assistenza familiare suscita serie perplessità per il rischio che alla scadenza del contratto, l’incarico non venga prorogato o venga affidato a diversa cooperativa con intuibile ricaduta sulla continuità degli interventi intrapresi. È perciò auspicabile che con l’entrata in vigore della legge regionale attuativa della legge n. 328/2000 e soprattutto con i regolamenti esecutivi e la definizione dei distretti socio-sanitari, l’assistenza sociale minorile possa migliorare quantitativamente soprattutto qualitativamente nella prospettiva di fornire al minore ed al suo contesto familiare un intervento che comprenda e risolva il coacervo di bisogni e di esigenze che fanno loro riferimento. Positivo è invece il giudizio sui servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, dotati di operatori di elevata professionalità e competenza, capaci di valorizzare la specifica valenza educativa del processo, di elaborare progetti adeguati per i minori ammessi alla prova e di facilitare la relazione tra il minore ed il magistrato. Comuni a quelle degli altri tribunali minorili le problematiche giuridiche affrontate dal tribunale di Lecce; in particolare e come anche in altre sedi permane tuttora aperto il contrasto con il tribunale ordinario in tema di competenza a provvedere sull’affidamento dei figli in pendenza di una causa di separazione personale dei coniugi, ritenendo il tribunale per i minorenni che la competenza attribuita dalla legge al giudice della separazione non impedisce l’adozione da parte del giudice minorile di provvedimenti urgenti quando l’interesse del minore lo richiede. Sono perciò notevolmente aumentati i ricorsi mirati, in modo più o meno strumentale, ad ottenere dal tribunale per i minorenni decisioni che anticipino oppure ribaltino quelle del giudice della separazione o del divorzio. La recente modifica introdotta dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54 in materia di affidamento dei figli minori nei casi di separazione aveva determinato, nel primo

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periodo di applicazione, una diffusa incertezza interpretativa in ordine alla competenza funzionale con riguardo ai provvedimenti ex art. 317 bis codice civile, nei casi di affidamento dei figli minori nati da unioni naturali. L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8362 del 2007 ha risolto il conflitto affermando la competenza del tribunale per i minorenni estesa anche alle situazioni di natura economica. I presidenti di entrambi i tribunali minorili del distretto informano che l’istituto dell’affidamento etero-familiare, nonostante la fiducia in esso riposta dal legislatore, non ha trovato finora rilevante applicazione. Gli enti territoriali, al di là dei buoni intenti e della emanazione di normative anche dettagliate, sono ancora lontani dalla promozione di una effettiva cultura dell’affido e dell’organizzazione di gruppi ad esso predisposti e debitamente assistiti. Molto spesso l’iniziativa è lasciata alla buona volontà dei singoli o all’iniziativa di strutture private di limitato raggio d’azione. D’altra parte non è facile trovare famiglie o persone singole disponibili e idonee a prestare cure materiali ed affettive ad un minore solo in via solo transitoria e nello stesso tempo le famiglie di origine ritengono più conveniente per i propri figli – nei periodi di disagio e di difficoltà del nucleo familiare – il ricovero in una struttura piuttosto che l’affidamento ad una famiglia. Ciò spiega anche il continuo aumento del numero delle strutture comunitarie e case-famiglia che non tutte e non sempre si rivelano adeguate alle esigenze dei minori, sia per la mancanza di personale qualificato, sia per la carenza di specializzazione adeguata alle diverse tipologie del disagio. Sarebbe auspicabile pertanto una riforma dell’art. 9 della legge 149/2001 che estenda espressamente al procuratore della repubblica per i minorenni il controllo delle strutture protette attualmente previste dalla legge.Quanto all’amministrazione della giustizia civile, riferisce il presidente del tribunale di Taranto, che resta di assoluta prevalenza quella attinente ai provvedimenti di c.d. volontaria giurisdizione in materia lato sensu di esercizio della potestà genitoriale. Infatti la sostanziale povertà economica del territorio, la crisi occupazionale, il degrado urbanistico, costituiscono un habitat favorevole alla disgregazione familiare e alla violazione dei doveri genitoriali di assistenza e di educazione verso i figli minori. Il presidente del tribunale di Lecce da parte sua segnala con preoccupazione come costante rimanga il dato relativo ai casi di violenza sessuale in danno di minori, spesso perpetrata tra le mura domestiche in contesti familiari caratterizzati da promiscuità e degrado culturale. L’intervento del tribunale e dei servizi specializzati è immediato, avuto riguardo al gravissimo pregiudizio che ne deriva alla personalità del minore, ma dipende dalla tempestività della denuncia ed a riguardo duole dover considerare che, a causa dell’omertà che regna in determinati ambienti culturali, notevole rimane purtroppo il numero dei casi che non viene denunciato. Al tribunale per i minorenni di Lecce, all’inizio del periodo di riferimento, erano pendenti 1288 domande di adozione nazionale, ne sono sopravvenute nel periodo 314 e ne sono state esaurite con valutazione 316. Alla stessa data erano pendenti 112 domande di adozione internazionale, di cui

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94 sono state esaurite con decreto di idoneità; ne sono sopravvenute 112. Rileva sul punto il presidente del tribunale di Taranto che “il numero delle coppie aspiranti all’adozione è ulteriormente cresciuto ma non si sono avvertiti sensibili miglioramenti sul piano della comprensione dell’istituto e soprattutto dello spirito altruistico con cui il rapporto adottivo va affrontato. È ancora radicato, più o meno mascherato da dichiarazioni di intenti di carattere più retorico che sostanziale, il sentimento dell’aspettativa del figlio non avuto e per di più secondo una tipologia sperata. Di qui la tendenza alle età c.d. prescolari o di prima infanzia e la costante refrattarietà a situazioni di disabilità psico-fisica o anche culturale. La condizione perciò dei minori che abbiano superato la prima infanzia o che presentino problemi di adattabilità relazionale è quasi sempre senza una soluzione diversa dal collocamento in comunità o dall’affidamento ai servizi fino al compimento della maggiore età”. L’adozione internazionale continua ad essere nettamente preponderante rispetto a quella nazionale sia per l’ampiezza territoriale della sua agibilità (cominciano a diffondersi le adozioni nei paesi dell’Africa e del Sud-Est asiatico) e sia per la maggiore corrispondenza del bambino straniero a quel tipo ideale di figlio adottivo che la coppia si prefigura. Non è inoltre da trascurare un fenomeno di osmosi negativa tra le due leggi. Le coppie deluse dall’adozione nazionale si rivolgono più frequentemente a quella internazionale e la massa delle richieste può far saltare i meccanismi di garanzia posti dalla pur buona legge n. 476 del 1998. Le aspirazioni elitarie, soprattutto in tema di età, possono essere favorite in un regime di intermediazione con i paesi stranieri, che, per quanto controllato dal sistema dell’albo legale degli enti autorizzati, è pur sempre di libera concorrenza. Si può assistere – ed il fenomeno da già i primi segnali preoccupanti – ad adozioni rapide e costose da parte di coniugi i cui ripensamenti cominciano con il rientro in Italia e con le prime difficoltà di inserimento del minore straniero, quando, come avviene nella maggior parte dei casi, costui ha già un vissuto personale alle spalle. Nessuno dei due tribunali del distretto ha segnalato problemi in ordine alle ricadute, sulla condizione di minori di origine extracomunitaria, dall’applicazione della disciplina contenuta nel c.d. pacchetto sicurezza. Sono note le preoccupazioni sorte, già durante l’iter di approvazione della legge, per le difficoltà che oggettivamente ne derivano alla registrazione allo stato civile della nascita di bambini figli di clandestini, i quali, specie se fossero dichiarati da persona diversa dai genitori – come pure è possibile – figli di madre che non vuole essere nominata, verrebbero a trovarsi automaticamente nella condizione di adottabilità e ingiustamente privati della loro identità personale, in violazione dell’art. 7 della convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20.11.89. Col rischio – prospettato dall’associazione giudici minorili – di esporre i mi-

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nori al pericolo di falsi riconoscimenti di terzi e di aggiramenti fraudolenti della legge sull’adozione, il rischio cioè di un vero e proprio mercato di quelli che solo per la legge sarebbero figli di nessuno. Ha tentato di rimediarvi il Ministro dell’interno con una circolare che esclude la necessità di esibire il permesso di soggiorno all’atto della dichiarazione di nascita. Ma a parte che si potrebbe dubitare della legittimità di questa circolare (e c’è da aspettarselo, viste le iniziative cui si sono abbandonati, dopo l’approvazione del pacchetto, alcuni sindaci del nord in odio agli immigrati), la disposizione ministeriale non fuga la preoccupazione della madre clandestina, se pure non deve esibire il permesso di soggiorno, di essere comunque scoperta, dopo questo contatto con l’autorità, sia pure temporaneamente al riparo dall’espulsione per sei mesi e proprio in seguito alla nascita del bambino. Analoghi sono i limiti della circolare di uguale contenuto diffusa dall’assessore regionale alla sanità alle direzioni delle strutture ospedaliere. Nei due tribunali del distretto neppure si è posto finora il problema dei rapporti tra l’art. 10 bis del testo unico sull’immigrazione introdotto dalla nuova normativa che ha introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (unito con un’ammenda ma in realtà con la sanzione sostitutiva dell’espulsione disposta dell’autorità amministrativa anche senza nulla osta dell’autorità giudiziaria) e la disciplina contenuta nell’art. 37 bis legge n. 184 del 1983 e nell’art. 19 capoverso del testo unico sull’immigrazione, che stabiliscono un divieto di espulsione per il minore straniero che si trovi in Italia e il diritto a ricevere protezione sulla base della legislazione italiana in materia di adozione, affidamento ed interventi urgenti. Si tratta di problemi che inevitabilmente si porranno col tempo e sono prevedibili contrasti interpretativi che purtroppo avranno una inevitabile ricaduta sulla vita di soggetti deboli. Ed è auspicabile che prevalga ragione… PARTE QUINTA GLI ALTRI SERVIZI DELLA CORTE DI APPELLO La formazione decentrata dei magistrati Da anni alla formazione dei magistrati è destinata un’apposita struttura del Consiglio Superiore con la quale tuttavia collabora una struttura decentrata costituita all’interno del Consiglio Giudiziario. Dei relativi compiti sono stati incaricati di recente, per il distretto di Lecce, i dr Lino Bruno e Antonio Esposito. Nel periodo di riferimento, in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati e l’Università del Salento è stata organizzata una serie di incontri formativi che, aperti anche agli avvocati del libero foro ed ai giovani studiosi, hanno visto la partecipazione di numerosi magistrati.

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Il primo di detti incontri ha riguardato “La riforma delle procedure concorsuali: un primo bilancio, problemi aperti e prospettive per il futuro” che si è tenuto in Taranto nell’aprile 2009. È seguito un secondo incontro che si è tenuto a Lecce su “La riforma del processo civile” e un terzo su “ Il lavoro nella costituzione, sessant’anni dopo”.In materia penale, ad un incontro su “Le nuove intercettazioni tra esigenze investigative, tutela della privacy e diritto di cronaca” è seguito un secondo incontro su “La legge 15 luglio 2009 n. 94 in materia di scurezza pubblica. Profili sostanziali e processuali”. L’ufficio ha privilegiato le tematiche di maggiore rilevanza dell’attività del magistrato, affrontando talune questioni controverse nell’applicazione giurisprudenziale, anche con un approfondimento di temi riguardanti il contesto giuridico sovranazionale e si è proposto l’obiettivo della diffusione delle iniziative sull’intero territorio del distretto, con l’organizzazione di incontri di studio, oltre che nella città di Lecce, anche in Taranto e in Brindisi, in modo da assicurare il più ampio coinvolgimento di tutti i magistrati del distretto. Allo stato non è possibile prevedere quale sarà il futuro della formazione decentrata perché con la istituzione della Scuola della Magistratura la formazione dei magistrati sarà presumibilmente organizzata sulla base di moduli del tutto diversi da quelli praticati finora. La formazione della magistratura onoraria All’interno del Consiglio Giudiziario è costituita una Commissione che si occupa di promuovere – in sede decentrata – iniziative finalizzate all’aggiornamento dei magistrati onorari. Nel periodo di riferimento, la Commissione, in stretta collaborazione con l’Università del Salento, ha organizzato un primo incontro di studio sul tema “I reati stradali e la connessione obbiettiva con gli illeciti amministrativi”al quale hanno partecipato molti magistrati onorari, cui è seguito subito dopo un secondo incontro sul tema “Le violazioni al codice della strada nel sistema delle impugnazioni civili e amministrative”. È in programma un terzo incontro su “Le spese di giustizia, responsabilità erariali e profili deontologici” destinato a fornire gli strumenti per superare le perplessità dimostrate in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato e nella liquidazione dei compensi ai difensori ed ai consulenti tecnici. Chiuderà il programma dell’anno un incontro formativo sulle più recenti modifiche al codice di procedura civile. La formazione del personale amministrativo La formazione del personale amministrativo, di cui la corte di appello si fa carico in sede decentrata, si propone l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi in termini di efficacia e di efficienza, accrescendo le competenze e migliorando i comportamenti del personale; di favorire un clima organizzativo aperto al cam-

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biamento ed all’innovazione, adeguando le capacità professionali alla crescente complessità organizzativa dell’apparato giudiziario; di promuovere la tempestiva conoscenza delle innovazioni legislative; di diffondere le competenze e le abilità nell’uso delle tecnologie con particolare riguardo ai nuovi software per la gestione dei servizi giudiziari. In questa prospettiva si è provveduto quest’anno ad allestire presso la sede di Lecce un’apposita aula di formazione multimediale, dotata di attrezzatura didattica specifica come schermo e videoproiettore pc, oltre a dodici postazioni pc, che consente anche la teledidattica e l’addestramento sul software. Ciò si è reso possibile attraverso una più razionale utilizzazione degli spazi a disposizione della corte di appello, dopo il trasferimento degli uffici civili della corte nel vicino stabile di via Brenta ed ha consentito notevoli economie di spesa e di gestione rispetto agli anni pregressi, quando si era reso necessario utilizzare strutture esterne. Particolare interesse è stato riservato alla formazione informatica in vista della massiccia diffusione degli applicativi negli uffici giudiziari ma ciò non significa che si è voluto sminuire l’importanza di altre aree tematiche meritevoli di azioni formative: a riguardo si è ritenuto prevalente la necessità di rafforzare nel personale dell’amministrazione giudiziaria le competenze di carattere giuridico e contabile, con particolare riguardo al processo civile alla luce del disegno di legge approvato in via definitiva il 26 maggio dello scorso anno, nonché alla delicata materia delle spese di giustizia. Analoga attenzione è stata riservata alla formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro che costituisce per le amministrazioni e, più in generale, per i datori di lavoro un adempimento previsto normativamente e fonte di gravi responsabilità. Responsabili del servizio sono nella sede centrale di Lecce la dr Paola Lazzaretti; nella sede distaccata di Taranto la dr Eva Galeandro. Quest’ultima, contemporaneamente incaricata della direzione della cancelleria penale del tribunale di Taranto, col contributo dato alla formazione, ha dato prova di particolare disponibilità per il raggiungimento degli obiettivi di servizio. Nella sede centrale di Lecce, un primo incontro formativo è stato dedicato alla Comunicazione e cambiamento della Pubblica Amministrazione, riservato al personale direttivo degli uffici giudicanti e requirenti del distretto e replicato in cinque edizioni di due giornate ciascuna, per un totale di sessanta ore di formazione. La portata di tale intervento, cui hanno partecipato in tutto 185 funzionari direttivi, è stata altamente innovativa sia per la metodologia usata (role playng, simulazioni, tecnica dello sceneggiato) sia per le materie oggetto del corso, dalla sociologia alla psicologia della comunicazione affrontate in funzione dei cambiamenti in atto nella pubblica amministrazione. L’occasione è stata utile, tra l’altro, per consentire un’ulteriore apertura dell’amministrazione giudiziaria locale ad una proficua collaborazione con la facoltà

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di Scienze sociali dell’Università del Salento. Altissimo è stato pertanto il gradimento che il personale partecipante al corso ha espresso sia con riguardo alle novità delle materie affrontate, che ha consentito di uscire dal ristretto ambito del giuridico e dei servizi giudiziari, sia con riguardo alla percezione dell’importanza di dare soluzioni ai problemi comunicativi interni ed esterni al fine di esprimere performance lavorative, e quindi servizi, in linea con le aspettative dell’utenza. Un secondo incontro formativo, riservato a funzionari dirigenti e responsabili di settore di tutti gli uffici giudiziari giudicanti e requirenti del distretto oltre che degli uffici notifiche ed esecuzioni ed al quale hanno partecipato novantasette unità, distribuite in tre edizioni di una giornata ciascuna, per un totale di diciotto ore di formazione, ha avuto ad oggetto la materia della Protezione dei dati personali e la redazione del documento programmatico sulla sicurezza. L’incarico è stato assolto in modo eccellente da due funzionari dirigenti dell’Ispettorato la dr Maria Grazia Mauro e la dr Maria Assunta Brancaforte che, mettendo a disposizione la loro professionalità specifica, hanno tra l’altro consentito di conseguire a costo zero un risultato per il quale di regola le amministrazioni si rivolgono a consulenti esterni, sopportando i relativi costi: infatti nel corso dell’incontro formativo i rappresentanti dei vari uffici sono stati materialmente guidati nella redazione del documento programmatico, permettendo così di realizzare un risultato di immediata e pratica utilità, assai apprezzato dal personale ammesso alla frequenza. Un terzo incontro formativo per un totale di diciotto ore di formazione, affidato a funzionario esperto della stessa amministrazione (la dr Fersini dirigente della sezione distaccata del tribunale di Maglie) e dunque senza costi per l’amministrazione, ha riguardato l’uso dell’applicativo SIAMM (sistema informativo per i servizi amministrativi) e in particolare la gestione (informatizzata) dei registri di cancelleria relativi alle spese di giustizia (compilazione del c.d. foglio notizie – in cui vengono annotate tutte le spese sostenute nell’ambito di un determinato procedimento – e attività di recupero). Un ultimo incontro, in due edizioni, per un totale di venti ore di formazione, affidato a docenti della facoltà di giurisprudenza dell’Università del Salento, i prof Miccolis, Perago e Porcari, ha riguardato infine le innovazioni recentemente introdotte nella procedura civile dalla legge n. 69 del 2009: vi hanno partecipato cento unità di personale delle cancellerie civili. Nella sede distaccata di Taranto l’unico incontro formativo che è stato organizzato, ha riguardato La comunicazione efficace nelle relazioni interpersonali: vi hanno partecipato centocinquantotto unità di personale appartenente a tutti gli uffici della sede distaccata per un totale di centoquarantaquattro ore di formazione. Di contenuto estremamente innovativo, l’incontro si è proposto di costruire un modello di comunicazione, in forte coerenza con i processi di riforma in ambito pubblico, quale risorsa strategica in grado di dare effettività ai diritti dei cittadini e rispondere ai loro bisogni.

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Il predetto intervento ha ottenuto, nell’ambito del “premio Basile 2009 per la formazione nella pubblica amministrazione” la segnalazione di eccellenza nella sezione progetti formativi. Infine un contributo non proprio modesto la corte ha fornito alla formazione dei giovani laureati nella prospettiva del loro inserimento nel mondo del lavoro. Grazie all’impegno dell’infaticabile collega dr Sinisi, che fa parte anche del consiglio direttivo della Scuola di specializzazione per le professioni forensi dell’Università del Salento, è stata stipulata con l’Università una convenzione in forza della quale un certo numero di giovani laureati in giurisprudenza hanno potuto espletare negli uffici amministrativi e di cancelleria della corte di appello, sotto la guida di funzionari esperti, nella veste di tutor, un periodo di tirocinio ed orientamento che gli ha permesso di acquisire conoscenza diretta del mondo del lavoro e di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro. L’impegno della collega Sinisi non si è fermato ovviamente alla stipula della convenzione perché la dr Sinisi ha personalmente seguito questi giovani, avendo con loro frequenti incontri e scambi di idee e rendendoli partecipi delle problematiche inerenti l’attività giudiziaria. E per quel che ci risulta questi giovani hanno molto apprezzato l’iniziativa e noi d’altra parte abbiamo potuto utilizzare l’apporto di lavoro che essi ci hanno offerto. Gli esami per avvocato Non è da poco il lavoro che agli uffici giudiziari, in particolare alla corte di appello, si richiede ogni anno per lo svolgimento dell’esame per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato. Se ne fa carico una struttura, alla cui guida vi è stata la dr Anna Rota D’Urso e da quest’anno la sig.ra Marta Alessandrì, costituita da tre collaboratori che spesso si lamentano anche di non farcela. Tutto personale sottratto alla normale attività giudiziaria ed impiegato in un compito sostanzialmente estraneo, in ragione di questa che per me è una anomalia, il fatto cioè che l’Ordine degli avvocati è l’unico ordine professionale che non gestisce in proprio l’esame per l’accesso alla professione né ne sopporta i costi che fanno carico all’amministrazione giudiziaria e rientrano fra i costi della giustizia. E così ogni anno, bandita con decreto ministeriale la sessione d’esame, arrivano alla corte di appello centinaia di domande con una punta massima nel 2007 di 1977, che bisogna acquisire al protocollo, classificare, istruire, valutare. Quindi bisogna pensare ad organizzare l’esame scritto e mettersi alla ricerca di idonei locali: qui a Lecce ci viene incontro l’Università che ci ospita anche gratuitamente; poi bisognerà dare comunicazione individuale a tutti i partecipanti del luogo e della data in cui si svolge l’esame ed a ciò si provvede, nell’era della comunicazione globale, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento con tutte le spese e gli inconvenienti che ciò comporta (ma a ciò da quest’anno abbiamo cominciato a rimediare perché la corte di appello ha un sito informatico e queste

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informazioni potranno essere date attraverso la pubblicazione sul sito, sol che ciò si renda noto in anticipo), e poi naturalmente c’è l’esame che impegna un gran numero di dipendenti, specie durante gli scritti per tutte le operazioni che gli stessi comportano e per la vigilanza, e un gran numero di magistrati – almeno venti quest’anno a Lecce – chiamati a far parte delle commissioni di esame, assieme agli avvocati. Compito questo che è aggiuntivo rispetto ai normali compiti di ufficio, che viene assolto gratuitamente (e penso con un punta di invidia ai sostanziosi premi di risultato ed ai compensi integrativi che le altre pubbliche amministrazioni distribuiscono ai propri dipendenti per ogni lavoro straordinario, da cui invece noi giudici – che passiamo per lavoratori ben retribuiti – siamo esclusi). Immaginate con quanto piacere una giovane giudice mamma di Taranto apprende da una comunicazione del presidente della corte di appello che quest’anno tocca a lei e che è stata designata a comporre la commissione di esame per avvocati. La nostra giudice mamma (ma mettiamoci pure il giudice papà), finite quelle tre ore di lavoro settimanale che costituiscono la prestazione lavorativa dei giudici super pagati e fannulloni, almeno a parere dei tanti – politici e non – che sono alla ricerca di notorietà attraverso affermazioni provocatorie e sensazionali, dovrà almeno una o due volte la settimana mettersi in auto (naturalmente la propria, perché di auto di servizio manco a parlarne…) e venire a Lecce per correggere compiti o esaminare candidati, sempre di pomeriggio perché la mattina, giudici ed avvocati – anche i giudici, si – lavorano… Valle a spiegare a questa giovane giudice che la partecipazione agli esami di avvocato rientra fra i compiti di ufficio e che quindi piaccia o non piaccia non resta che rassegnarsi… a tutte le cose ci vuole un perché e perché debbano essere i giudici a dover stabilire chi deve fare l’avvocato e non gli stessi avvocati e perché questa attività di vero e proprio e non gratificante lavoro debba essere quasi considerata – certamente sotto il profilo remunerativo – una pausa di riposo rispetto alla vera e propria attività di lavoro, nessuno finora l’ha spiegato in modo convincente, neppure chi vi parla. che alle proteste dei malcapitati, che tutti hanno una buona ragione per chiedere di essere esonerati, tenta di far credere che dopo tutto questo contatto coi giovani può essere bello ed interessante. Col personale di magistratura impegnato nell’esame e distolto dalla normale attività giudiziaria (dei cui ritardi ovviamente verrà poi ritenuto responsabile) vi è anche una parte del personale di segreteria e di ordine che viene distolto dalle normali attività due tre volte la settimana per tre sedute pomeridiane, 345 sedute in tutto nel 2007, 255 nel 2008, a scapito dell’attività giudiziaria vera e propria, anche perché impegna tutte le somme a disposizione per il lavoro straordinario e non si sa poi come remunerare quello impiegato nelle udienze. Ebbene ogni anno si dice che si provvederà ma le riforme urgenti, come si è potuto vedere dalle polemiche di questi giorni, sono altre… Nella prima parte di questo decennio, il numero dei candidati agli esami è stato in continua crescita a dimostrazione della crescente vocazione dei giovani italiani all’esercizio dell’avvocatura che va di pari passo con le maggiori difficoltà di altri

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sbocchi lavorativi per i laureati in giurisprudenza. Sono stati 1977 nel 2007 di cui 1879 ammessi alle prove e 1795 effettivamente presenti; nei due anni successivi vi è stata una sensibile diminuzione: nel 2008 – che rientra nel periodo di riferimento di questa relazione – sono state 1523 le domande, 1520 i candidati ammessi, 1251 quelli effettivamente presenti alle prove; mentre nell’esame dello scorso dicembre – che è fuori del periodo di riferimento di questa relazione sono stati rispettivamente 1266, 1264, 1051. Questo calo di presenze non si spiega, come potrebbe pensarsi, con un diminuito interesse per l’avvocatura dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro; ma più semplicemente col fatto che nelle sessioni di esami immediatamente precedenti più alto è stato il numero dei candidati che hanno superato la prova e di conseguenza minore il numero dei “ripetenti” alla prova successiva. Il che significa che il numero degli avvocati cresce nel Salento alla media di circa mille all’anno e ciò dimostra quanto sia urgente la riforma dell’ordinamento professionale dell’avvocatura sulla quale si discute da anni senza nulla concludere, anche per l’opposizione degli avvocati a qualsiasi tentativo di adeguamento della disciplina interna a quella europea. La gestione delle risorse finanziarie La gestione delle risorse finanziarie, assegnate dal Ministero per il funzionamento degli uffici giudiziari del distretto, mediante apertura di credito presso la locale Tesoreria dello Stato, è affidata all’Ufficio della Ragioneria distrettuale della Corte di appello, a cui è attualmente preposta la dr Maria Cazzolla. Le competenze dell’ufficio sono veramente molteplici e di grande responsabilità poiché di fatto l’attività dell’ufficio copre tutta l’area compresa tra la liquidazione della spesa, di competenza del magistrato se riguarda spese di giustizia (compensi o indennità a periti, custodi, testimoni) ovvero del presidente della corte quale capo dell’ufficio per tutte le altre spese (missioni e trasferte, acquisti di ogni genere anche in conto capitale, gestione degli automezzi…) e l’erogazione della stessa di competenza del dirigente amministrativo (per le spese di giustizia) ovvero del presidente della corte in tutti gli altri casi, entrambi nella veste c.d. di funzionario delegato. L’Ufficio di ragioneria quindi provvede a quantificare la spesa in base al titolo che la dispone, a verificarne la disponibilità nel relativo capitolo, a computare le ritenute fiscali e di altro genere, a formare l’ordine di pagamento, a versare le ritenute. Particolarmente impegnativi sono gli adempienti riguardanti la gestione (anche sotto il profilo previdenziale) del personale addetto agli uffici unici notificazioni e protesti, che comprendono una serie di conteggi molto complessi nonché gli adempimenti relativi al pagamento degli indennizzi liquidati in base alla c.d. legge Pinto, che presuppongono anch’essi conteggi complicati per il computo di interessi e spese successive alla liquidazione da parte del giudice.

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Nei due esercizi finanziari 2008 e 2009 l’Ufficio ha emesso per spese di giustizia rispettivamente 1853 e 2452 ordinativi di pagamento per complessivi euro 3.805.315,00 ed euro 7.504.000,00; negli stessi esercizi e per gli altri titoli di spesa ha emesso rispettivamente 2061 e 1811 ordinativi di pagamento per complessivi euro 9.069.700,00 – nel 2008 – e 11.922.531,00 nel 2009. All’interno dell’Ufficio di Ragioneria opera in posizione di sostanziale autonomia l’ufficio contratti a cui è preposta la dr Gabriella De Stradis. Nel corso del periodo di riferimento l’ufficio ha provveduto tempestivamente all’acquisto degli arredi per la nuova sede degli uffici civili della corte sita in via Brenta, sicché gli stessi sono stati posti in condizioni di operare da subito dopo il trasferimento e senza soluzione di continuità. Ha provveduto altresì all’arredo dell’ufficio unico notifiche anch’esso trasferito nella nuova sede; alla segnaletica interna nei due palazzi di giustizia di via Brenta e di viale De Pietro, attualmente in fase di completamento, a vantaggio dell’utenza spesso disorientata dall’ubicazione degli uffici su diverse ali; alla climatizzazione degli uffici di questo palazzo, ancora sprovvisti della stessa; al rinnovo di una parte degli arredi della vecchia sede. Per l’arredamento del palazzo di giustizia di via Brenta sono stati spesi complessivamente, considerando anche l’archivio compattato, € 155.325.17; per la segnaletica l’impegno di spesa ammonta a € 5.926,00; per gli arredi, variamente intesi, relativi al palazzo di viale De Pietro, sono stati sino ad ora spesi € 96.944,11; mentre la climatizzazione del Palazzo di Viale de Pietro ha comportato un costo, per le sole apparecchiature, di € 5.280,00. La biblioteca Nel corso dell’anno la biblioteca della corte è stata arricchita delle più recenti opere giuridiche e delle più importanti pubblicazioni periodiche che sono state offerte in consultazione non solo ai magistrati ma anche agli avvocati che ne avessero avuto necessità. D’intesa col Procuratore generale, la presidenza della corte ha evitato l’acquisto di più di un esemplare per ciascuna opera (a differenza di quanto è avvenuto finora) essendo apparso superfluo dotare tutti gli uffici, che hanno sede nello stesso palazzo di giustizia, delle medesime pubblicazioni, sebbene le stesse siano consultabili nella biblioteca centrale. Ciò ha permesso un migliore utilizzo delle risorse a disposizione. Presso la biblioteca si trova anche il collegamento col servizio informatico della Cassazione che permette sia l’accesso alle banche date del CED di dottrina, giurisprudenza e legislazione, sia l’accesso ai registri informatici con la possibilità di acquisite in tempo reale le più disparate informazioni sullo stato o sull’esito dei ricorsi. Il servizio, affidato al sign. Mario De Salve, è stato giudicato di grande utilità, sia perché immediatamente a disposizione degli utenti in un luogo – la biblioteca

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– facilmente accessibile sia perché l’accesso al sistema è agevolato dall’addetto al servizio che pone la sua esperienza e la sua pratica a disposizione di chi ne ha necessità. Il servizio tuttavia è destinato a cessare: quella che anni addietro era un’assoluta novità – il CED della Cassazione – all’avanguardia in Europa, ora è superata dall’avvento delle banche dati commerciali su supporto informatico, che si trovano sul mercato e che permettono di fare comodamente le stesse ricerche da casa o dallo studio senza costi aggiuntivi. Il servizio messo a disposizione dall’amministrazione è invece a pagamento ma gli introiti sono così modesti che l’erario avrebbe più convenienza a rinunciarvi ad evitare onerosi adempimenti per la loro contabilizzazione. L’archivio storico A ragione gli studiosi considerano preziosi gli archivi giudiziari quale fonte insostituibile di conoscenza per ricostruire non solo singoli eventi ma la stessa storia di una comunità. Per esempio e per quanto riguarda la realtà salentina, solo attraverso la consultazione degli archivi giudiziari si sarebbe potuto, e forse finora non si è potuto, ricostruire in modo attendibile gli eventi che hanno portato a profondi cambiamenti nell’organizzazione economica e sociale nell’immediato dopo guerra, segnando il passaggio da una società contadina di stampo quasi feudale ad una società più evoluta. A parte questa funzione pubblica – a motivo della quale sono oggetto di particolare tutela dalla legge sui beni culturali – gli archivi assolvono ovviamente anche la funzione loro propria che è quella di conservare i documenti che all’occorrenza servono al privato per la soluzione di un problema pratico cui è interessato. Ciononostante gli archivi degli uffici giudiziari, affidati per un lunghissimo periodo di tempo – quaranta anni dalla definizione dei singoli procedimenti – al personale giudiziario, non specializzato in tenuta di beni di valore archivistico, si trovano quasi dappertutto (e si trovavano a Lecce) in una condizione di assoluto disordine e consultarli sarebbe stata una vera impresa. L’acquisita disponibilità di un nuovo edificio (sebbene al centro oggi di una forte contestazione) dove sono stati trasferiti gli uffici giudiziari civili della corte di appello, ha offerto l’occasione alla Commissione all’uopo costituita, di cui è motore un solerte funzionario il dr Giovanni Pati, di iniziare un lavoro di riordino che alla lunga avrà i suoi effetti. La Commissione, di cui oltre al rappresentante dell’ufficio – il dr Mario Cigna – fanno parte un funzionario della prefettura di Lecce – la vice prefetto dr Cazzella – e il direttore dell’Archivio di Stato – dr Annalisa Bianco – oltre al già citato dr Pati, con un lavoro davvero certosino ha provveduto innanzitutto ad individuare gli atti privi di valore archivistico da destinare al macero e di riflesso quelli destinati ad essere conservati fino a quando non potranno essere versati all’Archivio di

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Stato che per il momento non può riceverli per mancanza di spazio. La Corte peraltro – che presto avrà la disponibilità del complesso del Convento degli Olivetani annesso alla chiesa di Santa Maria di Ognibene di recente restaurato, dove dovrebbe avere allocazione il Centro della Civiltà Giuridica – ha in programma di organizzare in detta struttura gli archivi di tutti gli uffici giudiziari del capoluogo del distretto, se del caso in collaborazione con la facoltà dei Beni Culturali dell’Università del Salento e con l’Archivio di Stato, secondo criteri scientifici che saranno suggeriti da competenti del settore. Conclusioni E concludo: la necessità di mantenermi nei limiti di tempo previsti essendo giusto lasciare spazio agli altri interventi e poi al dibattito mi ha costretto a trascurare molti argomenti che ho tuttavia trattato nella relazione scritta a cui rimando i volenterosi. Per questa stessa ragione la mia relazione può essere apparsa discontinua e a volta incompleta. Me ne scuso e vi ringrazio comunque dell’attenzione che mi avete dedicata.

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Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Inaugurazione dell’anno giudiziario Lecce, 13 febbraio 2010 di ALDO RAVALLI*

I – Non posso iniziare questa cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del T.A.R. senza il ricordo per il decano degli Avvocati salentini “don Vittorio Aymone”, come con rispetto veniva appellato, la cui recente scomparsa ancora ci addolora. Proprio in quest’Aula l’avv. Aymone ha difeso in molti processi penali ed in quest’Aula abbiamo di recente ascoltato i suoi vivaci interventi nel corso del Convegno sul rito accusatorio, che si è tenuto a fine ottobre 2009. Il ricordo dell’avv. Aymone è ricordo dell’Uomo e della Sua professione vissuta come un tutt’uno, il che emerge evidente dalle parole pronunciate dall’Avv. Aymone nel Convegno nazionale Forense del 1979, che esaltano certo la funzione della difesa, ma anche il ruolo del giudice. Diceva, allora: “siamo consapevoli di adempiere una funzione che, tesa alla tutela di un interesse privato, realizza, al tempo stesso, un interesse della collettività; sicché, mentre dà forza al cittadino per resistere ai tentativi di sopraffazione del Potere e dei singoli più favoriti, conferisce significato e concretezza al processo che, altrimenti, potrebbe apparire e ridursi ad una semplice operazione paternalistica di carattere meramente formale. Non abbiamo alcun potere, ma siamo il presupposto del Potere Giurisdizionale, perché – senza un libero contraddittorio, senza una valida difesa af* Presidente del TAR di Lecce.

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fidata ad un Avvocato che trovi nella autonomia dell’Ordine, al quale appartiene, le radici della sua libertà – non vi può essere affermazione del diritto, ma soltanto prevaricazione del più forte nei confronti del più debole”. Parole che, pur a trent’anni di distanza, sentiamo fortemente nostre. II – Nella ricerca delle prime parole con le quali cominciare questa mia Relazione, a me stesso è sembrato un po’ strano, in un diffuso clamore sui ritardi della giustizia e sul “processo breve”, che potessi cominciare dicendo che questo T.A.R. del Salento è ormai sostanzialmente puntuale nel suo servizio di giustizia; come se mi mancasse di non poter più parlare di quella situazione angosciante e disdicevole, che per anni ci ha accompagnato e che sembra – ma solo “sembra” – una costante della giustizia, cioè dell’arretrato e dei ritardi, anche se ormai da qualche anno ne marcavamo le tappe di un recupero. Eppure è così: il nostro obiettivo, un vero e proprio traguardo sportivo, iniziato nel 2001 quando il T.A.R. aveva una giacenza di 42.000 ricorsi, può dirsi sostanzialmente raggiunto. Quindi, oltre a dire che nel 2009 sono pervenuti 1.960 ricorsi (lo stesso dell’anno precedente), che sono state emesse 3.403 sentenze e che la giacenza è ulteriormente scesa di circa 1400 ricorsi, non abbiamo da dare altri numeri, tanto meno negativi. Si può solo aggiungere che dei ricorsi pervenuti nel 2009, quasi il 30% è già stato deciso nel corso dello stesso anno di presentazione (per i ricorsi del 2008 tale indice è stato il 24%, quindi l’abbiamo pure migliorato); che le domande di prelievo sono divenute sporadiche; che si riesce a concordare con gli avvocati la fissazione per la decisione di merito dei ricorsi in pochi mesi. E tutto ciò accompagnato dagli interventi cautelari (dati entro 15 giorni) e presidenziali (dati ad horas), complessivamente in aumento e che sfiorano il numero dei mille nell’anno.

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Si può notare, in effetti, che più il T.A.R. diventa tempestivo, più aumenta la richiesta di tempestività, cautelare e definitiva di merito. Ed è da vedere positivamente che cittadini ed imprese scoprano che è possibile la giusta pretesa che l’impatto con la giustizia si concluda in modo sollecito. D’altra parte già lo scorso anno evidenziavamo come i giudizi avanti al T.A.R. sono sempre più fattore determinante della effettività della politica economica dei pubblici poteri e delle scelte delle iniziative economiche degli imprenditori anche in termini di scelta nella localizzazione degli interventi. In un periodo, poi, di ciclo economico negativo, quale è quello che oggi viviamo, il massimo della tempestività va riservata – come, invero, questo T.A.R. con forte convincimento ha fatto – alla conclusione di tutte quelle controversie che possono produrre lavoro, occupazione, reddito. III – In questo quadro di procedere virtuoso della giustizia, siamo particolarmente felici per quanto detto dal Presidente della Corte d’Appello Mario Buffa lo scorso 30 gennaio di una generalizzata riduzione dei tempi di definizione dei procedimenti sia nel civile che nel penale e ciò – è stato giustamente evidenziato – nonostante l’incremento del numero dei procedimenti sopravvenuti ed in una situazione – aggiungo io – di maggior complessità rispetto a quella che affronta il giudice amministrativo. E tanto più si è felici in quanto i modi di raggiungere tali risultati sono quelli già percorsi nel T.A.R., che il Presidente Mario Buffa così sintetizza: “rimboccarci le maniche senza stare in attesa che altri risolvesse i nostri problemi, senza limitarsi a lamentare mancanza di mezzi e di risorse, e che anzi avremmo dovuto dar prova di saper fronteggiare la situazione con i mezzi a disposizione e nonostante le difficoltà in cui ci trovavamo”. Con i colleghi della giurisdizione ordinaria siamo da anni in perfetta sintonia nel richiamo fermo e costante ai principi della CostituQuaderni

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zione non solo quelli posti a garanzia della funzione giudiziaria, ma anche quelli che ci richiamano alle nostra responsabilità di giudici. Ed anche a questo proposito non posso che riprendere dalla Relazione del presidente Mario Buffa le parole del nostro Arcivescovo: “… a nessuno di noi chiamati al servizio della comunità è concesso di distrarsi, di rimandare le responsabilità e l’attuazione di quanto è primario e necessario nel tessuto connettivo delle nostre realtà …”. Ma vanno anche riproposte le parole qui pronunciate lo scorso anno dall’avv. Luigi Rella nella sua qualità di Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lecce, che avvertiva come i ritardi della giustizia determinano “la disaffezione del cittadino verso la istituzione creando fasce alternative di presunta giustizia che costituiscono un pericolo gravissimo per la società civile”. Ai colleghi della giurisdizione ordinaria tutta la nostra ammirazione per una svolta significativa che ci accomuna nella volontà di dare ai cittadini un sollecito servizio di giustizia. IV – Pochi accenni su taluni aspetti significativi del lavoro giurisdizionale svolto dal T.A.R. nel 2009. Innanzi tutto – come già anticipato – costante e fortemente sentita è stata la preoccupazione di dare immediata conclusione ai ricorsi che avrebbero potuto aprire alle imprese ed ai cittadini possibilità di lavoro e occupazione. È diventata più reale e determinante nelle nostre decisioni la riflessione sul valore del principio del diritto al lavoro, riconosciuto all’art. 4 della Costituzione a tutti i cittadini, che sul terreno operativo diviene dovere promuovere “le condizioni che rendono effettivo tale diritto”. Il che ha significato dare, nella valutazione dei fatti e nella interpretazione delle norme, un prevalente ruolo nella tutela di tale diritto. IV.1 – Nel 2009, ben più che nel passato, notevole (più di un cen-

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tinaio) è stato il numero dei ricorsi che hanno coinvolto i vari aspetti della tutela del territorio. Fra tali ricorsi rilievo autonomo per numero (oltre 60) hanno assunto quelli riguardanti la realizzazione degli impianti di produzione di energia alternativa (impianti eolici e fotovoltaici). Anche questi ultimi sono ricorsi che creano occupazione, ma creano anche un confronto con altri valori di rilievo costituzionale. Tali impianti, che vanno dai singoli generatori fino a 1 M.W. a veri e propri “parchi” coinvolgenti anche più decine di ettari di terreno, e che hanno dalla loro parte una legislazione che li incentiva per valide ragioni, si sono trovati nel Salento a rapportarsi con diffusi e preesistenti valori. Non solo valori quali quelli paesaggistici ed archeologici, ma anche di equilibrio territoriale in relazione alle caratteristiche fisiche e geografiche specifiche del Salento, quali la tutela delle zone agricole di pregio, della biodiversità, dell’aviofauna. Sono venuti in evidenza nei giudizi, siti archeologici non vincolati, ma esistenti (e si è tutelato l’esistente anche se privo di formale riconoscimento), ed anche siti (topoi) mitologici, siti, cioè, dove miti si sono localizzati e vivono nel ricordo e nella cultura rurale locale. Per la tutela dei valori del territorio, contrapposti alla mera iniziativa economica, vi è stata una forte presenza in giudizio da parte dei cittadini, Associazioni, Comuni. Possono rammentarsi, insieme con i ricorsi in materia di tutela ambientale, quelli connessi con problemi di inquinamento atmosferico, dei suoli o delle falde, per i quali il territorio di Taranto è purtroppo protagonista. Certo l’inquinamento è situazione che crea un giusto allarme, in quanto il rischio alla salute umana, anche se non avvertito immediatamente, è comunque nel tempo certo. In un caso di inquinamento da diossina, l’intervento del T.A.R. è stato immediato nel confermare la chiusura dello stabilimento, mentre per l’inquinamento che la stessa sostanza ha provocato nel territorio di Taranto l’ordine di abbattimento degli animali, il T.A.R. ha disposto Quaderni

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accertamenti tecnici, fermando al momento l’abbattimento, ma l’accertamento si è esteso anche alla affermazione, registrata in giudizio, secondo la quale il latte degli animali infetti sarebbe entrato nel ciclo della commercializzazione. IV.2 – Le elezioni amministrative, svoltesi nel 2009, hanno portato a un non irrilevante numero (13) di ricorsi elettorali, tutti tempestivamente decisi, in buona parte anche in appello. In proposito, questo T.A.R. (sentenza n. 1290 del 2 giugno 2009) ha ritenuto di affrontare la verifica di legittimità nella formazione delle liste elettorali da parte dei partiti politici. Ha rilevato il T.A.R. che l’art. 49 della Costituzione garantisce a tutti i cittadini il “diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Nella fattispecie le regole di “metodo democratico”, pur esistenti nello Statuto del partito, erano state dichiaratamente inosservate, ma mancava – secondo il T.A.R. – nel sistema normativo la possibilità che venisse verificata: a) l’esistenza di regole democratiche negli Statuti dei partiti quanto alla scelta dei candidati; b) l’effettivo rispetto del metodo democratico come stabilito negli Statuti dei partiti. Da ciò l’invio alla Corte costituzionale, per violazione degli artt. 49 e 51 Cost., delle norme del Testo Unico delle leggi sulle elezioni amministrative (artt. 30 e 33 D.P.R. n. 570 del 1960) “nella parte in cui non prevedono il sindacato, da parte dell’Ufficio elettorale centrale, in ordine al rispetto, da parte dei presentatori delle liste, delle disposizioni statutarie o di legge in ordine alla presentazione delle candidature…” e cioè innanzitutto del procedere “con metodo democratico” nella compilazione delle liste dei candidati. Rilevante è anche altra questione di costituzionalità sollevata dalla Sezione Seconda con ordinanze n. 52 del 28 aprile 2009 e n. 67 del 19 maggio 2009, in materia di stabilizzazione del personale a tempo

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determinato delle A.S.L. prevista da una legge regionale (L.r. n. 46 del 2007). È sembrato al T.A.R. che il divieto di utilizzazione delle graduatorie concorsuali valide ed efficaci per la copertura dei posti vacanti a favore del processo di stabilizzazione si ponesse in contrasto col principio del pubblico concorso per l’accesso agli impieghi pubblici (art. 97 Cost.), oltre che con principi di ragionevolezza e di imparzialità della stessa funzione legislativa. Da ciò la remissione alla Corte costituzionale. V – Questo T.A.R., ormai da anni, è punto di incontro di formazione e di aggiornamento e, per l’attività dello scorso anno, possiamo aggiungere “interdisciplinare”. Dagli interventi nel corso della Inaugurazione dello scorso anno, due suggestioni sono venute. La prima, dell’avv. Angelo Vantaggiato, quale Presidente della Camera Amministrativa di Lecce, Brindisi e Taranto che vedeva nel sistema della giustizia amministrativa da una parte la fuoriuscita di tutta una serie di “giudizi marginali” per un problema di costi, dall’altra una diminuzione delle “vocazioni” dei giovani a fare pratica nell’ambito degli studi amministrativi. La seconda suggestione si deve al prof. Giulio De Simone, Direttore della Scuola di specializzazione per le professioni legali, nonché professore di diritto penale, che illustrava come in Germania, a differenza che in Italia, per le professioni legali (avvocatura, magistratura e notariato) la formazione iniziale è comune, il che abitua alla interdisciplinarità. Né va trascurato (ma questo è al di fuori della nostra portata) che in Germania nel biennio di formazione (referendariato) l’aspirante giurista acquisisce lo status di pubblico dipendente a tempo determinato ed ha uno stipendio mensile idoneo. Questo solo per dire che noi invece non riusciamo a portare i nostri stagisti per le udienze in Quaderni

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Cassazione, nonostante l’invito e la disponibilità del Primo Presidente Vincenzo Carbone a far loro da “tutor”. In quest’Aula abbiamo svolto due incontri di studio sulla informativa: il primo, nell’aprile, il cui organizzatore è stato il prof. Marco Bancarella, ha avuto per titolo “Giustizia telematica, procedimento amministrativo elettronico, appalti informatici”. Il secondo, nel luglio, con la collaborazione della Camera Amministrativa e l’Ordine degli avvocati, aveva per titolo “L’informatica tra Avvocati e T.A.R. Il nuovo sistema informatico alla giustizia amministrativa”. Certo l’informatica non scrive di per sé le sentenze, né i ricorsi, ma consente senz’altro di lavorare meglio ed in modo più efficiente a costi (di tempo e materiali) inferiori. Dovremo continuare ad approfondire questo modo tecnologico di lavoro comune. Quanto alla “interdisciplinarità”, va ricordato l’Incontro di studi del luglio scorso su “Le nuove intercettazioni tra esigenze investigative, tutela della privacy e diritto di cronaca”, a cura dell’Università del Salento, C.S.M., Corte d’Appello di Lecce e Ordine degli Avvocati, nonché, nell’ottobre, la giornata su “Le impugnazioni ed il giudicato” svoltasi in quest’Aula a conclusione del XXI Convegno nazionale dell’Associazione fra gli Studiosi del Processo Penale. E poi, su temi più nostri, l’Incontro del settembre su “Giustizia amministrativa – Spunti e proposte per il Codice”, nonché, nell’ottobre, l’importante Convegno su “Il Codice del processo amministrativo”, con una elevatissima partecipazione e risonanza, convegno chiuso dal Primo Presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone e dal Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato Pasquale de Lise. Né abbiamo trascurato “La tutela previdenziale dell’avvocato”, oggetto di incontro, nel novembre, organizzato dalla Camera Amministrativa. Non citiamo gli incontri di studio sul territorio (Galatina, Casarano e Gallipoli) organizzati dalla Camera amministrativa e dall’Ordi-

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ne degli Avvocati su temi di diritto amministrativo con la partecipazione del T.A.R. VI – C’è da chiedersi del perché di tanta attività di formazione e di studio. Gli è che il diritto ed il processo amministrativo sta cambiando non solo per gli scambi che avvengono fra diritti nazionali, ma anche per la irruzione negli ordinamenti interni di norme e principi di fonte Unione europea. Vi è, poi, la esigenza già accennata di procedere ad una formazione comune ed interdisciplinare fra avvocatura e magistrature. Si rammenta che l’avv. Pietro Quinto la scorsa inaugurazione parlava di “una nuova identità della giurisdizione amministrativa”. In effetti l’oggetto del diritto amministrativo si è tanto ampliato, che ha fatto dire “lo chiamano amministrativo, ma è il vero e proprio diritto della società” (Cassese). È questo nuovo diritto amministrativo che dovremo saper “gestire” in quanto è indirizzato a dare una migliore giustizia per i cittadini ed a creare un rapporto più maturo fra cittadini e pubblici poteri. Entro quest’anno (probabilmente a decorrere dal prossimo ottobre) entrerà in vigore il Codice del processo amministrativo, già sostanzialmente scritto, per cui si pone anche la esigenza che avvocati e giudici si predispongano ad una nuova sintonia con le norme del processo e ne individuino aspetti di novità e linee di progresso. Per molti aspetti è un Codice che avvicina ancor più il processo amministrativo a quello civile, pur mantenendo la utile impronta di semplificazione e di efficienza. D’altra parte la legge n. 69 del giugno 2009 di delega al Governo “per il riassetto del processo amministrativo” impone come primo criterio direttivo “snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo”. Se, poi, si contano le molte volte che ricorre il termine “razionalizzaQuaderni

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zione”, è evidente l’obiettivo della “semplificazione” del rito che al Codice è stato assegnato. Le prime norme del Codice pongono quali principi la “Effettivà” (“nel rispetto dei principi della Costituzione e del diritto europeo”), della “Ragionevole durata” (“Il giudice … e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo”), del “Giusto processo” (“Il giudice … garantisce … il rispetto del principio di effettiva parità delle parti”), ma non è affatto inutile il principio parimenti espresso di “Sinteticità degli atti” (“Il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica”). Gli orizzonti della giustizia amministrativa si ampliano e meglio si definiscono. La molteplicità di azioni che ora possono essere proposte avanti al giudice amministrativo, oltre alla tradizionale azione di annullamento (e cioè “Azione di accertamento”, “di condanna” e “di adempimento” e va aggiunta la “Class action”), rendono effettive le premesse per una migliore giustizia al cittadino, nella semplificazione e nella effettività, ma danno anche una prospettiva di maggiore e non indifferente impegno per giudici ed avvocati. Per i giudici, poi, è scritto che il tutto deve avvenire senza aumenti di organico né di mezzi, il che lascia perplessi. VII – Non è questo il momento per ulteriori commenti sul prossimo Codice del processo amministrativo. E qui la premessa sulla tempestività del T.A.R. trova la sua ragione: è proprio e solo l’assenza di ritardi, che permette al T.A.R. del Salento di guardare oltre, nella prospettiva cioè di essere nella migliore condizione per dare, oltre che un servizio di giustizia tempestivo, anche un servizio di giustizia migliore per i cittadini. VIII – È giusto tempo per concludere. Per quanto non detto, rimando alle tabelle allegate, che riportano

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numeri e grafici, che quest’anno ho voluto evitare di commentare, preferendo accennare agli orizzonti prossimi nei quali il nostro impegno dovrà attivamente inserirsi. Ringrazio e ricordo tutti i colleghi che hanno contribuito a far raggiungere a questo T.A.R. buoni risultati e che ora operano altrove. Ringrazio i colleghi presenti e sono riconoscente per il loro impegno, disponibilità ed amicizia. All’Avvocatura dello Stato, gli avvocati del libero Foro, in particolare ai giovani avvocati che frequentano quest’Aula, il più forte ringraziamento del T.A.R. per il loro determinante contributo nella ricerca di una giustizia sostanziale ed attenta. La più sentita considerazione per il lavoro svolto dagli operatori dei mezzi di informazione e dai giornalisti con sincero apprezzamento per il loro lavoro e per l’attenzione che riservano all’attività del T.A.R. Ringrazio sinceramente tutto il personale, con loro condivido ogni buon risultato del T.A.R. e tutti gli apprezzamenti che riceviamo. Ringrazio tutti i cittadini, per la fiducia in noi giudici, assicurando loro che forte sentiamo la nostra responsabilità di operare “Nel Nome del Popolo Italiano”.

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La mediazione civile di CLAUDIO CONSALES*

Con il decreto legislativo del 4 marzo 2010, n. 28, è stata introdotta nel nostro ordinamento la mediazione civile in attuazione della norma contenuta nell’art. 60 della legge n. 69 del 18.06.2009. L’esigenza della mediazione nell’area dei diritti disponibili è nata come ennesimo tentativo per decongestionare la giustizia civile. L’aumento sempre più considerevole delle cause civili a fronte di strutture giudiziarie inadeguate ha portato al progressivo collasso della giustizia. È evidente che il cittadino-consumatore, così come l’impresa, nell’epoca della velocità e dei tempi ridotti si attende una giustizia celere, efficiente che possa porre fine alle patologie dei rapporti senza che il ricorso alla giurisdizione si trasformi nell’ingresso in un tunnel senza fine. È ormai indifendibile un sistema processuale civilistico caratterizzato da tempi lunghissimi che, spalmati per i tre gradi di giudizio, con i possibili rinvii ai giudici di merito e ritorni davanti al Giudice di legittimità, possono arrivare anche a venti anni e più. A fronte delle censure mosse dall’Unione Europea ed a fronte dei sempre più numerosi ricorsi contro il Ministro della Giustizia per conseguire l’equa riparazione per la violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, il legislatore ha sfornato Avvocato del Foro di Brindisi. Delegato O.U.A. per il Distretto di Lecce.

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in questi ultimi anni una serie di leggi per velocizzare la giustizia civile, senza però conseguire i risultati sperati. In quest’ottica diretta a velocizzare la giustizia si è posta l’istituzione dei Giudici di Pace, la previsione della formulazione dei quesiti per il ricorso in Cassazione abrogata, dopo appena tre anni, per dare ingresso al più generico filtro in Cassazione (art. 360 bis c.p.c.), l’introduzione del processo societario, la modifica di alcune norme del codice di procedura civile. I risultati di tali interventi sono stati sicuramente deludenti e la giustizia civile continua ad essere farraginosa e caratterizzata da tempi lunghi ed incerti. Su queste premesse è nata la mediazione civile, come filtro preventivo ed obbligatorio, prima del ricorso alla giurisdizione. L’intento, pertanto, è quello di alleggerire sensibilmente il carico della giustizia civile nella speranza che la mediazione possa risolvere al di fuori della giurisdizione le questioni ad essa demandate obbligatoriamente in via preventiva. Fatta questa premessa, vediamo la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 28/2010. La legge pone, innanzitutto, il principio dell’obbligatorietà della mediazione, disponendo che non si può dare inizio ad un giudizio senza preliminarmente esperire il procedimento di mediazione nelle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, responsabilità medica, diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. L’esperimento del tentativo di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

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Il Giudice quando rileva che la mediazione non è stata esperita, deve assegnare alle parti un termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione; nel caso che la mediazione risulti iniziata, ma non conclusa, il giudice deve rinviare la causa ad un’udienza successiva che tenga conto del termine massimo previsto per la conclusione del procedimento di mediazione, che è di quattro mesi. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso il ricorso all’autorità giudiziaria per conseguire provvedimenti urgenti e cautelari. Il ricorso alla mediazione è espressamente escluso nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 c.p.c.; nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, c.p.c.; nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; nei procedimenti in camera di consiglio; nell’azione civile esercitata nel processo penale. Dal momento della comunicazione alle altre parti la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale che attesta il fallimento della mediazione. L’obbligo del preventivo procedimento di mediazione deve svolgersi davanti agli organismi di mediazione precostituiti. Sul punto la normativa, disciplinando la materia in guisa di una legge quadro, lascia ampia libertà di forme, modi e regolamenti relativamente al procedimento di mediazione. Il rilievo che emerge con tutta evidenza è che la fase della meQuaderni

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diazione delinea una privatizzazione del contenzioso civilistico nel senso che l’interesse pubblico alla soluzione della controversia civile si schiude solo se si è svolto il tentativo di superarla in forma consensuale e privata. Infatti non solo gli enti pubblici ma anche i privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione. L’organismo per potere svolgere attività di mediazione deve ottenere l’iscrizione in un apposito registro presso il Ministero della Giustizia. L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro deve depositare presso il Ministro della Giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico. Nel regolamento devono essere previste le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni ed il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati. Emerge quindi che le procedure per lo svolgimento della mediazione saranno quelle previste da ciascun organismo di mediazione sotto la vigilanza del Ministro della Giustizia. Si delinea quindi un sistema in cui la concorrenza regnerà sovrana tra i diversi organismi di mediazione che sorgeranno come funghi su iniziativa di enti pubblici e privati e che avranno interesse a captare quante più questioni possibili. Per l’accesso alla mediazione sarà sufficiente depositare la domanda presso l’organismo prescelto e nel caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. L’istanza deve indicare le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.

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La procedura sarà poi quella prevista dal regolamento dell’organismo prescelto. La durata del procedimento di mediazione non può superare i quattro mesi. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo prescelto designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Compito del mediatore è quello di adoperarsi affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. Il ruolo del mediatore, pertanto, non sarà quello di decidere la controversia, individuando la parte che rivendica un giusto diritto e la parte che ha violato il diritto rivendicato, ma sarà esclusivamente quello di trovare una soluzione concordata della controversia, una soluzione quindi contrattuale al fine di evitare il ricorso alla giurisdizione con tutti i disagi ed i costi che ciò comporta. Il procedimento di mediazione, comunque, non si pone come una fase completamente sganciata dall’eventuale successivo giudizio, ma esplica anche delle interferenze in quanto dalla mancata partecipazione allo stesso senza giustificato motivo il giudice può desumere argomenti di prova ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.c. Sempre in tema di rapporto tra procedimento di mediazione e giudizio, si pone l’obbligo dell’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, di informare l’assistito della possibilità di avvalersi della mediazione e delle agevolazioni fiscali che essa comporta. L’avvocato è tenuto ad informare l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione dell’avvocato deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra avvocato ed assistito è annullabile. Il Quaderni

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documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, provvede ad assegnare il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, quando questa è obbligatoria, altrimenti, quando è facoltativa, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Ma l’interferenza maggiore la ritroviamo in tema di spese processuali e di soccombenza. Vediamo il perché di questa interferenza. Se la mediazione si conclude con un accordo amichevole, il mediatore redige un verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non si raggiunge il mediatore ha la facoltà, non l’obbligo, di formulare una proposta di conciliazione; il mediatore è per converso tenuto a formulare una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. La proposta di conciliazione formulata dal mediatore deve essere comunicata alle parti per iscritto. Le parti dovranno fare pervenire, anch’esse per iscritto, entro sette giorni l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta del mediatore deve intendersi rifiutata. Se le parti aderiscono alla proposta del mediatore si redige verbale che attesta l’avvenuta adesione; il verbale deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore. Se la conciliazione non riesce il mediatore è tenuto a redigere un verbale con l’indicazione della proposta da lui formulata e non accettata; anche questo verbale deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore. Esaurita con un fallimento la fase della mediazione, quando il provvedimento che definisce il giudizio, successivamente instaurato

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o proseguito, corrisponde interamente al contenuto della proposta del mediatore, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Il Giudice, per di più, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto anche quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde esattamente al contenuto della proposta. In quest’ultima ipotesi il Giudice è però tenuto ad indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese. Risulta chiaro, quindi, che nel procedimento di mediazione la parte deve anche attentamente ponderare i riflessi della sua condotta e delle sue decisioni sul possibile futuro giudizio del Giudice. Nel corso del procedimento di mediazione il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali ed il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio iniziato o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Quaderni

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In caso di esito positivo della mediazione il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento della regolarità formale, con decreto del Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Il verbale di accordo costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. La mediazione obbligatoria inizierà ad operare al decorso di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 28/2010 e si applicherà ai processi successivamente iniziati; la svolta effettiva pertanto si avrà a partire dal 20 marzo 2011, considerato che il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5.3.2010. ***

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Le norme poste dal decreto legislativo n. 28/2010 non possono lasciare indifferente l’avvocatura ed infatti ci sono alcuni aspetti che destano non poche preoccupazioni e che rischiano di accrescere il disagio economico, oggettivamente riconosciuto, che l’avvocatura sta vivendo. L’O.U.A., già prima dell’emanazione del decreto ha richiesto con voce forte ed insistente di ancorare il nuovo istituto della mediazione a due principi essenziali: la facoltatività del ricorso alla mediazione e l’obbligatorietà della difesa tecnica. Le due richieste sono state completamente ignorate dal legislatore. La richiesta dell’O.U.A. di rendere facoltativo e non obbligatorio il ricorso alla mediazione trova il suo fondamento nel diritto del cittadino di fare ricorso alla giurisdizione, senza dover subire costi o inutili ritardi. Sul punto non può sottacersi che è sicuramente eccessivo il termine di quattro mesi previsto per completare il procedimento di mediazione senza poter ricorrere alla giurisdizione. I

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tempi della giustizia anziché abbreviarsi, rischiano così di allungarsi ancora di più, considerato che l’amichevole composizione della lite non sarà un traguardo facile per il mediatore. La richiesta dell’O.U.A. di rendere obbligatoria la difesa tecnica nasce dall’esigenza di impedire che altre categorie professionali e non professionali si propongano al cittadino-consumatore per dirimere le controversie nel campo del diritto civile. La stessa previsione di Camere di Conciliazione che opereranno, come si è esposto, secondo canoni di libera concorrenza per acquisire questioni da dirimere, potrà determinare la marginalizzazione dell’avvocato ed il sopravvento di nuove figure che avranno la pretesa di proporre assistenza nella fase conciliativa con la prospettiva del low cost. Ed ancora nell’ambito dell’avvocatura questo sistema potrà favorire solo quella ristretta cerchia di avvocati che potranno contare su un rapporto esclusivo, o quasi, con quelle associazioni che prevedibilmente si proporranno per gestire, quanto meno per determinate materie, la fase della mediazione. L’O.U.A. continuerà a portare avanti la protesta finalizzata a determinare un ripensamento del legislatore affinché la mediazione da obbligatoria diventi facoltativa ed affinché venga prevista la necessità dell’assistenza dell’avvocato.

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Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28

Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Visto l’articolo 60 della legge 19 giugno 2009, n. 69, recante de-

lega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali; Vista la direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 ottobre 2009; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 febbraio 2010; Sulla proposta del Ministro della giustizia; Emana il seguente decreto legislativo:

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Capo I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 (Definizioni) 1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per: a) mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa; b) mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo; c) conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione; d) organismo: l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto; e) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 16 del presente decreto, nonché, sino all’emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222. Art. 2 (Controversie oggetto di mediazione) 1. Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto. 2. Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, né le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi. Quaderni

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Capo II DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE Art. 3 (Disciplina applicabile e forma degli atti) 1. Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti. 2. Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell’articolo 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico. 3. Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità. 4. La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo. Art. 4 (Accesso alla mediazione) 1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data della ricezione della comunicazione. 2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa. 3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informa-

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zione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. Art. 5 (Condizione di procedibilità e rapporti con il processo) 1. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente ad sperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, Quaderni

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140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 2. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione. L’invito deve essere rivolto alle parti prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Se le parti aderiscono all’invito, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. 3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale. 4. I commi 1 e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; e) nei procedimenti in camera di consiglio; f) nell’azione civile esercitata nel processo penale. 5. Fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e

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il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti a un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto. 6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo. Art. 6 (Durata) 1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi. 2. Il termine di cui al comma 1 non ha natura processuale e decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del quarto o del quinto periodo del comma 1 dell’articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale.

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Art. 7 (Effetti sulla ragionevole durata del processo) 1. Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 1, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89. Art. 8 (Procedimento) 1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari. 2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo. 3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia. 4. Quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti. 5. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.

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Art. 9 (Dovere di riservatezza) 1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo. 2. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti. Art. 10 (Inutilizzabilità e segreto professionale) 1. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sulle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. 2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili. Art. 11 (Conciliazione) 1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma Quaderni

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processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13. 2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento. 3. Se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a séguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento. 4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.

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5. Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono. Art. 12 (Efficacia esecutiva ed esecuzione) 1. Il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all’ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l’organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione. 2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Art. 13 (Spese processuali) 1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.

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2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente. 3. Salvo diverso accordo le disposizioni precedenti non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri. Art. 14 (Obblighi del mediatore) 1. Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti. 2. Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di: a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento; b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione; c) formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative; d) corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell’organismo. 3. Su istanza di parte, il responsabile dell’organismo provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua

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la diversa competenza a decidere sull’istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell’organismo. Art. 15 (Mediazione nell’azione di classe) 1. Quando è esercitata l’azione di classe prevista dall’articolo 140bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l’adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito. Capo III ORGANISMI DI MEDIAZIONE Art. 16 (Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori) 1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all’articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro. 2. La formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all’adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi Quaderni

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di composizione extragiudiziale previsti dall’articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni. 3. L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 17. Ai fini dell’iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l’idoneità del regolamento. 4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico. 5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l’elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell’attività di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale. 6. L’istituzione e la tenuta del registro e dell’elenco dei formatori avvengono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

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Art. 17 (Risorse, regime tributario e indennità) 1. In attuazione dell’articolo 60, comma 3, lettera o), della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi 2 e 3, e dall’articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al “Fondo Unico Giustizia” attribuite al predetto Ministero, ai sensi del comma 7 dell’articolo 2, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell’articolo 7 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno, in data 30 luglio 2009, n. 127. 2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente. 4. Con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, sono determinati: a) l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti; b) i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati; c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al venticinque per cento, nell’ipotesi di successo della mediazione; d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1. 5. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1, all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’amQuaderni

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missione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tal fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato. 6. Il Ministero della giustizia provvede, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell’indennità di mediazione. Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, delle indennità spettanti agli organismi pubblici, in modo da coprire anche il costo dell’attività prestata a favore dei soggetti aventi diritto all’esonero. 7. L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto Nazionale di Statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente. 8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 2 e 3, valutati in 5,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010 e 7,018 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del “Fondo unico giustizia” di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tal fine, resta acquisita all’entrata del bilancio dello Stato. 9. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 2 e 3 ed in caso si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 8, resta acquisito all’entrata l’ulteriore importo necessario a garantire la copertura

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finanziaria del maggiore onere a valere sulla stessa quota del Fondo unico giustizia di cui al comma 8. Art. 18 (Organismi presso i tribunali) 1. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi presso i tribunali sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16. Art. 19 (Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio) 1. I consigli degli ordini professionali possono istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilità. 2. Gli organismi di cui al comma 1 e gli organismi istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16. CAPO IV DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E INFORMATIVA Art. 20 (Credito d’imposta) 1. Alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a Quaderni

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svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà. 2. A decorrere dall’anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, è determinato l’ammontare delle risorse a valere sulla quota del “Fondo unico giustizia” di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d’imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell’anno precedente. Con il medesimo decreto è individuato il credito d’imposta effettivamente spettante in relazione all’importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell’importo indicato al comma 1. 3. Il Ministero della giustizia comunica all’interessato l’importo del credito d’imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la sua determinazione e trasmette, in via telematica, all’Agenzia delle entrate l’elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati. 4. Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle atti-

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vità produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 5. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente articolo il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell’importo corrispondente all’ammontare delle risorse destinate ai crediti d’imposta sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle Entrate – Fondi di bilancio”. Art. 21 (Informazioni al pubblico) 1. Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo. CAPO V ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE Art. 22 (Obblighi di segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo) 1. All’articolo 10, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente: “5-bis) mediazione, ai sensi dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.

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Art. 23 (Abrogazioni) 1. Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto. 2. Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati, nonché le disposizioni concernenti i procedimenti di conciliazione relativi alle controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile. I procedimenti di cui al periodo precedente sono esperiti in luogo di quelli previsti dal presente decreto. Art. 24 (Disposizioni transitorie e finali) 1. Le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e si applicano ai processi iniziati a decorrere dalla stessa data. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi’ 4 marzo 2010 NAPOLITANO

BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei Ministri ALFANO, Ministro della giustizia Visto, il Guardasigilli: ALFANO

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Riflessione sugli aspetti deontologici nella nuova disciplina sulla mediazione (d. lgs. n. 28/2010) di CARLO PANZUTI*

Premessa La caratteristica principale che nella visione del legislatore dovrebbe consentire un buon funzionamento della mediazione risiede nel rapporto privilegiato tra il mediatore e le singole parti: la facoltà a lui concessa di ascoltare separatamente e riservatamente i due contendenti al fine di sondare e verificare quali siano gli effettivi contrapposti interessi. L’elemento della riservatezza, e comunque la limitazione dello scambio di dichiarazioni o informazioni solo all’interno del procedimento, dovrebbe favorire un senso di libertà e serenità dei litiganti utile per far emergere la loro sostanziale volontà di risolvere la lite. L’impianto del nuovo sistema della mediazione è imperniato innanzitutto sulla concreta conoscibilità della parte della facoltà o dell’obbligo – nei casi espressamente previsti nel decreto n. 28 del 2010 – di tentare una risoluzione fuori dal giudizio contenzioso, prima cioè che venga adito il giudice per risolvere il conflitto. In secondo luogo sulla riservatezza e non utilizzabilità dei fatti conosciuti nel procedimento, in maniera tale da non pregiudicare l’eventuale futura difesa davanti al giudice. In un simile quadro di riferimento i soggetti che partecipano al procedimento di mediazione assumono obblighi e sono tenuti a comConsigliere Segretario Ordine Forense di Brindisi.

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portamenti che non devono minare l’essenza stessa dei principi ispiratori del nuovo sistema di risoluzione dei conflitti. Tra i soggetti che intervengono si annoverano gli avvocati che, per loro naturale vocazione professionale, potranno assumere un ruolo fondamentale e determinante nella buona riuscita di una mediazione. Dato per noto che l’avvocato risponde dei propri comportamenti nell’esercizio professionale e durante gli atti quotidiani della vita, che abbiano una qualificata incidenza sulla sua immagine e dunque su quella dell’intera categoria forense, anche le attività che egli compie nell’iter della mediazione, o nella veste del terzo compositore della lite ovvero in quella di difensore degli interessi di una parte interessata al procedimento, soggiacciono alle regole auree dei canoni deontologici. Dovere di informativa L’avvocato è obbligato a informare il cliente della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione sia nelle ipotesi in cui esso è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, sia in tutti gli altri casi da cui derivi un contrasto tra interessi e diritti di soggetti confliggenti; ipotesi, le ultime, che si annoverano nella categoria della mediazione facoltativa. La norma impone anche un dovere di chiarezza dell’informazione e addirittura una forma scritta. Il legislatore ha poi inteso applicare una sanzione civile odiosa per la violazione di tali obblighi: l’annullabilità del contratto tra il professionista e l’assistito. Non è la sede per affrontare il tema di una cotanta violenza giuridica nei confronti della nostra categoria che, secondo recenti sondaggi, si staglia nel panorama delle professioni come quella in cui il cliente ha maggiore fiducia e a cui i giornali e la pubblicistica riservano buoni apprezzamenti. È certo, però, che balza agli occhi dell’attento osservatore la stranezza di una mancata espressa previsione

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di illecito deontologico, come invece il legislatore ha previsto – per esempio – nella disciplina sul patrocinio a spese dello Stato. Invece di far rientrare la violazione dell’obbligo informativo nell’alveo di quei comportamenti tipici dei doveri del professionista legale, che già assolvono alla tutela del rispetto dell’obbligo, si è voluto infierire proprio nei confronti di quella categoria che nella storia del panorama dei diritti ha rappresentato indistintamente un approdo sicuro per coloro che volevano difendersi dalle angherie più disparate. Resta il dato regolamentare che la carenza, anche parziale, di informativa orale e scritta sulla facoltà o sull’obbligo procedimentale di svolgere la mediazione costituisce un illecito deontologico che rientra nei generali doveri di lealtà e correttezza (art. 6 del codice deontologico forense) e in quello specifico di informazione (art. 40 dello stesso codice). Non è forse un caso che tanto nell’art. 4 comma 3 del decreto n. 28 quanto nel citato art. 40 del codice si adopera l’avverbio “chiaramente” per sottolineare che l’assistito deve essere messo nella effettiva condizione di conoscere o di poter conoscere gli esatti termini della questione che sottopone all’avvocato che ha scelto. I problemi già sorti sulla chiarezza dei dati che il professionista ha l’obbligo di fornire alla parte si estendono anche a quelli futuri sull’informazione nella mediazione, ed anzi quest’ultimi potranno risultare utili per approfondire una qualità del rapporto professionale che spesso può essere il discrimine per mandare esente il professionista da responsabilità disciplinare ovvero può vederlo come soggetto maggiormente esposto al rischio deontologico per difetto di informazione. Sul punto nasce spontaneo richiamare il filone giurisprudenziale, specie seguito dai giudici di merito, che attribuisce alla violazione del dovere deontologico di informativa riflessi diretti sulla responsabilità civile dell’avvocato nei confronti del cliente. Un tema delicato e scottante in un momento storico in cui i clienti Quaderni

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hanno maggiore consapevolezza dei propri diritti e in cui si assiste alla formalizzazione del rapporto che, dall’essere prima improntato ad una oralità estrema, oggi vede configurare la fiducia sempre più come un corollario della specificazione certa, e dunque scritta, di tutti gli aspetti che possono insorgere durante lo stesso rapporto. Un fenomeno che potrebbe definirsi di burocratizzazione dei comportamenti del professionista, spesso distolto dalla sostanza dei problemi giuridici che deve affrontare per dedicarsi innanzitutto a evitare di incorrere in situazioni di responsabilità non volute e sempre nascoste dietro il mantello dell’iniziale afflato fiduciario. Dovere di riservatezza L’art. 9 del decreto si rivolge indistintamente al soggetto che offre l’opera o il servizio nell’organismo di mediazione o comunque nel procedimento ad essa finalizzato. Tra il “chiunque” allora è certamente ricompreso l’avvocato, il quale può assumere le diverse vesti di: › mediatore › difensore nel procedimento di mediazione › difensore nel giudizio › responsabile dell’organismo di mediazione ovvero soggetto che in esso presta ad altro titolo la propria opera o il proprio servizio. L’obbligo di riservatezza riguarda in generale il divieto di rendere conoscibili all’esterno, cioè a soggetti terzi, le dichiarazioni rese dalle parti e le informazioni acquisite nel contraddittorio. Un divieto specifico è imposto al mediatore, e dunque all’avvocato che in tale funzione sia presente nel procedimento, di diffondere le dichiarazioni e le informazioni emerse durante le sessioni separate e riservate con ciascuna delle parti. La finalità è quella, già delineata nella premessa, di lasciarle libere di riferire in via riservata al mediatore fatti, opinioni e quant’altro ritenuto utile alla migliore riuscita

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della mediazione, nella certezza di non subire alcun pregiudizio dalla possibile conoscibilità della controparte, che potrebbe così avvantaggiarsene in un futuro contenzioso. Se il dovere di riservatezza è volto a mantenere in genere ogni manifestazione delle parti all’interno del procedimento (rapporto triangolare o pluriparte: mediatore e due o più parti) ovvero all’interno del sub procedimento delle sessioni separate (rapporto bilaterale: mediatore e singola parte), lo stesso segmento etimologico del verbo “serbare” evidenzia come la funzione sia anche quella di pre-servare le dichiarazioni e le informazioni dall’uso strumentale in una lite contenziosa. Il comportamento in esame che deve essere osservato dall’avvocato rientra nei generali doveri di lealtà e correttezza (art. 6 del codice), fedeltà (art. 7 ) e in quello specifico di riservatezza (art. 9). Inutilizzabilità e segreto professionale L’art. 10 del decreto si interessa dell’utilizzabilità delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, prevedendo che essa è subordinata al consenso della parte dichiarante o di quella da cui provengono le stesse informazioni. Sul contenuto delle dichiarazioni e delle informazioni non è ammessa prova testimoniale né può essere deferito il giuramento decisorio. Se l’avvocato, non rispettando la previsione sopra ricordata, richiede la prova testimoniale o deferisce il giuramento sui fatti oggetto delle dichiarazioni e delle informazioni riservate, commette un illecito deontologico? Da una prima lettura si potrebbe ricavare il senso della disposizione come riferito esclusivamente alla inutilizzabilità quale elemento su cui il giudice possa fondare la decisione. Come dire che l’esito della causa non può trovare fondamento e motivazione su fatti che costituiscono il contenuto di dichiarazioni rese o informazioni acquisite durante il procedimento di mediazione. Quaderni

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Un simile aspetto tecnico del concetto di utilizzabilità non esclude, però, un utilizzo strumentale della difesa per tentare di introdurre fatti scaturenti da fonti che si conoscono essere riservate (dichiarazioni e informazioni) al solo fine di condizionare il convincimento del giudice. Se il comportamento consapevole dell’avvocato, che formula richieste istruttorie che sa essere inammissibili per l’espressa previsione del citato art. 10, in assoluto non mina la libera determinazione del giudicante, è però plausibile che possa, anche quale effetto indiretto illecito eventuale, incidere inconsapevolmente sul complessivo convincimento, rischiando di inquinare la genuinità dell’esito della lite. Poiché la richiesta di prova è chiaramente non ammessa dall’ordinamento, la semplice formulazione non fa che determinare una violazione espressa del divieto e confligge, anche solo ipoteticamente, con un uso distorto e strumentale che con l’inammissibilità si vuole evitare. Il comportamento, se posto in essere, integra la violazione dei generali doveri di probità, dignità e decoro (art. 38 della legge professionale e art. 5 del codice), nonché gli altri di lealtà, correttezza e fedeltà, già richiamati nella sviluppo argomentativo che precede. Si rammenta che l’avvocato è il primo tutore del rispetto delle regole del processo, dalle quali non può prescindere e alle quali deve sempre tendere. L’ipotesi prospettata ben si attaglia all’avvocato che abbia conosciuto il contenuto delle dichiarazioni e delle informazioni per essere stato partecipe del procedimento di mediazione. La questione può invece porsi diversamente se l’avvocato, che assume la difesa nel processo, non ha preso parte alla fase preliminare della mediazione ovvero non è a conoscenza che i fatti a lui riferiti dal cliente sono stati oggetto di dichiarazioni rese o informazioni acquisite in tale procedimento. Non sussistendo la consapevolezza sull’utilizzo indebito delle fonti, deve escludersi ogni ipotesi di illecito, anche sotto il profilo della volontarietà del comportamento.

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Altro caso ipotizzabile riguarda l’avvocato che deferisce interrogatorio formale alla parte su dichiarazioni da essa rese o chiede l’ordine di esibizione o di informativa a soggetti che hanno reso informazioni nel procedimento di mediazione. Per valutare la sussumibilità della fattispecie in un illecito deontologico occorre considerare che, come ricordato in precedenza, la norma già prevede che il consenso della parte rende utilizzabile la dichiarazione o l’informazione. La soluzione del problema allora è tutta nella necessità che sia l’interessato a manifestare la volontà di consentirne l’utilizzazione nel processo. Così impostata l’analisi, esclude in radice l’ammissibilità della prova nella forma dell’interrogatorio formale, proprio perché l’inutilità processuale è data dalla previsione che il divieto di utilizzabilità può essere rimosso solo dal consenso dell’avente diritto al trattamento giuridico dei dati contenuti nella dichiarazione resa e nell’informazione acquisita. Il comportamento tenuto dall’avvocato, contrario alle finalità perseguite con la norma in esame, denota la violazione degli stessi doveri già esaminati prima nell’ipotesi del professionista che chieda l’ammissione di prova testimoniale o deferisca il giuramento decisorio. È una materia delicata, perché si inserisce nel quadro di un compromesso rapporto professionale, deviato dalla linea normale fiduciaria con l’introduzione della sanzione di annullabilità del contratto. La pratica dimostra sempre di più che i possibili riflessi deontologici del rapporto tra l’avvocato e il cliente sono utilizzati da quest’ultimo come pressione psicologica, quando si è nella fase terminale dell’incarico e si approssima il momento del pagamento definitivo delle competenze. Diventa allora importante adottare prassi virtuose per evitare la strumentalità dei possibili illeciti commessi. L’applicazione della nuova disciplina disegnerà l’effettiva portata delle previsioni esaminate sotto il profilo dei doveri deontologici. Quaderni

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CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

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Relazione sull’attività svolta nell’anno 2009 10 marzo 2010 di GUIDO ALPA* “La difesa del diritto (…) non è arte retorica ma coscienza civile e impegno nella vita”. PIERO CALAMANDREI Congresso forense, Napoli, 1949

Signor Presidente della Repubblica, Signor Ministro Guardasigilli, Autorità, Signore e Signori, porgo Loro il saluto e l’omaggio del Consiglio nazionale forense. Come di consueto la relazione sull’attività svolta dal Consiglio è affidata ad una introduzione e alle relazioni delle Commissioni e delle Fondazioni; il testo scritto, con la documentazione corredata di statistiche, sono stati riprodotti in un compact disc che ne agevola la distribuzione telematica. La mia relazione orale sarà dunque sintetica, non solo ricognitiva ma anche prospettica. 1. Uno sguardo al passato e uno al futuro L’anno appena trascorso è stato memorabile, perché segnato da innovazioni di grande rilievo, da aspirazioni e speranze, da difficoltà * Presidente del Consiglio Nazionale Forense.

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e purtroppo anche da eccezionali eventi luttuosi che hanno coinvolto l’Avvocatura: mi riferisco al dramma degli Avvocati aquilani, colpiti non solo nei loro affetti familiari e nei loro beni ma anche, e duramente, nell’attività professionale legata al disgregamento del tessuto economico della regione. Mi riferisco ancora alle minacce subìte dai Colleghi per l’esercizio del loro ministero e soprattutto all’assassinio del Collega Enzo Fragalà, barbaramente aggredito mentre usciva dal suo studio: vorrei rinnovare a tutte le famiglie il cordoglio e la solidarietà del Consiglio. Gli avvocati non fanno una vita semplice, sono perpetuamente sulla linea del fronte e pagano con il sacrificio personale la difesa dei diritti, oggi come per il passato1. Dicevo di aspirazioni e speranze: le riforme che connotano questa fase storica, la riforma della giustizia, la riforma della professione forense, la riforma della previdenza forense, sono tutte nel segno del cambiamento e proiettate nel futuro, volte alla difesa dei valori fondamentali sui quali riposa la nostra società e a modificare, innovare, adattare gli ordinamenti, gli strumenti, le tecniche per poter risolvere i problemi della conflittualità, proteggere i diritti, contribuire al superamento della crisi economica, assolvere la funzione sociale assegnata alla nostra categoria. La crisi economica ha acuito il senso della giustizia e la percezione delle diseguaglianze2: siamo però in una situazione ben diversa da quella conosciuta negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta come litigation society3, dal momento che si sono riaperti i conflitti AMBROSOLI (U.), Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli oggi nelle parole del figlio, Milano, 2009; la figura dell’avvocato Giorgio Ambrosoli è stata ricordata nel trentesimo anniversario della sua uccisione nel corso del IV Congresso di aggiornamento forense, nel marzo 2009. 2 KRUGMAN, Il ritorno della economia della depressione e la crisi del 2008, Milano, 2009; Sen, La diseguaglianza, Bologna, 2010. 3 FRIEDMAN, Litigation and Society, 15 Annual Review of Sociology, 1989, p. 17 ss.; HOWARD, Life Without Lawyers. Liberating America From Too Much Law, New York, 2009; Lexington, Law v common sense, The Economist Jan. 17th 2009, p. 443. 1

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sociali, si sono approfondite le differenze all’interno delle società multietniche, l’economia globale ha mostrato il suo volto selvaggio, e l’impoverimento collettivo ha attenuato lo spirito di tolleranza. L’ansia di giustizia fa appello agli avvocati, e quindi ai giudici, e la macchina della giustizia, già ansimante per il lavoro ordinario, corre il rischio di incepparsi sotto il peso delle esigenze sociali. Le difficoltà del sistema – un sistema che lo stesso legislatore definisce con aggettivazioni cariche di aspettative perché diretto all’«equa, efficace e sollecita gestione del processo» (così recita il c. 11 dell’art. 140 bis, del codice del consumo) – producono effetti negativi sul sistema economico e sull’immagine del Paese4. Dobbiamo però guardare al futuro con tutta la serenità possibile ed anche un poco di ottimismo: usciremo dalla crisi con i nostri mezzi – come peraltro ha sempre fatto l’Avvocatura, che non ha mai beneficiato, neppure in questo frangente, di sussidi e di incentivi – come siamo usciti da altre crisi e da momenti altrettanto difficili. L’“atlante delle professioni” or ora pubblicato ci dà argomenti per guardare avanti con trepidazione ma anche con fiducia: riflette l’estensione del terziario, l’ingresso di nuove figure, l’impegno dei corpi professionali nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni, nelle organizzazioni locali, e pure le trasformazioni culturali in atto, e le affermazioni progressive, seppur faticose5, del processo di eguaglianza delle donne all’Università, nel libero foro e negli organismi rappresentativi6. V. la Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2009 del Primo Presidente e del Procuratore Generale il 29.1.2010, nonché la Relazione in Parlamento del Ministro Guardasigilli e le relazioni del Ministero della Giustizia, del 30.1.2010; il rapporto della Banca mondiale degli investimenti, Doing Business 2009, si è limitato a pubblicare le statistiche relative ai costi per iniziare e coltivare le attività economiche nei diversi Paesi, e quindi anche a tutelare il credito e le aspettative degli investitori; più specificamente v. il rapporto del CEPEJ (2008) fondato sui dati del 2006, in cui l’Italia è ancora collocata tra gli ultimi Paesi dell’Unione per efficienza della macchina giudiziaria. 5 Atlante delle professioni, a cura di Maria Malatesta, Bologna, 2009. 6 CENSIS, Dopo le buone teorie, le proposte: Programma di ricerca-intervento per le donne avvocato, rapporto svolto per incarico del CNF, della Commissione Pari Opportunità del CNF e dell’AIGA, Roma, 2010; TACCHI, Eva togata, Torino, 2010. 4

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Devo dare atto che il Consiglio ha svolto con un impegno straordinario la sua attività: sia quella deontologica sia quella istituzionale e di supporto agli Ordini e agli avvocati. Le relazioni accluse a questa introduzione testimoniano il diuturno lavoro dell’Ufficio di Presidenza, cioè del Consigliere Segretario, dei due Vicepresidenti, del Tesoriere, dei singoli Consiglieri, delle Commissioni, delle Fondazioni, dei gruppi di lavoro, e tutti si sono avvalsi dell’ausilio prezioso degli uffici, nelle due sedi, giurisdizionale e amministrativa, e dell’Ufficio studi. A tutti loro vorrei tributare il mio più grande apprezzamento e il più vivo ringraziamento. L’attività giurisdizionale è solo lo specchio dell’impegno profuso dai Consiglieri in quest’anno per tanti versi complesso: le udienze tenute sono state 41, i ricorsi esaminati 405, i ricorsi decisi 490; quelli in materia disciplinare si sono conclusi con 4 sanzioni di radiazione, 84 di sospensione, 43 di censura e 41 di avvertimento. Alla deontologia si sono dedicati numerosi incontri di studio e di riflessione, interni ed esterni, presso gli Ordini territoriali7 e nelle assise internazionali. Il codice deontologico, modificato in alcune parti per effetto dell’intervento dell’Autorità di garanzia della concorrenza e del mercato, ha tenuto all’impatto della nuova legislazione, confermando la sua validità e la sua intrinseca coerenza. Anziché soffocare o limitare la libertà della professione, ha garantito il suo corretto esercizio, come risulta dalle molteplici pronunce e dai pareri segnalati nelle relazioni contenute nell’appendice. Accanto a questa si è svolta l’attività di redazione di pareri e quella di predisposizione di documenti per le riforme legislative di cui parlerò, e sulle norme riguardanti i consigli giudiziari, la disciplina In particolare segnalo i risultati del seminario su Deontologia e procedimento disciplinare, Roma, 8 e 22 maggio 2009 raccolti nei CD messi a disposizione degli Ordini forensi, nonché le pronunce massimate e commentate su Rassegna forense, le relazioni ai convegni e gli scritti in materia di deontologia dei Consiglieri, a cui si fa cenno in appendice, gli scritti su Diritto e formazione e su Attualità forensi. 7

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dei servizi, la disciplina antiriciclaggio, i progetti di codice penale e di procedura penale, il processo amministrativo8, i ricorsi negli appalti, la disciplina dell’arbitrato e in generale delle ADR, e altri temi a cui si fa cenno nelle relazioni delle Commissioni e delle Fondazioni raccolte nell’appendice. Si è rafforzata la collaborazione stretta con gli Ordini, con le Unioni regionali, con le Associazioni in un persistente clima di unitarietà, sottolineato non solo dalle riunioni per la elaborazione di un moderno progetto di riforma della professione forense, per il funzionamento dei consigli giudiziari, per l’allestimento degli organismi di conciliazione, per la definizione degli obiettivi della categoria, ma anche dalla attuazione del regolamento sull’aggiornamento professionale, che ha fatto ritrovare il senso di appartenenza alla categoria a tutti gli avvocati. Abbiamo visitato numerose sedi, cooperato con le Scuole forensi, e instaurato rapporti proficui con le Istituzioni, con il Ministero della Giustizia, in primis, con il Consiglio superiore della Magistratura, con gli Uffici giudiziari, con le Università e i loro organi rappresentativi, e con gli organi rappresentativi degli Ordini e delle Associazioni d’Europa, del Mediterraneo e dell’America Latina. I corsi dedicati agli avvocati italiani organizzati in collaborazione con i Colleghi e le Università straniere danno il perimetro degli orizzonti culturali che si aprono ai giovani desiderosi di apprendere il diritto comparato, le prassi internazionali, i modelli stranieri e di coltivare i rapporti al di fuori dei confini nazionali. Le pubblicazioni inserite nelle collane editoriali costituiscono un’ulteriore prova dell’attività del Consiglio e delle Fondazioni.

Sul punto v. la Relazione inaugurale dell’anno giudiziario tenuta dal Presidente del Consiglio di Stato il giorno 11.2.2010. 8

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2. La stagione delle riforme. La riforma della giustizia L’anno trascorso sarà ricordato come l’anno delle riforme. La riforma della giustizia – mi riferisco in particolare alla giustizia civile, poiché per la giustizia penale le proposte normative sono tuttora oggetto di dibattito in Parlamento – si è tradotta, in iniziative di natura ordinamentale, ma anche, come auspicato dal Consiglio, nel varo di progetti di rifinanziamento e di riorganizzazione degli uffici, e in un nuovo impulso alla attuazione del processo telematico. Il CNF, gli Ordini forensi, le varie componenti dell’Avvocatura hanno prestato la loro collaborazione in modo proficuo, prima di tutto per rendere più agevole la conoscenza dei testi normativi e per discutere sul piano operativo, oltre che sul piano scientifico, i nuovi istituti: di qui i seminari, le riunioni, i corsi promossi dallo stesso Consiglio, direttamente e attraverso le sue articolazioni (la Commissione per l’accesso e la formazione, la Scuola superiore dell’Avvocatura, la Fondazione dell’Avvocatura, la Fondazione per l’informatica), dagli Ordini e dalle Scuole forensi; di qui, ancora, le iniziative di sostegno, con l’apporto di risorse umane e finanziarie all’organizzazione della giustizia effettuata dagli Ordini locali; e pure la promozione di tecniche informatiche applicate al processo civile e all’organizzazione amministrativa assunte nei distretti9. In questa sede, ricognitiva dell’attività svolta, di cui si ha traccia nelle relazioni allegate alla mia pagina introduttiva, non è il caso di analizzare nei loro contenuti e nelle loro pieghe i testi normativi che dovrebbero migliorare il funzionamento della macchina della giustizia, in modo da arrestare il declino del sistema e riproporre in una collocazione adeguata al prestigio della tradizione giuridica italiana e al ruolo politico ed economico che svolge il Paese nel quadro in9 Consiglio Nazionale Forense, Seminario svolto nell’ambito del Salone della Giustizia, Rimini, 4-6 dicembre 2009.

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ternazionale. Si tratta di un vero e proprio laboratorio10 che richiede grande attenzione istituzionale, disponibilità personale, ed impegno intellettuale. Siamo ancora all’interno di un “cantiere aperto”, dal momento che si debbono completare i segmenti costituiti dalla semplificazione dei riti e dal processo amministrativo11 (oltre che la revisione del codice penale e di procedura penale). Dobbiamo capire come si modellerà il passaggio dal testo alla sua applicazione: il varo delle nuove regole richiederà ancora un po’ di tempo perché il nuovo apparato possa assestarsi adeguatamente ed comprensibile che ogni innovazione, che pone a carico della difesa ritmi serrati e decadenze perigliose, debba essere vagliata con cura, specie se le disposizioni transitorie sono formulate in modo complesso. Il rito sommario di cognizione, la cui previsione ha già dato luogo a divergenze interpretative, non è stato ancora sperimentato – a quanto ci risulta – in tutte le sedi e con quella frequenza che si poteva inizialmente immaginare. Il sistema del “filtro in cassazione” – tema al quale è stato dedicato un interessante convegno internazionale in collaborazione con la Suprema Corte12 – richiederà una fase sperimentale complessa, nella quale dispiegherà il suo ruolo la sesta sezione della Corte. Il controllo della ammissibilità dei ricorsi sulla base della conformità della pronuncia impugnata all’orientamento della Corte potrà essere svolto compiutamente solo con il contributo di tutti gli operatori del diritto: Avvocatura e Accademia sono in prima linea nel definire, insieme con i giudici, le migliori opzioni interpretative13. È con questi intenti che si svolgerà il V Congresso nazionale di aggiornamento forense, che si aprirà proprio domani nel Consiglio Nazionale Forense, Le modifiche al codice di procedura civile, Napoli, 2010; ma v. anche gli atti dei seminari raccolti nei CD a disposizione degli Ordini forensi. 11 Sul punto v. il parere reso dal CNF e le audizioni parlamentari. 12 Corte di Cassazione-Consiglio Nazionale Forense, Giurisdizioni di legittimità e regole di accesso nell’esperienza europea, Roma, 5 marzo 2010. 13 In materia il CNF ha raccolto molti interventi pubblicati nelle collane editoriali e nei CD a disposizione degli Ordini forensi. 10

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Complesso di S. Spirito in Sassia14. E questo è uno dei meriti della riforma dell’ordinamento giudiziario che ha sancito formalmente la collaborazione tra il CNF e il vertice della Magistratura con la istituzione del consiglio direttivo della Corte di Cassazione. Ringrazio la Suprema Corte e il suo Presidente per il dialogo costante e per la cooperazione proficua che si è potuta instaurare con il Consiglio. La legislazione speciale ha introdotto anche l’azione di classe per il risarcimento del danno in alcuni settori del diritto privato e l’azione di classe proposta nei confronti dei gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità. Anche questo è un aspetto rilevante del disegno riformatore, perché adegua il nostro ordinamento processuale a quello dei più avanzati Paesi europei: l’avvocato assisterà i soggetti che promuovono l’azione di classe, ma, anche se la normativa non ha ritenuto necessario il suo ministero in favore degli aderenti, potrà essere senz’altro utile il suo intervento per far sì che quanti aderiscano all’azione possano valutarne la convenienza e i rischi. Rispetto alle altre innovazioni, quella che impegnerà maggiormente gli Ordini, e pure il CNF, è la mediazione mediante conciliazione obbligatoria. La conciliazione obbligatoria, secondo il testo del decreto approvato alcuni giorni fa, è affidata ad organismi privati, creati anche dagli ordini professionali: per quanto riguarda l’Avvocatura, alcuni organismi di conciliazione forense sono già operanti, molti altri sono in fase di istituzione; l’innovazione è stata accolta con impegno dall’Avvocatura, che con questa funzione intende cooperare in modo fattivo e concreto al risanamento dei mali della giustizia. Collocati presso le sedi dei tribunali, gli organismi di conciliazione forense costituiscono infatti lo strumento naturale per risolvere le liti; essi saranno affidati agli avvocati, i quali svolgeranno quindi un duplice ruolo, fungendo, a seconda delle loro competenze, da conciliatori ovvero da difensori. Gli Ordini dovranno 14 Consiglio Nazionale Forense, V Congresso di aggiornamento forense, Roma 11-13 marzo 2010.

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allestire apposite cancellerie, con personale adeguato, e formare i conciliatori, sempre che non si ritenga, come auspicato, che possano essere qualificati come tali gli avvocati iscritti all’albo da un periodo di tempo adeguato. Il Consiglio nazionale ha predisposto una task force per fronteggiare il primo impatto e per sovvenire gli ordini nel gravoso impegno – umano, finanziario, organizzativo – che dovrà essere sopportato. È stata costituita una rete degli organismi di conciliazione forense, la redazione di modelli operativi, di corsi di informazione; il Consiglio opererà anche attraverso le sue Fondazioni, ed ha già avviato la procedura amministrativa per essere iscritto nell’elenco degli enti formatori, al fine di poter contribuire, con la qualificazione degli avvocati che eserciteranno questa funzione, a migliorare l’assetto della macchina giudiziaria. La riduzione dei tempi di attuazione della riforma in materia di mediazione – dai diciotto mesi previsti nel primo progetto ai dodici dell’attuale testo – complicherà le cose; la obbligatorietà della conciliazione implicherà un impegno ulteriore degli avvocati e degli organismi; l’ampiezza dei settori inclusi provocherà un rallentamento dei processi; ci auguriamo che questi metodi – imposti legislativamente perché poco radicati nella nostra esperienza – e, per la verità, sperimentati con successo negli altri Paesi d’Europa e promossi dagli organi dell’Unione Europea al fine di ampliare l’accesso alla giustizia con le small claims15 piuttosto che non deflazionare il ricorso all’A.G.O., possano sortire l’effetto sperato.

Istruttivi sono gli atti del primo colloquio indetto dall’allora Commissione delle Comunità europee a Montpellier nei giorni 10-12 dicembre 1975, pubblicati con il titolo Les moyens judiciaires et parajudiciaires de la protection de consommateurs (Montpellier, 1976). 15

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3. La riforma della professione forense E vengo ora all’altra importante riforma, che ha un nesso indissolubile con quella della giustizia: la riforma della professione forense. Il testo, contiene alla sua base molte proposte dell’Avvocatura unita, è stato approvato in commissione al Senato; finalmente, dopo più di sessant’anni (le prime richieste di aggiornamento della disciplina già erano affiorate nel primo congresso del dopoguerra16) il legislatore ha varato una iniziativa che potrebbe davvero migliorare l’attività giudiziale e stragiudiziale degli avvocati. Ci auguriamo che compia il suo corso in modo spedito, perché le innovazioni che propone, per formare i giovani che si avviano alla carriera mediante le Scuole forensi, per selezionare con criteri oggettivi i candidati, per contemplare le specializzazioni nell’ambito della qualificazione degli avvocati, assicurare l’effettività dell’esercizio dell’attività da parte degli iscritti agli albi, per introdurre un sistema di assicurazione obbligatoria della responsabilità contrattuale nei confronti dei clienti, per modificare il procedimento disciplinare accentuando la terzietà dei consigli di disciplina – cito solo i punti più qualificanti tra i molti che il progetto prevede – sono davvero significative e non rinviabili. Attesi i negativi risultati della soppressione delle disposizioni sulle tariffe minime obbligatorie e sul divieto del patto di quota lite, si è proposto di reintrodurre la disciplina abrogata; il Consiglio ha anche avviato un progetto di riformulazione delle tariffe, con l’intento di semplificarne la lettura, e di accorparne le voci17. Queste significative innovazioni promuovono la qualità della professione, connotato essenziale sia per sostenere la concorrenza sia – e soprattutto – per informare ad un codice etico più rigido i V. la ristampa degli atti nella Collana di studi di storia dell’avvocatura. A questo progetto sta lavorando la Commissione Tariffe; ovviamente il progetto sarà sottoposto al vaglio del Ministro Guardasigilli, che lo esaminerà alla luce dell’interesse pubblico. 16 17

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comportamenti dei “custodi dei diritti”. La competenza qualificata rafforza l’autonomia e l’indipendenza della Avvocatura, e perciò rafforza le basi della stessa democrazia. Contro gli obiettivi della riforma si sono letteralmente avventati coloro che temono che essa possa comportare un aumento dei costi dei servizi legali, coloro che la rappresentano come uno strumento di coesione e di rafforzamento del ruolo della categoria, coloro che, criticando i criteri di selezione, di accesso e di controllo della qualità, vorrebbero stemperare la funzione dell’avvocato nella semplice prestazione di servizi, equiparabile quindi ad una qualsiasi attività economica18. Al testo si è imputato di essere venato di istanze corporative e di essere veicolo di privilegi anticoncorrenziali19. E tuttavia, se si pensa che oggi gli avvocati iscritti agli albi sono più di 230.000 è ben difficile pensare che vi sia scarsa dinamica competitiva, e d’altra parte la selezione all’accesso non è tanto diretta alla tutela degli interessi di quanti già sono entrati a far parte della categoria quanto piuttosto a completare l’iter culturale iniziato all’Università, a provvedere gli aspiranti di quella formazione professionale di base necessaria per esercitare una funzione delicata e rischiosa che coinvolge gli interessi familiari e patrimoniali degli assistiti, a richiedere a chi è iscritto una competenza adeguata. Ai custodi dei diritti si vuol garantire anche una vecchiaia dignitosa, aspirazione della riforma della previdenza forense, approvata con tante difficoltà, ma finalmente approdata in un porto sicuro20.

18 Ciò nonostante il tenore della Direttiva servizi (2006/123/CE del 12.12.2006) che distingue le prestazioni aventi natura intellettuale dalle prestazioni aventi altra natura. 19 V. le osservazioni del CNF alla segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 21.9.2001, in appendice. 20 UBERTINI, Un “patto” con le nuove generazioni di avvocati per rafforzare uno dei pilastri della professione, in Guida al diritto, Dossier. Le nuove pensioni degli avvocati. Vademecum della professione forense, n. 1, febbraio 2010, p. 5.

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4. Le nuove tecnologie La sfida tecnologica impegna la diuturna attività dell’avvocato e degli uffici giudiziari: l’attivazione del processo telematico in alcune sedi ha rivelato da un lato la grande utilità di questi mezzi, dall’altro la complessità dell’adeguamento dell’intero sistema, non solo per il suo costo economico ma anche per gli ostacoli di natura prettamente tecnica che essi implicano. Il CNF, attraverso i suoi organi, ha messo a punto un progetto articolato in diversi obiettivi: oltre alla autenticazione della firma elettronica degli avvocati, ha istituito in collaborazione con la Corte di Cassazione un sistema di accesso telematico ai dati dei registri di cancelleria, e sta predisponendo l’Albo nazionale telematico degli Avvocati, ai sensi del d.lg. 29.12.2009 n. 193, recante misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia. Pur trattandosi di provvedimenti che concernono aspetti limitati, riguardando le notifiche, la pubblicità, le comunicazioni fra i diversi uffici della Pubblica Amministrazione e il procedimento esecutivo, tuttavia essi sono un chiaro segno della volontà del Governo e del Parlamento di portare a compimento la informatizzazione degli uffici giudiziari e del processo telematico. Il Consiglio sosterrà tutte le iniziative che possano condurre nel minor tempo possibile alla conclusione del procedimento di informatizzazione dei fascicoli e del processo civile. 5. Il contesto europeo e mediterraneo Certo, la globalizzazione dell’economia e la dinamicità dei rapporti richiedono l’abbandono della vecchia immagine dell’avvocato che lavorava in modo solitario nel suo piccolo ufficio, lo “scagno” di genovese memoria assimilato nell’immaginario collettivo alle piccole beghe di provincia. La diffusione dei rapporti instaurati con le Quaderni

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tecniche informatiche, l’integrazione del mercato europeo, la libera circolazione dei professionisti, accompagnate dal pluralismo delle fonti, dalle prassi contrattuali internazionali, persino da progetti di codificazione europea21 hanno mutato completamente il lavoro dell’avvocato e lo hanno svincolato dal suo radicamento territoriale. Diverse anime tuttavia coabitano il corpo dell’avvocatura europea, e la dialettica tra loro istaurata presenta tutti i riflessi del dibattito che è divampato anche nella nostra esperienza proprio nel corso dell’anno da poco concluso22. C’è l’anima che aspira ad uniformarsi alla concezione liberista, alla quale vuol ricondurre, sotto l’usbergo della parola “libertà”, tutte le tematiche della concezione imprenditoriale della professione forense. È la linea difesa, con diverse prospettive, ovviamente, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dai grandi centri di potere economico, e da alcune frange dell’Avvocatura stessa. Il “Rapporto Longuet”, or ora diffuso in Francia, muove appunto dalla definizione di “attività liberale” per superare gli ostacoli alla aggregazione di professionalità diverse non solo interdisciplinari (finalità auspicabile nell’interesse dei clienti e degli stessi professionisti, e già praticata in Italia) ma connotate dalla sola appartenenza alla categoria dei servizi. Non si tratta, come ognun vede, di aggregare competenze professionali, e migliorare il servizio con il mutuo arricchimento culturale e pratico; piuttosto di una occasionale convivenza di operatori che accumulano, giustappongono, ma non amalgamano il “prodotto” consegnato al cliente. Per ottenere questo risultato si passa dalla definizione concettuale di professione forense trasfusa in quella normativa di attività liberale, si modifica la terminologia 21 V. i seminari del CNF i cui atti sono pubblicati nei volumi segnalati in appendice e nei CD a disposizione degli Ordini forensi; e da ultimo AA.VV. Draft Common Frame of References, a cura di Alpa, Iudica, Perfetti, Zatti, Padova, 2009. 22 L’intenso lavoro della Commissione per i rapporti internazionali è illustrato in appendice.

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legislativa e quindi si svuota del suo contenuto tradizionale ed autentico l’attività forense in senso proprio. Anche la crisalide nella quale si svolge l’attività forense viene trasformata: vi si auspica la creazione di società di capitali con l’ingresso di soci non professionisti, senza alcuna preoccupazione per la salvaguardia della indipendenza, dell’autonomia e pure del segreto professionale. E si propone di travolgere uno dei principi basilari della nostra professione: la prevenzione del conflitto d’interessi, quasi che la fittizia inclusione di “Chinese walls” all’interno dello studio fosse sufficiente ad assicurare che gli avvocati tra loro associati, difensori di parti tra loro in conflitto, mantengano la loro imparzialità e non siano contaminati da aspirazioni lucrative non commendevoli. La crisi economica e la concorrenza indifferente alle regole etiche implicano al contrario che siano rafforzati i presidi deontologici. L’anima che noi avvertiamo come connaturale alla nostra professione, e con noi l’avvertono gli avvocati francesi che combattono i propositi del Rapporto Longuet, così come gli avvocati tedeschi, belgi, greci, è l’anima che intende la professione forense come un’attività intellettuale ispirata a principi di dignità, decoro, competenza unite alla autonomia e alla indipendenza. Non è facile pervenire, in queste condizioni, alla redazione di un codice deontologico comune23. Una professione trasparente – a questo risultato punta la istituzione dell’Albo nazionale prevista dal d.lgs. 29 dicembre 2009 – che milita per la difesa dei diritti, non per la mera creazione di profitti: i “mercanti del diritto” non esprimono la realtà e l’anima dell’Avvocatura italiana. E per venire proprio a questo aspetto, stiamo celebrando, con tante iniziative, i sessant’anni della Convezione europea per la salvaIl codice deontologico comune sarà oggetto di discussione nei prossimi incontri di Roma e Marsiglia. 23

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guardia dei diritti umani. La Convenzione deve essere collocata nel contesto delle corti internazionali, nel loro “dialogo”, e nel sistema di cooperazione giudiziaria instaurato nell’ambito dell’Unione europea24. L’ambito mediterraneo favorisce il ruolo trainante dell’Avvocatura italiana: ad essa è stato affidato il compito di intermediare tra le Avvocature europee e quelle dei Paesi dell’Africa settentrionale, della sponda adriatica e del Medio Oriente, in uno spirito di colleganza, di ricerca degli obiettivi di comune interesse, di scambi di esperienze professionali. 6. I diritti umani L’art. 2 del Trattato di Lisbona entrato in vigore il 12 dicembre 2009 suggella i valori impressi all’Unione e quindi a tutti i Paesi che di essa fanno parte: la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’eguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Sono principi che informano una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità dei sessi. Sono principi condivisi dalla nostra Carta costituzionale, tra di essi ci muoviamo con familiarità, memori del passato e consapevoli dei grandi sacrifici che gli Italiani hanno dovuto affrontare per approdare alla nuova Costituzione. Questa enunciazione di grande apertura e di grandi speranze viene ribadita dal Trattato di Lisbona all’art. 6, con il quale si riconoConsiglio Nazionale Forense, L’essenza della democrazia, Roma, 2010 (in corso di stampa); ma v. anche CASSESE (S.), I tribunali di Babele, Roma, 2009; CASSESE (A.), I diritti umani oggi, Roma-Bari, 2009; RODOTÀ, L’età dei diritti al crepuscolo?, Relazione al convegno di “Italia civile”, per il centenario di Norberto Bobbio, Torino, 15.10.2009 (in corso di pubblicazione). 24

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scono i diritti, le libertà e di principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alla quale si conferisce lo stesso valore giuridico dei trattati. Ma qui dovrebbe finire, secondo alcuni, la portata innovativa del Trattato di Lisbona. Innanzitutto, perché – secondo un indirizzo – la Carta fondamentale, non essendo stata in esso incorporata, non avrebbe ancora la funzione di carta costituzionale europea; inoltre perché essendo equiparata, ma non anteposta e quindi non sovraordinata ai Trattati, i valori da essa propugnati dovrebbero essere soppesati e contemperati con i valori dei Trattati – mi riferisco in particolare al problema dei rapporti tra valori della persona (e del lavoro, dipendente e autonomo) – e le esigenze della concorrenza. Infine, perché le regole sarebbero destinate agli organi comunitari e agli Stati ma non avrebbero rilevanza orizzontale e quindi non sarebbero applicabili ai rapporti tra privati. A ciò si aggiunga che l’adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali non implicherebbe la inclusione di quei valori e di quei diritti nell’ambito dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta europea e dai principi generali dell’Unione. Questa interpretazione non è accettabile, e gli avvocati italiani che hanno a cuore i diritti della persona si faranno paladini di una interpretazione più estensiva, e “umana”. È evidente che il richiamo alla dignità umana, contenuto nelle regole che aprono il Trattato di Lisbona implica una gerarchia di valori; che la citazione dei diritti umani intesi come principi generali dell’ordinamento comunitario – come ben precisa l’art. 6 del trattato – istituisce una fonte primaria con cui si debbono coordinare le regole dei Trattati; il riconoscimento di questo ruolo alla Carta siglata a Nizza e l’adesione alla Convenzione europea divengono quindi un rafforzativo della interpretazione estensiva che rende non solo gerarchicamente prioritari i valori della persona, ma li pone anche al fondamento degli stessi rapporti tra privati. Quaderni

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Numerose sono state le iniziative che hanno segnato nel 2009 il percorso della promozione dei diritti umani nel nostro Paese grazie alle iniziative del Consiglio nazionale forense. Ancor più numerose quelle dell’anno in corso: dal seminario sulla cittadinanza europea a quello dei diritti fondamentali nella giurisprudenza delle Corti, a quello sul Trattato di Lisbona, a quelli organizzati per le Scuole forensi, a quello sulle esperienze del Mediterraneo. Gli avvocati italiani sono pronti a raccogliere la sfida. In questo contesto possiamo leggere anche le iniziative che riguardano la discriminazione razziale, in particolare la discriminazione antisemita25. L’anniversario della Carta europea dei diritti umani sottolinea ancor più l’esigenza di vegliare sulle persistenti discriminazioni. Da alcuni anni il Consiglio si è fatto scrupolo di recuperare dall’oblìo della memoria la vicenda della cancellazione dagli albi degli avvocati ebrei, delle difficoltà portate dalla perdita del lavoro unite alla persecuzione e delle difficoltà incontrate dai sopravvissuti nel reinserimento nel tessuto sociale ed economico. Ricerche storiche, trattazioni seminariali, esposizioni museali hanno accompagnato e accompagneranno questo percorso della memoria, che non ha certo il significato di un impossibile riscatto ma almeno il segno dell’omaggio. Le discriminazioni per la religione professata, per l’etnìa e la cultura si accompagnano, nella sofferta società odierna, a quelle sul lavoro. Di qui l’impegno del Consiglio nazionale forense per la promozione e lo sviluppo delle Pari opportunità26.

25 Quest’area di ricerca è stata esplorata solo in una piccola parte: v. MENICONI, La ”maschia avvocatura”. Istituzioni e professione forense in epoca fascista (1922-1943), Bologna, 2007; Le leggi razziali e gli avvocati italiani. Uno sguardo in provincia, a cura dell’Ordine degli Avvocati di Pisa e della Scuola Superiore dell’Avvocatura, atti del seminario organizzato il 20.2.2009, Pisa, 2009. 26 V. i diversi Protocolli d’intesa siglati dal CNF con le altre Istituzioni, e la relazione della CPO.

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7. Conclusione Viviamo in un’epoca di transizione, in cui si delineano nuovi valori, nuove esigenze, e quindi nuove categorie. È difficile decifrare il tutto con distacco e lucidità: essendo coinvolti, in qualche momento persino travolti, dagli eventi, non è facile antivedere il futuro. Il nostro futuro è affidato alle riforme, in particolare alla riforma della professione forense, che proprio oggi è stata oggetto di discussione di tutte le componenti dell’Avvocatura, riunite in assise per sollecitarne l’approvazione urgente. Torno a sottolineare che non sono le istanze corporative quelle che muovono la protesta dell’Avvocatura, ma piuttosto il timore che i ritardi possano arrecare danni irreparabili. Queste riforme, e le altre che sono attese dal Paese, ci consentiranno di “prestare un servizio efficiente per i cittadini” – come ha richiesto con parole vibrate il Presidente della Repubblica in tanti frangenti, e ancora di recente in occasione del saluto augurale delle alte Magistrature e nella rievocazione di Enrico De Nicola, avvocato, Padre costituente, primo Capo dello Stato. È appunto seguendo l’insegnamento di Enrico De Nicola, di Piero Calamandrei, di Giuliano Vassalli e degli altri grandi avvocati che hanno dato prestigio alle istituzioni e onorato il libero Foro che confermo a tutti Loro l’impegno dell’Avvocatura nel continuare, con abnegazione, con senso di responsabilità, con partecipazione attiva e generosa a prestare il suo servizio per assicurare il migliore funzionamento del sistema di amministrazione della giustizia e con ciò contribuire a dare una nuova prosperità al nostro Paese.

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Risposte alle domande più frequenti sulla formazione a cura di NICOLA BIANCHI* 1. Da quando decorre l’obbligo formativo? Ai sensi dell’art. 2 del regolamento per la formazione continua, decorre dal primo gennaio dell’anno solare successivo a quello d’iscrizione all’albo; per il praticante abilitato al patrocinio in possesso del certificato di compiuta pratica, invece, l’obbligo formativo decorre dall’anno solare successivo al rilascio del certificato. 2. Sono un avvocato iscritto all’albo ma non esercito la professione, sono obbligato ad adempiere all’obbligo di formazione continua? L’obbligo della formazione continua sussiste per il solo fatto dell’iscrizione all’albo, al di là dell’esercizio oggettivo della professione forense. L’art. 1 del Regolamento individua al primo comma i soggetti destinatari delle disposizioni nell’avvocato iscritto all’albo e nel praticante con patrocinio. Quanto al primo, l’inciso iscritto all’albo e la mancanza di un richiamo all’esercizio effettivo dell’attività professionale, stanno a significare che l’obbligo di formazione continua sussiste per il solo fatto dell’iscrizione nell’albo a prescindere dalla circostanza che rifletta, o meno, un esercizio in atto dell’attività e perciò anche se quest’ultima, oltre al caso in cui non è svolta, sia marginale, episodica, discontinua. * Consigliere Nazionale Forense – Coordinatore della Commissione per l’assegnazione dei crediti formativi.

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Fermo il principio generale, l’eventuale mancato esercizio professionale può eccezionalmente rilevare ai fini dell’esenzione dall’obbligo formativo solo nei casi ed alle condizioni previste dall’art. 5 e cioè – per quanto qui rileva – quando si tratti di interruzione dell’attività non inferiore a sei mesi, o di suo trasferimento all’estero, sempre che l’interessato ottenga, su sua specifica e motivata richiesta, un’espressa ed altrettanto motivata dispensa, totale o parziale, da parte del Consiglio dell’ordine. 3. Sono un praticante avvocato con patrocinio e certificato di compiuta pratica. Sono obbligato ad adempiere all’obbligo di formazione continua? L’art. 1 del Regolamento per la formazione continua individua al primo comma come soggetti destinatari delle disposizioni del Regolamento sia l’avvocato iscritto all’albo sia il praticante con patrocinio. La relativa abilitazione, negli affari in cui è riconosciuta la competenza, conferisce lo ius postulandi pieno ed effettivo. Ai sensi dell’art. 2 del Regolamento per la formazione continua, per il praticante abilitato al patrocinio, invece, l’obbligo formativo decorre dall’anno solare successivo al rilascio del certificato di compiuta pratica. Dunque l’obbligo formativo può, come no, coincidere col momento dell’iscrizione dell’interessato nello speciale registro degli abilitati al patrocinio. Infatti: • coincidenza vi è se l’iscrizione avviene in momento coevo, o successivo, al rilascio del certificato di compiuta pratica; • non vi è coincidenza se l’iscrizione avviene nel corso del secondo anno di pratica quando, pur essendo ciò possibile, l’interessato non ha ancora ottenuto il certificato di compiuta pratica. Nel primo caso, l’obbligo formativo nasce nel momento stesso dell’iscrizione nel registro degli abilitati; nel secondo è differito al giorno del rilascio del certificato. Quaderni

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4. Quanti crediti devo maturare nel triennio formativo di riferimento? Il periodo di valutazione dell’obbligo formativo, ai sensi dell’art. 2 del Regolamento per la formazione continua, decorre dal primo gennaio dell’anno solare successivo a quello d’iscrizione all’albo o dell’anno solare successivo al rilascio del certificato di compiuta pratica. La circolare 10 aprile 2009 n° 12-C-2009 chiarisce il regime applicabile al periodo transitorio. Nel caso d’iscrizione all’albo nell’anno solare 2008, l’obbligo formativo decorre dal 1° gennaio 2009, dovranno essere maturati nell’arco del triennio almeno 68 crediti formativi (di cui almeno 9 in materia di ordinamento forense, previdenza e deontologia) con un minimo di: • 12 crediti per il 2009; • 18 crediti per il 2010; • 20 crediti per il 2011. Nel caso d’iscrizione all’albo nell’anno solare 2009, l’obbligo formativo decorrerà dal 1° gennaio 2010 e dovranno essere maturati nell’arco del triennio almeno 83 crediti formativi (di cui almeno 12 crediti formativi in materia di ordinamento professionale e previdenziale e di deontologia) con un minimo: • 18 crediti per il 2010; • 20 crediti per il 2011; • 20 crediti per il 2012. Dal 1 gennaio del 2011 coloro che si iscriveranno all’albo nell’anno solare in corso, dovranno conseguire dal 1 gennaio dell’anno solare successivo, nell’arco del triennio almeno 90 crediti formativi (di cui almeno 15 in materia di ordinamento professionale e previdenziale e di deontologia) con un minimo di 20 crediti per anno. 5. Sono iscritto all’Ordine degli avvocati di X posso partecipare ad un corso accreditato dal Consiglio dell’ordine di Y? Uno dei principi fondanti l’impianto del Regolamento è la libertà

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di scelta dell’evento e delle iniziative formative da parte del singolo nell’adempimento del proprio obbligo formativo (art. 2, comma 4 Regolamento per la formazione continua). Tale libertà non è solo relativa al tipo e contenuto dell’evento ma anche al luogo; è una c.d. “libertà geografica”. Ai fini del riconoscimento del credito formativo, l’iscritto può partecipare a qualsiasi evento formativo promosso od organizzato, ovvero preventivamente accreditato, da qualsiasi Consiglio dell’ordine locale secondo la rispettiva competenza. La vigilanza sull’adempimento dell’obbligo formativo compete, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento, ai Consigli locali dell’Ordine degli avvocati, in ragione del Foro di appartenenza di ogni avvocato partecipante all’evento, sarà cura di ciascuno degli intervenuti adeguatamente documentare, se richiesto, sia la valutazione di utilità dell’evento sia la durata della partecipazione di ognuno allo stesso. 6. Quale sanzione è prevista in caso di mancato assolvimento dell’obbligo formativo? Il regolamento per la formazione professionale continua prevede all’art. 6 comma 2 e 3 che il mancato adempimento dell’obbligo formativo e la mancata o infedele certificazione del percorso formativo seguito costituiscono illecito disciplinare. La sanzione è commisurata alla gravità della violazione. Non è, dunque, prevista una sanzione predefinita, in coerenza con l’art. 2 del codice deontologico forense secondo cui “Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche. Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione”. Appare ragionevole ritenere inapplicabili alla violazione dell’ob-

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bligo formativo, in sé considerata, le sanzioni più gravi previste dalla legge professionale. 7. Le iniziative formative promosse sul mercato sono molto care, a quali eventi posso partecipare? Il Regolamento prevede nel pieno rispetto della concorrenza, cui si ispira la stessa libertà di scelta dell’iscritto nell’organizzazione del proprio percorso formativo, che le iniziative formative possano essere organizzate e promosse da enti, associazioni, istituzioni, organismi pubblici, o privati, anche con finalità di lucro. È prevista la possibilità, per chi non voglia o non possa fruire di eventi formativi a pagamento, di adempiere comunque il suo obbligo tramite partecipazione agli eventi formativi organizzati gratuitamente dai singoli Consigli dell’Ordine. Funzione ulteriore (oltre quella primaria) del Regolamento è di garantire un processo formativo sviluppato in condizioni di pari opportunità di accesso, senza ostacoli all’esercizio del diritto alla libera scelta. In linea con tale principio il Consiglio nazionale forense ed i Consigli dell’Ordine territoriali favoriscono la formazione gratuita in misura tale da consentire a ciascun iscritto l’adempimento dell’obbligo formativo, realizzando eventi formativi non onerosi, allo scopo determinando la contribuzione richiesta ai partecipanti col limite massimo del solo recupero delle spese vive sostenute. 8. Quanti crediti formativi vengono attribuiti per la partecipazione ad un’iniziativa formativa della durata di una giornata? Il criterio di attribuzione previsto dal Regolamento è di 1 credito formativo per ogni ora di effettiva partecipazione. Ogni evento o attività formativa può attribuire crediti formativi nei limiti previsti dagli artt. 3, comma 2, e 4, comma 2 del Regolamento.

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9. Sono un professore ordinario ho diritto all’esonero dall’obbligo formativo? L’art. 5 comma 1 del Regolamento prevede l’esonero dei docenti universitari di prima e seconda fascia e dei ricercatori universitari con incarico di insegnamento in materie giuridiche dall’assolvimento dell’obbligo formativo. Tuttavia tale dispensa non è totale; l’obbligo formativo infatti residua per l’aggiornamento in materia deontologica, previdenziale e di ordinamento forense. 10. Quali sono i casi di esonero dall’obbligo formativo? Le situazioni soggettive previste nei commi primo e secondo dell’art. 5 costituiscono causa di esonero dall’obbligo formativo. Il comma 1 del Regolamento prevede l’automatico esonero dei docenti universitari di prima e seconda fascia e dei ricercatori universitari con incarico di insegnamento in materie giuridiche dall’assolvimento dell’obbligo formativo. Ai sensi del comma 2 il Consiglio dell’ordine di appartenenza dell’iscritto, su domanda dell’interessato, può esonerare, anche parzialmente determinandone contenuto e modalità, l’iscritto dallo svolgimento dell’attività formativa, nei casi di: • gravidanza, parto, adempimento da parte dell’uomo o della donna di doveri collegati alla paternità o alla maternità in presenza di figli minori; • grave malattia o infortunio od altre condizioni personali; • interruzione per un periodo non inferiore a sei mesi dell’attività professionale o trasferimento di questa all’estero; • altre ipotesi indicate dal Consiglio nazionale forense. Il Consiglio dell’ordine può altresì dispensare dall’obbligo formativo, in tutto o in parte, l’iscritto che ne faccia domanda e che abbia superato i 40 anni di iscrizione all’albo, tenendo conto, con decisione motivata, del settore di attività, della quantità e qualità della sua attività professionale e di ogni altro elemento utile alla valutazione della domanda. Quaderni

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L’esonero dovuto ad impedimento può essere accordato limitatamente al periodo di durata dell’impedimento. Nel caso di dispensa parziale, con lo stesso provvedimento che l’accorda il Consiglio dell’ordine determina la misura dei crediti formativi residui avuto riguardo alla durata dell’esonero, al suo contenuto ed alle sue modalità. 11. Quale Consiglio dell’ordine locale è competente ad accreditare un’iniziativa formativa ai fini e per gli effetti del Regolamento per la formazione professionale continua? Le iniziative formative previste dagli artt. 3 e 4 del Regolamento, ossia gli “eventi formativi” e le “attività formative”, utili ai fini della formazione professionale continua, devono essere oggetto di preventivo accreditamento da parte del Consiglio nazionale forense o del Consiglio dell’ordine locale secondo le rispettive competenze. L’accreditamento è concesso dal Consiglio nazionale forense quando si tratta di eventi seriali, destinati, cioè, ad essere replicati più volte nello stesso modo in più circondari, o distretti, o da svolgersi all’estero. Per poter essere considerato seriale e, dunque, di competenza del Consiglio nazionale forense, l’iniziativa formativa, oltre a doversi svolgere in almeno due realtà territoriali, deve mantenere invariato il programma e non modificare, se non marginalmente, i relatori, assicurando uniformità scientifica, qualità e continuità formative. In tutti gli altri casi l’accreditamento dell’iniziativa è di competenza del Consiglio dell’ordine locale dove questa ha svolgimento. I commi 4 e 5 dell’art. 2 del Regolamento prevedono che il professionista possa liberamente scegliere le iniziative formative alle quali partecipare purché rientranti tra quelle attributive di crediti formativi. Tale libertà non è solo relativa al tipo e contenuto dell’iniziativa ma anche “geografica”, poiché l’iscritto può partecipare a qualsiasi iniziativa sull’intero territorio nazionale o all’estero, organizzata o accreditata dal Consiglio dell’ordine del luogo in cui si svolge o dal Consiglio nazionale forense secondo le rispettive competenze.

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Nota sulla mediazione L’obbligo di informativa previsto dall’art. 4, 3° comma del d.lgs. n. 28/2010 1. La previsione di legge L’art. 4, 3° comma del d.lgs. n. 28/2010 dispone che: «all’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione». La previsione entrerà in vigore il 20 marzo prossimo e a tal fine, per gli incarichi assunti a partire da tale data, sarà necessario predisporre la modulistica necessaria all’adempimento dell’obbligo di legge. Si precisa che l’informazione dovrà essere fornita tanto alla parte attrice che a quella convenuta.

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2. Le modalità di informazione e i contenuti necessari L’informazione deve essere fornita per iscritto contestualmente all’atto di conferimento dell’incarico. In tale momento l’Avvocato dovrà informare l’assistito: a) della possibilità di giovarsi del procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 per tutte le controversie relative a diritti disponibili; b) dell’obbligo di utilizzare il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010, ovvero per le materie ivi contemplate, i procedimenti previsti dal d.lgs. n. 179/2007 o dall’art. 128-bis del d.lgs. n. 38571993 e successive modificazioni, in quanto condizione di procedibilità del giudizio, per le controversie relative a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. c) delle agevolazioni fiscali previste dagli artt. 17 e 20 del d.lgs. n. 28/2010 a favore di quanti facciano ricorso al procedimento di mediazione. Ed in particolare che: - ai sensi dell’art. 17, 2° comma, «tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura»; - ai sensi del 3° comma della medesima disposizione, «il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente»; - ai sensi del 5° comma della medesima disposizione «quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle

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condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato»; - ai sensi dell’art. 20, 1° comma «alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà». Il documento che contiene l’informazione deve essere sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo del giudizio. 3. Modello di informativa valido sia per le controversie per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità, sia per le controversie per le quali la mediazione è facoltativa Si propone un modello di informativa, distinto dall’atto di conferimento della procura delle liti, relativo sia alle controversie per le quali il ricorso alla mediazione costituisce condizione di procedibilità del giudizio; sia alle controversie in cui l’utilizzo della procedura è, al contrario, meramente facoltativa.

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Io sottoscritto ______________________________________________ dichiaro di essere stato informato dall’Avv. ________________________, in ossequio a quanto previsto dall’art. 4, 3° comma del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28,

1. della facoltà di esperire il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 per tentare la risoluzione stragiudiziale della controversia insorta tra me e ________________________________(indicazione della controparte) in relazione a ________________________(indicazione della lite); nonché dell’obbligo di utilizzare il procedimento di mediazione previsto dal d.lgs. n. 28/2010 (ovvero per le materie ivi contemplate, i procedimenti previsti dal d.lgs. n. 179/2007 e dall’art. 128-bis del d.lgs. n. 38571993 e successive modificazioni), in quanto condizione di procedibilità del giudizio, nel caso che la controversia sopra descritta sia relativa a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. 2. della possibilità, qualora ne ricorrano le condizioni, di avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato per la gestione del procedimento; 3. dei benefici fiscali connessi all’utilizzo della procedura, ed in particolare: a) della possibilità di giovarsi di un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’Organismo di mediazione fino a concorrenza di 500 euro, in caso di successo; credito ridotto della metà in caso di insuccesso e delle circostanze che: b) tutti gli atti, documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura; c) che il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro e che in caso di valore superiore l’imposta è dovuta solo per la parte eccedente. Luogo e data, (Sottoscrizione dell’assistito) (Sottoscrizione dell’Avvocato)

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Si consiglia infine di indicare nell’atto di conferimento della procura il riferimento all’avvenuta informazione, secondo lo schema che segue: Modello di procura alle liti «Il sottoscritto _______________________ nato a __________________ il ____________ e residente a __________________________________ in Via _______________________ n.____ C.F._____________________, informato ai sensi dell’art. 4, 3° comma, del d.lgs, n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da atto allegato, delega a rappresentarlo e difenderlo…».

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Giurisprudenza sulla formazione permanente di AUGUSTO CONTE

Sul n. 2/2009 di QUADERNI è stata pubblicata la sentenza del TAR Lazio, Sezione Terza, 20.5/17.7.2009, n. 7081 con la quale sono stati affermati, per la prima volta in sede giurisdizionale, alcuni principi con i quali, tra gli altri, è stato stabilito che il Consiglio Nazionale Forense e i Consigli dell’Ordine possono stabilire prescrizioni sulla formazione, in quanto, disciplinandone l’obbligo per gli avvocati, non viene introdotto un ulteriore requisito di permanenza negli Albi. La formazione, secondo il TAR Lazio è vincolante e rilevante deontologicamente anche in attuazione della norma contenuta nell’art. 38, R.D.L . 27.11.1933, n. 1578; peraltro, l’obbligo formativo è a forma libera e non vincolata. Il TAR Lazio ha anche stabilito che la formazione è a carico degli iscritti e che la richiesta del costo di partecipazione non importa una imposizione patrimoniale, sia per la libera scelta dei partecipanti, sia per la modesta entità del “sacrificio”, sia, inoltre, perché il costo della formazione è destinato a coprire le spese dell’ente. Il TAR Lazio ha anche ritenuta la legittimità dell’accreditamento degli eventi formativi. Quanto alla “misura” del “credito formativo” lo stesso non è incongruo e irrazionale non consentendo la verifica in concreto del-

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l’efficacia dell’attività formativa sostenuta dall’iscritto, in quanto è prevista nei Regolamenti la sola partecipazione, con esclusione di qualsiasi valutazione del “profitto” tratto dal professionista. La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, 16.12.2009/1.2.2010, n. 2235, pubblicata in questa Rivista si è occupata della rilevanza disciplinare dell’obbligo formativo (la vicenda riguardava un Notaio che aveva parzialmente assolto l’obbligo formativo, acquisendo nel biennio 93 crediti sui 100 previsti, riportando la sanzione della censura), indicando alcuni principi sull’argomento e stabilendo che non opera l’occasionalità della mancanza (prevista quale esimente dal codice deontologico notarile), considerata la forma rigida e tipica del Regolamento sulla formazione; la Suprema Corte, come già deciso dal TAR Lazio, ha spiegato che l’obbligo formativo non costituisce un nuovo requisito per l’esercizio della professione. Non essendo stata chiesta la dispensa, non ricorrendone i presupposti, l’assenza non è giustificabile da alcun fatto di forza maggiore o caso fortuito, considerato che il professionista aveva svolto regolarmente l’attività professionale.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Roberto Preden Dott. Mario Finocchiaro Dott. Maurizio Massera Dott. Antonio Segreto Dott. Roberta Vivaldi

Presidente Rel. Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere

ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 14972-2009 proposto da: Sgolacchia Dalmazio, selettivamente domiciliato in Roma, via Del Banco di S. Spirito 48, presso lo studio dell’avvocato D’Ottavi Augusto, rappresentato e difeso dall’avvocato Stecconi Edoardo Maria, giusta procura speciale a margine del ricorso; ricorrente contro Consiglio Notarile di Ancona, Procuratore della Repubblica presso la Corte d’Appello di Ancona;

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intimati avverso la sentenza n. 6/2009 della Corte d’Appello di Ancona del 4.3.09, depositata il 23/03/2009; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16.12.2009 del Consigliere Relatore Dott. Mario Finocchiaro. È presente il P.G. in persona del Dott. Eduardo Vittorio Scardaccione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con pronuncia 5 novembre 2008 la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Notariato di Ancona ha applicato, a carico del notaio Sgolacchia Dalmazio la sanzione disciplinare della censura, avendo accertato l’illecito disciplinare consistito della omessa acquisizione del numero minimo (cento) crediti formativi per il biennio 2006-2007, da acquisirsi mediante partecipazione a apposite iniziative di formazione e aggiornamento, come previsto dagli articoli 1 e 9 del Regolamento per la Formazione Notarile, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato. Avverso tale pronunzia ha proposto gravame lo Sgolacchia ma la Corte di appello di Ancona, con sentenza 4-23 marzo 2009, ha rigettato il reclamo. Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 5 maggio 2009, ha proposto ricorso affidato a 3 motivi, con atto 29 giugno 2009 lo Sgolacchia. Non ha svolto attività difensiva in questa sede il Consiglio Notarile di Ancona. 2. Assumendo lo Sgolacchia che il mancato raggiungimento del plafond di crediti formativi integrava una mancanza a carattere occasionale e che – di conseguenza – non sussistevano i presupposti per la attivazione della potestà sanzionatoria, la Corte di appello di Ancona ha disatteso tale difesa evidenziando che se la occasionalità della mancanza, quale ragione di esclusione della sanzione, è previQuaderni

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sta in linea generale, per le violazioni previste dal codice deontologico notarile, il Regolamento sulla formazione professionale richiama l’art. 147 della legge notarile solo quoad poenam, mentre, per quanto riguarda i presupposti comportamentali dell’addebito, essi sono rigidamente e tassativamente definiti dal Regolamento stesso, e si identificano in forma tipica, con il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, senza riferimento alcuno al carattere abituale o occasionale della mancanza, definita in forma rigida e tipica. 3. Il ricorrente censura nella parte de qua la sentenza impugnata con il primo motivo. Con tale motivo il ricorrente, in particolare, il ricorrente denunzia violazione dell’art. 147 lett. b) della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dall’art. 30 del decreto legislativo 1° agosto 2006, n. 249 (in s. o. n. 184 alla G. U. 11 agosto, n. 186) e concomitante violazione degli art. 1 e 9 del Regolamento sulla formazione professionale permanente dei notai italiani, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato nel 2005. Formula, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. il ricorrente il seguente quesito di diritto: dica la Corte, promesso che il ricorrente era incorso per la prima volta nella violazione del Regolamento sulla formazione professionale permanente dei notai, se l’art. 147 legge notarile sia richiamato dall’art. 9 del citato regolamento [Regolamento sulla formazione permanente dei notai italiani] solo quoad poenam e cioè solo ai fini della applicazione delle sanzioni ivi previste, come ha ritenuto la Corte anconitana, ovvero se la fonte del potere disciplinare per la violazione delle norme deontologiche, quali sono quelle contenute nel citato regolamento sulla formazione, vada rinvenuta proprio nello stesso art. 147, comma 1, lett. b della legge notarile che sanzione la condotta di un notaio che viola in modo non occasionale delle norme deontologiche e, quindi, non sia punibile una isolata violazione delle stesse, come sostiene il ricorrente. 4. Non pare che il motivo possa trovare accoglimento.

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A norma dell’art. 2, lett. f) [aggiunta dall’art. 16, della l. 27 giugno 1991, n. 220] della l. 3 agosto 1949, n. 577, Istituzione del Consiglio Nazionale del Notariato, detto Consiglio, per quanto rilevante al fine del decidere elabora principi di deontologia professionale. Nell’ambito di tali attribuzioni il Consiglio Nazionale del notariato ha adottato i Principi di deontologia professionale dei notai (c.d. codice deontologico) che all’art. 2 prevede, espressamente, da un lato, che il notaio, anche a tutela dell’interesse generale, deve curare l’aggiornamento della propria preparazione professionale mediante l’acquisizione di specifiche conoscenze di tutte le materie giuridiche che la riguardano, dall’altro, che il consiglio nazionale stabilisce, con apposito regolamento le modalità della formazione permanente obbligatoria dei notai. Al riguardo è stato adottato il Regolamento sulla formazione professionale permanente dei notai che, all’art. 9 espressamente, sotto la rubrica Sanzioni. Poteri dei Consigli Notarili dispone: - il mancato assolvimento dell’obbligo di formazione biennale costituisce illecito disciplinare; - i Consigli Notarili provvedono ad applicare le sanzioni nei limiti di competenza loro assegnati dall’art. 147 l.n. Come noto l’art. 147 della legge notarile, nella sua originaria formulazione, prevedeva che il notaro che in qualunque modo comprometta con la sua condotta nella vita pubblica o privata la sua dignità e reputazione e il decoro e prestigio della classe notarile, o con riduzioni degli onorari e diritti accessori faccia ai colleghi illecita concorrenza, è punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno, e nei casi più gravi con la destituzione sarà sempre applicata qualora il notaro, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per contravvenzione alla disposizione del presente articolo, vi contravvenga nuovamente. Diversamente, il nuovo articolo 147 prevede – per quanto rilevanQuaderni

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te in questa sede – che È punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, il notaio che pone in essere una delle seguenti condotte: …b) viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato. Pacifico quanto precede è palese la infondatezza dell’assunto di parte ricorrente e cioè la non punibilità della condotta dallo stesso messa in essere atteso che è la prima volta che lo stesso non ha maturato i crediti professionali del caso. Al riguardo è sufficiente considerare – a prescindere da ogni altra considerazione – che nella specie la violazione contestata è stata posta in essere senza ombra di dubbio in modo non occasionale. Se, infatti, il notaio deve curare l’aggiornamento della propria preparazione professionale mediante l’acquisizione di specifiche conoscenze di tutte le materie giuridiche che la riguardano tale aggiornamento il notaio Sgolacchia doveva porre in essere nell’arco di due anni (maturando nel corso di 24 mesi 100 crediti formativi) e la sanzione comminata allo stesso riguarda un comportamento continuato nell’arco di due anni, e non integrante, pertanto, una condotta isolata. 5. Sempre con il primo motivo il ricorrente prospetta la dubbia costituzionalità della norma che pone, a carico dei notari, l’obbligo di formazione e aggiornamento sanzionandolo disciplinarmente, così introducendo un nuovo requisito non previsto dalla legge per l’esercizio della professione. 6. La questione pare inammissibile, dovendosi escludere, da un lato, e in via assorbente, che siano suscettibili di sindacato di legittimità costituzionale le norme deontologiche elaborate da un consiglio dell’ordine professionale, e dall’altro, – comunque – che possa ravvivarsi, nell’obbligo imposto a un professionista di formazione e aggiornamento, la introduzione di un nuovo requisito per l’esercizio della professione, altrimenti coperta da riserva di legge.

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Non può, del resto, dubitarsi che la circostanza che gli ordinamenti professionali impongono ai propri iscritti determinati comportamenti – conformi al loro codice deontologico – non significa che detti ordini introducano requisiti, per l’esercizio delle varie attività professionali non previste espressamente dalla legge. 7. Non risulta dimostrato – ha affermato la pronunzia impugnata – alcun fatto di forza maggiore o caso fortuito che avrebbe in ipotesi potuto giustificare il predetto comportamento omissivo, essendo pacifico e non discusso che il professionista nel biennio in questione, ha continuato a svolgere regolarmente la propria attività professionale evidentemente in assenza di impedimenti, dovuti a motivi di salute o altro, che in ipotesi potessero essere stati impeditivi anche dell’adempimento agli obblighi di formazione e aggiornamento professionale di cui trattasi. 8. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ancora, la omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 144 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dall’art. 26 del decreto legislativo 1° agosto 2006, n. 249. Premesso, in particolare, di avere presentato documentazione medica certificante la esistenza di diverse patologie [di cui esso concludente è affetto] il ricorrente, ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. precisa che il giudice di merito non ha trattato la prospettata questione giuridica relativa al concorso delle attenuanti, omettendo l’attività di esame delle circostanze di fatto risultanti dagli atti e dalla documentazione prodotta, inerenti in particolare le condizioni del ricorrente, la difficoltà di effettuare trasferte per partecipare a eventi formativi, il suo dimostrato impegno nella formazione professionale e la mancanza di solo 7 crediti formativi, che, ove valutate, avrebbero comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda, con la conseguente sostituzione della sanzione della censura con quella dell’avvertimento ai sensi dell’art. 144 legge notarile. Quaderni

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9. Il motivo pare manifestamente fondato, alla luce delle considerazioni che seguono. 9.1. Con riguardo alla eventualità il notaio non raggiunga, per un biennio i crediti professionali del caso il regolamento sulla formazione professionale, ricordato sopra, all’art. 10, sotto la rubrica Dispensa prevede che: I notai sono temporaneamente dispensati dall’obbligo di formazione permanente, quando si verificano e seguenti situazioni: - malattia documentata, per un periodo di tempo non inferiore ad un mese; - interruzione per un periodo non inferiore a sei mesi dell’attività professionale; - gravidanza e maternità (per un periodo di tempo pari a cinque mesi, analogamente al periodo di astensione obbligatoria dal lavoro previsto per le donne lavoratrici dalla legge 53 del 2000, salve l’astensione dall’attività professionale e la malattia documentata); - altre ipotesi individuate dal Consiglio Nazionale del Notariato. Per ciascuno dei casi sopraindicati, dall’obbligo biennale del 100 CFP andranno sottratti i crediti formativi in proporzione ai mesi di dispensa. Non ricorrendo, nel caso concreto, alcuna delle ipotesi previste dal sopra ricordato regolamento, per la esclusione della responsabilità del notaio, non pare censurabile, in questa sede, l’apprezzamento – ancorché implicito – negativo formulato dai giudici a quibus sulla non idoneità della certificazione medica in atti, a giustificare le attenuanti sollecitate dal reclamante. 9.2. Quanto precede, peraltro, non esclude che pur risultando pacifico che lo Sgolacchia aveva prospettato la esistenza di particolari condizioni di salute che gli avevano impedito di raggiungere i crediti formativi minimi previsti – e quindi, in buona sostanza, la ricorrenza di specifiche circostanze attenuanti a norma dell’art. 144, comma 1, legge professionale, nulla ha osservato al riguardo la pronunzia impugnata, omettendo di indicare le ragioni che si opponevano alla concessione di tale beneficio.

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10. Deducendo l’odierno ricorrente che la Commissione Amministrativa di primo grado aveva diversamente sanzionato (meno gravemente) altri colleghi che erano incorsi in infrazioni più gravi rispetto a quella da lui posta in essere (avendo costoro raggiunto un numero di crediti formativi inferiore al suo) la Corte di appello ha disatteso tale censura affermando che la disparità di trattamento riguarda la diversa fattispecie della patologia degli atti a carattere discrezionale, impugnabili innanzi al giudice amministrativo, e non riguarda invece della potestà sanzionatoria disciplinare che è retta da presupposti tipici di atti dovuti e sotto tale profilo le vicende disciplinari afferenti altri professionisti del medesimo distretto notarile non possono essere oggetto di cognizione da parte di questa Corte in quanto concernono rapporti giuridici estranei a quello dedotto a oggetto del presente giudizio. 11. Con l’ultimo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte de qua lamentando violazione dei principi portanti del procedimento disciplinare: in particolare quelli di parità di trattamento e di proporzionalità sanzionatoria. 12. Il motivo è inammissibile. In tema di ricorso per cassazione, a seguito della novella introdotta dal d.lgs. n. 40 del 2006, il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., per essere assolto, postula che nel detto ricorso sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato dal ricorso stesso, risulta prodotto, in quanto indicare un documento significa, necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove è rintracciabile nel processo. Pertanto, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dal ricorrente, è necessaria la produzione in ricorso con la specificazione che il documento è all’interno di esso; qualora sia stato prodotto dalla controparte, è necessaria l’indicazione della sua collocazione nel fascicolo di tale parte o la produzione in copia; qualora, ai soli fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione sia ammissibile la produzione Quaderni

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in sede di legittimità, è necessaria l’indicazione e la produzione unitamente al ricorso (In termini, ad esempio, Cass. 12 dicembre 2008, n. 29279, nonché Cass., sez. un., 31 ottobre 2007, n. 23019). Certo quanto precede, non controverso che nella specie è stata totalmente omessa – nel ricorso – la specifica indicazione dei documenti sui quali si fonda il terzo motivo di ricorso (cioè i provvedimenti disciplinari a carico di colleghi dell’odierno ricorrente recanti sanzioni meno gravi di quella applicata nei suoi confronti, documenti dalla cui lettura non può prescindersi al fine di verificare la fondatezza, o meno, delle censure prospettate dal ricorrente) è evidente che deve dichiararsi la inammissibilità del terzo motivo. Conclusivamente, dichiarata la inammissibilità del terzo motivo e la manifesta infondatezza del primo, pare manifestamente fondato il secondo. 13. Ritiene il Collegio di dovere fare proprio quanto esposto nella sopra trascritta relazione, specie tenuto presente che non sono state presentate repliche alla stessa. Il proposto ricorso, conclusivamente, deve essere dichiarato inammissibile. Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità non avendo gli intimati svolto in questa sede attività difensiva. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso; rigetta il primo; dichiara inammissibile il terzo; cassa in relazione al motivo accolto la pronunzia impugnata e rinvia la causa alla stessa corte di appello di Ancona, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della III sezione civile della Corte di Cassazione il giorno 16 dicembre 2009. Il Presidente

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Regolamento sulla formazione continua: sentenza del Tar per il Lazio n. 7081 del 17 luglio 2009

Il regolamento del CNF sulla formazione permanente ha superato il vaglio di legittimità a cura di LINDA CILIA

Con la sentenza n. 7081 depositata in data 17 luglio 2009 il Tar per il Lazio si è pronunciato, per la prima volta, sul tema della formazione obbligatoria degli avvocati ritenendo legittimo il regolamento approvato dal CNF in data 13 luglio 2007. Il ricorso proposto da un gruppo di avvocati iscritti all’Ordine di Trieste verteva principalmente sulla asserita carenza in capo al CNF del potere di emanare un regolamento in materia di formazione continua degli avvocati, in quanto non esisterebbe nell’ordinamento una norma di legge che esplicitamente attribuisca all’Ordine Forense il potere di emanare il regolamento in parola. Detto assunto è stato, tuttavia, smentito dal Tar il quale ha ravvisato il potere del CNF e dei singoli Ordini forensi di imporre le modalità di adempimento dell’obbligo di formazione permanente oltre che nell’art. 13 del Codice Deontologico Forense, il quale stabilisce che “è dovere deontologico dell’avvocato forense quello di rispettare i regolamenti del CNF e del C.O. di appartenenza concernenti gli obblighi ed i programmi formativi”; anche nell’art. 2, comma 3, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella l. 4 agosto 2006, n. 248 il quale stabilisce che “le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l’adozione Quaderni

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di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007”. In tal modo, il TAR ha riconosciuto, da una parte, che l’art. 13 del Codice Deontologico Forense è una norma giuridica a tutti gli effetti e rappresenta l’esplicito presupposto per l’adozione da parte del CNF dei “regolamenti concernenti gli obblighi e i programmi formativi” in conformità a quanto già affermato da tempo dalla dottrina e dalla giurisprudenza della Suprema Corte. Sul tema, infatti, la Corte di Cassazione si era già espressa affermando che “le norme del codice deontologico […] si qualificano come norme giuridiche vincolanti nell’ambito dell’ordinamento di categoria, che trovano fondamento nei principi dettati dalla legge professionale forense di cui al r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, ed in particolare nell’art. 12, comma 1 […] e nell’art. 38 comma 1 […]” (Cass. Civ. SS.UU. 8225/02). Dall’altra, ha riconosciuto che il decreto n. 223 del 2006 ha dato proprio quel fondamento legislativo al regolamento del CNF sull’aggiornamento professionale erroneamente ritenuto inesistente dai ricorrenti. Con riguardo alle ulteriori e più specifiche censure sollevate dai ricorrenti e rigettate dal Tar, meritano di essere evidenziate le argomentazioni di seguito riportate. I ricorrenti hanno, altresì, contestato la legittimità del regolamento perché la previsione degli obblighi di formazione non si concilierebbe né con l’art. 33 della Costituzione né con le disposizioni della legge professionale che prevedono l’accesso alla professione tramite esame di Stato, in quanto introdurrebbero un requisito ulteriore per la conservazione dell’iscrizione all’Albo degli avvocati. Il Tar, al riguardo, ha osservato che né la norma costituzionale né le norme della legge professionale citate dettano prescrizioni per la conservazione dell’iscrizione negli Albi, limitandosi soltanto a dettare prescrizioni per il conseguimento dell’abilitazione professionale. Con riguardo all’ulteriore censura concernente la contrarietà al

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principio di proporzionalità e ragionevolezza nonché la violazione di ulteriori norme della legge professionale il Tar ha affermato che le disposizioni invocate dai ricorrenti non vietano l’esercizio del potere di determinare le modalità obbligatorie né risulta che i provvedimenti impugnati abbiano imposto obblighi sproporzionati rispetto al fine di conseguire il pubblico interesse alla formazione continua degli avvocati. Anche la censura relativa al vizio di eccesso di potere per contraddittorietà, irrazionalità, sviamento e difetto di istruttoria è stata rigettata dal TAR sia “perché la previsione di obblighi deontologici relativi a comportamenti più gravi rispetto a quello oggetto dei provvedimenti impugnati non esclude e non rende illogica la previsione, come illecito disciplinare, anche della violazione dell’obbligo di formazione permanente […] sia perché nessuna disposizione vieta la “procedimentalizzazione” e la previsione di obblighi imposti agli iscritti agli Ordini professionali degli Avvocati”. Del resto non esiste nel complesso dell’ordinamento deontologico vigente una limitazione delle norme deontologiche alle sole norme che importano obblighi a “forma libera” (e non obblighi “a forma vincolata”). Tanto più che il potere di regolamentare e, dunque, di procedimentalizzazione la formazione trova fondamento proprio nella parte del codice di deontologia forense dedicato ai doveri di formazione e aggiornamento (art. 13), che, per l’appunto, formula un espressivo rinvio ai regolamenti attuativi del CNF. In altre parole, in virtù di tale rinvio, il regolamento costituisce “attuazione” del dovere, astrattamente posto dall’art. 13, di formazione e aggiornamento, condividendone in tal modo proprio la natura deontologica che i ricorrenti, invece, gli negano. Il regolamento del CNF ha superato anche la censura consistente nella violazione dell’art. 23 della Costituzione, dell’art. 7 del d.lgs. n. 382 del 1944 e dell’art. 26 del d.lgs. n. 163 del 2006; violazione Quaderni

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che deriverebbe dalla previsione che la formazione sia posta a carico degli iscritti all’Ordine e, se possibile, sia posta a carico delle risorse dell’Ordine, imponendo in tal modo una prestazione patrimoniale, ovvero di sovvenzioni erogate da soggetti pubblici o privati. Con riguardo all’ipotesi che la formazione sia posta a carico degli iscritti all’Ordine ovvero delle risorse dell’Ordine medesimo il Tar ha infatti affermato che dall’ambito di applicazione dell’art. 23 della Costituzione esorbitano i casi come quello in questione in cui le prestazioni pretese dall’amministrazione abbiano un collegamento con una utilità offerta dall’amministrazione medesima. Inoltre, poiché l’art. 7, comma 3, del regolamento del CNF, nella sua formulazione vigente, statuisce che i singoli Consigli dell’Ordine Territoriale debbano favorire la formazione gratuita “determinando la contribuzione richiesta ai partecipanti col limite massimo del solo recupero delle spese vive sostenute”, il Tar ha osservato che il solo recupero delle spese vive non sarebbe comunque in contrasto con l’art. 7 del d.lgs. n. 382 del 1944 il quale prevede la imposizione di una tassa necessaria a coprire le spese dell’Ordine. Quanto all’ipotesi in cui le contribuzioni siano erogate da soggetti pubblici, il Tar non ha ravvisato alcuna violazione per le motivazioni sopra espresse, ossia per l’impossibilità di ricondurre nell’ambito applicativo della norma costituzionale prestazioni a fronte delle quali vi è un’utilità offerta dall’ente. Quanto all’ipotesi relativa alla contribuzioni di soggetti privati, il Tar ha affermato in primo luogo che essa non rientra nei contratti di sponsorizzazione previsti dall’art. 26 del d.lgs. 163 del 2006; in secondo luogo che dalle allegazioni dei ricorrenti non è dato riscontrare contrasti con i principi di pubblicità, trasparenza ed economicità. Anche l’ulteriore censura relativa alla violazione dei medesimi principi sopra invocati per la mancata previsione da parte del regolamento del CNF dei criteri in base ai quali i corsi possano essere accreditati è stata rigettata. Il Tar, infatti, l’ha ritenuta infondata in

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quanto l’art. 3 del regolamento sulla formazione continua specifica sufficientemente ed in maniera logica i criteri cui attenersi nella procedura di accreditamento. In maniera di accreditamento non si ha, dunque, quel “vuoto normativo” che i ricorrenti sembrano denunciare in quanto i criteri previsti sono sufficienti a dirigere adeguatamente l’azione del CNF e degli Ordini locali. Questi ultimi, infatti, sono chiamati ad esercitare un potere tipicamente discrezionale che, per sua stessa natura e al contrario di quanto sostenuto nel ricorso, non è affatto un potere libero ed arbitrario. Infine, il Tar esclude anche l’illegittimità del regolamento del CNF per la supposta mancanza della possibilità di ricorrere all’autocertificazione del credito formativo in quanto esso prevede espressamente il deposito da parte di ciascun iscritto di una sintetica relazione “che certifica” il percorso formativo seguito. (da: Attualità forensi 2009 n° III-IV)

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Il procedimento disciplinare

La sospensione cautelare dall’esercizio della professione nell’ordinamento forense e nella riforma approvata dalla Commissione Giustizia del Senato di AUGUSTO CONTE

1. Introduzione L’esercizio delle funzioni disciplinari di carattere “domestico” ha consentito alle istituzioni forensi (Consigli dell’Ordine e Consiglio Nazionale Forense) la formazione e la classificazione di regole non scritte, che costituiscono l’essenza del sistema etico della categoria, custodito e garantito dagli avvocati in veste di “giudici” disciplinari, sia per la valutazione dei comportamenti trasgressivi dei doveri deontologici che per la creazione di una giurisprudenza in materia procedimentale – che consente di evitare vizi di forma e di rito – che per il consolidamento di una “coscienza” disciplinare. La funzione disciplinare, esaltando la autonomia dell’istituzione forense nell’ambito dell’ordinamento generale, ha conseguito la finalità di tutelare i beni fondamentali la cui salvaguardia costituisce il principale fine istituzionale dell’Ordine: la dignità, intesa come conTesto della relazione tenuta il 12.3.2010 al V° Congresso Giuridico-Forense per l’aggiornamento professionale, indetto dal Consiglio Nazionale Forense. Roma-Complesso Monumentale S. Spirito in Sassia, 11-12-13 marzo 2010.

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sapevolezza del ruolo dell’avvocato, e il decoro come espressione della dignità attuata con comportamenti e metodi, ad essa conformi, sia nella attività professionale che nella vita privata1. La funzione creativa è stata ancora più incisiva e fondamentale in riferimento al procedimento di sospensione cautelare – disciplinato dall’art. 43 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, nel testo novellato dall’art. 4 della Legge 17.2.1971, n. 91 – per lo svolgimento del quale gli Ordini hanno esercitato una funzione “normativa” con effetti sull’ordinamento, enunciando principi di natura sostanziale e regole procedimentali. A) IL PROCEDIMENTO DI SOSPENSIONE CAUTELARE DISCIPLINATO DAL R.D.L. 17.11.1933, N. 1578 2. Natura e finalità della sospensione cautelare La sospensione cautelare costituisce un istituto determinante ai fini della tutela del prestigio dell’avvocatura, richiedendo tempestività ed efficacia nell’esercizio della potestà disciplinare; pur trovando fondamento e presupposto per la sua applicazione nella deontologia professionale, non costituisce una sanzione disciplinare, essendo uno strumento con il quale il Consiglio dell’Ordine esercita il potere-dovere “di tutelare in via immediata il gruppo professionale dal disdoro e dal pericolo che possono derivare dal prosieguo dell’attività dell’iscritto che si sia posto in una situazione tale da far ritenere compromesso – allo stato – la conservazione da parte sua di quei requisiti di illibata condotta e dignità che devono presiedere all’espletamento della funzione forense2”. 1 I concetti di dignità e decoro professionale sono posti dall’art. 38, R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, unitamente agli abusi e alle mancanze nell’esercizio della professione, a fondamento dell’avvìo del procedimento disciplinare. 2 Edilberto RICCIARDI, Lineamenti dell’Ordinamento professionale forense, Giuffrè 1990, pag. 426.

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Il carattere amministrativo del procedimento di sospensione cautelare è stato da tempo affermato dalla giurisprudenza di merito3 e di legittimità4. Il principio è stato indirettamente confermato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, anche per il procedimento ordinario di primo grado dinanzi al Consiglio dell’Ordine, a proposito della possibilità di variazione della composizione del Consiglio, essendo il principio di immutabilità del giudice, proprio dell’attività giudiziaria. Ulteriore ragione di conferma risiede nel fatto che l’ente professionale oltreché giudice è anche parte nel procedimento disciplinare; come parte non è indifferente ed estraneo al risultato raggiunto; in caso di annullamento di un procedimento il Consiglio dell’Ordine circondariale è legittimato al gravame al pari del P.G. presso la Suprema Corte di Cassazione e nel procedimento dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, come il P.G. della Suprema Corte, è contraddittore necessario5. In particolare il Consiglio dell’Ordine è litisconsorte necessario nel giudizio di Cassazione perché è comunque titolare di irrinunziabili interessi di natura pubblicistica che può anche tutelare in via di azione6. La misura cautelare “presuppone l’esistenza di determinate gravi situazioni nei confronti delle quali si richiede una reazione dell’ordinamento professionale7”. 3 C.N.F. 16.12.1976; e, recentemente, 16.7.2007, n. 102, che lo definisce “provvedimento amministrativo precauzionale”; negli stessi sensi C.N.F. 21.2.2002, n. 158; 30.5.207, n. 47; 25.1.2008, n. 1; 25.9.2008, n. 88. 4 Cass. Sez. Unite 4.5.1989, n. 2095; 1.10.1986, n. 5827; 9.4.1986, n. 2463, secondo la quale il provvedimento deve essere pronunciato sul mero riscontro della gravità delle imputazioni; il C.N.F. con la decisione 16.7.2007, n. 102 esclude l’applicazione automatica senza la valutazione del comportamento del professionista. 5 Cass. Sezione Unite 8.3.1986, n. 1559; 9.4.1986, n. 2464; 12.1.1987, n. 116. 6 Cass. Sez. Unite 27.1.1983. n. 749. 7 Remo DANOVI, Il procedimento disciplinare nella professione di avvocato, Giuffrè. 2005, pag. 204.

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La gravità della applicazione della misura, che incide immediatamente sull’esercizio dell’attività professionale “è ampiamente giustificata per la necessità di intervenire immediatamente e radicalmente quando vengono a mancare i presupposti prescritti dalla legge per lo svolgimento dell’attività e debba essere impedito tale svolgimento8”, essendo indispensabile e preminente la necessità di salvaguardare l’Ordine forense dalla menomazione di prestigio che può derivare alla categoria dall’assoggettamento del professionista legale a un procedimento penale per la adozione di comportamenti lesivi del decoro e onore della categoria professionale. La giurisprudenza disciplinare ha ripetutamente confermato i principi elaborati nei commenti innanzi richiamati, affermando che il provvedimento cautelare “adempie la funzione di salvaguardare la dignità e il prestigio dell’Ordine forense dalla menomazione che ne deriverebbe per il solo fatto che un professionista iscritto all’Albo sia assoggettato a procedimento penale per fatti costituenti ipotesi di reato, che per la loro gravità e la connessione con l’attività professionale potrebbero creare turbamento o pregiudicare l’immagine della categoria professionale forense9”; e, ancora: “È risaputo, per essere insegnamento costante sia di questo Collegio che della Corte regolatrice, che la sospensione dall’esercizio della professione, disciplinata dall’art. 43, R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, nel testo novellato dall’art. 4, Legge 17.2.1971, n. 91, rappresenta la necessità ed opportunità di salvaguardare l’Ordine forense dalla menomazione di prestigio che dal solo fatto dell’assoggettamento dell’incolpato al procedimento penale per determinati reati o comportamenti, può derivare all’intera categoria10”.

Remo DANOVI, Il procedimento...cit., pagg. 206-207. C. N. F. 21.2.2002, n. 158 (che richiama la precedente 23.7.1990, n. 66). 10 C. N. F. 22.6.2006, n. 137, che, come la precedente, richiama la decisione 23.7.1990, n. 66. 8 9

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Negli stessi sensi: “La misura cautelare prevista dall’ordinamento professionale forense ha la funzione di salvaguardare la professione dell’avvocato e di preservarne la funzione sociale dalle menomazioni del prestigio che possono conseguire alla notizia dell’assoggettamento dell’avvocato a procedimento penale per fatti gravi e condotte costituenti reato”11: la decisione fa riferimento, opportunamente, alla funzione sociale della professione legale. Altra decisione aggiunge tra le finalità innanzi indicate, oltre alla tutela precauzionale dello stesso Ordine, quella dei “terzi in genere dal pericolo derivante dall’esercizio della professione forense da parte di chi, allo stato, non si trovi in possesso di quei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento di quella funzione di pubblico interesse12. 3. La disciplina della sospensione cautelare nell’art. 43 r.d.l. 27.11.1933, n. 1578. L’art. 43 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, nel testo modificato dalla Legge 17.2.1971, n. 91, dopo avere stabilito che la sospensione dall’esercizio della professione opera nei casi preveduti dal Codice Penale, dispone la sospensione di diritto13 dall’esercizio della professione in caso di ricovero in un manicomio giudiziario (al di fuori dei provvedimenti di radiazione e di cancellazione di diritto nei casi pre-

11 C. N. F. 17.4.2008, n. 88, che richiama la precedente 28.12.2007, n. 207; negli stessi sensi, più recentemente, 25.6.2009, n. 86; 24.9.2009, n. 122. 12 C. N. F. 6.12.2006, n. 137. 13 L’art. 42 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 prevede al primo comma la radiazione di diritto in caso di a)interdizione perpetua dai pubblici uffici o dall’esercizio della professione; b)condanna per i reato di cui agli artt. 372, 373, 374, 377, 380 e 381 C.P. e al secondo comma la cancellazione di diritto in caso a)di interdizione temporanea dai pubblici uffici o dall’esercizio della professione; b)di ricovero in manicomio giudiziario nei casi previsti dall’art. 222, II comma C.P.; c) di assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro.

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visti dall’art. 42 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578, che comunque devono essere adottati dal Consiglio dell’Ordine, sentito il professionista); o di ricovero in una casa di cura o di custodia; di applicazione di una tra le misure di sicurezza non detentive previste dall’art. 215 C.P., comma III°, numeri 1, 2, 3 (libertà vigilata, divieto di soggiorno, divieto di frequentare pubblici locali); di applicazione provvisoria di una pena accessoria o di una misura di sicurezza ordinata dal giudice ai sensi dell’art. 206 C.P. (ricovero in ospedale psichiatrico o in caso di cura o custodia per soggetti infermi di mente, ubriachi abituali o persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti)14. Il comma 3 dell’art. 43 stabilisce la facoltà per il Consiglio dell’Ordine di sospendere il professionista sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale o contro il quale sia stato emesso ordine di comparizione o di accompagnamento: l’istituto è stato definito come sospensione facoltativa. Neppure la sospensione di diritto può essere applicata in via automatica e obbligatoria per effetto della sentenza n. 40/1990 della Corte Costituzionale, che ha escluso la legittimità nel nostro ordinamento di norme che impongano l’applicazione di sanzioni automatiche; pertanto anche nei casi di sospensione di diritto nessun provvedimento può essere assunto automaticamente e obbligatoriamente, dovendo essere sempre valutato dal Consiglio dell’Ordine, sentito il professionista, secondo la gravità dei fatti. È stato quindi ritenuto che, sostanzialmente, nell’ordinamento professionale resta una sola ipotesi di sospensione cautelare, discrezionalmente applicabile dagli ordini professionali, nell’ambito dei casi previsti dall’art. 4315.

14 L’art. 140 C.P. che disciplinava l’applicazione provvisoria di pene accessorie, tra le quali la sospensione provvisoria dall’esercizio di una professione, richiamato dall’art. 43, è stato abrogato dall’art. 217 D.L.vo 28.7.1989, n. 271 recante Disp. Att. del nuovo Codice di Procedura Penale (che ha abrogato qualsiasi altra disposizione che prevede l’applicazione provvisoria di pene accessorie). 15 In tal senso Remo DANOVI, Il procedimento... cit., pag. 205.

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4. Rapporto tra imputazioni penali e provvedimenti cautelari L’art. 43 R.D.L. 27.1933, n. 1578 (modificato con le innovazioni introdotte con la Legge 17.2.1971, n. 91) era stato formulato poco dopo l’entrata in vigore del Codice di procedura penale del 1930 e la sospensione cautelare venne modellata sugli istituti ispirati al rito inquisitorio, nel quale l’istruzione cristallizzava i fatti, oggetto di contestazione, che trasferiva poi nella fase giudiziale: sicché, in relazione alla distinzione richiamata innanzi, tra sospensione di diritto e sospensione facoltativa, la sospensione di diritto aveva il suo referente nelle misure di sicurezza; quella facoltativa nella contestazione di reato all’imputato16. L’approvazione del nuovo processo penale con D.P.R. 22.9.1988, n. 447 con l’introduzione del rito (tendenzialmente) accusatorio, la sostituzione della istruttoria con le indagini preliminari e l’introduzione di nuovi istituti quali l’informazione di garanzia, la contestazione di reato, l’interrogatorio dell’imputato, la richiesta di rinvio a giudizio, l’adozione di misure cautelari personali e le misure interdittive, obbligano la rifondazione dell’istituto della sospensione cautelare, dovendosi assicurare un nuovo modello di garanzia dei diritti dell’incolpato e del rispetto dei principi costituzionali17 (per quanto ne sia possibile l’applicazione, in considerazione della natu16 Remo DANOVI, Il procedimento... cit., pag. 203, che richiama la relazione di E. Siciliano, sui rapporti tra sospensione cautelare e nuovo codice di procedura penale, al Convegno di Bari dell’11 e 12.3.1994. Nel corso del Convegno venivano trattati anche i rapporti tra misure interdittive, valori costituzionali e divieto temporaneo di esercizio dell’attività professionale nelle relazioni del prof. Avv. Vincenzo Perchinunno e dell’Av. Renato Ballardi, entrambi Consiglieri del C.N.F., consultate per la redazione di questa relazione. 17 Nella Relazione di cui alla precedente nota il prof. Avv. Vincenzo Perchinunno richiamava una (all’epoca) recente sentenza della Corte Costituzionale del 14.1.1994, n. 5 che pur dichiarando inammissibile la questione proposta da un GIP, aveva posto in evidenza “l’esigenza di procedere ad un adeguamento delle garanzie processuali riconosciute in questo settore (delle misure interdittive) nella difesa” sotto il profilo del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e in considerazione, oltre ai valori costituzionali in discussione, della dignità della persona, in relazione alla “particolare incisività che le misure interdittive possono presentare rispetto alla vita lavorativa e relazionale della persona”.

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ra amministrativa e non giurisdizionale del procedimento dinanzi al Consiglio dell’Ordine, con speciale riferimento proprio al procedimento cautelare). 5. Presupposti per l’adozione dei provvedimenti cautelari Il presupposto per l’emanazione di un provvedimento di sospensione cautelare è costituito dalla “soglia minima” rappresentata da “un mandato di comparizione o di accompagnamento”, (istituti cui era modellato l’art. 43 R.D.L. 17.11.1933, n.1578 e attualmente da un corrispondente provvedimento tra quelli innanzi indicati previsti dal nuovo processo penale) al di sotto della quale non può essere adottato il provvedimento di sospensione; oltre la predetta soglia trova legittimazione l’adozione della misura della sospensione18. Il Consiglio dell’Ordine non può dare corso alla procedura per l’applicazione della misura cautelare in assenza della conoscenza di un provvedimento tipico adottato in sede penale, neppure nel caso in cui pur essendo il Consiglio a conoscenza di gravi fatti, anche di rilevanza penale, e sussistendo elementi di gravità per l’applicazione, l’indagine preliminare in corso, coperta dal segreto di ufficio, non sia comunicata con formali atti tipici all’organo disciplinare19.

18 Così anche il C. N. F., 11.2.1994, n. 34. Lo stesso C. N. F. ha ritenuto legittimare il provvedimento una sentenza di condanna con gravi accuse riportata dalla stampa (C. N. F. 30.9.1995, n. 90; 22.6.2006, n. 137); non ha ritenuto, invece, sufficiente la perquisizione dello Studio di un avvocato (C. N. F. 1.4.1998, n. 15). 19 Il Consiglio dell’Ordine di Brindisi dopo avere tempestivamente avviato un procedimento cautelare su segnalazione di un magistrato del settore civile, inoltrata anche alla Procura della Repubblica, dalla quale emergevano fatti di appropriazione di somme di denaro da parte di un avvocato, in mancanza del richiesto provvedimento tipico, e pur potendosi qualificare i fatti come notitia criminis di rilevante gravità, ha dovuto dichiarare, allo stato, il non luogo a procedere, in difetto del requisito minimo essenziale per la adozione di un provvedimento di sospensione cautelare (non avendo ottenuto dall’organo inquirente atti ritenuti in quel momento non “ostensibili”), successivamente adottato a seguito di avvio di altro procedimento, immediatamente dopo la trasmissione del provvedimento tipico della misura cautelare degli arresti domiciliari.

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In definitiva le disposizioni di cui all’art. 43, R.D.L. 17.11.1933, n. 1578 non riconoscono al Consiglio dell’Ordine la autonomia di valutazione pur in presenza di condotte trasgressive gravi dell’iscritto, essendo l’adozione del provvedimento cautelare subordinato alla emanazione di un provvedimento tipico nell’ambito di un procedimento penale, requisito minimo essenziale per procedere in via cautelare. Secondo la ratio della disciplina della sospensione cautelare contenuta nell’art. 43 Legge Professionale il provvedimento “adempie alla funzione di salvaguardare la dignità e il prestigio dell’Ordine Forense dalla menomazione che ne deriverebbe per il solo fatto che un professionista iscritto all’Albo sia assoggettato a procedimento penale per fatti costituenti ipotesi di reato, che, per la loro gravità e la connessione con l’attività professionale, potrebbero creare turbamento o pregiudicare l’immagine della categoria professionale forense”20. 6. Il procedimento: forma e carattere La sospensione cautelare non rappresenta una sorta di sanzione disciplinare suscettibile di applicazione dopo lo svolgimento di un procedimento disciplinare, ma costituisce un provvedimento cautelare incidentale, di natura amministrativa, non avente carattere giurisdizionale, di tipo provvisorio, svincolato dalle forme e dalle garanzie apprestate per il procedimento disciplinare ordinario e può essere adottato anche successivamente all’apertura di un procedimento disciplinare, qualora l’emissione del provvedimento sia opportuno. L’avvio del procedimento cautelare non richiede la formale apertura preventiva di un procedimento disciplinare21. 20 C. N. F. 21.2.2002, n. 158; 6.12.2006, n. 137; 13.7.2007, n. 190; 17.4.2008, n. 88; 17.12.2008, n. 155; 25.6.2009, n. 86. 21 C. N. F. 22.6.2006, n. 137; 4.4.2007, n. 32; 30.5.2007, n. 47; 30.10.2007, n. 149; 8.11.2007, n. 174; 25.1.2008, n. 1; 25.9.2008, n. 88; 21.11.2008, n. 6/09; 17.12.2008, n. 155; 24.9.2009, n. 122.

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Il provvedimento di sospensione cautelare può essere adottato anche nel corso di un procedimento disciplinare, ove sopraggiungano fatti costituenti presupposti per la sua emanazione e in presenza di tutte le altre condizioni di gravità e pericolosità. La emanazione del provvedimento di sospensione è, in ogni caso, subordinata all’ascolto del professionista incolpato, a garanzia minima di difesa, come previsto dai commi 2 e 3 dell’art. 43 R.D.L. 17.11.1933, n. 1578. La deliberazione è adottata dal Consiglio dell’Ordine in Camera di Consiglio. Le forme del procedimento sono improntate a essenzialità e sommarietà. L’art. 45 R.D.L. 17.11.1933, n. 1578 che prevede la citazione dell’incolpato a comparire, con l’assegnazione di un termine non inferiore a dieci giorni, “per essere sentito nelle sue discolpe” si applica anche al procedimento cautelare22. L’inosservanza del termine a comparire espone il provvedimento all’annullamento, per violazione del diritto di difesa23; parimenti nullo, per illegittimità, è il provvedimento di sospensione cautelare deliberato dal Consiglio dell’Ordine senza avere sentito il professionista, essendo in contrasto non solo con la lettera dell’art. 43 Legge Professionale, che prevede come doveroso il necessario esperimento dell’ascolto del professionista, ma anche con il principio costituzionale del diritto di difesa.

Sul punto si è espressa anche la Cass. Sezioni Unite, 24.3.1971, n. 831. Il fatto che il professionista sia stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare o di arresti domiciliari non esime il Consiglio dell’Ordine dall’adempimento dell’obbligo; il Consiglio infatti può chiedere al giudice l’autorizzazione all’accesso nel luogo di custodia o, in caso di arresti domiciliari, l’autorizzazione all’incolpato a presentarsi nel luogo e nell’ora della convocazione. 23 C. N. F. 10.7.1977, n. 88; 16.7.2008, n. 68. C. N. F. 16.2.2006, n. 1; eccessiva è la decisione 13.5.1998, n. 50 laddove non ritiene sanata la violazione dalla presenza dell’incolpato all’udienza in caso di inosservanza del termine a comparire. 22

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L’atto di convocazione, pur non richiedendosi una formale apertura del procedimento, “deve comunque rispondere ai requisiti minimi richiesti per assolvere alla funzione cui la convocazione stessa è preposta; necessita, quindi che i fatti richiamati nell’atto esplicitino i fatti assunti a fondamento dell’avvio del procedimento; in difetto di una specifica contestazione si realizza una compromissione del diritto di difesa che anche nell’ambito del procedimento cautelare deve essere assicurato”24. 7. La competenza L’art. 44 R.D.L. 17.11.1933, n. 1578 stabilisce che le Autorità Giudiziarie o le altre competenti danno avviso al P.M. presso il Tribunale e al Consiglio dell’Ordine che ha la custodia dell’Albo, nel quale il professionista è iscritto, dei provvedimenti per i quali sono stabiliti l’apertura del procedimento disciplinare o l’applicazione della sanzione disciplinare. Si è desunto che competente per l’applicazione della sanzione disciplinare è il Consiglio dell’Ordine che ha la custodia dell’Albo e non quello competente per territorio25. L’art. 38 R.D.L. 17.11.1933, n. 1578 assegna la competenza a procedere disciplinarmente tanto al Consiglio dell’Ordine che ha la custodia dell’Albo in cui il professionista è iscritto, quanto al Consiglio dell’Ordine nella giurisdizione del quale è avvenuto il fatto ed è determinata, volta per volta, dalla prevenzione26. 24 C. N. F. 28.2.1994, n. 21; 22.4.2008, n. 16. Il C. N. F. con la decisione 16.7.2004, n. 252, pur avendo dichiarato inammissibile il ricorso, sottoscritto dallo stesso professionista sospeso, ha rilevato che il Consiglio dell’Ordine non aveva fatto buon governo delle norme che disciplinano il procedimento di sospensione cautelare, essendo stata la sospensione pronunciata senza la preventiva contestazione dei fatti e senza assolvere l’obbligo di sentire il professionista. 25 Remo DANOVI, Il procedimento... cit., pag. 209. 26 La stessa norma prevede che competente per dare esecuzione alla deliberazione di altro Consiglio è il Consiglio dell’Ordine che ha la custodia dell’Albo.

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La giurisprudenza ha ritenuto che il principio della competenza alternativa, e quindi della prevenzione, si applica anche al procedimento cautelare27, in quanto il criterio della prevenzione costituisce una scelta del legislatore in funzione della circostanza che in determinate situazioni sussiste l’esigenza di procedere non appena emergono fatti che giustifichino l’apertura del procedimento disciplinare (o cautelare) sul luogo stesso ove l’incolpato abbia tenuto il comportamento censurabile. Pertanto la misura cautelare, secondo le Sezioni Unite della Cassazione di cui alla precedente nota “può essere applicata da un’autorità diversa dall’Ordine presso il quale il professionista è iscritto”. 8. Criteri di giudizio Il criterio di giudizio su cui si fonda il provvedimento di sospensione cautelare prescinde dalla fondatezza della incolpazione28; la legittimità del provvedimento è giustificato dalla gravità delle contestazioni e dalla pericolosità del protrarsi dell’esercizio professionale, in riferimento alle condotte contestate al professionista e alla pubblicità (strepitus fori) che gli viene data, con riflessi all’immagine della categoria forense, oltre che al turbamento e all’allarme che può determinare nella collettività. Pertanto l’adozione del provvedimento prescinde dalla valutazione della colpevolezza del professionista, essendo legittimato solo dalla necessità di impedire il protrarsi dell’esercizio dell’attività pro27 Cass. Sez. Unite 1.4.1993, n. 3882, secondo la quale “la ragionevole interpretazione dell’art. 44, III° comma, allorché stabilisce che le autorità competenti danno immediatamente avviso al Consiglio dell’Ordine che ha la custodia dell’Albo, in cui il professionista è iscritto, dei provvedimenti per i quali sono stabiliti l’apertura del procedimento disciplinare o l’applicazione della misura cautelare, suona conferma del principio della prevenzione anche in relazione alla sospensione cautelare”. In precedenza si era espresso negli stessi sensi C. N. F. 7.3.1969. 28 Cass. Sezioni Unite 9.4.1986, n. 2463.

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fessionale in presenza della situazione particolare di fatto, determinata dal contenuto e dalla natura dei provvedimenti giudiziari29. La giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense ritiene legittima la sospensione cautelare deliberata “in presenza di un’oggettiva sussistenza del fumus, del clamore suscitato nella pubblica opinione e della tipologia del reato particolarmente incidente sull’affidabilità dell’avvocato”30, e ribadisce che non è necessaria la valutazione della fondatezza delle incolpazioni penali, dovendosi apprezzare solo la loro gravità e l’opportunità della sospensione ove “possa configurarsi, a causa del comportamento del professionista, una situazione di allarme per il decoro e la dignità della classe forense31. La giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense ha anche ritenuto che ove il Consiglio dell’Ordine procedente entri nel merito degli atti o fatti del procedimento penale deve consentire all’incolpato non solo di intervenire sul punto, ma anche di produrre documenti32. Il procedimento disciplinare, per la sua autonomia rispetto a quello penale non deve essere sospeso potendo il Consiglio dell’Ordine valutare autonomamente la rilevanza cautelare33. La sospensione del procedimento priverebbe lo strumento cautelare della sua funzione propria. È chiaro che le rilevanti conseguenze sull’esercizio professionale dell’incolpato richiedono grande ponderatezza ed equilibrio nella assunzione del provvedimento34 che deve essere applicato “con scru29 C. N. F., 26.2.1977; 16.7.2007, n. 202, che comunque richiede una valutazione del comportamento del professionista, ritenendo che la sospensione non possa essere adottata in presenza di “vaghi indizi penali”, in riferimento ai quali non può configurarsi una violazione del decoro e della dignità della classe forense; 17.12.2008, n. 155; 19.9.2007, n. 104. 30 C. N. F. 6.12.2006, n. 137; 21.11.2008, n. 6/09; 25.6.2009, n. 89 (con ampi richiami). 31 C. N. F. 8.11.2007, n. 175. 32 C. N. F. 27.11.1989, n. 161. 33 C. N. F. 8.11.2007, n. 175. 34 C. N. F. 28.5.209, n. 87.

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polo” tenuto conto dei tempi del procedimento penale35, oltre che dello stesso procedimento disciplinare, al fine di evitare di trasformare una misura cautelare in una vera e propria sanzione. Il Consiglio Nazionale Forense ha ritenuto che una sentenza di condanna in primo grado non seguita da strepitus fori, non avendo la condanna avuto seguito sulla stampa ed essendo i fatti risalenti ad alcuni anni prima, non presenti i caratteri propri richiesti dal procedimento cautelare36. 9. La deliberazione e gli effetti della sanzione cautelare La sanzione cautelare ha effetto immediato e comincia a decorrere dal momento in cui viene portata a conoscenza del destinatario37. L’impugnazione non sospende l’esecuzione della misura. È necessario che il provvedimento, proprio per conseguire la necessaria conoscenza, trattandosi, peraltro, di un provvedimento impugnabile, sia notificato; anche se la giurisprudenza non ritiene necessaria la notifica, essendo sufficiente la comunicazione anche a mezzo del servizio postale38. La notifica, analogamente a tutte le decisioni del Consiglio dell’Ordine, deve essere effettuata nel termine di quindici giorni, sia all’interessato che al P.M. presso il Tribunale, ai sensi dell’art. 50, R.D.L. 27.11.1933, n. 1578. Il provvedimento, al sensi dell’art. 46, II° comma, D.P.R. 27.11.1933, n.1578 deve essere comunicato agli Uffici Giudiziari del Distretto di Corte di Appello nel quale si trova il Consiglio dell’Ordine che esegue la misura, e a tutti gli Ordini39. Remo DANOVI, Il procedimento... cit. pag. 206. C. N. F. 25.6.2009, n. 86. 37 Cass. Sez. Unite 6.6.1969, n. 1895. 38 Cass. Sez. Unite 5.1.1966, n. 110; 6.6.1969, n. 1985; C. N. F. 27.3.1976. 39 La disposizione prevista dall’art. 46, II° comma R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 per la sospensione (senza alcuna specificazione) deve ritenersi estesa anche alla misura cautelare. 35 36

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È discusso se l’avvocato sospeso perda il diritto di elettorato. Si propende per ritenere sussistere la perdita dell’elettorato attivo (l’avvocato sospeso cautelarmente non dovrebbe risultare negli elenchi degli aventi diritto al voto), ma non di quello passivo, potendo la sospensione, operante al momento dell’espressione del voto, non essere più operante, per eventuale revoca o annullamento, al momento della proclamazione della elezione. 10. L’obbligo di motivazione In previsione della rilevanza degli effetti sull’attività del professionista il provvedimento di sospensione cautelare deve essere adeguatamente motivato; pur nell’ambito della discrezionalità dell’organo che lo applica, la motivazione è necessaria anche per consentire il controllo da parte del Consiglio Nazionale Forense in caso di impugnazione40. La motivazione è indispensabile, trattandosi di provvedimento soggetto a impugnazione, sia pure solo per ragioni di legittimità. La motivazione riguarda non la dimostrazione della fondatezza della incolpazione, ma degli effetti per l’immagine del professionista e per il prestigio dell’Ordine in riferimento alla gravità delle incolpazioni e al turbamento provocato dalla vicenda giudiziaria nell’ambito forense e nella pubblica opinione41. Il provvedimento può essere annullato per assoluta mancanza di motivazione42; può essere annullato anche ove sia fatto riferimento solo alla pendenza di un procedimento penale, o alla oggettiva estrema gravità senza uno specifico riferimento ai riflessi negativi derivanti dalla pendenza del processo sul prestigio della categoria forense43. Remo DANOVI, Il procedimento... cit., pag. 211. Edilberto RICCIARDI, Lineamenti... cit., pag. 428; C. N. F. 26.2.1977. 42 C. N. F. 27.5.1996, n. 89; 23.12.1998, n. 227; 24.11.2006, n. 132; 25.9.2009, n. 87. 43 C. N. F. 25.3.2008, n. 6; 19.11.2009, n. 122. 40 41

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11. Durata e revoca Il provvedimento cautelare è a tempo indeterminato. Come innanzi indicato non può tradursi però in una sanzione vera e propria. Infatti, per la sua natura, non soggiace al limite temporale della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione, avendo la sua ratio nella esigenza di tenere costantemente indenne la dignità e la integrità morale della classe forense dal pregiudizio derivante dall’esercizio della professione da parte del soggetto cui viene applicata. Proprio per queste ragioni è prevista sia la possibilità di revoca del provvedimento a istanza dell’incolpato, che di iniziativa propria del Consiglio dell’Ordine che l’ha adottato. La delibera con cui viene applicata la sospensione, anche proprio quale atto amministrativo, può essere “riformata o ritirata in via di autotutela e, in quanto atto cautelare, è sempre revocabile e modificabile, allorquando si verifichino mutamenti delle circostanze che l’hanno determinata o emergano anche fatti anteriori di cui si sia acquisita conoscenza dopo l’adozione del provvedimento”44. Sia in relazione alla possibilità di modifica, che in riferimento alla mancanza dei presupposti, comporta la deliberazione di revoca della sospensione cautelare la revoca della misura cautelare adottata in sede penale per mancanza di indizi o perché il fatto fu compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima45. Non è invece obbligatorio per il Consiglio dell’Ordine procedere alla revoca in caso di revoca della misura cautelare per altre ragioni perché la misura cautelare non è fondata sulla impossibilità di esercizio dell’incolpato perché ristretto in luogo di detenzione o agli arresti domiciliari, ma sulla natura e gravità dei fatti cui faccia seguito 44 45

C. N. F. 22.4.2008, n. 33. Cass. Sez. Unite 10.10.1969, n. 3258.

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lo strepitus fori con negativi effetti per la categoria forense e allarme nella collettività46. Ovviamente la revoca è senza pregiudizio per l’avvìo o il proseguimento del procedimento disciplinare. La conclusione del procedimento penale fa venire meno il presupposto della pendenza penale e comporta la necessità della revoca della sospensione cautelare. La sospensione viene computata nell’eventuale sanzione successivamente inflitta47. Per tale ragione, al fine di evitare che all’esito del procedimento disciplinare possa risultare una sanzione meno afflittiva, ove la sospensione cautelare si sia protratta per un lungo periodo è opportuno valutare se permanga o meno la gravità e la pericolosità e, in riferimento alla rilevanza e consistenza dell’imputazione, quale possa essere la futura sanzione e quindi revocare la sospensione per evitare che il periodo della misura cautelare sia superiore alla sanzione (specialmente ove in futuro si possa applicare la sanzione della sospensione, fissata dall’art. 40 R.D.L. 17.11.1933, n. 1578 in misura non inferiore a due mesi e non maggiore di un anno). 12. L’impugnazione Il provvedimento di sospensione cautelare può essere impugnato dinanzi al Consiglio Nazionale Forense solo per motivi di legittimità (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere). L’impugnazione non sospende l’efficacia del provvedimento, non potendosi applicare al procedimento cautelare la disposizione dell’art. 50, VI° comma R.D.L. 17.11.1933, n. 1578 che prevede l’effetto sospensivo solo per l’impugnazione della sanzione disciplinare48. C. N. F. 30.10.2007, n. 149. C. N. F. 28.2.1996, n. 24. 48 Cass. Sez. Unite, 24.3.1971, n. 831; C. N. F. 28.1.2000, n. 200; 9.3.2001, n. 47. 46 47

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Il ricorso, ai sensi dell’innanzi indicato art. 50 può essere proposto entro venti giorni dalla notificazione del provvedimento, al Consiglio Nazionale Forense. L’atto deve essere sottoscritto da un professionista che abbia l’esercizio professionale dinanzi alle Giurisdizioni Superiori; essendo la sospensione immediatamente esecutiva il ricorso non può essere sottoscritto dall’incolpato che non ha i diritti spettanti agli iscritti, avendo perso, con la sospensione cautelare, lo jus postulandi49. Le disposizioni di cui agli att. 60 e 63 R.D. 22.1.1934, n. 37 collegate con le disposizioni di cui agli artt. 1, 7 e 33 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 e con l’art. 86 Cpc consentono al professionista che abbia lo jus postulandi di difendersi dinanzi al Consiglio Nazionale Forense; è, invece, inammissibile la difesa in proprio del professionista in sede di procedimento cautelare (come in caso di radiazione definitiva o di non iscrizione) difettando lo jus postulandi50). B) IL PROCEDIMENTO DI SOSPENSIONE CAUTELARE NEL TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO IL 18.11.2009 13. Necessità della riforma e principio di autonomia disciplinare Il Consiglio Nazionale Forense in una recente decisione51 nell’occuparsi di un ricorso avverso un provvedimento di sospensione cautelare commentava che la materia riguarda “un istituto certamente “sensibile” e problematico e meritevole, più di ogni altro, di un intervento riformatore che lo ponga in efficace e organico consenso con il complessivo sistema disciplinare, sostanziale e processuale”. C. N. F. 11.4.203, n. 55. C. N. F. 26.2.2004, n. 193; 10.5.2008, n. 134. 51 C. N. F. 25.6.2009, n. 89. 49 50

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La riforma necessita anche di un più attento coordinamento con il Codice Penale e soprattutto con il Codice di Procedura Penale del 1989. La riforma dovrebbe perseguire la strada di una maggiore autonomia in direzione della quale è stato aperto un varco attraverso la abrogazione dell’art. 140 C.P. – concernente l’applicazione preventiva di pene accessorie, tra cui l’interdizione da una professione, da parte del giudice sia nella fase dell’istruttoria che del giudizio – già richiamata dall’art. 43 comma 1, lett. b), R.D.L. 27.11.1933, n. 157852, e la sostanziale modifica dell’art. 206 Codice Penale sulla applicazione provvisoria delle misure di sicurezza ad opera della Corte Costituzionale. Sulla stessa strada dell’autonomia disciplinare dell’Ordine Forense rispetto all’ingerenza dell’Autorità Giudiziaria si colloca l’art. 105 Codice di Procedura Penale53 che nel comma I° ha sancito la competenza esclusiva del Consiglio Forense per le sanzioni disciplinari relative all’abbandono della difesa o al rifiuto della difesa di ufficio e che, al comma II° afferma, solennemente, che “il procedimento disciplinare è autonomo rispetto al procedimento penale in cui è avvenuto l’abbandono o il rifiuto”, e, infine, nel comma III° dispone che “nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da violazione dei diritti della difesa, quando il Consiglio dell’Ordine li ritiene comunque giustificati, la sanzione non è applicata, anche se la violazione dei diritti della difesa è esclusa dal giudice”.

52 L’art. 140, abrogato dall’art. 217 D.Lgs.vo 28.7.1989, n. 271, contenente norme di attuazione di coordinamento e transitorie del Codice di Procedura Penale, è sostituito dall’art. 290 di quest’ultimo Codice di rito che contempla un uguale potere non più però configurato come applicazione anticipata di pene accessorie, ma come adozione di una misura interdittiva. 53 In parte modificato dall’art. 15, comma 1, Legge 13.2.2001, n. 45, con l’aggiunta della segnalazione al Consiglio dell’Ordine della violazione del divieto di difesa di imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altri imputati nello stesso procedimento.

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14. Principi ispiratori della riforma Le disposizioni contenute nel provvedimento di riforma approvato dalla Commissione Giustizia del Senato hanno coordinato il procedimento di sospensione cautelare alle norme del processo penale improntato al rito accusatorio, escludendo la vecchia formulazione, come si è visto in sostanza superata, che distingueva una sospensione di diritto e una facoltativa, rendendola sempre e unicamente obbligatoria (sussistendone tutti i presupposti) nei casi predeterminati dall’art. 61 che articola quattro situazioni di deliberazione della misura cautelare, tre delle quali subordinate a un provvedimento pronunciato nell’ambito di un procedimento disciplinare e la quarta, sempre obbligatoria, indipendente da un procedimento dell’Autorità Giudiziaria, non risultando dalla lettera della disposizione che il “fatto contestato” sia quello attribuito in sede penale e che lo stesso debba necessariamente risiedere in una contestazione di fatto-reato nell’ambito di un procedimento penale e non soltanto in quello mosso in sede disciplinare cautelare. I primi tre casi, disciplinati dall’art. 61 primo comma riguardano a) l’applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva, emessa in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; b) l’applicazione di una misura di sicurezza detentiva; c) la condanna in primo grado per i reati previsti dagli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640, 646, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, 644, 648bis e 648ter del codice penale; la condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni. I casi indicati presuppongono un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, pronunciato in via cautelare54 o in sede dibattimentale (l’applicazione della misura di sicurezza, pur non essendo indicato, richiama l’art. 206 C.P.); non essendo stata riprodotta la disposizione 54 È evidente il raccordo con gli istituti delle misure coercitive e interdittive disciplinate dal Codice di Procedura Penale del 1998, negli artt. 280 e sgg. e 287 sgg.

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dell’art. 42 R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 che prevedeva la radiazione e la cancellazione di diritto in caso di condanna per i reati previsti dagli artt. 372, 373, 374, 377, 380 e 381 C.P., le nuove disposizioni prevedono la sospensione cautelare nel caso di reati particolarmente gravi commessi nell’esercizio o durante il tirocinio della professione forense (falsa testimonianza, frode processuale, subornazione, favoreggiamento personale, patrocinio contemporaneo in favore di parti contrapposte, tutti delitti contro l’attività giudiziaria e truffa e appropriazione indebita, delitti contro il patrimonio mediante frode) accertati con condanna di primo grado; prevedono alcuni casi di condanna in primo grado per fatti non strettamente attinenti con l’esercizio dell’attività professionale o del tirocinio (reati di usura, riciclaggio e impiego di denaro proveniente da attività illecite). Non essendone fatta menzione deve ritenersi esclusa l’ipotesi di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 Cpp (patteggiamento) in riferimento agli stessi reati per l’applicazione della misura cautelare (salvo che il caso non rientri nella ipotesi di particolare gravità in riferimento al fatto contestato). L’altro più ampio caso realizza la più piena autonomia del provvedimento cautelare e dei Consigli dell’Ordine rispetto ai provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria, dovendo il Consiglio deliberare la sospensione dalla professione o dal tirocinio in ogni altro caso in cui il fatto contestato sia di gravità tale da rendere necessaria la sospensione per la tutela del decoro dell’avvocatura e dei diritti dei terzi. In quest’ultimo caso di sospensione cautelare è fatto espresso richiamo alla necessità di tutela del decoro della categoria e degli interessi della collettività: deve ritenersi che le ragioni di tutela, e quindi, come si è visto per la disciplina ancora vigente, il fondamento della gravità e della pericolosità, e l’esigenza della precauzione, che impongono di vietare la prosecuzione dell’attività da parte del professionista, oltre che lo strepitus fori, siano impliciti nei tre casi in cui vi è un provvedimento, cautelare o giurisdizionale di primo grado,

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dell’Autorità Giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale. La riforma consentendo l’applicazione della misura cautelare nel quarto caso, in cui appare che si prescinda da un provvedimento dell’Autorità giudiziaria inserito nell’ambito di un procedimento penale dovendosi “il fatto contestato” intendere con riferimento all’incolpazione disciplinare e non penale55, attribuisce ai Consigli dell’Ordine la facoltà di svolgere in maniera indipendente l’iniziativa disciplinare di natura cautelare, non consentita dall’attuale normativa nei sensi innanzi precisati, senza dover attendere, qualora sia in possesso di elementi che facciano ritenere il fatto contestato di “gravità tale da rendere necessaria la sospensione”, che siano compiute iniziative giudiziarie che possono anche tardare a tutela del segreto di indagine. 15. Competenza, procedimento, durata, esecuzione, revoca, impugnazione Le disposizioni in corso di approvazione disciplinano in maniera più articolata il procedimento istituzionalizzando e normativizzando principi affermati nella giurisprudenza disciplinare cautelare. Intanto, anche a fini di celerità e immediatezza, è previsto che l’incolpato possa rinunciare all’audizione e che l’audizione possa avvenire tramite un Consigliere delegato56. L’art. 61 stabilisce che la sospensione è applicata dall’Ordine competente; deve quindi farsi riferimento alle norme sul procedimento disciplinare che all’art. 51 stabiliscono la competenza del Consiglio Istruttore di Disciplina e del Consiglio dell’Ordine del luogo in cui La interpretazione contraria non avrebbe senso, non potendosi spiegare perché solo in questo quarto caso rilevi la gravità tale da rendere necessaria la sospensione, non prevista per gli altri, per i quali la gravità e la necessità della sospensione sono impliciti nelle misure e nelle decisioni adottate nell’ambito di un procedimento penale. 56 Attualmente è l’organo collegiale del Consiglio che deve procedere all’audizione. 55

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si trova l’Ordine presso il cui Albo, Elenco o Registro è iscritto l’avvocato o il praticante, ovvero del luogo ove l’iscritto ad altro Albo, Elenco o Registro, abbia commesso il fatto57. Le disposizioni nuove non prevedono le modalità per la comparizione né l’assegnazione di un termine prima di comparire; in mancanza di espressa previsione58, l’audizione può essere disposta ed eseguita con ogni più celere mezzo e per una data, ora e luogo che consentano da un lato per l’organo procedente di avere la prova dell’avvenuta comunicazione e dall’altro consentano all’interessato la comparizione e la difesa (peraltro assicurata con l’assegnazione del successivo termine di dieci giorni per il deposito di difese scritte); prevedono, invece che la deliberazione del Consiglio dell’ordine in Camera di Consiglio, è assunta dopo il decorso del termine di dieci giorni assegnato all’incolpato per il deposito di difese; in caso di eccezionale urgenza il termine è assegnato con lo stesso provvedimento di sospensione: in tal caso l’esame delle difese ha la funzione di confermare, modificare o revocare il provvedimento già assunto. Il Consiglio dell’Ordine trasmette gli atti e la decisione al Consiglio Istruttore di Disciplina59, cui compete l’esercizio dell’azione disciplinare. La riforma stabilisce che la deliberazione di sospensione cautelare è esecutiva dalla data di notifica all’incolpato; la durata della Resta così superata l’antica questione se per il provvedimento cautelare debba essere competente solo il Consiglio dell’Ordine in cui l’interessato è iscritto. 58 Non ritengo che si possa fare riferimento ai termini indicati dall’art. 55 per il procedimento disciplinare, in considerazione della celerità imposta dalla finalità della misura cautelare. 59 Organi del procedimento disciplinare della riforma sono il Consiglio Istruttore di Disciplina, istituito a livello distrettuale presso il Consiglio dell’Ordine nel cui circondario ha sede la Corte di Appello cui è attribuito l’esercizio dell’azione disciplinare, ed è composto da tre membri effettivi e un supplente, e dai Consigli dell’Ordine costituiti in Collegio Giudicante presso ogni Consiglio, composto per ogni procedimento da sette membri effettivi e tre supplenti, costituiti a composizione mista, predeterminata e fissa, con componenti di altri Consigli dell’Ordine del Distretto, ed è presieduto dal Presidente dell’Ordine o da un suo delegato (art. 50 delle disposizioni approvate dalla Commissione Giustizia del Senato). 57

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sospensione è nel massimo di un anno; in mancanza di esplicita indicazione, allo spirare del termine deve ritenersi che di diritto cessi la misura. Altre ragioni di perdita di efficacia sono costituite dalla mancata deliberazione del provvedimento sanzionatorio ordinario nel termine di due anni dalla irrogazione60 (esclusi i periodi di sospensione o per i rinvii chiesti dall’incolpato o determinati dall’impossibilità di costituire il Collegio, tenuto conto comunque della sospensione feriale). Perde altresì efficacia in caso di non luogo a provvedere a seguito del provvedimento disciplinare o qualora la sanzione consista nell’avvertimento o nella censura (le cosiddette sanzioni formali che non incidono sull’effettivo esercizio della professione). La revoca o modifica della durata della misura cautelare possono essere disposte, di ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per fatti sopravvenuti, non sia più adeguata ai fatti commessi. Il provvedimento è immediatamente esecutivo; l’esecuzione spetta alla competenza del Consiglio dell’Ordine al cui Albo, Elenco o Registro è iscritto l’interessato61. L’art. 62 al comma 5 stabilisce che i provvedimenti, tra cui esplicitamente questa volta menziona la sospensione cautelare, devono essere comunicati senza indugio ai capi degli Uffici giudiziari del Distretto ove ha sede il Consiglio dell’Ordine competente per l’esecuzione, nonché a tutti i Consigli dell’Ordine. Per la prima volta in maniera chiara viene posta fine alla problematica della diffusione presso i locali dell’Ordine, risolta in quasi 60 Tale evenienza dovrebbe essere evitata anche attraverso il controllo assegnato dall’art. 63 agli Ispettori ai quali sono affidati compiti di verifica del regolare funzionamento dei Consigli Istruttori di Disciplina e dei Consigli dell’Ordine. 61 È opportuno che le disposizioni contenute nell’art. 62 della riforma siano rese più esplicite al proposito, sia indicando che anche per l’esecuzione della sospensione cautelare è competente l’Ordine di iscrizione, sia stabilendo in maniera più chiara quale debba essere l’organo che deve effettuare la notifica del provvedimento, se quello che delibera la sospensione, ove diverso, o l’Ordine di appartenenza.

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tutti gli Ordini (specie in quelli con meno iscritti e in centri piccoli) in maniera negativa: è prevista infatti la affissione della comunicazione, contenente ovviamente il provvedimento, presso gli Uffici del Consiglio dell’Ordine competente per l’esecuzione. Compete al Consiglio dell’Ordine la detrazione del periodo di sospensione cautelare scontato, dalla misura della sanzione applicata per lo stesso fatto disciplinare. Il provvedimento di sospensione cautelare è ricorribile dinanzi al Consiglio Nazionale Forense nel termine di venti giorni dalla notifica all’interessato, nei modi previsti per l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari. La disposizione contenuta nell’art. 61 comma 7 non indica quale debba essere la natura e portata del ricorso e della valutazione dell’Organo di secondo grado. Trattandosi di provvedimento cautelare la cui natura non è diversa da quella di carattere amministrativo dell’attuale disciplina (come si desume anche dalla possibilità di revoca o modifica), il ricorso non può che riguardare questioni di legittimità e non di merito. Le disposizioni normative non fanno riferimento, ma deve ritenersi, per le ragioni espresse in riferimento alla normativa in vigore, che il ricorso non sospenda l’esecuzione del provvedimento che applichi la misura cautelare.

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Il reato di diffamazione a mezzo Internet di GIANMICHELE PAVONE*

1. Premessa La materia della diffamazione a mezzo stampa è un tema delicato nella regolamentazione del mondo delle informazioni. La disciplina codicistica trova la sua ratio nella necessità di garantire i soggetti da informazioni inesatte o calunniose e nell’impossibilità delle vittime di accedere alla pari ai mezzi di informazione in modo da ottenere una rettifica. Quest’ultima, peraltro, in molti casi non può cancellare gli effetti negativi della notizia iniziale ma, da questo punto di vista, il mondo di Internet, rispetto al mondo dell’informazione tradizionale, offre possibilità di accesso meno costose per quanti volessero diffondere in rete rettifiche rispetto a notizie inesatte. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che il semplice inserimento in rete non è sufficiente: un sito che gode di un ampio pubblico di fedeli “internauti” è in grado di ottenere un’audience molto ampia, che solo in minima parte sarebbe raggiungibile da chi volesse diffondere la smentita. L’uso distorto di Internet dovrebbe essere disincentivato dal fatto che un sito metta in gioco la propria credibilità attraverso l’esattezza delle informazioni che diffonde, ma l’autocontrollo indotto inizia ad essere meno efficace quando cambia la natura del pubblico raggiunto: ad esempio, un sito partigiano che si rivolge ad un pubblico partigiano non vede a rischio la propria reputazione per il fatto * Praticante abilitato.

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di diffondere notizie inesatte, così come molti giornali apertamente schierati con una parte politica non vedono diminuire la reputazione, ma semmai accrescere le ragioni di fedeltà, quando diffondono notizie distorte o anche false a sfavore degli avversari politici pur di riscuotere consensi tra i propri lettori. In questo senso la reputazione di per sé non è sufficiente a garantire trasparenza e correttezza dell’informazione quando altri siano gli interessi in gioco. Il problema della asimmetria tra potenziale calunniato e potenziale calunniatore quindi rimane anche nel mondo di Internet, un fallimento del mercato che può ben giustificare un intervento pubblico che estenda la regolamentazione e gli obblighi di obiettività anche all’attività editoriale via Internet, cercando di evitare di debordare in una serie di oneri nel migliore dei casi inutili e nel peggiore forieri di un controllo eccessivo. 2. Il reato di cui all’art. 595 c.p. Ai sensi dell’art. 595 c.p. (Diffamazione) chiunque, al di fuori dei casi di cui all’art. 594 c.p. (Ingiuria), comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino ad € 1.032,00. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino ad € 2.065,00. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altra forma di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad € 516,00. L’art. 596-bis c.p. (Diffamazione a mezzo stampa) dispone, inoltre, che se il delitto è commesso col mezzo della stampa, lo stesso trattamento sanzionatorio, diminuito in misura non eccedente un terzo, è applicato al direttore o vicedirettore responsabile, all’editore ed allo stampatore (per i reati di cui agli artt. 57 c.p., Reati commessi

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col mezzo della stampa periodica, 57-bis c.p., Reati commessi col mezzo della stampa non periodica, e 58 c.p., Stampa clandestina), in quanto tenuti ad esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati. Il bene giuridico tutelato dal reato de quo è la “reputazione” e sul punto la Suprema Corte1 ha avuto modo di precisare che l’oggetto della tutela penale del delitto in questione è l’interesse dello Stato all’integrità morale della persona: più precisamente, il bene giuridico è la “stima diffusa nell’ambiente sociale” (o “ambiente professionale”2), cioè l’opinione che gli altri hanno del suo onore e decoro (l’opinione della persona è rilevante solo allorché sia conforme a quella sociale). Un’interessante definizione si rinviene, inoltre, in una pronuncia di merito, in base alla quale la reputazione deve essere tutelata “tanto come stima che una persona si è conquistata presso gli altri, quanto come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto indipendentemente dalla buona o cattiva fama che derivi dalla sua condotta”3. Soggetto attivo del reato de quo è, in primo luogo, l’autore dello scritto dal contenuto diffamatorio. Inoltre, ai sensi dell’art. 57 c.p., nonché della normativa sulla stampa4 come accennato, è responsabile anche il direttore del periodico: a titolo di concorso (quando pur consapevole della potenzialità offensiva delle espressioni utilizzate nell’articolo, ne abbia, ugualmente autorizzato la pubblicazione) ovvero per fatto proprio (se l’evento lesivo, pur non essendo voluto dal direttore, non si sarebbe verificato se avesse impiegato la dovuta diligenza nel controllare gli scritti destinati alla pubblicazione). Ai sensi dell’art. 57-bis c.p., le disposizioni di cui all’art. 57 c.p., si Cass. pen., sez. V, 28 febbraio 1995, n. 3247, Lambertini Padovani et al. Trib. Perugia, 28 febbraio 1992. 3 Trib. Roma, 14 giugno 1990. 4 Legge 8 febbraio 1948, n. 47, Disposizioni sulla stampa (Gazz. Uff. 20 febbraio 1948, n. 43), meglio nota come legge sulla stampa (l.s.). 1 2

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applicano, nel caso di stampa non periodica, all’editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile. Inoltre, per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato, il proprietario della pubblicazione e l’editore (art. 11 l.s.). Nel delitto di diffamazione non occorre certo dimostrare l’animus diffamandi: è sufficiente il dolo generico anche nella forma del dolo eventuale, con l’accettazione del rischio della realizzazione di fatti diffamatori5. Quanto al soggetto passivo, è irrilevante l’indicazione nominativa del diffamato, ben potendosi questa desumere da “riferimenti inequivoci”6 a fatti e circostanze di notoria conoscenza, attribuibili ad un determinato soggetto ma la giurisprudenza ha precisato sul punto che, comunque, la persona cui è diretta l’offesa, seppur non necessariamente indicata nominativamente, deve essere “individuabile agevolmente e con certezza”7. Naturalmente, il reato può riguardare soggetti non più in vita e, in tal caso, legittimati ad agire saranno l’erede o il congiunto della persona offesa8. Non può, invece, aversi diffamazione nel caso in cui vengano pronunciate o scritte espressioni offensive nei confronti di una o più persone appartenenti ad una determinata categoria (anche se numericamente limitata), se le persone cui le frasi si riferiscono non siano precisamente individuabili. Infine, possono assumere la veste di soggetti passivi del delitto in questione non solo le persone fisiche, ma anche le persone giuridiche (ad es. società, associazioni, fondazioni, etc.)9. Ex plurimis: Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2007, n. 26964, Poligrafici Editoriale S.p.A. 6 BATTAGLINI, Sul soggetto passivo della diffamazione, in Giust. pen., 1952, II, 594595. 7 Cass. pen., sez. VI, 24 aprile 1972, Zallone. 8 RENDE, Le offese ai defunti, in Riv. pen., X, 1901-02, 263. 9 BATTAGLINI, Capacità passive di diffamazione nelle collettività, in Riv. dir. sport.,1949, n. 3-4, 92. 5

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Con riguardo all’elemento materiale, la diffamazione è un reato istantaneo che si consuma con la comunicazione con più persone lesiva della reputazione10, anche se la comunicazione e/o la percezione da parte di costoro del messaggio non siano contemporanee alla trasmissione e contestuali tra di loro, ben potendo i destinatari trovarsi persino a grande distanza gli uni dagli altri, ovvero dall’agente. La Suprema Corte ha avuto modo di affermare, in un caso di diffamazione posta in essere attraverso Internet, come il reato si consumi al momento della ricezione del messaggio diffamatorio da parte di terzi rispetto all’agente ed alla persona offesa, trattandosi di un reato di evento non fisico ma, per così dire, psicologico, consistente nella percezione da parte del terzo dell’espressione offensiva11. La dottrina12, invece, ritiene che si tratti di un reato di pericolo, non richiedendosi un effettivo pregiudizio per la reputazione del soggetto passivo. 3. La scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca Secondo la Cassazione13 vi è legittimo esercizio del diritto di cronaca soltanto quando vengano rispettate le seguenti condizioni: a) la verità delle notizie (oggettiva o anche soltanto putativa, purché La giurisprudenza, naturalmente, richiede che la condotta offensiva sia idonea a ledere il bene della reputazione. Sul punto: Cass. pen., sez. V, 17 febbraio 1989, secondo cui la capacità lesiva delle espressioni rimane tale anche se rivolte a soggetto circondato da un’inattaccabile stima, poiché da essa non si può ricavare l’oggettiva impossibilità di una lesione della reputazione; Cass. pen., sez. I, 15 maggio 1979; Cass. pen., sez. II, 18 dicembre 1950. 11 Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741. 12 ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte spec., Dei delitti contro la persona, Milano, 1999, 203. 13 Cass. civ., sez. III, 4 luglio 2006, n. 15270, in tema di azione proposta per il risarcimento del danno da lesione della reputazione effettuata con articolo giornalistico, secondo la quale: il legittimo esercizio del diritto di cronaca giornalistica esclude l’esistenza di un “danno ingiusto” nei confronti della persona (fisica o giuridica). 10

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frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca)14; b) la continenza, cioè il rispetto dei requisiti minimi di forma che debbono caratterizzare la cronaca ed anche la critica, evitando termini esclusivamente insultanti; c) la sussistenza di un interesse pubblico all’informazione15. Con particolare riguardo al requisito della verità dei fatti, non vi è dubbio che il giornalista non debba solo verificare l’attendibilità della fonte della notizia ma anche accertare e rispettare la verità sostanziale dei fatti narrati. Il problema si pone, però, in relazione ai fatti dichiarati da altri, oggettivamente offensivi e riportati dal giornalista nell’articolo. La giurisprudenza16 ha statuito che la condotta di chi pubblichi il testo di un’intervista riportando, anche se “alla lettera”, dichiarazioni che abbiano oggettivamente contenuto lesivo della reputazione altrui, non è di per sé scriminata dall’esercizio del diritto di cronaca, rimanendo pur sempre a carico dell’autore dell’articolo il dovere di controllare la veridicità delle circostanze e la continenza delle espressioni riferite. Non esistono, inoltre, “fonti informative privilegiate”17 ed è dovere del cronista esaminare, controllare e verificare i fatti oggetto della sua narrazione. Tuttavia, deve ritenersi esclusa l’illiceità penale della condotta se il giornalista, assumendo una posizione imparziale di terzo osservatore, riporti le dichiarazioni offensive pronunciate dall’intervistato nei confronti di altri, quando l’intervista in sé, in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti, alla materia della discussione ed al 14 Verità che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realtà oggettiva false (in tutto od in parte). 15 Ex plurimis: Cass. civ., sez. III, 15 dicembre 2004, n. 23366; Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2001, n. 15999; Cass. civ., 18 ottobre 1984, n. 5252. 16 Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2001, n. 37140, Galiero e Galiero et al. 17 Cass. pen., sez. un., 23 ottobre 1984, n. 8959, Ansaloni.

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contesto più generale in cui le dichiarazioni siano state rese, presenti profili di interesse pubblico all’informazione tali da prevalere sulla posizione soggettiva del singolo e da giustificare, conseguentemente, l’esercizio del diritto di cronaca. L’espressione “verità oggettiva della notizia”, infatti, può essere intesa sotto un duplice significato: sia come verità del fatto oggetto della notizia, sia come verità della notizia in sé, indipendentemente dalla veridicità del suo contenuto. Occorre, però, che tale dichiarazione costituisca di per se stessa un fatto così rilevante nella vita pubblica che la stampa verrebbe certamente meno al suo compito informativo se lo tacesse. Va tuttavia specificato che, in questo caso, il cronista ovviamente ha il dovere di mettere bene in evidenza – contestualmente alla sua comunicazione e non successivamente, in sede di giudizio – che la verità asserita non si estende al contenuto del racconto, nonché di riferirne anche le fonti di propalazione per le doverose, conseguenti assunzioni di responsabilità18. Il diritto di cronaca, infatti, presuppone la “fedeltà dell’informazione”, cioè l’esatta rappresentazione del fatto percepito dal cronista, il quale deve curare di rendere inequivoco al destinatario della comunicazione il tipo di percezione, se relativa al contenuto della notizia o alla notizia in sé come fatto storico, ed inoltre se diretta ovvero indiretta, derivandone in tale seconda ipotesi il debito riscontro di fatti, comportamenti e situazioni per attribuire attendibilità alla notizia così percepita e poi divulgata19. In una dettagliata pronuncia della Cassazione del 198420, di ben 35 pagine di lunghezza, si rinvengono i criteri stringenti21 che i giornalisti devono rispettare per non incorrere nei rigori della legge22: In tal senso: Cass. civ., 12 dicembre 1988, n. 6737. Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2002, n. 11060; Cass. civ., 29 agosto 1990, n. 8693. 20 Cass. civ., sez. I, 18 ottobre 1984, n. 5259. 21 All’indomani di tale pronuncia, Miriam Mafai, allora presidente del sindacato dei giornalisti, ha affermato: “l’unico giornale possibile, secondo la Cassazione, è la Gazzetta Ufficiale”. 22 Si veda: ABRUZZO, Codice dell’Informazione, a cura del Centro di Documentazione Giornalistica, 1020; MARESCOTTI, Piccola guida per evitare querele, citazioni per danni e 18 19

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- vi può essere un illecito civile anche in assenza di un illecito penale; - la verità dei fatti non è rispettata se è “mezza verità”, o verità incompleta e che in tal caso la “mezza verità” può essere equiparata alla notizia falsa; - il giornalista non deve ricorrere ad “insinuare” attraverso l’uso delle virgolette (è il “sottinteso sapiente”, tale da far leggere fra le righe una verità non detta del tutto); - non bisogna ricorrere a “accostamenti suggestionanti” (ad esempio scrivere di una persona che si vuol mettere in cattiva luce e scrivere nella frase successiva “il furto è sempre da condannare”); - non bisogna usare insinuazioni con la tecnica di frasi del tipo “non si può escludere che...” in assenza di alcun serio indizio; - è offesa anche il ricorso a toni sproporzionatamente scandalizzati o sdegnati, specie nei titoli. 4. Configurabilità del reato di diffamazione a mezzo Internet Il legislatore, pur mostrando di aver preso in considerazione l’esistenza di nuovi strumenti di comunicazione, telematici ed informatici (si veda, ad esempio, l’art. 623-bis c.p. in tema di reati contro l’inviolabilità dei segreti), non ha ritenuto di mutare o integrare la normativa con riferimento ai reati contro l’onore (artt. 594 e 595 c.p.), pur essendo intuitivo che questi ultimi possano essere commessi anche per via telematica o informatica. Pensando, ad esempio, alla trasmissione di comunicazioni via e-mail, ci si rende facilmente conto che è certamente possibile che un agente, inviando a messaggi atti ad offendere un soggetto, realizzi la condotta tipica del delitto di altri guai in tribunale. Possibili conseguenze penali e civili dell’uso incauto delle mailing list e del PhPeace. Prontuario per i redattori con le norme di riferimento, agosto 2005, in http://italy.peacelink.org.

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ingiuria (se il destinatario è lo stesso soggetto offeso) o di diffamazione (se i destinatari sono persone diverse). Ovviamente, l’azione è altrettanto idonea a ledere il bene giuridico dell’onore anche se l’agente immette il messaggio in rete con modalità diverse. Dottrina e giurisprudenza sono, dal canto loro, oramai in accordo, ritenendo che nella nozione di “stampa” di cui all’art. 595, co. 3, c.p. debba essere ricompresso ogni prodotto idoneo alla sua diffusione in una molteplicità di esemplari, con mezzi meccanici o fisico-chimici. Analogamente, per “altri mezzi di pubblicità” si intendono, in senso ampio, tutti gli altri mezzi divulgativi, quindi, anche internet23. È noto che il reato di diffamazione si consumi anche se la comunicazione e/o la percezione non siano contemporanee e contestuali ma, mentre nel caso di diffamazione commessa a mezzo posta o email è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi ad uno o più destinatari, nel caso in cui l’autore del reato crei o utilizzi uno spazio web, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erga omnes (anche se nell’ambito limitato di coloro che abbiano gli strumenti, la capacità tecnica o l’autorizzazione a connettersi). Partendo da tale premessa, si giunge agevolmente a ritenere che l’utilizzo di Internet integri l’ipotesi aggravata di cui all’art. 595, co. 3, c.p. (offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio – solo lontanamente paragonabile a quella della stampa ovvero delle trasmissioni televisive o radiofoniche – rende l’agente meritevole di un più severo trattamento penale24. Internet è, infatti, un mezzo di comunicazione più “democratico”: chiunque, con costi relativamente contenuti e con un apparato tecnologico modesto, può creare un proprio “sito”, ovvero utilizzarne uno altrui. Poiché 23 24

Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741, cit. Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741, cit.

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le informazioni e le immagini immesse nel web, relative a qualsiasi persona, sono fruibili (potenzialmente) in qualsiasi parte del mondo, il reato, di conseguenza, si consuma al momento della percezione del messaggio da parte di soggetti estranei sia all’agente che alla persona offesa25. In relazione al mezzo di comunicazione in questione sono ben ipotizzabili, inoltre: sia il tentativo, laddove l’evento non si verifichi perché, per una qualsiasi ragione, nessuno “visiti” quel determinato sito); sia il reato impossibile, ove l’azione sia inidonea, quando ad esempio l’agente faccia uso di uno strumento difettoso, che solo apparentemente gli consenta l’accesso ad uno spazio web ed in realtà il messaggio non venga mai immesso in rete26. 5. Segue - I soggetti responsabili del reato Un problema di non secondaria rilevanza è quello relativo all’individuazione dei soggetti sui quali gravi la responsabilità per il fatto illecito commesso. Il principio costituzionale secondo cui “la responsabilità penale è personale” (art. 27, co. 1, Cost.), indirizza la proposizione dell’azione nei confronti di coloro che abbiano provveduto alla materiale immissione del messaggio denigratorio in rete. Tuttavia, prescindendo da questa ovvia soluzione, risulta controversa la possibilità di configurare una responsabilità per culpa in vigilando in capo ai gestori dei siti Internet per le violazioni commesse da terzi utenti del servizio offerto. Inizialmente, si è fatto riferimento alle norme sulla responsabilità dell’editore di una testata giornalistica, ed in particolare all’art. 57 e 25 26

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Ibid. Ibid.

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57-bis c.p., relativo ai reati commessi a mezzo stampa, equiparando il gestore di un sito internet ad un responsabile editoriale ed attribuendo a costui l’obbligo di verificare la legittimità di tutto il materiale pubblicato sul proprio server, compreso quello inviato da terzi. Parte della dottrina, inoltre, ha richiamato l’art. 30 della legge n. 223/1990, n. 22327, che attribuisce gli stessi obblighi dell’editore di una testata al gestore di una radio o di una televisione. Secondo questa impostazione emergerebbe, pertanto, una corresponsabilità del gestore nell’illecito commesso dall’utente, consistente nel mancato adempimento dell’obbligo di monitoraggio del materiale inviato sul proprio server. Tale ricostruzione venne, tuttavia, esclusa dalla giurisprudenza sulla base dell’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, che esclude – in virtù del divieto di estensione analogica – la possibilità di applicazione delle norme richiamate al mezzo di comunicazione telematico, il quale è del tutto peculiare28. Internet, in effetti, non può essere ricompreso nella nozione di “stampa”, con la conseguenza che le norme codicistiche, nonché la speciale disciplina legislativa per essa dettata (anche in tema di responsabilità oggettive), non possono applicarsi al nuovo mezzo di comunicazione. Pertanto, in assenza di precise disposizioni normative che regolino specificatamente la 27 Legge 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (Gazz. Uff. 9 agosto 1990, n. 185, Suppl. Ord.). 28 Ex plurimis, si veda G.U.P. Trib. Oristano, 6 giugno 2000, n. 137: relativamente ad un caso di diffamazione commessa tramite Internet, in relazione al quale si chiedeva l’applicazione delle aggravanti previste dall’art. 13 l. 47/48 (diffamazione a mezzo stampa) e dall’art. 30 L. 223/90 (diffamazione a mezzo di trasmissioni radiofoniche o televisive), il Tribunale ha ritenuto che “entrambe le norme considerate non possano essere applicate alla diffamazione commessa attraverso internet, mezzo di diffusione delle informazioni del tutto peculiare, al quale, vertendo in materia penale, non può essere estesa in via analogica la disciplina dettata per la stampa o la radio o la televisione […] d’altra parte, in presenza di una previsione normativa quale quella di cui all’art. 595, comma 3, c.p. concernente l’offesa arrecata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità che si attaglia alla perfezione ai contenuti diffamatori diffusi attraverso internet, non si vede nemmeno quale sia la necessità di effettuare una forzatura interpretativa per ricondurre il caso in esame nell’alveo della disciplina sanzionatoria delle leggi 47/48 o 223/90”.

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materia in esame, ed in considerazione del menzionato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità penale dei gestori di siti internet non può essere delineata a titolo di colpa per non aver impedito la commissione dell’illecito (analogamente a quanto dispone l’art. 57 c.p. per i direttori e/o vice-direttori della stampa) ma solo, eventualmente, a titolo di concorso nel reato (ex art. 110 c.p.), sempre che ne ricorrano tutti i presupposti: pluralità degli agenti; elemento soggettivo (dolo), inteso come volontà effettiva di cooperare nel reato; elemento oggettivo; contributo causale al verificarsi dell’evento. Secondo un orientamento più recente, la nozione di “obbligo giuridico” è sostituita dalla categoria “posizione di garanzia”, che è molto più ampia e non richiede l’individuazione di uno specifico e preciso obbligo di impedire statuito da una fonte avente valenza giuridica, ma un dovere di protezione o controllo (di diritti o beni giuridici) nei confronti gli altri soggetti. Pertanto, la giurisprudenza attuale ritiene che non occorra più rintracciare una fonte esplicita e specifica di tali doveri di protezione o controllo, dal momento che la fonte può essere il sistema normativo nel suo complesso ovvero i rapporti esistenti fra più soggetti (contratto sociale), oppure l’esercizio di un’attività pericolosa, etc.29. Il codice penale parla di omesso impedimento dell’evento. L’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale degli ultimi decenni interpreta tale locuzione in senso estensivo, come “omesso impedimento del reato commesso da altri”30 e da qui nasce e si è ormai consolidata la figura del concorso mediante omesso impedimento del reato com-

29 Limitandoci alle pronunce più recenti: Cass. pen., sez. IV, 4 marzo 2009, n. 10819; Cass. pen., sez. IV, 5 dicembre 2008, n. 4675; Cass. pen., sez. IV, 2 dicembre 2008, n. 1866; Cass. pen., sez. IV, 27 novembre 2008, n. 48292; Cass. pen., sez. IV, 22 ottobre 2008, n. 45698; Cass. pen., sez. IV, 13 febbraio 2008, n. 10857; Cass. pen., sez. IV, 22 maggio 2007, n. 25527, che fonda esplicitamente la posizione di garanzia sul contratto sociale; Cass. pen., sez. IV, 25 gennaio 2006, n. 24201, che fonda così la garanzia sullo svolgimento di attività pericolosa; etc. 30 Sul punto, ex plurimis: Cass. pen., sez. III, 1 dicembre 2005, n. 3124.

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messo da altri (artt. 110 e 40, co. 2, c.p.). Sulla base di tale principio, per rispondere di tale peculiare forma di concorso la causalità è costituita proprio dall’omesso impedimento che equivale ad un diretto e attivo contributo causale31. Esemplificativamente, può essere menzionata una sentenza del Tribunale di Aosta del 5 maggio 200632 la quale ha equiparato da un punto di vista giuridico la posizione del gestore di un blog a quella del direttore responsabile di un prodotto editoriale cartaceo, condannando quest’ultimo per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Secondo tale pronuncia: “il gestore di un blog ha il totale controllo di quanto viene postato e, per l’effetto, allo stesso modo di un direttore responsabile, ha il dovere di eliminare quelli offensivi”. Da ultimo, va precisato che il giudizio di chiarezza che si esprime sul versante penalistico non può purtroppo ripetersi allorquando ci si sposti sul fronte civilistico, piano in cui la vexata quaestio della responsabilità dei gestori dei siti internet per fatti illeciti commessi da propri utenti è oggetto di pronunce giurisprudenziali discordanti e diametralmente opposte. 6. Segue - Il locus commissi delicti Le informazioni e le immagini immesse in rete sono fruibili, almeno potenzialmente, in qualsiasi parte del mondo e proprio per questa caratterizzazione può apparire problematica l’individuazione 31 In relazione a tale impostazione, il Tribunal de grande instance francese, nel 2007 ha escluso la responsabilità del content ed hosting provider per i contenuti illeciti fruibili attraverso il proprio sito Web costituente una meta-mondo dove persone si relazionano attraverso identità virtuali (c.d avatar), qualora non vi sia la prova del suo apporto causale alla divulgazione di materiale pornografico o sulla sua reale conoscenza del contenuto illecito del medesimo materiale” (Tribunal de grande instance, Parigi, 2 luglio 2007). Per un approccio comparatistico, si veda: FALLETTI, La responsabilità dell’internet provider in diritto comparato per materiale pubblicato da terzi, in Dir. Internet, 2007, II, 137 ss. 32 Trib. Aosta, 5 maggio 2006.

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del luogo in cui deve ritenersi consumato il reato commesso a mezzo Internet. È evidente che nessuna difficoltà si presenta in ipotesi di reato commesso agendo dall’Italia in collegamento con un server situato sul territorio dello Stato, poiché il fatto viene interamente realizzato entro i confini italiani e, conseguentemente, è punibile alla stregua del principio generale di territorialità33. Analogamente, se l’agente opera dall’Italia su un server situato all’estero, sussiste la giurisdizione italiana ex art. 6, comma 2, c.p. Al contrario, la situazione si presenta problematica in relazione ai casi in cui l’agente operi all’estero, ove pure sia collocato il server al quale egli acceda, ed il messaggio diffamatorio sia ricevuto, oltre che nel resto del mondo, anche in Italia34. Secondo un’interpretazione errata proposta da parte della giurisprudenza: se la diffusione della notizia diffamatoria è avvenuta fuori dai confini dello Stato italiano, anche la consumazione deve ritenersi avvenuta all’estero. Questo perché la diffamazione si consuma nel momento in cui si verifica la diffusione della manifestazione offensiva diretta a più persone e, in caso di manifestazione separata, alla seconda persona. Quindi, quando il messaggio è stato diffuso su sito internet, benché esso sia leggibile (anche) in Italia, ciò non significa che parte della condotta si sia necessariamente verificata sul nostro territorio nazionale. Si tratta, infatti, di reato istantaneo ed in Italia si è verificata solo parte della diffusione, se non la mera percezione; in tale momento (percezione da parte dell’interessato) si verifica il danno, ma non si consuma il reato, in quanto gli elementi costitutivi della fattispecie sono già tutti presenti.

33 MARCIANO, Il reato di diffamazione a mezzo Internet - reati informatici, in Overlex, 2007, http:// www.overlex.com. 34 Per completezza, si veda: GALDIERI, Teoria e pratica nell’interpretazione del reato informatico, Milano, 1997.

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Secondo la Cassazione35 ed autorevole dottrina36 tale assunto è errato. La diffamazione è un reato di evento, inteso quest’ultimo come avvenimento esterno all’agente e causalmente collegato al comportamento di costui. Si tratta di evento non fisico ma, per così dire, psicologico, consistente nella percezione da parte del terzo (rectius dei terzi) dell’espressione offensiva. Pertanto, la percezione non è un elemento costitutivo della condotta: è un atto non certamente ascrivibile all’agente, ma ad un soggetto diverso, anche se è conseguenza dell’operato dell’agente. Il reato, dunque, si consuma non al momento della diffusione del messaggio offensivo, ma al momento della percezione dello stesso da parte di soggetti che siano “terzi” rispetto all’agente ed alla persona offesa. Per di più, nel caso in cui l’offesa venga arrecata tramite Internet, l’evento appare temporalmente, oltre che concettualmente, ben differenziato dalla condotta. Invero, in un primo momento, si ha l’inserimento in rete, da parte dell’agente, degli scritti offensivi e/o immagini denigratorie, e, solo in un secondo momento (a distanza di secondi, minuti, ore, giorni, etc.), i terzi, connettendosi con il sito e percependo il messaggio, consentiranno la verificazione dell’evento. Orbene, l’art. 6, co. 2, c.p., stabilisce che il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando su di esso si sia verificata, in tutto, ma anche in parte, l’azione o l’omissione, ovvero l’evento che ne sia conseguenza. La c.d. teoria dell’ubiquità37, dunque, consente Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741, cit. MANTOVANI , Diritto penale. Parte generale, Padova, 1992, 427; PAGLIARO, Principi di diritto penale, Milano, 1996, 502 ss. 37 Un aspetto particolarmente dibattuto ed oggetto di numerosi contrasti fra normativa interna e fonti internazionali è quello relativo ai conflitti di giurisdizione. In dottrina sono state formulate due teorie per individuare la giurisdizione competente, meglio note come “teoria dell’ubiquità” e “teoria degli effetti”. Secondo la prima, perché un reato possa ritenersi consumato in un determinato Stato è sufficiente che in esso si perfezioni un suo elemento essenziale. La c.d. teoria dell’ubiquità, dunque, consente al giudice italiano di conoscere del fatto - reato, tanto nel caso in cui sul territorio nazionale si sia verificata la 35 36

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al giudice italiano di conoscere del fatto - reato, tanto nel caso in cui sul territorio nazionale si sia verificata la condotta, quanto in quello in cui su di esso si sia verificato l’evento. Pertanto, nel caso di un iter criminis iniziato all’estero e conclusosi (con l’evento) nel nostro Paese, sussiste la potestà punitiva dello Stato italiano. 7. La valenza probatoria delle schermate di Internet38 Una volta stabilito che in astratto è configurabile la diffamazione a mezzo Internet, occorre chiedersi come sia possibile dare la prova processuale dell’esistenza di uno scritto o filmato o immagine diffamatoria. Non bisogna dimenticare che la pagina web incriminata potrebbe essere cancellata dopo poche ore dalla pubblicazione, quando il reato è già stato commesso ed il danno prodotto. Le informazioni tratte da una rete telematica sono per loro stessa natura volatili e suscettibili di continua trasformazione e, pertanto, deve escludersi che abbia qualità di documento, con conseguente efficacia probatoria, una copia su supporto cartaceo (una mera stampa dalla pagina web) che non risulti raccolta con garanzie di rispondenza all’originale e di riferibilità ad un determinato periodo temporale39. Si impone, quindi, la necessità di fornire certezza al contenuto del testo diffamatorio e dimostrarne la data certa. Tale impellenza viene soddisfatta con una produzione della copia conforme della pagina web, proprio al fine di cristallizzarne il contenuto in un preciso istante temporale. condotta, quanto in quello in cui su di esso si sia verificato l’evento. Più diffusamente, in dottrina: SINISCALCO, Locus commissi delicti, in Enc. Dir., 1974, XXIV, 1054 ss. Sul punto, si veda anche: Cass. pen., sez. V, 17 novembre 2000, n. 4741, cit. 38 Per completezza, si veda: PERRELLA, La prova nella diffamazione a mezzo internet, in http:// www.studiolegaleperrella.it. 39 Cass. civ., sez. lav., 16 febbraio 2004, n. 2912.

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Posto che la pagina web costituisce “documento informatico” (rappresentazione informatica di atti e fatti o dati giuridicamente rilevanti) ai sensi dell’art.1 d.lgs n. 82/200540 e che, ai sensi all’art. 23, la copia del documento informatico – su supporto cartaceo o digitale – è valida se raccolta in conformità alle regole tecniche vigenti, la copia conforme della pagina web potrà essere eseguita da un notaio (oltre che da un cancelliere, segretario comunale, etc.)41 il quale adatti alle peculiarità del documento informatico la tipica attività notarile di rilascio di copie autentiche. Tale certificazione di conformità costituisce il presupposto minimo richiesto dalla giurisprudenza. Per quanto riguarda più precisamente la copia su supporto informatico, il notaio dovrà: 1) eseguire la copia di tutte le informazioni visualizzate; 2) apporre l’attestazione di conformità, indicando il browser utilizzato, l’ora, gli eventuali certificati di sicurezza e l’indirizzo della pagina, comprensivo di url; 3) apporre la firma digitale su tutti i file ovvero associare tra loro i singoli file, esempio tramite il formato zip, quindi, apporre la firma digitale su quest’ultimo. Quanto alla copia cartacea, per ovvie ragioni, potrà essere trasposto solo un contenuto statico (a meno che non si voglia ottenere una copia parziale, non potrà essere utilizzata, ad esempio, per le pagine web con contenuti dinamici, ad es. filmati). In tal caso, dovranno essere indicati: 1) il sito internet; 2) il tipo di browser utilizzato; 3) la data e l’ora in cui la copia viene effettuata; 4) i dati relativi ad eventuali certificati di sicurezza per la verifica dell’identità del sito. Nel caso in cui l’attestazione non rispetti tali formalità richieste dalla giurisprudenza42, la copia avrà efficacia probatoria minima ai sensi dell’art. 2717 c.c. 40 D.lgs 7 marzo 2005, n. 82, “Codice dell’amministrazione digitale” (Gazz. Uff. 16 maggio 2005, n. 112, Suppl. ord. n. 93). 41 Art. 18, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, “Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa” (Gazz. Uff. 20 febbraio 2001, n. 42, Suppl. ord. n. 30). 42 Ex purimis: Cass. civ., sez. I, 25 marzo 1994, n. 2912.

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8. Le proposte di legge Un testo organico volto a disciplinare la materia della diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione risale al 2004 e raccoglie tutte le proposte di legge presentate sino ad allora43. La normativa in questione era finalizzata ad individuare nuove soluzioni per contemperare il diritto alla libera manifestazione del pensiero con la tutela della dignità, della reputazione e dell’identità della persona e, nel contempo, a definire una disciplina uniforme della diffamazione compiuta con mezzi di comunicazione di massa: non solo la stampa, ma anche la televisione, la radio e la rete internet. In primo luogo, vengono espressamente estese le disposizioni sulla stampa di cui alla l. 8 febbraio 1948, n. 47, anche ai siti internet aventi natura editoriale. In secondo luogo, viene integrata la disciplina in materia di pubblicazione (obbligatoria e gratuita) delle dichiarazioni o rettifiche fatte dai soggetti di cui siano state divulgate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità. In particolare, la normativa presentata prevede che le dichiarazioni o rettifiche relative a trasmissioni radiofoniche o televisive debbano essere pubblicate nella stessa fascia oraria della notizia cui si riferiscono, mentre quelle relative a siti informatici debbano esserlo con le stesse caratteristiche grafiche. In entrambi i casi la pubblicazione deve avvenire entro 48 ore dalla richiesta. Le dichiarazioni e le rettifiche devono essere “senza commento”, e tale precisazione sembrerebbe riguardare anche le rettifiche in trasmissioni radiofoniche e televisive e nei siti informatici. 43 Testo unificato, sottoposto alla IX Commissione Permanente, Trasporti, poste e telecomunicazioni, il 27 luglio 2004, come risultante dagli emendamenti approvati, delle proposte di legge C. 26 Stefani, C. 385 Volonte`, C. 1177 Anedda, C. 1243 Pisapia, C. 2084 Pecorella, C. 588 Cola, C. 539 Siniscalchi, C. 3021 Giulietti, C. 2764 Pisapia e C. 4355 Pisapia, in materia di diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione.

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Ulteriori modifiche alla legge n. 47 del 1948 riguardano le rettifiche relative alla stampa non periodica, i criteri che il giudice è chiamato ad applicare nella determinazione del danno alla reputazione, la prescrizione dell’azione civile per il risarcimento del danno stesso e la diffamazione a mezzo stampa. L’art. 2 del testo unificato, inoltre, sostituisce gli articoli 57, 594 e 595 del codice penale, concernenti rispettivamente i reati commessi con il mezzo della stampa periodica, il reato di ingiuria e il reato di diffamazione. In particolare, è espressamente estesa anche ai direttori o vicedirettori responsabili delle testate radiofoniche e televisive la responsabilità – già prevista per i direttori di periodici – per gli eventuali delitti commessi attraverso tali mezzi di comunicazione in conseguenza di una omessa vigilanza da parte loro. Inoltre, la pena prevista per l’ingiuria verbale e l’ingiuria per mezzo di scritti, disegni o comunicazioni telegrafiche o telefoniche diretti alla persona offesa viene estesa anche all’ingiuria effettuata a mezzo di comunicazione telematica. L’autore dell’offesa non è punibile se pubblica dichiarazioni o rettifiche ai sensi della citata legge sulla stampa, come modificata dal presente testo unificato, ma se l’autore dell’offesa è un giornalista, in caso di recidiva, alla condanna consegue l’interdizione temporanea dalla professione. Viene, infine, eliminata la previsione della pena detentiva, nel contempo elevando nel massimo le relative pene pecuniarie. L’art. 3 aggiunge un comma all’articolo 427 c.p.p., il quale prevede che per i reati procedibili a querela della persona offesa il giudice, se emette sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, condanna il querelante alle spese processuali ed eventualmente a rifondere l’imputato delle spese da lui sostenute o anche a risarcirgli il danno. In virtù della novella, il giudice potrebbe altresì condannare il querelante al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende. Infine l’art. 4 contiene una disposizione transitoria, la quale diQuaderni

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spone che siano convertite in pene pecuniarie le pene detentive comminate per i reati di diffamazione o ingiuria che alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame non siano ancora state eseguite o siano in corso di esecuzione. 9. Il caso Google Da poco si è concluso il primo processo penale al mondo per la diffusione di contenuti diffamatori sul web, da molti ritenuto “ridicolo”, con una sentenza che, secondo Marco Pancini, responsabile dei rapporti istituzionali del motore di ricerca, è “un attacco ai principi fondamentali di libertà”. Il Tribunale di Milano ha condannato tre manager44 di Google, il più famoso motore di ricerca al mondo, nell’ambito del procedimento avviato nel capoluogo lombardo dopo la diffusione in rete, nel 2006, di un video shock in cui un minore disabile veniva vessato dai compagni di scuola, con condotte di c.d. bullismo. In particolare il Tribunale, ha condannato gli imputati per violazione della legge sulla privacy a sei mesi di reclusione con pena sospesa e li ha invece assolti dal reato di diffamazione, mentre l’accusa aveva chiesto pene comprese tra 6 mesi ed un anno di reclusione. I giudici di Milano, secondo alcuni, avrebbero stabilito che i responsabili di una piattaforma di hosting di siti internet sono penalmente responsabili per l’attività illecita commessa da terzi. Tuttavia, secondo i difensori degli imputati Giuliano Pisapia e Giuseppe Bana, non è stato accolto dai giudici milanesi il principio che pretendeva un obbligo giuridico di controllo preventivo su quanto viene immes44 Sono coinvolti: David Carl Drummond, ex presidente del c.d.a. di Google Italia, George De Los Reyes, ex membro del c.d.a. di Google Italia e Peter Fleitcher, responsabile delle strategie del gruppo. Assolto, invece, perché accusato solo di diffamazione, Arvind Desikan, responsabile del progetto Google video per l’Europa.

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so in rete. Tutti gli imputati, infatti, sono stati assolti dal reato di cui all’art. 595 c.p. La sentenza in questione, pertanto, per quanto ci è dato sapere in attesa del deposito delle motivazioni e della pubblicazione del testo ufficiale, non apporta alcuna novità nella materia della diffamazione a mezzo Internet che ci occupa in questa sede, ma è stata semplicemente strumentalizzata – come spesso accade – dai mass media al fine di veicolare un certo tipo di messaggio allarmistico a tutela della roccaforte di quella pseudo libertà che è rappresentata da Internet. 10. Conclusioni Dalle questioni affrontate emerge chiaramente quanto sia estremamente difficile regolare per legge un mondo in continua mutazione come Internet, dove coesistono molti format differenti e dove occorrerebbe tracciare un confine per individuare cosa e come dovrebbe essere assoggettato ad una regolamentazione. I prodotti editoriali su Internet possono avere impatto e frequenza di aggiornamento variabili, rendendo le tematiche proposte rilevanti o meno45. Data la sostanziale difformità del mezzo utilizzato, che presuppone una libertà enorme non solo per quanto riguarda l’accesso e la fruizione dei contenuti, ma anche l’utilizzo con finalità divulgative, sarebbe opportuno adottare una linea estremamente cautelativa nell’estendere al mondo di Internet quei controlli e garanzie attuate nel più tradizionale mondo dell’informazione.

45 POLO, La Rete e le regole della Legge. Quanto è difficile regolare il mondo di Internet, in L’Attacco, 3 novembre 2007, 12.

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Cassazione civile: termini di notifiche del provvedimento di sospensione della patente di guida di MARIA ANTONIETTA OLIVIERI*

La vicenda La questione all’esame della Corte di Cassazione origina dall’emanazione di un provvedimento di sospensione della patente di guida, adottato dal Prefetto a seguito dell’accertata violazione dell’art. 142 comma 9 del codice della strada (eccesso di velocità). Adito il Giudice di pace competente, quest’ultimo accoglie l’opposizione sul presupposto che, statuendo l’art. 218 del codice della strada che il provvedimento di sospensione della patente deve essere notificato immediatamente all’interessato, il termine massimo è di 20 giorni o al massimo il giorno successivo all’adozione. Avverso la citata sentenza ha interposto ricorso per Cassazione la Prefettura di Brindisi assumendo la violazione di cui all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. per violazione degli art. 12, 201, 204 e 218 del Cds e vizi di motivazione con riferimento alla tesi adottata dal Giudice di pace ed affermata dalla Cassazione in precedenza. I precedenti La Cassazione con sentenza n. 16714/03 aveva statuito infatti che il provvedimento di sospensione della patente di guida da parte del Prefetto, adottato a seguito del suo ritiro da parte dell’Organo di * Vice-Prefetto aggiunto, Prefettura di Brindisi.

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Polizia che ha accertato la violazione, deve essere notificato all’interessato entro il termine massimo complessivo di 20 giorni, quale risulta dalla somma dei due termini indicati nell’art. 218 (5 giorni e 15 giorni) e comunque ove questo sia già decorso “immediatamente dopo l’adozione del provvedimento prefettizio, ossia al massimo il giorno dopo”. Le osservazioni La Cassazione II sezione rileva che la tesi interpretativa suesposta, peraltro contrastata da pronunce di legittimità (si veda Cassazione 10666/06) è stata definitivamente superata dalle Sezioni Unite con la sentenza 13226/07. Le Sezioni Unite hanno affermato, con riferimento alla ipotesi di sospensione della patente di guida conseguente ad incidente stradale con lesioni, che la natura cautelare del provvedimento trova il proprio fondamento nella necessità di impedire nell’immediato che “il conducente del veicolo nei confronti del quale sussistono elementi fondati di una evidente responsabilità in ordine ad eventi lesivi della incolumità altrui, continui una condotta che può arrecare pericolo ad altri”. Le Sezioni Unite affermano, dunque, che è da escludere che il provvedimento non possa essere adottato per il solo mancato rispetto dei termini (non previsti a termini di decadenza) di cui all’art. 223 comma primo e secondo dovendo ritenersi che “sia gli adempimenti propedeutici richiesti dalla norma che l’emissione del provvedimento di sospensione intervengano entro un tempo ragionevole in considerazione delle finalità cautelari del provvedimento. La Corte di Cassazione con la sentenza n. 19576/09 conclude per la erroneità della sentenza del Giudice di Pace fondata sulla non immediatezza (venti giorni dall’accertamento) della misura cautelare adottata peraltro dopo soli 46 giorni. Quaderni

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Considerazioni finali La sentenza assume una particolare rilevanza in quanto la Suprema Corte ha rafforzato alcune precedenti pronunce mutando l’avviso espresso con la sentenza n. 16714/03. D’altro canto l’art. 218 del Cds si riferisce esclusivamente alla emissione del provvedimento prefettizio e non a fasi successive di natura diversa. Il legislatore ha stabilito un termine di certezza entro il quale un procedimento deve concludersi qualificando come illegittimo il ritardo o il silenzio dell’amministrazione oltre il termine fissato. Tant’è che laddove il legislatore abbia voluto espressamente stabilire un termine per la notifica degli atti (cfr. art. 204 del Cds) lo ha espressamente affermato. SENTENZA N. 19576/09 DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE - SECONDA SEZIONE Repubblica Italiana in nome del Popolo Italiano la Corte Suprema di Cassazione SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli III.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GIOVANNI SETTIMJ – Presidente – Dott. EMILIO MIGLIUCCI – Consigliere – Dott. IPPOLISTO PARZIALE – Consigliere – Dott. PASQUALE D’ASCOLA – Rel. Consigliere – Dott. CARLO DE CHIARA – Consigliere –

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OPINIONI E DOCUMENTI

ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 19413-2006 proposto da: Prefettura di Brindisi, in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis; - ricorrente il Sig. X, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Giovanni Randaccio 1, presso lo studio dell’avvocato Musa Leonardo, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del controricorso, avverso la sentenza n. 130/2005 del Giudice di Pace di Ostuni del 21/04/05, depositata il 12/05/2005; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/03/2009 dal Consigliere Relatore; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio Uccella che ha concluso visto l’art. 375, 2° c.p.c. per la manifesta fondatezza del ricorso in ogni ulteriore fondamento come per legge. Fatto e diritto

Il giudice di pace di Ostuni con sentenza del 12 maggio 2005 accoglieva l’opposizione proposta dal Sig. X avverso il Prefetto di Brindisi per l’annullamento del decreto del 6 aprile 2004, notificato il 5 maggio successivo, con il quale, sulla base di un verbale redatto dalla locale Polizia stradale il 20 marzo 2004 per violazione dell’art. 142 co. 9 CdS, aveva sospeso la patente di guida per il periodo di giorni quaranta. Rilevava che il provvedimento, attesa la natura cautelare cui era ispirato, avrebbe dovuto essere immediatamente notificato all’interessato nel rispetto del termine di venti giorni o, al massimo, il giorno successivo all’adozione. La Prefettura di Brindisi ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 16 giugno 2006. Quaderni

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OPINIONI E DOCUMENTI

Il Sig. X ha resistito con controricorso, illustrato da memoria. Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso perché manifestamente fondato. Fondatamente parte ricorrente denuncia violazione degli artt. 12, 201, 204 e 218 del codice della strada e vizi di motivazione con riferimento alla tesi adottata dal giudice di pace, e predicata da Cass. 16714/03, secondo la quale il provvedimento di sospensione della patente da parte del Prefetto, adottato a seguito del suo ritiro da parte dell’agente od organo di polizia che ha accertato la violazione, deve essere notificato all’interessato nel rispetto del termine massimo complessivo di venti giorni, quale risulta dalla somma dei due termini indicati nei due commi dell’art. 218 e, comunque, ove questo sia già decorso, «immediatamente» dopo l’adozione del provvedimento prefettizio, ossia, in tal caso, al massimo, il giorno dopo. Tale tesi, già contrastata da altre pronunce di legittimità (si veda Cass. 10666/06) è stata definitivamente superata dall’arresto reso dalle sezioni Unite con la sentenza n. 13226/07. È stato ritenuto dalle SU che “Il provvedimento del prefetto di sospensione della patente di guida a norma dell’art. 223 cod. della strada ha natura cautelare e trova giustificazione nella necessità di impedire nell’immediato, prima ancora che sia accertata la responsabilità penale, che il conducente del veicolo, nei confronti del quale sussistono fondati elementi di un’evidente responsabilità in ordine ad eventi lesivi dell’incolumità altrui, continui una condotta che può arrecare pericolo ad altri. Pertanto è da escludere che esso non possa più essere adottato per il solo mancato rispetto dei termini (non previsti a pena di decadenza) di cui all’art. 223, comma primo (dieci giorni per la trasmissione del rapporto al prefetto e alla direzione generale della M.T.C.) e secondo (quindici giorni per la trasmissione del parere del competente ufficio della direzione generale della M.T.C.), o perché il prefetto ometta di richiedere il parere del competente ufficio della direzio-

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OPINIONI E DOCUMENTI

ne generale della M.T.C. (la cui richiesta deve effettuare “appena ricevuti gli atti”) lo stesso giorno in cui gli è pervenuto il rapporto, o non provveda appena ricevuto detto parere, dovendo, invece, ritenersi che sia gli adempimenti propedeutici di cui si è detto, sia l’emissione del provvedimento di sospensione intervengano entro un tempo ragionevole in considerazione delle finalità cautelari del provvedimento. L’accoglimento del ricorso proposto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. consente la decisione nel merito della controversia, non essendo necessari altri accertamenti in fatto. La brevità dei tempi decorsi tra i vari atti che hanno portato al decreto di sospensione esclude che vi sia stata violazione del principio di ragionevolezza enunciato dalle Sezioni Unite ed evidenzia la erroneità della sentenza impugnata, fondata sulla non immediatezza (venti giorni dall’accertamento) della misura cautelare, adottata peraltro dopo soli 46 giorni. Si fa luogo pertanto, con decisione ex art. 384 per l’accoglimento dell’originaria opposizione. È equo compensare le spese di lite, atteso che la composizione del contrasto è avvenuta solo dopo la proposizione del ricorso. PQM Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Spese compensate. Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda sezione civile tenuta il 24 marzo 2009.

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La Riforma della Previdenza Forense Trattamenti pensionistici di VITTORIO MORMANDO*

Con decreto Ministeriale del 18 dicembre 2009 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31/12/2009) il Ministero del Lavoro, di concerto con i Ministeri dell’Economia e della Giustizia (Ministeri vigilanti sulla Cassa) ha approvato i nuovi regolamenti per le prestazioni previdenziali e per i contributi che costituiscono e realizzano la riforma del sistema previdenziale predisposto dal Comitato dei Delegati di Cassa Forense per assicurare il mantenimento dell’attuale sistema pensionistico ed assistenziale e per assicurare la sostenibilità finanziaria dell’Ente per i prossimi cinquanta anni. Prima di esporre i contenuti della riforma in tema di trattamenti pensionistici, ritengo necessario spiegarne le ragioni che l’hanno determinata. Al riguardo nel mondo dell’Avvocatura si sono diffuse le più disparate voci e, principalmente, critiche per gli Amministratori e Delegati della Cassa. Per capire la vera ratio della riforma bisogna prendere le mosse dalla L. 576/80 che è la legge base della previdenza forense. Con tale legge, infatti, venne impostato il sistema previdenziale forense che è durato sostanzialmente invariato (salvo gli inevitabili aggiustamenti) sino all’attuale riforma. * Già Consigliere di Amministrazione di Cassa Forense.

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Gli attuari ed amministratori dell’epoca studiarono la normativa trovandosi in questa situazione: - Iscritti alla Cassa: 45.000 di cui il 65% uomini ed il 35% donne. - Età media di un uomo: 72 anni, età media di una donna 78 anni. La situazione al 2008 era radicalmente cambiata: - Iscritti alla Cassa 145.000 di cui 60% donne, 40% uomini. - Età media di un uomo 78 anni, età media di una donna 83 anni. Alla luce di tali semplici dati risulta evidente che la Cassa non poteva continuare ad erogare trattamenti pensionistici sulla base degli stessi principi del 1980 pena il default che si sarebbe verificato nel 2027 (esaurimento completo del patrimonio). Per risolvere il grave problema ai Delegati si prospettavano due strade: o mantenere l’attuale sistema (con le ovvie modificazioni sul piano dell’età pensionabile e della misura della contribuzione) ovvero passare dal sistema retributivo a quello contributivo. La discussione è stata lunga e travagliata in quanto c’era chi intendeva mantenere l’attuale sistema e chi (delegati del Nord e giovani avvocati) preferiva passare al sistema contributivo. Il passaggio a tale secondo criterio avrebbe assicurato stabilità eterna alla Cassa. Le conseguenze sarebbero state certamente molto gravi. Infatti la Cassa sarebbe diventata una normale compagnia di assicurazione in quanto si sarebbero erogate pensioni in base al rendimento degli importi versati dagli iscritti (tanto mi hai versato – tanto ha reso il capitale che hai versato – tanto ti erogo di pensione). Oltre alla riduzione drastica delle pensioni rispetto a quelle attuali (mediamente il 60% in meno) una riforma in tal senso avrebbe fatto venire meno un fine fondamentale che sta alla base della stessa esistenza della Cassa: l’assistenza. La Cassa, infatti, non avrebbe potuto erogare somme a titolo di assistenza in quanto non avrebbe Quaderni

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potuto sottrarre agli iscritti somme da destinare ad assistenza (se non in maniera limitatissima). Basti pensare all’assistenza in caso di bisogno erogata tramite i Consigli dell’Ordine, all’assistenza indennitaria in caso di malattia ed infortunio, alle pensioni indirette erogate ai superstiti dopo cinque anni di iscrizione alla Cassa ecc.). Ed allora il Comitato dei delegati, chiamato a decidere preliminarmente a scegliere tra mantenimento del sistema retributivo e passaggio al sistema contributivo, con votazione a larghissima maggioranza (53 a 23) ebbe a scegliere di mantenere l’attuale sistema retributivo. Effettuata la scelta di fondo era necessario assicurare la sostenibilità economica per un numero adeguato di anni. A questo punto si inserisce la disposizione di cui al comma 763 dell’art. 1 della legge finanziaria del 31/12/2007. Tale norma imponeva ed impone alle Casse di Previdenza dei liberi professionisti di assicurare la sostenibilità finanziaria per 30 anni. Ma il Comitato dei Delegati si è dato da subito il compito di raggiungere con la riforma una sostenibilità di almeno 50 anni. Era evidente che per raggiungere tale obiettivo bisognava agire su due linee: una l’aumento dell’età pensionabile e corrispondente aumento degli anni di iscrizione (effettiva iscrizione e contribuzione) e l’altra l’aumento dei contributi (soggettivo ed integrativo). Questi sono i principi e la storia degli eventi che hanno portato alla riforma del sistema previdenziale e ne ha assicurato la sostenibilità ben oltre i cinquanta anni consentendo alla Cassa di continuare a svolgere anche il fondamentale fine dell’assistenza. Passiamo ora all’esame del contenuto della riforma in tema di prestazioni pensionistiche.

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REGOLE GENERALI DEI TRATTAMENTI PENSIONISTICI • Tutte le pensioni sono corrisposte su domanda degli aventi diritto. • I trattamenti pensionistici decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la presentazione della domanda per le pensioni di invalidità, inabilità e di vecchiaia contributiva. • I trattamenti pensionistici decorrono dal primo giorno del mese successivo all’evento da cui nasce il diritto, per le pensioni di vecchiaia, reversibilità e indiretta indipendentemente dalla data della domanda (salva, ovviamente, la prescrizione). • Ai fini del diritto a pensione si calcolano, per intero, l’anno solare in cui ha avuto decorrenza l’iscrizione (ad esempio se l’iscrizione è avvenuta il 31 dicembre si calcola per intero l’anno relativo) e l’anno in cui si maturano i requisiti per l’ammissione al trattamento (anno a quo ed anno ad quem computator). • Gli anni oggetto di riscatto e/o ricongiunzione regolarmente adempiuti, sono equiparati ad ogni effetto agli anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. Pensione di vecchiaia - Età pensionabile L’età pensionabile è stata elevata da 65 a 70 anni e ciò gradualmente secondo la seguente progressione: ANNI SOLARI DI PENSIONAMENTO

2011 – 2013 2014 – 2016 2017 – 2018 2018 – 2020 2021

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ETÀ MINIMA

66 67 68 69 70

ANZIANITÀ MINIMA

31 32 33 34 35

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È possibile, tuttavia, anticipare a 65 anni la pensione, sempre che si siano maturati gli anni di anzianità minima (anni di effettiva iscrizione e contribuzione). In tale caso l’importo della pensione sarà ridotto del 5% per ogni anno di anticipo – esattamente lo 0,41% per ogni mese di anticipazione che corrisponde ad un 5% annuo – (esempi: un collega che nel 2012 compie i 65 anni di età ed ha maturato almeno 31 anni di effettiva iscrizione e contribuzione, può andare in pensione ottenendo una pensione pari al 95% di quella intera; altro esempio: un collega che nel 2017 compie 65 anni di età ed ha maturato almeno 33 anni di effettiva iscrizione e contribuzione, può andare in pensione ottenendo una pensione pari all’85% di quella intera; altro esempio: un collega che nel 2022 compie 65 anni di età ed ha maturato almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione può andare in pensione ottenendo una pensione pari al 75% di quella intera). Tale criterio trova una sostanziale mitigazione per effetto dell’emendamento proposto da Dario Lolli e da chi scrive il presente articolo ed approvato con notevole difficoltà dal Comitato dei Delegati. La norma introdotta prevede che i colleghi che abbiano maturato almeno 40 anni di effettiva iscrizione e contribuzione possono andare in pensione al compimento di 65 anni di età senza alcuna riduzione percentuale. Per “utilizzare” al meglio la normativa di cui sopra il suggerimento che mi sento di dare è che i colleghi verifichino la loro posizione previdenziale e provvedano a far decorrere l’iscrizione dall’anno in cui hanno compiuto 25 anni (nel calcolo degli anni di iscrizione l’anno iniziale si computa così come si computa l’anno di maturazione dei requisiti) provvedendo a riscattare gli anni mancanti. Ovviamente, per chi si trova nelle condizioni relative, consiglio di utilizzare la ricongiunzione di periodi contributivi con altri enti previdenziali precedenti a quelli di iscrizione alla Cassa Forense. In tema di riscatto desidero effettuare una breve digressione ricordando che l’importo del riscatto è interamente deducibile fiscalmen-

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te e può essere rateizzato in cinque anni con il pagamento di interessi del 2,5%. Per valutare la convenienza o meno del riscatto basta effettuare un breve calcolo tra il costo del riscatto e l’importo della percentuale di pensione non decurtata che si otterrebbe dai 65 anni all’anno di pensione piena: ovviamente tanto più conveniente sarà il riscatto quanti più anni di pensione non decurtata si otterrebbero. Supplementi di pensione Il supplemento di pensione è stato abolito. Infatti per le pensioni erogate dopo il 1° gennaio del 2021 non sono previsti supplementi di pensione. L’attuale normativa si applica solo per le pensioni maturate (maturazione dei requisiti indipendentemente dalla data di liquidazione) alla data del 31 dicembre 2010. Per le pensioni maturate dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2020, le disposizioni transitorie prevedono: ANNO DI DECORRENZA PENSIONE

2011 - 2013 2014 - 2016 2017 - 2018 2019 - 2020

DECORRENZA SUPPLEMENTO

Dopo quattro anni dal pensionamento Dopo tre anni dal pensionamento Dopo due anni dal pensionamento Dopo un anno dal pensionamento

Il supplemento è, comunque, dovuto dal mese successivo alla cancellazione dagli albi e viene liquidato con il sistema contributivo. Calcolo della pensione Anche la media dei redditi da prendere in considerazione ai fini della determinazione (attualmente i migliori 20 degli ultimi 25) della pensione, è stata modificata ampliandola al fine di “raffreddare” l’importo della pensione. Quaderni

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La media dei redditi deve comprendere, quindi, almeno 30 anni. Non è prevista l’esclusione dei peggiori cinque redditi professionali qualora gli anni di iscrizione maturati siano inferiori a: 25 anni fino al 31 dicembre 2010; 26 anni fino al 31 dicembre 2013; 27 anni fino al 31 dicembre 2016; 28 anni fino al 31 dicenbre 2018, 29 anni fino al 31 dicembre 2020 30 anni dal 1° gennaio 2021. Il calcolo della pensione è stato, ovviamente, modificato seguendo sempre il principio del pro rata. Per le pensioni erogate dal 1° gennaio 2010 il coefficiente di calcolo sarà applicato, per gli anni antecedenti, con le precedenti regole e per gli anni dal 2010 compreso in poi con le nuove regole SCAGLIONE DI REDDITO

COEFFICIENTE VIGENTE

€. 0 - €. 42.550 €. 42.550 - €. 64.000 €. 64.000 - €. 74.500 €. 74.500 - €. 85.250 (tetto pensionabile)

1,75% 1,50% 1,30% 1,15%

NUOVO COEFFICIENTE

1,50% 1,50% 1,20% 1,20%

Pensione di anzianità Il Comitato dei Delegati nella nuova normativa relativa al Regolamento delle prestazioni previdenziali, è intervenuto sulla pensione di anzianità procedendo ad un “raffreddamento” innalzando sia l’età minima che l’anzianità minima (attualmente 58 anni di età e 36 anni di anzianità). La progressione è la seguente: ANNI SOLARI PENSIONAMENTO

2012 – 2013 2014 – 2015 2016 – 2017 2018 – 2019 2020

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ETà MINIMA

ANZIANITà MINIMA

58 59 60 61 62

36 37 38 39 40

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Desidero ricordare che la pensione di anzianità comporta la cancellazione dall’Albo (Cassazione compresa) e può essere liquidata, una volta deliberata, solo a cancellazione avvenuta. Conseguentemente l’eventuale reiscrizione all’albo comporta la sospensione dell’erogazione della pensione. Trattamento minimo Una importantissima innovazione è stata apportata con riferimento al trattamento minimo. Come ritengo sia noto, la Cassa erogava trattamenti pensionistici non inferiori ad un importo minimo che per l’anno 2008 è stato di €. 10.160,00. L’erogazione del trattamento minimo rientra tra i trattamenti assistenziali in quanto la Cassa per poter erogare un trattamento al minimo deve attingere a fondi propri non essendo evidentemente sufficienti le somme versate dall’avvocato nel corso della vita professionale. Rientrando l’istituto della pensione minima tra i trattamenti assistenziali il Comitato dei Delegati ha ritenuto necessario far conseguire all’avvocato o all’avente diritto tale trattamento nel caso di sussistenza di un effettivo stato di necessità; legando, quindi, tale trattamento all’ipotesi che l’avente diritto non disponga in ambito familiare (lui e la moglie) di un reddito inferiore a tre volte il trattamento minimo (quindi €. 30.480,00). In tale ipotesi l’integrazione al minimo viene calcolata solo per la differenza sino al raggiungimento di tale importo. Pensione di inabilità – Pensione di invalidità Il Comitato dei Delegati, interpretando nel modo migliore e più pieno il ruolo effettivamente assistenziale della Cassa è intervenuto in maniera forte in tema di pensioni di inabilità e di invalidità dimezQuaderni

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zando da dieci a cinque gli anni di iscrizione alla Cassa sufficienti per ottenere un trattamento pensionistico per eventi (malattia e/o infortunio) che abbiano determinato l’impossibilità a svolgere attività professionale (inabilità) o l’abbiano ridotta a meno di un terzo (invalidità). Mentre con la pensione di invalidità l’avvocato può proseguire l’attività professionale, per la pensione di inabilità l’avvocato dovrà cancellarsi dagli Albi. Entrambi i trattamenti pensionistici si ottengono sempre che l’avvocato sia iscritto alla Cassa prima del quarantesimo anno di età. Entrambe le pensioni vengono erogate nel rispetto dei minimi (la pensione di invalidità è ridotta del 30% rispetto alla pensione piena). Pensioni di reversibilità ed indirette La pensione di reversibilità e quella indiretta spettano al coniuge superstite, anche se titolare di altra pensione e/o altri redditi ed ai figli minori fino al compimento degli studi e, comunque, sino al compimento del 26° anno di età. La pensione di reversibilità ha come presupposto che l’avvocato fosse titolare di pensione o avesse maturato il diritto a pensione, mentre la pensione indiretta spetta quando l’avvocato non aveva ancora maturato il diritto a pensione quando l’evento morte sia intervenuto dopo solo dieci anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. Anche a tale trattamento viene riconosciuto il minimo pensionabile. Pensione di vecchiaia contributiva Da ultimo tratto la pensione di vecchiaia liquidata con il metodo contributivo. Tale pensione è stata introdotta per venire incontro a

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tutti gli avvocati che, per varie ragioni (il più delle volte perché avevano svolto altre attività ed, una volta ottenuto o maturato un diritto ad un trattamento pensionistico avevano scelto di fare gli avvocati) si sono iscritti alla Cassa avanti negli anni e ad un’età tale che non avrebbe permesso loro di maturare un trattamento pensionistico di anzianità o vecchiaia. La pensione viene determinata sulla base del rendimento dei contributi versati per un arco di tempo non inferiore a cinque e sempre che l’avvocato abbia raggiunto l’età pensionabile 65 o età maggiore in ragione di quella prevista con la riforma. La pensione si consegue esclusivamente su domanda ed a partire dal primo giorno del mese successivo alla domanda stessa anche se il diritto è stato maturato precedentemente. La pensione contributiva non dà diritto a supplementi di pensione anche se l’avvocato prosegue l’attività professionale, fermo restando l’obbligo per lo stesso di versare il contributo soggettivo previsto per i pensionati di vecchiaia. La pensione di vecchiaia contributiva, ovviamente, non dà diritto all’integrazione al minimo ed è, però, reversibile alla vedova ed altri superstiti. Pensione modulare La grande novità della riforma è costituita dall’introduzione di una pensione modulare per integrare il trattamento pensionistico di base. Chiarisco subito che sono molto scettico su tale innovazione che è stata introdotta più per mediare con il ministero del lavoro che spingeva per forme di previdenza integrativa che per effettivi benefici per la categoria. In buona sostanza la pensione modulare prevede che l’avvocato Quaderni

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debba versare un uno per cento obbligatorio del proprio reddito che genererà una pensione aggiuntiva (che non potrà che essere modestissima per non dire insignificante) liquidata con il sistema contributivo. L’avvocato, potrà versare volontariamente una percentuale fino al 9% del proprio reddito che andrà a formare un montante economico che sarà liquidato con il criterio contributivo sulla base di un rendimento non inferiore al 2,50%. Non credo che tale forma di pensione integrativa possa avere successo e sarà utilizzata da pochissimi avvocati con guadagni milionari, ma non certamente dalla generalità dei colleghi, specie dei giovani alle prese con le difficoltà di una professione che sta diventando sempre meno gratificante anche sul piano economico.

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NOTE DI STORIA FORENSE

NOTE DI STORIA FORENSE

Il sistema delle pene nei codici penali del Regno delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna Seconda parte di AUGUSTO CONTE

L’art. 47 Sezione Seconda della Legge su i delitti e sulle pene del 20 maggio 1808, n. 1431, la prima, in ordine cronologico, di quelle in trattazione sul sistema delle pene, dopo la pena di morte indicava la “pena dè ferri”2. Ulpiano3 così spiegava i vari tipi di pene: “Nunc genera poenaPubblicata sul Bullettino delle Leggi e Decreti del Regno di Napoli, Vol. IV, 20.5.2008. 2 Come si è visto nella prima parte il sistema di applicazione delle pene era modulato secondo una “scala penale” in funzione della quale un rilevante parametro di commisurazione era costituito dalla intensità del dolo che andava correlata allo scopo di emenda attribuito alla pena: infatti, l’art. 47 della Legge stabiliva che la pena, con la privazione dei diritti naturali e civili dell’uomo, pronunciata per correggere i colpevoli, veniva applicata “per riparare i danni cagionati dal delitto, e per frenare coll’esempio la reiterazione del delitto stesso”, principi tipici dell’illuminismo giuridico-penale. Al principio utilitaristico in cui l’attenzione veniva polarizzata sul pericolo e sul danno sociale scaturente dal reato, Mario Pagano, nell’opera pubblicata postuma “Principi del Codice Penale”, rivendicando i diritti della persona umana, non solo riteneva non doversi prescindere, nella applicazione della pena, dalla sua commisurazione e proporzione con il delitto commesso, ma anche rapportarvi la giusta retribuzione, determinando la pena sulla effettiva intenzionalità del singolo episodio criminoso, e secondo la qualità e quantità del dolo. 3 L. 1.6 ff. e L. 28 ff. de poenis § 1. 1

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rum nobis enumeranda sunt..., et sunt poenae, quae aut vitam adimant, aut servitutem injungant, aut civitatem adimant, aut exilium, aut coercitionem corporis contineant”. 1.2 “La pena dè ferri”, al successivo art. 51 della Legge è indicata come quella che “sottopone il reo alla custodia continua di una catena, ai travagli penosi detti delle galere, o ad altre opere pubbliche della stessa natura”. La pena poteva essere perpetua o temporanea. Quella temporanea prevedeva quattro gradi: il primo “abbracciava” un periodo da tre a cinque anni; il secondo da sei a dieci anni; il terzo da undici a quindici anni; il quarto da sedici a venti anni. Una volta stabilito il grado da applicare il giudice era “arbitro”4 di spaziare tra il minimo e il massimo5. Alla “pena dè ferri” poteva aggiungersi quella esemplare della gogna6; in questo caso la natura della pena esemplare era accessoria

4 L’“arbitrio” del giudice nella applicazione della quantità della pena era indicato nel Digesto di Giustiniano; nel titolo “de poenis” come spiega Mario Pagano (“Principj del Codice Penale”, opera postuma pubblicata a Milano nel 1803 da Agnello Nobile, libraiostampatore) veniva “imposto ai giudici di minorare o di accrescere le pene, secondo le circostanze diverse ivi memorate: “Sed haec quatuor genere (delictorum) consideranda sunt semper modis, caussa, persona, loco, tempore, qualitate, quantitate, eventu”. Beccaria insisteva nella necessità della proporzione fra i delitti e le pene (“Dei Delitti e delle Pene”. § VI°) osservando, tra l’altro: “Se una pena uguale è destinata a due delitti che disugualmente offendono la società, gli uomini non troveranno un più forte ostacolo per commettere il maggior delitto, se con esso vi trovino unito un maggior vantaggio”. 5 La graduazione delle pene risaliva al diritto romano; superato il principio più antico del “diritto del taglione”, - chiamato (Mario Pagano - “Principj del Codice Penale”) “secondo la testimonianza di Aristotele nei Libri a Nicomaco, “diritto pittagorico”, dacchè Pittagora per avventura il primo sia stato trà Greci che dettò la teoria. Ebbe il nome di taglione, poiché tal male si soffre quale altrui si recò” - Ulpiano (vedi nota n. 3) le suddivideva nelle specie diverse: “Capitalium poenarum fere isti gradus est. Summum supplicium esse videtur ad furcam damnatio; item vivi crematio; item capitis amputatio; deinde proxime morti poena metalli coercitio; deinde in insulam deportatio. Caeterae poenae ad extimationem, non ad capitis periculum pertinent, veluti relegatio ad tempus, vel in perpetuum; vel in insulam; vel cum in opis quis publicum datur ad tempus; vel cum fustium ictui subiicitur”. 6 Le pene esemplari, ai sensi dell’art. 47 della Legge potevano essere principali o accessorie.

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alla principale e consisteva nella “esposizione del reo o nella piazza della residenza del Tribunale, o in quella del luogo del commesso delitto, con un cartello che spieghi il di lui nome, il cognome, il delitto per cui abbia patito la condanna, e le circostanze che l’hanno accompagnata”7. L’esposizione al pubblico non poteva eccedere la durata di tre ore; invece il cartello, o la pubblicazione della condanna poteva essere affisso per il tempo che secondo il giudice poteva essere necessario per “il pubblico esempio”. Secondo Cesare Beccaria il fine delle pene “non è altro che d’impedire il reo di far nuovi danni ai suoi cittadini, e di rimuoverne gli altri dal farne uguali”8; quindi il “pubblico” esempio contribuiva al fine di prevenzione generale in aggiunta a quello di prevenzione speciale che doveva avere effetto sul reo. Secondo Rousseau la prevenzione generale è insita nello scopo di emenda che deve essere prioritario9. La pena detentiva era prevalente in tutti i sistemi dell’epoca, non solo in materia criminale e correzionale, ma anche nell’ambito dell’illecito di polizia10. “La reclusione a parer nostro è la base principale d’un buon sistema penale; è la pena delle società incivilite. Importa poco che il legislatore la chiami reclusione, detenzione o prigionia; la sua prima 7 Art. 52 della Legge. La commissione istituita nel 1810 per completare il sistema giudiziario, composta da Giuseppe Poerio, Davide Winspeare, Felice Saponaro, Amedeo Ricciardi e Niccola Nicolini aveva proposto di applicare alle donne la gogna solo come pena principale perchè “l’esser stata attaccata ad un palco sulla pubblica piazza ed esposta per lo spazio di un’ora agli insulti, ed all’obbrobrio di un popolo intero, non fa un perderla per sempre alla patria ed all’onore”?. 8 Cesare Beccaria. Dei Delitti e delle Pene. Edizioni varie. Cap. XV°. 9 J. J. Rousseau. Il contratto sociale. I°, II°, Cap. V°. 10 L’art. 11 della Legge sulla giurisdizione di polizia e sulla giustizia correzionale 22.5.1808, n. 153 afferma che quando la sanzione non è stabilita espressamente, le pene di polizia municipale “si estendono fino all’ammenda di ducati sei, ed alla detenzione per un tempo non maggiore di tre giorni.

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qualità è d’essere eminentemente correzionale; perchè può essere combinata col lavoro, perchè le si può imprimere una tendenza morale. Il sistema penitenziario non è che un modo d’applicazione di questa pena”11; Adolfo Chauveau suggeriva alcune regole: separazione dei colpevoli nelle prigioni per evitare che la comunicazione tra loro renda impossibile ogni emenda morale; istituzione del lavoro, che ha lo scopo di togliere i detenuti dai vizi che genera l’ozio. La pena esemplare della esposizione pubblica della gogna era ritenuta particolarmente odiosa, potendo ingenerare “sinistre conseguenze, sia pel condannato che la soffre, sia nel pubblico cui si dà questo spettacolo12; pur essendo un mezzo efficace, molto esemplare e temuto dai condannati, con il quale era possibile dare alla punizione la stessa pubblicità del reato e rendere “preventrice e sensibile” per tutti l’azione repressiva della giustizia, la gogna degradava il condannato agli stessi suoi occhi, facendogli perdere ogni pudore essendo costretto ad affrontare i fischi della plebaglia13; e il sentimento della sua infamia gli toglie non solo la possibilità ma anche il desiderio di riguadagnare la stima dei suoi concittadini. “Relativamente al pubblico questa pena che lo spaventa può anche depravarlo, spegne in esso i sentimenti di benevolenza e di pietà, e lo familiarizza colla vista dell’infamia”14 e per di più non sfiora uno scellerato insensibile a qualsiasi vergogna, mentre schiaccia un infelice capace di pentimento, disseccando nell’animo del condannato il germe della rigenerazione immorale. La pena della gogna è irreparabile (come la 11 Adolfo CHAUVEAU, Teorica del Codice Penale, pag. 59. Chauveau era Avvocato ai Consigli del Re ed alla Corte di Cassazione francese. Il testo, era di edizione francese, aumentata in Belgio. Versione italiana eseguita nello Studio dell’Avvocato Leopoldo Tarantini. Vol. I°. Napoli; stabilimento dell’Antologia Legale di Domenico Capasso. Strada S. Sebastiano, n. 51, nel Cortile R.R. P.P. Gesuiti, I° piano. Anno 1853, pag. 59. 12 Teorica del Codice Penale cit., Vol. I°, pag. 70. 13 “Uno spettacolo troppo atroce per l’umanità non può che essere un passeggiero furore” (Cesare Beccaria. Dei Delitti e delle Pene § XXVII) che non ha alcun effetto esemplare e preventivo. 14 Teorica del Codice Penale, cit. Vol. I°, pag. 71.

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pena di morte); se il condannato dovesse risultare innocente non vi sarà modo per cancellare l’infamia impressagli. La pubblica esposizione, eseguita sotto forme diverse, rimonta a epoca remota. Nelle più antiche consuetudini si trovavano menzionati “i diritti di gogna e di berlina” come parte dei diritti spettanti ai signori investiti di alta giustizia. La conservazione della pena della gogna fu mantenuta per la sua grande efficacia repressiva, essendo esemplare in alto grado, come la pena di morte, ed era molto temuta15. 1.3. L’altra pena adottata dall’art. 47 della Legge su i delitti e sulle pene del 20 maggio 1808, n. 143 è quella della deportazione che era costituita dalla condanna a vivere in un luogo aperto o chiuso di un’isola a tale necessità destinata dal Governo. Anche la pena della deportazione era perpetua o temporanea ed i gradi della temporaneità erano gli stessi innanzi indicati per la “pena dè ferri”16. Quando la pena era perpetua, così come previsto per la “pena dè ferri”, conteneva implicitamente la dichiarazione di morte civile del condannato. La “pena dè ferri” poteva essere commutata in quella della deportazione, quando lo stato fisico della persona del reo non sopportava i “travagli” penosi della prima. La pena esemplare della gogna poteva avere applicazione anche come pena accessoria della deportazione. Per effetto della applicazione della morte civile il condannato perdeva la proprietà di tutti i beni e veniva aperta la successione 15 Cesare Beccaria (Dei Delitti e delle Pene, § XVII) propugnava la “dolcezza delle pene”, spiegando che “uno dei più gran freni non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse... L’atrocità stessa della pena fa sì che si ardisca tanto di più per ischivarla, quanto è più grande il male a cui si va incontro; fa che si commettano più delitti, per sfuggir le pene di un solo... A misura che i supplicii diventano più crudeli, gli animi umani, che come i fluidi si mettono sempre a livello cogli oggetti che li circondano, si incalliscono... Perchè una pena ottenga il suo effetto basta che il male della pena ecceda il bene che nasce dal delitto, e in questo eccesso di male dev’essere calcolata l’infallibilità della pena e la perdita del bene che il delitto produrrebbe. Tutto il più è dunque superfluo e perciò tirannico”. 16 Artt. 51 e 53 della Legge.

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come se egli fosse morto per causa naturale e senza testamento; il condannato alla morte civile non poteva acquistare per successione, né trasmettere, a titolo successorio, beni che gli fossero pervenuti successivamente alla condanna. Perdeva la capacità a rivestire uffici pubblici o civili, non poteva stipulare contratti, non poteva essere parte in giudizio17. In caso di temporaneità delle “pene dè ferri” e della deportazione il condannato, per la durata della pena, era interdetto dai diritti civici e dalla amministrazione della proprietà: sia per la stipulazione dei contratti che per stare in giudizio doveva essere nominato dal giudice un curatore18. Le legislazioni moderne accolsero l’istituto dal diritto giustinianeo che l’aveva ereditato dalla elaborazione dei giureconsulti romani che, secondo Farinacius più che dalla saggezza legislativa venivano deviati dalle finzioni delle scuole giuridiche, in virtù delle quali avevano tratto la massima: “mors civilis aequiparatur naturali”19. Nella legislazione francese fu recepita questa dolorosa finzione, limitata però come accessoria di alcune pene quali la condanna a morte in contumacia e delle pene perpetue delle galee, dell’esilio e della detenzione in una casa di forza, per essere poi abolita con il codice del 179120, e poi ristabilita, per gli emigranti, dalla Legge rivoluzionaria del 28.3.1793, Sez. 1, art. 1. Essendo la morte civile una finzione veniva criticata la possibilità di applicare una pena su una finzione che si spingeva al punto di sciogliere anche il matrimonio, essendo la morte civile prevista anche nelle leggi civili. L’art. 227 del Code Civile del 21 marzo 1804 Art. 54 della Legge. Art. 55 della Legge. 19 FARINACIUS. Quaestiones criminales, t. I°, quaest. 54, n. 49. 20 Artt. 1, 2, 3 del titolo IV del Codice francese del 25 settembre.6 ottobre 1791. La pena della morte civile era stata abolita dai Codici del Belgio, dell’Olanda, di quasi tutti gli Stati dell’Alemagna; il Codice bavarese l’aveva conservata come accessorio della “pena dè ferri” a perpetuità. 17 18

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(poi introdotto nel 1806 nel Regno delle Due Sicilie) prevedeva tre casi di dissolution du Mariage: la morte di uno dei coniugi; il divorzio; la condanna di uno dei coniugi a pena producente la morte civile (il condannato veniva dato per morto). “La condanna a morte civile non era quindi ricompresa tra i casi di divorzio, ma rappresentava un caso a sé stante, in quanto lo scioglimento del vincolo si produceva automaticamente”, di diritto21. “I giureconsulti han fatto un gioco di parole allorché han negato di chiamar pena la morte civile, sol perché essa non era che la conseguenza di un’altra pena principale. Essa colpisce il condannato più della pena principale medesima; lo colpisce nella proprietà di che lo spoglia, nella famiglia di che frange i legami, né dritti e né doveri ch’essa distrugge... Le stesse pene perpetue debbono far travedere à condannati una salutare speranza, una stella lontana”22. 1.4. La pena della detenzione era di due specie: quella che doveva essere applicata alle donne come equivalente della “pena dè ferri”; quella che poteva essere applicata come pena temporanea ai maschi. Nel primo caso era commisurata alla natura delle corrispondenti pene “alle quali è surrogata” ed era espiata in luoghi di reclusione nei quali vi siano “travagli” forzati, purchè compatibili con la natura e la debolezza del sesso femminile23. La pena esemplare poteva aggiungersi a quella principale applicata alle donne solo nei casi di delitti capitali24. La pietas per i nascituri aveva suggerito al legislatore di evitare che la pena di morte si estendesse ai concepiti: infatti qualora le donne condannate a pena capitale si trovassero incinte, sia l’esecuzione della pena di morte PIER FURIO ZELASCHI, I giacobini, l’Imperatore e il divorzio. Giuffrè Editore. Milano 2009, pagg. 89-90. 22 Teoria del Codice Penale. Cit. Vol. I°, pag. 75. 23 Art. 56 della Legge 20.5.1808, n. 143. 24 L’art. 26 della Legge definisce capitali “què delitti che sono puniti colla morte naturale o civile”. 21

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che quella delle pene esemplari doveva essere rimessa a epoca successiva al parto. Per i maschi la detenzione era di un solo grado da un minimo di tre ad un massimo di cinque anni; era l’unica pena afflittiva a non comportare alcuna diminuzione di stato nei condannati. All’infuori della restrizione della libertà, i detenuti rimanevano nel pieno esercizio di tutti gli altri diritti; alla detenzione non poteva essere aggiunta nessuna pena esemplare25. 1.5. La pena del bando dal Regno, come pena principale era di natura perpetua; poteva essere principale o accessoria, nei casi previsti dalla legge. Nei casi in cui veniva decretata come pena “soddisfattaria” degli interessi degli offesi poteva cessare con la remissione26. 1.6. “L’interdizione dà pubblici ufizj” poteva essere principale e accessoria; quando veniva aggiunta a una pena afflittiva diveniva perpetua e non poteva essere riacquistata neppure con il ritorno degli altri diritti civili27. 1.7. “Le pene specialmente esemplari” erano sempre solo accessorie a una delle pene principali28. Le stesse erano descritte negli articoli 49, 52, 58 e 59 della Legge e consistevano nella pena della forca, della veste d’infamia di cui si copriva il reo prima della esecuzione, del monumento d’infamia perenne29, come pene accessorie alla pena di morte. Art. 57 della Legge. Art. 58 della Legge; quando Beccaria scrisse Dei Delitti e delle Pene in alcune legislazioni il bandito veniva privato dei suoi beni; secondo l’Autore (§ XXV) il perdere i beni era una pena maggiore di quella del bando, pertanto egli suggeriva che la perdita dei beni venisse applicata proporzionalmente ai delitti e poiché nel caso di bando muore il cittadino, ma resta l’uomo, i beni tolti al reo dovrebbero toccare ai legittimi eredi piuttosto che al principe. Secondo i principi di politica criminale le confische “fanno soffrire all’innocente la pena del reo e pongono gl’innocenti medesimi nella disperata necessità di commettere i delitti”. 27 Art. 59 della Legge. 28 Art. 47 della Legge. 29 La colonna infame fu eretta a Milano nel 1630 a conclusione del processo che condannava Guglielmo Piazza, Commissario della sanità e Gian Giacomo Mora, barbiere, quali responsabili di avere sparso mortiferi unguenti favorendo la diffusione della pestilenza. 25 26

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Le altre pene esemplari accessorie erano la gogna, ossia l’esposizione pubblica, con le modalità innanzi descritte, quale pena accessoria della “pena dè ferri”; l’interdizione dai pubblici ufizj, quando fosse espressamente prevista come pena accessoria; il bando dal Regno30. Spiegava poi la legge, assumendo i connotati del trattato di diritto penale, come si è visto nella prima parte, che la dignità morale di un uomo illeso da reati ne costituisce la stima31 che può diminuire nella pubblica opinione o essere perduta: la diminuzione o perdita può dipendere dal giudizio libero della collettività o in conseguenza di una azione turpe e, in tal caso si incorre nella infamia di fatto. Quando la diminuzione o la perdita della stima era pronunciata dalla legge, si determinava l’infamia di diritto. Un terzo grado di infamia poteva essere stabilito dalla legge in un atto con il quale un cittadino era proposto come esempio dell’ignominia, comportando una depredazione della natura morale del reo32. L’infamia di fatto era contenuta in tutte le pene temporanee per i delitti; quella di diritto era contenuta nella pena di morte e in ogni altra pena perpetua33. Tutti i gradi di infamia colpivano le persone condannate e “non feriscono in nessun modo i congiunti”34. La legge stabiliva l’esenzione da pene afflittive dei fanciulli minori di nove anni; erano esenti da pene perpetue e dalla “pena dè A seguito del processo, uno dei più emblematici degli errori giudiziari e degli effetti della tortura, che suscitò le opere di Alessandro Manzoni (Storia della colonna infame) e di Pietro Verri (Osservazioni sulla tortura), i condannati a morte, giudicati nemici della patria, furono martoriati sopra un alto carro con rovente tenaglia, gli fu troncata la mano destra, furono legati alla ruota, dopo sei ore scannati, poi bruciati e i resti gettati nel fiume; come pene accessorie furono confiscati i beni e “a memoria perpetua di tale reato questa casa officina del delitto il senato medesimo ordinò spianare e giammai rialzarsi in futuro ed erigere una colonna che si appelli infame”. 30 Art. 60 della Legge. 31 È evidente l’influsso dei concetti espressi da Mario Pagano nei Principi del Codice Penale, Capitolo XIV. 32 Art. 61 della Legge. 33 Art. 62 della Legge 34 Art. 63 della Legge.

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ferri” gli impuberi per i quali operava sempre la sostituzione con la pena temporanea della deportazione35. Ai minori di diciotto anni era concessa la riduzione di un grado nella applicazione della pena. La pena veniva sospesa per i furiosi e gli insensati divenuti tali dopo il delitto e per il periodo della infermità. Un grado inferiore di pena era previsto anche per gli ultrasettantenni, salvo il caso di delitti atrocissimi; erano anche esentati dalla “pena dè ferri” quelli che erano “entrati all’anno settanta” all’epoca della condanna: in tal caso la “pena dè ferri” era sostituita con la deportazione36. In caso di più delitti il reo veniva condannato alla pena corrispondente al delitto maggiore37. L’art. 73 disciplinava la riabilitazione nei diritti e nelle funzioni di cittadino che poteva essere concessa, decorsi cinque anni dal termine della condanna, dal tribunale criminale della provincia di residenza, dando prova di buona condotta, in presenza della quale il tribunale dichiarava “annullata la macchia e l’infamia del delitto”. Dalla riabilitazione erano esclusi i funzionari pubblici cui fosse stata applicata una pena afflittiva infamante con la interdizione dai pubblici ufizj. Dal delitto conseguiva in ogni caso per la parte offesa l’azione civile di riparazione del danno: l’azione non poteva essere né abolita38, né prescritta se non con le regole civili sulla prescrizione. Dal testo della Legge 20.5.1808, n. 143 venivano esclusi sia le pene previste per i reati militari, sia le pene per i delitti e azioni illecite di competenza della giustizia correzionale e della polizia municipale e rurale39. L’espiazione della pena dovrebbe cancellare la condanna e le sue conseguenze. Art. 67 della Legge. Art. 68 della Legge. 37 Art. 69 della Legge. 38 Art. 74 della Legge. 39 Art. 76 della Legge. 35 36

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Mario Pagano scriveva che “la pena interamente cancella ed estingue il delitto, ed il reo, che l’ha sofferta, ritorna innocente. Perciocchè quanto egli oltrepassò la linea con la violenza, altrettanto ha retroceduto con la pena, onde si rimetta nel giusto equilibrio. E quindi per quel delitto per cui siasi una volta sofferta la pena, molestar non si può il cittadino... In conseguenza, il reo della pena purgato riprende i diritti tutti di cittadino. La sola pena dell’infamia è per sua natura perpetua, ed è per certo modo simile alla pena di morte. Perocchè siccome questa estingue la vita naturale dell’uomo, così quella spegne la vita civile, la quale è riposta nella stima, che la pubblica opinione, regolata dalla Legge, ha del cittadino. Per la qual cosa colui, che abbia una infamante pena sofferta, non può essere integrato negli onori, che ha perduti... Almeno che non abbia l’infamato con una lunga serie di virtuose operazioni riacquistata la buona opinione, che per lo delitto aveva perduta”40.

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Mario PAGANO, Principii del Codice Penale. 1803. Capitolo XIV, pagg. 60 sgg.

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Angelo Amati di PASQUALE LUIGI ZIZZI*

Stimatissimi Colleghi, con queste poche righe mi onoro di ricordare l’avv. Angelo Amati, scomparso nello scorso mese di novembre. Per me, che da lui sono stato cresciuto professionalmente, non è facile ricordarlo, in quanto tanti sono i ricordi che si affastellano nella mia mente. Tutti i colleghi che lo hanno conosciuto non hanno potuto non apprezzare le sue doti umane e professionali. Nessuno di noi può dire di aver subito dall’avv. Amati un torto o una scorrettezza, anzi egli è sempre stato pronto a venire incontro alle esigenze degli altri colleghi. Tutta la sua vita professionale è stata improntata proprio sul rispetto verso i colleghi. Egli era solito dire “i clienti passano ma i colleghi restano”. Maggiore disponibilità mostrava verso i più giovani ed inesperti, ai quali non lesinava consigli sottraendoli a qualche magra figura e * Avvocato del Foro di Brindisi.

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con il suo sorriso rassicurante diceva che tutti avevamo fatto la nostra prima causa. Egli era sempre pronto ad ascoltare gli altri, senza mai giudicare, sempre pronto a spendere la parte migliore di sé per giungere ad una soluzione “pacifica” delle controversie. Tante volte mi ha quasi redarguito quando io insistevo troppo affinché una causa venisse decisa, ricordandomi che la peggiore transazione era da preferirsi alla più vittoriosa sentenza. Nei confronti della Classe Magistratuale ha sempre mostrato fiducia e rispetto, ma mai servilismo. Egli non ha mai bussato alla porta di questo o di quel Giudice per chiedere favori, ma ha sempre dibattuto le controversie nelle sedi opportune difendendo le sue tesi con ineccepibile rigore logico-giuridico, senza arroccarsi in posizioni preconcette, ma mettendosi sempre in discussione, pronto ad ascoltare le tesi degli altri controbattendole senza enfasi ma con vigore. Non era un uomo portato a girare intorno ai problemi, appesantendoli di inutili fardelli, ma era sua abitudine andare al nocciolo della questione e spendersi per trovare la migliore soluzione. Anche come amministratore pubblico è stato uomo capace ed irreprensibile. Sindaco del Comune di Cisternino e consigliere provinciale si è prodigato in favore della popolazione e soprattutto per la salvaguardia del territorio. Questo era il suo credo morale, questo il suo credo professionale. Tutti noi che lo abbiamo conosciuto gli siamo debitori di qualcosa, perché tutti, chi più chi meno, siamo stati edificati dal suo esempio e dalla sua etica professionale: proprio per questo non sarà mai dimenticato. Alla moglie sig.ra Alda, alla figlia Elvira ed al figlio Francesco, a cui ha passato il testimone della professione, vorrei far giungere l’abbraccio di tutti i colleghi dell’Ordine di Brindisi quale segno di stima e riconoscenza verso il loro congiunto.

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