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Non è un gioco. L’Azzardo, epidemia sommersa.
di Luciano Gualzetti, Presidente Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II
La Consulta Nazionale Antiusura da diversi anni ha intercettato l’azzardo come un fenomeno poliedrico e complesso che impatta non solo sulla vita economica, e sociale, ma anche sulla salute di una fetta importante della popolazione del Paese. È stata pioniera con gli appelli alle istituzioni e alla società civile contro il dilagare dell’azzardopatia. Le Fondazioni Antiusura non potevano non essere critiche nei confronti di uno Stato che negli anni ha consentito che l’Italia diventasse il terzo Paese al mondo per offerta di gioco. Ma l’azzardo non è un gioco. Uccide l’economia legale a beneficio di quella illegale. Benché negli ultimi anni le associazioni no slot abbiano fatto un grande lavoro per fare emergere il fenomeno in tutta la sua intensità, resta ancora sommerso il dramma di milioni di famiglie coinvolte in maniera diretta o indiretta dalla azzardopatia, dall’usura, dai fallimenti, dai suicidi. Temi connessi tra loro, che in un’ottica sistemica con le problematiche collegate all’accesso al credito, abbiamo messo di recente a Bari al centro di un confronto con la Campagna Mettiamoci in Gioco, la Caritas italiana e l’ABI. Secondo l’Istituto Superiore della Sanità, l’esperienza di gioco riguarda circa 18 milioni e mezzo di adulti e circa 700.000 minori. Di queste 18 milioni e mezzo di persone adulte, circa 5,1 milioni sono giocatori abitudinari; all’interno del sottoinsieme degli abitudinari, l’indagine seleziona 1 milione e mezzo di giocatori problematici. Lo scenario è di un business in continua espansione. I centri scommesse spuntano in ogni dove, dalle Dolomiti a Palermo. La crisi finanziaria del 2008, la pandemia, la guerra ucraino-russa, l’aumento delle materie prime e dell’inflazione hanno costretto molte attività commerciali a chiudere perché non ci stavano nei costi. Molte di queste attività sono state soppiantate dai centri scommesse. I dati diffusi dall’Agenzia delle Accise, Dogane e dei Monopoli (ADM) stimano che nel 2022 gli italiani per le varie tipologie di gioco hanno speso fino a 140 miliardi di euro, con un aumento del 30%. La Relazione conclusiva della Commissione bicamerale antimafia sul gioco d’azzardo ha fatto emergere l’incremento esponenziale della raccolta di puntate ai vari giochi autorizzati osservato negli anni compresi dal 2006 al 2010, passando da 35,42 miliardi di euro a 61,43 miliardi di euro, e l’ulteriore balzo da 79,90 miliardi di euro nel 2011 a 110,80 miliardi di euro registrati nel 2021. È emerso anche che negli ultimi venti anni la distribuzione del gioco d’azzardo in concessione statale è divenuta capillare, fino a ricomprendere nel 2017 circa 238.000 punti di vendita distribuiti sull’intero territorio nazionale. A consuntivo del biennio della pandemia (2020-21), l’insieme degli apparecchi automatici “a moneta metallica” si è poi “attestato a circa 254.000 unità distribuiti in 51.837 locali. In un contesto di continuo incremento degli affari per i privati, ma anche per le mafie. È la Direzione Investigativa Antimafia a dirlo nella sua relazione semestrale relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del secondo semestre del 2021, sottolineando come lo specifico settore oltre che fonte primaria di guadagno verosimilmente superiore al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e all’usura. Rappresentando inoltre uno strumento che ben si presta a qualsiasi forma di riciclaggio.
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Il mondo associativo ha molto insistito affinché fosse ammonita qualunque forma di pubblicità e sponsorizzazioni ai giochi d’azzardo e alle scommesse, (radio, tv, stampa, “canali informatici digitali e telematici, inclusi i social media”), comprese le manifestazioni sportive, culturali o artistiche. Rispetto a tale “divieto assoluto”, (decreto-legge n. 87 del 2018), però, vi è stata una parziale “apertura” da AGCOM con “Linee guida”, deliberate il 18 aprile 2019. E poi, sono tante le forme di pubblicità indirette o aggiranti le norme che si riscontrano. Il punto di forza dell’azzardo sta nella perdita di controllo del giocatore patologico, che è disposto a tutto, anche mettersi al servizio della criminalità. Diventa pertanto anche limitativo quantificare il business di azzardopoli contando le giocate o ricavi annuali. L’azzardo rappresenta una forma di potere della criminalità sull’economia legale.
Con questi numeri è facile comprendere come il gioco d’azzardo patologico cresca in maniera esponenziale nel nostro Paese. La ludopatia, meglio dire azzardopatia, come riconosce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una vera e propria malattia mentale, con sintomi specifici, con impulsi incontrollabili a giocare d’azzardo o a fare scommesse in denaro. Le associazioni no slot si sono tanto battute affinché la ludopatia entrasse nei LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza del Servizio Sanitario Nazionale. Con il decreto-legge 13/09/ 2012 n. 158 (“Balduzzi”) e con il DPCM 12 gennaio 2017, vi è finalmente il riconoscimento pubblico delle patologie correlate all’azzardo e quindi l’obbligatorietà per lo Stato di prevedere un sistema di cura, che comporta dei costi non trascurabili per il Servizio Sanitario Nazionale. Costi che erodono per intero la quota delle entrate dello stato su questa posta di bilancio pubblico. L’aspetto fondamentale dell’azzardopatia da tener presente è che si può controllare la malattia, ma non si guarisce mai del tutto. Non esiste l’azzardopatico tipo o il soggetto più a rischio. Basta guardare con attenzione quando si va nelle tabaccherie, le persone chine sui biglietti a grattare o sulle macchinette sono giovani, anziani, uomini, donne, operai, casalinghe, pensionati, imprenditori, professionisti. Si può cadere nella trappola dell’azzardo in qualsiasi momento della vita. L’azzardo si nutre di silenzio e vergogna. Sono i primi steccati da superare. Il giocatore patologico non ammetterà mai a sé stesso di soffrire di azzardopatia, le persone che gli sono più vicine provano un senso di vergogna a parlarne per chiedere aiuto perché si teme il giudizio. Gli esperti di compulsione del gioco affermano che parlarne con una persona di fiducia, non necessariamente un professionista, è proprio il primo passo verso l’uscita dal tunnel. Ascoltare senza giudicare è la prima forma di aiuto che si possa offrire. Purtroppo, la gente comune, che non ha competenze, le prime considerazioni che fa sono del tipo “te la sei cercata”, “ti sei giocato lo stipendio”. Sono stoccate che peggiorano la situazione, perché l’azzardopatia è una malattia vera propria che dà crisi di astinenza, è considerata alla pari della tossicodipendenza non specializzata. Far uscire la vittima dall’isolamento può aprire ai percorsi successivi, che sono di rivolgersi al medico di famiglia, al Sert o ai centri di auto-aiuto gruppi dei giocatori anonimi. Le Fondazioni Antiusura che vengono cercate quando la situazione debitoria ed economica è ormai al limite, dopo i primi ascolti indirizzano le vittime verso i centri specializzati che possano sostenere anche le famiglie dei giocatori compulsivi. La Consulta Nazionale Antiusura ha riscontrato, che con la pandemia si è ribaltato il rapporto tra il gioco sul territorio e quello on line, notoriamente più insidioso soprattutto per i minorenni, a favore del secondo (nel 2015 i mld erano
70 nel territorio vs 15 dell’on line; nel 2021 sono stati 40 vs 70) aumentando la sovraesposizione del rischio azzardo.
Queste fragilità sociali richiamano il Governo ad assumere una posizione che segni un’inversione di rotta decisa rispetto al passato, che la Consulta ha riassunto in un documento, reso anche pubblico. L’appello si snoda in quattro mosse:
1. l’approvazione di una legge di riordino complessivo del settore del gioco d’azzardo, che va definita, di concerto, dai ministeri della Salute, del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Economia e Finanze, e che preveda la riduzione dell’offerta del gioco d’azzardo”.

2. Inoltre, si chiede “la salvaguardia della possibilità, per Regioni ed Enti locali, di intervenire con normative e regolamenti sull’offerta del gioco nel proprio territorio”.
3. E “l’obbligo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli a fornire pubblicamente e periodicamente i dati sul settore
4. Infine, si chiede “attenzione al tema della dipendenza dal gioco d’azzardo nella ridefinizione del sistema sanitario e sociosanitario, in un’ottica di medicina di prossimità e di assistenza territoriale, come previsto nel Pnrr”.